Analisi di un Assassino

di supercake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Radio Gotham ***
Capitolo 2: *** Asylum ***
Capitolo 3: *** Cella n. 053 ***
Capitolo 4: *** Un caffè con il Pinguino ***



Capitolo 1
*** Radio Gotham ***


Gotham City. Mattina.
 
Sono le 6 e 50 e, come sempre, restate con noi per il vostro Gotham morning news!”
 
La radio sveglia di Harleen gracchiava euforica come tutte le mattine e lei nel contempo malediva se stessa per essere stata sveglia fino a tardi. Guardò fuori dalla finestra, il cielo si stagliava grigio sui palazzi di Gotham. Una pioggia sottile bagnava le strade e le luci delle case vicine iniziavano ad accendersi una dopo l’altra.
 Le piaceva immaginare la vita quotidiana di ognuno di loro. Si sedette sul letto e si perse nei suoi pensieri fantasticando sugli abitanti del palazzo di fronte al suo appartamento, convincendosi che sicuramente qualcuno di loro aveva fatto tardi la notte prima e che, come lei, sentiva ancora girare la testa dal sonno. Le dava l’idea di essere meno sola e più appagata al pensiero che qualcuno tra i vicini fosse nelle sue stesse condizioni fisiche.
Mentre la radio trasmetteva una canzone dal ritmo allegro, finalmente la ragazza decise di alzarsi, dirigendosi subito verso la macchina del caffè.
 
Sono le 7:00 e qui in studio è il vostro Jack Ryder che vi parla, in compagnia della nostra inviata sul posto Vicky Vale. 
Vicky dove ti trovi oggi?
 
Buongiorno Gotham, e buongiorno Jack! Mi trovo di fronte ai cancelli del manicomio di Arkham, insieme alle volanti della polizia e al commissario Jim Gordon.  Preparati a saltare la rubrica di stile e gossip, Jack,  perché le notizie dell’ultima ora riferiscono che questa notte, tra le 3:00 e le 4:00, il criminale pluriomicida che si fa chiamare Joker, è stato catturato da Batman e portato alla stazione di polizia. Secondo gli ultimi rapporti Joker stava piazzando una serie di esplosivi a Jezebel Plaza, aveva con se anche una decina di ostaggi. Ci risultano tra questi 3 feriti. Il clown non ha comunque portato a termine l’attentato grazie al pronto intervento di Batman che in seguito sembra aver deciso di scortare personalmente il clown all’interno del manicomio di Arkham. Siamo infatti fuori dai cancelli ad aspettare il loro arrivo… ma aspetta Jack! Si sta avvicinando Gordon! Forse riesco a fargli rilasciare una dichiarazione in diretta.”
 
“Non abbiamo dubbi sulle tue capacità Vicky! Intanto questa mattina i cittadini di Gotham si sono svegliati grazie a Batman con una Gotham decisamente più sicura. Negli ultimi tem…”
 
“Eccomi Jack!  Sono con il commissario Jim Gordon! Commissario vorremo sapere il suo parere riguardo gli eventi di questa notte, o meglio di questa mattina.”
 
“ Non ho niente da dire che lei sicuramente non sappia già signorina Vale”
 
“Ma secondo lei è stata una buona idea far scortare il Joker dallo stesso Batman”
 
“Se mi permette signorina Vale, penso che nessuno risulti meno adatto di lui a tale mansione, stiamo solo aspettando che il manicomio ci dia l’ok per riuscire a fare accedere un criminale di tale livello al suo interno. Ci sono delle procedure ben precise da seguire in questi casi e..”
 
“Il Joker è già fuggito varie volte dai suoi luoghi di detenzione, siete sicuri che non farà lo stesso?”
 
“ Siamo certi che grazie alle ultime manovre di sicurezza non ci saranno ulteriori problemi. Abbiamo collaborato con tecnici e ingegneri della Wayne Enterprises per alzare ulteriormente i  sistemi di sicurezza, e il personale medico, infermieristico, e addetti ai trasporti e alla sicurezza sono stati seguiti attentamente nella loro formazione”
 
