Alba Di Ghiaccio

di Lady R Of Rage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ferro, Sangue, Oro ***
Capitolo 2: *** Rughe, Malto, Lana ***
Capitolo 3: *** Acqua, Veli, Pane ***



Capitolo 1
*** Ferro, Sangue, Oro ***


Alba Di Ghiaccio 

Capitolo I: Ferro, Sangue, Oro

Il castello di Lothric è grande – troppo grande. Come una bisaccia eccessivamente riempita, sembra sul punto di traboccare dalla quantità di cose che lo appesantiscono. Statue di guerrieri decapitati, avvolti nelle tipiche armature fasciate di rosso del posto, che sembrano fissarla al di sotto degli elmi di pietra. Balaustre scolpite, sontuosi lampadari di cristallo grandi abbastanza da ucciderti se le catene non li reggessero, scaffali di libri che paiono altri come giganti. Non vede bene i titoli, ma sa che ben pochi sono libri di fede.
L’unica cosa che a Friede interessa di quell’ammucchiata di cose superflue sono i Serpenti Primordiali di pietra i cuoi grandi occhi scolpiti fissano il nulla dai lati dei corridoi. Deve ammetterlo: una rappresentazione molto realistica. Non capisce se si tratti di Kaathe o del gemello traditore, ma non importa: non è lei, che deve guardarle. Per quanto la concerne, quel castello può anche bruciare appena se ne andrà. 
I Cavalieri di Lothric che non sono rimasti uccisi – almeno un terzo li ha uccisi lei – sono stati radunati e incatenati nel Giardino del Re. Non sono che una ventina, ormai, e li ha sentiti piangere mentre le Sacerdotesse li spingevano a procedere. Friede sa che accanto al Giardino c’è un cimitero: che triste, bizzarra coincidenza. 
Persino la sala del trono è pacchiana, con quei drappi ricamati che pendono dai soffitti, e le brutte sedie di legno sono così intarsiate da sembrare deformi. I cuscini sono comodi, deve ammetterlo, ma nessuno a parte lei ne godrà la morbidezza per un bel po’. 
Una Sacerdotessa attende vicino a una colonna, le mani strette l’una nell’altra. 
-Li abbiamo portati, Sorella.- dice. Friede alza lo sguardo con aria annoiata. 
-Fateli entrare.-
Le porte si spalancano e Friede li guarda procedere, uno dopo l’altro, tenuti ciascuno da una Sacerdotessa della Valle Boreale. Le catene che gli cingono polsi e caviglie producono un fastidioso rumore metallico a ogni passo, e la religiosa sospira di sollievo quando anche l’ultimo arrivato viene fatto inginocchiare. 
A un gesto della sua mano, i cappucci che nascondono i loro volti vengono strappati, e otto occhi sbarrati le si puntano contro. Friede sospira annoiata. Non possono nulla, ormai, nemmeno insultarla: spessi stracci sono legati nelle loro bocche. Sono immobili, incatenati, inermi di fronte a un potere ben superiore al loro. 
I bambini giacciono fianco a fianco, i capelli biondi scompigliati e macchiati di scuro. Il giovane è magro come i cani randagi che si contendono le ossa per strada fuori dalle mura di Lothric; spigoloso, di un pallore malsano. Il maggiore ha spalle forti e acerbi muscoli sulle braccia: Friede scuote la testa disgustata. Ridicolo
Ma non certo ridicolo quanto i genitori La madre indossa un abito bianco ricamato a rose, dalla scollatura profonda, con uno spacco che raggiunge la coscia destra . Prosperosa, dalle curve ben definite, con grandi occhi castani sgranati e incorniciati dalle lunghe ciglia. Il padre, magrissimo e dall’aspetto invecchiato, sfoggia una chiassosa chioma azzurra – perfettamente naturale, le hanno detto, e ben appropriata alla sua fama di ateo. La guancia sinistra è scavata, lo zigomo affilato sporge da sotto la pelle sottile, ma uno spesso gonfiore blu scuro spicca sulla guancia destra. 
-Come mai quel livido?- domanda alla sacerdotessa che lo tiene. L’uomo alza la testa e strilla nel bavaglio. Friede si impone di ignorarlo. 
-Non stava fermo un attimo, Sorella. Continuava a berciare su come noi- storce la bocca -schiavi gli stessimo portando via i figli, li stessimo traviando con la nostra follia, e altre eresie di questa risma. Avevamo ben detto di non essere pietosi.- 
-La fede può essere pietosa.- sussurra Friede. -Ma l’ira divina sa colpire con la forza di una tempesta. E colpirà tutti voi, soprattutto quei due.- 
La madre chiude gli occhi per un attimo, come se l’avesse schiaffeggiata. Il padre ringhia come un drago, ma un nuovo schiaffo lo fa crollare a terra, e là resta, gemendo e mugolando. 
Gli farò tagliare i capelli e radere ogni pelo sul corpo: quell’azzurro è troppo vistoso. Prima, però, bisognerà provvedere al seno di quella. 
-Una regina. Una madre. Eppure andate in giro abbigliata come una ragazza di strada. Perché?-
Non si aspetta che la regina Gwynevere le risponda: almeno dimostra più senso pratico del marito, rimanendo immobile con gli occhi fissi su di lei. Sfrontata. Anche il suo comportamento è in linea con la sua fama: una libertina, così ne parlavano le sacerdotesse, e ne avevano ben donde. 
-Copritela.- ordina, e subito una Sacerdotessa strappa la tovaglia da un tavolo – un obbrobrio di broccato rosso e oro che sembra pesante come una gualdrappa da cavallo – e la pone sul petto della regina, legandogliela dietro al collo come un asciugamano da barbiere. Il re impreca ancora, e la sacerdotessa alle sue spalle gli tira una scudisciata che lo piega in due. La regina soffoca un urlo. 
Questo idiota si farà ammazzare, pensa Friede. I ragazzi tacciono, il secondogenito appoggiato alla spalla del fratello, tremante nella tunica che lo copre. Friede si avvicina, e il tremito dei due si fa più forte. 
-Non temete, figlioli. So che sarete più giudiziosi dei vostri genitori.- Si inginocchia di fronte a loro, sistemandosi il velo e il soggolo. Stavolta sono in due a urlare – il padre e la madre, e Friede capisce tutto d’un tratto cosa trovassero l’uno nell’altra – e a un gesto della mano della religiosa, le urla di entrambi vengono azzittite da un nuovo colpo di scudiscio. 
Friede squadra le teste bionde dei principi. -Tu, ragazzo. Sai parlare?- chiede al maggiore. Il principe Lorian fa cenno di sì.
-Allora parla con me.-
La Sacerdotessa alle sue spalle scioglie il nodo del bavaglio e glielo sfila dalla bocca. Ha labbra molto piccole, il principe Lorian, e le guance di bambino sono arrossate e sudate, ma non c’è  traccia di pianto nei suoi grandi occhi chiari. 
-Siete una chierica?- mormora. 
-Non esattamente.- Friede parla con lentezza. -Sono una signora di Chiesa, ma non proprio una chierica. Una Chiesa molto potente e molto grande.- 
Gli occhi di Lothric e Lorian si sgranano, la bocca del primogenito si spalanca in un’espressione di sorpresa. 
-Padre dice che le persone di Chiesa sono brutti bugiardi. Che dicono cose senza senso per attirare le persone stupide.- 
-È vero, ragazzo?- domanda al principe Lothric. È pallido come un vecchio, e altrettanto magro: sembra che le corde bastino per ferirlo a sangue. -Liberagli la bocca.- ordina alla Sacerdotessa dietro di lui, che esegue prontamente. Riesce a malapena a vedere il volto del bambino, coperto dal cappuccio della tunica che porta. Un bambino così malato è chiaro segno di genitori corrotti. Sempre colpa loro, di quei due libertini senza ritegno né lungimiranza. 
-Lo dice Padre, certo, ma non dovete curarvene.- sussurra il principe Lothric. -A noi piace la Chiesa. Emma è una brava insegnante, e i libri delle religioni ci insegnano tante cose belle. Voi sarete buona con loro, vero? Con Padre e Madre?-
Fosse per lei, Friede li trascinerebbe entrambi in piazza, a pagare con la frusta la loro insolenza. Ma la priorità sono i bambini: è a loro che punta, Friede, e i loro sguardi luccicano di aspettativa. 
-Quanti anni avete, tu e tuo fratello?- 
È di nuovo Lothric a rispondere. -Otto anni. Siamo gemelli. Lorian sa già tirare di scherma, ma Padre e Madre non me lo fanno fare.- 
L’uomo torna a gemere improperi che Friede non ascolterebbe nemmeno se avesse la bocca libera. Aspetta che la Sacerdotessa che lo tiene tiri la staffilata di rito, senza staccare lo sguardo dai bambini. Non sembrano turbati dalle botte che sta subendo il loro padre: neanche sembrano vederlo. Sono così appiccicati l’uno all’altro da sembrare un unico corpo bicefalo. 
-Siete piccoli, ma avete molto potenziale. Starete bene nella Chiesa di Irythill: vi ci porteremo tutti al più presto, e voi due potrete viaggiare in carrozza accanto a me.- 
Lothric e Lorian si guardano, sbattono le ciglia all’unisono: un codice gemellare che, probabilmente, nemmeno i loro genitori conoscono. 
-Farete del male a Madre e Padre, quindi?- insiste Lothric. 
Friede guarda prima l’una poi l’altro, disgustata. La madre potrebbe ancora essere salvabile. Ha piccole labbra a cuore, capelli ondulati marroni come il miele di castagno. Troppo graziosa per la Chiesa, ma ragionevole quanto basta per non dare noie. Il padre, però… 
Friede si volge verso il non più re di Lothric. Se gli sguardi potessero uccidere, sente che sarebbe già morta. Ma di fronte a lei, re Oceiros non è che un vecchio scarno, incatenato e muto, piegato dai colpi che la sua superbia gli fa meritare. Indossa una giacca di broccato blu oltremare, bordata d’oro, una camicia di seta grigia, brache e stivali ricamati, mantello drappeggiato di pelliccia di lupo bianco; i guanti di pelle irradiano la luce di ben dodici anelli, una catena d’oro bianco al suo collo regge un medaglione di zaffiro grande come un occhio umano. Quanto inutile lusso: si abbina perfettamente a quegli orribili capelli blu. Almeno non porta la corona: quelle sono state confiscate a tutti e quattro prima che fossero poste le catene ai loro polsi. Non meritano più niente del genere, né lui né la consorte. 
-Non preoccupatevi, figlioli. Provvederemo come da dovere ai vostri genitori. Nessuna minaccia, però, grava sulle vostre vite. Quindi respirate con sollievo.- 
-Perchè ci avete legati, signora?- domanda ancora Lothric. 
-Sorella, per te.- 
Lothric ripete la domanda in modo corretto, la bocca tremante. Un ragazzino perspicace, con dell’ottimo potenziale. Lorian sembra meno sveglio, ma compensa la magrezza malsana del gemello. Non si richiede poi molto, da un buon re, purché ascolti la voce della sua Chiesa e non si intrometta in questioni che vanno al di sopra della sua testa. Lorian sarà perfetto: possibile che sia davvero figlio di quello là? Friede non si sorprenderebbe se la regina Gwynevere avesse avuto degli amanti. Un eccellente pretesto per castigarla, visto che si rifiuta di farsi provocare. 
Non sono una bella famiglia, i reali di Lothric: è un bene, dunque, che presto siano separati per sempre. I peccatori in basso, i santi in alto, e la Fiamma che si spegne in accordo con i piani del grande Kaathe. 
-Voglio solo che stiate buoni, ma tu e tuo fratello mi sembrate beneducati abbastanza da essere liberi di muovervi. Non posso dire lo stesso dei vostri genitori, purtroppo.-  
Lancia uno sguardo prima a lui e poi a lei – il re schiuma nelle catene, la pelle sudata che brilla quasi quanto quegli inguardabili capelli; la regina serra le labbra sulla stoffa che la zittisce, impassibile, sfacciata – e si convince, più che mai, che devono sparire
-Questo è quanto. Portateli via, lasciatemi sola con i giovani principi.- 
Quando le Sacerdotesse trascinano via Re Oceiros e la Regina Gwynevere, nemmeno lui riesce più a combattere. Cammina curvo, zoppicando sulla gamba destra, sangue che gocciola da sotto la coda della giacca, e si contenta di strillare insulti soffocati col poco fiato che gli resta. La regina resta più calma e si lascia trasportare, ma volta di tanto in tanto la testa, gli occhi sbarrati e fissi sui bambini, finché la Sacerdotessa alle sue spalle non le raddrizza il collo di forza. Lothric e Lorian. liberi dai ceppi, si abbracciano sulle scale.
-Dove li portano?- domanda Lorian. 
Friede si china perché le vedano il volto. -Non preoccupatevene, adesso. Non gli faranno del male, a meno che non si comportino in modo inappropriato. Voi verrete con me: vi porterò a Irythill, alla Chiesa dove svolgo le mie funzioni.- 
I bambini sobbalzano. Lorian allarga le braccia davanti a Lothric. -Non vogliamo andare via. Questa è casa nostra. Dobbiamo vincolare la Fiamma, lo dicono Madre e Padre.- 
-Non urlare, Lorian, o lei ti punirà.- esclama Lothric. 
Il piccolo è senz’altro il più giudizioso. -Ti punirò di certo, se non ti comporterai bene. Farete un viaggio piacevole, vi faremo accompagnare da persone fidate. E forse, se tutti sarete obbedienti, potrete vedere i vostri genitori.- 
Le sembra di vedere gli occhi rossi e sottili del grande Kaathe che la fissano, lassù oltre le finestre, e la voce graffiante, elegante, del Cacciatore di Oscurità, che le sussurra che ha agito correttamente. Sente un moto d’orgoglio, seguito dalla giusta vergogna: non bisogna ringalluzzirsi, nemmeno dopo una vittoria. Deve essere stato quell’orribile e rigonfio castello a traviarle la mente. 
Si rivolge a una Sacerdotessa: -Siano condotti qui Vordt e Kendra. Accompagnino loro i giovani principi alle loro camere. Dite ai servitori di preparare la carrozza per domattina.- 
-Non sono mai salito su una carrozza.- esclama Lothric. 
-Io sì.- fa Lorian. -È divertente. Magari possiamo sederci vicini, se la signora ce lo lascia fare.-
-Non signora, Lorian. Sorella.-
Le labbra di Friede si piegano in un sorriso placido. È davvero il più giudizioso. 

