Dischi volanti e contorno di libri per un'inguaribile romantica

di Love00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 La vita a volte ti sorprende ***
Capitolo 2: *** Serata movimentata ***
Capitolo 3: *** Remember ***
Capitolo 4: *** Assurdo ***
Capitolo 5: *** Apatia e indifferenza ***
Capitolo 6: *** Non pensarci Lottie ***
Capitolo 7: *** Daily routine ***
Capitolo 8: *** Un momento tutto nostro ***
Capitolo 9: *** 9 Vivendo in un “adesso” ***



Capitolo 1
*** 1 La vita a volte ti sorprende ***


Era una giornata ventosa. L'aria era fredda e cosa insolita per me, stavo indossando una delle sciarpe che mi aveva regalato la mia migliore amica Lucia, prima che mi trasferissi. 
"Così finalmente ne indosserai qualcuna" aveva detto guadagnandosi un'occhiataccia da parte mia. 
Mi ero trasferita da poco a Verona per lavoro.
Da quando mi ero trasferita io, il freddo era giunto, come se avessimo organizzato l'arrivo per lo stesso giorno. 
Quel giorno avevo la giornata libera e avevo deciso di andare a dare un'occhiata ai negozi per comprare qualcosa per la casa. 
Volevo arredarla in modo che rispecchiasse la mia personalità. 
Tra tutti i negozi ce ne fu uno in particolare che attirò la mia attenzione. Era un negozio di dischi, negozio insolito per la mia città natale. Sorrisi pensando che se ci fosse stata con me Giada se ne sarebbe innamorata quasi quanto me. 
Entrai salutando con un "buongiorno" il commesso dai capelli chiari.
Mi guardai attorno e rimasi stupita. Vi erano tantissimi scaffali con cd e persino qualche disco in vinile  ordinati per genere musicale: spaziavano dal pop al jazz, dal rap al classico.
Me ne innamorai all'instante. 
Mi diressi verso lo scaffale più vicino curiosa di guardare ogni singolo cd che vi era in quel negozio. In quello scaffale vi era scritto a lettere cubitali "rap" 
Sorrisi ancora una volta: il rap mi era sempre piaciuto, soprattutto in certi periodi della mia vita. 
Mentre stavo guardando un po' tra i vari cd, il commesso che avevo salutato prima si avvicinò. 
"Posso esserle d'aiuto?" mi chiese con fare gentile. Lo guardai in modo curioso. 
Mi dava l'impressione di conoscerlo.
"No, grazie stavo dando un'occhiata." risposi sorridendo e notando che anche lui mi guardava con uno sguardo curioso. 
"Che ci conoscessimo?"  mi domandai mentre lo vidi annuire per poi dirigersi ad aiutare una coppia di ragazzi che lo chiamavano. 
Dopo circa mezz'ora dentro quel negozio, mi sentivo costantemente osservata e in effetti era così. Il commesso non mi toglieva gli occhi di dosso, cosa che mi iniziò ad infastidire e imbarazzare. 
Il mio disagio nell'essere al centro dell'attenzione non era cambiato con gli anni. 
Alla fine decisi di comprare il nuovo cd di Marco Mengoni e quello dei Green Day. In realtà avrei comprato tutto il negozio, ma dovevo farmi bastare i soldi per il resto del mese fino alla paga. 
Mi diressi alla cassa dove c'era ancora una volta lo stesso commesso. 
"Prendo questi. Quanto vengono?" gli chiedi iniziando a trafficare con la borsa. 
"Venticinque e cinquanta." disse con voce squillante. 
"Allora Lottie...che cosa ti porta a Verona?" disse quando alzai lo sguardo per porgergli i soldi. 
Lo trovai con un sorriso furbo a porgermi quella domanda. Solo in pochi conoscevano il mio soprannome. Rimasi paralizzata quando realizzai chi fosse colui che avevo davanti. 
"Mirko..." dissi strabuzzando gli occhi e continuando a guardarlo come una stupida. 
Perché non lo avevo riconosciuto? Era tutto surreale. 
"Magari è un sogno" sussurrò il mio inconscio 
"Ce ne hai messo di tempo per riconoscermi, eh?" disse facendo un sorriso a trentadue denti. 
Finalmente mi ripresi e ritornai ad uno stato di apparente calma. Il mio cuore in realtà aveva fatto mille capriole. 
Gli sorrisi e risposi alla sua prima domanda con fare d'adulta. In realtà dentro mi sentivo ancora una stupida ragazzina di quindici anni innamorata di quel ragazzo. 
"Mi sono appena trasferita per lavoro"
"Oh, bene. E di che ti occupi?" mi chiese pigiando i tasti della cassa per poter fare lo scontrino. 
"Beh, lavoro per un'azienda musicale come interprete." risposi osservandolo mentre ora metteva i miei cd in una busta con il logo del negozio "Dischi volanti"
"Tu invece? Non ti ho più visto in città." dissi riferendomi alla nostra città d'origine. 
"No, infatti. Sono rimasto qui e ho trovato questo lavoro." 
"Ti sei già ambientata?" mi chiese subito dopo. 
"Uhm abbastanza dai. I vicini di casa sono simpatici e al lavoro ho conosciuto persone fantastiche. Solo che mi mancano i miei amici." 
"Io invece non sento più nessuno della nostra città." disse con un sorriso triste. 
"Come mai?" chiesi colpita da quella frase. 
"Si sono dimenticati di me ed io di loro." rispose alzando le spalle in modo non curante, come se non gli importasse veramente, ma sapevo che in realtà la cosa lo faceva ancora soffrire. 
"Mi dispiace molto." lo confortai toccandogli il braccio, cosa che mi destabilizzò per un momento. 
"Spero che qui tu abbia trovato persone migliori." dissi subito dopo aver allontanato la mia mano dal suo braccio.
"Sei molto cambiata da come ti ricordavo." disse guardandomi negli occhi dopo aver seguito con lo sguardo il movimento della mia mano.
"Beh sì. Sono andata in palestra e qualche mese fa ho di nuovo tagliato i capelli." risposi sorridendo per i ricordi che iniziavano ad affollare la mia mente. 
"Non sei cambiata solo fisicamente, Lottie." affermò guardandomi con quegli occhi che tentavano di scavarmi dentro l'anima. 
"O sbaglio?" rise appena, forse per smorzare la situazione. 
"No, non sbagli Mirko." risposi sorridendo. 
"Bene, adesso devo andare. Ci si vede in giro, ciao." dissi prendendo la busta con i miei acquisti posata sul bancone. 
"Hey Lottie!" mi richiamò quando ero già arrivata davanti la porta. 
"Sì?" 
"Se hai bisogno sai dove trovarmi." disse sorridendomi in modo sincero. 
Sorrisi e con una "buona giornata Mirko" uscii dal negozio.
L'aria fredda mi colpì nuovamente rinfrescandomi la mente. 
Avevo appena rincontrato il ragazzo che mi aveva fatto perdere la testa all'età di quindici anni. 
"La vita a volte ti sorprende." mi dissi mentre entravo in una biblioteca per prendere il nuovo libro di Alessandro D'Avenia. 
Dovevo comprare qualcosa per arredare la casa? Forse. 
Ma cd e libri erano da sempre la mia passione e non potevo fare a meno di comprarne. 
Mi dissi che avrei comprato qualcosa per la casa nei prossimi giorni. 

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Buonasera a tutti! Come state? ❤️ 
Beh, questo è il primo capitolo della mia fantastica storia!
Sono simpatica, eh? AHAHAHAHAHAH
Comunque sia, ritorno alla sobrietà (?)
È il primo capitolo che pubblico dopo chissà quanto tempo. 
Chi già mi conosce sa che alla fine non ho mai portato a termine la mia prima storia, ma HEY! 
Si può sempre migliorare, no?😂
Cercherò di impegnarmi stavolta!
Se avete voglia di leggere e dirmi cosa ve ne pare, ne sarei felicissima! 
Accetto le critiche. 
Alla fine, sono quelle che ci aiutano a migliorarci, no? 
Bene, sono emozionata e imbarazzata, quindi vi lascio. AHAHAHAH
Pubblicare dopo così tanto tempo è devastante! 
Ci si sente al prossimo capitolo. 
Un bacione a tutti voi!❤️

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Capitolo 2
*** Serata movimentata ***


Mi svegliai da un sonno alquanto profondo da farmi sentire riposata. 
Mi alzai per andare in bagno, ma rimasi paralizzata. Cos'era successo alle mie pareti verdi? Adesso erano di un azzurro che mi ricordava la stanza di mio fratello. Ma quella non era nemmeno la stanza di mio fratello visto che io stavo a Verona e lui in qualche altra parte del mondo per lavoro. 
Mi sedetti nuovamente nel letto con la testa che iniziava a scoppiare per la confusione che vi regnava all'interno. 
La stanza apparteneva ad un ragazzo sicuramente. Mi guardai attorno e notai che per appartenere ad un ragazzo era abbastanza in ordine. Quasi meglio della mia. 
"Che mi stia sbagliando?" mi dissi mentre mi alzavo e mi avvicinavo ad uno specchio lì vicino. 
Mi guardai e il mio aspetto era orribile. Avevo tutto il mascara sciolto e i capelli avevano bisogno di una lavata. All'improvviso feci un passo indietro come d'istinto. Lo sgomento e la confusione non era tanto per come era combinata la mia faccia, ma bensì per i vestiti che indossavo. Non erano per niente i miei e nemmeno quelli di una delle mie coinquiline. 
Erano maschili.
Indossavo dei pantaloni della tuta blu scuro che mi restavano addosso solo grazie all'elastico stretto. 
La maglia era due volte più grande di me e aveva sopra il logo delle scarpe del giocatore di basket Jordan. 
Sorrisi nonostante la confusione: mi piaceva quella maglietta. 
Scossi la testa quando mi resi conto che stavo pensando ad una maglietta quando invece non sapevo dove fossi, quando non sapevo come ci fossi arrivata e quando non ricordavo nulla del giorno precedente. 
"E se sono finita nel letto di qualcuno?" mi chiesi ad un tratto. 
"Oddio no non può essere successo." mi ripetei come una mandria iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza. 
"Credo di aver bevuto molto" mi resi conto fermandomi di colpo e iniziando a ricordare qualcosa: me seduta al bancone di un pub mentre ordinavo il quinto drink. 
Ma il ricordo finiva lì. Ricordavo solo quella scena e poi come se una forte luce avesse investito i miei occhi. 
Mi sedetti ancora una volta con l'aria frustata e proprio mentre pensavo "ma cosa ho combinato ieri notte?" la porta si aprì cogliendomi di sorpresa e il cuore iniziò a battermi più forte. 
Riconobbi il ciuffo castano che catturò subito la mia attenzione. Il ragazzo mi guardò sorpreso di vedermi già sveglia, nel frattempo io lo osservavo cercando di allontanare i  mille complessi che si erano formati nella mia testa. 
Indossava le scarpe Jordan e aveva una maglietta Puma con un paio di pantaloni della tuta grigi. Aveva un ottimo gusto nel vestirsi. 
"Lottie è tutto okay?" mi chiese venendosi a sedere proprio accanto a me. 
"Ehm..." farfugliai qualcosa di incomprensibile anche per me stessa. Lo vidi sorridere mentre io abbassavo lo sguardo imbarazzata. 
"Dimmi quali sono i tuoi complessi Lottie." disse ridacchiando facendomi innervosire. 
"Mi prendi in giro? Non ti immagini quali siano?" chiesi con voce un po' acuta ricacciando indietro le lacrime che stavano per scendere. 
Lo vidi assumere un'espressione seria per poi dire: "Siediti Carlotta e parliamo." 
L'uso del mio nome intero mi fece capire di aver esagerato, così sedendomi, non ricordando quando mi fossi alzata, mormorai un "mi dispiace". 
"Non ricordi niente di ieri?" mi chiese con tono di voce comprensivo e porgendomi una tazza di caffè che notai solo in quel momento. 
Ringraziai bevendo poi un sorso di caffè. Scossi la testa con fare depressivo mentre lui ancora una volta ridacchiava. 
"Sei sicura di non ricordare proprio nulla?" mi chiese con fare persuasivo. Chiusi gli occhi in due fessure proprio mentre ogni ricordo si metteva al posto giusto nella mia mente. 
"Aspetta..." mormorai alla fine. 

Il giorno prima.
Stavo ritornando a casa da una giornata veramente stressante al lavoro. Stavano per iniziare dei provini per nuove band e ragazzi di talento e volevano offrire quest'opportunità a tutti. E con tutti intendo anche dire spagnoli, francesi, inglesi. Il motivo? Volevamo far aumentare il numero di turisti nella nostra città e volevano far conoscere la piccola casa discografica anche all'estero. 
Sotto c'erano questioni economiche pazzesche. 
Entrai nel mio appartamento che condividevo con altre due ragazze buttando le chiavi e la borsa nel divano lì vicino. 
Rossella e Cristina le avevo conosciute per caso. Stavo cercando un appartamento da condividere e loro erano spuntate nel momento giusto. Ci trovavamo in un bar molto carino a mio parere ed io ero seduta in un tavolino leggendo i vari annunci per gli appartamenti. Loro invece stavano fissando sulla bacheca degli annunci un avviso per chi cercasse un appartamento da condividere. Colsi subito l'opportunità e così adesso oltre ad essere diventate mie coinquiline erano anche due delle mie più care amiche. 
"Lottie, tutto bene?" mi chiese Ros dalla cucina. 
"Starò bene quando mi cucinerai la piadina che amo." risposi vedendola trafficare col cibo della dispensa. 
"Ma certo cara. Prima però tu devi accettare una condizione."  mi sorrise maligna. 
"Che sarebbe?" chiesi avvicinandomi e rubandole un po' della sua piadina. 
"Hey!" esclamò dandomi uno schiaffetto  sul braccio. 
"Scusa, fame post lavoro." ridacchiai sedendomi su una delle sedie attorno al tavolo. 
"Bene ladruncola, io e Cris pensavamo di andare stasera in un pub nuovo. È molto carino, sai. C'è pure musica dal vivo. Ci verrai vero?
Vogliamo passare una serata diversa e visto che domani inizio il mio turno all'ospedale in mattinata sul tardi e Cris apre il centro benessere nel pomeriggio, abbiamo avuto quest'idea. Che ne dici?" parlò senza fermarsi come se si fosse preparata il discorso. Forse se l'era preparato seriamente per essere persuasiva a farmi andare, visto che già per ben due volte le avevo dato buca.
"D'accordo ci sto. Tanto domani non lavoro."  dissi sorridendo con i lati della bocca che arrivavano agli occhi quando mi mise davanti il mio pranzo. 
"Davvero?" mi chiese mentre io esclamavo come una bambina "Ti adoro!" 
Ridemmo per la mia poca classe nell'addentare il cibo. 
"Sei sempre la solita." disse Ros scuotendo la testa rassegnata facendomi ridere più forte. 
"Bene, che metterai?" chiesi pensando alla serata che ci aspettava. 
"Uhm penso un vestitino verde smeraldo." rispose pensierosa. 
"Tu?" chiese subito dopo. 
"Non so. L'altro giorno quando sono uscita per dare un'occhiata ai negozi, ho comprato un vestitino color cipria con delle scarpe abbinate. Vorrei mettere quello, però non so." risposi pensando a quel giorno. Era lo stesso giorno in cui avevo incontrato Mirko. 
"Bene, bene, bene." disse con un sorriso malizioso. Sapevo a cosa stesse pensando. Quel giorno raccontai del mio incontro sia a lei che a Cris. 
"Metti quello allora." disse come se niente fosse. 
"Ci penserò." risposi prendendo la mia borsa e trascinandomi nella mia stanza. 
"Dimmi una cosa..." 
"Cosa Ros?" chiesi guardandola. Mi aveva seguita e adesso si stava sedendo nel mio letto. 
"Non hai più risentito Mirko, vero?" chiese facendomi arrossire. 
"No, no." risposi. 
"Bah, speriamo bene." e detto ciò uscì dalla mia stanza lasciandomi perplessa. 
Decisa a non pensare a nulla, mi lasciai cullare tra le braccia di Morfeo. 

Mi svegliai in tempo per prepararmi. Cris era venuta a buttarmi giù dal letto, dicendomi che mi avrebbe aiutata con il trucco, cosa che mi fece strillare di gioia. Era veramente brava, l'adoravo. 
Quando finimmo di prepararci le osservai. Rossella indossava il vestitino color verde smeraldo di cui mi aveva parlato con delle scarpe col tacco nero. Cristina invece indossava un max pull nero con degli stivaletti dello stesso colore. 
Le sorrisi e feci un fischio in segno di apprezzamento. 
"Siete bellissime!" mi complimentai con loro. 
"Tu non sei da meno, tesoro." rispose Cristina venendomi ad abbracciare. 
"Bene, ci vuole una foto!" esclamò subito dopo sciogliendo l'abbraccio. 
"Tu e la tua fissa per le foto." ridacchiò Ros. 

