Il sangue degli El

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'intruso ***
Capitolo 2: *** L’orfanotrofio ***
Capitolo 3: *** Odore di sangue ***
Capitolo 4: *** Il licantropo dagli occhi azzurri ***
Capitolo 5: *** Domande ***
Capitolo 6: *** Famiglia ***
Capitolo 7: *** Arrivi ***
Capitolo 8: *** Lame d’argento ***
Capitolo 9: *** L’ospite sgradito ***
Capitolo 10: *** Ululare alla Luna ***
Capitolo 11: *** Il mattino dopo ***
Capitolo 12: *** La tazzina di porcellana ***
Capitolo 13: *** Freddo ***
Capitolo 14: *** Fame ***
Capitolo 15: *** Il piano ***
Capitolo 16: *** Sii mia ***
Capitolo 17: *** Posso vivere senza di te ***
Capitolo 18: *** L’abisso ***



Capitolo 1
*** L'intruso ***


Il sangue degli El

 

L’intruso

 

La luna brillava alta nel cielo notturno e rischiarava il giardino. Alex, appoggiata alla finestra, osservava malinconica il paesaggio. Quel giorno compiva dieci anni, eppure era triste. Aveva chiesto ai genitori un regalo speciale: una sorella o un fratello; ma sua madre le aveva spiegato che avere lei era stato un piccolo miracolo e che purtroppo non avrebbero avuto altri figli.

Sbuffò, poi cercò di consolarsi pensando alle lezioni di scherma che avrebbe iniziato l’indomani. Fu sul punto di rientrare quando un’ombra scura attraversò veloce il giardino, infilandosi nelle stalle. Alex corrugò la fronte, poi ignorando il fatto che indossava una vestaglia, aprì meglio la finestra e si calò a terra, scendendo lungo l’edera rampicante.

Con passo felpato oltrepassò le siepi di lavanda, i cespugli di rose e il grande salice, fino a raggiungere le stalle. Tese l’orecchio, ascoltando: i cavalli erano agitati, poteva sentire Piuma, il cavallo di sua madre, che batteva lo zoccolo contro il pavimento, Imperator e Khan, i cavalli della loro carrozza, che stronfiavano, agitando la testa. Il cavallo di suo padre non era nella stalla, ma persino il puledrino che le avevano regalato emetteva dei piccoli versi agitati.

Alex sentì un brivido di adrenalina e sorrise, avrebbe risolto il mistero da sola e se trovava un intruso lo avrebbe cacciato.

Con rapidità e leggerezza si intrufolò a sua volta nella stalla, la cui ampia porta era stata lasciata leggermente aperta dagli stallieri. Scivolò da un box all’altro oltrepassando la grande ombra dei cavalli senza notare nulla di strano. Giunta alla fine mise le mani sui fianchi insoddisfatta. Sembrava che chiunque avesse disturbato i cavalli fosse sparito. Forse era stato solo un grosso gatto?

Si voltò pronta a tornare a letto quando udì un movimento nel mucchio di paglia dietro di lei. Rapida come una saetta si voltò, afferrò il primo attrezzo che le passò tra le mani e lo puntò verso il mucchio che ora si muoveva un poco.

“Ti ho visto! Esci subito o t’infilzo!” Intimò, poi fece una smorfia nel rendersi conto che non reggeva altro che un rastrello. La sua smorfia si trasformò in stupore quando dal mucchio di paglia uscì un batuffolo di pelo. “Oh!” Esclamò lei. Non era un gatto, era molto più grande di un gatto, ma non era neppure un cane, di nuovo era più grande anche di un cane. L’essere si sollevò sulle gambe anteriori e, in piedi, era più alto di lei di almeno dieci centimetri.

Alex avrebbe dovuto avere paura, sapeva che avrebbe dovuto avere paura, ma la luce della luna che filtrava nella stalle le permise di vedere gli occhi azzurri della creatura ed era impossibile spaventarsi davanti a tanto sbalordito timore.

“Ehm… questa stalla non è il posto giusto per te, i cavalli hanno paura.” Affermò e vide l’animale guardare verso i box. Se fosse stato un essere umano avrebbe detto che era dispiaciuto. Alex posò la sua arma improvvisata contro il muro. “Hai fame?” Chiese e gli occhi azzurri tornarono a fissarsi su di lei, un brillio di anticipazione. Alex rise. “Lo prendo come un sì. Vieni.” Si voltò e uscì dalla stanza. Dopo un istante d’esitazione il bizzarro animale le trottò al fianco, un’aria fiduciosa e felice sul lupesco volto.

Dieci minuti dopo Alex saccheggiava la dispensa mentre il suo peloso ospite mangiava con voracità tutto ciò che lei gli lanciava.

“Piano!” La bambina ridacchiava mentre l’essere agitava la coda felice seguendola fin nella sua stanza. Una volta raggiunta tirò fuori dall’armadio cuscini e coperte e preparò un morbido giaciglio ai piedi del suo letto.

“Buona notte…” Si interruppe perplessa, poi sbadigliò. “Domani ti trovo un nome, promesso.” Assicurò mentre gli occhi le si chiudevano.

L’essere si accoccolò al suo posto e sbadigliò a sua volta, poi chiuse gli occhi e si addormentò.

Nel cielo la luna lentamente tramontò, lasciando il suo posto al sole.

Alex aprì gli occhi e si stiracchiò nel letto poi, ricordando il suo nuovo e strano amico, si sollevò veloce e sgranò gli occhi, perché nel giaciglio ai piedi del suo letto, ora, vi era addormentata una bambina dai capelli d’oro.

 

 

Note: Rieccomi con una nuova storia! Anzi, a dirla tutta, è una storia che ho lì da un po’ e che, dopo averla sottoposta a tre lettrici (grazie ragazze!!!), ho deciso di sistemare e proporvi.

Si tratta di una long e la pubblicherò con i ritmi che voi mi imporrete. ;-)

 

Fatemi sapere se questo piccolo prologo vi ha intrigate!

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Capitolo 2
*** L’orfanotrofio ***


L’orfanotrofio

 

“Buon pomeriggio, miss Danvers.” Kara prese il cappellino e se lo sistemò tra i capelli biondi, sorrise all’usciere e si immerse nelle trafficate vie di National City. Diversi calessini la oltrepassarono mentre lei camminava lungo la via, godendosi il sole primaverile. La sua destinazione non era lontana, malgrado fosse in una zona della città meno pulita e risplendente rispetto a quella da cui proveniva.

“Miss Danvers.” La salutò il fruttivendolo.

“Buon pomeriggio, mister Jensen.” Prese una mela e consegnò all’uomo una moneta.

“I bambini sono fortunati ad avere lei, miss.” Kara sorrise, luminosa. L’uomo chinò il capo e lei uscì dal negozio, mangiando con piacere la succosa mela.

L’edificio a cui era diretta fu presto in vista, la grande facciata grigia era triste e cupa, ma Kara non vi badò, invece fu colpita dalla fremente attività che si svolgeva davanti alla porta.

Diversi uomini stavano scaricando dei letti da un carro, mentre altri ammucchiavano i vecchi a terra.

“Miss.” La salutarono nel vederla, sfiorandosi il cappello, ma continuando la loro attività, veloci ed efficienti.

Kara entrò e si guardò attorno con sorpresa. Un profumo di pulito riempiva l’aria, le finestre erano state spalancate. Oltre agli uomini che si spostavano avanti e indietro carichi di mobili, letti e materassi, un gruppo di donne stava lavando i pavimenti e persino le mura.

“Cosa sta succedendo, Peggy?” Chiese fermando un’infermiera.

“Una cosa meravigliosa, miss Danvers, guardi con i suoi stessi occhi: un miracolo!” Le indicò il giardino sul retro e Kara, incuriosita, lo raggiunse. Mentre si avvicinava sentì una voce che leggeva. Uscì alla luce del sole, trovandosi ad osservare uno spettacolo, se possibile, ancora più straordinario. Tutti i bambini dell’orfanotrofio, almeno quaranta, erano seduti a terra e ascoltavano rapiti una giovane donna.

Kara rimase immobile osservando il viso della ragazza concentrato nel dare al racconto la giusta intonazione. Indossava un elegante abito blu e un cappellino dello stesso colore che nascondeva dei capelli scuri, raccolti in uno chignon. L’intera sua figura parlava di ricchezza, eppure non indossava i guanti e non sembrava preoccuparsi del fatto che fosse seduta per terra attorniata da bambini che spesso lottavano con i pidocchi e, di certo, non avevano molte idee su come fosse fatto un bagno.

La voce della sconosciuta si alzava e si abbassava, imitava i toni gravi degli uomini e poi si acuiva per interpretare le donne. A un certo punto si fermò, guardò i bambini che aspettavano rapiti e batté le mani facendoli sobbalzare dalla paura: era arrivata la strega, pronta a prendersi il regno.

La donna  attese un istante apprezzando l’effetto che aveva ottenuto e poi alzò gli occhi incrociando i suoi. Sorrise e Kara sbatté gli occhi arrossendo un poco, aveva un volto deciso dagli zigomi pronunciati, ma il sorriso aveva addolcito il suo aspetto e i suoi occhi l’avevano reso luminoso ed estremamente affascinante.

I bambini notarono l’interruzione e seguirono lo sguardo della donna, trovando lei.

“Miss Danvers!” Esclamarono, scattando in piedi e attorniandola. Entusiasti si misero a tirare il suo lungo abito chiaro o le sue maniche cercando di ottenere la sua attenzione, riferendole concitati le grandi novità della giornata.

“Su, su, la buona educazione, bambini!” Li richiamò un’infermiera sopraggiunta nel sentire il baccano. “A lavarvi le mani, presto.” I bambini protestarono, ma la donna accennò ad una merenda e ottenne un successo immediato, tanto che dovette intimare ai bambini di non correre.

“Miss Danvers, avete interrotto il mio momento preferito.” La interpellò la sconosciuta alzandosi da terra e raggiungendola. Kara arrossì.

“Oh… mi dispiace, non volevo… io…”

“Stavo scherzando.” Le assicurò lei con un sorriso divertito.

“Oh, certo!” Arrossì ancora un po’, non si era mai sentita così goffa e sciocca, eppure l’assoluta sicurezza che sprigionava dalla donna sembrava metterla in soggezione.

“I bambini vi conoscono, siete forse una delle volontarie di cui mi hanno parlato le infermiere?” Chiese la donna indicandole poi una panca nel giardino.

“Sì, è iniziato come una ricerca per un articolo che dovevo scrivere ed è diventata un’abitudine; questo posto, malgrado l’impegno delle infermiere, è piuttosto inadeguato per quanto riguarda l’educazione, mi sono quindi offerta di dare lezioni due volte la settimana.”

“Lodevole, non sono molti quelli che dedicano il loro tempo a posti come questo.” Fece notare la donna, un sorriso compiaciuto sulle labbra.

“Voi siete qui.” Rimarcò lei e la donna annuì, il sorriso che non se ne andava, ma non aggiunse perché. “Avete idea di cosa stia succedendo?” Indagò allora Kara. “Un’infermiera mi ha parlato di un miracolo, ma credo che…” Kara s’interruppe e arrossì. “Siete stata voi?” La domanda era più un’affermazione e la ragazza si strinse nelle spalle.

“Nulla di eccezionale, questo posto aveva bisogno di una spolverata.”

“Una spolverata? Sembra che sia passato un uragano con intenti benefici! Non ho mai visto questo posto così luccicante e poi: letti nuovi? Sono anni che lotto in municipio perché si occupino della cosa, inutilmente!” La donna annuì.

“Purtroppo non è facile ottenere fondi per simili progetti, un letto è un letto, dicono loro, non capiscono che un bambino deve dormire in un posto pulito e sano.”

“Esatto!” Kara osservò il viso della donna che si illuminava in un sorriso compiaciuto e si ritrovò a sorridere a sua volta.

Un uomo entrò nel piccolo giardino e chinò il capo, interrompendole.

“Miss, abbiamo finito.”

“Molto bene.” La donna si alzò e sorrise a Kara. “Devo andare, è stato un piacere incontrarvi, spero che avremo altre occasioni.”

“Certo… miss?” Chiese, lei, rendendosi conto di non conoscere il nome della sua interlocutrice.

“Lena Luthor.” Si presentò allora la donna, poi chinò il capo e se ne andò. Kara rimase immobile mentre la guardava allontanarsi.

Un Luthor, erano anni che non si vedeva un Luthor a National City, una famiglia ricca e potente, dal passato oscuro eppure lei ne aveva appena incontrata una e le era piaciuta!

 

Kara stava approfittando della lauta colazione quando entrò Alex, l’aria stanca e l’uniforme spiegazzata.

“Buongiorno.” La salutò lei e la ragazza grugnì qualcosa di simile lasciandosi cadere su di una sedia.

“Lavori troppo, Alexandra.” La rimbrottò la madre. “E lo sai che non mi va che porti le armi a tavola.”

“Sì, madre, lo so.” Assicurò lei, alzandosi e sganciando la cintura con la spada che consegnò ad una cameriera assieme alle due pistole.

“Sei stata di pattuglia tutta la notte?” Chiese Kara, afferrando un altro biscotto, perché aveva ancora un po’ di spazio nello stomaco.

“Ci sono stati dei disordini.”

“Dei disordini?” Chiese Eliza Danvers, sorpresa.

“Sì, sotto l’edificio dei Luthor.” Kara corrugò la fronte stupita, ma fu la sua madre adottiva ad intervenire di nuovo.

“I Luthor? A National City?” Domandò stupita.

“Sì, Lena Luthor, la più giovane della famiglia, si è appena trasferita qua. A quanto pare la cosa non è andata giù ad alcuni e un gruppo di cittadini hanno deciso che qualche atto vandalico sotto i suoi nuovi uffici avrebbe spaventato la ragazza facendola tornare nella sua dimora a Est.” Alex sorseggiò il suo tè, godendosi quel semplice piacere, ma Kara era indignata.

“Vogliono cacciarla? E perché mai? È una persona incantevole ed è gentile oltre che estremamente generosa!”

Alex la guardò perplessa e così sua madre.

“Hai conosciuto Miss Luthor?” Le chiese la donna, posando la sua tazzina.

“Sì… tre giorni fa, all’orfanotrofio.” Si spiegò.

“Cosa faceva la Luthor all’orfanotrofio?” Domandò Alex scambiando uno sguardo con Eliza.

“Avresti dovuto vederla! Leggeva, seduta per terra, e poi ha fatto cambiare tutti i letti e c’erano delle persone a fare le pulizie e…” Guardò la sorella e la madre e corrugò la fronte perplessa. “Cosa c’è?”

“Non conosci la fama dei Luthor?” Le chiese Alex.

“Al giornale ho sentito dire che hanno un segreto o qualcosa del genere… lo sai che non mi interesso di pettegolezzi.” Affermò decisa.

“Kara… si dice che sia parte dell’Ordine… sono Cacciatori.” Mormorò Eliza, lanciando un’occhiata alla porta e controllando che i domestici non sentissero.

“Cacciatori?” Chiese lei, perplessa.

“Cacciatori della Luna.” Spiegò la donna più anziana e Kara sgranò gli occhi.

I Cacciatori della Luna avevano ucciso la sua famiglia quando lei aveva sei anni, lei stessa era scampata per miracolo al massacro ed era stata così fortunata da essere trovata da Alex.

“Ma… ma non esistono più…” Disse, ricordando le lunghe lame d’argento che brillavano alla luce della luna, un incubo ancora ricorrente, anche se erano passati tanti anni.

“Qui, sì, ma i Luthor hanno affari in tutto il mondo. Si dice che il maggiore, Alexander Luthor, sia impazzito in una caccia in Africa, tanto che la sua stessa famiglia ha dovuto rinchiuderlo.” Raccontò Alex. “Vi è un motivo se sono tanto odiati, a National City abitano tanti licantropi i cui famigliari sono morti sotto la lama dei Luthor o degli uomini ai loro ordini e che per sfuggire all’ordine dei Cacciatori sono venuti qua.”

“Lena è diversa.” Assicurò. Bastava pensare a quello che aveva fatto all’orfanotrofio, un simile gesto di pura generosità non poteva venire da una persona malvagia.

“Sei abbastanza grande da saper decidere da sola le tue amicizie, tesoro, ma fai attenzione, la mela non cade mai troppo lontano dall’albero. Cacciatori di Luna si nasce.” Le parole di Eliza la fecero rabbrividire.

Alex le posò una mano sul braccio e le sorrise.

“Lo sai che ti proteggeremo sempre, vero?”

“Non abbiamo registrato la tua natura, proprio per proteggerti da chiunque volesse farti del male. Di certo non sei una minaccia per nessuno, visto la tua enorme capacità di controllo anche durante…” Eliza si zittì perché una cameriera entrò nel salotto portando la posta, quando furono di nuovo sole sorrise, gentile. “Fai attenzione, va bene?”

Kara annuì, ma rimase in silenzio. Le parole di sua madre e di Alex l’avevano turbata. Lena non poteva essere una Cacciatrice della Luna, soltanto una persona dal cuore corrotto poteva dare la caccia ai mannari solo perché diversi e il cuore di Lena…

Avrebbe fatto attenzione, sì, ma, decise, avrebbe conosciuto meglio Lena Luthor.

“Questa è per te.” Eliza allungò il foglietto ripiegato attirando di nuovo l’attenzione di Kara.

Sorpresa spezzò il sigillo in ceralacca e arrossì. Alzò gli occhi e fu felice di vedere che la sua reazione era passata inosservata: Alex si stava addormentando sul tavolo, mentre Eliza leggeva la sua corrispondenza.

Riaprì il foglio e rilesse le parole vergate in un’elegante calligrafia.

 

“Miss Danvers, sarò all’orfanotrofio questo pomeriggio alle sedici.

Mi farebbe piacere discutere con voi di una questione, mi sono dunque permessa di inviarvi questa nota.

Nella speranza di vedervi, vi porgo i miei saluti.

Lena Luthor.”

 

Non vi erano fronzoli, non aveva aggiunto le solite frivolezze, sembrava un messaggio tra uomini d’affari e Kara ne fu stranamente compiaciuta.

Quel messaggio giunto proprio in quel momento doveva essere un segno.

“Alexandra, vai a dormire, su, presto dovrai occuparti di tua sorella.” Alex sbatté gli occhi sorpresa, poi annuì e si alzò.

“Buona notte.” Bofonchiò. “Ci vediamo tra qualche ora.” Sbadigliò e si allontanò.

“A proposito, come ti senti?” Eliza aveva posato le lettere e ora la guardava seria.

“Bene, nessun impulso a…” Si guardò attorno e parlò più piano. “Trasformarmi.” Finì, con un sorriso.

“La Settimana della Luna inizia oggi, i suoi influssi dovrebbero farsi sentire.” Insistette Eliza, sempre preoccupata per lei.

“Va tutto bene, madre.” La rassicurò e la donna sorrise nel sentirsi chiamare a quel modo.

“Molto bene allora.”

Kara si congedò poco dopo, il biglietto di Lena ben stretto nel pugno, non vedeva l’ora che fossero le sedici, era curiosa e non poteva fare a meno di chiedersi di cosa volesse parlare la giovane Luthor.

 

Scrisse l’ultima riga del suo articolo sul ballo tenutosi da Lady Keller e consegnò il foglio all’editore.

“Hai finito in fretta, Danvers.” Rimarcò l’uomo che aveva la spiacevole abitudine di tartassarla e di dimenticare le buone maniere.

“L’articolo le piacerà, mister Carr.”

“Vedremo.” Commentò il suo superiore, ma non la trattenne quando lei afferrò la giacchetta color crema e la abbottonò sulla camicia bianca e poi prese il suo cappellino verde, che si intonava con l’ampia e lunga gonna della stesso colore.

“Arrivederci.” Salutò e con passo deciso percorse la strada fino all’orfanotrofio. Quando arrivò verificò l’ora sul suo orologio da taschino, al suo appuntamento mancavano dieci minuti, soddisfatta entrò nell’edificio apprezzandone i cambiamenti. Sembrava che fosse più luminoso ora che era pulito e con la mobilia nuova.

“Miss Danvers!” Il sorriso di Lena Luthor era ampio e sincero e lei sentì le proprie labbra arcuarsi, mentre le sue guance si coloravano. “Sono contenta che siate potuta venire, il vostro aiuto sarà fondamentale.”

“Oh, ne dubito, miss Luthor.” Lena sorrise ancora, aveva un modo curioso di guardarla, era come se tutta la sua concentrazione si focalizzasse e lei divenisse il centro del mondo.

“Venite a vedere.” Le prese il braccio e la accompagnò fuori dall’orfanotrofio. Kara cercò di non pensare al profumo fresco della giovane e di concentrarsi, invece, su quello che diceva.

“Mi avete detto che l’educazione all’orfanotrofio non è molto curata e mi avete fatto venire un’idea.” La portò davanti ad una porta, poco distante da quella dell’orfanotrofio, e bussò; pochi istanti e le venne ad aprire un uomo che chinò il capo nel vederla. “Miss Danvers, questo è mister Vender, il mio architetto, mi ha assicurato che l’edificio è in buona salute e che basterebbero pochi lavori per renderlo perfetto all’uso desiderato.” Kara corrugò la fronte, perplessa.

“Bisognerebbe aprire qualche finestra e buttare giù qualche muro, ma potrebbe tranquillamente ospitare la sua scuola, miss Luthor.” Assicurò l’uomo, con aria soddisfatta.

“Una scuola?” Chiese allora Kara, sbalordita. Lena aveva già fatto così tanto, non era possibile che…

“Una scuola per i ragazzi dell’orfanotrofio, due insegnanti dovrebbero bastare, per iniziare, poi vedremo.”

“Ma…” Kara era senza parole, Lena la guardò preoccupata.

“Credete che sia troppo piccolo l’edificio? È l’unico non occupato così vicino all’orfanotrofio, ma possiamo… insomma, se credete che non vada bene…”

“No! No, è perfetto, solo che… avete già fatto così tanto!” Il volto di Lena si illuminò.

“Non ho fatto nulla.” Assicurò. “Volevo che foste qui per avere la vostra opinione e per assicurarmi che la cosa non vi offendesse, so che vi occupavate voi dell’educazione dei bambini e…”

“State scherzando? Offendermi? Il mio contributo era davvero piccolo, sarò più che felice di vedere un vero professionista occuparsi di loro.”

“Allora così sarà.” Affermò Lena e la sua mano si posò su quella di Kara in una carezza gentile.

Un brivido salì lungo il suo braccio e la giovane ragazza sobbalzò sorpresa.

Si trasformava da quando era piccola e sapeva riconoscere al volo quando il suo corpo lo necessitava. Da piccola era inevitabile, la luna la chiamava e il suo corpo si tendeva e si allungava trasformandola in un grosso animale, simile a un lupo, ma con forme un po’ troppo umanoidi per confondersi e dimensioni almeno quadruple, per almeno due o tre notti durante la settimana. Ora però lo controllava e riusciva a trasformarsi a suo volere, bastava una sola notte per eliminare la necessità che la Settimana della Luna scatenava, quel fremito era uno dei primi sintomi che l’avvisavano della trasformazione.

“Va tutto bene, miss Danvers?” Le domandò Lena guardandola perplessa.

“Sì, ehm… tutto bene.” La donna le sorrise, poi la invitò a visitare l’edificio chiedendole la sua opinione riguardo a buttare giù pareti e aprire finestre, ma per qualche strano motivo, il corpo di Kara fremeva, desideroso di trasformarsi e lei dovette davvero concentrarsi per mantenere il controllo.

 

 

Note: Abbiamo scoperto un po’ di più di questo mondo, abbiamo visto come Kara sia cresciuta e abbia trovato un posto in quello stesso mondo e… abbiamo incontrato Lena.

Cosa ne pensate delle nostre ragazze? Cosa ne pensate della situazione? E di questo mondo un po’ bizzarro?

 

Ci tengo a precisare che questo è il mio mondo, creato da me, con le mie regole, non ho fatto ricerche, non mi sono documentata, dunque, qualsiasi “errore” che riguardi il mondo, piuttosto noto, dei licantropi è da imputare a questo, spero che vogliate passarci sopra senza farmi le pulci… anche perché, altrimenti, vi risponderò che l’autore è dio all’interno delle sue storie! ;-)

 

Bene, detto questo… la storia continua a piacervi? Siete state rapidissime a commentare il prologo, tanto che mi avete “obbligato” a pubblicare altrettanto celermente. Continuate così e, lo sapete, avrete un capitolo al giorno.

 

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Capitolo 3
*** Odore di sangue ***


Odore di sangue

 

“Questa sera? Ma la Settimana della Luna comincia solo oggi di solito ti trasformi dopo tre o quattro giorni…”

“Lo so.” Kara arrossì un poco davanti allo sguardo perplesso di Alex.

“Sei sicura di stare bene?” Domandò allora la donna.

“Sì, sto bene, è solo che sento di doverlo fare al più presto e…” Alex alzò le mani.

“Ma certo, scusami, va benissimo, manderò un messaggio al comandante e dirò che questa sera non potrò esserci per il mio turno.”

“No, no, non ce n’è bisogno, lo sai che posso controllarmi, mi stenderò nella mia camera e dormirò, solo che invece che essere nel letto sarò per terra.” Sorrise, ma Alex assunse un’aria pensosa.

“Ti ho sempre accompagnata durante le tue notti… pelose.” Affermò e Kara annuì.

“Sì, è vero, ma a differenza dei licantropi della città io non perdo il controllo, non l’ho mai perso.” Le ricordò con un sorriso.

“Lo so… questo fa di te un licantropo speciale, ma…”

“Me la caverò.” Assicurò ancora lei.

“Va bene… anche perché il comandante J’onzz mi avrebbe fatto a pezzi.” Alex sorrise alla sua faccia contrariata. “Chiuditi in stanza e fai attenzione, va bene?” Domandò poi.

“Certo.” Non le disse che se avesse perso il controllo, come un licantropo normale, avrebbero dovuto essere gli altri a dover fare attenzione e, di certo, una porta non sarebbe bastata a fermarla. Aveva visto le celle della luna, stanze pubbliche create apposta per i licantropi che vi si rinchiudevano volontariamente nelle sette sere di luna piena, ma non avevano la ricchezza necessaria ad avere una stanza adatta in casa. Imponenti mura di pietra e porte rinforzate con spesse barre di ferro erano l’unico modo per controllare la forza e la ferocia di un uomo lupo.

La sorella le lanciò uno sguardo poi indossò un corpetto intarsiato d’argento sull’uniforme nera. Kara fece un passo indietro, infastidita.

“Scusa.” Mormorò la ragazza verificando le due pistole nelle fondine alla cintura, una per lato dei suoi fianchi e sistemando la spada nel fodero sulla schiena.

Alex era una guardia cittadina e, come tale, era equipaggiata in maniera particolare per la Settimana della Luna.

“Ci vediamo domani mattina.” Le disse Kara nel vedere che era pronta. “Fai attenzione.” Le chiese poi. Per quanto si fidasse delle capacità di sua sorella era sempre leggermente preoccupata quando la vedeva uscire indossando il corpetto d’argento.

“Lo stesso vale per te.” Alex la fissò per un lungo istante, come se riflettesse sull’idea di rimanere, poi si drappeggiò sulle spalle il lungo mantello nero e uscì dalla stanza.

Senza neanche pensarci Kara, mentre salutava Eliza, saliva nella sua stanza e chiudeva la porta dietro di sé per poi spogliarsi, seguì il rumore dei passi della sorella fino alla stalle, presto sostituito dal rumore degli zoccoli di Zar.

Su quel semplice rumore, punto di riferimento nel fragore della città, sempre più intenso alle sue orecchie, Kara focalizzò ogni attenzione. I suoi sensi crebbero e lei lasciò che succedesse, permettendo al suo corpo di mutare. I suoi muscoli si tesero e poi si allungarono assieme alle ossa, le articolazioni cambiarono e si rafforzarono, mentre la sua pelle si ricoprì di un folto pelo dorato. Kara scioccò le mascelle ora dotate di aguzzi denti e stiracchiò la possente schiena, facendo attenzione a non graffiare il delicato pavimento in legno della sua camera. Ruotò su se stessa un paio di volte, poi si coricò a terra sistemando le zampe sotto al muso. I profumi erano intensi adesso, poteva sentire i domestici che cenavano con alcune deliziose orate, due vie più in là il macellaio stava chiudendo bottega, ma i suoi salumi spandevano ancora nell’aria il loro ricco odore e, più vicina, sua madre si stava preparando ad andare a dormire, lavando il viso con un sapone al profumo di lavanda. La lingua di Kara saettò passando sulle labbra, ma lei controllò la sua fame senza difficoltà. Si era spesso chiesta perché lei fosse diversa, perché controllava la sua trasformazione e perché manteneva la sua coscienza anche nella forma di lupo, ma non aveva mai avuto una risposta. Forse avrebbe potuto sapere di più se la sua condizione fosse stata resa pubblica, ma Eliza e Jeremiah erano stati decisi e fermi nel tenerla nascosta, agli occhi di tutti lei era umana e così doveva rimanere.

Il suo corpo formicolava ancora leggermente per la trasformazione e Kara si ritrovò a pensare a Lena e al modo in cui aveva risvegliato la sua seconda natura. Non le era mai successo una cosa simile, a volte, se si arrabbiava molto, il lupo cercava di uscire, oppure quando si spaventava. Alex l’aveva spinta a trasformarsi una notte quando, per scherzo, le era piombata sul letto con una spada di legno e aveva urlato come una pazza che era un pirata venuta a rapire la principessa; tra l’essere svegliata di soprassalto e la paura a quella minaccia insensata, il lupo era scattato fuori e lei si era trovata ricoperta di pelo, ma aveva solo nove anni ed era dai Danvers da tre.

Kara sorrise ricordando la sgridata colossale che si era presa Alex, con tanto di punizione: niente lezioni di scherma per una settimana. Il sorriso lupesco si spense sulle labbra della ragazza, mentre la sua mente tornava a Lena, e se la ragazza avesse avuto qualche capacità particolare? Vi erano umani dotati di poteri, come veggenti, telepati, cinetici. Poteri rari, ma non inesistenti. Se Lena avesse potuto controllare la trasformazione di un licantropo…

Il lupo dorato sbuffò cambiando posizione. Avrebbe dovuto parlarne ad Alex, ma poi lei le avrebbe impedito di vederla e Kara desiderava conoscere meglio la giovane Luthor, le era piaciuto il suo modo franco e diretto. Le erano piaciuti i suoi chiari occhi che non sfuggivano al suo sguardo, ma che, anzi, lo cercavano, e le era piaciuto il suo modo deciso d’agire, senza cercare ricompense.

Un ritmico rumore di zoccoli la risvegliò dal lento dormiveglia in cui stava scivolando. Avrebbe riconosciuto tra mille il passo di Zar, ma era diverso, più leggero e non era accompagnato da…

L’odore di sangue la fece scattare sulle zampe.

Tese il naso odorando l’aria, mentre digrignava i denti e un brivido di tensione attraversava il suo corpo lupesco. Il refolo si fece più intenso e Kara dovette controllarsi per non ringhiare. Zar che tornava a casa, privo di cavaliere e con l’odore del sangue addosso poteva significare solo una cosa: Alex era nei guai.

Con i sensi all’erta ascoltò la notte, concentrandosi. Era lontana, ma non così tanto da non… Questa volta ringhiò, mentre sentiva, intenso e deciso l’odore di Alex.

Un grido lontano le provocò un altro sussulto. Un pensiero iniziò a martellare nella sua mente di lupo: Alex era in pericolo, Alex era in grave pericolo! E lei non poteva fare niente. Cercò di tornare umana, ma era impossibile, non con la luna quasi piena nel cielo, non prima di parecchie ore.

Guaì piano, frustrata e terrorizzata. I suoi occhi corsero alla finestra; e se fosse andata ad aiutarla?

Un colpo di pistola risuonò nel vento e lei scattò sulle zampe posteriori, il soffitto ora era vicino alla sua testa. Non avrebbe permesso che qualcuno facesse del male a sua sorella. Con un solo balzo infranse la finestra che non sarebbe mai riuscita ad aprire con le zampe da lupo, e si gettò nel giardino di casa. Fu strano sentire l’aria sul muso e l’erba sotto le zampe. Senza indugiare si mise a correre, l’euforia per quella libertà, mai più provata, l’avvolse, ma lei mantenne la testa lucida mentre correva guidata dall’odore sempre più intenso di sangue e da quello più flebile, ma a lei molto conosciuto, di Alex.

Correva a quattro zampe e divorò la distanza in un baleno e, ben presto, alle sue orecchie giunse il rumore dello scontro. Senza preoccuparsi di nulla, inebriata da quel folle senso di libertà e potere, si lanciò oltre l’angolo della strada ritrovandosi nel bel mezzo dello scontro.

