Box Human di SHUN DI ANDROMEDA (/viewuser.php?uid=19740)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Ruzzolando In Mezzo Alla Strada ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Namimori-Chu ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Le Pantofole Sono Nell'Armadio ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Più Simili Di Quanto Sembri ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Cieli Chiari Di Felicità Con Lievi Rannuvolamenti di Gelosia ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Architettando Piani Da Novelli Cupido ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Di Mattinate Movimentate e Pranzi Inaspettati ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Tra Kokuyo e Namimori ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Il Nostro Mondo Si Espande ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Chi ha detto Varia? ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Stato d'Allerta ***
Capitolo 1 *** Prologo - Ruzzolando In Mezzo Alla Strada ***
Nuova pagina 1
BOX
HUMAN
PROLOGO
RUZZOLANDO IN MEZZO ALLA STRADA
§§§
Tsuna corse fuori
di casa a velocità supersonica, quella mattina, con la cravatta della divisa per
metà disfatta, la borsa che spenzolava dalla spalla e un toast in bocca mezzo
mangiucchiato.
Il bruno biascicò
una specie di saluto in direzione della madre e si precipitò fuori dal cancello
tutto trafelato, cominciando a correre verso la scuola.
Manco a dirlo, era
nuovamente in ritardo.
Quella mattina,
poi, ne erano successe veramente di tutti i colori, e accidenti a Reborn che se
l'era filata il giorno prima per, a suo dire, improrogabili impegni in
Italia!
Se ci fosse stato,
almeno avrebbe potuto chiedere a lui consiglio, e invece niente!
Nervosamente, il
ragazzo osservò la propria mano, soffermandosi malinconicamente sull'unico
anello presente: quello del Cielo era lì, splendeva per il Sole che lo
illuminava, ma della Vongola Gear di Natsu non v'era la minima traccia.
Un rapido giro di
telefonate, agitate, poco prima di uscire di casa, lo aveva informato del fatto
che le Gear di tutta la Famiglia erano semplicemente scomparse durante la
notte.
Avendo concordato
quindi una riunione, giusto poco prima dell'inizio delle lezioni, ecco il motivo
della corsa indiavolata del Decimo nel tentativo di arrivare il più velocemente
possibile all'incontro con i suoi compagni.
Era talmente preso
dalla situazione, dai suoi pensieri e da tutto il resto, compreso un quasi
sicuro compito in classe, di cui si era bellamente scordato, che non aveva
notato il semaforo, diventato improvvisamente rosso proprio mentre lui stava
attraversando la strada.
Non vide né sentì
le voci di Yamamoto e Gokudera, sbucati all'improvviso dal vicolo laterale, che
lo chiamavano.
L'unica cosa su cui
la sua mente riusciva a restare concentrata era la macchina dalla carrozzeria
argentata che sfrecciava contro di lui: era imbambolato, non riusciva a muoversi
e chiuse istintivamente gli occhi, aspettando un dolore, che però non arrivò
mai.
Perchè giusto un
attimo prima dell'impatto, in una rapida sequenza di azioni, voci, rumori,
stridori di freni e puzza di gomma bruciata, sentì un paio di braccia snelle
afferrarlo per le spalle e tirarlo all'indietro.
Il suo corpo sbattè
a peso morto sul marciapiede e sentì si dolore, ma non quello intenso dovuto
all'essere investito da una macchina in corsa ma piuttosto simile a quello
solito, cui era abituato, di una distratta caduta a terra.
Respirò
affannosamente, rintronato per la botta e accecato dalla luce del Sole, talmente
intensa da fargli chiudere gli occhi, mentre sotto di lui qualcosa si muoveva e
le sue orecchie quasi esplodevano per le voci assordanti che lo chiamavano.
Un momento...
“NATSU!” “NATSU!”
Lui non si chiamava
Natsu.
“Tsuna-dono... Stai
bene, vero?”
Una voce flebile
proveniente da un punto sotto di lui, fece sobbalzare Sawada, che spalancò gli
occhi, voltandosi di scatto: c'era un ragazzo, che gli sorrideva affettuosamente
tra una smorfia di dolore e l'altra.
Sembrava avere più
o meno la sua età, con lunghi e arruffati capelli rossicci a incorniciargli il
viso graffiato: sembrava, anzi, forse era straniero, ma si era espresso in un
giapponese troppo perfetto, senza contare che qualcosa, nei suoi occhi, faceva
sentire il Decimo al sicuro.
Ecco, sentiva quasi
di conoscere quello sguardo.
Un attimo dopo,
proprio mentre stava per replicare, una saetta bionda s'abbattè sul suo
intrepido salvatore, afferrandolo per il colletto della felpa che indossava e
sbatacchiandolo: gli stava urlando anche qualcosa che, a giudicare da ciò che il
bruno riusciva a distinguere del fiume di parole, dovevano essere insulti.
Rimessosi a fatica
seduto, Tsuna si sentì quantomeno in dovere di tentare di salvare quell'angelo
che era corso a salvarlo, senza contare che doveva ancora spiegargli come
diavolo facesse a sapere il suo nome, se lui non l'aveva mai visto in vita sua.
Si attardò qualche
istante a osservare il nuovo venuto, i cui corti capelli chiari, alla luce del
Sole, sembravano prendere le sfumature del fuoco, che stava facendo un
predicozzo coi fiocchi e contro-fiocchi all'altro, il cui sguardo era tenuto
basso dall'imbarazzo, e dietro di lui c'erano altri ragazzi, uno dei quali
sembrava tanto massiccio da intimorire anche il Decimo.
Aveva un sacco di
domande, ma prima doveva fare una cosa.
Con un sospiro, si
puntellò con la mano per alzarsi: “Scusate... Io...” provò a dire, ma le gambe
non lo reggevano, qualunque movimento tentasse di fare finiva inesorabilmente a
terra, senza riuscire a mettersi in piedi, e gli girava anche la testa.
Che fossero ancora
la tensione e lo spavento?
“J-Juudaime-sama...?”
La voce strozzata,
che lo aveva chiamato con quel titolo così familiare, non apparteneva però a
Gokudera, forse l'unico dei suoi conoscenti a chiamarlo in quel modo, ma bensì
era del ragazzo in piedi di fronte a lui, che lo fissava con espressione
scioccata mentre il rosso, alle sue spalle, si massaggiava il collo con aria
sofferente.
“No, non si alzi!”
lo bloccò subito, all'ennesimo tentativo del Decimo di tirarsi su: “Natsu, razza
di deficiente! Ti rendi conto che avresti potuto rimetterci la pelle?!” quello
riprese poi la sgridata come se nulla fosse accaduto, “Sei sparito come un
razzo, poi abbiamo sentito il rumore dei freni, quando imparerai?!” sbottò con
tono esasperato.
“Uri, davvero, non
è successo nulla. Ho sentito Tsuna-dono, era nei guai, non potevo lasciarlo lì.”
si difese il rosso, spostando lo sguardo sull'amico e poi su Sawada.
“JUUDAIME!”
Come se già non ci
fosse stata abbastanza gente attorno a loro, in quel momento li raggiunsero
anche Hayato e Takeshi, trafelati: “Juudaime! È ferito?!” gridò Smoking Bomb,
inginocchiandosi accanto al Cielo con aria preoccupata, “Lascialo respirare, non
vedi che sta bene? Sembra solo spaventato.” lo rassicurò la Pioggia, sorridendo
affettuosamente all'indirizzo del suo Boss.
Poi si voltò verso
il rosso, che si stava alzando con l'aiuto del suo amico, attorniato da quelli
che, inconfondibilmente, dovevano essere i loro compagni.
Certo che erano
tipi ben strani!
A parte i due
litigiosi, Yamamoto ne contò altri sei, per un totale di otto ragazzi.
Quello più vicino a
loro, massiccio e dall'aria assonnata, aveva folti capelli neri e un paio di
occhi verdissimi, più verdi dell'erba d'estate, mentre, osservando quello
accanto a quest'ultimo, a Yamamoto parve per un attimo di vedere Ryohei.
Stessa espressione
esagitata, stessa luce negli occhi... Anche i guantoni da boxe sembravano gli
stessi.
Gli altri quattro,
che avevano fatto crocchio attorno a Tsuna e al suo salvatore, soprattutto due
di loro, gli sembravano così familiri da causargli come una fitta di nostalgia
all'altezza dello stomaco, e stava per chiedere loro chi mai fossero, se per
caso si fossero incontrati a scuola, quando una voce saccente interruppe le fila
dei suoi pensieri.
“Hayato-danna,
smettila di brontolare.”.
Le parole del
biondo fecero, se possibile, arrabbiare ancora di più la Tempesta, che afferrò
il ragazzetto per la felpa e lo strattonò con violenza: “Bastardo! Chi ti ha
dato il permesso di prenderti tutta questa confidenza?!” gridò l'argenteo,
guardandolo torvo.
L'altro,
semplicemente, sorrise, era un ghigno quasi mefistofelico quello che andò a
increspargli le labbra mentre, con eleganza e semplicità, scioglieva la presa
dell'italiano su di sé: “Questo.” replicò; un attimo dopo, sulla guancia di un
basito Gokudera, era comparso un graffio rosso e discretamente profondo.
“Danna, forse non
avrò più gli artigli, ma le unghie umane sono una valida alternativa.”.
Quella faccia da
schiaffi fece imbestialire Hayato che, a stento trattenuto da Yamamoto, era
prossimo ad azzannare il biondo alla gola.
“D'accordo, Uri.
Ora calmiamoci tutti.”.
Il rosso si era
avvicinato all'amico, poggiandogli la mano sulla spalla e obbligandolo a tirarsi
indietro, mentre Tsuna faceva lo stesso col suo Guardiano, che magicamente, e
borbottando qualche parola di scusa, si calmò, non cessando però di guardare in
cagnesco il suo avversario.
“Mi dispiace,
Tsuna-dono. Uri non voleva reagire così, e neppure litigare con Hayato-dono.” un
lieve e rispettoso inchino da parte sua fece capire al Decimo che quel
ragazzetto doveva essere il capo di quella combriccola, anche a giudicare dalla
prontezza con cui, Uri, se non aveva sentito male, gli aveva obbedito.
“Buffo,” si ritrovò
a pensare improvvisamente il Cielo: “Ha lo stesso nome della Box di Gokudera-kun,
sono simili anche nei modi...” riflettè.
Il suo intuito si
fece sentire con la stessa intensità di un tuono poco prima di un temporale
estivo.
Che fossero...?
Scosse la testa con
decisione, cercando di ricacciare quel pensiero idiota nelle profondità del
cervello: un'ipotesi del genere non era affatto contemplabile.
“Natsu-kun, forse
dovremmo dare loro delle spiegazioni.”.
Quel nome lo fece
sobbalzare mentre un ragazzo, dai folti capelli color miele e con un paio di
grosse cuffie azzurre attorno al collo, e un bambino, con folti ciuffi scuri e
arruffati, che gli sedeva sulle spalle, non gli si avvicinarono.
“Non trovi?” chiese
il piccolo, aggrappandosi alla testa del rosso, che lo prese tra le braccia,
stringendolo affettuosamente: “Hai ragione.” replicò, alzando lo sguardo, “Io
sono Natsu mentre questa peste qui è Kojiro. Lui è suo fratello Jiro mentre
l'arrabbiato alle mie spalle è Uri.” presentò.
“Io sono Garyuu.”
“Il mio nome è
Gyuudon.”.
“I-Io sono Roll...”.
“Mi chiamano
Mukurou.”.
La mano che Natsu
tese a Tsuna era calda al tatto, come se fosse stata plasmata nelle Fiamme del
Cielo, era una sensazione meravigliosa.
Una rapida occhiata
agli altri, che si erano stretti attorno a loro, gli fece notare, col cuore in
gola, che tutti loro emanavano Fiamme, purissime e di una intensità abbagliante.
“Ci dispiace per
avervi fatto preoccupare, ma quando stamattina ci siamo svegliati, ci
siamoritrovati in queste condizioni e...”.
Natsu venne
nuovamente interrotto da Uri, che era scoppiato a ridere sul naso a Gokudera:
“Non fare quella faccia da triglia bollita, danna.” disse, canzonando
l'espressione stupefatta della Tempesta.
“Siamo le vostre
Box Arma, non stiamo mentendo, Takeshi-bocchan.” esclamò Jiro, facendosi avanti,
“Volevamo tornare a casa ma ci siamo persi...” ammise Garyuu, abbassando lo
sguardo; Mukurou annuì, poggiando la mano sulla spalla di uno spaventatissimo
Roll mentre Gyuudon concludeva il racconto delle loro peripezie, spiegando che
Natsu era corso via all'improvviso.
“Ve l'ho detto,
ragazzi. Ho sentito Tsuna-dono in pericolo e mi sono precipitato ad aiutare il
mio padrone.” si giustificò quest'ultimo, guadagnandosi un'occhiata malevola da
parte di tutti, primo fra tutti Uri.
“Beh, ma state
bene! Ed è questo che conta!” esclamò Yamamoto, sistemandosi la spada: “Ero
preoccupato per voi, ma vedo che non ce n'era affatto bisogno.” disse,
rivolgendosi ai due fratelli.
“Vero, al resto
penseremo dopo.” concordò Tsuna: “Al momento, siamo solo contenti di vedervi.”.
“SAWADA! COSA
ESTREMAMENTE STA SUCCEDENDO?! Garyuu è sparito! E chi sono questi tizi?!”
“Ryohei, esagitato
come suo solito, era comparso all'improvviso da una stradina laterale, seguito
da Kyoko e Chrome.
E come se le cose
non fossero già abbastanza di loro complicate, un Hibari particolarmente, e
visibilmente, incazzato, arrivò alle loro spalle.
Vedendolo, Roll
sgranò gli occhi, che sembrarono inumidirsi.
Gentilmente,
sciolse la presa che lo teneva legato all'amico e mosse un paio di timidi passi
verso il suo padrone.
“Erbivoro, cos'è
questa confusione? E voi chi siete?” domandò con freddezza il prefetto,
stringenso i tofa in pugno e non accorgendosi dell'arrivo del ragazzetto,
avvolto in quella felpa viola che doveva essere almeno tre taglie più grande
della sua.
“Kyoya-dono...”
bisbigliò lui, aggrappandosi alla maglia della giacca della Nuvola: “Voglio
tornare a casa... Voglio giocare con Hibird...”.
Per un attimo, il
Guardiano restò immobile, Tsuna poteva giurare di averlo visto sobbalzare
impercettibilmente nel momento in cui Roll lo aveva afferrato, poi semplicemente
ripose le sue temutissime armi, prese gentilmente per il polso la sua Box Arma e
semplicemente se ne andò.
“Sempre così,
quell'Hibari...” bofonchiò Mukurou, voltando lo sguardo verso la sua padroncina:
“Non si preoccupi, Ojou-sama!” esclamò, esibendo il suo migliore sorriso a
beneficio della giovane, “La scorterò personalmente fino a casa, dove la lascerò
solo alle cure di Mukuro-sama. ” disse, inchinandosi per baciarle galantemente
la mano sottile, quella con l'Anello, “Possiamo andare, Decimo?” chiese
rispettosamente, rivolgendosi al Boss.
Questi annuì,
stupito dall'educazione con cui si era rivolto a lui.
Chrome sembrava a
disagio, ma il cenno rassicurante che Tsuna le rivolse la tranquillizzò mentre
la gentilezza con cui Mukurou le pose sulle spalle il proprio mantello la fece
arrossire: anche loro lasciarono il campo, mentre Ryohei e Garyuu avevano
cominciato a rifare conoscenza.
Pochi minuti dopo,
entrambi corsero via, diretti verso la scuola, e il club di Boxe, cui Garyuu
voleva a tutti i costi unirsi.
Una volta che i due
si furono allontanati, Uri si avvicinò all'unica ragazza rimasta con un sorriso
smagliante, del tutto diverso dall'aria strafottente che aveva esibito fino a
poco prima: “Kyoko-nee, volevo ringraziarti per il pesce e per esserti occupata
di me assieme ad Haru-nee. Non volevamo spaventarti.” le disse, con voce morbida
ed educata.
“Sei il gattino di
Gokudera-kun?” chiese infine lei.
“Si, Hayato-danna è
il mio padrone.” rispose lui, raddrizzandosi dall'inchino che le aveva rivolto:
“Se mai avrai bisogno di aiuto, non esitare a chiamarmi.”.
Tutt'altro tono,
però, mostrò nel parlare a Natsu e Gyuudon.
“Non cacciarti di
nuovo nei guai, piccoletto, altrimenti è la volta che ti lego al tuo Gear. Ti
affido quest'imbranato del nostro capo, se gli succede qualcosa, a risponderne
sarai tu.”.
Poi, scoccando
un'occhiata astiosa a Gokudera, semplicemente corse via.
“E' sempre così.”
sbuffò Natsu: “Però, anche se non sembra, sa essere molto gentile.”.
“Gokudera e Uri
sono uguali.” notò Takeshi, tenendo in braccio Kojiro: “Hanno lo stesso
carattere!”.
“Taci,
yakyuu-baka! E tu, bastardo, aspetta!” sbottò l'argenteo, schizzandogli alle
calcagna.
Si sentirono le loro grida anche a parecchi metri di distanza.
“Scusaci,
Tsuna-dono, scusaci tanto... Non siamo abituati a questa situazione e forse ci
siamo fatti prendere dall'entusiasmo. Non è un comportamento da adulti, lo
ammetto...” bofonchiò imbarazzato il rosso, ma subito il Cielo scosse la testa:
“Davvero, va tutto bene.” lo rassicurò il bruno, afferrandolo per il polso e
trascinandolo verso la scuola.
“Siete
sempre voi, non è cambiato nulla.”.
Note del
Lemure:
Ho spulciato
attentissimamente la sezione alla ricerca di qualcosa di simile, ma non ho
trovato nulla. Come già in precedenza, vi prego di avvertirmi nel caso mi
sbagliassi, cosicché io possa fare ammenda in tempo, cancellando la fic. In ogni
caso, l'idea m'è venuta spulciando Tumblr e trovando un disegno di un Human!Uri,
che ha scatenato tutto questo.
Che dire,
spero sia un'idea interessante.
Vi lascio
con un piccolo glossario in calce, fatene buon uso.
KissKissFallInLove
Shun/Charlie
Glossario:
Bocchan:
Signorino
Danna:
Padrone/Signore
-dono:
Particella che si usa in segno di rispetto per una persona. Ha un'incisività
maggiore di -san ma minore di -sama.
Ojou-sama:
signorina di nobili origini.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 - Namimori-Chu ***
Nuova pagina 1
BOX
HUMAN
CAPITOLO 1
NAMIMORI-CHU
Quando il
bruno e Natsu arrivarono infine a scuola, per un miracoloso e fortuito caso,
erano in anticipo rispetto all'inizio delle lezioni, e gli altri li aspettavano
pazientemente nel cortile semi-deserto.
Accanto ai
Guardiani, escluso ovviamente Hibari, c'erano le rispettive Box, che sembravano
attendere il loro capo, allo stesso modo dei padroni in attesa del Decimo.
Non mancava
nessuno, neppure Uri che, a giudicare dai graffi sul volto, proprio e di
Gokudera, doveva aver avuto parecchie difficoltà a fronteggiare la Tempesta.
“Uri-niichan
è tutto pesto!” esclamò un esagitato Kojiro, che occupava impunemente le braccia
di Takeshi.
“Taci,
pulce...” brontolò il biondo con tono iroso: “Kojiro-otooto ha ragione.”
confermò Jiro con un sorriso, “Sembra che Hayato-bocchan ti abbia conciato per
bene per le feste!” esclamò, ottenendo solo una serie di insulti e improperi a
pioggia su di sé, gentilmente offerti dal compagno, che sembrava blaterare
qualcosa riguardo al fatto che ciò che aveva ricevuto, l'aveva restituito
raddoppiato.
In effetti,
a giudicare dalle ferite sul viso torvo dell'argenteo, poteva essere vero.
“Uri,
Jiro, Kojiro...” mormorò con tono esasperato Natsu, frapponendosi in mezzo a
loro per evitare una probabile rissa: “Non fate i bambini.”.
“Ma
niichan, io sono
un bambino!” esclamò Kojiro risentito.
“Ma
loro no.” notò il rosso con rassegnazione: “Anche se si comportano come tali.”.
Quella
frecciatina ebbe non solo l'effetto di far abbassare lo sguardo a entrambi ma al
contempo quello di far scoppiare sonoramente a ridere tutti i presenti.
Erano
talmente concentrati su loro stessi che non notarono subito la presenza discreta
e timida che li aveva avvicinati: aveva indosso la divisa della Namimori, quella
degli studenti del primo anno, ed esibiva con orgoglio sulla manica la fascia
del Comitato di Disciplina mentre, attorno a lui, svolazzava beata la palletta
di piume che rispondeva al nome di Hibird.
Fu Garyuu
per primo a vedere Roll, che portava tra le braccia un cumulo di divise uguali
alla sua; subito, Jiro lo aiutò, prendendone un certo numero tra le proprie.
“Cosa
te ne fai?” chiese Uri, avvicinandosi a sua volta.
“Kyoya-dono
mi ha detto di darvele e di sbrigarci a raggiungere la sala ricevimenti,
Kusakabe-niichan ci aspetta.”.
Le sue
parole lasciarono interdetti per un attimo sia il Cielo che i suoi Guardiani,
che rimasero in silenzio, senza effettivamente sapere cosa dire prima che, con
un urlo di pura gioia, Ryohei afferrasse una divisa a caso dal mucchio,
consegnandola a Garyuu: “Sono estremamente contento! Vai e fatti onore!” esclamò
entusiasta, spingendolo in avanti.
Il pugile
abbassò la testa in segno di assenso prima di raggiungere Roll.
“Andate
anche voi.”.
Tsuna era
d'accordo con Hibari: doveva sicuramente aver pensato che fosse meglio per le
loro Box restare in uno spazio delimitato, dove fosse possibile tenerle d'occhio
e impedire che si cacciassero nei guai, anche se voleva dire separarsi per
qualche ora da loro.
“Come
vuoi, Tsunayoshi-bocchan.” disse Jiro, prendendone due, una per se e una per il
fratellino - la Nuvola aveva pensato anche a fornirne una più piccola per
l'esagitata Rondine, per fortuna - : “Takeshi-bocchan, noi andiamo. Ci rivedremo
più tardi, vero?”.
“Danna,
non sentirti troppo solo senza di me.” sogghignò Uri, portandosi via Natsu senza
che questi avesse potuto scambiare la benché minima parola di saluto con il
padrone: “E vedi di proteggere adeguatamente Juudaime-sama!”.
“RAZZA
DI INSOLENTE! TORNA QUI E RIPETILO, SE HAI IL CORAGGIO!”.
Fortunatamente, Ryohei e Yamamoto furono abbastanza svelti a bloccare la
Tempesta prima che questi avesse anche solo il tempo di lanciare uno dei suoi
candelotti, che caddero a terra, spenti: “G-Gokudera-kun, calmati. Potrete
chiarirvi mentre pranziamo.” disse il Decimo, girandosi poi verso i ragazzi che
si stavano allontanando: “Natsu, a mezzogiorno sul tetto! Gyuudon!” gridò,
attirando l'attenzione del Fulmine, “Non essere triste, quando torneremo a casa,
parleremo con Lambo!”.
Voltatosi di
scatto, il massiccio ragazzo gli sorrise malinconicamente, prima di raggiungere
Kojiro, che era balzato dalle braccia del fratello per saltare tra quelle
dell'amico in arrivo.
Le Box
sparirono all'interno dell'edificio scolastico, lasciando i padroni alle proprie
spalle.
“Oniisan,
Gokudera-kun, Yamamoto... Ci conviene entrare.”.
Fu Tsuna il
primo a rompere il silenzio, poggiando le mani sulle spalle dei due Guardiani a
lui più vicini, Sole e Pioggia: “Prima che Hibari-san ci venga a prendere.”
precisò, “E poi, dobbiamo spiegare a Kyoko-chan quello che è successo.”.
I ragazzi
annuirono, ricordando distrattamente l’arrivo della compagna di classe a scuola
pochi minuti prima, quando loro erano troppo impegnati a parlare con le Box per
riuscire anche solo a rivolgerle un cenno.
“La
mia Kyoko deve sapere!” esclamò il pugile, alzando il pugno al cielo: “Pensateci
voi!” e così dicendo sfrecciò verso gli edifici dei club.
“Andiamo.
Sicuramente ci starà aspettando.”.
E Tsuna
aveva ragione. Perchè, non appena giunti al piano dove si trovava la loro
classe, la prima cosa che i tre ragazzi videro fu effettivamente la loro
compagna, in piedi fuori in corridoio, con un'espressione indecifrabile dipinta
sul viso, in parte preoccupata e in parte incuriosita, ma era difficile capire
cosa effettivamente stesse pensando in quei momenti.
Yamamoto
spiò l'ora sull'orologio da polso: non erano ancora cominciate le lezioni, per
fortuna. O giustificare la loro assenza all'insegnante sarebbe stato quantomeno
difficoltoso.
“Tsuna-kun,
ragazzi. Volete spiegarmi quello che è successo? Ho visto Uri-kun in giro con la
divisa della scuola indosso. Ma era con Kusakabe-san e non ho potuto chiedergli
nulla...”.
Yamamoto
ridacchiò, poggiando a terra la borsa e la custodia della Shigure: “Da oggi,
saranno i nostri kohai. Ordini di Hibari.”.
Sasagawa lo
guardò senza capire del tutto: “Vieni a mangiare con noi più tardi, vedrai che
ti sarà chiaro tutto.” proseguì lo spadaccino.
“Yakyuu-baka!
Smettila di decidere tu!”
Gokudera, a
quelle parole, sembrava più geloso e inviperito del solito, ma nessuno dei
compagni di classe, effettivamente, lo notò: solo la rossa pareva scrutarlo con
più attenzione del solito, dopo quello scatto.
“Sawada,
sbrigatevi a entrare. Se l'insegnante vi trova fuori, sono guai.”.
A
interrompere le chiacchiere dei quattro fu Hana che, circondate con un braccio
le spalle di Kyoko, la portò dentro con sé, come a volera sottrarre dalla
pessima influenza dei tre ragazzi: con un sospiro, Tsuna annuì, spingendo
all'interno Hayato e Takeshi una manciata di secondi prima che la professoressa
di inglese facesse la sua apparizione in fondo al corridoio.
§§§
Stiracchiandosi, non abituato all'immobilità forzata cui era stato sottoposto
per tutta la mattina, e men che meno alla divisa scolastica, Uri accolse con un
sonoro sbadiglio il suono della campanella che annunciava l'inizio della pausa
pranzo.
Lentamente,
mentre i nuovi compagni di classe sfrecciavano fuori, rivolgendogli allegri
cenni di saluto, lui si massaggiò il collo, resistendo all'urgenza di lavarsi
come era solito fare nella sua forma originaria e sentendo un certo languorino
allo stomaco.
Sospirò
rumorosamente, poi alzò la testa e si concentrò sulla capigliatura rossiccia che
gli ondeggiava davanti all'altezza del naso: certo che Natsu era proprio basso.
Stava
parlando con Kojiro e Jiro, in attesa che Garyuu e Roll si decidessero a
raggiungerli, mentre un timidissimo Gyuudon non riusciva al alzarsi dalla sua
sedia e neppure a salutare i ragazzi che gli rivolgevano la parola.
“Ehi,
alzati e andiamo. Hayato-danna e Juudaime-sama ci aspettano.” lo apostrofò,
dandogli un buffetto sulla spalla: “Non possiamo farli aspettare.”.
“Uri,”
lo rimproverò blandamente Natsu, mentre Kojiro si gettava su Gyuudon ridendo:
“Non possiamo allontanarci senza Roll e Garyuu, lo sai. Hanno detto che ci
avrebbero messo poco. Abbi un po' di pazienza.”.
“Uri-niichan,
è bello mangiare tutti assieme! Eddai, aspettiamo!” esclamò la Rondine, usando
la spalla del Fulmine come trampolino per lanciarsi tra le braccia ignare del
biondo, che riuscì a prenderlo al volo un attimo prima che si sfracellasse al
suolo.
“Baka!
Non fare numeri del genere in mia presenza!” strillò, controllando che non si
fosse fatto nulla.
“Niisan
guarda! Uri-niichan è preoccupato per me!” esultò il piccolo, aggrappandosi ai
ciuffi che ricadevano sulle spalle dell'amico.
