Vento di speranza

di reesejordan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vengo a prenderti ***
Capitolo 2: *** Ho bisogno di te ***
Capitolo 3: *** Un giorno ***



Capitolo 1
*** Vengo a prenderti ***


Correvo sulla spiaggia. Il vento in faccia e sul petto. I capelli mossi e il cuore che batte. Mi dicevi

- Vieni a prendermi.

E così cercavo di fare, ma eri più veloce, da sempre agile e svelta. Sgusciavi via a piedi scalzi. Una volta stavo per prenderti, ma sei scappata. Mi è rimasto in mano un lembo della tua camicia.

- Sono più forte, anche se non sono un maschio. 

- Mi dispiace per la camicia.

- Non m'importa della camicia. L'importante è che ti abbia stracciato.

Ridevi soddisfatta. Non ti ho mai vista come un maschio e per me non lo sarai mai. Scrollavo la testa e mi avvicinavo a te. Mi cercavi, mi volevi von te. Camminavamo stanchi, felici, sorreggendoci l'un l'altra. Eri il mio mondo ed io ero il tuo. 

Ho fatto crollare quel mondo, l'ho distrutto in mille pezzi. Ho strappato un'altra camicia e con quella ho stracciato anche il tuo cuore, il mio. 

Hai deciso di vivere come un uomo.  Solo perché lui non ti vuole. Non ti ha mai voluta. Non come donna almeno, non come ti voglio io.

Ti ho detto che sei e sarai per sempre una donna, soprattutto ai miei occhi. Al mio occhio rimasto. Sto perdendo la vista, ma quella sera ho perso la ragione. 

Ti sei arrabbiata. Era un grave affronto il mio. Come ho potuto farti dubitare, vacillare sul fatto che tu non sia un uomo? Ci ha pensato Fersen per anni a farti combattere una battaglia dentro il tuo animo, dentro il tuo cuore. Anch'io combattevo, in disparte. Una battaglia di vane speranze. Ti guardavo da vicino, ma tenevo il mio amore nascosto lontano da te, perché non volevo che un giorno finisse quello che avevamo creato nella nosta complicità. Mi accontentavo di starti vicino. Sapevo che lo amavi. Sapevo che non poteva amarti. Non sapevi che ti amassi.

Un vento di follia mi ha colpito in pieno. E allora ti ho fatto vedere il peggio di me. La mia amicizia finta. Il mio amore represso. Io avrei voluto che mi chiamassi amore, ma dopo quello che ho fatto non merito nemmeno di essere chiamato amico. Ti ho presa per i polsi stringendo forte la tua carne. Ti ho avvicinata e ho premuto le mie labbra sulle tue. Quante volte avrei voluto assaporarle, ma non così. È stato un attimo. E poi ti ho spinta, ho fatto indietreggiare il tuo corpo esile, prendendoti alla sprovvista e ti ho buttata giù su quel letto come il pazzo che sono diventato quando mi hai abbandonato. 

Avrei voluto essere nei tuoi sogni, in ogni tuo pensiero, in ogni tuo battito, nella tua anima. Con amore. Adesso lo sono. Con dolore. Sono nei tuoi incubi da scacciare via, nei tuoi battiti rapidi, nei tuoi occhi impauriti, nell'anima di una donna che, inerme, aspettava di essere maltrattata, ferita dall'amico di cui si fidava. Negli anni sono diventato più forte di te. E te l'ho mostrato con forza. Avrei voluto mostrarti la forza del mio amore. Ho sbagliato tutto. Ti ho mostrato la mia debolezza. Non so se posso chiamarmi un uomo. Un uomo non costringe una donna ad amarlo come ho tentato di fare. Un uomo ama, rispetta un donna. Non le strappa i vestiti di dosso, non la fa piangere in quel modo. Ho un cuore nel petto, ma non so più a cosa serva. Mi hai ferito. Ti ho ferita.

- Non ce l'ho con te.

Non ti credo, ma voglio lo stesso il tuo perdono, anche se non so perdonarmi. Non mi hai guardato quando me l'hai detto. Nello stesso modo in cui non mi hai guardato quando mi hai ridato la libertà, quella che non ti ho chiesto, quella che non voglio.

- Preferisco dimenticare.

Cosa vuoi dimenticare? Me? Il mio corpo sopra il tuo? Lui? Il suo rifiuto? Te stessa? Il tuo orgoglio ferito? Il tuo cuore spezzato? Prima da lui, poi da me. Io non posso dimenticare le tue parole. Non hai bisogno di me. Mi sento vivo solo se sto con te. Non posso dimenticare i miei gesti disperati, di cui mi vergogno. Non posso dimenticare il sapore delle tue labbra, di cui mi nutro.