Harleen  si era bloccata con la tazza di caffè in mano, senza ancora averne bevuto un sorso.
Il Joker dentro al manicomio per il quale lavorava! Avrebbe potuto scriverci un libro che forse le avrebbe fatto vincere anche un bel po’ di premi se solo le venisse assegnato come paziente.
Doveva averlo. Doveva scavare in quella mente malata e trarre fuori da lui il più spettacolare caso clinico mai studiato. Magari avrebbe coniato anche un metodo psichiatrico di analisi: “Il metodo Quinzel”.  Non stava più nella pelle. Doveva essere SUO!
Corse verso lo specchio della camera da letto per prepararsi, con Quincy Sharp a dirigere la baracca sarebbe stata una passeggiata ottenere quello che voleva, bastava solo saperlo prendere, e lei certamente sapeva come prendere gli uomini.
Indossò un tubino nero, che le arrivava a malapena a metà coscia, stretto in vita, che le metteva in risalto il suo corpo tonico e slanciato. Analizzò la scollatura, aveva un seno prosperoso e se aveva proprio intenzione di giocare sporco non si sarebbe dovuta risparmiare.
Si ammiccò allo specchio e sfilò da sotto il vestito il reggiseno rosso che portava. Sharp le sarebbe crollato ai piedi. Per finire raccolse i suoi biondi e lunghi capelli in una coda ordinata e diede risalto ai suoi occhi azzurri con del mascara nero.
 
Ecco Batman che sta trascinando fuori il criminale dal veicolo che sta…ridendo?”
 
Cazzo era in ritardo! Prese al volo il rossetto rosso e le scarpe e si precipitò fuori dall’appartamento, diretta alla sua macchina.
 
Grazie Vicky per gli ultimi aggiornamenti. Qui è Jack Rider, rimanete in contatto con noi per ulteriori novità. Via alla pubblicità!”
 
 
 
Ed ecco la fine del mio pilot. Vorrei un vostro parere nei commenti per valutare se continuare o meno con i capitoli.
 
“Qui è la vostra supercake in diretta da Arkham che vi dice alla prossima!”
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Asylum ***


Arkham Asylum h 8:00
 
Harleeen lasciò la macchina in tutta fretta nel parcheggio dei dipendenti. Si infilò le sue mary jane nere e si diresse, correndo, verso la porta di ingresso del personale medico-sanitario, sfilando nel contempo il suo badge dalla borsa. Ad attenderla c’era una guardia ben piazzata.
 
“Buongiorno Dottoressa Quinzel. Ha sentito le ultime novità?”
 
“Buongiorno ehm…” Harleen lesse il cartellino identificativo dell’addetto alla sicurezza.
 
“…Richardson. Ho sentito alla radio appena sveglia e infatti avrei una certa fretta se non le dispiace”
 
La guardia alzò il sopracciglio destro, evidentemente perplesso e prese la borsa che la dottoressa gli stava porgendo.
Harleen notò inoltre che la guardia si era, con gli occhi, soffermata eccessivamente  sulla sua prorompente scollatura e mimò due colpetti di tosse per farlo desistere.
Harleen Quinzel, pensò tra sé la ragazza, se questo è l’effetto suscitato su una giovane guardia, il direttore Sharp penderà letteralmente dalle tue labbra e Joker sarà tuo!
Sorrise mentalmente pregustandosi quella presunta e prossima vittoria.
 
“Doc, può andare e… faccia attenzione”
 
“Non si preoccupi Richardson, so perfettamente badare a me stessa!”
 
Si diresse verso gli spogliatoi e afferrò al volo il suo camice da medico, per poi andare verso il blocco di detenzione A, dove venivano portati i pazienti più pericolosi, e fu proprio lì, nel corridoio riservato al trasporto dei detenuti di alto livello, che  lo vide. Era legato su una barella con la camicia di forza, gli occhi verdi, inespressivi, penetranti e spaventosi. I capelli, anch’essi verdi gli ricadevano scomposti sul viso, quello stesso viso deturpato da due cicatrici agli estremi delle giunture delle labbra, che andavano a formare il suo eterno e angosciante sorriso. Il trucco intorno agli occhi era ormai sbiadito, così come il colore rosso delle labbra e il cerone bianco del viso. 
Il corridoio si presentava abbastanza affollato. C’erano quattro guardie armate a trasportare la barella, due medici che si tenevano a distanza di sicurezza e una giovane infermiera, probabilmente terrorizzata, ma che riusciva a mantenere uno stato di fermezza ammirabile. Poco più indietro c’era il direttore Quincy Sharp, intento in una fitta conversazione con il commissario Gordon, seguito anch’egli da sei poliziotti della GCPD.
Nonostante la piccola folla che adornava il corridoio, gli occhi del Joker non guizzavano da una parte all’altra della stanza. Il suo sguardo era fisso su un’unica persona: Batman.
Harleen si sentì cedere le gambe ed iniziò a dubitare si sé stessa. Forse non era pronta per una tale sfida, in fondo si trattava del principe del crimine e sapeva che alcuni dei suoi colleghi erano morti nel tentativo di psicanalizzarlo. La presenza di Batman però riuscì a infonderle coraggio. Si stagliava alto, scuro e minaccioso nella stanza, il pugno sinistro serrato, come pronto a colpire.
Harleen sospirò e si diresse con passo fermo verso il Dirett. Sharp.
 