Alex e due compagni della guardia erano asserragliati dietro a un carro rovesciato, uno dei due uomini era riverso a terra, sanguinante. Ad attaccarli vi erano due grossi lupi mannari. Kara colse la situazione in un attimo ed emise un ringhio mentre si gettava sul primo avversario, scagliandolo lontano. Il secondo lupo si voltò agile, affrontandola.

Con la coda dell’occhio vide Alex spingere verso terra l’arma del suo compagno, gli occhi sgranati nel riconoscerla, la spada stretta in pugno.

L’avversario era più piccolo di lei, aveva il pelo marrone e, contrariamene a lei, aveva gli occhi gialli di ogni licantropo. La sua taglia non lo fece esitare, senza indugio le si gettò addosso. Kara evitò le zanne protese e con una possente zampata fece finire lontano il lupo, poi, con fare protettivo si parò davanti ad Alex e alle guardie, si alzò sulle zampe posteriori e sfidò i due lupi ad attaccarla ancora, mentre un basso ringhio che le nasceva nel petto riempì l’aria. Un ringhio che non ricordava di aver mai emesso, ma che riconobbe come qualcosa di profondo, parlava di autorità e di sfida.

La luna brillava nel cielo, i due lupi erano fermi e la guardavano, era strana quell’immobilità, ma Kara seppe che era giusto così, che non potevano sfidarla.

I lupi annusarono l’aria, alzarono il muso al cielo ululando alla luna e poi scapparono via. Kara non smise di tenere gli occhi su di loro, fino a quando non sparirono e lei si ritrovò Alex al fianco.

“Torna a casa, subito!”

Si voltò verso di lei. Era ancora inebriata da quel senso di autorità e potere e spinse il naso contro il suo volto, felice di averla salvata e incredibilmente sollevata nel vederla tutta intera, ignorando il pungente corpetto intarsiato d’argento.

“Che diavolo…” Il commento di una delle guardie e l’irrigidimento di sua sorella la riportò alla realtà. Non era così che avrebbe dovuto comportarsi un licantropo…

“A casa!” Intimò ancora Alex, a voce bassissima. Kara si separò da lei, poi, nel vedere altri soldati accorrere, si voltò e corse via.

 

Quando, due ore dopo, Alex entrò nella sua stanza Kara stava mangiando un prosciutto che aveva preso in prestito dalla bottega del macellaio, l’indomani aveva l’intenzione di pagare i danni alla porta e il costo del prosciutto, di certo avrebbe trovato una scusa.

Nel vederla, Kara si alzò entusiasta e, felice che si fosse tolta quel maledetto minerale di dosso, spinse il capo contro il suo petto scuotendo la testa soddisfatta.

“Non saresti dovuta venire! Dovevi rimanere a casa!” Quelle parole la sorpresero, così come le mancate coccole che si era aspettata. Si sedette sulle gambe posteriori osservando con serietà la sorella che andava avanti e indietro nella stanza. “Hai idea dei guai in cui sei finita? Un licantropo che salva degli esseri umani! Non esiste, non dovrebbe esistere, non lo capisci? Non capisci perché papà e mamma hanno sempre fatto di tutto per nasconderti?”

Kara frustrata dal non poterle parlare ringhiò piano attirando l’attenzione di Alex che si fermò, le mani sui fianchi, l’aria arrabbiata. Kara spinse il naso contro di lei e poi ringhiò di nuovo.

“Ho capito, volevi salvarmi, ma non a questo prezzo, non al prezzo del tuo segreto. Ti hanno vista, ben presto tutti sapranno che esiste un licantropo dagli occhi azzurri che ha salvato le guardie della città.” Scosse la testa e quando Kara abbassò il capo per spingerlo di nuovo contro di lei Alex la spinse via. “No, non capisci. Ora non possiamo tornare indietro.” Con aria cupa si voltò e uscì dalla stanza lasciandola sola.

Improvvisamente il prosciutto non era più così interessante. Kara si stese a terra, mentre lentamente in lei cresceva la rabbia. Aveva salvato Alex e allora perché ora era arrabbiata con lei? Aveva passato l’intera vita a nascondersi, ora aveva assaporato la libertà ed era stato meraviglioso, perché non avrebbe dovuto farlo ancora? Lei aveva il controllo, non era come gli altri licantropi che erano pericolosi, lei non avrebbe fatto del male a nessuno e allora perché avrebbe dovuto rimanere chiusa in camera sua, come un bambino in castigo? Lei aveva muscoli fatti per correre, sensi destinati a un cacciatore o a un protettore. Lei avrebbe potuto essere utile ben più di qualsiasi guardia, lei avrebbe potuto tenere al sicuro la città durante la Settimana della Luna. Umani e licantropi avrebbero potuto godere della sua protezione, aveva dimostrato di poter combattere e sconfiggere ben due licantropi e senza nessuno sforzo!

Ringhiò piano, frustrata, mentre si aggirava nella sua stanza, incapace di dormire, ma, al contempo, priva del coraggio di disobbedire all’ordine di sua sorella e uscire di nuovo. L’indomani avrebbero parlato e allora le avrebbe detto cosa pensava.

 

La donna osservò i lupi piegarsi sotto di lei, uggiolanti e pietosi mentre lei forzava la loro trasformazione.

“Padrona!” Gemette il primo, ora in forma umana, ancora a terra, nudo come un verme, patetico.

“Perché non avete portato quello che vi ho chiesto?” Domandò, mentre stringeva il pugno e osservava soddisfatta l’uomo che lottava per mantenere quella forma mentre lei spingeva il lupo a uscire di nuovo, solo in parte, solo quel tanto che bastava per farlo soffrire. “Siete stati via due giorni e tornate a mani vuote?”

“C’era… c’era un lupo, un lupo dorato dagli occhi azzurri.” Ansimò il secondo.

“Non esistono lupi dagli occhi azzurri e un solo lupo avrebbe dovuto essere facile da sconfiggere.” Le urla riempirono il sotterraneo mentre lei attendeva la risposta.

“Il lupo era… era un El!” Riuscì a dire tra i gemiti l’uomo.

“Impossibile!” Urlò lei questa volta, mentre stringeva il pugno con violenza portando i due licantropi sull’orlo della morte. No, non poteva essere!

“Padrona, li ucciderete.” Il suo servo umano la riportò in sé e lei abbassò il pugno lasciando che i due licantropi si attorcigliassero uno contro l’altro alla ricerca di conforto dopo il trattamento subito.

“Ditemi e fatelo in fretta, perché affermate di aver incontrato un El?”

“La sua forza, padrona, il suo aspetto e…” L’uomo cercò con gli occhi il fratello.

“Il potere.” Affermò allora il giovane uomo lupo. “Abbiamo sentito su di lei il potere dell’alfa.”

“Non avete mai avuto un’alfa, come potete affermare una cosa simile?” Domandò allora la donna, trattenendo il desiderio di strappare con le sue stesse mani il cuore a quei due pietosi esseri.

“Non è qualcosa che possiamo spiegare, ma abbiamo voluto ululare con lei alla luna, correre tra gli alberi, cacciare… è qualcosa di profondo e di potente.” Il giovane lupo pronunciò con timore quelle ultime parole consapevole che la padrona detestava tutto ciò che era più potente di lei.

“Più forte di questo?” Pochi minuti dopo i due erano di nuovo lupi e guaivano nel dolore.

La donna lì lasciò, seguita dal suo servo che chiuse la porta alle sue spalle sigillando il sotterraneo.

“Agisci.”

“Certo, mia signora.” Il servo non aggiunse altro, era troppo intelligente per irritare con delle domande la sua padrona quando era così furiosa.

“Non credo a una parola di quello che hanno detto, ma… se esiste anche solo una possibilità…” La donna si sedette su di uno scranno, il volto pallido, la mascella ben delineata, lo sguardo profondo. “Vammi a prendere qualcosa da mangiare.” Il servo chinò il capo e obbedì in fretta.

 

 

 

Note: La storia è giunta ad una svolta! Kara ha salvato Alex, ma ha messo a repentaglio il suo segreto, cosa comporterà la sua scelta? E, altrettanto importante, chi è la donna dell’ultimo paragrafo?

Idee?

Fatemi sapere!

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Capitolo 4
*** Il licantropo dagli occhi azzurri ***


Il licantropo dagli occhi azzurri

 

Quando aprì gli occhi era di nuovo umana. Si stiracchiò, un po’ indolenzita per aver dormito per terra in forma non lupesca, poi si preparò alla giornata, indossando un abito da giorno che abbinava il bianco con l’azzurro e sistemando i capelli in una treccia.

Quando scese per colazione era pronta ad affrontare Alex, ma la ragazza non era al tavolo.

“Dov’è Alex?” Chiese allora ad Eliza che le lanciò subito uno sguardo preoccupato. Era ovviamente stata informata su ciò che era successo durante la notte.

“Tua sorella è uscita presto, doveva sbrigare delle faccende.” Kara si sedette a tavola, contrariata. “Ho mandato Hanna a fare un ordine dal macellaio, immagino che non sarà difficile pagare una cifra leggermente superiore ogni settimana fino a ripagare il tuo debito.” Aggiunse, mentre le lanciava un’occhiata da sopra la tazza del tè.

“Grazie.” Mormorò, vergognandosi un poco per la sua impulsività. Quando era un lupo tutto era più netto: pensieri, desideri, emozioni. Bianco e nero, nulla a che vedere con la confusione dei suoi giorni da umana.

Mentre la cameriera le portava la colazione la sua eccitazione era palpabile.

“Va tutto bene, Molly?” Le chiese Eliza.

“Sì, miss. Solo che ho sentito la notizia e…” Ammise la ragazza. “Un fratello che difende una guardia! Se uno di noi può controllarsi, forse possiamo imparare tutti.”

Eliza sorrise, gentile.

“Sarebbe bello, Molly, ma non sappiamo quanto sia vera questa bizzarra storia.” Commentò, con voce dolce, la sua madre adottiva.

La cameriera era una licantropa e Kara poteva ancora sentire su di lei l’odore del lupo. Sapeva per istinto che la ragazza aveva passato la notte sotto quella forma e che aveva bisogno di trasformarsi ancora, lo avrebbe fatto per tutta la Settimana della Luna, usufruendo delle celle del municipio. Una delle tante consapevolezze che la rendevano diversa dagli altri lupi, nessun licantropo era infatti riuscito, mai, a scoprire la sua natura.

“Mi perdoni, miss. Lo so che non dovrei ascoltare i pettegolezzi.” Si scusò subito la giovane, ma Eliza le diede un piccolo colpetto gentile sulla mano, rassicurandola, prima che lei tornasse in cucina.

Kara rimase in silenzio, com’era possibile che una cameriera conoscesse già la vicenda? Fu il suo turno di lanciare un’occhiata alla madre adottiva, ma Eliza era concentrata sulla lettura della corrispondenza e non le badò.

Quando ebbe finito il suo tè si alzò, salutò la donna che la strinse un poco più del solito e le diede un bacio sulla tempia prima di lasciarla andare, poi prese la mantellina e il cappellino e uscì, diretta al giornale.

Prese il calessino e lo guidò fino alla sede del CatCo Journal. Non appena entrò fu avvolta dal caos, giornalisti ed editori si agitavano nelle stanze, parlando animatamente, pigiando sulle loro macchine da scrivere con una passione raramente mostrata o correndo per uscire o entrare nell’edificio.

“Cosa succede?” Chiese nel vedere l’attuale capo del giornale, un licantropo che conosceva molto bene: James Olsen.

“Cosa succede? Ma dove vivi? Ieri un licantropo ha mostrato di possedere il controllo durante la trasformazione.” Affermò eccitato. Kara sentiva l’energia del lupo scorrere quasi come l’elettricità lungo la pelle scura dell’uomo, non lo aveva mai visto così, James possedeva un forte controllo e di solito il suo lupo era calmo e sopito, era una fortuna che fosse pieno giorno e il potere della luna solo un lontano bisbiglio.

Kara si strinse nelle spalle.

È così importante?” Chiese e l’uomo la fissò, stupefatto.

“Kara! Si vede che sei un’umana! Certo che è importante. Dobbiamo scoprire chi è quel licantropo e…” Il giovane la fissò con aria intensa. “Nessuno conosce il nome della guardia coinvolta, un classico caso di insabbiamento, ma, forse, tua sorella potrebbe avere qualche informazione, lavora nella guardia cittadina, giusto?” La domanda fece arrossire Kara.

“Alex non… voglio dire… lei non sa nulla e poi…” Si torturò le mani rendendosi conto che il suo segreto era ad un passo dall’essere scoperto.

“Non devi fare nulla tu, personalmente, ma potresti invitarmi a pranzo da voi, mi farà piacere vedere Eliza, e io potrei fare qualche domanda a tua sorella.” Il suo tono cospiratorio la fece irrigidire ancora di più.

“Io… io…” Tentò di cercare una scusa.

“James! Non crederai mai a quello che è successo!” Un reporter si avvicinò con aria sconvolta, scriveva d’economia e, di solito, aveva sempre una faccia annoiata, ma non oggi.

“Notizie sul licantropo dagli occhi azzurri?” Chiese subito James, distogliendo da lei l’attenzione.

“No.” Ammise l’uomo. “Ma ti assicuro che resterai a bocca aperta.” Affermò poi, ritrovando il suo tono vivace. “Sono andato alla Camera del Commercio, come ogni mercoledì. Lo sai, fumo un sigaro, bevo un whiskey e intanto drizzo le antenne e mi guardo in giro pronto a cogliere qualsiasi indizio di come soffierà il vento dell’economia nella prossima settimana e…” Fece una pausa, ammirando il piccolo pubblico che si era formato attorno a sé. Kara intrappolata tra i reporter attese la fine della storia, la mente distratta da problemi che reputava più impellenti. “Una donna!” Esclamò il giornalista scioccato. “Una donna alla Camera di Commercio! Era lì, con il suo delicato abito rosso, mentre sorseggiava uno sherry chiacchierando con niente di meno che Maxwell Lord.”

Vari reporter diedero voce alla loro incredulità nell’immaginare una donna nel tempio sacro dell’alta finanza di National City, uno dei pochi regni ancora appannaggio dei soli uomini.

“Il mio vestito è borgogna, mister.” La voce leggera e divertita fendette la folla. Il reporter arrossì, così come il gruppo che lo circondava.

“Ehm… buongiorno milady, non volevo certo mancare di rispetto a… solo che, una donna alla Camera di Commercio…” Balbettò l’uomo, incapace di trovare un modo per uscirne.

“Posso fare affari come gli uomini e con gli uomini, perché mai non dovrei incontrarmi con loro nel luogo in cui si riuniscono?” Domandò, sempre con voce pacata, ma leggermente sarcastica la nuova arrivata.

“Ma certo, miss Luthor.” Accettò con voce conciliante James. “Su, tornate al lavoro.” Ordinò, mentre sorrideva alla nuova arrivata. “Posso fare qualcosa per voi?” Chiese, ma gli occhi della ragazza si erano posati su Kara e un sorriso ne aveva illuminato i tratti.

“Siete gentile, mister Olsen, ma sono qui per vedere miss Danvers.”

Kara strabuzzò gli occhi e la fissò.

“Davvero?” Chiese e Lena sorrise di nuovo.

“Sì.” Ammise. “Possiamo parlare, in privato?” Domandò.

Si congedarono da James e Kara la condusse in una piccola stanza tranquilla.

È sempre così caotico?” Chiese Lena.

“No, ma sono tutti impazziti per quella notizia del licantropo…” Si strinse nelle spalle cercando di minimizzare la cosa, ma vide subito il viso di Lena farsi serio.

“Oh, certo, ho sentito.” Non aggiunse altro per un momento e Kara non poté fare a meno di ricordare le parole di Alex e di sua madre: era forse vero che Lena, come tutta la sua famiglia, odiava i licantropi? Dopo la lunga chiacchierata del giorno prima avevano lasciato cadere il voi e le formalità, ma la loro amicizia non era certo ancora giunta al punto di parlare di cose così personali.

La donna scosse la testa riscuotendosi dai suoi pensieri.

“Come hai già saputo sono venuta in centro per parlare d’affari con alcuni signori. Il patrimonio dei Luthor è ora sotto il mio controllo e ci sono molte decisioni da prendere e alleanze da fare. Per questo e per ragioni più prettamente mondane, ho organizzato una piccola festa nella tenuta dei Luthor, appena fuori città.” Kara ascoltò ogni parola con perplessità, non capiva dove volesse arrivare la ragazza, se voleva un articolo sulla festa avrebbe dovuto chiedere a James e…

“Ovviamente si terrà nel pomeriggio, per permettere anche ai licantropi di partecipare se sarà durante la Settimana della Luna, ma credo che avverrà un po’ più avanti nel mese.” Le parole non sembrarono essere velate da fastidio o disprezzo e Kara si chiese come mai la donna, che sapeva essere sempre decisa, stese tergiversando.

È una bella idea, di certo sarà una magnifica festa. Ti serve il mio aiuto per…” Tentò di aiutarla.

Lena lasciò cadere le braccia e sorrise, in imbarazzo.

“Perdonami, di solito vado dritta al punto… il fatto è che mi farebbe molto piacere che tu venissi, sei l’unica persona con la quale posso dire di aver iniziato ad intrattenere un rapporto d’amicizia qua a National City e…” La mano della donna si posò sul suo polso e Kara percepì di nuovo quel fremito. Questa volta era una nota più profonda, il suo lupo si era già manifestato e la sua energia era sopita e lontana, ma fu comunque un piccolo risveglio e diede un brivido a Kara.

“Ehm…” Disse, confusa dalla sensazione.

“Sei impegnata? Ma certo, posso capirlo perfettamente…”

“Lena.” La fermò decisa. “Come posso essere impegnata se non so neppure il giorno?” La donna sembrò sussultare nel sentirsi chiamare per nome, ma poi il suo viso si rilassò, così come le sue dita su di lei. Kara girò il polso e prese la mano della donna. La sensazione era curiosamente piacevole, aveva l’impressione che il suo lupo avrebbe amato farsi coccolare da quelle dita.

Arrossì al pensiero e lasciò la mano della donna, fece un passo indietro e sorrise.

“Mi farà molto piacere venire.” Affermò poi e Lena sorrise assieme a lei, soddisfatta ed evidentemente felice.

“Ti farò giungere l’invito non appena avrò deciso la data.”

 

Mentre camminava per le affollate strade del centro, Kara sorrideva. Aveva passato la mattinata tesa e preoccupata, ma nessuno aveva scoperto nulla di più sul misterioso licantropo e lei si era rilassata. Aveva evitato James così non aveva dovuto trovare una scusa per il pranzo e, dopo il sorprendente invito di Lena, aveva ricevuto un bigliettino da miss Grant che la invitava per il pomeriggio. Proprio dalla donna si stava recando in quel momento.

Miss Grant era una donna brillante e intelligente con uno spiccato senso degli affari che si era fatta un punto d’onore nel non rispettare le convenzioni. Si era sposata quattro volte, due delle quali con dei licantropi, e quattro volte aveva divorziato. Aveva due figli maschi, uno umano e l’altro licantropo. Ma, soprattutto, aveva fondato un impero dell’informazione. Da sola aveva creato un giornale e poi lo aveva reso il più importante di National City, ma non si era fermata lì, aveva investito su giovani inventori e ora aveva un’enorme quota sul telegrafo. Il successo di quel curioso, ma efficace, metodo di comunicazione a distanza le aveva permesso di fondare giornali un po’ dappertutto per gli Stati Uniti e persino in Europa. Giornali che avevano cambiato il modo di fare informazione, perché ora erano le notizie del mondo ad essere importanti.

Una pioniera e una visionaria. Kara l’ammirava enormemente e da lei aveva appreso tantissimo quando era solo una giovane studentessa di giornalismo, una delle poche donne ad aver intrapreso quella via.

Un suo invito era sempre fonte di gioia. Miss Grant era strana e poteva essere terribilmente pungente con i suoi commenti, ma le voleva bene e l’aveva sempre aiutata.

Bussò alla grande porta e le venne ad aprire un maggiordomo.

“Miss Danvers, miss Grant la sta aspettando nello studio.” Le annunciò l’uomo prendendo il cappellino e la mantellina di Kara.

“Grazie, George.” Sorrise e salì incrociando qualche domestico che salutò cordialmente ricordando i tempi in cui era in quella casa molto più spesso, attraversò il salotto e bussò alla porta dello studio.

“Avanti.” La donna alzò gli occhi su di lei, osservandola da sopra gli eleganti occhiali cerchiati in oro. “Kiera, vieni qua.” La chiamò subito, tornando ad abbassare lo sguardo sui suoi fogli.

Kara, come al solito, non badò al nome sbagliato. Miss Grant mostrava affetto in modi strani.

“Non avrei dovuto lasciare a James il Journal.” Affermò, lanciando sulla lunga scrivania il giornale di quel giorno.

“James sta facendo…”

“Mister Olsen sta illudendo i licantropi e fomentando gli umani! La notizia di questo licantropo sotto controllo.” Agitò le mani e roteò gli occhi, come se faticasse a crederci. “Andava data in maniera completamente diversa.” Terminò. Kara sbatté gli occhi confusa.

“Perché illuderebbe i licantropi e fomenterebbe gli umani?” Chiese. Miss Grant si alzò in piedi, si tolse gli occhiali, oltrepassò la scrivania, appoggiandosi ad essa e incrociando le braccia, poi puntò gli occhi su di lei.

“Usa il cervello Keira. Cos’ha pensato ogni licantropo leggendo la notizia questa mattina?” Kara aprì la bocca e poi la richiuse, le parole di Molly, la sua domestica, risuonavano nella sua testa. “É dunque possibile controllarsi in forma di lupo?”

“Capisco…” Ammise Kara, tormentandosi la mani. Non voleva illudere un quarto della popolazione di National City.

“E gli umani?” Continuò imperterrita, miss Grant. “Gli umani iniziano a temere i licantropi, se potessero davvero controllarsi, che forza sarebbero? Lo sappiamo tutti che un uomo in forma di lupo è forte molte volte più di un essere umano, cosa succederebbe se quella forza non fosse puro istinto e violenza, ma controllo e volontà? Se un gruppo di licantropi agisse assieme con uno scopo preciso, cosa potrebbe ottenere?” Kara sentiva le parole abbattersi su di lei, non aveva riflettuto a tutto ciò. Alex aveva ragione, aveva agito per salvarla, sì, ma ora metteva a rischio un equilibrio delicatissimo creatosi in secoli di convivenza tra umani e licantropi. Secoli in cui vi erano state lotte e massacri tremendi.

“Forse questo licantropo… dagli occhi azzurri, avrebbe dovuto pensarci due volte prima di esporsi in quel modo e mister Olsen avrebbe dovuto presentarlo come una rarità e non come un possibile futuro per tutti.” Concluse la donna. “L’ho sempre detto, quando vuoi che una cosa sia fatta bene devi farla tu stessa, non avrei dovuto lasciare la direzione del mio giornale.” Fece una smorfia, ma i suoi occhi la tradirono andando a soffermarsi sul dipinto del suo figlio più giovane. Kara sapeva che era per lui che aveva rallentato la sua vita dandosi il tempo di crescerlo, così come non aveva fatto con il più grande che era finito con l’arruolarsi e partire per l’Asia e le guerre che laggiù si combattevano.

“Quel che è fatto è fatto.” Concluse poi, decisa. Allungò la mano e scosse un campanello, pochi istanti dopo una cameriera entrò con del tè e dei biscotti. Kara sorrise, ogni volta che succedeva non poteva fare a meno di chiedersi come facesse il personale ad avere sempre del tè pronto, perché, di certo, miss Grant non era una persona abitudinaria, ma detestava aspettare.

“Grazie.” Disse nel vedere la domestica andarsene, mentre miss Grant sorseggiava il suo tè con aria pensosa.

Keira.” La donna tornò a concentrarsi su di lei. “Non ti ho chiamato qui per parlare del licantropo, ma, perché ho saputo che hai conosciuto la nuova arrivata in città.” Kara si tese sedendosi meglio sulla poltroncina.

“Ehm… volete dire…”

“Miss Luthor, ovviamente.” La interruppe di netto la donna agitando la mano infastidita, che lo sapesse non stupì Kara, quella donna sapeva sempre tutto di tutti.

“Oh… sì, lei è…”

“Una Luthor.” Affermò decisa, miss Grant. “Ma non do mai un giudizio affrettato, quindi, ti dirò solo di fare attenzione.”

“Miss Grant, Lena non ha nessun…” Kara si era impettita e aveva assunto un’espressione combattiva, mentre gli occhi della donna valutavano ogni suo movimento.

“Lena è una Luthor, di lei non sappiamo molto, fino a quattro anni è vissuta con la madre in Irlanda, poi alla morte di questa mister Luthor l’ha presa in casa e riconosciuta come figlia. La sua madre adottiva, la moglie ufficiale di Lionel, non l’ha presa molto bene, ma rimane una Luthor e ha fatto buon viso a cattivo gioco. Ora, con il fratello maggiore, Alexander, rinchiuso da qualche parte e ufficialmente reso inabile, Lena ha ereditato l’intero patrimonio famigliare.” La donna posò la tazza e si rilassò sulla poltrona della scrivania. “Ha studiato a Oxford, è intelligente e capace. Ma di lei non sappiamo altro.”

È gentile, simpatica e ha a cuore le persone più sfortunate della città.” Aggiunse Kara. Miss Grant annuì lentamente.

“Vedo che ti piace. Vorrei però che tu sapessi questo: non appena il licantropo dagli occhi azzurri si è manifestato un messaggio è partito dalla tenuta dei Luthor.” Kara guardò gli occhi di miss Grant farsi seri. “Un messaggio che conteneva informazioni specifiche e l’invito di raggiungere subito National City.” Aveva sempre sospettato che miss Grant avesse numerosi informatori nel servizio postale, quella ne era un’ulteriore prova.

“Chi…?” Kara si torturò le mani, incapace di concludere la domanda. Voleva sapere e al contempo detestava l’idea di intromettersi negli affari di Lena o anche solo di dubitare di lei, perché sapeva dove quel discorso andasse a parare.

“Chi era il destinatario?” Concluse per lei miss Grant. “La più grande cacciatrice di lupi mannari che la nostra epoca ha conosciuto. Oh, certo, nessuno potrebbe portare delle prove, ma le informazioni sono il mio pane e so cosa quella donna è sospettata di aver fatto.” Kara trangugiò a vuoto, il viso della sua mentore ora era mortalmente grave, gli occhi che andavano a soffermarsi di nuovo sull’immagine del suo figlio più piccolo, il licantropo della famiglia. “Il Maestro dell’Ordine è stato avvisato: Lillian Luthor sta per arrivare in città.”

 

 

 

Note: Sono bastati pochi incontri per fare di Kara e Lena due amiche, ma la loro amicizia, appena abbozzata, viene subito minacciata. Miss Grant con la sua fitta rete di informatori semina il dubbio in Kara, avrà ragione nel chiedere alla sua protetta di fare attenzione? Su Lillian non ha nessun dubbio… ma, Lena, sarà fatta della stessa pasta?

Parlando di cose meno serie… vi è piaciuta l’entrata in scena di Lena al CatCo Journal? E miss Grant? Ve l’aspettavate tra i personaggi?

Fatemi sapere!

 

Aggiungo delle scuse per non aver postato ieri il capitolo, voi con i vostri commenti siete sempre rapide e fantastiche, ma avevo delle scadenze di un contest da rispettare.

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Capitolo 5
*** Domande ***


Domande

 

Quando rientrò a casa la mente di Kara era affollata di pensieri. Il breve incontro con miss Grant era stato illuminante, ma non in un senso buono. Ora comprendeva le parole di Alex, sapeva di non poter fare ammenda e al contempo desiderava ancora poter fare di più, dare di più alla città e ai suoi abitanti.

“Kara.” La chiamò la voce di sua madre dal salottino, mentre lei stava ancora rimuginando sulla questione.

“Sì?” Chiese entrando e si bloccò sulla porta, stupita. Sua madre era seduta sul divano, accanto a lei, rigida e severa nell’uniforme c’era Alex, sul suo volto vi era stanchezza e preoccupazione, ma a colpirla davvero fu l’uomo in piedi davanti alle due donne. Lo conosceva di vista, ma non lo aveva mai visto a casa sua. Si irrigidì immediatamente.

“Comandante J’onzz.” Lo salutò. L’uomo le fece un cenno con la testa, indossava l’uniforme nera delle guardie, ma niente argento su di lui. Kara poteva sentire il lupo dell’uomo, fu stupita nel sentirlo così potente e improvvisamente incrociò le braccia davanti al petto, percepiva una sfida e non era pronta a lasciarlo vincere.

L’uomo corrucciò le sopracciglia e lei alzò il mento.

“Kara, il comandante voleva farti qualche domanda.” Intervenne Eliza, forse era umana, ma conosceva bene la figlia adottiva e, malgrado non potesse percepire il lupo dell’uomo, le era bastato uno sguardo per capire cosa stesse succedendo.

“Ah, sì?” Chiese lei, sentiva il lupo fremere, desideroso di balzare fuori e insegnare a quel fratello chi era il più forte.

Il comandante annuì.

“Sì, avrei voluto incontrarvi in circostanze diverse, ma vostra sorella ha perorato la vostra causa e, vista la vostra natura, ho deciso di assecondarla.” Spiegò l’uomo.

“Su, sedetevi e parliamo come persone civili.” Invitò allora Eliza, indicando il divano. Kara obbedì, ma non distolse gli occhi dal licantropo.

“La mia natura?” Chiese allora Kara, lanciando uno sguardo ad Alex e chiedendosi quanto l’uomo sapesse.

“So che siete un Fratello della Luna.”

“Sorella.” Lo corresse lei, cercando di nascondere la sua sorpresa. Il comandante J’onzz acconsentì con un cenno della testa.

“Ieri sera non siete stata prudente. Ma il vostro intervento ha salvato i miei agenti, quindi…”

“Potrei aiutare ancora!” Intervenne Kara, cogliendo al volo l’occasione.

“Non se ne parla!” Intervenne decisa Alex.

“No.” Affermò l’istante successivo Eliza.

“Non sono più una bambina.” Protestò lei. “Posso, voglio, aiutare le persone di questa città.”

“Quanto controllo possedete?” Chiese J’onzz.

“Completo controllo.” Affermò lei fiera.

“Davvero? Trasformatevi allora: adesso.” Kara guardò Alex sorpresa. La ragazza stringeva le braccia preoccupata e tesa.

“Non…”

“Non potete?”

È pieno giorno, la luna…” J’onzz si alzò e andò alla finestra, le mani dietro la schiena, stava riflettendo, su cosa Kara non ne aveva idea.

“Per un attimo…” Scosse la testa e si voltò a guardarla. “Cosa ricordate della vostra famiglia?”

Kara guardò verso Alex ed Eliza, le due donne si erano lanciate uno sguardo rapido, ma non intervennero.

“Non ricordo molto, sogno ancora lame d’argento in un giorno di luna, ma…”

“Un nome, ricordate un nome?” Kara scosse la testa all’insistenza del comandate delle guardie.

“No, no, non ricordo.”

“Andiamo, miss Davers! Avevate sei anni quando siete stata trovata, è possibile che non ricordiate il nome della vostra famiglia?”

“Ora basta.” Eliza si era alzata e si era messa davanti alla figlia più piccola. “Questo è troppo J’onn.” Aggiunse e l’uomo strinse i denti per poi annuire.

“Perdonami.” Affermò, stupendo Kara. Non si aspettava tanta famigliarità tra di loro. “Io e Jeremiah abbiamo spesso discusso e se lei fosse… allora…” Scosse la testa.

“Cosa? Se io fossi cosa?”

“Sono solo teorie senza fondamento.” Chiuse la discussione Eliza e il suo tono era severo. Kara sentiva il lupo ribellarsi, ma la sua parte umana sapeva quando era meglio non insistere, avrebbe chiesto ad Alex più tardi.

È stata una lunga giornata, e la luna inizia a chiedere attenzione, credo sia ora per me di andarmene.” Affermò il comandante. “Agente Danvers, questa notte riposati.”

“Ma…”

“Ho altri agenti che pattuglieranno le strade.” Chiuse il discorso l’uomo e Alex annuì, accettando l’ordine. “Riguardo a voi, miss Danvers, siate accorta, avete attirato su di voi attenzioni che potrebbero non essere piacevoli. Speriamo che la città non debba rimpiangere le vostre azioni.” Kara aprì la bocca, pronta a difendere ciò che aveva fatto, ma Alex le posò delicatamente una mano sul braccio e lei tacque, anche se arrabbiata. L’uomo afferrò il mantello verde scuro che aveva appoggiato sul divano e lo drappeggiò sulle spalle, salutò con un cenno della testa le donne nel salottino e se ne andò via con passo deciso.