Te ne sai andata in Normandia, lontana da me, senza di me. Voglio stare con te. Voglio vivere per te. Non ho fatto altro per tutta la vita. Non voglio fare altro. Senza di te mi manca il respiro. Non hai bisogno di me. Ma io ho bisogno di te.  Ti ho urlato in faccia la rabbia del mio amore. Avrei dovuto solo sussurrarti la verità del mio cuore. Ti ho chiesto scusa, anche se non ci sono scusanti per il mio comportamento. 

Vedo la villa in lontananza. Mi preparo a scontrarmi con te. Ti ho disobbedito e non ne sarai entusiasta. Sulla spiaggia vedo una figura. Anche se il mio occhio è stanco, ti riconosco immediatamente. Il tuo mantello, la tua andatura. Sprono Alexander per raggiungerti. Cerco di mantenere la calma, ma sono agitato dentro, anche se non lo faccio vedere. Rallento, mi fermo, scendo da cavallo e mi giro a guardarti.

Cammino sulla spiaggia. Il vento in faccia e sul petto. I capelli mossi e il cuore che batte. Mi dico

- Vengo a prenderti.

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Capitolo 2
*** Ho bisogno di te ***


Oggi il vento si è calmato. C'è solo una brezza leggera che smuove i miei capelli. Anche oggi cammino sulla sabbia. Non faccio altro che pensare agli eventi di questi ultimi mesi. Sono qui da tre giorni, da sola, lontana da tutto e da tutti. Lontana da lui, lontana da te. Sono fuggita. Scappo di fronte all'amore, di fronte al dolore che mi procura, ma non posso evitare né l'uno, né l'altro.

Devo dimenticare, ma non è un compito facile. Dimenticare il suo rifiuto, un marchio a fuoco sul mio cuore. Ha pianto anche lui, mentre tenevo la faccia rivolta verso la porta delle scuderie e ci siamo scambiati i nostri addii. Mi ha ridato la mia libertà. Quella che non volevo. Non potevo guardarlo in faccia. Codarda.

Piangevo e pensavo di aver perso un'amicizia costante, una presenza forte da quando ci siamo incontrati a quel ballo in maschera. Che strana la vita. Un ballo ha segnato l'inizio della nostra amicizia. Un ballo ha determinato la sua fine. 

Amicizia. È ciò di che si tratta, così mi ha detto e così mi ha mostrato in tutti questi anni in cui ci conosciamo. Amico. Avrei preferito chiamarlo altro. Amore. Ma l'amore, per lui è un'altra donna. 

Non potrò mai essere sua. Non potrà esserlo completamente nemmeno lei, ma lui è suo. L'ho capito solo adesso. Mi sono innamorata di un uomo che non può amarmi, di uno che si reputa il mio amico. Allora non voglio più essere una donna. Ho cercato di nascondere la mia natura come mi è stato insegnato, ma è stato tutto inutile. L'amore ha bussato sul mio cuore e, senza aspettare il permesso, è entrato, sconvolgendo la mia vita. 

Devo dimenticare, ma non è un compito facile. Dimenticare le tue parole, un marchio a fuoco sul mio cuore. Hai reagito anche tu, mentre tenevo la faccia rivolta verso la porta della mia stanza e ti ho sputato il mio addio. Ti ho ridato la tua libertà. Quella che non volevi. Non potevo guardarti in faccia. Codarda. 

Non hai accettato di essere allontanato. Non hai accettato il fatto che ci sia un altro dentro il mio cuore. Hai voluto farmi capire che mi conosci da una vita, che vivo una finzione da una vita. Hai letto dentro di me la paura, la rabbia, la disperazione alle tue parole. Sono una rosa, una donna. Mi hai detto che non potrò mai essere un uomo. Me l'hai fatto vedere. Rimbomba nelle orecchie, sopra l'infrangersi delle onde, lo strappo della stoffa. Assaporo sulle labbra, increspate dall'aria fresca, la tua bocca morbida, la tua lingua audace. Sento sui polsi, come una morsa invisibile, le tue mani stringermi con la vera forza di un uomo. Vedo nei tuoi occhi lo sgomento per aver osato, per aver perso la ragione, colpa della mia insensibilità. 

Ti ho riservato un trattamento peggiore di quello che lui ha riservato a me. Lui mi ha detto che è un mio amico. Io ti ho detto che non vali più nemmeno come un amico. Lui mi ha detto che terrà sempre la nostra amicizia nel cuore. Io ti ho detto che la tua presenza accanto a me non è più desiderata. Lui mi ha detto che, nonostante tutto, ci sarà per me. Io ti ho detto che non ho più bisogno di te. 

