Yamazaki

di Hoshimi_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ozashiki ***
Capitolo 2: *** Kaiseki ***
Capitolo 3: *** Yamazaki ***



Capitolo 1
*** Ozashiki ***


Ok so. Ciao a tutti.
Non so bene come sia successa questa fanfiction. In realtà non so bene come sia successo il kpop nella mia vita in generale. O i bts. O le ship nei bts. But still. 




Even if you died and came back to life,
we're still young;
every night, take a shot.













 

La pioggia aveva bagnato sin dall'alba un'autunnale Kyoto, cospargendo le vetrate dei grattacieli di rigagnoli e rinfrescando le strade asfaltate. Non era inusuale che la città rimanesse sommersa da un caldo umido durante quella stagione, ma sembrava che, in quel particolare anno, essa sarebbe stata più fredda del solito.

 

Quell'inverno sarebbe stato terribile, pensò Min Yoongi, che rabbrividì, stringendosi nelle coperte e rigirandosi nel letto, svegliato dalla fredda aria autunnale, che entrava dall'abbaino rimasto socchiuso dalla notte prima. Il ragazzo avrebbe preferito di gran lunga rimanere avvolto nel calore confortante di quel piumino bianco, al sicuro e al riparo in un appartamento in cui era finito più per sorte che per scelta, quando il suo flusso di pensieri fu interrotto da alcuni colpi alla porta, che lo costrinsero a destarsi da quel tepore immaginario.

 

Guardò l'orologio: erano le sei di sera.

 

Prima di sentire un'altra bussata, decise di alzarsi e aprire. Due uomini in divisa gli fecero un cenno, entrando senza fare complimenti. D'altra parte, perché avrebbero dovuto?

Il giovane li squadrò: tipiche guardie del corpo, i due potevano sembrare gemelli. Stesso portamento, stessi indumenti, persino stessi occhiali, che rendevano indistinguibili gli occhi. A differenziarli, solamente la leggera sfumatura di pelle, qualche centimetro di altezza, nonché il colore di capelli.

 

“È ora.” Disse quello biondo con voce atona.

 

Yoongi scrollò le spalle, scuotendo il capo mentre i due in piedi lo fissavano, evidentemente in attesa che si cambiasse e li seguisse. Senza avere scelta, il ragazzo si avviò verso il bagno, sbattendo la porta alle proprie spalle. Si appoggiò al lavandino in marmo bianco e si guardò allo specchio: la sua pelle diafana risaltava più pallida del solito, probabilmente perché circondata da tutto quel dannato bianco.

 

Bianco ovunque.

 

Il suo sguardo scivolò distrattamente sul marchio che aveva sulla spalla, unico segno che scalfiva quel colore marmoreo, per poi concentrarsi sui capelli, indeciso se quel verde bosco sarebbe presto cambiato o meno.

Piegati su un cassetto lo aspettavano, dalla sera prima, gli indumenti per l'occasione, tutti neri, che provvide a indossare velocemente, senza nemmeno guardare come gli stavano addosso.

 

Una volta uscito, non si sorprese nel vedere che i due lo stavano aspettando nella stessa posizione di prima: in un'altra situazione lo avrebbe trovato divertente, ma in quel momento non poté impedirsi di esserne irritato. Le guardie fecero per muoversi verso la porta, ma il ragazzo tornò nella propria stanza.

 

“Al capo non piace aspettare.”

 

Yoongi si girò, fulminando con lo sguardo la guardia, che, nonostante i suoi anni di addestramento, non poté evitare di rimanere turbata da quegli occhi neri tanto carichi di odio e disprezzo, inadatti ad un ragazzino così magro e apparentemente innocuo.

 

“Sto prendendo le mie cose.” Sibilò con voce tagliente.

 

Dopo qualche minuto uscì dalla propria camera con uno zainetto a metà spalla e una tracolla neri, in tinta con un berretto e una mascherina a coprire il volto. Senza dire una parola, si avviò verso la porta. In silenzio, i due gli fecero strada fino ad un cayenne nero dai finestrini oscurati. Yoongi salì senza fare domande e la guardia dai capelli marroni mise in moto.

Gli edifici di Kyoto sfrecciavano veloci davanti ai suoi occhi mentre il ragazzo li guardava con una mano appoggiata sul mento e le cuffie alle orecchie, in cui stava ascoltando una melodia al pianoforte che dava un senso di pace e stabilità estranee a quella situazione.

 

Yoongi registrò mentalmente il percorso fatto, più per abitudine che per un vero scopo, poiché non aveva idea di dove stessero andando. Aveva solo un nome: Tanaka.

 

Dopo circa mezz'ora, la macchina si fermò davanti ad un grattacielo dalle vetrate nere quanto i finestrini dell'auto. Yoongi procedette osservando l'edificio che si stagliava di fronte ai suoi occhi e contando mentalmente i piani che lo componevano.

 

Trentotto.

 

I due uomini in divisa passarono senza problemi i controlli di sicurezza, garantendo anche per lui e scortandolo poi fino ad un ascensore.

 

Il giovane dai capelli verdi rallentò il passo, consapevole che non lo avrebbero mai lasciato salire le scale da solo e respirò a fondo quando le porte si aprirono di fronte a lui. Inspirò profondamente ed espirò solamente quando, una volta entrato, si fu appoggiato alla parete dell'ascensore, allungando i polsi dietro la schiena e stringendo la barra di metallo che percorreva la cabina. Il biondo premette il tasto 36 e le porte si chiusero. Non appena l'ascensore si mosse verso l'alto, un nodo si conficcò nella gola di Yoongi e il ragazzo si sforzò di non dare a vedere il proprio nervosismo, tentando in ogni modo di non serrare la mascella. I denti si strinsero fino a dolere e il respiro cominciò a non essere regolare. Ringraziò mentalmente che le due guardie gli dessero le spalle e con lentezza, in modo che non se ne accorgessero, si sfilò la mascherina per poter respirare meglio. Yoongi chiuse gli occhi, tentando di controllarsi e cercando un punto stabile, un'ancora qualsiasi che concentrasse il suo cervello per la durata di quell'interminabile ascesa. Sbatté le palpebre, guardandosi intorno, finché i suoi occhi non notarono come fosse facilmente visibile, tramite lo smoking, il ritmo regolare del respiro dei due uomini robusti davanti a lui. Le loro spalle si alzavano e abbassavano ogni due secondi e mezzo. L'uomo biondo alla sua sinistra impiegava un secondo intero ad inspirare e uno e mezzo ad espirare mentre l'altro tendeva a prendersela con più calma nella prima fase. Il giovane si appuntò mentalmente di cercare possibili collegamenti tra tempo di respirazione e problemi cardiovascolari, una volta tornato a casa.

 

Si corresse: se fosse tornato a casa.

 

Nel frattempo, la salita proseguiva, anche se, in Yoongi, il panico era stato sostituito dai calcoli. Percorrevano circa un piano ogni tre secondi e mezzo, con eccedenza verso quattro. Erano ormai al quarto, quindi sarebbero bastati ancora 112 secondi. Un minuto e 52 secondi. 44 alzate di spalle.

Yoongi si perse poi pensando a quanto tempo avrebbe richiesto l'entrata imprevista un uomo, includendo perciò anche una fermata in un piano di mezzo. Un plus di circa 9 secondi.

 

Purtroppo, nessuno fermò l'ascensore e verificò le teorie del ragazzo, il quale, comunque, era piuttosto certo dei propri calcoli.

Soddisfatto, constatò che mancavano solamente due piani all'arrivo, fatto che non gli diede il tempo di far riemergere il panico poiché poco dopo le porte si riaprirono con un trillo confortante, annunciando il loro arrivo.

 

I tre uscirono, le due guardie a capo, che salutarono una giovane dietro una scrivania alle prese con una telefonata e proseguirono per una serie di corridoi, che Yoongi memorizzò facilmente. Infine, giunsero davanti ad una stanza circondata da pareti di vetro, le quali lasciavano facilmente intravedere l'interno, completamente bianco, che fece storcere il naso al ragazzo.

 

Non c'era alcuna porta per accedere all'ufficio, ma era necessario passare in una cabina automatica, che costrinse i tre ad entrare uno alla volta. Il primo, su cui si chiuse quella specie di tubo per quello che Yoongi credette essere un tempo eccessivo, fu il biondo. Il ragazzo entrò subito dopo, sperando che quello spazio angusto non gli provocasse nuovamente la nausea e il disagio da poco sperimentati. Le porte si aprirono proprio nel momento in cui stava iniziando ad annaspare in cerca di aria.

 

Sentì la guardia dai capelli castani entrare dietro di lui, ma il suo sguardo si concentrò sull'uomo seduto in una poltrona girevole di pelle marrone, che fino a poco prima gli dava le spalle.

 

Tanaka era un uomo tarchiato sulla cinquantina, con mani inanellate e acqua di colonia che impregnava l'intero ufficio. La sue pelle era particolarmente abbronzata, fasciata da un elegante completo bianco. L'uomo appoggiò i gomiti sul tavolo di mogano e congiunse le dita, squadrando Yoongi con sguardo impenetrabile e testa reclinata.

 

“Tu devi essere il famoso Suga.”

 

Nel sentire il proprio soprannome, Yoongi storse la bocca in un riflesso involontario e annuì. L'uomo seduto sorrise. Un sorriso alquanto sgradevole, in cui Yoongi scorse un dente d'oro sull'arcata superiore.

 

“Benissimo.” Batté le mani tra loro “Come ti trovi nella tua nuova sistemazione?”

 

“È bianca.” Rispose il giovane con tono vagamente irritato, come se quella fosse una spiegazione sufficiente, e l'altro annuì “Non credo continuerà ad essere un problema.”

 

Yoongi non poté nascondere lo stupore: credeva che quello stupido appartamento sarebbe stato il suo luogo di lavoro. Gli rivolse uno sguardo interrogativo.

 

“Te ne parlerò meglio in viaggio.”

 

“Viaggio?” Domandò infastidito il ragazzo, inarcando impercettibilmente un sopracciglio e provocando tensione negli uomini alle sue spalle.

 

L'altro sembrò essere alquanto divertito da quel tono impertinente e, al posto di rispondere alla domanda, spiegò “Il motivo, o meglio, la persona per cui ti ho ingaggiato si chiama Sakamoto. Scoprirai facilmente che è uno dei maggiori uomini d'affari di Kyoto, nonché uno dei più famosi mercanti d'arte del continente.” Lo fissò “So che non ti importa per chi lavori, ma diciamo solo che i traffici che gestiamo non sono strettamente legali.” Suga, nonostante il volto implacabile, non si lasciò sfuggire quel plurale “La famiglia per cui faccio da tramite, tra le altre cose, ama l'arte. Potremmo definirli... Dei collezionisti.” Sorrise tra sé, evidentemente soddisfatto della spiegazione “Al momento sembrano particolarmente interessati ad un quadro, che sto seguendo da anni sul mercato nero di opere d'autore. So che il signor Sakamoto sta organizzando un'esposizione privata per questa primavera e sono venuto a conoscenza del fatto che il quadro, che interessa loro, sarà esposto in quella particolare occasione.”

 

Suga lo aveva ascoltato e seguito senza problemi, abituato a incarichi del genere “Come ne è venuto a conoscenza?”

 

“Una fonte.”

 

“Mai fidarsi delle fonti.”