 

“Alex.” Chiamò la sorella con una punta di indecisione nella voce, ma la ragazza si voltò con un sorriso anche se aveva un’aria stanca. “Vorrei scusarmi con te, ho capito cosa volessi dire e…”

“No, Kara.” Alex le prese le mani e le strinse. “Io devo scusarmi, mi hai salvato la vita e io sono solo stata capace di prendermela con te.”

“Ma avevi un po’ ragione, anche se deciderei ancora di salvarti.” Assicurò Kara e le due ragazze si sorrisero.

Alex le indicò la sua stanza e insieme vi entrarono, la più grande si lasciò cadere sul letto esausta, mentre Kara si sedeva allo scrittoio.

Rimasero in silenzio un lungo momento poi Kara smise di indugiare.

“Cosa sai della mia famiglia?” Chiese piano, quasi timorosa. Alex si sollevò suoi gomiti, l’aria sorpresa.

“Nulla. Se avessi scoperto qualcosa credi che non te lo avrei detto?”

“Ma il comandante ha fatto delle allusioni e… pensavo che tu sapessi.” Kara osservò la sorella lasciarsi cadere di nuovo sul materasso, la fronte corrucciata.

“Ipotesi…” Affermò. “Ricordo che quando sei arrivata tu, papà e mamma si sono agitati molto, J’onn era spesso a casa…” Era evidente che cercava di ricordare avvenimenti vecchi di anni. “Sono partiti per un viaggio, subito dopo.”

“Hanno cercato di rintracciare la mia famiglia, ma Jeremiah mi ha sempre detto che non hanno trovato tracce.” Confermò Kara. “Il comandante voleva che mi trasformassi! Senza la luna nel cielo, quale licantropo potrebbe farlo? E avrebbe dovuto essere una prova di che cosa?”

“Non lo so.” Ammise Alex. “J’onn non parla molto dei licantropi.” Di nuovo rimasero in silenzio, poi Alex sembrò ricordare una cosa perché si alzò sui gomiti e la guardò. “Mi ha fatto un sacco di domande sulla reazione dei licantropi che hai affrontato.”

“Davvero? Perché?” Alex ora era in piedi, sembrava aver dimenticato il sonno.

“Si sono comportati in maniera strana.” Ammise la ragazza.

“Strana? Li ho sfidati e hanno capito che ero la più forte.” Si inorgoglì Kara, sentiva il suo lupo crogiolarsi nella soddisfazione.

“Li hai appena toccati. Ho visto scontri tra licantropi durare più riprese, un licantropo non si dava per sconfitto fino a quando non era al limite della morte o addirittura non era proprio morto!” Ora sembrava vedere anche lei la stranezza di quello scontro. “Anche tu hai fatto qualcosa di strano.” Ricordò. “Quel ringhio basso, cupo…”

“Oh, quello…” Ricordò, Kara, stringendosi nelle spalle.

“Cosa pensavi, cosa sentivi?” Le chiese Alex, curiosa.

“Io… stavo affermando la mia autorità su di loro.” Spiegò alla fine cercando di esprimere a parole quello strano sentimento, quella convinzione di avere il diritto di comandare sui due licantropi.

Alex corrugò la fronte.

“Non lo avevo mai visto fare.” Le spiegò. “Forse J’onn…”

“Non sono sicura che tu debba fidarti di J’onn. Mi ha sfidato prima e…”

“Kara, il comandante J’onzz è un amico di famiglia, mi fido di lui, non farebbe mai niente che ci nuocesse.” La interruppe Alex.

“Si tratta di me, della mia famiglia, di quello che sono.” Spiegò allora Kara. “Se mi nascondono qualcosa voglio scoprirla e se devo indagherò da sola.” I suoi occhi corsero verso la sorella che colse subito la sua richiesta e sorrise indulgente.

“Certo che ti aiuterò.” Assicurò, rispondendo alla domanda muta. “Ma non escludere a priori l’aiuto di J’onn.”

“Va bene…” Accettò lei. I suoi occhi brillarono, il suo lupo le trasmise una scossa di coraggio e desiderio di incominciare. Aveva nascosto la testa sotto la sabbia per troppo tempo, era ora di scoprire chi fosse e da dove venisse.

 

“Buongiorno, James.” Il giovane alzò la testa stupito.

“Buongiorno, Kara… cosa fai qua?” La ragazza sorrise fiduciosa.

“Posso sedermi?” L’uomo lanciò uno sguardo attorno a sé, perplesso, poi le indicò la sedia e lei sempre sorridendo si sedette. “Allora, dormito bene?” Chiese allegra. L’occhiataccia di James le fece comprendere il suo errore.

“Oh… giusto.” Affermò. L’uomo le si avvicinò deciso e la guardò con serietà.

“Kara, cosa fai qua?”

“Mi sembra ovvio.” Affermò allora lei estraendo dalla borsa un taccuino, una penna e un piccolo calamaio portatile. “Mi sono resa conto di essere molto ignorante sul mondo dei licantropi, devo colmare questa lacuna, e mi sono detta che…”

“Hai pensato che presentarti in un bar noto per essere il ritrovo mattutino dei licantropi, nella Settimana della Luna, fosse una buona idea?” Domandò pungente.

“Beh, sì.” Kara si strinse nelle spalle. Poteva sentire la forte energia che quel posto racchiudeva, era raro avere a che fare con un gruppo di licantropi così grande e tutti reduci da una notte passata a ringhiare e strepitare in una piccola cella.

“Non siamo di buon’umore al mattino e, di certo, pochi se non nessuno risponderebbe alle tue domande in un giorno normale, figurarsi nella Settimana della Luna!”

James non aveva tutti i torti, vi erano degli argomenti che una persona di buona educazione evitava, la vita da licantropo era una di essa.

“Voglio solo aiutarti a scoprire chi è il misterioso licantropo…” Si fermò, perché una voce attirò la sua attenzione. Ruotò la testa e osservò la strada all’esterno del bar. Lì, un uomo e una donna avevano circondato un’elegante figura.

“Se vuoi davvero avere qualche informazione…” James prese il suo taccuino e vi scrisse sopra qualcosa, ma Kara era troppo concentrata per ascoltarlo. “… e vedi di andarci dopo pranzo e non all’alba, come adesso.” La rimbrottò.

“Certo.” Acconsentì lei, senza neanche sentirlo, poi afferrò il materiale da scrittura e uscì rapida dall’edificio.

“Non avresti dovuto scegliere questa strada.” Affermò la donna davanti a lei.

Luthor.” Aggiunse feroce l’uomo. Kara poteva sentire i loro lupi raschiare contro le loro ossa nel tentativo di uscire, solo il sole li tratteneva.

“Sì, sono una Luthor, ma le colpe che attribuite alla mia famiglia non sono le mie.” Affermò la donna, il suo tono di voce era sorprendentemente calmo, seppure deciso.

“Lena!” Esclamò lei, facendosi largo tra i due licantropi senza nessuna paura. “Che piacere vederti qua.” Sorrise e poi i suoi occhi si posarono sui mannari. Fu un solo istante, un momento infinitesimale, ma il suo lupo sfiorò la sua pelle, lasciando che l’autorità e la forza che possedeva fuoriuscisse da lei colpendo i due licantropi. L’uomo, il più vicino, quasi sussultò, mentre la donna abbassava il capo d’istinto.

“Lascia che ti accompagni.” Aggiunse Kara riportando la sua attenzione su Lena.

 

“Certo…” Lena lasciò la presa sul meccanismo che aveva al polso e che le avrebbe consegnato sul palmo un pugnale. Non si era aspettata un simile intervento. Kara non doveva essersi resa conto della situazione, perché appariva rilassata e sorridente.

“Non dovresti passeggiare da sola così presto la mattina nella Settimana della Luna.” Le disse però la donna, mentre camminava al suo fianco. Lena la osservò velocemente. Indossava uno dei suoi semplici abiti dai colori pastello, verde chiaro, questa volta. Al braccio aveva una piccola borsa e portava i capelli sciolti sulla schiena appena nascosti da un cappellino bianco.

Sembrava tranquilla eppure dalla sua frase era chiaro che avesse compreso appieno la situazione e l’avesse deliberatamente tolta da un brutto impiccio.

“A Metropolis…” Si interruppe e scosse la testa. “Non sono abituata ad avere così tanti licantropi attorno, la mia è stata una leggerezza, ti ringrazio per il tuo intervento.” Kara si strinse nelle spalle, come se se ne fosse già dimenticata.

“Dove stavi andando?” Le chiese e Lena sorrise. Era bella quella nuova intimità tra di loro come se ormai fossero amiche.

“In tipografia.”

“Per gli inviti alla festa?” Chiese curiosa la ragazza. “Ci saranno gli involtini di carne? Vado pazza per gli involtini di carne!” Ammise candidamente e Lena non poté fare a meno di ridere. Conosceva Kara da così poco eppure fin dal primo sguardo aveva avuto l’impressione di conoscerla da sempre.

“In realtà si tratta di un’altra faccenda, se vorrai accompagnarmi ti mostrerò. Comunque, chiederò al cuoco di inserire gli involtini di carne nel menu.” Aggiunse e sorrise nel vedere gli occhi soddisfatti della giovane.

“Ottimo.” Affermò infatti, appagata.

Lena osservò il modo in cui alzava il mento, gli occhi che le brillavano e istintivamente si avvicinò e intrecciò le loro braccia, continuando a camminare accanto a lei.

Un gesto naturale, un gesto amichevole al quale Kara sorrise per un istante, incontrando i suoi occhi.

“Dunque: in tipografia… non vuoi darmi nessuna informazione in anticipo?” Chiese Kara, lanciando uno sguardo alla valigetta che lei teneva nella mano destra. Lena sorrise.

“Un’idea, credo che ti piacerà.”

“Sì…?” Domandò la ragazza, Lena ridacchiò e spostò la mano sul polso della ragazza sfiorandone la pelle nuda. Ed eccolo di nuovo, quel brivido strano e sorprendentemente piacevole. Kara scostò appena la mano, sorridendo, come a voler nascondere qualcosa. Lena come sempre finse che non fosse successo nulla eppure, eppure quella sensazione ormai non poteva più essere considerata un caso.

Che cosa significava? Da dove veniva? E perché era così gradevole?

 

 

“Sei sicura?” La donna lo fissò con aria dura e il giovane alzò le mani in segno di resa. “Va bene, ho capito, sei sicura.”

“Credevo che fosse impossibile, ma… deve essere lei! Leggi tu stesso!”

“Sì, mi hai svegliato buttandomi il giornale addosso, l’ho già letto.” Rimarcò il suo interlocutore con una smorfia.”

“Quando sarò abbastanza vicina riconoscerò il richiamo del mio alfa e allora non avremo più dubbi.”

Il ragazzo, le lanciò uno sguardo preoccupato, mentre si agitava nella stanza impacchettando oggetti.

“Lo spero…”

“Sarà così.” Affermò la donna e sulle sue labbra si formò un sorriso. Il primo vero, liberatorio sorriso che faceva da anni. “Fai in fretta, non ti aspetterò per molto.”

 

 

 

Note: Vi aspettavate la festa? Ebbene, no, non è ancora il momento di dedicarsi ai balli e ai convenevoli, questa era il tempo delle domande! ;-)

Finalmente abbiamo avuto il diritto di sbirciare il punto di vista di Lena, cosa ne pensate? Kara non è l’unica ad avere sensazioni particolari, cosa può significare?

Il colloquio con J’onn vi ha illuminate o solo riempite di altri dubbi?

L’ultimo paragrafo, infine? Un altro mistero? Idee? Teorie?

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Capitolo 6
*** Famiglia ***


Famiglia

 

“È un’idea magnifica!” Kara osservò il viso di Lena illuminarsi alle sue parole e non poté fare a meno di pensare a quanto fosse bella, ma una piccola voce nella sua testa, con l’inequivocabile tono di miss Grant, non la lasciava in pace. “A volte penso a quanto debba essere fiera tua madre di te.” Affermò e vide il volto della donna cambiare. Gli occhi la sfuggirono, mentre il sorriso sbiadiva.

“Io e mia madre abbiamo un rapporto… particolare.” Le rispose, la mano che andava ad accarezzare i fogli che aveva appena estratto dalla cartella, spiegandole la sua idea: un libro creato apposta per aiutare i docenti nell’insegnamento di base. Il primo nel suo genere e Lena voleva stamparlo per l’orfanotrofio. Cinquanta copie per iniziare aveva detto al tipografo i cui occhi erano brillati. Kara aveva solo una vaga idea del costo, ma doveva essere ingente.

“Per questo ti sei trasferita qua?” Domandò Kara e Lena alzò di nuovo lo sguardo cercando qualcosa nel suo, valutandola forse.

“Sì. Ho ereditato il patrimonio di famiglia, lei voleva che mantenessi l’indirizzo tradizionale, io non ero d’accordo. Rimanere a Metropolis avrebbe significato una lotta perpetua con lei. Qua posso avere il nuovo inizio che desidero.” I suoi occhi sostennero il suo sguardo a lungo. Kara annuì e sorrise.

“Spero che ci riuscirai.” Il volto di Lena si rilassò a quelle parole.

“Ti ringrazio, Kara, so che non è facile andare oltre al mio cognome. Tutti in città mi vedono solo come la sorella del pazzo Lex, o la figlia della crudele Lillian.” Sospirò e Kara arrossì un poco nel sentirle esprimere così chiaramente quello che lei stessa aveva sentito da persone che rispettava. Era così ingiusto, se solo l’avessero vista come la vedeva lei…

“Potremmo far loro sapere che tu sei diversa!” Esclamò e Lena la guardò stupita.

“Come? Sto facendo una fatica enorme a integrare nel mio giro d’affari i licantropi, al solo nome Luthor nessun Fratello della Luna vuole più incontrarmi. Maxwell Lord è stato l’unico a vedere il profitto e non il nome.” Kara sorrise, mentre estraeva il suo taccuino, la penna e l’inchiostro e li sistemava su uno dei banconi della tipografia.

“Ti farò un’intervista!” Esclamò, girando le pagine. I suoi occhi furono attratti da una scrittura maschile. Lesse sorpresa un indirizzo e solo allora ricordò che James le aveva detto qualcosa riguardo a delle informazioni sui licantropi. Ci avrebbe pensato dopo. Alzò lo sguardo e lo fissò su di una Lena alquanto perplessa.

“Dimmi: dove sei nata?”

Pochi istanti e la giovane Luthor si rilassò, i suoi occhi si persero nei ricordi mentre le raccontava della sua vita, dei suoi studi, dei suoi desideri e della sua volontà di utilizzare la compagnia di famiglia per fare del bene e, soprattutto, della sua scelta di venire a National City per crearsi un nuovo inizio.

“Perché proprio National City? La città con il maggior tasso di licantropi?” Domandò Kara, tendendosi sulla sedia.

“Proprio perché è la città con il maggior numero di licantropi.” Rispose la donna decisa. “Perché desidero mostrare che io non ho nulla contro i Fratelli della Luna, anzi, sono pronta e desiderosa di lavorare e vivere con loro.” Kara sorrise a quest’ultima affermazione e annotò la risposta della donna con precisione.

“Grazie.” Disse alla fine.

“Davvero credi che la pubblicheranno? Credevo che in questo momento ci fosse spazio solo per il licantropo speciale.” Gli occhi di Kara saettarono curiosi sul suo volto.

“Cosa ne pensi di quella faccenda?” Domandò allora. Lena si strinse nelle spalle.

“Non so cosa pensare. Un licantropo che mostra di controllarsi sembra troppo bello per essere vero, mi chiedo se non vi sia qualcosa che lo controllasse e che lo abbia spinto ad agire in quel modo.” Le parole della donna la sorpresero.

“Qualcuno che controlla un licantropo? Questo è impossibile.” Affermò decisa e forse troppo bruscamente, perché notò lo sguardo di Lena farsi curioso.

“Ci sono molti modi… ho studiato il soggetto e posso assicurati che nella Storia esistono numerosi casi di licantropi controllati.” Alzò la mano, persa nei pensieri. “Un solo tocco con la mano poteva bastare ad un essere abbastanza forte.” Riabbassò la mano e tornò a guardare Kara. “Oppure certe erbe o, persino, alcune formule pronunciate da esseri con poteri psichici fuori dal normale.”

“Sembri conoscere molte cose sui licantropi.” Affermò Kara, piccata.

“Mia madre si è premurata di darmi un certo tipo d’educazione, sì.” Spiegò Lena. La osservava preoccupata ora.

“Perché mai? Nella vostra famiglia non ci sono, di certo, dei licantropi.”

“Kara.” La voce di Lena era quasi timorosa, come se si fosse resa conto di essere finita su un terreno pericoloso e temesse di cadere. “La conoscenza non è malvagia in sé, è il modo in cui la si usa che conta. Io sono stata sottoposta ad un certo tipo di educazione, questo non significa che desidero usarla contro i miei nuovi concittadini licantropi.” Kara osservò quegli occhi chiari. Aveva visto Lena sicura davanti ai licantropi, decisa nell’affermare ciò che desiderava per il suo futuro, sfrontata nell’affrontare i giornalisti del CatCo Journal, dolce tra i bambini e decisamente intrigante con lei, ma ora, ora era solo preoccupata, timorosa, come se perdere la sua amicizia la preoccupasse più di qualsiasi altra cosa.

Annuì e sorrise, abbassando un poco lo sguardo incapace di sostenere ancora quegli occhi limpidi e tesi.

“Ma certo, hai ragione.” La rassicurò. “Perdonami, è solo che…”

“Il pregiudizio è difficile da abbandonare. Lo so.” Ammise la donna con un sospiro.

Kara non poté negare, ma allungò la mano e la posò sulle dita di Lena. Non rimase sorpresa dall’immediata sensazione che ne ottenne, quel brivido profondo che fece gorgogliare di gioia il suo lupo.

“Tu sei diversa.” Affermò decisa e si beò del sorriso timido della donna e della calda sensazione che quel prolungato contatto le stava provocando.

 

Lasciò Lena a definire gli ultimi dettagli con il tipografo, mentre lei andava all’edificio in cui vi era la sede del CatCo Journal. Era soddisfatta e felice, l’articolo sarebbe di certo piaciuto a James e avrebbe mostrato alla città la vera Lena. Forse i licantropi avrebbero smesso di infastidirla.

Sorrise, il suo lupo era ancora avvolto nel caldo tepore che le aveva generato il contatto con la giovane Luthor. Non sapeva di cosa si trattasse, ma non era malvagio, ne era sicura.

“Kara.” La salutò James alzando lo sguardo nel vederla entrare nel suo ufficio. Era più elegante ora, più composto, diverso dall’uomo ancora frastornato dalla trasformazione con cui aveva parlato quella mattina presto.

“Buongiorno, James.” Lo salutò frettolosamente, mentre estraeva il suo taccuino e glielo tendeva. “Questa mattina ho incontrato Lena Luthor e mi sono detta che una sua intervista sarebbe stata molto interessante.” Spiegò in fretta, quasi concitata.

“Un’intervista a miss Luthor…” Mormorò James inarcando un sopracciglio e leggendo le prime righe. Dopo pochi istanti rialzò gli occhi. “Non crederai alle sue parole, vero? Sappiamo tutti come sono i Luthor.” Commentò e Kara percepì il suo lupo sussultare di rabbia. Come osava?

“Certo che credo alle sue parole! Lei non è come gli altri Luthor, non detesta i licantropi ed è importante che tutti lo sappiano.”

James tornò ad abbassare lo sguardo, poi sbuffò.

“Lo pubblicheremo, ma non ti aspettare che cambi il modo in cui la guardiamo. È una Luthor, la sua famiglia ha ucciso troppi fratelli perché possa essere perdonata.”

“Lei non ha ucciso nessuno!” Protestò veementemente. “Vuole solo aiutare!” Insistette. James la guardò perplesso e stupito.

“Da quando la conosci così bene? È arrivata a National City da quanti giorni? Una decina?”

“La conosco abbastanza da sapere che merita un’occasione.” Kara sentiva il lupo agitarsi dentro di lei, il dolce torpore in cui era finito completamente dissipato, mentre stringeva i pugni.

“Va bene, va bene. Ma, se vuoi un consiglio da un vecchio amico, stalle lontana.”

 

Kara osservò la casa leggermente perplessa. Si era aspettata che l’indirizzo di James la portasse da uno studioso, qualcuno disposto a darle delle informazioni sui licantropi, invece era una casa a pochi passi dalla caserma delle guardie cittadine e sembrava una piccola fortezza essa stessa. Si avvicinò al campanello e suonò, aspettando. Pochi minuti e sopraggiunse una cameriera che la fece accomodare in un salotto senza farle nessuna domanda.

Kara non si sedette, invece si guardò accanto curiosa, lo studio era sobrio: una scrivania, un tavolino e qualche sedia, niente di comodo come poltrone o divani, niente di superfluo come soprammobili o fiori. Nessun tocco femminile ad ingentilire l’ambiente severo. Alle pareti, però, vi erano numerose mappe, alcune della città, altre della regione. Kara ne stava osservando una quando un piccolo colpo di tosse l’avvisò che non era più sola. Un uomo silenzioso, comprese, colpita, ma quando si voltò allora la sorpresa fu davvero grande.

“Comandante J’onzz?” Domandò, stupidamente, visto che l’uomo non poteva essere confuso con nessun altro.

“Siete a casa mia, eppure, sembrate sorpresa di vedermi.” Commentò il licantropo, sistemandosi alla sua scrivania intrecciando le mani e guardandola.

“Io…” Kara non seppe come spiegarsi, l’uomo le indicò la sedia e lei si sedette, cercando di riordinare le idee. “Mi è stato dato questo indirizzo, pensavo di poter parlare con qualcuno riguardo ai licantropi.” Ammise e l’uomo annuì piano.

“Immagino che tu abbia molte domande. Eliza e Jeremiah hanno deciso di tenerti all’oscuro, di proteggerti con il segreto sulla tua natura, ma questa scelta ti ha escluso dalla conoscenza che ogni licantropo possiede, fin dalla più giovane età. Conoscenza che si trasmette assieme al gene, da padre o madre a figlio o figlia.”

“So alcune cose, conosco la mia natura, ma è chiaro che voi conoscete cose che io non so. Perché mi avete chiesto di trasformarmi di giorno? Nessun licantropo può farlo.” Domandò, era lì e l’uomo non sembrava ostile, tanto valeva chiedere. J’onn J’onzz sospirò.

“I tuoi genitori adottivi hanno…”

“Lo so, ma ora sono grande e posso decidere per me stessa. Le cose sono cambiate, mi sono mostrata alla città, al mondo, agendo d’istinto e senza riflettere sulle conseguenze. Ora comprendo che ci sono tante cose che non posso permettermi di ignorare. Se voi sapete qualcosa sulla mia natura, sulla mia famiglia, devo conoscerla.”

Per un lungo istante l’uomo rimase in silenzio, poi annuì.

“Mi sembra giusto.” Accettò e Kara sentì un brivido d’eccitazione. Finalmente avrebbe avuto delle risposte. Non si era resa conto di quanto le desiderasse fino a quando non aveva chiesto.

Il comandante J’onzz si sistemò meglio sulla sedia, poi iniziò a raccontare.

“Un mattino di molti anni fa Jeremiah fece irruzione nella mia camera, ero appena tornato umano ed ero alquanto irritabile, ma lui non esitò a buttarmi un secchio d’acqua addosso e a scuotermi perché ritrovassi la giusta lucidità per ascoltarlo.” Sorrise leggermente, al ricordo. “Quel mattino, sua moglie Eliza, aveva trovato una bambina accoccolata sul pavimento di sua figlia. Alex continuava a insistere che il giorno prima era una specie di grosso cane e l’aveva seguita fino in camera prima di addormentarsi lì.” Il volto di J’onn era fisso su di lei. “I licantropi, piccoli o no, non fanno così. Ho visto un bambino sventrare un cavallo nella sua forma di lupo, ma tu no, tu eri diversa.”

“Perché?” Si ritrovò a chiedere Kara. Per lei era naturale essere così, non si era mai posta troppe domande al riguardo.

“Non lo sappiamo. Credimi, abbiamo fatto molte ipotesi, ma non siamo mai giunti ad una vera soluzione.”

“Avete un’idea, però.” Insistette Kara, aveva notato l’esitazione nel tono dell’uomo.

“Vi è una storia. Un tempo esisteva una famiglia reale di licantropi, una famiglia capace di controllare la forma di lupo, di governare sugli altri lupi e di…”

“Trasformarsi anche sotto il sole.” Comprese Kara e J’onn annuì.

Rimasero in silenzio. Kara rifletteva, poteva controllare la sua forma di lupo e aveva fatto qualcosa ai due licantropi la notte in cui aveva protetto Alex, ma anche quella mattina, allontanandoli da Lena. Era stata solo una prova di forza? Il suo lupo possedeva davvero dentro di lui qualcosa di speciale?

“Il modo in cui hai cacciato i lupi dalle mie guardie è stato eccezionale. Quasi quanto l’idea di due licantropi che agiscono in squadra.” Mormorò l’uomo pensoso. Kara inarcò le sopracciglia a quel dettaglio a cui non aveva fatto caso.

“Pensate che io sia davvero un’esponente di questa antica famiglia?” Domandò, lasciando da parte quella nuova informazione.

L’uomo si alzò e si voltò, aprendo uno dei suoi armadi ed estraendone un grosso tomo.

“Le notizie di questa famiglia si perdono nella Storia, sono secoli che nessun esponente si propone come leader dei licantropi. Se lo facesse… non so immaginare le ripercussioni politiche e sociali. Un capo, un alfa, pronto a guidarci...” Scosse la testa come se l’idea fosse affascinante e preoccupante al contempo, poi aprì il volume, lo ruotò e lo spinse lungo il tavolo. Gli occhi scuri dell’uomo erano fissi su di lei, concentrati.

Kara osservò l’immagine che J’onn le aveva messo davanti, ma non la riconobbe.

“Niente?” Domandò l’uomo e appariva deluso.

“No, mi dispiace.” Kara tracciò il simbolo inciso sullo scudo, cercando di ottenerne un qualsiasi tipo di ricordo, ma nulle le venne alla mente.

J’onn ritirò il volume e lo ripose nel suo armadio.

“Sai tutto quello che sappiamo noi. Jeremiah e Eliza credono che tu sia l’ultima erede della famiglia reale e hanno deciso che andavi protetta e nascosta. Il tuo potere, se fosse effettivo, sarebbe immenso e le tue possibilità altrettanto. Potresti cambiare il nostro mondo, potresti porti al comando di una forza quasi inarrestabile, potresti sconvolgere gli equilibri e per questo potresti essere un bersaglio di forze altrettanto pericolose e violente.”

 

 

 

Note: Abbiamo avuto un po’ di risposte? Kara ha posto le sue domande a Lena e a J’onn, venendo a conoscenza di cose importanti da entrambi. Lena sembra essere la donna che conosciamo decisa a cambiare il mondo e ad ottenere il suo nuovo inizio, distaccandosi dalla sua famiglia, sarà la verità? Dopo tutto sembra molto ben informata su alcune cose…

J’onn, invece, ci parla di questa antica dinastia di licantropi, dai poteri molto particolari. Kara ne sarà una discendente?

Voi cosa ne dite? ;-)

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Capitolo 7
*** Arrivi ***


Arrivi

 

Lena osservò il giardino con aria soddisfatta. Le lanterne brillavano spandendo luce soffusa, le aiuole e i fiori erano disposti con elegante ordine, mentre le fontane gorgogliavano allegre, ma non fastidiose. In un angolo, su di un piccolo palco, un quartetto di archi stava accordando gli strumenti, mentre i camerieri sistemavano il cibo sui larghi vassoi e stappavano le bottiglie del frizzante e pregiato vino che aveva fatto arrivare apposta per quell’evento. Non aveva badato a spese e la casa risplendeva, pronta a ricevere i suoi ospiti.

La Settimana della Luna era passata e l’evento poteva quindi svolgersi di notte; Lena aveva esitato a lungo su quel punto, ma alla fine aveva deciso di posticipare la festa a metà mese, così da avere più tempo per ambientarsi in città.

Un rumore di cavalli attirò la sua attenzione, si voltò e fece un cenno al suo maggiordomo che si premurò di far aprire i grandi cancelli di ferro battuto che proteggevano la dimora dei Luthor.

Alla prima carrozza ne seguì un’altra, in pochi minuti Lena fu impegnata nei più piacevoli convenevoli. Con soddisfazione vide arrivare mister Lord, il primo licantropo ad una festa dei Luthor, poco dopo di lui furono altri a giungere. Poi, una carrozza un po’ più modesta delle altre, ma tirata da due splendidi animali, fece la sua comparsa e sulle labbra di Lena si aprì un ampio sorriso.

“Lena!” La chiamò subito la ragazza, balzando giù dalla carrozza senza attendere che il valletto le mettesse il piccolo sgabello.

“Kara.” La salutò lei, sentendo un piacevole calore scaldarle il cuore. Era sorprendente come in così poco tempo fossero diventate amiche.

“Wow!” Esclamò la ragazza.

“Sì, i decoratori hanno fatto un ottimo lav…”

“No! Tu, sei magnifica!” Lena si voltò a guardarla, sorpresa. Sul viso della ragazza vi era un rossore felice e lei allungò le mani, posandole su quelle di lei. Il brivido caldo corse sulla sua pelle avvolgendola in un sentimento di benessere.

“Anche tu sei bellissima.” Affermò con un sorriso, osservando l’elegante abito blu che stringeva il petto di Kara con un corsetto per poi aprirsi e scendere in un’ampia gonna. I loro occhi allacciati si trasmisero la gioia che sapevano di provare nell’essere assieme. “Avevo paura che non venissi e che mi lasciassi sola.” Affermò con tono fintamente serio.

“E lasciare che tutti i deliziosi involtini che hanno preparato i tuoi cuochi fossero mangiati da qualcun altro? Mai!” Assicurò Kara, il volto altrettanto grave, ma gli occhi che brillavano.

Lena rise, aveva chiesto alla ragazza di aiutarla nella scelta del menu e insieme avevano passato un intero pomeriggio ad assaggiare ogni tipo di pietanza. In realtà lei aveva assaggiato, Kara sembrava non avere fondo e non si era lasciata sfuggire neppure una briciola di ogni piatto che le era stato messo davanti.

Un’altra carrozza si fece avanti e Kara lasciò le sue mani, forse, ma Lena non ne era sicura, con lo stesso rammarico che provava lei.

Lena guardò verso il suo maggiordomo perplessa, non riconosceva la donna elegante a cui un valletto personale stava tendendo la mano, aiutandola a scendere.

“Lady Rhea.” Gli suggerì l’uomo. “Ha comprato la tenuta accanto alla vostra.” Aggiunse, ma Lena aveva già annuito, ricordava di aver aggiunto quel nome per educazione, malgrado non avesse ancora avuto l’occasione di incontrare la nobildonna.

“Sicura che sia solo una Lady?” Domandò Kara bisbigliando. Lena trattenne appena un sorriso divertito. La donna incedeva elegante, tra i capelli castani rispendeva un diadema d’argento scuro, stesso colore del suo abito, dal taglio semplice, ma impreziosito da un corsetto di lucido metallo.

“Indossa dell’argento?” Domandò Kara e questa volta nel suo tono era scomparso tutto il divertimento. Solo allora Lena si rese conto della situazione ineducata. Aveva notato che nessuno a National City portava l’argento come ornamento, erano solo le guardie a indossarlo e solo nelle notti della Settimana della Luna.

La nuova arrivata alzò il volto e lo fissò su di lei con un sorriso.

“Miss Luthor, il vostro invito è stato inaspettato, ma assolutamente apprezzato.” Lena sorrise a sua volta, conscia del suo dovere di ospite.

“Spero che la mia piccola festa sarà di vostro gradimento.”

“Lo sarà di certo.” Assicurò la donna. I suoi occhi passarono oltre lei e si soffermarono su Kara. Lena ruotò appena la testa e notò l’aria accigliata della ragazza. “Vi lascio accogliere i vostri ospiti, ma spero che avremmo l’occasione di parlare ancora.” Lena inclinò la testa in un cenno d’assenso, la donna sorrise e poi scivolò via. Sembrava che ogni suo gesto fosse elegante eppure naturale. Lena ne fu immediatamente affascinata.

“Non mi piace.” Sbatté le palpebre sorpresa e si voltò verso Kara.

“Come?” Chiese, perplessa.