-Sei un idiota. Un emerito idiota.- Gwynevere stringe il panno come se fosse il cuore pulsante della stessa Friede, e l’acqua insanguinata gocciola dalla stoffa fino alla ciotola per terra.
-C’erano i bambini. Non potevo- AH!- Oceiros tiene in bocca una manica della sua giacca e la morde con forza mentre Gwynevere gli tampona la schiena. -Non potevo lasciarla agire in silenzio.- 
Sette croste per sette scudisciate: non sono molto gravi, ma l’odore del sangue penetra in profondità nelle narici della regina, e più volte deve trattenersi dal vomitare mentre cura le ferite di quello sconsiderato di suo marito. 
-Pretendi che lasciassi correre? Sottomettermi a una schiava qualsiasi? Oh, no. Non mi avranno.- 
-Non è una gara a chi urla di più, questa.- Anche dopo essere usciti dalla sala del trono, Oceiros aveva continuato a imprecare e divincolarsi. Ogni imprecazione un colpo, ogni colpo una nuova imprecazione. -Dobbiamo riavere i nostri figli. Come faremo, dimmi, se ti fai frustare a morte prima?-
-Non è niente.- ansima Oceiros. -Sono più forte di quanto lei creda. Guarirò, amore mio. La schiava è spacciata. Ha colpito anche te, no?-
Sì, ma una volta sola, non sette. Gwynevere rotea gli occhi e squadra gli squarci nella pelle pallida della schiena di Oceiros. Nemmeno un suo Tepore Curativo è bastato a guarirli: si chiede terrorizzata che razza di fruste usino quelle maledette Sacerdotesse, e quanti colpi potrà sopportare suo marito prima di cadere a pezzi. Si infetteranno, lo sa bene. Non bastano un panno umido e dell’acqua tiepida per chiudere delle ferite come quelle. Per lo meno, adesso Oceiros ha la schiena pulita, anche se le macchie scure sul lato posteriore delle brache hanno un aspetto indecente, e la camicia gli si è talmente appiccicata alla pelle da doverla grattare via con le unghie in più punti. Tutto da buttare: la camicia era seta di Mirrah purissima, ma a Friede non importerà. 
Nemmeno Artorias in persona, ridotto in questo stato, riuscirebbe a combattere come di dovere. Gwynevere guarda suo marito con tristezza e gli prende la mano. 
-Cosa gli farà, quella? Ai nostri bambini?-
-Secondo te cosa gli farà? Li indottrinerà. Ce li ha portati via per prenderseli, e se li terrà stretti con le sue menzogne da religiosa.-
Gwynevere sospira: l’ultima cosa che vuole fare in quel momento è sentire Oceiros che blatera scempiaggini. Eppure, le parole del marito sembrano risvegliare un senso di pericolo dentro di lei: che sia di regina o di madre non riesce a capirlo. 
Sarebbe così facile, così dolce, mettersi a dormire e far sparire tutto, ma persino la loro camera appare estranea. Arazzi, suppellettili d’oro massiccio, coppe e piatti cesellati, scatole colme di bracciali, collane e anelli, gli abiti negli armadi, il baldacchino del loro letto, le tende di seta ricamata alle finestre: tutto è stato portato via, e della camera regale non resta che lo scheletro. Persino il suo Anello della Principessa del Sole le è stato strappato dalle dita. Non quello di Scaglie di Drago, che Oceiros si è infilato nello stivale prima che le Sacerdotesse lo vedessero. Ora è tornato al suo anulare, e le dita della sinistra lo rigirano su e giù in una danza nervosa. 
Catene chiuse da lucchetti tengono chiuse le finestre e la porta che dà al balcone, e da dietro le mura che danno al corridoio si sentono le voci sommesse di due Sacerdotesse che confabulano. Oceiros siede sul divano, privato dei cuscini di broccato azzurro e coperto alla bell’e meglio da un drappo marrone: i pantaloni insanguinati sono gettati per terra ai suoi piedi, sostituiti da un paio di brache di cotone da poco. Gwynevere è in camicia da notte, avvolta in una coperta di lana grezza, ma nonostante tutto si sente gelare. È come se fosse già a Irithyll ancora prima di partire. 
-E allora che facciamo?- 
Si sente stupida mentre pone la domanda: come se Oceiros ne sapesse più di lei. 
-Non lo so!- strepita infatti. -Non lo so. Quella gente va abbattuta, a colpi di spada e di lancia.-
-Che non abbiamo.- puntualizza Gwynevere. -Dobbiamo lasciare che Friede ce li faccia vedere. È l’unica cosa da fare. Dobbiamo parlargli, dobbiamo fare in modo che non dimentichino.- 
-Secondo te che cos’è, Friede?- sussurra Oceiros sbarrando gli occhi. Gwynevere lo squadra. 
-Ci sono due tipi di religiosi, amore. Quelli che si trattano troppo bene e quelli che si trattano male. Friede che cos’è, secondo te?- 
Un altro delirio dei suoi: come se ne avesse bisogno. -Ho sonno, Osi. Ti prego, non adesso.- 
-D’accordo, va bene. Non arrabbiarti. Aiutami a salire da te, ho male alla schiena.- 
Gwynevere sospira, ma gli porge lo stesso le sue mani, e quella stretta ossuta la fa sentire almeno un po’ più coraggiosa. Almeno non è da sola, ha qualcuno vicino per tenerla al caldo. 
Oceiros giace prono, ed è strano da guardare dopo anni passati a dormire accanto a lei schiena in giù. Le piaghe scoperte luccicano, l’odore di sangue fresco le pizzica il naso. Gwynevere si sdraia al suo fianco e avvolge entrambi nelle lenzuola. Il rosso delle piaghe di Oceiros brilla come un rubino anche al di sotto della stoffa leggera. Servono delle garze, ma non ci sono. L’unica è resistere: purché si possa, e la possibilità le appare ogni secondo più tenue. 
-Andrà bene.- sussurra prendendo la mano del marito. -Non avere paura.-
-Io non ho paura. È quella che deve averne.- Oceiros accarezza il dorso della mano di Gwynevere. -Tu hai paura. Lo vedo nei tuoi occhi. Perché? Cosa potremmo temere, noi?-
Qualunque cosa si nasconda dietro quella porta. Ma Gwynevere sa che c’è per ogni regina un momento in cui deve dimenticare cos’è la paura. -Passerà.- 
Guarda negli enormi occhi blu del marito – un blu profondo, notturno, che ben si accorda con l’azzurro metallico dei suoi capelli – e lo trae a sé per un lungo e caldo bacio. Non sa quanto tempo potrà passare fino al prossimo: accarezza i capelli di Oceiros e percorre con le labbra schiuse tutta la circonferenza delle sue. Sottili, morbide, circondate dalla barba ruvida e curata. Familiari
-Dobbiamo andarcene, va bene?- ansima appena si allontanano. -Riuniremo un esercito, migliaia di cavalieri solo per noi, e la destituiremo. Resta con me.-
-Ti amo, Gwynevere.- le stringe forte i polsi e aggrotta le sopracciglia. -E li riprenderemo, i nostri figli. Dammi retta.- 
Sì, è quello di cui ha bisogno: la volontà feroce, testarda, del suo amato. Si è mostrata fin troppo condiscendente: Friede è appena arrivata, non può aver già vinto. Vuole almeno crederlo, e dire a sé stessa che Lothric e Lorian non sono ancora fuori dalla sua portata. 
Vorrei che Gwyndolin fosse qui: nemmeno lui si arrenderebbe. Il suo algido fratellino attende ad Anor Londo, lontano come la Luna che gli da potere, l’ultimo dei suoi fratelli assieme a una sorella scomparsa e un primogenito dimenticato, e l’unico ancora là per lei. Ogni tanto era sceso a visitarla, ed era stato impeccabile nei panni dello zio affettuoso e del cognato gentile, ma non era mai rimasto più di qualche giorno. E così sarebbe stato. Non è più quella, la mia famiglia: il mio posto è a Lothric, con i miei figli e l’uomo che amo, e rimarrà il mio posto finché il Sole continuerà a sorgere. 
Giacciono assieme, lei e Oceiros, come se fosse una notte qualsiasi; le loro mani si stringono ancora quando il sonno li coglie. 