 

“Credimi, la mia fonte è piuttosto sicura.” Rispose deciso “Non hai idea cosa la gente si lasci sfuggire in certi contesti.” Disse cripticamente, cambiando poi argomento “Quello che voglio da voi è che troviate un modo per rubare quel quadro senza che si risalga in nessun modo a me o alle persone per cui lavoro. I mezzi stanno a voi: potete usare armi, esplosivi, ricatti, non mi interessa.”

 

Voi?” Sottolineò Yoongi.

 

“Voi.” Confermò l'altro.

 

Suga lo fissò senza dire nulla, anche se la sua espressione rendeva palesi i suoi pensieri “Sono abituato a lavorare a solo.”

 

“Lo so. Ma so anche che, come leader, hai grandi capacità. Mi hanno parlato molto bene di te.”

 

Il ragazzo dai capelli verdi si prese qualche minuto per riflettere: quell'incarico gli faceva comodo e non poteva impedirsi di esserne intrigato: era da un po' che non lavorava in squadra e un furto d'arte lo allettava. Sospirò “Ci vorrà come minimo uno scassinatore. E un hack-”

 

Tanaka sorrise interrompendolo “Le pedine sono state già scelte da me e ti aspettano.” Proseguì “Quello che voglio da voi è che trascorriate qualche mese ad ambientarvi nella città, guardare il luogo dove si terrà la mostra, sentire le conversazioni. Farvi un'idea delle persone coinvolte per poi elaborare un piano. Con il venire dell'anno nuovo inizierete a lavorare. Ma è su di te che faccio affidamento ed è da te che esigerò di più, perché non dovrai solo coordinare l'operazione, ma anche osservare quello che accade intorno a te, molto attentamente.” Lo guardò di sottecchi “So che sei un ottimo osservatore, Non avrei richiesto il migliore altrimenti.” Continuò “Ovviamente avrai a disposizione qualunque strumento desideri o necessiti.”

 

Fece un gesto verso la guardia dai capelli biondi, indicando qualcosa alle spalle di Yoongi. L'uomo si avvicinò porgendogli una valigia, che Tanaka fece scattare aprendola: essa era colma di banconote, al di sopra delle quali c'era un biglietto aereo.

 

“300.000 dollari. Pagamento alla consegna. Più un biglietto aereo per non rivederti mai più. Anticipo 4000000 yen ora per ogni attrezzatura che riterrai necessaria. Entro la primavera. Prendere o lasciare.”

 

Il silenzio calò nella stanza mentre Suga lo fissava negli occhi “ Prendo.”

 

L'uomo sorrise soddisfatto e guardò l'orologio, che segnava ormai le nove. Si alzò improvvisamente.

 

“Bene. Di sotto ci stanno aspettando.” Fece un cenno alle due guardie, invitando al contempo Yoongi a precederlo.

 

Il ragazzo era talmente immerso nei propri pensieri che non si accorse nemmeno dei 126 secondi di discesa nell'ascensore, ritrovandosi seduto in un divanetto color beige all'interno di una limousine senza sapere bene come ci era finito.

 

La macchina partì e iniziò a sfrecciare per le strade della città. Come di consuetudine, lo sguardo di Yoongi si concentrò sul percorso. Stava ancora piovendo, e le gocce di pioggia rendevano sfocati i contorni di una Kyoto che stava preparandosi a illuminare quella notte autunnale. Le luci di lampioni, case e grattacieli sfrecciavano davanti agli occhi di Yoongi. Tanaka aveva iniziato a parlare, ma il ragazzo lo ascoltava solo in parte, cercando di immaginare chi avrebbero incontrato poco dopo.

 

“Non sei di molte parole eh?” Chiese l'uomo pretendendo attenzione.

 

Yoongi si voltò con un'espressione annoiata “Stava parlando del posto in cui stiamo dirigendo, che è di un suo vec-”

 

“Vedo che sei sveglio. Benissimo.” Riprese “Dicevo... di un mio vecchio amico, lui è informato quanto basta sulla situazione. Diciamo che mi deve un favore.” Strizzò l'occhio “Il mio amico è molto conosciuto nel nostro settore e gestisce una grande quantità di locali qui a Kyoto. Mai sentito parlare di un quartiere chiamato Kabukicho?” Yoongi scosse la testa distrattamente “Credimi, a breve lo conoscerai. La famiglia per cui lavoro lo gestisce. Invece, il luogo in cui ci stiamo dirigendo è un posto speciale e abbiamo accordato che sarà la vostra base operativa. Non c'è nessun modo per risalire a loro e mi fido del mio amico e delle persone che lavorano per lui. Lì troverai tutte le informazioni che ti servono e le altre persone che ho assunto. Tuttavia” Si voltò, guardando seriamente Yoongi “Desidererei che questa fiducia fosse confermata. Ed è qui che entri in gioco tu, che avrai il secondo, ma non meno importate, compito di tenermi costantemente informato su persone e fatti in causa. Chiaro?”

 

“Chiaro.” Rispose Yoongi senza scomporsi.

 

Nel frattempo, la limousine aveva lasciato le strade principali, imboccandone una laterale più tranquilla nei sobborghi di Kyoto, in una zona privata e senza grattacieli. Yoongi immaginò che quel tratto di campagna permettesse di tenere sotto controllo chiunque arrivasse.

 

L'automobile si fermò poco dopo davanti ad un cancello, in una stradina stretta che difficilmente si poteva notare dalla via percorsa. La grate si aprirono automaticamente, lasciandoli passare e, qualche istante dopo, Tanaka scese dall'auto, seguito da Yoongi e dalle guardie. Davanti a loro si ergeva una tipica villetta giapponese, con un piccolo giardino che, tramite una viuzza di ciottoli, conduceva ad una porta scorrevole.

 

Una figura li aspettava appoggiata ad una parete a braccia conserte.

 

Il ragazzo si avvicinò: indossava una vestaglia di seta color vermiglio, la quale lasciava intravedere un corpo snello fasciato da pantaloni di pelle e ricoperto di tatuaggi. A Yoongi piacque subito, soprattutto per lo sguardo di disprezzo che rivolse all'uomo d'affari.

 

“Tanaka...” Si voltò verso Yoongi aspettando che parlasse.

 

“Lui è il ragazzo di cui ti ho parlato si chiama S-”

 

“Suga.” Completò Yoongi impedendo all'altro di esibirlo come un pezzo di antiquariato.

 

Il ragazzo tatuato gli rivolse un sorriso sincero facendo risplendere i denti nella penombra.

 

“Piacere Suga, io mi chiamo Kim Namjoon.”

 

 

***

 

 

Park Jimin era uscito più presto del solito quel pomeriggio, nella speranza che la sua corsa quotidiana non sarebbe stata disturbata dalla pioggia. Il cielo nuvoloso sopra di lui annunciava il tipico monsone autunnale, ma questo non lo scoraggiò. Il ragazzo si allontanò presto dalla strada sterrata che stava percorrendo, per raggiungere un parco alla periferia della città, convinto che la rada, sebbene costante, presenza di vegetazione giovasse al suo corpo.

 

Una volta giunto lì rallentò il ritmo, aspettando che i battiti del cuore tornassero normali e che il respiro si regolarizzasse. Amava quel parco: quasi nessuno a Kyoto lo visitava, perché era fuori città e ciò gli permetteva di goderselo ogni giorno. Ormai lo considerava il suo rifugio, un posto sicuro, dove gli era permesso interrompere i pensieri, mettere momentaneamente in pausa la vita movimentata e lasciarsi andare. In quel periodo dell'anno gli piaceva quasi quanto in primavera: gli alberi di acero lo circondavano con il loro caldo arancione, le foglie sparse a terra scrocchiavano piacevolmente sotto i suoi piedi e il profumo dei fiori riempiva l'aria.

 

Respirò a fondo e si fermò, ravvivandosi i capelli violetti. Iniziò a fare un po' di stretching, sentendo con piacere i muscoli allungarsi sotto le sue mani. Successivamente, dopo essersi guardato intorno e non aver visto nessuno, azzardò alcuni movimenti di danza. Chiuse gli occhi sentendo le prime gocce della giornata scendere lievi sulle sue palpebre e sulla pelle. Si tolse la felpa, lasciando che l'acqua si facesse strada lungo il suo corpo, fino a muoverlo con essa. Sentì la tensione lasciare lentamente i muscoli, che si flettevano spontaneamente, seguendo il lento ritmo della canzone nel suo ipod. Abbandonò totalmente il proprio corpo a quell'elemento, il volto reclinato all'indietro e rivolto al cielo, gli occhi ancora serrati. Le sue gambe si muovevano quasi autonomamente, senza bisogno di pensare, piegandosi seguite immediatamente da movimenti aggraziati delle braccia. Gli piaceva improvvisare, seguire le note per vedere dove esse lo portavano.

 

Finita la sua routine quotidiana, con la pioggia ormai battente, si incamminò verso l'uscita del parco, ma si fermò presto, scorgendo una macchia viola tra la vegetazione. Indeciso, si allungò per raccogliere alcuni fiori. Poi corse a casa.

Giunse bagnato fradicio alla villetta e, sentendo delle voci nell'atrio, decise di evitarle passando per i camerini, dove appoggiò il mazzetto che aveva raccolto, per salire poi nella propria stanza, concedendosi una doccia bollente. Rimase sotto il getto caldo per più tempo del solito, ripetendosi mentalmente la coreografia. Doveva essere al meglio per quella sera.

 

Una volta uscito e asciugato, si infilò dei boxer e una vestaglia di seta di color rosa antico, dirigendosi poi verso il suo armadio, dove era riposto l'abito che si era fatto commissionare per l'inizio della stagione autunnale. Lo prese delicatamente, ancora protetto dalla confezione, e si recò in sala costumi. Aprì il pacco, ammirando il kimono fatto a mano su sua richiesta e tenendolo davanti a sé: il tessuto in seta nera era trapuntato di rami violetti, che sfociavano in pallidi fiori rosa, i quali si abbinavano perfettamente ai propri capelli. Le linee sottili si congiungevano sulla schiena in un albero che, ricamato sulla schiena, la copriva interamente.

 

Il ragazzo incominciò a vestirsi con gesti automatici, sentendo la seta scivolare sul proprio corpo. Indossò il kimono, girandosi davanti ad uno specchio per vedere come stava e, soddisfatto, prese l'obi fatto su misura, che ne riproduceva i disegni, e lo legò stretto in vita, in modo da tenerne ferme le parti. Per ultimi infilò i tabi e gli zori neri.

Una volta finita la prima fase della preparazione, guardò l'orologio appeso alla parete, consapevole di essere già in ritardo e iniziò a truccarsi in fretta. Stese un fine strato di crema, con cui ricoprì la pelle abbronzata di un sottile strato di bianco, aggiungendo poi un lucido, che sotto la luce sembrava brillare. Successivamente, aggiunse una tonalità rosea, marcando in particolare gli zigomi. Intinse poi di viola un altro pennello e se lo passò sull'estremità esterna della palpebra destra, sfumandola con la matita nera e aggiungendovi sopra una linea di eyeliner. Jimin si guardò attentamente allo specchio e annuì soddisfatto. Stava iniziando a contornare anche l'altro occhio, quando una voce lo fece sussultare, facendogli sbagliare riga.

 

“Jiminnieee.”

 

“Hopie. Potrei seriamente ucciderti.” Esclamò il giovane senza degnare di uno sguardo il ragazzo dai capelli rossi, che era appena entrato e che stava ora ridendo appoggiato allo stipite della porta. Si era sporto all'entrata, una borsone a tracolla che pendeva dalla spalla “E comunque cosa ci fai qui? Non dovresti essere già a lavoro?”