Jiro
sogghignò, cingendo col braccio la vita di Natsu: “Il mio fratellino ha
l'intraprendenza che manca a te, Boss. Vuoi che la pulce ti sgraffigni la preda
da sotto il nasino?” gli soffiò nell'orecchio con tono divertito.
Il viso di
Natsu assunse una paurosa tinta scarlatta mentre cercava di bofonchiare qualcosa
in risposta, ma non riuscì a formulare un pensiero corretto e concreto, anche e
soprattutto a causa dell'improvviso arrivo dei due mancanti.
Il gruppo, a
ranghi serrati, uscì dall'aula, suscitando tutto attorno una serie di
pettegolezzi e sussurri concitati da parte delle ragazzine, che non avevano
ancora avuto occasione di vedere i “nuovi studenti ospiti del Comitato
Disciplinare”.
Le voci
aumentarono quando il gruppo fu visto fermarsi dinanzi alla classe 2A, e
raggiunsero le dimensioni di uno scoop giornalistico da Premio Pulitzer quando
si diffuse la notizia che ad attenderli c'era Sawada Tsunayoshi.
Il gruppo
sparì sul tetto e a nulla valsero i tentativi dei più curiosi di sbirciare.
Perchè un
paio di esponenti del Comitato montavano la guardia alla scalinata che portava
alla terrazza.
§§§
“Eccoci
arrivati!” annunciò il Cielo, una volta spalancata la porta: “Scusate il
ritardo, colpa nostra!” esclamò Garyuu, abbracciando Roll e trascinandolo con sé
accanto a Ryohei.
“Allora,
danna,” esordì Uri, non appena sedutosi accanto al proprio padrone: “Ti sono
mancato?”.
Per tutta
risposta, la Tempesta tirò fuori un paio di candelotti di dinamite, borbottando
qualcosa come “proprio per nulla...”.
Come al
solito, al Cielo toccò mettere pace, e per fortuna che non era da solo, che
aveva un valido alleato in Natsu: dal modo in cui redarguiva il compagno, e
viceversa dall'espressione stranamente contrita che questi assunse in viso, era
chiaro che scene del genere dovevano essere abbastanza frequenti nella
quotidianità delle Box.
“Forza,
mangiamo!” propose Yamamoto con un sorriso, tirando fuori dallo zaino alcuni
bento particolarmente grossi, Tsuna pensò che somigliavano molto a quelli che si
erano portati dietro durante la missione a Kokuyo Land: “Stamani, non so perchè,
ho pensato che forse avrei fatto meglio a portarmi un po' di provviste in più.”
ridacchiò, scoperchiando le scatole e cominciando a distribuire in giro sushi e
tè, “Cosa preferite voi?” chiese gentilmente, rivolgendosi a Kojiro e agli
altri.
Ma questi
sembrarono rabbuiarsi, abbassarono anche lo sguardo, preda di un improvviso, e
strano, imbarazzo.
“Takeshi-danna...”
esordì Uri con voce bassa.
“C'è
qualcosa che non và?” s'informò con preoccupazione Tsuna.
“Noi... Noi non
possiamo mangiare il vostro cibo... O meglio, possiamo, ma necessitiamo di altro
per recuperare nutrimento.”.
Le parole di Natsu suonavano dispiaciute: “E di
cosa?” incalzò Ryohei.
“Delle
Fiamme del nostro elemento...”.
Fu Gyuudon a
chiarire una volta per tutti i bisogni dei neo-esseri umani, tenendo
ostinatamente la testa bassa.
E fu
in quel momento che tutti capirono.
“Potevate
dirlo prima...” brontolò Gokudera, infiammando il proprio Ring e porgendolo a
Uri: “Tieni.” disse solo, avvicinandoglielo; e così fecero anche gli altri.
Gli unici
rimasti fuori furono Roll e Gyuudon, che li osservarono con un misto di
rammarico e tristezza sul volto.
Ma non per
molto.
Infatti, un
attimo dopo, una mano gentile si poggiò sulla spalla del piccolo Istrice, che si
ritrovò a fissare come ipnotizzato la Fiamma ardente dell'Anello del suo padrone
mentre il Fulmine...
Beh...
Dopotutto,
il Sistema C.A.I contava anche il suo attributo.
“Puoi
anche parlare e chiedere.” brontolò Hayato, facendo alzare gli occhi al ragazzo:
“Non sarà pura come quella della Scemucca ma come rimedio momentaneo può andare
bene.” aggiunse.
Il tetto
sembrò improvvisamente risplendere dei colori dell'arcobaleno e l'aria si scaldò
piacevolmente: quando il processo si concluse, i visi delle Box erano floridi e
pieni di vita.
“Grazie,
Takeshi-bocchan!” esclamò un Jiro energico come non mai: “Mi sento all'estremo
delle mie forze!” annunciò Garyuu, dando pugni all'aria come era solito fare
anche Ryohei, che lo guardava con malcelato orgoglio.
Kyoko, che
era rimasta in silenzio fino a quel momento, prese uno dei bento e lo passò con
un sorriso a Tsuna: “Sembri particolarmente stanco. Mangia qualcosa.” gli disse
lei, “Mi spiace, Natsu-kun, che non possiate recuperare le energie con un pasto
normale,” aggiunse ancora, voltandosi verso il Leone, che si era accoccolato al
padrone, con la testa sul suo grembo.
Con un
sorriso, Natsu scosse la testa: “Non preoccuparti, Kyoko-nee. Tsuna-dono sa
perfettamente prendersi cura di me.” dichiarò con convinzione mentre il ragazzo
masticava lentamente e senza fretta il boccone.
Kyoko annuì
di rimando, prendendo a sua volta un pezzo di sushi dal mucchio: “Yamamoto-kun,
è delizioso!” esclamò lei, dopo il primo morso, “Tuo padre è uno chef coi
fiocchi!”.
“Ma
questo si sapeva già!” sottolineò Jiro, agguantando un maki solitario.
Il fratello
concordò, cominciando subito dopo a correre e infastidire, una scelta
assolutamente a caso la sua, Uri, che si ritrovò a dover inseguire una piccola
saetta scura che aveva tranquillamente deciso di sciogliergli la coda in cui
teneva legati i capelli, prendendogli l'elastico.
Occupati
com'erano gli altri a cercar di mettere pace tra i due, nessuno si era accorto
che lo spadaccino si fosse avvicinato all'argenteo, squadrandolo con attenzione:
forse gli anni trascorsi assieme non erano poi molti, ma Takeshi aveva
cominciato a capire da un pezzo cosa si nascondesse dietro le molteplici
espressioni dell'amico.
Non era
stupido, assolutamente.
E i
sentimenti, soprattutto, li comprendeva meglio di chiunque altro.
Anche la
gelosia che, lo sapeva, stava rodendo la Tempesta nel vedere Kyoko e Tsuna così
vicini, e una sorda paura irrazionale che saettava negli occhi dell'argenteo al
pensiero di ciò che poteva provare il Cielo avendo la propria “storica cotta” a
una tale ridotta distanza.
Era quindi
il suo dovere come Pioggia tranquillizzarlo, in qualche modo, farlo stare
meglio.
“Anche
se l'unica cosa che risolverebbe la situazione...” sospirò tra sé e sé,
osservando malinconicamente la vicinanza tra i due quattordicenni.
Beh, almeno
ci avrebbe provato.
ANGOLO DEL LEMURE:
Credo siano doverose delle
spiegazioni, a questo punto.
Innanzitutto, voglio
ringraziare i miei quattro fantastici recensori del capitolo scorso, mi ha fatto
piacere vedere che a qualcuno sia interessato questo mio piccolo esperimento...
Ergo, grazie a Dania Vento, Amy Uzumaki, Kalix_89 e Dark prince. ^^
Poi, una cosa che mi sta
particolarmente a cuore, ovvero la timeline in cui si svolge la storia: ci ho
riflettuto molto, anche alla luce degli avvenimenti che accadranno in seguito,
quindi ho pensato di collocarla nel mezzo tra lo scontro contro la Famiglia
Shimon e l'attuale arc narrativo della Battaglia dei Rappresentanti, così da
poter introdurre alcuni personaggi "importanti" senza dover piantare casini tali
da non riuscire a uscirne...
Con questo, credo di aver
concluso.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 - Le Pantofole Sono Nell'Armadio ***
Nuova pagina 1
BOX
HUMAN
CAPITOLO 2
LE
PANTOFOLE SONO NELL'ARMADIO
“Yamamoto,
sei sicuro?”
Per
tutta risposta, il giocatore di baseball sorrise, cingendo con forza le spalle
del suo Boss e facendo dondolare così la spada a tracolla e la borsa: “Ma certo!
Jiro e Kojiro, nonché gli altri, sono più importanti di un allenamento! Posso
tranquillamente saltare, per una volta. Faranno a meno di me, semplicemente!”
esclamò con entusiasmo.
Le
lezioni erano appena finite e il gruppo di amici, riunito in classe, stava
decidendo il da farsi.
Una
di fianco all'altra, le Box osservavano i loro padroni con curiosità mentre
confabulavano su qualcosa: Roll, e ovviamente Hibari, non erano presenti.
“Allora
anche a voi va bene venire da me questo pomeriggio?” chiese Tsuna titubante,
osservando i suoi Guardiani lì presenti.
“SONO
ESTREMAMENTE D'ACCORDO! IO E GARYUU VERREMO VOLENTIERI!” gridò Ryohei, agitando
con enfasi il pugno tutto graffiato: “E poi, è un'occasione per stare assieme!”
esclamò Kojiro, gettandosi tra le braccia di Tsuna per farsi abbracciare, “È
bellissimissimo giocare coi fratelloni!” gridò la Rondine, scoppiando a ridere
di cuore subito dopo.
A
quella scena, il Cielo si sentì morire di tenerezza: chi l'avrebbe mai detto che
quel piccoletto fosse così espansivo?
“Allora
andiamo, Decimo!” propose Gokudera, scambiandosi un'occhiataccia con Uri: “E
poi, ho l'impressione che Gyuudon voglia vedere al più presto la Scemucca.”
aggiunse, spostando l'attenzione sul massiccio Fulmine, che stava in disparte
con lo sguardo concentrato sul pavimento.
Sembrava quasi a disagio.
Gentilmente, Sawada sciolse l'abbraccio di Kojiro, che venne preso in consegna
da un paziente e rassegnato Jiro, e si portò dinanzi alla Box di Lambo.
Semplicemente, il Decimo gli prese le mani, sorridendogli con affetto: “Vedrai
che andrà tutto bene. Per quanto Lambo sia pasticcione e un po' egoista, ti
vuole bene e capirà la situazione.”.
Tutti i presenti erano confusi da queste parole, ma non chiesero nulla, consci
che l'intuito Vongola del bruno avesse fatto centro e che Gyuudon avesse
compreso ciò che il bruno voleva dirgli.
“Ma
con Chrome-dono come facciamo?” domandò in quel momento Natsu: “Per non parlare
di Roll, Hibari-dono e Mukurou...”.
Tsuna soppesò le parole della sua Box per qualche minuto.
Effettivamente, anche loro dovevano venir informati della cosa.
“Roll
e Mukurou è meglio se ce ne occupiamo noi, Juudaime-sama.” esordì Uri con tono
di estremo rispetto – Tsuna non si sarebbe mai abituato al diverso modo di
rapportarsi che il Gatto della Tempesta usava con lui e con il suo padrone -
“Andrò io a parlare con quel gufastro. Sono certo che ci penserà lui a Roll.”.
“A
Mukurou-niichan piace fare le coccole a Roll-niichan!” strillò soddisfatto il
piccoletto, appendendosi alle spalle di Uri.
Una
secchiata d'acqua fredda avrebbe avuto un effetto meno devastante sui Guardiani,
che osservavano lo scricciolo con aria sbalordita mentre questi sorrideva
orgoglioso.
“V-Vi
spiegheremo poi!” arrossì Natsu, le cui orecchie sembravano aver fatto il paio
con i capelli, tanto erano scarlatte: “N-Non è come sembra!” esclamò Garyuu,
forse con troppa foga da essere credibile.
“Umph,
cosa c'è di male se la palla di punte e il gufastro stanno assieme? Mi sembrava
che avessimo deciso che non c'era problema!” borbottò Uri, irritato.
“Infatti
non c'è! Ma Tsuna-dono e gli altri non sanno nulla! Sarebbe meglio spiegargli
tutto con calma!” lo rimproverò Natsu con sguardo serio, e forse anche un poco
malinconico.
“I-intanto
usciamo e andiamo a casa. Lì avremo modo di parlare.” Tsuna intervenne a metter
pace e a placare gli animi: “Qualunque cosa abbiate da dire, ascolteremo con
attenzione, promesso.”.
§§§
Il
cortile, pur essendo ormai pomeriggio inoltrato, era ancora pieno di gente, e
non furono pochi gli allievi che rivolsero cenni di saluto verso le Box, che
seguivano diligentemente i propri padroni: sembravano essere diventati molto
popolari, nonché fonte di domande e curiosità.
Un
ragazzo, che Tsuna identificò come appartenente al club di atletica, si era
avvicinato a loro con aria imbarazzata, puntando a Kojiro, che camminava a passo
svelto accanto a Takeshi: si fermarono, mentre il ragazzo più giovane cercava di
trovare le parole più adatte.
“Ame-kun,
non è per metterti sotto pressione, so che siete appena arrivati, ma...
Hibari-san ci ha fatto avere la tua domanda per il Club e mi chiedevo se volevi
o meno confermarla.” chiese lui, evidentemente intimorito dalla presenza degli
altri.
“Kyoya-bocchan
è stato gentile a dirvelo! A me piace correre! Verrò volentieri!” annunciò il
piccolo di rimando: “Posso, vero, oniisan?!”.
Jiro annuì con accondiscenza, mentre anche alcuni responsabili del club di
Kendo, con Mochida in testa, venivano a congratularsi con l'altra Box della
Pioggia per aver scelto di partecipare alle loro attività.
Quando furono in strada, finalmente, Gokudera diede voce ai pensieri generali.
“Che
nome è Ame-kun?”.
I
due della Pioggia scoppiarono a ridere.
“Kyoya-danna
ci ha iscritto a scuola ma non avendo dei cognomi, ce li ha dati lui. Io sono
Arashi.” spiegò.
“Il
nostro è Ame.”.
“Il
mio è estremamente Hare, la Fiamma del mio padrone!”.
“Tutti
noi siamo stati chiamati secondo le nostre Fiamme... A me ha dato Kaminari.”.
“Io
sono Oozora.”.
“Io
invece sono Kumo.”.
La
voce di Roll, comparso all'improvviso alle loro spalle, risuonò nella via
deserta.
Assieme a lui, evidentemente seccato, c'era il Guardiano della Nuvola.
“Dame-Tsuna,
dovresti pensarci tu ad avvertire la tua Famiglia di eventuali riunioni o
incontri, non è giusto escludere alcuni!” disse qualcuno, prima di colpire con
un calcio preciso sulla nuca il Decimo, che ruzzolò a terra assieme a Natsu, che
aveva cercato di prenderlo al volo.
“Chrome-neesan
e... M-Mukurou ci aspettano. Reborn-san ha detto che sono arrivati.” disse Roll,
aggrappandosi alla manica della Nuvola, che fissava la scena insolitamente in
silenzio, senza reagire in alcun modo all'evidente casino che stavano facendo –
In condizioni normali, Tsuna era certo che li avrebbe puniti per aver disturbato
la saacra quiete di Namimori -
Ma
in quel momento, l'attenzione era concentrata sull'Arcobaleno che stava dinanzi
a lui, con la pistola puntata dritta sul suo naso.
“Mou,
Reborn... Quando accidenti sei tornato?!” si lamentò il ragazzo, aiutato da
Natsu e Uri a rimettersi seduto, con Hayato che lo guardava con preoccupazione:
“Non eri in Italia mentre succedeva tutto questo pasticcio?!”.
L'hitman sogghignò: “Sono tornato appena in tempo per levarti le castagne dal
fuoco, DameTsuna. Mi ha avvertito Roll.”.
Il
Cielo alzò cautamente lo sguardo verso il prefetto mentre las Box, con aria
colpevole, chinava leggermente la testa: “Kyoya-dono è sempre impegnato, è
comprensibile che Tsunayoshi-dono sia restio a disturbarlo.” lo giustificò,
“L'importante è che sia riuscito a trovarla io, Reborn-san.”.
Il
tutore osservò attentamente il ragazzino, spostando poi lo sguardo sulla Nuvola,
e infine sul suo allievo, imbranato più che mai mentre Gokudera lo alzava in
piedi, controllando che non si fosse fatto nulla.
“Smettila
di fare il bambino e sbrigati a portarli a casa, Mama sa già tutto. E anche
Lambo.”.
A
quel nome, Gyuudon sgranò gli occhi.
In
silenzio, il numeroso gruppo di Box e Guardiani riprese il cammino e, quando si
ritrovarono radunati di fronte al cancello di casa Sawada, ad accoglierli
trovarono un variopinto striscione, senza dubbio disegnato dai bambini, mentre
dall'interno della casa provenivano profumi deliziosi: che Nana fosse ai
fornelli era indubbio.
“Benvenuti...?”
sussurrò sbalordito Tsuna.
“Benvenuti
ragazzi in visita dall'Italia.” completò per loro Reborn, saltando sulla testa
dell'allievo con un tonfo: “Ho detto a Mama e agli altri che le Box sono vostri
coetanei in viaggio di studio qui a Namimori, e che Natsu e Gyuudon resteranno a
dormire da noi. Fuuta, I-Pin e Bianchi si sono impegnati per decorare casa in
tempo e Mama sta cucinando da un paio d'ore.”.
“Finalmente
siete arrivati, temevamo vi foste persi da qualche parte, Juudaime-sama.”.
Da
un angolo del giardino, erano sbucati Chrome e Mukurou, che andarono a
raggiungere i compagni: “B-Boss, grazie dell'invito...” balbettò la ragazza,
stringendo la propria borsa.
“Grazie
a te di essere venuta con così poco preavviso! Siamo contenti di vederti!”
annunciò Tsuna, sinceramente contento di vedere Chrome: da quando era finita la
lotta tra Shimon e Vongola, e Mukuro era tornato libero, non avevano più avuto
occasione di incontrarla.
“Non
è contento di vedere anche me, Juudaime-sama?” interloquì la Box della Nebbia,
balzando elegantemente davanti al Cielo.
In
quel momento, la porta di casa s'aprì, impedendo a Sawada di rispondere, e Nana si
palesò sulla soglia, gettandosi ad abbracciare il figlio e i ragazzi che lo
accompagnavano: “Sciocco Tsu-kun!” flautò lei, brandendo il mestolo, “Avresti
potuto dirmelo prima che Natsu-kun e Gyuudon-kun sarebbero rimasti a stare da
noi per un po'! Ho dovuto preparare in fretta i futon. Meno male che
Bianchi-chan e i bambini mi hanno dato una mano.”.
Uri
si fece avanti, goffamente, improvvisando un baciamano alla donna: “Sono felice
di conoscere personalmente la madre del Decimo.” disse lui, sfiorando appena con
le labbra le nocche della signora Sawada con estremo rispetto.
“Oh,
che galanti!” rise lei, lasciando che anche gli altri facessero lo stesso:
“Anche Dino è così, che sia una caratteristica degli italiani? Oh, ma che
maleducata che sono! Benvenuti a casa nostra, entrate pure! Le pantofole sono
nell'armadio, ci sono per tutti!” disse, accompagnandoli dentro.
Una
volta all'interno però, il chiasso che facevano i bambini in cucina arrivava
fino a loro, Gyuudon si bloccò sul posto, tremando.
“Non
fare il fifone, sei grande e grosso.” lo schernì il gufastro con un sorrisino
beffardo: “Non mi dirai che hai paura del tuo stesso padrone, vero?”.
Chrome rimproverò Mukurou con un'occhiata ma a sua volta arrossì quando,
sentendo qualcuno tirarla per il fondo degli stivali, abbassò lo sguardo: era
I-Pin, che le passava un paio di ciabatte color indaco.
Dalla cucina, sbucarono subito Fuuta, che aveva Lambo attaccato ai capelli, e
Bianchi.
Mentre il Guardiano del Fulmine si buttava a pesce nella calca e nella
confusione, aggrappandosi al Decimo, Gokudera cadde all'indietro, con la schiuma
alla bocca, lamentandosi.
“Bianchi,
gli occhiali!” esclamò il Cielo, afferrando al volo il suo braccio destro.
La
ragazza sogghignò, sparendo nuovamente in cucina.
“Nee,
Tsuna... Hai trovato Gyuudon?!” esclamò il piccoletto, balzando sulla testa di
Hayato con poca grazia: “Gyuudon è sparito!” sembrava sull'orlo delle lacrime.
“Lambo-bocchan,
non fare così... Gyuudon è qui!” lo rassicurò Jiro, staccandolo delicatamente da
Sawada e depositandolo in braccio alla Box: “Noi intanto portiamo Hayato-danna
da qualche parte per gettarlo nella spazzatura.” sogghignò Uri, guadagnandosi
una pacca in testa da parte di Natsu, “Poi ci credo che Gokudera-dono è sempre
così astioso...” borbottò il Leone, seguendo il Cielo al piano di sopra.
I
grandi occhioni verdi del bambino si puntarono sulla figura massiccia che lo
teneva abbracciato.
“Dove
sei stato?!” borbottò il piccolo, tirando su col naso: “Mi sono preoccupato!”
gridò, agitando i pugnetti e colpendo il petto dell'altro; la Box non disse
nulla, si limitò a tenere la testa bassa. “Dovevamo giocare assieme stamattina,
che Mama era fuori con I-Pin e Bianchi-nee!” lo sgridò.
Ci
fu un lungo momento di silenzio.
“Giocheremo
domattina, e guai a te se scappi di nuovo dal grande Lambo!”.
§§§
“Prima
che cominciate voi a parlare, vorrei dirvi qualcosa io.”.
Il
numeroso gruppo di ragazzi si era riunito, subito dopo cena, nel piccolo
salotto, disposto disordinatamente qua e là, con Tsuna e Natsu seduti sulla
poltrona, di modo da vedere tutto e tutti.
Perfino Hibari si era convinto a restare, e aveva già partecipato alla cena, il
che era una sorta di miracolo, senza creare momenti di panico e senza reazioni
sgradevoli: cosa lo facesse comportare in quel modo nessuno dei Guardiani lo
sapeva, né riusciva a intuirlo, ma le Box sembravano saperla lunga in merito,
almeno da come si erano guardate per tutta la sera.
“Ecco,
ad esempio perchè sei sparito nel nulla per tornare in Italia.” borbottò Sawada.
“Tu
sarai anche il Decimo, ma finora a capo della Famiglia c'è ancora il Nono. E
quando ricevo delle lettere dalla Famiglia, è mio dovere verificare cosa
accade.”.
Le
parole di Reborn fecero zittire tutti quanti.
“È
successo qualcosa di grave?” Tsuna sentì un brivido freddo percorrergli la spina
dorsale.
“Strano,
a dire il vero. Sembra che le Box dei Varia siano scomparse. Letteralmente.”.
“Non
può essere che sia successo quello che è successo a noi?!” saltò su Uri: “Per
questo sono tornato in fretta indietro. Quando sono arrivato, il Nono mi ha
detto che Xanxus e i suoi stavano mettendo a ferro e fuoco ogni base delle
Famiglie avversarie ai Vongola, e dei loro nemici,” chissà perchè, tutti quanti
avevano l'impressione che fossero parecchi, “Ero già in aereo quando ho ricevuto
il messaggio che mi avvertiva di ciò che era accaduto qui.”.
Un
mormorio curioso serpeggiò nella stanza.
“Non
abbiamo idea di cosa ci sia capitato.” cominciò Mukurou, che stava seduto a
terra con Roll tra le gambe: “Stamattina mi sono risvegliato con la luce del
sole e non ero in camera con Chrome-sama. E avevo questo piccoletto che mi
ronfava sulla pancia.” scherzò, abbracciando ancora più forte il riccio e
lambendogli il collo con la lingua.
Hibari fu bloccato appena in tempo, prima che uccidesse la Nebbia a suon di
tonfa.
Imbarazzato, Tsuna voltò lo sguardo, trovandosi a fissare un Gokudera
altrettanto a disagio negli occhi.
Impacciati e balbettanti, i due cercarono di scusarsi vicendevolmente.
“Eravamo
anche noi lì, ed eravamo tutti estremamente addormentati e nudi!” aggiunse
Garyuu: “Eravamo umani come voi e non capivamo come potesse essere successo...
Sembrava che ci fossimo persi, perdipiù.”.
“Fortunatamente,
c'erano dei vestiti ad aspettarci. Eravamo confusi e spaventati e non sapevamo
cosa fare...” Jiro sembrava aver perso un po' della sua allegria, “C'erano
taaaaaantissimi alberi, e alcune persone che ci guardavano malissimo.” borbottò
Kojiro, “Ci siamo cambiati in fretta e abbiamo tentato di ritrovare la strada di
casa... Ma a parte la Base Vongola e l'isola degli Shimon, non siamo pratici di
nessun luogo...” si giustificò a mezza voce Natsu, “E ci siamo ritrovati a
vagare fino a quando questo deficiente non è scappato come un razzo.” brontolò
Uri.
“È
chiaro che qualcuno vi ha portato via nottetempo e vi ha trasformato in umani,
abbandonandovi poi nel parco pubblico. Resta solo da capire chi e perchè abbia
fatto tutto questo.”.
Reborn era preoccupato, anche se non lo dava a vedere: e se tutto quello che era
accaduto fosse preludio di qualche crisi, ancora più grande di quelle avute
negli ultimi mesi?
§§§
ANGOLO DEL LEMURE:
So
che ci ho messo molto ad aggiornare, ma ho avuto alcuni problemi di natura
personale nel frattempo e non ho avuto modo di concentrarmi adeguatamente sulla
scrittura del nuovo capitolo.
Ringrazio i miei lettori, con la precisazione che questa fic proseguirà, e se
vedete ancora la scritta SI, accanto alla dicitura Completa... Beh, non è così!
E quando scoverò chi è l'idiota che fa simili scherzi... Lo accopperò.
Spero che abbiate tutti passato delle buone feste!
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 - Più Simili Di Quanto Sembri ***
Nuova pagina 1
BOX
HUMAN
CAPITOLO 3
PIÙ
SIMILI DI QUANTO SEMBRI
Era
passata ormai la mezzanotte quando anche Hayato e Uri, in piedi nell'ingresso di
casa Sawada, si misero le scarpe per ritornare a casa.
“È
sicuro lasciarvi senza protezione Decimo?” chiese la Tempesta con
preoccupazione: “Chi ha preso di mira le Box potrebbe tentare di rifarsi su di
voi mentre dormite.” borbottò l'argenteo, scoccando un'occhiata pensierosa tutto
attorno.
Tsuna scosse la testa, cingendo col braccio le spalle di Natsu: “Pensate a
riposarvi, per stanotte. Non succederà nulla.” assicurò il ragazzo, spostando lo
sguardo alternativamente dal braccio destro al biondo dall'espressione
strafottente accanto a lui.
Certo che sembravano fratelli...
“Uri,
ci sono io qui, Tsuna-dono, Lambo-dono e gli altri saranno al sicuro, te lo
prometto. Non hai più fiducia in me?” brontolò Natsu, incrociando le braccia al
petto con aria corrucciata.
L'altra Box non rispose, eppure Tsuna credeva di aver visto i suoi occhi
illuminarsi di un lampo di malinconia mentre le zanne aguzze andavano a
mordicchiare il labbro inferiore.
Ciò
che il Cielo non seppe mai fu il contenuto dei pensieri e delle riflessioni che
si agitavano nella mente di Uri a quelle parole velate di delusione da parte del
suo boss: qualcosa che oscillava tra il “Deficiente,
sono preoccupato per te!”
e il “Appena
Hayato-danna s'infila a dormire, io torno a fare la guardia qui.”
“Buonanotte,
Juudaime.” salutò Gokudera: “Ci chiami, se avete bisogno. A qualunque ora.”
dichiarò, inchinandosi all'indirizzo di entrambi i ragazzi che li salutavano
dalla soglia di casa, e trascinandosi al contempo dietro un Uri furioso che si
divincolava.
La
porta si richiuse con un tonfo attutito dietro le schiene dei due della
Tempesta.