Signor Sharp!”
 
Il direttore si girò subito, e una volta riconosciuta la sua interlocutrice le abbozzò un sorriso.
 
“Dottoressa Quinzel! Vedo con piacere che non ha tardato a verificare di persona la veridicità delle notizie. Posso presentarle il commissario Jim Gordon?
Jim, lei è la dottoressa Harleen Quinzel, una delle più giovani e promettenti psichiatre del nostro istituto. Ritengo tutt’ora un miracolo la sua lettera di assunzione.”
 
Gordon la squadrò, probabilmente contrariato per il fatto di essere stato interrotto nel suo colloquio con Sharp, nonostante ciò le tese la mano destra, pronto a ricevere la stretta di Harleen.
 
“ Piacere di conoscerla commissario Gordon… Direttore Sharp, ho una richiesta urgente da farle, riguarda la presa in carico del nuovo paziente. Sono seriamente interessata al caso. Vorrei testare un particolare piano di assistenza volto alla studio del paziente tramite colloquio, e vorrei studiare i vari riscontri da parte dello stesso paziente per individuare la linea guida più adeguata in tale operazione. Mi sento pronta ad una tale sfida e vorrei avere  l’opportunità di stupirla”
 
Gordon non sembrava affatto sorpreso della richiesta, a differenza di Quincy che era rimasto ammutolito. Per tutto il tempo i suoi viscidi occhi non avevano fatto altro che vagare dalle gambe alla scollatura della ragazza, ma ora erano fissi negli occhi di lei.
 
“Beh… è un incarico pericolo Quinzel. Sei sicura di averne le capacità? Potresti farti seriamente male, inoltre..”
 
Harleen lo interruppe.
 
“Mi lasci qualche seduta con lui per testare le mie competenze, e se sentirò di non esserne in grado mi farò da parte”
 
Quincy continuò a guardarla fisso negli occhi, ma alla fine cedette.
 
“Va bene, ma la avverto che non desisterò a sollevarla dall’incarico se dovessero subentrare problemi”
 
Harleen cercò di trattenere l’euforia. Non facendo caso alle repliche di Gordon.
 
Ci sei riuscita Harl! E’ tuo! TUO!
 
Ringraziò Sharp e si congedò da direttore e commissario per dirigersi nel suo ufficio, ma non fece in tempo a voltarsi che una voce divertita la costrinse ad alzare lo sguardo.
Era lui.
 
“ Hey bambolina! Si proprio te! Quindi sarai la mia strizzacervelli eh? AHAHAHAHAHAHAHA Quindi, quindi quel bel davanzale sarà tutto per me? Mi dispiacerà un po’ rovinarlo! Che dici Batsy? Se vuoi ci giochiamo insieme! Non sono tipo da prestare le bambole ma con te Batsy farei un’eccezione. Non sto più nella pelle, o forse nei pantaloni? Eh Batsy? Ohhhh dimenticavo che arrossisci tutto quando si parla di sesso! Forse ti farebbero bene due o tre settimane qua dentro con me, potrei aiutarti a risolvere i tuoi problemi con la sessualità! AHAHAHAHAHA”
 
Il pugno del pipistrello affondò nel viso del clown, rendendolo privo di sensi.
Harleen invece era bloccata in piedi. Le gambe le tremavano ma non volle farlo vedere. Cercò di mantenere la calma e, modulando il respiro, si diresse verso il suo ufficio pensando che in fondo se la fosse cercata.



 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Cella n. 053 ***


Ufficio di Harleen Quinzel.
 
