Miseinen

di baka_the_genius_mind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** {1} Oh my Juliet (Kai x Aoi) ***
Capitolo 3: *** {2} Selfish Love (Kai x Ruki) ***
Capitolo 4: *** {3} Love Juice/Heroin (Reita x Aoi) ***
Capitolo 5: *** {4} Waking the Demon (Kai x Uruha) ***
Capitolo 6: *** {5} Nero's Decay (Aoi x Ruki) ***
Capitolo 7: *** {6} Lonely Day (Uruha x Aoi) ***
Capitolo 8: *** {7} Bleed It Out (Reita x Ruki) ***
Capitolo 9: *** {8} Watch Me Bleed (Reita x Kai) ***
Capitolo 10: *** {9} Find a Way (Kouyou x Reita) ***
Capitolo 11: *** {10} Miseinen (Ruki x Uruha) ***



Capitolo 1
*** Premessa ***





Premessa:

E' umiliante per una scrittrice (in erba) come me ammetterlo, ma mi è venuto il blocco. Proprio non riesco ad andare avanti in Sekai wa Mawaru (massì, facciamoci un po' di pubblicità gratuita =P). Che volete che vi dica, mi sono bloccata...e nel bel mezzo della lemon, per di più! Poveri disgraziati, come li faccio penare quei due xD

Comunque, dal momento che un bel lunedì mattina mi sono svegliata con quest'idea di fare una raccolta eccomi qua. Con la speranza che mi torni l'ispirazione v.v
Comunque, avvertenze particolari non ci sono. Non svelo nulla circa il contenuto delle shot =P
Tendenzialmente io non sono capace di scrivere una shot. Semplicemente mi vien voglia di continuare e continuare e continuare, fino a che la shot non è più una shot xD
E' così che sono nate le mie fic xD
Comunque, volevo solo avvertirvi che io ci ho provato. Accetto commenti positivi e negativi, purché siano costruttivi. In parole povere, fatemi sapere se vi piace =]
Per quanto riguarda gli aggiornamenti vorrei tentare con uno alla settimana. Non prometto nulla, però! Vorrei poterci tentare, ma non sono sicura ci riuscirò xD


Un abbraccio,
Mya ♥



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Capitolo 2
*** {1} Oh my Juliet (Kai x Aoi) ***





{1} - Oh my Juliet (Kai x Aoi)

Titolo: Oh my Juliet
Sottotiolo: Innamoramento
Rating: verde
Segni particolari: troppo sdolcinata, troppo dolce la coppia, troppo bella la canzone. Il titolo non ha nulla a che vedere con la shot...semplicemente stavo ascoltando quella canzone quando l'ho scritta.
Il finale mi è venuto così.
L'amore non è mai come lo descrive Yutaka-san, non è mai così genuino e puro, c'è sempre qualcosa che lo manda a puttane in un modo e nell'altro. Solo che mi piaceva questo modo di parlarne.
Note: nessuna pretesa per questa shot, se non quella di descrivere (cercare...cercare di descrivere) in che assurdo modo funzioni la mente umana e i motivi futili per cui, a volte, ci si innamori di una persona....
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)



Era un periodo di crisi.
Questo ormai l'avevo capito.
Avevo smesso di pensare che fosse solamente un periodo di stress; eravamo nel bel mezzo di una crisi, e se non l'avessimo affrontata di petto, saremmo stati schiacciati dal suo peso. Ogni giorno poteva essere l'ultimo in cui provavamo assieme, e questo mi stava logorando.
I litigi scoppiavano ogni due per tre, e avevo ormai perso il conto dei pugni che erano volati durante le prove o delle accuse lanciate da questa o quella parte. Si stava creando una frattura, frattura che ero del tutto intenzionato a risanare.
Ma la volontà da sola non serviva. Era come se da solo stessi cercando di fermare il movimento del mare, o il procedere del tempo. Inutile.

Avevo faticato tanto e i miei sforzi stavano avendo dei frutti.
Ero rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire che i miei compagni ci stavano mettendo l'anima come me per evitare che il gruppo andasse a puttane, quando avevo scoperto di non essere l'unico terrorizzato all'idea di perdere tutto. Mi ero trovato piacevolmente sorpreso alle lacrime rabbiose di Ryo o alle parole determinate di Kouyou. Mi ero accorto di non essere solo, di essere circondato da compagni che avevano i miei stessi obiettivi.
Stavamo portando tutti e cinque un macigno dal peso insopportabile e all'improvviso ci eravamo accorti che il nostro compagno ne portava uno di eguale massa. Ci eravamo coalizzati, spalla contro spalla, per fare fronte al carico di quell'enorme masso.
Non potevamo che uscirne più uniti di prima.


Lo trovai già in sala prova, pacatamente seduto su di una poltroncina, la sua chitarra dai neri e decisi contorni, brillava orgogliosa accanto a lui.
“Credevo avessi smesso di fumare” osservai, ancor prima di salutarlo. Fra le dita stringeva una sigaretta accesa e il suo odore di nicotina già riempiva l'aria.
Lui mi rispose con un lungo sospiro.
“Anche io lo credevo...”, sorrise stancamente. Non aggiunse altro.
Mi tolsi la giacca, abbandonandola sullo schienale di una sedia.
Il paesaggio fuori era uggioso, umido. Il cielo grigio rispecchiava la mia anima tormentata.
Non era passato molto tempo da quel giorno.
Ci eravamo chiusi in una stanza, ore, forse giorni. L'orgoglio era stato lasciato fuori.
All'inizio era volato solo accuse, vecchi rancori, insulti e ancora ringhi di bestie ferite. C'erano state occhiatacce, erano volati pugni da rivoltare facce come calzini.
Poi Takanori, il piccolo Taka-chan, la mascotte del gruppo, il piccolo vocalist dalla voce potente era scoppiato in lacrime. Colui che sembrava il meno interessato a salvare il gruppo scoppiò a piangere come un bambino, coprendosi il viso con le mani, facendo sussultare violentemente le spalle a ritmo coi suoi sonori singhiozzi.
Fu quella il punto di rottura, l'attimo in cui fummo bruscamente riportati a terra dall'Olimpo d'Orgoglio su cui eravamo saliti.
Dopo lo scoppio di Takanori c'era voluto veramente poco; le lacrime di Kouyou, seguite dai silenziosi singhiozzi di Ryo, mani che si stringevano ed un forte ed unico abbraccio, che univa cinque anime confuse sotto un unico nome.
Sul labbro ancora portavo il segno del doloroso pugno di Ryo, nella mia mente ancora il ricordo di tutta quella rabbia, di tutto quello stress, delle lacrime che avevamo pianto assieme, dell'abbraccio che ci aveva uniti alla fine.
I problemi non erano finiti. Ma eravamo più che decisi ad affrontarli di petto. Insieme.
“Perchè piangi?” mi chiese lui d'un tratto e io rabbrividii ad avvertirlo così vicino a me. Neanche mi ero accorto che si era alzato, spegnendo svogliatamente la sua sigaretta nel portacenere.
“Ho avuto paura”
“Di cosa?”
“Di perdervi”, un lungo ed intenso silenzio seguì le mie parole.
Era finito il periodo in cui ci nascondevamo dietro maschere di finto benessere per non mostrarci deboli. “Avevo paura che il gruppo si dividesse...che tutta questa...meraviglia che abbiamo creato insieme venisse distrutta...”
“Ma Yuta...non è successo...dovresti essere felice di questo, non piangere...”
Mi voltai, accennando un sorriso incerto. “Sono felice, Yuu...lo sono davvero...” mi fermai “...ma ho avuto una paura orribile...”
Mi abbracciò. Odorava di tabacco, misto ad un profumo fresco di colonia e a quello pizzicante ed appena accennato di vodka. Era un odore strano, intenso, ma che scoprii di amare follemente fin dal primo istante in cui lo sentii.
“Non credere di liberarti così facilmente di noi, leader-sama...”, mormorò al mio orecchio.
“Cominciamo con lo shonen-ai di prima mattina?”
Era palese che Kou fosse ancora addormentato; lo confermavano le pesanti occhiaie sotto gli occhi socchiusi e gonfi di sonno. Era già un miracolo che fosse riuscito a snocciolare due parole di seguito e a formare una frase di senso logico compiuto. Si lanciò sulla poltrona che fino a pochi istanti prima era occupata da Yuu. Mugugnò infastidito, togliendo dalla tasca posteriore dei jeans il suo pacchetto (ormai totalmente schiacciato) di sigarette; se ne accese una con fare svogliato, abbandonando la testa contro lo schienale, in una posa sgraziata che mal si accordava con il suo viso angelico e le sue buone maniere.
“Avevi paura di perdere...questo?” mi domandò sarcasticamente Yuu, il suo braccio ancora avvolto affettuosamente alle mie spalle; indico con un elegante cenno del mento la figura penosa di un assonatissimo Kouyou che cercava in tutti i modi umanamente possibili di reggere la sigaretta fra le dita e nello stesso tempo tenere le palpebre alzate. Tentativi vani, comunque.
Risi, annuendo.
Mi chiedeva se avevo avuto paura di perdere Kou e i suoi sbalzi d'umore, l'odore penetrante di tabacco che impregnava la sala prove, o ancora le facce da scimmia di Ryo, le sue battute pesanti e le sue gomitate eloquenti nelle costole, le urla in growl di Takanori e i ceffoni che Yuu e quel nanetto si tiravano per finta, per poi abbandonarsi a ridere sul divano. O se avevo avuto paura di perdere i sorrisi sinceri di tutti, o le loro risate.
Sì, da morire.
“Ho bisogno di un caffè!” miagolò penosamente Ryo, traballando all'interno della stanza. Vedendo Kouyou beatamente addormentato sul divano, decise di seguire prontamente il suo esempio: lo spinse di lato, accaparrandosi un bracciolo.
“Fatti in là, razza di bovino tinto!” bofonchiò a mezza voce, prima di crollare quasi istantaneamente addormentato addosso a lui, il quale non modificò nemmeno di un millimetro la sua posizione, nonostante rischiasse di rimanere soffocato dal peso non indifferente di quel debosciato del nostra bassista.
Al contrario si Ryo e Kouyou, Takanori la mattina sembrava avere una grandissima quantità di energia. Energia nervosa ed isterica, s'intende, energia che sfogava lanciando assordanti urli in growl da far tremare i muri.
“Cosa ci fanno quei due drogati stravaccati sulla poltrona?!”
Ed eccolo entrare, Takanori, incazzato come una bestia, come volevasi dimostrare. Quel Takanori irritabile e scontroso che aveva poco a che fare con il bambinone ingenuo che era di solito. Lanciò ai due dormienti una profonda occhiata di disprezzo, per poi voltarsi verso di noi, che eravamo ancora abbracciati. Un suo sottile e curato sopracciglio guizzò rapido verso l'alto.
“Il richiamo degli ormoni non risparmia nessuno, vero?” brontolò acido; non ci diede tempo di rispondere: sbuffò sonoramente “Io vado a prendere un caffè, se questi due emeriti cretini non sono pronti a suonare esattamente fra cinque minuti li rivolto come due calzini spaiati!”. E così, incazzato com'era entrato uscì, borbottando.
Yuu mi rivolse un occhiata piuttosto eloquente.
“Sì, Yuu...avevo paura di perdere tutto questo...”
Lui mi strinse di più, facendomi appoggiare la schiena contro la superficie fredda della finestra. “Anch'io ho avuto paura...ma non devi preoccuparti...”.
Un suo calloso ed affusolato dita da chitarrista mi pungolò il ventre, facendomi solletico.
Mugugnai indispettito.
Si allontanò da me, appoggiandosi con un braccio al davanzale della finestra.
“Devi sorridere Yutaka...devi farlo tu, perchè altrimenti chi porta luce fra questi quattro imbecilli, eh?”
Sorrisi.
Non mi ero mai accorto della pagliuzze nocciola che coloravano le sue iridi scure, ne del cerchietto color crema che circondava la pupilla nera.
Mi diede un bacio.
Fu un semplice e pudico contatto fra labbra, privo di qualsiasi retrogusto malizioso. Avevo bisogno di qualcuno che mi stesse accanto senza fare domande, e Yuu questo l'aveva capito. Quel bacio era semplicemente il suo modo per farmi sapere che c'era, che non era solo in quell'odiosa situazione di stallo e che lui mi voleva bene.
Ovviamente lo sapevo perfettamente che Yuu era fidanzato. Per gli dei, non passava giorno che non elogiasse Yukiko come la più bella e dolce delle fidanzate! Lo sapevo che il suo bacio non poteva rappresentare altro che un affettuoso gesto d'amicizia. E fu proprio questo suo significato così semplice a renderlo così speciale.
“Ti voglio bene, Yutaka...non piangere più...”
Mi diede un buffetto affettuoso sul mento, prima di allontanarsi con un sorriso.
E fu proprio in quel momento, quando con le labbra piene del suo sapore vidi Yuu Shiroyama ancheggiare verso la poltrona, quando lo vidi dare un indolore ma ben piazzato schiaffo sul sedere di Kouyou - il quale saltò in piedi come un salmone - e un morso sul naso stranamente scoperto di Ryo - il quale si mise ad imprecare come un camionista - che mi resi conto di essermi follemente innamorato di lui.


“Ti vedo felice leader-sama...”
In effetti lo ero. Ero a dire poco al settimo cielo.
“Domani esce Cassis...”
“E' questo il motivo della tua felicità?”
Gli sorrisi. “Sono certo che sarà una svolta...Cassis è troppo magica per non rappresentare una svolta...”
“Sei fiducioso o semplicemente di buon umore?”
Non risposi. Non ce n'era bisogno.
Entrambi sapevamo che Cassis era l'ultima spiaggia. Se quella meravigliosa canzone, canzone in cui ci avevamo messo l'anima, lavorandoci giorno e notte, non avesse rappresentato una svolta, il gruppo si sarebbe fermato. Era stato un tacito accordo.
Ma Cassis era troppo nostra, aveva troppo di noi cinque dentro, per non essere una svolta. Ero certo del suo successo, ero certo che ci avrebbe consacrato definitivamente, tuttavia ero letteralmente terrorizzato, nonostante stessi toccando il cielo con un dito.
Rimasi ad osservare il cielo spruzzato di sfacciate nuvole lanuginose.
“Yuu?”
“Mmh”, portò pigramente una sigaretta alle labbra; non l'accese.
“Hai smesso di fumare?”
“Sto provandoci” borbottò con la sigaretta spenta fra le labbra; si sedette accanto a me “Ma non era questo che volevi dirmi, no?”
Il mio sorriso aumentò. “Riesci sempre a capire cosa mi passa per la testa...”
“Sei semplice e sincero come un bicchiere d'acqua limpida, Yutaka...è difficile non capire cosa ti passi per la testa...”
Feci un gran sorriso.
Quel giorno il cielo era di un intenso e presuntuoso colore azzurro.
“Mi sono innamorato”
Fischiò. “Allora anche i leader si innamorano”, esclamò con un sorriso.
Si tolse la sigaretta dalle labbra e la rimise nel pacchetto.
“Lei com'è?”
Non risposi subito.
“Completamente fuori di testa...”
“Mmh, buon inizio...”
Risi, appoggiandomi all'indietro sui gomiti.
“Qualche altro indizio sulla persona che ha rubato il cuore al mio leader preferito?”, mi tirò un affettuosa pacca sul braccio.
“E' fidanzata...”
“Ahia” mi lanciò un'occhiata indagatrice “Non mi sembri molto dispiaciuto di ciò...”
“No, infatti...sono sereno”
“E posso chiederti come mai?”
Lo guardai, come se le parole che avrei detto pochi istanti dopo fossero la cosa più ovvia di questo mondo.
“L'amore è troppo bello per essere rovinato dal non essere corrisposto...insomma...la sensazione di essere innamorati è troppo...genuina, per essere rovinata da qualsiasi cosa...per questo sono sereno...”
Mi fissò a lungo, tirando fuori la sigaretta di prima. Questa volta l'accese, dandoci un iniziale profondo tiro. Socchiuse gli occhi, beandosi di quel lieve bruciore del palato, poi me la passò con un sorriso.
“Sei troppo buono per questo mondo, Yutaka...ma forse è per questo che siamo tutti un po' innamorati di te...”.

{terminata alle ore 17:38 del 10 aprile 2009, ritocchi e correzioni esclusi,ascoltando Oh my Juliet degli LM. C}



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Capitolo 3
*** {2} Selfish Love (Kai x Ruki) ***




Ce l'ho fatta! Oh, quanto sono contenta! ^^
Aggiornamento relativamente veloce...^^
Vabbè, vi lascio alla storia. Volevo solamente ringraziare...mah, lo faccio alla fine! ^^




{2} – Selfish Love (Kai x Ruki)

Titolo: Selfish Love
Sottotitolo: Corteggiamento
Rating: Arancione (ma direi anche un po' di meno, ma vabbè...per precauzione ^^)
Segni particolari: nulla da dire sul titolo. La canzone è strana. All'inizio non riuscivo ad ascoltarla, ma me ne sono pian piano innamorata. Adesso, quando ascolto l'intro, devo assolutamente schioccare le dita quando le schiocca lui, ovunque io sia, che stia facendo il viaggio di ritorno in corriera o che sia per il centro storico, io devo schioccare le dita. E' un bisogno fisico, non posso non farlo.
Note: Non so. E' strana questa shot. All'inizio non mi convinceva per niente, ma poi cavolo, l'ho riletta e...non so. Mi piace. E' tosta. Mi piace. Ruki spacca. Kai me lo mangerei. Punto.
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)


Cercai di non sembrare imbarazzato.
Tentativo invano.
Mi accorgevo io di essere la quintessenza del disagio in quel momento, figuriamoci gli altri. Sentivo il cuore battere da qualche parte, all'altezza dall'esofago e non mi sembrava una cosa rassicurante.
“Yuta-san, tutto a posto?”
Ecco…come volevasi dimostrare.
Eravamo rimasti solamente noi due in sala prove, e ciò non faceva che triplicare il mio nervosismo. Era l'occasione che stavo aspettando.
C’erano volete due settimane (giorno più giorno meno) per comprendere la causa di quell'ansia che mi prendeva ogni volta che lo vedevo e altre tre per decidermi a fare qualcosa. L'occasione mi si stava presentando su di un piattino d'argento; ma mi conoscevo troppo bene per gioire di quell'occasione. Conoscevo troppo bene la mia goffaggine e la mia stratosferica timidezza per sperare che filasse tutto liscio.
Chiuse il suo prezioso microfono nella custodia e si voltò verso di me.
Se ad un primo e superficiale sguardo poteva sembrare un uomo dalla bellezza aggressiva e provocante, bastava guardarlo con un po' più di attenzione, passare oltre il trucco pesante, le lenti ottiche colorate e i capelli fantasiosamente acconciati, per accorgersi che ciò che effettivamente lo rendeva così etereo e bello non era la sensualità dei suoi movimenti, ma la complessa semplicità delle sue espressioni.
Maschere. Erano maschere.
Indossava milioni e milioni di maschere. Era abile, abilissimo a cambiare maschera nel giro di un battito di ciglia; interpretava milioni e milioni di ruoli, milioni di sorrisi diversi, milioni di sguardi, di sopracciglia alzati e di caotici modi di agitare le mani e fendere l'aria con le dita. Di questo mi ero innamorato.
Di milioni di maschere. Di milioni di bugie.

Il ciuffo biondo paglia gli copriva gran parte della fronte, che d'altra parte era spesso aggrottata dal dubbio; i suoi occhi, quando privi di lenti azzurro ghiaccio, erano di un caldo color marroncino, simile al miele. I suoi occhi parlavano, come cantautori, come racconta storie raccolti attorno ad un fuoco, come inguaribili chiacchieroni. Parlavano, raccontavano a tutti le sue emozioni, i suoi pensieri, raccontavano ciò che lui era troppo riservato per dire, o troppo timido, o semplicemente troppo diffidente.


Aprii la bocca per parlare, per osare, per chiederglielo. Lui inarcò i sopraccigli sottili e curati, incitandomi a proseguire, ma io scossi la testa con veemenza, arrossendo; mi voltai, trafficando con i piatti della batteria.
Calmati, Yutaka. E' solo quel cretino di Takanori. E' solo il tuo vecchio amico.
Nulla di nuovo.
Se non il trascurabile fatto che sei follemente innamorato di lui.

“Sei sicuro sia tutto a posto? Ti vedo un po’ teso…”
“NO!” gridai, forse con troppa veemenza “No, è tutto a posto, Taka-san, non ti preoccupare…”
Credevo di aver chiuso lì la conversazione, che la possibilità che mi era stata data l’avessi sprecata, ma dovetti ricredermi.
Si avvicinò con quel suo passo saltellante (ennesima maschera), picchiettandomi la fronte con un dito. Mi regalò un sorriso luminoso, solo una delle milioni di sfaccettature che sapeva dare ai suoi sorrisi.
“Non me la conti giusta, leader-sama” mi disse con voce tranquilla. Posò con naturalezza una mano sul mio petto stringendo con dolcezza la mia camicia.
“Il tuo cuore è impazzito, Yutaka...” piegò la testa d'un lato, facendo una debole smorfia “Sei nervoso, Yutaka? Cosa fa battere così velocemente il tuo...cuore?” l'ultima parola la sussurrò, come fosse stata un inconfessabile segreto.
Spinto da non quale forza mistica, feci pian piano scivolare le mani sulla sua, stringendola. Avvertii il rumore che fecero le mie bacchette cadendo a terra, ma non ci prestai minimamente attenzione. Non portava lenti colorate.
I suoi occhi parlavano. Parlavano una lingua diversa, ma parlavano. Cazzo.
“Taka...usciamo insieme.”


“Potrebbe anche non avermi risposto nulla, no? O peggio...avermi rifiutato...io gli ho solo urlato in faccia che sarei andato a prenderlo sabato e...”
“E lui cosa ti ha risposto?” era palese che non fosse partecipe alla conversazione; in fin dei conti era almeno la decima volta che la ripetevamo tale e quale.
“Ha detto...ehm...Sicuro! Ma poteva essere anche Ma no! Hanno lo stesso suono, no? Io non mi ricordo espressamente che lui mi abbia detto Sic-”
“Yutaka...sei totalmente assurdo!”
Si lasciò cadere pesantemente sul mio letto. Nonostante gli avessi chiesto più di una volta di non farlo, onde evitare di distruggere le doghe, continuava imperterrito a fregarsene di questa mia richiesta, come per altro della mia richiesta di non impestarmi la camera di tabacco. Si accese una sigaretta, emettendo un gran sospiro. Socchiuse gli occhi, mentre con una mano si accarezzava piano il petto.
“Ogni tua fumata sembra un orgasmo di cinque minuti”
Ridacchiò. “Il fumo è sensuale, Yuta-san...è una merda, ma è anche tremendamente sensuale...”
Sbuffai, distogliendo la mia attenzione da quel patetico ammasso di sintomi post-sbronza e ansimi di godimento che in quel momento rappresentava il mio migliore amico, e mi voltai di nuovo verso lo specchio.
Ero vestito semplicemente. Un paio di jeans scuri, una camicia bianca e la giacca nera di un completo. Se solo quella dannata frangetta fosse stata...
“Yutaka?”
“Mmh?”
“Sei sexy”
Arrossii. “Non dire stronzate...”
“Mmmh...ma io dico la verità, Yuta-chan...sei terribilmente sexy...guarda, se continui ad ancheggiare in quel modo fra poco mi si alza...”
Avvampai. “Smettili di dire stronzate!”
Sghignazzò. “Una scopatina veloce veloce? Prima che...”, gli lanciai un cuscino, che soffocò bruscamente le sue grasse risate.
Yuu Shiroyama, re dei deficienti, nonché chitarrista dal raro talento e mio migliore amico.
Non credevo che sarebbe riuscito a prendere dal lato giusto la mia omosessualità, ma il nostro rapporto non era cambiato di una virgola, battutine cretine permettendo.
“Sul serio, Yutaka!” esclamò stiracchiandosi sul mio letto. Sembrava un gatto alcolizzato, con quel sornione sorriso sulle labbra, lo sguardo sfatto e la spina dorsale inarcata. “Guarda che davvero stai bene...”
Mi voltai nuovamente verso lo specchio, cercando di lisciarmi la frangetta.
“Davvero?”
“Yutaka, ma...”
“Cioè, lo so...so che sei etero, ma se fossi...lui...”
“Vuoi dire Takanori?”
Abbassai lo sguardo, pieno di vergogna. Ancora non mi pareva vero di essermi innamorato di Takanori. Cazzo, andavamo alle medie assieme! Eravamo stupidi compagni di banco e di malefatte a 12 anni, e ancora non mi sembrava vero che fosse improvvisamente nato questo folle amore per lui. Può sembrare infantile, ma cercavo di pronunciare il suo nome il meno possibile, quasi rischiasse di consumarsi. Takanori.
Yuu mi si avvicinò. La sigaretta stretta fra le labbra, sembrava un gangster americano.
“Yuu...”
“Senti, porca troia...ti ha detto di sì? Sì. Yutaka, non provare a dire monate. Lui ti ha detto di sì. Punto. Non sparare stronzate. Ti ha detto di sì. A me sembra un chiaro invito a scopartelo appena sale in macchina, no?”
“Oh, Yuu!”
“Cos'ho detto? Non ne capisco molto di segnali gay, ma se una ragazza mi viene vicino, mi mette una mano sul petto e dice che vuole uscire con me, non aspetto neanche il giorno dell'appuntamento e...”
Gli tappai la bocca con una mano. Non avevo nessuna intenzione di sapere cosa avrebbe fatto lui al mio posto, anche se avevo qualche idea molto chiara.
“So cosa faresti tu...ma lui è...cazzo, Yuu! E' Takanori, cazzo, non una qualsiasi persona, è Takanori...cazzo”
Mi afferrò i polsi che mulinavano in aria come impazziti, e mi fissò negli occhi. La sua voce era tranquilla, le sue labbra tese in un sorriso che a chiunque sarebbe parso comprensivo, ma che io conoscevo come il suo peggior ghigno da pervertito. Rabbrividii.
“Yutaka...adesso tu esci, vai a cena con quel tappetto coi capelli biondi, passi una bella serata e la smetti di angustiarti, intesi?”
“No, io...”
“Sshhh! Zitto! Non pronunciare un altra parola! Via! Sciò!” prese a spingermi via dalla mia camera. Mi pungolò i fianchi con le sue dita lunghe e magre.
“Ma aspetta, i capelli..”
“I capelli sono bellissimi, Yutaka! Una meraviglia!” borbottò seccato lui, rischiando di farmi volare giù dalle scale “Muovi quel bel culetto sodo che ti ritrovi ringraziando gli dei del cielo e vai a prenderlo, che sei anche in ritardo!”
Solo allora, mentre quel coglione patentato cercava di infilarmi il giubbotto, passarmi le chiavi del SUV e fare battute cretine nello stesso identico istante, lanciai una disperata occhiata all'orologio.
“Porca miseriaccia, sono in ritardo!”
Mi precipitai in ingresso e indossai le scarpe. Ero già fuori dall'appartamento, quando sentii la sua voce.
“Yuta-chaaaaaaaan?” cinguettò Yuu.
Infilai la testa dentro casa, lanciandogli un'occhiataccia. Stavo giusto chiedendogli cosa accidenti volesse, quando mi posò un bacio sulla punta del naso, accarezzandomi dolcemente i capelli. Tutto si poteva dire di Yuu, tranne che non fosse un tipo affettuoso.
“Vai e spacca, Yuta-chan...rendimi fiero di te!”
“Cretino!” borbottai imbarazzato, ma gli rivolsi un sorriso, prima di uscire di casa.


“Mi sono divertito, sai?” mi rivolse un gran sorriso, dolce “Dovremmo rifarlo qualche volta...”
Annuii come un perfetto idiota.
Tirando le somme della serata, non era andata a male.
Certo, erano quattro ore che il colore del mio viso rimaneva costantemente di un intenso color melanzana ed ero riuscito ad inciampare nella cintura per scendere dalla macchina, ma in generale era andata bene.
Dopo i primi imbarazzati minuti, il suo gran sorriso e la sua parlantina scherzosa (solo un'altra maschera?) avevano rapidamente sciolto il ghiaccio.
Non era cambiato nulla.
Nonostante mi fossi perdutamente innamorato di lui, non eravamo cambiati, eravamo sempre Yutaka e Takanori, gli stessi vecchi cretini delle medie. Mi ero preoccupato che qualcosa nel nostro solido rapporto d'amicizia potesse svanire per sempre, che quell'intensa sintonia che ci caratterizzava potesse scomparire, ma scoprii di essermi preoccupato per nulla.
“Usciremo ancora, Yutaka? Io e te?”
Qualcosa, nel modo con cui disse io e te mi fece attorcigliare le viscere. Osservai, senza comprendere, quel sorriso che gli nacque sulla labbra.
“Certo, Taka...se tu lo vuoi...”
Eravamo ormai vicini a casa sua. Avevamo deciso di lasciare la macchina qualche isolato più in là e goderci la notte chiara e senza nuvole con una passeggiata. Il cielo era una distesa sconfinata blu scuro, puntellato di milioni di stelle luminose ed illuminato da una luna gigantesca e piena.
Cominciai ad innervosirmi quando imboccammo il vialetto che conduceva al portone del suo lussuoso appartamento di periferia.
Volevo baciarlo.
Era tutta la sera che volevo baciare quelle labbra piene, e stava per presentarsi l'occasione.
Ma lui avrebbe apprezzato? Dopotutto, aveva accettato di uscire con me, ma questo non implicava necessariamente che provasse gli stessi sentimenti che provavo io.
“Yuta-san?”
“Eh?”
Sorrise. “Non mi stavi ascoltando, vero?”
“Mi sono distratto, scusami...”
“Fa niente, Yutaka...”
Salimmo quei tre gradini che ci separavano dal portone di ferro battuto nero.
Il tintinnio che fecero le sue chiavi quando furono estratte dalla tasca mi fece annodare spiacevolmente lo stomaco su se stesso.
Le infilò nella serratura, lentamente. Poi si voltò verso di me.
Aveva sulle labbra un sorriso che non gli avevo mai visto addosso. Era leggero quel retrogusto malizioso, così leggero da sembrare inesistente. Impercettibilmente, lo vidi mordersi il labbro superiore.
Si appoggiò svogliatamente alla porta, continuando a sorridere in quel modo enigmatico.
Sentivo il cuore rimbombarmi nelle orecchie, le mani sudare, le labbra secche.
Mi stavo comportando come una ragazzina, me ne rendevo conto. Ma non riuscivo a controllare le mie reazioni in sua presenza. Non ne ero capace.
Alzò lo sguardo su di me. Mi fece cenno con la mano di avvicinarmi.
“Baciami, Yutaka”
Le sue labbra erano incredibili.
Portò le sue mani alla mia camicia, tirandomi verso di lui. La sua lingua guizzò rapida fra le mie labbra, giocando impudente con la mia, mentre cercavo invano di fare mente locale. Fu un bacio caldo e umido, intenso. Rischiai seriamente di impazzire.
Da quanto? Da quanto sognavo di baciare quelle labbra? Da quanto tempo erano la mia più snervante e dolce ossessione?
Sfiorai timidamente i suoi fianchi. Ero così emozionato che non riuscivo a controllare il tremore delle mie mani.
Si staccò di colpo dal bacio. Un sottilissimo filo di saliva congiungeva le nostre labbra semi aperte; lui lo recise con un veloce scatto della lingua.
Fece aderire i nostri corpi, incollandosi a me; le sue mani si mossero lentamente sul mio petto, sulle spalle, si incrociarono dietro il mio collo.
“Non sono fatto di cristallo, Yutaka...” sussurrò al mio orecchio; prese le mie mani, facendole scivolare sui suoi fianchi, poi sulle sua natiche. Arrossii “Toccami”
Feci come mi aveva ordinato. Tracciai con le dita innumerevoli ed astratti arabeschi sulla sua schiena, premendo forte, come se potessi incidere tali disegni sulla sua pelle. Spinsi un ginocchio fra le sue gambe, inchiodandolo contro il portone. Tornai al punto di partenza, palpando generosamente le sue natiche sode. Mi regalò un debole gemito di sorpresa.
Era bollente. La sua pelle scottava, ustionante; era così calda da darmi i brividi.
D'un tratto sentii un timido e leggere tossicchiare alle mie spalle.
Mi voltai di scatto cercando di allontanarmi da Takanori, ma quel piccolo folletto pervertito non me lo permise.
“Buonasera Kyomi-chan”
“Ah, Takanori...non me l'avevi detto che eri fidanzato!”
Era una ragazza di meno di vent'anni, piccolina ed esile, dai corti capelli neri e grandissimi occhi color nocciola. Al guinzaglio teneva un cagnolino color crema che si lanciò affettuosamente contro le mie caviglie, mordendomi una scarpa.
“Lui è Yutaka! Yuta, lei è Kyomi, la mia vicina di appartamento...”
Accennai un breve ed imbarazzato inchino. Lei sorrise maliziosa, augurandoci la buona notte, e scomparve dietro il pesante cancello di ferro battuto, che si chiuse con un tonfo vibrante.
Credetemi. Ho seriamente pensato alle conseguenze che avrebbe portato la scoperta della nostra relazione, se così si poteva chiamare. Sarebbe stato un succulento boccone per i giornalisti. Ma decisi di lasciarle perdere nel preciso istante in cui Takanori mi infilò prepotentemente la lingua in bocca.
Mi dimenticai all'istante di spiacevoli interruzioni, di scandali e simili.
Lo spinsi rudemente contro il portone, tracciando con la lingua un astratto disegno sulla pelle chiara del suo collo.
Mi fermò; spinse con le mani le mie spalle, allontanandomi da lui.
“Andiamo con calma, dolcezza...”
“Takanori...”
Mi zittì, posando due dita sulla mie labbra. “Proviamoci...” spostò le sue dita sul mio petto, disegnandoci una figura astratta “...proviamoci ma...senza fretta, okay?”
Mi stava davvero dando una possibilità? Non riuscivo neanche a formulare un pensiero di senso compiuto, così mi limitai ad annuire con foga.
Sghignazzò lui, dandomi un leggero bacio sulle labbra. Si voltò, oltrepassando il portone, che chiuse dietro di sé; infilò una mano fra i geometrici disegni di ferro nero che costituivano la struttura, attirandomi a se. Sussultai per il contatto del metallo freddo sulla mia camicia.
Avvicinammo i nostri visi, separati da un piccolo rombo di ferro; all'interno del rombo, una rosa composta da sottili fili di metallo divideva le nostre labbra. Mi lanciò un'intensa occhiata fra le sbarre scure del portone.
“E poi devi sapere una cosa di me, Yuta-chan...” mormorò; la sua mano scivolò lenta sul mio petto, fino al ventre, poi sfuggì al mio tocco “...mi piace essere corteggiato.”

{terminata alle ore 20:31 del 15 aprile 2009, ritocchi e correzioni esclusi, ascoltando Selfish Love di Miyavi}



Ah, evviva! Questa shot mi riempe d'orgoglio. Non sarà un granchè, ma io l'adoro ♥
Un ringraziamento speciale va a coloro che hanno recensito (*-* sono seriamente commossa)...è stupendo sapere che a qualcuno i miei scleri piacciono v.v Grazie gente, grazie davvero di cuore.

kinokochan: beh, oddio...ricevere i complimenti da una che scrive fic belle come le tue v.v A proposito...sto ancora spettando il seguito di Itoshii Nikki v.v (Mya tamburella con le dita sul tavolo, con fare impaziente...tu, cara mia, sei invitata a mandarla a quel paese se la cosa ti aggrada v.v) Comunque...stavo dicendo. Sì, risposta. Uhmmmm, sì. Okay.
Beh, non ho altro da dire (agente)...a parte un enorme gigantesco mastodontico grazie per i complimenti e la recensione. Bacione ♥

LadyWay: ooooooh, ma dai! Sul seerio una dose così bella di complimenti possono seriamente nuocere alla mia salute ^/////^ Grazie, carissima! Grazie di cuore. Abbraccione ♥

Riot Star: ooooooooooh *O* Ossantissimo hide che mi proteggi dall'alto dei cieli! Una recensione dalla mia scrittrice! *-* Che bello che bello che bello! (Perdona Mya, ma credo che per la prossima mezz'ora non sarà in grado di dire null'altro v.v) Ci tenevo che leggessi qualcosa di mio, ci tenevo davvero.
Un Abbraccio ♥ Pchuà, con la P maiuscola v.v

GothicGirl: Nyah, allora sono riuscita nel mio intento! ^^ Spero non sia risultata, però, troppo melensa >.< Comunque grazie mille! ♥

jagansha: limita i complimenti, è un consiglio...che poi comincio a pavoneggiarmi e non è mai una bella cosa...il mio ego è leggermente sviluppato, sai ^^ Credo sia una caratteristica comune a quelli della mia specie v.v
Grazie, un bacione ♥


Beh che dire. Grazie davvero a tutti quanti, anche solo a chi ha letto e l'ha trovata carina ^^ Grazie.
La prossima sarà una vera chicca v.v Perlomeno, a me piace molto v.v

Ah, questa raccolta mi sta dando un mucchio di soddisfazioni ^^
Un bacione,
Mya ♥




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Capitolo 4
*** {3} Love Juice/Heroin (Reita x Aoi) ***






Attenzione!
(Storia con Rating Rosso!)