“Quella donna ha qualcosa che non va.” Assicurò la ragazza. Lena non l’aveva mai vista esprimersi in maniera negativa verso qualcuno, tendeva ad essere indulgente e gentile con tutti. Non si conoscevano da molto, certo, ma Lena sapeva, perché lo aveva testato in prima persona, che Kara dava a tutti una possibilità.

“Solo perché indossava dell’argento? È appena arrivata in città, forse lo ha fatto senza riflettere. Io stessa ho indossato orecchini d’argento e un bracciale prima di scoprire che era inopportuno e offensivo.”

Kara sbuffò.

“Quelli non sono pochi grammi d’argento! Indossa un corpetto intero!” Lena si strinse nelle spalle, mentre seguiva con gli occhi la donna che ora stava chiacchierando con un gruppetto di uomini e donne. Non poté fare a meno, però, di vedere che i licantropi si allontanavano istintivamente da lei.

“Quanto è fastidioso?” Domandò quasi sovrappensiero.

“Oh, non moltissimo. Un licantropo in forma umana preferisce starci lontano e in forma di lupo è come una sostanza urticante.”

“Ma un proiettile…”

“Un proiettile ferma un licantropo perché ne avvelena il sangue. Le guardie li usano per immobilizzare un licantropo errante, poi però devono intervenire i medici, e in fretta.” Spiegò Kara. Lena annuì, conosceva le nozioni, sua madre aveva fatto sì che le conoscenze della sua famiglia le fossero inculcate nella mente, ma non aveva mai davvero riflettuto su cosa significasse per un licantropo dover parlare con qualcuno con quel metallo addosso.

Kara più di una volta l’aveva informata su quello che a National City era considerato normale, altre volte, invece, si era mostrata profondamente ignorante sulla vita dei licantropi, probabilmente il fatto che fosse umana e che non fosse nata in una famiglia come la sua, la rendeva estranea a certe nozioni.

Una carrozza interruppe i suoi pensieri e distolse Kara dal suo malumore per la nuova ospite, si trattava di mister Olsen e poco dopo giunse anche miss Grant che Kara presentò con gli occhi che brillavano di orgoglio e gioia.

Quando tutti i suoi ospiti furono riuniti anche lei li raggiunse nell’ampio giardino chiacchierando con tutti, ricevendo complimenti per la festa e scambiando le classiche banalità che punteggiano i discorsi tra sconosciuti che cercando di essere cortesi. Dopo tutto, fu una festa di successo.

“Sei stanca?” Le domandò Kara sopraggiungendo alle sue spalle, lei sembrava piena d’energia, malgrado le ore passate in piedi a riempirsi di cibo e a chiacchierare, a differenza di Lena aveva persino danzato con mister Olsen e con il giovane figlio di miss Grant.

“È quasi l’alba.” Le fece notare, ma sulle sue labbra apparve un sorriso. La semplice e dolce presenza di Kara era rilassante, con lei non avrebbe dovuto fingere una conversazione brillante o rimanere concentrata per trovare le possibili insidie di ogni soggetto.

“Hai ragione.” Acconsentì la giovane. “È stata una bella festa.” Aggiunse poi dopo che lei ebbe salutato l’ultima coppia di ospiti.

Le annuì, poi tornò a voltarsi verso il giardino dove i camerieri stavano iniziando a ripulire. Alzò lo sguardo e cercò la sua finestra, pensando al letto e alle ore di sonno che avrebbe potuto concedersi prima che i suoi impegni la raggiungessero.

“Lena?” Si voltò e le sorrise. La carrozza con i due frisoni neri stava aspettando la ragazza, ma lei non sembrava troppo pronta ad andarsene.

“Dimmi.” Domandò, osservando i primi raggi del sole illuminare i capelli d’oro di Kara.

“Mi hai resa un po’ gelosa, oggi…” Lena sbatté le palpebre.

“Come?” Chiese, sorpresa, e un po’ divertita per il tono corrucciato della giovane.

“Hai parlato per troppo tempo con gli altri ospiti.” Affermò lei.

“Oh, Kara, mi sembrava che il tuo tempo fosse occupato nella sorveglianza ai vassoi di cibo e nel ballo.” Affermò e nella sua voce percepì una punta di reale fastidio che la sorprese, era davvero stanca. Gli occhi di Kara brillarono e le tese le mani. Lena non poté fare a meno di sorridere e intrecciare le loro dita.

Forse era la stanchezza, ma la sensazione fu più intensa che mai e Lena rabbrividì.

“Hai freddo?” Le chiese subito Kara, ma quello non era stato un brivido di freddo, tutt’altro! Era come se le mani della ragazza avessero scivolato lungo il suo corpo e…

Arrossì e si sottrasse alla stretta. Prima che potesse dire alcunché, però, l’attenzione di Kara fu attirata altrove.

“Stai aspettando un ospite?” Le chiese perplessa. Lena corrugò la fronte e solo in quel momento udì i rumori di una carrozza che si avvicinava.

“No…” Rispose, poi vide l’oggetto del loro interesse e rabbrividì. La carrozza era una normale carrozza a noleggio, ma in cassetta accanto al conduttore vi era un uomo alto, i capelli scuri, che indossava una livrea completamente nera. Lena non aveva nessuna difficoltà a immaginare i suoi brillanti occhi verdi sotto l’alto cilindro.

“Faresti meglio ad andare.” Disse a Kara, il cuore che accelerava, mentre il suo corpo si irrigidiva e il suo viso cambiava. Tutta la stanchezza di quella lunga serata scomparve, non poteva essere debole, doveva essere vigile e attenta.

“Cosa succede?” Il tono di Kara era serio, fermo. Aveva fatto un passo avanti come se volesse mettersi tra lei e chiunque fosse in arrivo, pronta a proteggerla. Lei, una piccola giornalista dal cuore tenero.

“Non vuoi incontrare la persona che sta per arrivare.” Le assicurò. “Per favore, Kara, vai a casa.”

 

Kara osservò il viso teso di Lena e strinse i pugni. Detestava essere mandata via a quel modo e detestava l’idea di lasciarla lì, da sola, ad affrontare qualsiasi mostro stesse arrivando. Perché, ne era sicura, la persona nella carrozza doveva essere terribile per generare un simile cambiamento nell’attitudine di Lena.

“Ti prego.” Aggiunse la giovane Luthor e, questa volta, nei suoi occhi brillò qualcosa che spinse Kara ad annuire.

“Va bene… ma, lo sai che posso affrontare qualsiasi cosa per te, vero?” Lena rimase in silenzio per un istante, i suoi occhi verde azzurri erano tristi adesso.

“Grazie, Kara.” Mormorò, poi voltò la testa rigidamente e si preparò ad accogliere il suo ospite.

Con qualche passo Kara raggiunse la sua carrozza e salì nell’abitacolo, con un cenno al conducente che sfiorò appena i due cavalli mettendoli in moto. Con lo sguardo continuò a guardare Lena impettita e seria, fino a quando la carrozza non svoltò l’angolo.

Un sospiro e si lasciò cadere sul morbido sedile. Chi poteva esserci dentro quella vettura? Poteva essere… Kara scosse la testa, non poteva fare congetture. Era sicura che la prossima volta che avrebbe incontrato Lena sarebbe stata lei stessa a dirglielo.

Quando giunse davanti al cancello di casa sbadigliò, non era molto stanca, ma qualche ora di sonno non le sarebbero dispiaciute. Salutò Billy, il loro vetturino, e si diresse con passo deciso verso casa.

“Buongiorno, miss.” La salutò Molly nel venirle ad aprire la porta. “È stata una bella festa?” Domandò poi prendendo il leggero scialle che si era drappeggiata sulle spalle.

“La migliore!” Disse felice. “Lena ha un giardino bellissimo e, oh Molly, avresti dovuto assaggiare gli involtini di carne! Devo chiedere al suo cuoco la ricetta e poi darla a Hanna.” Affermò con gli occhi che brillavano all’idea.

“Ne sono felice, miss.” Solo in quel momento Kara notò i due soprabiti disposti nell’armadio dell’ingresso.

“Abbiamo ospiti?” Chiese, incuriosita. Avrebbe riconosciuto al volo la presenza del suo padre adottivo nella casa e sapeva per istinto che non appartenevano a lui quegli indumenti maschili.

“Sì, miss, un ragazzo e una giovane donna.” Le spiegò subito lei. “Sono arrivati da pochi minuti, stanno aspettando di vedere vostra sorella.”

“Oh…” Quello la incuriosì ancora di più. Guardò le scale che l’avrebbero portata alla sua stanza e al letto e poi la porta del salotto. Indugiò un istante, poi la porta della stanza di Alex si aprì e la giovane uscì con aria assonnata.

“Buongiorno!” Le disse lei, ma incontrò solo un’aria accigliata e stanca.

“Kara, non è umano essere così pimpanti dopo una notte insonne. Te lo dico io che ho dormito.” Affermò la sorella.

“Chi sono i tuoi ospiti?” Le domandò subito lei ignorando il commento, il lupo dentro di lei avrebbe potuto darle energia per molte notti insonni.

“Non lo so, non aspetto nessuno e, fidati, se mi hanno svegliata per un motivo futile vedrai che se ne pentiranno.”

“Porto del tè, miss?” Le chiese subito Molly e Alex annuì.

“Grazie.” Aggiunse, poi prese un sospiro profondo e si incamminò verso il salotto. Kara allungò il collo nel tentativo di intravvedere qualcuno, ma nessuno dei due ospiti era in vista.

Con aria rassegnata risalì la scala per raggiungere la propria stanza, ma la porta del salotto si spalancò e una donna si fiondò dietro di lei.

“Tu!” Le intimò. Kara si voltò, fronteggiandola. L’energia del lupo sembrava esplodere dentro di lei, scorrendo lungo la sua pelle, reagendo alla minaccia, reagendo alla presenza della donna, chiaramente una licantropa.

“Aspetta!” Un ragazzo dagli abiti eleganti e formali corse a sua volta fuori dalla stanza, inseguendo Alex che aveva già tra le mani un pugnale d’argento.

La donna afferrò il suo polso, attirandola verso di sé. I suoi occhi erano azzurri e in essi vi era forza, coraggio, potere. Il lupo di Kara sorse con impeto, rispondendo alla sfida con un ringhio basso. Kara lo sentiva scuotere le sue ossa nel tentativo di uscire, ma non le importava, piantò i propri occhi in quelli della donna e la sfidò a osare di più.

Il loro scontro di sguardi sembrò durare a lungo, ma in realtà fu solo un istante, perché la donna si tirò indietro prima che Alex potesse raggiungerle e si inchinò.

“Finalmente.” Disse, e quando rialzò lo sguardo, nei suoi occhi brillavano delle lacrime.

 

 

 

Note: Vediamo… un capitolo che dal titolo prometteva degli arrivi e direi che non si può dire che ci ha deluso su questo fronte. Quanti personaggi hanno fatto la loro prima comparsa? Abbiamo un’elegante e nuova vicina per Lena, un’ospite, a quanto pare non desiderato, sempre per Lena e poi, due giovani, un uomo e una donna per Kara. Chi saranno? Il mistero non è completamente svelato, ma qualche ipotesi possiamo farla, no?

 

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Capitolo 8
*** Lame d’argento ***


Lame d’argento

 

“Chi sei?” Kara sentiva ancora il lupo saettare lungo i suoi muscoli, come un formicolio, pronto a balzare fuori.

“Kara, non mi riconosci?” Domandò allora la ragazza, aveva scacciato le lacrime dai suoi occhi, ma vi era ancora della commozione nella sua voce.

“Fai un passo indietro.” Intimò Alex, il pugnale ancora stretto tra le dita. “Allontanati da mia sorella.” Pretese con voce grave.

“Kara?” Ripeté la sconosciuta ignorando Alex.

“Va bene, va bene, facciamo le persone civili.” Il ragazzo fece un passo avanti con appena una smorfia per il pugnale d’argento. Si portò la mano al petto e sorrise. “Io sono Winn Schott, misses Danvers, perdonate l’ora presta e perdonate l’irrequietezza della mia... amica.”

Alex non distoglieva gli occhi dalla ragazza bionda e Kara capì che toccava a lei smorzare la tensione. Prese un profondo respiro e guardò verso il ragazzo, accennando ad un sorriso.

“Svegliare mia sorella non è mai una buona idea. Alex, cosa ne dici di dire a Molly di portare anche dei biscotti insieme al tè?” La donna indugiò un istante poi, nel vedere la sua sicurezza, annuì, facendo ruotare il pugnale e nascondendolo dietro al braccio, ma senza posarlo.

“Siete molto gentile, miss Danvers.” Affermò allora il ragazzo che si era presentato come Winn, sfregando le mani con aria soddisfatta. “Siamo giunti ieri sera in città, le vostre tracce erano confuse, ci abbiamo messo tutta la notte ad arrivare fino a qui e, ammetto, che un bel tè con dei biscotti è quello che ci vuole.”

“Le mie tracce?” Chiese Kara, perplessa.

“Spiegheremo ogni cosa.” Affermò subito lui, bloccando sul nascere la risposta della ragazza di cui ancora non conosceva il nome.

Alex tornò mentre Kara guidava i due di nuovo nel salotto.

“Allora, cosa volete e perché siete qua?” Domandò secca la maggiore delle Danvers. Kara vide Molly sgranare un po’ gli occhi, mentre posava il vassoio. “Grazie, Molly.” La congedò Alex e la cameriera fece un piccolo cenno con la testa prima di uscire e chiudere la porta alle sue spalle.

“Avevi sei anni, davvero non ricordi nulla?” Si ritrovò a dire la ragazza. Continuava a guardarla con un misto di emozioni, su tutte, ora sembrava trionfare la perplessità.

“Miss Danvers…” Iniziò il ragazzo cercando di intervenire.

“Non chiamarla così!” Sibilò frustrata la giovane.

“Perché non dovrebbe? È il suo nome.” Il tono aggressivo di Alex rivaleggiava con quello della licantropa.

Kara poteva percepire l’energia del lupo della donna, ma anche l’aggressività di Alex. Ancora una volta capì che doveva intervenire.

“Io sono Kara Danvers.” Affermò decisa. “Non ricordo nulla della mia famiglia d’origine e questa, ora, è la mia famiglia. Voi sembrate avere delle informazioni che ascolterò molto volentieri, ma mi piacerebbe cominciare con il sapere il vostro nome, miss.” Aggiunse, guardando la donna con tranquillità, mentre prendeva una tazzina e vi versava del tè prima di passarla con un sorriso a Winn.

“Sara Lance. Sono l’alfiere degli El, il mio scopo e la mia vita è proteggervi e lottare al vostro fianco quando darete battaglia.”

Il silenzio seguì quell’affermazione.

“Sara… forse era meglio non incominciare con questa parte…” Le fece notare il ragazzo con un sorriso tirato.

“Quando sei nata avevo quattro anni, piccola per un assegnamento, ma per me e te è stato istintivo, il tuo lupo ha chiamato e il mio mi ha spinto a correre da te. Il giorno in cui la nostra casa è stata attaccata ho lottato, avevo dieci anni, ma questo non significava che non fossi un bersaglio, porto ancora le ferite di quello scontro sulla schiena, ma ho fallito, sono morti tutti.” Il tono della donna era duro, gli occhi azzurri, fissi nei suoi, sembravano ghiaccio. “O almeno così credevo. Mi sono svegliata in una cella, una cella per licantropi, ma non ci sono rimasta molto, ero piccola e non hanno fatto molta attenzione a me. Ho ucciso due guardie e sono scappata. Il mio branco era stato distrutto, i miei genitori, mia sorella, il mio alfa, ogni persona che avevo amato e che mi aveva amato era stata uccisa.” I suoi occhi si voltarono verso Winn che fece un piccolo sorriso. “Tranne lui, lui era a scuola, il suo cervello lo ha salvato fin da subito.” Sogghignò come se cercasse di stemperare la tensione emotiva che i ricordi sembravano crearle. Poi tornò a guardarla. “Dieci giorni fa, sul giornale, ho letto di un licantropo che poteva controllarsi.” Alzò il mento, come a contrastare i sentimenti. “Allora ho capito che eri ancora viva e mi sono messa in viaggio.”

“Ci siamo messi in viaggio.” La corresse Winn, con un sorriso.

La mancanza di formalità della donna era sconcertante, ma le sue parole di certo lo erano di più.

“Io…” Kara si strinse nelle spalle, il suo lupo sembrava riconoscere quello della donna, ma lei non riusciva a ricordare nulla, se non… un flash le fece chiudere il pugno, l’incubo ricorrente: lunghe lame d’argento che saettavano nella notte.

“Kara, non…” Cercò di intervenire Alex, notando subito il suo irrigidimento.

“No, Alex, è il mio passato, voglio conoscerlo, ma…” Strinse i denti, frustrata. “Non ricordo, non ci riesco.”

“Cosa ricordi di quella notte? Come sei sfuggita? Come ti sei salvata?” Insistette Sara, incapace di trattenere le sue domande, domande che dovevano bruciare dentro di lei da giorni.

“Ricordo dei coltelli in argento che brillavano alla luce della luna. Ho sempre pensato che fossero stati i Cacciatori della Luna ad aver ucciso la mia famiglia.”

“Un mostro, un nemico che abbiamo sottovalutato.” Spiegò Sara.

“Ricordi altro?” Domandò allora Winn.

“Ero da sola, ricordo che avevo fame, ero triste e stanca. E correvo, correvo da tanto tempo…” Nella sua mente una donna urlò di nuovo: ‘Corri!’

Un brivido freddo corse lungo il suo corpo e la fece sussultare. La voce di sua madre. Quella limpida consapevolezza la sconvolse, si accasciò sul divano nascondendo il volto tra le mani.

“Kara, Kara?” Alex la raggiunse in due passi e la strinse tra le braccia. “Va tutto bene…” Mormorava stringendola, mentre lei sentiva le lacrime scenderle lungo il volto. Non aveva mai rivissuto in maniera così vivida un ricordo e, sapere che erano le urla di sua madre quelle che la svegliavano di notte mentre i coltelli brillavano, era davvero troppo.

“Cos’hai ricordato?” Domandò dopo un poco Sara, ricevendo da Alex uno sguardo di deciso rimprovero.

“Mia sorella è stanca, ora deve riposare, vi sarei grata se lasciaste questa casa.” Disse seria Alex.

“No… no, voglio sapere.” La fermò Kara posandole la mano su di un braccio. “Perdonatemi… è stato doloroso…” La ragazza prese un profondo respiro. “Era mia madre, mia madre che mi dice di correre e poi la sento urlare, mentre la uccidono.” Spiegò, trattenendo a stento altre lacrime.

“Era una Notte della Luna, i miei genitori erano nelle loro Stanze Sicure.” Ricordò Sara. “La tua famiglia era di sopra a dormire, erano tranquilli, si sentivano al sicuro. Io ero nella tua stanza, la tua semplice presenza teneva il mio lupo calmo e tranquillo, eri naturalmente dotata del controllo, fin dalla più tenera età. L’attacco fu preciso e letale.” La sua voce era di nuovo distaccata. “Ho avuto anni per riflettere e ricordare. Prima hanno colpito la stanza dei tuoi genitori, i più forti nel branco. Hanno ucciso tuo padre che però ha lottato tanto da permettere a tua madre di correre da noi.” Fece una pausa osservando la sua reazione. “Entrò in camera tua, ferita, ma decisa a salvarti. Io balzai in piedi, l’odore del sangue che inebriava i miei sensi. Tua madre cercò di fermarmi, ma lei non era un El e non era abbastanza forte in quel momento malgrado l’autorità derivatagli dal matrimonio. Io balzai via, pronta a uccidere, mordere e ferire chiunque si fosse messo sulla mia strada, chiunque si fosse azzardato ad entrare nella mia tana.” Piegò il capo e Kara notò il modo in cui stringeva i pugni. “Per anni ho ripensato a quel momento, se fossi restata accanto a te, forse avrei potuto salvarti, mi dicevo…”

“Eri solo una bambina.” La consolò Winn e sembrava un discorso che avevano già fatto molte volte perché lei scosse la mano come a voler scacciare i suoi stessi sentimenti.

“Dopo di questo non so cosa è successo a voi, ricordo solo di aver lottato e poi di essere stata catturata. Mentre mi trascinavano fuori ho visto la nostra casa bruciare, ricordo la voce di una donna che dava ordini. Credevo che nessuno ne fosse uscito vivo, tranne me.” Scosse la testa. “Ma tua madre deve aver trovato un modo di farti fuggire. Nella confusione, nella paura non riuscivo a sentire il nostro legame, così ho dedotto che, anche tu, eri morta.”

“Hai detto che i miei genitori non erano nelle loro Stanze della Luna, perché?” Sara e Winn si lanciarono uno sguardo.

“Dovresti saperlo.” Affermò poi, il ragazzo. “Anche tu possiedi il controllo, non è vero? Abbiamo letto i giornali, è così che ti abbiamo trovata.” Fu il turno di Alex e Kara di scambiarsi un’occhiata.

“Oh, andiamo, sappiamo chi sei.” Borbottò, esasperata, Sara.

“Va bene.” Acconsentì Alex anche se incrociò le braccia infastidita.

“Quando mi trasformo ho il controllo sul lupo e mi basta una notte da lupo nella Settimane della Luna.” Sara e Winn rimasero in silenzio aspettando che aggiungesse altro, quando non lo fece Sara corrugò la fronte perplessa.

“E ti trasformi anche sotto al sole.” Aggiunse per lei.

“No…” La contraddisse Kara.

“No?” Chiese stupito Winn.

“Nessun licantropo può farlo.” Le venne in aiuto Alex.

“Ma tu sei un El! Tu sei Kara, figlia di Zor-El, l’ultima esponente della famiglia alfa. Capace di controllare il proprio lupo e tutti i lupi! Tu sei la nostra leader naturale, tu ci guiderai nella caccia, insieme a te ululeremo alla luna! Tu, Kara Zor-El, vendicherai la tua famiglia e io sarò al tuo fianco, nessuno di loro respirerà ancora quando avremo finito!” Gli occhi della donna si erano stretti in due fessure, il suo lupo sembrava aver assunto dimensione dentro di lei fino a brillare nei suoi occhi e, in risposta, quello di Kara ringhiava di desiderio e di fratellanza.

“No!” Kara represse con un brivido il suo lupo, spaventata da esso, spaventata dall’intensità dell’odio che aveva provato. “Io non sono… io non ucciderò nessuno, non guiderò nessuno.”

“Sei il nostro alfa!” La spronò Sara.

“Non voglio esserlo!” Le rispose lei e la sua pelle fu attraversata da un brivido di potere.

“Non mi importa che tu lo voglia o no, sei quello che sei e non puoi voltare le spalle alla tua famiglia, a noi, ai tuoi fratelli.”

“Io farò quello che desidero, né più né meno.” Nella sua voce brillava la forza del suo lupo, i suoi occhi si piantarono in quelli di Sara e la donna fece un passo indietro come se fosse stata colpita. Il suo lupo ora si era ristretto, come se Kara le avesse imposto di sottomettersi al suo volere, come se avesse agito direttamente su di lui. La giovane sbatté le palpebre stupita da ciò che aveva appena fatto, già una volta era successo, ricordò, lo aveva fatto ai licantropi che avevano minacciato Lena, era qualcosa che aveva scoperto la notte in cui aveva salvato Alex, qualcosa che apparteneva al suo lupo e che, per qualche ragione, ogni tanto affiorava.

Sara strinse i denti frustrata da quella manifestazione di potere e dalla sua incapacità di resistere.

“Come desideri, El.” Disse, chinando il capo. “Andiamo.” Aggiunse poi con un gesto deciso verso Winn. Il ragazzo esitò un istante, poi la seguì fuori dalla stanza lasciando Kara e Alex da sole.

 

Kara sbocconcellava il cibo distratta, Eliza le lanciò un’occhiata che lei non vide, troppo persa nei suoi pensieri. Aveva appena spinto via la sua grande occasione di conoscere da dove venisse e chi fosse. Aveva avuto paura, non era come Alex, non era forte e coraggiosa…

Il suo lupo si rivoltò con fastidio dentro di lei. Era sempre più forte, sempre più deciso come se scoprire dettagli sul suo passato lo avesse risvegliato dal torpore, o forse a svegliarlo era stata quella corsa nella notte, per salvare Alex. Era stata coraggiosa quel giorno, era stata piena di vita e di entusiasmo… ma era il suo lupo, non lei.

“La festa non è andata bene?” Domandò sua madre e lei sentì la domanda solo perché Alex le diede un piccolo colpo sotto al tavolo.

“Ehm, no, no, è stata una bellissima festa.” Assicurò.

“Non hai dormito, non è vero?” Chiese allora Eliza, guardandola preoccupata.

“Lo sai che…” Si interruppe perché Molly entrò con la posta.

“Sì.” Disse solo Eliza facendo però una piccola smorfia preoccupata. “Questa è per te.” Consegnò ad Alex una piccola lettera. La ragazza spezzò il sigillo delle guardie e lesse in fretta, corrugando la fronte.

“Devo andare, J’onn mi ha assegnato un caso, un omicidio, ma non ci sono altri dettagli.”

“Non a tavola, tesoro.” La sgridò sua madre che non amava sentire Alex parlare di cose macabre mentre mangiavano. La ragazza annuì, poi si alzò e i suoi occhi corsero interrogativi a Kara che sorrise e annuì a quella muta domanda: sì, sarebbe stata bene.

“Perdonatemi, miss, è appena arrivato un valletto con questa lettera.”

“Un valletto?” Chiese perplessa Eliza, mentre Molly consegnava il foglio ripiegato. “Chi ha tanta fretta da mandare…” Si interruppe perché notò l’indirizzo e il piccolo simbolo inciso nella ceralacca. “È per te.” Affermò, allungando la lettera ad una stupita Kara.

Il volto della giovane si illuminò nel riconoscere, a sua volta, la L impressa nella cera verde scuro.

“È Lena!” Affermò, sentendo il suo cuore rallegrarsi alla semplice idea di vedere di nuovo la giovane Luthor.

Spezzò il sigillo, mentre Alex usciva dalla stanza dando un bacio sulla guancia di sua madre, e lesse le poche parole che conteneva il messaggio:

 

“Mi dispiace per come ci siamo salutate. L’ospite giunto era inatteso e non gradito.

È possibile vederci questo pomeriggio negli uffici dei Luthor in città? Vorrei parlartene di persona.

Capirò se tu non vorrai dopo il modo brusco in cui ti ho trattata.

Lena.”

 

Kara sentì una piccola fitta di dispiacere nel leggere quelle parole. Lena pensava davvero che bastasse così poco per offenderla?

Sospirò e ottenne un nuovo sguardo preoccupato da Eliza, che posò gentilmente la mano sulla sua.

“Stai vivendo un momento ricco di cambiamenti, non è vero, tesoro? Sappi che io sarò sempre qui se avrai bisogno di parlare o semplicemente di un abbraccio, va bene?” Sulle labbra della donna vi era un sorriso dolce e comprensivo e Kara annuì. Avrebbe tanto voluto parlarle di quello che le stava succedendo, della sua famiglia d’origine, degli ospiti di quella mattina e anche di Lena, che riusciva a smuovere qualcosa di profondo dentro di lei. Ma non poteva, voleva che nella sua mente le cose fossero chiare, voleva capire cosa desiderava e cosa voleva per il suo futuro, prima di parlarne con altri. Conosceva la sua madre adottiva, avrebbe sempre optato per la scelta che l’avrebbe allontanata dal pericolo, eppure, se ciò significava rimanere all’oscuro del suo passato, non era sicura che fosse la scelta migliore per lei.

Kara depose un piccolo bacio sulla guancia di Eliza, ringraziandola silenziosamente, perché, ora sapeva quello che desiderava più di ogni altra cosa: la verità. Quel pomeriggio avrebbe incontrato Lena, ma prima, doveva parlare con Sara Lance.

 

 

 

Note: Abbiamo due nuovi personaggi! Vi ho sorprese? Spero non troppo deluse, alcune vostre teorie erano davvero geniali!

Per la prima volta Sara Lance entra a far parte di una mia storia. Spero di renderle onore. E poi c’è Winn, strana coppia… lo ammetto.

 

Dunque, risposte! Finalmente abbiamo scoperto cos’è successo alla famiglia di Kara, almeno da un punto di vista materiale, sarà tutta lì la faccenda? Ci saranno altre cose da scoprire?

Ma, non dimentichiamoci di Lena, la ragazza ha mandato un messaggio a Kara, riusciranno a spiegarsi? E noi riusciremo a scoprire chi è questo ospite “inatteso e non gradito”?

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Capitolo 9
*** L’ospite sgradito ***


L’ospite sgradito

 

Lena spostò il dossier sulla scrivania, intinse il pennino nell’inchiostro e fissò qualche appunto su di un foglio ancora intonso. Le bruciavano gli occhi e avrebbe volentieri raggiunto la sua camera per dormire qualche ora, ma sarebbe stata una prova di debolezza troppo evidente.

Bussarono e la sua mano, traditrice, sussultò, una goccia d’inchiostro cadde sull’ultima parola scritta, facendole stringere i denti. La porta si spalancò prima che lei ne desse il permesso e una donna, elegante negli abiti neri, i capelli biondi raccolti in un chignon severo, gli occhi azzurri che brillavano e un sorriso sarcastico sulle labbra, entrò.

“Madre.” La parola uscì a fatica dalle sue labbra. Lillian Luthor si guardò attorno con aria piena di disapprovazione.

“Dunque sei qui.”

“Come puoi vedere tu stessa, sono qui.” Rispose, cercando di non badare al fastidio che la sua stessa paura le provocava.

“Credevo fossimo d’accordo per…”

“No, madre. Ho del lavoro da fare, non perderò tempo con il tuo programma.” Gli occhi della donna si fissarono su di lei, divertiti dalla sua ribellione, probabilmente.

“Sei una donna, sei una Luthor, puoi tranquillamente portare avanti i due settori in cui questa famiglia primeggia.”

“Perché sei qui?” Domandò allora Lena e la infastidì vedere il sorriso vittorioso di sua madre.

“Lo sai perché sono qui. Se davvero un El si aggira tra queste strade…” Lena spazzò l’aria con la mano, interrompendola.

“Credevo che avessi smesso con questa storia, dopo che Lex…” Il viso di Lillian si irrigidì e Lena si umettò le labbra, fare riferimento a suo fratello non era stata una buona idea. Se solo non fosse stata così stanca!

“La nostra famiglia non smetterà mai di lottare per gli esseri umani. Certi abomini non dovrebbero esistere e i Luthor e l’Ordine si occuperanno della faccenda anche se nessun altro vuole farlo.”

Lena rimase in silenzio, quando sua madre faceva certe affermazioni era meglio non contraddirla.

“C’è altro?” Chiese, spostando i dossier nella chiara intenzione di mostrare che aveva del lavoro di cui occuparsi.

“Ho saputo che stai collaborando con loro.” Disse secca Lillian Luthor. “Potrei esserne… infastidita, ma credo che la tua sia una buona mossa, mi permetterà di muovermi più facilmente in questa città così piena di parassiti.”

“Non l’ho fatto per questa ragione.” Si impuntò questa volta, Lena, stringendo con forza la penna.

“No, immagino di no. Sei sempre stata una delusione, ma ti voglio bene, Lena.” Quelle parole furono come un pugno nello stomaco della giovane Luthor. Un sorriso amaro si affacciò sulle sue labbra.

“Mentite madre, non mi avete mai amata.” Ritorse e la donna la guardò con aria stupita.

“Ma certo che ti amo, piccola sciocca. Ora ti lascio lavorare, visto che ci tieni molto.” Si alzò, un sorriso soddisfatto sulle labbra.

“Quanto rimarrete a National City?” Domandò ancora Lena. Timorosa di conoscere la risposta.

“Il tempo necessario.” Rispose la donna. “Ma, non ti preoccupare, non soggiornerò qua, ho bisogno di stare in città, solo lì avrò il polso della situazione.”

Lena attese che fosse uscita, poi chiuse gli occhi. Il suo nuovo inizio era appena stato gettato via, con sua madre in città tutti avrebbero ricordato chi e cosa fossero i Luthor. Due fiduciosi e intelligenti occhi azzurri balenarono nella sua mente e Lena sentì un piccolo tuffo al cuore. Avrebbe dovuto incontrarla, il prima possibile.

Prese un foglio e intinse il pennino nell’inchiostro, vergando alcune semplici frasi, poi colò un po’ di cera verde e vi impresse il suo sigillo.

Era alla finestra quando un valletto a cavallo si allontanò dalla tenuta. Si ritrovò a sospirare, non poteva perdere l’amicizia di Kara.