“Gyuudon
ha già portato a letto Lambo-dono, Nana-san e gli altri sono crollati da un
pezzo... Andiamo anche noi?” propose Natsu, poggiando una mano sulla spalla del
bruno, che non aveva abbassato un attimo lo sguardo dall'uscio appena
richiusosi.
Ci
volle una decisa scrollata per svegliare il Decimo dal suo strano e insolito
torpore.
“S-Si!”
rispose, forse con un po' troppa foga, sbattendo le palpebre e seguendo il rosso
lungo il corridoio: spente tutte le luci, i due ragazzi salirono in silenzio le
scale, restando per qualche istante immobili sul pianerottolo, le orecchie tese
ad ascoltare il respiro calmo e addormentato delle altre persone che in quel
momento riposavano nelle varie stanze della villetta.
Dopodichè, s'infilarono nella camera di Tsuna.
Al
posto dell'amaca di Reborn, ora, c'era un bel futon, con la trapunta colorata
nelle tonalità dell'azzurro e del blu, e un pigiama arancione, piegato con cura,
sul cuscino: “Mi sembra strano che Reborn abbia acconsentito a spostarsi.” notò
Sawada mentre si sfilava il maglione e la maglietta, “Spero solo che domattina
non gli venga in testa di tirarci giù dal letto alle quattro.” gemette, tirando
fuori dal cassetto la casacca azzurrina e i lunghi pantaloni di tessuto sottile
da abbinare.
Natsu saggiò la morbida consistenza della coperta e del cuscino, accovacciandosi
dopo essersi cambiato a propria volta: “Vorrà dire che qualunque cosa ci
toccherà fare, la faremo assieme, Tsuna-dono.” sorrise lui, sdraiandosi.
L'altro ragazzo spense la luce senza quasi dire nulla, e il silenzio che era
caduto nella stanza durò per parecchi secondi.
Salvo poi essere interrotto dal Decimo stesso.
“Posso
chiederti un favore?”
Ovviamente, Natsu acconsentì: “Naturalmente, Tsuna-dono.” esclamò lui, saltando
su dal suo giaciglio.
Una
debole luminescenza, proveniente dal cellulare del bruno, illuminò la stanza e
il suo viso; indugiò con lo sguardo su Natsu mentre la sua espressione si
distendeva in un sorriso: “Beh, ecco... Noi siamo amici, giusto? Perchè non mi
chiami semplicemente Tsuna, senza usare alcun onorifico?”.
Gli
occhi chiari del Leone si sgranarono, stupefatti e increduli.
“Abbiamo
combattuto fianco a fianco, dopotutto.” aggiunse il ragazzo, sporgendosi
leggermente verso di lui: “Non mi va l'idea che tu usi un suffisso, almeno non
con me. Non siamo estranei.”
Alla Box scappò una risatina, forse un poco forzata: “D'accordo, ma ad una
condizione.” replicò, incontrando lo sguardo dubbioso del Decimo, “Vorrei una
risposta sincera alla mia domanda.”
“Dimmi.”
A
Natsu ci vollero alcuni secondi per riordinare le idee.
“Quando
ti ho attaccato nel Futuro... Non ti ho fatto male, vero?” mormorò: “Mi spiace,
ci ho pensato tanto, ma ero spaventato e non capivo cosa stesse succedendo...
Non-” il fiume di parole venne interrotto da una mano dell'adolescente sulla sua
bocca.
Quando la Box si fu calmata, il Cielo scosse la testa: “Non è successo nulla,
dico sul serio. Eravamo entrambi terrorizzati, forse tu lo eri più di me.”
ridacchiò, “E comunque, è acqua passata. Davvero.”
§§§§
“Accidenti
a te, gattaccio spelacchiato! Come diavolo hai fatto a precedermi?!”
Il
tono arabbiato di Gokudera risuonò nella strada deserta sotto casa Sawada
mentre, coperto dal cancello, Uri non sapeva se sbattere la propria testa contro
il muro o se sbatterci quella del suo maestro: era mai possibile che fosse così
noioso?
“Non
capisco quello che stai dicendo.” borbottò infastidito il biondo, guardandosi
attorno e sfregandosi al contempo le braccia con le mani per scaldarle: “Ho un
compito e ho intenzione di eseguirlo. Tutto qui.”
Hayato sbuffò, stringendo tra le dita la giacca che si era portato dietro; con
astio, la lanciò a Uri, colpendolo dritto in faccia: “Vedi di metterti questa e
di non ammalarti.” borbottò, stringendosi nella sua e andandosi a poggiare con
la schiena contro la struttura in metallo.
Dalla tasca, tirò fuori un pacchetto di sigarette e un accendino.
Per
parecchio tempo, l'unico suono che si udì fu lo sfrigolio della carta della
sigaretta e gli espiri regolari del dinamitardo, nient'altro: sembrava che
entrambi si fossero improvvisamente tramutati in statue.
Nel
silenzio, trascorse la notte, e fu solo quando, all'orizzonte, comparve la
debole luce dell'alba, e la pace notturna venne rotta dalle grida energiche di
due pugili a caso intenti ad allenarsi, che entrambi si riscossero dal torpore
delle ore trascorse a vegliare sul sonno degli abitanti della villetta. Si
guardarono negli occhi con espressioni imbarazzate e un poco impanicate, prima
di fuggire di corsa verso casa, giusto un attimo prima che Garyuu e Ryohei
sbucassero dal fondo della strada, fomentandosi a vicenda mentre eseguivano gli
abituali giri di corsa nel quartiere.
Senza però accorgersi delle due figure, preoccupate e assonnate, che li avevano
spiati per parecchi minuti dalla finestra della cameretta dove si trovavano.
Anche quando entrambi gli esponenti della Tempesta furono spariti, Tsuna e Natsu
rimasero a osservare il cancello dove li avevano visti appostati.
“Secondo
te sono rimasti qui sotto tutta la notte?” chiese il Leone con un filo di voce,
staccandosi dalla finestra per dirigersi di nuovo presso il futon, camminando
quasi a tentoni nella fioca luce che filtrava appena dalle tende.
Sawada scosse la testa: “Non so... Conoscendo Haya... Gokudera-kun, è probabile.
Solo non capisco il comportamento di Uri. Non mi sembrava andasse così d'accordo
con lui tanto da tenergli compagnia.” borbottò il bruno, ripromettendendosi di
dire qualcosa al suo Guardiano.
Passare la notte al freddo senza una coperta o una giacca addosso era da pazzi.
Odiava quando si comportava così, senza curarsi troppo di sé ma pensando solo a
lui... Detestava quando si comportava così, però al contempo gli infondeva una
sensazione strana, come di intenso calore all'altezza del cuore,
incomprensibile.
“Io
penso che Uri e Hayato-dono siano più simili di quanto pensino.” la buttò lì
Natsu, alzando la testa all'improvviso dal cuscino e puntando i grandi occhi
azzurri nel punto dove sapeva esserci il suo padrone.
Gattonando fino al letto, la Box si poggiò coi gomiti sul materasso: “Beh, sono
due scavezzacollo, hanno un carattere che definire litigioso è dir poco, ma
entrambi sanno essere estremamente affidabili, quando serve. E io credo che
Hayato-dono ci tenga molto a te.” notò con una punta di malinconia.
Tsuna ricambiò lo sguardo ma senza capire a fondo quello che il rosso voleva
dirgli.
“Che
intendi?” chiese con voce confusa.
Ma
subito il ragazzo scosse la testa, accennando un leggero sorriso prima di
ributtarsi sotto le coperte, biascicando qualcosa che Tsuna non riuscì a
comprendere affatto.
§§§
“Na-kun!
Tsu-kun! Ci sono Hayato-kun e Uri-kun che vi aspettano dal cancello! Sbrigatevi
a scendere!”.
Un
attimo dopo il richiamo di Nana, s'udì un gran tonfo riecheggiare per tutta la
casa, unito a un grido di autentico dolore, poi uno scalpiccio di piedi e i due
ragazzi, scarmigliati per la caduta e con le borse a penzoloni sulle spalle,
fecero la loro comparsa nella cucina affollata.
“OHAYO!”
salutarono quasi in contemporanea, notando Gyuudon, seduto con Lambo in braccio,
Bianchi che aiutava Nana con la colazione, Fuuta che prendeva i piatti per sé e
I-Pin ma nessuna traccia di Reborn.
Eppure era salito a svegliarli nel suo solito e gentile modo...
“Noi
andiamo!” gridò Tsuna, afferrando il bento per sé e per la Box che sua madre
aveva preparato e un paio di toast: “Attenti lungo la strada!” si raccomandò la
donna, salutandoli giusto in tempo prima che sfrecciassero fuori di casa.
Con
un sospiro rassegnato, tornò ad armeggiare ai fornelli: “Baka Tsu-kun, avrebbe
dovuto permettere a Na-kun di mangiare qualcosa... Chissà quando potrà
altrimenti...” borbottò lei, impiattando le frittele per Lambo.
“Cosa
intendi, mama?” chiese Bianchi, che le stava accanto con espressione
interrogativa, e forse un poco preoccupata.
Ma
subito Nana scosse la testa, tornando a sorridere affettuosamente come al
solito: “Nulla cara, non ho detto nulla, davvero. Ora sbrighiamoci, o non
riusciremo ad andare a fare spese in tempo per il ritorno dei ragazzi.”.
§§§
“Ohayo,
Juudaime!”
Con
evidente allegria nella voce, Hayato accolse Tsuna e Natsu sulla soglia del
cancello nell'esatto momento in cui i due del Cielo furono usciti di casa;
accanto a lui, Uri sembrava più imbronciato che mai.
“Dormito
bene?” s'informò l'argenteo, sfregandosi le mani infreddolite mentre il Decimo
lo fissava con aria severa: non gli era sfuggito il rossore sulle guance di
entrambi i ragazzi, e anche se il biondo cercava di non incrociare il loro
sguardo... Beh, ci vedeva ancora bene ed era sicuro che sia lui che il suo
padrone tremassero.
“Noi
si, qualcun'altro mi sembra proprio di no.”.
Sawada sgranò gli occhi, con la bocca ancora per metà spalancata, in procinto di
dire lui quelle stesse parole, ma era evidente che Natsu lo avesse preceduto: si
voltò, vedendo la sua Box osservare sia Gokudera che Uri con un'espressione che
definire furiosa era sminuire ciò che veramente stava provando.
“Vi
ho visto stamattina, e così anche Tsuna. Si può sapere cosa vi salta in testa?
Restare tutta la notte fuori dal cancello contribuisce solo a farvi prendere un
malanno, non a proteggerci.” esclamò il rosso irritato: “Invece di sprecare
preziose ore di sonno, perchè non provate ad andare più d'accordo e a non
punzecchiarvi l'un l'altro?” e così dicendo, semplicemente, si tirò dietro il
bruno e prese a correre, con la borsa del bruno che sbatacchiava qui e là, senza
fermarsi neppure ai richiami di Uri e Gokudera, aumentando anzi la velocità.
E
andando a cozzare contro qualcuno che proveniva da dietro l'angolo.
Ruzzolarono a terra doloranti, tra le grida di Tsuna e i lamenti di chi avevano
travolto.
“Ehi,
che è successo?! Perchè state scappando?!”
Le
braccia forti e salde di Yamamoto cercando di aiutare il Cielo, che era andato a
sbattere piuttosto violentemente con la testa contro il muro, facendo da cuscino
alla sua Box e a Jiro e Kojiro: “Tutto bene?” si preoccupò Takeshi, tirando
fuori dalla tasca un fazzoletto per ripulire il labbro sporco di sangue del suo
Boss.
Questi, pur se frastornato, annuì, puntando sullo spadaccino i grandi occhi
pieni di lacrime per il dolore dell'impatto: “S-Si...” bofonchiò, aiutandosi con
la sua spalla per rialzarsi in piedi.
“No,
non va tutto bene! Stupido gatto spelacchiato! Glielo ho detto tante volte di
non fare sempre di testa sua!” esclamò Natsu, tirandosi su seduto e declinando
l'aiuto di Jiro, che gli tendeva una mano con gentilezza.
“Fammi
indovinare, Uri l'ha fatto di nuovo, vero?” disse l'amico con tono comprensivo,
raccogliendo la cartella del compagno e di Sawada mentre Kojiro cercava qualcosa
nelle proprie tasche: “Ormai dovresti aver capito che tipo è. Dopotutto, c'è un
motivo per cui ti ho sempre detto che lui e Hayato-bocchan sono praticamente
identici. Si farebbero ammazzare per te e Tsunayoshi-bocchan.” notò il maggiore.
“Ma
io non voglio vederlo stecchito...” borbottò il Leone, lasciando che Kojiro
applicasse un cerotto sul vistoso graffio che esibiva sulla guancia: “E penso
che neppure Tsuna voglia vedere Hayato-dono...” si morse un labbro, vedendo
l'espressione incupita del Cielo.
“Va
bene, ho capito! Forza, sbrighiamoci ad andare a scuola! Faremo dopo la
ramanzina a Gokudera,” esordì Takeshi, tirandosi dietro Sawada, e riflettendo su
una cosa: dovevano sbloccare quella situazione in qualche modo, o sarebbe
accaduto l'irreparabile. E lui non voleva dover raccogliere i cocci di Hayato
sparsi lungo la strada, sentiva di dover almeno tentare di parlare con Tsuna, se
non rivelargli ciò che provava la Tempesta, almeno saggiare il terreno in
qualche modo.
Odiava una situazione del genere.
L'occhiata che si scambiò con la Rondine gli fece capire che anche le sue Box
erano giunte alla medesima conclusione, restava solo agire.
Arrivarono a scuola, trafelati e sullo scadere, ed entrarono di volata
nell'atrio un attimo prima che la campanella segnalasse l'imminente inizio delle
lezioni: Tsuna sembrava essersi calmato mentre si cambiava le scarpe, anche
Natsu sembrava essersi tranquillizzato quando Jiro e Kojiro lo trascinarono
lungo il corridoio, diretti in classe, lasciando il Cielo e la Pioggia da soli
lì.
“Allora,
sputa il rospo!” sogghignò il moro, spingendo delicatamente l'amico contro gli
armadietti, e bloccandolo di modo da non permettergli di filarsela alla
chetichella: “Non è da te reagire in questo modo, anche se Hayato fa qualche
stupidaggine.” gli disse con tono amichevole, “E' successo qualcos'altro?” gli
domandò.
Tsuna non rispose, scosse la testa e abbassò lo sguardo imbarazzato: cosa poteva
dirgli? Che per lui Kyoko-chan non era più la ragazza dei sogni, che era
diventata una semplice amica, e che era confuso dalle reazioni del suo corpo e
del suo cuore alla minima azione di Gokudera? Che si sentiva come una scolaretta
alla prima cotta e che non aveva la minima idea di che cavolo fare?
Non
poteva dire una cosa del genere, non perchè non si fidasse di Takeshi, anzi,
tutto il contrario: era uno dei suoi Guardiani, ma prima di tutto era il suo
migliore amico, era certo che non lo avrebbe preso in giro, e neppure
giudicato...
Era
confuso e spaventato, non aveva il coraggio di dire nulla.
E
soprattutto, cominciava a sentire un vago senso di vergogna alla reazione che
aveva avuto solo pochi minuti prima: non aveva potuto farci nulla, però. Se
amare qualcuno vuole dire anche preoccuparsi, forse troppo, per lui, una
reazione esasperata come la sua poteva anche risparmiarsela, non era così che si
sarebbero risolti i problemi, e non era certo così che Gokudera e Uri avrebbero
capito che stavano sbagliando, che mettere al primo posto gli altri non faceva
stare bene nessuno, che l'equilibrio si trova unicamente aiutandosi a vicenda, e
non annientarsi in funzione di un'altra persona.
“Sono
stato un cretino, vero, Yamamoto?” borbottò amaramente, lasciandosi scivolare
verso il basso: “Ho reagito male, vero?”.
Di
slancio, lo spadaccino lo abbracciò, facendogli poggiare il viso sulla propria
spalla: “Non ho ben capito cosa sia successo, ma sono sicuro che Hayato ti avrà
già perdonato, e che anzi stia cercando un modo per scusarsi il più platealmente
possibile.” conosceva fin troppo bene il compagno per non esserne assolutamente
certo, “Se non te la senti di fare lezione, possiamo andare sul tetto e saltare
la prima ora, tanto è quella di studio libero.” propose, ma Sawada scosse la
testa con decisione, tirando delicatamente l'amico verso l'aula, “Adesso sto
bene, davvero. Andiamo, prima che Hibari-san ci trovi qui.” disse, tremando
appena al pensiero dei tonfah del prefetto pronti a colpirli senza pietà.
§§§
Ma,
una volta arrivati in classe, pur convinti di trovarci i compagni, non trovarono
in realtà nessuno.
Stupefatti, si guardarono attorno: eppure le cartelle dei compagni di classe
erano lì, era matematicamente impossibile che si fossero volatilizzati in quella
maniera assurda!
Non
sapeva perchè, ma Tsuna sentì una sensazione di gelo attanagliargli lo stomaco:
dov'erano finiti?
“Oi,
qui c'è un messaggio di Sasagawa!” annunciò Takeshi, sventolando il biglietto
appena rinvenuto sul proprio banco: “Dice che l'insegnante li ha portati...
giusto! Oggi al posto dell'ora libera di studio ci sarebbe stata l'estrazione
dei posti per il Festival Scolastico delle varie classi!” esclamò, passando a un
Sawada decisamente più sollevato il foglietto, “Ha anche scritto che lei e
Kurokawa hanno coperto la nostra assenza ma di farci almeno vedere per pranzo. E
c'è anche una nota per te!” concluse il moro, incrociando le braccia dietro la
nuca nel sedersi.
Con
mano tremante, il Cielo prese il pezzo di carta, scorrendolo rapidamente.
Tsuna-kun, non so cosa sia successo con Gokudera-kun, e so che non sono affari
che mi riguardano, ma dovreste fare pace, sembrava parecchio giù di morale
stamattina, quando non ha visto né te né Yamamoto-kun. Perchè non provate a
chiarirvi a pranzo?
Il bruno sospirò, massaggiandosi la fronte
pulsante e lasciandosi cadere con un sospiro rumoroso sulla sedia più vicina,
giocherellando con l'astuccio dell'ignaro compagno di classe che normalmente
occupava quel posto: “Io non sono arrabbiato con lui.” precisò, più a sé stesso
che per effettiva utilità, “Io voglio solo che non faccia stupidaggini.”
bofonchiò, crollando il capo con rassegnazione.
“Sei
sicuro che per lui siano stupidaggini?”
Con estrema serietà nella voce, lo spadaccino
si era alzato in piedi, avvicinandosi al bruno; con la propria mano poggiata
sulla spalla di Sawada, lo fissò negli occhi: “Voi siete forse i miei migliori
amici, vi conosco abbastanza bene, e so per certo che per lui non sono
stupidaggini, come per te non sono stupidaggini i sentimenti che provi per
Sasagawa,” a quest'ultima affermazione, il Cielo sgranò gli occhi e arrossì
vistosamente, ma non aprì bocca, “Il punto è, Tsuna, che ogni azione ha qualche
cosa, qualche motivazione sotto, e non andrebbe mai e poi mai sminuita.” sorrise
malinconicamente Yamamoto.
Nell'aula cadde un silenzio strano, che nessuno
dei due sembrava avesse intenzione di infrangere.
Poi, la risata sincera e sonora di Takeshi
lambì l'udito del giovane Vongola, unita a un forte abbraccio pieno di affetto
fraterno: “Non sono bravo a dire certe cose, però dovresti almeno rifletterci
su” esclamò col suo solito sogghigno.
ANGOLO DEL LEMURE:
So
che ci ho messo molto ad aggiornare anche questa volta... Spero di darmi una
mossa nei prossimi, perchè cominceranno ad accadere parecchie cose, parecchie...
Ringrazio i miei lettori, soprattutto Maka 96, che ha sollecitato il capitolo,
facendomi molto piacere, visto che è un segno di apprezzamento per il lavoro che
faccio, ma anche tutti gli altri, che hanno la pazienza di stare dietro a questa
storia.
Grazie davvero a tutti voi!
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Cieli Chiari Di Felicità Con Lievi Rannuvolamenti di Gelosia ***
Nuova pagina 1
BOX
HUMAN
CAPITOLO 4
CIELI CHIARI DI FELICITA' CON LIEVI RANNUVOLAMENTI DI GELOSIA
“JUUDAIME!
Sono desolato! Non volevamo irritarla stamattina, davvero!”.
Con un sorriso
cupo, Tsuna osservò il suo autonominatosi braccio destro mentre lui e Uri, in
piedi davanti a tutti gli altri, si erano messi più o meno in testa di scusarsi
pubblicamente per il chiasso fatto quella mattina.
Per l'ora di
pranzo, Yamamoto e il Decimo erano saliti sulla terrazza, mettendosi nel solito
angolino che dava sul cortile, in attesa del ritorno degli amici: dopo aver
trascorso la mattina in aula da soli, nel momento in cui, per tutto l'edificio,
era risuonata la campanella, i due avevano udito distintamente il rumore di
alcuni passi in corsa, che avevano preceduto la comparsa repentina di un Natsu
col fiatone e un Gokudera con gli occhi sgranati.
Natsu si era
gettato sul suo padrone, rincuorato nel vedere che stava bene: “Eravamo
preoccupati!” annunciò il ragazzo, rivolgendo un'occhiata riconoscente al
Guardiano della Pioggia, che cingeva le spalle di Sawada con un braccio e
l'espressione divertita, “Va tutto bene, Natsu-kun!” esordì Takeshi, “Tsuna e io
ci siamo fatti una bella chiacchierata, tutto qui!” replicò il ragazzo, tirando
fuori il proprio Anello assieme al bento per sé e per i due fratellini.
“Uri,
mi sembrava di avertelo detto tante volte, sarò anche debole, imbranato e pure
fifone, ma non per questo voglio vederti esausto, o peggio, nel tentativo di
proteggermi...” balbettò Natsu, voltandosi verso la Box dai capelli biondi: “E
neppure Tsuna vuole che Hayato-dono si conci allo stesso modo...” aggiunse.
“Non
abbiamo bisogno di protezione, a noi basta che voi ci siate.” concluse il Cielo
con un sorriso, attivando la Fiamma dell'Anello.
“Sembra
che tutto si sia risolto per il meglio, quindi!” esclamò Kyoko, che sedeva
accanto al fratello maggiore: “Ah, domani dovremo discutere con i nostri
compagni per la scelta dello stand, cosa fare e come organizzarci, non abbiamo
ancora deciso nulla.” disse la ragazza.
“NOI
ORGANIZZEREMO UN'ESIBIZIONE SPORTIVA ALL'ESTREMO!” gridò Ryohei, facendo cadere
sulla camicia della divisa alcuni chicchi di riso e lasciandosi sul labbro
superiore una scia di salsa di soia, che lo faceva somigliare incredibilmente a
un cosacco e scatenando tutta una serie di risate nel gruppo.
“Umph,
fosse una novità...” borbottò Gokudera, che tendeva il proprio Anello verso Uri,
il quale non sembrava intenzionato a mangiare, almeno per quel momento.
Difatti, la Box
della Tempesta non guardava nemmeno la fiammella vivida ma bensì era concentrato
sull'osservare il Leone del Cielo, seduto accanto al Decimo, con espressione
strana, indecifrabile, a tratti piena di tristezza, a tratti piena di vivido
interesse ed euforia, e sarebbe rimasto a fissarlo ancora a lungo se solo un
certo nanerottolo non gli fosse piombato addosso ridendo: era indubbio, a Kojiro
piaceva da matti stare con Uri!
Con la scusa di
riprendersi il fratellino, Jiro si avvicinò a lui, forse troppo, e per un attimo
sembrò che le labbra della maggiore tra le Box della Pioggia avessero sfiorato
il suo orecchio.
Vedendo tutto,
Natsu s'irrigidì non poco.
Ma tutto ciò che,
in realtà, Jiro aveva fatto, era stato unicamente sussurrare una parola
all'amico.
Provaci.
§§§
“Certo
che cercare di far ragionare quelle due teste dure è faticoso!” esclamò
Yamamoto, all'uscita da scuola, rivolgendosi alle sue Box, che erano rimaste ad
aspettarlo fuori dal cancello; assieme, i tre si erano poi diretti verso casa,
discutendo animosamente tra loro. O meglio, Jiro e Takeshi sembravano impegnati
a parlare, Kojiro sembrava più interessato a correre lungo la strada e a gridare
al mondo la sua vitalità nella forma di un sonoro cinguettio: era evidente che
la sua trasformazione umana non aveva cambiato tutto, alcune peculiarità tipiche
della sua forma animale erano rimaste eccome.
“Hai
parlato a Tsuna-bocchan?” s'informò l'altro, facendo dondolare sulla propria
spalla sia la sua cartella che quella dell'esagitato fratellino, stando dritto
accanto al suo padrone, che si trascinava stancamente lungo la via; questi lo
osservò, con un sorriso a metà tra la sua solita allegria e la forzata
dimostrazione di un buon umore che la stanchezza minava seriamente: “Stamattina,
quando siamo arrivati a scuola, e poi quando siamo rimasti da soli in classe.
Non so quanto però sono riuscito a fargli capire, non sono granchè bravo con le
parole, senza contare che Gokudera potrebbe strangolarmi se solo venisse a
saperlo!” dichiarò lui.
Restarono per un
po' in silenzio, silenzio rotto di quando in quando dai versetti di Kojiro, che
si era arrampicato sul più vicino muretto e saltellava spensierato,
canticchiando una canzoncina dal testo incomprensibile ma dalla melodia
travolgente.
“Noi
abbiamo provato con Uri, ma quel miciastro è più spinoso di Roll!” esclamò Jiro
con tono esasperato: “Eppure è evidente che sia Tsuna-bocchan che Hayato-bocchan,
per non parlare di Uri e Natsu, provano qualcosa gli uni per gli altri! Perchè
non vogliono riconoscerlo?” borbottò l'Akita, scrollando i folti capelli color
miele: “Diamine, siamo riusciti a far confessare al gufastro i suoi sentimenti
per Roll, prima o poi riusciremo a far capitolare anche loro!”.
Takeshi sorrise:
“Il problema credo sia soprattutto di Tsuna... Sapete che ha una cotta per
Sasagawa-chan, vero?”.
“Ma
Tsuna-niichan e Hayato-niichan devono stare assieme!” si lamentò in quel momento
Kojiro, con gli occhioni azzurri lucidi.
“Non
possiamo comandare i sentimenti delle persone, otooto-kun...” mormorò Jiro,
afferrando al volo il fratellino e abbracciandolo con forza: “Io però sono
ottimista! Oggi mi è sembrato che Tsunayoshi-bocchan fosse particolarmente
coinvolto nella sgridata, tutto può essere, in fondo...”.
Yamamoto soppesò
per un attimo le parole della Box: non era stupido, anche lui l'aveva notato, e
nulla l'avrebbe reso mai più felice del vedere i suoi due migliori amici
assieme, e innamorati: si era reso conto fin da subito della scintilla speciale
che sembrava essere scoccata tra loro dal primo momento in cui si erano
incontrati. Certo, all'inizio era stato parecchio... come dire... esplosivo il
loro rapporto, non poteva dimenticare che Hayato aveva candidamente cacciato giù
dalla sedia Tsuna il primo giorno che era arrivato alla Nami-chuu, però, da quel
momento, ne era certo, tutto era cambiato.
Aveva capito sin
dall'inizio ciò che Gokudera provava, e si era ripromesso che avrebbe fatto
tutto il possibile per aiutarlo, anche rischiare di farsi esplodere per mano
dell'iracondo amico.
“Certo
che fare i cupidi della situazione non è facile, vero?” notò la Pioggia,
aumentando il passo: “Forza, ne parleremo più tardi. Andiamo, che papà ci
aspetta per cena!”
§§§
“T-Tsuna...
Posso parlarti un attimo?”
Sawada alzò
all'improvviso la testa dal libro a fumetti che stava leggendo, disteso sul
letto in pigiama, stupito dal tono dimesso che Natsu sembrava avere; chiuse di
scatto il volume, raddrizzandosi e facendogli cenno di avvicinarsi, perchè mai
stava fermo sulla porta? Quella, dopotutto, era camera loro!
“Cosa
succede?” chiese il Cielo, osservando con preoccupazione l'espressione
pensierosa e quasi tormentata della sua Box, che si era seduta, o meglio
appallottolata sul futon: “Stai male?” chiese, sporgendosi per saggiargli la
temperatura.