{3} - Love Juice/Heroin (Reita x Aoi)

Titolo: Love Juice / Heroin
Sottotitolo: Passione
Rating: rosso
Segni particolari: finalmente un titolo che centra. Relativamente, dico. Queste due incredibili canzoni le ho sempre associate a scene di lussuria e passione. Ma questa è solamente una mia impressione. Per questo dico relativamente.
Tuttavia, chi non assocerebbe quella serie di gemiti da orgasmi di Jui al sesso, dico io?
Note: contenuto altamente yaoi *pervers mind mode on* Mi brillano gli occhietti gente, e non è mai una buona cosa. Poi con questa coppia (*Q*) brillerebbero gli occhietti anche ad una suora v.v
Il finale è assolutamente smielato. Assolutamente. Mi prendete per stupida se vi dico che neanche io ho capito bene cosa cavolo volesse dire quell'ultima frase? oO
Nonostante ciò, è assolutamente e totalmente sdolcinata. Ma mi piace tanto *-*
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)


Ah, inoltre...in questa shot è presenta una lemon yaoi...per questo ho messo il rating rosso, vedi?
Indi per cui, se per qualche motivo che non riuscirò mai a comprendere lo yaoi spinto non ti piace (non sai cosa ti perdi...), evita di leggere. Prima di commentare in modo offensivo, esci da questa pagina e tanti saluti. Niente rancori. Ci rivedremo in circostanze migliori.
Spero che come avvisi bastino, altrimenti sarò costretta ad alzare il rating, cosa che non vorrei fare, dal momento che questa è l'unica shot un po' piccante che c'è nella raccolta.
Sayonara!




Eravamo arrivati ad un punto in cui ormai, non era più possibile tornare indietro.
Ancora quando stavamo flirtando sfacciatamente potevo fermarmi. O quando mi stava infilando quell'agile e talentuosa lingua in bocca, forse. E dico forse gente...perchè quella lingua era davvero molto talentuosa.
Ma di sicuro non ora che ero disteso sul suo letto, la camicia aperta, i pantaloni persi da qualche parte nel suo ingresso, e il peso del suo corpo sul mio, le sue labbra sul collo.
Sicuramente dovevo essermi perso qualche passaggio.
Ricordo che stavo pensando a come evitare che la situazione degenerasse.
Eravamo ancora in pub quando pensavo questo; in quel pub buio e fumoso. Probabilmente un po' ubriachi tutti e due, avevamo cominciato quel lento e logorante gioco di sguardi quasi senza accorgerci. Si leccava le labbra umide di vodka fissandomi dritto negli occhi, uno sguardo da seduttore incallito. Poi era il mio turno. Facevo scivolare una mano sul collo, maledettamente lenta sulla camicia, i cui primi bottoni erano casualmente sbottonati, lanciandogli languide occhiate.
Già uscire dal locale era stata un impresa. Incollati come le tessere di un puzzle ci eravamo rapidamente diretti verso la macchina, barcollando ebbri di baci sul cofano della suddetta. C'era mancato poco che mi prendesse così, all'aperto, alla luce della luna.
Non che mi sarebbe dispiaciuto, eh.
Il viaggio in macchina, poi. Era stato una tortura.
Non tanto perché Ryo guidasse come un pazzo. Quello era assolutamente normale.
Quello che assolutamente non era normale era che alla sua totale incapacità come automobilista, si sommasse il fatto che guidasse con una mano sola, mentre l'altra era beatamente persa nei meandri dei miei pantaloni. Mi aggrappavo al braccio con le unghie, gemendo frustrato, mentre quella fottutissima e esperta mano mi faceva rabbrividire, accarezzandomi dove nessuno accarezzava più da un bel po' di tempo ormai.
Ed improvvisamente, senza sapere quando e soprattutto come ci ero arrivato, mi ero ritrovato disteso sul suo letto, con lui sopra, privo di pantaloni e di volontà.
Sapevo che sarebbe stato un casino.
Io e lui, compagni di gruppo, amici da non so quanto tempo, a letto insieme. Era una formula che non poteva funzionare, che minacciava di esplodere fin dall'inizio. Ma decisi volutamente di lasciare da parte queste mie preoccupazioni. “Ahia, stronzo!” gridai. Mi aveva morso con violenza un orecchio e la cosa non era troppo piacevole. Lo guardai accigliato.
“Ti vedo poco partecipe...”, borbottò lui.
Inarcai sarcasticamente un sopracciglio.
“Sono sotto di te e gambe aperte, e sto gemendo come un troia...ti sembro poco partecipe?”, lui rise, baciandomi ancora. Non riuscivo a fare a meno di quelle labbra.
“Sei perso nei tuoi pensieri...”
“Sto per scopare con uno dei miei migliori amici...avere qualche pensiero in testa mi sembra il minimo...”
Si alzò con uno scatto a sedere sul mio bacino, liberandosi della maglia; con una contorsione degna di una chewing gum, riuscì anche a sfilarsi i pantaloni, posizionandosi nuovamente su di me. La sue pelle nuda a contatto con la mia mi fece rabbrividire. Non era bollente...di più.
“Ti ascolto...”
“Ryo...non mi sembra il momento, adesso...proprio no...”
Rise ancora, accarezzandomi un fianco.
“Cosa risponderesti se ti dicessi che voglio davvero sapere cosa ti frulla in quella testolina?” mi domandò sulle labbra, mentre le sue dita affusolate e callose scivolavano fra i miei capelli. Finsi di pensarci un po' su.
“Scopami...questo risponderei”

“Fallo ancora, ti prego...”, la mia voce risuonò come un debole e patetico pigolio. Lo stavo implorando pietosamente. E questo, lo vedevo in quel suo sorriso da coglione patentato, lo faceva impazzire.
“Cosa devo fare, Yuu-chan?”, sfotteva anche, lo stronzo.
Rise, dandomi l'ennesimo bacio della nottata. Sapeva baciare dannatamente bene. E ovviamente era a conoscenza di questa sua maestria. E la sfruttava a sua piacimento.
“Stronzo!”, gli tirai un innocua sberla sulla testa.
“Mmh, picchiami ancora...mi eccita...”
“Ryo, sei il re dei cretini...”, rise illuminando il suo volto di fascino.
Non mi ero mai reso conto dell'effettiva bellezza di Ryo.
Ci prendevamo in giro delle rispettive facce da culo dei servizi fotografici, accennavamo qualche spinto fanservice durante le interviste per poi scoppiare a ridere, mollandoci poderose pacche sulle spalle. Ma ora che mi trovavo così vicino a lui potevo seriamente capire lo struggimento di migliaia e migliaia di fans.
Aveva un viso magro e asciutto, dalla pelle chiara; un paio di occhi castani costantemente socchiusi, simili a quelli di un predatore in caccia. La linea del mento dritta e decisa accompagnava le labbra sottili e ben disegnate. Quei suoi assurdi capelli appuntiti e sparati in aria assieme a quel suo atteggiamento indifferente ed intollerante e a quel suo sguardo ipnotizzante, gli davano quest'aria da costante debosciato che pareva aver ammaliato le ragazze del Paese del Sol Levante.
E anche me.
Abbandonai momentaneamente le sue spalle, facendo scivolare le mani sulla sua nuca. Incontrai con le dita il nodo della sua fedele fascetta e lo sciolsi. Quella cadde fra i nostri corpi, sentii il suo lieve peso sul petto.
“Ma allora ce l'hai...” mormorai eccitato, mentre la sua mano stanziava ancora nei piani bassi del mio corpo. Percorsi con un dito la linea dritta e morbida del suo naso.
“Certo che ce l'ho, scemo...”
“Kou diceva che te l'avevano amputato...”
“Kou è un idiota”
“Eccolo lì, ha parlato lui...”
Strinse con forza il mio membro, facendomi guaire.
“Non ti conviene fare lo stronzetto con me Yuu-chan...non adesso, per lo meno...”
Lo baciai, zittendo la sua roca voce sfacciata che si prendeva gioco di me.
Sussultai, quando un suo dito sfiorò innocentemente l'anello di muscoli della mia apertura. Lo sentii indugiare, in un perverso gioco di tocchi e fughe.
Quando? Quando i miei boxer erano finiti sul comodino? Gli lanciai una breve occhiata, salvo poi dimenticarmene all'istante.
“Smettila di giocare Ryo...fallo e basta...”, ero al limite. Non potevo sopportare altro. Lo volevo dentro di me subito, al diavolo tutto, al diavolo i rimorsi e i rimpianti; io vivevo nel presente più immediato e il presente più immediato mi diceva che volevo con tutte le mie forze che Ryo mi prendesse in quel preciso istante.
Mugolai, quando mi penetrò con un dito. Sentii distintamente la sua falange muoversi impudente dentro di me, avvertii i miei muscoli gemere contrariati a quella intrusione.
Continuò a spingere e muoversi, mentre l'iniziale sensazione di fastidio diveniva vero e proprio bruciore. La situazione peggiorò quando aggiunse un altro dito.
“Ti sto facendo male”, non era una domanda.
“No...continua”
Avrei potuto rispondergli in maniera diversa. Dirgli che sì, mi stava facendo male, che volevo che ci fermassimo lì, che non volevo mandare a puttane la nostra lunga amicizia per una notte di sesso gratuito. Ma ero seriamente troppo eccitato per fermarmi a pensarci.
“Continua, Ryo...non ti fermare...”, mugolai, attirandolo verso un bacio umido ed eccitato. Poggiò la sua fronte sulla mia, respirando piano sulle mie labbra.
Spinse a fondo quelle dita dentro di me, violando brutalmente la mia intimità
“Yuu...” mormorò piano il mio nome. Mugugnai infastidito, alla sensazione di vuoto che mi diede, sfilando le sue dita dal mio corpo. Accarezzò dolcemente le mie gambe, baciandomi.
Mi era sempre sembrato un tipo duro e concreto, insensibile e freddo; invece mi stava riservando una dolcezza che non riservava nemmeno a se stesso. Mi accarezzava piano, mi sfiorava leggero con le dita callose come fossi un delicato fiore di cristallo.
Mi fece un sorriso rassicurante. Poi mi penetrò con un unica, forte spinta.
Boccheggiai, incidendo le sue spalle muscolose con le unghie. Spalancai gli occhi nella penombra che avvolgeva la stanza, occhi che presero a bruciare e lacrimare senza il mio consenso. Non volevo farmi vedere così debole, non di fronte a lui, ma mi fu impossibile frenare le lacrime, ne tanto meno i singhiozzi che mi scossero il corpo.
Ryo rimase leggermente interdetto.
“Yuu? Cazzo, Yuu...scusami...ehi, piccolo...Yuu perdonami...”
Non faceva che ripetere il mio nome e baciarmi dolcemente. Stupido Ryo.
“Cosa ne sarà di noi?”, mormorai fra le lacrime, in un sussurro strozzato. I rimorsi tornarono rapidamente a galla, affogandomi con la loro potenza.
“...eh?”
Scossi la testa, mentre cercavo invano di asciugarmi le lacrime con il dorso della mano. Il dolore era lancinante, bruciava e mi intorpidiva i muscoli. Ma lo strinsi a me comunque, quando provò ad uscire dal mio corpo.
“Ryo...”, mi aggrappai alla sua spalla per tirarmi su a sedere, spingendo con una mano il materasso. Baciai la sua bocca, soffocando sulle sue labbra sottili i miei gemiti di dolore.
Mi fece sedere sul suo bacino, mordendomi la clavicola.
Cacciai a forza i rimorsi da dove erano venuti, sforzandomi di rivolgergli un occhiatina maliziosa.
Mi guardò languidamente, un dolce sorriso sulle labbra, scostandomi una ciocca di capelli incollata al volto. “Coraggio piccolo...fammi vedere come mi cavalchi...”
Sorrisi. In fondo rimaneva il solito porco, anche se faceva l'amante dolce e tenero.
“Preparati dolcezza...”
Contrassi i muscoli attorno al suo membro eccitato e lo vidi spalancare gli occhi. Ansimò pesantemente. “Yuu, cazzo...sei stretto...”, circondò la mia vita con un braccio, respirando affannosamente sulla mia pelle.
Rabbrividii. Incontrai i suoi capelli con le dita, tirandoli affettuosamente. Facendo leva sulle sue spalle larghe, cominciai a muovermi.
Dapprima i movimenti erano violenti ed erratici, dettati dal cocente bisogno di soddisfazione. Le spinte bruciavano senza sosta, mentre sentivo i suoi gemiti trattenuti riempirmi le orecchie. Era bella la sua voce. Roca, profonda, bassa.
Sentirlo gemere era una musica dolcissima.
“Yuu...sei incredibile...”
Gli baciai una tempia.
D'un tratto mi spinse indietro; mi sovrastandomi di nuovo. Si spinse con forza dentro di me, colpendo violentemente la mia prostata. Una scarica di brividi mi investì in pieno, facendomi tremare. “Ancora Ryo...” furono le uniche parole sconnesse che riuscii a pronunciare. Le pronunciai con un tono di voce strozzato, ripetendole all'infinito, frammentate solo da gemiti alti o ansimi strozzati.
I suoi movimenti erano lenti, volutamente lenti e profondi; stringeva i miei fianchi, spingendo con forza, lento, dannatamente lento. I suoi gemiti mi confondevano, il suo membro duro e pulsante dentro di me mi sconvolgeva, le sue mani che mi accarezzavano mi facevano uscire di testa.
“Ryo...cazzo, sì!”
I gemiti che lanciavo erano oscenamente acuti. Lo vidi sorridere, e cercare nuovamente le mie labbra. Lo baciai ancora. E ancora. Non riuscivo a fermarmi. Nonostante il fiato mi mancasse e stessero per esplodermi i polmoni continuai a baciarlo erraticamente, mordendo, ansimando eccitato.
“Yuu...”
Venni con un gemito. O un imprecazione strozzata. O forse un incomprensibile miscuglio di entrambi. Macchiai i nostri ventri col mio seme, sospirando esausto. Poche rapide spinte e anche lui raggiunse l'orgasmo, svuotandosi dentro al mio corpo.
Si abbandonò stancamente su di me, facendomi il solletico col suo respiro affannoso. Mi prese una mano, intrecciando le dita con le mie. Mi rivolse un ultimo stanco sorriso, prima di appoggiare il viso sul mio petto e sospirare profondamente.
Il sonno ci colse così, abbracciati, le gambe attorcigliate fra loro, le labbra tese in fiacchi sorrisi soddisfatti.


Non mi accorsi subito che mi ero svegliato in un letto che non era il mio.
Mi alzai ancora con gli occhi semichiusi. Cercai a tentoni la porta, ma quello che incontrai fu solo la ruvida e fredda parete del muro. Sbuffai. Mi accorsi che qualcosa non quadrava quando presi in pieno lo spigolo un cassettone nelle costole.
Lanciai un imprecazione mista a un gemito, tenendomi la parte lesa.
Io non avevo cassettoni.
Solo in quel momento, quando mi decisi ad aprire gli occhi impastati dal sonno, mi accorsi di tre cose fondamentali:
Uno, quella era la stanza di Ryo. Inconfondibile il poster di Sid Vicious che si fa una canna nella stanza di uno scalcagnato albergo. Due, il suddetto proprietario della stanza era appoggiato allo stipite della porte, incredibilmente bello a petto nudo. Tre, io non indossavo nulla, trascurando una sottile catenella che portavo sempre al collo. E quattro, se proprio volete, lui mi stava fissando con la bocca comicamente spalancata.
Battei rapidamente in ritirata, rifugiandosi sotto le lenzuola; mi ci avvolsi dentro, a mo di bozzolo e mi voltai a guardarlo, ostentando un falso sguardo dignitoso.
“Ehm...buongiorno...” mormorò imbarazzato, rivolgendomi un timido sorriso. Si sedette sul letto, ingannando il tempo nella dettagliata osservazione della sua camera.
Era a disagio. Come io d'altronde.
Cazzo, avevamo fatto sesso. Tutti i pensieri che la sera prima avevo volutamente scacciato - o che Ryo si era preoccupato di scacciare - tornarono prepotentemente, invadendomi la mente.
Si scambiammo una lunga occhiata, prima che abbandonasse quel timido sguardo che mal si accordava con quel suo carattere da pervertito e che mi coinvolgesse in un forte abbraccio, con tanto di passionale bacio mattutino.
Cademmo distesi sul letto ridendo come due adolescenti.
“Cazzo,Ryo...abbiamo scopato...”
“Lo so dolcezza...da quanto hai urlato, credo che ormai lo sappia tutto il condominio...”
Avvampai. “Non è certo colpa mia!” protestai con un broncio.
Lui rise, baciandomi la fronte.
“Ti ho fatto un succhiotto...” mi punzecchiò la clavicola con un dito “...proprio qui!”, sghignazzò come un ragazzino, contagiandomi.
“E un altro qui...” mormorò baciandomi piano un punto arrossato sotto il mento.
“Qualcos'altro? Non so, il calco dei tuoi denti su una coscia?”, scosse la testa, sorridendo come un bambino a Natale.
Mi baciò di nuovo. Nascose il volto nell'incavo del collo, facendomi il solletico col naso. “A cosa stai pensando, Yuu?”
“A te, sinceramente. A...a noi”
“Esiste un noi, Yuu? O è stato solo un pallido sogno che svanisce con l'alba?”, mi squadrò col suo sguardo da bambino.
Non risposi subito.
“I sogni non svaniscono, Ryo...sono lì, dentro di te..accompagnano i tuoi pensieri e i tuoi sorrisi...i tuoi sogni fanno parte di te, Ryo...questo sogno fa parte di noi”.

{terminata alle ore 18:41 del 11 aprile 2009, ritocchi e correzioni esclusi, ascoltando Love Juice dei Kat - Tun e Heroin dei Vidoll}



Eccomi qua ^^
Uattà! Ci sono riuscita. Relativamente sta andando bene, per quanto riguarda la velocità u.u Sono fiera! v.v
Sono orgogliosa di questa fic, sissì, sono proprio fiera.
Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalle recensioni. Insomma, non credevo piacesse. E' anche grazie alle persone che hanno recensito (e che ringrazio infinitamente) che la raccolta prosegue, quindi...grazie!

jagansha: beh, che dire grazie dei complimenti! ^^ Non ne sono assolutamente abituata e mi fanno gongolare come una pazza v///v
Un abbraccione <3

kinokochan: cara mia, hai tutta la mia comprensione u.ù Anche io sono del tutto incapace di scrivere una recensione decente, quindi non ti preoccupare che siamo sulla stessa barca e che anche se mi scrivi solo che ti piace mi fai felicissima ^^ Quindi non ti preoccupare! ^^
Spero davvero che continuerai la tua fic ç-ç Perchè a me era piaciuta un sacco...e poi la coppia era assolutamente dolcissima *-*
Un abbraccio <3

LadyWay: ahhhhh, ho trovato qualcun'altro che schiocca le dita oO Evviva non sono l'unica pazzoide a questo mondo xD Comunque, grazie mille dei complimenti...non me li merito...ma comunque grazie mille! <3
Bacione<3




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Capitolo 5
*** {4} Waking the Demon (Kai x Uruha) ***






{4} – Waking the Demon (Kai x Uruha)

Titolo: Waking the Demon
Sottotitolo: Rifiuto
Rating: verde
Segni particolari: questo finale è in assoluto la cosa più inutile che abbia mai scritto u.u
Sta lì per riempire un buco, vi avverto. E non serve assolutamente a nulla. +il povero finale si avvilisce+ Dolcezza, è la realtà oggettiva...tu non servi a nulla u.u
Note: è finalmente arrivato il momento ç-ç Per me che vivo nel mio piccolo Mya-mondo tutto luminoso e felice, scrivere fic triste è quasi blasfemia. Insomma, per farla breve, io ci ficco il lieto fine in ogni dove v.v
Indi per cui, non so come me la cavo coi finali tristi e perciò boh, ditemi voi ^O^
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)




“Ti sei innamorato di lui, vero?”
“Mnh...”
“Ti sei innamorato di lui.” dichiarò Ryo, accendendosi una cosa come la decima sigaretta di quell'ultima, penosa mezz'ora. Aspirò a fondo, facendo uscire il fumo dal naso.
“Hey.”
“Mmh?”
“Sei patetico.”
“Lo so.”


Mi piacciono le nostre canzoni.
Ognuna ha un significato particolare, ognuna mi rievoca ricordi meravigliosi, memorie incise a fuoco dentro di me. Non posso fare a meno di emozionarmi ogni volta che suoniamo assieme, sia in un live nazionale davanti a migliaia e migliaia di persone sia in una suonatina fra amici, quando le note dei nostri strumenti sobbalzano incerte disturbate dall'alcool e dalle risate. Non posso fare a meno di sentire qualcosa all'altezza del petto, una bolla pulsante di gioia che mi invade la mente: sento le lacrime agli occhi e non posso non pensare di essere fottutamente fortunato.
La vita assume una sfumatura così dolce, quando si ha qualcosa che si ama.
Adoro ogni singola canzone su cui abbiamo faticato settimane e settimane, ogni nota su cui abbiamo lavorato tutti assieme, ogni passaggio provato e riprovato fino a farlo divenire perfetto.
Le adoro tutte, indistintamente.
Ma sicuramente, la mia preferita, quella che porto dentro di me, colei che mi ha rubato il cuore è Calm Envy.
Proprio Calm Envy stavamo suonando, quell'uggioso pomeriggio di inizio inverno.
Il cielo era nuvoloso, spolverato di grossi nubi grigio chiaro, l'atmosfera era umida e prevedeva pioggia a non finire. Lanciai una distratta occhiata fuori dalla finestra.
Mi piaceva quel tempo malinconico.
L'assolo di Yuu mi lasciò quasi senza fiato.
Forse il mio commento è di parte, perchè abbiamo fatto il liceo assieme, perchè è uno dei miei migliori amici, perchè seriamente gli voglio un bene dell'anima, ma ho sempre pensato che fosse un diavolo di chitarrista.
Non faceva nulla di particolare. Nessun bending* stratosferico con salto di due o più toni, nessun pazzesco assolo psichedelico e vertiginoso. Niente contorsioni sul palco, nessun fanservice troppo spinto.
Certo un paio di volte la lingua in bocca me l'aveva ficcata, ma era finzione, finti giochetti erotici che ci divertivamo ad inscenare sul palco. Ma sempre con discrezione.
A parte quella volta in cui...beh, non dilaghiamo.
Dicevo: uno stile piuttosto semplice il suo. Con questo non voglio dire che non fosse capace.
Yuu non si metteva in mostra. Nonostante fosse vanesio fin alla nausea, e fosse maniacalmente preso dal suo guardaroba, si poteva dire tutto di Yuu Shiroyama, tranne che si vantasse dell'innato talento che Madre Natura gli aveva donato. E soprattutto, cosa che mancava alla maggior parte di chitarristi mediocri che vedevo in giro, lui ci metteva l'anima nella musica.
Strappava il suo cuore dal petto e te lo porgeva su un piattino d'argento. Era il suo punto debole la musica, se così si può chiamare.
I suoi assoli erano così...intensi e personali che mi emozionavano ogni volta. Sembrava parlassero. Mi raccontavano tante storie, mi raccontavano il vero Yuu, quello che lui era troppo timido per tirare fuori.
La voce di Takanori entrò con dolce prepotenza dopo l'assolo.
Mi ero sempre chiesto da dove quel nano patentato tirasse fuori la potenza della sua voce.
Era piccolo ed esile, considerato molto spesso un soldo di cacio canterino, ma quando cantava, quando chiudeva gli occhi e la sua voce lo presentava al mondo come un uomo dal carattere forte e deciso, sembrava che tutti si inchinassero a lui, a quel nano presuntuoso la cui voce poteva cullarti soavemente con i suoi toni dolci come spaccarti i timpani con i suoi urli in scream.
Lanciai un'occhiata a Ryo. In quello lui fece un bizzarro passo di danza, con un piuttosto ebete sorriso sulla faccia. Inarcò la schiena, sul volto un espressione di puro godimento, come se un profondo e sconvolgente orgasmo lo stesso colpendo seduta stante.
Bassista dei miei stivali.
Mai, dico mai, si era impegnato in qualcosa. Aveva affrontato tutto (la scuola, le relazioni, il divorzio dei suoi) con un ostentata indifferenza, con uno sguardo apatico che sfociava spesso nella noia pura.
Si stufava con la velocità di un bambino in una stanza piena di giochi colorati. Ne prendeva in mano uno, folgorato dallo scintillio della sua confezione, innamorandosene all'istante. Ma tutto quel cocente amore svaniva in un soffio, appena il suo sguardo, nocciola e stralunato da drogato in crisi d'astinenza, si posava su di un nuovo giocattolo dalla confezione più luccicante e colorata.
Me lo ricordo ancora l'insolito fulgore dei suoi occhi, quando vide per la prima volta un bassista in azione. Un live di un gruppo sconosciuto. Ce l'avevo trascinato io con la forza, nel tentativo di svegliarlo da quell'apparente stato comatoso in cui era versato.
Stava pian piano lasciandosi andare. Neanche le sue effimere ed intense passioni lo colpivano più: tutto ciò che faceva era starsene rinchiuso in camera sua, gli occhi cerchiati da occhiaie violacee incollate allo schermo della tv.
Non avevo mai visto Ryo in piena crisi depressiva autodistruttiva, e la cosa mi faceva una paura fottuta.
Aveva sbuffato come un mantice quando l'avevo infilato sotto la doccia e poi nel primo paio di pantaloni che avevo trovato; borbottava durante il viaggio in macchina; mugugnava quando ci incontrammo con Yuu.
Ma quando la musica cominciò ad espandersi in quel piccolo cortile nel retro del vecchio pub, Ryo era assolutamente e totalmente zitto.
Amore a prima vista.
Amore vero, non le insulse e trascinanti cotte che l'avevano colpito durante l'infanzia.
Amore del tutto corrisposto.
“Okay, facciamo una pausa?”
Già, poi c'era lui.
Di un energia positiva a dir poco travolgente, lo sguardo dolce e affettuoso, i modi di fare educati.
Non mi ricordo una volta in cui lo vidi perdere quel suo contegno da nobile ed elegante aristocratico. Ancora oggi mi chiedo come ci fosse capitato una persona buona e generosa come lui fra quattro imbecilli come noi, noi che eravamo la quintessenza del “camionismo”, come amava definire lui quella nostra caratteristica comune: sboccati, rumorosi, decisamente poco fini al di fuori di quella che era la vita pubblica davanti a giornalisti e telecamere.
Lui invece manteneva il portamento posato e pacato anche nella vita privata, tanto che cominciai seriamente a chiedermi come fosse senza alcuna privazione dettata da morale ed educazione. Cercai di immaginarmelo fuori controllo, stravolto da emozioni umane come la rabbia, il pianto...il piacere. Fu allora che cominciò quell'imbarazzante serie di sogni erotici.
Non passava notte senza che lo sognassi: gli occhi socchiusi come le labbra, la pelle rossa bagnata di sudore, il viso distorto dal piacere.
Sognai di sentirlo gemere, di sentire la sua voce calda e suadente mormorarmi all'orecchio sconcerie che mi avrebbero fatto arrossire, se non fossi stato così preso a toccarmi.
Ero così impegnato a mangiarmelo con gli occhi durante le prove, che neanche mi ero accorto che quella che inizialmente era una morbosa ossessione per il suo corpo si stava trasformando in qualcosa di più...dolce.
“Grazie, Yuu-chan”
“Di cosa?”
“Del caffè che mi offri adesso” rispose senza nessun indugio Ryo, passando un braccio attorno alle spalle del chitarrista. Takanori li seguì silenziosamente, un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Gli bastava veramente poco, a quello scricciolo, per essere felice. Un giorno di prove andato bene e quel suo sorriso non glielo si toglieva neanche a pagarlo oro. Un po' invidiavo questa sua semplicità, io che completamente e veramente felice non ero mai stato, in tutta la mia vita.
“Tu non vai con loro, Yutaka-san?”
“C'è questo piatto che non funziona” mi rispose lui con una smorfia; rivolse al piatto in questione un'occhiataccia che di minaccioso non aveva proprio nulla. Lo accarezzò piano con la punta delle dita, prima di cominciare a trafficarci sopra.
Lo guardai scuotendo leggermente il capo.
Riposi Hellion nella sua custodia, senza negargli una buona dose di carezze e di dolci parole: era la mia bambina, il mio piccolo tesoro, l'unica che non mi avesse mai tradito. Ritenetemi un asociale patologico, ma non era raro che disdegnassi un uscita con gli amici per starmene in casa a suonare Hellion fino a cadere addormentato sul divano, con la mia piccola fra le braccia. Osservai la sua lucida superficie nera e le mie dita scivolarono automaticamente sul disegno bianco, che spiccava vividamente sul legno lucido e nero come l'ebano di un pianoforte.
Mi voltai con un profondo sospiro.
Il peso del mio strumento sulle spalle era rassicurante, mi donava un senso di protezione che nessun essere umano era mai riuscito a darmi, ma dopo ore e ore mi intorpidiva le spalle e i muscoli bruciavano e protestavano indignati. Mi accarezzai il collo, facendo il secondo sospiro nell'arco di pochi istanti.
Mi stava logorando.
L'ossessione per Yutaka mi stava lentamente logorando.
Ero combattuto fra l'amore che avevo scoperto di provare per lui e l'amore che provavo per il gruppo, per quella esplosione di meraviglia che avevamo creato, su cui avevamo sudato e faticato. Per la musica.
Non ero disposto a rinunciare alla musica.
Ma mi stavo pian piano accorgendo che l'amore per Yutaka aveva ormai superato l'amore per la musica. E questo non mi piaceva neanche un poco.
Appoggiai le mani sul davanzale della finestra. Una goccia ne colpì il vetro con piccolo e timido tonfo. Sfiorai con un dito la gelida superficie liscia del vetro, rabbrividendo.
"C'è qualcosa che ti preoccupa, Kou-chan?"
Normalmente avrei staccato un braccio a morsi a chiunque avesse avuto la malaugurata idea di chiamarmi Kou-chan. Nonostante il faccino angelico e i morbidi capelli biondi, non ero una bambolina fragile e delicata, ma un uomo con gli attributi, e non tolleravo che qualcuno non mi prendesse sul serio.
Ma non ero un idiota, e riuscivo a distinguere quando quel nomignolo era detto con disprezzo e derisione e quando mi veniva sussurrato con dolcezza ed affetto; riuscivo a ignorare i primi e a gioire dei secondi.
“Non è che mi preoccupi...piuttosto mi confonde...”
Gli lanciai un'occhiata di soppiatto.
“Se vuoi parlarne noi siamo qui...siamo i tuoi migliori amici, ti siamo vicini...”
Ripensai alle parole di Ryo.
Fino a quel momento era l'unico a sapere di questa mia fissazione. Credevo mi avrebbe preso in giro o – peggio, allontanato -, ma scoprii di averlo sottovalutato. Era una persona meravigliosa Ryo, nonostante nascondesse quello splendore sotto una maschera da coglione. Ero convinto del fatto che si vergognasse profondamente del suo animo buono e facesse di tutto per risultare come il bello e dannato, uno dei classici più amati dalle donne.
Stupido.
Sbuffai.
“E' tanto grave?”
Non risposi subito.
“All'inizio pensavo di no. Credevo fosse solo attrazione, una stupida cotta da adolescenti, ma mi sono reso conto che non è così. E' un ossessione, Yutaka. Un'ossessione. Una droga.”
Mi voltai, incontrando un suo sorriso comprensivo.
Avrei voluto strappargli quel sorriso dalla faccia, cancellare quelle sue labbra sorridenti. Una vampata di rabbia ceca mi colpì come uno scroscio di pioggia, ma mi trattenni. Mi limitai a stringere le labbra, corrugando la fronte.
“Ti sei innamorato, Kou-chan?”
Noi umani siamo essere strani.
E con strani non intendo vagamente strani, ma veramente bizzarri.
Non seppi il perchè. Non riuscii a spiegarmi quel mio gesto.
Feci rapidamente scivolare una mano sulla sua nuca, attirandolo prepotentemente a me. Incollai le nostre labbra, baciandole avidamente.
Quando pensai alle conseguenze di quel mio gesto sconsiderato e mi scostai velocemente da lui era troppo tardi. Era troppo tardi per evitare lo sguardo allibito che mi lanciò.
“Kou...” mormorò dopo un po'.
“Dimmi...”
“Io...”
“No, ho cambiato idea...non dire nulla...”, cercai di sfuggire al suo sguardo.
Erano mesi che cercavo di rivelare il suo vero volto, e non quella facciata perfetta e falsa, e adesso che finalmente vedevo quella perfezione sconvolta da un sentimento umano, scoprivo che non mi piaceva affatto. Puntai la porta, cominciando a fuggire, ma lui mi fermò afferrandomi per un braccio.
“Kouyou...mi dispiace...”
Rimasi stupefatto.
“E di cosa?”
“Di non poterti amare...”
Lo guardai con un espressione non propriamente intelligente.
“Sei una persona fantastica e meriti qualcuno che ti ami...e io quest'amore non posso dartelo...” mormorò tutto d'un fiato, arrossendo e chinando lo sguardo al pavimento.
Sorrisi, avvicinandomi a lui. I nostri nasi si sfioravano, i nostri respiri si mescolavano.
“E credi che questa sia colpa tua?”
“Non lo credo...è colpa mia...”
“Yutaka sei assurdo...” scossi la testa, sfuggendo al suo sguardo “...non credi che sia colpa mia, che mi sono innamorato di uno dei miei migliori amici, nonché leader del mio gruppo?”
Lui mi guardò torvo, corrugando la fronte, come se avessi detto la più grande cazzata del secolo. Era ridicolo con quell'espressione cupa, uno sguardo a metà fra l'offeso e il minaccioso, che forse poteva andare bene a Yuu quando lo prendevo in giro per quella sua ossessiva mania per i suoi capelli, ma non di certo alla quintessenza della dolcezza.
“L'amore non è mai sbagliato” dichiarò pomposamente. Frase da cioccolatini.
Sospirai.
“Certo, certo...” mormorai poco convinto.
Sussultai impercettibilmente quando mi sfiorò una guancia col dorso della mano. Sulle labbra un sorriso malinconico e colpevole. Avrei voluto dirgli che non era colpa sua, che non sarebbe cambiato nulla nello splendido rapporto d'amicizia che si era creato fra noi due, di non preoccuparsi...ma non me lo lasciò fare.
Posò timorosamente le sue labbra sulla mie, facendomi riassaporare il suo sapore. Il bacio non durò più di qualche istante, fu casto e timido, ma mi lasciò un senso di appagamento che raramente avevo provato prima di allora.
Si scostò da me arrossendo e nascose veloce il volto nell'incavo della mia spalla. Io passai un braccio attorno alle sue spalle esili e lo strinsi forte a me, appoggiandomi con la schiena al vetro freddo della finestra. Rabbrividii.
Quando alzai lo sguardo, poco ci mancò che scoppiassi a ridere, mandando conseguentemente a puttane la delicata atmosfera creatasi.
Sulla soglia della porta, in ordine di altezza come tre rincoglioniti nanetti da giardino, stavamo Yuu, Ryo e Takanori. Ryo stava in mezzo; con la mano destra tappava la bocca di Yuu, con quella sinistra quella di Takanori.
Mentre il vocalist esibiva una faccia totalmente allibita, magistralmente imitato da quel deficiente di Yuu, Ryo mi guardava con un espressione neutra.
Colse il mio sguardo e corrugò appena la fronte. Che diavolo è successo?
Lo conoscevo da troppo tempo per non capire i suoi segnali. Potevamo conversare per ore soltanto guardandoci in faccia, io e Ryo. Quando le parole non riuscivano a comunicare, fra noi due rimanevano solo sguardi.
Abbozzai un sorriso che di allegria aveva ben poco e abbassai lo sguardo a terra. Un rifiuto.
Quando lo rialzai il suo volto era malinconico. Solidarietà. Ti sono vicino.
Piegò leggermente il capo, sorridendo appena e con tristezza. Ti voglio bene.
Scostai lentamente Yutaka da me; mi regalò uno sguardo avvilito colmo di lacrime. Gli accarezzai piano i capelli, dirigendomi verso i divanetti. Prima di lasciarmi Yutaka alle spalle, mi soffermai un millesimo di secondo di troppo ad ammirare il suo volto.
Una lacrima scivolò fastidiosamente lenta sulla sua guancia paffuta.
Mi bloccai, fissandolo.
Cosa mi fregava se Yuu e Takanori avrebbero avuto qualcosa da sparlare nelle prossime settimane? Cosa me ne fregava, ora che il mio cucciolo stava piangendo?
“Il mio desiderio più cocente adesso, è innamorarmi di te, Kou...in modo da togliere quello sguardo ferito dal tuo volto”.
“Non dire stronzate...”
Mi pentii all'istante del tono duro con cui l'avevo rimbeccato e che lo fece sobbalzare lievemente.
“Dimenticami Kou...fallo per me, dimenticami...è l'unica cosa che ti chiedo...”
Lo guardai, gli lanciai un ultimo sguardo neutro.
“Farei tutto per te, Yutaka...mi getterei nelle fiamme se solo tu me lo chiedessi...perchè mi chiedi l'unica cosa che fisicamente non posso fare?”