 

“Ci sto andando, infatti. Prima però volevo vedere come avevi deciso di aprire la stagione.” Lo squadrò soddisfatto “In grande stile a quanto vedo.”

 

“Grazie a te solo un grande casino.” Disse facendo una smorfia di rimando.

 

“Su su non fare una tragedia.” Una voce giunse da dietro i camerini, dai quali emerse poco dopo Seokjin.

 

“Sembro Hopie nelle sue serate peggiori.” Protestò Jimin.

 

“Hey! Mi sento profondamente offeso.” Sbuffò Hoseok, facendo ridere Jimin e Jin, per poi salutarli e andarsene.

 

Il ragazzo dai capelli lilla si tolse il trucco sbavato e ricominciò lentamente il lavoro minuzioso.

 

“Rimedio io.” Seokjin gli prese il pennello di mano e con abilità continuò a stenderlo con linee precise e senza esitazione. Mentre finiva di truccarlo gli chiese “Quali fiori abbiamo scelto per questo mese?”

 

Jimin sorrise. Amava i fiori e faceva in modo di averne sempre intorno o su di sé quando si esibiva. Perciò, i capelli erano la parte della routine che preferiva e che lasciava sempre per ultima.

“È settembre quindi lespedeza, campanule e crisantemi.” Man mano che li elencava, Jimin prendeva con cura ogni fiore da una scatolina che aveva in mano, mostrandolo a Jin. Ognuno era lavorato minuziosamente a mano: lo stelo argentato univa attorno alla corolla dei petali di seta, i cui colori richiamavano quelli del kimono.

 

“Oggi ho trovato questi al parco.” Disse, indicando il mazzetto che aveva sul tavolo “Me li farò preparare per il prossimo mercoledì.” Aggiunse, aggiustando i fiori in una piccola coroncina tra i capelli violetti.

 

“Ti sei dato da fare.”

 

“Questa sera devo essere perfetto.” Disse serio.

 

“Lo sarai.” Ribatté Jin con convinzione, ma, vedendo l'espressione scettica di Jimin, aggiunse “Hanno espressamente richiesto te, un motivo ci sarà.” Jimin si sforzò di sorridere: l'amico era sempre troppo ottimista. Alzò gli occhi al cielo e sbuffò, lasciando che l'altro applicasse dei piccoli brillantini a lato degli occhi.

 

“Sei bellissimo.” Constatò porgendogli uno specchio. La carnagione, stranamente chiara, metteva in risalto ancora di più i capelli e il kimono, facendolo brillare quasi di luce propria.

 

 

 

***

 

 

 

Namjoon li fece accomodare, descrivendo la casa a Suga man mano che procedevano. La villa consisteva in un grande complesso, che si componeva di due parti gemelle: l'una includeva gli alloggi, mentre l'altra era adibita al lavoro degli ospitati.

 

Lasciato Tanaka a parlare con un ragazzo dai capelli marroni, che si era presentato come Jin, Namjoon guidò Yoongi attraverso i lunghi corridoi della casa, fino a raggiungere delle scale in legno, che portavano al primo piano. Yoongi si trovò davanti ad una serie di porte, ma Namjoon gli indicò un'altra scala di legno più avanti, che conduceva ad una mansarda.

 

“Mi spiace, era l'unica rimasta. Siamo stranamente pieni.” Disse il ragazzo con un sorriso di scuse.

 

Yoongi farfugliò un “Non c'è problema.” ed entrò.

Se il ragazzo aveva detestato l'appartamento bianco e anonimo di Tanaka, quello che lo accolse lo entusiasmò al primo sguardo: il sottotetto rendeva l'ambiente confortevole e l'unica finestra della stanza corrispondeva ad una parete, la quale dava sul lato opposto della casa, che si affacciava su un sentiero e un parco. La vetrata permetteva al sole di entrare, illuminando le pareti verde pastello.

 

“Avrai tempo di sistemarti con calma, ma ora dobbiamo scendere.” Namjoon guardò il ragazzo, che stringeva titubante le proprie cose, e, intuendo i suoi pensieri, aggiunse “Puoi lasciarli qui.” Disse indicando la tracolla e lo zaino “C'è una cassaforte nell'angolo e posso lasciarti le chiavi della porta.”

 

Yoongi annuì, apparentemente rassicurato da quelle parole, e posò lo zaino vicino al letto, lasciando la tracolla nella cassaforte, per poi scendere di sotto. Trovarono facilmente Tanaka, che li aspettava nell'altro lato della casa, che evidentemente non gli era permesso oltrepassare.

Suga non poté fare a meno di domandarsi se non fosse finito in una casa di prostituzione, ma non fece in tempo a porsi ulteriori questioni, poiché Namjoon gli fece un cenno, lasciando scivolare una porta scorrevole alle sue spalle. Il ragazzo fece segno a Yoongi di entrare e, successivamente, si fermò a parlare con Tanaka.

 

Il giovane dai capelli verdi si trovò all'interno di un'ampia stanza, adibita per un banchetto e attorniata da una serie di cuscini a terra. Nella penombra, dalla parte opposta alla porta, si scorgevano due figure sedute su un divanetto.

 

“Ciao Yoongi.”

 

Una voce familiare giunse dall'oscurità, seguita poco dopo da un volto altrettando noto. Nel sentire pronunciare il proprio nome, il cuore di Yoongi fece un tuffo e il ragazzo non poté evitare di far emergere la sorpresa sul proprio volto per la seconda volta quella sera. Stava decisamente diventando troppo prevedibile. Si era preparato ad un incontro del genere, prima o poi ma, ma non in quel contesto o decisamente non con quelle persone.

 

Il ragazzo cercò di ricomporsi respirando a fondo.

 

“Ciao Jungkook.”

 

Yoongi fissò il ragazzo, che non vedeva da quasi quattro anni. I lineamenti del volto erano ora più marcati e i capelli neri. Gli rivolse mezzo sorriso.

 

“Ci sarei anche io qui.” Un'altra voce emerse dalla penombra, da cui spuntò una faccia sorridente contornata da capelli biondi.

 

“V.”

 

“Suga.” Rispose l'altro con un ampio sorriso.

 

Il ragazzo scosse il capo incredulo.

 

Tanaka, trattenuto da Namjoon, riapparve in quel momento “Bene, gli altri stanno arrivando. Vedo che vi siete già conosciuti” Aggiunse con una punta di delusione nella voce, per poi fare a sua volta le presentazioni, nell'evidente tentativo di ristabilire la propria importanza “Suga questi sono i tuoi compagni di squadra. Sono già stati informati su tutto.” Indicò Taehyung, che si era appoggiato comodamente al divanetto “Lui è V.” Quest'ultimo fece per interromperlo ma Yoongi lo fulminò con uno sguardo, prima che potesse rivelare dettagli non necessari “… E lui è Jungkook.” Completò.

 

Il ragazzo dai capelli neri intuì il messaggio muto di Yoongi e allungò la mano, per stringergliela in segno di piacere.

 

“Siete tutti coreani, vero?” Notò distrattamente Tanaka mentre i tre si guardavano imbarazzati.

 

 

 

 

Quindici minuti più tardi iniziarono ad affluire nella stanza uomini e donne dei generi più vari: da signore attempate, ad anziani in giacca e cravatta, a giovani snob, i quali iniziarono a parlare tra loro, in evidente confidenza. La sala si stava riempiendo facilmente e i tre ragazzi decisero di approfittare di quella momentanea confusione per sgattaiolare fuori dal tatami e parlare in pace.

 

“Cosa diavolo ci fate qui?” Sibilò Yoongi spintonando Jungkook e anticipando Taehyung, che nel frattempo aveva sussurrato un casuale “Come stai”

 

“Cosa diavolo ci fai tu qui.” Rispose Jeonkook.

 

“Hey!” Taehyung si mise in mezzo tentando di separarli, vedendo che Jungkook aveva già alzato un pugno in risposta.

 

“Dovevi proteggerlo!” Urlò Yoongi furioso.

 

Jungkook si fermò, gli occhi sgranati e il corpo paralizzato come se l'altro gli avesse appena tirato uno schiaffo. Abbassò il braccio abbandonandolo lungo il fianco, la testa abbassata e gli occhi al suolo. Taehyung gli si mise davanti a lui rivolgendo uno sguardo duro a Yoongi “Hyung calmati.” Disse in tono fermo “Mi sta proteggendo.”

 

Il ragazzo dai capelli verdi sbuffò incrociando le braccia “Ah sì? Non direi proprio.” Yoongi sollevò le sopracciglia, notando che la mano di Taehyung aveva preso e stretto quella di Jungkook.

 

“È complicato.” Disse Jungkook in tono soffocato mentre Taehyng aggiungeva “Tanaka ci ha offerto un lavoro, non sapevamo fossi coinvolto anche tu, altrimenti non avremmo accettato.”

 

Un silenzio imbarazzante scese tra loro, carico evidentemente di troppe domande e risposte taciute. Yoongi fissò i due, i quali erano consapevoli che non si sarebbe accontentato di quella debole spiegazione, ma decise di rimandare l'interrogatorio a un momento più consono. Addolcì lo sguardo, alleggerendo l'atmosfera “Almeno avete idea di che razza di posto sia?”

 

“Assolutamente no.” Risposero rilassandosi gli altri due, Taehyung ridendo e Jungkook con la traccia di un sorriso in volto.

 

Senza dire nulla, tutti e tre si persero nei ricordi, felici per essersi riuniti ma, al contempo, tacitamente preoccupati per quell'incontro.

 

“Credi sia una coincidenza o che abbia a che fare con lui?” Azzardò Jungkook.

 

Yoongi aveva pensato a quella eventualità “Ne dubito. Altrimenti non avrebbero chiamato me.” Rispose sicuro Yoongi “Per un momento Tanaka prima ha parlato di esplosivi..” Gli occhi di Jungkook brillarono “e ho pensato che, in una remota possibilità, potesse riferirsi di te... Ma no, non credo.”

 

“Pensi dovremmo lasciare stare?” Chiese Taehyung.

 

“Credo che ormai non sia più un'opzione.”

 

Non fecero in tempo a dire altro, poiché Namjoon emerse dal giardino dietro di loro, facendoli sobbalzare. I ragazzi si chiesero quanto di quella conversazione avesse potuto sentire, ma il suo volto era indecifrabile.

 

“È quasi ora.” Disse, invitandoli a entrare.

 

“Ora di cosa?'” Chiese Yoongi dubbioso, socchiudendo le palpebre.

 

“Dello spettacolo.” Rispose cripticamente l'altro.

 

Quando rientrarono, la sala era ormai colma, ma trovarono tre cuscini in fondo alla tavolata e vi si inginocchiarono. Ora che Suga si era seduto, poteva finalmente apprezzare con calma la suggestività di quello strano posto: le pareti color crema che lo circondavano erano adornate di stampe e dipinti. Davanti a lui si stagliava un paesaggio con fini rami neri, mentre ai due lati erano disegnati una tigre ed un dragone.

L'atmosfera era calda grazie alle lanterne rosse appese al soffitto, che si intonavano con il soffitto dello stesso colore. La tavola, prima vuota, era ora imbandita di cibi e bevande di ogni genere.

Alle persone di prima se ne erano aggiunte molte altre, che Yoongi non fece fatica a identificare: era certo di essere circondato da spacciatori, criminali, persino maitresse. Aveva un buon fiuto per decifrare le persone e quel genere gli era particolarmente noto, data l'esperienza che aveva nel campo grazie al suo lavoro. Tuttavia, non poté fare a meno di chiedersi quali generi di affari trattasse Tanaka per essere circondato da quel seguito.