Il Leone scosse la
testa, abbassando lo sguardo.
“Allora
cos'hai?” domandò con tono rassicurante e amichevole.
“Sei
mai stato geloso di uno dei tuoi Guardiani?”
Una domanda a
bruciapelo, senza dubbio, pronunciata sottovoce come se fosse stata una
confessione, piena di vergogna a tratti, e anche un pizzico di dolore da parte
del rosso, che fece sgranare a dismisura gli occhi del quindicenne.
“P-Perchè
me lo chiedi?” farfugliò il Decimo, scivolando giù dal letto per andarsi a
sedere accanto a lui: “Rispondimi, per favore...” sembrava quasi una supplica
quella di Natsu, che si era messo seduto e aveva poggiato entrambe le mani sulle
spalle del suo padrone, fissandolo con aspettativa.
Sawada sospirò,
soppesando le parole da dire: non poteva certo scendere nei dettagli, non poteva
dirgli che si sentiva geloso di Yamamoto per la sua incredibile, e strana, visti
i precedenti rapporti che li avevano legati, vicinanza con Gokudera, perchè
entrambi erano importanti, pur se in modo diverso.
“Diciamo
di sì...” ammise infine, decidendo di tenersi sul vago.
“Non
ricordavo facesse così male provare sentimenti nella mia forma animale...”
sussurrò Natsu con le lacrime agli occhi: “Non voglio litigare con Jiro e Kojiro,
ma se accadesse qualcosa tra uno di loro e Uri...” balbettò, abbracciando
d'istinto Tsuna, che lo strinse fraternamente a sé, accarezzandogli la testa
ancora umida per il bagno appena fatto, e sentendosi al contempo anche l'ultimo
degli stupidi: era lui l'unico che ancora non riusciva ad ammettere i sentimenti
che provava verso il suo esagitato, e casinaro , braccio destro?
Ormai gli era
chiara la cosa, ma lo spaventava da matti la cosa...
Soprattutto la
possibile reazione dell'altra parte in causa...
“Non
puoi almeno provare a parlarci? Lui tiene a te e...” ma subito si morse la
lingua, quel consiglio non andava affatto bene: e se Uri reagisse male?
“Ci
ho pensato, ma mi manca il coraggio di farlo...” borbottò il ragazzo, poggiando
la testa sulla spalla del Cielo: “Sai come sono fatti lui e Hayato-dono, sono
identici... E scommetto che anche per te c'è un problema simile...” le sue
labbra s'incresparono in un sorriso malinconico.
Decisamente,
entrambi avevano un grosso problema.
La loro stretta
affettuosa venne rotta dalla voce di Nana-mama che li chiamava dabbasso:
“Tsu-kun, Na-kun! Kyoko-chan è venuta a farvi visita!”
Sbalorditi, i due
ragazzi si guardarono in viso, cercando di asciugarsi vicendevolmente le lacrime
prima che l'amica li raggiungesse, bussando timidamente alla porta della camera.
“A-Avanti!”
esclamò Tsuna, forse con troppa foga.
La più giovane dei
fratelli Sasagawa fece la sua comparsa sulla soglia della porta, sorridendo loro
affettuosamente: “Scusate l'ora, ma dovevo parlarvi un attimo, è importante.”
disse lei, chinando leggermente il capo in avanti.
“Entra
pure, Kyoko-nee!” la invitò il Leone, facendole spazio sul futon: “Perchè qui? È
successo qualcosa?” s'informò Tsuna, non senza un pizzico di paura.
“Nulla
di particolare, volevo solo parlarvi di alcune cose.” annunciò, levandosi il
maglioncino e poggiandolo con cura sulla sedia più vicina, prima di accomodarsi
accanto a Natsu.
Osservò i due amici
con aria affettuosa prima di rivolger loro la fatidica domanda, su cui aveva
riflettuto a lungo prima di decidersi se fosse o meno il caso di fare un
tentativo.
“Voi
siete innamorati, vero?”
§§§
(Sono tentata di interrompere qui il capitolo, ma sono troppo buona, mi sa...)
§§§
“Voi
siete innamorati, vero?”
La voce di
Kyoko-chan riecheggiò a lungo nella stanza silenziosa, e nelle teste svuotate
dei due interlocutori davanti a lei, che erano rimasti senza parole, incapaci
anche solo di spiccicare mezzo verbo, anche un articolo era difficile da
pronunciare in quel frangente.
“C-Cosa
intendi?” era stata la voce tremolante di Tsuna a rompere quel silenzio.
“Sciocco
Tsuna-kun,” rise lei: “Quando guardi una persona e il tuo cuore fa le capriole,
quando ti senti strano mentre ci parli... Voi ragazzi siete complicati a capire
quando vi innamorate, per questo sono qui, per aiutarvi!” si offrì con un
sorriso, “Ad esempio, Tsuna-kun, cosa mi dici di te e Hayato-kun? E tu,
Natsu-kun? Uri-kun non ti dice nulla? Siamo amici, ormai vi conosco bene.”.
I visi di entrambi
i malcapitati avevano assunto una paurosa tinta sul rosso andante.
“Io
vi voglio bene, e voglio che siate felici. Tsuna-kun,” e così dicendo afferrò le
mani dell'amico, stringendogliele con affetto: “Posso capire che hai paura, ma
ti assicuro che il gioco vale la candela. E lo stesso vale per te, Natsu-kun.
Sono certa che un tentativo non può nuocervi”.
“Ma
noi...”
“Niente
ma, Tsuna-kun. Ti ricordi il biglietto che ti ho lasciato oggi a scuola? Io sono
convinta che Hayato-kun ti voglia molto più bene di quanto immagini, e così
anche Uri. Come vi ho detto, tentar non nuoce.”.
ANGOLO DEL LEMURE:
Stavolta ci ho messo meno, e sembra anche che le cose tra i nostri cuori allo
sbaraglio stiano cambiando, e forse in meglio! Quando si dice che gli amici si
vedono nel momento del bisogno...
Nel
prossimo capitolo, probabilmente, accadranno cose parecchio interessanti!
Bye!
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 - Architettando Piani Da Novelli Cupido ***
Nuova pagina 1
BOX HUMAN
CAPITOLO 5
ARCHITETTANDO PIANI DA NOVELLI CUPIDO
Dopo l'affermazione di Kyoko, i due ragazzi
restarono in silenzio per parecchi minuti, increduli e senza parole, e a capo
chino, senza avere il coraggio di guardare l'amica negli occhi, amica che li
fissava con espressione comprensiva e affettuosa.
Poi, all'improvviso, pur se timidamente, il Cielo
sollevò lentamente il capo, puntando i suoi grandi e confusi occhi color
cioccolato su di lei, che continuava a stare in silenzio, forse per dar loro il
tempo di riflettere sulle sue parole: “Kyoko-chan... Io...” balbettò il bruno,
tormentandosi le mani.
“Si, Tsu-kun?”
Sussultando, il quindicenne arrossì: era fin da
quando era entrato alla Nami-chuu che sognava di essere chiamato così da lei,
che era sempre stata la sua cotta segreta; eppure, in quel momento, desiderava
che al suo posto ci fosse qualcun'altro e che quel “Tsu-kun” fosse sostituito da
un pomposo “Juudaime”.
“I-Io sono sempre stato innamorato di te, lo sai,
vero?” bisbigliò a mezza voce il Cielo, tormentandosi le mani: “Si che lo so.”
sorrise lei con accondiscenza, “Tu e Mochida-senpai vi siete accapigliati per
questo motivo, e forse in fondo in fondo l'ho sempre saputo fin dall'inizio.”
nella sua voce c'era solo gentilezza e affetto, nessuna delusione di sorta.
“E' strano dirtelo così...” ridacchiò il bruno,
avvicinandosi di più a lei e a Natsu, che era rimasto in silenzio, troppo
stupito per parlare.
“Me lo immagino, ma non siamo più bambini, Tsu-kun,
ed è giusto riconoscere i nostri sentimenti. Dopotutto, abbiamo sempre
frequentato le scuole assieme, e dopo tutto ciò che abbiamo passato negli ultimi
tempi, credo sia giusto essere sinceri fino in fondo, almeno in Famiglia.”
C'era da dire che Kyoko aveva preso bene la
faccenda dei Vongola, sia lei che Haru, e non era stato difficile per loro
integrarsi quasi del tutto, e aiutare anche altri a integrarsi: era stato così
per Chrome, e per Uni nel breve periodo trascorso assieme, e quando avevano
incontrato Spanner e Irie nel loro tempo...
Passarono come un lampo nella sua mente le
immagini delle due ragazze intente a lambiccarsi su uno striscione di modo da
scrivere in inglese una frase di benvenuto per il giovane meccanico.
Col passare del tempo, da cotta amorosa, senza che
se ne fosse accorto, il suo cuore aveva tramutato la figura di Kyoko in quella
di una fidata sorellina.
“Ascoltami, Tsu-kun. Anche tu, Natsu-kun. Voi
provate qualcosa di meraviglioso per Hayato-kun e Uri-kun, e non è bello
negarlo. Se avete paura di ammetterlo davanti a me, o davanti agli altri, non ci
sono problemi, ma non negatelo a voi stessi. Se poi vorrete metterci a parte di
certe cose, noi siamo pronti ad ascoltarvi e ad aiutarvi in ogni modo possibile.
Quello che voglio dire è che non dovete nascondervi.”
Il discorso incredibilmente maturo della rossa, se
possibile, gettò ancora più nel panico i due ragazzi, le cui espressioni confuse
fecero ridere Kyoko di gusto.
“Grazie, Kyoko-chan.” esclamò all'improvviso
Tsuna, guardandola con fermezza e serenità: “E... non abbiamo paura di dirvi le
cose come stanno, sul serio. E' solo che...”
“Siete confusi, e lo capisco. Ma voglio che
ricordiate che, se avete bisogno, noi ci siamo.”
Natsu le poggiò la testa in grembo, accoccolandosi
come era solito fare nella sua forma animale.
“Kyoko-chan, è tardi per te. Perchè non resti a
dormire qui? In camera dei ragazzi c'è ancora un mucchio di spazio e un futon lo
si può sempre rimediare!” trillò Nana dabbasso.
§§§
“Cosa cazzarola fate qui voi tre?!” brontolò
Hayato, osservando con stupore le figure dei tre della Pioggia stagliate sulla
porta di casa sua.
“Siamo venuti in visita!” esclamò Yamamoto con
entusiasmo, lasciando che Kojiro si gettasse tra le braccia di un Uri
insonnolito: “Pensavamo che avreste avuto bisogno di una sana chiacchierata tra
amici!”
“Non c'è bisogno di nulla...” borbottò l'argenteo,
lasciandoli però entrare prima di chiudersi però la porta di casa alle spalle:
“Haya-chan, non raccontare bugie!” esclamò in falsetto Takeshi, cingendogli le
spalle con un braccio, “Sembravi molto abbattuto oggi e quindi ho chiesto aiuto
a papà! Se non avete ancora cenato, che ne dite di questo?” e così dicendo,
mostrò un involto dalla forma familiare.
“Tsuyoshi-papa ha preparato quei bento apposta per
tutti noi!” annunciò Kojiro dalle braccia di Uri, che faticava enormemente a
tenere fermo il piccoletto.
“Siamo qui per farvi un discorsetto.” proseguì
Jiro, prendendo il fratellino e caricandoselo in spalla: “A proposito di Natsu e
Tsunayoshi.”
Le orecchie dei due della Tempesta si rizzarono:
che fosse accaduto loro qualcosa?
“Rilassatevi, vogliamo solo parlarvi” rise
Takeshi, notando le loro espressioni: “Ma prima...” il ghigno sulle sue labbra
divenne, se possibile, ancora più definito mentre si sporgeva, premendo con
forza su quelle di Gokudera mentre Jiro faceva lo stesso con Uri.
Nessuna reazione da entrambi.
“C-C-Cosa cazzo era?!” sbraitò Gokudera, saltando
seduto e guardando il compagno con aria a dir poco sconvolta: “MANIACO DEL
BASEBALL! Cosa accidenti ti sei messo in testa?!”
Con eleganza, Yamamoto e Jiro evitarono per un
pelo i rispettivi compagni, mandandoli a cozzare contro la parete mentre Kojiro
se la rideva come un matto: “Non avete sentito nulla?” interloquì la Box,
dondolandosi sui talloni, “Oppure avete sperato che al nostro posto ci fossero
Natsu e Tsunayoshi-bocchan?”
“TACI!” Uri era paonazzo.
“Lo prendo come un si. E allora perchè non vi
siete ancora fatti avanti?” lo spadaccino incrociò le braccia al petto: “NON
SONO AFFARI CHE VI RIGUARDANO!” Gokudera era ancora più scarlatto della sua Box,
sembravano aver assunto la tinta delle loro Fiamme.
“Uri-niichan, non è bello dire bugie!” lo
rimproverò Kojiro: “Se ti piace Natsu-nii, perchè non glielo dici e non vi fate
le coccole come Roll-nii e Mukurou-nii?”
La disarmante ingenuità del piccolo fece balzare
il cuore in gola a entrambi i ragazzi.
“Ben detto cucciolotto, rispondete su!” ridacchiò
Jiro sotto i baffi.
“Che senso avrebbe?” borbottò Hayato, lasciandosi
cadere sul divano: “E' palese che il Decimo sia innamorato di Sasagawa, e certo
non posso cambiare questo stato di cose.” era amareggiato l'argenteo, ma di
sicuro non si sarebbe tirato indietro: lui amava Tsunayoshi Sawada e se anche
non poteva averlo come realmente desiderava, non per questo l'avrebbe lasciato.
“Non ti facevo così vigliacco, sai?” la voce di
Yamamoto dalla cucina dove era andato a poggiare il pacco che s'era portato
appresso: “Perchè non fai un tentativo? Stiamo parlando di Tsuna, credi davvero
che non ti starebbe almeno a sentire?”
“Take-nii ha ragione!” Kojiro era balzato sulle
ginocchia di Hayato, aggrappandosi alla sua vita e poggiando i capelli tutti
spettinati sul petto dell'argenteo avvolto dal pigiama: “Però adesso mangiamo!”
disse, gonfiando le guance fino a somigliare più a un criceto che alla Rondine
che effettivamente era.
“Fatemi capire, siete venuti qui unicamente per
dirci questo?” Uri era stupito, e un poco imbarazzato: non aveva mai avuto
esperienza di una cosa del genere, non nella sua forma animale, e doveva
ammettere che era una sensazione piacevole il calore che andava diffondendosi
nel suo petto.
“Ovviamente.” gli sorrise di rimando Jiro,
accarezzandogli la testa con affetto fraterno: “Siamo amici, no?”
Hayato non disse nulla ma, prendendo in braccio
Kojiro, si avviò verso la camera da letto.
“Dove stai andando?” gli chiese Yamamoto, mettendo
la testa fuori dalla cucina.
“Dovrete pur dormire da qualche parte, no? Ho dei
futon di riserva in dispensa.” nell'ombra non si poteva vedere ma Takeshi era
quasi sicuro che Hayato stesse sorridendo.
“Va bene. Ma sbrigati, che è pronto.”
E mentre la Tempesta e il piccolo della Pioggia
sparivano nel buio del corridoio, il cellulare in tasca allo spadaccino prese a
vibrare: la busta che lampeggiava nella parte più alta dello schermo segnalava
l'arrivo di una mail, il cui mittente strappò un sorriso al moro.
Forse sono riuscita a convincere Tsu-kun e
Natsu-kun a fare un tentativo. Il fratellone ha detto che convincerà Hibari a
non picchiarli se saltano la prima ora di lezione mentre Roll-kun e Garyuu-kun
si assicureranno che nessuno li disturbi, hanno detto che ci penseranno loro a
trovare una scusa per spingerli a salire sul tetto. Resto a dormire da Tsu-kun
stanotte.
“Kyoko-ojou-sama ce l'ha fatta?”
Jiro era comparso all'improvviso alle spalle del
suo padrone, con la testa poggiata sulla sua spalla in evidente ricerca di
coccole come quando era un Akita.
“Esatto. E rimane anche a dormire da Tsuna. Ci
penserà lei a farlo arrivare in orario domattina, noi dovremmo unicamente
portare Hayato e Uri a scuola mentre a convincerli a salire sul tetto ci
penseranno Roll e Garyuu in qualche modo.” rispose con soddisfazione Yamamoto,
armeggiando con i tasti del telefono cellulare: il piano che avevano
architettato stava procedendo alla perfezione.
Fantastico, io sono da Gokudera stanotte, e con me
ci sono anche Jiro e Kojiro. Contiamo su di te.
§§§
“Kyoko ha detto che resta da Sawada.” annunciò
Ryohei, rientrando nella sua camera dove Garyuu lo aspettava con impazienza: “La
sorellina è in gamba all'estremo! Con lei nella squadra, non potremo fallire!”
la Box era sinceramente convinta di ciò che stava dicendo, riponeva una grande
fiducia in Kyoko, la stessa che riponeva nel suo padrone, mista alla tenerezza
di fratello maggiore che sentiva montare in sé ogni volta che la ragazzina dai
capelli rossi gli si avvicinava.
“Roll dice che farà di tutto per rendere felice
Natsu.” aggiunse il Canguro, incrociando le braccia al petto: “E convincerà il
suo padrone ad aiutarci.”
“Kyokugen! E' fantastico! Siamo a cavallo!” urlò
entusiasta il Sole.
“Ha anche aggiunto che Yamamoto si occuperà di
Testa-Di-Polipo.” il pugile era su di giri come non mai: “L' AMORE È UNA COSA
MERAVIGLIOSA!” gridò, spalancando le braccia e alzandole verso il soffitto, “Lo
è anche l'amicizia.” notò con un sorriso Garyuu, seduto sul futon.
§§§
Trascorse la notte, arrivò l'alba, e quando, dal
palazzo dove Hayato Gokudera viveva, uscirono i due Guardiani, seguiti dalle
Box, il sole era sorto da poco e tutti sbadigliavano assonnati; si diressero
verso Nami-chuu perchè la Pioggia aveva gli allenamenti mattutini, così come i
due fratelli, mentre Uri...
Beh, Uri era letteralmente un fascio di nervi, si
era rigirato nel futon tutta la notte, e così anche il suo Padrone, benchè
nessuno dei due avesse il coraggio di confessarlo.
Semplicemente, avevano preso la palla al balzo e
seguire i compagni a scuola era forse la distrazione migliore per i loro
pensieri, concentrati unicamente su un solo argomento, o meglio su due persone.
Scene simili di accoppiate simili, nel frattempo,
si verificavano in altri angoli del quartiere: da casa Sasagawa, dove Ryohei e
Garyuu si affannavano per raccattare le loro cose e sfrecciare a scuola a tutta
velocità, ad una anonima casa nei pressi della scuola, da cui il piccolo Roll,
timidamente, usciva, stretto nelle spalle, fino a casa Sawada, dalla quale
Kyoko, tirandosi dietro due assonatissimi Natsu e Tsuna, era uscita a passo
svelto.
I due pugili furono i primi ad arrivare, di corsa
e gridando.
“Roll!” si sbracciò il Canguro, gettandosi
praticamente al collo del Riccio: “Ben arrivati.” sorrise debolmente il
piccoletto, stretto nel maglione troppo largo e con la borsa a tracolla
strapiena, “Ho convinto Kyoya-dono.” annunciò lui con una vocetta sottile, “Farò
tutto ciò che potrò per Natsu-nii.”
Ryohei gli scompigliò i capelli: “Sei sicuro di
stare bene?” chiese con apprensione: “Non sembra che tu abbia dormito tanto
stanotte.”
Roll sorrise appena, sfregandosi l'occhio: “In
effetti non è stata una gran notte...” ammise con un sospiro stanco, “Ma non
rovinerò tutto per questo, ve lo prometto.”
“Non siamo preoccupati per questo, dico sul
serio.” disse Garyuu severamente: “Sicuro di non volerti riposare un po' da
qualche parte? Finchè Kyoko-nee e gli altri non arrivano, abbiamo un po' di
tempo.”
Ma il ragazzino scosse la testa con decisione:
“Davvero, sto bene.” sorrise rassicurante la Box della Nuvola: “Adesso andiamo,
d'accordo?”; i due del Sole annuirono, Garyuu cinse affetuosamente le spalle di
Roll e il gruppetto andò a sedersi in un angolo del cortile, riparato e
all'occorrenza nascosto per evitare di farsi vedere da occhi indiscreti.
Chiacchierarono nervosamente per qualche minuto
poi, dalla strada, arrivarono le grida allegre e inconfondibili dei due fratelli
della Pioggia; Roll alzò la testa speranzoso, subito imitato da Ryohei e Garyuu,
e finalmente i due comparvero.
“Venite, venite!” esclamò con entusiasmo Kojiro,
afferrando Garyuu per il polso: “Venite!” li spronò, “La sorellona Kyoko ha
detto a Takeshi-nii che stanno arrivando!”
Ci fu un momento di autentico panico generale, poi
tornò la calma, anche se a fatica.
“Io vado estremamente a nascondermi!” esclamò
Ryohei, saltando giù dal muretto: “Mi fido di voi, ragazzi!” gridò solennemente
prima di scappare via; le quattro Box si guardarono negli occhi, erano
visibilmente tese ma sapevano che ormai non potevano tirarsi indietro, e neppure
volevano, in realtà.
Roll prese un respiro profondo: “Andiamo”.
§§§
“Kyoko-chan, ripetimi perchè siamo qui così
presto...” si lamentò Tsuna, sfregandosi gli occhi stancamente.
La rossa sorrise accondiscente: “Perchè il
fratellone mi ha chiesto di venire qui con voi, perchè c'è bisogno del vostro
aiuto.” spiegò con pazienza lei, sistemandosi la gonna, “Datemi le cartelle, ve
le porto in classe. Voi andate a cercare il fratellone!” rise la ragazza,
tendendo le braccia per prenderle.
I due ragazzi si guardarono dubbiosi per un attimo
ma poi passarono le borse a Kyoko: “Sicura di farcela, Kyoko-nee?” chiese Natsu.
Lei annuì, caricandosele con facilità in spalla:
“Nessun problema, ma voi sbrigatevi.” e così dicendo la ragazza s'incamminò a
passo svelto verso l'interno dell'edificio.
Il Decimo e la Box rimasero lì immobili sul
piazzale, in attesa di qualcosa, o di qualcuno che dicesse loro cosa accidenti
fare.
“Sawada-sama!”
Come se lo avessero chiamato, Garyuu balzò loro
davanti, esagitato come al solito, e forse anche di più: “Venite, venite!
Seguitemi!” gridò lui, “Vi stavamo aspettando!”
“Ma che sta succedendo?” chiesero i due ragazzi
praticamente in coro.
“Vedrete, vedrete! Ma dobbiamo sbrigarci!” li
spronò: “Seguitemi!”
Tsuna e Natsu, pur se pieni di dubbi e incertezze,
seguirono il pugile all'interno dell'edificio scolastico e poi su, su, su per le
scale fino alla porta che conduceva al tetto: e il Super Intuito di Tsuna non
era d'accordo, decisamente.
“G-Garyuu-kun...” azzardò il Cielo, avvicinandosi
al Canguro che stava armeggiando con il lucchetto della porta: “Cosa...” ma non
ebbe neppure il tempo di finire perchè lui e Natsu vennero letteralmente
catapultati fuori.
Ruzzolarono per qualche metro sul terrazzo,
ritrovandosi a fissare il cielo azzurro della prima mattina, poi cercarono di
rimettersi seduti ma ciò che videro mozzò loro il respiro: perchè Garyuu stava
chiudendo la porta? E perchè il lucchetto era stato richiuso?
Inspiegabilmente, cominciarono a tremare
spaventati.
Si precipitarono alle balaustre ma sotto non c'era
nessuno, il piazzale era deserto.
“Chiamiamo qualcuno!” esclamò Natsu nel panico,
annaspando per cercare in tasca il cellulare. Poi ricordò...
“Li abbiamo lasciati in cartella...” gemette
Sawada, cadendo in ginocchio.
“Vorrei capire cosa gli sia preso...” balbettò
sconvolto Natsu, sedendosi accanto al padrone: “Giuro che non so cosa stia
architettando...”
“Non lo so neppure io, ma prima è meglio se
cerchiamo un modo per uscire di qui... Non ho preso neppure i guanti stamattina,
accidenti... Reborn mi ucciderà...” Tsuna tremava solo a pensare ciò che il
tutor gli avrebbe fatto una volta scoperto il guaio in cui si era cacciato,
senza sapere che, in realtà, l'hitman lo sapeva benissimo, in effetti li stava
perfino osservando con il suo sorrisetto sardonico, mentre caricava il fucile.
“Vediamo fino a che punto riescono ad arrivare.”
§§§
“Uri! Gokudera-dono!”
La voce insolitamente alta di Roll mise subito in
allerta i due della Tempesta, che stavano distesi a sonnecchiare su una delle
panchine del campo da baseball, in attesa che un certo fissato finisse i suoi
allenamenti mattutini.
Ma quando il piccolo della Nuvola li raggiunse,
trafelato e con l'aria di chi aveva appena visto un fantasma, anche Yamamoto
lasciò perdere gli inning e li raggiunse.
Roll si era cambiato – indossava nuovamente la
divisa, linda e pinta, e la fascia del Comitato attorno al braccio – ma sembrava
veramente fuori di sé: “Respira!” gridò Uri spaventato, teneva la propria mano
sulla sua schiena per rassicurarlo: “Respira con calma... Danna, prendimi la
bottiglietta.”
Se in condizioni normali Hayato si sarebbe
opposto, in quella situazione semplicemente sbuffò e andò a frugare nella borsa
della propria Box.
Quando Roll ebbe ingollato metà bottiglietta, il
suo respiro tornò regolare.
“Tsuna-dono e Natsu-nii sono nei guai!” annunciò
con tono terrorizzato e gli occhi sbarrati: “Sono rimasti bloccati sul tetto e
la porta è rotta! Non riesco a farli scendere!”
“Aspetta... Hai detto sul tetto? E che ci facevano
lassù?!” chiese Uri preoccupato.
“Ryohei-dono aveva bisogno del loro aiuto... Ma
qualcosa dev'essere andato storto... Natsu dice che Tsuna-dono ha battuto la
testa e...”
Non ebbe neppure finito la frase che Box e padrone
erano già sfrecciati all'interno.
“Non l'avrai caricata un po' troppo come bugia?”
Alle sue spalle, comparvero i due della Pioggia
accompagnati da Kyoko e dal fratello.
Ma Roll scosse la testa:”Assolutamente no. Li
conosco, ci sono poche cose che li fanno scattare in questo modo.” ridacchiò
imbarazzato lui.
Kyoko annuì: “Ha ragione, ci tengono moltissimo
gli uni agli altri, ed è il momento che la cosa si sistemi una volta per tutte.”
decretò lei con semplicità.
Yamamoto scoppiò a ridere sonoramente,
abbracciando idealmente tutti loro e fisicamente Kyoko e Roll: “Siete stati
grandi, davvero, anche te naturalmente, Garyuu!” e attirò anche la Box del Sole
nel proprio abbraccio.
“Ora però andiamo!” esclamò la rossa, sgusciando
dalla stretta della Pioggia: “Voglio arrivare fino in fondo a questa storia.”
§§§
“JUUDAIME!”
Totalmente nel panico, Hayato scardinò la porta
del tetto con una spallata e con Uri alle calcagna, e si ritrovò davanti allo
spettacolo più agghiacciante della sua vita: il Decimo era sdraiato a terra,
scomposto, con Natsu disteso al suo fianco.
“JUUDAIME!” “NATSU!”
I due della Tempesta si gettarono addosso ai due
corpi inermi, prendendoli tra le braccia nel tentativo di rianimarli: “Cos'è
successo?!” gridò Uri, letteralmente terrorizzato, “Stupido gattaccio,
svegliati!” disse, scrollando con veemenza la Box del Cielo.
“Non possono aver preso una botta così forte!”
sbottò Hayato, slacciando la cravatta e i primi bottoni della camicia del suo
Boss.
Forse fu quel contatto così inaspettato a
ricondurre Tsuna tra i vivi, o forse qualcos'altro – magari l'effetto del
misterioso proiettile con cui Reborn li aveva bersagliati solo pochi minuti
prima- perchè il Cielo cominciò a tossire e ad aggrapparsi al collo del suo
Guardiano mentre Natsu faceva esattamente lo stesso con la controparte Box.