A.A.:
Ho avuto quest'idea rimuginando su un AU in cui scrivere qualcosa di diverso sulla Famiglia Lothric, e in particolare su Gwynevere, che ho scoperto essere un POV davvero piacevole dopo Catene Blu. Così mi è venuta un'idea, apparentemente semplice: un AU in cui Sulyvahn e Friede si scambiano di posto e hanno l'uno l'obbiettivo dell'altro. In tal caso, il Pontefice cabarettista si trova ad Ariandel con... beh, Ariandel, e la suora irritante prende il controllo di Lothric. A differenza di Sulyvahn, perciò, Friede usa un attacco immediato in cui imprigiona atrocemente i leader (appunto, come fa con Ariandel nel gioco originale) anziché anni di manipolazione, leccamento di piedi e altre cose poco carine. Quelle saranno destinate sempre al dolce Ariandel, e diciamocelo, almeno lui sta bene. Così eccoci qua: la Chiesa Nera si è unita alla Chiesa della Profondità – le loro origini sono le medesime, ma si vedrà come mai Sulyvahn è rimasto a casa anziché fuggire e diventare Gran Sacerdote – Kaathe diventa la divinità numero uno della zona assieme ad Aldrich, e Gwynevere dovrà cavarsela da sola. 
La storia non ha una trama prestabilita, anche se molti punti sono già ben chiari, e per ogni capitolo ci saranno due POV, uno di Gwynevere e l'altro di un altro personaggio, che potrà essere Friede, Oceiros, Lothric, Gwyndolin, Kendra (sì, è chi pensate voi, finalmente ha un nome), Vordt o altri ancora. 
Questa storia è ambientata inoltre, almeno adesso, molto prima degli eventi di Dark Souls III, cosa che si evince dalla giovane età dei principi gemelli, dalla favella e locomozione di Lorian, dall'aspetto umano e dalla mente (più o meno) lucida di Oceiros, e dal fatto che al momento non sembra esserci alcun/a terzogenito/a. Il rating è per ora arancione, ma potrei alzarlo. Hint hint
Infine, per i fan dell'Archivio degli Incontri: non è morta, continuerò ad aggiornarla ogni settimana. Il capitolo ottavo arriverà un po' in ritardo, ma a parte quello non la mollerò. Ho ancora diciotto prompt da vedere, e pretendo di completare la raccolta come si deve. Il gran finale con Nito Cupcake Burrito s'ha da fare. 
Un abbraccio a tutti quanti e grazie per chiunque voglia seguirmi in questa bizzarria. 
Lady R. 

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Capitolo 2
*** Rughe, Malto, Lana ***


Capitolo II: Rughe, Malto, Lana

Il principe Lothric sembra una lucertola bianca. Kendra non ha mai visto un bambino così esile, nemmeno tra le braccia dei mendicanti che battevano le strade della Valle Boreale. I capelli chiari e sottili sembrano sbiancati con acido, le labbra sono inesistenti, le dita paiono ramoscelli secchi, e il mantello di lana gettato di malagrazia sopra la sua brutta tunica grezza sembra pesare su di lui come un mucchio di ceppi. 
Il gemello, ben più in forma, si stringe nel cappotto imbottito e china il capo al suo passaggio. -Siete un’amica di Sorella Friede?-
Kendra si irrigidisce. Non le piace, quella religiosa, e anche se le piacesse non le sembra il tipo che si fa degli amici. Non potrebbe mai portarla a bere e ballare assieme a lei e Vordt. Si chiede cosa faccia, Sorella Friede, quando non è in pubblico. Non può seriamente passare tutte le giornate in preghiera; d’altra parte, se fosse vero, non sarebbe sorprendente. 
-Sono una sua assistente, per così dire. Mi chiamo Kendra. Mi ha mandato lei a controllare che foste pronti.-
-Avete la pelle scura.- dice Lorian. -Da dove venite?- 
-Non sono domande gentili da fare.- interviene Lothric.
-Vengo dalla Valle Boreale, dove andremo adesso.- taglia corto Kendra. -È un posto freddo, quindi copritevi bene.- 
-Siete molto bella, signora.- dice Lorian. -Avete visto Madre e Padre? Li hanno portati via ieri sera. Siamo preoccupati. Ci mancano.-
Kendra fa cenno di no. Non ha sentito voci lusinghiere su Re Oceiros e sulla Regina Gwynevere. D’altra parte, Sacerdotesse ed Evangeliste non hanno buone parole da spendere nemmeno per lei. Faceva la danzatrice, sussurrano al suo passaggio convinte che non le senta. Chissà quanti uomini, chissà quanta perdizione, quanti peccati. Che il grande Kaathe ci protegga. Non le parlano quasi mai. Non è un problema, per lei: non avranno nulla di interessante da dire. E poi c’è Vordt: lui le basta. 
-Non li ho visti.- risponde. I principi abbassano gli sguardi. -Ci mancano. Se li trovate, ditegli che siamo qui.-
È tenero, il principe Lorian: Kendra si chiede quanto lo sarà finito il lavoro di Sorella Friede. 
Un’Evangelista si avvicina caracollando sulle tozze gambe. -Venite, Vostre Grazie. Il momento è giunto. La prima carrozza è la vostra.-
Ce ne sono tre in fila, cubi di quercia rinforzata d’acciaio, con larghe ruote da neve. La prima è dipinta di blu, con un motivo a spirali dorate su tutti i lati, e lo stemma di Lothric, una catena piegata a formare un cerchio perfetto, che luccica sullo sportello. È là che l’Evangelista conduce Lothric e Lorian, e li fa salire tenendoli per mano come farebbe una nutrice: ma una nutrice non sigillerebbe la porta all’esterno con un chiavistello, né imprecherebbe tra sé e sé una frase che contiene la parola “mocciosi”.
La seconda carrozza è di legno sguarnito, nero, destinata a Sorella Friede in persona. Nella cabina della terza, quella con le sbarre, si intravedono le sagome di due teste umane.
Kendra si affretta a volgere lo sguardo altrove. Dov’è Vordt? Che fine ha fatto? Sa cosa le hanno detto di fare Lothric e Lorian, ma non le serve riflettere a lungo per capire che Sorella Friede non ne sarebbe contenta. Ella disprezza i reali di Lothric: pur di non far riaccendere la Prima Fiamma, Friede farebbe ben di più che separare famiglie a quel modo. 
-Kendra! Dov’eri finita?-
Un rumore di passi alle spalle strappa un sorriso alla bocca stanca della guerriera. La coda di cavallo di Vordt sventola alle sue spalle mentre corre, frustando la mazza chiodata nella guaina sulle spalle. Kendra gli porge la mano. -Mi stavo solo guardando intorno. Se Sorella Friede scoprisse che qualcosa non va, con chi potrebbe prendersela?-
Vordt sorride, ma è un sorriso amaro. -Bigotta. Ancora non ho capito perché la sopportiamo.- 
Per vivere, Vordt. Non è mai stato un uomo autoritario, il suo amico, e a volte Kendra si chiede chi tra lui e lei abbia più in odio quell’orrida religiosa. Una cosa è certa: lei odia noi più di quanto non odiamo lei. Kendra scuote la testa, scrollando le spalle.
-Dobbiamo viaggiare con la famiglia reale.- dice Vordt. -Sia lodata la Luna Oscura, temevo che mi toccasse andare con quella là. Ma ti immagini una settimana di carrozza con lei?- Porta la mano alla bocca e simula un conato di vomito. 
Kendra storce le labbra. -Salvateci, Dei onnipotenti. Salvate noi due peccatori. Sul serio, Vordt, a viaggiare con quella mi taglierei le vene.-
-Pregate, pregate!- sogghigna Vordt. -Non si sorride, non si starnutisce, non si respira! Tutto è peccato, con lei.-
Kendra ride, e l’aria umida di Lothric le riempie i polmoni. È piacevole, ha il sapore di casa. Almeno si prospetta un viaggio divertente: loro due, il sole in faccia e nessuna preoccupazione. Dovrò portare dei fiori sulla tomba del padre di Vordt: se non avesse avuto un cocchiere per padre, avrebbe seriamente potuto toccarci un viaggio con quella Friede. Le Evangeliste, le Sacerdotesse  e i cavalieri della scorta dovranno farsela a piedi: peggio per loro. 
-Signori?- una voce calda, profonda, la fa voltare. Una donna sulla sessantina, avvolta in una tunica porpora intarsiata d’oro, si inchina a lei e Vordt. -Miei Signori, chiedo perdono.-
-Perdono concesso. Con chi abbiamo l’onore di parlare?-
La donna si inchina con grazia, piegando la testa incappucciata. -Sono Emma, Alta Sacerdotessa di Lothric. Cercavo i giovani principi: Dama Friede mi ha richiesto di viaggiare con loro.- 
-Sarà un po’ difficile.- soggiunge Kendra. -Sono in quella carrozza laggiù ed è chiusa a chiave da fuori. Una delle Evangeliste aveva la chiave, ma temo di non poterle dire quale.- 
Vede Vordt che la fulmina con lo sguardo. D’accordo, sono sarcastica: mi sembra il minimo, in questa situazione. Emma serra la bocca, ma Kendra capisce che la smorfia non è per lei. 
-Malnata donna.- mormora tagliente. -Quei poveri principi, costretti a viaggiare rinchiusi. Sono bambini intelligenti: non meritano questo trattamento.- 
-Forse lo meriterebbero se fossero bambini stupidi?- 
Vordt le stringe il polso. -Basta, Kendra. Perdonate la mia amica, Santità.-
Emma solleva una mano rugosa. Un sorriso stanco sfugge da sotto al cappuccio della mantella. 
-Lasciate pure che si sfoghi. Siamo tutti nervosi, da queste parti. Ho visto come tengono le loro Grazie.- Serra i denti, scuote la testa. Ha un viso triangolare, con zigomi taglienti, e lo stesso naso schiacciato di Vordt. Trabocca nobiltà da ogni palmo. 
-Povera Regina Gwynevere, aveva degli occhi da far sciogliere tutto il castello. E Re Oceiros era più pallido del suo solito. È una fortuna che gli abbiano chiuso la bocca. Ero solo una bambina quando venne al mondo, l’ho visto crescere, ho posto io stessa la corona sul suo capo, ho suggellato i suoi voti sponsali, e ho cresciuto Lothric e Lorian fin dalle fasce; vi assicuro, non ho mai sentito tante bestemmie provenire da un solo uomo.-
Kendra ride, e persino le labbra di Vordt hanno un tremito. -E non vi siete offesa, Santità?- domanda lui. -Bestemmiava in presenza dell’Alta Sacerdotessa?- 
Emma sorride, ma solo per un attimo. -Perché dovrei offendermi? Non bestemmiava i nostri dei più di quelli degli altri. Se non hai la fede non ce l’hai: è come l’arte della spada, o quella delle lettere. Soprattutto non si converte nessuno a scudisciate. Che l’Abisso se la porti, quella Friede, e i suoi accoliti con lei.-
Kendra stringe la mano sul proprio fianco: -È evidente che Sorella Friede non aveva un’educatrice come voi.- 
-Adulatrice.- le spalle di Emma si rilassano. La Sacerdotessa solleva il capo, e porge le mani a Kendra e Vordt. Gli occhi scuri, boreali, luccicano da sotto il cappuccio. 
-Voi mi sembrate giovani intelligenti.- la sua voce è grave, e Kendra non riesce a staccare gli occhi dal suo volto. -Avrò cura di Lothric e Lorian. Li amo come me stessa, e non permetterò a nessuno di distruggerli, men che meno a quella donna. Ma non posso riuscirci da sola.-
Vordt si morde il labbro: -Cosa volete che facciamo, mia signora?- 
Emma solleva la testa, e gli occhi guizzano di una fiamma scura. 
-Tenete gli occhi aperti, non vi chiedo altro. Prendetevi cura delle loro Grazie. E non separatevi. Abbiamo bisogno di quante più forze possibili. Anni duri aspettano la nostra bella terra.-
Kendra cerca gli occhi di Vordt. Tempi duri: l’ultima cosa che chiunque vorrebbe sentire. Il terrore che Friede sia ben più che fastidiosa torna a farsi sentire. Il viso duro di Emma pare scolpito nella rovere; le rughe sono marcate, ma non la privano della sua eleganza. Ha la pelle scura, capelli neri e mossi, ma non sembra della Valle Boreale. Mi ero sbagliata: probabilmente viene dall’Est. Chissà da quanti anni è qui. Kendra guarda quelle mani sottili, dalle unghie piatte e lisce, e sente un improvviso desidero di stringerle.
-Lo faremo.- sussurra Vordt, e Kendra annuisce fiera. 
Passi sottili risuonano alle loro spalle. Si voltano e si inchinano all’arrivo di Sorella Friede. 
-Sorella Emma.- sussurra la religiosa. Indossa un mantello da viaggio di lana marrone, e una sciarpa nera le avvolge il collo e parte del velo, ma gli abiti sembrano identici a quelli della sera precedente. -Lothric e Lorian vi attendono perché li accompagniate. Non siete con loro?-
-La porta è chiusa a chiave.- dice Emma impassibile. -Perché rinchiuderli? Sono bambini.- 
Friede scuote la testa. -Per l’appunto. I bambini sono imprevedibili. È bene che sappiano fin da subito che non tolleriamo scappatelle.-
È più alta di Emma di un buon palmo, ma la Sacerdotessa drizza la schiena come un fuso. -Agite come preferite, ma vi imploro di riflettere sulle conseguenze. Fate aprire quella porta: voglio incontrare i miei pupilli il prima possibile.- 
-Sarà fatto.- risponde Friede. Si volge verso di loro. -Fratello Vordt, voi condurrete la carrozza dei principi gemelli. Sorella Kendra, voi viaggerete con quella dei sovrani. Dall’interno, badate bene. Serve qualcuno che controlli che non facciano nulla di stupido.- 
Padre Supremo Lloyd, uccidetemi qui e adesso. Una settimana di carrozza chiusa dentro una cabina di legno, con accanto due prigionieri che non possono parlare: l’ultima volta che ho controllato, le torture erano meno complicate di così. Vede la pietà nello sguardo di Vordt, e vorrebbe abbracciarlo in quell’istante. 
-Con ogni rispetto, Sorella.- prova. -Credevo di dover viaggiare assieme al mio compagno.- 
-Il vostro compito è cambiato, Sorella Kendra. Quei due libertini meritano una guardia capace. È bene evitare il più possibile la diffusione di pensieri impuri all’interno di questa congregazione.- 
Pensieri impuri? Kendra si morde la lingua. Per questa donna tutto è impuro. 
-Ebbene, Vordt, qui ci allontaniamo.- sospira. -Goditi l’aria pura: quando ci rivedremo dovrai raccontarmi l’aspetto che ha.- 
Vordt fa un cenno con il capo. Un’altra cosa familiare in un mondo che non riconosce. 
Si volta e si allontana a grandi falcate prima che Sorella Friede possa redarguirla. Le dispiace lasciare il suo amico da solo con quella donna, ma è sicura che stavolta nemmeno lui possa impedirle di urlare parolacce in faccia alla dannata religiosa. E poi c’è Emma: vuole conoscerla meglio. 
Abbottona la giacca imbottita da viaggio e raccoglie la propria sacca dal mucchio vicino ai cancelli di Lothric. Si ferma a controllarne il contenuto fuori dalla carrozza. Una coppia di coperte, un romanzo per passare il tempo, una mantella di lana, un involto di carne secca per gli spuntini, acqua, un coltello di scorta e l’immancabile Libro Sacro della Chiesa Nera. Almeno, se mi verrà freddo, avrò qualcosa per accendere un bel fuoco. 
Sul fondo, avvolta in uno straccio, c’è una fiasca di birra scura della Valle Boreale. Kendra cammina piano, fermandosi dietro ai quattro cavalli da tiro, la stappa e ne beve fulminea un sorso. La butta nella bisaccia e si incammina, di nuovo, verso la porta della carrozza. Ne è rimasta poco più di metà: colpa sua, che non si sa trattenere. Oppure, meglio, colpa di Friede, che è fastidiosa e la spinge a bere. Almeno, pensa Kendra, la birra sa di casa
Un’Evangelista si avvicina trotterellando sulle zampe tozze e apre la porta della carrozza senza dire una parola. Kendra si infila all’interno chinando la testa. 
-Permettetemi.- Si siede sul sedile di fronte ai passeggeri, accavallando le gambe e stringendo la bisaccia a sé. Siedono fianco a fianco, la testa di lui reclinata sulla spalla di lei, ed urlano nei bavagli appena si accorgono di essere guardati. II capelli blu dell’uomo e gli occhi color miele, sgranati, della donna non lasciano dubbi sulla loro identità. Uno sferragliare di catene riempie la stanza mentre i due voltano le teste. Catene cingono i loro polsi e si congiungono alle pastoie spesse un dito che gli serrano le caviglie. Almeno, in questo stupido convoglio, c'è qualcuno che viaggia più scomodo di me. 
-I miei ossequi. Sono Kendra, la vostra scorta. Come ve la passate?- 
La regina fissa i propri piedi con occhi socchiusi e cerchiati. Il re grugnisce un insulto inaudibile. 
-Comprendo.- Kendra accavalla le gambe e ripone le mani sulle toppe dei pantaloni. -Avete un'aria sfinita. Dormite, se vi va. Non sarà un viaggio emozionante.-
Il re scuote il pugno, facendo scampanare le catene. La regina annuisce e guarda prima lui poi lei. 
-So cosa volete sapere.- Kendra scuote tristemente il capo. -Stanno bene e verranno con noi. Sono in una carrozza come la vostra.- I due sobbalzano, guardandosi con occhi sgranati. Che sciocca. -No, no. Non in catene, non temete. Viaggia con loro una certa Emma. La conoscete?- 
La regina leva il capo all’indietro e sospira dal naso, gli occhi serrati in un’espressione di sollievo. 