Harleen sollevò finalmente la testa dal fascicolo del Joker. Era stata tutta la mattinata a studiarlo cercando di trarne fuori un profilo psicologico sul quale lavorare.
Finalmente decise di alzarsi dalla sedia posta di fronte alla scrivania, spense il computer e si diresse verso una delle finestre del suo ufficio che davano sull’orto botanico dello stabile. Aprendola si sentì sollevata dall’aria fresca che pervase la stanza. Rimase un po’ di tempo a fissare il giardino variopinto, una piccola oasi di colore in mezzo al grigio del manicomio. Frugò con la mano destra nel taschino del camice fino a trovare una sigaretta. L’accese ed inspirò profondamente.
 
Ok Harleen. Non è il primo caso difficile che ti si pone davanti, ricordi il Dott Crane? Tutti pensavano che ci avresti rinunciato e invece ti sei guadagnata a poco a poco la sua fiducia, fino a farlo aprire completamente. Hai condiviso le sue paure usando la tua empatia…Ma che cazzo vado a pensare? Usare l’empatia con un soggetto come il Joker?
Sociopatico. Istrionico. Narcisista. Completamente disinteressato a chi e quante persone deve uccidere per i suoi scopi. Vede l’umanità come tanti microscopici insetti, da schiacciare per divertimento, per sbaglio o perché casualmente si trovano in traiettoria con la sua scarpa.
Non devo farmi prendere dal panico.
Niente Panico.
 
Diede l’ultimo tiro di sigaretta prima di girarsi, decisa, in direzione della porta.
 
Harleen Quinzel sei una bomba di ragazza e avrai il tuo fottutissimo libro prima della fine dell’anno.
 
Uscì dall’ufficio e si diresse verso il front office delle infermiere. Era un bancone lungo, su cui posavano una serie di computer posti in preciso ordine, uno vicino l’altro. Dietro si apriva la farmacia con tutta una serie di armadi chiusi a chiave. Lateralmente ad essa una porta che dava nel loro cucinotto, dove le infermiere erano solite mangiare, bere caffè e fumarsi qualche sigaretta tra le varie pause.
Erano un gruppo compatto di ragazze molto giovani, a volte le dispiaceva per loro e si domandava cosa le avesse portate a esercitare la loro professione in un posto come questo. Forse la paga, o forse non avevano trovato di meglio in questa città marcia, indipendentemente dalle loro motivazioni individuali, Harleen le reputava indubbiamente indispensabili per il manicomio.
 
“ Dottoressa Quinzel ha bisogno?”
Le si avvicinò prontamente Maggie Roberts, un’infermiera molto carina con la quale Harleen lavorava bene. Maggie era alta, con un bel viso luminoso e dei capelli di un colore ramato chiaro. Nonostante sembrasse debole, Harleen si dovette ricredere più volte riguardo la sua prontezza, forza e autocontrollo.
Faceva proprio al caso suo.
 
“Maggie devo recarmi dal mio nuovo paziente in carico. Ho bisogno che tu e qualche guardia mi accompagnate. Tieniti pronta con i sedativi e non fare nulla a meno che non sia io a dirtelo. E’ la prima volta che cerco di avere un colloquio con lui e non sono a conoscenza, nel dettaglio delle sue reazioni.”
 
E per la prima volta, Harleen, vide la collega vacillare nella sua fermezza.
 
“ Harleen sei sicura? Non vorrai mica entrare dentro la cella da sola?”
 
Harleen le rivolse un sorriso che voleva essere il più possibile rassicurante.
 
“Stai tranquilla. In fondo non può essere così tanto peggio di altri no?”
 
Maggie non sembrava troppo rincuorata, ma nonostante ciò si diresse verso il kit di sedazione.
 
“Quando vuole Doc”
 
 
 
 
Cella n 053
Matricola Paziente : 00897
Livello detenzione: Massimo
 
 
Harleen si trovò di fronte alla porta blindata della cella di isolamento.  Si sentiva euforica e spaventata al contempo. Volse uno sguardo verso Maggie e le guardie della scorta.
 
“ Se suono il campanello siete abilitati ad agire come da Protocollo 33”
 
Poi si girò di nuovo verso la porta e dopo interminabili secondi strisciò il badge.
Subito le rispose una voce metallica del computer.
 