“Juudaime! Stai bene?!” esclamò terrorizzato
l'argenteo, poggiando la testa del bruno sulle proprie ginocchia: “Che vi è
successo?” chiese, era nel panico più totale, poteva sentire il proprio cuore
battere all'impazzata con quello di Uri accanto a sé.
I due mugolarono, piegandosi in avanti e
massaggiandosi la nuca.
“Gattaccio, porta Natsu a sciacquarsi il viso alla
manichetta dell'acqua là dietro.” ordinò Hayato, sorreggendo Tsuna.
Senza farselo ripetere, la Box sorresse il proprio
Boss e lo portò via, sussurrandogli all'orecchio qualcosa: era incredibile il
cambiamento che avveniva in Uri ogniqualvolta veniva coinvolto Natsu.
Più o meno lo stesso che capitava ad Hayato se al
posto di Natsu c'era Tsuna.
“G-Gokudera-kun...” biascicò a fatica Sawada, che,
sorridendo appena nel vedere l'argenteo sopra di sé, era visibilmente
sollevato; la Tempesta lo aiutò a mettersi seduto, spiandone il volto pallido e
tirato: “Tutto bene?”
Dovevano stare bene, dovevano.
“Si... Deve averci colpito qualcosa...” biascicò
il ragazzo, massaggiandosi la nuca dolorante: “Natsu?”
Hayato sorrise - un qualcosa di molto simile al
rassicurante sorriso che lo aveva accolto al risveglio nel Futuro, dopo lo
scontro con Nozaru e Tazaru – ad uno Tsuna ignaro che qualcuno li stesse
osservando, ed ignaro che il tetto fosse pesantemente sorvegliato da almeno otto
paia d'occhi e da un potentissimo binocolo.
“Non spingere, Kojiro-kun...” bisbigliò Kyoko,
bilanciandosi contro il muro da dietro un angolo: “O ci scoprono.”
Da dietro la rossa, comparve la testolina
arruffata della Rondine e, accanto a lui, quella di Roll: “Scusami, Kyoko-nee!”
il piccolo era veramente esagitato, più del solito, “Jiro-nii, come va lì?”
chiese, rivolgendosi al fratello che sbirciava l'altro lato del tetto a pochi
passi da sé.
Il maggiore ridacchiava tra sé e sé: “Va bene,
benissimo, vieni a vedere.” sogghignò lui, invitando il minore ad avvicinarsi.
Kojiro scivolò al suo fianco, sorridendo nel
vedere Natsu stretto stretto a Uri: “Speriamo che Tsuna-dono e Hayato-dono si
sbrighino, voglio vederli assieme.” sospirò con tono sognante.
“Se non riusciamo a farli ragionare, dopo tutta la
fatica fatta, non saprei in quale altro modo agire...” notò Kyoko, venendo
subito abbracciata da Ryohei: “Io sono sicuro all'estremo che Sawada e
Testa-Di-Polipo si metteranno assieme! E se non lo fanno, li prendo a pugni!”
annunciò con solenne entusiasmo.
“S-Sono perfetti per stare assieme.” balbettò
Roll, arrossendo visibilmente.
“Mi stupisco che non si siano svegliati prima,
comunque.” esclamò Takeshi, incrociando le braccia dietro la testa.
Malgrado le comari che ciarlavano a pochi passi da
loro, Uri e Natsu non si staccarono né si accorsero di nulla: semplicemente
erano abbracciati, con le teste che si toccavano e i capelli che si mischiavano
tra loro in una macchia vivida di colore, che splendeva al Sole.
Non avevano parlato, non ce n'era stato il tempo
in realtà: quando l'acqua aveva rianimato il Leone del Cielo, semplicemente il
Gatto Tempesta gli aveva gettato le braccia al collo.
Sulle prime, il rosso, ancora frastornato per
l'improvvisa botta presa alla testa di cui ignorava la natura e il responsabile
– responsabile che non si perdeva un attimo dello “spettacolo” dalla sua
posizione privilegiata e che sogghignava da sotto il suo fedora nero – ma gli
piaceva stare in quella posizione.
Erano entrambi inginocchiati a terra e Natsu
stringeva con forza il pugno attorno a un lembo della divisa di Uri, il cuore
che gli esplodeva nel petto per l'emozione.
Lo stesso stava accadendo a Tsuna.
“G-Gokudera-kun...” bisbigliò all'improvviso il
bruno, staccandosi dall'argenteo: “Voglio chiederti una cosa importante...”
La Tempesta annuì, scostandosi a propria volta e
sedendosi giusto di fronte a lui: “Sono tutto orecchi.”
Purtroppo, Tsuna non si sentiva più tranquillo ma
con un respiro profondo cercò di ritrovare la calma: doveva parlargli, doveva
levarsi quel peso dal cuore.
Ma come?
Stava cercando di trovare le parole giuste quando
sentì distintamente un peso morbido spingerlo in avanti: non potè evitare di
cadere tra le braccia di Hayato, e di toccare le sue labbra con le proprie.
Da dietro il muro, Roll esultò mentre Hibird
tornava alla base, sulla spalla di un Hibari improvvisamente apparso in mezzo al
gruppo.
I visi di entrambi diventarono scarlatti per
l'imbarazzo, ma nessuno dei due sembrava avere intenzione di staccarsi, le loro
labbra erano rimaste incollate le une alle altre, cosa che stava accadendo
ugualmente a Natsu e Uri benchè, nel loro caso, non fosse stato necessario
l'intervento di una palla di piume morbida e gialla.
Dall'abbraccio in cui si erano stretti al bacio il
passo era stato breve, brevissimo.
E una parte del piano era finalmente andata.
“Se l'erbivoro non si sbriga, giuro che lo mordo a
morte.” decretò il Guardiano della Nuvola.
“Gli hai dato un ottimo aiuto, Hibari.” giurò
Ryohei.
“S-Scusa...” Tsuna sembrava sul punto di svenire
dall'emozione e dall'imbarazzo: “S-Scusami!” esclamò, con la voce di parecchie
ottave più alta, “S-Scusami!”
Da parte sua, Hayato era decisamente sbalordito
per la rapida successione degli eventi, ma la notte trascorsa con Yamamoto e gli
altri aveva fatto chiarezza in lui, lo aveva spinto a prendere la decisione e
non aveva intenzione di perdere la forse unica occasione della propria vita.
A quel punto, l'unica cosa da fare era prendere
l'iniziativa.
E lo fece.
Come prima, lo abbracciò ma questa volta il
contatto con le labbra del Cielo, sottili e mordicchiate per il nervoso, fu
volontario, almeno da parte sua.
E ricevette una debole ma sentita risposta da
Tsuna, una risposta che, per il futuro, faceva ben sperare.
NOTE:
E continua la fiera dei titoli idioti per i
capitoli, partoriti da una mente perversa nel mentre di una full-immersion di
Dottrine Politiche, Geronimo Stilton in tv e The Sentinel... Ma finchè qualcuno
non si lamenta, la fiera continuerà allegramente.
Mi scuso per il mio silenzio forzato ma, dico sul
serio, ho avuto un certo numero di problemi di ogni tipo che mi hanno impedito
di proseguire questo capitolo, fermo da un paio di mesi alla parte di Kyoko...
Anche se le idee per lo svolgimento erano tante e variegate (Come la mia beta ha
sottolineato, i Vongola sono un'agenzia matrimoniale, altro che Famiglia
mafiosa)
Ora però è concluso e, a partire dal prossimo,
vedremo di tirare in mezzo altre coppie. E chissà, magari anche qualche ospite
speciale... Sbaglio o qualcuno aveva richiesto l'intervento di un certo felino
di proporzioni abnormi?
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Di Mattinate Movimentate e Pranzi Inaspettati ***
Nuova pagina 1
BOX
HUMAN
CAPITOLO 6
DI
MATTINE MOVIMENTATE E PRANZI INASPETTATI
A
Tsuna batteva forte il cuore, con tanta intensità che, per un attimo, ebbe
seriamente l'impressione che questi tentasse la fuga dalla sua cassa toracica
per saltellare in giro come una palla.
Aveva anche il respiro accelerato e certo il stare con il viso immerso
nell'incavo del collo di Hayato non lo aiutava a mantenere la calma, anzi, se
possibile, lo agitava ancora di più e, a mano a mano che i secondi passavano, si
sentiva sempre meno ancorato alla realtà.
Si
sentiva ancora le labbra tiepide e la bocca improvvisamente si era seccata per
l'emozione...
A
malapena riusciva a riconoscere le braccia che lo tenevano stretto, figuriamoci
la voce preoccupata che gli sussurrava all'orecchio: era felice, ma c'era
qualcosa che non andava, decisamente, si sentiva anche il viso in fiamme...
Che
si fosse preso l'influenza?
Tutto era possibile e, dato l'intontimento, anche probabile, se non certo.
Lui
e la sua sfortuna.
Riusciva a baciare, o meglio, a farsi baciare da Hayato e scopriva al contempo
di essersi beccato un malanno.
Ci
stava comodo in quella posizione, perchè non farsi una dormita?
§§§
Quando Tsuna gli svenne tra le braccia, la prima reazione della Tempesta fu di
panico totale.
“Juudaime!
Che succede?!” gridò il ragazzo, scuotendo delicatamente il compagno prima di
stenderlo a terra e slacciargli la cravatta della divisa; poi, cominciò a
esaminarlo alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa che gli facesse capire cosa
stava succedendo, ed era talmente preso da non accorgersi minimamente dei
borbottii agitati che provenivano dalle sue spalle, delle voci spaventate e del
rumore di passi in corsa.
Si
accorse della presenza degli amici solo quando Kyoko, china su Tsuna, gli passò
sul volto rubizzo il proprio fazzoletto da tasca.
“Cos'ha?!”
chiese Natsu con voce spaventata, talmente spaventata da costringere l'argenteo
ad alzare lo sguardo per sincerarsi che stesse bene: lo vide abbracciato a Uri e
non potè non sorridere, sinceramente contento. Non sapeva perchè ma era conscio
che andava bene così, e se anche Uri lo faceva arrabbiare ed era irrispettoso
nei confronti del suo padrone, questi desiderava lo stesso che fosse felice.
“Non
è che...?” azzardò debolmente Jiro, che seguiva Yamamoto assieme al fratello.
“Tsuna
è svenuto come una ragazzina al suo primo bacio.”
La
voce divertita di Reborn fece sobbalzare tutti e Ryohei riuscì appena in tempo
ad afferrare l'Arcobaleno prima che questi atterrasse poco gentilmente addosso a
Tsuna: “Cosa intendi, Reborn-chan?” chiese Kyoko con tono apprensivo.
L'hitman sogghignò da sotto il fedora: “Dico che quello con Gokudera è stato il
primo, vero bacio di Tsuna e che l'emozione è stata troppa per lui.” sfottè il
tutor.
Le
sue parole fecero cadere un silenzio imbarazzato sull'intero gruppo, perfino
Hibari sembrava sorpreso mentre Gokudera...
Gokudera aveva assunto una tinta spaventosamente scarlatta.
“E
bravo Testa-di-Polipo!” esclamò Garyuu con entusiasmo, dandogli una energetica
pacca sulla spalla, così forte da sbatterlo quasi a terra: “Danna, devo farti i
miei complimenti. Lo riconosco. Solo tu puoi far svenire Juudaime-sama per un
bacio.” sghignazzò Uri, beccandosi al contempo un pizzicotto sul fianco da parte
di Natsu.
Takeshi ridacchiava mentre metteva sotto la testa di Tsuna la propria giacca
della tuta e i due fratellini della Pioggia correvano a riempire la bottiglietta
d'acqua.
“SAWADA!
DEVI ESTREMAMENTE SVEGLIARTI!” gridò Ryohei, scrollando Tsuna per le spalle: “I
VERI UOMINI NON SVENGONO PER UN BACIO!”
Gokudera scoccò un'occhiataccia al pugile e l'avrebbe anche colpito volentieri
con un pugno se non fosse stato per il lieve movimento che vedeva sotto le
palpebre del Decimo.
Che
si stesse...
Con
delicatezza - Roll gli aveva fatto spazio - l'argenteo sollevò il Cielo per
fargli posare la testa sul suo grembo, le sue dita correvano sulle guance
imporporate del Boss e sulle sue labbra.
Fu
lo schiarirsi della voce di Uri a riportarlo alla realtà, nel modo peggiore e
più imbarazzante.
“Ehm,
Danna... Non vorrei rovinarti il momento ma, se hai intenzione di insidiare
Juudaime-sama, almeno fallo in un'aula vuota e alla fine delle lezioni! Non a
meno di mezz'ora dal loro inizio e davanti a noi.”
L'argenteo non ebbe però il tempo di alzarsi e dargli una lezione come voleva
perchè, finalmente, le palpebre di Tsuna si sollevarono, mostrando i suoi occhi
grandi e annebbiati, e facendo sospirare di sollievo la Tempesta, che lo sistemò
meglio sulle proprie gambe mentre questi sorrideva appena.
“G-Gokudera-kun...”
bisbigliò con espressione quasi ebete e confusa: “Devo avere la febbre... Mi
sento il viso bollente...” balbettò.
“Niente
febbre per te, Tsuna!” annunciò allegramente Takeshi, passando ad Hayato
l'acqua: “Yamamoto-kun ha ragione, Tsu-kun.” disse Kyoko, comparendo accanto a
loro con un sorriso affettuoso e comprensivo.
Mentre l'acqua veniva gentilmente versata nella sua gola, e le mani della
Tempesta lo tenevano fermamente poggiato contro il petto, la testa a poco a poco
si snebbiava e infine Sawada cominciò a ricordare.
Il
bacio con Gokudera-kun, al solo pensarci si sentiva leggero e gli formicolava lo
stomaco...
Le
guance bollenti...
Il
respiro affannato...
Non
poteva essere svenuto per... quello, vero?
“Sei
il solito DameTsuna.” lo sfottè la voce di Reborn: “Riesci finalmente a
dichiararti e perdi i sensi perchè sei una donnicciola.”
“Reborn-dono...
Anche io sono svenuto quando... M-Mukurou mi ha baciato la prima volta... M-Ma
e-ero felice...” fece notare Roll da un punto imprecisato alle loro spalle.
Hibari, a quell'affermazione, divenne terreo.
Jiro sorrise, abbracciando il piccolo: “Racconta le cose come stanno,
Puntaspilli.” sghignazzò Uri, “Dì che il Gufastro ti ha bloccato in un angolo e
non ti ha lasciato andare finche non è riuscito a strappartelo, quel bacio. C'è
voluto Gyuudon per tirartelo via di dosso. E sei rimasto imbambolato a fissare
il vuoto con quell'aria ebete per parecchie ore prima di svenire
definitivamente. E ancora non sappiamo cosa voi due abbiate fatto quella sera
perchè non vi si trovava più, da nessuna parte.”
Kojiro si avventò su Roll, aggrappandosi alle sue spalle: “Smettila,
Uri-niichan. Perchè devi sempre prendere in giro Roll se vuole bene a Mukurou e
se si fanno le coccole?!” la Rondine sembrava veramente irritata, il suo
pugnetto si agitava in aria con veemenza e l'aria corrucciata era tenera a
vedersi.
Il
Gatto Tempesta sospirò scuotendo la testa e voltando il viso: “E che saranno mai
un paio di battute... Non è che mi sono opposto alla loro relazione...”
“Uri
ha ragione, lui è stato il primo a supportarli quando la cosa è saltata fuori,
ricordate?” notò Jiro con pazienza.
“Vero,
adesso capisco estremamente il perchè.” Garyuu mosse un passo in avanti verso i
due piccioncini con un sorriso furbetto dipinto in volto: “Perchè il miciastro
avrebbe voluto fare la stessa cosa con il nostro capo, non è vero?”
I
battibecchi tra le Box continuarono un po', sotto l'occhio, e l'orecchio,
stupito dei loro padroni ma a Tsuna faceva quasi piacere.
Non
sapeva come avrebbero affrontato quel discorso, né quando, ma stare con la testa
poggiata in grembo ad Hayato era la cosa che più desiderava, in quel momento.
La
campanella mandò a gambe all'aria ogni suo progetto e si ritrovò poco dopo
sballottato per ogni dove dagli amici, che l'avevano afferrato per le braccia e
tirato in piedi: nel vociante turbine di azioni che lo attorniava, l'unico punto
fermo era la mano di Hayato saldamente stretta alla sua, mano che non lo mollò
per tutta la discesa lungo la scala, che non lo mollò per tutto il viaggio verso
l'aula e che solo lì si decise a mollare la presa, restando però a distanza
particolarmente ravvicinata.
Timidamente, Tsuna allungò le proprie dita per sfiorare quelle dell'altro,
ottenendo un sorriso compiaciuto e lievemente imporporato sulle guance.
“Noi
andiamo, Tsuna.” annunciò Natsu, una volta giunti di fronte all'aula dei
Guardiani più giovani, anche lui sembrava felice mentre stava praticamente
abbracciato a Uri: “Ci vediamo a pranzo, d'accordo?” li salutò Takeshi – dire
che la Pioggia fosse di buonumore era eufemistico – mentre Ryohei, già lontano
con Garyuu, urlava quanto fosse meraviglioso l'amore a ogni persona che aveva la
sfortuna di trovarselo sul proprio cammino.
Scuotendo la testa sconsolato, Jiro si rivolse a Roll: “Pensi che Hibari-bocchan
voglia venire a pranzare con noi? Papà ha preparato qualcosa anche per lui.”
Il
piccolo della Nuvola arrossì e abbassò lo sguardo: “In realtà... Oggi non posso
venire a pranzo con voi... Non verrò neppure a lezione...” pigolò.
“E'
successo qualcosa?” si preoccupò Kyoko.
Roll annuì appena: “In verità... Mukurou mi ha invitato a pranzo... E Kyoya-dono
vuole venire anche lui...”
Una
bomba avrebbe fatto meno baccano delle grida quasi simultanee dei Guardiani e
delle Box.
“Tipo,
incontro tra suoceri?!” esclamò Natsu visibilmente spaventato.
“Ti
consiglio di prepararti, Puntaspilli. Probabilmente oggi Kokuyo salterà per
aria.” lo sfottè Uri, dandogli fraterne e quasi comprensive pacche sulle spalle.
“Se
solo ci fosse qui Gyuudon, lui saprebbe bene cosa fare...” gemette Jiro,
cercando di trattenere il fratellino che saltellava eccitato ovunque gridando
che “Mukurou-niichan e Roll-niichan mangiano assieme!”
“Ora
calmiamoci tutti!” la voce di Tsuna si alzò di parecchie ottave nel tentativo di
placare gli animi.
Una
volta ottenuto il suo scopo, il bruno sospirò sollevato per la pace riottenuta,
poi si avvicinò a Roll, accarezzandogli la testolina spettinata: “Io sono sicuro
che andrà tutto bene. Ho un po' di paura per quello che Hibari-san e Mukuro
potrebbero fare se si trovano nello stesso posto ma...” e sollevò con un dito il
mento della piccola Box, “Sono certo che Hibari-san ti voglia bene e per questo
non credo che potrebbe fare qualcosa che possa danneggiarti.”
Gli
occhietti di Roll si inumidirono mentre gettava le braccia al collo del Decimo e
lo stringeva forte: “G-G-Grazie, Tsuna-dono... S-So che Kyoya-dono ha un
b-brutto carattere però...”
“Per
quanto lui e Mukuro non lo accettino, saranno comunque miei Guardiani e, come
tali, penso di capire come ragionano. Ciò non toglie però che a volte facciano
veramente paura...” rabbrividì al pensiero dei tonfa del prefetto o delle
illusioni che la Nebbia utilizzava, o abusava, “Però sono sicuro che tutto andrà
alla perfezione.” lo congedò con una pacca gentile sulla schiena, “Ora vai, ma
poi devi farci sapere com'è andata.” intervenne Hayato, comparso al fianco di
Tsuna.
Roll sorrise, asciugandosi una lacrimuccia fuggiasca mentre scappava via
ringraziandoli.
“Andate
anche voi, ci vediamo dopo!” esclamò Takeshi, spingendo gli altri tre compagni
di classe all'interno dell'aula.
§§§
Nervosamente, Reborn mise via il fucile a pompa con cui aveva tenuto sotto tiro
per tutto il tempo il proprio allievo, concedendosi l'ombra di un sorriso nel
vederlo agire in quel modo con Roll: decisamente, stava imparando.
Ma
c'era un'altra cosa, molto più importante, che lo tormentava, e si trattava
della busta che aveva ricevuto solo pochi minuti prima, che recava il simbolo
del CEDEF, e della telefonata che aveva appena concluso con l'altro suo allievo,
decisamente impanicato e balbettante.
Com'era possibile che sia Alfin che Scuderia, le Box di Basil e Dino, fossero
sparite allo stesso modo di quelle dei Guardiani della Decima Generazione e dei
Varia?
E
perchè, pur essendo sparite allo stesso modo e praticamente nello stesso momento
– il rapporto del CEDEF, così come quello dei Cavallone, era giunto in ritardo
per problemi tecnici – a ricomparire erano state unicamente quelle di Tsuna e
degli altri?
In
quella storia c'erano troppi misteri e punti oscuri, quindi il Nono era stato
chiaro: proteggere il Decimo e i suoi compagni a ogni costo perchè, se erano
arrivati fino alle Box, era quasi sicuro che quei misteriosi nemici fossero una
minaccia non da poco anche per il giovane Boss.
Ovviamente, senza che questi sapessero nulla, non dovevano essere coinvolti.
E
francamente, Reborn era d'accordo.
Così come il Nono aveva espresso le proprie perplessità e paure in merito, anche
l'Arcobaleno temeva che potesse essere un boccone troppo grosso per quel
manipolo di ragazzi e, se lo sentiva lui, voleva dire che era veramente così.
“Prima
i Vongola Gear, poi le Box dei Varia e ora quelle di Basil e Dino... Credo che
sia il momento di intraprendere una piccola indagine in merito.”
§§§
“Gokudera-kun!”
La
voce dell'insegnante fece sobbalzare l'argenteo, che fulminò letteralmente con
lo sguardo la donna, che lo fissava con espressione imbronciata con il libro di
storia in mano: “Cosa c'è?” sbottò lui, visibilmente irritato.
“Solo
perchè hai i voti più alti di tutta la classe, non sei autorizzato a dormire
durante le lezioni oppure a distrarti.” lo rimproverò lei, mentre Tsuna e
Takeshi si scambiavano un'occhiata preoccupata.
Hayato sbuffò insofferente, raddrizzando la schiena e sistemandosi meglio gli
occhiali sul naso; poi, sul suo volto, comparve un sorrisino compiaciuto: “Mi
scusi, sensei, le sue lezioni sono molto interessanti però al momento ho ben
altro per la testa.”
“E
cosa, di grazia? Hai trovato l'amore?”
“Si
può dire così, sì.”
Sotto lo sguardo e le grida affrante della componente femminile della classe, e
le risate sotto i baffi di Kyoko e Takeshi, Hayato si voltò verso Tsuna,
sorridendogli appena e facendolo arrossire.
E
per fortuna nessuno si era accorto di nulla.
“Non
è possibile che Gokudera-kun si sia fidanzato!”
“Non
farti accalappiare dalle maglie dell'amore! Resta con noi!”
Sawada rabbrividì: da dove tiravano fuori certe frasi?
“Adesso
basta. Gokudera-kun, sono contenta che tu sia innamorato, però cerca di prestare
attenzione perchè è una parte importante del programma. Siamo intesi?” la
professoressa sorrise incoraggiante.
Hayato sbuffò ma annuì e si legò i capelli nella sua caratteristica coda.
Qualche minuto dopo, un piccolo aeroplanino di carta planò sul banco di Tsuna,
che riuscì ad acchiapparlo prima che cadesse a terra.
Dispiegatolo, il bruno lesse il messaggio che vi era scritto su, sorridendo
affettuosamente all'indirizzo di Takeshi e Kyoko, che sbirciavano verso di lui
con i pollici alzati.
Questa storia sta decisamente cominciando col piede giusto.
§§§
Vestito con la sua migliore divisa, lavata e stirata, il
piccolo Roll camminava in silenzio, con un pacchettino stretto tra le mani e lo
sguardo basso. Era quasi mezzogiorno e il sole era alto nel cielo e
caldo, ma non sudava per quello, piuttosto per l'ansia dell'incontro.
Da
quando lui e le altre Box si erano ritrovati in quella forma, non aveva più
avuto l'occasione di stare con Mukurou, e già era difficile che potessero stare
assieme prima di tutta quella storia estremamente ingarbugliata -sorrise tra sé
e sé mentre si trovava a pensare come Garyuu e Ryohei-dono- ma non avrebbe mai
pensato di trovarsi come invitato a pranzo a Kokuyo, di incontrare Mukuro-dono e
Chrome-dono al di fuori del campo di battaglia, e soprattutto come commensali
alla stessa tavola!
Con
un'occhiata nervosa, sbirciò Kyoya, che gli camminava accanto, a propria volta
in silenzio, coi tonfa sguainati e lo sguardo attento a ciò che lo circondava, e
non potè fare a meno di tremare spaventato.
Lui
voleva bene a Hibari-dono, era il suo padrone, Hibird era come un fratello per
lui; il prefetto lo viziava, lo coccolava e in generale lo stesso Roll lo aveva
abbastanza nelle proprie mani, anche se mai si era approfittato di questo loro
rapporto.
Il
piccolo della Nuvola voleva solo una cosa, e cioè che tutto andasse alla
perfezione e che Kokuyo Land non saltasse per aria, con tutti loro dentro.
Diamine, avevano entrambi una responsabilità: lui come Box Arma della Famiglia
Vongola e anche il suo padrone l'aveva, benchè piuttosto che ammettere di essere
il Guardiano della Nuvola della Decima Generazione si sarebbe mangiato i tonfa
completi di guarnizioni.
“Perchè
quella faccia?”
Roll si fermò, accorgendosi solo in quel momento che avevano percorso in un
attimo la lunga strada asfaltata e che erano giunti al cancello semidistrutto
che delimitava l'inizio del territorio di Mukuro e della sua banda, e alzò lo
sguardo smarrito sul suo padrone, anche lui tirato a lucido e con i capelli ben
pettinati.
“Perchè
quella faccia?” ripetè il ragazzo, avvicinandosi di un passo verso di lui, e
malgrado la voce quasi monocorde Roll poteva sentire la sua preoccupazione nei
propri confronti; il piccolo della Nuvola si morse il labbro inferiore,
chiaramente a disagio e con il respiro accelerato dall'ansia ma non sapeva come
e se poteva esternare le proprie inquietudini...
“H-Hibari-dono...
Io...” balbettò, tormentando il bordo della giacca della divisa: “Io mi chiedevo
se questo invito ti avesse irritato...” pigolò lui con gli occhioni viola pieni
di lacrime.
Visibilmente stupito dalla domanda, l'altro alzò un sopracciglio e abbassò di
qualche centimetro i due tonfa: “Perchè?”
“Perchè
non sembri felice di essere qui, perchè so che tra te e Mukuro-dono non corre
affatto buon sangue e perchè quando... q-q-quando Mukurou era c-con noi da
Sawada-dono...” arrossì nel ripensare al giorno della riunione a casa del Decimo
quando il suo... forse ragazzo era la parola più indicata, gli aveva leccato il
collo.
Si
era vergognato, all'inizio, però avere quei corpi umani, poter stare vicini e
“parlarsi”... Doveva ammettere che era molto più bello che stare nelle forme
animali con cui erano nati.
Non
le negava, solo pensava fosse più piacevole stare così...
Ansante, col fiato corto e imbarazzato per la piccola sfuriata, Roll abbassò lo
sguardo per evitare quello del suo padrone, non sapeva cosa dire, si vergognava
per aver reagito in quella maniera...
“Finalmente
vi siete degnati di arrivare, byon! Il pennuto mi stava facendo irritare e anche
la ragazzina!”
ANGOLO DEL LEMURE
Di
nuovo un grazioso cliffhanger, di nuovo una breve interruzione del mio
proverbialmente lungo silenzio. Ma vi giuro che non lo faccio apposta, è che ho
poco tempo e sono svagata, non riesco mai a decidermi a prendere in mano gli
appunti e a metterli a posto... Comunque, nel prossimo vedremo come và a finire
questo pranzo, come si gestiranno Decimo e Braccio Destro ma soprattutto...