Emma: sia lodato il Sole. Osi non la sopporta, ma i bambini le vogliono bene, ed è una donna leale. Gwynevere torna a respirare. Se la Gran Sacerdotessa di Lothric continuerà nelle sue mansioni di istitutrice, Lothric e Lorian saranno più vicini anche a lei. Basterà trovarla, parlarle, mandarle almeno un messaggio, e avranno una piccola ancora di salvezza a cui aggrapparsi. Oceiros digrigna i denti contro la stoffa che ha in bocca, ma rimane calmo. Indossa una semplice casacca di cotone blu, con un farsetto di lana grigia senza ornamenti, che ben si accordano con l’abito di lana bianca e la mantella plumbea che avvolgono le forme di Gwynevere: abiti semplici, che non suscitino fastidio in un ambiente religioso. -Quando la farò ammazzare.- aveva detto Oceiros mentre si vestiva. -Indosserò tante di quelle gemme da cavarle gli occhi col loro bagliore.- 
L’Anello di Scaglie di Drago è nascosto nei suoi stivali, un vecchio paio da caccia marrone smorto, e Gwynevere non vuole pensare a cosa accadrà quando i loro carcerieri si accorgeranno che se l’è portato appresso. Eppure non ha osato dirgli di lasciarlo a Lothric. Anche lei, in fondo, vorrebbe un oggetto da stringere e da cui trarre conforto. 
Quando le carrozze partono, una pioggia sottile spazza il suolo di Lothric. La loro accompagnatrice – Kendra, ha detto di chiamarsi: speriamo sia ragionevole – storce le labbra. 
-Povero Vordt: si bagnerà come un pulcino. Forse non mi è andata poi così male.-
Estrae dalla bisaccia un pezzo di carne secca e un libro rilegato. Gwynevere allunga il collo per leggerne il titolo: Storia Della Caduta di Forte Ferro. Non è un libro di preghiere, pensa sorpresa.
-Scusate se leggo, Vostre Grazie.- mastica. -Mi annoio. Andremo avanti per una settimana, spero che capiate.-
L’idea di passare una settimana in quella cassa, con Lothric e Lorian a pochi metri accompagnati da quella maledetta Friede, fa ribollire lo stomaco dell’ex regina. Incontra gli occhi sbarrati di Oceiros, stanchi e tristi come non sono mai stati, e gli prende la mano con uno sferragliare di ceppi. 
-Siete adorabili.- sorride Kendra. -Quasi mi dispiace per voi.- 
Oceiros mugugna improperi, ma non ha l’energia del giorno prima. La pioggia è diventata torrenziale quando crolla addormentato contro la spalla di Gwynevere, e i suoi umidi capelli blu si spandono sul suo petto come una coperta di seta. Stringe la mano del marito e prega la Prima Fiamma che il suo sonno sia dolce. 
-È grazioso, come uomo. Se volessi sposarmi e avessi una ventina d’anni in più…- commenta Kendra alzando gli occhi dalla Storia della Caduta di Forte Ferro. -Ha un bel tono di capelli. Mi hanno detto che il blu è così raro che chi ha capelli di questo colore vivrà una vita infelice: tanta è la fortuna di essere nati con un tale dono.- 
Gwynevere scuote la testa e accarezza le dita di Oceiros. Non è quello che vuole sentire.
-Anche voi siete graziosa, se posso permettermi. Se Sorella Friede mi sentisse, la mia testa prenderebbe freddo in cima a una picca: ma lei non è qui. Voi non giudicate, nevvero?-  
Almeno, fare conversazione la terrà sveglia e lucida. Gwynevere fa cenno di no con la testa, studiando l’interlocutrice. Indossa una giacca imbottita di pelle grigia, e brache nere da cui pende un marsupio di cuoio rosso. Ha il naso piatto e la pelle scura, color legno di faggio, della Valle Boreale; i capelli mossi e castani, striati di ciocche corvine e lucenti, incorniciano un viso a forma di cuore e e vivaci occhi neri. 
-Vi ringrazio. Sono in pochi, ormai, a capirlo.- Kendra incrocia le braccia. Ha sopracciglia spesse, labbra piene e rosee, zigomi definiti e nobili. Eppure, Gwynevere non può non accorgersi del pugnale che porta alla cintura, di fianco al marsupio. Darebbe tutti i suoi gioielli, gli stessi che attendono lontano nelle mani dei religiosi, per poterle parlare. 
-Sembrate stanca. Perché non dormite?-
Sarebbe bello, rilascerebbe molta della paura che la riempie da cima a fondo, eppure Gwynevere non osa. Non sa cosa potrebbe esserci, al suo risveglio. Avere gli occhi aperti le ricorda che almeno Oceiros è con lei, e nonostante il livido gonfio e viola sulla guancia destra gli zigomi aguzzi, gli occhi glauchi ed enormi, il naso sottile, la barba curata che incornicia le labbra morbide, i lisci capelli azzurri conservano il fascino di sempre. Se mi svegliassi e restassi da sola? È senz’altro più probabile del contrario, considerando il caratterino di suo marito. Si affretta a fare cenno di no a Kendra, e sospira alle sbarre della finestra. Prega che Lothric e Lorian siano ben coperti: un freddo sottile comincia a insinuarsi sotto le maniche della sua veste. Il battito dei denti di Oceiros nel sonno si mischia al frenetico picchiettare della pioggia sul tetto della carrozza. 
Inutile chiedere una coperta: faremmo solo ridere. Kendra si lecca le labbra salate e immerge il naso nel suo libro. -Almeno non fate i capricci. Siete tranquilli, per una famiglia reale. Coraggio, rilassatevi. Finché siete qui non succederà nulla di male.- 