Yoongi risalì con lo sguardo l'intera tavolata studiando ogni volto fino a quando i suoi occhi si posarono su una katana, che occupava il centro della tavolata. La guardò perplesso. Si era ritrovato in situazioni strane, complicate, anche al limiti del perverso, ma la raffinatezza mista a qualcosa di torbido di quel luogo gli impedivano di determinarlo. Proprio per questo, nulla avrebbe potuto prepararlo a quello che accadde poco dopo.

 

Un chiacchiericcio circondava ormai i tre, che non osavano partecipare a quel bizzarro banchetto, ma preferivano stare in silenzio, anche per il fatto che Tanaka era seduto poco distante da loro.

Le luci divennero soffuse ed entrò Namjoon, questa volta avvolto in una camicia di seta bianca dalle decorazioni variopinte.

 

“Signori e signore.” Disse inchinandosi “Spero che il banchetto sia di vostro gradimento.” Molte facce annuirono attorno ai tre, che osservavano attenti lo svolgersi degli eventi. L'altro continuò “Ma, come sapete, la specialità della casa deve ancora essere esibita.” Attorno si percepì l'eccitazione crescere, insieme ai commenti.

 

“È giunta finalmente l'ora dell'Ozashiki.”

 

Tutta la tavolata sembrava capire benissimo quelle parole, ma i tre si guardarono dubbiosi. Taehyung e Jungkook, incuriositi, fissarono la porta, da cui stava entrando un giovane. Suga, al quale non interessava particolarmente qualsiasi cosa stesse succedendo, fissò la propria tazza di sakè, infastidito dai fischi e applausi attorno a sè. Tanaka, vedendoli titubanti, spiegò “Molte di queste persone, come me, amano l'arte. Diciamo che ci piace essere intrattenuti mentre parliamo d'affari.” Si girò fissando il ragazzo che era entrato “ Questo posto è discreto quanto basta e mi fido di Namjoon.” A quelle parole i suoi occhi si rivolsero verso Suga per un breve istante “Non è inusuale che gli uomini d'affari di Kyoto si lascino intrattenere a Kabukicho, ma i locali di Namjoon sono di classe.” Si girò verso i tre con uno sguardo di intesa “E indovinate chi altro è solito frequentarli?” Lasciò in sospeso la domanda per qualche secondo, certo che lo avessero intuito “Qualche settimana fa, ad uno di questi spettacoli, il figlio di Sakamoto si è lasciato sfuggire alcune informazioni essenziali riguardo alla mostra del padre.”

 

Se Yoongi si era mostrato scettico sulla qualità delle informazioni qualche ora prima, ora non potè fare a meno di chiedersi come una persona potesse lasciarsi sfuggire un fatto del genere.

Nel frattempo, il giovane entrato poco prima era giunto accanto a loro e aveva fatto un inchino a Tanaka.

 

“Come vedi ci sono nuovi ospiti.” Disse Tanaka rivolto al giovane, aggiungendo con un largo sorriso “Suga, V, Jungkook. Vi presento la nostra fonte.”

 

Taehyung e Jungkook lo salutarono educatamente. Suga alzò distrattamente lo sguardo per fare un breve cenno, quando il suo capo si bloccò e i suoi occhi si sgranarono impercettibilmente. Davanti a lui si stagliava un ragazzo dalla bellezza devastante. Nonostante la luce tenue, la sua pelle brillava, fasciata dalla seta nera. I capelli violetti erano adornati di fiori, tanto che sembrava sul punto di sbocciare a sua volta. Gli occhi che lo guardavano erano dolci, ma al contempo sensuali, messi in risalto dall'ombretto sulle palpebre.

 

Prima che Yoongi avesse il tempo di pronunciare o elaborare mentalmente una frase, il giovane disse sorridendo “Piacere, mi-”

 

“Che ne dici di deliziarci con una delle tue danze?” Lo interruppe Tanaka.

 

Jimin serrò le labbra rinunciando a finire la frase e annuì dirigendosi dall'altra parte della stanza.

 

Le luci si spensero lentamente, lasciando illuminata solamente la parete in fondo alla sala, di fronte agli ospiti, che si girarono verso di essa, in attesa che il giovane iniziasse a danzare. Una musica* riempì l'ambiente mentre Jimin incatenava a sé gli sguardi dell'intera stanza.

Il giovane si mise al centro del tatami e si stese a terra rannicchiandosi su se stesso. Lasciò che la melodia lo avvolgesse e, lentamente, mosse un braccio verso l'alto, le dita che si aggrappavano con grazia a qualcosa di invisibile. Il resto del corpo seguì agilmente quel movimento, così che il ragazzo si alzò da terra, la mano prima alzata che si congiungeva all'altra, che stava ora stringendo un ventaglio. L'oggetto passava facilmente da una mano all'altra, aprendosi e chiudendosi, scivolando tra le dita e accompagnando il corpo mentre la musica cresceva di tono. Le linee del suo fisico erano sinuose nonostante il kimono, che, anzi, sembrava rendere i movimenti ancora più aggraziati.

Il ventaglio si aprì nuovamente, questa volta coprendo le labbra e facendo risaltare gli occhi, che erano riusciti a catturare come magneti lo sguardo degli spettatori e li tenevano incatenati. L'altra mano disegnava ghirigori complicati nell'aria, per poi scivolare e disperderli lungo la linea del ventre, fino alle cosce.

 

Era uno spettacolo unico.

 

Quei movimenti riuscivano ad essere sensuali e al contempo aggraziati, come se le dita riuscissero ad afferrare gli sguardi dei presenti e trascinarli con sé, coinvolgendoli in una danza che stava diventando sempre più veloce, fino a quando, con lentezza, il ragazzo non si adagiò nuovamente a terra, mentre le ultime note della melodia si chiudevano su di lui.

 

Seguì un breve silenzio, l'intera sala muta dinnanzi a esso.

 

Suga non era riuscito a staccare gli occhi di dosso da quello spettacolo vivente per un secondo. Il modo in cui si muoveva era unico, leggiadro ma al contempo deciso, il corpo un tutt'uno con la musica. Non fece fatica a capire come qualcuno potesse lasciarsi sfuggire delle informazioni in tale circostanza.

 

Le luci si riaccesero e il ragazzo scorse Namjoon appoggiato alla parete che annuiva soddisfatto e se ne andava mentre Jimin si rialzava inchinandosi.

 

“Prendi posto vicino a noi.” Esclamò Tanaka, facendo spostare l'uomo davanti a Suga per fare spazio a Jimin, che si avvicinò inginocchiandosi.

 

Yoongi non potè impedirsi di guardare di sottecchi quel ragazzo bellissimo, affascinato dal modo in cui stava versando il sakè a Tanaka, prendendo al contempo parte ad una conversazione che verteva attorno a tematiche politiche, come se fosse un esperto. Sembrava perfettamente a proprio ago in quell'ambiente.

 

“Allora Madame, a proposito di quel finanziamento?” Chiese dopo un po' Tanaka, alzandosi e raggiungendo una signora nella parte opposta del tavolo.

 

Yoongi non potè fare a meno di meravigliarsi nel sentirlo parlare di affari in quel contesto. Era in qualche modo convinto che Tanaka stesse scherzando poco prima, ma sembrava che nessuno si facesse problemi a parlare di denaro e investimenti davanti a tutte quelle persone e a quello sconosciuto. Anche Taehyung e Jungkook sembravano turbati dalla situazione, così che i tre si scambiarono delle occhiate palesi.

 

“Sembra che ci farete compagnia per un po'.” Una voce dolce li distrasse, interrompendo quella conversazione muta, in un tono sembrava quasi una domanda. I tre, sorpresi, si girarono verso il ragazzo dai capelli violetti, che stava guardando divertito i loro piatti immacolati.

 

Taehyung fu il primo a riprendersi dallo stupore e a dire “Pare proprio di sì.” Lasciando trasparire il proprio entusiasmo e sorridendo apertamente. Jungkook lo fissò senza dire nulla, ma si avvicinò impercettibilmente al suo fianco. Jimin si stava voltando verso Yoongi per vedere la sua reazione, iniziando nuovamente a dire “Io mi-” quando Tanaka li interruppe bruscamente.

 

“Ho voglia di giocare.” Annunciò l'uomo, il quale, dopo aver fatto il giro del banchetto, si era seduto di fianco a Yoongi.

 

Per una frazione di secondo, un moto di stizza attraversò il volto perfetto del giovane, che però si girò sorridendo. Prese un vasetto nero e lo mise al centro del tavolo, a metà strada tra sé e Tanaka, versando poi del sakè in due tazzine, che appoggiò lì vicino.

 

I tre ragazzi rivolsero loro un sguardo curioso, perplessi ancora una volta da quella situazione. Senza dire nulla, i due iniziarono a toccare a turno il vasetto con la mano aperta. In un gesto quasi automatico, le mani si seguivano in una successione di colpi sopra il recipiente, accompagnati dalla voce del ragazzo che, a labbra serrate, stava intonando una canzone. Dopo qualche minuto, Jimin accelerò il ritmo, di modo che la mano di Tanaka seguisse più velocemente la sua. Poi, senza nessun preavviso, Jimin tolse il vasetto dal tavolo mentre le dita di Tanaka si fermavano interdette, per battere infine un pugno debole sul tavolo.

Jimin sorrise mentre l'uomo scuoteva il capo, vuotando divertito l'intera tazza di sakè, che Jimin provvide a riempire di nuovo.

 

“Va bene. Ora facciamo sul serio.” Disse l'uomo deciso.

 

Ripresero quello strano gioco, che era riuscito ad incatenare lo sguardo dei tre ragazzi seduti vicini. Yoongi era ipnotizzato dalla mano di Jimin: la seguiva ogni volta che si abbassava, per poi rialzarsi con essa, finchè non fissò i propri occhi in quelli dell'altro. Lo sguardo Tanaka, ora più concentrato, analizzava i movimenti del giovane, in modo da non essere colto nuovamente di sorpresa, ma Jimin non aveva bisogno di guardarlo a sua volta. Riusciva a prevedere facilmente le sue mosse e, contemporaneamente, a metterlo in difficoltà, cambiando il ritmo del gioco a seconda della melodia che canticchiava tra le labbra socchiuse.

Gli occhi di Jimin erano invece rivolti verso Yoongi, che lo fissava a sua volta ammaliato. Le luce delle lanterne rosse baciava la sua pelle, creando mille sfumature lungo il kimono. C'era qualcosa di erotico nel modo in cui quegli occhi dolci lo fissavano, mentre il resto del corpo era concentrato da un'altra parte, tanto che Yoongi sentì il rossore invadergli le guance, facilmente visibile sulla pelle bianca. Era come se stesse partecipando a sua volta a quel gioco, consapevole che, se solo avesse allungato la mano di qualche centimetro, avrebbe potutosfiorare quella del ragazzo dai capelli lilla. Yoongi si passò la lingua sulle labbra in un riflesso involontario e, a quella vista, l'altro aumentò il ritmo di musica e mani sempre di più, consapevole della tensione che si stava creando, divertito dall'espressione di Yoongi, il quale era certo che l'uomo di fianco a lui potesse percepire i battiti accelerati del suo cuore. Fissandolo direttamente e spudoratamente negli occhi, Jimin curvò appena le bocca in un sorriso e si morse il labbro inferiore con i canini. Yoongi per poco non annaspò, tentando di riprendere il controllo sui respiri irregolari e sulla mente, sconvolta da una raffica di pensieri, quando una risata di esaltazione interruppe quell'attimo di intimità che si era creato.