{terminata alle ore 19:17 del 20 aprile 2009, ritocchi e correzioni esclusi, ascoltando Waking the Demon dei Bullet for My Valentine}



* Il bending è un effetto sonoro che si ottiene generalmente con le chitarre elettriche e che consiste nel suonare una nota di una corda e raggiungere il tono successivo tirando la suddetta corda in modo che abbia più tensione. In parole povere io suono una nota ed invece di spostare le dita sui tasti per suonare la nota successiva tiro la corda con le dita, in modo che sia più tesa che quindi il suono ne risulti diverso; la tiro finchè il suono non raggiunge la nota successiva. Non so se si è capito, ma se andate su wikipedia trovate spiegazioni molto più chiare ed esaurienti delle mie, che non saprei spiegare neanche come preparare un uovo sodo u.u
C'è il mio Maestro di Chitarra (ode a lui v.v) che ne ficca dentro uno ogni due per tre e a velocità pazzesche, e io sono lì con le mie tremanti dita storte che mi dispero perchè non ne sono capace ç___ç
Ma ce la farò anche io gente v.v
Ci sarà un giorno in cui mi ergerò alta con la mia chitarra e guarderò il mondo sotto di me...e saprete cosa dirò? Ah, ah, ah! Ecco cosa dirò!
{chiudiamo qua questo breve delirio d'onnipotenza}


Ora passiamo alle cose importanti...dunque, la shot u.u Inizialmente pensavo che il rifiutato sarebbe stato Kai. Ma poi dai, povero cucciolo, è sempre lui a soffrire e allora ho deciso di cambiare. Solo che ora mi sento in colpa per il povero Uru-pon ç-ç Ma alla fine anche il fossettoso Kai dall'animo buono e gentile soffre quindi, bah! u.u
Ci tengo in modo particolare a questa shot, trattatemela bene ^^


Aredhel Noldoriel: una pecora xDD Ho riso tre ore e tre quarti xDD Ehm, per proseguire...dal momento che io sono una cippa patentata sia con le recensioni sia coi ringraziamenti, mi spiace di non poterti dire più di grazie. Ma è sincero u.u
Un bacione <3

Riot Star: Oh, beh...cavolo ^///^
Ciack, la prima. La rifacciamo!
Ehm, ehm...beh, che dire cavolo grazie! ^^ ( e come la prima ma la lasciamo lo stesso u.ù); che poi dai, boh! ...allora, ascoltami bene...per me è un grandissimo onore ricevere complimenti da te, perchè pesno tu scriva benissimo e mi fa molto piacere che ti piaccia ciò che ho scritto. Bene. Strano ma sono riuscita a dire (almeno in parte) ciò che pensavo, e ciò mi riempe d'orgoglio u.u
Un abbraccio <3

jagansha: non ti abituare ai miei aggiornamenti veloci u.u è solo e puramente un caso che io aggiorni così in fretta u.u
Sono contenta ti piaccia il finale smielato e sdolcinato *-* Comunque l'avevo capito che ti piacciono le cose puccie xD Mi avevi dato questa vaga impressione ^^
Abbraccione <3

fliss90: Graaaaaaaaazie <3 Sono contenta ti piaccia la KaixRuki...sono così carini quei due assieme *-*
Baci ^^

BlackAngel: nessuno mai prima d'ora aveva definito le mie shot “il male” xD (tonta...nessuno mai prima d'ora aveva letto le tua shot u.u nd Coscienza)...uhm, è vero OoO Comunque, non era qui che volevo arrivare u.u Il male...ummmmmh, bello mi piace! Fa molto satanico xD
Per quanto riguarda Mawaru...u.u dunque...per adesso posso affermare con una certa sicurezza che è irrimediabilmente ferma ç-ç Poveri cuccioli ç-ç Non li lascio amare in pace ç____ç Però voglio finirla. Sono assolutamente determinata su questo punto u.u Voglio finirla e la finirò u.u
Per ora ti dovrai accontentare della shot u.u Che comunque mi fa piacere che tu apprezzi *-*
Me ne vo anche io facendo *sbrillsbrill*
Bacione <3

Deneb: TUUUUUUUUUU! OoO

Mi inchino al tuo cospetto u.u
Se io sono una delle poche ad averti sulla coscienza per averti iniziato al miracolo dello yaoi (*-*), tu mi avrai sulla coscienza per avermi fatto leggere (e letteralmente adorare) una fic etero...cioè cavolo, guardiamoci chiaro. La tua fic sui GazettE è un autentica meraviglia *-* Mi è presa la smania adesso di farmi un tatuaggio sulla schiena xD E tutti mi guardano storto u.u Tsk, incompetenti v.v
Comunque obiettivamente parlando u.u Complimenti. Non in che altro modo esprimerti tutta la mia stima u.u
Sono onorata di averti sulla mia coscienza u.u
Un abbraccio abnorme <3




Sto diventando vecchia e noiosa, ragazzi. Ma non posso fare a meno che ringraziare tutti i lettori, tutti coloro che recensiscono e tutte quelle buone anime che hanno messo questa mia raccolta fra le loro preferite:

GRAZIE




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Capitolo 6
*** {5} Nero's Decay (Aoi x Ruki) ***






{5} – Nero's Decay (Aoi x Ruki)

Titolo: Nero's Decay
Sottotitolo: Litigio
Rating: arancione
Segni particolari: adesso che ho preso la tangente, chi mi ferma più con le shot tristi? ç-ç E' triste, vi ho avvertito u.u
Però c'è il lieto fine ^^
Note: Ascoltate la canzone. Fatelo come favore personale nei miei confronti u.u
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)


Lo stereo era acceso.
In effetti non sapevo perchè l'avessimo acceso; alla fin fine nessuno dei due ci stava prestando troppa attenzione, nonostante il CD al suo interno stesse suonando le nostre canzoni preferite.
Eravamo distesi sul divano del salotto, un plaid blu scuro addosso.
Era disteso su di me, le braccia incrociate sul mio petto, sopra di esse il mento. Parlavamo sottovoce, quasi temessimo di essere sentiti da chissà chi.
La mia mano destra era fra i suoi capelli morbidi, quella sinistra persa in astratti disegni sulla sua schiena. Di tanto in tanto si sporgeva in avanti per darmi un bacio leggero.
Adoravo coccolarlo. Il suo peso caldo sul mio sterno mi faceva bene.
Takanori si allontanò dalle mie labbra, con un sorriso.
“Sta suonando Blue Star...” mormorò lui accarezzandomi una guancia con un dito.
Ci conoscevamo da più o meno un anno.
Solo 56 fottutissime settimane - solo 56 settimane! - da quando Kou me l'aveva presentato come un gran voce. Non si sbagliava.
Kou non si sbagliava mai quando individuava un talento.
Non si era sbagliato quando aveva pescato Ryo dal giro di droghe in cui era invischiato da quando aveva cominciato a camminare, e non si era sbagliato quando aveva incontrato per caso Yune in biblioteca, anche se poi era finita com'era finita. E qualcosa come un contratto a tempo indeterminato con una casa discografica come la PS Company mi diceva che non si era sbagliato, quando aveva accidentalmente versato la sua birra sui miei jeans, a quella festa di dieci anni prima.
Mi aveva presentato Takanori come una voce chiara e pulita, potente, ma dolce.
Ammetto di essere stato un po' titubante all'inizio; proprio non capivo da dove uno scricciolo come lui potesse fare le meraviglie che mi elencava il mio amico. Povero deficiente.
Non si era lasciato scalfire da dodici anni di prostituzione, non si sarebbe lasciato neanche sfiorare dallo sguardo dubbioso di uno sbarbatello viziato come me.

“Adoro questa canzone...”
Nascose il musino nell'incavo della mia spalla, facendomi il solletico col naso.
Adoravo quella sua...possiamo chiamarla finta innocenza. Sapeva di essere assolutamente irresistibile con quei giganteschi occhioni color miele, e sfruttava questa sua caratteristica in modo subdolamente tenero. Innocente lui. Come definire Kou astemio. O Ryo intelligente.
Okay, questa è una cattiveria gratuita. La ritiro.
Anche perchè si poteva dire tutto su di Ryo, che fosse irascibile e spesso e volentieri aggressivo, ma non che fosse uno stupido.
Takanori mi accarezzò timidamente il collo, come un bambino curioso, per lasciarci un piccolissimo bacio, sfiorando appena la mia pelle accaldata con le sue labbra piene.
Normalmente mi sarei eccitato solo a sentire il suo sguardo su di me, ma in quel momento c'era qualcosa, una piccola ma molesta spina nel fianco che mi impediva di concentrarmi come si deve su di lui.
Eravamo insieme da poco, due mesi e mezzo, massimo tre. Avevamo appena cominciato a scoprire i prematuri piaceri della convivenza e ciò non poteva che rendermi la persona più felice del paese del Sol Levante; tuttavia c'era qualcosa, un piccolo tarlo, la cosiddetta pulce nell'orecchio, che ultimamente mi impediva di godere appieno della mia nuova vita.
Probabilmente non era nulla, ma avrei preferito chiarire al più presto.
Decisi di prenderla larga, in modo di non insospettirlo troppo. Non doveva assolutamente credere che avessi passato le precedenti notti a pensare a questa cosa, togliendomi preziose ore di sonno, per altro già scarse di loro a causa della sua presenza nel mio letto.
“Dovremo trovare un altro batterista...”
Il suo sorriso scomparve, per fare posto ad un'espressione contrariata.
Complimenti, Yuu, razza d'imbecille. Vivissimi complimenti.
“Mi ero affezionato a Yune...”
“Anche io dolcezza...ma bisogna rispettare le sue scelte...”
Annuì malvolentieri.
Soffrii a vedere il suo volto segnato dalla tristezza. Ultimamente, ovvero da quando l'avevo conosciuto, il mio unico obiettivo della giornata era renderlo felice. Se questa mia voglia di viziarlo e soddisfare tutti i suoi desideri derivasse dal fatto che era un orgasmo psicologico vederlo sorridere o dal fatto che volevo chiudere per sempre quel lungo e straziante capitolo della sua vita, non so dirvelo. Forse entrambe.
O forse lo amavo semplicemente troppo per concepire anche l'idea di non vederlo felice.
“Ehi, Taka...vedrai che troveremo un batterista...non ti preoccupare, cucciolo...tutto si sistemerà...”. Mi fece dono di un sorriso luminoso, dandomi subito dopo un vivace bacio a schiocco sulle labbra.
D'un tratto gli si illuminarono gli occhi. “Yuta-chan!” strillò eccitato.
Avevo giocato bene le mie carte, arrivando esattamente dove volevo arrivare.
Sorrisi internamente.
“Yuta-chan? Vuoi dire Uke-san? Il tuo amico?”, avrei voluto aggiungere lo spacciatore? ma riuscii a bloccarmi in tempo. Era un bravo attore, lo ero sempre stato.
Uke Yutaka, ventenne e milioni di debiti. Il migliore amico di Takanori.
Yutaka spacciava fin dall'età di tredici anni.
Takanori l'aveva descritto come la più dolce e buona delle persona, con un carattere gentile ma deciso, che sapeva farsi rispettare. Questo l'avevo anche verificato quando ci aveva fatto visita, circa un mese prima. Una persona a dir poco meravigliosa; ancora non mi capacitavo del fatto che fosse finito in quel giro.
Curioso, il fatto che non avesse mai toccato neppure una canna in tutta la sua vita.
Takanori me l'aveva assicurato. Ma ormai avrete capito che se avesse affermato che i maiali volavano o che le nuvole erano bordeaux, io l'avrei impetuosamente sostenuto.
“Sì, lui!” annuì con foga “E' batterista, lo sai?”
Finsi sorpresa. Evitai di ricordargli che Yutaka stesso me l'aveva detto con un timido sorriso, il giorno in cui era venuto a trovarci.
“Ma dai! Pensa che coincidenza!”
“Mi ricordo che aveva spacciato roba pesante per almeno due anni per riuscire a comprarsi la batteria...” distolsi lo sguardo, a disagio.
La mia chitarra me l'aveva regalata mio padre, assieme ad un amplificatore professionale, un posto nell'Accademia della Musica di Tokyo e una stanzetta insonorizzata nel seminterrato.
Yutaka aveva rischiato di finire dentro spacciando per due anni per una cascante batteria di seconda mano; io aveva fatto un po' di capricci lagnandomi per circa dieci minuti per una Fender Stratocaster nuova di zecca, lucente e perfetta, oltre a due ore alla settimana di lezione e un piccolo studio dentro casa.
Takanori avvertii il mio disagio e il cambiamento della mia espressione. Conosceva il mio intenso disprezzo per i soldi di mio padre e saggiamente non fece commenti.
“E' molto bravo...è davvero bravo...”
Saltò su a sedere come una trappola per topi.
“Potrebbe fare lui il nostro batterista, eh? Che ne dici, Yuu-chan, potrebbe no?” entusiasta come un bambino, mi prese entrambe le mani, fissandomi negli occhi.
“Amore, non saprei...”
“Oh, Yuu, ti supplico!”, mi guardo implorante. Porca miseria, proprio non era in grado di resistergli.
“Ne parleremo domani con Ryo e Kou, va bene?”
Annuì con foga. “Grazie Yuu-chan!” mi stampò un caldo bacio sulle labbra “Ti amo da impazzire”. Avrei potuto anche morire in quel preciso istante, che sarei morto felice.
D'un tratto sentii la sua presa sulla mia camicia farsi più insicura.
“Ho parlato con Ryo-san...”, la sua vocetta, d'un tratto timida ed esile, mi riportò bruscamente alla realtà.
“Con Ryo?”
Annuì. Si morse un labbro, imbarazzato.
“Lo sai che ti amo? Che...non mi sono messo con te solo per uscire dal giro di prostituzione e che non ti sfrutto per i soldi, o per salvare il culo a Yutaka...” fece una pausa, pausa che non adoperai per ribattere per parlare solo perchè ero rimasto totalmente allibito “...ti prego di credermi quando ti dico che ti amo per quello che sei, e non per i soldi che possiedi...”
“Ryo ti ha detto tutto?” Tutte le mie preoccupazioni?! Tutto quel cazzo che gli avevo detto con la voce tremante e lo sguardo da psicotico in crisi di astinenza?!
Oh, cazzo.
Spalancò gli occhi. “Non è colpa di Ryo-san! Se non fosse stato per lui, avrei continuato a farti vivere nel dubbio per chissà quanto!”, si sedette sui talloni, guardandomi con tristezza.
Maledetta scimmia. Mi avrebbe sentito il giorno dopo.
Mi prese il volto fra le mani. “Non è colpa di Ryo-san...promettimi che non ti arrabbierai con lui...”. Assentii con uno sbuffo, alzandomi.
Mi infastidiva il fatto che Takanori fosse a conoscenza delle mie preoccupazioni a proposito della nostra storia. Non mi andava a genio il fatto che avesse scoperto quella mia debolezza.
Sapevo che Ryo l'aveva fatto con le migliori intenzione, ed ammetto che ciò che Takanori aveva appena detto mi riempisse di sollievo, ma non potevo fare a meno di provare risentimento per il mio amico.
Due esili braccia mi cinsero la vita.
“Ecco, ti sei arrabbiato...scusami...”
“No...sono solo...un po' infastidito, nulla di grave...”
Mi voltai con un mezzo sorriso, rubandogli un bacio.
“Hai fame? Preparo qualcosa...”
Annuì con un sorriso, che si quadruplicò appena le seguenti parole uscirono dalle sue labbra:
“Possiamo invitare Yuta-chan a cena?”
La spina si conficcò con più forza, più in fondo, dentro la mia carne.
Accennai ad un sorriso forzato.
“Certo, tesoro...”
Mi guardò curioso. “Non sembri felice...”
Merda.
“No, che dici! Mi fa piacere...”
“Non ti sta simpatico, vero? Che stupido, dovevo immaginarlo che...”
“Dai Taka, cosa dici? Yutaka mi sta simpatico, è solo che...”
“...solo che?”
Che imbecille. Potevo vedere quel “è solo che...” prendere la forma di una zappa dalla punta tagliente e calare crudele sui miei piedi.
Sbuffai impercettibilmente.
Tanto valeva andare fino in fondo, no? L'affare di Ryo mi aveva distratto dal mio obiettivo, ma forse quella era l'occasione di arrivare fino in fondo.
“Parli sempre di lui, Taka...racconti sempre di te e lui e...”
“Sei geloso?” mi interruppe lui. Abbassai lo sguardo al pavimento.
“Sì...”
“Yuu-chan, non ne hai motivo!” si avvicinò alzandomi il mento con due dita “Sì, siamo andati a letto insieme, ma è stato prima che ci con-”
“Voi cosa?!”
Rimasi a dir poco impietrito.
Qualcosa di freddo come la neve e viscido come un uovo crudo mi scivolò dentro lo stomaco, facendomi rabbrividire.
“Siete...stati a letto insieme?” sussurrai senza fiato. L'idea di Takanori fra le braccia di altre persone mi aveva sempre sfiorato. Si prostituiva, non potevo fare a meno di pensare a tutti le ignobili carogne che l'avevano toccato. Ma concepire l'idea che le labbra che lo avevano baciato erano quelle sorridenti di Yutaka, era assurdo. E a dir poco soffocante.
“Yuu, che ti prende?”
“Voi...siete stati...insieme!” borbottai strozzato dalla mia stessa ansia “Non me l'avevi detto!” strillai, quasi istericamente.
Mi fissò con uno sguardo stralunato. “Credevo non fosse importante!”
“Importante?!” urlai “Sei andato a letto con un altra persona, ovvio che è importante!”
Il suo sguardo si indurì.
Quando mi accorsi di aver detto una sonora stronzata, aveva già sostituito l'espressione di un bambino ingenuo con quella di una persona adulta e incazzata.
“Ero una puttana, Yuu...era il mio lavoro andare a letto con le persone...”
“Ti prego, non lo dire...”, il modo con cui si definiva una puttana, il modo in cui i suoi occhi saettavano bruschi mi faceva annodare le viscere.
“Non capisco perchè faccia differenza il fatto di essere andato a letto con Yutaka...”
“Perchè eri consenziente...perchè l'hai voluto tu...perchè tu in quel momento hai voluto andare a letto con lui...perchè lo volevi...”
Stavo crollando.
Non ero mai stata una persona forte. Delegavo il compito di essere forti agli altri, era quello il mio motto. E ora che ero di fronte ad una situazione critica, non riuscivo neanche a parlare senza tremare.
“E' questo il problema? Il fatto che abbia desiderato andare a letto con altre persone all'infuori di te? Ci siamo svegliati egoisti, Yuu?”
“Smettila!” esclamai d'un tratto. Una rabbia ceca e improvviso mi calò addosso come una seconda pelle “Credi sia facile? Guardarti e sapere che per dodici anni sei stato lì fuori in quella merda e io non ho potuto fare un cazzo, e io non sapevo neanche esistessi? Credi sia facile svegliarmi e pensare che se ti avessi conosciuto prima ti avrei risparmiato anni e anni di quella merda?!”
“Farti scopare da persone di cui non vedevi neanche il volto, anche cinque volte per notte, lo preferivi? Per dodici fottutissimi anni. Un fischio e facevo cambio quando volevi...”
Lanciai un gemito disperato.
Mi voltai con uno scatto rabbioso, per non vedere il suo sguardo.
Mi incamminai velocemente verso la cucina.
“Scappa ancora, Yuu...non sei capace di far altro...”
“Stai zitto...”
“Ho passato dodici anni a essere la bambola di qualcuno...non mi sono messo con te per essere la tua bambola, Yuu...”
“Ti ho mai trattato come una bambola?”
Fece un sospiro. Sembrava che la rabbia di prima l'avesse improvvisamente abbandonato.
“Sei stata la prima persona che non mi abbia trattato come una bambola, Yuu...la prima...”
Sospirai anch'io.
“Mi dispiace...” mormorò lui con uno sguardo triste “...mi spiace, ma non riesco a dimenticare...lo so che me l'hai chiesto, ma proprio non riesco a dimenticare...”
Mi avvicinai a lui, prendendolo per le spalle.
“Takanori...”
“Aspetta” mi interruppe, con un dito sulle labbra “Non ho finito...io non posso dimenticare...e in particolar modo non posso dimenticare Yutaka...”
Mugugnai insofferente.
Amavo Takanori. E conseguentemente facevo tutto ciò che di umanamente possibile c'era (e anche ciò che umanamente possibile non era) per farlo felice. Ma il rapporto intenso e profondo che condividevano Takanori e Yutaka era veramente esasperante per i miei nervi.
“Yuu...ti prego...”
“No, Taka...ti prego io...”
Mi guardò con gli occhi tristi.
“Non sono capace di sopportarlo vicino a te...ci ho provato, Takanori...ma non ne sono capace...”
“Yuu, io non poss-”
“Non lo voglio vicino a te, Takanori. C'è poco da fare, vicino a te io non lo voglio!”
Mandai all'aria tutti i miei buoni propositi di affrontare la cosa con leggerezza.
Mi comportai come un bambino che pesta i piedi e fa i capricci per non mangiare la minestra di verdure, ma questo lo capii solo ore più tardi.
Si allontanò da me, guardandomi torvo. Ero abituato a vederlo - per lo meno con me - sempre allegro e sorridente, come un bambino sospeso in un limbo di eterno Natale, e quella nuova facciata di rabbia sorda e ceca mi spaventava.
“Non vedo come questo dovrebbe essere un mio problema...”
“C-come?
“Se mi stai chiedendo di rinunciare a Yutaka, sappi che caschi male...”
“Takanori...”
“Non puoi chiedermelo!”, aveva praticamente urlato e la cosa non mi piaceva. Solo una volta l'avevo visto così nervoso ed agitato e non conservavo un buon ricordo di quella volta.
“Sei sempre bravo a parlare degli altri!”, mi spinse lontano. Fisicamente non mi fece nulla. Era uno scricciolo d'uomo e io ero più altro di lui di almeno dieci centimetri, nonché di svariati chili più pesante.
Ma ugualmente mi fece un male assurdo.
Lui che aveva sempre cercato il mio abbraccio, spingendomi lontano era come se mi avesse pugnalato il petto con un coltello, lacerando la mia pelle e il mio cuore, quell'ammasso di carne pulsante e scoordinato che ora batteva disordinatamente e assolutamente a casaccio.
“Ma che mi dici di te Yuu? Di te e Kouyou?”
Mi presi qualche istante per assemblare le sue parole e dargli un qualche significato logico razionale, ma non lo trovai.
Spalancai gli occhi così di scatto che per un istante mi figurai i miei bulbi oculari cadere dalle orbite e rimbalzare allegramente sul pavimento, e la cosa mi risultò comica. Per circa un millesimo di secondo, prima che dimenticassi all'istante tutte 'ste stronzate ed esclamassi: “C-cosa?!”
“Tu e Kouyou!” ribatté lui sibilando.
“Ma è assurdo!”
“No!” abbaiò furioso “Sai cos'è assurdo? Che tu ti rifiuti di baciare me davanti ai tuoi amici, però non ti faccia scrupoli di infilargli la lingua in bocca ad ogni concerto!”
Dire che rimasi allibito credo sia un gran eufemismo. Okay. Un abnorme eufemismo.
“E'...è fanservice!” riuscii a strillare con voce strozzata.
“Questo lo dici tu...”
Avete presente quello scherzo idiota della porta e del secchio dell'acqua?
Si mette un secchio d'acqua in bilico sul bordo superiore della porta e quando il coglione di turno la apre il secchio gli casca addosso bagnandolo tutto all'istante.
Ebbene. Io ero il coglione di turno. La porta era la soglia della mia pazienza. Io l'avevo aperta e varcata. E ora un secchio pieno di rabbia allo stato brado mi era caduto addosso, e la suddetta rabbia mi aveva ricoperto come una seconda pelle.
“Stai insinuando che me la faccio con Kou?”
“Perchè, non è forse così?”
“No, idiota non è così!”, avevo totalmente perso il controllo.
Come poteva pensare che lo tradissi?
Come poteva? Dopo che gli avevo dimostrato in ogni modo possibile di amarlo più di me stesso? Come poteva anche solo pensare che lo tradissi?
“Credevo di essere io solo, la puttana della situazione...”
“Non ti sbagliavi...”
Le sue grandi biglie color miele saettarono d'indignazione.
Prima di rendermi conto di avergli implicitamente dato della puttana, lui aveva già afferrato la giacca, dileguandosi fuori dal mio appartamento. La porta sbattè con sorda violenza, emettendo un tonfo che rimbombò per il vano delle scale.
Non una parola, non un insulto. Forse avrei preferito che facesse una scenata con pianti e soprammobili lanciati, piuttosto che questo.
Mi aveva lasciato solo.
Solo.
Faceva così male la solitudine intensa ed improvvisa che non riuscii neanche a piangere.

“Takanori? Pensavo fosse con te”
Merda...”
“Yuu, è successo qualcosa?”
“No”
Non gli diedi tempo di ribattere, interrompendo la chiamata.
Ero ancora irritato dal fatto che avesse spiattellato tutte le mie preoccupazioni al mio ragazzo, se potevo ancora considerarlo tale.
Abbandonai il cellulare sul divano, mettendomi le mani nei capelli.
Un coglione. Un emerito ed illustre coglione.
Lo sapevo di essere un idiota. Ma all'idiozia di tutti c'è un limite, no?
La mia no. La mia idiozia era senza confini.
Sbottai in un urlo rabbioso, colpendo il muro con una mano.
Il muro non si fece assolutamente nulla. Rimase lì inflessibile, come a deridermi della mia umana debolezza. In compenso la mia mano esplose in miliardi di scintille di dolore.
“Porca troia...cazzo, cazzo...CAZZO!!”
Afferrai la prima cosa che mi capitò fra le mani, scagliandola verso l'armadio a vetri.
Il soprammobile di bronzo lucido entro in rapida collisione con il vetro, che si infranse in milioni di schegge. Il pavimento si ricoprì di frammenti trasparenti e luccicanti.
Lo guardai schifato, con uno sguardo di puro disprezzo, prima di rendermi conto del macello che avevo fatto.
“Ma che caz-? Oh, vaffanculo!”
D'un tratto, come un fulmine a ciel sereno, la genialata mi fulminò e mi diede così tanto sollievo che quasi scoppiai a ridere.

Il vicolo era buio e maleodorante.
Avvertii due figure avvinghiate ridosso di un muro, ma le ignorai voltandomi dall'altra parte.
Quei luoghi mi disgustavano. Sporchi, densi di malavita, droga e prostituzione. Il pensiero di Takanori in quel posto mi dava il voltastomaco.
“Cerchi qualcosa, amico?”
Un uomo grosso come un macigno in caduta libera mi si parò davanti. Era molto più alto di me, e notevolmente più pesante. Sotto la maglia nera si intravedeva possenti fasci di muscoli, e sul volto burbero quei suoi due occhietti piccoli e ravvicinati mi fissavano con diffidenza.
Mi resi contro troppo tardi di avere l'abbigliamento adatto una festa e di certo a stare in un quartiere del genere. Sperai solo che mi scambiasse per un ricco e facoltoso cliente. Ma i ricchi e facoltosi clienti mandano i loro scagnozzi a fare il lavoro sporco, no? Ergo, io mi trovavo lì come i cavoli a merenda. E la cosa non andava a mio vantaggio.
Ostentai sicurezza, con uno sguardo altero e dignitoso cui ero molto abituato:
“Cerco Kai...e non sono tuo amico...”
Perfetto.
Ora, l'ultima frase potevo anche risparmiarmela.
Ma lo scimmione la trovò divertente. Sorrise, esibendo una fila di denti giallognoli e storti.
“Come vuoi tu, dolcezza...” che pezzo di stronzo “...cosa desideri da Kai?”
“Coca”, rimasi io stesso stupito dalla mia padronanza della situazione.
“Non la vende più da un bel pezzo...o ti accontenti di una bustina di “xyz” o alzi il culo...”
Esitai.
Avrei voluto chiedergli cosa cazzo fosse la “xyz”, ma decisi saggiamente che potevo fare a meno di quella conoscenza.
Per un istante fui seriamente tentato di scappare a gambe levate.
Mister Muscolo mi terrorizzava. A dir poco.
Ma ero del tutto intenzionato ad andarmene da quel posto assieme a Takanori, e niente avrebbe potuto farmi cambiare idea.
“Non la vende più, è vero...ma potrebbe trovarla, no?”
“Quanto?”
“Lascialo decidere a lui questo...”
“Forse non te lo puoi permettere, bellezza...”
“Ci sono tante cose che mi posso permettere, zotico...e una di queste è farti impallinare il culo dai miei amici...”. Ah, se la situazione non fosse stata tale probabilmente avrei ghignato internamente. Un boss della yakuza, ecco cosa sembravo. Perfetto, avrei potuto fare l'attore.
L'energumeno di guardò a lungo. Ad un certo punto fui convinto che mi avrebbe tirato un dritto in faccia, ma alla fine mi borbottò di non muovermi, sparendo dietro un muro.
Takanori.
Volevo Takanori.
Avevo un bisogno fisico di vederlo, di vedere che stava bene. Volevo mettere al più presto il maggior numero possibile di chilometri da lui e quel bordello a cielo aperto.
“Hai bisogno di compagnia, tesoro?”
Un ragazza dalle curve formose e ben piazzate, i capelli corti e neri le coprivano appena le orecchie e lasciavano scoperte le spalle senza spalline o maniche di alcun tipo. Indossava un aderente top di raso color confetto e una minigonna, che mostrava due splendide gambe muscolose e sode.
“Sakura, cambia aria...”
MI rivolse un sensuale sorriso, prima che lo scimmione la spingesse via. Sakura ancheggiò eroticamente lungo il vicolo, scomparendo dietro l'angolo.
Vidi un ombra scura coprire il sottile squarcio di luce che la luna proiettava sul marciapiede. “Chi mi cerca, Kyu?”
“Un signorino dei piani alti...un riccone che vuole farsi un giro di Coca...”
“Kyu, per favore...avverti Fujimoto che ho bisogno di un carico per domani...”
“Fujimoto non te la passa la Coca”
“Se ti dice qualsiasi cosa, ricordagli che mi deve un favore...”
Riconobbi la voce tranquilla e pacata di Yutaka, e poco dopo vidi il suo viso illuminarsi alla luce fioca della luna. Mi riconobbe all'istante, ma nascose abilmente la sua sorpresa dietro una maschera d'indifferenza.
“Vai, Kyu...”
L'energumeno mi lanciò un ultima occhiataccia, prima di voltarmi le spalle. Non vidi chiaramente la sua mano palpare il sedere di Yutaka, ma lo capii dall'espressione disgustata sul suo volto, e dal lieve sussulto che fece.
La vergogna si dipinse sul suo volto.
La stessa vergogna che avevo visto dipinta come un accurato affresco settecentesco sul viso ovale e fanciullesco di Takanori, circa un anno prima.
“Tieni a bada le mani, Kyu...o non aspetterò il parere del Boss per farmi giustizia da solo...”
“Non mi fai paura, Kai...”
Yutaka non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo a terra, evitando il mio, confuso e allucinato. Era palese che Kai non avrebbe fatto paura neanche ad un cucciolo e questo lo sapeva anche lui.
Quando Kyu si fu allontanato e i suoi passi smisero di echeggiare in quel vicolo soffocante, calò un silenzio strozzato.
“Cosa ci fa qui, Shiroyama-san? Cosa porta l'erede dell'impero Shiroyama nella mia umile dimora?”
Evitai di soffermarmi sul tono ironico e sarcastico cui era impregnata la sua voce. C'era una sola cosa che mi premeva in quel momento.
“Takanori...fammi parlare con lui, ti prego...”
Assunse un cipiglio incuriosito.
“Takanori?”
Qualcosa nel luccichio sorpreso dei suoi occhi sinceri, mi disse che Takanori non si trovava lì.
Un uovo crudo ghiacciato come la neve mi annodò lo stomaco su se stesso.
“Non è da te?” sibilai inorridendo.
Scosse la testa. Merda. Merda.
Merda.

Un potente schiaffò mi svegliò di colpo.
Mi alzai a sedere con lo stesso scatto di una trappola per topi, ribaltandomi dalla sedia. Battei il sedere sul gelido marmo d'ingresso e il plaid mi cadde addosso come un manto leggero, coprendomi la testa e impedendomi di vedere chi mi aveva svegliato.
Imprecai, prima di lanciarlo lontano.
In effetti ricordo che avvertii distrattamente il rumore di qualcosa di metallico (un altro soprammobile?) che ubbidiva docile alla gravità assieme al suddetto plaid, ma ricordo anche benissimo che non ci feci caso.
Takanori mi lanciò una lunga occhiata neutra, prima di voltarsi e chiudere la porta. Tolse lentamente le chiavi dalla serratura, dandomi le spalle per interminabili secondi. Vidi le sua spalle alzarsi ed abbassarsi in un profondo sospiro.
“Takanori...”, avrei voluto che la mia voce risuonasse decisa e limpida, ma quello che ne uscì fu lo strozzato pigolio di un pulcino bagnato che ha perso la mamma.
Accolsi con timore la seconda occhiata neutra che mi diede, accovacciandosi davanti a me. Ah, già. Ora che ci pensavo ero ancora goffamente seduto a terra, in quella sgraziata posizione in cui ero caduto.
“Togliti la camicia”
“...eh?”
“La camicia, genio...toglila”, ripeté cupo, dando uno strattone alla stoffa. Ubbidii, confuso.
Il fatto che era tornato mi riempiva di gioia.
Ma quel comportamento era insolito. Che volesse l'ultima scopata prima di lasciarmi?
Mi congelai, bloccandomi sul quarto bottone.
No.
No, è assurdo.
No, non voglio crederci.

No. No! No, no, no e ancora no. NO!
Lo fissai spaventato. Prima ancora che io o il mio orgoglio potessimo accorgercene, mi misi a piangere come una fontana. Non riuscivo a bloccare le lacrime, e cominciai a singhiozzare come un bambino.
La sua carezza sulla mia guancia bagnata mi risanò come una medicina.
“Yuu-chan, perchè piangi?”
“Non mi lasciare...”, Kami-sama, ti prego ricordami il momento in cui ho deciso di essere così patetico!
Mi baciò.
Con un certa irruenza.
Avrei dovuto pensare a...ma chi vogliamo prendere in giro?
Pensare? Io?
Quando quell'assatanato figlio di Eros si stava sedendo sulle mie gambe, torturandomi le labbra con la sua lingua?
Pensare? Nah, non faceva per me.
Strinsi le mia braccia attorno alle sua spalle, impedendogli la fuga. Lo baciai avidamente, trascinandolo disteso sopra di me. Effettivamente mi stava infilzando una penna nella coscia, e sinceramente non capivo cosa cazzo gli servisse una penna nella tasca dei pantaloni, ma ero così...riempito fino all'orlo - e forse anche di più - di gioia e di lui che non riuscivo neanche a pensare bene.
“Taka...Takanori...”
“Shh!” mi ordinò imperioso, tappandomi la bocca con una mano. Seduto a cavalcioni sul mio bacino, a torso nudo e...ehm, quando la sua maglietta era finita laggiù? O, ma chi se ne frega!
Insomma, per farla molto, ma molto breve, era meraviglioso. Ed esageratamente sensuale.
Mi tirai su a sedere, sovrastandolo. Lo spinsi contro il mobiletto dell'ingresso, facendo toccare le nostre fronti. I nostri respiri si mischiavano, sentivo il suo affannoso sfiorarmi le labbra e non potei non baciarlo ancora.
“Aspetta, Yuu...”
Lo guardai implorante.
“No, aspetta...ti devo dire una cosa...”
“Può aspettare...”
“Anche tu!” mi rimbeccò con un broncio che sapeva tanto di un sorriso.
Un sorriso. Un sorriso. Oh, Dei del cielo, grazie.
“Takanori...sono un idiota, lo sai...non devi prendermi sul serio quando dico quello stronz-”
Mi chiuse la bocca con la sua. Posò semplicemente le sua labbra sulle mie, immobili.
Fece un gran respiro, nascondendo il suo volto nel mio collo e lo sentii sorridere sulla mia pelle, il suo respiro mi accarezzò la pelle. Non lo vidi a causa del buio, ma le parole che disse dopo poco mi fecero capire che era un sorriso d'amarezza.
“Yuu, io sono una puttana...”
Oh, porca miseria.
“Takanori...” cominciai.
“No!” esclamò esasperato, alzando il suo sguardo su di me “No, Yuu! Niente Takanori, ascoltami per favore!”
Rimasi in silenzio, zittito dalla sua foga. Lui sospirò, prima di incrociare le braccia dietro al mio collo ed abbassare imbarazzato lo sguardo.
“Sono una puttana, Yuu...lo sono sempre stato...ho venduto il mio corpo per pochi spiccioli, mi hanno dato poche migliaia di yen per provare dolore ed essere trattato come un -”
“Non dirlo...” e di nuovo lacrime “...ti prego, Taka, non lo dire...perchè devi farti e farmi del male?”
“Voglio che tu capisca...sono una puttana Yuu, vivere con te non cambierà questo...stare insieme a te non lo cambierà...”
Perchè veniva fuori con questi discorsi? Cazzo.
“Perchè dici così?”
“Perchè è la verità...” mi sorrise accarezzandomi una guancia “Ma devi sapere una cosa...”
Mi baciò teneramente le labbra, mentre le sue dita si perdevano fra i miei capelli.
“Io sono la tua puttana”
Inghiottii a vuoto, mentre il mio cuore sembrò opportuno mettersi a fare salto con l'asta e finire da qualche parte, lassù nell'esofago.
Sentii il mio corpo rispondere erratamente alla sua voce sensuale: le sue parole erano orribilmente eccitanti, ma sapevo che non era giusto.
Un minimo di senno lo conservavo ancora e provai quindi a protestare. Inutile dire che ogni mio tentativo fu vanificato dall'ostinata persona che mi sedeva sul bacino.
“Non lo dire”
“Tu puoi tutto su di me...ogni singola cellula che mi compone è di tua proprietà...puoi fare di me ciò che più ti aggrada, Yuu...”
Quella conversazione stava sfociando nell'erotico o era una mia impressione?
No, non dovevo farmi distrarre.
“Questo non fa di te una puttana...”
Sorrise come un bambino malizioso. “Forse hai ragione...tu e il tuo amore mi impedite di essere una puttana...” mi stavo seriamente eccitando; il mio corpo reagiva senza il mio consenso ”...ma niente di ciò che dici mi impedisce di essere tuo...”