Dopo cinque giorni di viaggio, Gwynevere si sente cadere a pezzi. Ha le natiche doloranti, le giunture rigide dall’immobilità, tant’è che quando viene condotta dietro la carrozza, ogni notte, ad espletare i propri bisogni, sente un dolore pesante a ogni passo: ai glutei, alle cosce, alle ginocchia sempre piegate, persino a schiena, gomiti e collo. Vorrebbe chiamare Lothric e Lorian, in quegli unici momenti d’aria, ma persino allora la tengono imbavagliata, e a ogni passo rischia di inciampare negli onnipresenti ceppi. Liberano le loro bocche solo per dargli da mangiare, e dopo il terzo giorno delle ferite si aprono agli angoli delle loro labbra e gocciolano sangue fino ai colli. Il resto è noia: i paesaggi si susseguono fuori dal finestrino, familiari almeno in parte: le paludi di Farron, in cui si impantanano almeno sette volte, la Strada dei Sacrifici che conduce a una tremenda cappella. Dicono che abitasse un cannibale, là dentro, che divorava persone vive e traeva sollazzo dalle loro grida. Gwynevere trema mentre vi passano accanto. Ma al terzo giorno, anche solo tenere gli occhi aperti diventa una fatica. 
Il primo giorno, Oceiros si è beccato un ceffone per aver bestemmiato Kaathe di fronte alla Sacerdotessa che gli portava pane e acqua. Un giorno a digiuno è bastato per placare in lui anche quell’impulso. E meno male, pensa triste Gwynevere. È già magro di suo: non crollare, amore mio. Ti supplico. Gli tiene la mano in ogni momento, finché le dita non si intorpidiscono, e lo guarda dormire contro il suo petto, sussultante e mormorante. Allungando il collo, sporgendo le labbra oltre la stoffa, riesce a baciargli i capelli. Kendra solleva due pollici quando lo fa, ma ha imparato a ignorarla. Lei non esiste, non se non voglio vederla. Sono la regina di Lothric, la figlia del grande Lord Gwyn e della dea Fina, e porto in me il calore del Sole eterno. 
Eppure, nemmeno il sole sembra ricordarsi di lei quando si avvicinano a Irithyll, e un gelo sottile, pungente, li serra nella sua morsa. Non ha mai sentito un freddo così durante l’inverno a Lothric. 
Lorian si allenava nella scherma anche con la neve, pensa, e cerca di scatto la mano di Oceiros. Gli regalammo un mantello di volpe bianca e degli stivali ricamati d’argento; aveva i capelli legati in una treccia ed era il bambino più felice del mondo. Portava palle di neve a Lothric per fargliele vedere, e lui lo sfidava a berle quando si scioglievano. 
Chiude gli occhi, cercando un ricordo felice al quale aggrapparsi. Lorian che infila neve nell’armatura di Albert del Leone mentre questi non guarda, Lorian che si arrampica sulle scale nel Giardino di Oceiros e scende slittando su uno scudo preso a chissà chi, Lorian che mangia caldarroste avvolto in un cappotto imbottito di visone albino. Figlio mio, non temere. Presto andremo a prenderti. E con lui Lothric, anche se non sembra esserci posto per il principe secondogenito nei ricordi innevati della regina. Un bambino malato come lui non doveva neppure sfiorarla, la neve.
Ci fu un inverno in cui un’influenza perniciosa aveva colpito Lothric, che non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto senza cadere in preda a brividi e capogiro. Un chierico aveva suggerito di sacrificare un gioiello al Vecchio McLoyf: Osi gli ruppe il braccio a bastonate. Non riusciva nemmeno a dormire, povero amore mio. Lothric restava a letto tutto il giorno e Lorian gli portava tisane calde e coperte ogni momento. Fu grazie a Kriemhild figlia del Cristallo che si riprese: fu proprio allora che il numero delle Mani Nere salì a tre. Gwynevere sorride nel bavaglio, commossa. Chissà che fine hanno fatto le Mani Nere, se abbiano tradito o siano rimaste fedeli. Spera che sia la seconda: sarebbe benefico anche per loro tre. 
-Santo cielo, qua si gela.- Kendra si stringe nel suo mantello e beve un sorso dalla borraccia. -Sono via da un paio di settimane e già mi sono dimenticata come si vive al freddo.- Sorride ai prigionieri. -Quella laggiù è casa mia. Fra un paio di giorni la vedrete. Vi piace?-    
Oceiros fa cenno di no. Ha sempre odiato il freddo. Gwynevere si limita a sbattere le ciglia, chiedendosi dove quella voglia andare a parare. Kendra sorride; ha bellissimi denti bianchi, luminosi quanto i suoi grandi occhi.
-Vivremo qui tutti insieme finché Sorella Friede non deciderà cosa fare di voi. Spero che sia buona, siete stati una gradevole compagnia. Mi sarebbe piaciuto fare conversazione, ma Sorella Friede impone che viaggiate a bocca chiusa. Peccato.-
Oceiros ringhia con fatica. Trema come un albero in un terremoto, la sua mano nuda vibra frenetica nella sua stretta. L’inverno precedente, giusto un paio di mesi prima, l’aveva portata a passeggiare nel Giardino di Oceiros durante la notte, per ammirare assieme la luna piena. Portava un mantello di pelliccia di lupo nero, guanti bordati di ermellino, un collare di smeraldi tagliati a stella, una tunica di lana grigio argento morbida come bambagia, e sotto quel bagliore perlaceo era così bello da non volerlo lasciare più. Avevano fatto l’amore contro al muro di cinta, per l’ultima volta prima che l’esercito di Sacerdotesse, Evangeliste e Cavalieri Boreali di Friede fosse apparso dal nulla di fronte al loro cancello, ed era ben valso un’infreddatura. 
Mio adorato. Vorrebbe scaldarlo col proprio corpo, ma c’è ben poco da fare. Anche le sue mani sono fredde, e le dita dolgono rigide dentro gli stivali. Non c’è più un Sole da lodare, qui
Poi vede Kendra frugare nella sacca e trarne una seconda coperta. Lana nera, spessa come il suo pollice, ricamata con un motivo a fiocchi di neve azzurri. Sbatte le palpebre incuriosita. Non lo farà, non ha motivo di farlo: siamo prigionieri. Eppure Kendra la allarga sulle loro forme intirizzite, appoggiandola con cura sulle loro gole scoperte. Oceiros ha gli occhi così sgranati che sembrano sul punto da uscirgli dalla testa, e Gwynevere non vuole sapere quanto lo siano i suoi. 
-Avete idea di cosa mi farebbe quella là se le consegnassi un paio di ghiaccioli?- 
Gwynevere accarezza la mano stretta alla sua e sorride a fatica. È così piacevole: le notti di Lothric erano fredde, ma sopportabili. Guarda fuori dalla finestra con rinnovato conforto. È bella, Irithyll, nonostante emani gelo da ogni palmo; dalle pietre grigie, coperte da ghiaccio che si frantuma sotto le ruote della carrozza, dalla neve che cade lenta fuori dal finestrino, fiocchi piccoli come bacche e iridescenti contro il lontano, basso sole, e dalle lontane torri della cappella, incappucciate di nebbia grigia. Ne conta almeno una decina, coperte da tetti conici
È là che staremo? Prende un freddo respiro e supplica la Prima Fiamma di darle forza. 


A.A.:
Se c'è una cosa che so fare è dare nomi ai personaggi di Souls che non li hanno. "Kendra" è il nome del personaggio che Ciara Renee, prestavolto scelta per la Danzatrice (naturalmente Nativa Americana come Adam Beach, il mio Vordt) interpreta nelle serie della DC Legends Of Tomorrow, The Flash e Arrow: Kendra Saunders, aka Hawkgirl. E dato che Adam Beach è stato – anche se per poco – Slipknot in Suicide Squad, che è sempre della DC, io spero davvero che li facciano incontrare. 
Qui fa la Danzatrice anche prima di servire il/la Pontefice di turno: le descrizioni della sua anima dicono che fosse stata costretta a SERVIRE come danzatrice da Sulyvahn, ma nulla nega la possibilità che danzasse anche prima, e che Sulyvahn l'abbia semplicemente obbligata a lavorare per lui. Per la cronaca, Ciara Renee è una ballerina di talento, ha interpretato Esmeralda nel musical del Gobbo di Notre-Dame della Disney (ringrazio RecensioniStronze per avermi edificato al riguardo e avermela fatta conoscere) e potete anche voi essere deliziati dalla sua grazia qui.
Emma, invece, è "interpretata" da Rachel House, attrice polinesiana presente anche in Thor: Ragnarok (Topaz, la guardia del corpo del Gran Maestro) e doppiatrice di Nonna Tala in Oceania. All'inizio doveva "essere" Nativa Americana anche lei, ma l'ho spostata. Mi è piaciuto particolarmente scriverla, ha una bella voce e ha fatto la sacerdotessa per anni con un re che le bestemmiava nell'orecchio: what's not to love. 
Noterete che alla fine Gwynevere dice che l'esercito di Friede è spuntato "dal nulla". Questo non è a caso, e si vedrà poi che è invece molto letterale. 
No, non shippo Vordt/Kendra. Non mi fa l'effetto "no, grazie" spontaneo che mi fanno Artorias e Ciaran, ma la trovo decisamente troppo "ovvia" come coppia, e preferisco svilupparli come una coppia di amici con benefici. 
Per chi sentisse la mancanza di Lothric e Lorian, resistete fino al prossimo capitolo, perché torneranno. 
Lady R

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Capitolo 3
*** Acqua, Veli, Pane ***