Il pub era molto carino. Una band stava suonando dal vivo un pezzo molto movimentato invitando così molta gente a scendere in pista. 
"Andiamo?" chiese Ros facendo la faccia da cucciola. Io e Cris un po' meno entusiaste di lei, alla fine accettammo, così in poco tempo ci ritrovammo in pista con le mille luci che danzavano attorno. 
Il posto della band fu occupato da un dj che mise Sugar di Robin Schulz e iniziò ad incitare la gente a battere le mani a ritmo di musica. 
"Vado a prendere qualcosa da bere." dissi alle mie amiche che stavano battendo le mani come diceva il dj.
Mi diressi al bancone e presi un analcolico per non sentirmi male con tutte quelle luci che iniziavano a diventare insopportabili. 
"Sicura di non voler qualcosa di più forte?" mi chiese il barista. Lo osservai e decisi che era un tipo carino. Era biondo, occhi azzurri e due piercing al labbro. 
"No grazie, sto bene così." risposi sorridendo. 
Dopo che ebbi finito di bere, diedi i soldi al barista per pagare, il quale insieme al resto mi diede un bigliettino con un numero di telefono. 
"Chiamami." mi disse mimando con le dita una cornetta del telefono. 
"Contaci." risposi ridendo allontanandomi e pensando che non lo avrei chiamato per nulla al mondo. 
Ritornai dalle mie amiche che avevano occupato nel frattempo dei divanetti. Contenta che avessero smesso di ballare, raccontai a loro tutto ciò che era successo. 
Dopo quasi mezz'ora di parlare mi arrivò una chiamata di Giada. Decidi di non rispondere. Sembrava brutto, Cris ci stava raccontando del suo consulente che ci provava spudoratamente con lei. 
Giada insisteva, così decisi di mettere il silenzioso guadagnandomi un'occhiata dalle ragazze che mi dissero che potevo rispondere e che non si offendevano mica. 
Sorrisi e risposi che potevo sentire Giada il giorno dopo. 
Proprio quando le avevo quasi convinte, mi arrivò un messaggio di Giada con su scritto "Per favore rispondi, è importante." 
Mi scusai con Ros e Cris  che mi sorrisero ed uscii dal locale per avviare la chiamata. 
Che aveva di così importante da dirmi?
Sperando che non fosse successo nulla di grave cominciai a camminare avanti e indietro per l'abitazione. 
"Carlotta" rispose dopo il secondo squillo.
"Hey, che succede?" le chiesi subito. 
"Ascolta, non so come dirtelo. So solo che ho bisogno di dirti la verità perché te la meriti." 
"Vai avanti." la spronai con il cuore a mille. 
"Io e Giovanni stiamo assieme. È successo tutto all'improvviso, noi non ce lo aspettavamo..." ma non ascoltai più nulla. Ero rimasta spiazzata da quella notizia. 
"Carlotta ci sei?" mi chiese Giada dopo non so quanti minuti. 
"Sì sì ci sono." risposi riprendendomi. 
"Sai me lo aspettavo. Avevo già notato una strana alchimia tra di voi." sussurrai con un nodo alla gola enorme. 
"Lottie, io..." 
"Stai tranquilla, è tutto okay, davvero. Tra me e lui non c'è più nulla quindi io non sono nessuno per rovinarvi il rapporto. Anzi, vi auguro il meglio. Ora scusa sono in un locale con le mie coinquiline e devo andare." risposi in modo convincente. 
"Sì certo, sento la musica. Beh, ci sentiamo Lottie e grazie." mi rispose e supposi che in quel momento sul suo viso vi fosse un sorriso per essersi liberata di un peso. 
"A presto." risposi chiudendo la chiamata. 
Respirai a fondo e mille brividi mi percorsero la schiena per il leggero venticello che si era innalzato. 
Io e Giovanni eravamo stati assieme per molto tempo. Ma non aveva funzionato e nonostante tutto, ogni tanto ci sentivamo per parlare del più e del meno, anche se naturalmente non era tutto come una volta. 
La notizia appena ricevuta mi aveva leggermente scossa, ma mi sarebbe passata. Era pur sempre stato il mio fidanzato e lei una mia cara amica. Era tutto okay. 
"È tutto okay" sussurrai a me stessa stringendo ancora in mano il cellulare. 
Quando decisi che sarebbe stato meglio rientrare, una figura alta e slanciata mi si piazzò davanti. 
"Guarda un po' chi si rivede!" esclamò Mirko che teneva in mano una sigaretta. 
"Ciao Mirko, come stai?" chiesi gentile. 
"Tutto okay Lottie, tu invece? Sei qui sola?" mi chiese stringendo gli occhi e facendo un tiro sulla sua sigaretta. 
"No, sono con le mie coinquiline. Oh, eccole." proprio in quel momento la porta d'ingresso del pub si aprì rilevando le mie amiche che osservarono con interesse Mirko. Avrei voluto sprofondare. Presentai le ragazze a Mirko che sorrise ad entrambe in modo cortese. 
"Lottie noi stiamo andando a casa, vuoi venire con noi o pensi di restare?" mi chiese Cris con un sorrisetto malizioso. 
"Oh beh ecco io... sinceramente non mi va molto di andare a casa." risposi pensando che se fossi andata a casa, le lacrime si sarebbero impossessate di me. 
Le vidi allontanarsi parlando fra loro sicura che il loro argomento fosse Mirko. 
"Come mai non vuoi andare adesso a casa?" mi chiese serio facendomi ritornare alla realtà. 
"È successo qualcosa Lottie? Sai ti ho vista parlare al telefono prima..." 
"Va tutto bene." sorrisi cercando di convincerlo. 
"Se lo dici tu." disse facendo una smorfia. 
"Allora, mi offri da bere?" chiesi sorridendo. 
"Certo." sorrise anche lui. 
Dopo ciò ricordavo di aver bevuto tantissimo e ricordavo pure che Mirko tentava di farmi smettere. 
Poi all'improvviso ricordai una cosa a dir poco sconvolgente. 
"Dai Mirko, balla con me." dissi strusciandomi su di lui. 
Mirko tentava invano di farmi tornare alla ragione. 
"Lottie sei ubriaca fradicia e non farò ciò che se fossi in te non vorresti." continuava a ripetere. 
"Che c'è Mirko, sei cambiato, eh? Non sei più quello di una volta. Prima non ti saresti fatto problemi. Sbaglio o avevi la reputazione di esserti fatto mezza città da ragazzo?" lo provocai guardandolo negli occhi. Il suo sguardo adesso era duro, ma potevo vedere anche delusione, tristezza in esso che mi lascio spiazzata. 
"Se almeno non vuoi tu, lasciami fare quello che voglio." dissi notando che un ragazzo continuava a guardami.
"Ripeto Lottie, non ti farò fare niente che tu non voglia veramente." 
"Ma lasciami stare, non sai nulla di me. Non mi conosci, o almeno non conosci la nuova me." esclamai spingendolo.  
"Bene." disse passandosi la lingua sulle labbra. 
"Andiamo a casa." continuò poi prendendomi di peso. 

Raccontai tutto a Mirko, tralasciando qualche parte che non era necessaria  che sapesse. 
"E poi non ricordo più nulla. Che è successo una volta che mi prendesti in braccio?" chiesi arrossendo e dandomi della stupida per la serata precedente. 
"Beh, continuavi a dire che non volevi tornare a casa così ti ho portata da me."
"E io come ci sono finita con i tuoi vestiti addosso?" chiesi arrossendo subito dopo per le parole che aveva detto. 
"Ecco...eri ubriaca fradicia, così ti ho presa e ti ho trascinata sotto la doccia." rispose in imbarazzo. Era la prima volta che lo vedevo arrossire. 
"Oddio adesso ricordo!" esclamai quando un flash mi passò per la mente. 
"L'acqua era freddissima e per vendicarmi ti feci fare la doccia anche a te." ridacchiai ricordando la sua faccia contrariata. 
"Già. Bene, poi ti sei addormentata e mi hai rubato il letto così ho dovuto dormire nel divano." disse facendomi sentire in colpa. 
"Sì Lottie, devi assolutamente sentirti in colpa." disse alzandosi e stiracchiandosi la schiena. 
"Per colpa tua ho un mal di schiena assurdo. Devo cambiare divano." disse girandosi a guardarmi. Notò che mi stavo torturando le mani presa da mille complessi mentali. 
"Ti aspetto giù. Lì nell'armadio ci sono i miei vestiti, scegli pure quali vuoi." disse avvicinandosi alla porta.
"Lottie..." si fermò con la porta semi aperta. 
"Non abbiamo fatto nulla e per la domanda che ti tormenta di più, ecco la risposta è sì." disse in un sussurro prima di scendere di sotto e lasciarmi da sola. 
"Oddio mi ha tolto lui i vestiti quindi..." sussurrai a me stessa. Mi misi le mani in faccia e sprofondai nel letto. 
Dopo un po' mi rialzai e continuando a ripetermi "non berrò mai più" iniziai a scegliere i vestiti dall'armadio di Mirko. 

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Buonasera a tutti voi!❤️
Come state? Stressati per la scuola? Vi capisco. Ahahahah
Bene, per alleggerirvi queste giornatacce, eccovi il mio nuovo capitolo! 
Vedremo i nostri protagonisti in una situazione particolare. Ah, che cosa combina questa Lottie. Menomale che c'era Mirko, se no chissà dove starebbe adesso. 
Vi piacciono le coinquiline? Io le adoro. 
Per quanto riguarda Giada e Giovanni, nei prossimi capitoli li conoscerete in modo migliore ahahah
Lasciate una recensione se vi va, tanto per sapere cosa ne pensate della storia☺️
Vi auguro una buona serata e a presto!❤️
Ps: ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo, siete un amore! 

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Capitolo 3
*** Remember ***


Quando ebbi finito di vestirmi, scesi le scale dove al piano di sotto mi aspettava Mirko.

"Hai indossato i miei vestiti preferiti, lo sai?" ridacchiò non appena mi vide.
"Sì sì, ne parliamo dopo." dissi con noncuranza.
"Dove sono le mie cose? Non ho sentito Ros e Cris e ho paura che mi faranno fuori se non avverto che sono viva." chiesi guardandomi attorno. Quel pensiero mi era arrivato mentre mi vestivo e non volevo immaginare quali filmini si erano fatte quelle due.
"È tutto sopra il tavolo. Ma il vestito..." iniziò evitando di guardarmi per poi bloccarsi.
"Il vestito?" lo incalzai.
"Mirko che è successo al vestito?" chiesi immaginando già una risposta terrificante.
"Beh ecco, il vestito credo che sia da buttare..." disse puntando il sul suo sguardo sul televisore.
"Oh bene..." risposi mantenendo la calma.
"Era tutto bagnato e allora ho pensato di lavarlo, però ho sbagliato e si è rimpicciolito di qualche taglia." disse tutto d'un fiato non riuscendo ancora a guardarmi negli occhi. Lo osservai e notai che fosse nervoso. Continuava a passare le dita fra i capelli. Non resistetti all'impulso di ridere e lui mi guardò finalmente negli occhi.
"Fa nulla, ti perdono. È il minimo che possa fare dopo tutto quello che tu hai fatto ieri sera." risposi sorridendogli.
"Andiamo a fare colazione?" gli chiesi subito dopo che lui aveva annuito sorridendo.
"Sì, certo."
"Pago io, naturalmente." sorrisi facendolo sbuffare.
"Vorrà dire che prenderò da mangiare il doppio." rispose alzando le spalle e incamminandosi verso la porta.
Mentre ci incamminavamo per il bar più vicino, inviai un messaggio alle ragazze dicendogli che ero viva e che avrei raccontato tutto quando sarei tornata a casa.
Non ricevendo subito le risposte pensai che Ros doveva già essere al lavoro, mentre Cris dormiva ancora o si allenava. Speravo che cucinasse lei per quel giorno.
"Sai è proprio qui che ho conosciuto le mie coinquiline." dissi notando il bar che aveva scelto.
"Vero? Racconta un po'." disse mentre ci sedevamo ad un tavolino.
Iniziai a raccontare del primo incontro tra me e le ragazze e una volta finito lui mi chiese: "Ti stai affezionando a loro, vero Lottie?"
"È impossibile non farlo." sorrisi pensando che ero stata veramente fortunata ad incontrarle.
"Che ordini?" chiese mentre faceva segno alla cameriera di avvicinarsi.
Quest'ultima lo guardò con sguardo sognante e quasi le scoppiai a ridere in faccia.
"Prendo un cappuccino e un muffin, grazie." dissi alla cameriera.
"E lei?" chiese a Mirko sbattendo le ciglia con fare naturale.
"Due muffin e un cappuccino anche per me." rispose sorridendole.
Vidi la cameriera arrossire e lanciarmi un'occhiata forse per sapere cosa fossi io per Mirko.
"Continui a fare colpo, eh?" risi quando la cameriera si fu allontanata.
"Avevi dubbi tesoro?" disse con sguardo malizioso facendomi scoppiare a ridere più forte.
Parlammo fin quando non furono portate le nostre ordinazioni. Ringraziammo la stessa cameriera di prima e Mirko addentò uno dei suoi muffin mentre io prendevo un sorso del mio cappuccino.
Il suono del mio cellulare catturò la mia attenzione. Era un messaggio di Ros che diceva " Vedi di fare la brava eh! Ci hai fatto preoccupare tesoro. Aspettiamo il tuo racconto stasera. Ho sentito Cris e per punizione mi ha detto che tocca a te cucinare. Un bacio. "
Sbuffai quando finii di leggere il messaggio. Non mi andava per nulla di cucinare, magari avrei comprato qualcosa di pronto.
Vidi che Mirko mi guardava con aria curiosa.
"Tocca a me cucinare." dissi facendolo ridere.
"Come mai ieri sera eri in quel pub?" mi chiese finendo il suo ultimo muffin.
"Così, serata tra ragazze." risposi alzando le spalle.
"Tu invece?" chiesi per poi prendere un morso dal mio muffin ancora intero.
"Conosco il barista" rispose facendomi sgranare gli occhi.
"Quello con i piercing?" chiesi per conferma.
"Esattamente." rispose alzando un sopracciglio.
"Lo conosci?" aggiunse.
"Ehm, mi ha dato il suo numero di telefono ieri sera." era uno dei particolari che non avevo raccontato a Mirko.
"Cosa?!" quasi urlò facendomi andare di traverso il cappuccino.
"Benji ti ha dato il suo numero?" chiese sporgendosi dal tavolino.
"Beh, sì, che c'è di male? Anche io posso fare conquiste." lo schernii indicando con il mento la cameriera che stava passando vicino al nostro tavolo.
"No, non è quello...lascia perdere." disse scuotendo la testa.
"Come conosci Benji?" chiesi cambiando discorso.
"Suoniamo assieme" rispose con un sorriso.
"Suonate? Hai una band?" risposi sgranando ancora una volta gli occhi.
"Beh, sì, alla fine seguii il tuo consiglio e così adesso ho una band." disse sorridendomi. In effetti era vero. Da ragazzi gli chiesi perché non formasse una band se la musica gli piacesse così tanto.
"Ne sono contenta." sorrisi. Ed era la verità, ero davvero contenta per lui.
"Bene, adesso devo andare Lottie. Il mio turno inizia fra poco." disse alzandosi.
"Sì, certo."
Ci dirigemmo alla cassa dove pagai e poi uscimmo salutando con un "Arrivederci" il personale.
"Grazie di tutto, Mirko." lo ringraziai per tutto quello che aveva fatto. Chissà dove sarei ora come ora se la scorsa sera non ci fosse stato lui...
"Di nulla, Lottie." rispose baciandomi una guancia e facendomi arrossire leggermente. Lo vidi allontanarsi. Era strano averlo incontrato dopo tutto quel tempo.
"Mirko!" lo chiamai ricordando una cosa.
Si girò di scatto: nel viso aveva un'espressione di pura curiosità.
"Come faccio a ridarti i vestiti?" chiesi indicando i suoi vestiti che stavo indossando.
Lo vidi avvicinarsi e arrossii ancora una volta senza motivo.
"Ti dò il mio numero, ma non c'è problema puoi anche tenerli." disse prendendomi il telefono tra le mani e facendosi uno squillo.
"No, no" risposi in fretta, anche se tenere i suoi vestiti mi sarebbe piaciuto. Scacciai via l'ultimo pensiero e ripresi a parlare.
"Appena li avrò lavati, ti chiamerò." dissi vedendolo poi annuire.
"Come vuoi tu. Buona giornata allora." mi sorrise.
"Anche te." riuscii a dire prima che fosse troppo lontano. Sentivo una strana sensazione all'altezza dello stomaco.
Mi riscossi e iniziai ad incamminarmi verso una pizzeria.
"Oggi le mie coinquiline mangeranno piazza a pranzo." sogghignai immaginando le loro facce quando mi sarei presentata con tre pizze a casa.

"Ragazze sono a casa!" urlai non appena varcai la porta di casa con in mano le pizze.
"Sono ancora calde, vero?" mi chiese Cris avvicinandosi per aiutarmi. Annuii per poi sorridere. Aveva sul viso una delle sue maschere di bellezza, una delle tante che creava lei per poi provarle prima su sé stessa e infine proporle alle clienti del suo centro benessere.
"Sei stupenda con quel verde menta" ridacchiai facendola sbuffare.
"Non cominciare" disse ridendo. Prenderla in giro forse era uno dei miei hobby preferiti.
"Ros?" domandai non notando la presenza della mora in casa.
"Sta arrivando, ha appena finito il turno." mi rispose mentre cominciava ad apparecchiare la tavola. Mi alzai dal divano sul quale ero sprofondata e l'andai ad aiutare ricevendo un sorriso di gratitudine.
"Sono a casa!" sentimmo Ros urlare dal pianerottolo.
"In cucina!"
"Sbrigati che ho fame"
"Lottie ha portato le pizze" frasi scoordinate arrivarono alle orecchie della povera Ros confondendola, infatti si affacciò in cucina per poi ridere.
Quel giorno era proprio carina la nostra dottoressina. Indossava un pantalone bianco con una camicetta azzurra a fantasia e delle ballerine.
Cris fece un fischio di apprezzamento.
"Chi dovevamo conquistare oggi al lavoro?" disse facendomi ridere. Ros dal canto suo arrossì fino alla punta dei capelli.
"Ma nessuno di particolare. Sono una dottoressa, devo pur avere un mio stile, no?" rispose per poi farci la linguaccia.
La vidimo afferrare il cartone della pizza e dirigersi sul divano.
Guardai Cris.
"Non si usa più mangiare a tavola? Ti avevo pure dato una mano ad apparecchiare!" mi lamentai come una bambina.
"Sta' zitta lagna. Sei la più piccola okay, ma non lagnarti ogni tre secondi!" mi rispose Cris dandomi un buffetto sulla guancia. In risposta gonfiai le guance come una bambina indispettita e ciò la fece sbellicare dal ridere.
"Venite qui ragazze! Voglio mangiare sul divano! Dobbiamo fare una bella chiacchierata noi tre!" urlò Ros facendomi gelare sul posto.
Bene.
La raggiungemmo e nemmeno il tempo di sederci che entrambe cominciarono a fissarmi.
"Allora" cominciò Ros.
"Bene..." dissi io. Com'era quel detto? Via il dente via il dolore?
"Sono rimasta a dormire da Mirko." dissi veloce e con gli occhi chiusi.
Sapevo già cosa sarebbe successo.
Silenzio.
Per ben dieci minuti ci fu un silenzio straziante. Nessuno si azzardava a prendere parola.
"Ecco io..." dissi rompendo quel silenzio straziante.
"Non è come pensate voi! Non è successo nulla." dissi sospirando per poi iniziare a raccontare della telefonata di Giada e di tutto ciò che era successo.
Raccontai anche della mia proposta indecente fatta a Mirko.
Le due mi guardarono con le bocche aperte e lo sguardo severo.
"Lottie non è che se hai un problema devi per forza affrontarlo con l'alcol!" esclamò Cris facendomi sentire piccola piccola.
"Ma io non affronto i miei problemi così! È stata solo una volta, non è un vizio. Ho sbagliato, ma vi dirò: è stata una fortuna che Mirko fosse lì in quel momento. Chissà che danni avrei combinato. Non reggo l'alcol per molto." dissi sperando che mi capissero.
"Abbiamo notato" disse Ros ridendo e contagiandoci.
"Io dico solo tesoro che devi pensare di più a ciò che fai. Esistono le conseguenze e tu potresti pure pentirtene. Non voglio giudicarti, assolutamente. Voglio solo proteggerti." continuò con il suo discorso Cris per poi abbracciarmi.
"Lo so Cris, lo so bene. Dovete stare tranquille." dissi guardando pure Ros che aveva ancora la faccia sconvolta ma soprattutto preoccupata.
"Sono d'accordo con Cris, Lottie. Noi ti vogliamo bene e vogliamo soltanto che tu viva la tua vita al meglio, capito? Sei la più piccola e ci sentiamo in dovere a proteggerti. Giusto, Cris?" disse guardando l'altra che annuì sorridendo.
Stavo per commuovermi sul serio. Dopo Lucia, loro erano le uniche che mi parlavano così, che mi dimostravano che mi volessero bene veramente.
Lontano dalla mia migliore amica, avevo proprio bisogno d'incontrare persone come loro.
"Grazie mille di tutto" mi buttai addosso alle due soffocandole in un abbraccio.