{terminata alle ore 19:07 del 28 aprile 2009, ritocchi e correzioni esclusi,ascoltando Nero's Decay degli Alesana}




Soddisfatta, soddisfatta e ancora una volta...soddisfatta!
Sì, gente...ci ho lavorato parecchio su questa shot. L'idea iniziale verteva in tutt'altra direzione, quindi in pratica ho dovuto riscriverla da capo ^O^ Però sì, sono soddisfatta di come ne è uscita.
Ora, vorrei aggiungere una cosina. Ma non so se posso u////u
Vabbè, chissene, io la dico lo stesso:
Non so voi...ma io un Ruki così me lo scoperei a sangue.
Ehm...that's all ^///^


LADY_youkai: grazie mille! ^O^

Aredhel Noldoriel: allodola! XD Io ti promuovo a barbagianni u.ù
Felice che ti piaccia cneh questa, sei troppo buona ^^

misa_chan: Oh, cavolo...sei troppo gentile con me ^O^ Non sai quanto mi facciano piacere i tuoi complimenti. Credo che l'apprezzamento degli altri sia la cosa più soddisfacente per una “scrittrice” (o quasi) come me ^^
Grazie!

LadyWay: beh, per quanto riguarda il capitolo precedente, mi ha colpito la tua interpretazione. Sinceramente avevo pensato a qualcosa di diverso, ma mi piace come l'hai intesa tu ^^ Io pensavo i sogni fan parte di noi, e bisogna lottare per tenerli dentro di sé. Quindi io già mi immaginavo il capitolo successivo (io non sono adatta a fare shot, perchè continuerei all'infinito xD) con loro assieme, un rapporto complicato, ma loro decisi a mandarlo avanti <3 Ah, che smielata che sono xD
Comunque grazie della recensione! ^O^

Riot Star: innanzitutto un grazie enorme, e non solo per i complimenti ( amio parere immeritati) e la recensione. Quant'è passato dal giorno in cui quasi per caso ho aperto la tua fic? Ho riso fino alle lacrime, lacrime che ho versato per davvero...l'ho già detto che mi è rimasta dentro, e ci è rimasta permanentemente. I tuoi complimenti quindi, non possono che lusingarmi.
Grazie di cuore, Riot Star.

jagansha: è triste sì ç___ç così triste che mi veniva, da grande baka quale sono, da piangere mentre la scrivevo ç__ç Ma poi, ho scritto dei tre pirlotti e mi è subito tornato il buonumore...ti giuro, me li figuravo come tre rimbambiti nanetti da giardino con gli occhioni spalancati xDDD Che razza di figura, gli ho fatto fare xDDD
Spero ti piaccia questa shot, anche se è tristissima anche questa ç___ç
Grazie! ^^



Allora, piccolo annuncio.
La prossima shot, intitolata Lonely Day è un po' particolare...cioè. Diciamo che è complicata da rendere. Io avrei tutto già in testa si picchietta la fronte, ma il difficile è metterlo per iscritto. Anche perchè la versione ufficiale cambia ogni due secondi, e segue gli sbalzi d'umore e le idee della scrittrice ^^
Ma mi sto impegnando in questi giorni. Quindi credo di riuscire a completarla sufficientemente in fretta. Come anche potrebbe volerci molto tempo. Quindi, nel caso passi molto tempo dal prossimo aggiornamento, vi chiedo enormemente scusa.
Anche perchè, ve lo svelo in anteprima, sto lavorando ad una long fic nuova, in collaborazione con la mia musa ispiratrice Jo, e vorrei che ne venisse fuori bene. E poi, neanche a dirlo, sto lavorando al completamento di Sekai wa Mawaru u.u
Come vedete sarò un pelo impegnata in questi giorni, mi dispiace se non riuscirò ad aggiornare in fretta u.u
Ah, comunque...vi ringrazio dal profondo.



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Capitolo 7
*** {6} Lonely Day (Uruha x Aoi) ***






{6} Lonely Day (Uruha x Aoi)

Titolo: Lonely Day
Sottotitolo: Tradimento
Rating: Arancione con una sfumatura rossastra...ma rimane sempre arancione u.ù
Segni particolari: okay, allora...tradimento. Questa shot è stata un parto, vi avverto. Perchè volevo riuscire a cogliere ogni più piccola sfumatura e non sono capace di capire se ci sono riuscita. Volevo una shot intensa e di carattere, ma il finale è smielato, e avrei voluto qualcosa di più energico. Tutta via sono felice di come mi sia uscito Yutaka. Di solito è visto come un enorme gattone coccoloso, io ho voluto vederlo come un personaggio un po' ambiguo e misterioso. A voi decidere se ci sono riuscita o meno.
Il finale: il finale non porta da nessuna parte. Ve lo dico adesso, così mi metto l'anima in pace v.v
Detto questo, ci vediamo in fondo u.u
Note: sorpresina a fine capitolo ^^ Chi va a guardare prima di aver letto la shot lo lincio...anche perchè è legato al contenuto della shot, quindi guai se vedo qualcuno che va in fondo senza leggere è.é
Zut! Ti ho visto sai? è.é
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)



“Vaffanculo, Yuu! Va' e rimanici fino alla fine dei tuoi giorni, pezzo di stronzo!”
Uscii da casa, chiudendo la porta dietro di me.
Rimasi qualche istante sul pianerottolo di casa.
Conoscevo Yuu. Conoscevo troppo bene quel suo fottuto orgoglio, che d'altra parte aveva contagiato anche me, e sapevo che non mi sarebbe corso dietro implorandomi di perdonarlo.
Non lo avrei fratto neanche io, figuriamoci.
L'unica cosa che forse amava più dei suoi capelli e della sua Mercedes era la sua reputazione.
E non l'avrebbe mandata a puttane, neanche se glie l'avessero comandato gli dei del cielo.
Sapevo che non mi avrebbe seguito.
Ma, cazzo, da qui a non muovere un dito!
Non una parola per discolparsi, non avevo visto l'ombra della tristezza nei suoi occhi color nocciola scuro. Come se litigare con me - con il suo ragazzo, con la persona che diceva di amare - gli fosse del tutto indifferente. Stronzo.
Nella mia mente si formulò quasi automaticamente il pensiero della sua auto.
E delle mie chiavi su di essa.
Mi vidi sogghignare e rigare quella meraviglia dell'ingegneria automobilistica.
La vergogna mi assalì ancor prima di aver finito di formulare quel pensiero. Ero uno sciocca ragazzina innamorata che provava il bisogno di vendicarmi in modo così infantile?
No, Kouyou, devi mostrargli che anche a te è indifferente.
Ma chi volevo prendere in giro?
Mi ero sgolato come un oca nella stagione degli amori e l'avevo insultato in tutte le lingue del mondo con le lacrime agli occhi mentre lui mi guardava con quella faccia da coglione: era palese che la cosa non mi era indifferente.
Decisi di andarmene in silenzio, onde evitare di umiliarmi ancora.
Poi ci ripensai, aprii con uno scatto la porta (riuscii a vederlo ancora immobile e leggermente stupito ai piedi delle scale) e la sbattei con tutte le mie forze.

“Cosa desidera?”
Fissai quel ragazzino dalla voce acuta.
Aveva i capelli neri. Ma non del nero inchiostro e lucente del mio Yuu, un nero opaco e fumoso, più grigio molto scuro che nero. E non erano lisci. Almeno non naturali.
Non era un gran bellezza. Era magro, ma di una magrezza scheletrica, non atletica e sana. Si spostò i capelli dalla fronte.
No, non era bello.
O per lo meno, non degli standard di bellezza cui ero abituato stando con Yuu.
Yuu aveva le labbra sensuali e carnose, gli zigomi alti e due occhi che della mandorla aveva la forma e il colore. Le mani grandi e affusolate, le spalle larghe e la vita stretta, due gambe sode e sottili e un sedere che era la fine del mondo. Yuu era sinuoso come un filo d'erba, ed altrettanto flessibile, come mi era stato ampiamente confermato dal sesso dolcemente violento di ventiquattrore prima.
Mi faceva rabbia il fatto che nonostante fossi incazzato con lui, mi tornassero alla mente i lussuriosi ricordi della sera prima. Dio, mi aveva totalmente distrutto.
Un amante assolutamente eccezionale, ecco cos'era. Maledettamente eccezionale.
Nonostante fosse un illustre stronzo, riusciva a farmi dimenticare ogni suo più piccolo sgarro con uno sguardo da gatto sensuale ben piazzato.
E con questo non voglio dire che la nostra fosse una storia di solo sesso.
Lo ammetto, il nostro non era un rapporto pieno di conversazioni: preferivamo affidare ai movimenti dei nostri corpi ciò che eravamo troppo orgogliosi per dire a voce. Era un rapporto molto fisico il nostro e non mi era mai pesato il fatto che non riuscissimo a comunicare bene.
Amavo Yuu e a dispetto di tutte quelle persone che credevano il contrario, non passava giorno senza che ringraziassi gli dei del cielo per avermi dato la possibilità di farmi amare da lui.
Lo amavo assolutamente senza riserve. Di questo ne ero totalmente certo.
Tuttavia ero in quel pub fumoso.
Con quel ragazzino petulante che aveva tutta l'espressione di volerci provare.
Sbuffai.
Nonostante l'aria da adolescente cresciuto troppo in fretta, aveva un non so che di affascinante.
Forse i suoi occhi.
Non erano neri o scuri come la maggior parte dei giapponesi, ma blu molto scuro, del colore del cielo notturno. E poi brillavano, brillavano come lucine di Natale. E poi non erano a mandorla, ma tondi come biglie e grandi come fari. E poi erano intensi. Tanto intensi.
Forse era un occidentale.
“Vodka liscia”
Mi sorrise.
Un sorriso un po' obliquo e timido, ma tutto sommato un bel sorriso.
“Arriva subito”
No.
Aveva il tipico accento molto calcato di Fukuoka, uno di quegli accenti che fanno parte del patrimonio genetico di una razza. Solo i giapponesi di Fukuoka riuscivano a parlare in quella maniera, nessun occidentale, neanche se nato e vissuto lì, sarebbe mai riuscito ad imitarlo.
Quando si fu allontanato, incrociai le braccia sul tavolo e vi appoggiai il mento sopra, sbuffando.
Fui davvero molto tentato di fuggire da quel posto sudicio e tornare a casa.
Volevo Yuu, volevo il suo sguardo su di me, non mi importava se sarebbe stato uno sguardo accusatorio, avevo bisogno di lui. Un disperato bisogno di lui.
Yuu mi aveva contagiato con la sua presunzione, ma non potevo ancora dire che l'allievo aveva battuto il maestro. Nessun'altra persona in tutta la mia vita riusciva ad essere fredda e insensibile come lui. Nessuna.
Sospirai.
Dovevo farne ancora di strada, se speravo di sostenere il suo sguardo senza sentirmi un buccia di banana ammuffita e calpestata. Cosa che accadeva puntualmente quando litigavamo.
E devo dire che ultimamente litigavamo spesso.
“Ecco qui”
Borbottai un grazie che di grato non aveva nulla e presi in mano il bicchiere.
Ora che l'avvilimento stava pian piano scemando, sopraggiunse la rabbia.
Come osava quello stronzo trattarmi così? Come osava, quando non passava un attimo senza che gli dimostrassi la mia devozione e il mio amore? Come osava rifilarmi quello sguardo da coglione patentato, come se valessi meno di zero? Come se fossi una briciola sul suo cammino e lui mi stesse solamente spazzando via, con un aria di disprezzo e superiorità?
Oh, se avessi potuto tirargli un dritto in faccia ed infrangere quella sua espressione odiosa, l'avrei fatto, statene certi. Ma, andiamo, come avrei potuto rovinare quella meraviglia che gli dei del cielo avevano creato? Che patetico.
Bevvi un sorso di vodka.
Brutto bastardo.
Brutto ignobile e spregevole bastardo.
Mi morsi un labbro.
Se sperava di vedervi tornare a casa strisciando con la coda fra le gambe, si sbagliava di grosso. Non mi avrebbe mai più viso tornare da lui ubbidiente come un cane.
Sbattei il bicchiere sulla superficie sudicia dea tavolo e strinsi il bordo fino a sbiancarmi le nocche. Dovevo avere una faccia da psicotico in crisi depressiva, perchè il ragazzetto mi si avvicinò premuroso.
“Signore, si sente bene?”
Lo fissai a lungo, incenerendolo con uno dei miei peggiori sguardi.
Yuu ne era totalmente immune. Anzi, gli facevano ridere i miei vani tentativi di guardarlo male. Ma questo non voleva dire che non avessero effetto sulle altre persone.
Il ragazzetto indietreggiò impercettibilmente.
Vuotai la mia vodka in un solo colpo. Mi andava di fare il teatrale.
Mi leccai le labbra, raccogliendo le ultime gocce di alcool.
“Quando finisci il turno?”

“Aspetta!”
Bloccai le sue mani sul mio petto e il respiro affannoso mi sconquassava i polmoni.
Che cazzo sto facendo? Kou, rincretinito, che cazzo fai?!
Mi guardò con venerazione.
“Come ti chiami?”
Mi lanciò uno sguardo languido. “Puoi chiamarmi Naoki...Kouyou...”, pronunciò il mio nome con trepidazione reverenziale, in modo diametralmente opposto a quello sensuale ed erotico con cui Yuu mi chiamava quando facevamo l'amore.
“Chiamami Uruha” ordinai imperioso; lo vidi annuire energicamente mentre le sue mani mi sbottonavano timidamente la camicia.
Che ne era della persona che me la strappava di dosso senza pietà, fregandosene altamente se era costata un bordello di soldi? E che ne era della persona che mordeva aggressiva la mia pelle, ora che Naoki me la stava baciando timorosamente? Che ne era di Yuu?
Per la misericordia degli dei, che cazzo sto facendo?
Alzò lo sguardo e mi fissò. I suoi occhi erano blu cupo, scintillavano.
“Lo so che sei occupato...che sei off limits...”
“Che ne sai tu?” lo rimbeccai acidamente.
Mi fece un sorriso dolce, prendendomi la mano destra. Me la sventolò sotto al naso.
Sull'anulare, c'era un anello sottile in oro bianco.
Potete benissimo immaginare la persona che me l'aveva regalato.
Come potete benissimo immaginare la faccia da ebete patentato che feci quando, qualche settimana dopo, mi accorsi che lui ne indossava uno identico alla mano sinistra. Le poche volte che ci tenevamo per mano i due anelli cozzavano fra loro e producevano un lievissimo suono metallico. Dei, avrei potuto sciogliermi, la prima volta che mi fermai ad ascoltare quel suono.
Ora, mi sa che devo mettere una cosa in chiaro.
Dalle mie parole forse si può intuire (erroneamente) che Yuu fosse un amante freddo e distaccato.
Niente di più falso. O meglio, non completamente.
Mi amava. Già dopo due mesi che provavano faticosamente a stare assieme avevo ormai perso il conto di quante volte me lo avesse dimostrato, coi più piccoli gesti. Dopo due anni che condividevano l'appartamento (sempre faticosamente), non provavo più alcun dubbio.
Mi amava tanto quanto l'amavo io. E forse un po' di più.
Ma in anni e anni che era rimasto scottato, aveva sviluppato questa sorta di diffidenza automatica verso le persone. E questa sua barriera talvolta si frapponeva fra me e lui.
E questo era il risultato.
“Sì, sono fidanzato...e allora?”
“Aoi non lo apprezzerebbe”
Sussultai.
Dimenticavo che i fan sembravano saperne sempre più di te sulla tua vita privata.
“Taci” gli ordinai, e zittii eventuali proteste mettendogli bruscamente una mano sulla bocca.
Il suo sguardo lucido ed adorante non mutò neanche un istante.
“Aoi adesso non è qui...datti da fare per farmelo dimenticare...” mi pentii quasi immediatamente dal tono duro che avevo usato “...ti prego...” aggiunsi flebilmente abbassando lo sguardo a terra.
Lui mi abbracciò, facendomi posare la testa sulla sua spalla.
“Farò come desideri, Uruha...”
Dei del cielo, aiutatemi...fermatemi, vi imploro.

Era quasi mattina, quando tornai a casa.
Le strade ordinate e pulite del nostro quartiere erano appena rischiarate dall'alba rosata e non c'era traffico. Parcheggiai la mia macchina di fronte al grande cancello in nero ferro battuto.
Aprii la porta silenziosamente, chiudendomela in fretta alle spalle.
Pregavo gli dei che Yuu stesse ancora dormendo.
Avrei afferrato Hellion e sarei andato a fare colazione in un bar, poi in sala prove.
Come minimo avrei avuto cinque ore intense di prove no stop da dedicare interamente a pensare a cosa gli avrei detto quando saremmo tornati a casa. Non mi avrebbe mai fatto una scenata di fronte agli altri, avevo dalla mia il suo fottuto e sconfinato orgoglio.
Mi infilai in fretta le chiavi in tasca e fin dall'istante in cui vidi il bordo plaid color crema sul pavimento, seppi che il mio piano era andato a farsi una cannetta e che non era per nulla intenzionato a svolgersi come avevo pensato e previsto.
Il mio cuore trovò opportuno mettersi a fare la maratona di New York, aumentando vistosamente la velocità dei battiti.
“Ciao” mormorò lui. Era seduto sugli scalini, imbozzolato dentro il plaid e aveva gli occhi gonfi, ma dubitavo che avesse pianto. Yuu non piangeva mai.
Molto probabilmente era rimasto alzato tutta la notte ad aspettarmi e a quello era dovuto il gonfiore dei suoi occhi. Mi sentii ancora più meschino.
Risposi con un debole cenno del capo.
“Ti ho mandato dei messaggi...ti ho anche chiamato, ma avevi il cellulare spento...”, la sua voce era stanca e roca.
Più tardi, guardando il telefonino, vi avrei trovato sedici - non una di meno, non una di più – sue chiamate e almeno sette messaggi. Come se lo sguardo avvilito con cui mi guardava in quel momento non fosse bastato a farmi sentire una merda.
Mi fece cenno di sedermi accanto a lui e ubbidii.
Calò un silenzio soffocante.
Di tutte le carognate che potevo fargli, colorargli i capelli di verde durante la notte e rigargli l'auto comprese, tradirlo era di sicuro la peggiore.
“Mi dispiace, Kou” sussurrò dopo un po'. Lo vidi appoggiare il mento sulle braccia incrociate che aveva puntato sulle ginocchia; era il ritratto dell'avvilimento e nonostante fosse un bravo attore, qualcosa nei suoi grandi occhioni color nocciola, mi faceva capire che era sincero.
Il plaid scivolò a terra senza un rumore e lui lo ignorò.
“Io...sono uno stronzo, lo so...”
“Yuu...” pigolai con voce strozzata.
“No aspetta...io lo so di essere uno stronzo...vorrei non avessi mai visto questo lato di me...” sorrise con amarezza, voltandosi verso di me “Ti amo, Kou...ti amo così tanto che potrei morirne...”
Mi accarezzò una guancia un un dito.
Molto probabilmente fu in quel momento che sentii tutta la rabbia sorda e ceca che mi aveva posseduto, svanire, scivolare via come acqua su di un ombrello.
Mi diede un bacio leggero come una piuma.
“Non credermi quando dico quelle stronzate...ti prego, non prendermi mai sul serio quando dico quelle cose...” mormorò sulle mie labbra e il suo respiro sul di esse non mi era mai sembrato così bello.
Si staccò dal bacio, mi diede un ultima, lieve carezza, prima lanciarmi uno sguardo disperato.
“Hai il profumo di un altro...” sussurrò, e vidi finalmente, la maschera di Yuu crollare irrimediabilmente sotto il peso delle sue lacrime strazianti.
Si alzò in fretta, vergognandosi forse, di farsi vedere così debole ai miei occhi.
Non posso dire cosa provai in quel momento.
Il dolore che mi stracciò il petto è indescrivibile. La parola umana non riuscirà mai, per quanto vasta e articolata che sia, a descrivere i sentimenti umani, men che meno qualcosa di così intenso e profondo come il dolore.
Potrei infiocchettarvi qualche parolone antiquato, usare sinonimi dal suono accattivante, ma non riuscirei a rendere un briciolo di quello che provai in quel momento.
Posso solo dirvi che il dolore era tale da annullarmi.

Il rumore dell'acqua scrosciante, seppur invadesse il tetro silenzio dell'appartamento, riusciva a coprire solo in parte i suoi singhiozzi.
Avevo fatto credo la peggiore cazzata della mia vita.
“Yuu?”
Non rispose.
“Yuu, amore? Yuu, ti supplico...ti scongiuro, fammi entrare...”
Provai a forzare la maniglia, ma la porta era chiusa a chiave.
Sapevo che percuoterla e urlare non sarebbe servito a molto. Era molto testardo,e io non era mai stato granché persuasivo. L'unica era aspettare che si calmasse e decidesse di suo pugno di uscire dal bagno. Cosa che, da quanto prevedevo, non sarebbe accaduta molto presto.
Mi limitai ad accovacciarmi a terra, poggiando stancamente la fronte alla porta.
Ed ora che ero lì, inginocchiato davanti al bagno, come un fedele che chiede il perdono o il miracolo all’altare della sua divinità, mi tornò in mente la prima volta che ci eravamo baciati.

Avevo appoggiato la schiena alle sue ginocchia, sedendomi stancamente sulla sedia.
Mi piacevano quei piccoli quotidiani contatti fisici. Mi piaceva sentire l'affetto dei miei amici attraverso amichevoli pacche sulle spalle o scherzosi coppini sulla nuca. Mi piaceva sentire il calore attraverso i vestiti e sapere che quel calore sarebbe stato capace di avvolgermi come una coperta, in caso di bisogno.
Ero terrorizzato all'idea di rimanere solo. La solitudine, seconda solo alla morte, era la mia più grande paura.
Così mi appoggiai alle sue ginocchia, beandomi della sensazione che mi davano le sue ginocchia puntute fra le scapole, allo stesso tempo rilassante e fastidiosa. Tanto per mettere una cosa in chiaro, sembrava di aver piantate due coltelli da bistecca nella schiena.
Però mi beai di quel contatto.
Avrei potuto farlo con Takanori, che sedeva tranquillo sul divano e con cui condividevo un rapporto più fisico ed affettuoso (e che aveva delle ginocchia meno acuminate), ma mi appoggiai alle ginocchia di Yuu per il semplice motivo che mi dava noia il pensiero di chinarmi a sedere per terra. Yuu stava seduto sul tavolo, i piedi appoggiati alla sedia.
Mi ero innamorato per il semplice fatto che ero troppo pigro per sedermi per terra.
Così mi sedetti e poggiai la schiena sulle sue ginocchia. A quegli aguzzi disossa-pesci che aveva al posto delle ginocchia.
Yutaka stava trafficando con delle carte, Ryo era seduto accanto a Takanori, le ginocchia raccolte al petto, le orecchie coperte da un enorme paio di cuffie da studio collegate al suo basso, che stava strimpellando da almeno mezz’ora; l’unico rumore che si sentiva era il fruscio dei documenti di Yutaka e il costante incedere delle dita di Ryo sulle corde spesse del suo strumento.
E il lieve brusio della musica che Yuu stava ascoltando dall’I-Pod.
Sentii che portava il busto in avanti e poggiava i gomiti sulle ginocchia, appena sopra le mie scapole.
Si era fatto crescere i capelli, ultimamente. Solitamente li portava appena sotto le orecchie, in quello strano taglio asimmetrico, con un ciuffo più lungo davanti al viso. Erano lunghi, quella sera, lunghi, neri e lucenti come inchiostro su un foglio di carta. Sottili e morbidi fili d’inchiostro mi sfiorarono la testa e io li tirai con un fare a metà fra il dispettoso e lo scherzoso. In risposta lui mi diede una lieve testata.
Magari potreste scambiare questi gesti come effusioni fra due innamorati, ma a quel tempo mai mi sarei immaginato che saremmo finiti assieme. Lo ammetto, avevamo sviluppato un rapporto particolarmente intenso, ma eravamo amici e gli stessi giocosi dispetti che gli stavo facendo, avrei potuto farli con un membro qualsiasi della mia band.
Era la nostra seconda famiglia, e noi cinque eravamo come fratelli.
Yutaka si alzò di scatto, la fronte corrugata; teneva in mano un documento spiegazzato. Non c'era traccia di sorriso.
Takanori alzò lo sguardo dall’interessantissima crepa nel muro che stava fissando imbambolato da almeno tre quarti d’ora e guardò il nostro leader.
“C’è qualche problema, leader-san?”
Yutaka strinse le labbra, producendo un verso incomprensibile: “Nnh, devo parlare con Okinawa-san…” mormorò concentrato. Senza alzare lo sguardo attraversò la stanza; si stampò in faccia un sorriso che rasentava il materno (indossò il suo abito di scena), infilò la porta e scomparve nell’intricato labirinto di corridoi della PS. Takanori guardò la sua figura scomparire dietro lo stipite, prima di immergersi nuovamente nell’osservazione del muro.
Sbuffò all’improvviso, dopo qualche istante, alzandosi.
Afferrò il suo pacchetto di sigarette che stava sul tavolino basso davanti al divano, borbottò un sintetico “Pausa-stizza” e uscì dalla stanza.
Osservai distrattamente la porta chiudersi una seconda volta, per tornare al mio passatempo del momento. Infastidire Yuu.
Reclinai un po' la testa all'indietro, osservandolo sotto sopra. Teneva gli occhi chiusi, dondolando appena il viso a ritmo con la musica.
Gli tirai una ciocca più lunga che mi era scivolata sulla tempia. Gliela tirai un po’ più forte. Una tirata che suonava molto come la richiesta d'attenzione di un bambino troppo piccolo per farsi notare in altro modo se non tirando la gonna della mamma.
“Cosa c’è bellezza?” mi chiese dolcemente, togliendosi una cuffia dall’orecchio.
“Fai ascoltare anche me” gli risposi con un tono un po’ capriccioso, sporgendo le labbra in un accenno di broncio bambinesco.
Lui sbuffò, fingendo fastidio. Mi passo la cuffia che aveva in mano, chinandosi in avanti per non tendere troppo il corto filo dell’I-Pod. Il suo respiro tranquillo mi sfiorò la fronte.
Jimi Hendrix.
Little Wing.
Oh, dei, che musica sensuale.
Abbandonai la testa sulle sue ginocchia, gli occhi chiusi come un gatto che fa le fusa con un ebete sorriso d’estasi sul muso. Era orgasmo allo stato puro, quella canzone.
Adoravo Jimi Hendrix.
Per il solo fatto che fosse riuscito a reinventare il rock con la chitarra elettrica e avesse raggiunto vette a cui nessun altro dopo di lui si era minimamente avvicinato, meritava di essere il mio idolo numero uno.
Little Wing, poi, mi aveva sempre dato questo senso di pace e sensualità mischiati assieme. Una sensazione strana, ma che mi donava intensi brividi che mi annodavano la spina dorsale.
Fu in quel momento, versato in uno stato comatoso di simil-rincoglionimento post coito, che sentii la sua mano sfiorarmi la spalla, dandogli una fugace carezza, prima di scivolare rapidamente sul petto ed infilarsi dentro alla mia camicia, complice del caldo torrido che emanava il riscaldamento a palla della PS e che mi aveva fatto slacciare i primi bottoni.
Rimasi qualche istante così allibito che non riuscii ad emettere un suono.
Avrei potuto aprire gli occhi. Ma devo ammettere che la sensazione delle sua dita sul mio petto, associata alla stuzzicante colonna sonora, mi stava un poco eccitando.
Così decisi di ignorare il fatto che fossero le mani di Yuu, del mio tenebroso amico del liceo, che mi stavano donando quei piccoli brividi e mi abbandonai ai suoi tocchi. Mi aspettavo che mi pungolasse le costole con un dito o che mi facesse il solletico, buttandola in scherzo con quel suo sorriso enigmatico che pian piano avevo imparato a decifrare ,che mi mormorasse all'orecchio una battutina maliziosa sui fanservice che inscenavamo sul palco, ma non fece nulla di tutto ciò. Anzi.
Mi baciò la fronte.
Il suo piercing freddo mi solleticò la pelle, quando scivolò con le labbra sulla tempia, sullo zigomo; il suo mento mi sfiorò l'orecchio, quando si sporse e baciarmi il collo.
Mi inarcai leggermente per lasciargli più spazio di azione.
Portai una mano sulla sua, accompagnandola nei lenti movimenti circolari attorno al mio capezzolo. L'altra incontrò automaticamente la sua nuca, stringendola; lo tirai verso di me.
Dei, era bravo. Sensuale, ma non volgare, dolce, ma allo stesso tempo deciso.
Mi stavo eccitando come un dodicenne di fronte ad un porno.
Mi mordicchiò la pelle sotto il mento, prima di darmi un bacio.
E che bacio.
Mi infilò prepotentemente la lingua in bocca, solleticando la mia ancora mezza istupidita dalla situazione e mi mordicchiò un labbro.
Una limonata in piena regola signori miei. Nonostante fosse un bacio sottosopra, erratico e disordinato, ignorai volutamente il sottile rivolo di saliva che scivolò sul mio mento, e penetrai con più intensità in quelle labbra, in una fedele imitazione dei pensieri a dir poco erotici che mi sconvolsero in quel momento
Forse fu proprio allora, quando le sue mani (quella che non era occupata a torturami il petto mi accarezzava lentamente la nuca, perdendosi in profondi massaggi circolari sulla pelle dietro l'orecchio) e la sua lingua mi stavano facendo sciogliere come burro al sole, che compresi perchè Yuu avesse tanto successo in amore, al contrario del sottoscritto.
Anche quando si staccò dal bacio, lanciandomi quel suo sguardo enigmatico, l'eccitazione che mi aveva messo in corpo non svanì. Anzi, sembrò quadruplicarsi in risposta al movimento erotico che la lingua fece sulle sue labbra, come se volesse raccogliere fin la più piccola sfumatura del mio sapore.
Non potei fare altro che incollarmi nuovamente a quelle labbra, scacciando definitivamente ogni più piccolo dubbio.
Un bacio.
Mi era bastato un bacio complice di uno sguardo eloquente, per farmi perdutamente innamorare del mio migliore amico di sempre. In pochi istanti.
“Okay, per oggi abb...” Yutaka ci rimase di sale. Letteralmente.
La mascella gli cadde a penzoloni, mentre cercava di scampare al prossimo colpo apoplettico che gli stava venendo. Diventò paonazzo, spalancando comicamente gli occhi.
Inutile dirlo che lo seguii ed imitai con maestria.
Yuu invece, neanche a dirlo, lo guardò con uno sguardo pacato e neutro.
“Dicevi, Yuta-san?”
“Ehm...prove finite...” borbottò tremendamente imbarazzato, appiccicando gli occhi al pavimento. Yuu mormorò un pigro verso d'assenso.
Saltò agilmente giù dal tavolo, s'infilò il cappotto nero e la sua fedele sciarpa scarlatta; lanciò una fugace occhiata a Ryo, prima di richiamare la sua attenzione tirandoli un debole calcio sul ginocchio. Ryo si riscosse da un sogno ad occhi aperti, guardandolo confuso.
Yuu gli fece un cenno con il mento, al quale il nostro bassista rispose arricciando le labbra e strizzando le palpebre. Questo, nella sua universalmente conosciuta lingua dei macachi, voleva essere un saluto affettuoso.
Yuu scosse la testa, raccogliendo le sue sigarette. Si voltò a guardarmi (io sentivo lo sguardo bramoso di sapere del nostro leader puntato in mezzo alla schiena, la stessa identica sensazione delle ginocchia/coltelli di Yuu piantate nelle vertebre), nello stesso istante in cui Takanori rientrava in saletta, aprendo la zip dell'immensa felpa nera dentro la quale navigava quel giorno.
“Vieni, Urupon?”
Come facevo a non ubbidire?
Nonostante mi mettessero alquanto in imbarazzato i tre sguardi curiosi che mi pungolavano le scapole, lo seguii, accettando di buon grado e anche con una certa gioia bambinesca e pudica, la mano che mi offrì e la sensazione delle sue dita intrecciate alle mie. Quella sera andai a casa sua.
La mattina dopo, mi svegliai nudo nel suo letto, il suo odore che ancora mi penetrava le narici, il suo bellissimo volto addormentato poggiato sul petto, il suo respiro vivace sul collo.

Il flusso di ricordi (i ricordi di come si era lasciato sottomettere senza un fiato dimostrandomi per la prima volta da quando lo conoscevo che si fidava di qualcuno, ricordi di quanto dolci erano state le sue labbra su di me, e di quanto emozionante era stato il mio nome sulle sue labbra) si interruppe nell'istante stesso in cui sentii i suoi singhiozzi venir strozzati. Rimasi in ascolto per circa un millesimo di secondo, mi bastò avvertire quel gorgoglio soffocato, appena udibile sotto lo scroscio dell'acqua, bastò quello a farmi saltare in piedi come un salmone.
Picchiai sulla porta, urlando. “YUU!”
Nulla.
Il silenzio più pesante e tetro che avessi mai sentito.
D'un tratto mi ricordai della terrazza. Forse persi anche troppo tempo a darmi dell'idiota patentato per non averci pensato prima.
La nostra camera da letto si apriva in un gigantesco terrazzo in cui passavamo estati intere, collegato attraverso una porticina al bagno principale. Stupido, Kou.
Mi precipitai in camera, sorpassando abilmente i nostri vestiti sparsi sul pavimento. La mia camicia spiegazzata giaceva sopra i suoi jeans rigorosamente neri, accanto a un calzino accartocciato e un paio di boxer.
Reduci dalla nottata precedente. Ragazzi, che notte.
Faceva freddo in terrazzo: rabbrividii. Spalancai la porta del bagno e pregai gli dei del cielo di darmi il mio Yuu, avvolto in un accappatoio, con un sottile sopracciglio inarcato ed un sorriso sarcastico. Li pregai inutilmente, di vedere il suo sguardo trapassarmi, la sua voce deridermi.
Quando mi lanciai dentro al bagno, la prima cosa che notai fu l'acqua saponata sul pavimento. Ricopriva il pavimento subito sotto la vasca e si spandeva come una macchia d'olio, rapidamente. Il tappetino era zuppo.
Lo afferrai per il lembo della camicia che ancora indossava, tirandolo fuori dall'acqua. Lo ribaltai fuori dalla vasca, e poco me ne importò del gemito che diede cozzando contro il mobiletto o dell'abnorme quantità di acqua che si tirò dietro.
Il rubinetto era ancora aperto.
Lo spinsi contro la porta, spaventato - terrorizzato - gli feci alzare il mento con due dita e cercai in quel viso tremendamente pallido e dalle labbra di un malsano colore scuro un qualunque segno che mi dicesse che c'era ancora una ragione per vivere.
Mi rispose con uno sguardo confuso, boccheggiando. Il suo respiro era spezzato da singhiozzi e tremiti, ma c'era. Era presente in mezzo a quella caotica accozzaglia di gemiti e fiatone.
L'acqua era ghiacciata. La sua pelle era gelida sotto le mie dita, il suo corpo tremava scosso da violenti tremiti.
Gli mollai un ceffone che sapeva tanto di pugno, così poderoso che gli rivoltai il viso come un calzino. Il labbro cominciò a sanguinargli. Mi accorsi subito di averlo colpito con la mano che indossava l'anello, ma cercai di ignorarlo.
Era bagnato come un pulcino. Lunghe ciocche corvine gli si erano appiccicate al volto, sugli zigomi alti e sulla fronte segnata da rughe d'espressione. I suoi occhi mi squadrarono a lungo, neutri. Poi, improvvisamente, mi diede un pugno così forte che venni sbalzato all'indietro dalla mia posizione accovacciato sbattendo violentemente la testa contro il lavandino.
Gemetti di dolore, mentre sentivo il cranio aprirsi in due.
Mormorai un imprecazione soffocata, ricordandomi di lanciargli uno sguardo torvo.
La voglia di spaccare quel bel faccino e ridurli ad un ammasso sanguinolento di connotati spaiati mi assalì con ferocia. Lui mi sorrise dolcemente, prima di gattonare verso di me e darmi un bacio dolcissimo.
“Ho freddo...” mormorò scosso dai brividi, cingendomi il collo con le braccia.