 

Trovare Sara Lance, come se fosse facile. Kara si chiese perché avesse pensato che, in una città grande e popolata quanto National City, trovare qualcuno sarebbe stato agevole. Per un istante si chiese se il suo lupo avrebbe potuto aiutarla, Sara aveva parlato di un legame e lei, in qualche modo, lo aveva sentito, ma di certo ora non percepiva nulla di strano o di forte. Meglio ricorre al vecchio metodo.

L’indirizzo a cui il comandante J’onn aveva mandato Alex era in un quartiere non troppo raccomandabile. Mentre passava con il calessino scoperto notò più di uno sguardo puntarsi su di lei. Il suo abito borghese dichiarava la sua agiatezza. Kara ignorò quegli occhi famelici, ma il lupo dentro di lei era teso e sembrava pronto a balzare fuori. Le sfuggì un sospiro di sollievo quando notò la guardia appostata all’angolo della via. L’uomo la riconobbe e le fece un cenno di saluto, poco dopo si ritrovò davanti un gruppo di uomini in uniforme nera, e tra tutte notò Alex che stava discutendo con una giovane donna dalla pelle ambrata e dai capelli scuri.

La sorella scosse la testa frustrata, ma la donna che la fronteggiava non sembrava meno testarda. Kara non poté fare a meno di alzare un sopracciglio divertita, non aveva mai visto qualcuno fronteggiare Alex e al contempo sorridere in quel modo.

La conversazione tra le due finì e Alex si voltò, la fronte corrucciata che si aggrottò ancora un po’ di più quando la riconobbe.

“Cosa succede? Questo non è un quartiere per te. James non ha deciso i metterti sugli omicidi, vero?” Domandò, improvvisamente preoccupata.

“No, il giornale non centra e neppure l’omicidio a cui stai lavorando.” Allungò la testa sorpresa nel vedere due agenti uscire dalla casa con una barella. “Cos’è successo?” Domandò però, curiosa, dimenticando il motivo della sua visita.

“Niente di straordinario. Un uomo ritrovato morto nella sua stanza, deve essere stato un furto finito male, ci sono segni di effrazione, anche se il corpo presenta una curiosa…” Si bloccò rendendosi conto di quello che stava facendo. “Kara! Non sono cose di cui ti devi preoccupare, se mamma sapesse che sei qui se la prenderebbe con me.”

“Ero solo curiosa.” Ammise lei, stringendosi nelle spalle.

“Non sei la sola!” Affermò allora, Alex, con tono esasperato. “Hai visto quella donna?” Chiese, indicando con il mento la giovane con cui poco prima discuteva. Al cenno di assenso di Kara continuò. “Uno sceriffo federale, dice che il caso le interessa. Maggie Sawyer…” I suoi occhi erano di nuovo sulla ragazza, corrucciati.

“Uno sceriffo federale?” Chiese di nuovo incuriosita Kara, era raro vederne in città.

“Già… forse è per questo che J’onn mi ha mandato qua, per questo e per le strane modalità…” Si interruppe di nuovo distogliendo lo sguardo dalla donna che stava facendo delle domande ai vicini della vittima e la fissò. “Reiniziamo da capo: cosa ci fai qua?”

“Giusto.” Kara si strinse nelle spalle dimenticando il caso a cui lavorava Alex e arrivando al problema che l’aveva portata lì.

“Sara Lance e Winn Schott.” Disse e Alex la guardò prima di annuire.

“Hai deciso che devi ascoltarli?”

“Sì, questa mattina la conversazione non è stata delle migliori, ma sanno da dove vengo, chi sono, conoscono meglio loro…” Si guardò attorno e iniziò a mormorare. “…il mio lupo che io stessa. Devo far loro delle domande.”

“Lo capisco.” Ammise Alex, anche lei gettandosi un’occhiata attorno, assicurandosi a sua volta che nessuno fosse abbastanza vicino da sentire la loro conversazione. “Vedrò cosa posso fare.” Disse, poi, sorridendole. “Non dev’essere troppo difficile, sono licantropi, devono essersi registrati e aver dato un indirizzo di residenza.” Kara annuì a quelle parole, era esattamente quello a cui aveva pensato, ma solo una guardia poteva accedere a quei registri.

“Grazie.”

Alex le annuì poi la salutò, tornando al suo lavoro.

 

Lena sorrise, scambiò convenevoli, chiacchierò amabilmente fingendo che tutto andasse bene, ma, per quanto si fosse allontanata da sua madre non riusciva a fare a meno di chiedersi cosa stesse facendo la donna in quel momento. Era capace di tutto, anche uccidere, soprattutto uccidere, e lei sentiva le mani sporcarsi dello stesso sangue che copriva quelle della madre, perché, malgrado tutto ciò che facesse per ripulire il nome che portava, nulla cancellava il suo silenzio verso le colpe di Lillian.

Ora, sola nel suo ufficio, sorseggiò un bicchiere di vino rosso, cercando di calmare la mente e il cuore. Forse, questa volta, sua madre non avrebbe trovato nulla, forse se ne sarebbe andata senza fare del male a nessuno.

Bussarono alla porta e lei alzò lo sguardo incontrando due brillanti occhi azzurri e, poco sotto, un sorriso timido e al contempo felice. Il suo cuore ebbe un sussulto di gioia, Kara era venuta.

“Kara.” Disse, sorpresa e felice.

“Buongiorno, Lena.” Disse la ragazza, guardandosi attorno incuriosita.

“Ti piace il mio nuovo ufficio?” Le chiese rilassandosi sulla sedia, era così facile stare con Kara, era come se improvvisamente le sue mura cedessero e lei potesse essere semplicemente se stessa.

“È molto… bianco!” Esclamò allora la giovane, facendola ridere.

“Sì, lo so che non è un colore comune, e l’idea è proprio questa, sorprendere e colpire.” Kara annuì e il suo sguardo tornò su di lei. Lena percepì un piccolo brivido d’aspettativa, avrebbe allungato le mani per toccarla?

“Ho ricevuto il tuo messaggio.” Disse però la ragazza, sedendosi ad un suo cenno sulla sedia posta davanti alla larga scrivania di legno d’abete bianco proveniente dalla Svezia.

Lena annuì, piano.

“Mi dispiace davvero per questa mattina.” Iniziò, ma Kara si allungò sul tavolo e posò le mani sulle sue. La sorpresa aumentò il piacere del contatto e Lena dovette trattenersi dal sospirare soddisfatta quando il solito avvolgente calore si propagò lungo il suo corpo.

“Non devi scusarti.” Le disse, con un sorriso sulle labbra. “Ma mi è spiaciuto lasciarti lì con… quel tuo ospite sgradito.” Affermò e il volto della giovane si incupì.

“Mia madre.” Confessò e vide la ragazza sgranare gli occhi sorpresa, mentre lasciava le sue mani e si appoggiava allo schienale, evidentemente conosceva la fama della donna, ma chi ne era all’oscuro?

“Tua madre?” Ripeté Kara e lei annuì.

“Non volevo che… avrei preferito che non ti conoscesse, sa essere… terribile e…” Lena scosse la testa.

“Perché è qui?” La domanda a bruciapelo la sorprese, così come il tono di Kara, alzò gli occhi e cercò i suoi, per un istante pensò di dirle la verità, ma come poteva? Avrebbe messo fine alla loro amicizia, Kara era troppo giusta e retta per accettare una simile verità senza denunciarla alle autorità.

“Immagino che abbia degli affari qui. Mia madre si muove come e quando vuole.” Disse distogliendo lo sguardo dai suoi occhi, leggermente in colpa dalla facilità con cui la bugia era uscita dalle sue labbra. “Ma avrei davvero preferito che scegliesse qualche altro luogo.” Ammise, questa volta sincera.

“Mi dispiace.” Mormorò la ragazza. “Sembra che siamo state raggiunte, entrambe, dalla nostra famiglia.” Aggiunse poi e Lena tornò a guardarla, incuriosita.

“La tua famiglia?” Domandò, perplessa. Kara parlava spesso della sorella, sempre in modo affettuoso, era chiaro che si volessero molto bene.

La giovane scosse la mano.

“Non ti preoccupare. Un giorno ti racconterò…” Sorrise a quelle parole e Lena notò il suo viso arrossire un poco a quell’idea. Non poté fare a meno di sorridere a sua volta. Era sorprendentemente bello sapere che nel loro futuro ci sarebbero stata la possibilità di parlare e confidarsi.

“Grazie di essere passata.” Disse e vide le guance di Kara colorarsi ancora di piacere.

“Mi ha fatto piacere vedere dove passi la maggior parte del tuo tempo.” Affermò, lanciando ancora uno sguardo attorno a sé. “E mi ha fatto piacere vederti.” Ammise ancora e fu il turno di Lena di sentire le guance scaldarsi.

Kara si alzò e Lena la imitò, fece il giro della scrivania e la raggiunse. Il suo viso si era fatto di nuovo serio, c’era un’ultima cosa che aveva bisogno di dirle.

“Kara…”

“Sì, miss Luthor?” Domandò la ragazza con gli occhi che brillavano di divertimento, che però si spense quando si rese conto della sua serietà. “Lena?”

“Lo sai che non sono come mia madre, vero?” Il suo tono era basso, forse era la stanchezza, forse la tensione per quella mattinata, forse, la semplice presenza di Kara che infrangeva le sue barriere, ma sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

La ragazza sbatté gli occhi sorpresa, poi le prese le mani stringendole le dita con fermezza, nei suoi occhi vi era quella ferma sicurezza che le aveva visto altre volte.

“Lena, tu non sei la tua famiglia. Non devi portare il peso delle loro colpe. Non è giusto.” Kara sembrava più grande ora, la sua stretta sembrava andare oltre le dita, ma stringere il suo intero corpo, sembrava che la tenesse tra le braccia, rassicurandola. La ragazza che aveva davanti sembrava sbagliata, come se fosse molto di più, molto più forte, molto più… imponente.

Un senso di forza e sicurezza la attraversò, rassicurandola.

“Andrà tutto bene e, se avrai bisogno di me, sarò sempre pronta a proteggerti.” Aggiunse lei e Lena le credette.

 

 

Note: Finalmente! Tutte voi ne eravate quasi sicure e avete avuto ragione, l’ospite sgradito era proprio Lillian Luthor ed è a National City per un motivo ben preciso. Questo promette guai? Nessuna di voi ha dei dubbi al riguardo, vedremo…

Intanto, un altro personaggio ha fatto la sua comparsa: Maggie. Spero che sia per voi un gradito ritorno, chissà se lei e Alex avranno tempo di conoscersi meglio. ;-)

Le nostre SuperCorp, infine? Cosa ne pensate della promessa di Kara? Sembra importante! E del modo che hanno di tenersi sempre le mani? Non credete che dovrebbero parlarne??

 

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Capitolo 10
*** Ululare alla Luna ***


Ululare alla Luna

 

La Settimana della Luna era di nuovo alle porte, un intero mese era quasi passato e lei ancora non era sicura di conoscere il suo passato e la sua vera natura, poi c’era Lena. Dopo che si erano viste nel suo ufficio sembrava essere sparita e, malgrado lei avesse provato a incontrala per un pranzo, come facevano prima, Lena le aveva sempre risposto con un biglietto di scuse. L’ultima volta che l’aveva vista il suo lupo aveva preso il sopravvento… non sapeva perché, ma vederla sul bordo delle lacrime aveva bruscamente scosso la sua parte animale, creando in lei un forte senso di protezione. Forse, aveva percepito qualcosa, forse l’aveva spaventata in qualche modo…

“Mamma mi ha detto che hai pranzato con miss Grant?” Le chiese Alex, probabilmente notando che si era intristita.

“Sì.” Confermò e i pensieri tornarono al pranzo, la donna non aveva parlato né dei Luthor né del licantropo dagli occhi azzurri, come se, anche lei, preferisse non toccare l’argomento. Era frustrante.

“Oh…” Alex colse al volo che era un argomento dolente anche quello.

“Nulla riguardo a miss Lance e il suo compagno?”

“Niente.” Dovette ammettere con una smorfia.

“Ma…”

“Non so come, ma non si sono registrati e, anche chiedendo ai miei informatori, non ho notizie di due licantropi entrati illegalmente.” Spiegò Alex, stringendosi nelle spalle.

“Com’è possibile?” Insistette Kara.

“Temo di non avere altro per te, l’unica spiegazione è che abbiano lasciato la città dopo la nostra… chiacchierata.”

“Non potresti…” Cercò di dire Kara, ma Alex scosse la testa.

“Lo sai che farei qualsiasi cosa per aiutarti, ma il capo continua a darmi casi bizzarri e c’è quel sceriffo che non mi molla.” Il viso di Alex sembrò ammorbidirsi a quel pensiero, ma Kara non lo notò, distratta dal suo filo di pensieri.

“Credi che se ne siano davvero andati? Dopo quello che ha detto?”

“Forse sono solo abili a sparire e a non dare nell’occhio.” Alex le fece un sorriso. “Vedrai che saranno loro a trovare te, dai loro un po’ di tempo.” Kara annuì, insoddisfatta, non era mai stata paziente e quell’impasse la innervosiva. Credeva di essere sul punto di scoprire chi fosse realmente, ma quella verità le era sfuggita dalle dita. E Lena… Lena occupava la sua mente in continuazione, il suo lupo sembrava cercare il suo profumo ovunque, distraendola.

“Andrà tutto bene, vedrai.” Tentò di rassicurarla Alex, cogliendo il suo stato d’animo.

Kara sospirò e decise che era ora di andare a dormire, avrebbe affrontato i suoi problemi l’indomani.

Passarono, però, vari giorni senza che il suo umore migliorasse, le sembrò persino, una sera, rientrando a casa dopo aver tentato inutilmente di concentrarsi su di un articolo, di scorgere Lady Rhea con una donna sorprendentemente simile a Lena, ma era stato solo un istante e Kara non era sicura di quello che aveva visto, così proseguì sul suo cammino, sicura che non potesse essere lei, malgrado il suo lupo sembrasse decisamente sicuro. Il fatto che la ragazza le mancasse perché impegnata a dirigere una compagnia e impossibilitata a incontrarsi con lei, non la autorizzava a vederla ovunque!

Quando ormai i giorni della Luna erano incominciati, finalmente percepì il suo lupo agitarsi, mentre un profumo che ben conosceva riempiva l’aria, infine sentì una voce dolce chiamare il suo nome e, voltandosi, si ritrovò davanti un sorriso luminoso.

“Lena!” Esclamò, sorpresa suo malgrado dalla gioia che provava. Era folle quanto le era mancata, eppure si conoscevano da così poco!

“Kara.” La salutò la ragazza, tra le braccia teneva un pacchetto. “Perdonami se non ho potuto rispondere affermativamente ai tuoi inviti, sono stati giorni intensi, ho un nuovo partner negli affari, una donna brillante, e poi, con mia madre in città… è stato complicato.” La donna non aggiunse altro, ma la piccola smorfia aggiunta all’ultimo dettaglio fu sufficiente a Kara.

“Ora sei qui.” Si lasciò sfuggire, era troppo felice di rivedere la ragazza, il suo lupo sembrava saltellare dentro di lei come un bambino. Il fatto che fossero nella Settimana della Luna e lei non si fosse ancora trasformata non aiutava.

“Sì.” Rimasero in silenzio, semplicemente beandosi una dello sguardo dell’altra. Kara arrossì e distolse gli occhi, quando il suo lupo iniziò a esigere con sempre maggiore urgenza il tocco della ragazza.

La giovane Luthor abbassò a sua volta lo sguardo e sembrò ricordare quello che stringeva tra le braccia.

“Volevo aprire con te il pacco, si tratta del primo esemplare del testo per l’educazione scolastica dei bambini.”

“Hai aspettato di essere con me?” Chiese Kara, notando il pacco sigillato. “Io non avrei resistito alla curiosità!” Ammise, facendo ridere Lena.

Aprirono il pacco estraendone un testo, ne ammirarono la rilegatura, semplice ma robusta e commentarono l’impaginazione e i caratteri scelti. Rimasero a lungo una accanto all’altro, le teste che quasi si sfioravano, mentre osservavano ogni dettaglio del testo.

“Oh! Questi caratteri sono in rilievo.” Commentò Kara, passando le dita su una pagina. Lena annuì.

“Sì, vorrei creare testi interamente così, ma poi sarebbero in pochi a poterseli permettere e lo scopo di ampliare l’alfabetizzazione andrebbe perso.”

“A cosa servono?” Chiese Kara affascinata.

“Per i bambini ciechi.” Spiegò, con il solito entusiasmo, Lena. “Ho sentito di un certo monsieur Braille che ha inventato un alfabeto apposta per la lettura al buio, sarebbe perfetta per chi ha un deficit della vista, ma per ora…” Kara la guardò con occhi sgranati, come poteva Lena essere sempre un passo avanti? Come poteva riuscire a pensare sempre avanti, ben a quello che lei poteva anche solo immaginare?

Usava la sua intelligenza e la sua ricchezza per fare del bene, sempre, in ogni occasione, persino nel fare affari prediligeva le opere che, in qualche modo, potessero migliorare il mondo in cui viveva. Lena usava i doni che aveva ricevuto dalla vita nel modo migliore possibile.

“Passando le dita sulle lettere in rilievo, possono leggerle.” Spiegò la donna e la sua mano accarezzò la pagina. Kara, proprio in quel momento eseguì la stessa manovra affascinata e le loro dita finirono per sfiorarsi.

I loro occhi si intrecciarono e Kara si rese conto, per la prima volta, che quelli di Lena erano indefinibilmente belli. Il suo cuore prese a battere un po’ più rapido, mentre si perdeva in quegli occhi. La mano di Lena si intrecciò con la sua sul libro, mentre l’altra andò ad accarezzarle il volto, allontanando dal suo viso un biondo ricciolo ribelle. Quel tocco, così a lungo agognato, le tolse il respiro, invadendo il suo corpo con un’onda di piacere.

“Kara…” Mormorò la giovane che aveva rabbrividito senza, però, rompere il contatto, e il cui sguardo ora scivolò verso le sue labbra. “Non so cosa sia questa cosa che… sento, ma…” Come se fosse incapace di resistere Kara si abbassò, andando incontro al viso di Lena, poi la sua pelle formicolò e il suo lupo fece un balzo, cogliendola di sorpresa.

Il brivido del cambiamento saettò lungo le sue braccia, invadendo il suo corpo, togliendole il respiro.

Kara fece un brusco passo indietro, poi un altro. Il suo corpo si ribellava alla sua volontà, il suo lupo voleva uscire. Corse alla finestra. Parlando con Lena non si era resa conto che la notte era scesa e la luna ora splendeva sulla città.

Si voltò, gli uffici erano semi vuoti, solo pochi umani stavano ancora finendo il loro lavoro.

“C’è qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa che…” Balbettò confusa Lena, stringendo la mano che prima era avvolta alla sua e facendo un passo verso di lei, sorpresa dalla sua reazione, preoccupata nel vederla così sconvolta.

“Io… devo andare…” Riuscì a dire, poi, senza attendere si precipitò verso le porte, scese le scale correndo e si gettò nella strada.

“Kara!” La chiamò Lena. La ragazza l’aveva seguita lungo le scale, probabilmente sorpresa dalla sua reazione. Ma lei non poteva aspettare. I suoi muscoli si tendevano e le ossa vi si adattavano, pochi minuti ancora e della sua forma umana non sarebbe rimasto più nulla.

Si guardò attorno nel panico, varie persone la stavano guardando, perplessi, e, lo sapeva, dietro di lei vi era Lena. Cercò un luogo, un qualsiasi posto in cui potesse nascondersi, ma la luna era sorta da poco e il chiarore del sole illuminava ancora le strade.

“La mano!” Kara si voltò sorpresa e si ritrovò ad osservare un cavallo spinto al galoppo, sulla cui groppa vi era una giovane donna dai capelli biondi: Sara Lance l’aveva trovata. Alzò il braccio e si ritrovò tirata verso l’alto. Ebbe il tempo di voltare la testa e vedere Lena uscire in strada, mentre Sara la portava lontano.

 

“Qua.” Con un cenno brusco Sara le indicò un cortile, Kara vi entrò, il cuore che batteva veloce, non sarebbe riuscita a controllare il lupo ancora per molto, non ora che la trasformazione era incominciata. La voce di Sara era roca e lei si voltò a guardarla, notando che i suoi occhi stavano diventando gialli.

“La luna chiama. Dovrai controllarmi o questa notte compirò brutte cose.” Disse, un sorriso sulle labbra, mentre denti aguzzi iniziavano a sporgere dalla sua bocca.

“In questo momento non so controllare neppure me stessa!” Protestò, ma la sua frase finì in un guaito dispiaciuto, mentre il suo abito si lacerava e il suo corpo, finalmente libero di trasformarsi, cresceva e cambiava. Per la prima volta provò del dolore, e guaì di nuovo, piano, aveva sentito dire che i licantropi che tentavano di resistere alla trasformazione soffrivano, ma non lo aveva mai sperimentato di persona.

Un ringhio basso la riscosse e lei si voltò trovandosi davanti un licantropo, gli occhi gialli e brillanti fissi su di lei, il pelo di un chiarissimo castano, quasi biondo anche se non dorato come il suo.

Sara era pronta a battersi. Kara, probabilmente, avrebbe fatto un passo indietro, cercando di calmare la donna, ma il suo lupo era troppo orgoglioso, così rispose con un verso basso, gutturale, un avvertimento.

Il lupo di Sara le balzò addosso, mirando alla gola. Kara reagì e si ritrovò in un groviglio di zanne e unghie. Ben presto si rese conto di essere più forte e più veloce di Sara, ma molto meno capace. La licantropa le azzannò il fianco e lei ringhiò di dolore, mentre con una zampata la scagliava lontano.

Si guardò attorno, erano in un cortile privato, qualcuno avrebbe potuto vederle oppure avrebbero potuto sentire i loro ringhi dalla strada, in entrambi i casi sarebbe stata chiamata la guardia cittadina e con Sara in quello stato il rischio di vittime era alto.

Sara le saltò sulla schiena, addentando senza pietà la sua spalla. Mentre lei pensava, Sara si era mossa rapida e silenziosa aggirandola e attaccandola nel suo punto più debole. Si gettò a terra rotolando e schiacciando la licantropa grazie al suo peso e alla sua maggiore stazza, poi, invece di allontanarla, la afferrò spingendola contro il terreno. Fu un errore, Sara era molto più abile di lei, infatti si sfilò senza problemi dalla sua presa e l’aggredì di nuovo.

Il dolore le annebbiò la mente e Kara smise di pensare. Con un brusco movimento si scosse di dosso Sara e poi le saltò addosso, afferrandola per la gola e iniziando a stringere. La licantropa si agitò sotto di lei per un lungo momento, poi i suoi movimenti si fecero deboli e alla fine nulli. A quel punto Kara reagì e lasciò la presa. Per un istante pensò di averla uccisa e il terrore fu tale da surclassare anche il dolore, poi però notò il petto della ragazza alzarsi e abbassarsi e fu invasa dal sollievo.

La spalla le faceva male, così come il fianco e aveva numerosi graffi su tutto il corpo, non si era mai sentita così male e al contempo non si era mai sentita così viva.

Tese le orecchie ascoltando, se le guardie cittadine stavano arrivando avrebbero fatto di certo rumore, per ora sembrava che nessuno le avesse sentite. Un piccolo uggiolio l’avvisò che Sara si stava riprendendo. Non aveva tempo per quello. Senza sapere cosa stesse facendo, Kara piantò le due zampe anteriori addosso alla licantropa e poi le ringhiò addosso.

Fu qualcosa di strano, di profondo, di… giusto. Kara ricordò, o, meglio, fu il suo lupo a ricordare. Lasciò che Sara si alzasse e la guardò, mentre alzava il volto verso la luna, poi la imitò. Aveva ritrovato una sorella, aveva ritrovato una parte di lei. Ulularono assieme alla luna, ignorando il luogo in cui si trovavano, ignorando il fatto che così facendo si stavano esponendo, solo la gioia del ritrovarsi aveva importanza.

 

Lena sentì l’ululato e ricordò che notte fosse quella, poi una seconda voce si unì alla prima e lei rabbrividì. Vi era qualcosa di profondamente struggente in quel suono.

“Miss, non dovreste essere qua.” Le disse un uomo, mentre passava in fretta per la strada. Lena si rese conto che, se solo poco prima, la strada era affollata, ora non vi era più nessuno. Era stata una pessima idea seguire Kara. Cosa le era venuto in mente? Non conosceva la città e pensava davvero di poter seguire un cavallo in corsa?

Era solo che… c’era stato quel momento… quell’intimità e lei aveva creduto, per un solo istante aveva pensato… e poi Kara era corsa via e lei aveva avuto paura, paura di averla spaventata, di averla fatta fuggire.

Gli ululati smisero e Lena si guardò attorno preoccupata, ora che regnava il silenzio la situazione era ancora più inquietante. Era folle, ma quell’ululato non le era parso ostile.

Era una Luthor, sapeva difendersi, sua madre se n’era assicurata, ma non aveva con sé nessuna arma, se non il pugnale nascosto nel polsino e di certo quello non avrebbe potuto aiutarla contro un licantropo trasformato, non essendo neppure d’argento.

Un rumore di zoccoli la fece voltare, una carrozza si stava avvicinando lentamente.

Senza nessuna ragione logica Lena ebbe paura, eppure era irrazionale, perché avrebbe dovuto temere i licantropi quella notte e non gli umani. Eppure, nella sua mano brillò il pugnale e lei si preparò al peggio, mentre la carrozza si avvicinava sempre di più. Non poteva fuggire, non c’erano vie in cui infilarsi, avrebbe potuto bussare a uno dei portoni, ma chi sarebbe venuto ad aprire?

Il suo cuore accelerò e ancora una volta si maledì per essersi persa, per aver agito d’istinto e, soprattutto, per aver, probabilmente, rovinato tutto con Kara. Se solo quella sensazione, quel brivido caldo che la percorreva ogni volta che si toccavano non l’avesse spinta a desiderare di più… ora lei non si sarebbe trovata in quella situazione. Si morse il labbro, consapevole di mentire, anche a se stessa, non era solo quella sensazione ad averle riscaldato il cuore, erano stati gli sguardi di Kara, il suo modo di sorridere, di farla sentire accolta, cercata… amata.

Per un folle istante sperò che la carrozza la oltrepassasse, ma il cocchiere, un uomo completamente nascosto alla sua vista da un soprabito nero e da un cappello a cilindro basso sugli occhi, tirò le redini facendo fermare i cavalli. La porta della carrozza si aprì e Lena strinse il pugno attorno all’elsa, pronta a colpire.

 

 

 

Note: Ok… non odiatemi!! Lo so che ho interrotto un momento decisamente importante! E no, lo sappiamo che non sto parlando della fine del capitolo! ;-)

Allora?? Ve lo aspettavate? Cosa? Tutto!!

Questo capitolo è ricco di colpi di scena (almeno nelle mie intenzioni la storia doveva ricevere una bella scossa): prima Lena e Kara quasi… quasi… mannaggia! E poi Kara che deve trasformarsi e Sara che piomba a cavallo a tirarla fuori da quel guaio, la lotta, il controllo, quel senso di appartenenza e infine, ultimo, ma direi, non ultimo, Lena che..? È finita nei guai? Avete delle idee? Ditemi tutto!

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Capitolo 11
*** Il mattino dopo ***


Il mattino dopo

 

La luce fievole del sole filtrò lentamente tra le sue palpebre e il freddo mattino di primavera la fece rabbrividire. Aprì gli occhi e si riscosse, ritrovandosi nuda, stesa su di un prato sconosciuto, attorno a lei, le siepi e i fiori sembravano aver affrontato un urgano. Ma, solo quando sentì una mano accarezzarle la schiena, Kara fu davvero sorpresa. Fece un balzo e si separò da quel contatto, arrossendo violentemente.

“Buongiorno.” Mormorò Sara Lance, altrettanto nuda, ma per niente in imbarazzo, mentre si stiracchiava. Kara afferrò il mantello nero che aveva indossato Sara e se lo drappeggiò addosso nascondendo il suo corpo.

Facendo quel movimento sentì una fitta alla spalla che le fece fare una smorfia.

“Oh… sì. Farà male per un po’, mi dispiace. Anche se mi aspettavo che mi mettessi k.o. più in fretta.” Sara si accarezzò il collo e solo allora Kara notò il livido violaceo che le aveva procurato.

“Mi dispiace… io…”

“Ho subito ben di peggio.” Troncò Sara. Sembrava soddisfatta e felice.

“Siete decenti, misses?” Domandò una voce maschile e Kara arrossì di nuovo cercando di nascondere una parte più ampia del suo corpo. Poco dopo, dai cespugli, sbucò Winn, teneva gli occhi chiusi e avanzava barcollando, tra le braccia aveva due vestaglie.

“Ti direi di sì, ma credo che la nostra El non abbia voglia di farsi vedere senza veli, quindi, tieni gli occhi chiusi.”

“Ovviamente.” Rispose il ragazzo con un sorriso e gli occhi ben chiusi. Kara arrossì nel vedere Sara che si alzava e, senza nessuna vergogna, si drappeggiava con calma la vestaglia addosso e poi lanciava la seconda a lei.

“All’interno ci sono vestiti più consoni. Riguardo alla colazione, temo di non aver ancora avuto il tempo di prepararla.”

“Cos’è successo questa notte? Come hai saputo che mi stavo trasformando?”

“Oh…” Commentò Winn voltandosi, Sara lo afferrò prima che colpisse un tronco e lo diresse verso la casa, poi si voltò di nuovo e fissò Kara.

“Se credevi che ti abbandonassi, di nuovo, allora non hai capito nulla di me.” Disse, ma il suo tono era sempre divertito, era come se avesse raggiunto il suo scopo dopo anni di tentativi.

“Mi hai spiata?” Ma, malgrado il tono interrogativo, quella di Kara non era davvero una domanda.

“Sì.” Rispose lei, semplicemente. “Ieri sera stavo per rientrare perché la trasformazione si faceva impellente quando ho sentito il tuo lupo e ho capito che eri nei guai. Per nostra fortuna abbiamo scelto un’abitazione vicina alla tua sede di lavoro.” Kara scosse la testa incredula, eppure aveva senso.

“E… e tra di noi?” Domandò poi, rossa in volto, ripensando a quello che era successo.

“Hai risvegliato il tuo lato del legame. Hai… ricordato.” Le spiegò, questa volta il suo tono era più dolce.

“Sì.” Ammise Kara. Ora sapeva che quel legame era vero, che esisteva, che era sempre esistito.

“Sono il tuo Alfiere.” Affermò lei. “E ora, lo sai anche tu.”

 

“Kara!” Alex corse da lei, sul volto il sollievo. “Eravamo preoccupate! Dove sei stata questa notte e tutta la mattina?” Kara fece una piccola smorfia di scuse, mentre posava il mantello che le aveva prestato Sara.

“Questi non sono vestiti tuoi…” Notò subito sua madre osservando la lunga gonna grigia, di pesante stoffa, e la camicia bianca stretta alla vita da una fascia nera.

“Ehm… me li ha prestati Sara.” Ammise e Alex corrugò la fronte, mentre sua madre la guardava perplessa.

“Tesoro, pensavo di averti insegnato le buone maniere. Non era il caso di presentare questa Sara alla tua famiglia prima di passare la notte da lei?” Le guance di Kara virarono al viola, mentre Alex iniziava a sghignazzare.

“No, no, no! Non è come pensi!” Eliza guardò la sua figlia maggiore con disapprovazione.

“Non ridere in quel modo di tua sorella.”

“Sara è… un’amica ed è come me…” Riuscì a spiegare Kara. Alex le diede un colpo divertito sulla spalla e Kara gemette. A quel punto tutto il divertimento sparì dalla sorella.

“Ti sei fatta male!” L’accusò.

“Non è nulla, sta già guarendo.” Assicurò lei, ma sua madre non sentì ragioni e volle esaminare personalmente la ferita, mentre Kara raccontava loro cos’era successo la sera prima.

“Aspetta, stai dicendo che Lena Luthor ha scatenato la metamorfosi?”

“No… sì… io, non lo so.” Kara scosse la testa, incapace di capire cos’era, esattamente, successo.

“Non mi piace.” Disse secca Alex. “Lo so che siete amiche, ma nessuno può avere un simile potere su di te.”

“Non è colpa sua, forse dipende da me, dal modo in cui reagisco a…” Arrossì sotto lo sguardo delle due donne e si strinse nelle spalle. “Forse è solo che sto accettando la mia natura e imparando cosa significhi per davvero essere un licantropo. Un El.” Aggiunse.