"Adesso che ci faccio caso, in effetti quelli non sono i tuoi vestiti" rifletté Ros dopo circa un quarto d'ora interrompendo il silenzio che si era venuto a creare. Dopo la mia confessione, avevamo iniziato a mangiare e com'è che si dice? Con le bocche piene non si parla.
"Vero!" rincarò la dose Cris.
"Non ci avevo fatto caso, perché nel tuo armadio ci sono vestiti di questo genere." disse facendo una smorfia. Non approvava certi miei maglioni di qualche taglia in più. Diceva che non mettevano in risalto le curve.
Arricciai il naso e risposi alle due pettegole sedute davanti a me.
"Siete impossibili. Dovrò lavarli e riportarglieli, me li ha solo prestati. Ha rimpicciolito il mio vestito lavandolo, quindi non avevo nulla da mettere stamattina quando mi sono svegliata." spiegai vedendo le loro facce oscillare tra il malizioso e il "oh mio Dio tu adoravi quel vestito!"
Detto questo non tornammo più sull'argomento è ciò mi fece tirare un sospiro di sollievo.

Dopo pranzo mi ritirai in camera per leggere alcune email di lavoro. Il mio lavoro era un po' stressante a volte, visto che mi occupavo pure di tradurre tutti quei contratti di lavoro che stampavano ai musicisti. Clausole su clausole. Alcune, in passato, pure assurde. Ci credo che l'azienda stava per fallire.
Dopo un paio d'ore di stare al pc, staccai tutto riposandomi gli occhi. Ero veramente distrutta.
Decisi di farmi un bel bagno caldo.
Così, andai a preparare la vasca mettendo gocce del mio bagnoschiuma al cocco e accendendo qualche candela profumata. Cris ne era fissata e aveva quasi contagiato me.
Decisi di mettere della musica rilassante come sottofondo. Avevo bisogno di tutto ciò che esistesse per rilassare i muscoli e smaltire la tensione. Il giorno dopo a lavoro mi sarebbe toccata una giornataccia. Avevo tre contratti da tradurre lunghi almeno cinque pagine, un'intervista per la quale avrei dovuto fare da interprete e in più nel pomeriggio sul tardi avevo il corso di fotografia al quale mi ero iscritta perché "Ho proprio voglia di farne uno!" come se ne avessi il tempo.
Quando tutto fu pronto mi lasciai andare al calore dell'acqua, alla musica dei Green Day e ai profumi che emanavano le candele insieme all'acqua.

"Lotte..." mi sentii chiamare.
"Mirko che ci fai tu qui?" chiesi al ragazzo davanti a me. Quel giorno era molto più bello del solito.
"Ho bisogno di te." mi ripeté ancora una volta. Non era la prima volta che lo diceva. Anche le volte precedenti che lo avevo incontrato se ne era uscito con questa frase.
"Di che diavolo parli Mirko? Tu hai Lei, non hai bisogno di me!" gridai presa da un momento di rabbia. Ero stanca che mi usasse solo quando avesse bisogno di me. Aveva la sua dolce, bella, splendida fidanzata, nonché l'amica più falsa che io abbia mai avuto. Quindi perché cercava qualcosa da me? Me lo aveva ripetuto fino alla nausea che lui era innamorato di lei nonostante sapesse benissimo che io lo fossi di lui, senza preoccuparsi minimamente dei miei sentimenti.
Quindi perché non andava da lei? Perché doveva cercare me e rovinarmi la vita?
"Io ho bisogno solo di te Lottie. Non mi importa di lei. Non mi importa. Mi importa di te. Mi importa che tu sia l'unica, voglio che tu lo sia perché sei veramente l'unica che riesce a comprendere perfettamente ciò che provo e lo fai senza giudicarmi. Quindi ti prego non lasciarmi...dammi un'altra possibilità." mi supplicò lui facendomi passare da uno stato d'animo non proprio ottimo ad uno forse peggiore. Non sapevo cosa rispondere.
Cosa ci avrei guadagnato? Potevo veramente fidarmi? Di nuovo? Non mi avrebbero preso in giro ancora una volta, vero?
"Va bene" dissi condannando la mia morte.
Perché sì, quel giorno avrei dovuto ragionare col cervello piuttosto che col cuore.
Tutto ciò era stata una presa in giro da parte sua e della sua fantastica fidanzatina.
Tutto ciò mi aveva distrutto.
Tutto ciò aveva spezzato il mio cuore.
Tutto ciò era la dura realtà.
Lui era lo stronzo, lei la cattiva.
Io invece l'ingenua, la cretina.

Aprii gli occhi sentendomi soffocare. Mi ero addormentata nella vasca per non so quanto tempo. Percepivo l'acqua congelata, quindi supposi che fosse passato molto tempo.
Presi dei respiri profondi per calmarmi.
Stavo riavendo i miei attacchi di panico.
No, non potevo farmi rovinare la vita così.
Avevo preso la mia decisione: quell'incontro di qualche giorno fa, il suo aiuto, la sua gentilezza sarebbe finito tutto lì. Gli avrei restituito i vestiti e tutto sarebbe finito. Non potevo ricadere in quella trappola, in quel labirinto oscuro. Non potevo e non dovevo. Lo dovevo a me stessa e alle persone che mi erano state vicine in quel momento difficile della mia adolescenza.
Richiusi gli occhi sentendo il cuore rallentare la sua corsa e mi imposi di non pensare più ai ricordi che mi erano venuti incontro nel sonno.
Dovevo essere forte.
Dovevo calmarmi.
Dovevo superare una volta per tutte questa storia.
Non dovevo lasciarmi sconfiggere.
Lo dovevo a me stessa.
A Lucia e gli altri.
Io non potevo di nuovo far provare al mio cuore certi sentimenti. Non quando quel ragazzo aveva distrutto la mia vita.
Non importava se eravamo cresciuti, se eravamo cambiati, se entrambi ci eravamo allontanati da lei. Non importava. Io dovevo solamente stare alla larga da lui.
Alla larga.
Il più lontano possibile.
Facile, no?


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Buongiorno fanciulli!
Come state? Si avvicina Natale e come si fa a non esserne contenti?😻
Che dire di questo capitolo? Abbiamo un momento tra Lottie e Mirko...sono carini assieme, ma come avete potuto notare il loro passato lo perseguiterà un poco.
Per quanto riguarda le coinquiline...beh, sono come delle sorelle per Lottie è inoltre tutti e tre insieme sono uno spasso! Che dite?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Vorrei tanto sapere i vostri pareri, ci terrei molto, ma per il momento va bene così! 💕
Ringrazio le due ragazze adorabili che mi sostengono sempre e non perdono un minuto per leggere il capitolo.
Vorrei anche ringraziare chi ha aggiunto la storia alle preferite/ ricordate/ seguite.
Un abbraccio, a presto❤️

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Capitolo 4
*** Assurdo ***


Avevo lavato quei vestiti che ormai odiavo, tuttavia non riuscivo a far partire la chiamata, mi rigiravo il cellulare tra le mani da circa mezz'ora.
"Che faccio?" pensai. Non ce la facevo ad ascoltare la sua voce, ad incontrarlo. Come mi dovevo comportare con Mirko? 
Feci un respiro profondo e poi feci partire un'altra chiamata: semplicemente chiamai Lucia e le confidai tutti i miei dubbi. 
"Lottie, sono passati anni, lui è cambiato, tu sei cambiata, non siete più gli stessi quindi magari non c'è bisogno che tu ti chiuda nel tuo riccio." mi disse la mia migliore amica. 
"Ma come faccio? Io ho paura di tornare la ragazzina di quegli anni che si vedeva passare la vita davanti agli occhi senza afferrarla." 
"Ma non lo sarai mai più, Carlotta! E lo sai perché? Perché sei cresciuta, hai imparato dai tuoi sbagli e fidati, io ti conosco, non ti faresti fregare di nuovo." 
"Quindi che dovrei fare tesoro? Ripetimelo di nuovo" risi. Era tipo la quinta volta che mi ripeteva le stesse cose. 
"Chiamalo e dagli una possibilità. Non chiuderti a riccio, Lottie!" esclamò con enfasi. Risi di nuovo, poi la salutai e decisa a seguire il suo consiglio, cercai in rubrica il numero di Mirko.
Mi fidavo di Lucia e volevo fidarmi anche di Mirko. Detto ciò, presa da un momento di coraggio, feci partire la chiamata. 
"Pronto?" rispose facendomi battere il cuore a mille. 
"Ciao Mirko, sono Carlotta." 
"Hey Lottie, dimmi tutto." sorrisi alla sua gentilezza. 
"Volevo ridarti i vestiti..." lo sentii sbuffare e ciò mi fece ridere. 
"Sai che puoi tenerli, no?" mi chiese facendomi fare un pensierino sul da farsi. 
"No, Lottie! Non ti incasinare la vita!" mi disse una vocina nella mia testa alla quale diedi ragione. Non potevo mica tenerli...
"Quando possiamo vederci? Passo da te in negozio oggi stesso?"
Si diceva Via il dente, via il dolore, no? Quindi, presto mi sarei tolta questo peso meglio era per la mia salute mentale. 
"Uhm..." e adesso che aveva? A che stava pensando? 
Sentivo le sue rotelle girare anche attraverso un telefono.
"Stasera suono in un locale con la mia band. Perché non ci vediamo lì? Così mi dici pure se ti piacciamo o meno." mi propose. 
Trattenni un sospiro di frustrazione perché no, non poteva invitarmi! 
Okay che avrei seguito il consiglio di Lucia, ma piano piano! Volevo prendermi del tempo per pensarci, no? 
"Lottie, ci sei? Sei ancora in linea?" sentii Mirko richiamarmi e in un attimo i mille pensieri cessarono di rimbombarmi in testa. 
"Sì sì. Va bene dai, ci vediamo stasera allora. Inviami l'ora e il luogo per messaggio." 
Avevo condannato la mia vita. 
"Va bene, a stasera!" esclamò per poi chiudere la chiamata. 
Fissai il cellulare per una manciata di secondi.
"Che ho combinato?" dissi a me stessa ad alta voce. 
Poi con un grugnito mi buttai sul letto e ci rimasi come un vegetale per non so quanto tempo. 

"Lottie, che vuoi per cena?" la voce squillante di Cris al telefono mi riportò sulla Terra assieme agli esseri umani, magari pure normali, come di certo non lo ero io. Non era normale una che si incasinava la vita così. 
"Uhm, non ci sono stasera a cena..." dissi debolmente. 
Aiuto, sentivo già le raffiche di domande che sarebbero arrivate. 
"Dove devi andare?" mi chiese sospettosa. 
"...in un posto" risposi intimorita. 
"Lottie...ti ha invitata Mirko?" mi domandò capendo tutto. 
"...sì Cris" risposi afflitta. 
"Ti presto io un bel vestitino!" esclamò facendomi sorridere. Almeno ci guadagnavo pure un bel vestitino da questa giornata così terribile. 