“Non mi volevo suicidare”
Stetti zitto. La cosa più saggia da fare mi sembro rimanere muto come un pesce.
“Non mi sarei lasciato annegare...non l'avrei mai fatto. Sono troppo vigliacco per suicidarmi”
“Yuu...”
“Stai zitto”
“...”
“Uruha, ti amo”
“Non chiamarmi Uruha, ti supplico”, quanto? Quanto era doloroso sentirmi chiamare così da lui?
“Non posso chiamarti in altro modo...Kouyou mi ha annientato, ma Uruha no...Uruha è sempre buono e sorridente con tutti, per questo lo amo”
Non era degno di stare fra le sue braccia. Ne mi meritavo lo sguardo adorante ed innamorato che mi rivolgeva. Ne meritavo la sua presenza, il suo amore, i suoi dolci baci e le sue carezze infuocate, non meritavo nulla di lui. Neanche respirare la sua stessa aria.
“Yuu...” neanche so perchè lo chiamai. Infondo era lui l'innamorato tradito della situazione...e allora perchè mi stava consolando? Perchè mi stringeva fra le sue braccia baciandomi i capelli, perchè mormorava che tutto era okay, perchè lo faceva, perchè?
“Ma nonostante tutto...” proseguì ignorando il mio patetico richiamo “...amo troppo Kouyou per non dirglielo, troppo per tenergli il broncio...” sorrise, alzandomi il mento con due dita, nelle fedele imitazione della scena di qualche ora prima, quando avevo cercato nel suo volto cinereo un segno che mi dicesse che era ancora vivo.
“Kou, ti amo troppo...perciò ho deciso di dimenticare...”
“Ma Yuu...”
Non è successo nulla...sei uscito, hai smaltito la rabbia, sei tornato a casa e abbiamo fatto l'amore...fine della storia” sorrise ancora, accarezzandomi una guancia.
“Yuu, io...”
“Non mi interessa, Kou...non me ne frega niente del marmocchio che ti sei scopato, micio...voglio solo che tutto torni come prima...” il suo tono gentile mi faceva male al cuore, e probabilmente sapeva di ferirmi profondamente. Ma non vidi traccia di desiderio di vendetta nei suoi occhi scuri attraverso i quali si guardava dentro di lui come in un film: lui voleva davvero che tutto tornasse come prima, voleva davvero dimenticare, ignorare, chiudere un occhio e ricominciare.
“Yuu, ti amo”
“Lo so, micio...l'ho sempre saputo”

{terminata alle ore del 2009, ritocchi e correzioni esclusi,ascoltando Lonely Day degli System of a Down}




Eccomi qua.
Cominciate pure a tirarmi i pomodori per aver scelto per il capitolo tradimento una coppia così bella. E' vero, ho detto che per me Uruha era assolutamente ed indiscutibilmente etero, ma parecchie fic mi hanno fatto cambiare idea, perciò eccoci qua.
Questa coppia è dinamite, a mio parere. Una delle pochissime coppie in cui i ruoli sono interscambiabili e vige un armonia deliziosa...e io la vado ad infrangere xD
Dunque, eccomi. La shot/parto. E' da un bel po' che ci lavoro su a questa shot e non avrei concluso un cavolo sotto sale senza il vostro aiuto u.u Senza il vostro supporto e le vostre recensioni, avrei abbandonato ben presto il progetto...quindi ragazzuoli miei, fatevi un bel applauso, ve lo meritate u.ù Grazie di tutto, vi adoro.


Aredhel Noldoriel: signora barbagianna *-* Lei mi onora coi suoi complimenti u.u Se Ruki non è dannatamente sensuale e stuprabile in quella shot *ç* è l'incarnazione vivente del sesso, il figlio prediletto di Ero, è...okay, chiudiamola qui u///u
Grazie ancora, non mi merito lettrici così buone *-*

fliss90: emozionare e colpire erano i miei obiettivi principale, quindi puoi immaginarti quanto felice mi faccia a sapere che ci sono riuscita ^^ Spero apprezzi anche questo capitolo ^^

Riot Star: non riesco mai a recensire come vorrei i tuoi capitoli ç___ç perdona una lettrice così poco attiva...molto spesso proprio non ne trovo il tempo; altre volte leggo e rileggo e rileggo e rileggo e non riesco nient'altro da dire se non braverrima...ma sto diventando banale ^^
Grazie per i complimenti, che poi fatti da te, quadruplicano il loro valore u.u
Bacione <3

jagansha: in effetti è stata davvero complicata questa shot >.< perchè non volevo fare la solita storia lui lo tradisce, ma l'altro lo ama troppo e lo perdona. Volevo si che tutto finisse per il meglio (sono per i finali felici io u.u), ma volevo che comunque si avvertisse la profonda sofferenza di Yuu, volevo che si capisse che è un enorme battaglia contro il suo ego e il suo orgoglio, quella che lui affronta per salvare l'amore per Kou u.u Volevo che si capisse che è rimasto profondamente segnato da questo, ma che continuerà a lottare con le unghie e coi denti per Kou u.u
Ecco, qui stava il complicato xD Spero di essere riuscita a renderlo bene ^^
Un abbraccio <3

LadyWay: onorata che ti piaccia il mio FINALE xD Tendenzialmente io sono una cippa coi finali, quindi sono assolutamente felice che ti piaccia ^^
Grazie davvero infinite <3

BlackAngel: mi sai che dovrai aspettare più che pazientemente xD Mi dispiace dirlo, ma sta procedendo moooooolto a rilento ç____ç e non perchè non ci siano idee...anzi, ce ne sono anche troppe u///u ma quando mi metto a scriverle non escono come vorrei, m'impappino e va tutto educatamente a gigolò ç___ç
Comunque nel frattempo mi diletto nello scrivere queste shottine che mi rendono una più orgogliosa dell'altra ^^
Grazie della recensione <3









Sorpresina ^^
Dal momento che questo episodio mi era venuto in mente durante latino e volevo assolutamente inserirlo da qualche parte e non ci sono assolutamente riuscita, lo metto sotto forma di mini extra, spero gradirete ^^
Non è niente di che, solo mi ispirava un risveglio/bacio così ^^
Colgo l'occasione per inserire in modo più completo il personaggio di Yutaka.


EXTRA
Eravamo in corriera.
Yuu stava dormendo. Portava un grande paio di occhiali da sole e la testa gli era scivolata dallo schienale, appoggiandosi al finestrino. Il colletto del cappotto che non si era tolto gli copriva le guance, facendolo assomigliare ad un rannicchiato fagottino pasticciato dentro un cappotto.
“Mah! Che deficien-”
Tappai la bocca a Ryo, interrompendo quella sottospecie di urlo animalesco che si era lasciato sfuggire in direzione di Takanori, che dal suo canto ridacchiava sommessamente.
“Lo svegli” mormorai al mio bassista, indicandogli con un cenno del mento la figura addormentata di Yuu. Ryo scrollò le spalle, pestando con falsa forza il piede a Takanori. Lui si limitò a sorridere con faccia supponente, accendendosi la prima sigaretta della giornata.
Non sapevo cosa aveva detto Takanori per irritare Ryo. Ed è anche vero che Ryo si irritava con una certa frequenza e facilità; l'unica cosa che mi rimase impressa di quella scena fu il sorriso che mi fece Yutaka, quanto distolsi lo sguardo dal mio chitarrista preferito.
Yutaka sorrideva spesso. Ma erano rari i suoi veri sorrisi.
Sorrideva per necessità, per immagine, per ottenere favori e per nascondere segreti. Ma di rado lo vedevo sorridere di gioia autentica. Nonostante fosse visto da tutti come un paffuto gatto coccolone, Yutaka era una persona complicata, dai sentimenti contorti ed intensi, impulsivo e introverso, dal carattere troppo remissivo e un amore quasi morboso per la musica.
La sua vita pubblico era un palcoscenico, e il suo abito di scena era luminoso e sgargiante, diametralmente opposto agli abiti grigi e consunti che indossava privatamente.
L'abito di Yutaka era un concentrato di positività e bei sorrisi, falsa gioia che tutti oramai conoscevano. Ma erano in pochi ad aver visto il vero Yutaka.
La cicatrice che portavo nella piega del gomito, era la testimonianza della mia appartenenza a quel gruppo di pochi.
Mi sorrise quel giorno.
Era un sorriso vero, che gli nacque spontaneo in gola, lo si vedeva da come i suoi occhi brillavano. Gli sorrisi di rimando, cercando di mettere in quel sorriso tutto ciò che non avevo mai avuto il coraggio di dirgli.
Lui distolse subito lo sguardo, osservando il paesaggio di sterminate piantagioni da tè al di fuori del finestrino. Si mordicchiava nervosamente un unghia. Si strinse il braccio sinistro, bianco e magro, martoriato da vene bluastre in evidenza e fori scuri.
Ryo lo guardò di sottecchi.
“Smettila di torturati il braccio, Yuta-san...”
Lui gli lanciò uno sguardo torvo e cupo. Si morse un labbro.
“Ne ho bisogno...”
“Non toccherai più quella meda endovena, Yutaka, non finchè avrò respiro...”
Yutaka arrossì, chinando il capo. La vergogna prese possesso del suo viso.
“Smettila di fare il saccente, Ryo” lo riprese tranquillamente Takanori, portandosi la sigaretta alle labbra. Diede un piccolo colpetto al ginocchio di Yutaka, con dorso della mano.
Giusto per fargli sapere che non avrebbe mai sentito la sua voce armoniosa giudicarlo ed accusarlo. E mai compatirlo.
Quello che c'era rimasto più di sale era stato sicuramente Ryo. Quello che aveva reagito peggio, con violenza ceca e sorda, con sguardi carichi di incredulità mista a rabbia.
Proprio non era riuscito ad accettare il fatto che Yutaka si drogasse.
Proprio non s'era capacitato di non essersene mai accorto, in quei tre anni di profonda ed intensa amicizia.
Era sempre stato un tipo forte, il nostro leader; aveva affrontato tutto con determinazione, di petto, combattendo con unghie e denti. C'erano stati dei giorni in cui i suoi sorrisi erano reali e genuini, dettati dalla gioia intensa che era una costante fissa nel suo carattere. Amava la vita Yutaka, e lo dimostrava con energia e determinazione.
Poi era crollato. Come un sacco privato del suo contenuto era crollato a terra. E non si era più rialzato.
Il bassista lo guardò tristemente, probabilmente chiedendosi dove fossero finiti i bei giorni in cui ognuno dei suoi numerosi sorrisi era vero ed autentico.
Mi alzai dal mio sedile, raggiungendo quello accanto a Yuu.
Dormiva immobile, senza emettere un solo suono che non fosse prettamente necessario. Quante volte avevo appiccicato l'orecchio al suo petto per sentirgli il respiro, che pareva assente in mezza a quell'immutabilità da statua? Quante volte mi ero spaventato a morte svegliandolo con uno scrollone agitato, quante volte lui mi aveva lanciato sguardi carichi d'indignazione per aver turbato il suo sonno serafico?
Mi fermai a guardarlo.
La sua fronte sempre aggrottata era liscia e appianata, le sopracciglia distese, le labbra priva di quella specie di smorfia d'intolleranza che da sempre lo aveva caratterizzato. Era un uomo superbo e capriccioso, che amava nascondere il suo lato generoso e amorevole, dietro una spessa mano di presunzione.
Maschera che però, il sonno si portava via come un gatto che ruba la bistecca da sotto il naso addormentato del cane.
Mugugnò nel sonno, voltandosi dalla mia parte.
Con fare dispettoso, gli chiusi il naso con due dita. Si lamentò un poco, emettendo un tenerissimo verso insofferente, per poi schiudere le labbra con un intenso sospiro.
Proprio dove volevo arrivare.
Non persi un attimo e lo baciai, portando una mano alla sua nuca.
Rimase qualche istante immobile, mentre mi beavo di assaporare ogni più piccolo sapore e sfumatura di quella bocca. Poi lo sentii rispondere assonnato.
Quando mi staccai, il suo volto era incredibilmente disteso e tranquillo, distorto da un sorriso innaturalmente sincero. Si mise gli occhiali da sole in bilico sulla testa, spettinando leggermente l'intoccabile messa in piega. Anche nel disordine, i suoi capelli avevano un aspetto così sacro che i ciuffi che fendevano taglienti l'aria sembravano l'opera di un artista e non frutto di disattenzione.
“Devo svegliarti più spesso così, Yuu-chan...sei così bello quando sorridi...”
Emise un pigro verso soddisfatto, stiracchiandosi come un gatto. La sua schiena disegnò un arco dalla curva perfetta, mentre portava una mano dietro la mia nuca e mi attirava in un bacio sensuale. Le sue mani raggiunsero presto i miei fianchi, portandomi sopra di lui. Il poggia gomito centrale del sedile mi stava scavando un buco nello stomaco, ma Yuu e la sua innata maestria nel farmi ignorare il mondo reale, me lo fece ben presto dimenticare.
Quando l'aria assente dentro ai miei polmoni mi costrinse a malincuore ad allontanarmi dalle sue labbra, lo guardai. Mi morse il naso con fare dispettoso. Io ridacchiai.
“Ehi, piccioncini!” ci chiamò il nano con finto disprezzo; non mi sforzai neanche di voltare a guardare cosa accidente volesse; tenni gli occhi piantati in quelle mandorle screziate di nocciola.
“Cosa vuoi, nano?”
Qualcuno mi picchiò con forse troppa violenza sulla testa. Dall'anello che mi perforò lo scalpo, dedussi che fosse proprio lo scricciolo canterino.
“Pausa-cibo”, solo in quel momento mi accorsi che la corriera si era fermata.
“Vuoi dire pausa-sigaretta” lo corresse subito Yuu, alzandosi; quando lo imitai fece scivolare una mano sul mio fianco tirandomi a sé. Mi baciò sotto il mento.
“Pausa-bagno, altrochè!” esclamò Ryo, stringendo le gambe a x.
Inutile. Per quanto fosse romantica o tesa l'atmosfera, il solo guardarlo in faccia mi rievocava le sue battute, le sue cazzate, le sue fisse e e le sue ossessioni e tutto ciò di assolutamente esilarante che c'era in lui. Sghignazzai.
In quello Yuu interruppe la mia risata strusciando il naso contro il mio collo. Non era da lui essere così affettuoso e coccolone, perciò decisi di cogliere l'occasione ed assecondarlo, accarezzandogli la nuca e passando le dita fra i suoi capelli.
“Siete diabetici!” ci accusò con falso sdegno Takanori, menando il mento per aria.
“E tu sei un tappo, nessuno ti dice niente però!”, Ryo gli cinse le spalle con un braccio, picchiettandogli con l'altra mano sulla testa. Poi si voltò indietro, tendendo un braccio verso Yutaka.
“Yuta-chan, vieni” gli mormorò con un debole sorriso.
Yutaka lo guardò stupito. Mi ricordò l'immagine di un bambino che viene improvvisamente accettato in un gruppo che l'aveva sempre allontanato. Il sorriso che gli nacque pian piano, lievitando come panna montata, fu uno dei più luminosi che fosse mai stato in grado di fare.
Ryo gli cinse le spalle con un braccio, mentre lui passava una mano sul suo fianco.
Riuscii a vedere solo un fugace ed intenso sguardo, prima che quei due si mettessero a chiacchierare come i buoni e vecchi amici che erano sempre stati, dimentichi della terribile scoperta di qualche giorno prima, dimentichi della rabbia e delle lacrime.
Così si allontanarono quei tre, abbracciati assieme, come se gli screzi e le urla di qualche giorno prima non fossero mai esistite.
“Dobbiamo stargli vicino”
“A chi?”
“A Yutaka...sta passando un periodo di merda, dobbiamo stargli vicino...”
Annuii. Poi mi voltai verso di lui con un sorriso, punzecchiandogli una guancia.
“Hai il segno degli occhiali!” lo canzonai indicandogli un segno rosso sullo zigomo “Sembri il Re dei Pagliacci!” lo presi in giro, pizzicandogli il naso. Mi sentivo in vena di dispetti.
“E tu sembri il Sovrano degli Imbecilli!”
“E tu hai i capelli spettinati”, mi guardò con sdegno, ma fu lesto a portarsi una mano fra i capelli; quando si accorse che la sua pettinatura era impeccabile e che lo stavo prendendo in giro, assunse un delizioso colorito roseo.
Mi baciò a tradimento.
“Sei vanitoso” lo accusai io, allacciando le braccia dietro al suo collo. Posò la fronte sulla mia: i suoi occhi da vicino erano una miriade infinita di sfumature.
“Tu bellissimo” mi rispose con schiettezza. Arrossii, mentre mi dava l'ennesimo bacio della mattinata.




Yutaka.
Nonostante sia un personaggio marginale ho voluto dargli un carattere di spicco in questa shot. Perchè? Perchè nonostante adori quel suo sorriso tutte fossette e occhioni da manga, volevo provare a caratterizzarlo come un bravissimo attore che finge e nasconde il suo vero se stesso. Spero di esserci riuscita, a voi il giudizio.
Alla prossima gente ^^
Ahh! Siamo prossimi al nuovo capitolo di Sekai wa Mawaru *-*




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Capitolo 8
*** {7} Bleed It Out (Reita x Ruki) ***


{7} Bleed It Out (Reita x Ruki)

Titolo: Bleed It Out
Sottotitolo: Violenza
Rating: Arancione
Segni particolari: niente da segnalare. Se non che sto scrivendo le due ultime shot di questa raccolta...una è così immersa in un perfetto mondo rosato che ne riemergo sempre col sorriso sulle labbra e gli occhi sognanti ** L'altra è l'opposto. Triste, distruttiva, amara e crudele. Spero che come gran finale dia un certo impatto u.u
Note: Okay, la parte centrale di discussione fra Ruki e Kai mi è venuta così. Non vi tolgo la sorpresa e faccio le mie considerazioni a fine shot u.u
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)



Takanori avvertì il profondo, nauseabondo odore di alcool appena entrato in casa. Appesantiva l'aria e per uno come lui, astemio dalla prima birra che l'aveva messo al tappeto, era insopportabilmente intenso.
Storse il naso, chiudendo la porta dietro di se.
“Dove sei stato?”
Lui e Ryo avevano litigato.
Takanori non si ricordava bene neanche il motivo, fatto sta che quella che era cominciata come un innocua discussione, si era trasformata in un litigio in piena regola, con tanto di urla e lacrime. Era scappato da Yutaka. Aveva passato l'intero pomeriggio da lui, fra tazze di cioccolata calda e abbracci confortanti.
“Dove sei stato, Takanori?”
Era palese che Ryo fosse ubriaco.
Il sorriso che solitamente gli riservava quando tornava a casa era del tutto assente sul suo volto. I suoi occhi erano spalancati ed iniettati di sangue. Si teneva a malapena in piedi, una mano aggrappata allo stipite della porta, l'altra reggeva il collo di una bottiglia di vodka piena per metà. Ryo ne bevve un lungo sorso prima di ripetere nuovamente la domanda.
“Dimmi dove sei stato, Taka-chan...non farmi arrabbiare...”
“Ero da Yutaka...”
“Da Yutaka, sì...mmh, cosa facevi da Yutaka?”
Takanori non rispose subito.
Non aveva mai visto Ryo ubriaco.
Ryo era una persona salda, senza troppi fronzoli, non superficiale. Era un uomo serio e concreto, che non si faceva scomporre dalle emozioni e dai sentimenti. Questo prima di innamorarsi perdutamente di Takanori.
Tuttavia, nonostante si fosse un pelino rammollito (a sentire Yuu), aveva sempre mantenuto il controllo di se; non c'era stata una sola volta in cui si fosse lasciato in balia delle emozioni. Era una persona razionale, lui. Non aveva tempo per stare ad ascoltare le emozioni. Era una persona seria e controllata, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare vedendolo su di un palco.
L'eccezione, nonché prova vivente che confermava la regola, era Takanori.
Takanori era la sua unica e più grande debolezza; l'amore per lui superava qualsiasi cosa: aveva surclassato l'amicizia, aveva surclassato la famiglia, aveva surclassato la musica.
Ma a parte quel piccolo nano esagitato, Ryo era una persona composta e sicura di sé.
Certo, c'erano state quelle volte in cui l'alcool l'aveva messo leggermente in difficoltà: ogni post concerto della loro vita si bevevano quei quattro cinque drink per scaricare la tensione. Ma Ryo l'alcool lo reggeva bene, e a differenza di Yutaka o Kouyou, alla fine della nottata era solamente leggermente brillo.
Se era in quelle condizioni, doveva aver bevuto veramente tanto, e questo spaventava Takanori. Ciò che maggiormente faceva paura al cantante, era il motivo per cui aveva bevuto così tanto.
“Abbiamo parlato...” rispose titubante, appendendo la giacca dietro la porta.
Guardò il suo ragazzo negli occhi; quegli occhi sottili e nocciola che l'avevano tanto affascinato in terza liceo. Quegli stessi occhi che ora lo fissavano stropicciati ed iniettati di sangue.
“Parlato...” rise, barcollando in avanti, rise di un riso amaro.
Takanori indietreggiò istintivamente, incollandosi alla porta.
“Che fai, scappi Taka-chan?” rise ancora di quella risata spaventosa. Allungò una mano e costrinse il viso del vocalist in una carezza rude “Non devi scappare da me, Taka-chan, non devi.”
Il primo colpo fu tanto improvviso quanto violento.
Ryo lo percosse col dorso della mano; le nocche dure colpirono il suo zigomo.
Il volto del cantante fu sbattuto indietro con una forza tale da fargli rimbalzare la nuca contro il portone di legno massiccio d'ingresso. Mugulò di dolore, mentre i suoi occhi già si riempivano di lacrime.
Non era mai stato tanto coraggioso.
Aveva una soglia del dolore molto bassa, e solo i numerosi orecchini che portava erano stati un supplizio. Per non parlare del dilatatore all'orecchio destro. I suoi band mate ricordavano ancora con paura quel periodo. Era stato inavvicinabile per almeno sei mesi.
10 maledettissimi millimetri, uno più sofferto dell'altro.
La soddisfazione con cui esibiva quella prova di coraggio, era quasi ridicola.
Odiava punture e prelievi del sangue, punti e ospedali. Per non parlare di quando si chiudeva le dita nel cassetto o si ustionava con la moka per il caffè italiano che gli aveva regalato Yutaka: neanche una volta si era ricordato che non era come la macchinetta automatica cui era abituato (e che gli dava una brodaglia nera imbevibile), e che bisognava prenderla solamente dall'apposito manico di plastica nera.
Insomma, per farla molto breve, non sopportava il più minimo dolore.
Rimase così stordito che lì per lì non si rese neanche conto che a colpirlo era stato Ryo, il suo Ryo. Quando questo pensiero gli attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno, rimase così frastornato che non seppe come reagire.
Biascicò qualche parola, incomprensibile.
“Mi tradisci, Taka-chan? Dopo tutto quello che ti ho dato...” la sua voce si fece un sibilo rabbioso “...te la fai con quel bastardo?”
La sua mano si strinse come un cappio attorno al suo collo.
“Ryo...”
Takanori portò immediatamente le sue mani sulle dita lunghe che gli stringevano la gola; la trachea gli bruciava, gemeva e si contorceva alla ricerca d'aria. Takanori boccheggiò, incidendo quelle mani perfette, quelle mani da bassista, quelle mani fonti di dolci carezze e di caldi abbracci; incidendo quelle mani grandi e carismatiche con le sue unghie smaltate di nero.
Mugolò il cantante, mentre calde lacrime di dolore gli rigavano le guance. La sua vista si riempì di puntini colorati, mentre i suoi polmoni si contraevano in una morsa bruciante.
Nonostante tutto, nonostante lo zigomo gli scoppiasse dal dolore, nonostante il colpo alla nuca gli stesse annebbiando le idee e nonostante tutto ciò fosse ampliato dall'esigua quantità di ossigeno che gli arrivava al cervello, Takanori non fece nulla.
A parte stringere fra le dita l'ostacolo che gli impediva il necessario afflusso d'aria ai polmoni, Takanori non cercò di liberarsi. Non cercò di svincolarsi dalla sua stretta, né di allontanarlo.
Rimase passivamente immobile. Il solo movimento che testimoniava la sua sofferenza erano quelle lacrime amare e dolorose che continuavano a scendergli dalle guance, sciogliendo il curato trucco nero.

Takanori non emise un gemito di troppo, mentre si lasciava soffocare dal suo uomo.

D'un tratto, il filo d'aria che lottava ancora caparbiamente per tenerlo in vita, scomparì fra le labbra di Ryo. Takanori si lasciò sfuggire un singulto silenzioso, mentre la mano del suo ragazzo lasciava libera la via d'accesso alla sua trachea.
Lo baciò con ardore, stringendolo contro la porta d'ingresso.
Quando Ryo si staccò da quel bacio ardente e l'aria gli fluì disinvolta nei polmoni, gli sembrò di respirare per la prima volta. Boccheggiò tossendo, mentre le lacrime continuavano a scendere dispettosamente.
“Puttana!”
Takanori non si offese.
Per gli dei, era un uomo abbastanza intelligente da capire che Ryo non era nel pieno delle sue facoltà mentali e che le cose che diceva in quel momento non dovevano essere prese sul serio. Tuttavia quella parola offensiva fra le sue labbra gli fece male. Sì, più male del pugno allo zigomo e più male del tentato soffocamento. Un dolore più intenso.
E sappiamo già quando Takanori odiasse il dolore.
Ryo lo colpì ancora, questa volta al labbro. Avvertì quasi subito il sangue solleticargli il mento e gemette. Chiuse gli occhi, per non vedere lo sguardo del suo ragazzo: così...cattivo, Takanori non seppe trovarci un aggettivo che meglio esprimesse la rabbia ceca e sorda, quei lampi di furia che oscuravano quegli occhi.
Ryo lo afferrò per il colletto della felpa.
“Sei solo una troia”
La ginocchiata che ricevette, passatemi l'espressione, in pieni coglioni, lo lasciò così di sasso, che il suo sguardo si spalancò nel buio per qualche istante, prima che lanciasse un grido acuto, che somigliava al guaito d'un cane bastonato, accasciandosi a terra sulle ginocchia. Ryo boccheggiò, portandosi istintivamente una mano all'inguine. Scivolò fluidamente a terra, afferrando con l'altra mano l'orlo della felpa di Takanori.
Takanori lo guardò. Un occhiata che sapeva amaramente di disprezzo, prima di divincolarsi dalla sua presa e andarsene, chiudendo – senza sbattere – la porta dietro di sé.


Yutaka sbuffò come una teiera sul fuoco.
Se la situazione non fosse stata così critica, Takanori sarebbe scoppiato a ridere.
Yutaka arricciava le labbra, corrugando la fronte; gonfiava le guance come un bambino capriccioso e i suoi sopraccigli si inclinavano repentinamente verso il basso. Era una visione abbastanza divertente, nel suo insieme.
Ma Takanori non era uno stupido, contrariamente alle apparenze e ai video di You Tube, e sapeva benissimo che una risata giocosa in quel momento sarebbe stata del tutto fuori luogo e sarebbe servita solo ad irritare maggiormente Yutaka. Così se ne stette zitto, nonostante volesse infrangere la tensione fredda che si era venuta a calare all'interno del SUV nero del suo migliore amico.
Yutaka tamburellò le dita sul volante.
“Io lo ammazzo”
“Yutaka-kun...”
Yutaka-kun un cazzo!” esplose, sganciandosi la cintura “Io lo uccido con le mie mani!”
Takanori, che dalla sua aveva l'agilità e la velocità che solo un esserino come lui poteva avere, balzò fuori, precipitandosi dall'altro lato dell'auto. Avrebbe potuto anche camminare tranquillamente, per quanto gli riguardava: Yutaka, che dalla sua aveva invece la leggendaria goffaggine che fungeva da suo personale marchio di fabbrica, era inciampato sulla cintura, rischiando di finire lungo disteso sul marciapiede. Si era appeso alla portiera che, essendo aperta, era scattata in avanti, facendolo cadere a terra, vanificando i suoi sforzi di rimanere in posizione eretta.
Evito di riportare una sequela infinita di imprecazioni.
Takanori represse una seconda risata. Yutaka con la caviglia annodata alla cintura, che si dimenava come un anguilla...no, non doveva ridere!
“Forse è meglio che ti calmi, Yuta-kun...”
“Io lo uccido!” ripeté irato il batterista, divincolandosi imbarazzato dalla cintura e rimettendosi in fretta in piedi. Si spolverò stizzosamente i vestiti. Era assolutamente ed irrimediabilmente comico Yutaka, quando si innervosiva.
“Non capisco perchè tu ti stia agitando tanto...”
Cercò di bloccarsi in tempo, senza risultati. Seppe di aver detto la cosa sbagliata quando la mascella del suo leader cadde a livello marciapiede.
Perchè mi stia agitando?!” strillò con una vocetta acuta. Terza risata soffocata “Come puoi chiedermi perchè...come fai a non capirlo?”
“Yutaka, io sono perfettamente calmo...” lo interruppe Takanori con un placido sorriso “...io che sono il diretto interessato sono calmo e non sto urlando...quindi non capisco perchè lo debba fare tu, visto che non centri...” si morse un labbro a disagio “...ne-nel senso...” fece una pausa, passandosi una mano fra i capelli “...non volevo dire che tu fossi invadente...non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto per me, ma agitarsi tanto è inutile, dal momento che io stesso sono perfettamente calmo.”
Yutaka rimase in silenzio. E non perchè si fosse offeso.
Takanori era un uomo senza peli sulla lingua, diretto e sincero; Yutaka era abituato (come tutti d'altronde) alle sue sparate, era abituato al suo rossore ed era abituato a lasciargli il tempo di correggersi e spiegarsi.
“Non mi deludere così,Taka...dimmi che non è vero...”
Il vocalist spalancò gli occhi, allibito. “Cos...?”
Lo stai perdonando! Anzi, l'hai già perdonato!” esclamò stupefatto puntandogli un dito accusatore contro “Dimmi che non l'hai fatto Takanori, ti prego dimmelo!”
Takanori corrugò la fronte confuso. “Certo che l'ho perd...”
“Non puoi farlo!” urlò il batterista prendendolo per le spalle “Come puoi perdonarlo di una cosa del genere?!”
“Cosa vuol dire che non posso? E' il mio fidanzato!” sbottò indignato il cantante.
“Ti ha picchiato” mormorò atono Yutaka. Takanori sussultò lievemente “Non hai intenzione di lasciarlo anche se ti ha picchiato?” il batterista lanciò una breve ma significativa occhiata al collo dell'amico: i tatuaggi corvini verticali erano tagliati trasversalmente da segni violacei.
Takanori spalancò gli occhi, cercando di coprirsi la gola “No! No, e ancora no, come puoi pensare che lo voglia lasciare?”
“Ti ha picchiato” ripetè mormorando il leader.
“Era ubriaco!”
Takanori fissò il suo amico, fissò il suo sguardo triste. Come faceva a non capirlo? Come dopo tutti i pomeriggi passati assieme a parlare? Perchè il suo migliore amico non riusciva a capire ciò che era solo frutto di un equivoco?
“Ciò non toglie il fatto che ha alzato le mani sulla persona che dice di amare...quanto passerà prima che ciò diventi quotidiano, Taka?”
“Quotidiano? Yutaka, lui mi ama! Mi ama e io amo lui, non diventerà quotidiano! E' stato solo uno stupido sbaglio, era ubriaco, non l'ha fatto intenzionalmente”
“Sei disposto a lasciarti usare da lui? A sottometterti a lui, cosicchè faccia tutto quello che voglia?”
“Di che cosa stai parlando, Yutaka?”
“Quanto tempo credi che passerà prima che cominci ad usarti e ad abusare di te?”
Takanori scoppiò a ridere, liberando tutto l'ilarità che gli avevano scatenato le precedenti affermazioni del suo amico. Si appoggiò al cofano della macchina, tenendosi la pancia con l'altra mano. Rise come non rideva dal un bel po', piegandosi in due come se l'avessero colpito allo stomaco, cosa che, a guardare la faccia del leader, sarebbe accaduta fra poco.
Forse qualcuno avrebbe potuto prenderla come una risata amara e falsa, dettata dal desiderio di sdrammatizzare la situazione. Ma Yutaka, che lo conosceva fin troppo bene, sapeva che il vocalist si stava realmente divertendo della sua apprensione. E questo non fece altro che imbestialirlo.
Lo afferrò per il colletto della giacca, strattonandolo in avanti; lo sbatté con violenza contro la portiera.
“Che. Cazzo. Hai. Da. Ridere!” urlò a meno di un centimetro dalla sua faccia. Era insolito vedere Yutaka così infiammato.
“Yutaka” lo riprese il compagno severamente “Datti un calmata.”
Il batterista lo lasciò andare, con uno sguardo leggermente pentito. “Scusa” mormorò.
Takanori sorrise indulgente.
“Tu hai visto troppe soap opera, di la verità...”
Yutaka lo guardò, emettendo un verso a metà fra una risata stanca ed uno sbuffo irritato.
“Come fai? Ad essere così tranquillo, dico...” scosse la testa “Dovresti disperarti, invece sei sereno come un bambino!”
Takanori sorrise ancora. Fece un mezzo saltello in avanti, tirando all'amico uno scherzoso pugno sulla spalla. Poi si avvicinò repentinamente al suo viso, bloccandosi a pochi millimetri dalle sue labbra. Per un attimo Yutaka credette – e sperò – che stesse per baciarlo.
Ma capì di aver preso un granchio, quando Takanori si sciolse in un ghigno.
“E' un segreto” mormorò con gli occhi brillanti. Poi si allontanò, gli rivolse un ultimo sguardo sereno ed attraversò la strada, dirigendosi verso la sua felicità.

L'amore è un segreto, Taka-chan?



“Dei del cielo, voi mi odiate, vero?”
Jey si mise le mani nei capelli, gemendo frustrata.
“Cos'è quello?!” esclamò irritata indicando Takanori, adoperando lo spazzolino del mascara come fosse una sciabola “E quello?!”, si voltò verso Ryo, con una fluida mossa di scherma.
“Non avete un minimo rispetto per il mio lavoro...” concluse rassegnata la ragazza, scuotendo la chioma scarlatta; le sue labbra, tuttavia, esibivano un sorriso divertito.
Fece cenno a Takanori di avvicinarsi; gli prese il volto fra le mani, esaminando da vicino il livido dello zigomo. “Ma si può sapere in che rissa ti sei infilato, mister Ruki?”
Lui ridacchiò. “Sono caduto dalle scale” ammise un po' imbarazzato.
Jey scosse la testa, sghignazzando. “Per gli dei, che imbranato!”
Yuu e Kouyou ridacchiarono. “Gli scalini sono cresciuti, Taka-chan?” “Deficienti!” li rimbeccò con un sorriso il vocalist, sedendosi davanti allo specchio.
Jey fu veloce e abile, a nascondere il livido sotto un sottilissimo strato di fondotinta; si occupò anche del taglio sul labbro, camuffandolo abilmente con correttore e rossetto.
“Sparisci!” gli ordinò con un sorriso severo “E tu, vecchio mio?” si rivolse a Ryo con un sorriso strafottente “Che hai fatto all'occhio?”
“Gli ho tirato un pugno”
Cinque teste si girarono all'unisono verso Yutaka.
Truccato e pettinato, se ne stava impettito sulla soglia della porta, con uno sguardo cupo sul volto. “Muovetevi, i fotografi aspettano”. Sparì senza lasciare il tempo a nessuno di ribattere.
Nessuno disse nulla.
“Beh, andiamo...mi sa che leader-sama oggi ha le balle girate...” Yuu spense la tredicesima sigaretta della giornata nel portacenere, alzandosi con un fluido movimento.
“Vieni bambolina?” tese un braccio verso Kou, con un sorriso sornione.
“Coglione” gli rispose borbottando il biondo, cingendogli le spalle con un braccio; Yuu mise una mano sul suo fianco, attirandolo a sé.
Takanori li seguì sorridendo.
Quando rimasero soli, gli unici rumori udibili erano i passi leggeri di Jey attorno alla sedia.
“Non mi dirai cos'hai combinato, no?”
“Non è nella lista delle cose da fare”
Jey sbuffò. Passarono alcuni istanti silenziosi.
“Dev'essere grave se persino Yutaka è diventato aggressivo...” commentò Jey, passandogli il correttore sul livido scuro che gli cerchiava l'occhio sinistro “L'unica volta che l'ho visto così è stato quando Takan...” si fermò con il tubetto del correttore a mezz'aria.
Ryo si irrigidì impercettibilmente.
“Jey, i fotografi aspettano...”
La ragazza annuì lentamente.


“Yutaka-san?”
Il batterista riemerse da un mare di carte, boccheggiando.
“Cosa? Cos...” si interruppe “...ah, sei tu”, il suo sorriso s'incrinò all'istante, trasformandosi in una smorfia irritata. “Cosa vuoi?”
“Parlare con te”
Yutaka fece una sottospecie di broncio confuso. “Non è con me che devi parlare” dichiarò laconico, tuffandosi nuovamente in mezzo ai documenti.
“Takanori ci è passato sopra, perchè tu non riesci a farlo?”
Yutaka si irrigidì; dalle mani gli cadde un fascicolo di fogli, che svolazzarono sul linoleum scuro della stanza, ma lui non ci fece caso. Voltò lo sguardo contro il compagno; i suoi occhi di solito così caldi e remissivi mandavano bagliori cupi e rabbiosi.
“Takanori è un ingenuo”
“Cosa vuoi dire?”
Il batterista mandò un sbuffò che sapeva tanto di una risata amara.
“Ti ama troppo per accorgersi di ciò che gli hai fatto”
Ryo abbassò lo sguardo.
Si vergognava profondamente delle azione di quella sera. Quando Takanori era tornato a casa, quella notte, aveva trovato il suo forte uomo sciolto in una pozza tremante di lacrime, le sue spalle larghe e motivo di vanto piegate su se stesse, quasi accartocciate sotto il peso del rimorso.
Il sollievo misto a disagio che Ryo aveva provato quando il suo uomo l'aveva baciato dolcemente e gli aveva sussurrato all'orecchio che lo perdonava, l'aveva così alleggerito da lasciarlo quasi stordito. Non si sarebbe mai dimenticato di quel suo sorriso, neanche se l'avessero pagato oro.