Vedremo cosa stanno combinando alcune Box di nostra conoscenza. Scusatemi ma ho
dovuto spezzare il capitolo perchè altrimenti il ritardo sarebbe stato ancora
più lungo ç_ç
Lots of Love
Charlie
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 - Tra Kokuyo e Namimori ***
BOX
HUMAN
CAPITOLO
7
TRA
KOKUYO E NAMIMORI
Roll
sorrise appena, un poco intimorito, non appena Ken comparve nel suo
campo visivo, sentì il Guardiano della Nuvola al suo fianco
irrigidirsi e sperò con tutto il cuore che Chikusa si
sbrigasse ad
arrivare.
Il
ragazzo con la divisa sporca di cioccolato davanti a lui si
avvicinò
al pacco che teneva stretto tra le mani e cominciò ad
annusarlo
freneticamente: “Cioccolato!” esclamò
con entusiasmo quasi
animale.
“Ken,
datti una calmata. Non si accolgono così degli
ospiti.”
Chikusa,
arrivato in quel momento, afferrò il compagno per il
colletto,
tirandolo via e facendo spazio sia a Roll che ad Hibari, che venne
guardato in cagnesco da un Ken visibilmente a disagio e nervoso per
la sua presenza.
“Venite.
Chrome e Mukuro-sama vi stanno aspettando.” tra i due,
Kakimoto era
senza dubbio il più educato ed ospitale, malgrado il tono
monocorde,
e su questo Roll non aveva il minimo dubbio.
Si
era sempre chiesto come Chrome-neesan potesse sopportare Joshima,
evidentemente c'erano cose che lui, non essendo umano, non poteva
capire...
Seguendo
il sentiero tra gli alberi, all'ombra della piccola foresta, il
variegato quartetto si muoveva in silenzio, con il prefetto che non
aveva mollato un secondo il fianco della propria Box, che d'altra
parte era troppo tesa per accorgersi di qualunque cosa.
Non
vedeva l'ora di incontrare Mukurou e si riscosse dai propri pensieri
solo quando l'aria calda dell'esterno non venne sostituita dal fresco
dell'interno e la luce del sole scomparve nella penombra
dell'ingresso dell'edificio principale che componeva il complesso in
disuso.
Alzato
lo sguardo, rassicurò con un gesto Kyoya, poi si
guardò attorno con
attenzione e aspettativa.
Fu
quando una pioggia delicata ed improvvisa di petali di rosa di
svariati colori prese a cadergli sulla testa, e due braccia gli
strinsero la vita che finalmente si tranquillizzò.
“Benvenuto
a Kokuyo, mon amour...” sussurrò
Mukurou al suo orecchio.
Ora
finalmente Roll poteva distinguerne il volto tra i petali ma fu
quando realizzò la foggia dell'abito che indossava,
soprattutto
quando realizzò che la giacca blu elettrico, era decorata da
spalline fatte di fronzoli dorati e da altri particolari
inconfondibili, come gli orli delle maniche di pizzo, che per poco
non scoppiò a ridere.
“Qualcosa
da ridire sul mio abbigliamento, cherì?”
Roll
s'affrettò a scuotere la testa, ridacchiando tra
sé e sé mentre la
presa dell'altro sui suoi fianchi si faceva più possessiva:
“Solo
sul pessimo accento francese che hai... Devo dire che lo stile Daemon
Spade ti si addice...” sussurrò il piccoletto,
mettendosi sulle
punte per sfiorargli le labbra.
Il
bacio che Mukurou ricambiò fu senza dubbio più
profondo ed intenso,
ma finì troppo presto: “Lasciami accogliere
Hibari-sama, prima,
poi sarò tutto tuo...” mormorò
all'orecchio di Roll, sciogliendo
l'abbraccio e al contempo l'illusione.
L'espressione
livida di Hibari faceva il paio con quella, a metà tra il
curioso e
il disgustato, di Joshima.
“Ken,
devi ringraziarmi. Se Chrome-sama restasse turbata dai versi
mugolanti che fai ogni notte con Chikusa, Mukuro-sama se la
prenderebbe senza alcun dubbio con te. Ogni notte uso le Fiamme della
Nebbia per isolarla e proteggerla ma se, disgraziatamente, stanotte
me ne dimenticassi?”
Un
istante dopo, Ken era sparito, portandosi via Chikusa.
Compiaciuto,
Mukurou prese Roll per mano e si avvicinò a Hibari, che
teneva i
tonfa in posizione di guardia, inchinandosi rispettosamente davanti a
lui: “Benvenuto a Kokuyo, Hibari-sama. I miei padroni vi
stavano
aspettando.” disse ospitale, anche se c'era qualcosa, in quel
sorriso, che non convinceva fino in fondo il prefetto, malgrado le
ottime maniere.
Solo
l'idea di essere in un posto del genere gli faceva ribollire il
sangue, ma non voleva al contempo deludere Roll.
Così,
abbassando appena la testa in segno di riconoscenza e saluto, mosse
un passo in avanti, spingendo la Box della Nebbia, che non aveva
ancora mollato la presa su quella della Nuvola, a incamminarsi lungo
il corridoio poco illuminato.
Hibari
ricordava a malapena la propria prima visita in quel posto, ricordava
unicamente la rabbia per la sconfitta e il dolore delle ferite, e
l'immenso desiderio di ridurre Mukuro Rokudo in pezzettini talmente
minuscoli che neppure un microscopio elettronico sarebbe stato in
grado di identificarli, e quel desiderio si faceva sempre
più
prepotente a mano a mano che, lo sentiva, si stavano avvicinando al
sancta sanctorum del Guardiano della Nebbia.
Scostata
una tenda nell'oscurità, Mukurou fece cenno ad Hibari di
precederli.
Non
appena messo piede all'interno della stanza che la tenda in questione
celava, la sensazione che qualcosa di umido e viscido gli sfiorasse
il collo lo fece sobbalzare e balzare all'indietro con un'acrobazia
degna di un atleta, mentre una risata irritante eppur familiare
riecheggiò in tutto l'ambiente, giungendo fino al soffitto.
“Nervoso,
Hibari Kyoya?” chiese Mukuro, comparso, con un sorriso appena
accennato, tra le pieghe del buio assieme a Chrome: “E' solo
un
pranzo in famiglia, metti via quei tonfa.” disse lui,
avvicinandosi
pericolosamente al prefetto.
“Mukuro-sama,
sono ospiti...” pigolò timidamente Chrome,
sistemandosi la gonna
pulita e sorridendo affettuosamente all'indirizzo di Roll, che le
aveva consegnato il pacco di dolci.
“Mia
dolce Chrome, Mukurou-kun e Roll-kun sono fidanzati, il che rende
Kyoya-kun quasi un parente per noi.” decretò la
Nebbia, andandosi
ad accomodare davanti alla tavola apparecchiata proprio davanti alle
finestre.
Di
rimando, le due Box andarono a sedersi sul divano mezzo sfondato,
lasciando Hibari in piedi in mezzo alla stanza, indeciso sulla mossa
da fare.
“K-kumo-san,
il suo posto è quello vicino a Mukuro-sama...”
istruì lei prima
di uscire dalla stanza.
§§§
“Sawada-kun,
possiamo parlarti un momento?”
Sentirsi
placcare all'uscita dell'aula professori non era proprio quello che
Tsuna desiderava accadesse in quel giorno, in quel momento, mentre
cercava di raggiungere il tetto con la borsa del bento a tracolla per
riunirsi ad Hayato e agli altri.
Cercando
di dissimulare la propria impazienza, si voltò, mantenendo
un'espressione affabile sul volto e rivolgendosi alle cinque ragazze
che aveva davanti.
Non
ricordava neppure i loro nomi, difficile ricordarseli dopo tre anni
in cui si erano salutati sì e no due volte.
“Kizu-san,
sono un po' di fretta...” cercò di dire lui,
accorgendosi solo in
un secondo momento dei loro visi rabbuiati: “E' successo
qualcosa?”
chiese subito, mettendosi sul chi vive.
Loro
si scambiarono un'occhiata d'intesa, per poi avvicinarsi
pericolosamente a lui: “Tu lo sai chi è la ragazza
che si vede con
Gokudera-kun, vero?” incalzò quella più
bassa del gruppo.
“Diccelo,
ti prego...” un'altra sembrava stesse singhiozzando.
“Vogliamo
saperlo.”
Un
po' a disagio, Tsuna abbassò lo sguardo, cercando nello
stesso
momento di non farsi prendere dal panico: “E
perchè pensate che lo
sappia io?” domandò.
“Perchè
tu e Gokudera-kun siete amici, sicuramente ti avrà detto
qualcosa...
Vogliamo vederla in faccia.” Kizu-san, quella che lo aveva
fermato,
gli afferrò la manica della divisa: “Non siamo
convinte che sia
una persona adatta a Gokudera-kun.”
La
fatica che Tsuna stava facendo nel tentativo di mantenere il
controllo sui propri nervi era immensa e ammirevole, pur nella sua
inutilità.
Era
sempre stato un ragazzo tranquillo, zimbello della scuola,
sì,
imbranato e incapace, ma tranquillo, alla mercè dei peggio
bulli, ma
non si era mai lamentato.
Ma
in quel momento, ora che finalmente sembrava che la sua vita avesse
preso una piega corretta, sentiva di non essere più in grado
di
sopportare oltre.
Se
anche gli avrebbe causato problemi, l'idea di dire loro che era lui
la persona di cui Hayato era innamorato, ricambiato, non lo
spaventava affatto.
“Io
e Gokudera-kun...!”
“Juudaime!
Che succede?!”
Sawada
non ebbe neppure il tempo di voltarsi, né di finire la
frase, che
già le cinque ragazze si erano gettate sull'argenteo in
arrivo,
facendo crocchio attorno a lui come mosche sul miele.
“Gokudera-kun!
Chi è la tua ragazza?!”
“Sei
sicuro della tua scelta?!”
“Noi
vogliamo che tu sia felice! Non innamorarti!”
Ma
la Tempesta non si scompose, si fece strada tra loro e raggiunse
Tsuna, che era scivolato a terra: “Tutto bene,
Juudaime?” chiese,
tirandolo su con delicatezza e controllando che il bento fosse
intatto: “Quando Sasagawa è salita da sola, ci
siamo preoccupati.”
disse lui, sfiorandogli la mano come a volerlo rassicurare.
Tsuna
gli sorrise felice: “Tutto a posto, davvero.”
“Cosa
volete dal Juudaime?!” chiese Gokudera, incrociando le
braccia al
petto e fulminando le compagne di classe con lo sguardo:
“Sbrigatevi,
non ho tutta la giornata!”
“Visto
che voi due siete amici, ci chiedevamo se poteva dirci qualcosa
riguardo alla ragazza con cui ti vedevi.” azzardò
Kizu.
“E
chi vi dice che sia una ragazza?”
Stupefatte
dalle sue parole, le cinque restarono a bocca aperta mentre le labbra
di Hayato andarono a ghermire quelle del Decimo.
“Avvicinatevi
al Juudaime e ve la farò vedere io.” concluse,
afferrando la mano
del bruno e tirandolo via lungo il corridoio.
“Sicuro
che vada tutto bene?” si preoccupò l'italiano,
aprendo bocca per
la prima volta mentre salivano le scale che portavano al tetto.
Sawada
annuì, aumentando la presa sulla sua mano:
“Sì, mi hanno solo
preso alla sprovvista, tutto qui.”
“Quelle
pettegole impiccione...” bofonchiò l'altro,
aprendo la porta e
facendolo passare per primo: “Se solo fossi rimasto ad
aspettarti...”
Ma
Tsuna scosse la testa: “Ho acconsentito io ad aiutare la
professoressa a riportare in aula-professori i compiti, e poi tu
dovevi nutrire Uri.”
Hayato
sospirò, cingendogli la vita con un braccio e posando le
labbra
sulla tempia del bruno.
“Haya-chan,
non molestare Juudaime-sama sul tetto!”
La
voce in falsetto di Uri fece arrossire violentemente Tsuna, che si
divincolò bruscamente dalla presa dell'argenteo sul suo
corpo,
scatenando le risate generali nel momento in cui cadde in ginocchio
perchè privo di supporto.
Ci
furono altre risate violente poi una mano tesa davanti a lui gli
strappò un sorriso mentre Takeshi lo aiutava a rialzarsi:
“Non
appena Hayato smetterà di rincorrere Uri, potremo
mangiare.”
disse, guidandolo fino al gruppo riunito nel solito angolo.
Sveltamente,
Natsu si rannicchiò con la testa in grembo al proprio
padrone.
Era
non poco debole, si vedeva chiaramente.
“Scusa
il ritardo...” mormorò Sawada, sfiorandogli la
fronte con le dita
mentre indossava l'Anello e lo infiammava.
Con
sguardo riconoscente e coi capelli a coprirgli in parte gli occhi,
Natsu finalmente potè riprendere le forze.
Una
volta conclusosi il processo, Tsuna riaprì gli occhi che non
si era
neppure accorto di aver chiuso e aiutò Natsu a mettersi
seduto: “Se
stavi così male, potevi venirmi a cercare
prima...” il tono
preoccupato del Decimo fece abbassare lo sguardo all'altro,
visibilmente in imbarazzo.
“Ora
sto bene, davvero...” cercò di mostrarsi il
più possibile
tranquillo e allegro, ma con scarsi risultati: era ancora molto
pallido.
“Sicuro?
Non vuoi andare a stenderti un po' in infermeria?” chiese
Kyoko
preoccupata. Dalla sua postazione accanto a Jirou aveva una visione
molto chiara d'insieme.
“Ci
penso io a lui...” esclamò all'improvviso Uri, li
aveva raggiunti
con un balzo, distanziando di non poco il proprio padrone per
accogliere Natsu tra le braccia.
Sul
volto, dai tratti quasi felini, non aveva più quell'aria
giocosa e
strafottente, ma piuttosto sembrava incredibilmente preoccupato
mentre il Leone dei Cieli gli si sdraiava addosso.
“No,
Kyoko-nee, ma grazie...” disse l'interessato, stringendo tra
le
dita un lembo della divisa del Gatto Tempesta mentre una manina
piccina andava ad accarezzare la guancia della ragazza che,
voltatasi, si trovò a ricambiare il disarmante sorriso di
Kojiro:
“Uri-niichan sembra cattivo ma in realtà vuole
molto bene a
Natsu-niichan.” disse lui, “Lascia fare a lui,
Kyoko-nee.”
Alla
ragazza faceva piacere che le Box la chiamassero così, la
rendeva
orgogliosa, parte integrante di quell'assurda Famiglia in cui si era
ritrovata all'improvviso coinvolta. E, cosa più importante,
la
faceva sentire amata, desiderata, non solo perchè era la
idol della
scuola, la ragazza più carina...
Ma
perchè veniva rispettata per quello che era, protetta
– Ricordava
fin troppo bene i giorni trascorsi nel Futuro, quando aveva scoperto
cosa davvero si celava dietro le scuse, le bugie, che il fratello e i
suoi amici le propinavano – ma anche coinvolta, se necessario.
E
lei amava tutti quelli che componevano quella Famiglia con tutta
sé
stessa.
Fu
il cigolio improvviso della porta che conduceva al tetto a far
sobbalzare tutti, che interruppero le loro chiacchiere e i loro
discorsi – Hayato andò a sedersi accanto a Tsuna
come a volerlo
proteggere mentre Garyuu, con espressione stranamente combattiva,
raccoglieva i guanti abbandonati in un angolo e Jirou raccattava il
fratellino.
Un
cespuglio disordinato di ciuffi rossi come le fiamme, che
circondavano un volto tutto graffiato e incerottato, fece timidamente
capolino: “Tsuna-kun, ragazzi... Siete qui?”
“Enma!”
esclamò il Decimo dei Vongola con entusiasmo, correndo ad
abbracciare l'amico: “Sei uscito dall'ospedale,
finalmente!”
Imbarazzato,
il Boss degli Shimon sorrise, ricambiando l'abbraccio dell'amico:
“Sì, sono ancora un po' dolorante, ma mi hanno
dimesso stamane. E
volevo salutarvi.”
Senza
aggiungere altro, Tsuna lo scortò fino al gruppo vociante:
“Ragazzi,
Enma-kun è uscito dall'ospedale!”
annunciò con orgoglio: “Sta
bene! Può tornare a scuola!”
La
notizia venne accolta con un certo grado di allegria ed entusiasmo da
tutti, che fecero un po' di posto per far sedere Kozato tra loro:
“Tieni, ce n'è per tutti!” disse
Takeshi, facendo passare fino a
lui il contenitore con il sushi.
Enma
ringraziò sommessamente, afferrandone con delicatezza un
pezzo.
“Siamo
contenti all'estremo che tu sia tornato!” gridò
Ryohei,
intromettendosi tra il nuovo arrivato e la sorella: “Aoba
dov'è?!”
domandò con un certo grado di urgenza nella voce.
“Koyo
e gli altri sono stati trattenuti un po' di più per
accertamenti...
Dovrebbero uscire oggi pomeriggio...”
“Possiamo
accompagnarti a prenderli, che ne dici?” si offrì
Jirou con
espressione affabile, incontrando subito il favore del Guardiano
della Pioggia: “Hai ragione, e magari possiamo anche
aiutarti, che
so, a sistemare casa. Dopo tanti giorni, avrà bisogno di una
sistemata.”
Gyuudon,
che fino a quel momento era rimasto in silenzio, annuì:
“Lambo è
amico di Raouji, Raouji è amico di Lambo... Voglio
aiutarlo...”
ammise la Box con una luce affettuosa negli occhi verdi.
“Allora
è deciso, mi pare. E visto che Hibari-sama non
c'è, nessuno ci
vieta di svignarcela alla chetichella subito dopo pranzo.”
sogghignò Uri.
“Speriamo
che stia andando tutto bene per Roll...” gemette Natsu.
Enma
non sapeva cosa dire, era imbarazzato, ma anche felice di quella
situazione: “G-Grazie...” balbettò lui,
tormentandosi le mani.
“Siamo
amici, no?” sorrise Tsuna.
“Lo
siamo all'estremo!” gridò Garyuu.
“Allora,
facciamo un piano d'azione.” disse Kyoko, tirando fuori di
tasca un
blocchetto e una penna: “Prima, dovremmo passare al quartiere
commerciale a fare un po' di acquisti, poi andremo a casa vostra... A
che ora dovrebbero dimetterli, più o meno?”
s'informò lei.
“Mi
hanno detto di passare per le cinque...”
“Abbiamo
tutto il tempo che ci serve allora. Jirou, Garyuu-nii, ci pensate voi
a raccogliere le vostre cose? Noi intanto scendiamo a prendere le
nostre.”
“Lascia
fare a noi, Kyoko-chan!” strillò la Box del Sole,
saltando in
piedi.
“Vengo
anche io!” gridò Kojiro, saltando in spalla al
fratello.
Quando
sparirono, l'espressione di Enma era di puro stupore.
“Perchè
hanno i nomi delle vostre Box...?” chiese lui con gli occhi
sgranati: “Non li ho mai visti a scuola...” fece
notare
debolmente.
Tra
i Vongola, serpeggiarono delle occhiate preoccupate e incerte sul da
farsi.
“Perchè
noi siamo le Box... Enma-kun.”
Natsu,
tiratosi su dal grembo di Uri, gli si avvicinò impacciato:
“Noi
siamo le Box della Decima Generazione Vongola, ci siamo ritrovati
all'improvviso trasformati in esseri umani e adesso frequentiamo
qui.” concluse per lui Uri.
Per
parecchi minuti, Shimon Decimo restò senza parole.
Poi
si allungò ad accarezzare i capelli del Leone dei Cieli,
riconoscendone il tepore: “Spero che non sia stato nulla di
doloroso.” disse solo con un sorriso.
§§§
Erano
quasi le sei di sera quando, lasciati gli Shimon sulla porta di casa
loro, e assicuratisi che non gli mancasse nulla, l'esausto gruppo dei
Vongola riprese la via del ritorno.
Separatisi
al solito incrocio con pochi e calorosi saluti, la strada deserta che
conduceva a casa Sawada vedeva unicamente Hayato e Tsuna, assieme a
un Gyuudon muto come un pesce che stava alle loro spalle, che si
tenevano per mano camminando a passo lento.
Era
stato un pomeriggio movimentato, lungo, e soprattutto sfiancante.
Sfuggiti
da scuola per un pelo, si erano sparsi per il quartiere commerciale
per acquistare generi di prima necessità il più
in fretta possibile
e ottimizzare i tempi, di modo che, una volta cucinato e sistemato
casa, ci fosse ancora tempo per correre all'ospedale e prendere in
custodia i compagni di Enma.
Tra
loro, l'unica che sembrava ancora conciata peggio, al punto da
trovarsi sulla sedia a rotelle, era Shitopi-chan.
“E
voi cosa ci fate qui?” chiese Adel, sulla difensiva una volta
trovatasi davanti Tsuna e gli altri.
“Siamo
venuti a prendervi.” replicò questi con
semplicità, chinandosi a
sistemare meglio la coperta sulle gambe della ragazza convalescente:
“Enma-kun ci ha detto che sareste stati dimessi oggi,
quindi...
Eccoci qui.” disse Kyoko, facendosi avanti: “Il mio
nome è
Sasagawa Kyoko, sono la sorella di Ryohei. Piacere di conoscervi.
Enma-kun è in classe con me e Tsuna-kun.”
Adel
ricordava vagamente quella ragazza tranquilla e gentile ma non sapeva
cosa risponderle.
“Non
c'è bisogno di dire nulla ALL'ESTREMO!”
gridò Ryohei, prendendo
con cautela Koyo sottobraccio: “Ci pensiamo noi a
voi.” lo
spalleggiò Garyuu.
Gli
Shimon non capivano, erano confusi.
“Non
c'è nulla di cui preoccuparsi, siamo qui perchè
vogliamo esserlo,
perchè siamo amici.” Yamamoto sapeva che Tsuna
aveva ragione, e
lui la pensava esattamente così mentre aiutava Kaoru a
muovere
qualche passo: “Forza, andiamo a casa.”
E
così, con tutte le barriere abbattute dalla gentilezza e dal
perdono, le due Famiglie si erano incamminate, unite e mischiate,
lungo la strada al tramonto.
“Sono
convinto che il futuro ci vedrà ancora più
uniti.” disse
all'improvviso Sawada, aumentando la stretta sulla mano
dell'argenteo: “Non ci sono più segreti. Tutto
andrà bene.”
Hayato
annuì, sulla spalla aveva la propria cartella e quella di
Tsuna ,
che dondolava sbattendo sulla sua spalla: “Devo ammettere che
è
stata proprio una bella idea.” aggiunse lui.
“Qualcuno
doveva interrompere quel ciclo di violenza.” fece notare con
semplicità il bruno, poggiandosi contro di lui: “E
toccava a noi
tendere la mano. Dopotutto, quel che è successo... E' stata
colpa
dei Vongola.”
“Di
Daemon Spade.” precisò Hayato con tono severo,
fermandosi in mezzo
alla via: “Juudaime... Tutta la faccenda della Successione
è stata
un disastro, Yamamoto ha rischiato di rimetterci le penne, tutti noi
abbiamo rischiato grosso, ma non è stata colpa di nessuno,
tranne di
Daemon Spade. Se di colpa si può parlare...”
Tsuna
deglutì ma non disse nulla mentre il volto di Gokudera si
avvicinava
pericolosamente al suo.
“E'
giusto voler mettere una pezza a questa storia, ma non si
può
parlare di colpa... da nessuna delle due parti.”
“D'accordo...”
concluse Sawada con un sospiro e un sorriso tremulo: “Forse
hai
ragione tu... E' che, a volte, continuo a pensare al
perchè... Enma
e gli altri sono rimasti soli, non hanno più nessuno al
mondo...”
“Non
c'è mai un perchè alla violenza,
DameTsuna.” Gyuudon si era
fermato a propria volta e li osservava con aria cupa: “A
farne le
spese sono sempre i bambini, quelli che non possono
difendersi...”
“Ha
ragione, Juudaime. E poi, Kozato e gli altri sono assieme, qualcosa
succederà.”
“E
hanno anche noi...” aggiunse in un sussurro speranzoso il
Decimo,
guardando alternativamente entrambi: “Vero?”
“Credo
che sia un po' tardi per tirarsi indietro.”
replicò la Box del
Fulmine, tenendo stretto tra le dita il pupazzetto che Raouji gli
aveva dato da recapitare a Lambo.
Istintivamente,
Tsuna si gettò tra le braccia di Hayato, che
riuscì ad afferrarlo
appena in tempo prima che cadesse a terra, e ricambiò
l'abbraccio,
cadendo in ginocchio sull'asfalto, incurante del fatto che potessero
vederli.
In
silenzio, il loro compagno di viaggio si allontanò,
lasciandoli soli
mentre un singhiozzo sommesso andava a morire sulla spalla
dell'italiano.
Era
stato tutto fin troppo pesante, fin troppo doloroso, ed era ovvio
che, prima o poi, Tsuna sarebbe crollato.
Se
lo aspettavano, tutti, in verità.
Ne
avevano parlato a lungo, in quei seppur rari momenti di riservatezza:
intuivano, pur non sapendolo con certezza, che l'aggressione a
Takeshi, il tradimento di Enma, la notizia – infondata
– che
Iemitsu Sawada era l'assassino degli Shimon, dovevano avere avuto un
effetto non poco devastante sul Cielo, e quello era il risultato.
Ma
Gokudera era pronto ad una eventualità del genere, e la
nuova natura
del legame che li univa gli dava ulteriore forza nell'asciugarne le
lacrime con un lembo della manica così come nel rassicurarlo
con
poche parole sussurrate all'orecchio.
Quando
finalmente il bruno si riprese, alzato lo sguardo, si trovò
davanti
un fazzoletto immacolato: “Asciugati gli occhi, poi andiamo.
Ti
accompagno a casa.”
Tsuna
eseguì e, quando ebbe concluso, si aiutò con il
braccio di Hayato
per rimettersi in piedi: “P-posso chiederti una
cosa?” domandò.
“Certo,
Juudaime.”
“Potresti
chiamarmi per nome...?” teneva lo sguardo basso, con le
guance
color rosso acceso: “S-Se davvero... non c'è
ragione p-per
continuare a chiamarmi... P-Preferisco T-Tsuna... Hayato.”
“Juudaime,
ti ho sempre chiamato così per rispetto che meriti come Boss
della
Famiglia Vongola...”
“Però...!”
“Però
ora è diverso, Tsuna... Sono cambiate tante cose. Siamo
cambiati noi
e...”
“Oh,
Tsu-kun, Gokudera-kun! Che ci fate qui fuori?”
La
voce di Nana Sawada li fece sobbalzare e staccare all'istante mentre
la donna li raggiungeva a passo svelto: “Tsu-kun, dovresti
far
entrare a casa i tuoi amici, non lasciarli fuori!”
esclamò lei,
“Forza, venite!”
Imbarazzati,
i due ragazzi non fiatarono e seguirono la donna fino al cancello di
casa, che varcarono senza quasi guardarsi negli occhi.
“Gokudera-kun,
resti a cena, vero?” chiese lei con entusiasmo e un poco di
preoccupazione nell'esaminare con occhio materno l'argenteo:
“Sembri
dimagrito...”
“Okaa-sama,
io...”
“Tutti
mi chiamano “Mama”, chiamami così anche
te. Andate di sopra, vi
porterò qualcosa più tardi.” disse lei
con affetto palpabile
nella voce.
Qualche
secondo dopo, si ritrovarono nella stanza di Tsuna, da soli, con solo
le voci dei bambini provenire dal giardino sul retro a rompere quello
strano silenzio che era caduto tra loro.
Era
innegabile il fatto che il bruno fosse innamorato perso di Hayato,
ma...
Era
pure innegabile il fatto che avesse dato il proprio primo bacio solo
quella mattina stessa e che la propria dimestichezza in faccende del
genere fosse pari a zero.
“Tsuna...
Vieni qui...”
Imbarazzato,
egli obbedì, andandosi ad accomodare tra le braccia
spalancate
dell'argenteo, che stava seduto con la schiena contro il bordo del
letto sul pavimento: era piacevole il contatto fisico che stavano
sperimentando, piacevole e rilassante.
“Vorrei
che tu sappia una cosa...” la voce di Hayato gli accarezzava
le
orecchie: “Ascoltami con attenzione.”