"Sai Lottie, hai una faccia messa veramente male." mi informò la mia cara amica dottoressa. 
"Grazie mille Rossè, sempre simpatica tu." dissi alzando gli occhi al cielo. 
Ero irascibile, non avevo nessuna voglia di scherzare, volevo solo arrivare nel momento in cui mi sarei trovata nel mio letto, sotto le coperte a dimenticare lo schifo di giornata che mi aspettava. 
"Sono preoccupata" confessai poi sospirando.
"Si era capito" disse Cris entrando in cucina all'improvviso e facendo ridere Rossella. 
Quanti anni davano per omicidio? Mmh...
"Stai calma e basta. Adesso esci." continuò poi con il sostegno di Ros. Quando ci si mettevano erano davvero pericolose quelle due. 
Uscii non perché avevo ascoltato i loro consigli, ma perché fare due passi mi avrebbero aiutato. 
Cos'era che mi faceva così paura? Alla fine eravamo adulti, lui lo era e io pure...o almeno dovevo solamente comportarmi da tale. 
Sbuffai e mi decisi ad andare in quel locale. Indossavo un vestitino prestato da Cristina: nero, al ginocchio e mi dava quel tocco sexy al punto giusto. O almeno erano state queste le parole della proprietaria dell'abito. 
"Hey Lottie! Sei arrivata finalmente!" sentii una voce familiare gridare al mio orecchio. 
Dio santo, ma di solito nei film non si incontra mai l'innamorato così in fretta. Oh ma quale innamorato! Stavo letteralmente delirando. 
"Ciao Mirko" sorrisi controvoglia e poi lo osservai. E forse era meglio se non lo avessi fatto: era a dir poco stupendo. Indossava jeans strappati, maglia nera e non so, aveva quel non so che, che per l'appunto lo rendeva stuzzicante. 
"Come va?" chiesi cercando di scacciare via certi pensieri poco consoni. 
"Bene dai, sono elettrizzato, ho ansia e paura assieme!" rise e solo allora mi resi conto che di lì a poco avrebbe dovuto suonare. 
"Dai, che spaccherete tutto!" dissi a mo' di metallara facendolo finalmente ridere e vedendogli rilassare i muscoli delle spalle. 
"Seriamente, andrà bene!" dissi sorridendo come una scema: ero assolutamente sicura che sarebbe andata bene, ma a lusingarmi e a farmi sorridere così tanto era semplicemente lui. Alla fine, se ero lì era perché teneva veramente molto al mio giudizio, no? 
Gongolandomi in questi pensieri mi accordi solamente dopo che Mirko si era allontanato per salire sul palco. Mi risvegliai giusto in tempo per urlargli dietro un "in bocca al lupo!" ricevendo in cambio uno dei suoi occhiolini ammiccanti. 
Adesso sì che potevo morire in pace. 
"E adesso ecco a voi la novità della serata! Sono dei ragazzi che mi hanno rotto le ehm, che mi hanno pressato molto per poter suonare qui questa sera" urlò al microfono il proprietario che in quel momento rivestiva il ruolo di presentatore. Pensai che fosse un tizio abbastanza vanitoso per via di quella giacca stirata così perfettamente. Lo studiai un po' e capii che per i ragazzi non era stato assolutamente facile avere a che fare con quel tizio. 
Beh, alla fine ci erano riusciti però. E di questo, non so perché, mi rallegrai molto. Ero veramente contenta per il futuro che Mirko stava cercando di costruirsi. 
Aveva avuto il coraggio di seguire i suoi sogni, nonostante il padre gli fosse andato sempre contro. 
Chissà come andavano le cose col padre. Forse più tardi glielo avrei chiesto. 
Persa nei miei pensieri non mi accorsi nemmeno che il tizio avesse finito il suo discorso ironico. 
Purtroppo mi persi il nome della band. Questo perché  dovevo sempre estraniarmi dalla realtà, se no non ero contenta. O semplicemente non sarei stata me stessa. 
Vidi Mirko al microfono e al collo gli pendeva una chitarra elettrica di colore rosso. Alla batteria vidi che c'era Benji e arrossii ripensando alla sera precedente. Mentre per chi stava al basso, alla tastiera e all'altra chitarra non sapevo chi fossero. Al basso vi era una ragazza dai capelli corti e ricci. Indossava dei tacchi talmente alti che mi sentii montare un sentimento di pietà per i suoi poveri piedi. Se io fossi stata al suo posto, sarei caduta già prima di salire sul palco. Era bella e sensuale. Credo che avesse un carattere abbastanza forte. O forse era solamente apparenza. Chissà dove l'aveva incontrata Mirko. 
Alla tastiera vi era invece un tizio rasato. Indossava una camicia e dei jeans chiari. Il suo abbigliamento stonava un poco con quello degli altri componenti del gruppo. 
Chissà chi era. E chissà dove Mirko lo aveva pescato. Non ce lo vedevo proprio a socializzare con uno del genere. 
Infine il secondo chitarrista mi fece sgranare gli occhi. Era il fratello minore di Mirko. Non avevano rapporti difficili quei due? E poi da quando anche lui aveva una passione per la musica? 
Quante cose erano cambiate in quegli anni. 
Si cambia e si incontrano nuove persone senza accorgersene. 
E se invece fossero stati loro a trovare Mirko e non il contrario? 
Quei cinque mi incuriosivano. E non solo perché in qualche modo erano collegati a Mirko, ma perché si stava facendo spazio in me quella Lottie critica che usciva fuori nelle questioni di lavoro ogni qualvolta incontrava una nuova band. 
La band di Mirko cominciò ad intonare accordi e presto ne rimasi incantata. Erano favolosi, niente da aggiungere. Ci credo che erano riusciti a convincere il proprietario per poter suonare in un locale così famoso. Erano bravi, ma potevano ancora migliorare. 
E poi, poi Mirko aveva un modo di cantare tutto suo. Quella voce così calda e dolce. Un dono naturale speziato dalle lezioni di canto che aveva preso anni fa. Di questo ne ero accorrente. Ricordo che ai tempi mi fermavo nelle sue vicinanze e ascoltavo le sue conversazioni con gli amici. Ero una piccola stolker. Forse quello spirito da investigatrice permane ancora dentro me, ma penso di essere giustificata. Chi non ha mai stolkerato il tipo che le piaceva? 
Tutte noi povere ragazze disperate, ovviamente. 
Ah, l'adolescenza...
Il brano intonato da Mirko era proprietà della band, era stato annunciato da loro poco prima di cominciare l'esibizione. Per essere alle prime armi, ci sapevano fare anche con la composizione di un brano. Trovare la giusta armonia tra fiumi di parole e melodie non è una qualità che hanno tutti i musicisti. 
Anche al pubblico l'esibizione piacque molto, tant'è che chiesero il bis. E loro furono così contenti che la felicità gli si leggeva negli occhi. Erano soddisfatti di loro stessi. 
Mirko mi cercò in mezzo a tutta quella gente. Capii che stava cercando me quando i suoi occhi incontrarono i miei e mi sorrise a trentadue denti. Era veramente al settimo cielo il mio amico. 
Ed io, io non resistetti e con quel sorriso tutti i dubbi della sera precedente svanirono. Non esistettero più, almeno fino a quel momento. Non potevo ancora sapere se quei dubbi fossero tornati, non prevedevo mica il futuro. 
Ricambiai il suo sorriso e gli feci un ok col pollice. Poi, a fine esibizione urlai un "bravi!" e lui rise talmente  forte che la sua risata mi arrivò dritta alle orecchie, nonché al cuore. 
Quando rideva era assurdo. Era assurdo perché spiegarlo a parole risulterebbe talmente difficile che nemmeno il miglior scrittore che abbia dato vita ai migliori bestseller poteva riuscirci. 
Forse certe emozioni si devono provare per poterle comprendere. 
L'immaginazione non può arrivare a tale ambizione. 
Quando finalmente lasciarono il posto all'altra povera band che quella sera doveva suonare, li raggiunsi in camerino. O beh, quello che fungeva da camerino. Oltre ad essere vanitoso il proprietario era pure tirchio, pensai. 
"Siete stati fantastici!" urlai non appena lo vidi avvicinarsi a me. 
Era così euforico che non capii come finimmo per stringerci in un abbraccio. 
Forse a lui non fece nessun effetto, magari perché l'euforia non glielo fece realizzare o semplicemente perché quell'abbraccio non aveva alcuna ragione di causare un effetto. 
Fatto sta che personalmente, quell'abbraccio mi provocò mille brividi come succedeva alle scolarette nei film che Cris amava tanto. 
"Ti siamo piaciuti davvero?" mi chiese mantenendo alta l'euforia. 
"Ma certo! Devo dire che il sound è abbastanza gradevole e poi avete spaccato con un pezzo tutto vostro, non è da poco! Non tutti i musicisti possiedono la capacità di saper armonizzare melodia e parole. Siete stati davvero bravi, anche se naturalmente potete ancora migliorare. Forse se foste un gruppo più unito non solo in campo musicale, riuscireste a coinvolgere il pubblico ancor di più di stasera. E non che non lo abbiate coinvolto eh, vi hanno pure chiesto il bis!" gli esposi il mio giudizio e lo vidi sorridere senza prendersela nonostante gli feci capire che non erano stati perfetti. 
"Grazie Lottie, il tuo giudizio così sincero è fondamentale per me, per noi. Ne terrò veramente conto e lo comunicherò agli altri. È per questo che tenevo molto che tu venissi." mi sorrise ed io l'unica cosa che seppi fare fu ricambiare quel fantastico sorriso che qualcuno lassù gli aveva donato. 
"Hey amico! Non ci presenti nemmeno la tua ragazza?" gli domandò il ragazzo che stava alla tastiera. 
"Beh, vorrà dire che lo farò da solo. Piacere, Alessandro." fece tutto lui non lasciando il tempo a Mirko di replicare. 
"Carlotta, piacere." gli sorrisi. 
Magari adesso avrei saputo come si erano conosciuti quei due, due tipi totalmente diversi. 
"Hey Mirko! Hai la ragazza?!" chiese la riccia ed io mi diedi della stupida mentalmente. Non avevo smentito Alessandro prima. 
Perché il mio cervello aveva questi ritardi? 
"No, beh, veramente non siamo fidanzati...ecco noi siamo solamente amici" dissi arrossendo e balbettando, comportandomi ancora una volta come una scolaretta. 
Maledizione a me. 
"Siamo vecchi amici, ecco" Mirko cercò di spiegare meglio il nostro rapporto. Chissà cosa pensava in questo momento. Chissà se pensava anche lui a ciò che fino alla scorsa sera mi aveva tormentato. 
"Ah bene, piacere Tamara" mi strinse in un abbraccio la riccia. A quanto pare tutti erano ancora affetti da una certa euforia, come è giusto che sia.
Mi presentai anche a lei e ricambiai come potei il suo abbraccio. Non la conoscevo nemmeno perché mi abbracciava così calorosamente? Certe situazioni la scolaretta non le sapeva mica gestire! 
"Ciao Lottie" mi salutò Francesco, il fratello di Mirko. 
"Ciao Franci, come stai?" gli sorrisi, perché nonostante tutto, volevo ancora bene a quella piccola peste. E forse ne volevo ancora anche al fratello. 
"Tutto bene, spero lo sia anche per te. Ti vedo in forma." mi rispose educato come sempre. Annuii e sorrisi anch'io con educazione, ma dentro la mia testa malata si vennero a formare ancora una volta quelle domande che si erano formate quando lo vidi poco prima.
"Beh, mentre io e te ci conosciamo già" ammiccò Benji facendomi arrossire. 
Merda, me ne ero dimenticata. Io pensavo di non doverlo più rivedere a questo tizio e invece no. 
Bel regalo che mi aveva fatto il destino. 
"Ah sì, ciao" dissi in evidente imbarazzo. 
"Ti sei ripresa a quanto vedo dalla sbronza di ieri, eh?" ammiccò ancora una volta. Vista la situazione tutti cominciarono a fissarmi. Sicuro pensavano che ci fossi andata a letto assieme. Dio mio, che dovevo fare? Era più che ovvio che pensavano ciò! Come ne uscivo adesso? 
"Lottie pensa, fatti venire un'idea immediatamente" nella mia testa rimbombava questa frase, ma non trovai nessuna soluzione. 
"Beh sì, si è ripresa Benji come puoi constatare. E adesso ragazzi se non vi dispiace io e Carlotta togliamo il disturbo. Ci vediamo alle prove di domani!" Mirko spezzò il silenzio che si era venuto a creare e mi trascinò subito dopo via. Riuscii solamente a dire un "ciao" in tutta fretta. 
Non appena fummo nel parcheggio ne fui lieta. L'aria là dentro stava diventando insostenibile. 
E vabbè, anche la situazione. 
"Credo che il resto della tua band pensi che io sia andata a letto con Benji..." dissi abbassando lo sguardo e puntandolo sui miei piedi. Non volevo che gli altri pensassero cose non vere su di me. Non avevo ancora imparato a non dare importanza al giudizio degli estranei. 
"Ma no, sanno tutti come è fatto Benji" tentò di rassicurarmi lui. Lo guardai negli occhi e nonostante gli credessi, volli avere la certezza e allora gli chiesi "Sicuro?" e lui mi guardò, mi sorrise e poi, poi mi accarezzò la guancia continuando a sorridere in quel modo così assurdo.
"Puoi stare tranquilla, in ogni caso domani chiarirò la situazione, va bene?" 
Annuii rapita dalla gentilezza del suo gesto e delle sue parole. Il bagliore della luna gli rendevano gli occhi così magici. Come quando essa si riflette sulle onde del mare la sera. 
Stupendi, ecco la parola adatta a tutto ciò che erano quegli occhi in quel momento. 
Tuttavia, preso da chissà quale consapevolezza, spostò la mano come scottato da chissà quali pensieri. Poi guardò un punto lontano la mia spalla e cadde il silenzio. 
Quel gesto mi ferì a morte. E il motivo non mi era chiaro in quel momento. 
Stavo vivendo talmente tante emozioni che non riuscivo più a decifrarle. 
Mi sentivo confusa. 
E triste, tanto triste. 
Mi ritrovai a pensare che per una volta nella vita, volevo essere felice. Che male c'era? 
Sospirai. Forse sarei dovuta andare via da lì. 
"Devo darti i vestiti Mirko" sussurrai ed ebbi finalmente l'onore della sua attenzione. 
"Li ho in macchina, se mi accompagni te li prendo"  dissi per poi avviarmi verso il mio abitacolo.
Sentii i suoi passi seguirmi.
Ancora silenzio. 
Altra tristezza che si accumulava nel mio petto. Mi sentivo morire. 
Triste e confusa.
Avrei retto? 
Arrivati alla mia auto, presi ciò che era di sua proprietà e glieli porsi. Poi mi sforzai quanto meno di ringraziarlo ancora una volta per la sua gentilezza dei giorni precedenti e nulla, la cosa mi fu davvero difficile. 
"Grazie per tutto Mirko, ci vediamo in giro" dissi per poi fare un debole sorriso. 
Lo sentii sussurrare un altrettanto debole di nulla e poi lo vidi andarsene così. 
Con indifferenza. 
Indifferenza. Ecco la su risposta. Il suo atteggiamento. 
Non ne capito il motivo. Perché questo cambio d'umore così repentino? Cosa avevo fatto di male? Dove avevo sbagliato? 
Che diavolo gli passava per la testa a quel ragazzo? 
E perché sentivo questa sensazione di vuoto all'altezza del cuore? 
Ero confusa, mi sentivo confusa...volevo solamente dormire. 
Ecco cosa mi ci voleva: un bel sonno restauratore. 
Guidai fino a casa con quella sensazione di vuoto a pesarmi sul cuore, ma con la speranza che nel sonno avrei trovato un po' di tranquillità per quella giornata così stressante. 
Ma i miei desideri non vennero realizzati nemmeno in quel momento. Realizzare un desiderio così banale? Era chiedere troppo. 
Poco prima di cadere tra le braccia di Morfeo, il mio cellulare si illuminò. 
Era Mirko. Mi scriveva che gli dispiaceva. 
Il messaggio non diceva altro. Ed io non riuscivo a comprendere appieno il senso di quel mi dispiace Lottie.
Per cosa gli dispiaceva?
Per il vestito rovinato? Per avermi invitato quella sera? Se ne era forse pentito? Gli dispiaceva per il presente o per il passato? O per essere ritornato così dal nulla nella mia vita?
Cosa diavolo gli dispiaceva? 
Perché non lo aveva scritto esplicitamente? Cosa diavolo dispiaceva a quell'uomo? 
Pensava che ad una donna bastava un semplice mi dispiace? Una scusa senza saperne la motivazione? 
Sentii la rabbia salirmi, ma poi si spense. E al suo posto passarono altre emozioni come la tristezza, la malinconia e la sensazione di vuoto. Quest'ultima fu quella che prevalse su tutte le altre. Mi veniva da piangere, avevo un groppo in gola che non riuscivo a mandare giù. 
Ma la sensazione di vuoto riuscì a sovrastare anche il pianto e allora non piansi.
Non versai nessuna lacrima. Nemmeno una per un tizio che era riapparso nella mia vita come per magia e come per magia sembrava che se ne fosse andato. 
Perché era stata quella la consapevolezza che avevo avuto quando lui si era allontanato  in modo così brusco da me. 
Se ne sarebbe andato. E stavolta non capivo il motivo. 
Eravamo adulti, eravamo cambiati, no? E allora perché stava scappando? 
Perché quelle dannate scuse?
Non piansi nemmeno una lacrima perché io non ero in un film, e tanto meno non ero più una scolaretta. Ero una donna e non mi lasciavo sconfiggere da certe sciocchezze. 
Avrei cancellato quel gesto insignificante. Lo avrei cancellato dalla mia memoria.
Assurdo. 
Anche il sentimento di vuoto che provavo in quel momento era assurdo.


—————————————————
Buonasera a tutti!❤️
Come state? Le vacanze natalizie sono appena cominciate per noi studenti e suppongo siamo tutti un po' più felici, no? 
Me lo auguro💕
Bene, che dire? Questo è il nuovo capitolo, pubblicato come regalo di Natale ahahah
Spero vi piaccia! 
Vediamo che il nostro caro Mirko si comporta come un lunatico. Aiaiai, menomale che eravamo noi donne le lunatiche🤔😂
Sono più che consapevole che questo Mirko è tutto un mistero, ma piano piano spero che questo mistero riuscirete a svelarlo. 
Eh niente, non odiatelo più di tanto...a me piace tanto Ahahahah 
Ci si sente nel prossimo capitolo gente! 
Un bacione❣

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Capitolo 5
*** Apatia e indifferenza ***


rflkgelijrg Come c'era da aspettarsi da un ragazzo che scappa e ti inoltra un orrendo mi dispiace senza motivo, non vidi Mirko per almeno due settimane.
Cosa poteva cambiare in due settimane?
Niente se si teneva conto che ero talmente apatica che quella mattina litigai con Giovanni.
Giovanni, ovviamente scegliendo il periodo dell'anno più bello della mia vita, aveva deciso qualche giorno fa di venirmi a trovare perché "Lottie io devo spiegarti come è andata la storia con Giada!"
Ma perché proprio adesso aveva tutta questa voglia di spiegazioni? Alla fine la sua nuova ragazza mi aveva chiamata e tanti auguri a voi! Non mi dava fastidio, beh sì, magari ci ero rimasta un poco di stucco, ma andava bene così. Ognuno per le proprie strade.
Ma evidentemente Giovanni questo non lo capiva. Non lo capiva visto che nonostante la mattina precedente io gli abbia detto che andava tutto ok, lui abbia interpretato la mia apatia alla questione come una rabbia nascosta. E allora era dalla scorsa mattina che tentava in tutti i modi di farsi perdonare e dimostrarmi che per lui rimanevo sempre e comunque la sua più grande amica. Il problema era che mi stava troppo appiccicato, che non teneva mai la bocca chiusa ed io, che in quei giorni avevo tutto in testa tranne la sua dannata relazione con Giada, non lo sopportavo.
Volevo rimanere da sola, che male c'era?
Ed era per questo che quel pomeriggio avevo detto alle ragazze di dirgli che sarei stata al lavoro per tutto il giorno e che avevo lasciato il telefono a casa.
In realtà quel pomeriggio mi diedi per malata e non andai nemmeno a lavoro. Me ne restai sulla piccola terrazza che avevamo inclusa nell'affitto e me ne stesi lì fin quando il sole non tramontò e cominciai a contare le stelle, o almeno quelle che riuscivo a contare.
Non mi importava se sembravo una pazza, una depressa o chissà cosa, non me ne importava.
Volevo solamente un poco di tranquillità e solitudine.
Dovevo sconfiggere la mia apatia, riflettendo su me stessa.
Avevo detto che non mi sarei più mostrata ferita da Mirko, ma alla prima occasione avevo rifatto lo stesso sbaglio di sempre. L'apatia è una dimostrazione di ferita, di dolore. Se volevo davvero non mostrare nulla, dovevo rimanere quella di sempre e rispondere a quel messaggio.
E invece non l'ho fatto, perché gira e rigira, rimanevo la solita Lottie che utilizza troppo cuore e poco cervello.
Beh, ma le cose si sarebbero risolte no? O meglio potevo ancora una volta migliorare in qualcosa.
Forse per com'ero fatta dovevo sbattere la testa più volte per poter non fare lo stesso errore.
Quindi, fatta una lunga riflessione, decisi che il giorno dopo sarei andata a parlare con Mirko.
E anche con Giovanni. Così me lo toglievo dai piedi. Gli avrei fatto capire che non me ne fregava nulla della sua relazione con Giada e che lo ringraziavo per essere venuto.
Avendo programmato tutto e avendo preso quelle decisioni mi sentii più forte e motivata a sconfiggere la mia apatia e perciò presi il mio cellulare ed inviai un messaggio a Giovanni.
Magari, mi dissi, si comincia a piccoli passi, d'altronde si dice che chi va piano, va sano e va lontano...
Gli scrissi: "Ciao Giovanni, come stai? Come hai passato questo tuo terzo giorno a Verona? Spero che tu sia andato in giro a conoscere un poco la città, piuttosto che rimanere rinchiuso in albergo. Le ragazze mi hanno detto che mi cercavi...circa tre volte. Immagino già cosa tu voglia dirmi e ti dico ancora una volta che non mi interessa la tua relazione con Giada, non ne sono ferita. Sto bene. Davvero, sto bene e sono pure felice per voi! Ti prego, credimi, non ti fare pippe mentali assurde. Detto questo, se domani mattina sei ancora qui, ci vediamo per la colazione? Così ti do la conferma delle mie parole anche di presenza. Fammi sapere, ti abbraccio."
E fatto questo, dopo aver sfoggiato tutta la mia dote linguistica per quanta ne possedessi, mi rimaneva solamente la risposta di Giovanni e purtroppo di chiarire bene la questione "tizio tornato dal passato"
Dopo poco dall'invio del messaggio, come avevo già previsto, Giovanni mi diede l'ok per il giorno dopo. Adesso mi rimaneva davvero il pesce più grosso.
Pensai al modo migliore per poter aggiustare la situazione col tizio.
Allora, c'era da dire che non sapevo nemmeno dove si fosse rotta la situazione.
Quindi Lottie, che cavolo vuoi aggiustare?
C'era anche da dire che avevo qualche dubbio sulle motivazioni delle sue scuse, motivazioni che avrei potuto cercare circa due settimane fa.
E se fosse stato tardi?
Magari si aspettava che lo chiamassi o che lo cercassi io e quindi sarebbe una questione di orgoglio la sua.
Beh, ma chi cavolo aveva la voglia di cercare una persona, la quale la sera prima sembrava che non vedesse l'ora di sbarazzarsi di te?
Comunque sia...se fosse stata una questione di orgoglio, avrei già perso in partenza i miei buoni propositi. Mirko e l'orgoglio andavano a braccetto. E ciò voleva dire che il tizio non mi avrebbe mai ascoltata, o meglio, che il tizio non avrebbe mai e poi mai cercato di chiarire ed aggiustare il rapporto lì dove solo lui sapeva si fosse rotto.
Quindi che mi restava da fare?
Sospirai. Che stress che era questo ragazzo. Lo era sempre stato, quasi non mi ricordavo cosa volesse dire essere stressata.
Che volevo fare? L'unica cosa che potevo fare era quella di andarlo a cercare e chiedergli il motivo delle sue scuse.
Dopo la colazione con Giovanni, sarei passata al negozio dove lavorava.
Programmato tutto ciò, decisi di scendere e andarmene sotto le coperte. Faceva troppo freddo per poter rimanere lì ancora a lungo.
Adesso, l'unica cosa di cui avevo bisogno era di una bella dormita.
E per quella sera, i miei desideri vennero realizzati.
Dormii come un ghiro. Un sonno tipico di chi aveva avuto una giornata pesante e distruttiva.
E la mia lo era stata, soprattutto per il mio povero cervello che di solito lavorava meno...credo.