Mi porge l'ennesimo fazzoletto, mentre io continuo a singhiozzare senza ritegno, bagnando di lacrime la sua felpa. Un po' mi vergogno a mostrarmi così debole, ma non riesco ad impedirmelo.
“Aoh, ma la smetti di piangere?”
Come se fosse semplice. Ogni volta che il mio sguardo vergognoso cade sul suo volto, mi sale una nuova ed intensa ondata di lacrime. Il suo zigomo è gonfio e bluastro, una contorta e sottile linea nera (un capillare rotto probabilmente) glielo solca con ferocia. Il suo labbro inferiore è tagliato verticalmente da un brutto taglio rosso scuro.
Kami-sama, mi sento morire se solo penso che l'autore di quello scempio sono io.
Tolgo gli occhi dal suo viso. D'un tratto sobbalzo, sentendo le sue dita che mi alzano il mento.
“Ehi...guarda che non mi hai fatto male...” sogghigna in modo impertinente “...ci devi mettere più impegno la prossima volta”.
Mi viene voglia di tirargli un cazzotto. Ma poi lui si mette a ridere e tutta la rabbia che mi aveva soffocato repentinamente svanisce, rapida come mi ha assalito. Mi sciolgo in un sorriso incerto.
Lui mi bacia per l'ennesima volta, salendomi a cavalcioni del bacino.
Se mai dovreste aver a che fare con un Takanori offeso e arrabbiato, guardatevi bene dai suoi calci nelle palle. Giuro che non me lo sento più.
Mando un gemito acuto, quando si siede proprio lì, lì dove neanche due ore fa mi ha tirato un calcio ben piazzato. Lui scivola col bacino indietro, sedendosi sulle mie ginocchia e sghignazzando. “Te l'ho tirato proprio forte, eh?” e ride.
Ride lui. Sto piangendo tutte le lacrime che mi sono tenuto dentro in ventisette anni di vita e lui ride.
D'un tratto, le sue risa s'interrompono, e lui porta istintivamente le mani al taglio sul labbro. Fa una smorfia di disappunto, strofinandosi il segno rosso scuro che gli deturpa il labbro.
Poifa un sorriso un po' malinconico.
“Brucia”
Arrossisco a tutto spiano, incollando lo sguardo al pavimento.
“Non ci sei andata troppo leggero, eh?”
Lo so che si sta giocando di me, che non dice sul serio. Ma lo stesso le sue parole scherzose mi uccidono. Non riesco ad impedirmi di tirare su col naso, incavando il collo nelle spalle.
Lui si avvicina al mio volto, poggiando una mano sul mio ginocchio.
Siamo sul nostro divano, quello scassato con le molle in fuori.
“Ryo, ma la smetti di piangere?”
Mi bacia ancora, con più irruenza, con più…quasi rabbia. Strattona la mia camicia.
“Fammi dimenticare, Ryo…tu che sei così bravo a farmi perdere la testa, adopera questo dono degli dei...ora…” mi dice in un sussurro e mi pianta quello sguardo negli occhi.
Quello sguardo.
E' assolutamente impossibile descriverlo, com'è del tutto impossibile non riconoscerlo appena lo si ha davanti al naso. E' un occhiata intensa e cremosa, un misto fra una carezza dolce ed affettuosa ed un orgasmo travolgente.
Quello sguardo è il segnale d'inizio. Dopo, nessuno di noi due è padrone più delle sue azioni. Un tacito accordo ad entrambi vantaggioso che gli permette di avere appagamento carnale quasi istantaneo. Già, perchè ancora oggi, a ventisette anni compiuti, mi ritrovo a non riuscire a resistere a questo sguardo.
Ma Takanori non perde tempo. Mi slaccia con furia la camicia, mordendo vorace la mia pelle. Sale repentinamente verso il mio volto, bloccandosi a meno di un millimetro da esso.
Visto da così vicino, il suo livido ha delle sfumature molto bizzarre. A tratti vermiglio, a tratti blu notte, a tratti un malsano giallastro.
“Cura le mie ferite, Ryo...sei l'unico che può farlo...”
Il mio cuore si arrampica fino all'esofago per dare una sbirciatina attraverso la mia bocca comicamente spalancata e poi, giù in picchiata fino alle caviglie; finalmente se ne torna al suo posto, ma batte così forte che mi sembra di sentir vibrare le costole.
Gli prendo il volto fra le mani.
I suoi occhi sono liquidi come tazze di caffe.
Lo bacio con dolcezza, carezzandogli le guance.
Le sue labbra sono morbide, ma avverto la la ruvidità del taglio sotto i tocchi leggeri della mia lingua. Lo sento sorridere.
Si stacca dal mio bacio, rintanandosi dentro al mio abbraccio.
D'un tratto mi lancia un'occhiata sghignazzante, leccandosi le labbra.
Altro avviso nel caso aveste a che fare con Takanori. Diffidate da quei suoi ghigni, e da quella mossetta maliziosa di leccarsi le labbra. E' subdolo quel ragazzo.
Scivola con le labbra sul mio collo, succhiando con insistenza la pelle bianca della clavicola. Quando si stacca, produce un sonoro schiocco degno del migliore film porno.
Prima che possa formulare un pensiero degno del mio nome, lui si è già lanciato in picchiata sul mio ventre, sbottonandomi i jeans.
Bacia la mia quasi erezione da sopra la stoffa nera dei boxer, dandomi un brivido intenso.
“Taka...ch-che diavolo fai?”
Lui sogghigna di nuovo; la sua lingua guizza fuori e accarezza con falsa ingenuità quell'inutile indumento che vorrei far scomparire con un battito di ciglia.
“Curo le tue ferite” dice innocentemente.


“Lui lo sa?”
Yutaka arrossì di botto, sobbalzando.
“Non cambiare discorso...”
“Non gliel'hai mai detto, vero?”
Il batterista non rispose. Si limitò a voltare altrove lo sguardo, in profondo imbarazzo.
In quello Takanori entrò rumorosamente nella stanza, seguito da uno sghignazzante Yuu e da un esasperato Kouyou.
“Dei del cielo, Taka! Sei veramente un idiota!”
Kouyou, quella primadonna sdegnosa di Kouyou, alzò gli occhi al cielo.
Il vocalist fece la linguaccia al moro chitarrista, mentre scivolava fluidamente al fianco di Ryo, cingendogli la vita con un braccio.
Il livido sullo zigomo si era quasi del tutto riassorbito; un'unica ombra violacea testimoniava quella violenza, e il bassista non poteva fare a meno di angosciarsi ogni volta che quell'ombra gli ricordava prepotentemente le sue azioni.
Ryo gli circondò le spalle con un braccio, stringendolo a sé.
“Cacchio, Ryo...te lo sei scelto proprio stupido”
“Cos'è successo?”
E in quello, mentre Yuu raccontava l'ultima cretinata del vocalist gesticolando come un dannato, mentre Kou si guardava altezzosamente le unghie e mentre Yutaka lanciava una sofferta occhiata ai due piccioncini, Takanori si alzò sulle punte, schioccando un vivace bacio sulle labbra del fidanzato.
“Sempre e solo tuo, hitoshii hito” mormorò con gli occhi liquidi di gioia.

{terminata alle ore14:41 del 11 giugno 2009, ritocchi e correzioni esclusi, ascoltando Bleed It Out dei Linkin Park}


*Prepara una corazza d'amianto per eventuali dardi avvelenati, frecce infuocate, pomodori acerbi e torte di panna che potrebbero arrivarle*
Perdonate l'enorme ritardo T-T
Nel frattempo, cari miei, sono riuscita ad aggiornare “Sekai wa Mawaru” (mi faccio un po' di pubblicità che non fa mai male u.u) e non potrei dirmi più orgogliosa :)

Parlando di questa shot...allora, mie considerazioni:
Se da questa shot è venuto fuori che Ruki è così sottomesso al volere di Reita che si lascia picchiare da lui, beh, allora non sono riuscita nel mio intento.
Non volevo evidenziare la debolezza emotiva di una persona che si annulla per una persona, ma anzi la forza di una persona che riesce a perdonare, che vuole perdonare. Lo stesso discorso che è valso per il Tradimento di Aoi e Uruha insomma u.u
Un'ultima cosa. Ho ripescato il personaggio di Jey (nato con “Sekai wa Mawaru”) e gli ho dato il ruolo di truccatrice. Tutto qui ^^
Se voleste delucidazioni sul personaggio, vi consiglio di leggere la mia fic u///u il che non è un subdolo modo per farmi pubblicità, eh u///u

Okay, passiamo ai ringraziamenti ^^

Aredhel Noldoriel: Credo che i barbagianni facciano “barbagiann bargagiann”...okay, basta con le stupidate oO Devo scusarmi con la mia gufotta preferita per l'enorme ritardo T-T ma veramente ogni volta che volevo aggiornare, c'era qualcosa che non mi convinceva, e giù a cancellare e riscrivere T-T Sono andata avanti così per un bel pezzo ^///^
Sono contenta che ti sia piaciuta la UruhaAoi...sono così dolci quei due assieme **
Un bacione enorme e gufoso ♥

LadyWay: io invece all'inizio della raccolta non me li vedevo troppo bene assieme >.< Cioè, io mi ero convinta che Uruha dovesse essere solamente ed indiscutibilmente etero xD Non so perchè xD Poi ho letto delle fic che mi hanno fatto amare questa coppia, perciò eccomi qui ^^ Sono contenta ti piaccia, spero di non averti rovinato il tuo pairing preferito oO
Un abbraccio ^^

misa_chan: T-T mi fai commuovere “i suoi atteggiamenti un po' neutri ke lo fanno sembrare sempre distratto e indifferente ma poi si vede come in realtà sia partecipe di ciò ke gli sta intorno” ---> era esattamente così che volevo rendere Ruki...quindi dalle tue parole ne deduco che ci sono riuscita ^^ Ahh, mi hai davvero letto nei pensieri ^^
Grazie mille, un abbraccio fortissimo ^^

Riot Star: ahh, non sai che gioia infinita trovare praticamente ogni giorno un tuo capitolo nuovo ** Vai così veloce che non riesco neanche a recensire come si deve >.<
Comunque...sei sempre troppo gentile coi complimenti ^^ Anche perchè, cacchio sei una scrittrice portentosa: mi fai ridere come una matta e subito dopo sono coi lacrimoni agli occhi...sarà perchè sono emotivamente sbandata? OO Vabbè, dettagli xD
Grazie di tutto, carissima, grazie davvero :)
Ti adoro ♥

BlackAngel: ecco un'altra shot, in ritardissimo T-T perdonami, ma è stata un po' un parto anche questa xD La prossima invece, arriverà presto ^^ Anche perchè è giù scritta, ci mancano solo le rifiniture...e anche le ultime due sono a buon punto...diciamo che solo la fic Tradimento e la fic Violenza mi hanno preso tanto tempo ^^
Io dovrei essere a studiare per l'esame di latino e invece scrivo xD vabbè, non saròà mai una latinista xD
Grazie mille per la recensione ^^

Archangel Reliel: tu mi lusinghi u/////u sei davvero troppo gentile, io non so più neanche cosa dire – se non GRAZIE - a tutti questi complimenti ^///^
Grazie, grazie davvero tanto :)

Deneb: porcaccia quella miseria...ci mettiamo a scivere shonen-ai, eh? Furbacchiona xD Ma cavolo, una scrittrice brava come te che si dedica allo shonen...cavolo, la tua ReitaKai era davvero m-e-r-a-v-g-l-i-o-s-a, incredibile. Brava, brava e ancora brava!
Tu non sai che contenta sapere che ti piacciono ^^ E *rullo di tamburi* la prossima sarà una...ReitaKai u.u Come promesso u.u
Spero ti piacerà, anche se a mio avviso è un po' troppo melensa ^^
Un bacione, ciaooooo :)





Eccoci qua.
Quando ho cominciato a scrivere questa raccolta, non mi sarei immaginata di arrivare fin qua...pensavo che avrei lasciato perdere, che avrei gettato la spugna come in quasi tutto ciò che faccio...invece va avanti, e va avanti così bene che mi sento orgogliosa di ogni singola fic ^^
Grazie mille a tutti quelli che hanno contribuito allo svolgersi di questo progetto e alla sua realizzazione, grazie.


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Capitolo 9
*** {8} Watch Me Bleed (Reita x Kai) ***






{8} Watch Me Bleed (Reita x Kai)

Titolo: Watch Me Bleed
Sottotitolo: Matrimonio
Rating: verde
Segni particolari: il titolo non centra un emerito, ergo la canzone non centra un emerito visto che è tristissima e la fic ha il lieto fine, ma dal momento che l'ascoltavo e che è a dir poco meravigliosa, eccoci qua. Sdolcinata anche questa. Ma, che volete...sono una persona smielata e romantica ♥
Dedicata interamente a Deneb, che ad ogni recensione (o quasi) mi ha chiesto una Reita-Kai ^^ Eccola qua, dolcezza, spero ti piaccia. Solo un piccolo pensierino per ringraziarti delle tue fic-bomba ♥
Note: la madre di Ryo è fatta ad immagine e somiglianza della mia. Cioè una di quelle madri che piange ai matrimoni. Mi sono sempre chiesta perchè si pianga ad un matrimonio, è un'occasione così felice. L'unica volta che ho pianto di commozione e gioia è stato quando mi hanno regalato Angie, la mia chitarra elettrica ♥
Ma quello era diverso u.u
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)


“Allora vi dichiaro marito e moglie!”
La madre di Ryo scoppiò subito in mille lacrime, coprendosi il viso con le mani. Era una donna giovane e bella, alquanto sentimentale, ma simpatica e alla mano.
“Oh, tesoro!” esclamò in lacrime, abbracciando il figlio.
“Stai dando una pessima figura di te” osservò tranquillo lui, cingendole tuttavia le esili spalle con un braccio muscoloso “Non vorrai che Kouyou ci ripensi, vedendoti così piangente col trucco colato…”
“Co-cosa? Ripensarci?” breve pausa “…ho il trucco colato?!” strillò la donna, portandosi le mani agli zigomi.
“Non si preoccupi signora, Ryo sta solamente scherzando…” si sentì in dovere di rassicurarla Yutaka, rivolgendole un sorriso gentile “Kouyou non ci ripenserà…ama Sayuri-san follemente…e lei sta benissimo oggi, se mi permette di osservare…”
La madre di Ryo arrossì lievemente, sorridendo. “Ti ringrazio Yutaka-kun”, poi volse lo sguardo verso i due giovani sposini, che si guardavano uno negli occhi grandi dell’altra, incuranti di tutto il trambusto eccitato intorno a loro. Sospirò la donna, asciugandosi un’ultima lacrime all’angolo dell’occhio.
“Oh, Ryo…guarda che adorabili che sono…sembrano me e tuo padre alla loro età…” sospirò nuovamente, vagamente malinconica “Tesoro, quando ti sposi anche tu?” disse poi, lanciando al figlio un'occhiata languida e sognante.
Ryo sbuffò. “Non vedi l’ora di vedermi sistemato, così potrai finalmente tirare un sospiro di sollievo, vero?” nonostante il tono beffardo, Yutaka capì che quella domanda l'aveva messo a disagio.
“Voglio solo che tu sia felice…”
“Sono felice così, mamma…”
Lei scosse la testa con un sorriso, per poi voltarsi verso Yutaka.
“Mio figlio mi farà impazzire prima o poi…e tu Yutaka-kun? Quando ti vedrò accanto ad una bella ragazza?”
Yutaka avvampò violentemente. “Oh, beh…io…”
“Ce l’hai una fidanzata, vero?”
Yutaka lanciò una breve ed impercettibile occhiata a Ryo, che nel frattempo aveva assunto un sorriso sghembo, a metà fra il malizioso e il canzonatorio. Gli fece l’occhiolino, ridacchiando.
Lasciò che Yutaka balbettasse ancora un po’, che raggiungesse quella deliziosa sfumatura color prugna matura che adorava, prima di intervenire.
“Mamma, non vedi che lo stai imbarazzando?”
“Ma dai! Non è mica come te, lui…non si imbarazza per queste cose!”
“Mamma!” esclamò esasperato ”…vai da Sayu, dai!”
La madre di Ryo congedò i due ragazzi con un piccolo inchino e l’ennesimo enorme sorriso, per avvicinarsi alla figlia ed abbracciarla con trasporto. Baciò entrambe le guance del novello sposo e scoppiò nuovamente in lacrime.
“Allora, Yuta-chan…a me lo vuoi dire se hai la fidanzata?”
“Mhpf, cretino!”


Ryo si accese una sigaretta.
L’elegante giacca di morbido tessuto nero giaceva scomposta i piedi del letto, accanto alla sua camicia azzurra e a quella color crema chiaro del compagno; qualche passo più in là si notavano le eleganti scarpe di entrambi e ancora la sua cravatta e i boxer di Yutaka. I suoi erano persi fra le pieghe del lenzuolo stropicciato.
“Ryo-chan?”
“Mmm?”
“Mi sleghi?”
Ryo si voltò di scatto, trovando l’amante concentrato nello sforzo di slegare i polsi chiusi dalla sua stessa cravatta. “Mmh, sì…scusami se ti ho legato…”, mormorò aiutandolo.
Yutaka si massaggiò i polsi, con un dolce sorriso. “Fa niente Ryo-chan…non te l’ho impedito…”
Non gliel'aveva impedito.
Normalmente almeno un occhiataccia gli sarebbe sfuggita, ma la notte precedente non era riuscito ad ignorare quella che sembrava solamente rabbia ceca, ma che in realtà Yutaka aveva imparato a conoscere come qualcosa di più profondo. Ryo l'aveva baciato con foga disperata, stringendolo contro il suo corpo quasi volesse fonderlo a sé; era fragilità quella che Yutaka aveva letto nel suo sguardo, fragilità che aveva abbracciato e baciato, cullandola come un bimbo.
Ryo si appoggiò alla testiera del letto, aspirando una grande boccata di fumo. Allungò un braccio verso il moro, tendendo le dita.
“Vieni”
Come un docile, ubbidiente e fedele cagnolino, Yutaka si accoccolò contro il suo petto, tirandosi il lenzuolo sul fianco, mentre Ryo chiudeva il suo braccio sulle spalle, accarezzandogli piano la base del collo. Yutaka mugugnò piano, soddisfatto. Proprio come un cagnolino che si bea delle carezze del suo amato padrone.
Ma Yutaka non era un cagnolino, e Ryo non era il suo padrone.
“Yutaka?”
“Sì?”
“Posso farti una domanda?”
“Certo…”
Ryo rimase in silenzio per parecchio tempo. L’unico, lieve che si sentivo era il suo lento e ritmico inspirare ed espirare e il ticchettare nervoso dell’orologio. Ma in quel momento avvolgente e caldo, anche il tempo sembrava andare a rallentatore, concedendogli più minuti da passare assieme, così, abbracciati.
“Non ti manca un po’?”, gli chiese infine.
“Chi? Kou?”
Ryo sbuffò. “No...la normalità”
Yutaka corrugò la fronte. “Cosa vuoi dire?”
“La normalità…essere una persona normale e comune, comportarsi come tale…e non sto parlando solo del lavoro…”
“E allora di cosa stai parlando?”, Yutaka si alzò a sedere, guardandolo fisso negli occhi. Quel discorso lo stava innervosendo. Aveva qualche vaga idea su dove Ryo volesse andare a parare, e quell’idea non gli piaceva affatto.
“Di noi due…” la sua impressione era stata confermata “…della nostra relazione…”
Yutaka scattò come una molla. “Perché? Non la consideri normale?” balzò in piedi, gesticolando, tremendamente agitato “Siamo anormali io e te Ryo?! Quello che facciamo? E’ innaturale?!”, la sua voce cominciava ad assumere un tono lamentoso, quasi isterico.
Ryo scattò in piedi. Afferrò rudemente il polso del compagno e lo spinse contro il muro, inchiodandolo ad esso col suo corpo. La sigaretta cadde a terra, spegnendosi dopo poco.
“Lasciami finire di parlare, Yutaka”, la sua non era una richiesta. Era più che altro un ordine. La sua voce era dura e graffiante.
“Mi fai male…” pigolò il moro. Era davvero grave se perfino il tranquillo e pacato Ryo perdeva il controllo in quella maniera. Lo liberò all’istante della stretta, come se la sua pelle scottasse.
“Perdonami…” mormorò piano, abbassando lo sguardo.
“Ryo…” gli accarezzò i capelli, stringendolo a sé. Gli sembrava così fragile in quel momento “Cosa succede? Perché vieni fuori con questi discorsi? Tu…non mi ami più?”
Un silenzio teso come una corda di chitarra si affermò violentemente all’interno della stanza. Yutaka spalancò i suoi occhi grandi come cartoni animati nella penombra. Quel silenzio era straziante.
Allora era vero? Ryo lo stava davvero lasciando?
“Non lo dire mai più”, Ryo guardò quei suoi occhioni pieni di lacrime “Come puoi pensare che non ti ami? Yutaka, tu sei tutto per me…non le dire più queste stronzate, per favo…”
Yutaka lo interruppe con un bacio.
Accarezzò i suoi puntuti capelli biondi, stringendolo a sé. Baciò quelle labbra piene, aggrappandosi alle sue spalle, quasi temesse di cadere da un momento all’altro o sentirlo svanire da sotto le dita.
“Credevo mi volessi lasciare…” mormorò staccandosi dal bacio “…che non mi amassi più e che…”
“Non dire cazzate, Yutaka…non smetterei mai di amarti…”
Il moro sorrise, sollevato. Gli baciò l’incavo del collo, sistemandoci il musetto al suo interno.
“Cosa…cosa stavi cercando di dirmi?”
“Sayu e Kou…loro sono normali, si sono conosciuti ed innamorati e ora si sono sposati…”
“Non è nulla di diverso dalla nostra relazione, Ryo…anche noi ci siamo innamorati e…”
“Noi non possiamo andare in giro per strada mano nella mano, non possiamo baciarci nelle panchine dei parchi, non possiamo cenare in un ristorante al lume di candela…e soprattutto non possiamo sposarci…” Ryo nascose il suo volto prossimo alle lacrime nell’incavo del collo del compagno “Ritienimi un tradizionalista, ma ho sempre sognato un matrimonio in pompa magna, con tanti invitati ed un banchetto, e la torta con i pupazzetti di zucchero…e questo non lo posso fare…”
“Per colpa mia…”, Ryo sbuffò infastidito, allontanandosi quel poco che gli permettesse di guardare il suo compagno negli occhi.
“Smettila di dire cazzate, e ascoltami bene…mai, nemmeno un istante, ho pensato che questo fosse colpa tua. Mai. E’ colpa di questa società di merda che non riconosce l’amore fra due persone. Come se davvero l’amore etero fosse più vero di quello omosessuale, che stronzate!”, fece una pausa, portando una mano ad accarezzare una guancia paffuta di Yutaka.
Poi sorrise.
Ryo sorrideva raramente.
Non perché fosse costantemente triste o arrabbiato, ma perché riteneva superfluo sorridere ogni due per tre. Al contrario di Yutaka, che amava seminare i suoi dolci sorrisi a destra e a manca. Una volta, Ryo gli aveva detto di essere geloso di tutte le persone che ricevevano un suo sorriso, che avrebbe voluto tenerli tutti per sé, chiuderli in una teca di vetro e guardarli quando era triste.
“Sorriderò per te ogni volta che me lo chiederai, Ryo-chan...”
Ryo sorrideva raramente. Ma il suo sorriso era meraviglioso.
Sorrise, dunque, baciandogli la punta del naso.
Poi si allontanò, lasciando Yutaka a rabbrividire contro il muro. Raccolse la sua giacca da terra e frugò all’interno della tasca. Ne pescò un oggettino piccolo e scuro, che nascose abilmente dietro la schiena. Si girò, lasciando vagare il suo sguardo sfacciato sul corpo nudo del compagno.
“Mmh...very cute...” mormorò storpiando quella parole inglesi col suo pesante e simpatico accento nipponico. Sorrise con malizia.
Yutaka raggiunse un inteso color melanzana, precipitandosi sul letto e rifugiandosi sotto le lenzuola. “Pervertito!” brontolò, e il suono della sua voce imbarazzata risultò soffocato dalla stoffa.
Ryo rise. Rise guardando intenerito quella sottospecie di fagotto di coperte dal quale spuntavano spettinati ciuffi color cioccolato. Si accoccolò accanto a lui, accarezzando quella che poteva sembrare la testa.
“Yuta-chan?” cinguettò amabilmente il biondo.
“Cosa vuoi?” borbottò in risposta il moro, mentre il suo musetto imbarazzato spuntava da sotto un lembo di coperta. Avrebbe voluto mantenere il broncio e tenere quel maniaco del fidanzato un po' sulle spine, ma gli fu del tutto impossibile.
Davanti al suo naso, Ryo teneva nella grande mano da bassista una scatolina foderata di velluto blu scuro, aperta: al suo interno, unita da un piccolissimo fiocco turchino c'era una coppia di splendenti anelli, semplici, in oro bianco. Luminosi.
“Ry...cos...?”
“Uke Yutaka...vuoi tu prendere quel patetico debosciato di Suzuki Ryo come tuo...sposo?”
Yutaka rimase immobile. La bocca spalancata, il suo sguardo vagava incerto fra il sorriso rassicurante del compagno e la scatolina che egli teneva in mano quasi fosse il suo piccolo cuoricino pulsante.
“Non mi servono sacerdoti o testimoni...mi basta solo che tu acconsenta a ritenermi tuo marito...”, qualcosa, nel modo con cui Ryo disse marito, commosse Yutaka.
Il batterista rimase muto, la stessa comica mascella a penzoloni, gli stessi increduli occhi spalancati. Un leggere pizzicore gli confermò la sua vicinanza nello scoppiare a piangere come una fontanella.
“Yuta-chan? Chiudi la bocca, che ti entrano i moscer...”
“Sì...assolutamente sì” sussurrò il moro senza fiato.
Ryo gli sorrise, prima di sciogliere il piccolo fiocchetto, prendere in mano uno degli anelli e farlo scivolare nel mignolo di Yutaka. L'anello si chiudeva alla perfezione attorno a quel dito.
“Si mette all'anulare, scemo...” mormorò Yutaka, così emozionato e confuso da non riuscire ad impedire il tremito della sua voce.
“No, dolcezza...” gli rispose Ryo, chiudendogli le labbra con un dito “...le coppie normali lo mettono all'anulare...”, prese la sua mano e ne baciò le dita, soffermandosi più a lungo sul mignolo. Le sue labbra si posarono delicate sull'anello.
“E noi non lo siamo?”
Ryo scosse la testa. “No, amore...noi siamo speciali...”
Yutaka non fece nulla per trattenere quella lacrima che si lanciò in picchiata dal suo occhio sinistro, per scivolare rapida sulla guancia e finire il suo corso sulle labbra carnose di Ryo.
Sorrise, Yutaka, sorrise piangendo, mentre infilava l'altro anello d'oro bianco al mignolo di Ryo, il quale accolse quel piccolo cerchietto prezioso come se non stesse aspettando altro.

Si era addormentato.
Le labbra dischiuse, il respiro leggero, l'espressione del volto distesa e rilassata.
Ryo gli baciò dolcemente le labbra, scostandogli una ciocca di scuri capelli dalla fronte.
Si girò.
Sayuri lo guardava, appoggiata stancamente allo stipite della porta. La gravidanza avanzata la sfiancava, ma il suo sorriso e la sua rassicurante bellezza non ne venivano offuscate.
“Non sembri sorpresa...”
“Sono tua sorella, Ryo...certe cose le capisco...”
Ryo abbozzò un sorriso. “Da quanto tempo lo sai?”
“Da prima del matrimonio...”, Sayuri sorrise in risposta, dando una fugace ma intensa occhiata al ragazzo addormentato sul divano di casa sua. Al mignolo della sua mano sinistra spiccava il bagliore di un piccolo anello d'oro bianco. Yutaka si voltò con uno sbuffo esilarante, corrugando la fronte; il plaid a scacchi scivolò sul pavimento. Ryo fu veloce e riprenderlo e coprire nuovamente il suo ragazzo, che emise un buffo verso soddisfatto. Mugugnò poi, corrugando la fronte.
I due fratelli ridacchiarono.
“Fa di quei discorsi la notte!” lo canzonò allegramente lui, togliendogli dolcemente un ciuffo di capelli dagli occhi.
“Quando non è occupato farsi scopare da te...”
“Sayuri!”
Scoppiarono a ridere entrambi, Ryo leggermente rosso in faccia.
La ragazza lanciò un'altra intensa occhiata alla mano destra del fratello; al mignolo portava un anello d'oro bianco. Ryo avvertì lo sguardo della sorella e nascose la mano nella tasca dei jeans, leggermente imbarazzato.
“Lo ami Ryo?”
“Più di quanto tu creda, Sayu-chan...” si voltò a guardare l'intensa smorfia di concentrazione che aveva il viso di Yutaka “...forse più di quanto io stesso creda...”

{terminata alle ore 18:16 del 10 aprile 2009, ritocchi e correzioni esclusi, ascoltando Watch Me Bleed degli Scary Kids Scaring Kids}


Kami-sama, quando l'ho scritta non mi sembrava tanto sdolcinata xD
No, dai...a parte le cretinate gratuite che mi vengono spontanee. E' diabetica. Ma forse è questo che la rende tanto cara ai miei occhi.
Nulla da dire. Solo...trattamela con dolcezza :)


Recenzioni:

Aredhel Noldoriel: sì forse è meglio xD Altrimenti potrei non essere più padrona delle stupidate assurde che mi escon di bocca xD
In effetti all'inizio l'idea del Kai innamorato non c'era. Avevo deciso all'inizio della raccolta di trattare ogni coppia singolarmente, anche perchè tanti innamoramenti in un gruppo di cinque persone non sono tanto probabili...ma poi...povero cucciolo, ha la faccia da martire, da eterno addolorato T^T e allora ho infilato dentro anche il silenzioso innamorato T^T Ah, poveri, quanto li faccio dannare xD
Felice che ti sia piaciuta, tesoro. Spero che anche questa sia di tuo gradimento :)
Un bacione! ♥

Deneb: T^T nooo, non mi picchiare T^T
Comunque io ho semplicemente ADORATO “That's the way love goes” ♥ è semplicemente stupenda! ♥
Spero di non averti deluso io con la mia ReitaKai :(
Un abbraccio ♥

misa_chan: tu non rompi mai, tesoro! Anzi mi fai sempre più felice con le tue recensioni! ^^
In effetti, adesso che me lo fai notare...ci sono anche Aoi e Uruha oO
Nel senso...ho inserito sì, quel pezzetto di complicità ed intimità...ma non era inteso che i due stessero assieme, anche se adesso che lo rileggo può trasparire un legame un po' più profondo. Non so, mi piace che sia così misterioso *che imbecille, neanche si accorge di ciò che scrive* ^///^
Grazie mille, carissima ♥

LadyWay: è una buona cosa fissarsi con lo yaoi xD Io per prima ne sono totalmente assuefatta xD Il paragone con la cioccolata è molto dolce anche se io sono, credo l'unica persona vivente del sistema terracqueo a cui non piace la cioccolata xD L'unica xD Allora io avrei detto “...come la crema sulle fragole” **
Un abbraccio ♥ e grazie!





Siamo alla terzultima shot T^T
Oh dei, che tristezza T^T
Ma non preoccupatevi, gente, non sparirò! *e chi si preoccupa?*
Tornerò con un altra long fic, credo. E ho già in cantiere un paio di shot insulse, ma a mio parere carine **
Al prossimo capitolo, che sarà immerso in un mondo rosato e dolcioso...solo che il protagonista odia le cose rosate e dolciose...ma io non vi ho detto nulla u///u
Alla prossima,
un abbraccio gigantesco a tutte/i!
Mya :)





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Capitolo 10
*** {9} Find a Way (Kouyou x Reita) ***




{9} Find a Way (Kouyou x Reita)

Titolo: Find a Way
Sottotitolo: Famiglia
Rating: Arancione
Segni particolari: bambini ** Bambini, bambini, bambini **
Note: mi si è scatenato l'istinto materno u.u Sarà perchè è nato il mio cuginetto (**), sarà perchè porto nel cuore una fic che mi ha fatto riflettere e che negli ultimi capitoli era piena di bambini (yes, colgo l'occasione per ringraziare Riot Star e per dedicargli interamente la shot u.u), fatto sta che mi è venuta un improvvisa voglia di un frugolino da coccolare **
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)


Yuu era bianco come un cencio sbattuto.
Biascicò qualche incomprensibile parolina, prima che le ginocchia gli cedessero e rischiasse di finire a terra. Ringraziammo i riflessi pronti di Kou, che lo afferrò da sotto le ascelle, impedendogli di rovinare poco dignitosamente a terra.
“Coraggio, Yuu! Non è il momento di farsi prendere dal panico!”
“Non sono pronto...” mormorò con una vocina flebile. Dalla smorfia che aveva avrei scommesso cinquemila yen che si sarebbe ben presto messo a vomitare.
“Dovevi pensarci nove mesi fa, amico...” gli mormorai cercando di fare il solidale. Kou mi lanciò uno sguardo assassino. Cercai di ignorarlo.
Da dentro la camera provenne un acuto gemito di dolore, seguita da una parlantina bassa e cadenzata. Yuu diede un violento tremito con le spalle.
“Kami-sama, fra poco vomito...” miagolò; io sbuffai. Le mie entrate avrebbero registrato un aumento di cinquemila yen. Sai che guadagno!
Al capezzale di quel povero cretino, eravamo in altri quattro poveri cretini. Er, mi correggo. Tre poveri cretini.
Uno povero cretino le palle di agire le tirò fuori.
Takanori si avvicinò a Yuu a grandi falcate (per quanto grandi potessero essere le falcate di un nano come lui) e gli diede una sberla da rivoltarlo come un calzino. Il sonoro “sciaff” lasciò a bocca a aperta tutti quanti, comprese un paio di vecchiette che si erano premurate di guardare male i miei capelli passandomi accanto, qualche minuto prima.
“Calmati” gli ordinò Takanori imperioso.
Rischiai di soffocare con la mia lattina di birra analcolica (uno schifo della macchinetta dell'ospedale), e trattenni a stento una risata. Per quanto riguarda gli altri rimasero tutti più o meno sconvolti. Anche Takanori. E le suddette vecchiette.
Credo che si fosse abbandonato all'istinto e che non avesse messo in conto l'imbecillità cronica del suo suddetto istinto. La sua espressione era così esilarante che ritenetti saggio nascondere una seconda, sguaiata risata dentro alla lattina.
Kami-sama, era imbevibile quella roba.
Yuu rimase con gli occhi comicamente spalancati.
Avevo anche l'impressione che si fosse calmato un poco, ma quando Maki lanciò un altro intenso e strozzato urlo dalla stanza accanto, rabbrividì come un dannato; si strinse a Kouyou, appiccicando – terrorizzato – la sua guancia a quella del suo biondo compare.
Avrei voluto intimargli di staccarsi all'istante dal mio ragazzo, ma il paffuto dottore che venne fuori invitando Yuu ad entrare mi batté sul tempo.
Ci fu un gran battere sulle spalle del nostro amico. “Coraggio, vecchio!” lo incoraggiai sottovoce quando mi passò accanto, condendo il tutto con un coppino sulla nuca. Lui entrò nella stanza con una faccia degna di un condannato al patibolo.
Non che non fosse felice di diventare padre.
Dannazione, erano nove mesi che sulla faccia aveva stampato quel vomitevole sorriso; ci mostrava in continuazione le ecografie e mi aveva anche brutalmente malmenato quando avevo scambiato una macchia della placenta per la testa della sua piccolina. Erano settimane che si riferiva a quello schizzo disordinato (che ben presto sarebbe diventata la mia nipotina) come alla sua piccola Ai, occhi di triglia compresi.
Insomma, per farvela molto, ma molto breve, era davvero felice di diventare padre.
Ma diciamo che gli era venuto a mancare il coraggio proprio ora che Maki era entrata in travaglio. No dico, farsi le seghe mentali da sarò un buon padre? quando la propria fidanzata (nonché mia sorella) stava dolorosamente partorendo una sottospecie di palla da biliardo da tre chili e mezzo?
Mah.
Mi sedetti su una scomodissima panchetta rosso acceso e appoggiai la testa al muro. E pensare che a quell'ora avrei potuto godermi una sana e rilassante partita di baseball se la mia adorata nee-chan non avesse deciso di far nascere la piccola con due settimane d'anticipo.
Mah.
D'un tratto, sentii un familiare calore pesarmi sulle gambe.
“Uuuugh, ma sei ingrassato?”
“Deficiente”
“No, sul serio...quando ti ho scelto come mio compagno queste grasse maniglie dell'amore non le avev...uff!” accusai il colpo che mi rifilò nella pancia fingendo dolore.
“Primo! Io non ho le maniglie dell'amore!” esclamò indignato “E secondo...” proseguì altezzoso, togliendosi una ciocca dal viso “...scelto! Neanche fossi una bambola su uno scaffale!”
Gli sorrisi.
“Bambolina mia”
“Stronzo”
“Aof, che permaloso”
“Le bambole non sono permalose, Ryo...quello è una prerogativa delle scimmie”, mi lanciò una lunga e significativa occhiata.
“Simpatico, lui”
Ad interrompere quell'affettuoso scambio di battute fu la porta della stanza che si aprì, spinta da un lettino. Sopra, il viso rosso e contratto da smorfie di dolore, i capelli incollati alla fronte, c'era mia sorella.
Kouyou saltò agilmente giù dalle mie gambe, permettendomi di precipitarmi accanto a Maki.
Gli afferrai la mano, preoccupato.
Se, se...nonostante avessi passato il 99% del mio tempo da adolescente a litigare con lei, era tutto ciò che era rimasto della mia famiglia biologica, e l'amavo sinceramente ed immensamente.
“Che succede?”
“Mi fanno un cesari-oh!” esclamò stringendomi una mano. Le sue lunghe unghie curate e laccate mi penetrarono la pelle, ma le ignorai.
“E' tutto sotto controllo, Suzuki-san, non deve preoccuparsi”
Accennai un breve inchino al medico, che rispose con un sorriso. Poi diedi una rapida occhiata indietro, mentre il lettino cominciava a muoversi verso la più vicina sala operatoria.
“Dov'è quel coglione del tuo fidanzato?” abbai duro, continuando a camminare velocemente. Maki sogghignò. In fondo eravamo fratelli, i geni bastardi li avevamo ereditati in parti uguali. Una contrazione le fece stringere gli occhi.
“E' svenuto...” mormorò poi con un sorriso comprensivo “...vai a vedere come sta Ryo-chan, ti prego...si è solo emozionato...”
E poi scomparve dietro la porta della sala operatoria.