Riconoscimento: Dottoressa Harleen Quinzel
Livello di accesso: alto
Ingresso: abilitato”
 
Entrò, e percorse il breve corridoio fino a ritrovarsi di fronte a una cella a doppi vetri. Fece cenno alle guardie di uscire e finalmente si trovò da sola con il tanto agognato paziente.
Lui era lì, sdraiato sul letto della cella a guardare il soffitto, fischiettando una melodia che ricordava la sigla di un cartone animato degli anni ’80.
Non l’aveva degnata di uno sguardo.
 Harleen mimò un colpetto di tosse per farsi sentire, ma lui continuo tranquillo la sua melodia.
 
“Ecco…Sono la Dottoressa Quinzel che la seguirà per tutto il suo decorso clinico. Ho dato una letta al suo fascicolo e vorrei approfondire con lei determinati argomenti, se è possibile vorrei anche registrare le nostre conversazioni, in modo da poterle trascrivere in seguito, le sta bene?”
 
Ancora non la degnava di uno sguardo.  Presa dallo sconforto decise che sarebbe tornata più tardi, stava già per andarsene quando improvvisamente il Joker si fiondò contro il vetro della cella.
I suoi occhi fissi su di lei, la stavano studiando. Teneva poi una mano appoggiata al vetro e con l’altra si sistemò i capelli all’indietro.
 
“Ah Ah! Ciao bambolina! Te ne vai già?”
 
Harleen assunse un tono duro.
 
“Non la vedevo interessato all’argomento perciò io…”
 
“No bambolina non ti indispettire. Io sono attento a tutto ciò che mi circonda. Ho ascoltato ogni tua singola parola…e smettila di darmi del lei non sono mica così vecchio. Voglio che ci sia confidenza tra di noi sai? Speravo proprio che tu venissi a trovarmi. Ti aspettavo da quando ti ho vista questa mattina. Avvicinati”
 
Harleensi sentì stringere il cuore ma non mosse un passo in avanti. Passò poco più di qualche secondo che  notò un profondo cambiamento nei lineamenti del suo volto.
 Li vide contrarsi dalla rabbia. Il Joker infuriato le urlò contro
 
“Ti ho detto Avvicinati!”
 
Harleen allora, si avvicinò al vetro. Non voleva farlo alterare ulteriormente, e allora le venne l’idea più stupida del mondo.
 
“Se vuole … vuoi, posso chiamare le guardie ed entrare così potremmo parlare meglio”
 
Il volto del Joker si rilassò, fino a scoppiare in una terrificante risata.
 
“Piccola incosciente. Vuoi giocare alla roulette russa? Ci sto Bambolina.”
 
Ma che cazzo sto facendo? Harleen riprenditi, ormai l’hai detto e non puoi tirarti indietro.
 
Chiamò le guardie che prontamente immobilizzarono il clown tramite una camicia di forza e lo legarono a una sedia.
 Harleen approfittò di quel momento per studiare il suo aspetto fisico più da vicino. Il trucco era sparito e notò dalla sua pelle, o per lo meno le parti non coperte da cicatrici, che non poteva avere più di 35 anni. Il suo volto sfigurato lasciava però intendere che doveva essere stato un bel ragazzo prima di tutto questo. Si presentava inoltre più alto rispetto alla media standard e molto magro, fattore strano considerato i rapporti sulle sue capacità di incassare colpi da Batman.
Appena le guardie se ne andarono Harleen entrò nella cella.
 Durante tutto questo tempo in cui lei lo aveva osservato, lui aveva fatto lo stesso con lei, con estrema espressione compiaciuta.
 
Non aveva più paura, ma la pervadeva una sensazione palpabile di disagio.
Sorrise e si sedette di fronte a lui.
 
“Allora signor Joker, da dove vogliamo partire? Dagli avvenimenti dell’ultima notte? O dal suo completo disinteresse per…”
 
Naturalmente la interruppe.
 
“Bla bla bla. Non essere noiosa bambolina. Parliamo piuttosto di te! Sai… mi dispiace se sono sembrato volgare questa mattina ma  in fondo sono un uomo, ho anche io le mie pulsioni da soddisfare”
 
Lo lasciò parlare. Era come ipnotizzata dalla sua voce, e iniziò a sentire un fremito lungo la schiena fino al basso ventre.
 
“Le tue gambe, il tuo collo…mi piacerebbe tirarti dietro la testa afferrando quella bella coda biondiccia e tagliarti di netto quel lungo collo bianco. Quante cose ti farei fare se solo potessi afferrarti la coda!”
 