“Un El…” Mormorò sua madre, non aveva detto niente, mentre lei raccontava cosa quella mattina le aveva detto Sara, ma era comparsa una ruga sulla sua fronte, segno che era profondamente turbata. “Dovrò scrivere a vostro padre. Poco importa la missione in cui è impegnato, questo è più importante.” Decretò.

Quando si fu allontanata Alex si sedette vicino a Kara, osservandola.

“Dunque ora sai chi sei.” Mormorò.

“Sì.” Kara tornò con la mente al racconto di Sara e Winn. Ripensò a come avevano descritto i suoi genitori, la dolce e giusta Alura e il brillante Zor-El che trovava sempre il tempo per la sua piccola. E poi l’intero branco. Sara non sembrava una persona loquace, ma aveva parlato per ore, ricordi di bambina, certo, ma non per questo meno vividi.

Alex la guardava e lei si strinse nelle spalle.

“Sara ha detto che mi aiuterà con il mio lupo, dice che averlo tenuto al guinzaglio per tutti questi anni mi ha separato dalla mia vera natura, per questo non riesco a trasformarmi quando voglio, giorno o notte che sia.”

La ragazza annuì piano, Kara la guardò e sorrise, conosceva sua sorella molto bene. Si alzò e la prese tra le braccia, ignorando il leggero dolore alla spalla e al fianco.

“Tu sarai sempre la mia sorellona.” Le mormorò, stringendola un po’ di più contro di sé.

“E tu la mia sorellina.” Affermò allora Alex e Kara sorrise sentendo che la ragazza si rilassava.

 

Aveva parlato con Alex ed Eliza, mandato un messaggio al giornale per giustificare la sua assenza, ora non le restava che il compito che più temeva, affrontare Lena.

Era letteralmente scappata via da lei. Aveva avuto i suoi buoni motivi, ma questo non cambiava la realtà. Agli occhi di Lena lei era fuggita poco prima di… cosa?

Kara non lo aveva detto a nessuno, aveva parlato di una stretta di mano, non di quel momento intenso in cui… in cui aveva davvero creduto che Lena l’avrebbe…

Kara scosse la testa, doveva essere stato il suo lupo… perché lei, lei…

“Miss?” Si riscosse e guardò il valletto che le aveva teso la mano e la fissava perplesso. Si guardò attorno spaesata, era così persa nei suoi pensieri che non si era resa conto di essere già arrivata alla tenuta dei Luthor.

Esitò ancora un istante, poi prese la mano dell’uomo e scese dal calessino. Con pochi passi raggiunse i tre scalini che portavano al grande portone d’ingresso già aperto da un maggiordomo per accoglierla. Kara lanciò uno sguardo al giardino in cui si era svolta la festa, le aiuole, i fiori e le fontane erano eleganti e curate come quella sera.

“Miss Luthor non è in casa.” L’avvisò il maggiordomo quando fu sicuro di avere la sua attenzione.

“Oh.” Kara si diede della stupida, avrebbe dovuto mandare un messaggio o assicurarsi che Lena non fosse in città quel pomeriggio prima di fare tutta la strada fino alla tenuta. Nel suo petto però, si espanse anche un senso di sollievo. Aveva davvero così tanta paura di incontrarla?

“Questo non è del tutto vero.” Affermò una voce decisa. Il servitore piegò il capo in segno di scusa, mentre Kara poteva vedere la donna che aveva parlato.

Era alta, elegante nei movimenti, ricordava Lena nel modo di muoversi, ma negli occhi azzurri della donna vi era una freddezza, anche se stava sorridendo, che Kara non aveva mai visto in quelli della ragazza.

“Perdonatemi, miss, volevo vedere Lena.”

“Ebbene, direi che siamo in due.” Commentò la donna alzando un sopracciglio. “Mia figlia deve essersi lasciata influenzare da questa città e dalla sua permissiva morale.” Commentò ancora la donna e Kara corrugò la fronte, avrebbe lasciato passare l’offesa alla sua città, ma non quella a Lena.

“Lena non si lascia influenzare da nessuno.” Sbottò, forse era la tensione che aveva accumulato durante il viaggio, forse la nuova consapevolezza che aveva di sé, forse semplicemente lo sguardo altezzoso e il tono pieno di sarcasmo e disprezzo della donna, ma non era riuscita a trattenersi.

Gli occhi della donna ora si concentrarono su di lei e Kara dovette trattenere un brivido, era come essere puntati da un predatore, le era successo allo zoo, una pantera aveva puntato i suoi occhi su di lei e il suo lupo aveva percepito tutta la minaccia di quello sguardo, esattamente come lei, ora, percepiva quella della donna.

“E voi chi siete, miss?”

“Kara Danvers.” Rispose lei, alzando il mento.

“E che rapporti avete con mia figlia?” Kara aprì la bocca per rispondere, ma non uscirono risposte dalle sue labbra. Cos’era Lena per lei? Un’amica, sì, certo, un’amica a cui teneva moltissimo e che sapeva darle sensazioni che…

“Lena è mia amica.” Riuscì a dire, ma seppe che l’esitazione non era sfuggita alla donna.

“Ebbene, allora, forse, potreste sapere dove ha passato la notte.” Kara sbatté le palpebre sorpresa, poi notando il sorriso compiaciuto della donna strinse la mascella.

“Era in città ieri sera, di certo avrà deciso…” Si interruppe, mentre un brivido l’attraversava, e se Lena si fosse messa in pericolo la sera prima? L’aveva lasciata da sola, in una città che non conosceva ancora bene, dopo il tramonto, in una Notte della Luna…

“Di certo.” Concluse la Luthor con aria sempre più divertita e sarcastica.

“Credo che tornerò in città.” Chiuse la conversazione Kara, era sicura che se fosse rimasta avrebbe detto o fatto cose che non si addicevano alla sua buona educazione e poi doveva trovare la giovane.

Sentì lo sguardo della donna su di sé, mentre usciva e saliva sul calessino, incitava il cavallo e si allontanava diretta verso la città.

Senza esitare raggiunse l’edificio che Lena aveva adattato ad ufficio e nel quale passava la maggior parte del suo tempo. La segretaria l’accolse con un sorriso, ma le disse che quel giorno miss Luthor non era venuta.

Kara iniziò a sentire la tensione crescere e se le fosse davvero successo qualcosa? Alex sembrava avere tra le mani un nuovo omicidio ogni tre o quattro giorni, e se avessero trovato Lena morta in qualche vicolo?

La paura le serrò il petto impedendole di respirare, quella semplice idea era inaccettabile, scosse la testa e cercò di essere razionale. Che cosa le succedeva? Lei era una persona ottimista! Perché mai doveva aver pensato ad una simile, orribile, cosa?

Senza neanche rendersene conto si diresse verso l’edificio delle guardie. Quando entrò si aggirò tra gli uffici fino a quando non identificò sua sorella che stava ridendo. Perplessa sbirciò dalla porta trovandola intenta a scherzare con lo sceriffo Sawyer.

“Ehm…” Disse, attirando l’attenzione delle due donne. Alex scattò in piedi, fino ad un attimo prima era appoggiata alla propria scrivania, e la fissò sorpresa.

“Tutto bene?” Le chiese subito e Kara scosse la testa.

“Non trovo Lena.” Ammise e Alex corrugò la fronte.

“Cosa significa che non trovi Lena?”

“Non lo so…” Kara sbuffò esasperata, entrando e sedendosi su una delle sedie. Alex lanciò uno sguardo alla donna con cui aveva conversato fino ad un istante prima che sembrò capire al volo.

“Molto bene, allora passerò più tardi per quella questione.”

“Sì, grazie, sceriffo Sawyer.”

“Credevo che fossimo d’accordo per Maggie.” Rispose la donna sorridendo e poi uscendo dalla stanza.

Kara era piuttosto tesa, ma non poté fare a meno di notare il rossore e il sorriso che comparvero sul volto di Alex.

“Credevo che non ti piacesse, ti lamenti sempre di dover lavorare con lei.” Commentò e Alex arrossì ancora di più.

“Allora, mi dicevi che non trovi miss Luthor?” Cambiò argomento la ragazza e Kara fece una smorfia preoccupata.

“Ieri… ieri sono scappata quando… sai… e lei mi ha seguito… se si fosse persa in città? Se qualcuno le avesse fatto del male? Oh Alex! Non potrei vivere se le avessero fatto del male!”

“Rallenta! Dove l’hai cercata?” La fermò sua sorella cercando di farla calmare.

“Alla tenuta e in ufficio!” Sbottò incrociando le braccia. “Se fosse notte la troverei in un…” Alex alzò la mano per fermarla, gli occhi che brillavano di preoccupazione.

“Stai scherzando? Non puoi andare in giro per la città in forma di lupo solo per cercarla!” Kara incrociò le braccia.

“Se non la trovo entro sera lo farò.” Affermò decisa, il suo lupo poteva trovare il profumo e rintracciarla, ne era sicura.

“Non se ne parla. Miss Luthor è una donna potente e piena d’impegni, può essere ovunque e tu non puoi esporti in quel modo.”

“Ma…”

“Non le è successo nulla, altrimenti ormai lo saprei, abbiamo raddoppiato le pattuglie e ogni guardia è sul chi vive, tra la serie di omicidi e le Notti della Luna non c’è qualcosa che succede in città che noi non sappiamo.” Chiuse la faccenda Alex. “Scrivile un biglietto e chiedile un incontro per domani.”

“Domani?” Chiese lei, esitante. Le parole di Alex l’avevano rassicurata, forse la sua paura era stata eccessiva, era vero, Lena era sempre piena d’impegni e, se ricordava bene, aveva visto la carrozza dei Luthor aspettarla davanti al CatCo Journal la sera prima. Dopo essere scesa in strada per seguirla, doveva essere semplicemente andata via così.

“Non ha dormito a casa sua.” Ricordò a voce alta e Alex si strinse nelle spalle.

“Questo non significa nulla, potrebbe avere un appartamento in città o… forse… un amante.” Le ultime parole colpirono Kara, era la stessa allusione che aveva già fatto Lillian Luthor.

“Io… me ne avrebbe parlato…” Ma non era così sicura, dopo tutto non erano quel tipo di amiche.

Kara ricordò le dita di Lena sfiorare le sue su quella pagina con le scritte in rilievo e ricordò i suoi occhi guardarla, guardarla come se la vedesse per la prima volta, come se volesse…

“Vi conoscete da poco e lei è qui sono da qualche mese, forse è qualcosa di nuovo che vuole tenere per sé, qualcosa di prezioso che ha paura di vedere infranto.” Kara rimase colpita da quelle parole, da una parte la ferivano in un modo che non credeva possibile, dall’altro erano un po’ troppo specifiche.

“Alex, non devi dirmi nulla?” La ragazza arrossì e scosse la testa.

“Io? No, assolutamente, nulla.” Kara osservò la sorella e poi si strinse nelle spalle.

“Hai ragione, le scriverò.” Accettò alla fine.

 

Lena schivò la punta della spada con una veloce torsione, preparandosi a parare l’affondo successivo. Rapida, veloce, la sua avversaria la incalzò lungo tutta la pedana, pronta a darle il colpo di grazia.

Ma lei era una Luthor.

Lena fintò a destra, parò il ferro dell’avversaria con una mossa audace e poi attaccò. La sua spada si piegò appoggiandosi sul giubbotto protettivo e lei sorrise sotto la maschera.

“Complimenti.” Affermò la sua avversaria facendo un passo indietro e abbassando la spada, prima di sfilare la propria maschera. “Il vostro maestro dev’essere fiero di voi.” Commentò ancora, un sorriso sulle labbra. Lena abbassò lo sguardo, la solita amarezza che colpiva il suo cuore.

“Mia madre avrebbe di sicuro trovato qualche difetto.”

“Madri e figli…” La donna sospirò scendendo dalla pedana e sedendosi su una sedia accanto alla quale vi era un tavolino con delle bevande fresche. Lena la seguì, un sorriso sulle labbra.

Quando aveva visto l’occupante della carrozza si era decisamente rilassata, sentendosi una sciocca per i timori provati, ma di certo non avrebbe mai immaginato di essere invitata prima a cena, poi direttamente per la notte e infine essere intrattenuta per tutta la giornata.

“Avete dei figli, milady?” La donna sospirò, gli occhi che si perdevano nel passato.

“Un figlio… era bello e forte, ma…” La guardò con un’ombra negli occhi. “Non sono stata capace di guidarlo, ha perso il controllo ed è stato la rovina di se stesso. Forse… forse lo amavo troppo.” Ammise e Lena sentì l’emozione nella sua voce, era così diversa da sua madre sempre fredda e distaccata.

“Mi dispiace.” Disse e vide la donna annuire piano.

Lena distolse lo sguardo, osservando l’ampia stanza in cui si trovavano. La pedana per la scherma era al centro, lungo le pareti vi erano armi e armature di vario genere, l’aria era piacevolmente fresca, questo perché si trovavano nell’interrato.

“Siete un’amante delle armi?” Le chiese, cercando di distogliere la donna dai pensieri tetri in cui sembrava essere caduta a causa sua.

“Sì.” Rispose allora Rhea. “Sono una mia passione.” Si alzò e indicò una seconda sala. “Ma non l’unica.” Lena la seguì incuriosita e quando si ritrovò in un laboratorio alchemico i suoi occhi brillarono. La donna che aveva imparato ad apprezzare nelle ultime settimane come partner d’affari si stava dimostrando, sempre di più, uno spirito affine al suo.

Guardò Lady Rhea che la stava osservando, un ampio sorriso sulle labbra, e non poté fare a meno di pensare a Kara, su di lei, la giovane, si era sbagliata.

Pensare alla ragazza le adombrò lo sguardo, la donna sembrò intuirlo perché le sorrise, materna.

“Volete parlarmene? Ditemi, si tratta di quella giovane, i quali messaggi, durante questi giorni vi hanno fatto sorridere di gioia?” Le chiese Lady Rhea un sorriso indulgente e gentile sulle labbra. Lena esitò, in imbarazzo. “Oh, non credete che io non sia qui per giudicarvi, voglio solo vedervi serena ed è chiaro che, ieri sera, è successo qualcosa che vi ha turbato.”

Davanti a quel tono rilassato e sincero Lena lasciò da parte la sua riservatezza e le parlò di Kara.

 

 

 

Note: Pericolo scampato, Lena è con Rhea! Ci siamo preoccupate per nulla e Kara anche si sta preoccupando molto, tanto che è finita per incontrare Lillian.

Vi è piaciuto il risveglio di Kara e Sara? Finalmente le due hanno parlato un po’. Abbiamo anche avuto diritto ad un po’ di confidenze tra sorelle Danvers, anche se, entrambe, sembrano nascondere ancora qualcosa all’altra, Kara sappiamo cosa si trattiene dal dire riguardo a Lena, ma Alex, idee? ;-)

 

Avviso alle lettrici: prendete il respiro, questo era l’ultimo capitolo nel quale potete permettervi di farlo!

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Capitolo 12
*** La tazzina di porcellana ***


La tazzina di porcellana

 

Lena rientrò a casa rilassata e di buon umore. Non credeva che fosse possibile. Mentre saliva le scale un maggiordomo la raggiunse con un plico di lettere. Una giornata di lavoro persa ora chiedeva il suo prezzo.

“Lasciale sulla mia scrivania, ci penserò domani.” Richiese, amava lavorare sodo, ma aveva passato una bella giornata e incontrato una donna intelligente e a lei affine, non aveva voglia di rovinare tutto gettandosi sul lavoro.

“Vostra madre desiderava vedervi.” Aggiunse l’uomo e Lena sentì un piccolo fastidio intaccare il suo buon umore. Di certo voleva rimproverarla per qualcosa, oppure chiederle di partecipare alle sue orribili attività o semplicemente sbatterle in faccia con arroganza la sua superiorità in ogni campo.

“Ed è passata miss Danvers.” Le disse il maggiordomo mentre lei si allontanava sulle scale, bloccando i suoi passi di netto. Kara. Aveva pensato a lei tutto il giorno, era stato un pensiero fisso, anche se di sottofondo, nella sua mente, parlarne con Rhea, aveva riportato ogni emozione alla superficie.

“Miss Danvers?” Chiese questa volta, facendo un irrazionale passo indietro verso la porta, come se Kara potesse essere ancora lì. Il bisogno di vederla era stato soffocato per tutto il giorno, ma ora si risvegliò prepotente. “Dove…” Si interruppe rendendosi conto di comportarsi come una sciocca. “Ha lasciato un messaggio?” Domandò invece.

“No, miss.” Tutto il piacere di quella giornata sembrò evaporare, avrebbe dovuto rientrare prima, avrebbe dovuto cercare di parlare con Kara, spiegarsi, capire… “Ma…” L’uomo sembrava imbarazzato.

“Sì, Sebastian?” Domandò lei, fissando il suo domestico con perplessità.

“Questa sera sul tardi è arrivato un corriere. Brontolava, raccontando di una giovane miss dall’aria agitata che gli ha chiesto di consegnare la missiva anche se l’orario prevedeva la consegna al mattino.”

“Sì?” Lo incitò a continuare lei.

“Si dà il caso che abbia accettato perché la ragazza aveva, cito testualmente: lo sguardo più dolce di National City.”

“E, Sebastian, trovi che questa definizione si adatti bene a miss Danvers?” Chiese Lena, il cuore che batteva veloce al ricordo di quello sguardo dolce posato su di lei, ma l’aria divertita a nascondere l’emozione.

“Tenete, miss.” Disse l’uomo prendendo l’immacolata busta posta in cima alla pila di lettere.

“Grazie, Sebastian.” L’uomo chinò il capo, fece qualche passo e poi si fermò, voltandosi.

Lena rimase immobile sulle scale stringendo la lettera tra le mani, divisa tra l’aspettativa e i timori. Alla fine si decise, risalì gli ultimi scalini ed entrò nella sua stanza da letto, con mani insicure spezzò il sigillo d’anonima cera rossa e lesse le parole con trepidazione.

 

“Cara Lena,

Sono profondamente dispiaciuta per quello che è successo… ho cercato di parlarti oggi, ma sembra che tu sia occupata in un posto che non mi è venuto in mente. Se tu riuscissi a trovare un po’ di tempo per me… ne sarei molto felice.

La tua amica Kara.”

 

Poteva quasi sentire la ragazza che si rigirava le parole nella mente, mentre le scriveva. Lena sorrise sentendo il suo cuore fare un altro balzo, sembrava che si fosse davvero impegnata a cercarla.

Eppure… eppure era scappata.

Lena sospirò, mentre si avvicinava alla finestra e osservava il giardino tinto dai colori del tramonto. Chissà cosa stava facendo Kara in quel momento.

 

“Sei sicura che sia una buona idea?” Domandò per l’ennesima volta Winn. Sara non lo degnò neppure di un’occhiata, mentre Kara, leggermente rossa in volto, aspettava. Si era spogliata ed era dietro ad un paravento e questo era parte del problema, l’altra parte del problema era che avrebbe dovuto dominare due licantropi e passare la notte con loro… come un branco, aveva detto Sara, qualsiasi cosa volesse dire.

“Sei sicura che sia necessario per ritrovare il legame con il mio lupo?” Domandò con voce incerta.

“Sì.” Rispose secca Sara, la sua pazienza, Kara se ne era resa conto in fretta, aveva dei limiti. “Sì a tutti e due, e ora smettetela.” Kara sentì il fruscio degli abiti che venivano lasciati cadere a terra e arrossì ancora un poco. Poi si concentrò su se stessa, il suo lupo era calmo e pacato dentro di lei. Non aveva mai provato a chiamarlo due notti di seguito, perché farlo quando poteva farne a meno?

All’esterno la luce si fece sempre più fioca e Kara iniziò a sentire i rumori inequivocabili dei due ragazzi che si trasformavano. Un brivido la percorse: e se il lupo fosse stato troppo dormiente? Come se la sarebbe cavata da sola in una stanza con due licantropi?

Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi, ma riusciva solo a pensare a Lena. Le aveva scritto, ma non era sicura che stesse bene, malgrado le parole di Alex temeva ancora per lei.

Un ringhio basso attirò la sua attenzione. Sara. L’aveva avvisata, senza il controllo del lupo alpha, dell’El, lei e Winn si sarebbero attaccati e, il ragazzo era stato molto chiaro, per lui non sarebbe finita bene.

Si erano messi tra le sue mani e lei ora non era neppure capace di…

Un secondo ringhio risvegliò il suo lupo. Un solo istante e la sua pelle prese a formicolare. Kara accolse il cambiamento con gioia, un istante prima che Sara balzasse su Winn lei oltrepassò il paravento ringhiando un basso avvertimento. Entrambi i lupi si voltarono e Kara li chiamò a sé. Era curioso come vi fosse in lei una parte istintiva, una parte che non controllava e che sembrava sapere cosa fare molto meglio di lei. La parte profonda del suo lupo.

Con un balzo oltrepassò la porta del capanno di caccia in cui si erano cambiati e poi corse verso il bosco. Il senso di libertà fu inebriante e sentire i due compagni correre al suo fianco fu ancora più bello, eppure, anche mentre correva tra gli alberi, saltando e giocando, una piccola parte di lei continuava a pensare a Lena e ai suoi splendenti occhi verde azzurri e, nell’impeto della corsa, della libertà, della comunione con il suo piccolo branco, Kara pensò che avrebbe voluto baciarla e quel pensiero le fece battere veloce il cuore.

 

La sua venuta era stata casuale, eppure la sua missione, ora, era chiara, i suoi obiettivi specifici e importanti. Non avrebbe dovuto farsi distrarre, eppure… eppure…

La donna osservò la fievole luce della candela creare ombre bizzarre sulla parete davanti a lei. Lo sapeva, il suo operato presto avrebbe attratto attenzioni indesiderate e lei avrebbe dovuto andarsene, come faceva sempre. Il suo tempo era limitato. Strinse il pugno, mentre l’ira la pervadeva per quella limitazione al suo potere. Una limitazione a cui avrebbe potuto porre rimedio se solo avesse potuto mettere le mani sull’El… Ma vi era quella nuova idea germogliata nella sua mente e non riusciva ad abbandonarla. Fece ruotare la mano attorno alla fiamma, riflettendo, ponderando, valutando, sapeva essere impulsiva, ma era anche calcolatrice. Era un rischio accettabile?

“Il sole è tramontato, padrona.” Le disse il servitore. Lei sorrise, come se non lo sapesse, come se non sentisse il rischiamo della notte e di tutti i licantropi raccolti in quella città. Oh, le piaceva National City, molto, troppo, forse. Un ampio sorriso si aprì sulle sue labbra.

“Prepara la carrozza.”

“Sì, milady.”

Aveva deciso.

 

Tornò a casa con un strano senso di malinconia e il cuore in subbuglio. Vivere una vera esperienza di branco le aveva dato l’idea di quello che avrebbe potuto essere la sua vita se la sua famiglia non fosse stata sterminata. Aveva ricevuto del vero amore dai Danvers, ma quel senso di comunione e di comprensione che si creava in un branco era qualcosa che, se ne rendeva conto ora, le era sempre mancato.

E poi c’era quella folle idea che aveva preso piede nella sua mente. Lena, non come amica, ma come qualcosa di più.

“Kara?” Alex, malgrado l’ora e il turno di notte per la Settimana della Luna l’aveva aspettata sveglia. “Stai bene?” Le domandò, osservandola preoccupata.

“Io… sì, credo di sì.” Le disse. “È stato bello e al contempo triste.” Ammise e Alex annuì, forse non poteva capire appieno, ma ciò non significava che non potesse provarci.

“Volevo solo assicurarmi che tu stessi bene e…” Le tese una busta bianca e le sorrise. “È arrivata questa notte con un valletto e non c’è bisogno di vedere lo stemma nella ceralacca per sapere chi ha tanto denaro da potersi permettere un valletto come corriere postale.” Il cuore di Kara fece un brusco balzo e lei afferrò la lettera aprendola di getto e leggendo le parole con un senso di panico e di euforia.

 

“Sarò felice, immensamente felice, di vederti.

Nel pomeriggio sarò nel mio ufficio, potremmo prendere il tè assieme e… parlare.

      Lena.”

 

“Devo prendere il calessino.” Dichiarò Kara.

“Ma sei appena arrivata e poi pioverà di certo!” Alex la fissò stupita, mentre lei saliva le scale correndo. “Kara, cosa succede?” Le chiese. La ragazza stava estraendo dall’armadio tutti i suoi abiti cercando di sceglierne uno in fretta e furia.

“Leggi.” Le disse passandole accanto e lasciandole il messaggio, mentre si spogliava e si infilava nella vasca d’acqua fredda rabbrividendo, ma con un sorriso sulle labbra.

Alex lesse e poi la fissò perplessa.

“Parla di pomeriggio, non capisco la tua fretta.”

“Dice che sarà in città nel pomeriggio, il che significa che sarà a casa al mattino. Non voglio aspettare che sia pomeriggio, voglio vederla subito!”

“Kara, se la tua vita non fosse già sufficientemente pazza, direi che ti sei innamorata.” Kara si bloccò fissandola ad occhi sgranati. Il sorriso divertito di Alex si cristallizzò sulle sue labbra, formando invece un ‘O’ sorpreso. “Kara… ti sei innamorata di Lena Luthor?” Domandò, questa volta direttamente.

Kara arrossì, uscendo dall’acqua fredda e nascondendosi dentro un grande telo bianco.

“Non sarebbe una brutta cosa, lo sai questo? Anzi, ne sarei felice.” La testa di Kara sbucò dall’asciugamano.

“Davvero?” Chiese, poi arrossì. “Non so se… voglio dire, Lena mi piace e quando mi tocca… e poi c’è il mio lupo che pensa che sarebbe una bella idea baciarla e…” Arrossì alla faccia sorpresa di Alex e smise di parlare. “Non lo so.” Ammise alla fine.

“Posso dirti una cosa?” Chiese Alex, piano e il suo tono incerto e preoccupato fece superare a Kara il proprio imbarazzo.

“Certo.” Disse e Alex si lasciò cadere sul letto.

“Io… io credo di essere innamorata.” Ammise la giovane e Kara sbatté le palpebre, sorpresa a sua volta.

“Chi…? Oh!” Disse poi ricordando un sorriso con delle fossette e la risata di Alex. “Lo sceriffo Sawyer!” Affermò sicura e nel vedere Alex arrossire e sorridere al contempo ridacchiò divertita.

“Non ridere.” La rimbrottò lei, ma era evidentemente felice dell’ammissione.

“E… l’hai già baciata?”

“No!” Rispose, di nuovo rossa in volto, Alex. “Certo che no!”

“Beh, dovresti farlo.”

“Tu pensa a Lena!” Le rispose Alex e fu il turno di Kara di arrossire. “Ora preparati, io vado a dormire.” Interruppe il loro scambio Alex. Raggiunse la porta e poi si voltò, prima di aprirla. “Ti voglio bene.” Disse, con un sorriso sulle labbra.

“E io ne voglio a te.” Le rispose lei felice. Dopo tutto era bello avere di nuovo un branco, scoprire cosa significasse avere dei Fratelli della Luna e al contempo avere Alex ed essere una Danvers.

Finì di vestirsi e corse di sotto sistemandosi i capelli come meglio poteva, afferrò al volo due croissant e poi uscì.

Mezzora dopo era in vista della tenuta dei Luthor e l’idea di correre da Lena iniziava a sembrarle sciocca.

Oltretutto aveva iniziato a tuonare e, Kara poteva sentirlo nell’aria, tra pochi minuti il temporale si sarebbe riversato sulla verde campagna che stava attraversando.

Osservò la tenuta, ancora solo un profilo all’orizzonte e fece una smorfia, sarebbe arrivata completamente bagnata alla porta di Lena, come una sciocca. Eppure Kara continuò ad andare avanti, da qualche minuto era stata presa da un inspiegabile senso di angoscia, aveva bisogno di vedere Lena e assicurarsi che stesse bene.

Un tuono più vicino degli altri diede il via all’acquazzone. Kara si strinse nelle spalle sperando di offrire meno superficie di sé alla pioggia. Il cavallo scosse la criniera, sbuffando, e Kara sollevò la testa.

C’era qualcosa che non andava. Osservò la casa avvicinarsi e il cavallo innervosirsi sempre di più, mentre il suo lupo, prima placido per la lunga notte passata nella foresta, si risvegliava e tendeva ogni senso. I suoi sensi erano solo umani, non aveva un udito speciale e neppure un odorato straordinario, eppure aveva la pelle d’oca e il suo cuore prese a battere sempre più veloce.

Prima di entrare nel viale il cavallo si impuntò e decretò che non avrebbe proseguito, malgrado gli incitamenti di Kara. Non le era mai successo.

La paura iniziò a stringerle la gola.

Mentre la pioggia, come una fitto velo, copriva la casa, rendendola solo un’ombra più scura nella grigia atmosfera, Kara scese dal calessino e proseguì a piedi. Prima ancora di rendersene conto stava correndo.

A terra, sulla pietra bianca degli scalini della tenuta Luthor, vi era il valletto, la gola squarciata, gli occhi fissi verso il cielo.

Kara trattenne il terrore, trattenne la paura, conscia che se si fosse arresa ad esse neppure il suo lupo avrebbe potuto farle fare un altro passo, ma lei doveva muoversi, lei doveva vedere.

La porta era semi aperta e lei sgusciò all’interno, solo il fragore della pioggia che batteva sul tetto di tegole rosse e sulle ampie finestre riempiva le sue orecchie. Nell’atrio, steso a terra, in una posa composta, vi era il maggiordomo. Kara cercò di ricordarne il nome, ma la sua mente non riusciva ad aggrapparsi a nulla in quel momento. Intravide dei piedi che tenevano aperta la porta che portava alle cucine, ma non raggiunse quel corpo, sapeva di dover salire.

Salì gli scalini come un automatismo, la mano che accarezzava la balaustra in legno, le gocce di pioggia che scorrevano lungo il suo viso come le lacrime che avrebbe dovuto versare. Una cameriera era accasciata in un angolo, accanto a lei un vassoio. Kara registrò la fine porcellana blu della teiera, andata in pezzi, lasciando che il suo contenuto fuoriuscisse sull’elegante pavimento di legno scuro, poco distante una tazzina e il piattino, ancora miracolosamente intatti. Senza sapere perché Kara si piegò e prese la tazzina stringendola tra le mani, mentre proseguiva come un automa, incapace di fermarsi.

I suoi occhi si appuntarono su di una porta semi aperta. Era forse dietro di essa che avrebbe trovato il suo corpo? Il suo cuore ora batteva piano, i suoi sensi erano ovattati, eppure sentiva il rumore delle gocce d’acqua cadere dal suo vestito fradicio e infrangersi sul pavimento.

Osservò la sua mano, pallida, tremante, mentre, seguendo una volontà non sua, spingeva la porta, mostrandole l’orrore che vi era dietro.

Ma la stanza era vuota.

Gli occhi di Kara sbatterono e il suo cuore accelerò bruscamente. Un singulto sfuggì dalle sue labbra e lei si portò le mani alla bocca. Il grande letto, nell’elegante stanza, era sfatto, ma vuoto. I suoi occhi si voltarono e la scena iniziò ad avere senso.

L’attacco era stato rapido e silenzioso, ma la cameriera aveva lasciato cadere il vassoio e…

Kara seguì con passi rapidi, il cuore che batteva sempre più rapido, le scale di servizio, appena dietro l’angolo. Trovò la porta verso il giardino spalancata e sperò, sperò che ce l’avesse fatta, che avesse attraversato il giardino dalle aiuole così perfette, e fosse arrivata alle stalle.

Uscì sotto la pioggia e la vide.

 

 

 

Note: Le cose stavano andando bene, vi siete rilassate, vero? Eppure vi avevo detto di trattenere il respiro…

Non ho molto da dire, lascio a voi la parola.

 

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Capitolo 13
*** Freddo ***


Freddo

 

Sara si stiracchiò felice, ricordava quel senso di comunione, la bellezza di poter vivere la parte da lupo non come una condanna, ma come una benedizione ed ora aveva di nuovo tutto. Non aveva dimenticato la vendetta, ma aver trovato Kara la ripagava dopo anni di…

Il suo cuore ebbe una dolorosa fitta. Sara strinse i denti, annaspando.

“Cosa succede?” Chiese, Winn, nel vedere la sua espressione.

“Kara!” Gemette lei, poi afferrò la spada e se la legò al fianco, mentre correva fuori sotto la pioggia. Saltò a cavallo e lo spinse al galoppo.

 

La pioggia scivolava sul suo viso perlaceo, le labbra sempre rosse, ora sembravano risaltare ancora di più, come una macchia d’inchiostro su di un foglio bianco.