Il giorno seguente mi sveglii con la consapevolezza di dover affrontare due situazioni differenti.
Purtroppo mi svegliai anche con un tremendo mal di testa e un brutto raffreddore. Ero quasi certa che per sera quella brutta influenza si sarebbe trasformata in febbre.
"Ci credo che stai messa così male! Ieri sera sei rimasta fino a tardi all'aperto, con un solo maglioncino! Cosa credevi di fare? Sei un incosciente!" mi sgridò Rossella.
"Dai Ros, lo so che mi sono comportata da sciocca, ma ti prego dammi una dannata aspirina, devo affrontare una giornata pesante oggi..." la supplicai con la vocetta tipica delle persone raffreddate.
La vidi ridere sotto i baffi perché evidentemente a me quella vocina rendeva un pagliaccio.
La guardai male e lei per risposta mi alzò un sopracciglio come a dire "sei proprio sicura di volermi sfidare?" E siccome io non ero sicura di voler fare arrabbiare la mia dottoressina, non replicai. Anzi, sorrisi con fare dolce e la comprai con una cioccolata.
"Va bene Lottie, però non dovresti prendere subito delle medicine. E inoltre dovresti affiancare il riposo alle aspirine..." cominciò a spiegarmi. Ma lo sapeva la cara dottoressina che nessuno seguiva queste istruzioni per un raffreddore?
Evitai di farglielo notare e dopo aver ottenuto la mia aspirina, filai a cambiarmi per poi precipitarmi fuori casa.
Essendo una dottoressa, Rossella ci teneva che ogni qualvolta io e Cris dovevamo prendere un medicinale la consultassimo.
E siccome avere un parere medico senza doversi scomodare da casa faceva comodo a tutti, nessuno aveva mai obiettato su questa regola.
Sentivo che quell'aspirina stava facendo qualche miracolo, o almeno così pensavo finché ero in macchina. Uscita dal mio abitacolo, mi ritrovai a tremare come una foglia e a starnutire almeno per cinque volte di fila.
Un bambino di cinque anni che passeggiava con la madre, possibilmente diretto all'asilo, mi urlò un "salute!" facendomi arrossire e ridere allo stesso tempo. Sembrava che avessi attirato l'attenzione di parecchi.
Entrai nel bar, lo stesso di sempre ormai, e trovai Giovanni già seduto, con le mani che si tormentavano e un piede che si muoveva chissà a quale ritmo.
"Hei" sorrise non appena mi vide. Indossava un maglioncino rosso e dei jeans scuri. Il cappotto stava sulla sedia.
"Ciao, come va?" dissi sedendomi di fronte al mio vecchio amico e vecchio amante.
"Bene, tu invece? Ti sei beccata l'influenza a quanto vedo" disse alzando un sopracciglio.
"Sì, ma non è nulla tranquillo. Che prendi?" gli chiesi cambiando discorso e accelerando i tempi. Dovevo scappare a lavoro successivamente, visto che il giorno prima non mi ero presentata, la mia scrivania accoglieva il doppio lavoro per quella giornata.
Ordinammo e poco dopo cominciai a parlare.
"Ascoltami: so di averti dato l'impressione di essere arrabbiata con voi per ciò che avete fatto, ma non è assolutamente così. Mi è successa una cosa e sono entrata in un'apatia apparente con tutti." cominciai e notai che mi seguiva. Bene, meno tempo inutile da sprecare.
"Che ti è successo?" mi chiese. Non mi aspettavo quella domanda, ma poi mi ricordai che in effetti, negli anni dell'adolescenza era stato il mio migliore amico e che quindi mi conosceva meglio di chiunque.
Sorrisi perché mi mancavano quei momenti. Dopo che ci innamorammo non fummo mai più come prima. Eravamo solo degli amanti e non più degli amici.
Ricordavo che per la rottura del nostro rapporto, amoroso o amichevole che fosse, soffrii tantissimo.
"Ho rincontrato Mirko..." risposi e lo guardai. Lo guardai e tentai di afferrarmi ai suoi occhi.
Lui sapeva tutto. Sapeva tutta la storia. Mi aveva aiutata tantissimo, era stato grazie a lui se ne ero effettivamente uscita.
"Lottie..." sospirò. E quel gesto valse più di mille parole. Pensava che ci fossi ricaduta.
"No Giovanni, no. Non è come da piccoli, non è più così. Lui è cambiato, io sono cambiata. Non voglio assolutamente ricadere in una trappola. E non lo farò. Devi fidarti di me." dissi prendendogli le mani tra le mie. Sapevo che fosse preoccupato e non volevo. Non ero più la Lottie indifesa di una volta, ero adulta e me la sapevo cavare. Non c'era motivo di preoccuparsi.
"Lo so Lottie, lo so che sei adulta adesso, che sei più forte e mi fido di te. E' di lui che non mi sono mai fidato. Io ti credo quando dici che non ti ha ferito la notizia di me e Giada, ma ti prego, se avrai bisogno, anche per una sciocchezza, chiamami. Non tenermi fuori dalla tua vita, per favore. Per me sei importante, lo sei stata anche in passato, lo sai. Non posso essere felice se nella mia vita tu non ci sei..." disse stringendo la presa sulle nostre mani e facendomi luccicare gli occhi. Annuii al suo discorso non avendo nulla da dire, o meglio non riuscendo a dire nulla.
"Grazie" riuscii solamente a ringraziarlo dopo un po', perché sì,  nonostante tutto e tutti, nonostante il tempo e i trascorsi, io sapevo che lui sarebbe rimasto il mio amico fedele di sempre.
E lo stesso valeva per lui. Avrebbe sempre trovato un posto nel mio cuore.

Dopo l'incontro con Giovanni mille pensieri si erano impossessati della mia povera testa, facendo aumentare il mal di testa. Così non andava. Non potevo affrontare ancora un'intera giornata con quel mal di testa così crudele.
Arrivata in ufficio vidi tutte le scartoffie e i contratti da tradurre.
"Che il divertimento abbia inizio" pensai sedendomi alla mia scrivania.

A metà giornata lavorativa non ce la facevo proprio più. Così decisi di prendere una pausa e andai a prendere un tè caldo, portando qualche contratto con me.

Bevendo il mio amato tè caldo, presi uno di quei contratti. Era meglio non darsi sotto.
Il contratto era stato fatto ad una band di nome "Laughing"
Che nome carino, non ne avevo mai visto uno così. Così semplice ma allo stesso tempo così coinvolgente. Mi piaceva.
Purtroppo mi piacque un po' meno quando lessi i nomi dei componenti...
Era la band di Mirko.
Non sapevo che avessero avuto a che fare con la casa discografica per la quale lavoravo.
Lessi il loro contratto interessata a capire cosa i miei capi gli avessero proposto.
Il contratto mi sembrava molto buono, speravo che i ragazzi avrebbero accettato.
Fatto sta che quel contratto mi ricordò che per quel giorno avevo in programma di vedere Mirko. E mi ricordò che non avevo la più pallida idea di cosa dirgli.
Cos'era successo effettivamente? Lui era scomparso, ma anche lui avrebbe potuto dire la stessa cosa di me. Ma in realtà non dovevamo mica sentirci tutti i giorni. Mica avevamo fatto un patto.
Forse ero stata io esagerata. Ok, non ero riuscita ad interpretare il messaggio nel suo vero significato, sempre se lo avesse, ma che bisogno c'era di prendersela così tanto?
La colpa era sempre e solamente mia: vedevo chissà cosa sotto ogni minimo dettaglio.
Guardare la realtà era difficile per una come me, esistevano solamente o i filmini mentali tipici delle ragazzette, oppure il pessimismo che Leopardi portami via.
Mi ero lasciata influenzare dai miei pensieri, dalle mie supposizioni, piuttosto che cercare la vera risposta.
Dandomi della stupida, decisi di passare in ufficio a prendere tutti quei contratti per portarli a casa e lavorare da lì in modo tale che sarei potuta passare in negozio da Mirko.
Avrei fatto finta di nulla. Ok cercare la vera risposta a certe mie domande, ma hei! Chissà che avrebbe pensato il tizio...forse era meglio lasciar perdere.
"Grande Lottie, sei proprio coraggiosa. Sei un esempio di rivoluzione, guarda. Come te nessuno." mi autocriticai da sola, ma ormai era fatta: mi stavo dirigendo da Mirko con l'intenzione di essere indifferente in riguardo a quel messaggio.
A pensarci bene mi stavo comportando come lui qualche giorno prima.

"Buonasera" salutai educata entrando in negozio. Che belle le maschere che una persona può indossare: Pirandello aveva talmente ragione su questa tematica che mi domandai se a lui avessero dato la corona d'alloro. Avrei dovuto controllare questa mia piccola curiosità.
Sotto la mia maschera di indifferenza si celava una Lottie impaurita e timida: perché ero andata nella tana del lupo? Cosa mi aveva portato lì?
A complicarmi la vita ero sempre stata brava, dovevo ammetterlo.
"Ciao Carlotta" mi salutò Mirko inquadrandomi subito.
"Come stai?" mi chiese subito dopo.
In vena di fare conversazione il ragazzo? Che si sentisse in colpa?
"Oh, bene e tu?" sorrisi indifferente.
"Tutto bene, che ti porta da queste parti?" mi chiese e la Lottie timida si trasformò in una belva e mi urlò "Ecco brava! Non hai nemmeno una scusa, come ne usciamo adesso, eh?"
Eh, come me ne sarei uscita? Il mio cervello non era bravo a formulare scuse credibili in due secondi, per lui in questi casi esistevano solamente due opzioni: inventarsi la scusa più terribile e stupida del mondo, oppure la seconda opzione era dire la verità.
"Ho visto che avete ottenuto un contratto con la casa discografica per cui lavoro." dissi alla fine e mi convinsi in quel momento di aver unito le due opzioni. Non era terribile e stupida fino in fondo, ma almeno non era nemmeno la verità.
Magari il mio cervello aveva imparato a valutare una terza opzione.
"Hai visto il contratto? Che te ne sembra? Sono preoccupato." e lo sembrava davvero preoccupato. Dopo aver recepito le mie parole, lo vidi sgranare gli occhi e agitarsi.
"Credo sia uno dei contratti migliori che io abbia mai visto finora. Stai tranquillo, non preoccuparti e giocati questa sfida. Magari è un'occasione da non perdere. O meglio, io penso che sia veramente da non perdere."
"Oh grazie Lottie, sei fantastica!" urlò pieno di gioia per poi girare dal bancone in cui si trovava e stritolarmi in un abbraccio.
Proprio così, stritolarmi in un abbraccio. A quanto pare per lui abbracciare quando era preso dall'euforia era una cosa molto normale. Ma per me non lo era. Non dopo quel messaggio, non dopo l'altra sera, non dopo il suo ritorno, non dopo il passato.
Fu per questo che alla maschera di indifferenza si sostituì quella di freddezza e apatia.
Di nuovo l'apatia fu parte di me e fu per questo che mi irrigidii.
E lui se ne accorse. Se ne accorse perché mi lasciò subito andare e mi guardò spiazzato.
Che lo avesse capito? Che avesse decifrato i miei complessi, i quali erano aumentati dopo quella sera?
Speravo in una sua comprensione perché davvero, stavo per scoppiare.
"Lottie..." sussurrò e mi diede l'impressione di sentirsi in colpa.
Per cosa si sentiva in colpa? Per avermi illuso? Per avermi devastata emozionalmente ancora una volta?
"Devo andare, ci vediamo" dissi e uscii da lì, perché dai miei occhi stavano uscendo quelle lacrime che tanto cercavo di fermare.
Adesso riuscivo a capire meglio me stessa e la situazione in cui mi trovavo: avevo interpretato male i suoi comportamenti nei primi giorni in cui lo avevo incontrato di nuovo dopo anni. Avevo capito male. Non c'era nulla sotto, per lui ero come un'amica, una buona amica o una semplice amica chi lo sa. Ma tutto ciò non lo era per me, non lo era mai stato e come avrebbe potuto esserlo? Non è colpa mia se i suoi atteggiamenti erano talmente ambigui da far sospettare me di esserci qualcosa di più grande di una semplice amicizia. E finalmente capii il suo messaggio. Finalmente riuscii a decifrare quei pensieri che mi assalivano da settimane, finalmente capii il motivo delle sue scuse e capii che si scusava per avermi illuso di nuovo. E lui lo aveva capito e ancora una volta pensava che con un semplice "mi dispiace Lottie" tutto poteva tornare come prima. Ma prima quando? Non esisteva un prima. Assolutamente. Non poteva esistere. Non doveva esistere.
Cercai di non piangere e sospirai stanca della mia vita.
Mi trovavo distrutta dall'influenza, con arretrati al lavoro e un cuore spezzato per l'ennesima volta.
Mi tornarono in mente le parole di Giovanni di quella mattina: "Ci sei ricaduta Lottie?"
, caro Giovanni, ci ero ricaduta di nuovo.
Realizzata la situazione in cui mi trovavo per l'ennesima volta, un moto di rabbia e disgusto mi salì dallo stomaco. Non verso Mirko, non verso il raffreddore o verso il mio lavoro. Non ce l'avevo nemmeno verso la vita, perché essa che colpe aveva? Le decisioni le prendevo io. Ed era per quello che quei sentimenti di rabbia e disgusto erano verso me stessa.
Ancora una volta mi odiavo e stavolta il mondo era buio, scuro.
Non vi era una strada di ritorno, non vi era una salvezza, non la intravedevo.
Vedevo solamente disgusto per la persona che ero.


Buonasera a tutti!♥
E auguri di buon anno ragazzi!♥
Come state? Avete passato delle ottime vacanze? Spero proprio di sì, perché adesso la pacchia è finita e si torna alla solita routine. Già mi mancano le giornate piene di ozio. AHAHAHAH
Bene, eccomi qua con questo capitolone.
Vediamo che Lottie sembra una pazza frustata che avrebbe bisogno di rilassarsi di più.
Avrebbe bisogno di uno psicologo, vero? E' troppo complessata AHAHAHAH
Inoltre è pure molto riflessiva, praticamente si è preparata l'intera giornata, ma naturalmente non ha previsto di fare i conti con gli incovenievoli.
Mirko e quel suo messaggio stavano a significare che l'avevano illusa di nuovo.
Triste storia, ma state tranquilli prima o poi qualcosa di carino arriverà anche per lei AHAHAH
Vedremo se nel prossimo capitolo le cose si aggiusteranno o meno...
Questo è tutto gente, spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno un poco e nulla, vi ringrazio come sempre. Siete fantastici.♥
Vi abbraccio. ♥♥♥

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Capitolo 6
*** Non pensarci Lottie ***


Nonostante io ce l'avessi con me stessa, non mi rinchiusi stavolta in casa a piangere o a lagnarmi più di tanto. 
Ero una donna adulta adesso, non potevo comportarmi come una ragazzina. Dovevo smetterla di comportarmi come tale, era finito il tempo dell'adolescenza. 
Fu per questo motivo che in quella settimana mi comportai come se nulla fosse successo. Ma non in modo apatico come prima, ma con spirito di fiducia nel poter migliorare me stessa. 
Ero in fissa nel correggere i miei errori, ma non perché aspiravo alla perfezione, quella nessuno avrebbe mai potuta ottenerla, ma perché desideravo un po' di calma e tranquillità. Se non potevo ottenere la felicità, almeno la stabilità andava bene, no? 
Detto ciò, passai quella settimana tra contratti di lavoro, esperimenti in cucina, organizzazione di qualche viaggio e serate al pub con le mie coinquiline. 
Quella mattina entrando in ufficio, mi accorsi che nell'aria c'era un non so che di strano. 
Tutti sembravano come se fossero in attesa di qualcosa. Ma in attesa per cosa? Lo stipendio non arrivava quel giorno. 
"Carlotta hai saputo?" mi chiese non appena mi avvistò la mia collega Anita. 
"Cosa?" chiesi a mia volta. Che stava blaterando? 
"Oggi il capo sceglie chi andrà all'estero per valutare una band assieme a lui. Vogliamo essere scelti tutti, ma naturalmente ciò è impossibile. Sceglierà solamente due tra di noi, tra cui uno è quasi sicuramente Daniele. Sai che il capo lo stima molto e tiene molto conto del suo parere." mi spiegò con gli occhi che luccicavano. 
Perché io non ne sapevo nulla? 
Glielo chiesi e lei mi rispose che lo avevano annunciato quando ero malata e avevo preso un giorno dalle mie ferie. 
"Ah, adesso si spiega tutto. Beh, perché ci speri tanto? Dove si andrebbe?" le chiesi scettica e allo stesso tempo curiosa. Ero scettica perché noi eravamo le novelline, quelle alle quali non era nemmeno sicuro che rinnovassero il contratto l'anno successivo, quindi ero dell'idea che prima di scegliere una di noi ce n'erano altri duemila come Daniele. 
Ovvero più esperti, più capaci e con un contratto indeterminato. 
Evitai di esporle il mio pensiero, non volevo di certo distruggerle i sogni. 
"Si va a Barcellona!" 
"Comunque, credo che sia molto interessato a te il capo, sai?" mi disse facendomi aggrottare le sopracciglia. Cosa? Che schiocchezza stava sparando? 
Avevo conosciuto Anita proprio in quell'ufficio. Anche lei era una novellina come me con un contratto non stabile, quindi avevamo stretto un rapporto amichevole in modo da trascorrere le ore lavorative in modo più carino. 
In realtà mi dava senso di un'oca invidiosa e ne ebbi conferma, perché il modo in cui mi porse quella domanda retorica, fu molto strano. Era gelosa, senza ombra di dubbio. 
Ma non capivo il motivo della sua gelosia. Io svolgevo il mio lavoro e cercavo di farlo nel modo migliore. Che voleva quindi questa da me? 
Comunque sia, non presi nemmeno in considerazione ciò che mi disse. Sapevo bene come funzionavano quei viaggi, non erano nelle competenze di noi novellini e di certo il capo non avrebbe mandato chiunque in un viaggio così importante proprio nel momento in cui l'azienda si stava riprendendo. Negli scorsi anni quest'ultima stava quasi per chiudere e solo dall'anno precedente un donatore aveva deciso di aiutare l'azienda con una somma cospicua a patto che essa diventasse di sua proprietà. Ecco quindi che in realtà quello che noi chiamavamo capo non era altro che un dipendente di qualcun altro ancora più superiore. 
Per questi motivi non mi illusi come la povera Anita invece fece. 
Potevo sembrare tutta cuore, emozioni e sentimenti, ma quando serviva, il razionalismo faceva parte di me. E naturalmente il razionalismo vinceva sempre su tutto. Proprio come nella rivoluzione scientifica. Galileo col suo nuovo metodo scientifico aveva scoperto e ribaltato un mondo. Usando alla base di tutto l'intelletto con l'aiuto della matematica. E proprio perché la matematica non è un'opinione, il nostro caro capo non aveva scelto nessuno dei novellini, tanto meno me. 
Di conseguenza Anita vide i suoi sogni andare distrutti e non poté che darmi ragione. 
Tuttavia era vero che il nostro capo aveva scelto Daniele. 
Daniele era il classico braccio destro di un uomo importante. 
Intelligente, carismatico e con mille strategie da tirar fuori sempre nel momento più opportuno. Aveva un'ottima parlantina, parlava tre lingue e girava voce che ne stesse imparando una quarta. Tutti in ufficio lo ammiravano, in particolar modo Anita, la quale cercava in tutti i costi di attirare la sua attenzione. Non era un bel uomo, uno di quelli che quando li incontri per strada rimani stupita per il dono della loro bellezza, ma come tutti gli uomini intelligenti e di potere aveva il suo fascino. Fascino che possibilmente svaniva quando lo si conosceva più a fondo. 
Anche questo pensiero lo tenni per me, senza condividerlo con la mia collega la quale stava già facendo moine e complimenti a quell'uomo che la guardava con aria di sufficienza. 
A mio parere Daniele era un uomo che aveva saputo sfruttare i propri punti di forza ed era arrivato in alto. Un po' il mito, l'esempio da imitare se si volesse arrivare ad occupare un posto importante nella società. 
Mi limitai a congratularmi col diretto interessato ricevendo in cambio un'occhiata curiosa. 
Pff, nemmeno si ricordava della sottoscritta. Eppure una volta ero stata la sua assistente per 24h. 
Decisa a continuare a svolgere il mio lavoro, ritornai alla mia scrivania lasciando Anita e Daniele scambiarsi qualche parola. La prima eccitata e in estasi, il secondo annoiato e leggermente scocciato. Evidentemente Anita non rispecchiava il tipo di donna che interessava al grande mito dell'ufficio. 