Questa volta rispose a tono duro
 
“Insomma la smetta! Non sono certo venuta qui per farmi intimidire.”
 
Lui scoppiò in una risata acuta, tremenda.
 
“No, No bambolina cosa hai capito? Io non volevo certo intimidirti! Vedi io ho già ottenuto quello che volevo. Sei entrata qui così potevo vederti meglio. Perché sai… riguardo le mie pulsioni, stamattina, quando ti ho vista, prima di notare la tua coda, il tuo collo o le tue gambe, ho notato il tuo tubino nero. Anzi NO! Ho notato quello che non c’era sotto il tuo tubino nero”
 
Harleen arrossì violentemente. Voleva metterla in imbarazzo fin dall’inizio, e c’era riuscito. Non ebbe il coraggio di guardare in basso per verificare le reazioni del suo corpo. Non voleva apparire debole.
 
“Allora dimmi Bambolina. Ti ecciti con tutti i matti del manicomio o solo con me?”
 
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Un caffè con il Pinguino ***


 
Cella n. 0059
Matricola Paziente: 00984
Livello detenzione: Massimo-in fase di elaborazione
 
La cella era angusta ed emanava un costante sentore di umido, che a Jonathan ricordava il capanno del fieno della sua dimora d’infanzia. Quando suo padre tornava a casa in preda ai fiumi dell’alcol era solito rifugiarsi in mezzo al maggengo, agostano o grumereccio, a seconda della stagione.
Stava lì, da solo, a volte anche per tutta a notte, portando con sè una torcia e un libro. Amava immergersi nella Londra Vittoriana di Stevenson, quella del dottor Jekill e Mr Hyde, oppure seguiva con trepidazione le disavventure del suo omonimo Harker alle prese con Dracula. Adorava profondamente il romanzo Gotico, quel sentore di marcio, quell’orrore non fisico ma psicologico, la nevrosi dell’età industriale e il disorientamento dell’età moderna gli ricordavano in qualche modo Gotham, la sua città, la sua tela.
Il piccolo Jonathan si rifugiava lì e leggeva.
Leggeva per non sentire le urla di sua madre mentre veniva picchiata e stuprata.
Leggeva perché era più semplice per lui affrontare la notte temendo un qualche mostro gotico piuttosto che suo padre.
 
 
 
“ Crane, è ora di ricreazione!”
 
La guardia lo stava osservando dal vetro, sembrava impaziente. Crane lo scrutò un secondo.
 
 33 anni. Si è Sposato appena uscito dal liceo, probabilmente perché lei è rimasta incinta del primo figlio. Era un atleta, voleva fare il college tramite borsa di studio sportiva ma la vita lo ha incastrato, così ha smesso di allenarsi e si è lasciato andare. Si dimostra impaziente perché fumatore. Appena mi avrà scaricato in sala comune ne approfitterà per andare a farsi una sigaretta. Quale mai sarà la tua paura più nascosta agente?
 
Si alzò dal letto, aspettò che la guardia gli mettesse le manette e la seguì lungo il corridoio fino ad arrivare alla cosiddetta sala di ricreazione.
Era una sala abbastanza spoglia con 2 divani ammuffiti posti di fronte a un televisore di pessima qualità, una decina di tavoli e panche grigie, ancorate a terra. Non c’erano finestre, solo una vetrata che dava sulla guardiola degli agenti della massima sicurezza.
Crane perlustrò i dintorni e scorse Cobbelpot intento a fare un solitario a un tavolo, vicino a lui invece c’era un individuo con la testa nascosta tra le braccia, che riconobbe essere Dent.
Cobbelpot si voltò verso Crane facendogli cenno di sedersi con loro.
Oswal Cobbelpot, in arte il Pinguino, era un ometto mingherlino, con il naso adunco e gli occhietti scuri e liquidi. I capelli neri erano visibilmente sporchi e schiacciati sulla fronte, la sua postura era curva e tendeva, camminando, a trascinarsi dietro la gamba sinistra, conferendogli quella movenza che in seguito  diede spunto per il suo nome d’arte. Nonostante l’aspetto fisico era risaputo ormai da tempo che non fosse minimamente da sottovalutare. Era un sadico opportunista bramoso di potere, e si diceva che fosse stato lui a tirare le fila della guerra tra le famiglie mafiose arrivando a istigare al suicidio Alberto, il nipote prediletto di uno dei boss della malavita di Gotham, Carmine Falcone. Trovarono il ragazzo impiccato, che ondeggiava su un palco da cabaret in un bar che apparteneva alla famiglia Marone. Era nudo, il corpo martoriato da tagli e ustioni da sigaretta, probabilmente si era tolto la vita per far terminare quella tortura.
 