Piangevo e pensavo di aver perso un'amicizia costante, una presenza forte da quando ci siamo incontrati un giorno nell'atrio di palazzo. Che strana la vita. Da piccoli, ti puntavo la spada contro il petto. 

- Che cosa vuoi farmi, Oscar? Che cosa vuoi provare?

- Che sono forte. Che sono più forte di te. Che non sono una femmina debole, ma un maschio.

Allora duellavamo e vincevo sempre. Le stesse parole te le ho rivolte io, nella penombra della mia stanza, dove mi hai mostrato di essere più forte di me. Mi hai colpito con le lacrime che sono cadute sul mio petto scoperto di donna.

- Che cosa vuoi farmi, André? Che cosa vuoi provare?

Ma non è uscita la risposta dalla tua bocca. I miei occhi, prima disperati, poi sgomenti, si sono riempiti di lacrime. 

- Vuoi farmi vedere che sei forte? Che sei forte più di me? Che sono una donna debole? Che non potrò mai essere un uomo?

- Perdonami, Oscar. Non volevo farti del male.

- Che cosa volevi farmi, André? Dimmelo!

- Volevo mostrarti... darti, tutto il mio amore. Ti amo da una vita, Oscar. 
 
Amore. È ciò di che si tratta, così mi hai detto e così mi hai mostrato in tutti questi anni in cui ci conosciamo. Amore. E io che ti chiamavo altro. Amico. 

Sono ancora sulla spiaggia. Cammino verso la villa. Sono confusa. Penso a come abbia vissuto da uomo, allontanando ogni dubbio sulla mia natura di donna e come adesso mi trovi in balia di due uomini, uno che amo, uno che mi ama. Non ho smesso di pensare a lui. Non ho smesso di pensare a te. A te con cui ho corso a piedi scalzi, o a cavallo su questa spiaggia. Trascorrevamo giornate piene di scoperte e di allegria. Ed eccomi qui, sola senza te, con un vuoto dentro pieno di perdita e tristezza. I coniugi Blanc, custodi della villa, mi hanno chiesto di te. Ci hanno visti sempre insieme. Credo avrebbero voluto farti sposare con loro figlia, ma non hanno mai osato chedere, non l'avrei mai permesso. Che direbbero se sapessero che ti ho lasciato libero?

Vedo un cavaliere galoppare nella mia direzione. Rallenta mentre si avvicina. Non ci posso credere. Sei qui. Ti osservo come non avevo mai fatto prima. Le mani grandi, le spalle larghe, la schiena, i capelli che da un po' di tempo porti lunghi fino al collo, lo sguardo profondo, le cosce muscolose che si muovono sotto i pantaloni mentre scendi piano da cavallo. Mi vieni incontro.

- André, cosa ci fai qui?

- Non potevo starti lontano, Oscar.

- Non ho bisogno di te. Te l'ho già detto.

- Non mi cacciare via, Oscar. Io ho bisogno di te.

Ci guardiamo per un po'. Ti avvicini. Sono bloccata. Tornano in mente i polsi stretti, il bacio rubato, il peso del tuo corpo, lo strappo.

- Voglio solo esserti vicino, Oscar.

- Non potrò mai darti quello che vuoi... non potrò mai... amarti come una donna ama un uomo.

- Non importa, Oscar. 

Occhi negli occhi. La brezza muove la ciocca di capelli sul tuo volto, scoprendo l'occhio ferito. Un dolore al cuore. Il tuo amore immenso in quello sfregio subito per me. Un amore che non posso ricambiare. Uno sfregio che ti colpisce al cuore.

- Mi sono arruolato nei soldati della guardia.

- Cosa hai fatto? Perché? Non hai capito per caso? Non ho più bisogno di te.

Ti urlo in faccia la mia disapprovazione, la mia disperazione. È la seconda volta che te lo dico in pochi minuti ed è la seconda volta che vedo una piccola smorfia di dolore, che cerchi di nascondere, sul tuo viso. Ti avvicini di più. La tua fronte tocca la mia. Una mano che raggiunge la mia, adagiata a pugno vicino al fianco. Ne accarezzi il dorso con il pollice. Schiudo il pugno e accolgo la tua mano, intrecciando le dita insieme. Sussurri, di nuovo.

- Sei tu che non hai ancora capito. Sono io ad aver bisogno di te.