 

“Ah! Ho vinto!” Tanaka batté le mani soddisfatto “È il tuo turno di bere.”

 

Jimin staccò bruscamente gli occhi da Yoongi, sgranandoli quando si accorse di aver sbagliato a posizionare le mani sul vasetto. Incredulo, guardò l'uomo, che non si era accorto di quello che stava succedendo davanti a lui, e prese il proprio sakè, bevendolo in un sorso con un'espressione disgustata in volto.

 

“Bene. Posso ritenermi soddisfatto per questa sera. Non credo di averti mai visto perdere prima d'ora.” Affermò Tanaka divertito, allontanandosi per ritornare a parlare con gli altri.

 

Yoongi non potè impedirsi di abbassare il capo mentre un ghigno nasceva sul suo volto. Sentiva il peso dello sguardo di Jungkook e Taehyung su di sé, immaginandosi le occhiate palesi che gli stavano rivolgendo.

 

Il ragazzo dai capelli violetti si voltò verso di loro, senza guardare nessuno in particolare e disse “Comunque, mi chiamo Jimin.” Sorrise sinceramente ai tre, prima di alzarsi per raggiungere Tanaka e gli altri ospiti.




*Non so bene perchè, sarà la fissazione che ho per Naruto lately, ma mentre pensavo questa scena e la scrivevo ascoltavo questa canzone: https://www.youtube.com/watch?v=mpBtgcehS7w



Note:
Ciao readers.
Dunque. Eccoci a fine primo capitolo.
Devo dire che sto scrivendo questa fanfiction da troppo tempo e la revisiono da ancora prima, perchè ho il terrore di everything. Ho letto ff stupende su Yoongi e Jimin e avevo davvero paura di non essere all'altezza però I just needed to write something like this.
Quindi, davvero, ditemi cosa ne pensate, perchè sono curiosissima e spero vi piaccia.

*Perdonatemi il rating -provvisoriamente- illusorio, perchè arriverà il tempo dello smut I swear.

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Capitolo 2
*** Kaiseki ***


 

 



Kaiseki






Junkook si svegliò all'alba, dopo una notte trascorsa quasi del tutto insonne. Aprì le palpebre lentamente, fissando il soffitto, ben consapevole del luogo in cui si trovava: una camera beige accogliente, con tanto di bagno interno e terrazzino. La stanza non era decorata come le altre al piano terra, anzi, in confronto ad esse risultava piuttosto spoglia, ma il ragazzo la trovava confortevole.

Il letto matrimoniale era stata una sorpresa insperata.

Dire che la sera prima era stata strana sarebbe stato un eufemismo. Il banchetto era progredito in un insieme confuso di chiacchiere, alcool, cibo e spettacoli, sebbene quel ragazzo particolare dai capelli violetti non vi avesse più preso parte. La sua esibizione aveva colpito tutti loro e Jungkook aveva provato un moto di gelosia nel vedere il modo in cui Taehyung lo guardava.

Tuttavia, aveva ben presto capito che quel giovane era stato di maggiore distrazione per Yoongi, tanto da impedirgli di concentrarsi troppo sul fatto che si fossero incontrati o di rivolgere loro occhiate inquietanti.

Quando il banchetto si era concluso, Tanaka era rimasto con pochi altri uomini richiedendo privacy, così che loro avevano avuto occasione di allontanarsi e ritirarsi nelle proprie stanze. Prima di entrare, Namjoon li aveva fermati per dire ai tre che, se avessero voluto, la mattina dopo avrebbero potuto fare colazione insieme agli altri nella sala da pranzo al pian terreno.

Jungkook sospirò. Sapeva bene che quella mattina avrebbe dovuto affrontare Yoongi e che avrebbe dovuto fornire delle spiegazioni convincenti. Per una frazione di secondo pensò addirittura di mentire o scappare, ma poi scosse la testa, lasciando da parte quei pensieri.

Sovrappensiero, aveva iniziato ad accarezzare il braccio scoperto del ragazzo che stava stringendo tra le braccia, osservando la pelle d'oca che si formava ogni volta che il suo indice sfiorava quel corpo dorato.

“Baby” Impresse un bacio sui capelli biondi dell'altro “È ora di alzarsi.”

In risposta, Taehyung, ancora in dormiveglia, emise un verso di scontento e si strinse più forte al suo fianco. Jungkook sorrise e lo cinse dolcemente con le braccia, inspirando a fondo il suo dolce profumo e trattenendolo per qualche secondo tra le proprie braccia, per poi lasciarlo andare. Seppure a malincuore, si divincolò per dirigersi al bagno.

“Mi faccio una doccia, tu riposa ancora un po'” Disse con affetto, scompigliando i capelli dell'altro e vedendolo raggomitolarsi nelle coperte, per poi appoggiare la testa, prima adagiata sul suo petto, al cuscino.

Si diresse in bagno, lasciando una scia di vestiti sparsi lungo il percorso. Mentre aspettava che il getto diventasse caldo si guardò attorno, trovando con sorpresa la stanza completamente arredata, quasi li stesse aspettando. Probabilmente era così.

Notò una serie di essenze su una mensola in legno e, passandole in rassegna una ad una con lo sguardo, ne scelse una all'aroma di acero, coordinata allo shampoo. Entrò poi nella cabina, lasciandosi avvolgere dal getto caldo, che aveva ormai creato una lieve condensa nel piccolo bagno. Il calore sciolse facilmente i muscoli, ancora rattrappiti dal poco sonno, scivolando lungo il suo corpo. Reclinò il capo all'indietro, sentendo l'acqua scendere sulle guance a lavare via la stanchezza.

Prese il bagno doccia e se lo passò sul corpo, rilassandosi nel sentire quel dolce profumo. Stava per mettersi lo shampoo, quando sentì la pressione di due mani sui fianchi. Sobbalzò, senza però aprire gli occhi, ormai troppo abituato a quel tocco delicato per non riconoscerlo.

“Buongiorno.” Sussurrò Taehyung contro il suo orecchio mentre entrava a sua volta nella doccia. Delle labbra soffici si appoggiarono sulle sue, scivolando facilmente sulla bocca bagnata. Sorrise contro il bacio dell'altro, ricambiando dolcemente.

“Ci siamo svegliati finalmente?” Chiese Jungkook staccandosi dalle labbra del biondo. Nonostante il calore, un brivido di piacere lo percorse quando le sue mani passarono sulla schiena, scivolando lungo le scapole e percorrendo l'intera lunghezza della spina dorsale.

“Mmm.” Mormorò l'altro, sfiorando con il naso il suo collo e facendogli reclinare il capo “Adoro questo profumo.” Aggiunse, passando la lingua lungo la giugulare, per poi afferrare piano la pelle tra i denti. Le mani di Taehyung abbandonarono presto la schiena per scendere lungo l'addome.

“Tae” Lo ammonì Jungkook, che aveva iniziato a passare il sapone lungo il corpo dell'altro.


 

“Dobbiamo proprio?” Protestò, lasciando che l'altro lo ricoprisse di schiuma.


 

“Sì” Rise il giovane dai capelli neri.


 

“Ma non abbiamo ancora inaugurato la nuova stanza” Si lamentò.


 

“Più tardi” Promise il moro, facendolo girare e massaggiandogli i capelli pieni di shampoo, per poi finire di sciacquarsi e uscire.


 

“Dove vai?” Chiese imbronciato Taehyung.
 

Jungkook ammirò il corpo nudo dell'altro da capo a piedi, passandosi la lingua sul labbro inferiore “Mi distrai troppo” Gli rivolse un sorrisetto prima di uscire con un asciugamano legato in vita.


 


 

Una volta che Taehyung ebbe finito di lavarsi e che entrambi si furono vestiti, scesero per la colazione. Quando arrivarono al pian terreno, la tavola era ormai al completo, tanto che tutti che si voltarono nel momento in cui varcarono la soglia.

“Siete arrivati!” Esclamò Namjoon con un sorriso sincero.

Jungkook, imbarazzato, abbassò lo sguardo mormorando un “Ciao” appena percepibile, mentre Taehyung, con un ampio sorriso, esclamò “Buongiorno a tutti!”

Jungkook si guardò intorno: la tavolata non era grande quanto quella della sera prima, ma sembrava imbandita con la stessa quantità di cibo. Anche il numero di persone era minore: notò un ragazzo dai capelli rossi, che non aveva visto precedentemente e, di fianco a lui, il bellissimo giovane dai capelli violetti, che si era presentato come Jimin.

Non fu difficile individuare Yoongi, il quale sedeva un po' lontano dagli altri, evidentemente a disagio. I suoi occhi si illuminarono quando li vide. Jungkook, rassicurato da quello sguardo, si sedette vicino a lui, trascinando l'altro con sé, prima che si mettesse a parlare con le altre persone.

“Ieri è stato tutto molto affrettato” Iniziò Namjoon non appena si furono accomodati “Non abbiamo avuto il tempo di fare le presentazioni adeguatamente. Considero questa casa, così come le persone che vi abitano, come una famiglia e spero vi troverete bene nel periodo che passerete con noi.” Indicò il ragazzo dai capelli violetti, che annuì “Avete già avuto modo di conoscere Jimin. Ma non credo abbiate incontrato Hoseok” Si rivolse al giovane dai capelli rossi, che li salutò con la mano “Mentre loro sono Suga, V e Jungkook.”

Nel frattempo, un giovane dai capelli marroni era entrato nella stanza con quattro piatti colmi di cibo in equilibrio sulle mani. Alla sua vista, il volto di Namjoon si illuminò “E lui è Seokjin.”

Jin gli sorrise a sua volta “Non sapevo bene cosa preferiste.” Disse appoggiando i piatti, che si accumularono agli altri sul tavolo “Conosco bene i gusti dei miei ragazzi, ma non so quasi nulla di voi, così ho preparato un po' di tutto, sperando vi piaccia.”

Solo in quel momento Jungkook si concentrò sul cibo: disposta sulla tavola c'era ogni pietanza possibile, da riso e zuppe a frutta e croissant. Sgranò gli occhi, stupito da quanto fossero gentili e disponibili in quel luogo.

Iniziarono a mangiare mentre un silenzio privo di tensione calava su di loro, forse anche grazie all'ottimo cibo, così che l'unico rumore a riempire la stanza era quello di scodelle, bacchette e posate.

“Allora.” Junkook e Yoongi sgranarono gli occhi sentendo Taehyung prendere parola “Cosa è questo posto esattamente?” Jungkook gli tirò una gomitata, ma l'altro si limitò a rispondere con un finto sguardo innocente e, senza curarsene oltre, si girò verso gli altri in attesa di spiegazioni.

Namjoon ghignò divertito e lasciò stare il cibo, unendo le dita per rispondere “Che idea vi siete fatti?” Chiese guardandoli con curiosità.

“È una casa di prostituzione?” Chiese seriamente Taehyung.


 

“V!” Urlò Jungkook sconvolto.


 

Gli altri scoppiarono a ridere “Perché lo pensano sempre tutti?” Disse tra sé Jimin divertito.