Un piccolo capolavoro Oswald, te lo concedo.
 
Si consumò così una strage tra le due famiglie, e quando Gotham rimase senza un solido pugno di ferro a controllare i criminali, Cobbelpot fu ben lieto di ergersi a salvatore e condottiero della causa.
Era un burattinaio che tirava le fila di una tragedia.
Soldi e potere. Ecco gli unici chiodi fissi del pennuto.
 
La sua più grande paura: perdere.
 
“Crane vecchio mio come te la passi?”
 
“Non c’è male Oswald. Non c’è male.”
 
Lo sguardo di Jonathan era però attratto dalla figura di Harvey, che continuava a tenere la testa nascosta senza voler minimamente partecipare alla conversazione. Dent non era un tipo particolarmente socievole, ma neanche particolarmente scontroso, era un connubio di entrambi in effetti, cambiava a seconda di quale faccia ti rispondeva. Certo però che non era tipo da stare zitto, eppure era lì, sembrava quasi un bambino durante la pausa pisolino. Patetico in effetti.
Pinguino fece una smorfia nella sua direzione.
 
“Brutta storia Crane, brutta storia credimi. La sua strizzacervelli, una certa Ruth Adams mi pare, si è messa in testa di voler risolvere l’ossessione per il dualismo di Harvey. Ricordi il suo dollaro d’argento deturpato da un lato e intatto dall’altro? Bene. La Dottoressa Adams ha deciso di disabituarlo alla moneta e fornirgli unicamente un dado. Sei possibilità di decisione invece che due. Ma ora inizia a fare fatica nel prendere pure le decisioni più semplici. Gli sta andando completamente in pappa il cervello te lo dico io!”
 
Jonathan continuò a guardare Dent. I capelli erano intrisi di sudicio, e la divisa emanava un odore acre di latrina. Quasi gli dispiaceva per lui.
 
“A proposito! Ho delle informazioni fresche di giornata. Sai per caso qualcosa riguardo chi hanno portato la scorsa mattina qua dentro a marcire con noi?”
 
Crane fece no con la testa.
 
“Ivy?”
 
“Ah! Ti piacerebbe Crane! No quella giardiniera è ancora a piede libero. Buon per lei. Io mi riferivo piuttosto al nostro amico clown. Quello schizzato è stato portato dentro dal pipistrello in persona. Alcuni miei informatori mi hanno riferito che le circostanze non sono state propriamente normali. Non so se mi spiego.”
 
“Quali circostanze?”
 
“Quelle della cattura intendo… Per quanto ne sò non aveva complici, solo una decina di ostaggi e qualche bomba piazzata agli estremi della piazza, ma comunque niente di particolarmente eclatante. Non è nel suo stile capisci? C’è qualcosa che mi puzza, o forse sono io che mi faccio troppe paranoie e semplicemente il clown finalmente sta perdendo colpi.”
 
“O forse era proprio questo il suo piano”. Lo interruppe Jonathan.
 
“Pensaci Oswald, sarebbe nel suo stile farsi chiudere qui con noi per chissà quali malati scopi.”
 
E fu in quel preciso istante che Crane la vide. Fu un guizzo di un secondo che brillò negli occhietti maligni del Pinguino. Un lampo di un attimo che però lo portò in estasi. Lo spaventapasseri che era in lui cominciò a far risvegliare gli arti e le dita come se fossero rimaste sopite fino a prima. L’aveva percepita e bramata.
Era lei, bellissima come sempre.
Negli occhi di Cobbelpot aveva percepito Paura.
 
 
 
 
 
 
 
 
Ho trovato una grande soddisfazione a descrivere questi tre. Voglio che la storia non sia incentrata unicamente su Harley o il joker, ma che coinvolga tutti i miei criminali preferiti.
Vorrei precisare che Pinguino nella mia descrizione è giovane e fisicamente richiama quello della serie TV Gotham.
Crane invece mi piace pensarlo calmo.
E Harvey invece è interamente tratto da uno dei miei fumetti preferiti: Arkham Asylum.

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