Le ore passarono in fretta e presto mi ritrovai a slegare la mia bici per poter correre al corso di fotografia. Quel giorno avrei finalmente terminato il corso, o almeno così pensavo. 
La giornata era fredda ma vi era il sole che provava a riscaldare la città a modo suo. Era per quella giornata così carina che avevo optato per la bicicletta e non l'auto che risultata più comoda. 
Ma nuovi punti di vista e il bisogno di dimenticare i giorni passati erano stati complici in quella folle scelta. 
Beh sì, folle perché ero terribilmente in ritardo e sarei arrivata tardi al corso. 
Non potevo arrivare tardi e perdermi mezz'ora di lezione dopo aver pagato una cifra per quel corso! 
Fu per questo che provai ad andare spedita sul mio mezzo a due ruote. 
Peccato che quasi rischiavo di andare  a finire sotto l'auto costosa e bellissima del tanto e non di meno stimato Daniele. 
Mi guardò malissimo. Eppure non mi sarei mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, tanto meno da uno squilibrato del genere che bravo quanto volesse nel suo lavoro per quanto riguardava la guida era da abolire, denunciare, rinchiudere nella topaia di Heidi dove le macchine non servissero. Doveva camminare con le caprette Daniele, altro che BMW! 
"Guarda che potresti stare più attento, eh! Stavi per farmi finire all'altro mondo!" urlai a Mr Perfezione fulminandolo con lo sguardo. 
"Io? Sei tu che dovresti stare attenta! Sei finita sotto la mia macchina perché correvi come una pazza!" urlò a sua volta mentre scendeva dall'auto e si avvicinava alla sottoscritta. 
"Ah sì? Genio, sei nella corsia dove in teoria dovrebbero starci coloro che vanno in bicicletta!" gli feci notare puntando il dito sul suo petto. Era poco più alto di me, ma fortunatamente, almeno in questo, la mia altezza non era discriminante rispetto alla sua. Anzi, forse lo era la sua. E il pensiero mi fece godere. 
Complice l'attesa del ciclo, complice tutto il teatrino dei giorni scorsi, avevo i nervi a fior di pelle. Nessuno doveva azzardarsi a dirmi qualcosa di sbagliato. Ma soprattutto con un tono così arrogante e alto di tonalità con stava facendo quello squilibrato. 
Gli sarei saltata addosso e gli avrei cavato gli occhi con le unghie se come dicevo prima, non fossi dotata di un cervello pensante. 
Fu così che decisi di prendere il mio mezzo e andare via prima di ricevere una denuncia o peggio ancora di finire dietro le sbarre per aver ucciso uno scarafaggio.
E addio carriera brillante per sempre.

Ovviamente arrivai tardi al corso, infatti quando misi piede nella stanza stavano consegnando gli attestati di partecipazione. 
"Chissà se mi servirà mai questo pezzo di carta un giorno." pensai pigramente afferrando il mio.
Lo guardai attentamente e decisi che nonostante non mi sarebbe servito a nulla concretamente, almeno avevo coltivato una passione e un hobby. 
"Prima che andiate" cominciò l'organizzatore del corso. Era un ottimo fotografo, ma ancora poco conosciuto nel mondo del suo lavoro.
"C'è un concorso di fotografia organizzato dalle accademie di fotografia. È semplice come concorso, bisogna pubblicare su Instagram la foto di qualche scorcio del villaggio e come descrizione qualcosa in riguardo. Il concorso si svolge in due fasi e siete stati invitati a partecipare. Sul sito ufficiale del nostro corso di fotografia troverete le informazioni a riguardo. Se siete interessanti, mi farebbe piacere che voi partecipaste. C'è l'opportunità di vincere un viaggio o un montepremi in soldi a chi scalerà la classifica." detto ciò ci salutò calorosamente e ci augurò una buona giornata.
"Carlotta un minuto, vorrei parlarti." ma evidentemente la comunicazione non era finita per quanto riguardasse me. 
Mi scusai per il ritardo spiegando che fossi uscita tardi dal lavoro e che avevo avuto un piccolo inconveniente, mi sembrava il minimo da persona educata e corretta quale fossi. 
"Tranquilla, non volevo assolutamente rimproverarti per il ritardo. Non ci perdo io, lo sai bene." 
"Volevo solo dirti che vorrei che tu partecipassi a quel concorso."
Il suo desiderio mi incuriosì e sorprese non poco. Non capivo il motivo. 
"Cosa? Io? Ma non credo di essere la prima del corso, anzi!" 
"Sono consapevole che altre persone che hanno partecipato a questo corso per quanto riguarda la tecnica ti superano, però volevo comunque che tu partecipassi. Non credo che quelle stesse persone sappiano cogliere il vero significato del concorso. Mi prometti che ci penserai?" mi chiese. E cosa potevo dirgli? Non potevo assicurargli la mia partecipazione al concorso, non me la sentivo più di tanto e poi non ne ero così interessata. Ma deludere le sue aspettative mi dispiaceva. 
"Prometto che darò un'occhiata sul sito, ma non posso prometterti la mia partecipazione." dissi alla fine decidendo che quello fosse il giusto compromesso. 
"Va benissimo così!" esclamò per poi salutarmi definitivamente stavolta. 

Fu una giornata strana e monotona, quasi noiosa. In quel momento mi trovavo nella mia stanza con il Pc sulle gambe ripensando al giorno appena trascorso. Era stato vuoto, come se mi mancasse qualcosa. Quella consapevolezza mi portò a pensare al ragazzo che lavorava tra i dischi volanti.
Era la prima volta che pensavo a Mirko durante quella giornata. Forse perché ero stata presa dal lavoro, poi dal corso e infine dalle mie coinquiline che mi avevano leggermente distratto dal suo pensiero. Beh, in realtà non proprio distratto. In realtà avevo sempre cercato di concentrarmi su tutto ciò che mi capitasse sotto tiro, lasciandolo fuori dalla mia mente. Ma come ben si sa, quando poi ci si ritrova da soli, in silenzio, i pensieri che per l'intera giornata non avevano toccato la nostra mente, nonostante siano sempre stati intrappolati in qualche parte remota in noi, prendevano il sopravvento e riemergevano a galla con una spontaneità che quasi spaventava. 
Mi spaventava quell'improvvisa consapevolezza.
Mi mancava Mirko. 
Poteva sembrare assurdo, ma mi mancava. Non lo sentivo da anni, non lo vedevo da altrettanto eppure bastava che ricomparisse per qualche giorno nella mia vita per sconvolgerla. 
Che avrei dovuto fare? Io non ero brava a gestire la mia vita. 
Mi ripetevo di non farmi influenzare da eventi esterni eppure quest'ultimi mi ferivano a morte. 
Mi ritrovavo a piangere come una bambina per un uomo che mi aveva illusa. 
Perché dovevo essere talmente sensibile? 
Sentivo il mondo crollarmi addosso e che potevo fare io? 
L'unica cosa che riuscivo a fare in quel momento era piangere. 
Non avrei smesso di essere una ragazzina nonostante l'età all'anagrafe. 
Poteva andare peggio di così?


Buonasera Fanciulle!🍭💓
Come state? Avete passato una buona Pasqua? Spero sia andato tutto bene e che abbiate ricevuto tante di quelle uova da riempire un intero frigo ahahahahah🐶
Come avrete capito questo risulta essere un capitolo di passaggio. Non succede molto, eppure notiamo l'entrata di due nuovi personaggi che saranno presenti anche nei prossimi capitoli. 
Una di loro è Anita. Sembra la solita ochetta invidiosa, ma forse risulterà essere anche simpatica quando vorrà. Mannaggia, vi ho accennato già a qualcosa! AHAHAHAH 
Mentre Daniele non lo sopporto come personaggio. Mi dà l'aria di un tipo tutto classico, serioso e poi non sa nemmeno guidare correttamente Ahahahahahahah 
Che ne pensate voi? 
Spero di ricevere qualche vostro commento, mi farebbe davvero piacere sapere come vi sembra la storia, i personaggi e tutto il resto! 🙈
Nel frattempo ringrazio chi ha recensito gli scorsi capitoli e chi ha aggiunto la storia a qualsiasi lista! Mi fate sorridere sempre❣
Un abbraccio, a prestooo!❤️❤️

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Capitolo 7
*** Daily routine ***


Ancora una volta ero finita per comportarmi come una bambina.
Ancora una volta lasciavo che gli altri distruggessero la mia vita.
Ancora una volta non riuscivo a gestire le mie emozioni.
Ancora una volta mi sentivo estranea dal mondo.
Ancora una volta non sapevo affrontare la vita.
Con questi pensieri diedi il buongiorno ad un nuovo giorno. E che buongiorno era quello! Sembravo una depressa, tant'è che mi chiesi se non avessi problemi di personalità.
Addirittura, mi ritrovai ad immaginarmi nel futuro rinchiusa in qualche ospedale psichiatrico.
Mi trascinai in ufficio con tutta la buona volontà e con tutta la voglia di vivere che la notte mi aveva donato. Avevo passato tutta la notte a maledirmi e a sentirmi una fallita. Capivo che le mie emozioni erano esagerate, ma capivo anche che a volte, le delusioni erano devastanti. Le delusioni ammalavano la vita. Che cosa brutta da pensare. Non volevo che la mia vita fosse ammalata, eppure in quel momento risultava così. Ed io non sapevo come rimediare, come colmare quel dolore che mi stringeva il petto in una morsa. Mi sentivo inutile per questo: non riuscivo ancora una volta a prendere in mano la mia vita.
Fortunatamente a lavoro filava tutto liscio. Avevo dato poca confidenza ai miei colleghi rinchiudendomi nel mio silenzio fatto di pensieri e autocommiserazione.
"Oggi è depressa la pazza che non conosce le buone maniere?" sentii una voce provenire da dietro. Mi trovavo in pausa e per quel giorno avevo deciso di prendere solamente un caffè. Non avevo fame.
"Ciao Daniele. Anche oggi simpatico tu, eh?" chiesi retoricamente all'uomo che adesso guardavo in viso. Non volevo avere una discussione con lui. Ma non volevo nemmeno che mi ridicolizzasse. Non era per nulla la giornata adatta per litigare con Mr perfezione.
"Ovviamente, cara. Potresti spostarti? Ti sei piazzata davanti la macchinetta del caffè da un quarto d'ora e sai, la mia pausa non dura a vita."
Il suo commento mi fece alzare gli occhi al cielo. Tuttavia non volevo assolutamente litigare con un tipo del genere per quel giorno e per questo motivo uscii dalla stanza ignorandolo.
Evidentemente la cosa lo toccò molto, perché preso il suo amato caffè mi raggiunse e continuò a parlarmi.
"Sai, mi sono ricordato solo ieri dopo l'incidente che un giorno eri stata la mia segretaria, il mio braccio destro per 24h. Mi stavo chiedendo però..." si prese una breve pausa al fine che le comprendessi a pieno le sue parole. Eccome se le comprendevo, avrei potuto staccargli la testa a morsi se solo avessi perso la calma.
"Di cosa ti occupi principalmente?" mi chiese alla fine.
Ero in quell'ufficio da quasi un anno, il contratto scadeva a breve nei mesi successivi e questo tizio si accorgeva di me e della mia esistenza, ma soprattutto del mio lavoro solo in quel momento?
Avrei potuto veramente staccargli la testa a morsi.
"Principalmente sono un interprete e traduco i contratti. Tuttavia ogni tanto mi è capitato di dover esprimere un opinione su qualche band." illuminai il mio interlocutore.
"Adesso se non ti dispiace tornerei al mio lavoro." provai poi a liquidarlo.
"No, aspetta. Hai detto che ti è capitato di dover esprimere un’opinione?" mi chiese d'un tratto serio. Il tono derisorio di poco prima era svanito.
"Sì, non mi credi?" chiesi retoricamente infastidita. Che voleva questo tizio dalla sottoscritta?
Volevo essere lasciata in pace.
"Non è quello novellina. Se il capo ti ha chiesto un’opinione vuol dire che ti sta osservando. Comportati bene e svolgi bene il tuo lavoro, possibilmente ti farà firmare un contratto indeterminato."
A queste parole le mie orecchie si misero in ascolto per la prima volta da quando quella conversazione era iniziata.
"Di cosa stai parlando?" volevo sapere di più. Se mi fossi sistemata sul piano lavorativo la vita sarebbe stata una figata. Magari non proprio una vera figata eppure sarebbe stata migliore, ecco.
"Sto dicendo solamente che hai ottime possibilità per rimanere qui più di quanto pensi." affermò serio per poi andarsene.
Mi sorprese il comportamento di Daniele, di certo non mi aspettavo che la conversazione sarebbe finita in tono serio. Pensavo avrei dovuto rispondergli a tono per farlo girare a largo e invece a quanto sembrava non era stato così. La cosa mi sorprese non poco.

Finito di lavorare anche per quella settimana decisi di trascorrere il resto della giornata con le mie coinquiline.
"Quindi in poche parole Mr perfezione ti ha fatto capire che hai ottime probabilità di ottenere un contratto indeterminato. Beh, è fantastico." commentò Cristina. Avevo raccontato la mia giornata alle due. In quel momento ci trovavamo sedute su una panchina in un parco mangiando del gelato. In realtà lo mangiavo solamente io, le altre due avevano optato per una bevanda calda.
"Sì, esatto. Non so se credergli veramente, però fa nulla. Io continuo per la mia strada, poi se arriva meglio per me, no? Meglio non farmi illusioni e rimanere delusi." dissi fissando la chioma di un albero di fronte a noi. Le foglie che restavano a quell'albero erano ormai poche, ma nonostante ciò potesse sembrare una fragilità, in realtà lo rendeva stupendo. Feci una foto subito dopo per immortalare quella bellezza naturale.
"Fai bene tesoro." disse la sua Rossella.
"Adesso devo raccontarvi io qualcosa. C'è un mio collega che mi fa il filo..." disse sorprendendoci. Di certo non mi aspettavo una novità così all'improvviso. Dovevo sapere di più. E anche Cristina sembrava avesse avuto lo stesso pensiero.
"Raccontaci." disse infatti facendosi attenta.
"Beh, non è che c'è molto da dire eh..." cominciò la bruna arrossendo.
"In pratica c'è questo tizio, si chiama Mattia, e niente sono alcuni giorni che mi guarda in modo strano. E non me ne sono accorta solamente io. Proprio stamattina, Anna, un'altra mia collega del mio stesso anno di tirocinio, mi ha detto che quel tizio mi fissa un po' troppo spesso per passare inosservato." ci raccontò ridendo imbarazzata.
"Qui la nostra dottoressina ha fatto delle conquiste?" esordì Cris facendomi ridere.
"E' carino?" chiesi subito dopo.
"Sì, è molto carino. Adesso ve lo faccio vedere, aspettate un attimo." disse cominciando a trafficare con il suo smartphone.
Io e Cristina ci guardammo nel frattempo con sguardo complice: sembrava che questo Mattia non era indifferente alla nostra amica.
"Eccolo!" esclamò dopo un poco mostrandoci un'immagine profilo facebook. Era questo Mattia il soggetto della foto. Era bruno come la nostra amica, con un leggero strato di barba, occhi scuri e portava degli occhiali da vista che gli donavano un'aria da intellettuale.
Sorrisi: era carino e a parere mio sarebbe stato bene accanto alla mia amica.
"Beh, niente male, eh" confermò i miei pensieri Cris facendomi annuire.
"E non è tutto." ci rivelò subito dopo Ros incuriosendoci. Infatti vidi Cristina alzare un sopracciglio e avvicinarsi sempre di più a lei mettendosi in ascolto.
"Stamattina mi ha chiesto di prendere un caffè assieme." ci informò alla fine sorprendendoci.
"E io che immaginavo il classico ragazzo timido!" esclamai sorpresa.
"Hai accettato vero?" chiese Cris dopo aver annuito al mio commento.
"Tutt'altro che timido ragazze! E' fin troppo loquace. Comunque sì, ovviamente ho accettato, ma mantenendo sempre le giuste distanze" disse la mora.
"E dunque? Vogliamo sapere i dettagli della discussione!" esclamò Cris facendomi ridere. Osservai le mie due coinquiline e pensai fra me e me che erano stupende quel giorno.
Cristina portava i capelli neri, ma presto ero più che certa che avrebbe cambiato colore facendoci una sorpresa come al suo solito. Tuttavia adoravo i capelli neri su di lei: la rendevano sensuale e adulta. Non tutti quelli che portavano i capelli neri riuscivano a non sembrare la strega di Biancaneve con tanto di verruche. La mia amica inoltre era alta, un po' meno rispetto la sottoscritta, ma abbastanza da sovrastare Rossella che si lamentava sempre dicendo che si sentisse una dei sette nani accanto a noi. Ogni volta che si ritrovava a fare quella battuta, scoppiavo a ridere seguita a ruota da Cristina. Entrambe avevano delle curve molto femminili. Non erano quelle solite ragazze che sembravano uscite da delle riviste, eppure senza che se ne accorgessero sapevano essere sensuali più di quelle stesse modelle. E la cosa mi rendeva fiera delle mie ragazze.
Nel frattempo che Ros ci descriveva la sua conversazione con Mattia, mi soffermai a pensare se anch'io sapevo essere sensuale. Non mettevo molto spesso abiti e tacchi, preferivo dei vestiti molto più comodi e mi domandavo se si potesse essere sensuali anche con addosso quegli stracci.
"E nulla, mi ha chiesto se mi andava di andare a cena con lui domani sera." ci confidò alla fine la nostra amica facendoci saltare dalla gioia.
Speravo che entrambe trovassero l'uomo che le avrebbe meritate.
"Uff, sono invidiosa adesso." affermò Cris ad un certo punto. La guardai con tenerezza, non con compassione, ma con tenerezza. Tenerezza perché si credeva un cesso quanto in realtà era una bomba sexy.
"Tu hai trovato un bel dottorino, mentre qui Lottie vive una storia tormentata con l'eterno fanciullo!" sentire quell'epiteto in riferimento a Mirko mi fece ridere e strozzare allo stesso tempo.
"Io non vivo una storia tormentata con...ma dove ti è uscito questo nome?!" esclamai ridendo.
"Sta' zitta. Stavo facendo una riflessione, quindi ascoltami." disse con fare teatrale facendo ridere Rossella.
"Rimarrò l'unica zitella del gruppo. Mi lascerete i vostri pargoletti un giorno e ve ne andrete a fare baldoria con i vostri maritini, lasciandomi sola." disse facendomi scuotere la testa.
Poi un'idea si fece spazio nella mia mente.
"Scusami Cris...ma tu non ci avevi raccontato di un certo consulente che ti faceva la corte? Che fine ha fatto?" le domandai curiosa. Non che fosse interessata veramente al tizio, ma beh, magari poteva nascere qualcosa con quest'ultimo.
"Boh, non l'ho ancora visto questo mese. Comunque che ci provi pure, a me non va a genio quel tizio. Mi sa di maniacale, pedofilo e viscido." risi per quegli aggettivi attribuiti al suo consulente. Adoravo il suo sarcasmo.
"Comunque sia cara Cris, non vorrei dirtelo, ma è da quando ci siamo sedute che quel tizio lì in fondo a destra ti osserva. Lo conosci?" le domandai pensando che forse era il consulente. Se fosse stato lui, sarei scoppiata a ridere come una pazza.
"Oh mio dio!" esclamò arrossendo e coprendosi la faccia con la sciarpa che indossava.
"Chi è?" domandammo all'unisono io e Ros.
Allora lo conosceva veramente?!
"Quel tizio lì, è un mio compagno del liceo. E ricordo che avevo pure una mezza cotta per quello scemo!" ci spiegò guardandolo di sottecchi. Lo feci anch'io notando che il tizio non la smettesse di osservarla spudoratamente. Da lontano riuscii a comprendere solamente che fosse un bell'uomo.
"Ma perché mi guarda?!" esclamò furiosa.
"Sapete che faccio adesso? Vado lì e gliene dico quattro." affermò decisa prendendo la borsa e raggiungendolo. Io e Ros ci guardammo scioccate: non era da Cris perdere così facilmente le staffe.
La vidimo parlare animatamente mentre il tizio la guardava con un ghigno dipinto sul volto. Mi resi conto che sembrava come se volesse spogliare la mia amica con la sola forza del suo sguardo.
Sembrava attratto da Cristina e lei non se ne rendeva conto. Avrei fatto un discorso alla mia amica quella stessa sera.
Dopo pochi minuti la vidimo tornare ancora più infuriata.
"Mi ha chiesto di uscire a cena quest'imbecille!" esclamò infuriata piantandosi davanti a noi.
"Ma seria?" fece Ros stupita.
"Non hai accettato, vero?" chiesi sapendo già la risposta. Ero quasi certa che sotto ci fosse una storia più complicata di quanto ci si aspettasse.
"Ovvio." confermò i miei pensieri.
"E adesso andiamocene vi prego!" continuò dopo trascinandoci fuori dal parco.
Poco prima di uscire definitivamente dal parco mi resi conto che il tizio non smetteva di guardarla.
Cosa sarà mai successo alla mia coinquilina con quel tizio?