Capitolo III: Acqua, Veli, Pane


Una piazza tonda, una fontana d’acqua ghiacciata, uno schieramento di Sacerdotesse che attende sull’attenti. Gwynevere cerca con gli occhi la carrozza che conteneva Lothric e Lorian, la mano di Oceiros che vibra nella sua stretta fredda, ma nel riquadro di mondo esterno che intravede non c’è traccia dei principi gemelli. Si volta verso il marito e fa cenno di no. L’ex re grugnisce, e reclina la testa sul suo petto con aria sfinita. 
-Casa dolce casa.- proclama Kendra. -Non avete idea di quanto mi è mancata.-.
Il volto metallico di un’Evangelista sporge da dietro il finestrino. Gwynevere sobbalza. -Siamo arrivati.- dice la sconosciuta. -Fate come dovete.- 
Un clicchettio di chiavi annuncia l’apertura della porta: Gwynevere guarda Oceiros, e per un attimo desidera poter restare ancora un po’ nella carrozza, per averlo vicino. 
-Venite con me, mia regina.- Kendra si carica la bisaccia in spalla e si avvolge nella mantella da viaggio. -Vi guiderò io.-
Oceiros impreca, saliva che gocciola da sotto il bavaglio, e Kendra rotea gli occhi. -Vostra Maestà, vi prego. Verranno a prendervi a breve. State buono, una volta nella vita.-
Sì, ha ragione. Stai buono, Oceiros. Appena le catene sono rimosse dai suoi polsi, Gwynevere scende dalla carrozza appoggiandosi all’Evangelista, le gambe rigide che tremano sui gradini. A terra, l’Evangelista lega di nuovo le sue mani dietro la schiena. Kendra le prende un braccio e la guida con sé lungo la scalinata che conduce alla cappella. Gli stivali imbottiti sono morbidi, la mantella di lana tiene abbastanza caldo da non sentirsi cadere a pezzi, e Gwynevere tace, procede calma, cercando con gli occhi i capelli biondi di due principi perduti.  
-Non preoccupatevi.- Kendra volge la testa all’indietro, godendosi la neve nei capelli sciolti. -Vostro marito starà bene. Se ne occuperà il mio amico Vordt, e lui è buono come il pane.- Gwynevere annuisce e trema, seguendo con gli occhi il sole grigio e rigonfio dietro alle nuvole. 
Kendra la conduce lungo le scale, serrandole il polso nella sua forte mano scura. Il vento scuote la sua gonna e le stringe la gola con mani artigliate. La scalinata sembra non finire mai, e la cappella è così grande, così appuntita, così glaciale. Gwynevere tossisce nel bavaglio, e a metà della scalinata cade in ginocchio, intirizzita. Kendra si ferma, guardandola. -Davvero?-
Gwynevere scuote la testa e si rialza appoggiandosi alla ringhiera con la spalla. 


Gwyn, padre mio, illumina con il tuo Sole la mia strada. Fa che non mi perda.
Irithyll è fredda, e Gwynevere si sente fredda altrettanto mentre giace nella sua cella, la stoffa sporca e irrigidita del suo abito che le graffia le cosce e i seni. C’è una candela di fianco a lei, un piccolo sole nella tenebra completa della sua prigione, ma il suo calore non basta a rinfrancarla. L’hanno sbattuta in una stanza vuota con un calcio; le hanno slegato le mani e liberato la bocca, ma sono rimasti sordi alle sue richieste. -Dove sono i miei figli? E mio marito? Vi prego, dovete dirmelo.-. Dopo averla rinchiusa era calato il silenzio, e Gwynevere ha impiegato un tempo che le pare infinito a smettere di tremare. 
Non è una vera cella: doveva essere stata un ripostiglio o la camera di un novizio, prima di essere svuotata completamente. Non ci sono finestre, né arredi di qualunque tipo eccetto per la candela. Gwynevere dorme a sprazzi, avvolta nella sua mantella come in un bozzolo, e ogni volta che si sveglia mormora una preghiera dalle labbra secche. Gwyn, padre mio, scalda con i tuoi raggi il mio amato Oceiros e i miei bellissimi bambini. Che il Sole e la Luna Oscura veglino sulla nostra sorte. Si massaggia le mani e soffia sulle dita doloranti. Andrà bene, deve restare calma: non l’hanno portata fino a là solo per ucciderla. Non avrebbe senso. 
Passi risuonano nel corridoio, Gwynevere si alza, si riscuote, si libera il volto dai capelli. Presto si saprà che Lothric è caduta, e verranno in mio soccorso. Aveva tre fratelli quando era bambina: uno solo le è rimasto, ma da solo ha in sé il potere inarrestabile della Luna Oscura. La Luna non brilla senza la luce del Sole: Gwyndolin, non dimenticarmi. Ti prego.  
La porta si apre. Gwynevere strizza gli occhi alla luce improvvisa. Vede due stivali, delle brache scure di lana, un paio di grandi occhi. Kendra è ricomparsa, e sorride come a una vecchia amica. 
-Voi non mi tirerete addosso nulla?- 
-Che cosa?- Gwynevere sbatte le ciglia.
-Il mio amico Vordt è giunto poco fa a visitare vostro marito nella sua cella. Sua Grazia gli ha tirato addosso il pitale. Colmo.-
-Ah.- Gwynevere sospira: il solito Oceiros. -Perdonate mio marito, non sopporta bene la tensione. Vi assicuro che da me non subirete alcun male, se non ve ne sarà donde.-
-Non preoccupatevi, Vostra Grazia, vi conosco ormai. L’ha anche mancato. Vordt era solo divertito, ma voi non farete così, nevvero?-
Gwynevere mormora un no, rialzandosi sulle gambe tremanti. I denti bianchi di Kendra luccicano nella penombra. È alta come i soldati di Lothric, e sicuramente non digiuna come lei. Inutile rischiare – non con quello scellerato di Osi che si spoglia in mezzo ai religiosi: ma che sta facendo? È partito di cervello? 
-Dovete rimanere tranquilla, sono vostra amica. Voglio solo il bene del regno.- 
-È per questo che lavorate per Sorella Friede?- 
Kendra scrolla le spalle. -Una mano mi porge nutrimento: come posso io rifiutarlo?- 
-State citando qualche preghiera?-
-Sono versi del Grande Libro della Chiesa Nera. Sorella Friede ha imposto a tutti di impararlo a memoria. In questo senso Vordt se la cava molto meglio di me.- 
Continua a parerle una donna ragionevole. Gwynevere sistema le pieghe della tunica e abbassa lo sguardo con fare sottomesso; ma non lo allontana dai suoi piedi, ed è pronta a balzare indietro al primo passo brusco. 
-Vi prego, sorella. Abbiate pietà di una madre addolorata. Avete notizie dei miei figli, Lothric e Lorian?- 
-Tutti le abbiamo.- fa Kendra. -Sorella Friede li tiene con sé alla Chiesa di Irithyll. Ha approntato per loro degli appartamenti nel campanile settentrionale. Se ne occupano Sorella Emma e Sorella Gertrude.-
Gwynevere non fa in tempo a sospirare di sollievo per Emma, che il secondo nome la fa piombare nuovamente nello sconforto. Mai sopportata, quella Gertrude. L’ancella più irritante mai avuta in secoli di regno. Si appoggia al muro. -Se potessi vederli…-
-Non si può.- Kendra solleva una mano. -Mi dispiace davvero tanto, credetemi. Non sono nessuno per contraddire gli ordini. Voglio solo sopravvivere, mi capite?-
Gwynevere accenna un altro sì. Ha bisogno di dormire: anche senza guardarsi allo specchio le sembra di sentire le occhiaie premere sotto i bulbi oculari. Ma come posso dormire, nel nome della Prima Fiamma, nella situazione dove sto?
Kendra apre la bisaccia che porta in spalla e ne trae una bottiglia di vetro, un piatto di legno privo di intarsi e una pagnotta di grano duro avvolta in un panno. -Tenete, rifocillatevi. Sorella Friede intende conferire con Sua Maestà il re domattina presto.- 
Gwynevere vorrebbe prendere il muro a calci. Perchè lui e non io? Non è difficile capire il gioco di Sorella Friede: a suo marito ci vuole poco per dare in escandescenze, soprattutto con i religiosi, e un suo scatto basterà a rendere definitiva la loro condanna. 
nudo.- riesce solo a dire. Kendra ride. -Lo so. Sorella Friede perderà tutti i capelli al sol vederlo. Ma non disperate, Vostra Grazia. Forse, in questa città sacra, gli dei saranno misericordiosi persino con un ateo dichiarato.- 
Gwynevere si libera il volto dai capelli e si mette a sedere. Così come stanno le cose, persino lei potrebbe smettere di credere. Afferra la pagnotta e ne strappa via un pezzo grande come un pugno, azzannandolo e masticando a bocca aperta. Non è un portamento da regina, ma la fame nuoce molto alla memoria.
-Toglietemi una curiosità.- Kendra sogghigna. -Io sapevo che i sovrani di Lothric fossero degli zeloti religiosi, sempre a stretto contatto con la loro Chiesa, i Tre Pilastri e quant’altro. Eppure, poco fa ho sentito Sua Maestà che bestemmiava tutti i culti possibili. Come mai?-
Gwynevere chiude gli occhi, come se le avessero dato uno schiaffo. Perchè fa così? Perché? -Dice che quando era principe lo hanno imbottito così tanto di religione che da re non ne può più. Credo che…- Gwynevere si massaggia le dita. -Credo che bestemmiare lo faccia sentire potente. Non regge bene la tensione, si sente sminuito. E vuole riabbracciare i nostri figli.- 
E io voglio riabbracciare tutti e tre. Vorrebbe essere Gwyndolin: algida, impassibile, senza paura, perché la giustizia arriva sempre, nessuno sfugge alle Lame della Luna Oscura. Quando basta nascondersi in una zona d’ombra per sfuggire al Sole. 
Ma avevo altri due fratelli. Finias era stoico e granitico come un vero soldato, Filianore spavalda e sfacciata, sempre pronta a farsi valere. Entrambi hanno affrontato degnamente le loro prove. L’esilio, il sonno eterno: cos’è la mia sorte paragonata alla loro? Quella notte, lo giura, li pregherà assieme a suo padre. 
-Mi piace, Sua Maestà. Dice quello che pensa.- 
Ed era proprio per quello che lo amavo. Oceiros non sa fare altro che il re, la prigionia lo manderà in pezzi come vasellame. Gwynevere deglutisce. Strappa un’altra fetta di pane e la ingoia senza cerimonie. 
Il mio stravagante marito e i miei bambini adorati sono fuori da questa porta, e io sono prigioniera e impotente. Se solo Friede volesse ascoltarmi…
-So che avete paura.- mormora Kendra. -Lo capisco anche. Al vostro posto sarei terrorizzata. Ma vi imploro di non perdere la fede. Forse, Sorella Friede saprà essere ragionevole.- 
-Fede.- Gwynevere si pulisce via le briciole di bocca. Il pane è croccante all’esterno, con un cuore burroso dal forte sapore di noci. -Che mai può portarmi, la fede?-
-Speranza.- sussurra Kendra. La guerriera si inginocchia di fianco a lei, le prende le mani, le sorride. Sono così morbide, le sue, e così scure. Regali. 
-Io non apprezzo quello che sta succedendo, posso assicurartelo. Vorrei fare di più per te.-
Chi mi dice che possa fidarmi? Gwynevere annuisce e stringe quelle mani così belle. È stanca, dolorante, non è abituata a dormire sul pavimento, ma anche se potesse adagiarsi su materassi imbottiti, e avvolgersi nelle sete finissime del suo letto nuziale a Lothric, sa che la preoccupazione continuerebbe a tenerla sveglia. Sarebbe così bello potersi fidare. 
-Io cerco solo di sopravvivere.- dice Kendra. -Vordt la pensa come me. Resta che noi, Friede, non la sopportiamo. Cercherò di entrare nelle sue grazie, per voi. Non vi dimenticherò. Lothric non dimenticherà facilmente.-
-Sembra di parlare con mio marito.- una faticosa risata sfugge alle labbra di Gwynevere. 
-Evidentemente,- soggiunge Kendra, -sono più megalomane di quanto credessi.-
Gwynevere serra le dita attorno alla mantella. Se solo potessi… no, è persino fuori dalle sue forze. Eppure, le parole escono come un fiume in piena.
-Vi prego, dite ai miei figli che ci sono. Che sono qui, che loro padre è qui,- Oceiros, mio adorato, non fare stupidaggini, -che gli vogliamo bene. 
Persino nella penombra, Gwynevere riesce a vedere Kendra rabbuiarsi. -Non si può. So dove sono, ma non posso vederli. Ve l’ho detto, incontrano soltanto Sorella Friede e Sorella Gertrude.- 
Gwynevere mugugna un “maledizione”. -Odio quella Gertrude.- 
-Perché, io no?- Kendra rotea gli occhi. -Mi chiama “danzatrice meretrice”, e oggi a pranzo mi ha chiesto in quale porto di mare mi abbiano trovata. Eppure Sorella Friede l’adora.-
Due piselli nello stesso baccello. Gwynevere si sente ancora più, terribilmente, stanca di prima. Si massaggia le mani, sconfortata. 
-Grazie.- sussurra. -Non ho altro da dirvi.- 
La guerriera sospira. Irithyll prosciuga tutto e tutti, come un insetto parassita.
Gwynevere si accuccia, di nuovo, appena Kendra la lascia sola. Il rumore del chiavistello la fa tremare nel suo abito; nonostante abbia mangiato solo un po’ di pane si sente lo stomaco pesante. Beve un sorso d’acqua, ansimando nella tenebra. Vorrebbe piangere, dormire fino alla fine del mondo come sua sorella Filianore, ma nemmeno i sogni, per la loro natura incognita, paiono più un sollievo. 
Sono figlia di Lord Gwyn, regina del sole: dovrei combattere, ma come? Stringe le mani l’una nell’altra e serra gli occhi. Le lacrime non escono. 