Poi c’erano i suoi occhi. I suoi splendidi occhi verde azzurri, aperti ad osservare il cielo. Kara si piegò su di lei, sfiorò la sua fronte allontanando una ciocca di capelli.

L’orrore la colpì violentemente, per la prima volta toccare la sua pelle non riscaldò il suo cuore. E la sua mente colse, finalmente, la verità. Lena non c’era più.

Kara cadde sulle ginocchia attirando a sé quel corpo così fragile, nascosto solo da una camicia da notte verde scura, fradicia di pioggia, poi alzò il viso verso il cielo, mentre lacrime calde bruciavano sulle sue guance, concorrendo con la fredda pioggia.

Il suo lupo ululò dentro di lei e il suo corpo incominciò a cambiare. I suoi muscoli si tesero e le ossa si allungarono. Kara si stava trasformando senza l’influsso della luna, ma non le importava, nulla aveva più importanza, sono quel corpo vuoto, stretto contro il suo.

 

Sara scese da cavallo e iniziò a correre, trovò il corpo del giovane valletto e strinse i denti. Non entrò in casa, sapeva dove avrebbe trovato Kara. L’ululato del licantropo la stava sconvolgendo, chiamandola, senza che il suo lupo potesse rispondere.

Entrò nel giardino con cautela, poteva vedere la schiena del lupo di Kara, poteva sentire il suo ululato sofferente rivolto ad un cielo sordo e cieco, ma non sapeva cosa avrebbe trovato tra le sue braccia, non sapeva quanto la ragazza fosse sconvolta, come avrebbe reagito ad un’interferenza esterna.

Piano, passò oltre alcune fontane, mantenendo una certa distanza tra lei e il licantropo. Vide sopraggiungere Winn e gli fece cenno di rimanere immobile, poi procedette, fino a quando non capì.

Sara si fermò, osservando la figura pallida stretta con estrema delicatezza, tra le possenti zampe anteriori del lupo.

Aveva visto Lena Luthor un paio di volte, mentre sorvegliava Kara, ma la riconobbe subito e non ebbe bisogno di avvicinarsi per capire che era morta. Allora comprese cos’era stato quel dolore al cuore, lo capì e una singola lacrima rotolò sul suo volto. Il cuore di Kara si era appena spezzato e il suo dolore aveva ferito lei.

Tornò da Winn in silenzio e assieme si allontanarono.

“Resterò io qua. Tu vai a cercare sua sorella.”

“Ma, non dovremmo…”

Winn, ha bisogno di sua sorella.” Il ragazzo annuì, poi corse ai cavalli. Sara tornò nel giardino, si sedette e incrociò le gambe, la spada posata sulle ginocchia. Quando Kara lo avrebbe chiesto, la sua arma sarebbe stata pronta a vendicare quella morte.

 

Kara sentì una mano posarsi sulla sua spalla e voltò la testa, un ringhio basso e violento le risuonò nella gola.

“Kara…” La chiamò la donna davanti a lei.

Il lupo avvicinò un poco il corpo che stringeva tra le braccia, non l’avrebbero separata da lei.

“Parlale.” Mormorò una seconda voce e Kara ringhiò di nuovo. Sentiva il cuore come un freddo e pesante macigno nel petto, ma il suo cervello sembrava bruciarle nel cranio.

“I suoi occhi…” Disse piano la donna più vicina a lei. “Sono gialli.”

“Sì, il lupo ha preso il controllo, ma lei è lì dentro, è un El e può controllarsi.”

Quelle parole non avevano senso, solo il suo dolore aveva senso.

“Kara, guardami.” Di nuovo una mano la toccò e lei ricordò altre mani, un tocco deciso e timido al contempo, e quella sensazione, quella sensazione che la spingeva a desiderare di accoccolarsi contro di lei.

Le sue spalle si incurvarono, mentre veniva ferita ancora, non c’era più, lei non c’era più.

“Kara.” Ancora quel nome. Il licantropo si voltò e i suoi occhi si tinsero d’azzurro, riempiendosi di lacrime. “Va tutto bene…” Mormorò Alex, questa volta appoggiandosi a lei in un abbraccio.

Lentamente il suo corpo si ritrasse, perdendo le sembianze del lupo e tornando umano. Il peso tra le sue braccia la fece accasciare, ma Alex fu pronta a sorreggerlo, per poi, delicatamente, deporlo tra l’erba bagnata.

Un mantello fu drappeggiato sulle sue spalle, ma Kara vi badò appena. Ora non aveva più il suo lupo a proteggerla, ora tutto il dolore apparteneva solo a lei. I suoi occhi si alzarono incontrandone due azzurri e determinati.

“Voglio trovare chi ha fatto questo.” Disse, la voce roca.

“Lo troverò.” Rispose Sara e non vi era nessuna esitazione nel suo sguardo.

“Non dobbiamo pensare a questo ora…” Tentò di intervenire Alex, ma Kara si voltò a guardarla.

“Me l’hanno portata via.” Disse e Alex abbassò lo sguardo, incapace di replicare, incapace di sopportare quello sguardo negli occhi di sua sorella.

 

Il cielo, dopo il temporale, era terso e il sole, ormai basso, irradiava la sua luce su nuvole perfettamente bianche.

Alex sospirò e una mano si posò sulla sua spalla.

“Va tutto bene?” Chiese una voce preoccupata.

“No.” Rispose lei, sincera. Sara e Winn si erano portati via Kara, la ragazza aveva smesso di piangere, ma aveva gli occhi vuoti e Alex aveva paura di quello che avrebbe potuto riempirli. Aveva visto più di un uomo cadere nel vortice del dolore e della vendetta, non voleva che sua sorella finisse così.

“Mi dispiace per tua sorella…” Alex si voltò a guardare Maggie e sospirò di nuovo.

“Non posso fare nulla per lei, ormai.”

“Non è vero, puoi starle accanto e puoi darle giustizia.” Indicò il giardino con gli agenti intenti a scovare indizi e prove. Poco lontano J’onn osservava il tutto, gli occhi che ogni tanto correvano al sole, conscio che avrebbe dovuto essere al sicuro nella sua Cella della Luna prima del tramonto. “Sai, come lo so io, che in questa storia qualcosa non torna.”

Alex cercò di concentrarsi, Maggie aveva ragione. La soluzione più facile parlava di un licantropo, sfuggito alla sua cella o sorpreso dalla luna che si era trovato sul suo cammino la tenuta dei Luthor. La strage era solo l’ovvia conseguenza.

Ma tutto era troppo pulito, troppo preciso come se fosse stato…

“Calcolato.” Mormorò e Maggie annuì piano. Alex si mosse in fretta, da un corpo all’altro, ora stesi sullo spiazzo davanti alla tenuta. “Le ferite, sono pulite.”

“E non è stata la pioggia, non per i corpi all’interno della casa.”

“Hanno creato lo squarcio alla gola dopo la morte.” Intuì Alex, piegandosi sopra il corpo di Lena. La donna era l’unica con il corpo intatto. Con delicatezza ne scostò leggermente il viso, cercando una ferita che i lunghi capelli neri potevano aver nascosto.

“Nulla.” Disse, delusa, non sapeva cosa stesse cercando, ma non trovare niente non la aiutava.

Alex si soffermò ad osservare quel volto, le erano stati chiusi gli occhi, ma questo non le impediva di vederne la bellezza.

Kara l’amava, lo aveva letto nel suo sguardo, lo aveva visto in quel maledetto giardino.

Sawyer.” Disse, alzandosi e guardando la donna negli occhi. “Mi piacerebbe invitarti a pranzo domani.”

“Ma pranziamo spesso assieme…”

“No, non per lavoro. Vorrei che mangiassimo assieme senza parlare di cadaveri.” Precisò e la ragazza sorrise, ma abbassò il capo, in imbarazzo.

Danvers… io…” Alex sbatté le palpebre comprendendo l’errore.

“Oh…” Disse colpita.

“Sono uno sceriffo, non posso legarmi e… mi dispiace.” Cercò di spiegarle Maggie, un sorriso dispiaciuto sulle labbra.

“No, capisco, certo, dispiace a me.” Fece un passo indietro scuotendo la testa. Che diavolo le era venuto in mente? Si allontanò dai corpi cercando qualcosa con cui occuparsi, qualsiasi cosa.

Danvers!” La chiamò Maggie, ma lei agitò la mano e si allontanò ancora.

 

Il funerale di Lena Luthor fu estremamente semplice, vi parteciparono poche persone. Lillian Luthor era una macchia nera tra le rose bianche che aveva scelto per commemorare la figlia. Kara vi badò appena. Dietro di lei vi era la forte presenza di Sara, sempre con lei adesso, poco più in là c’era Winn, piccolo e triste, e al suo fianco c’era Alex.

La sorella stava lavorando giorno e notte per darle una risposta, per poterle dire che giustizia era stata fatta, ma nessun risultato era ancora giunto dalle sue labbra.

“Miss Danvers.” La salutò Lillian Luthor. Aveva il viso tirato e l’aria di chi era pronto a uccidere. “Mi è stato detto che mia figlia vi ha mandato un messaggio poco prima di essere uccisa. Vorrei leggere le sue ultime parole.” Kara sentì il cuore stringersi, mentre pensava al bigliettino che teneva stretto nel pugno.

“No.” Giunse la risposta secca e in coro di Alex e Sara.

“No?” Chiese allora Lillian, la mano che si stringeva.

“Tenete.” Disse invece Kara allungando il piccolo foglio. La donna lo aprì e lo lesse in fretta, poi la fissò con aria penetrante.

“Capisco.” Disse soltanto. Per un attimo esitò, poi allungò la mano e le riconsegnò il pezzo di carta. “Troverò chi le ha fatto questo.” Promise e Kara annuì secca. Forse, quello, era l’unico soggetto che le avrebbe trovate d’accordo.

 

“Cosa facciamo adesso?” Chiese Winn spezzando il silenzio delle tre donne.

“Non facciamo nulla, io continuerò ad indagare e voi starete chiusi in casa al sicuro, niente passeggiate notturne nelle foreste, tu andrai al giornale, manchi da troppi giorni e voi…”

“Tu non ci comandi.” La interruppe Sara e Alex strinse i denti.

“Io sono sua sorella e…”

“Smettetela.” Kara si voltò a guardarle, il suo volto era pallido, serio. “Non tornerò più al giornale, non ha più nessuna importanza. Io farò quello che è giusto per i miei Fratelli, libererò i licantropi dalla schiavitù delle Celle della Luna.”

“Ma… Kara! Questo significa metterti un bersaglio sulla schiena!”

“Non importa. Lena aveva il denaro e l’intelligenza e faceva del suo meglio per migliorare il mondo attorno a lei. Io devo fare quello che posso con i doni che mi sono stati dati.” Alex aprì la bocca e poi la richiuse, consapevole che non c’era nulla che potesse dire capace di fermare sua sorella.

“Questa notte, andremo alle Celle della Luna della città.”

 

Freddo. Un intenso, bruciante, senso di freddo. Aprì gli occhi e annaspò alla ricerca di aria, ma i suoi polmoni non si riempirono. Si portò la mano al petto, cercando di aiutarsi, e scoprì solo pelle ghiacciata. Le sue dita si arcuarono incredule, mentre il suo cervello cercava di comprendere cosa non andasse.

Il suo pugno si chiuse, mentre un piccolo grido sfuggiva dalle sue labbra fredde: il suo cuore, il suo cuore non batteva.

Shhh.” Mormorò una voce calma accanto a lei. “Andrà tutto bene, ora, figlia mia.”

 

 

 

Note: Bene… ehm, no, male… Purtroppo è successo quello che nessuna di noi poteva immaginare, Lena è morta. Lena, la nostra adorata Lena è morta e Kara non è neppure riuscita a dirle che si è innamorata di lei.

Niente primo bacio, niente parole dolci, ci è stata strappata via…

Cosa succederà ora? Kara sembra decisa a cambiare drasticamente le regole del mondo in cui vive, Lillian sembra pronta alla vendetta, ma la vendetta contro chi? E… l’ultimo paragrafo?

 

(Non desiderate che io mi strozzi con, per esempio, un nocciolo di pesca, perché altrimenti non saprete mai come la storia va a finire!)

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Capitolo 14
*** Fame ***


Fame

 

“Cosa mi hai fatto?” Domandò, la voce spezzata.

“Ti ho scelta, ti ho fatto un dono.” Rispose Rhea. Sul suo viso vi era un sorriso e Lena, per la prima volta, capì che la donna era pazza. Era stata così sciocca a fidarsi di lei.

“Questo non è un dono!” Rispose secca, stringendo il pugno al petto, ancora incapace di credere che il suo cuore fosse morto, che il suo intero corpo fosse morto.

“Oh, tesoro, ti ho concesso la vita eterna. Sei speciale, l’ho capito subito, in te scorre una vena di potere, lo stesso che scorre in me.” Sorrise soddisfatta nel vedere il dubbio apparire sul suo volto. “Lo hai notato, vero? Quel brivido fastidioso ogni volta che tocchi un licantropo? Quel senso di disgusto per la loro razza inferiore.” Lena scosse la testa, c’era qualcosa, sì, ma era solo una sensazione, una consapevolezza che aveva appena incontrato un licantropo, nulla di più.

“Tua madre, la tua vera madre, non la donna che ti ha cresciuta, doveva essere una sensitiva e tu hai ereditato il dono.” Spiegò ancora Rhea. “Questo faceva di te una possibile scelta, ma è la tua mente brillante ad avermi colpita e il tuo desiderio di amore materno. Io posso darti quello che Lillian Luthor non ha mai voluto concederti. Insieme possiamo essere madre e figlia, insieme possiamo sconfiggere ogni nemico e vivere come la nostra specie merita.”

Lena scosse la testa, la sua mente era in subbuglio, mentre vagliava, veloce, le sue possibilità.

Sua madre non aveva lesinato informazioni riguardo a quella particolare specie, presto sarebbe arrivata la fame, la fame era parte integrante dell’essere…

“Sì, arriverà la fame.” Indovinò i suoi pensieri la donna. “Non avere paura, accoglila e impara a controllarla. Mio figlio… Mon-El… lui era debole, sciocco, incontrollabile. Ho dovuto ucciderlo con le mie stesse mani, avrebbe distrutto tutto.” Spiegò Rhea con aria afflitta. “Ma tu sei forte, sei intelligente, saprai domarla.” Aggiunse, sorridendo di nuovo. “Ti procurerò quello che desideri, me ne sto già occupando, il tuo primo pasto sarà… eccezionale. Ora però, devo occuparmi d’altro, un po’ di lupi da liberare, un El da scovare…”

Lena la osservò, mentre se ne andava e chiudeva la porta alle sue spalle.

Era pazza.

Chiuse il pugno fino a farlo tremare. I Luthor erano mostri, lo erano sempre stati. Ora, lei, sarebbe diventata la peggiore di tutti e tutto perché aveva concesso fiducia ad una pazza.

Se i suoi occhi non fossero stati morti, secchi e vuoti, lacrime sarebbero rotolate lungo le sue fredde guance, ma non successe nulla e Lena rimase immobile in quella stanza interrata nella terra. Così immobile che nessuno avrebbe potuto dire che vi fosse un essere vivente lì dentro. Forse, perché non vi era più nulla di vivente in Lena.

 

Non mancava molto al tramonto, Kara attraversò con passi rapidi l’ultima via e alzò la testa verso l’imponente palazzo in cui abitava miss Grant. Aveva bisogno di parlarle, di essere rassicurata sulla scelta che aveva fatto. Per la prima volta da quando Lena era stata uccisa, era sola. Sara e Winn erano al lavoro sul suo piano e persino Alex stava facendo quanto era in suo potere per far sì che un minor numero possibile di guardie fosse di stanza nel quartiere delle Celle. Limitare al massimo le possibili vittime umane era il suo compito.

Suonò il campanello e attese.

Un rumore la fece voltare stupita, una donna era appena scivolata a terra, rovesciando le borse che teneva strette. Kara la raggiunse aiutandola a rialzarsi.

“State bene, miss?” Le domandò, con aria preoccupata.

“Oh… siete così gentile…” Le rispose la donna. Una carrozza passò loro accanto fermandosi di netto.

Kara alzò un sopracciglio, ma prima che potesse fare altro una finissima rete le fu gettata addosso. Kara urlò mentre l’argento bruciava la sua pelle, poi un colpo deciso dietro alla testa la spedì nel buio.

Quando riaprì gli occhi attorno a lei vi era l’oscurità, cercò di alzarsi, ma delle catene, sfiorando la pelle esposta dei polsi e del collo, la bruciarono. Altro argento. Il cuore di Kara prese a battere forte e ogni pulsazione era un nuovo fiotto di dolore. Chiamò il suo lupo, cercando in lui la forza per fuggire, ma qualcosa la teneva lontano da lui. Un nuovo, potente, senso di panico la avvolse.

“Smettila di agitarti.” Disse una voce suadente eppure fredda.

“Aiutami!” Chiese Kara, la voce acutizzata dal terrore.

“Oh… povero cuore.” Mormorò la voce e Kara sentì tutto il beffardo divertimento che la donna provava.

“Chi siete?” Chiese, cercando di ragionare, cercando di calmarsi. Qualcosa in quella voce solleticava la sua memoria.

Ci fu un movimento al suo lato e Kara ruotò la testa spaventata. Una violenta fiamma le fece sbattere gli occhi, ma quando si abituò alla luce poté finalmente vedere la donna che la teneva prigioniera.

“Voi?” Le sfuggì, sorpresa. “Cosa volete da me?”

“Io? Nulla… per me siete solo una come tante altre. Mi è bastato vedervi storcere il naso al mio argento alla festa di Lena Luthor per capire, siete un licantropo, dalle scarse attitudini, direi visto che percepisco appena il mormorio del vostro lupo, ma…” Il suo sguardo brillò di divertito sadismo. “C’è qualcuno qua che adorerà vedervi.”

Kara cercò di riflettere, cosa voleva da lei quella donna? Perché l’aveva catturata? Che fosse una Cacciatrice della Luna? E come faceva a sentire il suo lupo? Nessuno vi era mai riuscito!

“Non so di cosa state parlando.” Cercò di negare. “Ma esigo che mi lasciate libera, mia sorella verrà a cercarmi e lei…”

“Alexandra Danvers sarà presto piuttosto impegnata.” Il ghigno sulle labbra della donna si ampliò. “Credi davvero che io non abbia pensato a tutto?”

Rhea si voltò verso due servitori e fece un cenno deciso.

“Portatela dentro e lasciate che lei si nutra.”

Rhea!” La chiamò cercando di farsi ascoltare, il panico che iniziava a stringerle la gola in una morsa fredda. “Non fare del male alla mia famiglia!” Sulla porta la donna si voltò e inclinò la testa sorpresa.

“Forse… riesco a intravvedere quello che lei vede in te.” Fece una piccola smorfia, poi però annuì, compiaciuta. “Ma, fossi in te, mi preoccuperei per me stessa.” La porta si chiuse seccamente e la donna se ne andò lasciandola sofferente e tremante sotto le catene.

I due servitori l’afferrarono e la sollevarono trascinandola dentro ad una camera, poi anche loro se ne andarono.

Kara si guardò attorno frenetica, doveva liberarsi e tornare in città, non aveva idea del piano di Lady Rhea, ma doveva avvisare Alex! Poi, all’improvviso, il suo lupo tornò da lei, furioso per essere stato represso. La metamorfosi iniziò rapida e decisa e Kara sommersa dal sollievo lo lasciò espandersi dentro di lei poi con un potente strattone si liberò dalle catene, ignorando l’argento che bruciò la sua pelle. Digrignando i denti il suo lupo si gettò come una furia contro la porta, ma il legno non cedette. Kara si lanciò ancora contro l’uscita, fino a quando una botola non venne aperta sopra la sua testa e lei alzò la testa.

Raccolse i muscoli pronta a balzare in alto, pronta a difendersi da qualunque minaccia provenisse dall’alto. Un violento brivido scosse tutto il suo corpo quando due occhi chiari si fissarono su di lei.

 

Il freddo era assoluto. Il buio era assoluto. I rumori però erano colori nella sua mente grigia.

Lontano, un battito pulsava, veloce colorando le sue palpebre chiuse di rosso e viola. Impulsi ripetuti che martellavano il suo cervello. La sua testa scattò verso destra, un altro battito, più vicino.

Freddo che si scaldava, che veniva riempito da quel battito.

Gli occhi chiusi si mosse verso quella preda, trovandosi davanti un muro di pietra. Alzò la mani, senza percepire variazioni di temperatura, e con le dita impresse delle impronte nella roccia.

Lei era metallo, freddo e vuoto che quel lontano battito avrebbe scaldato.

Il battito scomparve e lei scosse la testa cercando di riottenere il controllo dei suoi sensi, sensi che non esistevano più, il controllo sul suo corpo, corpo che ormai era morto, il controllo sui suoi desideri, quando ve ne era solo più uno: nutrirsi.

Il suo nome, se solo avesse ricordato il suo nome…

Ma vi era solo il buio e il freddo e la fame.

Una fame intensa, divorante, pazza, che ruggiva nella sua mente, nel suo corpo, nel suo cuore vuoto e freddo.

Fame.

Fame.

Un battito.

Nutrirsi.

Di nuovo un battito, rapido, pieno di paura.

Sangue che veniva spinto con forza, terrore che rendeva quel sangue delizioso. Una porta si aprì e lei non con i sensi comuni, ma con i nuovi che stava sviluppando, sentì l’odore della sua preda: intenso, dolce, fragrante, delizioso

Fu quasi come ubriacarsi. La sua testa girò, mentre il suo corpo rigido diventava sinuoso, agile, veloce.

Avrebbe saziato la sua fame.

 

Agile la figura si lasciò cadere a terra e la botola fu chiusa sopra di lei.

La donna si tirò in piedi, muovendosi in cerchio, fissandola, un sorriso sulle labbra. Kara rabbrividì di nuovo.

 

Vi era una torcia in un angolo della stanza, ma la luce ai suoi occhi era inutile, la figura al centro della stanza era un incendio, un fuoco così caldo, così pieno di pulsante vita che resistere dal saltarle addosso la fece quasi stare male.

Fame.

Si leccò le labbra, muovendosi ancora, lentamente, in cerchi sempre più piccoli, la preda teneva gli occhi fissi su di lei, come se non riuscisse a reagire, le piaceva quel potere, le piaceva molto.

 

Non poteva credere a quello che vendeva. Si sollevò sulle zampe anteriori e fece un passo avanti.

Il suo lupo voleva ringhiare, scappare, allontanarsi da quella figura, ma lei no. Avrebbe combattuto contro tutto e tutti, persino se stessa per poter stringere quelle mani ancora una volta.

 

“Sì, bravo, vieni da me…” Disse, la sua voce risuonò strana alle sue stesse orecchie, vedere la preda sussultare accrebbe il suo piacere, vederla cedere a lei le diede un brivido che corse lungo tutta la sua spina dorsale, dritto fino al cervello.

Nutrirsi.

Il desiderio di cedere alla fame fu ancora più intenso, quasi insopportabile.

 

Kara rabbrividì a quel tono così alieno su quelle labbra, ma non si fermò.

 

Gli occhi del lupo erano fissi nei suoi.

Occhi azzurri, occhi dolci.

Quel pensiero giungeva da lontano, da una parte di lei il cui urlo era rimasto soffocato fino a quell’istante, eppure sembrava possedere un eco infinito.

 

I suoi occhi erano fissi in quelli di lei, era sicura che, se l’avesse toccata, quell’incubo sarebbe finito e la donna che ricordava sarebbe tornata a combaciare con la donna che vedeva davanti a lei.

 

Un urlo, un urlo che cercava una via fino al suo cuore.

Ma il suo cuore era fredda pietra e la sua mente vuota fame.

Il lupo si avvicinava sempre di più, il suo odore era inebriante, il suo calore prometteva di sfamare per sempre il suo desiderio.

 

Ancora un passo, ora torreggiava su di lei, grande nel suo corpo da lupo, eppure così piccola e indifesa. Sentiva il proprio cuore battere veloce nel vedere lei alzare la mano e tenderla verso il suo petto.

 

Alzò la mano, una parte di lei voleva solo mordere, farla finita con quel gioco, distruggere quel corpo e spegnere la luce in quegli occhi incredibilmente azzurri e limpidi. Ma una parte nascosta voleva solo rabbrividire di piacere al contatto con quella dolce pelle, come un tempo…

In un’altra vita…

 

Kara si specchiava in quegli occhi chiari in cui vedeva solo il vuoto, non vi era nulla che brillasse il loro erano solo specchi privi di profondità. Eppure vi era un barlume…

Spinse il proprio possente torace contro quella mano protesa, costringendo il proprio lupo ad esporre la propria parte più vulnerabile a quelli che sembravano artigli. Conscia che preferiva morire piuttosto che rinunciare.

 

La sua mano fremette, pronta a ferire, ad artigliare, a uccidere. Solo un istante ancora, urlò qualcosa dentro di lei, quel qualcosa che parlava di risate, di calore, di condivisione…

Di lei.

Così lasciò che quel corpo meravigliosamente caldo entrasse in contatto con il suo gelido arto.

 

Kara tremò, colmando lo spazio. La mano fredda si posò sul suo corpo e lei chiuse gli occhi.

 

Eccolo.

 

Eccolo.

 

Una lacrima scivolò lungo il suo volto, mentre un caldo senso di gioia la pervadeva. Il suo lupo si ritirò piano, mentre la sua mente si lasciava andare a quella assurda verità alla quale non poteva fare a meno che credere.

“Lena.” Bisbigliò piano e riaprì gli occhi ritrovando quelli della giovane Luthor, sgranati dall’orrore.

“No!” Disse la donna ritirando la mano e facendo un passo indietro. “Non tu!”

 

Eppure una parte di lei sapeva, una parte di lei aveva capito fin da subito, nel vedere quegli occhi, quegli occhi che parlavano di…

Amore.

Lena abbracciò il proprio freddo corpo stringendosi con forza. La fame era tutto, tutto, ma non poteva prendere… Kara, ecco il nome giusto, no, non poteva prendere lei!

“Lena.” Pronunciò ancora la ragazza.

Quel nome, il suo nome, il nome dell’urlo nel suo cuore, ora nella sua testa.

“Stai lontana da me.” Le chiese, i ricordi erano frustate nella sua mente, colori, odori, suoni, stavano tornando violenti, uno dopo l’altro, tutti assieme, era come essere assaliti da un mare in piena.

Non sapeva che Kara fosse un licantropo, ma ora tutto aveva senso, quello strano brivido caldo che percepiva ogni volta che la toccava e quella fuga, l’ultima volta che si erano viste, la luna doveva averla sorpresa.

“Ti ho stretta tra le mie braccia… eri morta…”

Lena alzò la testa, la luce nella camera era fievole, data da quell’unica torcia posta nell’angolo, ma sufficiente per lei, poteva vedere la giovane, nuda in mezzo alla stanza, che la guardava.

“Non capisci, Kara?” Chiese e percepì la rabbia nel suo tono, un altro sentimento che pensava di aver dimenticato. “Io sono morta.” Pronunciò e le fece male dirlo a lei, le fece male vedere il brivido di dolore che attraversava quegli occhi azzurri.

“No.” Scosse la testa la giovane e allora Lena voltò la testa mostrando quello che la fame le aveva fatto.

Il suo labbro si ferì quando lei mise in mostra gli aguzzi canini.

“Non è possibile…” Protestò, debolmente, Kara.

“Vai via da qui!” Le urlò invece lei. Non avrebbe resistito a lungo, il profumo caldo di Kara colpiva ogni suo senso, la sua pelle parlava di morbidezza, il suo viso non chiedeva che di essere accarezzato, il suo collo azzannato.

“No.” La risposta secca di Kara la fece sobbalzare.

“Mi hanno trasformata in un mostro, ti ucciderò se non vai via. Sfamerò il mio bisogno con te, bevendo il tuo sangue!” Voleva che capisse, che comprendesse, che la guardasse con disgusto, sarebbe stato più facile che sopportare quegli occhi fiduciosi.

“Non mi faresti mai del male.” Affermò decisa lei. “Io credo in te, non ti abbandonerò, troveremo una soluzione, insieme.”

“Kara. Non capisci?” Lena strinse il pugno, aveva paura di se stessa, sentiva la fame crescere, avrebbe già divorato chiunque fosse stato il suo pasto se… se non fosse stata Kara. Cercò di ancorarsi a quel nome, come se fosse un’isola in un mare in tempesta. Kara, perché proprio lei!

La sua mente ragionò veloce aggrappandosi a quel piccolo senso di lucidità che aveva ritrovato.

Quella era l’idea di Rhea, le aveva dato Kara affinché lei, una volta ripresa la lucidità dopo aver sfamato la fame, si fosse trovata tra le mani il corpo ormai privo di vita della persona a cui più teneva. Quella colpa l’avrebbe distrutta, spezzata, quel semplice e drammatico atto l’avrebbe consegnata nelle mani amorevoli di Rhea.

“È quello che desidera lei. Avrei dovuto nutrirmi di te, il mio primo pasto saresti stata tu…”

“Lena, guardami.” La dolcezza nel tono di Kara la sorprese, alzò lo sguardo incrociando i suoi occhi azzurri e limpidi a causa di lacrime non versate. “Non pensavo di poterti riavere, non pensavo di poter sentire di nuovo la tua voce, guardare i tuoi splendidi occhi e stringere le tue mani…”

Quanto aveva desiderato sentire quelle parole. Era andata a dormire con il cuore in subbuglio dopo aver scritto il messaggio e chiesto al valletto di portarlo in città quella notte stessa. Aveva desiderato poter parlare con Kara e sperato di poterle dire quello che nel suo cuore aveva compreso. Ma era troppo tardi.

“La mia pelle è fredda, i miei muscoli sono di ferro, non ho bisogno di respirare perché il mio corpo, Kara, è… morto.” La sua voce era amara e Lena scosse la testa abbassando lo sguardo. “Il mio cuore non batte più.” Ammise.

Quando rialzò gli occhi, Kara era lì, a pochi centimetri da lei. Poteva sentire il cuore della giovane battere veloce, un richiamo per la sua fame che, per qualche ragione, riusciva ad ignorare con maggiore facilità ora che Kara era vicina, così vicina…

“Non importa.” Mormorò Kara. “Il mio cuore può battere per due.” La sua voce era una carezza per i suoi sensi, le sue mani erano bollenti sulla sua pelle, i suoi occhi erano gemme luminose fisse su di lei. La ragazza piegò il capo, spingendo il volto vicino a lei, ignorando i canini che le aveva mostrato poco prima, ignorando la sua pelle bianca e fredda come il marmo, ignorando la sua inumana immobilità.

Lena chiuse gli occhi e lasciò che le labbra di Kara sfiorassero le sue.

Un intenso senso di calore si riversò in lei, invadendo ogni particella del suo corpo, lei fremette, sconvolta da quella sensazione, alla quale si arrese con gioia. Assieme al freddo la fame fu spinta via, rinchiusa in un angolo della sua mente, l’angolo che prima aveva occupato lei: Lena.

Socchiuse le labbra e accolse con un intenso brivido di desiderio quelle di Kara lasciando che la ragazza la avvolgesse tra le braccia, stringendola.

Nel suo petto il suo cuore batté.

Lena sgranò gli occhi e fece un passo indietro sbattendo contro il muro, la mano schiacciata contro il torace, in un gesto identico a quello fatto ore prima, quando aveva scoperto la sua condizione. Sul viso un’espressione sconvolta.

Kara arrossì e abbassò gli occhi.

“Era… ecco… lo so che è inappropriato, ehm… solo che volevo farlo da quando… e…”

“Oh, Kara…” Lena scosse la testa, fece un passo in avanti e le prese la mano portandola al petto, lì, sopra a quel cuore che era di nuovo fermo. Inchiodò i propri occhi a quelli di Kara e sorrise.

“Baciami ancora.”

 

 

 

Note: Ok! Adesso le cose hanno un’aria più luminosa! Oh, i problemi sono ancora enormi, ma, quando Kara e Lena si baciano tutto il resto sembra svanire, non è vero? Quindi, direi, godiamoci il momento!

Sono un po’ preoccupata per il botta e risposta di punti di vista, spero che non sia stato troppo difficile seguire la scena, volevo darle il massimo di ampiezza possibile e ciò significava usare entrambi i personaggi, entrambi i punti di vista, senza però che si ripetessero… insomma, fatemi sapere cosa ne pensate, posso capire se mi dite che avete dovuto leggere due volte! XD

Oggi pubblico in anticipo, non potevo farvi aspettare oltre!

 

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Capitolo 15
*** Il piano ***


Il piano

 

“Non manca molto.” Fece notare Sara, sbirciando il viale dei Danvers con aria tesa.