“Siete sicuri che...?”
“Ma certo!” risposi con fin troppo entusiasmo.
“Ma porca di quella baldracca!” urlò il mio adorabile ragazzo dalla cucina.
Kami-sama, Ryo! urlai dentro di me, sperando che potesse arrivare telepaticamente al cervello bacato del mio sempre meno adorabile ragazzo. Aspettavo quel momento da troppo tempo, perchè lo mandasse a puttane così. Mi premurai di mandargli una mentale occhiataccia, con un allegato e virtuale coppino sulla nuca.
Maki mi guardò con un espressione leggermente preoccupata. Yuu invece mi regalò uno sguardo torvo che poteva significare solo un perentorio Tieni a bada il tuo ragazzo!
Sorrisi amabilmente e falsamente ad entrambi.
In quello Ryo uscì dalla cucina, bianco di farina fin sopra i capelli.
Oh hide-sama, proteggimi, ti imploro.
“Ryo-chan...ma cosa...?”
“Mi sono scottato con il caffè...” ed esibì il segno scarlatto di una bruciatura “...e ho fatto cadere la farina della pizza” concluse indicandosi i capelli. Vidi a malincuore, Maki stringersi impercettibilmente al petto la piccola Ai. Era una creatura a dir poco meravigliosa, dalle guance paffute e i grandissimi occhi grigi; aveva ereditato i capelli color inchiostro di Yuu, che portava in un disordinato, corto e spelacchiato ciuffetto e un viso grazioso ed ovale da Maki. Una vera bellezza.
La piccola tese le sue braccine paffute verso di me, con un sorriso enorme. Mi sentii sciogliere come burro al sole, mentre le sorridevo e le permettevo di stringere una manina attorno al mio indice.
“Ryo, ti giuro che se...”
“Aof, che palle che sei Maki!”
La ragazza gli lanciò uno sguardo torvo. Poi sospirò.
“Mi raccomando di...”
“Seh, seh stare attenti alle istruzioni che ci avete lasciato...” brontolò insofferente il mio ragazzo “...ora sciò, andate a farvi il vostro viaggio di nozze in santa pace!”, li cacciò praticamente via di casa, lasciandole appena il tempo di passarmi la piccola Ai.


Un pianto disperato mi svegliò di soprassalto. Mi ci vollero quei sette-otto secondi per capire chi si stesse sgolando disperatamente nella stanza accanto, e quando afferrai, mi lasciai ricadere pesantemente sul letto. Stavo per borbottare un intollerante “Vai tu!”, con uno di quei toni irritati ed insofferenti che ci avrebbero fatto litigare selvaggiamente, ma Kouyou si era già alzato sbadigliando; si stiracchiò (la pelle liscia della sua schiena si tese sopra i muscoli) e uscì dalla stanza.
Sbuffai scocciato. A quel tempo, la gigantesca mole di stress cui ero sottoposto mi faceva soffrire d'una terribile insonnia, che mi concedeva poco più di quattro ore di sonno per notte. Il fatto che fossi riuscito ad addormentarmi era un miracolo che gli dei mi avevano gentilmente concesso. E che quell'ammasso di urli e lacrime aveva barbaramente infranto.
Lanciai un gemito d'irritazione. Almeno quelle sveglie notturne avessero fruttato qualcosa di buono, non so, tipo una sana ed intensa scopata con Kouyou; ma lui, al contrario di me, era una di quelle persone che si addormentano all'istante, quando vogliono. In parole povere non avrei fatto in tempo ad avvicinarmi, che lui sarebbe già caduto in un lungo sonno, lasciandomi da solo, assonnato e per di più eccitato all'inverosimile, a conversare coi miei pensieri perversi.
Sbuffai di nuovo, con una sottospecie di ringhio.
Mi alzai soffiando come un gatto, dirigendosi a grandi e nervose falcate verso il salotto.
Seduto sul divano c'era Kou. Kou coi suoi bellissimi capelli color miele, Kou col suo sorriso da mamma chioccia, Kou con le sue dita callose da chitarrista, Kou con quei suoi occhi grandi, Kou con le sue risate.
Kou.
Mi guardò.
“Beh, che fai lì impalato?”
Ecco, un'altra cosa. Lui ci metteva più o meno quattro secondi e mezzo a recuperare le energie e a scacciare gli sbadigli; appariva fresco e riposato come una rosa. Gli bastavano pochi istanti per cominciare ad affrontare la giornata con entusiasmo e determinazione.
Ecco.
Spostate lo sguardo su di me.
Su quello zombie che entra ogni mattina in cucina barcollando come un ubriaco, con due vistose occhiaie violacee e gli occhi ancora chiusi dal sonno, le sopracciglia aggrottate; prestate attenzione al modo con cui si lascia cadere pesantemente sulla sedia (peraltro quasi sfondandola): sempre quello zombie risponde al sorriso luminoso del suo ragazzo con un ringhio soffocato in uno sbadiglio e un'occhiataccia, un chiaro segno di insofferenza, che tuttavia il suddetto ragazzo non coglie, continuando a fischiettare allegramente e spargere i suoi luminosi sorrisi in giro per la stanza.
Eccomi qua. Suzuki Ryo, presente.
Soliti capelli attorcigliati sulla nuca, solita bocca spalancata in uno sbadiglio sfacciato, solito intollerabile sonno che mi addormentava le membra.
Ah, no. Scusate, c'era un dettaglio differente.
Mi esibii, sì, in uno dei miei migliori sbadigli (ebbi come la vaga impressione che Kou fosse riuscito a vedermi il fegato), ma la mia bocca rimase comicamente spalancata, e lo sguardo dapprima assonnato si fece sveglio, anche troppo sveglio ed attento sulla scena che mi si parò davanti.
Kou era placidamente seduto sul divano, le gambe incrociate e il petto nudo illuminato dalla luce fioca della lampadina a risparmio energetico, di quelle che ci mettono mezz'ora per accendersi del tutto e a quel punto è tutto inutile perchè: a) ormai devi già uscire dalla stanza e b) non si vede un cazzo comunque perchè sono troppo deboli.
Teneva in braccio la piccola Ai (mia nipote, diletta figliuola di quella sciagurata della mia nee-chan e di quel debosciato di Yuu) e le picchiettava il naso con una dolcezza che non riservava neanche ad Hellion. O a me.
Fu un po' insulso (nonché denigrante) scoprirsi gelosi di una mezza calzetta di poco più di un anno, uno striminzito soldo di cacio ancora incapace di parlare. Lei guardava Kou con quei suoi languidi e grandissimi occhi grigiastri.
Mi lasciai crollare come un sacco di patate sulla poltrona, emettendo uno sbuffo accompagnato dal sinistro cigolio delle molle scassate: se quella poltrona non fosse stata la quintessenza della comodità l'avrei sicuramente butta via. Inoltre, era una melodia troppo dolce sentire le sue molle scricchiolare a ritmo con noi due, e ancora non avevo avuto cuore di mandarla in pensione. Chiusi gli occhi sbuffando di nuovo.
Uno strilletto eccitato e divertito me li fece riaprire di scatto.
Kou aveva sollevato la piccola in aria, facendola volteggiare sopra la sua testa. Ai rideva di una risata acuta e sincera, mentre Kou aveva un espressione di gioia allo stato puro in faccia.
No, dico...ma vi sembrano cose da fare alle...lanciai una disperata occhiata all'orologio digitale del lettore DVD...le quattro di mattina?! Ciò significava come minimo cinque ore insonni, dal momento che era pressoché impossibile che mi addormentassi prima delle nove.
Quei due continuarono a giocare incuranti di aver interrotto il mio sonno; mi preoccupai di guardarli malissimo, ma semplicemente mi ignorarono.
D'un tratto, la bambina sporse il labbro inferiore, facendo i lucciconi. Kou le sfiorò la testolina con le labbra, alzandosi in piedi e sistemandosela sul fianco.
Non so il perchè, ma a quella visione mi si strinse il cuore.
Come folgorato, mi resi conto che Kou desiderava ardentemente un figlio.
La potenza di quel pensiero mi fece vacillare.
Insomma, erano settimane che saltellava in giro spensierato all'idea della piccola Ai sgambettante per casa. Io, al contrario, non avevo ancora perdonato la mia nee-chan per avermi sbolognato la poppante frignona per un mese.
Che poi, cazzo. Apro una piccola parentesi.
Un viaggio di nozze di un mese, equivaleva ad un mese senza prove, che per me, normalmente, sarebbe stata una sciagura bella e buona, ma che almeno avrebbe portato un mese chiuso in casa con Kou. Il che, normalmente, sarebbe stata un pacchia. Aveva un po' la sindrome della mamma chioccia lui (cosa a cui avrei dovuto pensare, in effetti, quando acconsentii a tenere lo scricciolo urlante) e amava viziarmi e coccolarmi in ogni modo. Un mese chiuso in casa con lui sarebbe stata...l'apoteosi del sesso.
Ma da quando quel fagotto di lacrime e urla era entrato in questa casa, Kou aveva avuto gli occhi solo sul suddetto. Scusate la franchezza, ma io sono un uomo parecchio passionale e, passatemi la volgarità, avevo bisogno di scopare. Con lui.
Ma ho sforato, non è di questo che stavo parlando.
Chiudo la parentesi.
Dunque.
Kou voleva un figlio. Voleva un frugolino tutto suo, da amare e coccolare, da stringere, a cui insegnare ad andare in bici, a cui asciugare le lacrime dopo una caduta, da iniziare al miracolo del baseball...okay, questo più io, ma sono dettagli.
Ora, il problema stava lì.
Lui voleva un figlio. E io, per ovvi e scientifici motivi, non potevo darglielo.
Improvvisamente mi sentii (avrete capito, vero, che non sono un tipo da tante finezze) una completa e totale merda.
Quando la bambina si accorse di me, i suoi grandi occhioni grigi si illuminarono.
Era incredibile, nonché bizzarro: nonostante la mia nipotina mi desse costantemente sui nervi con quei suoi occhioni innocenti e gli sguardi languidi che lanciava al mio ragazzo (catalizzando così tutta la sua attenzione), lei era assolutamente ed indiscutibilmente presa da me. E non parlo con presunzione.
Kou stesso me l'aveva fatto notare con una risata: era palese, ogni qualvolta mi trovassi nella stessa stanza con Ai, lei non faceva altro che ridere con gli occhi e con la boccuccia sdentata, oltre a esigere di starmi in braccio.
E' inutile, vero, dire che io la evitavo come la peste?
Non appena intravedevo quella ridicola testolina spelacchiata me la davo a gambe.
Fino al suo arrivo ero stato io il coccolato di casa...ma ora che era arrivata Ai, il mio posto mi era stato sottratto ed io mi comportavo come uno spodestato ingiustamente.
Ma vedevo lo sguardo di Kou estasiato, e aveva deciso di fare buon viso a cattivo gioco. Un mese. Non sarebbe durato tanto un mese.
La piccola prese ad agitarsi in braccio a Kou, scuotendo le manine in aria come volesse spiccare il volo: sembrava una paperella imbranata e quasi sorrisi intenerito. Quasi.
La piccola Ai tese le sue braccine lunghe come un mio piede verso di me.
Io quasi mi ritrassi sulla poltrona, inorridito.
Cosa vuole quel mostro da me?!
Se mai avrete a che fare con una neonata di meno di un anno incondizionatamente innamorata di voi, un consiglio: state attenti all'amico dei piani bassi.
Avevo smesso di contare le volte in cui Ai si agitava in braccio a me e scalciava coi suoi piedini: la cosa portava solo una conseguenza, ovvero una letterale strage dei gioielli di famiglia.
Kou me la mise in braccio senza troppi complimenti e la piccola si sporse verso di me, mettendo un piedino a pochi millimetri dai miei coglioni. Strinsi istintivamente le gambe a x.
“Le preparo il latte”
Prima che potessi anche solo pensare di protestare, lui era già sparito in cucina.
“Beh, che hai da guardare?”, mi ritrovai immediatamente catapultato in quegli iridi grigiastri. Aveva due occhi semplicemente enormi. Portai una mano alla sua testolina, spettinandole i sottili capelli color inchiostro. Ma non si offese, anzi. Mi regalò uno di quei sorrisi così grandi da morirci dentro. Era la fotocopia sputata del sorriso entusiasta di Yuu, quel sorriso che quel cretino metteva su davanti ad una Maxi Coppa Fragola, per fare un esempio, o di quel sorriso totalmente rimbecillito che aveva messo sul muso la prima volta che aveva visto Maki, al mio diciassettesimo compleanno.
“Io non ti odio...” seh, convinto Ryo “...solo, ho bisogno di stare un po' da solo con Kou...me lo concedi, dolcezza?”
Ai inclinò la testa d'un lato, esaminandomi col suo sguardo puro ed innocente. Poi, con quelle sue ditine microbiche, mi prese un lembo della maglietta, poggiando la testa sulla mia spalla.
Pochi istanti dopo, sentii il suo tranquillo respiro addormentato sfiorarmi la pelle.
Io non lo so...era figlia di due squilibrati, quella lì, si vedeva.
Si metteva a piangere e strepitare, poi a giocare felicemente con Kou, e poi aveva fame e poi si addormentava! Insomma, era chiarissimo che fosse figlia di quel pazzoide di Yuu. E di quella lunatica di mia sorella.
“Guardala, che tipetto!”
Mi trovai di fronte al sorriso tronfio di Kou.
“Hai ceduto anche tu al fascino della signorina?”
Bofonchiai. “Levami questo coso di dosso” sibilai imbarazzato.
Lui sghignazzò sottovoce, prendendomela delicatamente dalle braccia: le sorresse la testolina, facendola posare nell'incavo della sua spalla. Prima che potesse scappare via, gli rubai un bacio. Lo guardai con intensità, mentre la piccola mugugnava piano nel sonno.
Lui mi sorrise complice, sparendo poco dopo verso il corridoio.
Abbandonai la testa contro lo schienale della poltrona.
Stavo fallendo nei miei propositi, e non per causa mia.
Che ci fosse un qualcosa d'esterno (un qualcosa di inutile e banale come la mia mascolinità), che m'impedisse di rendere felice Kou, mi dava sui nervi.
Non mi accorsi che era tornato fin quando non si arrampicò sulle mie ginocchia, rubandomi un bacio leggero. Socchiusi un occhio.
“Ti vedo pensieroso...”
Mugugnai in risposta. Se c'era una cosa che mi dava veramente sui nervi di Kou (l'unica, a dir la verità) era questa sua intuizione micidiale. Soffocai eventuali sue parole in un bacio.
“Non cercare di distrarmi” mi ordinò imperioso, staccandosi dalle mie labbra.
“Non sto cercando di distrarti” provai a protestare.
“Seh, e io sono Babbo Natale...”
“Non sei un po' troppo ciccione per fare Babbo Natale? Gli rovini l'immagine...”
“Cazzo, quanto sei stronzo!”
Risi. Mi piaceva battibeccare con lui.
Primo, perchè era la persona più permalosa che conoscessi e se la prendeva per ogni minima critica al suo aspetto. E la cosa mi divertiva un sacco. Secondo, perchè adoravo il broncetto offeso che metteva su. E terzo...perchè quelle battibeccate erano solamente il prologo dell'inizio dei preliminari.
Lo baciai ancora, ridacchiando.
“Vuoi scopare Ryo?”, come volevasi dimostrare.
Quando cominciavo a prenderlo in giro, sapeva già che, nel tentativo di farmi perdonare quegli sberleffi, saremmo finiti a fare selvaggiamente l'amore.
Non devo aver avuto uno sguardo propriamente intelligente in quel momento.
Cosa che molto probabilmente contribuì a fargli comprendere i miei intenti. Annuii come un emerito imbecille, come avete presente qui pupazzetti col collo mobile che tu gli dai un colpetto e loro fanno su e giù con quell'enorme testona? Esattamente così.
Lui ridacchiò, gettando la testa indietro.
Non persi un millesimo d'istante e mi gettai a pesce sul quel collo bianco avorio, come un vampiro assetato di sangue. E come un vampiro glielo morsi lasciandogli un vistoso segno rosso. Sentii la sua mano fra i capelli, le sue dita stringere dolcemente alcune ciocche.
Succhiai la sua pelle dolcemente, perdendomi in continue ed ipnotizzanti carezze sulla sua schiena.
“Se mi hai fatto un succhiotto ti uccido”
Soffocai le risate sulla sua pelle. Così manesco e violento, così maniacalmente attento alla sua immagine...così era il vero Kouyou, così come io lo amavo follemente.
“Ti amo, Kou”
Lo ammetto, glielo dicevo poco.
A volte avevo paura che se ne potesse dimenticare. Che lo amavo sfrenatamente, intendo. Mi spaventava mettermi a nudo in quella maniera, ma perdere Kou mi spaventava ancora di più.
“Cos'hai mangiato, Ryo?”
“Non posso dirti che ti amo?”
“Non è quello...lo sai che mi fai morire ogni volta che me lo dici...” mi sorrise accarezzandomi i capelli “...ma non ti ho mai visto così sentimentale...”
“Kou...ti amo” gli ripetei ancora, mentre nascondevo il volto nell'incavo della sua spalla, chiudendo gli occhi “...anche se non te lo dico mai, tu...non lo dimentichi, vero?”
Lui mi strinse una ciocca di capelli, tirando la testa indietro. Mi ritrovai a fissare quei suoi occhi enormi e castani, liquidi come rotonde tazze di tè.
“No che non lo dimentico, scemo!” mi canzonò lui con un ghigno.
Mise a silenzio mie eventuali altre parole con un bacio. Si sistemò meglio sulle mie gambe, insinuando una mano sotto la mia maglietta.
“Ti amo, Ryo...” mormorò al mio orecchio, e avvertii la sua lingua scivolare sul contorno del mio lobo “Mi sei mancato un sacco...”
“Sono sempre stato qui...”
“Ma io non me ne accorgevo...perdonami...”
“Qualcosina per farti perdonare potresti farla...”
Silenzio.
“Più invecchi e più diventi scimmiesco, stupido e pervertito”
Sghignazzai.
“Ma destino vuole che più invecchio io e più mi eccitino queste tue caratteristiche”
Fu cosa da poco sollevarlo di peso e lasciarlo cadere sul divano. Mi tolsi in fretta e furia i pantaloni, per poi raggiungerlo e distendermi sul suo corpo caldo.
Mi appropriai golosamente delle sue labbra.
Mi persi dentro a qual turbinio di piccole e sensuali azioni, solitamente precedenti all'amplesso vero e proprio: mi beai dei suoi gemiti sommessi, delle sue parole strozzate dall'eccitazione, dell'espressione estasiata del suo volto. Mi rifugiai in quel calore agognato, lo presi con un ansimo soffocato sulla sua pelle.
“R-ryo...”
“Ti darò un figlio...” mormorai con i residui di voce e coscienza che ancora rimanevano saldamente ancorati a me “...fosse l'ultima cosa che faccio, Kou...”, furono le ultime parole che riuscii a formulare, prima di essere risucchiato nell'oblio più dolce e passionale che avessi mai visto.
Fuggii dallo sguardo allibito che mi lanciò e baciai la sua spalla, nascondendomi nell'incavo del suo collo. Lo sentii stringermi forte a sé, e aderii al suo torace come una seconda pelle.
“Ti amo” mormorò fra le lacrime e i gemiti.


“Ho caldo”
Kouyou sbuffò, insofferente.
“Ryo, ti supplico...” mormorò con una vocina implorante.
“Non ho detto niente! Sto solo crepando di caldo!” fu la seccata risposta.
Kou fece un gran sospiro. Un po' di pazienza (cosa di cui, però, era scarsamente dotato) e la giornata sarebbe filata liscia, senza intoppi. Il castano tentò un sorriso rilassato, volgendo lo sguardo color miele, oscurato da un grosso paio di lenti scure, verso la folla.
“E' pure in ritardo”
Okay, forse ci sarebbe voluto più di “un po' di pazienza”.

La prima cosa che notai fu l'evidente stato di gravidanza.
Ora, non per essere scortese...ma aveva davvero un ventre enorme. Sporgente e tondo, teso sotto un vestitino bianco che le arrivava sotto le ginocchia e che svolazzava attorno ai suoi passi. Calzava un paio di sandali dal tacco basso e portava sulla spalla una borsa che batteva ritmicamente sul suo fianco.
Kou saltò in piedi come un salmone, porgendogli galantemente una mano.
Lei gli sorrise, accettando il suo aiuto. Aveva un sorriso molto luminoso e candido.
“Ti ringrazio” mormorò con voce un po' affaticata “Questo piccolo demonio non mi lascia in pace un istante”, rise accarezzandosi il pancione.
Io rimasi muto come un pesce. Fissavo sfacciatamente quella pancia abnorme, quella pancia che conteneva (se tutto fosse andato liscio) il mio erede. Deglutii.
Sentivo gli sguardi degli altri due sulla nuca, ma non riuscivo ad impedirmi di fissarla. O meglio, di fissare la sua pancia. Come in trance, tesi una mano in avanti, con l'intenzione di sfiorare quella sottile parete di carne umana che divideva il mondo esterno – me – da quello che, sempre che fosse filato tutto liscio, sarebbe stato mio figlio.
Sobbalzai, quando mi accorsi che avevo quattro occhi che mi pugnalavano la schiena.
Battei rapidamente in ritirata, ma lei fu più veloce, e mi afferrò la mano.
Solo in quel momento mi soffermai a studiare i tratti del suo viso.
In mezzo ad un visino ovale e grazioso, spuntava un'enorme nasone a pipa, che distorceva l'eleganza donata dai grandi e rotondi occhi verde bottiglia e dagli zigomi alti; aveva due labbra carnose e piene, rosa e le sopracciglia sottili e scure. Sulla fronte liscia ed ampia, scivolavano corte e disordinate ciocche...blu?!
Il mio sguardo cadde impertinente sui suoi capelli. Un blu elettrico, acceso e brillante.
Carino come colore. Avrei dovuto consigliarlo a Taka, che cambiava colore dei capelli come si cambiano i calzini.
Dopo quel pensiero, il nulla.
Lei posò la mia mano sul suo ventre, e io smisi semplicemente di pensare.


“IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII”
Mugugnai divertito.
“Tutto okay dolcezza?” provai a chiedere.
“Brutto figlio di puttana!” No. Non era tutto okay.
“Che ha detto, che ha detto, che cazzo ha detto dammi il cellulare!!
Mi voltai verso il mio ragazzo, il quale aveva spalancato gli occhi in un espressione del tutto allibita. “Le gallinelle hanno fatto l'uovo” borbottai indicando con il pollice la stanza.
“A chi hai dato della gallinella?!” tale e quale a Yuu. Un viso perfettamente ovale dagli zigomi alti e una liscia cascata di capelli color inchiostro fece capolino da dietro la porta.
Crescendo, Ai era diventata una meraviglia di ragazza.
“Non è tanto carino dare alla tua nipotina preferita della gallina, sai zio?”
Scrollai le spalle.
“Neanche alla figlia preferita se è per questo!”
Chiyo saltellò fuori dalla sua stanza, con quei suoi cortissimi capelli corvini, striati di bianco argenteo. Puntò le mani sui fianchi lanciandomi un occhiataccia verde bottiglia. Nonostante avesse solo un anno di differenza con mia nipote, era di svariati centimetri più bassi di lei.
Una ragazzetta in miniatura, insomma, che a malapena raggiungeva il metro e cinquantacinque.
Si era immediatamente conquistata le simpatie e la complicità di Takanori.
Alzai le mani in segno di resa. “Okay, okay, ritiro tutto!”
Non passarono neanche cinque secondi e me le ritrovai entrambe sulle ginocchia.
Soffocai un imprecazione.
“Tesoro? Tesoro mio! Toglieresti il tuo affascinante piedino dai gioielli di famiglia? Tesoro sei un angelo!”, Ai non era cambiata più di tanto.
In mezzo a quell'accozzaglia di risate cristalline e calci più o meno involontari, individuai il sorriso sornione di Kou. Non l'avevo mai visto così sereno, così completo, così felice.
“Si può sapere il motivo del tuo raffinato gorgheggio di prima?”
Chiyo alzò il mento indignata, togliendosi una lunga ciocca bianca come la neve dal viso; mi sembrava di vedere Kouyou quando lo prendevo in giro e soffocai una risata.
Assolutamente identici, dal modo in cui sventolavano il mento per aria al modo in cui inarcavano offesi un sopracciglio. Facevano impressione, se si teneva conto che non avevano nessun legame di sangue.
“Un idiota signor nessuno!”
“Mmh, per caso quel simpatico...com'è che si chiamava? Naoki dell'altro giorno?”
“Esattamente quel cretino!”
“A me stava simpatico”
“Solo perchè ti ha portato una bottiglia di wishky stravecchio, ubriacone!”
“Dovresti rivolgerti all'altro tuo adorabile padre con quell'epiteto, dolcezza!”
“Ryo sei un imbecille”
Scoppiammo tutti e tre a ridere.

Lo vidi trafficare con la teiera. Mi dava le spalle.
Quando lo abbracciai da dietro, facendo aderire i nostri corpi come se fossero incollati, sussultò lievemente e la tazzina gli scivolò fra le mani, cozzando contro il ripiano metallico.
“Scusami...” le mie labbra aderirono alla sua nuca, lasciandovi un bacio “...non volevo spaventarti.”
Lui strinse le mie mani, scuotendo appena il capo; i suoi capelli mi fecero il solletico sulle guance. Baciai ancora la sua pelle, mentre cercavo il modo di fonderlo al mio torace. “Ryo, mi stai stritolando...”
“Ti amo”
“Scemo”
Si girò fra le mie braccia, incollando le nostre labbra.
Erano passati diciotto anni.
In diciotto anni ne erano cambiate di cose. Ma baciare Kou era rimasto ultraterreno.
Lo strinsi a me, facendolo sedere sul ripiano della cucina. Gli allargai le gambe, sistemandomi meglio a contatto del suo corpo.
Mi voltai di scatto, staccandomi dal suo bacio.
Dalla soglia della cucina mi risposero due sguardi intensi e due sorrisi maliziosi.
“Embè?”
“Siete così...belli insieme”, Ai si sciolse in un espressione affettuosa.
Chiyo si precipitò addosso a noi, stringendoci in un abbraccio fortissimo.
“Siete troppo alti” piagnucolò.
“Sei tu che sei una nanetta” la canzonò Kou, scombinandole i capelli.
Lei sbuffò indignata, togliendosi la solita ciocca bianca dal volto.
Ai si fece saggiamente indietro, dicendo di dover recuperare la borsa in salotto, lasciandoci da soli in quell'intenso momento d'intimità.
Chiyo si strinse a noi.
“Sono così orgogliosa di essere vostra figlia”

{terminata alle ore14:41 del 11 giugno 2009, ritocchi e correzioni esclusi, ascoltando Find a Way dei Secondhand Serenade}



Uiii, ce l'ho fatta.
Innanzitutto ho articolato questa shot con il POV di Reita, principalmente, ma ci sono brevi parti in cui a parlare è Uruha, e un piccolo pezzo in cui il narratore è esterno. Spero di non aver creato casini ^///^ Perchè io capisco tutto perchè ho la storia già in mente, ma se ci sono delle incomprensioni fatemelo sapere che provvederò a modificare ^^
Bene...perdonatemi questo tripudio di diabete sdolcinatezza ma ne aveva seriamente bisogno ù.ù
Penultima shot T^T
Dei, che tristezza T^T

Recensioni:

jagansha: ma io ti ho sempre detto che basta che mi scrivi che ti è piaciuta, e mi fai enormemente felice ** Che poi tu sei una che mi segue dall'esordio e che ancora non si è rotta i sacrosanti cosiddetti, quindi le tue recensioni, brevi o lunghe che siano, mi riempiono sempre di gioia (:
Grazie mille, un bacione ♥

Aredhel Noldoriel: hiii, troppo gentile come sempre! ^^
Un bacione ♥

LadyWay: proprio no! Non è che non mi piaccia...proprio non la sopporto! xD
Sei un indovina ò.ò (bhe, ma mancavano solo due coppie... ndTutti)(Zitti tutti! ndMe) come vedi hai proprio indovinato xD Un mondo tutto roseo e gioioso con un protagonista cinico ed insofferente xD
Un bacione ♥

Narah: come faccio a dimenticarmi di te? Mi hai lasciato una recensione in “Sekai wa Mawaru” che mi ha fatto brillare gli occhietti ** Comunque...per quanto riguarda i complimenti, non posso far latro che ringraziarti profondamente *inchino* Poi...a quanto vedo la Reita Ruki non ha riscosso il successo desiderato >.< ma non sto accusando nessuno, eh! Anzi, mi fa piacere che qualcuno abbia il coraggio di dire la sua! Comunque ho già intenzione di rivederla e rimetterla a posto u.u
Vabbè, avrei voluto farti un ringraziamento meglio articolato, ma come avrai già capito, non ne sono capace :P Mi limito a dirti GRAZIE e a dirti che con il quarto capitolo di “Sekai wa Mawaru” è in via di..come si dice, revisione! Spero di pubblicarlo entro la fine della settimana...spero! :)
Un bacione, e grazie ancora per il tempo che mi dedichi ♥

Shinushio: TUUUUUUUUU! Tu sei la scrittrice di “Azzardo”! **
Semplicemente adoro il modo in cui scrivi, semplicemente. Adoro. E imploro pietà inginocchiata sui ceci se non riesco a recensirti, ma è già un miracolo che mi ricordi di infilarmi i pantaloni quando esco di casa e spessissimo sono convinta di aver recensito (ma proprio sai, mi creo ricordi inesistenti delle esatte parole che ho scritto! Cose da matti), quando invece non l'ho fatto ç-ç Che disastro ambulante ç-ç
La tua recensione non ha potuto che rendermi fiera ed orgogliosa, grazie mille davvero ♥

misa_chan: beh, di solito anch'io amo le cose più intense e sofferte, ma cosa vuoi, sono anche una persona infinitamente romantica e smielata **
Un abbraccio enorme ♥

irisviola: uuh, beh che dire! Grazie mille, mi fa piacere che ti siano piaciuti anche gli altri capitoli e non ti preoccupare per la recensione...io sono la prima ad essere una sega completa nel recensire :P
Un abbraccio ♥

Deneb: ohhh, auguri di comp0leanno in ritardo...anche se il mio inconscio ti ha fatto il regalo...allora tu mi hai fatto un regalo enorme (in anticipo di circa tre mesi xD) dedicandomi parzialmente la tua ultima Reia-Kai...è dinamite allo stato brado, cose che l'ho riletto almeno quattro volte e mi è piaciuta sempre più ** COMPLIMENTONI!
Un bacione grandissimo ♥

xiao4sheng: Dei, grazie! (: Mi fa piacere che non sia risultata troppo sdolcinata, anche se più la rileggo più mi sa che devo averla scritta in un momento di terribile carenza affettiva xD Anche perchè è stata la primissima shot che ho scritto o quasi della raccolta e a qual tempo la raccolta era diretta in tutt'altra direzione, te l'assicuro xD Ma sono soddisfatta di come si è evoluta (:
Grazie mille e un abbraccio ♥



Penultima shot ç-ç
La prossima sarà l'ultima e già mi dispiace un sacco dovervi lasciare...voi immagino starete esultando, ma vedrete che tornerò a rompervi le balle con le mie sdolcinerie xD
Un bacione, al prossimo capitolo...ah, preparate i fazzoletti. Io ho pianto un sacco mentre la scrivevo (ma solo perchè ho la lacrima facile xD)
Mya ♥


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Capitolo 11
*** {10} Miseinen (Ruki x Uruha) ***




{10} Miseinen (Ruki x Uruha)

Titolo: Miseinen
Sottotitolo: Morte
Rating: Arancione
Segni particolari: ultima shot :( che tristezza, mi sembra ieri di aver cominciato a scrivere questa raccolta, così quasi per scherzo.
Questa shot la dedico ad una persona speciale, ma speciale davvero:

TU


Tu che hai letto, tu che hai recensito, tu che hai messo questa fic fra le tue preferite, tu che...beh, tu :) Grazie a te questa raccolta è stata portata avanti. Grazie.
Note: credo forse la canzone che più mi ha fatto emozionare, di questa fantastica band. Grazie.
A loro devo molto.
Avvertenze: sarebbe carino possedere i GazettE, ma purtroppo non è così (ç__ç); loro appartengono a loro stessi, questa fic non è stata scritta per offendere chicchessia, ma solo per soddisfare la mia mente patologicamente ossessionata dallo yaoi e dalla loro musica (e dal sorriso fossettoso del buon vecchio Yutaka ♥)


La foto raffigurava cinque ragazzi trentenni, anno più anno meno.
All'estrema sinistra della foto Yutaka luccicava di quel suo sorriso gigantesco, le guance paffute solcate da due dolci fossette, gli occhi nocciola brillanti, la zazzera castano scuro spettinata. Accanto a lui Ryo, un finto sguardo glaciale, un sorriso molto strafottente in volto, i capelli biondo paglia striati di nero, la sciarpa blu che indossava gli copriva il mento. Si appoggiava a Yutaka, il quale gli cingeva le spalle con un braccio; le loro guance erano incollate, come francobolli. Uno dei bracci muscolosi di Ryo era attorcigliato al collo di Yuu, che rideva in modo bambinesco, con i denti bianchissimi e scintillanti in mostra e gli occhi semichiusi come un manga. Nonostante facesse di tutto per risultare altero e distaccato agli occhi del mondo, dentro di se aveva un animo candido ed ingenuo come la neve, buono e generoso. Il suo sorriso timido, assieme a quei grandi occhioni neri da Bambi, lo confermava.
Lì accanto c'erano loro.
Takanori e Kouyou.
Immortalati nel bel mezzo di un bacio a dir poco erotico.