Il
bruno annuì, affossando il viso nell'incavo del collo del
compagno.
“Qualunque
cosa accadrà, qualunque scelta faremo, ricorda che
è anche tua la
decisione... Se hai paura... Dimmelo... Se non ti senti
pronto...”
Era
incredibile come quegli occhi verdi riuscissero a leggergli dentro e
a farlo sentire così...
Amato.
“Io
non ho paura... Sarebbe stupido avere paura di questo, Hayato... Non
dopo quello che abbiamo vissuto. Non posso avere paura dell'amore. E'
solo che non so cosa fare... Non so come muovermi, non so...”
“Ti
fidi di me, Tsuna?”
“Sì.”
“Allora
lascia fare a me...”
Era
una situazione irreale quella in cui Tsuna si era ritrovato
coinvolto: dopo essere stato rapidamente spogliato, si era ritrovato
poggiato contro il petto caldo di Hayato e si sentiva come un neonato
stretto tra le braccia della madre, anche se il suo cuore era
consapevole che il rapporto che c’era tra loro era quanto di
più
diverso potesse esistere, anime gemelle uniche e affiatate, e anche
se il senso di protezione che provava poteva essere simile, il fuoco
che gli infiammava il sangue e le vene era qualcosa di totalmente
sconvolgente, mai provato.
Le
mani della Tempesta scivolarono sul suo viso, accarezzandogli le
guance arrossate e facendogli alzare lo sguardo: i loro occhi
s’incrociarono, lucidi e pieni di quell’amore che
neppure la
Morte cui avevano assistito era riuscita a cancellare.
Nascosti
in quella piccola stanza potevano amarsi senza alcun timore
né della
morte né di qualunque altra cosa che potesse minare la loro
serenità.
Le
labbra fresche dell'italiano si poggiarono sulla pelle del coetaneo,
esattamente all’angolo della bocca mentre le dita andavano a
sfiorare gli ultimi e radi ciuffi castani sulla nuca fino a scivolare
nel cespuglio di rovi che popolava la testa di Sawada, disordinati e
spettinati come al solito.
Tsuna
tremò, si sentiva la bocca impastata e la gola secca, eppure
non
avrebbe potuto rinunciare a quelle emozioni; il suo corpo si mosse
senza un suo comando, strusciandosi senza controllo contro il busto
sudato di Gokudera, che rise piano, cingendogli i fianchi con le
gambe: “Lascia fare a me…” gli
mormorò.
Lo baciò sulla
spalla e di nuovo il Cielo ebbe un fremito, sentiva un gran calore
all’altezza del basso ventre e desiderava
irrefrenabilmente
di stringersi a quel corpo che bramava quanto l’aria che
respirava,
senza più staccarsi.
Aveva
rinnegato troppo a lungo ciò che veramente voleva e non se
lo
sarebbe più fatto sfuggire; un gemito gli sfuggì
dalle labbra
semichiuse con un sospiro, mentre la sua mano andava a stringere
quella di Hayato con forza. Il ragazzo si fermò un istante e
ricambiò la stretta: “Non me ne andrò,
se è questo che temi.”
Lo rassicurò, baciandolo sulle labbra sottili.
La
lingua di Gokudera gli lambì i contorni della bocca,
scivolando
dolcemente all’interno, senza fretta; dopo il primo momento
di
impasse, Tsuna rispose al bacio, lasciandosi avviluppare da
quell’insolita, ma inebriante, sensazione di intrusione. Si
staccarono un attimo, coi respiri affannosi e i cuori che battevano
all’impazzata, con tale forza che sembravano voler uscire dal
petto
dei due ragazzi che godevano del reciproco contatto e del reciproco
amore che li legava stretti stretti.
E
il tempo sembrava essersi fermato per loro.
Tsuna
giocherellò coi capelli del ragazzo davanti a sè:
si sentiva bene,
senza dubbio, ma c’era ancora qualcosa che sentiva mancargli
terribilmente.
Strani
flash gli annebbiarono la mente, il sangue rifluì
più velocemente
da ogni parte e si sentiva più accaldato che mai, come una
febbre
che non gli dava tregua; e gli sfuggì un grido: non se
n’era
accorto ma una mano del'altro era scesa sul suo petto, e aveva preso
a giocherellare con le piccole e sensibili escrescenze carnose.
I
sospiri di poco prima divennero veri e propri ansimi, i gemiti si
fecero più forti mentre il bruno, in totale balia di quelle
mani,
non riusciva a tenere gli occhi aperti, il suo corpo era totalmente
fuori controllo, i movimenti si fecero inconsulti e incontrollati. Il
giovane si sentì distendere supino sul pavimento, le gambe
gli
tremavano e così anche le mani; si sentiva avvampare, tanto
che
dovette nascondere il viso tra le dita, che imbarazzo…
Hayato
lo baciò sul petto, delineando con la lingua cerchi e forme
bizzarre
su tutta la pelle abbronzata dell’adolescente:
passò sui fianchi,
sulle anche e in vita, e poi giù, sempre più
giù sino all’interno
coscia; Tsuna si lasciò scappare un gemito appena soffocato
mentre
l’amante dolcemente gli lambiva ogni sensibilissimo
centimetro di
pelle con delicati morsetti, che ebbero come unico, e certo
desiderato, effetto quello di far reagire positivamente il corpo del
giovanissimo.
Che
non tardò a mostrare i segni di quella insolita battaglia.
Il
bruno era ancora disteso a terra, le gambe tenute lunghe, dalla sua
bocca ancora si udiva il respiro affannoso mentre la sua mente era
totalmente ottenebrata: diavolo!
Il
Guardiano della Tempesta gli scostò dolcemente le mani, il
viso
dell’altro era rosso per l’imbarazzo e gli occhi
sembravano quasi
lucidi, tanto splendevano: piano, poggiò le labbra su quelle
dell’altro, avviluppandole in un bacio lungo, senza fretta, e
pieno
di tutto l’amore che provava per lui.
Gli
sfiorò con la punta della lingua i denti, e
riuscì infine a
intrufolarsi, accarezzandogli la morbida guancia interna, ma senza
staccare un momento la presa dai fianchi del bruno, e anzi,
aumentando la stretta; fece scivolare le proprie braccia sotto la sua
schiena e, senza interrompere il contatto delle loro bocche, lo
avvicinò a sé, lasciando che ogni singolo
centimetro dei loro corpi
potesse sfiorarsi e appiccicarsi a quello dell’altro.
Ma
la sorpresa dell'italiano crebbe quando sentì chiaramente le
mani di
Tsuna percorrergli la schiena, pur se timidamente.
Hayato
si mosse appena, riuscendo a vederlo finalmente in viso e il sorriso
che gli rivolse per poco non lo fece sciogliere.
Prendendolo
in braccio, lo depositò sul letto, sdraiandosi accanto a lui.
§§§
“Giuro
che se scopro che c'entrate pure voi con questo scherzo di merda, vi
accoppo tutti, dal primo all'ultimo!”
Alzatosi
dalle rovine di una villa immersa nella profondità dei
boschi
italiani illuminati dalla luce dell'alba, quello che pareva un
ragazzo appena ventenne, dai lunghi capelli grigi come il metallo,
gridò tutto il suo disappunto lanciando pezzi di calcinacci
sporchi
di sangue all'indirizzo di quelli che sembravano all'apparenza altri
superstiti.
Superstiti
che, in origine, di umano non avevano assolutamente nulla.
Neppure
l'aspetto.
“Alo,
taci o ti accoppo io.” brontolò un'altra figura,
dai corti capelli
neri, striati di bianco.
“Bester,
cazzo! Siamo umani, se non te ne fossi reso conto! E siamo nudi come
vermi! E possiamo parlare... E... Hai una vaga idea del casino che
scoppierà adesso?!”
“So
solo che, nudo così, non sei poi così
male.”
“Smettetela
voi due, e ringraziate che non ho più gli zoccoli,
sennò vi avrei
già calpestato a dovere!”
“Scuderia,
tappati la bocca o te la tappo io in altre maniere.”
“Kuuuuu,
ci sono due signorine qui presenti, siate educati.”
“Livya
è l'unica signorina qui, tu sei pene-munito come noi, Pavone
dei
miei stivali!”
“Che
rude linguaggio il tuo.”
“Delfino,
taci o veramente accoppo pure te.”
“Il
mio nome è Alfin!”
NOTE
DEL LEMURE:
Alfin
ce l'ho fatta pure a concludere il capitolo qui presente!
Con
tanta fatica, davvero... E spero di aver mantenuto le vostre
aspettative...
Buon
anno, buon Natale in ritardo e tanti auguri per tutto! E un grazie
infinito alla mia beta _Kurai_, santa subito!
Shun/Charlie
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 - Il Nostro Mondo Si Espande ***
BOX
HUMAN
CAPITOLO
8
IL
NOSTRO MONDO SI ESPANDE
“Noi
andiamo!”
Tsuna
s'infilò rapidamente le scarpe mentre Hayato, che gli teneva
la
porta, era già fuori in cortile con la divisa indosso, le
loro
cartelle una per mano e una fetta biscottata in bocca:
“Arrivederci
Mama!” gridò il ragazzo a squarciagola.
Affacciata
dalla finestra del piano superiore, la donna li salutò con
la mano,
rimanendo ad osservarli mentre si allontanavano in strada, mano nella
mano, con un sorrisino orgoglioso dipinto sulle labbra.
“Mama,
tutto bene?”
La
voce di Bianchi la colse di sorpresa ma lei ebbe solo un lieve
sussulto, non si mosse dalla sua posizione intenta a osservare i suoi
due ragazzi che parlottavano e ridevano in mezzo alla strada.
La
più grande dei suoi figli acquisiti si avvicinò
ancora e anche lei
vide lo spettacolo del fratello minore mentre baciava il più
imbranato dei due.
“Sono
carini.” decretò infine lei con un sorriso appena
accennato: “Ecco
perché Hayato è rimasto a dormire qui,
stanotte.”.
“Hayato-kun
era tanto preoccupato per la mia reazione... Ma finché rende
felice
il mio Tsu-kun, non ha alcuna importanza. Finché lo
protegge... Ne
ha tanto bisogno, in questo loro mondo...”.
Bianchi
annuì: “Quando l'hai saputo?”.
Nana
si voltò, il suo viso era luminoso anche se gli occhi
avevano un
lieve accenno di lacrime, di commozione forse: “Credo da
sempre,
solo non ero abbastanza matura per accettare la cosa... Timoteo-san
mi ha costantemente tenuto informata di ogni cosa, anche Reborn-chan
è all'oscuro delle nostre lettere.” rise,
“Mi ha rassicurata in
ogni momento, anche quando Tsuna tornava a casa tutto pesto, portato
in braccio come una bambolina rotta...”
Poi,
ella tornò a fissare malinconicamente il cielo azzurro e
sereno, si
prospettava una bella giornata: “Neppure Iemitsu
sa...” sussurrò.
La
ragazza la abbracciò: “Hayato e gli altri lo
proteggeranno. Si
proteggeranno a vicenda.” replicò con tono
convinto.
“E'
buffo, sai? Il mio bambino, da imbranato incapace qual era, adesso
è
circondato da persone, da amici veri... Ho sempre avuto paura che
sarebbe rimasto da solo...”.
Bianchi
scosse la testa: “Hayato ha trovato la felicità
con lui, Yamamoto
Takeshi anche... Chiunque graviti attorno a Tsuna la trova. E' un
catalizzatore di buoni sentimenti, quel ragazzo.”
Nana
si asciugò una lacrima: “Anche quei loro amici...
Enma-kun e gli
altri... Timoteo-san mi ha detto che si è occupato
personalmente di
fornire loro cure mediche.”
“Sì,
ci sono stati problemi ma ieri sono andati a prenderli
all'ospedale.”.
“E'
proprio il mio bambino!” esclamò la donna
entusiasta: “Finiamo
di rimettere a posto i futon poi andiamo a preparare da
mangiare!”.
§§§
“TSUNA!!!!”
Un
piccolo fulmine balzò addosso al Cielo appena questi ebbe
messo
piede nel cortile della scuola: una rapida occhiata all'orologio
prima di cadere per terra gli fece notare che era perfino in
anticipo, non l'avrebbe mai detto!
“Natsu,
anche io sono felice di vederti... Ma sei rimasto con Uri solo una
notte...” disse debolmente il ragazzo, ricambiando
l'abbraccio
della sua Box: “Allora?! Come è
andata?!” chiese ansiosamente
lui, puntando i grandi occhi arancioni in quelli del proprio padrone.
“Buongiorno
Tsuna!”
Takeshi
raggiunse i due e li sollevò di peso in piedi senza troppa
fatica:
“Sistematevi le divise, Hibari-bocchan è
già in giro di prima
mattina, e sembra piuttosto... zelante.” Jiro, con
l'onnipresente
Kojiro in spalla, era comparso alle spalle della Pioggia.
A
poco a poco, tutto il loro gruppetto convergette attorno al Cielo,
che li osservò con riconoscenza: “Grazie ancora
per ieri, sono
sicuro che Enma e gli altri Shimon abbiano capito che su di noi
possono contare, che possono fidarsi di noi.”.
Ryohei
alzò il pugno al cielo: “ALL'ESTREMO! E AOBA DEVE
ANCORA DARMI LA
RIVINCITA!” strillò.
“Oniichan!”
lo rimproverò Kyoko, che rivolse poi a Tsuna un caldo
sorriso:
“Sembri veramente felice stamattina, Tsu-kun. E' successo
qualcosa?” chiese lei.
Sawada
arrossì: “Juudaime-sama, se Hayato-danna l'ha
molestata, ci penso
io a punirlo.” sogghignò Uri.
Garyuu
squadrò la Box della Tempesta poi lo prese per il colletto
della
divisa e lo allontanò di un passo: “Fatti gli
affari tuoi,
nanerottolo...” lo apostrofò il Sole; Uri
sbuffò ma incassò il
colpo e andò ad afferrare la mano di Natsu, “Era
uno scherzo...”
borbottò.
Tsuna
rise sottovoce, poi si rivolse a Kyoko: “Va tutto bene,
Kyoko-chan.
Davvero, non potrebbe andare meglio.”.
“C'E'
ROLL-NIICHAN!! E MUKUROU-ANI!”.
Jiro
non aveva fatto in tempo a fermare il fratellino che questi
già si
era lanciato dalle sue spalle per gettarsi tra le braccia spalancate
dell'alta Box della Nebbia, che lo fece volteggiare come si fa con un
bambino.
Al
suo fianco, un Roll rosso come un peperone teneva per mano il
più
grande.
“E'
un piacere vederla, Juudaime-sama...” disse infine Mukurou,
inchinandosi rispettosamente con le code della giacca elaborata che
ondeggiavano al vento: “La ringrazio di aver supportato Roll
nel
venire a desinare a Kokuyo coi miei padroni.”.
Sì,
decisamente sarebbe stato difficile abituarsi a quell'atteggiamento.
“P-piacere
mio...” replicò timidamente il Cielo:
“C-Come è stata la
giornata di ieri?”.
“Oh,
meravigliosa.” Mukurou sorrideva affabile da dietro il
monocolo:
“Hibari-sama è rimasto poi ad alloggiare da noi
per la notte, di
lui si è occupato Mukuro-sama personalmente. Sono qui per
scortare
Roll a scuola ed assicurarmi che tutto vada bene.” i suoi
occhi
dardeggiarono per un attimo sull'intero cortile, pronto a colpire
chiunque fosse stato abbastanza stolto da prendersela con il piccolo
della Nuvola.
Ma
lì presenti c'erano solo loro.
“Con
permesso, Juudaime-sama.” s'inchinò quindi:
“Le lezioni stanno
per incominciare anche per me e Chrome-sama sarà in
pensiero. Devo
andare, mi scusi.”.
E
in uno sbuffo di Fiamme della Nebbia, Mukurou scomparve.
“Esibizionista...”
borbottò Uri, comparso accanto a Roll.
“E'
f-fatto così.” replicò questi,
tormentandosi le dita: “Non è
cattivo.” disse ansiosamente; Uri sbuffò salvo poi
scompigliarli i
capelli, “Lo so, lo conosco... E' solo un testardo
zuccone.”.
“Mi
ricorda qualcuno...” rise sottovoce Jiro, facendo roteare
distrattamente la shinai sopra la propria testa.
“Taci
tu!”
“Ma
ad iniziare sei stato tu, Uri-niichan!”.
“Argh!
A volte non vi riesco a sopportare voi due!”.
Tsuna
scoppiò irrefrenabilmente a ridere: erano così
simili a Takeshi ed
Hayato sia nell'atteggiamento che nel modo di relazionarsi gli uni
con gli altri...
“T-Tsuna-kun...
Ragazzi... Buongiorno...”
Una
vocetta timida e familiare fece voltare di scatto sia i Guardiani che
Kyoko che le Box, i quali si trovarono davanti non solo Enma, avvolto
in una divisa scolastica nuova fiammante ma anche tutti gli Shimon,
Julie compreso.
“ENMA!”
gridò Sawada raggiante: “Bentornati a
scuola!” aggiunse,
stringendo calorosamente la mano dell'amico e abbracciando idealmente
con lo sguardo tutti loro, “E' veramente bello vedervi. Sul
serio.”.
“G-Grazie.”
“BAKA-AOBA!
TI SFIDO!”
“ACCETTO,
STUPIDO DI UN RYOHEI!”
I
due pugili avevano festeggiato il loro ritrovarsi lanciando alte
grida al cielo che, se avessero continuato, avrebbero causato loro
non pochi problemi da parte non solo di Hibari ma anche di una
Adelheid che già li fissava torvamente.
“Andiamo
in palestra allora!” Garyuu era senza dubbio più
sveglio dei due
contendenti e lo sguardo di Adel l'aveva messo in serio allarme.
“CI
STO! ANDIAMO, AOBA!”
“ARRIVO!”
Quando
finalmente la calma tornò, Sawada si rivolse ad Enma:
“State
meglio, vedo.” decretò soddisfatto, vedendo che
anche Shitopi
aveva dismesso la sedia a rotelle; Adel annuì, muovendo un
passo in
avanti, “Grazie, Vongola.” disse lei con voce
severa.
“E'
stato un piacere!” s'intromise Takeshi ridendo, prima di
afferrare
Kaoru per il polso: “Vieni, andiamo al club! Sono arrivate
delle
nuove divise, ho chiesto alla manager di procurarsene una su misura
anche per te!”
Sorpreso,
Mizuno si voltò smarrito a guardare gli amici ma Julie gli
fece il
segno dell'ok con annesso ochiolino e anche Adel annuì,
spingendolo
a seguire la Pioggia che già si stava allontanando.
“S-Sembrano
tutti felici...” notò Enma timidamente.
“Takeshi-kun
non ha fatto altro che sperare che Mizuno-kun tornasse.”
Kyoko
sorrideva incoraggiante: “E il fratellone pure, si deve
essere
affezionato tantissimo ad Aoba-kun.”
“Kyoko-chan
ha ragione. Adesso possiamo nuovamente affrontare il futuro
assieme.”
Tsuna aveva il cuore che scoppiava di gioia al pensiero che il loro
mondo si stesse finalmente espandendo nella giusta dimensione, nella
giusta direzione e gradualmente, con successi che cementificavano il
rapporto che avevano instaurato tra loro.
In
quel momento, la campanella suonò.
“Andate
o arriverete in ritardo.” Adel mosse un passo in avanti.
“S-Sì.”
replicò Enma: “Shitopi-chan, vai con
loro?” chiese Kyoko.
Con
Hayato da una parte che cercava di comunicare con Shitopi ed Enma
dall'altra con cui aveva cominciato a parlottare fittamente, Tsuna si
avviò verso il portone principale.
Anche
i restanti Shimon erano andati e solo Kyoko e Adel erano rimaste
lì,
in silenzio, con Sasagawa intenta a cercare qualcosa nella propria
cartella, qualcosa che si rivelò essere un talismano nuovo
fiammante, che venne consegnato nelle mani di una sbalordita Adel:
“Il fratellone mi ha detto che voi siete degli amici
importanti e
quindi sono passata al Tempio ieri, dopo che ci siamo salutati, per
prendervi questo.”.
La
ragazza se lo rigirò tra le mani, stupefatta.
“Credo
che abbiate bisogno di un po' di protezione.” aggiunse lei
sorridendo, prima di allontanarsi a propria volta.
§§§
Quando
Kyoko entrò finalmente in classe, vide i suoi compagni
sparsi in
modo disordinato per l'aula; alcuni evitavano accuratamente Shitopi
ed Enma mentre altri si fermavano ad osservarli con
curiosità, ma
certo nessuno si fermava a chiedere loro come stessero o se avessero
bisogno di qualcosa.
La
notizia del ricovero era naturalmente trapelata – e come
poteva non
essere – ma in pochi erano stati quelli che avevano
personalmente
chiesto a lei e a Tsuna notizie sulle loro condizioni.
L'insegnante
di matematica entrò trafelata in aula, col fiatone e la
giacca tutta
scomposta mentre gli alunni, inquieti, obbedivano con un basso
mormorio di curiosità; mormorio che si accentuò
nel momento in cui,
dietro alla donna, era comparso Sawada.
La
professoressa sembrava spaventata, preoccupata e Sawada non era da
meno.
Tesi,
Gokudera e Yamamoto fissavano il loro Boss.
“Sawada-kun
mi ha appena informata che Kozato-kun e P-chan sono stati ricoverati
in ospedale per un grave incidente e così anche i loro
compagni.”.
Un
brusio nervoso serpeggiò nel gruppo.
“In
ospedale sono ottimisti sulle loro condizioni.” intervenne
però
Tsuna: “Dicono che avranno bisogno di tempo per
guarire.”.
“E
perchè avrebbero avvertito DameTsuna anziché la
scuola?” borbottò
qualcuno con tono velenoso.
“A
quanto pare, Sawada-kun – Moriyama-kun, conto di vederti dopo
la
scuola per una sessione di disciplina – si è
occupato di far sì
che avessero l'adeguata assistenza medica.” l'insegnante
faticava
enormemente a tenere a freno i moti di derisione che i suoi studenti
avevano nei confronti del più imbranato di loro, anche se i
suoi
voti erano leggermente migliorati negli ultimi tempi.
Kyoko
sorrise amichevole: “E' proprio da Tsuna-kun.”
concluse lei.
“Buongiorno!
Scusate il ritardo!”
La
sua voce trillò argentina attraverso l'aula e lei,
rispondendo
amichevolmente ai saluti, si diresse senza indugio verso il gruppetto
seduto a crocchio attorno al tavolo di Gokudera:
“Dov'eri?”
domandò Takeshi curioso.
“Volevo
dire una cosa ad Adel-san.” rispose lei sbrigativa:
“Allora,
Shitopi-chan, come ci si sente a tornare a scuola?”
La
ragazza abbassò lo sguardo, confusa:
“Strana...” doveva essere
ancora un po' dolorante per le ferite.
“Oggi
decideremo cosa fare con il festival scolastico!” li
aggiornò lei:
“Ieri non siamo riusciti a metterci d'accordo, sono sicura
che oggi
sarà la giornata giusta!”.
Enma
sorrise appena: “Grazie, Kyoko-chan.”.
“Sto
facendo in modo che Kaoru venga accettato dalla squadra. Fanno ancora
molta fatica ma per fortuna le cose stanno andando bene!”
annunciò
improvvisamente Takeshi.
“Umpf...”
borbottò Hayato, ma la sua non era in realtà
cattiveria, anzi:
Tsuna poteva vedere che il suo ragazzo aveva da parte una buona dose
di stanchezza e di pensieri che, forse, non lo avevano lasciato
dormire bene quella notte.
Si
ripromise di indagare in seguito.
L'ingresso
dell'insegnante di matematica pose poi fine alle discussioni.
§§§
Chiuso
nel suo ufficio, Hibari sedeva sulla poltrona girevole della
scrivania, gli occhi sbarrati e una lunga sciarpa attorno al collo.
Kusakabe
e i suoi erano stati sbattuti fuori a suon di tonfa, segno che il
loro capo era di un umore che dire nero era eufemistico: la Nuvola
sembrava non solo fuori di sé ma anche spaventato.
Cosa
mai poteva terrorizzare Hibari Kyoya in quella maniera?
“Buongiorno,
Kyoya-kun, vedo che il mio regalino ha sortito un certo
effetto.”
NOTE
DEL LEMURE:
Scusate
per il ritardo ma ho avuto numerosi problemi di salute, anche
piuttosto seri.
Ma
finalmente il capitolo 8 è online e il 9 è in
fase di stesura!
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 - Chi ha detto Varia? ***
BOX
HUMAN
CAPITOLO
9
CHI
HA DETTO VARIA?
“VOOOOOOI!
Bastardo di un Boss! Siamo sotto attacco e tu resti qui in
panciolle?!”
Squalo
entrò di volata nella stanza, salvo trovare il proprio Boss
addormentato placidamente – e scompostamente come al suo
solito –
sul trono, con in viso un'espressione riassumibile in “Osa
svegliarmi e te la faccio pagare”, segno
che di quell'attacco, o presunto tale, a lui non importava poi
granché.
Quando
accadevano cose del genere, a Squalo saltavano sempre i nervi.
Un
conto era attaccare loro per primi, come Squadra Assassina
Indipendente non si facevano poi molte remore su chi attaccavano e
come lo attaccavano, ma un'altra era subire passivamente
un'aggressione; e lui, il Varia della Pioggia - che a malapena
sopportava di essere passivo sotto le lenzuola - non era molto
propenso a lasciar le cose così.
“VOOOOOOOO!
Me la pagherai!” ringhiò lui, voltandosi verso la
porta – era
consapevole che Xanxus non sarebbe stato disponibile - “Se ti
ritrovi un petardo sotto il culo, non verrò ad
aiutarti!” gridò
esasperato.
Mentre
usciva, venne colpito alla testa dall'ennesimo bicchiere di tequila
ma era troppo furioso anche solo per incazzarsi ancora e quindi,
borbottando, era uscito in corridoio coi capelli grondanti di
liquore, i pugni stretti e la faccia livida: prima le loro Box che
sparivano nel nulla come neve al sole, poi i mocciosi in Giappone che
piagnucolavano per lo stesso motivo, una decisa ripassata ai loro
nemici che aveva ringalluzzito un poco il morale generale e ora
quell'attacco strano.
Perché
era proprio strano il fatto che, all'improvviso, tutti gli allarmi
del loro Quartier Generale avessero preso a suonare come forsennati
–
e con tutti, intendeva proprio tutti, anche quelli delle singole
stanze private – e che fossero state rilevate svariate Fiamme
lungo tutto il perimetro.
I
loro sottoposti erano stati mandati avanti ma praticamente nessuno
aveva ancora fatto rapporto e forse non ne erano neppure in grado:
“Smidollati!” sbottò mentre correva
verso il portone principale,
“Farsi ammazzare in questa maniera!”.
“SQU-CHAN!”
Lussuria
lo accolse gioviale in tenuta da combattimento – con lui
c'era Levi
– e con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia:
“Finalmente possiamo divertirci un po'.”
flautò lui, “Era una
mattinata proprio noiosa!”.
Levi
guardò impaziente alle spalle di Squalo, il quale lo
colpì con un
pugno sul fianco: “Il Boss Bastardo non ha intenzione di
muovere il
suo culo, è inutile che lo aspetti.”
brontolò ancora irato.
“Se
ne occuperà il sottoscritto allora,
uishishishishi.” Belphegor
sbucò da dietro la schiena di Lussuria giocherellando con la
propria
tiara: “In effetti potrei anche sterminare tutti i nemici con
una
mano sola.”.
“VOOOOOOOI!
Non dire minchiate Belphegor!” lo rimproverò
Squalo: “E vedi di
seguire i miei ordini oppure ammazzo te la prossima volta!”.
“Susu,
Squ-chan, calmati oppure ti si alza la pressione.” sorrise
Lussuria, evitando agilmente uno dei coltelli di Bel lanciato
distrattamente contro Squalo mentre lui si trovava casualmente sulla
sua traiettoria.
All'improvviso,
il boato di un'esplosione estremamente vicina e il rinculo di aria
calda li colpì mozzandogli il fiato: il gruppo venne
sbalzato via e
solo con una buona dose di agilità e prontezza di riflessi
tre di
loro su quattro riuscirono a non sbattere rovinosamente a terra.
Il
quarto era un Varia del Fulmine che si rialzò visibilmente
incazzato
e impolverato.
“Non
fate mosse inconsulte.”.