Immobili. Fronte contro fronte. Mano nella mano. Era questo il modo in cui mi consolavi da piccola quando cadevo, quando subivo le botte di mio padre, quando mi chiedevi perdono per qualche affronto. E tutte le volte mi sentivo bene. 

- Perdonami.

Non ci muoviamo. Il vento leggero trova strada tra la stoffa dei nostri vestiti, tra i capelli, sussurrandomi una verità nascosta. La consapevolezza mi assale. Hai fatto bene a venire. Non ho il coraggio di dirtelo. Codarda. Tu lo sai, l'hai sempre saputo. Ora lo so anch'io. Ho bisogno di te.

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Capitolo 3
*** Un giorno ***


Torniamo piano verso la villa. Silenzi e sguardi tra noi. In una mano tengo le redini di Alexander. Nell'altra, l'aria ha preso il posto della tua. 

Sulle scale ci accolgono il custode e la moglie. Li ricordo bene, soprattutto i biscotti di Madame Blanc. Mi guardano sorpresi, ma sorridenti.

- Ciao, André. Madamigella non ci ha detto che saresti venuto.

- Infatti, non lo sapevo nemmeno io. È venuto a portarmi notizie importanti da Parigi.

Sei tu a rispondergli, prima che io possa dire una parola. Annuisco mentre abbraccio i coniugi Blanc. Ti dirigi verso la tua camera, lasciandomi con loro. I due mi dicono che gli fa piacere vedermi, che gli sembrava strano che non ti stessi accanto. Cosa direbbero se sapessero quello che ho tentato di farti? Non gli rimarrebbe quel sorriso sulle labbra, quell'accoglienza nel vedermi. 

Gli hai detto che ti ho portato notizie importanti. È importante il fatto che abbia bisogno di te? No, è solo una risposta di circostanza. Ceniamo insieme con un silenzio rotto da poche parole e dal suono delle posate contro i piatti. Alla fine della cena, il tuo piatto è ancora mezzo pieno. Madame Blanc si preoccupa.

- Madamigella, il pesce non era di vostro gradimento?

- No, era buonissimo. Non ho molto appetito.

Nei giorni seguenti ci teniamo compagnia. Andiamo in spiaggia, duelliamo, cavalchiamo insieme senza dire molto. Facciamo le cose che facevamo di solito. Sono contento che tu non mi abbia allontanato da te, ma c'è sempre una barriera tra noi e voglio abbatterla. 

Stasera hai detto ai coniugi Blanc che sono liberi da ulteriori incombenze. Siamo soli nella villa. Ti porto un bicchiere di vino in camera tua e ne verso uno per me, per farti compagnia mentre leggi. Invece tu vuoi parlare, hai finalmente deciso di smuovere le acque.

- André perché non trovi una ragazza e ti sposi?

La mia mente urla la risposta che conosci anche tu... perché voglio te, amo te, ma dalla mia bocca esce un'altra cosa.

- E tu Oscar, perché non ti sposi?

Mi fulmini con lo sguardo. Sto giocando con il fuoco.

- Rispondimi, André.

Cosa vuoi sentirti dire? Quello che sai già? Quello che ti ho detto in una sera disperata? Mi stai sfidando, ma questa volta non cadrò nella trappola.

- Non voglio ingannare nessuna. Il mio cuore appartiene a una sola donna.

- Anche se il suo cuore non ti appartiene?

- Si. Il cuore è sempre fedele.

- Il cuore? E il corpo?

- Quello no, non sempre. 

Te lo dico francamente. Mi guardi sorpresa. Ormai è arrivato il momento di dare spazio alla verità. Non ha più senso nascondersi dietro inutili maschere. Gioco a carte scoperte. Ti mostrerò tutto il mio amore, questa volta con pazienza. In passato, ho cercato di dimenticarti in una bottiglia o nelle braccia di altre donne, ma il vino lasciava un sapore amaro e il sesso lasciava un vuoto nel cuore. Né l'uno, né l'altro hanno saputo consolarmi.

- Quindi, anche lui...?

- Se ti riferisci a Fersen... sì, anche lui cerca sollievo altrove. Sono solo contento che non sia stata tu una delle sue conquiste.

- Perché? Già sono un uomo, un amico...

Ti ho ferita. Quindi è quello che volevi fare? Abbandonarti a lui, donandogli il tuo meraviglioso corpo di donna? Ah! Oscar! Sei così ingenua negli affari di cuore.

- Scusa, non dovevo. E no, non è perché tu non sia una bella donna con cui fare l'amore...

- André! Ma cosa...?

- Pensaci. Sei amica della regina. Ti saresti fatta più male. E poi, sono un egoista...ti vorrei tutta per me.