Quella foto è meravigliosa.
Gli scribacchio velocemente sul bloc notes, porgendoglielo.
Annuisce, poggiando la cornice di semplice legno nero sul cassettone.
“Sono passati i tempi in cui eravamo giovani...guarda che masnada di illustri imbecilli che eravamo!”, rido silenziosamente alla sua frase.
Ricordo con immensa gioia i momenti passati insieme a loro. Posso affermare con una certa sicurezza che sono stati i momenti migliori della mia vita, l'apice della mia gioia. Quel periodo è stato il più luminoso e gratificante della mia vita.
Primo, contrariamente a quanti attribuirebbero la mia felicità alla mia fama, era per il semplice motivo di avere una famiglia; una famiglia vera, senza madri alcoolizzate e padri violenti, un solo agglomerato di fratelli uniti e cuciti assieme a filo doppio dalla musica.
Secondo, per aver conosciuto lui. Non ringrazierò mai abbastanza gli dei del cielo, nei quali tutto sommato non credo, per avermi fatto conoscere una persona meravigliosa come lui.
E terzo, per la musica. La fama era solo relativamente importante a quel tempo; ciò che era realmente lo scopo della mia vita a quel tempo, era poter cantare, sgolarmi fino a sentir bruciare la gola senza che nessun uomo dai miei stessi occhi freddi mi interrompesse con dure percosse perchè disturbavo la partita di baseball. Era importante sentire la musica confluirmi sotto la pelle, alzare lo sguardo ed affrontare il mondo, fiero di quello che ero, di ciò che la musica aveva fatto di me e del dono che gli dei del cielo mi avevano fatto.
Sono passati tanti anni da quell'era d'oro.
Ci siamo ritirati ormai, ma lo abbiamo fatto nel momento giusto, nel momento in cui avevamo capito che tutto ciò che potevamo condividere con il pubblico l'avevamo condiviso, e che ormai a continuare avremmo solo rovinato lo splendido ricordo di noi.
Ci siamo ritirati quando tutto il succo era stato spremuto, quando il piatto forte della serata era stato servito e gli ospiti si alzavano per tornare a casa. Ci siamo ritirati con la piena consapevolezza che non saremmo riusciti ad eguagliare l'apice della perfezione su cui stanziavamo da un bel po' d'anni.
Di questo cerca di convincermi Kou.
Ma io lo sento dentro di me che non è vero.
Sento dentro di me il desiderio profondo di cantare, cantare e cantare ancora; ho ancora tanto da condividere col mondo, tanti obiettivi da raggiungere, tante canzoni da cantare in faccia a milioni di fan, tanta musica che mi scorre dentro e che urla e si dibatte per uscire e mostrarsi a tutti.
Tuttavia mi sono rassegnato. O meglio, sono stato costretto a rassegnarmi.
Kou non fa altro che ripetermi che è stato il momento giusto, che ormai saremmo caduti nel banale, che avremmo perso tutto il rispetto che ci eravamo guadagnati con anni e anni di duro lavoro. Ma lo vedo dal suo sguardo su quella foto, lo vedo negli occhi avvolgenti di Yuu, in quelli nocciolati di Yutaka e in quelli sottili di Ryo, lo vedo che nessuno di loro avrebbe voluto questo. Lo vedo che il desiderio e la voglia di musica è ben presente dentro loro.
Lo so perfettamente che la causa del nostro ritiro sono io. E lo sanno anche loro.
Ovviamente, essendo le persone migliori che conosca e pure i miei migliori amici, fanno di tutto per non farmelo pesare; battute, risa, scherzi non si sono interrotti neanche quando sono stato ricoverato in stato oramai terminale.
So benissimo che il vero motivo del nostro ritiro è la mia impossibilità a emettere suoni che non somiglino al miagolio di un gatto in calore o allo stridore di un violino scordato. O meglio...rumori (perchè di questo si tratta) del genere li accoglierei con gioia.
No.
Io non riesco più ad emettere neanche un sibilo; non parlo e non canto.
Muto.
Era cominciato tutto con un banalissimo mal di gola. Una sciarpa attorno al collo e tanti saluti; Yutaka mi aveva dato (o forse sarebbe stato meglio dire imposto) una settimana di riposo: ero il vocalist, perdere la voce per me era impensabile.
Erano seguite due intense settimane di sciroppi ed antibiotici. Niente.
Continuavo ad avere questo fastidioso bruciore in gola, sommato alla sensazione di aver qualcosa in mezzo all'esofago, che mi impedisse di inghiottire; cominciai, inoltre, ad accusare dolore all'orecchio sinistro. Fischi, scoppi e tuoni mi sembravano amplificati e molto dolorosi. Per non parlare degli acuti distorti delle chitarre elettriche. O dei fischi che il microfono lanciava indignato quando Ryo lo faceva cadere inciampo sul filo
Inoltre, complice della mia intensa vanità che mi costringeva a passare due ore buone al giorno davanti allo specchio, avevo scoperto dei piccoli rigonfiamenti duri come sassi e dolorosi al tatto subito dietro l'orecchio incriminato e sulla nuca.
A quel punto, una visita medica era stata d'obbligo.
Ricordo perfettamente tanti piccoli inutili particolari della mia vita. Per fare un paio di esempi.
Ricordo che quando mia madre mi regalò una scalcagnata chitarra classica di terza mano, facendosi promettere di nasconderla da mio padre, indossava uno scolorito vestito verde spento e i suoi capelli scuri e mossi erano raccolti in una coda disordinata. Sul volto ovale presentava diversi lividi violacei, ma il suo sorriso era luminoso. Ricordo la gamba della sedia su cui mi ero fissato al mio primo live: era un po' scrostata, e parecchio instabile; quando Ryo si sedette sopra, tremolò sotto il suo peso. Ricordo perfettamente la morsa che mi attanagliava lo stomaco e ricordo perfettamente di come Ryo riuscì a distruggerla con un ceffone ben piazzato e una risata sguaiata. Ricordo perfettamente di quella volta in cui una bambina occidentale dai soffici capelli biondi si era appesa ai miei jeans, in mezzo al traffico caotico di Tokyo, scambiandomi forse per sua madre; quando si era accorta dello sbaglio, quel piccolo angelo era scoppiato a piangere, correndo via. L'avevo vista lanciarsi fra le braccia di quella che era la sua vera madre. Potrei descrivervi con immensa precisione com'ero vestito il primo giorno di elementari o cosa mangiavo la prima volta che incontrai Ryo alla mensa delle medie. Ricordo che trasferendomi a Tokyo da Osaka, ascoltavo gli X Japan imbacuccato dentro un cappotto liso e sformato e che il primo dettaglio che notai in Kou fu la piccola e sottile cicatrice che ancora gli riga il polso.
Ricordo molti inutili particolari della mia vita.
Tuttavia la mia mente è sgombra riguardo a quel pomeriggio.
L'unica cosa che ricordo di aver pensato (o forse gliel'ho anche detto, al medico, con un sorriso strafottente e uno sguardo giocoso) è stata: “E' uno scherzo...vero?”







Vero?







“Heilà, scricciolo!”
Accolgo con gioia l'entrata chiassosa e disordinata di Ryo; come ogni singolo giorno da quando sono qui, sbatte il ginocchio contro il tavolino davanti al mio letto, imprecando come un camionista.
“Io li denuncio!” esclama irato, brandendo minacciosamente un pugno in aria, mentre con l'altra mano si massaggia il ginocchio.
“Sei il solito fesso!” lo rimbecca nervoso Yutaka, spuntando dietro di lui. Mi da una pena infinita vedere Yutaka ridotto in quello stato. E' sempre stata una persona semplice, dal carattere tranquillo ed affabile, vederlo scontroso e irritato non è piacevole. So che la causa del suo malumore sono io e ciò mi angoscia ancora di più.
Gli rivolgo un sorriso, al quale risponde titubante.
Istintivamente rabbrividisco. Mi porto una mano alla gola, sfiorandomi la cicatrice più lunga, quella che mi riga il collo distorcendo i miei amati tatuaggi fino all'angolo del labbro inferiore: per quanto fior fior di chirurghi plastici abbiano lavorato sul mio viso in modo da non lasciare traccia delle operazioni (in fondo sono pur sempre una celebrità), le cicatrici ci sono, sporgono in fuori come per mettersi in evidenza, col loro bianco colore bitorzoluto: i punti dell'ultimo inutile Metastasi. Una parola potente.
Il tumore aveva già raggiunto fegato e pancreas prima che i medici riuscissero a fare qualcosa di concreto.
“Si può?” il sorriso luminoso di Yuu, fa capolino dalla porta. Entra nella stanza come una ventata d'aria fresca, passando un braccio attorno alle spalle di Yutaka, trascinandolo avanti, come si trascina avanti un bambino timido che non ha coraggio di farsi vedere dagli ospiti dei genitori.
Mi arrampico sui cuscini per mettermi a sedere, ma sono così spossato che riesco a spostarmi di soli pochi centimetri. Effetto delle vagonate di antidolorifici che mi impediscono di contorcermi in preda alle fitte continue e presenti dappertutto nel mio corpo.
Capita spesso che non riesca nemmeno a percepire il contorno della mia figura, ch'io provi una voglia irrefrenabile di mettermi a correre e scalciare, solo per vedere se sono ancora attaccato a questo corpo e che concretamente non riesca neanche a muovere il mignolo sinistro. Non riesco a muovere mezzo muscolo senza provocare delle fitte acuti in tutto il mio corpo, anche solo respirare mi provoca un'intensa stanchezza; rimango da solo io, nel silenzio e nel buio, coi miei pensieri deleteri.
Essere coscienti in mezzo a questa merda è uno schifo, gente.
Preferirei che mi andasse in pappa il cervello, piuttosto che assistere alla progressiva morte del mio corpo.
La mano che Kou mi tende in aiuto, la afferro con forza, regalando al suo proprietario un sorriso genuino.
Neanche un mese prima, quando ancora le speranze mi tenevano tenacemente legato alla rabbia sorda e ceca che mi ribolliva dentro, avrei scacciato con furia quella mano: non sono un infermo, posso fare da solo, non ho niente, sto bene.
Non ho un tumore alla gola che mi sta trascinando verso l'oscurità.
Strano come la vita cambi in un mese.
Una sola parola (neanche due secondi per pronunciarla) per rendermi conto che perderò tutto ciò: Ryo e le sue fisse esilaranti, i sorrisi buoni di Yuu e quelli radiosi di Yutaka. Kou.
Kou e tutto ciò che lo circonda.
I suoi sorrisi, la sua risata, il modo in cui mi bacia dolcemente, o il modo in cui fa finta che sia tutto a posto. Il modo in cui si prende cura di me con le lacrime agli occhi e il modo orgoglioso e dignitoso con cui le ricaccia indietro.
Faccio leva sul suo braccio snello (vedo i muscoli tendersi sotto la pelle bianca) e mi metto a sedere. Lui si siede sullo sgabello accanto al mio letto.
Nonostante all'apparenza mi sembri la quintessenza della scomodità, il posto su quello sgabello è il cosiddetto posto d'onore, riservato solo a lui. Lui solo ci può passare le giornate, le notti, lui solo ci si può sedere sopra con un sorriso stanco e due profonde occhiaie violacee, lui solo – da quello sgabello – può prendermi una mano e portarsela alle labbra.
Nessun altro ha neanche tentato di appropriarsi di quello sgabello.
Non Ryo, ne mio fratello Keiji. Ne la fotocopia sbiadita di quella che un tempo era una donna bella e coraggiosa, una donna forte dal carattere deciso, una donna che – fra le altre cose – è stata anche mia madre.
Quello sgabello è suo.
E' la prova concreta del nostro legame.
Incrocio a fatica le gambe facendo spazio sul letto agli altri; solo Ryo ci si siede come fosse sul divano di casa, scalciando in piedi in avanti. Yuu e Yutaka prendono posto rispettivamente sul tavolo e sull'altro letto, vuoto.
Ad un malato terminale è concessa, la camera singola.

Ryo è il mio migliore amico. Indubbiamente.
Non ho altre parole per descriverlo, e ulteriori precisazioni sarebbe superflue.
E' lui il centro del mio affetto.
Come Yutaka lo è di Kou. E' inspiegabile il rapporto di quei due. Sembrano un unica persona scissa in due corpi. E'...impressionante.
Io ho Ryo, Kou ha Yutaka. E poi c'è Yuu.
Bizzarro Yuu.
Yuu è una di quelle persone – più unica che rara – che sono i migliori amici di tutti. Che sarebbe come dire che non lo sono di nessuno. Regola che trova la sua conferma nell'unica eccezione, nonché prova vivente, che abbia mai conosciuto.
Quando dico che Yuu è amico di tutti, intendo dire che è realmente amico di tutti. Non riuscirò mai a spiegare in modo esauriente ed efficace il ruolo fondamentale che ricopre Yuu all'interno del gruppo. E' il nostro pilastro, il collante, l'ingrediente segreto della formula GazettE.
E con questo non voglio dire che sia una persona sempre allegra e sorridente...dovreste vederlo quanto gli finiscono le sigarette, è uno spettacolo esilarante! Yuu non è un santo, solo la persona più vicina al mio ideale di perfezione.
Lo adoro e ammiro come un dio.
Avrei voluto essere come lui.
Ora che la mia vita è agli sgoccioli avrei voluto viverla con il suo entusiasmo e il suo sorriso.
Scribacchio rapidamente sul mio bloc notes, per poi lanciarlo a Yuu; lui l'afferra con l'automatica naturalezza di un appassionato giocatore di baseball, da una fugace lettura, per poi sorridermi.
“Mi sento un po' triste, piccolo...ma non ti devi preoccupare”, mi porge il bloc notes, regalandomi anche un'affettuosa carezza sulla testa.


“Non dire niente”
Non che avessi nessunissima intenzione di parlare, comunque. Anzi.
Mi precipitai in bagno e vomitai il panino al tonno che Kouyou mi aveva obbligato ad ingollare, preoccupato dalla mia magrezza. Effettivamente erano un bel po' di giorni che quella strana e fastidiosa protuberanza in gola mi toglieva l'appetito. E il fatto che la suddetta protuberanza mi impedisse di cantare, mi rendeva ancora più mogio e meno affamato. E sempre più nevrotico.
Ma la chioccia/Kou non aveva ammesso repliche; mi aveva piantato lo sguardo addosso, costringendomi a mangiare quel fottuto panino (che in effetti era davvero buono) fino all'ultima misera briciola. E questi erano i risultati.
L'immagine di quella disgustosa palla nera mi sconvolgeva. E la consapevolezza che quella merda stava dentro la mia gola e non aveva nessunissima intenzione di uscirci, mi fece vomitare anche l'anima.
Maledetto Kou. Maledetto lui e i suoi panini al tonno.
Credo che la potenza di quel mio insulto mentale lo avesse raggiunto. Sentii la sua goffaggine precipitarsi in bagno, urtando tutto ciò che di urtabile c'era in corridoio.
“Taka? Taka?! Merdaccia troia, rispondimi porco cazzo!”
Ecco la finezza da scaricatore di porto racchiusa dentro alla bambola di porcellana.
Altro conato; inghiottii febbrilmente, scosso da un brivido violento. Il mio amico mi afferrò per le spalle, scostandomi i capelli dalla fronte imperlata di sudore.
“Taka?”
“Ho quella merda in gola...” sussurrai in un flebile sibilo, così fioco che Kouyou dovette chiedermi di ripetere.
Freddo. C'era freddo in quella stanza. Un freddo bestiale che mi gelava le ossa.
Tremiti mi assalivano le spalle. Paura. Una fottuta ed intensa paura.
“Quella merda è dentro la mia gola!” gli urlai in faccia. Mi portai le mani al collo, d'un tratto totalmente terrorizzato. Con gli occhi spalancati vidi il marmo bianco del mio bagno scorrere rapido, mentre mi accasciavo a terra.
Gridai, mentre le mie unghie curate mi penetravano la pelle.
“Toglila, Kou!” lo guardai implorante, stringendomi il collo “Toglila...TOGLIMI QUESTA MERDA DALLA GOLA!!”

Quella fu la nostra prima volta.
Un po' traumatica se volete. Violenta e disordinata, dettata più dal reciproco bisogno di qualcuno, che dal vero desiderio carnale. Almeno da parte mia. Avrei dovuto accorgermi della dolcezza dei suoi baci, ma in quel momento avevo i pensieri sconvolti da tutt'altro. Mi prese con forza bruta, facendomi urlare come un agnellino al macello. Che paragone scabroso.
Io avevo bisogno di qualcuno che mi salvasse.
E lui aveva bisogno di salvarmi.
Non mi ero mai accorto che fosse così penosamente e sfacciatamente innamorato di me, quello era un pensiero che non mi aveva mai nemmeno sfiorato. Ma nell'istante stesso in cui lo capii, e ci volle ben più di una selvaggia e disperata scopata, mi sembrò che il mio amore per lui ci fosse sempre stato, che fosse sempre esistito e mi diedi dell'idiota totale per non essermene accorto prima. Abbiamo passato assieme sette anni, e ancora adesso mi angoscia terribilmente pensare che se fossi uscito prima da quel guscio avremmo potuto passare molto più tempo assieme.
Piansi fino a sentirmi stremato quella notte, fino ad abbandonarmi inerme fra le sue braccia, lo sguardo assente perso in pensieri densi di terrore.
Raggiunsi l'orgasmo in lacrime, esausto di quell'ondata di sentimenti che non riuscivo a capire e ad arginare. Kou piangeva silenzioso accanto a me, stritolandomi nel suo abbraccio.

Non era stata una decisione presa da entrambi.
Anzi. Proprio non mi aveva consultato, come se il mio parere fosse ininfluente.
Ma in quei sette anni in cui riuscii a sopravvivere, a fuggire dal cancro e a vivere – relativamente parlando – in pace, non è passato giorno senza che posassi lo sguardo su di lui e lo ringraziassi della decisione che aveva preso da solo.
Quando, la mattina dopo quella notte, mi trascinai in cucina con addosso la sua camicia, lui aveva appena posato il cellulare sul tavolo. Aveva gli occhi stanchi, cerchiati da profonde occhiaie.
Quando avevo palesato la mia presenza con un sonoro quanto finto colpo di tosse, lui si era girato a guardarmi.
“La ditta finirà i lavori entro tre giorni”
Gli avevo risposto con uno sguardo vuoto.
“Vengo a vivere qui”


Mi odio quando faccio così.
Che poi non è neanche un qualcosa di voluto.
Vorrei dare una scrollata al mio corpo, dirgli che solo un idiota come lui può essere così sfinito dopo una giornata intera passata a letto a far niente.
Odio questo fottutissimo corpo malato.
“Sei stanco?”
Cerco di mugugnare un diniego, ma ciò che ne esce è uno di quei gemiti lagnosi che fanno i bambini assonnati che non vogliono andare a dormire. E che risultano – udite, udite – patetici. Troppe cose stanno diventando patetiche nella mia vita.
Vedo Kou lanciare un occhiata un po' avvilita ai miei band-mates, un occhiata che vorrebbe cortesemente invitarli ad uscire dalla stanza.
Yuu è il primo ad afferrare il concetto.
Si alza poggiando una mano sulla spalla di Yutaka.
“Dai, ti porto a prendere un caffè” mormora al suo orecchio con un sorriso stanco. Che anche Yuu si sia stancato di sorridere? Mi sembra, quantomeno, improbabile.
Yutaka annuisce al suo nuovo angelo custode. Yuu si sta facendo in quattro per non fargli mancare il calore che solitamente gli riservava Kouyou.
Yuu gli stringe una spalla. Poi si volta verso di me con un sorriso, passandomi il dorso della mano su una guancia.
“Ci si vede, Taka”, cerco di sorridergli, ma non ci riesco.
Confido nella sua incredibile capacità di leggere gli sguardi delle persone.
Ryo mi lancia uno sguardo malinconico; mi passa una mano fra i capelli, con un sorriso sfiancato. Poi si alza e se ne va, seguito da Yuu e Yutaka.
Anche lui si è stancato di sorridere. E questo lo trovo intollerabile.
Abbandono la testa contro la montagnola di cuscini, con un sospiro esausto.
Kou mi asciuga velocemente la lacrima dispettosa che mi sono lasciato sfuggire.
“Coraggio, cucciolo...coraggio” mormora flebilmente, sedendosi sul letto, accanto a me.
Lo guardo.
Sono stanco.
E sono stanco di essere stanco.
Con l'ennesimo patetico gemito lagnoso, e con l'ennesimo stanco movimento della mano, gli indico il bloc notes, che Yuu ha lasciato sul comodino. Kou me lo porge, assieme ad una penna che sbuca quasi per magia dalla tasca dei suoi jeans.
Da quando ho smesso di parlare casa nostra è sommersa di pezzi di carta e penne. Fa uno strano effetto vedere tutti le mie parole trascritte con la mia grafia nervosa e traballante.
Arrivato a questo punto, le speranze di rivedere la mia casa, la nostra casa, rasentano lo zero. E questo mi spiace. Avrei voluto riviverla ancora, quella notte.
L'ultima.


Sbuffai una risata amara.
“Kou, la finisci?” adesso che ricordo, la mia voce si era affievolita già allora. Non era rimasto nulla della potenza, dell'intensità disarmante, delle note sensuali che la mia voce riusciva a produrre e che io amavo emettere.
Il passaggio dall'indebolimento alla scomparsa era stato breve e tremendamente doloroso.
Sobbalzò alle mie spalle. Si sentiva al sicuro, nella penombra della stanza, nei suoi singhiozzi silenziosi. Era notte inoltrata e credo che confidasse nel fatto che solitamente le sedute di chemio mi lasciavano un ammasso stremato di muscoli doloranti e che quindi dormissi alla stragrande. Lo sentii tirare su col naso, come un bambino colto in fragrante con le dita dentro al barattolo di marmellata.
“Non piangere Kou”
Si avvicinò a me, facendo frusciare le lenzuola. Sentii il suo respiro sulla mia pelle nuda e rabbrividii. Mi voltai lentamente, preparandomi psicologicamente a quello che avrei visto.
Un drammatico tripudio di bellezza, un quadro meraviglioso, dipinto e tessuto coi malinconici sentimenti del pittore, il suo viso piangente era un bellissimo strazio. Gli accarezzai le guance bagnate, gli zigomi, le palpebre tremanti e le labbra socchiuse in ritmici e deboli singhiozzi. Gli sfiorai le spalle, le clavicole, assaggia la pelle del suo collo con le labbra, scivolai leggero sul suo torace magro.
“Ti amo, Kou...ti amo”
Le sue lacrime silenziose si moltiplicarono in risposta alle mie parole.
Lo sapevamo entrambi che quella era l'ultima notte che avremmo passato assieme.
Cioè, nessuno dei medici l'aveva detto espressamente, ma lo sapevo che la mia malattia aveva oramai raggiunto lo stato terminale e che il ricovero del giorno dopo avrebbe sancito la fine della mia vita. Lo sapevo che non avrei mai più rivisto nulla che non fosse stato le pareti bianche della mia stanza e la cuffietta verde dell'anestesista, e questo lo sapevo anche lui.
Gli sollevi il mento con due dita.
Metastasi.
Con i pollici gli asciugai le lacrime.
Metastasi.
“Faresti l'amore con me, hitoshii hito?”
Metastasi.
Entrò dentro me con dolcezza, soffocata a forza dentro ad una foga disperata. Quando gli feci cenno di muoversi, mi torturò di spinte forti e profonde.
Metastasi.
L'orgasmo ci sorprese entrambi in lacrime, col grido del nome dell'altro sulle labbra, coi cuori sanguinanti e le menti alla deriva.
Metastasi.
“Taka, non mi lasciare”
“Non te lo posso promettere”
Metastasi.
Rimase dentro di me tutta la notte, e l'alba ci sveglio stretti in un abbraccio disperato.
METASTASI.



Volevo che rimanessero ancora un po'.
Scrivo rapidamente sulla prima pagina libera che trovo; mi trovo a rivedere le precedenti conversazioni fra me e il mio angelo. Scritte sulla carta ci sono solo le mie battute, ma le sue me le sono impresse a forza nella mente, me le sono registrate come una melodia, che riascolto fino all'infinito.
Riascolto le sue parole, la sua voce bassa e roca quando il dolore diventa insopportabile, quando la nausea mi impedisce perfino di reggermi in piedi, quando non sono occupato ad implorare un dio in cui non credo di darmi la morte.
Kou legge le mie parole e fa un enorme sospiro.
A volte dimentico che forse lui soffre più di me, in questa situazione.
“Taka...devi riposarti.”
Quello che più mi manca, nelle conversazioni, è poter interrompere la gente. Era una cosa che mi riusciva benissimo e che dava dinamica alla conversazione.
I botta e risposta non riesco più a farli.
Proprio adesso vorrei interrompere le sue parole. Ma non mi riesce neanche di tappargli grossolanamente la bocca con una mano: solo scrivere mi prosciuga tutte le mie ultime energie, figuriamoci alzare una mano.
Non è che riposandomi guarisco.
E tutte le sfaccettature che avrei potuto dare a questa frase: scocciata, divertita, malinconia...non posso dare la giusta intonazione alle mie parole.
Kou sospira ancora, corrugando la fronte.
Indossa una paio di jeans qualunque, comuni e una maglietta nera larga e sformata. Il volto liscio e delicato è contratto da smorfie addolorate e coperto da una corta peluria; i capelli biondo miele, motivo di vanto incredibile ed oggetto di buona parte della sua attenzione quotidiana, sono sottili e spettinati, castano scuro nell'abbondante parte di ricrescita, biondo spento nei rimasugli di tinta.
Mi mancherai, Kou.
E' in quel momento, quando il blocco scivola dalle sue dita tremanti e cade a terra, che Kouyou crolla. Definitivamente.
Vedo la sua facciata cadere.
Sono settimane, mesi, che si tiene su per miracolo, ma fino ad ora ha resistito a tutte le batoste psicologiche che gli abbiamo dato io e la mia malattia. Ma una facciata crepata non può resistere a lungo.
Scoppia in un pianto disperato, nascondendo il viso fra le lenzuola; il suo corpo magro al quale tante volte mi sono spudoratamente appoggiato è ricurvo, sull'orlo di spezzarsi: ora come ora non sarebbe capace di sostenere neanche il peso di una piuma, figuriamoci quello della mia angoscia.
Faticosamente porto una mano fra i suoi capelli.
Vorrei abbracciarlo, sussurragli che è tutto okay, che non si deve preoccupare, vorrei asciugargli quelle lacrime strazianti e baciare quelle labbra carnose. Vorrei sentire ancora una volta il suo sapore, ma so perfettamente che quella notte ho perso tutto questo.
Non riesco neanche a dirgli che lo amo.


“E a quel punto gli dico: 'Cara mia, il sentimento è del tutto reciproco!'...”
Tutti e quattro scoppiano a ridere.
Scuoto la testa, abbozzando un sorriso divertito. E' sempre stato un pagliaccio Ryo, un fenomeno da baraccone, una di quelle persone che, per esempio, ad una festa catalizzano tutta l'attenzione delle persone e che sono la causa di tutte le risate. Con le sue battutine, le sue colossali stronzate, le sue fisse esilaranti, quando si sta accanto a Ryo è impossibile rimanere seri per più di qualche minuto.
Persino in una situazione come questa.
Sono stanco, esausto a tal punto che il solo sforzo per tenere alzate le palpebre o per tendere le labbra in un fiacco sorriso mi sfianca. Ma devo resistere.
L'orario di visita termina fra quindici minuti, io devo resistere fino alla fine.
Posso perdere la mia vita, la mia famiglia da un momento all'altro, non posso togliermi quindici minuti assieme a loro solo perchè sono stanco.
Vedere Kou così allegro e apparentemente spensierato è migliore di tutti i litri di medicinali che mi sparano in vena e che credo stiano cominciando a perdere il loro effetto. Ne è la prova il leggero pizzicore, tanto mirato quanto doloroso esattamente nello sterno.
Che maledetto bastardo.
Mi corrode dall'interno, senza farsi vedere. Vigliacco.
Continuo a sorridere stancamente, mentre Ryo ne racconta un'altra delle sue. Tutti scoppiano a ridere, ma io non li sento, vedo solo vagamente i contorti sfumati dei loro colpi.
Gemo.
Le mie palpebre crollano, mentre il dolore dentro al mio torace esplode in milioni di schegge bollenti. Un urlo mi squarcia i pensieri.
Mi ritrovo da solo, nel buio più totale e nel silenzio più oscuro che abbia mai visto. Attorno a me il nulla. Il dolore nel mio petto è scomparso: avverto solamente un debole formicolio.
Mi guardo introno, ma l'unica cosa che vedo è il mio corpo, il resto è avvolte nelle tenebre più fitte.
D'un tratto, proprio come un fulmine nel cielo nero e temporalesco, una scarica elettrica mi attraversa il corpo, facendomi esplodere i muscoli dal dolore.
Spalanco gli occhi e una luce bianca come solo una luce può essere mi acceca. Chi è che fischia? Dev'essere quell'imbecille di Ryo. Socchiudo gli occhi e me lo trovo davanti al naso.
Ovviamente non capisco che è lui dall'aspetto. Mi rendo conto che quell'ovale dagli sfocati color biondo platino e corvino è realmente il mio migliore amico dalla sua voce che, seppur flebile, arriva alle mie orecchie.
“Non morire, Taka...ti imploro, non morire adesso...”
Se potessi scegliere quando morire, mio caro Ryo, sceglierei di non morire mai e di rimanere immortale come Elvis o hide. O Jim Morrison. O Jimi Hendrix. O Sid Vicious, lo stesso Vicious di cui tu hai il poster appeso in camera, come il dodicenne punk dai rabbiosi capelli neri che eri quando ti ho conosciuto.
Lo capisci questo, vero Ryo?
Di nuovo il buio. Chi è che fischia in modo così assordante? Dei del cielo, piantatela di frantumarmi i timpani!
Un'altra scarica ustionante mi invade i nervi, che esplodono e urlano. Urlo anche io, credo. Sento un urlo bestiale e disumano, cavernoso, un urlo denso di sofferenza.
Poi il silenzio.
Cerco di aprire gli occhi, ma è tutto buio. Sbatte le palpebre fino a farmele bruciare indolenzite, ma è tutto buio.
Non li vedo. Chi ha spento la luce?
Kou? Fatemi vedere Kouyou.
Sento vagamente l'urlo lamentoso di qualcuno. E' la mia anima?
Una voce bassa e cadenzata.
Il calore che mi avvolgeva il fianco sinistro scompare, come anche la mano che stringeva la mia. Piagnucolo, tendendo una mano nel vuoto. Afferro a casaccio un qualcosa di caldo e morbido, e con le ultime forze prego gli dei che sia la mano di Kouyou mentre la penetro con le mie unghie, mentre sento il fischio affievolirsi e la mia coscienza spegnersi lentamente.
Avverto vagamente qualcosa di liquido che mi scivola dagli occhi e qualcosa di vischioso che mi macchia il mento, e poi ancora uno sprazzo di luce così intensa che rischio di soffocare e poi...




Takanori Matsumoto morì a marzo, nel bel mezzo della fioritura dei ciliegi.
La sua gigantografia spiccava in un tappeto di rose bianche, il suo sorriso impertinente visse ancora una volta, derise apertamente la schiera di persona che piangevano la sua morte. La sua voce suonò stranamente e fastidiosamente metallica, attraverso le casse.
Le note astratte ed intense di Miseinen suonarono per l'ultima volta.

“Ho bisogno di stare da solo”
Gli altri annuirono, incapaci di emettere suono.
Erano le prime parole che Kou diceva dopo quella notte e probabilmente, almeno per un paio di settimane, sarebbero state le ultime.
Ryo aprì la bocca.
Ryo Suzuki era stato il migliore amico di Takanori, e lo si vedeva, lo si vedeva da quello sguardo affranto e profondamente avvilito, lo si vedeva benissimo che molto probabilmente non si sarebbe più ripreso. La persona su cui aveva sfogato tutto il suo amore fraterno non c'era più e lui si sentiva in balia del dolore, come un naufrago in mezzo alle onde.
Non ci sarebbe voluto tanto perchè Ryo si lasciasse sopraffare da quegli enormi cavalloni.
E spesso, la volontà di un naufrago di rimanere attaccato alla vita non è sufficiente.
Ryo Suzuki richiuse la bocca, incapace di proferir parola.
Yutaka volse lo sguardo altrove.
Yutaka Uke preferì non guardare il suo mondo, il mondo che aveva costruito con fatica e sudore, - la sua famiglia - andare a rotoli. Volse lo sguardo altrove, incontrando lo sguardo sorridente de impertinente, libero da lenti artificiali che ne modificassero il colore, di quello che era uno dei suoi migliori amici. Lanciò uno sguardo davanti a sé.
Non solo aveva perso Takanori, il fratello più caotico ed irresponsabile della famiglia, ma anche Kouyou, il più onesto e dolce. Non era così stupido da pensare che Kou si sarebbe mai ripreso dalla morte di Takanori.
Yuu sorrise.
Yuu Shiroyama regalò al mondo uno dei suoi sorrisi scintillanti, mentre tutto attorno a lui piangeva disperato.
“Non lo fare”
I tre quinti ancora in vita dei GazettE lo guardarono.
Ma il suo sguardo si volse verso Kouyou Takashima.
“Non fare l'errore di crederti l'unico annientato dalla sua morte”, il sorriso di Yuu si pietrificò “Non lo fare” mormorò con voce rotta.
Kouyou si voltò verso il collega chitarrista.
Disperato.
In balia di un dolore così intenso e potente che rischiava di ucciderlo. Così bisognoso di una mano a cui aggrapparsi e così orgoglioso che non l'avrebbe mai ammesso.
Yuu fece due passi verso di lui. Due passi che, soli, bastarono ad infrangere le alte mura di dolore che Kouyou aveva eretto attorno a sé nell'istante stesso in cui la mano di Takanori aveva stretto la sua, per poi scivolare dalle sue dita e cadere senza vita sul lenzuolo, mentre il fischio assordante del suo cuore fermo gli perforava i timpani.
“Non ce la faccio...”
“Devi farcela...devi farlo per lui, Kou...Takanori non lo vorrebbe...”
Kouyou Takashima si sciolse in un mare di lacrime, mentre cadeva addosso a Yuu, in un abbraccio addolorato. Yutaka si avvicinò coprendo con una veloce falcata, la distanza che lo separava dal suo fratello più caro. Yuu si fece da parte, mentre un urlo strozzato e cavernoso, l'urlo di una bestia ferita, rigava l'aria umida di quella mattina di marzo.
“Non voglio vivere...non voglio vivere se lui non c'è...”
“Kouyou, ti supplico...”
“Non voglio vivere...”
“Fallo per noi” Yutaka gli prese il volto fra le mani, costringendolo a specchiarsi in quegli occhi nocciola e lacrimanti “Fallo per me, e per Yuu e Ryo...noi non siamo lui, ma ti amiamo...fallo per noi Kou, ti imploro...”
Ryo volse lo sguardo altrove. Mentre una cascata di lacrime gli inondavano il volto, volse lo sguardo verso il sorriso sprezzante e beffardo del suo migliore amico.
“Lui diceva sempre che sarebbe rimasto...”
I tre si voltarono verso il bassista.
“Diceva che sarebbe rimasto...che sarebbe diventato una leggenda e che non sarebbe morto mai...” si voltò verso i suoi amici, mentre un timido e sofferto sorriso gli distorceva il volto in lacrime “...diceva che non dovevamo piangere al suo funerale, perchè sarebbe nata una leggenda...” sbuffò una risata “...lo diceva sempre, quel coglione...me lo ripeteva fino allo sfinimento, mentre moriva...”
Kou lo fissò a lungo, per poi aprirsi in un sorriso doloroso.
“Che imbecille, eh?”
Ryo rise, soffocando nelle risa i suoi singhiozzi.

{terminata alle ore 19:40 del 6 luglio 2009, ritocchi e correzioni esclusi, ascoltando Miseinen dei The GazettE}




Adesso mi metto a piangere.
Mi mancherete. Mi mancherà entrare nel mio account e gongolare come una matta nel vedere che qualcuno ha recensito, mi mancherà rileggere otto volte il testo alla ricerca di errori che, alla fine, rimangono comunque perchè non li vedo, mi mancherà cercare le parole adatte per rispondere, mi mancherà fare il codice htlm a mano...ahhh, mi mancherà tutto ciò.
Però! Non disperate gente, perchè Mya tornerà alla riscossa ù.ù

Recensioni:

Shinushio: marito mio *-* a parte il fatto che mi hai resa la moglie più felice del mondo quando hai aggiornato, oggi pomeriggio, ma poi...tutti quei complimenti...guarda che poi mi monto la testa ù.ù
Aishiteru caro mio ♥

Narah: *---------* ma certo che ti sposo ♥

Aredhel Noldoriel: Se tu sei banale e ripetitiva io cosa sono che ad ogni recensione positiva non riesco a fare altro che ringraziare? Grazie, grazie ed ancora grazie (:

irisviola: spero non rimarrai delusa dai miei prossimi lavori...ci sto lavorando appunto perchè venga fuori bene, ma scommetto che verrà fuori una di quelle cose melense e diabetiche in cui io sono campionessa xD
Grazie, grazie mille (:

LadyWay: Zitti tutti ù.ù Non era semplice indovinare, in fondo, anche se erano solo due le coppie rimaste ù.ù
Anch'io sono bimbi-dipendente ** Anche se il mio cuginetto la prima volta che l'ho preso in braccio mi ha lanciato un urlo in growl nelle orecchie (ò.ò) che a momenti divenivo sorda xD Però sono una bimbi-dipendente lo stesso ù.ù
I'll be back (è giusto vero? Perchè non sono una cima in inglese xD) Tornerò. Regreserò. [e qui le mie conoscenze di lingue si fermano xD]
Grazie mille ♥

misa_chan: Massì, Reita fa tanto il figo ma in realtà è tenero come il burro ù.ù e a vedere quel tenerone di Uruha non può che sciogliersi ù.ù
Grazie della recensione carissima (:

Deneb: ribadisco, per me Reita fa tanto lo spaccone e il figo ma in realtà è sensibbbbile e tenerone ** beh, a me le cose diabetiche mi vengono su così, ma per scrivere qualcosa di vagamente serio mi devo mettere seriamente d'impegno ò.ò
Ohhhh, ancora giganteschi complimenti per la fic...sono così felice che la palla sia passata a Kai (io adoro Kai, nel caso tu non te ne fossi resa conto ù.ù)
Un bacione ♥

Riot Star: la scimmietta cappuccina xDDD
Tu chiedi scusa? E io che non trovo il tempo neanche di leggere i capitoli della tua fic T^T Ahh, che tristezza, il tempo è tiranno con entrambi cara mia T^T
Ma adesso mi fai piangere...cioè, tu che dici che vorresti essere brava come me? Cioè, cose dall'altro mondo, tu che hai scritto una long-fic da urlo letteralmente.
Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie e ancora grazie ♥
Ti amo ù.ù Decisamente ù.ù






Eccoci qua.
Allora...innanzitutto ringrazio così da subito chiunque recensirà quest'ultimo capitolo della mia raccolta. Vado molto orgogliosa del mio lavoro. Molto. Ed è una cosa più unica che rara xD
Se troverò il tempo (ne dubito, ma ci proverò) mi sforzerò di rispondere ad ogni recensione via mail ed a ringraziare personalmente chi ha recensito e sostenuto il mio lavoro.
Poi, ringrazio infinitamente chi ha messo questa raccolta fra le proprie preferite anche senza commentare, ovvero Aletheia, Archangel Reliel, Aredhel Noldoriel, botsuraku, DarkKiller, fliss90, Isult, kinokochan, LadyWay, misa_chan, NekoChiaki, OkuChan, Riot Star e xiao4sheng.
E anche a chi ha solamente letto la mia raccolta e l'ha apprezzata.
Grazie. Grazie e ancora grazie.
Non ho parole, solo....GRAZIE.

A presto,
Mya.

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