Lo sveglia la mano di Lothric, che scuote la sua spalla con fatica. -Lorian. Sveglia, Lorian. Siamo arrivati.- 
Lorian si strofina gli occhi, sistemandosi sul sedile della carrozza. Lothric gli porge la coperta, il braccio tremante attorno alla lana. -Fa freddo. Devi coprirti.-
-Vostro fratello ha ragione, principe Lorian.- sorride Emma. -Irithyll è una città dal clima molto rigido. Non dovete infreddarvi.- 
Lorian annuisce. È buona, Emma. Le vuole bene quanto a Madre e Padre – quasi quanto allo stesso Lothric. Il principe si avvolge nella coperta e guarda dal finestrino della carrozza. 
-C’è un cielo molto grigio.- commenta. -Non so se mi piace qui. Lothric era più bella.-
-Non riesco a vedere il Sole.- sospira Lothric. -Madre dice che il Sole veglia su di noi, e ci protegge da ogni male.- Prende le mani di Lorian, mani di adulto paragonate alle sue, e le sfiora con le sottili dita. -Secondo te Madre si sbagliava?-
-Su, Vostre Grazie, portate rispetto ai vostri genitori.- Emma sorride. -Adesso vi accompagneremo nelle vostre camere e potrete riposare.- 
-Meno male.- sorride Lorian. -Ho proprio bisogno di sdraiarmi su un vero letto.-   
La carrozza è ferma, e la piazza che li attende oltre la porta chiusa è grigia come il cielo. C’è una fontana tonda nel mezzo, ma Lorian non sente il desiderio di bagnarvisi. Lothric prenderebbe freddo, e non sarebbe carino da parte mia fare il bagno da solo. 
-Vedi Madre e Padre?- chiede Lothric. Lorian fa cenno di no. -Ho un po’ di paura, Lothric. Se non fossero venuti con noi?-
Emma sobbalza. -Non sfiduciatevi, Vostre Grazie. Vedrete che presto li ritroverete. Saranno felici di abbracciarvi.-
Lorian annuisce, e si rannicchia sul sedile di fianco al fratellino. Non è stato un brutto viaggio, in fondo. Quando si fermavano, Sorella Friede li lasciava uscire, con Emma sempre a fianco; allora Lorian poteva arrampicarsi sugli alberi e allenarsi nella scherma con un ramo raccolto a terra.  Lothric restava a guardarlo, avvolto nelle sue fasce: una volta aveva provato a salire con lui, reggendosi solo con le braccia, ma le sue dita sottili scivolavano contro la corteccia e colpi di tosse frenetica lo piegavano in due. -Tu puoi salire, però.- aveva detto, sorridendo con fatica. -Divertiti. A me basta guardarti.- 
Mangiavano di fianco alla carrozza, guardati a vista dalle Sacerdotesse e da Emma. Ogni tanto Lorian chiedeva di Madre e Padre, ma nessuno gli rispondeva. Emma scuoteva la testa. -Poveri ragazzi, vedrete che andrà tutto bene. Presto riabbraccerete i vostri genitori.- 
L’altra cosa fastidiosa, oltre all’immobilità, era la preghiera. Ogni sera tutti si inginocchiavano attorno al fuoco, e Sorella Friede pronunciava la sua lode a Kaathe. -Vi invito al raccoglimento, cari fratelli e sorelle.- diceva. -Confidate eternamente nel Cacciatore di Oscurità. Elevate a lui le vostre intenzioni. Che la Fiamma si spenga, che il mondo prosegua.- 
E Lorian confidava, silenzioso, stretto al fratellino intirizzito: confidava che Madre e Padre fossero vicini e tornassero presto, che Lothric guarisse dalla sua maledizione e diventasse un guerriero forte come lui, che presto si tornasse tutti a casa. Un bravo principe, dicevano Madre e Padre, doveva affrontare le avversità a testa alta, e lui ci sarebbe riuscito. Aveva Lothric accanto, aveva la buona Emma, e una grande fiamma brillava dentro di lui. 
Rimugina su questi pensieri mentre Emma lo prende per mano e lo aiuta a scendere. Con l’altro braccio tiene stretto al petto il suo fratellino paraplegico. -Reggetevi a me, Vostra Grazia.-
-Fa freddo.- sussurra Lorian. -Però è molto bello, qui.- La cappella dove Sorella Friede ha detto che staranno attende in cima a un intreccio di scalinate, piazze e portici, e Lorian sente già male alle gambe al pensiero di salire fino a là. Emma gli sorride, accarezzandogli i capelli con la mano libera. 
Salgono una scalinata, poi un’altra, e un'altra ancora; hanno una Sacerdotessa per lato, una davanti e una dietro. Il vento freddo solletica la pelle della gola di Lorian che sporge dal cappuccio. Lothric tossisce: Emma si ferma, si sfila la mantella indaco e lo avvolge al suo interno. 
-Avanzate.- ordina la Sacerdotessa dietro di loro. 
-Il principe ha freddo, lasciate che lo copra.- Emma stringe Lothric al petto come una bambola. -Portare i principi in questo postaccio.- mugugna. -Con che cuore?- 
Lorian le tira la manica. -Non arrabbiatevi. Stiamo bene. Presto forse ci faranno vedere Madre e Padre.- 
-Saranno tanto arrabbiati.- sussurra Lothric. -Avranno parecchio da dirsi.- 
Emma sospira. -Restate buoni, Vostre Grazie. È tutto ciò che posso consigliarvi.-
Lorian annuisce. Emma è una signora gentile, si fida di lei. Guarda le pietre grigie e squadrate che ricoprono il pavimento, i bassi muretti grigi che delimitano le piazze tonde, il cielo grigio, ma più chiaro, che incappuccia la città, e si sente improvvisamente spaventato. 
-Lothric?- sussurra. 
-Sì?- 
-Ho tanta paura. Non dirlo a Madre e Padre, quando li ritroviamo.- 
“Il principe di Lothric”, diceva sempre Padre, “ha un potere che nessuno può uguagliare. Non dovete avere mai paura, mai. Nessuno vi può sconfiggere. Non avete nulla da temere.”. C’era stata una volta in cui Lorian era inciampato in una pietra sbeccata durante un allenamento di scherma, battendo la testa contro il pavimento del balcone; la sua vista si era annebbiata, un dolore acuto e profondo si era impossessato della sua testa. Era rimasto là sdraiato come un verme, le lacrime che pizzicavano le palpebre. E Padre era stato lì dopo un attimo, buttando a terra una guardia con uno spintone. -Levatevi di mezzo, idioti! Mio figlio è ferito!- 
-Ho tanto male. Morirò?- aveva domandato con un filo di voce. Padre si era sfilato il mantello e l’aveva avvolto nelle volute morbide, l’aveva ghermito e stretto a sé, il cuore che batteva frenetico dietro il farsetto di broccato. -Certo che no. Non permetterò che accada. Dove sono i dannati chierici? Che Frampt se li pigli tutti!-
Lorian aveva riso, ma per poco: faceva troppo male. -Ma se muoio?-
Il dito sottile di Padre si era posato sulla sua bocca fulmineo: -Zitto. Non morirai, non lo accetto. Il principe di Lothric non muore così. Non avrai mai niente di cui avere paura, figlio mio.-
Io non ho paura, si ripete Lorian. Sono il principe, sono forte. Ho qui il mio fratellino. Stringe più forte la mano di Emma e cammina con fare marziale, la schiena dritta e il mento alzato. Il suo stomaco è aggrovigliato come un mucchio di alghe, ma non lo da a vedere. 