 

Namjoon li fissò, in attesa che gli altri due azzardassero un'ipotesi a loro volta, ma, vedendo che nessuno lo faceva, iniziò “Quest-”


 

“Se posso fare un tentativo.” Venne interrotto quasi subito dal ragazzo con i capelli verdi nell'angolo, che era rimasto zitto fino a quel momento. Annuì, improvvisamente incuriosito “Da quello che ho potuto vedere e sentire” Iniziò fissando la tazza di caffè che teneva in mano “Non mi sembra una casa di prostituzione. Non ho visto stanze apposite o ospiti intrattenersi con i ragazzi” Gettò una veloce occhiata a Jimin e Hoseok, che lo stavano guardando. Poi continuò “Penso infatti che la loro professione sia limitata ad esibizioni, private o meno.” Gettò uno sguardo palese alle braccia di Namjoon “Ho anche notato che hai numerosi tatuaggi. Per quanto oggi non siano così inusuali, tuttavia non posso fare a meno di pensare che, visto il contesto in cui ci troviamo, tu sia in qualche modo coinvolto nel mondo del crimine o, per lo meno, che lo fossi in passato. Credo anche che questa casa sia usata per traffici illeciti, di qualsiasi tipo essi siano. Non penso, però, che tu gestisca il tuo business solo qui, anzi, ipotizzo che questo posto sia il vostro luogo sicuro e ho idea che tu tratto la maggior parte delle tue attività a Kabukicho, anche se devo questa intuizione più alla parlantina di Tanaka che altro. Ho scoperto recentemente che tale quartiere è gestito dalla Yakuza, quindi è a te che voglio fare una domanda” Lasciò in sospeso le parole per qualche secondo e fissò Namjoon negli occhi “Siamo nella casa protetta di una delle più grandi famiglie mafiose giapponesi?”

Nella stanza calò il silenzio mentre sei paia di occhi fissavano allibiti Yoongi.

“Molto... Intuitivo.” Ammise Namjoon con uno sguardo indecifrabile “È vero. Gestisco molti locali in quel quartiere e, grazie a Tanaka, sono in contatto con la Yakuza. Lui è un tramite con la famiglia. Quindi no, non lavoriamo direttamente per loro. Loro non lo fanno, per lo meno.” Disse indicando gli altri tre “Hai ragione, i miei tatuaggi sono una prova vivente del mio passato. Una volta ero in un clan minore. Qualche anno fa c'è stato un cambio di persone ai vertici e sono riuscito a uscirne, seppur a caro prezzo. Tanaka mi ha aiutato, questo è vero, ma una volta che devi un favore a persone del genere è finita.” Sospirò “Da quel momento sono stato legato a lui contro la mia volontà, come se mi possedesse. Quasi tutto quello che faccio passa attraverso lui. Negli ultimi tempi, però, mi è stata concessa più libertà, gestisco più attività autonomamente e sono riuscito ad assumere persone di cui mi fido” Si rivolse verso il ragazzo dai capelli marroni “Seokjin si occupa di organizzare gli eventi e prendersi cura dei ragazzi. Siamo in molti e abbiamo molte case del genere, ma noi quattro viviamo principalmente qui. Cerchiamo di avere a che fare il meno possibile con loro. Per quanto riguarda i locali a Kabukicho, mi limito a versare un tributo alla famiglia.”

Seguì un breve silenzio, in cui tutti fissarono il tavolo, ognuno concentrato nei propri pensieri. Jungkook si accigliò nel sentire quelle informazioni e poco dopo Yoongi annuì, ma fu Taehyung a rompere la tensione chiedendo “Ti fidi abbastanza per rivelarci tutti questi dettagli o per rivelarli a loro?” Indicò Jimin e Hoseok.

Namjoon sorrise come se si aspettasse tale domanda “Te lo ripeto, qui siamo una famiglia: loro sono tutto quello che ho e viceversa. Voglio che sappiano tutto,perché tra noi non esistono segreti. Per di più, credo che nessuno di noi qui presenti possa fare la predica all'altro” Rivolse loro un'occhiata palese “E vi ricordo che sono stato io a dare a Tanaka le informazioni: sto molto attento a chi frequenta il locale. Ricordatevi che dovrete familiarizzare con l'ambiente se vorrete arrivare a Sakamoto” Si fece più serio “Sentite, qui vogliamo tutti la stessa cosa: rubare quel dannato quadro e fare in modo che arrivi a loro. Quindi ogni persona, ogni aiuto, ogni informazione sarà utile.” Detto questo si alzò, seguito dagli altri due quasi si fossero messi d'accordo “Scusateci, ma ora dobbiamo proprio andare. Vi lascio nelle mani di Jin” Sorridendo, diede loro le spalle e si allontanò con i due ragazzi.


 


 


 

Quando ebbero finito di mangiare Seokjin propose “Vi faccio vedere la casa.”

Fece loro strada lungo la villetta, le cui parti erano ben distinte. Le stanze private erano nell'ala nord, mentre l'intera ala sud era adibita al ricevimento degli ospiti. A nessuno dei tre era sembrata così grande dall'esterno.

Al piano terra erano situati i camerini con tutto il necessario per le esibizioni dei ragazzi invece, lungo il corridoio, trovarono una piccola palestra e, con sorpresa dei tre, una piscina coperta con tanto di impianto termale e vetrate sull'esterno.

“Potete usufruirne senza problemi” Spiegò il ragazzo dai capelli marroni. Yoongi dubitava che ci sarebbe mai andato, ma Taehyung sembrò molto interessato, tanto da porre costantemente domande all'altro.

Seokjin li condusse poi nel giardino, che collegava facilmente le due parti, indicando alla sua sinistra un piccola costruzione, completamente invisibile dall'esterno, con cui terminava la villetta “Quella è la serra. Dovrebbe essere uno spazio comune, ma dovrete calpestare il cadavere di Jimin per entrare. Ci tiene molto.”

Infine, aprì una porta scorrevole e li condusse in una sala spoglia, solamente un tavolo a riempirla “Abbiamo pensato di lasciarvi questa stanza per il vostro ehm... Lavoro.” Spiegò, invitandoli a entrare.

Yoongi annuì, ringraziandolo, e gli altri due gli fecero un cenno. Il ragazzo si era già allontanato quando Taehyung disse “Torno subito.” E, senza ulteriori spiegazioni, raggiunse Seokjin per parlargli.


 


 

***


 


 

Taehyung, dopo aver lasciato Seokjin, si diresse velocemente nella propria camera per prendere il suo computer e una valigetta. Quando tornò, trovò Yoongi e Jungkook seduti a terra: il ragazzo dai capelli verdi fissava con uno sguardo inquietante il moro, che invece teneva gli occhi rivolti in basso. Taehyung alzò gli occhi al cielo e si sedette a sua volta di fianco a Jungkook.

“Sputa il rospo Yoongi.” Disse, appoggiando il proprio computer sul tavolo.


 

“Spiegatemi.” Si limitò a dire l'altro incrociando le braccia.


 

“Non c'è molto da dire.” Iniziò Jungkook, passandosi stancamente la mano sul collo.


 

“Sono passati tre anni e mezzo non c'è molto da dire?” Rispose sarcasticamente alzando il tono di voce.


 

“Calmati hyung'” Asserì Taehyung con noncuranza, aprendo il proprio computer e iniziando a far scorrere fluidamente le dita sulla tastiera mentre li guardava “Non mi sembra il caso di parlarne qui, specialmente dopo le recenti scoperte” Gettò un'occhiata eloquente intorno. “Suggerirei di rimandare la conversazione ad un luogo più consono.” Disse fermamente “E di concentrarci sull'incarico per cui siamo stati assunti.”


 

Yoongi lo fissò attentamente e poi sgranò gli occhi “Tu lo sapevi?” Chiese incredulo.


 

Taehyung scrollò le spalle “Tu no?” Senza scomporsi, rivolse l'attenzione al pc “Sei un fottuto genio, hai una memoria incredibile e non ti sei informato sulle persone per cui lavori?”


 

Ancora più sconvolto, il giovane si rivolse al ragazzo dai capelli neri “Lo sapevi e gliel'hai permesso?”


 

“Io non ne sapevo nulla!” Jungkook era incredulo quanto Yoongi.


 

“Tesoro, non fartene una colpa.” Disse Taehyung accarezzandogli la guancia dolcemente “Ci servivano soldi e tu non potevi continuare così.” A quelle parole, Yoongi rivolse loro uno sguardo interrogativo. Il biondo non gli badò e, invece, prese la valigetta che aveva recuperato in camera precedentemente. La aprì e porse loro due plichi di fogli “Questi me li ha consegnati Tanaka. Ci sono tutte le informazioni sul quadro, che, tra parentesi, è un Hiroshige, sull'uomo in questione e sula mostra.”

Continuò a scrivere sulla tastiera mentre gli altri prendevano i documenti e davano loro una scorsa. Ancora incredulo, Yoongi sospirò e sfogliò il fascicolo che Taehyung gli aveva passato: era colmo di nomi, foto, contatti. Lesse le prime pagine velocemente per poi chiuderlo buttandolo sul tavolo.

“Per prima cosa, dovremo interrogare la fonte” Il tono stanco non nascose del tutto il fremito della sua voce.

“Jimin. Si chiama Jimin.” Taehyung gli rivolse un sorriso sornione “Anche se non credo che tu lo abbia dimenticato.”

Nel sentire quel nome le sue guance si tinsero di rosso “Se lo dici tu.” Il sarcasmo non riuscì del tutto a nascondere la finta noncuranza “Lo farai tu. Io non mi fido del tutto di Tanaka e voglio controllare le informazioni di prima mano.”

“No.” Taehuyng non si degnò nemmeno di guardalo negli occhi mentre pronunciava quel secco rifiuto, troppo impegnato a scorrere lo sguardo sul desktop del pc “Sai benissimo che come hacker sono molto meglio di te. Non a caso sono stato assunto. E poi cosa credi stia facendo? Me lo hai insegnato tu: mai fidarsi delle fonti.”

Yoongi sospirò cercando di mantenere la calma” Bene, Jungkook lo farai tu.”

“Mmm no.” Il moro stava già iniziando a protestare, ma fu preceduto da Taehyung, che stava ancora guardando lo schermo “Lo farai tu.”

“Scusami?” Yoongi sollevò un sopracciglio.

“Sei il più bravo a capire le persone, sai riconoscere meglio di chiunque altro se qualcuno mente o no. In più sei in grado di vedere cose cui noi non abbiamo accesso” Disse sinceramente l'altro “Inoltre, in questo modo avrai la possibilità di informarti sul luogo in cui Namjoon lavora e, soprattutto, per chi lavora. Conosci l'ambiente, lo hai detto tu stesso, e puoi scoprire più facilmente se c'è qualcosa che ha a che fare con Ish-”

“Shh. Ma sei matto?” Yoongi lo zittì con occhi pieni di panico.

Senza scomporsi, Taehyung aggiunse “In aggiunta, non riuscivi a staccare gli occhi di dosso da quel ragazzo. Mi ringrazierai.” Gli fece l'occhiolino e, vedendo la sua espressione, aggiunse “ Un giorno.” Poi prese un foglio e scrisse in un'elegante grafia un indirizzo “Questa è la via dove lavora Jimin, ho chiesto prima a Seokjin il nome del locale.” Guardò l'orologio “Se ti dai una mossa potresti raggiungerlo prima che finisca l'allentamento del pomeriggio.”

Yoongi si sentì frastornato: stava accadendo tutto troppo velocemente. Di solito era lui a dirigere le operazioni, ma si disse che erano la stanchezza e le strane sensazioni della sera prima ad impedirglielo. Per il momento. Taehyung, comunque, stava facendo un buon lavoro e l'unico che poteva biasimare era se stesso.

Prese l'indirizzo.


 

“E come ci dovrei arrivare?” Chiese scetticamente.