Quando la sera mi ritirai in camera dopo aver cenato mi persi ancora una volta nei miei pensieri.
Non vedevo Mirko da un paio di giorni. La cosa mi destabilizzava un po'.
Mi ero abituata a non vederlo per anni, e adesso cosa mi cambiava?
Non riuscivo ad odiarlo.
Decisi di andare sul sito che il fotografo mi aveva dato per dare un'occhiata al concorso e per fermare in qualche modo quella scia di pensieri soffocanti.
Proprio quando sembrava che ci stessi riuscendo la suoneria del mio Iphone attirò la mia attenzione. Era Anita. Che diavolo voleva la mia collega alle dieci di sera?
Non ero in vena di sentire quell'oca giuliva, tuttavia risposi per educazione.
"Devi assolutamente venire al San Patrick Pub! C'è Daniele ubriaco, Mr perfezione come lo chiami tu, che sta dando i numeri!" esclamò Anita prendendomi alla sprovvista.
Cosa poteva mai importarmi di vedere Daniele ubriaco?
"Devi assolutamente venire, davvero Carlotta! Ti perderesti uno spettacolo fantastico. Ti aspetto!" urlò letteralmente l'ultima frase facendomi maledire per averle risposto.
Era assolutamente pazza se credeva che fossi veramente andata. Che poteva fregarmene?
Tuttavia una nuova idea si impossessò della mia testolina bacata.
Perché non sarei dovuta andare? Cosa mi sarebbe cambiato se fossi andata? Al massimo avrei preso qualcosa da bere e poi sarei tornata a casa. Era venerdì sera, il giorno dopo non avevo da lavorare, avevo la bellezza di ventitré anni e dovevo rimanere a casa?
Presa da questa consapevolezza, mi alzai dal letto dove stavo e cominciai a scegliere cosa indossare.
In cuor mio sapevo che stavo andando in quel luogo solo per poter mettere a tacere quei pensieri che non riuscivo a zittire, o meglio scacciare via quella persona che faceva troppo rumore nella mia mente e nel mio cuore.
 
Buon pomeriggio fanciulli! Come state? 
Per noi non ancora maturandi è appena iniziata la stagione estiva!siete contenti anche voi, eh?
Mentre per loro è inizio il periodo forse più stressante dell'anno. 
Bene, chiunque debba affrontare gli esami ha il mio supporto e il mio in bocca al lupo. Andranno bene, vedrete. 
Che ne pensate del capitolo? Personalmente penso che forse avrei potuto fare di meglio, eppure visto che non mi faccio viva da non so quando, l'ho voluto pubblicare ugualmente ahahahah
Fatemi sapere cosa ne pensate. Qui abbiamo un po' l'analisi di altri personaggi che non siano Lottie e Mirko. Quindi ci terrei a capire se vi piacciono o meno ahahah
Io adoro in particolar modo Rossella e Cristina, ma vedrete che la stessa Anita ci sorprenderà. 
Detto ciò vi lascio, spero che il capitolo sia di vostro gradimento e nulla,
vi abbraccio forte forte <3

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Capitolo 8
*** Un momento tutto nostro ***


Arrivai al pub dopo circa mezz'ora. Le mie coinquiline erano uscite con degli amici di vecchia data, mi avevano invitata ma non avevo accettato. Fu per questo che mandai loro un messaggio per dire che ero uscita anch'io, per avvisarle e non farle preoccupare se fossero tornate a casa prima della sottoscritta.

Mi domandavo perché avessi deciso di raggiungere la mia collega piuttosto che andare con le mie amiche dove mi sarei sentita più a mio agio. Purtroppo a questa domanda non seppi dare nessuna risposta. Evidentemente, presa dai rimorsi avevo agito d'istinto, come sempre. 

Individuai subito la mia collega assieme ad altre sue simili, ovvero galline come lei, ma naturalmente tenni questi pensieri solo per me. Salutai tutte con un sorriso smagliante come se fossi felice di averle raggiunte. In realtà me ne pentii subito. Mi diedi della stupida per almeno un centinaio di volte e provai ad architettare un piano per fuggire da lì non finendo per essere quella strana e asociale. 

Piano che presa vita nella decisione di rimanere dentro quel pub solo per un'ora con quelle tizie, che nel frattempo si erano presentate tutte, ma di cui non ricordavo nessun nome.

"Allora, dov'è questo Daniele così ubriaco fradicio da stupirsi?" chiesi alla mia collega guardandomi attorno. E poi lo individuai: se ne stava a due tavolini di distanza da noi. 

Di essere ubriaco fradicio lo era, infatti rideva a più non posso come non lo avevo mai visto fare.

Tuttavia non mi sembrava una scena così eclatante da chiamare una mia collega perché assistesse a tale evento. 

"Cosa c'è di così anormale?" chiesi infatti alla mia collega. Quella mi guardò sorridendo e facendo spallucce. In quel momento sì che sarei voluta andare via.

"Però è piuttosto carino questo tizio eh" osservò una del gruppo con i capelli rossi. La cosa mi fece sorridere perché subito dopo si alzò andando incontro a Daniele e amici per far sì che la notassero e le offrissero da bere. 

Erano davvero delle galline. 

Ad un certo punto però mi sentii in colpa perché non le conoscevo e le stavo giudicando. Tuttavia questo pensiero svanì subito quando la rossa si sedette sulle gambe di un amico di Daniele strusciandosi addosso a quello. 

"Lo so che mi consideri una gallina." disse ad un certo punto Anita attirando la mia attenzione.

Andai in panico, non volevo di certo che sapesse queste cose. 

Cosa mi sarei inventata? 

"Non c'è bisogno che ti giustifichi cara, non mi importa. Siamo abbastanza libertine questo è vero, ma almeno noi ci godiamo e viviamo la vita a modo nostro, non credi?" chiese retoricamente colpendo un mio punto debole. 

"Eppure mi fai simpatia, per questo ti ho invitato qui stasera. E sono contenta che tu mi abbia raggiunta" aggiunse subito dopo sorridendo in modo quasi dolce. 

La cosa mi sorprese non poco tant'è che pensai davvero di averla giudicato troppo in fretta.

Le sorrisi in leggero imbarazzo e poi per cercare di cambiare argomento le chiesi se volesse una birra. Si vociferava che al San Patrick le birre fossero ottime. 

Quando quella mi rispose che sì, ovviamente ne voleva una, mi avvicinai al bancone del pub per ordinarne due. 

Tornata al tavolo trascorsi circa mezz'ora a chiacchierare con le altre e con Anita e a ridere della rossa insieme a loro. Erano simpatiche.

Poi come se il destino non volesse tenerci separati, degli occhi verdi mi inchiodarono sul posto facendomi tremare. 

Non lo vedevo da chissà quanto tempo e vederlo in quel momento senza preavviso mi era stato fatale. 

Mirko se ne stava seduto ad un tavolo poco distante dal nostro, all'altezza del tavolo di Daniele. Mi stava fissando lasciandomi senza fiato. Chissà da quanto tempo lo stava facendo. Chissà da quanto tempo se ne stava lì ad osservarmi prima che io mi accorgessi della sua presenza. 

Forse non era stata una buona idea quella di andare in quel pub.

Provai a fare l'indifferente, come se non lo conoscessi. Non volevo avere nessun contatto con lui se ciò significava star male. 

Poi, d'un tratto vidi Daniele correre verso l'uscita come a trattenere un conato di vomito. Il suo passaggio distolse la mia attenzione su quel viso angelico e dannato allo stesso tempo. Dio, rimaneva stupendo come sempre. 

Sentii la risata di Anita arrivarmi dritta nelle orecchie prima di sentirle urlare un "Ma lo hai visto Lottie?!" 

Sorrisi appena perché non vedevo nulla da ridere nel malessere di Daniele. E poi, avevo lo stomaco così attorcigliato che ridere mi era difficile.

"A me dispiace vederlo così. E se lo andassimo ad aiutare?" proposi ad Anita, la quale mi guardò sbarrando gli occhi e prendendomi sicuramente per pazza.

Mi disse che fossero affari di Daniele se stava così di merda. Noi non c'entravamo nulla, non lo conoscevamo nemmeno. 

Mi convinsi che avesse ragione e buttai giù un altro sorso di birra. Era davvero ottima come diceva la gente. Avrei dovuto portarci Giovanni in quel pub quando sarebbe venuto a trovarmi di nuovo, pensai incrociando nuovamente quegli occhi così stupendi. 

Ad un certo punto ne ebbi abbastanza di quella serata. La colpa non era da attribuire ad Anita e le sue amiche con le quali mi ero quasi divertita, ma per quei dannati occhi che continuavano in un modo o nell'altro a non lasciarmi respirare. 

Così, inventando una scusa, lasciai il pub avviandomi verso il parcheggio. 

Lì incontrai Daniele che se ne stava seduto sul marciapiede con una faccia veramente da schifo. 

Mi avvicinai titubante, insicura sul da farsi.

"Hai bisogno di una mano?" soffiai quella premura al mio collega scorbutico. Quest'ultimo alzò lo sguardo sul mio viso e quasi si strozzò con la sua stessa risata. 

La cosa mi innervosì non poco. 

"La stralunata vuole concedermi il suo aiuto?" rise ancora facendomi alzare gli occhi al cielo. 

"Volevo essere gentile, ma adesso puoi pure dormire sull'asfalto." digrignai i denti girando i tacchi. Una persona voleva essere gentile e lui si comportava da perfetto stronzo qual era.

"No, aspetta!" urlò mettendosi in piedi e stringendomi il braccio destro per farmi girare verso lui. 

Lo osservai e sospirai stanca. Maledetta me e la mia compassione per chi non la meritava. 

"Ti dò un passaggio fino a casa" dissi prendendo lui stavolta per il braccio e trascinandolo verso la mia auto. 

In quel breve tragitto incontrai Occhi Verdi fissarmi incredulo. Il suo sguardo infuocò la mia pelle. Sembrava che fosse arrabbiato. Ma non ebbi tempo di realizzare nulla poiché colui che in quel momento stavo aiutando si fermò di botto attirando la mia attenzione e vomitando poco distante da me. 

La scena fu alquanto disgustosa e pietosa. 

Che gli era venuto in mente di fare a quell'idiota per ridursi così?

Lo aiutai a rimettersi in posizione eretta per quanto potesse, e gli passai dei fazzolettini presi dalla mia borsa. 

Subito dopo lo feci salire sulla mia macchina sperando che non avrebbe ripreso a vomitare proprio dentro il mio adorato abitacolo. 

Il tragitto fu molto silenzioso. Non saprei definire se fosse un silenzio imbarazzante o meno. Di certo era strano, come quella situazione. 

Dopo aver ricevuto le indicazioni per arrivare fino a casa di Daniele, la raggiunsi in poco tempo in quanto distava poco dal pub in cui ci trovavamo. 

"Ce la fai a salire le scale?" gli chiesi parcheggiando davanti il suo portone. 

Era una palazzina colorata, ma non riuscivo a distinguere il colore essendoci troppo buio.

"Sì, certo. E' già piuttosto imbarazzante come cosa..." sussurrò aprendo lo sportello. Poi, poco prima di chiuderlo mi sussurrò un grazie e subito dopo scomparve dietro un gran portone in legno massiccio. 

Restai lì come in trans. Quella serata era assolutamente strana. 

Forse era la sottoscritta a non essere normale, come sempre.

Guidai fino a casa ascoltando un po' di radio dove dei dj stavano facendo degli scherzi telefonici utilizzando la voce dei minions, personaggi dei cartoni animati per bambini, ma che io amavo molto. Forse era vero che avevo la fanciullezza nel sangue.

"Hai la stupidità e l'essere infantile, altro che fanciullezza." sentii dire dalla mia coscienza facendomi quasi ridere.

Avevo già detto che quella serata fosse strana? 

Bene, lo fu ancora di più quando quella voce così familiare per le mie orecchie mi sorprese mentre cercavo di mettere la chiave giusta nella serratura del mio portone di casa. 

Mi girai incredula per poi esclamare: "Mirko!" 

Che diavolo ci faceva lì?

"Adesso ti metti a fare pure carità? Il tuo lavoro non riguardava tradurre i contratti?" mi chiese sarcastico riferendosi all'aiuto che avevo dato poco prima al mio collega.

"Che stai dicendo scusa?" socchiusi gli occhi in due fessure. Cosa voleva insinuare? 

Lo vidi avvicinarsi e presto la confusione regnò nella mia mente. 

Quello strazio di serata non voleva finirsi. 

"Lascia perdere" disse facendomi alzare gli occhi al cielo. 

Per la prima volta, in quel momento, lo odiai. 

"No che non lasciamo stare! Che cavolo ci fai tu qui, Mirko?" 

"Avevo bisogno di parlarti." disse avvicinandosi ancora di più. Adesso potevo vedere quelle iridi ancora da più vicino e la cosa mi destabilizzò. 

"Ti prego non prenderti cura di nessun altro che non sia io." sussurrò quella frase come un segreto di Stato per poi afferrare la mia vita e stringere il mio corpo in un abbraccio quasi possessivo.

Ancora una volta mi ritrovavo tra le sue braccia e ancora una volta quel tizio dai bei occhi mi fece tremare, mi mandava all'aria tutto ciò che avevo costruito per proteggermi. 

"Io non ti capisco..." sussurrai appoggiando la testa sul suo petto. Il mio orecchio poteva ascoltare quelli che sembravano essere battiti del suo cuore. 

"Non è vero. Sei forse l'unica persona che riesce a comprendermi, da sempre" affermò staccandosi leggermente e prendendomi il viso tra le mani. Sentivo il suo respiro sul mio viso. Sentii il mio corpo tremare ancora e presto un desiderio di baciarlo si fece spazio nei meandri più nascosti della mia persona. 

Sospirò e la mia attenzione si spostò dalle sue labbra ai suoi occhi. Cavolo quanto erano belli. Ancora una volta la luce della luna illuminava quei dannati occhi facendogli fare la loro bella figura. 

Vidi il suo sguardo posarsi sui lineamenti del mio viso e quasi volli sprofondare. Ero imbarazzatissima, chissà che diavolo pensava di me. 

Come se mi avesse letto nel pensiero o magari lo aveva trovato scritto nei miei occhi, mi sussurrò un "Sei bellissima Lottie, cavolo quanto lo sei..."

Nei suoi occhi vi era sincerità e ciò mi commosse non poco. Lo vidi sorridere e presto il mio cuore ebbe un tumulto.

Non so per quale assurda ragione, ma mi ritrovai lacrime salate scendere lungo il mio viso e Mirko, come se fosse un cavalier gentile, le asciugò. Ma lui non era un cavaliere, sapevo che la sua anima fosse dannata, che lo fosse più della mia quasi, ma ciò non mi spaventò.

Eravamo umani, eravamo giovani, eravamo sì, anche dannati, ma in quel momento non so cosa eravamo esattamente. 

Non riuscivo a pensare lucidamente.

E poi lo feci. Semplicemente mi liberai di quel desiderio primitivo e bisognoso allo stesso tempo e allora lo baciai. Lo baciai con tutto il trasporto, l'emozione e il sentimento che sentivo premere dentro me. 

Ero consapevole che tutto doveva essere chiarito, che le parole dovevano aiutarci a sistemare il nostro rapporto, ma in quel momento non poteva fregarmene di meno. Volevo quelle dannate labbra sulle mie. Le volevo con tutta me stessa, volevo che mi facesse sentire bella, come poco prima mi aveva fatto sentire. Volevo che le sue mani non smettessero di stringermi e non volevo assolutamente che pensieri razionali interrompessero quel momento così strano e magico allo stesso tempo. 

Non fu uno di quei baci da film, o da favole, fu piuttosto un bacio disperato così come lo eravamo noi stessi. Io con le mie mille paranoie e lui con i suoi più piccoli e fragili difetti.

Non importava cosa sarebbe accaduto a distanza di ore, in quel momento c’eravamo solamente noi. 

Solamente io e Mirko. 

Non esisteva più nessun altro. 

C'eravamo noi, soltanto noi, intrappolati in quel momento tutto nostro e intimo.

In quel momento tutto nostro dove mi sentii forte e invincibile. Dove mi sentii felice. Dove semplicemente mi sentii amata. 

Ed è questo quello che tutti vorremmo nella vita: essere amati. 

Ed io, in quel momento lo ero, lo sentivo e non potevo che esserne felice e fortunata.

 

 

Ciao mondo!😂❤️

Come state? Spero tutto bene🌈

Avete visto che capitolo? Sono proprio curiosa di sapere la vostra! Ahahahah 

E poi sono anche curiosa di sapere che ve ne pare finalmente Anita, adesso che il suo atteggiamento e modo di fare è venuto alla luce. Personalmente, non so perché mi piace comunque😂 Lottie si è resa conto di essere stata troppo precipitosa sul giudicare Anita e le sue amiche. E infatti vediamo che poi a fine serata dice che invece, quasi si è divertita. Piccolo appunto per tutti noi, conosciamo di più le personcine prima di giudicarle! Anche se formulare un giudizio fin da subito sia umano, cerchiamo di saper cambiare idea. Bene e dopo la ramanzina, che vale anche per me stessa help (sì, me le faccio da sola) passiamo ai piccioncini!!! Ma li avete visti quanto sono carini?! Lascio a voi commentare il capitolo, sono proprio curiosa ahahah 

Vi mando un grosso bacio e un abbraccio, 

A presto!💕💕

 

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Capitolo 9
*** 9 Vivendo in un “adesso” ***


Erano passate due settimane da quella fantastica serata. Eh sì, proprio fantastica perché da quel momento non c'era giorno in cui non mi svegliassi senza il sorriso. 