La Chiesa di Irithyll è così grande da far sembrare la cappella di Lothric la gabbia di un cane. Le mura sono grigie come tutto il resto, ma sembrano salire verso il cielo per miglia intere. Quattro file di poltrone di legno delimitano un lungo tappeto rosso, che percorre tutta la navata dalla porta all’altare. Un rosone grande come il pavimento di un ascensore proietta un’ombra azzurra sul viso di Lorian mentre procede assieme al resto della comitiva. 
-Ciao.- chiama Lorian. -C’è nessuno? Ci sono preti qui dentro?- 
-Abbassate la voce.- si raccomanda Emma. -Guardate, c’è Sorella Friede. Portatele rispetto.- 
La Sacerdotessa che li precede si sposta di lato lasciandoli avanzare fino all’altare. Emma si inginocchia sulla scalinata che conduce all’abside e depone Lothric al suo fianco. Lorian le gira intorno per stare accanto al fratellino: là si inginocchia, seguendo con gli occhi le luci bianche proiettate a terra dalle finestre sulla cupola. Statue alte come giganti li sovrastano: quattro donne slanciate, spessi veli che nascondono il volto sulle teste chinate, che stringono in mano dei candelabri sottili. Forse sarebbero belle signore, se si facessero vedere. Sorella Friede si staglia nel mezzo, la mano stretta a una slanciata spada d’ossidiana. 
-Alzatevi.- ordina, e Lorian si drizza in piedi come una molla.
-Dove sono Madre e Padre?- chiede. -Ci mancano. Fateceli salutare.- 
Sorella Friede fa un passo avanti e batte la lama della spada contro il pavimento. -Abbassa la voce in questo luogo santo.- sussurra.  
Emma si alza in piedi, sollevando il capo verso quello della religiosa. -Scusate il giovane principe. Non è che un bambino: gli sarebbe benefico rincontrare i suoi genitori. Lo sarebbe per entrambi.-
Friede storce la bocca: -Sei congedata, Emma. Scortate questa donna ai suoi alloggiamenti.-
Emma fa un passo indietro, le mani strette alla tunica. I suoi occhi sgranati incrociano quelli di Lorian. Non essere triste, ti prego. Ti vogliamo bene
-Andrò.- mormora Emma. -Ma vi imploro, siate buona con questi ragazzi. Fate i bravi, Vostre Grazie. Tornerò da voi appena potrò.- 
Drizza di nuovo la schiena, stringe le mani dietro di sé, e procede impettita scortata da una delle Sacerdotesse. 
Lorian gattona verso Lothric e lo stringe a sé. Ora sono soli: Madre e Padre non si vedono, le Mani Nere sono scomparse da giorni, e Friede incombe su di loro come un falco su due pulcini. 
-Vi prego, Sorella.- prova Lothric. -Siamo stanchi, abbiamo paura. Vorremmo conferire con i nostri genitori.-
Conferire: Lothric sa tante belle parole. Friede fa un passo avanti verso di loro, e Lorian si stringe a Lothric d’istinto. Non avere paura: non deludere Madre e Padre
-Mi risulta che non abbiate compreso la vostra situazione.- Sorella Friede si china su di loro, e Lorian sente la mano del fratellino stringersi alla sua. È così sottile, così piccola. Madre e Padre dicono che Lothric, da grande, vincolerà la Prima Fiamma. Sarà brutto quando succederà, ma un bravo principe deve sopportare tutto. Ma non è facile, siamo da soli. Padre, Madre, dove siete? 
-I vostri genitori sono persone empie, piene di peccato.- Sorella Friede serra la sinistra attorno all’elsa della spada d’ossidiana. -Attualmente sono confinati in delle celle nella Cappella, ma non potrete vederli. Dovranno espiare tutti i loro peccati prima di vedervi. Nell’attesa verrete cresciuti qui a Irithyll, e riceverete la migliore educazione che potreste desiderare.-
Lorian deglutisce. Se solo ci fosse Emma, o qualcun altro di simpatico. Albert del Leone, magari, o Kamui, o Kreimhild Figlia del Cristallo, la signorina sorridente che aveva curato Lothric durante quella terribile influenza. È come se tutto il regno fosse stato risucchiato da un crepaccio, e fossero rimasti solo loro. Lorian chiude gli occhi, immaginando i genitori dietro di sé. Ho tanta paura
-Credo che sia giusto.- mormora Lorian. La signora grande deve capire meglio di loro. Ha bisogno di riposarsi, e anche Lothric. 
Sorella Friede sorride compiaciuta e allunga una mano per fargli una carezza. Lorian si irrigidisce, ma il cigolio di una porta la ferma un attimo prima. 
-Sorella.- esclama una voce femminile. Una ragazza castana, pallida, si inchina alla religiosa facendo frusciare la tonaca. Lorian storce la bocca. L’ancella antipatica di Madre. Greta? No, Gertrude. I colori cupi dell’abito la fanno sembrare ancora più bianca, e gli occhi azzurri paiono troppo grandi per il suo viso, libero dai capelli ondulati, legati dietro la testa. 
-Benvenuta, Sorella Gertrude.- proclama Sorella Friede. -È stato tutto disposto in modo acconcio?-
Lorian sbatte le ciglia. Troppi paroloni, per lui. 
-Sono stati alloggiati come gli conviene. È ora che si abituino alle loro nuove condizioni.- 
C’è un sorriso compiaciuto sulla piccola bocca dell’ancella, come quello di una scolaretta che ha recitato una bella lezione. 
-Come si sono comportati?- domanda Friede. 
-Come mi aspettavo.- risponde Gertrude. -Lei sta calma, ma so che nasconde qualcosa. Lui ha avuto un attacco isterico di primo livello. Ha morso Sir Vordt. Tipico.- 
Stanno parlando di… Lorian si sente mancare. Cerca il viso di Lothric, ma il suo cappuccio lo copre completamente. Ha paura come non ne ha mai avuta. Non è un bravo principe, allora. 
Padre aveva ragione: i religiosi sono un mucchio di boccacce. 
-Allora sono con voi!- esclama. -Perché non li possiamo vedere? Gli vogliamo bene!- 
-Non avete bisogno di loro.- interviene Gertrude, le braccia conserte. -Il Grande Kaathe farà in modo che le cose vadano come devono andare. Non dovreste lamentarvi. Voi riceverete un’educazione da far invidia a chiunque.-
Lorian guarda il viso pallido della ragazza e serra i piccoli pugni. 
Gli pare di sentirli, dietro di lui: i suoi genitori che lo sostengono, gli tengono le mani, gli dicono di fargliela vedere a quella schiava ignorante. Non avrà il grande destino di Lothric scritto sulla pelle, ma è il principe primogenito, diventerà un guerriero leggendario, e non deve avere paura. 
-Non è vero!-
Lothric si gira sobbalzando, il cappuccio che gli cade dalla testa. Un’espressione spaventata illumina il suo volto latteo. La voce di Lorian risuona per le navate, su per le cupole lontane, e persino le candele sembrano tremare al suo grido.
Gertrude arriva da lui prima di Sorella Friede: lo afferra per i capelli, gli occhi sbarrati.
-Cosa vai dicendo?-
Lorian strappa i capelli dalla presa dell’ancella e le colpisce il braccio con un pugno. Gli sembra che la sua testa vada a fuoco, ma non conta. Non conta più nulla: sono il principe e non ho paura. Poi la punirò come merita.
-Lasciami.- ordina. -Sei cattiva! Siete tutte e due cattive!- 
-Lorian, no!- esclama Lothric, ma stavolta non gli obbedirà. Dovrebbe stare dalla sua parte: che abbia dimenticato chi è? 
-Ho pregato il Grande Kaathe tutto il tempo, perché ci facesse riunire con Madre e Padre. Lui non ci sente. Lui è cattivo come voi. Voglio Madre e Padre! Voglio andare a casa!- 
L’aria fredda della chiesa si cristallizza nel silenzio. Lorian ansima, il cuore che batte come un tamburo di guerra. Si guarda intorno, tremante.
Lothric si copre la bocca con le mani. Friede lo guarda, immobile, le labbra serrate. Gertrude stringe le mani ai fianchi.
-Non avete udito queste parole, Sorella Friede? Queste orrende bestemmie?-
-Il degno seme della stirpe di Lothric.- commenta la religiosa. Lorian la vede avanzare verso di lui, lenta, la spada immobile nella guaina, e si impone un’espressione di sfida.
-Sei un piccolo insolente, ma presto imparerai.-
China la testa, scendendo al suo livello. -Stasera resterai a digiuno. Prendi esempio da Lothric, lui è molto più rispettoso di te.- 
Lorian trema, e serra le dita per calmarsi. -No!- grida. -Non lo potete fare. Sono il principe, e quando Madre e Padre lo sapranno…-
La mano di Sorella Friede si avventa sulla sua spalla, la stringe con la forza di un’aquila in picchiata, le unghie che affondano nella stoffa del cappotto fino alla carne. 
-Lorian!- geme Lothric, ma Gertrude lo tiene da dietro. Sorella Gertrude: se fosse davvero mia sorella abdicherei. Sorella Friede lo sbatte a terra, e Lorian rotola lungo le scale, come un ciocco di legno, battendo il braccio e le costole e la fronte contro i gradini. 
Le lacrime gli annebbiano la vista, il soffitto della chiesa trema lontano e grigio. Si volta sul fianco, senza fiato, e vede suo fratello scivolare lungo le scale e sederglisi accanto. 
-Chiedi scusa.- mormora Lothric.-Fallo per me.-
Lorian guarda il volto del fratello, le sue guance scavate e i suoi pallidi, stanchi occhi. Il freddo gli farà male: senza Madre e Padre, sta a me proteggerlo. Lothric è acuto, calcolatore, Lothric sa come si fanno le cose. Con lui a fianco, starà molto meglio di così.
-Perdono, sorella.-  mormora. -Chiedo perdono.-
Friede lo guarda delusa. -Il perdono va guadagnato. Stasera digiunerai, ricordalo bene.- 
Lorian emette un singhiozzo nella mano. Lothric lo stringe al petto, lo accarezza con le mani sottilissime. Non ci sono lacrime sul suo viso, né sui suoi pallidi occhi grigi, ma la sua voce trema come se stesse piangendo. 
-Non fare più così, fratellone. Per favore. Restiamo insieme.-
Lorian mugugna un sì, asciugandosi gli occhi. Quel che Lothric fa è sempre ben fatto. Si massaggia la spalla dolorante e tiene la mano di Lothric. Le statue incappucciate incombono su di loro, come le mani di un Gigante protese per schiacciarli.


A.A.:
Non ti mollo, Alba di Ghiaccio: l'Archivio degli Incontri non ti offuscherà nel mio cuoricino. Più che altro perché, giorno per giorno, il mio affetto per Gwynevere come protagonista, metà di OTP e personaggio su cui speculare cresce. È esattamente il tipo di eroina a metà fra il badass e il compassionevole che ho sempre sognato di scrivere, e vederla qui mi piace davvero tantissimo. Per le sue scene nella cella, molta della mia ispirazione viene da quelle delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco in cui Cersei, e in misura minore Margaery, sono prigioniere dei Passeri. Spero solo che non diventino monotone. 
Quindi parliamo di Lorian. Sì, non ha spina dorsale. Ci ha provato, ma non funziona. Lorian è dolce, ma molto passivo: spero si veda. Prova a fare il duro come i suoi genitori – anche se l'idea di Oceiros di "fare il duro" signfiica più che altro "urla e fai gesti grossi" – ma non funziona. Dopotutto è solo un bambino. E gli si vuole bene.
E naturalmente c'è Gertrude. Fisicamente, la signorina è basata su Katherine Langford, l'interprete di Hannah Baker. Il personaggio trae molto anche da Alyssa, l'eroina di The End Of The F***ing World. Due personaggi che odio da due serie che odio. Nulla contro Katherine Langford, anche se la trovo un'attrice limitata. Comunque ho detto più volte di non sopportare Gertrude. Si nota? Si nota. 
Un saluto a tutti. 
Lady R.

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