 

“La macchina è già pronta sul retro” Gli rispose prontamente l'altro con espressione innocente.


 

Yoongi sbuffò sorridendo “Sei diventato bravo nelle previsioni.”


 

Il sorriso di Taehyung si allargò “Ho avuto un buon mentore.”


 

Yoongi li fissò: il biondo si era rivolto di nuovo al computer mentre Jungkook lo guardava intensamente. Sospirò e decise di rimandare l'interrogatorio ad un altro momento, chiedendosi che razza di relazione fosse nata tra i due e come esattamente fosse accaduta.


 


 

***


 


 

Yoongi strinse il foglietto che gli aveva dato Taehyung e diresse verso il civico 5. A differenza del giorno prima, quel pomeriggio il cielo era azzurro e il sole ben visibile, sebbene non riscaldasse del tutto la città. Si strinse nel giubbotto e procedette più veloce lungo la strada.

Non sapeva bene ancora cosa aspettarsi quando imboccò una viuzza laterale, per trovarsi di fronte ad una porta di legno intarsiata con la figura di un drago, circondata da lanterne rosse e da un'insegna che recitava Red Dragon.

Sospirò ed entrò.

Sebbene fuori ci fosse luce, le finestre ne facevano filtrare una piccola quantità, cosicché l'ambiente risultava immerso nella penombra. L'unica parte completamente illuminata era il palco, che occupava la maggior parte dello spazio del locale e che, al momento, serviva da luogo di prova per una decina di ballerini, accompagnati da una musica jazz in sottofondo.

Yoongi individuò facilmente il ragazzo dai capelli rossi di quella mattina, che lo salutò da dietro un bancone. Indeciso, il ragazzo si avvicinò, sedendosi ad uno sgabello girevole e dando le spalle al palco.

“Benvenuto!” Esclamò Hoseok “Seokjin mi aveva avvisato che saresti passato. Desideri qualcosa?”

Yoongi gettò un'occhiata alla serie di bottiglie alle spalle del ragazzo e scosse il capo “Sto cercando Jimin.”

L'altro fece un cenno verso il palco “Lo hai trovato.”

I ballerini di prima si erano allontanati, lasciando spazio al giovane dai capelli violetti, che si stava dirigendo al centro del palco trascinandosi dietro una sedia. Indossava una tuta e una canottiera, che lasciava intravedere le clavicole. Appoggiò la sedia a terra con lo schienale rivolto al pubblico e si sedette a cavalcioni sopra di essa. La poca luce che entrava dalle finestre illuminava i suoi capelli, rendendoli quasi bianchi. Una musica partì in sottofondo e il suono dei bassi riempì l'ambiente.*

Jimin strinse lo schienale della sedia, muovendo lentamente il bacino contro di esso. Si alzò agilmente e fece mezzo giro su se stesso, facendo scendere le proprie mani dai capelli, lungo i fianchi per poi stringere tra le dita il bacino e il fondo schiena.

Era un ballo molto diverso da quello della sera prima: i movimenti sensuali e aggraziati erano stati sostituiti da mosse più sexy e decise.

Jimin si fermò muovendo la testa a ritmo di musica e fece alcuni passetti con i piedi per non perdere il ritmo, aspettando il ritornello per prendere lo slancio e gettarsi in verticale, scendendo lentamente con il corpo fino a terra per poi strusciare le ginocchia contro il pavimento. Si girò, la schiena a terra mentre il solo bacino si alzava. Successivamente, si diede una spinta flettendo le ginocchia e si trovò in piedi. Salì nuovamente sulla sedia e con lentezza si allungò, le braccia sopra di lui che si muovevano sinuosamente mentre le ginocchia si piegavano accompagnate dal movimento del bacino.

“Niente male eh?” Chiese Hoseok, vedendo lo sguardo di Yoongi.

Il ragazzo trovò difficile esprimere un pensiero coerente, sentendo una piacevole sensazione di calore nello stomaco e perciò si limitò ad annuire con lo sguardo rivolto ancora verso Jimin, il quale fece un ultimo giro su sé stesso, prima di sedersi sulla sedia, a tempo con le ultime note della canzone.

Il giovane dai capelli viola sollevò il capo e cercò di riprendere fiato, trovando facilmente i due che lo stavano fissando. Rivolse uno sguardo interrogativo a Hoseok che, in risposta, alzò entrambi i pollici in segno di approvazione. Jimin annuì soddisfatto e scese dal palco, dirigendosi verso di loro.

“Nuova coreografia?” Chiese il ragazzo dai capelli rossi.

La fronte di Jimin era imperlata da un lieve strato di sudore e il suo respiro era ancora affannato quando si sedette nello sgabello di fianco a Yoongi. Le sue braccia muscolose sfiorarono la spalla del ragazzo, il quale sentì improvvisamente l'urgenza di spostarsi impercettibilmente verso l'altra parte del bancone. Hoseok lo guardò sghignazzando, leggendogli l'imbarazzo in volto.
 

“Ci sto lavorando per lo spettacolo di sabato. Non so... non mi convince ancora del tutto.” Confessò Jimin, prendendo la bottiglietta d'acqua che l'amico gli aveva offerto.
 

“Di sicuro qui è stata apprezzata” Hoseok gli fece l'occhiolino e tornò a lavorare dietro il bancone.
 

Il viso di Yoongi avvampò e Jimin rise divertito “Ne sono contento.”
 

Il ragazzo dai capelli verdi cercò di ricomporsi e gli chiese “Ehm. Dovrei parlarti... A proposito-”
 

“Sto morendo di fame.” L'altro sembrava non aver fatto caso al suo tono incespicante “Ti spiace se ne parliamo a cena?”
 

Yoongi alzò le sopracciglia sorpreso, tuttavia non gli sembrò una cattiva idea dal momento che non aveva mangiato nulla dalla mattina.
 

“Mi faccio una doccia e arrivo” Esclamò Jimin senza attendere una risposta, correndo verso i camerini.


 


 


 

Dopo una ventina di minuti, in cui Yoongi aveva avuto modo di ammirare l'architettura del locale, Jimin tornò con un abbigliamento completamente diverso. La tuta era stata sostituita da eleganti pantaloni di pelle nera, coordinati ad una giacca nello stesso tessuto e ad una maglia bianca semi trasparente. Yoongi guardò i propri jeans neri strappati e la felpa grigio scuro sentendosi fuori luogo.

“Andiamo?” Il ragazzo dai capelli verdi gli rivolse uno sguardo interrogativo, sicuro che avrebbero mangiato lì. Jimin gli fece strada, raggiungendo la propria macchina e invitandolo a entrare. Yoongi, titubante, fissò la maniglia per un istante, prima di aprire la portiera ed salire.


 

Dopo qualche minuto Jimin ruppe il silenzio che si era creato “Quindi... Suga eh?”

 

Yoongi imprecò mentalmente, vedendo sfumare le sue speranze di limitare la conversazione agli affari “Mmm.”

 

“Immagino non sia il tuo vero nome.”

 

“Già.” Yoongi si fissò le mani, troppo a disagio per fare o dire altro.

 

Il giovane si concentrò sulla strada, fermandosi ad un semaforo rosso. Quando divenne verde riprese “Se lo indovinassi me lo diresti?” Chiese con un tono speranzoso.

 

“No.” Il giovane pregò che un'auto si schiantasse contro la loro.

 

“È Minho?” Insistette Jimin.

 

“No.” Rispose seccamente.

 

“Chongmin?” Tentò di nuovo.

 

“Oddio no.” Lo guardò con le sopracciglia aggrottate.


 

“Più particolare? Hwanhee?” Chiese tra sé.

 

“Esiste davvero un nome del genere?” Il tono di Yoongi era quasi divertito.

 

“Un indizio almeno?” Chiese il giovane con tono lamentoso.

 

Un sorriso nacque sulla bocca di Yoongi “No.”

 

“Hai intenzione di rispondere no ad ogni domanda che ti farò?”

 

“No.”

 

Jimin alzò gli occhi al cielo scuotendo il capo e Yoongi sperò che si arrendesse. Trascorsero alcuni minuti in silenzio, in cui il ragazzo credette che l'altro avesse desistito, quando invece Jimin gli chiese “Ti è piaciuta l'esibizione di ieri?” Gli rivolse uno sguardo veloce colmo di curiosità, prima di concentrarsi di nuovo sulla strada.

 

I nomi. Decisamente meglio i nomi, pensò Yoongi sentendo il rossore salire alle guance e chiedendosi perchè quel ragazzo stesse tentando di fare conversazione.
 

“S-sì certo” Balbettò.


“Sapevo che sarei riuscito a farti dire un sì.” Jimin fermò la macchina e tirò il freno a mano “Bene comunque” si voltò verso Yoongi “Perché ci tengo molto che i miei ospiti si divertano.” Disse abbassando la voce. Yoongi lo stava fissando stringendo le mani tra loro e cercando di calmare il battito del proprio cuore, improvvisamente accelerati “Siamo arrivati” Aggiunse poi l'altro ritraendosi e uscendo dalla macchina.

 

Tentando invano di calmare il proprio respiro, Yoongi scese a sua volta dall'auto. Non era bravo con gli estranei, men che meno con sconosciuti ballerini attraenti. Inspirò lentamente mentre entravano in quello che si presentava come un ristorante di lusso.

 

“Buona sera Signor Park.” Li accolse un cameriere alla reception.

 

“Buonasera Koisho.” Rispose cortesemente il ragazzo.

 

“Il suo solito tavolo è già pronto.”

 

Jimin sorrise ringraziando e si diresse con passo sicuro verso una sala privata, dove li aspettava un tavolo per due, che dava sul quartiere illuminato.

Si sedettero e Yoongi, non sapendo bene cosa fare, prese il menù. Rimase a bocca aperta nel vedere il numero di pietanze sconosciute scritte in giapponese e, soprattutto, i loro prezzi. Decise che avrebbe cenato una volta tornato a casa.


 

Poco dopo un cameriere si avvicinò “I signori desiderano?”

 

“Per me un Kaiseki, senza sakè” Ordinò Jimin, per poi rivolgere uno sguardo a Yoongi invitandolo a parlare.

 

“Niente grazie” Disse l'altro chiudendo il menù.

 

“Spero tu stia scherzando.”

 

“Non ho fame” Si limitò a dire il ragazzo.

 

“Ti verrà solo stando qui, credimi.”

 

“Non serv-” Si affrettò a dire Yoongi.

 

“Insisto. Sei mio ospite.” Poi, senza degnarlo di uno sguardo, ordinò al cameriere “Due Kaiseki. Vuoi del sakè?”

 

“Mmm no grazie.” Disse, ancora riluttante all'idea di mangiare in quel luogo e chiedendosi come avrebbe pagato.

 

“Ok.” Quando il cameriere si fu allontanato, Jimin congiunse le dita appoggiando i gomiti al tavolo “Ora possiamo iniziare. Chiedimi qualsiasi cosa.”

 

Yoongi fece un respiro profondo e si concentrò sulle domande da porre “Da quanto tempo lavori per Namjoon?”

 

“Sono tre anni ormai.”

 

“Sempre in quel locale?”

 

“Sì, solo recentemente ho iniziato a tenere serate private” Si sporse verso il ragazzo “Non prendi nota? Non mi registri?”

 

“No.” Rispose Yoongi fissandolo.

 

“Ok.” Il giovane non sembrava molto convinto.

 

“Il figlio di Sakamoto lo frequenta molto?”