Mirko era diventato una parte molto importante di me stessa e la cosa, nonostante mi preoccupasse leggermente, mi faceva sentire terribilmente bene. 

Quella sera lo avrei fatto conoscere meglio alle mie coinquiline ed ero abbastanza agitata. Temevo che le due gli facessero troppe domande o che mettessero in imbarazzo me con qualche aneddoto improponibile.

La cosa mi agitava, ma mi faceva anche sorridere perché sapevo che nonostante tutto, Mirko si sarebbe trovato bene con loro e stessa cosa le ragazze. Anzi, ero quasi certa che avrebbero fatto comunella contro la sottoscritta. 

In quel momento, persa nei miei pensieri, mi trovavo nel mio ufficio fissando come una scema lo schermo del pc. Stavo per finire di tradurre l'ennesimo contratto noioso ma a colorare quei momenti di disperazione erano arrivati i ricordi dei giorni passati con Mirko. 

Qualche giorno prima mi aveva invitata a casa sua. Beh, casa...io l'avrei definita uno studio di registrazione a dir il vero. Vi erano tanti di quegli strumenti che addirittura alcuni neanche li conoscevo. Ricordo che c'era un ukulele, assolutamente sconosciuto per me, infatti pensavo che fosse una semplice "chitarrina" in versione minuscola. Addirittura pensavo che fosse un souvenir, ma quello lo tenni fortunatamente per me. 

Mirko si era proiettato verso una spiegazione di come si suonasse quell'affare e io dopo un po' avevo smesso di ascoltarlo perché i suoi dannati occhi mi distraevano troppo. 

Si illuminavano letteralmente. Si vedeva e si comprendeva a distanza di km che la musica fosse così importante per lui e la cosa mi fece tenerezza che non riuscii a non bloccare quella spiegazione in riguardo agli accordi dell'ukulele che a quanto sembrasse erano diversi rispetto una chitarra e al fine di bloccare quel fiume di parole, lo baciai. Ricordavo che lui ne rimase sorpreso tant'è che avevo temuto di aver fatto la cosa sbagliata. 

E invece, neanche due secondi, che il mio ragazzo si era ripreso e si era lasciato trasportare dalla situazione. 

Che strano definirlo "il mio ragazzo".

Se avessi detto alla Lottie quindicenne che un giorno sarebbe accaduto quel che accadde quella notte, non ci avrebbe mai creduto, oppure sarebbe svenuta dall'emozione. 

Chissà perché me la immaginavo svenuta, piuttosto che scettica. 

Quella sera io e Mirko facemmo l'amore. Oddio, non era stato come nei film, non me l'aspettavo minimamente in quel modo e la realtà mi aveva dato conferma. 

Ricordavo che la prima volta era stato un qualcosa di dolce da parte di entrambi, forse perché ancora nessuno dei due conosceva il corpo dell'altro, ma la seconda e quelle a venire erano state più passionali. 

Mirko era stato veramente carino, mi rispettava e allo stesso tempo mi indicava la via verso nuove conoscenze. 

Anche da altri punti di vista era così tra di noi. Lui sosteneva me e io lui. 

Mi ascoltava quando parlavo del mio lavoro, dei miei amici e di ciò che avrei voluto fare. E mi incoraggiava ad affrontare tutte le situazioni che mi mettessero timore. 

Mentre lui, parlava solo di musica, senza toccare molto altri argomenti. Credevo che avesse bisogno di tempo, ero certa che presto mi avrebbe raccontato più di sé. 

Io non avevo fretta e avevo tutte le intenzioni di tenermi accanto quella persona che mi faceva stare così bene. 

Speravo che la stessa cosa fosse per lui, non volevo illudermi o rimanere delusa. 

Ma la vita era anche quella, no? Affrontarla così come arrivava e se il vento era a mio favore, volevo cavalcarlo e vedere dove mi portasse. 

Ad interrompere quei miei lunghi pensieri era stato Daniele. 

Dal giorno della sua sbornia, ci eravamo rivolti poco la parola. Credevo che lui si vergognasse di essersi fatto vedere in quello stato. 

Io facevo finta di nulla, perché nonostante non lo avessi in simpatia, non lo vedevo come Anita, non lo vedevo vulnerabile. Semplicemente era una persona normale e doveva accettarlo anche lui che non era Mr perfezione come supponeva di essere. 

"Dimmi" lo invitai a parlare. Se ne stava sullo stipite della porta, quasi indeciso sul da farsi. 

Ma si vergognava così tanto? Cavolo, era stata solo una sbornia. 

"Uhm...a giorni ti scade il contratto, vero?" mi domandò facendomi sbuffare. Nonostante la mia vita sentimentale andasse bene, in campo lavorativo avevo dei problemi. Nonostante tutte le aspettative di un rinnovo di contratto, quest'ultimo non era mai arrivato e ormai mi stavo rassegnando all'idea di dover trovare dell'altro. La cosa mi agitava non poco, avevo qualche risparmio, ma quanto sarei riuscita a vivere con quelli? 

"Sì, non farmi pensare che non ho ancora ottenuto il rinnovo." sospirai. Quella situazione mi spaventava non poco. 

"Mmh, è strano. Non mi aspettavo nulla di tutto ciò. Pensavo che già te lo avessero proposto" mi confidò sedendosi di fronte a me. 

"E invece no...non so che pensare" confessai sbuffando leggermente. 

"Dai, vedremo. Tranquilla" disse allora Daniele, incapace di dire altro. Sorrisi per la cortesia, ma odiavo quelle frasi di circostanza. 

"Sei venuto qui solo per questo?" gli chiesi allora dubbiosa. 

Cosa poteva mai fregargliene a lui? 

"No...in realtà io mi chiedevo..." tentennò per poi continuare. 

"Mi chiedevo cosa farai stasera..." disse alla fine sorridendo nervoso. 

Quella proprio non me l'aspettavo. 

Mi stava forse chiedendo di uscire? 

Oh mio dio...

Daniele, mr perfezione?

"Ehm...ho invitato a cena il mio ragazzo con le mie coinquiline" dissi alla fine, dispiaciuta per lui. 

Non sapevo nemmeno se avessi mai accettato in una circostanza dove Mirko non sarebbe stato all’interno della mia vita. 

Io e Daniele eravamo troppo diversi, non riuscivo a vederlo nemmeno come un pretendente. Ma proprio di nessuna donna, tanto meno della sottoscritta. 

Però mi dispiaceva per lui...

Se Anita avesse saputo della buca presa da Daniele, glielo avrebbe ricordato a vita. Povero...

"Ah bene" disse dopo attimi di silenzio. 

"Bene, ci vediamo allora. Buona serata" disse scappando via senza star a sentire il mio "anche a te" appena sussurrato. 

Non dovevo assolutamente lasciarmi scappare nulla con Anita. 


La sera arrivò e in casa aleggiava aria d'agitazione. Le ragazze volevano che fosse tutto perfetto, manco se stessimo aspettando il principe Harry d'Inghilterra. 

Al contrario io ero molto tranquilla, fremevo dalla voglia di rivederlo, non lo vedevo dalla sera precedente e il tempo sembrava non passare mai. 

"Ma volete stare tranquille? Andrà tutto bene, fidatevi" le rassicurai sorridendo. 

Allora quelle vedendomi così tranquilla fecero una faccia esplicativa. 

"Ci dici perché tu non sei in ansia?" mi chiese Cris. Effettivamente io e l'ansia eravamo un'unica cosa, un'unione indissolubile. 

"Non lo so sinceramente. Mi sento su una nuvola, mi sento leggera. Sono felice" affermai sorridendo ancora. 

Quel sorriso non riuscivo proprio a togliermelo dalla faccia. 

"Ma guarda Ros, qui qualcuno è proprio cotta!" esclamò poi Cris facendoci ridere tutte. 

"Che poi Cris, hai visto che ha abbandonato le sue felpe enormi?" le chiese indicandomi. 

Indossavo dei pantaloni a sigaretta neri e una camicetta, con delle inglesine ai piedi. Non pensavo di essere chissà che eleganza, stavo comoda e basta.

"Mmh, qui c'è qualcosa di strano. Secondo te l’avrà bruciata quella robaccia?" le chiese allora Cristina alzando un sopracciglio. 

"Hey, voi due! Ma la smettete di parlare come se io non fossi qui con voi?!" dissi innervosendomi. 

"Mi dovete ancora una spiegazione del perché siete contro le mie adorate felpe" sbuffai e misi il muso come una bambina. E tutto ciò fece sbellicare le due, che se la risero fin quando non suonarono alla porta.

Mirko era arrivato e il mio cuore batteva all’impazzata. Forse non ero così tranquilla come sembrava. 

Andai ad aprire la porta con il cuore in gola. Mi dissi di calmarmi e che sarebbe andato tutto bene, eppure un presentimento strano si faceva spazio nel mio stomaco. 

“Hei...” sussurrai non appena i nostri sguardi si incrociarono. Mai l’avessi fatto. Erano due calamite. Per staccarmi da quegli occhi avrei dovuto combattere una guerra. 

Quanto mi piaceva Mirko...

Indossava dei jeans e una maglia nera con una giacca color cuoio. 

Ma poteva essere così bello? 

Così dannatamente bello? 

Il momento in cui mi baciò la guancia come saluto e mi sorrise in quel modo come se alludesse qualcosa durò almeno un secolo. 

Sicuro si era reso conto che la sua bellezza mi devastava. 

Dopo essere entrato in casa, raggiunse le ragazze con nonchalance. 

Pensai che sarebbe stato bello avere anch’io tutta quella sicurezza che emanava lui. 

Ma io sapevo, sapevo che sotto quella facciata vi era un ragazzo, un uomo oramai, semplicemente dall’animo dolce. 

La serata, come mi aspettai, fu un successone. 

Mirko e le ragazze se la spassavano. 

Le ragazze avevano tirato fuori aneddoti su di me, come quella volta che bruciai il pollo o quando scambiai il sale con lo zucchero, ma il tutto risultò essere adorabile. Beh, sì, adorabile perché notavo che stava nascendo quell’affinità e quella complicità che mi trasmetteva gioia al cuore. 

“Tesoro...ti va di fare un giro?” mi chiese Mirko venuto da dietro mentre io ero intenta a rimettere in ordine la cucina. 

Mi abbracciò e io smisi di respirare. 

Sarei stata così a vita. 

“Uhm...devo finire qui prima” sussurrai stringendolo di più a me. 

“Ti do una mano!” esclamò allora lui, come se si sentisse in dovere. 

La cosa mi scaldò il cuore e mi fece sorridere. 

Ultimamente, nelle ultime settimane, il mio cuore sembrava più vivo che mai. 

Come era possibile tutto questo?

Era davvero questo l’effetto dell’amore?

Potevo definire amore tutto quello? 

“Ragazzi uscite pure!” urlò Cris dal salotto, quasi avesse previsto la situazione. 

“Ma sì infatti! Uscite e state un po’ soli, qui ci pensiamo noi.” aggiunse Rossella. 

Le raggiungemmo ed entrambe ci sorrisero quasi a convincerci. 

E beh, alla fine ci riuscirono. 

Quale occasione se non quella per svignarsela dalle faccende domestiche? 

Raccontai del mio pensiero a Mirko che scoppiò in una rigorosa risata. 

Quanto mi piaceva. 

“Allora? Dove mi porti?” gli chiesi allacciando la cintura di sicurezza. 

Lui fece lo stesso per poi mettere in moto. 

“Le porto le stelle, tesoro” disse con fare sensuale che non sapendo perché mi sentii arrossire. 

Dopo un po’ di strada, capii che mi aveva portato verso le campagne al fine di poter ammirare realmente un cielo stellato indisturbato dalla confusione e dalle luminarie della città. 

Scendemmo dall’auto e ci posizionammo sul cofano, seduti, intendi a guardare le stelle. Dovevo ammettere che quella vista era quasi irreale. Era impensabile che l’essere umano non sapeva godersi di quelle piccole meraviglie quali il cielo. 

Dopo poco, vidi Mirko prendere una coperta e due birre dai sedili posteriori.

“Ma ti eri programmato la fuga, dì la verità!” esclamai puntandogli il dito. 

Lui si sentì quasi offeso e alzò le spalle. Poi capii che in realtà mi stava prendendo in giro e che aveva realmente organizzato tutto. 

“Sei veramente eccezionale...” dissi baciandogli una guancia. 

“‘Mmh, lo so. Non potevi trovarti un ragazzo migliore di me” affermò facendomi alzare gli occhi al cielo. 

Gli diedi un bel pizzicotto che lo fece sussultare. La cosa mi fece ridere molto. 

Ci coprì entrambi con la coperta e poi mi passò la birra. 

“Vuoi far ubriacare la tua nuova ragazza?” gli chiesi ridendo.

“Naaah, so che almeno a questo resisti” disse alludendo a quella serata in discoteca. Ricordo che il giorno dopo mi ero svegliata in casa sua con un mal di testa assurdo senza ricordare nulla. 

Se ripenso a quei momenti mi sale l’imbarazzo a mille. 

Mirko mi sorrise dolcemente, forse intuendo i miei pensieri, e mi accarezzò la guancia senza dire una parola. 

Restammo abbracciati e in silenzio per non so quanto tempo. Ma non importava perché quello che contava per me, e speravo anche per lui, era stare assieme, nella nostra bolla a goderci le stelle.

Mi sentivo in un film, mi sentivo talmente bene che tutto il resto passava in secondo piano. Non importavano più le preoccupazioni per il lavoro, lo stress generale della settimana, importavamo solamente noi. Esistevamo solo noi con quel nostro piccolo momento. Poi, nulla aveva realmente importanza in quel momento. 

“Mirko...” ad un certo punto interruppi il silenzio per chiarirmi un dubbio.

“Dimmi Lottie” disse girando di più il busto verso me. 

“Senti una cosa...prima, quando ancora non ci eravamo dichiarati, ecco...” cominciai il mio discorso malato che, mi resi conto, mi rese abbastanza ridicola. 

“Perché sembrava che ti comportassi come se non ti importasse nulla?” alla fine glielo chiesi. Non riuscivo ancora a comprendere perché un momento prima era il Mirko dolce e quello subito dopo era il Mirko indifferente.

“In realtà Lottie, quel mio modo di fare è un modo per proteggermi. Sono consapevole del fatto che mi renda incoerente al massimo, ma non riesco a cambiare questo lato del mio carattere.” ammise guardandomi di sottecchi. Gli presi il volto nelle mani e fissai il mio sguardo nel suo. Poi gli spiegai: “non vergognarti o quello che è, guardami negli occhi quando mi parli di te, con me non devi avere timori o insicurezze, okay?” chiesi alla fine sorridendo. Lui mi sorrise a sua volta un po’ insicuro ma sincero.

“Ci proverò” rispose. 

“Allora? Da cosa volevi proteggerti? Da me? Assomiglio così tanto ad un animale feroce?” domandai scherzando. Forse la situazione si stava facendo troppo pesante e quindi un po’ di battute stupide, tipiche del mio umorismo, potevano risolvere la situazione. 

Lo sentii ridere e allora mi rilassai. 

“Quanto sei stupidina” disse con una vocina stridula che mi fece arricciare il naso. Si prendeva gioco di me, quando io volevo solamente aiutarlo. Bene, super, iper, mega fantastico.

Lui se ne accorse e allora decise di baciarmi la punta del naso. 

Quel gesto mi sorprese e speravo di aver saputo nascondere anche il fatto che a quel gesto il mio cuore si sciolse come se fosse del gelato. 

“Temevo di affezionarmi troppo Carlotta” disse serio, guardandomi negli occhi. 

Sentii il mio corpo tremare. 

“Perché temevi...? Che male ci sarebbe Mirko?” ebbi quasi il terrore a pronunciare quella domanda ma dovevo farlo. Volevo sapere. 

“Perché non voglio Lottie che un giorno io possa farti del male. Non me lo perdonerei mai...” sospirò appoggiando la fronte alla mia. 

“Oh Mirko...ma sei serio? Guarda che potrei essere io a farti soffrire.” 

Lui allora a quel punto si staccò e mi sorrise quasi sofferente. 

“Io non credo che riusciresti mai a farlo” 

Quella frase mi spiazzò. Non capii il motivo. Mi sentivo tanto vulnerabile, un fiore in mezzo alla tempesta. 

Ancora una volta Mirko decifrò alla perfezione il mio stato d’animo e mi accarezzò la guancia. Mi guardò e poi mi baciò in fronte. 

“Godiamoci tutti i momenti che la vita ci riserva assieme” e con quella frase nel mio viso si fece largo un sorriso così sincero e felice che quasi mi venne da piangere di gioia. 

Mirko nonostante le sue paure, i suoi timori, alla fine era venuto allo scoperto, si era dichiarato, aveva deciso di giocare e allora eravamo lì, a giocare insieme quella partita. Finalmente era sceso in campo. Adesso non giocavo più da sola, avevo lui che mi aiutava, che mi difendeva e avevo lui da aiutare e difendere. 

Avevamo noi da amarci. 

Avevamo noi di cui prenderci cura. 

Quella sera il mio cuore accettò a pieno il piano di vivere tutti i momenti che la vita ci avrebbe messo davanti. Insieme. 

Potevamo ritornare due sconosciuti anche dopo poco tempo rispetto quella sera, eppure non contava. Non contava perché ancora una volta, contava solamente il momento in sé. Non esisteva né il prima né il dopo. Solamente adesso.

Ed era in quel adesso che volevo continuare a vivere. 




Buongiornoo❤️ come state passando quest’estate? Spero bene! 

Scusate per la lunga attesa del capitolo...ma adesso sono qui! 

Spero veramente che vi piaccia e non risulti essere un capitolo troppo smielato. 

Abbiamo una Lottie che praticamente è sulle nuvole, nel vero senso della parola...quasi ahahahahahah 

Ripete più volte che è felice, ma quanto dura la felicità? Ve lo siete mai chiesti? 

Mirko, boh, è ancora il solito misterioso, eppure si nota che tiene molto a Lottie. 

Cris e Rossella sono veramente fantastiche a mio parere! Raccontare aneddoti mettendo in difficoltà la loro amica è veramente eccezionale! Ahahahahahahahahah 

Ma vabbè, questi sono miei pensieri, voglio leggere i vostri adesso! 

Mi siete mancati🙈💕

Ci sentiamo presto! 

Un abbraccio a tutti 🍭🦄🌸💕

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