Ti sorprendo di nuovo, ma decidi di non continuare su questo argomento. È fragile. Sei fragile in questo momento, ma non voglio più mentirti.

- Perché ti sei arruolato?

- Perché ho da sempre desiderato fare il soldato.

Mi guardi sconcertata. Sbuffi. Ti sorrido. Mi gratto la testa. Capisci che sto scherzando. Allora passo all'attacco.

- Perché sono l'unico che possa proteggerti.

- So difendermi da sola.

- Dagli altri, sì. Da te stessa, no.

Di nuovo non sai cosa dire, come reagire. È una battaglia dura, ma leale, almeno da parte mia.

- E tu, perché hai chiesto di essere trasferita? Per scappare da lui? 

- Te l'ho detto. Ho scelto di vivere come un uomo, un soldato vero. Uno che non si perde in inutili sciocchezze come l'amore.

- Anche un uomo, soffre, piange per amore. Un soldato è un uomo sotto la divisa.

Continuo a spararti, una dietro l'altra, le verità che non vuoi vedere. Ti alzi e ti muovi verso il terrazzo. Ti seguo. Stai cercando di capire le tue emozioni, le tue paure. Adesso è venuto il momento di affrontarle. Ci troviamo qui, anime nude e cuori pieni di dolore. Il vento fa ballare la tenda sul terrazzo e porta con sé il profumo del mare, il rumore delle onde.

- Vuoi seguirmi, nonostante tutto?

- Ti seguirò, sempre. In questa vita o nell'altra, anche se non mi vuoi con te.

- André, non so amarti come vuoi tu... ma io ti voglio con me.

Il mio cuore sanguinante si cicatrizza all'improvviso. Mi vuoi con te? Azzardo. Mi avvicino a te. Il mio petto tocca la tua schiena. Il tuo corpo si muove all'indietro e ti accolgo in un abbraccio forte ma tenero. Annuso il tuo odore. Le mie mani ti accarezzano le spalle e tu cerchi il contatto con la pelle, posandoci il tuo viso. Sento le tue lacrime sulle dita, mentre un gemito lascia la tua bocca. Stai cercando di controllarti, respingere le tue emozioni.

- Lasciati andare. Lasciati cullare dal mio amore.

E con quelle parole, la corda tesa in te, finalmente si spezza. Ti giri e il tuo viso trova posto sul mio petto, il tuo corpo nel mio abbraccio. Piangi. I miei occhi si riempiono di lacrime, ma mi trattengo. Poso un bacio casto sui tuoi capelli tinti di rosso dalla luce del tramonto. Da bambini scavavamo nella sabbia per trovare le conchiglie. Trovavi sempre quelle più belle. Le guardavamo soddisfatti e affascinati. A volte le mettevamo vicino all'orecchio per sentire quel suono intrigante e misterioso. Abbiamo scavato nei nostri cuori, e questa volta sono stato io a trovare la conchiglia con dentro la perla più bella di tutte e la accarezzo geloso fra le mani. Ascolto i tuoi sospiri e gemiti sommessi e li accolgo come i suoni più seducenti di tutti.

- André, non so se potrei...un giorno...

Ti faccio zittire con un tocco lieve delle mie dita sulle labbra.

- Aspetterò, come sempre. Non posso certo cambiare adesso, non credi?

La tua guancia ritorna a toccare il mio petto, sotto l'apertura della camicia. La tua pelle contro la mia. Rimaniamo un po' così, sospesi, avvolti, sorreggendoci a vicenda. Mi permetti di fare pace con te, con me stesso per il mio comportamento. Dopo un tempo che non so definire, sciogliamo l'abbraccio, lascio un'ultima carezza sulla tua mano e ti auguro la buonanotte.

Ho sellato i cavalli e ti sto aspettando per il viaggio di ritorno a Parigi, verso il tuo nuovo ruolo di Comandante della Compagnia B. Ti starò accanto, non come tuo attendente, ma come tuo soldato. Non aspetto altro che i tuoi ordini. Sali in groppa a César e, prima di colpire leggermente i suoi fianchi, mi dici le stesse parole che mi avevi detto prima di iniziare il tuo incarico come Capitano delle Guardie Reali.

- E adesso andiamo, André.

Ti guardo, obbedisco. Sarò per sempre tuo. Tu non lo sai ancora, ma anche tu sarai mia. Aspetterò, vivrò della speranza portata dal vento della Normandia, fino a quando tu potrai capire di amarmi. Mi donerai ogni respiro, ogni pensiero, ogni battito del tuo cuore...un giorno.

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