 

“Non tantissimo. Viene un paio di volte al mese, quando non è impegnato a viaggiare per lavoro. Ogni volta porta da noi i suoi clienti stranieri per farli divertire” Jimin si passò una mano tra i capelli ravvivandoli “Sakamoto e i suoi colleghi mi avevano chiesto uno spettacolo privato, un qualcosa di simile a ieri sera, solo che ovviamente si è tenuto al al loc-” Si interruppe vedendo il cameriere entrare con le portate.

 

Yoongi fu sorpreso dalla quantità di cibo che venne servito: davanti a lui erano state messi dieci piattini, che sembravano più dei capolavori in miniatura che vero e proprio cibo. Ogni pietanza era disposta ordinatamente in diverse ciotole, decorate con spezie colorate e circondate da fiori.

 

“Sono in ordine dall'antipasto al dolce” Spiegò Jimin, che, vedendo l'indecisione sul volto dell'altro, lo incoraggiò “I petali sono commestibili.”

 

Yoongi prese le bacchette, ancora indeciso se rovinare quel pezzo d'arte davanti a sé. Alla fine vinse l'esitazione e provò la prima coppa. I due mangiarono in silenzio, finché il cameriere non si fu allontanato. Poi Jimin continuò “Dicevo. Al locale. Di solito i nostri clienti non fanno caso agli accompagnatori quando fanno certi tipi di discorsi. Credo pensino che siamo vincolati a qualche contratto o che siamo solo statuine di bella presenza senza un cervello” I suoi occhi si fecero tristi per qualche secondo “Sta di fatto che Namjoon, conoscendo i soggetti, mi aveva avvertito di stare particolarmente attento alle conversazioni di quella sera.” Prese con le bacchette la portata successiva e continuò “Erano tutti molto ubriachi-”

 

“Tu avevi bevuto?” Lo interruppe Yoongi.

 

“Cos-? No!” Jimin strinse le labbra in una linea “Io non bevo né prima né durante il lavoro.”

 

“Ieri lo hai fatto.” Yoongi alzò le sopracciglia.

 

Jimin sgranò gli occhi “I-ieri è stato diverso!” Il suo tono di voce era infastidito “Non perdo mai a quello stupido gioco.”
 

“Ok, dovevo chiedere.” Rispose Yoongi, sentendosi in colpa. “Vai avanti.”

 

“Stavo versando i drink alla tavolata e raccontando degli aneddoti, quando Sakamoto ha incominciato a vantarsi di suo padre, di quanto stesse guadagnando in quel periodo e di come avrebbe ereditato tutto il suo patrimonio. Poi ha iniziato a farneticare sul fatto di essere un artista e di quanti quadri importanti avesse la sua collezione” Sospirò “Mi ha persino preso il viso tra le mani dicendo che ero un pezzo d'arte e che avrebbe dovuto esporre anche me” Mosse la mano in aria, come per scacciarne il pensiero “ Per poi aggiungere, come se non esistessi, che quest'anno ci sarebbe stata una sorpresa per la mostra. Un inedito.” I suoi occhi brillarono guardando Yoongi “C'era molta gente che chiacchierava, quindi non tutti lo hanno sentito e ormai stava andando avanti con quel monologo da troppo tempo per attirare gli altri, ma io ero molto interessato, quindi l'ho invitato a parlare. Sembrava contento che qualcuno gli stesse prestando attenzione. Così, si è avvicinato e mi ha sussurrato che avrebbero esposto un quadro rubato per l'occasione” Scosse il capo “Penso non si sia reso nemmeno conto che lo stava dicendo a me.”

 

Yoongi, che aveva continuato a mangiare fino a quel momento, fece improvvisamente fatica a inghiottire il pezzo di carne che aveva in bocca.

 

Jimin si riprese “Ha nominato una tela inedita di Hiroshige. Probabilmente pensava che non io avessi idea di quello di cui stava parlando.” Il suo tono si fece amaro “Peccato non sapesse che ho studiato molto per diventare ciò che sono, specialmente per quanto riguarda l'ambito artistico. Amo i dipinti.” Gli sorrise “Così l'ho riferito a Namjoon, sapendo che lui avrebbe saputo come usare l'informazione.”

 

Il ragazzo dai capelli violetti riprese a mangiare, attendendo che Yoongi assimilasse le informazioni ed esprimesse il proprio giudizio.

 

Yoongi si morse l'interno della guancia e rifletté a lungo prima di rispondere “Non mi sembra molto su cui lavorare. Il tizio di cui mi hai parlato non era nemmeno lucido e potrebbe essersi inventato ogni cosa” Disse sinceramente.


“Beh, immagino che questo dovrete scoprirlo voi.” Ribatté Jimin senza scomporsi “Non sono un esperto nel campo, ma di solito ho un buon intuito con le persone.”

 

Il ragazzo dai capelli verdi alzò le sopracciglia “Vedremo cos-”

 

“Questa è per te” Lo interruppe Jimin, porgendogli una ciotolina nera. Yoongi lo fissò perplesso “La si offre all'ospite invitato a cena.”

 

Il ragazzo allungò le mani, sfiorando per un istante le dita dell'altro e prendendo il piattino. Nel frattempo, Jimin versò una salsa verde brillante in una ciotola in mezzo al tavolo. Vedendo lo sguardo di Yoongi, gliela porse “Voi provare?” Chiese.

 

“Mmm” Yoongi non era convinto “Cos'è?”

 

“Si chiama Wasabi.” Spiegò Jimin, leccandosi la punta dell'indice, dove era rimasta della salsa “Devo avvisarti però che è molto pic-”

 

Yoongi si portò la bacchetta alla bocca e assaggiò la salsa verde. Prima ancora di poterne percepire il sapore, sentì il palato andare a fuoco, seguito dal naso e dalla testa “ Sì direi che è piccante” Disse tossendo e bevendo un lungo sorso d'acqua.

 

Jimin rise apertamente “Lo chiamano anche Namida, che significa lacrima.”

 

Yoongi non lo trovò per nulla divertente.

 

“Dicono anche che abbia proprietà afrodisiache.” Aggiunse con finta noncuranza Jimin, il quale versò una buona quantità di salsa sopra una tartina al pesce, che teneva in equilibrio tra le bacchette. Il suo sguardo si fissò su Yoongi mentre si portava la pietanza alla bocca, tenendola in sospeso senza mangiarla. Con un sorrisetto, avvicinò alle labbra solamente la parte con la salsa verde e, molto lentamente, passò la lingua sopra essa, leccandola via del tutto. Poi, senza battere ciglio, mangiò il pesce in un boccone.

 

Yoongi lo fissò a bocca aperta, incapace, ancora una volta, di connettere i pensieri a causa di quel ragazzo.

 

“Quando ci si fa l'abitudine è sorprendentemente buona.” Si limitò a dire l'altro quando ebbe finito di masticare.

 



 

Il resto della cena era continuato con altre domande da parte di Yoongi, questa volta molto più specifiche e particolari. Jimin faceva fatica a seguire il ragionamento del ragazzo, che lo ascoltava attentamente e lo interrompeva chiedendo informazioni a suo avviso secondarie: cosa avevano mangiato, quale tono di voce aveva usato Sakamoto, quanto gesticolava mentre parlava e via di seguito.

Yoongi aveva preteso che si ricordasse un numero pressoché infinito di dettagli e Jimin, a fine serata, si era trovato privo di energie più che dopo un allenamento.

Alla fine, il giovane dai capelli violetti aveva insistito per pagare la cena a entrambi e non ne aveva voluto sapere di ricevere denaro da Yoongi, che aveva tentato di contribuire almeno in minima parte alla spesa.

“La prossima volta, magari.” Aveva suggerito Jimin.


 

 

Era ormai tarda notte quando rincasarono.

Alla fine, il ragazzo dai capelli verdi si poteva ritenere soddisfatto del materiale che aveva raccolto: le informazioni indirette, i particolari che la mente registrava inconsciamente, erano i dettagli più importanti e il suo compito era di trovarli e analizzarli.

Yoongi stava riflettendo talmente a fondo sul tempo e il modo necessari per trascriverle e riportarle agli altri, che non si era reso conto di trovarsi di fronte alla porta della propria camera, senza il benché minimo ricordo di come ci era arrivato. Succedeva spesso quando era immeso nei propri pensieri.

Jimin, che aveva intuito quanto l'altro fosse concentrato sulle sue idee, lo aveva seguito in silenzio a distanza, fermandosi vicino alla propria stanza e aspettando che gli rivolgesse l'attenzione.


 

“Quindi” Iniziò con voce incerta dopo quache minuto, interrompendo il flusso di pensieri del ragazzo “Buona notte... Yuhno?” Aggiunse speranzoso.


 

Destatosi dai propri pensieri, Yoongi sorrise nell'oscurità, certo di non essere visto “No...tte Jimin.”













* Credo diventerà una tradizione quella di associare una canzone ai balli di Jimin: https://www.youtube.com/watch?v=AJonA0pynoQ



Note:
Ciao readers.
Non ci sto credendo nemmeno io, ma finalmente sono riuscita ad aggiornare questa ff.
Direi che i miei propositi di scrivere un capitolo a settimana sono naufragati, insieme con tutte le mie ship. Certo non è molto di aiuto se, mentre sto scrivendo, mi vengono in mente altre 10 possibili ff da fare.
Still.
Dunque. Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto. 
Dovrei prendere un master in cultura giapponese solo per l'ammontare di ricerche che sto facendo per scrivere questa fanfiction. Quindi fatemi sapere se avete dubbi, domande, apprezzamenti, critiche, qualsiasi cosa (ricordate che i commenti mantengono in vita le scrittrici).
Also, questa volta ci sono un bel po' di riferimenti ad altri contesti. Ad esempio, ho scoperto che il Kaiseki è stato usato come titolo per ogni episodio della seconda stagione di Hannibal (telefilm che vi consiglio caldamente, essendo uno dei miei preferiti). Perciò sono stata molto happy di citarlo, seppure indirettamente.
Poi. Beh, è alquanto intuibile ma, per il ballo di Jimin, mi sono rifatta ad una parte della coreografia di Blood, Sweat & Tears, cause I mean, non so come sia possibile, ma quei passi si adattano perfettamente ad ogni traccia musicale che ascolto.
Per il resto, penso che questo capitolo si possa riassumere in poche semplici parole:
Yoongi non ce la fa.
Jungkook ci prova.
Taehyung salva la situazione.
Jimin è una slut.


Nulla di nuovo insomma.
Chiarito ciò, devo annunciare che (purtroppo) credo passerà un bel po' di tempo prima che aggiorni di nuovo. I capitoli stanno venendo molto lunghi e mi serve tempo per gestirli (anche perchè non ne sono mai soddisfatta a pieno). Perciò, ringrazio tantissimo la mia beta, @didyx, che mi sopporta, aiuta e incoraggia sempre.
Grazie anche a voi per la lettura.
A presto.


Hoshimi.









 

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Capitolo 3
*** Yamazaki ***




Ciao a tutti! 

Allora.

Innanzitutto mi scuso tantissimo per non aver più aggiornato questa storia nè le altre.

Prima di cancellare la ff da qui volevo solo ringraziarvi per averla letta e dirvi che da un anno ormai sto scrivendo in inglese su ao3 quindi, ecco, se voleste proseguire nella lettura di Yamazaki (che ora si chiama A Tokyo Affair ed è stata un po' modificata rispetto all'iniziale in italiano) beh mi farebbe davvero piacere. Vi lascio qui il link in ogni caso: A Tokyo Affair.

Sorry guys and gals davvero.
Grazie mille per il supporto anyway and well, hope to see ya soon <3

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