La
voce profonda di Mammon precedette il suo arrivo fluttuando sulla
testa di Bel.
“Dove
cazzo eri?!” gridò Squalo.
“A
sbrigare delle faccende. Reborn mi ha comunicato che le Box del
Decimo e dei suoi sono tornate in una nuova veste e questo attacco
improvviso potrebbe essere collegato.”.
Mentre
Levi, imprecando, si rialzava e tutto attorno a loro si udivano
grida, strepiti e ordini, per un attimo il tempo sembrò
fermarsi per
i Varia.
“Cosa
vuol dire che “sono tornate in una nuova
veste”?” chiese Bel.
“Vuol
dire, principe cretino, che ci siamo fatti a piedi mezza penisola per
tornare qui e vederci accogliere così non è stato
piacevole.”
Sette
erano gli esseri umani comparsi nel baluginio delle Fiamme che li
avevano ammantati, probabili responsabili di quel casino e di
quell'attacco.
Sette
tizi che quasi sicuramente avevano desiderio di morire lì,
ragionò
Squalo, che si posizionò in guardia, pronto all'attacco.
“Cosa
ti ho detto?” la voce di Mammon lo raggiunse poco prima del
calcio
del piccolo Arcobaleno: “Non fate mosse
inconsulte.”.
“VOOOOOOOOI!
Sono intrusi, Mammon! Non fare il codardo!”
strillò la Pioggia.
“Bester,
cazzo! Te l'avevo detto che ci saremmo messi nei casini!”
“Avresti
preferito restare in quel buco di paesello puzzolente
anziché
tornare a casa?!”
“Shishishi,
però sarebbe stato meglio annunciarci.”
“Non
abbiamo neppure fatto fuori nessuno dei vostri, dovrebbero darmi un
premio per la pazienza! Erano irritanti da star male e avrei voluto
rifarmi gli zoccoli su di loro!”
“Kuuuuuuuuuu,
smettetela di litigare, dobbiamo chiarire questo equivoco!”
“Pennuto,
TACI!”
Il
battibecco generale durò una manciata di minuti, minuti
durante i
quali i Varia erano rimasti basiti dalla situazione e conclusosi
perché quella che pareva essere l'unica donna del gruppo
aveva
emanato delle purissime Fiamme del Fulmine attaccando i propri
compagni e lasciandoli a terra frastornati.
Soddisfatta,
lei mosse un passo in avanti, squadrò il piazzale con
espressione
truce e poi i suoi occhi s'incantarono su Levi.
Di
botto, il suo sguardo assassino divenne miele ed ella si
lanciò in
braccio al massiccio uomo: “Levi-tesoro!”
strillò istericamente,
cingendogli il collo con le braccia sottili, “Mi sei mancato
tantissimo!”.
Le
piccole scintille che ancora le percorrevano i capelli lunghi e color
petrolio colpivano ritmicamente Levi, che ricambiò
goffamente
l'abbraccio, incerto su cosa fare.
“Livya...
Dannata...” rantolò qualcuno dei suoi compagni
ancora sotto i
postumi della violenta scossa, qualcuno con lunghi capelli bianchi e
con l'espressione truce alla Squalo; quest'ultimo lo fissava con la
bocca semi-aperta per lo stupore, al punto che il suo presunto
gemello perduto, sogghignando, lo apostrofò con un poco
gentile
“chiudi la bocca o ti entrano dentro le mosche”
prima di
rialzarsi e salire con gli anfibi sporchi sul corpo semi-privo di
sensi di un altro con corti capelli bianchi e una coroncina che si
spezzò senza pietà come un rametto secco.
“Alo!
Ti sembra il modo?!” gridò la ragazza, balzando
giù dalle braccia
di Levi: “Mink ci teneva a quella sua coroncina,
perché gliela hai
rotta?! Se poi piange, Bester s'incazza con te! Sai che non gli piace
quando maltratti il piccolo!”.
Un
secondo dopo, il grido assordante di un bambino che faceva i capricci
perforò le orecchie di tutti i presenti mentre il ragazzino
– non
poteva essere più grande di Belphegor stesso – che
era stato
calpestato, veniva prontamente abbracciato da un altro tizio, con una
lunga e vaporosa chioma biondo cenere dalle vivaci méches
blu
elettrico.
“Vogliamo
calmarci tutti?” chiese un altro di loro, biondo, vestito con
quella che pareva una divisa scolastica all'inglese completa di
blazer, che emanava tranquille Fiamme della Pioggia.
Tutto
il risentimento e la rabbia, da ambo le parti, svanirono come se non
ci fossero mai stati.
“Voi
chi siete?” domandò infine Squalo con voce
sbalordita.
“Signore,
il mio nome è Alo e loro sono i miei compagni. Siamo le
vostre
Box.”.
Un
attimo di silenzio e poi...
“Ci
state prendendo per il culo, vero?”.
§§§
Xanxus
venne svegliato poco gentilmente da qualcuno che gli era balzato
addosso con impeto, mandandolo a ruzzolare a terra giù dal
trono;
spalancati gli occhi, la prima cosa che vide fu una folta
capigliatura bianca striata di lucido nero ebano e un sorriso
completo di canini sporgenti come quelli di un felino.
“BOSS!”
gridò il singolare aggressore: “Sono
così felice di vederla!”
aggiunse, accoccolandosi sulla sua pancia.
Invece
di scacciarlo via in malo modo e magari anche riempirlo di botte fino
a fargli passare la voglia di fare certe cose, Xanxus restò
qualche
secondo con la mano alzata poi la riabbassò e
ricambiò l'abbraccio
meccanicamente.
Emanava
Fiamme del Cielo e Fiamme della Tempesta, non poteva essere un caso,
e anche lui che sul fronte intellettuale non dimostrava essere
estremamente sagace, aveva capito che qualcosa che non andava c'era.
“Bester
è così felice di vederla!”.
Bester...?
Bester
come la sua...?
Bester...?!
“Boss,
sono io! Posso assicurarglielo! Ecco, si sdrai sul mio fianco. Non
sarà comodo come quando avevo il pelo ma...”
Il
Capo dei Varia scattò e i ruoli si invertirono, Bester venne
placcato con le spalle a terra e Xanxus sopra di lui con gli occhi
pieni di furia.
“Dove
cazzo siete stati?!” ringhiò.
“Oh
beh... Prima ci hanno rubati...” iniziò la Ligre,
sbadigliando:
“Poi ci siamo ritrovati umani e nudi in un laboratorio.
C'erano
anche degli altri oltre a noi; ci conosciamo tra di noi Box e posso
giuuurare che fossero le Box della Decima, il piccolo Natsu
è stato
modellato su di me, è come se fosse il mio piccolo e tenero
fratellino. Ma loro dormivano e comunque non sono rimasti molto con
noi.”.
Bester
era spaventato.
Certo,
non come quando si era ritrovato improvvisamente un ibrido
perchè
ehi, il suo Boss era stato abbastanza ubriaco da immettere entrambe
le sue fiamme nella Box al punto da cambiare la sua struttura fisica
ma poco ci mancava.
Il
piccolo recinto confinante col loro, che fino a poco prima aveva
tenuto in animazione sospesa i corpicini di Natsu e dei suoi adesso
era vuoto, i suoi compagni erano privi di sensi e lui era l'unico che
poteva eventualmente combattere per difendere sé stesso, Alo
e gli
altri, Scuderia e Alfin compresi, i quali erano abbandonati a pochi
passi da loro nella zona di contenimento che era stata approntata
apposta per evitare che potessero usare le Fiamme.
Aveva
un mal di testa fotonico e tanta voglia di azzannare qualcuno alla
gola.
Ricordava
a malapena il momento in cui si era risvegliato per la prima volta:
braccia e gambe al posto delle sue quattro zampe, un freddo insolito
data la mancanza del proprio folto pelo e soprattutto la
possibilità
di parlare, da subito sfruttata per insultare e bestemmiare alla
ricerca di qualcuno abbastanza stupido da dargli retta ed incauto da
liberarlo.
Ma
nessuno si era scomodato, oggi così come allora.
Ora
era veramente solo e sfiduciato.
“Poi
siamo riusciti a liberarci, non so come, e abbiamo raso al suolo
tutto. Saresti stato fiero di noi! Anche quel ronzino e il pesce ci
sono stati d'aiuto.” precisò Bester.
Senza
dire nulla, Xanxus si alzò, dirigendosi verso l'elegante
armadietto
dei liquori: ignorò i bicchieri e strappò coi
denti il tappo del
whisky inglese stravecchio che serbava per le grandi occasioni.
La
bottiglia si svuotò per metà e il liquido
gorgogliò lungo
l'esofago fino allo stomaco in una manciata di secondi netta.
§§§
Quando
Bester guidò Xanxus fuori dalla stanza verso la sala
principale
della base, il Boss dei Varia sembrava parecchio di cattivo umore.
Ambedue
giunti lì, e trovati i rispettivi compagni, più
Scuderia ed Alfin
che restavano in un angolo, vennero accolti da grida e strepiti degni
di una stalla, con Mink e Bel che si adoperavano a fare i peggio
scherzi ai danni di Alo e del suo padrone.
“Alzate
il culo.” intervenne Xanxus.
“Dobbiamo
andare.” soggiunse Bester.
“VOOOOOOOOI!
E dove dovremmo andare?!”
Padrone
e Box si scambiarono un'occhiata, poi...
“Prima
dai Cavallone a riportare il ronzino e poi a cercare quelli del CEDEF
per il pesce.” ribattè Bester.
“IO
NON SONO UN PESCE!” gridò Alfin esasperato.
“Come
no?” rise Belphegor, mentre giocherellava a mettere la
propria
tiara in testa ad un allegrissimo Mink: “Hai la
pinna!”
“Non
ho finito.” Xanxus era estremamente livido in viso e pronto
ad
esplodere: “Dobbiamo poi andare in Giappone. Ordini del
Nono.”.
“Che
bello! Andiamo a salutare Tsu-chan?” chiese Lussuria.
NOTE
DEL LEMURE
Capitolo
breve rispetto agli altri ma so che in molti attendevano questo
incontro – e ancora non avete visto nulla – mentre
per le
disavventure di Tsuna e compagni più le Box dovrete
aspettare ancora
un pochino ino.
Soprattutto
so che volete sapere che regalino sia stato fatto
ad Hibari e
da chi.
Il
10 arriverà il più presto possibile.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 - Stato d'Allerta ***
BOX
HUMAN
CAPITOLO
10
STATO
D'ALLERTA
Scortato
dai piani alti della direzione del CEDEF, lo stato maggiore della
Famiglia Cavallone entrò nell'ufficio principale del
complesso, quello di Iemitsu Sawada; quest'ultimo sembrava
estremamente teso mentre Basil, al suo fianco, gli parlava
velocemente e sottovoce, quasi allarmato.
Al
loro ingresso, tuttavia, il Giovane Leone dei Vongola interruppe la
discussione col proprio sottoposto e gli consegnò un plico di
documenti prima di congedarlo in fretta; alzatosi per accoglierli,
strinse la mano a Dino: “Mi scuso per i modi bruschi,
Cavallone, ma dovevamo fare in fretta per portarvi qui in tempo e per
assicurare la vostra sicurezza. Ci è arrivato un messaggio
sulla rete criptata dei Varia, stanno venendo qui su ordine del Nono
con delle novità sulla scomparsa di Alfin e Scuderia ma non ci
hanno dato molti dettagli. Xanxus sembrava più furente del
solito, e preoccupato.”.
Con
un cenno di assenso, Dino si sedette sulla poltrona più
vicino, accavallando le gambe mentre Romario e i suoi facevano
quadrato attorno al loro Boss: “Reborn ha detto che
Tsuna-otooto e gli altri si sono riuniti agli Shimon e che anche per
loro vale lo stato di allerta, ma essendo assieme è abbastanza
convinto che possano proteggersi da soli ed eventualmente reagire a
un attacco. Per ora, comunque, sono al sicuro, ci penserà lui
a loro. Tuttavia, benchè le loro Box siano scomparse da un
giorno all'altro come le nostre, sono già tornate...”
“...in
forma umana, sì. Reborn ce lo ha comunicato. Non riesco a
immaginare come possa essere successo.” Iemitsu si sedette
stancamente alla scrivania e si massaggiò le tempie nel
tentativo di riflettere su quanto stava accadendo, benchè non
ci avessero ancora capito granchè, malgrado le lunghe e
snervanti ricerche: tutto taceva, perfino i nemici storici dei
Vongola sembravano essere scomparsi nel nulla e nessuno osava
respirare; “Il Nono sembrava tranquillo ma ho una brutta
sensazione.” concluse l'uomo.
In
quel momento, Basil rientrò portando con sé un vassoio
con caffè e tè: “Spero soltanto che Alfin stia
bene...”, la Pioggia del CEDEF non aveva preso molto bene la
scomparsa della propria Box - malgrado non fossero assieme da molto
tempo avevano stretto un forte legame – e non ne faceva
mistero, “Se le Box di Tsuna-dono e degli altri sono state
restituite, allora perchè tenere ancora le nostre?”.
Iemitsu
si era posto parecchie volte quella stessa domanda: pur essendo
Fiamme pure, era innegabile che le Box della Decima Generazione
fossero di gran lunga più potenti e versatili di Alfin e
Scuderia in un'eventuale aggressione, allora perchè
restituirle e tenersi “armi” nettamente inferiori quanto
a potenza?
“E'
inutile sprecare energie in congetture.” intervenne Dino,
accettando la tazza di caffè e uno dei biscotti che Basil
aveva posto sul vassoio: “Aspettiamo che arrivino Xanxus e i
suoi e valuteremo la situazione, non ha senso continuare a pensare a
soluzioni, non abbiamo niente in mano che ci possa aiutare.”.
“Signore,
Xanxus-dono e i Varia stanno per atterrare sul tetto, ho organizzato
una squadra di operativi per accoglierli.” disse Basil,
servendo Iemitsu: “Saranno qui tra pochi minuti.”
aggiunse.
Sawada
annuì con un sospiro prima di sporgersi verso l'interfono che
lo collegava all'ufficio operativo nella stanza accanto, dove sapeva
per certo di trovare sia Oregano che Lal: “Quando saranno
atterrati, accompagnate qui Xanxus e i suoi, cercate di non farli
incazzare, non voglio dover far ripulire i corridoi dal sangue.”.
“Sarà
fatto, Signore.” rispose Oregano dall'altra parte: “Ho
già allertato la squadra medica, nel caso.”.
“Grazie,
speriamo solo che non serva. Sawada, chiudo.”
“Sawada-san,
pensa che dovremmo raggiungere il Decimo per dargli supporto?”
intervenne Romario.
“Nel
caso servisse, una squadra è già in standby ma per ora
è meglio attendere. Non voglio bruciare un eventuale vantaggio
tattico; non verremo attaccati direttamente, di questo ne sono certo,
aspettiamo l'evolversi degli eventi. Quel che è sicuro è
che la Decima Generazione non verrà lasciata sola in prima
linea e verrà soccorsa e supportata al bisogno. Mettere in
campo tutte le forze, tuttavia, potrebbe essere un punto a nostro
svantaggio.”.
Nella
stanza scese il silenzio mentre i presenti, ciascuno immerso nei
propri pensieri, attendeva – con l'orecchio teso –
l'arrivo degli ospiti; nel momento in cui, al di là della
porta, si udirono i passi pesanti di stivali da combattimento e bassi
bisbiglii agitati, Iemitsu Sawada si alzò in piedi, subito
imitato da Dino e da Basil.
La
porta venne aperta senza troppe cerimonie e, sulla soglia, comparve
Xanxus: “Ben arrivati.” salutò Iemitsu, facendo
loro un cenno per invitarli a entrare, “E' stata una
convocazione improvvisa ma ci sono delle situazioni piuttosto gravi
di cui dobbiamo discutere, per ordine del Nono.”.
“VOOOOOOI!
Lo sappiamo già! Il messaggio è arrivato anche a noi!”
Squalo si portò al fianco di Xanxus, osservando i presenti con
sguardo irritato: “In che guaio si sono cacciati i mocciosi
stavolta? Io in Giappone a salvargli il culo non ho intenzione di
andare!”.
“Educato
come sempre, eh, Squalo?” sorrise Dino.
“VOOOOOOI!
Cosa cazzo vuoi, Cavallone?!”.
“Se
si tratta di Tsuna, sono sempre in prima linea.”.
“Diamoci
una calmata e sedetevi.” Iemitsu si massaggiò la fronte,
presagendo un'emicrania in arrivo.
“Siediti,
Feccia.” Xanxus mollò un calcio nelle caviglie a Squalo:
“Visto che siamo stati convocati, prima sentiamo quello che
hanno da dire, prima consegnamo il pacco e prima possiamo tornarcene
a casa.”.
“Di
che pacco parli?” chiese Iemitsu, alzando di scatto la testa:
“Se è una bomba, potete anche tenervela, non ho
intenzione di spiegare al Nono che avete buttato giù il
palazzo del CEDEF.”.
“VOOOOOOOI!
Chi credi che siamo, barbari?! E noi che siamo venuti fin qui solo
per loro!”.
“Squ-chan,
forse è meglio se ci sediamo e parliamo con calma.”
Lussuria si era messo tra il Comandante e il Consulente esterno,
sorridendo: “Anche se credo che ci serviranno altre sedie, non
bastano per tutti.”.
“Avete
portato anche i vostri uomini? Temevate che vi attaccassimo?”
intervenne Basil: “Non l'avremmo mai fatto!”.
“Non
è proprio così, piccolo.” flautò il Sole
dei Varia, facendo un cenno a un gruppo di persone che stavano in
fondo al gruppo, sorvegliate da Oregano e Lal, quest'ultima sembrava
avesse visto un fantasma, vista l'espressione confusa e spaventata
che mostrava il suo viso: “Questa mattina, prima che arrivasse
il vostro messaggio e quello del Nono, abbiamo ricevuto una visita
molto particolare. Ci sembrava scortese lasciarli a casa e quindi li
abbiamo portati con noi.”.
Davanti
a Dino e Iemitsu, fece la propria comparsa un gruppo di personaggi,
ai loro occhi stranamente familiari: “Non siate timidi, Mama
Luss è qui con voi.” aggiunse, dando una pacca sulla
schiena di quello più vicino.
“Iemitsu-dono,
è un piacere rivederla.” fu Alfin il primo a rivolgere
il proprio rispettoso saluto con un cenno della testa: “Ci
scusiamo per aver creato scompiglio e preoccupazione ma siamo stati
vittime di un rapimento e siamo riusciti a tornare indietro solo
nella giornata odierna.”.
“Ma
come parli, pesciolino? Uishishi!”
“Così
ho imparato dal mio padrone. Sentiamo, come ti rivolgi al tuo?”
“Mink
è un principe come me, trattalo come tale, uishishishishi!”.
Sotto
lo sguardo sconvolto dei Cavallone e del CEDEF lì riunito in
quella stanza fin troppo piccola e soffocante, gli ospiti dei Varia,
dagli atteggiamenti del tutto simili ai loro, cominciarono a
battibeccarsi, senza curarsi troppo della situazione in cui si
trovavano.
Alfin
e Mink, che non avevano smesso un momento di punzecchiarsi per tutto
il viaggio in elicottero, venivano trattenuti a stento da Mama Luss e
da un membro della sicurezza, incapaci di restare tranquilli per più
di una manciata di secondi.
“Levi-tesoro,
davvero dobbiamo restare qui? Questo posto non mi piace.”,
Livya, con voce lamentosa, si aggrappò alle spalle del proprio
Fulmine, ondeggiando la lunga chioma dalla quale saettavano di quando
in quando piccoli fulmini verdi: “Se il Boss ordina, dobbiamo
restare qui.” le rispose lui, “Non dovresti seguire gli
ordini della Box del Boss?”
“Bester?
Se non dà ordini, siamo liberi di fare come ci pare. E io
preferisco seguire i tuoi~”.
Dal
fondo della stanza, Bester lanciò un piccolo ruggito –
nonostante la trasformazione in essere umano, era una caratteristica
che gli era rimasta, oltre alle Fiamme – e si sbracciò
per attirare l'attenzione di Dino: “Cavallone! Che bello
vederti! Pensavamo di dover venire fino alla vostra base operativa
per riportarvi Scuderia! Vieni a dargli delle Fiamme, non ha una
bella cera.”
A
quelle parole, Dino sgranò gli occhi stupefatto e scattò
in piedi: “Cosa vuoi dire?!”.
In
risposta, Bester si spostò da dietro la schiena di Xanxus; tra
le braccia, portava Scuderia, coi lunghi capelli biondo cenere che
gli ricadevano sulle guance pallide: “Non possiamo nutrirci
come voi, abbiamo bisogno delle Fiamme del nostro elemento per
mantenerci in vita. Siamo evasi e non abbiamo avuto nutrimento per
quasi 48 ore, di Alfin si è occupato Squalo ma Scuderia si è
rifiutato di accettare l'aiuto del Boss, non si nutre da più
di 50 ore.”, nel dirlo, Bester sembrò rabbuiarsi.
Come
un insetto attratto dalla fiamma di una candela, Dino si lanciò
sulla propria Box priva di sensi e, aiutato da Romario, la fece
sdraiare sul divanetto più vicino: “Come devo fare?”
chiese con tono serio e concentrato; Lussuria li raggiunse e prese le
mani del Boss dei Cavallone tra le proprie: “Infiamma l'Anello
che hai al dito, Dino-chan e avvicinaglielo alla bocca~.” disse
lui, guidandolo passo per passo, “Starà bene, te lo
prometto~.”.
“Prima
o poi li accoppo tutti e neppure Reborn potrà fermarmi...”
levitando sopra le teste dei presenti, Mammon andò a poggiarsi
sulla spalla di Xanxus con aria scocciata: “Reborn ha
contattato tutti noi Arcobaleno per metterci in guardia in merito
all'accaduto ma, nel frattempo, le Box mancanti sono riuscite a
scappare e si sono dirette alla nostra Base. ”.
Ancora
scosso per quegli eventi incredibili che sembravano evolvere di ora
in ora e con risultati imprevedibili, Iemitsu era tuttavia
consapevole di dover prendere in mano la situazione: “Cavallone-san,
Oregano ti guiderà in infermeria dove potrete occuparvi di
Scuderia nella maniera più adeguata.” disse, facendole
un cenno con la testa.
“Boss,
lo porto io.” si offrì Romario, sollevando con facilità
il corpo della Box: “Torniamo appena possibile.”
aggiunse, precedendo Dino all'esterno; quest'ultimo lo seguì
senza voltarsi neppure una volta, concentrato com'era sulle
condizioni di Scuderia.
Tuttavia,
nonostante Bester fosse rimasto vicino ai Cavallone per vegliare su
Scuderia – malgrado non appartenessero alla stessa Famiglia,
Bester era un leader nato e si era subito messo alla testa di quel
variegato gruppo di fuggitivi e Scuderia era un suo compagno in quel
frangente -, non aveva seguito Dino e Romario ma era rimasto nella
stanza, lo sguardo esausto e puntato nel nulla; meccanicamente, andò
a sedersi sul divano occupato poco prima e si lasciò andare
con un sospiro.
Senza
dire niente, Xanxus lo avvicinò; restò davanti a lui
per qualche secondo prima di dargli un colpo con la mano sulla
fronte: “Non fare quella faccia da idiota.” lo rimproverò
lui, “Guardami.” aggiunse, sollevandogli il mento con due
dita, “Abbiamo ancora del lavoro da fare, sei il loro capo,
comportati come tale.”.
Bester
annuì con un sorriso forzato: “Sì, Boss. Hai
ragione, Boss.”.
Xanxus
lo prese per il braccio e lo strattonò, obbligandolo ad
alzarsi: “Spalle dritte e sguardo deciso, marmocchio.” lo
rimproverò, scrollandolo con decisione.
Bester
si diede piccoli schiaffetti sul viso nel tentativo di rischiararsi
le idee e allontanare quella cappa opprimente di tristezza e
indecisione e, nel farlo, alzò lo sguardo e incontrò i
visi dei compagni rimasti, anche Alfin lo guardava: tutti loro
aspettavano una sua parola, un suo gesto e quelle espressioni decise
furono il catalizzatore per le sue azioni successive.
Non
aveva ancora portato a termine il suo compito, c'era davvero ancora
parecchio da fare.
“Hai
ragione, Boss.” ripetè, questa volta con più
convinzione; con tre larghi passi raggiunse Alo, che gli si posizionò
alla destra mentre Mink, aggrappato alle spalle di Kuu, ridacchiava
allegro con una coroncina nuova di zecca, dono di Belphegor.
“Finalmente
ti sei svegliato.” Livya prese Alfin sottobraccio e lo condusse
in mezzo al gruppo, posizionandosi con lui alle loro spalle: “Temevo
di doverti venire a tirare le orecchie.”.
“Livya,
Livya, sii rispettosa del nostro Boss, tesorino.” Kuu le diede
un bacio sulla guancia: “Aveva soltanto bisogno di una
spintarella, diciamo.”.
Livya
scrollò le spalle e voltò il capo dall'altra parte
rispetto al compagno di squadra: “Nessuno rispetta Bester più
di me.” borbottò lei, poggiandosi con la fronte contro
la spalla della Ligre, “Lo so, Livya, lo so. Non sono
arrabbiato, è che sono preoccupato per Scuderia.”
rispose Bester, senza voltarsi.
“Stupido,
il Ronzino ha la pellaccia dura. Andrà tutto bene.” Alo
si ravvivò i capelli argentei e fissò Iemitsu che era
rimasto in piedi, a bocca aperta.
“Mi
sono stancato di vedere forni spalancati al nostro passaggio, non
siamo pagnotte, chiudi la bocca, Sawada, oppure le mosche faranno le
uova nella tua scatola cranica, credo ci sia abbastanza spazio per
ospitarne qualche migliaio.” sbottò la Box Varia della
Pioggia: “.
“Alo,
calmati, per piacere. Siamo tutti qui per la stessa ragione.
Arrabbiarsi non aiuterà né noi né Natsu e gli
altri piccolini.”, Kuu si era fatto sentire in mezzo a loro:
“Mama può confermare, siamo le Box della Squadra
Assassina Indipendente dei Vongola, accompagnate da Alfin del CEDEF e
Scuderia dei Cavallone.”.
Iemitsu,
dopo l'avvertimento di Alo, aveva sì chiuso la bocca ma la
piega che gli eventi stavano prendendo lo portava ad avere
un'espressione altrettanto stupefatta e incredula: “Capiamo che
sia difficile da accettare.” aggiunse Bester.
“Quello
che forse il nobile Iemitsu sta valutando,” intervenne Basil,
pallido ma controllato nei gesti e nelle parole: “è
l'enormità della cosa. Non si è mai sentito qualcosa
del genere, per quanto ne sappiamo questa situazione è del
tutto nuova e non disponiamo di elementi atti a comprendere le
implicazioni di tutto questo e-”
“Taglia
corto, piccoletto, che sennò facciamo notte, shishishishi.”
Mink gli lanciò una pallina di carta, che lo colpì in
mezzo alla fronte: “Il Vecchietto ci ha detto di venire qui e
poi andare in Giappone per parlare con Natsu e gli altri e
confrontarci sull'accaduto.”.
“Natsu
è la Box del Decimo Boss.” precisò Kuu con un
sorriso del tutto simile a quello di Lussuria: “Vogliamo anche
essere sicuri che stiano bene e che non gli abbiano fatto del male.”.
“Se
quei bastardi hanno toccato il pulcino-”
“Alo,
Jiro e Kojiro staranno sicuramente bene.” Bester gli diede una
pacca di conforto sulle scapole: “Sanno difendersi e poi sono
tutti insieme come lo siamo noi, Natsu e Uri non permetteranno a
chicchessia di toccare il Decimo o i loro compagni.”, Bester
era davvero convinto delle sue parole, aveva visto cos'erano in grado
di fare e sapeva che sarebbero stati benone fino al loro arrivo;
dopodichè, sarebbero stati una forza inarrestabile.
Con
le tempie che pulsavano, segno di un mal di testa imminente, Iemitsu
si sedette alla scrivania, intrecciando le dita davanti alla bocca;
squadrò i presenti per qualche istante – nel frattempo
Scuderia e Dino erano tornati dall'infermeria, scortati da Oregano e
Romario – poi sospirò, puntando lo sguardo su Bester:
“Dimmi ogni cosa, e non tralasciare niente.”.
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