“Non avrebbe dovuto metterci così tanto.” Affermò allora Alex. “Non senti nulla? Il legame non ti parla?”

“Non funziona in quel modo.” Sbottò lei, la sua tensione era evidente. Alex poteva sentire l’energia scorrere lungo il corpo della donna, stava resistendo alla trasformazione, ma presto avrebbe dovuto cedere al lupo.

“Deve essere successo qualcosa…”

“Ma, cosa?”

Winn era già sceso nella cantina e si era fatto rinchiudere, la sua resistenza alla luna era minima, ma le due donne erano ancora in attesa.

Prima che Alex potesse ipotizzare una risposta la finestra dall’altro lato della stanza andò in frantumi e due uomini si precipitarono all’interno. Alex portò la mano alla pistola che aveva al fianco, mentre Sara si ingobbiva, trattenendo con fatica il lupo, mentre estraeva la spada.

“Fermi o sparo!” Minacciò la maggiore delle Danvers, ma i suoi occhi tenevano d’occhio anche la figura al suo fianco, se Sara avesse perso il controllo lei non avrebbe avuto scampo.

“Buona sera, miss Danvers.” Alex strinse con un po’ più di forza l’arma. Aveva un solo proiettile e tre bersagli ora, quattro se si considerava Sara.

“Non ti preoccupare, se succedesse, prima ucciderei loro.” Il sorriso sulle labbra di Sara le fece fare una smorfia, che si accentuò quando vide la loro ospite farsi avanti, la donna le guardò per un lungo istante, poi abbassò la propria arma.

“Dobbiamo parlare.” Disse.

 

La pelle di Lena era fredda, ma sotto le sue dita sembrava scaldarsi, come se il calore che percepiva nel profondo, riuscisse a darle reale calore. Con la mano premuta contro il suo petto e il cuore che batteva veloce a quella richiesta fatta con urgenza e desiderio, Kara spinse il volto di nuovo contro il suo. Incontrare le sue labbra scatenò in lei un sussulto, ma quando, sotto le sue dita, sentì il cuore di Lena battere, Kara ebbe un fremito. Si separò da Lena, ma la donna l’attirò di nuovo a sé, baciandola con rinnovata passione. Le mani di Lena si avvolsero attorno a lei, stringendola, scatenando nuove ondate di calore dal suo lupo.

Sotto alle sue dita, ora, il cuore di Lena batteva veloce e forte.

“Non lo credevo possibile.” Mormorò, separandosi un poco da lei, le guance ora rosee e gli occhi che brillavano non di cieca fame, ma di dolce emozione.

“Oh, neanche io… voglio dire, mi piacevi tanto, ma non credevo che ti avrei davvero baciato, cioè, l’ho pensato… ehm… qualche volta…” Lena rise e il cuore di Kara si scaldò. Era così bella.

“Non credevo di poter sentire il mio cuore battere di nuovo.” Specificò e, nel vederla arrossire, accarezzò la sua guancia con un sorriso dolce sulle labbra. “Baciare te era qualcosa che avrei decisamente fatto. Anche se quando ci ho provato sei fuggita.”

“Non sono fuggita per quello!” Sbottò Kara.

“Non è importante, non adesso.” Le disse piano, il volto che tornava serio. “Rhea sta cercando qualcuno in città, aveva un piano delicato, ma ha deciso di…” La sua voce si spezzò, ma il calore di Kara attraversava il suo corpo in ondate rassicuranti, un’ancora nella realtà, una barriera contro la fame. “Prendere me deve averla spinta verso una decisione più radicale. Parlava di scatenare i licantropi in città per trovare l’El…” Scosse la testa. “È pazza, gli El sono estinti da…” Solo allora sembrò notare l’espressione sul volto di Kara.

“Sta cercando me.” Kara era senza parole, mentre comprendeva. “Io sono l’ultimo El.” A quelle parole Lena sbatté gli occhi sorpresa.

“Non… non è possibile.” Mormorò, ma sul suo volto Kara vide che stava mettendo assieme i pezzi, così come lo stava facendo lei. Era stata lei ad uccidere la sua famiglia! Lei era il mostro di cui parlava Sara, non semplici Cacciatori della Luna, ma lei, un vampiro! Ma perché?

Rhea ti aveva tra le mani senza saperlo!” Comprese Lena, distogliendo la sua mente dal passato e concentrandola sul presente.

“Sì, Rhea non mi ha riconosciuto. Quello che non capisco è cosa le ha fatto la mia famiglia, perché desidera tanto distruggerci?” Lena si allontanò da lei, facendo qualche passo verso il centro della stanza. Separarsi da Kara fu quasi doloroso.

“Non…” La donna scosse il capo, poi tornò a guardarla. C’era qualcosa che doveva dirle, ma era combattuta.

“Lena, puoi dirmi qualsiasi cosa.” La rassicurò.

“Non so cosa voglia da te, non sapevo perché volesse un El.” Le disse, stringendosi nelle spalle e poi voltandosi. “Dobbiamo andarcene da qui. La città è piena di innocenti che verranno massacrati se non fermiamo Rhea.”

“Ora siamo assieme, lei non lo aveva previsto, deve esserci un modo…” Mentre parlava sentì qualcuno armeggiare con il chiavistello della porta, in un istante la sua forma iniziò a mutare, fino a quando la sua imponente massa da lupo non fu un solido ostacolo tra chiunque volesse entrare e Lena.

Una mano si posò delicata sul suo fianco, lei voltò lo sguardo e si ritrovò a guardare gli occhi divertiti di Lena.

“Sono morta, Kara, nessuno potrà farmi più male di quello che mi è già stato fatto.” Il suo tono era leggero, eppure Lena non poté nascondere l’amarezza che provava. Kara avrebbe volto dirle tante cose, ma la porta si aprì e lei scattò in avanti.

“Kara!” Un’intensa luce illuminò la stanza, stretta nel pugno dell’uomo che si era fatto avanti. Lena si allontanò distogliendo lo sguardo, mentre Kara sgranava gli occhi sorpresa. La sua forma tornò umana, era sempre più facile passare da una all’altra.

Jeremiah… cosa… come fai ad essere qua?”

“Sono un infiltrato, lavoro per un’organizzazione segreta, Rhea è il mio attuale incarico. Ora, esci, lentamente.” Gli occhi dell’uomo erano fissi verso un punto alle sue spalle, Kara si voltò e vide Lena, la testa voltata verso il muro.

“Padre, no! Le fai del male!” Alzò la mano e abbassò il pugno dell’uomo.

“Kara, è un vampiro e tu sei il suo primo pasto.”

“No, lei è Lena Luthor, la donna che amo.” Le sue parole risuonarono nella stanza, l’uomo sembrò rendersi conto solo in quel momento della situazione. Lena e lei assieme e nessuno era ancora a terra morente.

“Non sono sicuro di capire…” Ammise, non guardava lei, ma Lena.

“È un El.” Disse la donna, come se questo potesse centrare qualcosa e spiegare tutto. Quelle parole disegnarono una ruga di preoccupazione sulla fronte dell’uomo.

“Questo spiega tutto.” Strinse la mascella e la guardò. “Riesci a controllarti?”

“Sì.” Assicurò Lena. “Fino a quando lei è accanto a me.”

“Fino a quando…”

“Lo so.” Lo interruppe Lena.

“Cosa c’entra la mia famiglia, di cosa state parlando?” Quel dialogo a lei incomprensibile stava durando troppo.

“Sai quello che va fatto?” Domandò ancora Jeremiah, ignorando la sua domanda.

“Sì.” Rispose Lena e Kara sbuffò, irritata.

“È inutile che io perda tempo a cambiare forma se poi nessuno ascolta quello che dico!” Si lamentò.

“Dovete andarvene da qui, subito. Rhea vuole liberare i licantropi di National City e scatenarli sulla città, fino a quando non apparirà l’El. È partita poco tempo fa, diretta alle Celle della Luna.”

“Quando ce l’avrò tra le mani io…” Kara lasciò il lupo affiorare nei suoi occhi, una minaccia chiara.

“No. Tu le starai lontana.” La fermò drastico l’uomo. “Lei possiede il potere di controllare la trasformazione dei licantropi, se tu le fossi troppo vicina saresti alla sua mercé.”

“Ma dobbiamo fare qualcosa!”

“Ho avvisato io chi di dovere e rallentato la sua carrozza.” Rispose drastico Jeremiah. “Ora andiamo, non c’è tempo da perdere.” Fece un passo avanti e poi si voltò a guardare Kara. “Sono pur sempre tuo padre, preferirei che tu assumessi un corpo che è accettabile portare in giro nudo.”

Kara arrossì ricordando, per la prima volta, il dettaglio, che, tra le mille emozioni di quella notte non aveva preso in considerazione. Si voltò e incontrò gli occhi divertiti di Lena.

“Sei bellissima.” Le assicurò e lei arrossì ancora di più mentre il suo corpo tornava ad essere quello di un grosso licantropo. “Anche così…” Mormorò ancora Lena e Kara si impettì beandosi poi della sua risata.

Percorsero una serie di corridoi vuoti, alcune porte aperte mostravano l’interno di celle che non avevano nulla a che vedere con le Celle della Luna, ma avevano l’aspetto di vere e proprie prigioni. Quando raggiunsero una porta rinforzata di ferro Jeremiah si fermò, voltandosi a guardarle.

“Andate alla tenuta dei Luthor, non è lontana. Aspettate lì che sorga il sole.” Gli occhi dell’uomo si soffermarono su Lena che gli fece un secco cenno con la testa.

Allo sguardo interrogativo di Kara scosse la testa.

“Non verrò con voi. Sono anni che lavoro per essere dove sono ora, liberarvi potrebbe mettere a repentaglio tutto, ma preferisco morire che lasciare che qualcuno ti faccia del male. Di ad Alex che le voglio bene.” L’uomo chiuse la porta e le lasciò sole, nella fievole luce di un sole ormai tramontato che presto la notte avrebbe portato via del tutto.

Kara voltò lo sguardo verso la tenuta dei Luthor, o almeno nella sua direzione, poi guardò verso le lontane luci della città.

Lena appoggiò una mano sulla spalla di Kara che sorrise a quel contatto, le era mancato quel dolce brivido. “Non andremo a nasconderci, dico bene?” Domandò poi la donna e Kara ringhiò piano. No. Non avrebbe permesso che Rhea facesse del male ad altre persone. “Molto bene.” Acconsentì Lena. “Ma dovrai portarmi.” Kara si voltò, afferrò la donna tra le braccia, lasciando che il calore fluisse da lei verso Lena allontanando con fatica da se stessa il ricordo dell’ultima volta che l’aveva tenuta così.

Lena alzò le mani accarezzando il suo volto lupesco, gli occhi che brillavano.

“Ora, andiamo a salvare la tua città.”

Kara contrasse i muscoli e iniziò a correre.

 

Lena si strinse al corpo muscoloso e forte del lupo di Kara. Sentiva il suo calore avvolgerla, sentiva il proprio cuore battere assieme al suo e assaporava la dolce delicatezza con la quale era sorretta.

Rhea le aveva tolto la possibilità di avere Kara per davvero, le aveva tolto la vita stessa. Quella notte avrebbe concorso alla sua sconfitta e poi avrebbe fatto l’unica cosa accettabile.

Si strinse ancora un po’ di più contro Kara, chiudendo gli occhi e beandosi del suo calore.

 

Avrebbe voluto correre dietro a Rhea, ma suo padre aveva ragione, sarebbe stato sciocco affrontarla, la vampira aveva un potere enorme e lo avrebbe usato contro di lei. All’avvertimento del padre aveva ricordato l’oppressione che aveva dominato il suo lupo alla presenza di Rhea, non voleva ripetere l’esperienza.

Quando si fermò era davanti a casa. Con sorpresa notò la finestra andata in pezzi e fu attraversata da un brivido. Posò a terra Lena e poi si lanciò all’interno pronta a battersi, ma la casa era silenziosa e vuota. Tese le orecchie e sentì i ringhi di due lupi nelle cantine. Con un sorriso lupesco si lanciò lungo gli scalini. Il suo corpo tornò umano e lei aprì le serrature.

“Sara, Winn.” Chiamò decisa e i due lupi scattarono in avanti avvolgendola felici. “Non c’è tempo per le coccole!” Esclamò, sorridendo a quella prova di affetto che i due non si sarebbero mai concessi da esseri umani. Ormai la nudità non la imbarazzava più, quella notte erano successe troppe cose e quello era il suo branco, la sua famiglia.

“Dovete dirmi quello che è successo!” Sara ringhiò piano, ma Kara aveva bisogno di parole, non di emozioni!

“Posso provare ad aiutarti.” Intervenne Lena alle sue spalle. I due lupi indietreggiarono. Sara ringhiando con tono feroce e basso, Winn con un uggiolio.

“Come?” Domandò Kara tenendo d’occhio Sara.

Rhea ha detto che possiedo, in parte, il suo dono. Forse, posso spingere uno dei due a trasformarsi in umano.”

“Come hai fatto con me.” Ricordò Kara, ripensando a quella notte, a come il tocco di Lena avesse spinto via con dolcezza il lupo tirando fuori lei.

“Tu sei un’El.” Fece notare Lena. “Tu possiedi già la capacità innata di controllare il tuo potere. Ma posso provare.” Kara annuì e fece un brusco cenno affinché Sara si avvicinasse, quando lei mostrò i denti. Kara lasciò che il lupo affiorasse nei suoi occhi, n un onda di ferma autorità, la stessa forza che aveva già usato e che ormai controllava.

Sara si avvicinò, le orecchie basse, il corpo schiacciato al suolo. Ringhiò piano quando la mano di Lena le sfiorò la spalla, ma Kara la tenne inchiodata con la semplice forza di volontà e la donna rimase immobile così che Lena poté appoggiare l’intero palmo su di lei.

 

Alex osservava il vicolo con aria tesa. Non era sicura che allearsi con Lillian Luthor fosse una buona idea, ma se voleva salvare sua sorella doveva fidarsi della donna, almeno per il momento. Lungo la via, nascosti, vi erano tre plotoni di guardie, centocinquanta esseri umani addestrati per contenere e combattere i licantropi. Sarebbero bastati? Secondo i registri quella notte nelle Celle cittadine vi erano sessantatré persone. Sessantatré esseri umani che, in quel momento, erano trasformati in esseri lupeschi, dalla forza e dai sensi decuplicati e dal controllo pari di un animale feroce.

Lillian Luthor aveva esposto il suo piano, avrebbero aspettato che il vampiro si fosse avvicinato a sufficienza per identificarlo e poi lo avrebbero attaccato impedendogli di giungere alle Celle. Anche se fosse riuscito a fuggire la sua identità sarebbe stata svelata e la caccia avrebbe potuto avere inizio.

Alex non poteva negare che era un piano semplice ed efficace, desiderava quanto Lillian dare un nome a quella minaccia, solo così avrebbe scoperto chi aveva rapito sua sorella, ma c’era qualcosa che non quadrava nella storia. Come aveva saputo, Lillian, che Kara era stata catturata? E come aveva fatto a conoscere il piano del vampiro? Se sapeva quei dettagli, perché non conosceva il nome dell’essere? Non era più probabile che lo conoscesse ma volesse usare lei e la guardia come pedoni sacrificabili nella sua guerra?

Ancora una volta Alex si perse nei pensieri, non avrebbe mai creduto possibile che una simile forza sovrannaturale esistesse ancora sulla Terra. I vampiri appartenevano alla Storia, i medievali Cavalieri del Sangue si erano assicurati che nessuno sopravvivesse. Eppure, uno di loro doveva essere sfuggito alle cacce e ora si trovava lì, a National City, pronto a compiere un massacro solo per il gusto di farlo, così come aveva massacrato Lena Luthor e i suoi servitori. Di nuovo qualcosa scricchiolò nel ragionamento, Alex sentiva che se avesse potuto riflettere un istante ancora su quel soggetto, forse avrebbe capito cosa non andasse. Perché dopo anni di segretezza il vampiro aveva deciso di scatenarsi? Era semplicemente impazzito? Voleva farsi scoprire?

Un ululato lontano spezzò ogni riflessione e Alex tese le orecchie cercando di capire da dove provenisse. Poi un’ombra girò l’angolo e lei si concentrò aspettando che il nuovo arrivato fosse alla sua portata.

“Guardia cittadina, identificati.”

“Buona sera, Danvers. Niente male la luna, oggi, dico bene?” Alex abbassò la pistola.

Sawyer?” Domandò sorpresa, non che avesse dubbi, anche al buio avrebbe riconosciuto quel sorriso divertito e quelle adorabili fossette.

“Sì e ora, guardia Danvers, ti farò una domanda molto seria: che diavolo stai combinando?” Alex si mise le mani sui fianchi.

“Non sono affari tuoi, sono al comando delle guardie durante la Settimana della Luna e tu stai interferendo con un’operazione delicata.”

“Solo National City potrebbe accettare un capo delle guardie licantropo.” Sbottò Maggie. Alex non commentò, sapeva bene che Maggie rispettava J’onn. “Te lo sto chiedendo nell’ambito della mia indagine. E, essendo io uno sceriffo, devi rispondermi.”

“Te l’ho detto, siamo impegnati in un’operazione.” La donna le si avvicinò, fissandola dritto negli occhi, seria.

Danvers, prima sposti i turni di modo da lasciare il quartiere delle Celle quasi privo di protezione, poi richiami tutte le guardie a riposo e sposti ben tre plotoni in quello stesso quartiere. Te lo ripeto: cosa stai combinando?”

Un ululato, molto più vicino, fece alzare la testa ad entrambe le donne. Alex strinse i denti, non poteva perdere tempo con quel braccio di ferro inutile.

“Senti, Sawyer, stiamo aspettando un dannato vampiro, ora fatti da parte o dammi una mano a fermarlo.”

“Maledizione, lo sapevo.” Rispose Maggie scuotendo la testa. Alex sbatté le palpebre sorpresa.

“Lo sapevi? Sapevi che c’è un vampiro in città?”

“Scoprire la sua identità era la mia missione, speravo che gli omicidi ai quali abbiamo lavorato durante tutte queste settimane e di cui era l’autore mi avrebbero condotto da lui.”

“Io…” Alex la fissò sbalordita. “Mi hai nascosto elementi fondamentali per la mia indagine!” Esclamò.

“Perché credi che non abbia accettato il tuo invito?” La rimbeccò Maggie e questa volta la ragazza rimase spiazzata.

“Oh.” Si lasciò sfuggire Alex, mentre sul viso di Maggie compariva un piccolo sorriso.

“Ora, pensiamo a prendere quel mostro.” Alex scosse la testa e poi annuì, ancora confusa dall’ultima affermazione della donna. “Poi, visto che tra noi non ci sono più segreti, vedrò se quell’invito è ancora valido.”

La donna le fece un ampio sorriso, mentre Alex arrossiva.

 

 

 

Note: La situazione si sta scaldando e non nel senso che vorremmo noi! Certo, Lena e Kara sono state liberate, ma la conversazione con Jeremiah ha lasciato molti punti interrogativi, di cosa parlano lui e Lena? Cosa stanno nascondendo a Kara e che decisione avrà mai preso Lena?

Affrontare Rhea non sarà semplice, la vampira ha fatto alcuni gravi errori, il primo è stato non accorgersi che Kara era l’El che stava cercando e il secondo sottovalutare l’amore che lega le nostre due ragazze, ma… basterà?

Intanto Maggie ha dato ad Alex una spiegazione e le cose, tra di loro, hanno preso un interessante piega… avranno la possibilità di sfruttarlo quell’invito?

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Capitolo 16
*** Sii mia ***


Sii mia

 

Il licantropo che sedeva a cassetta tirò le redini e Rhea sentì che la sua pazienza stava vendendo meno.

“Cosa c’è adesso?” Chiese con un sibilo furioso. Avevano dovuto fare una fermata forzata perché l’asse di una delle ruote si era spezzato e aveva dovuto mandare i suoi due lupi a cercare un’altra carrozza per lei. Non aveva nessuna intenzione di arrivare in città a piedi, come una pezzente.

Fece un cenno deciso al licantropo seduto accanto a lei. Il ragazzo saltò fuori con sollievo, il dolore del rimanere umano anche con il richiamo della luna era forte, ma lei esigeva da lui immobilità e si divertiva a vederlo soffrire in silenzio.

“Padrona.” Chiamò e lei, ormai furibonda, guardò all’esterno. Come aveva immaginato erano ancora a qualche strada dalle Celle della Luna e quella pausa era stata…

Rhea ruotò la testa e sogghignò. Davanti a lei, fermo in mezzo alla via vi era un grosso lupo dorato.

“Sciocco.” Affermò, mentre il suo licantropo le apriva la portiera della carrozza e le tendeva la mano inchinandosi.

Fece qualche passo avanti ammirando l’esemplare di lupo. Era grande, bello, sarebbe stato un ottimo schiavo e lei si sarebbe divertita a vederlo soffrire a vedere quei bei occhi azzurri perdere lucentezza e spegnersi nell’angoscia e nell’obbedienza.

Di certo non avrebbe commesso due volte lo stesso errore e se lo sarebbe tenuto ben stretto.

“Buona sera, El.” Strinse il pugno e la figura si ridusse fino a diventare solo una ragazza. Rhea sbatté le palpebre, stupita. “Tu?” Domandò e nella sua voce, per la prima volta, vi fu un briciolo di insicurezza.

Kara Danvers alzò la testa piantando i suoi penetranti occhi azzurri su di lei.

“Io.” Disse.

“Non so come tu sia sfuggita dalla mia tenuta, ma ti ringrazio, avevo commesso un errore e non succede spesso.” Rhea sorrise, nascondendo il brivido all’idea del terribile sbaglio che aveva fatto, ma come avrebbe potuto indovinare che sotto le spoglie di quella piccola giornalista vi fosse l’ultimo erede degli El?

La paura che provava la fece arrabbiare, così strinse il pugno e osservò la ragazza contorcersi a terra, mentre lei controllava il suo lupo e la sua metamorfosi.

“Non avresti dovuto venire da sola.” Disse, ridacchiando. La ragazza alzò la testa e la fissò aveva gli occhi pieni di lacrime di dolore, ma sul suo viso vi era la sfida.

“Cosa ti fa pensare che io sia sola?” Le chiese.

Un ringhio basso la fece voltare, Rhea digrignò i denti nel vedersi circondata. Aveva fatto un secondo errore, lasciando ai suoi nemici il tempo di accerchiarla.

“Andate!” Ordinò ai suoi due schiavi, lasciando libero il lupo dentro di loro, per poi stringere il pugno afferrando la donna ancora davanti a lei. Sbatté le palpebre confusa quando si rese conto che non stava succedendo nulla. Kara se ne stava dritta davanti a lei, immobile, poi senza che Rhea potesse fare nulla il corpo della donna tornò a cambiare diventando quello del lupo. Con un ringhio basso e cupo richiamò i suoi due servi pronti a battersi per lei.

“È finita.” Dichiarò una voce alle sue spalle e lei si voltò furiosa.

“Com’è possibile?” Domandò, accecata dall’odio, incapace di credere di essere stata battuta.

“Sei stata arrogante.” Spiegò Lena.

“Io non perdo mai! Il mio potere va oltre ogni altro potere!”

“Ma hai fatto un errore.” Questa era la voce dell’El. Malgrado la giovane età e il fatto che fosse completamente nuda, vi era grande fierezza sul suo viso. “Non avresti dovuto trasformare Lena.”

“Cosa?” Domandò, malgrado tutto, malgrado l’arroganza aveva bisogno di sapere, di capire.

“Il suo potere sarebbe rimasto sopito e dormiente in un corpo vivo, ma, nella sua attuale condizione… è cresciuto.”

Rhea osservò la donna e poi l’El e improvvisamente capì. Non aveva potuto controllarla perché vi era un altro potere in atto un potere più grande del suo. Malgrado la consapevolezza, scosse la testa.

“No, non è possibile, io vi distruggerò e riuscirò ad averti El, e se non sarai tu sarà un tuo erede! E per quanto riguarda te.” Il sorriso sulle labbra della donna divenne sadico. “L’El sa cos’è successo alla sua famiglia? Che parte la tua ha avuto in esso? E tu, sai cosa succederà al sorgere del sole?”

Lena fece un passo avanti, il pugno pronto. Il sorriso sul viso della donna si ampliò ancora.

Oh poteva non aver vinto quel giorno, ma avrebbe distrutto quelle due donne con l’arma più potente di tutte: la verità. Perché aveva visto il terrore brillare negli occhi di Lena e sapeva che qualsiasi sua parola avrebbe colpito e ferito.

La sua bocca si spalancò e i suoi occhi si sgranarono.

Rhea abbassò il capo ed osservò il paletto di frassino che spuntava dal suo petto, lì dove c’era il suo cuore.

Non ebbe il tempo di dire un’altra parola, il suo corpo si dissolse come cenere al vento e di lei non rimase più nulla.

 

Kara spalancò gli occhi, mentre il suo lupo saltava fuori, rapido, molto più rapido di lei nel capire cosa sarebbe successo. Il secondo paletto lanciato dalla balestra si conficcò nel suo fianco, mentre lei si anteponeva tra l’assassino e il cuore di Lena.

Il ringhio dei licantropi riempì l’aria, mentre Sara era già dieci passi avanti, decisa a prendere il tiratore.

Kara avvolse Lena tra le possenti braccia nascondendola alla vista, poi si strappò il paletto dalla carne gettandolo a terra, mentre i licantropi le circondarono. Vi era Molly, la loro cameriera, il vicino con la sua famiglia, poco più in là Winn, poi i due fratelli licantropi schiavi di Rhea, scombussolati, ma evidentemente sollevati. J’onn e Sara, tutti e due lanciati nella caccia dell’assassino. E poi ancora altri, licantropi che avevano ascoltato il suo ululato e che l’avevano chiamata dalle loro Celle della Luna, licantropi a cui aveva dato la libertà e a cui aveva chiesto di seguirla. Vi erano molte porte che avrebbero dovuto essere riparate l’indomani, ma ne era valsa la pena, la città era salva e la minaccia era stata fermata.

“Fa male?” Domandò Lena nel vedere la smorfia sul suo muso.

Kara scosse la testa, era un dolore che il suo lupo poteva sopportare, non importa quanto fosse brutta la ferita, solo l’argento sarebbe stato fatale.

“Quello era un assassino di mia madre.” Aggiunse la donna e Kara spinse la testa contro di lei, offrendo consolazione e assicurando protezione, per sempre. “Deve aver capito tutto nel vedere il mio corpo.” Con le mani scostò i capelli mostrando due piccole cicatrici bianche. “Nessuno avrebbe notato questa ferita, se non qualcuno che sappia cosa cercare e, mia madre, lo sa. Deve aver preparato un piano fin dal mio funerale.”

 

“Fermi, calmi.” Alex osservò la massa di licantropi nella strada, accanto a lei vi era Maggie, dietro mezzo plotone di guardie spaventate.

Alex passò la mano sulla spada, esitò e poi sfilò la speciale arma d’argento e la consegnò a Maggie.

“Cosa stai facendo?” Le domandò la donna, ma lei non le rispose, invece sfilò il corsetto intarsiato d’argento e la pistola con i proiettili dello stesso materiale, infine sganciò il pugnale che teneva fissato al polso e quello nello stivale.

“Qualsiasi cosa succeda, voi non muovetevi e, soprattutto, non attaccate.” Ordinò ai suoi uomini.

“Non se ne parla, non ti lascio andare lì da sola!” Bisbigliò Maggie, prendendole il braccio. Alex la guardò e sorrise.

“Ti preoccupi per me, Sawyer?”

La donna esitò un istante, poi prese il viso della ragazza tra le mani e la baciò.

“Vedi di tornare, voglio quell’invito a pranzo.” Disse poi, lasciandola andare.

Alex sorrise, si voltò e si diresse verso la massa di licantropi. Occhi gialli si fissarono su di lei, ma nessuno si mosse per attaccarla. Al centro del gruppo un grosso lupo, era raccolto attorno a un essere, l’unico essere umano presente.

Alex sbatté le palpebre. Com’era possibile? Aveva visto il suo corpo, steso nell’erba umida, morto!

“Miss Danvers.” Disse la donna nel vederla. Kara si spostò appena lanciando a sua sorella uno sguardo pieno di gioia.

“Come… cosa…”

“Non è ancora il momento delle spiegazioni. Dovete mandare qualcuno nella dimora di Lady Rhea, troverete le prove della sua colpevolezza e posso solo immaginare cos’altro.”

“Lady Rhea?” Domandò ancora sorpresa Alex.

“Sì, ma di lei non dovete più preoccuparvi.” Con un cenno della testa indicò il mucchietto di cenere per terra al centro del quale vi era un immacolato paletto di frassino.

“Chi…?”

“Mia madre. Per questo, miss Danvers, suggerisco di raggiungere al più presto la tenuta di Lady Rhea, importanti reperti potrebbero finire nelle mani di Lillian.” Lei annuì, vi erano ancora tante cose che non sapeva e non capiva, ma l’urgenza di quel compito superava ogni cosa.

“Va bene. E… qua?” Kara si spostò e Alex notò la ferita che aveva al fianco. Fece una smorfia preoccupata, ma Lena sorrise.

“Io mi occuperò di vostra sorella e lei farà in modo che nessuno si faccia male questa notte.” Alex annuì, si guardò attorno e annuì di nuovo, poi oltrepassò i licantropi e tornò dalle guardie e da Maggie. Il loro lavoro non era ancora finito.

 

Quando arrivarono a casa la sua ferita era perfettamente rimarginata, ma il mattino era ancora lontano. Le ferite di un licantropo guarivano sempre molto in fretta, se non era stato un Fratello della Luna a infliggerle.

“Sei sicura che non torneranno alla loro natura?” Domandò Lena nel vedere Sara allontanarsi a grandi falcate seguita dalla massa di licantropi.

“Sì.” E la sicurezza di Kara fu assoluta. “Staranno bene, Sara può guidarli, adesso, è il mio alfiere, riconoscono il lei la mia autorità.”

“E tu?” Le chiese la donna, notando il suo leggero zoppicare.

“Sto bene.” Le assicurò.

“Tua madre?” Domandò poi Lena, guardandosi attorno.

“Non è in casa. Alex deve averla mandata via quando Sara e Winn hanno deciso di farsi rinchiudere nelle nostre cantine.”

Mmm…” Mugugnò Lena e Kara la osservò meglio.

“Stai bene, Lena?” Le domandò e lei sorrise.

“Ma certo.” Assicurò, guardandola con dolcezza e forse, Kara non ne era sicura, una punta di tristezza. “Non vuoi sapere a cosa si riferisse Rhea quando ha parlato della tua famiglia?” Domandò poi, piano.

“No.” Le rispose Kara, accarezzandole il viso, dolcemente.

“Kara…” Cerco di insistere lei. “Ci sono cose che devo dirti prima che...”

“Abbiamo tempo.” Rispose Kara. Il suo cuore batteva veloce. Le sembrava passato un secolo da quando aveva baciato la ragazza in quella cupa stanza nella tenuta di Lady Rhea.

“E se non avessimo tempo?” Le chiese piano. “E se avessimo solo questa notte?” Kara sorrise, inebriata dal successo di quella notte, inebriata dalla gioia di averla lì, così vicina.

“Allora sii mia questa notte.” Disse, sollevandola tra le braccia e baciandola, con trasporto, con passione, lasciando che tutta la sofferenza per averla persa se ne andasse, lasciando che le emozioni di quella lunga giornata evaporassero e che tutto il suo essere si condensasse in quell’istante, in quel bacio, in quel senso di appartenenza che provava ogni volta che si sfioravano.

 

Lena si abbandonò a lei, assaporando le sue labbra, scaldando il suo corpo grazie al calore di Kara, ascoltando il suo cuore battere e la fame abbandonarla, rimpiazzata da una fame diversa. Attirò Kara sulle scale e poi si lasciò guidare fin dentro ad una stanza. Non si soffermò a guardare i dettagli di quel posto a lei ancora estraneo, invece lasciò vagare le mani lungo il corpo di Kara librandola del mantello rosso che si era drappeggiate sulle spalle.

Il suo calore, il semplice battito del suo cuore contro le dita era come una scossa di piacere che la percorreva. Lena lasciò da parte il suo destino, i segreti, la decisione presa, e si abbandonò tra le braccia della donna che aveva scoperto di amare. Le dita di Kara erano inesperte, ma mosse dal desiderio impararono in fretta, spogliandola del nero tessuto che indossava ed esponendo tutto il suo corpo al contatto. Il piacere le inebriò i sensi e Lena sentì il suo cuore accelerare. Affondò il volto nei morbidi capelli di Kara, baciando il suo orecchio e poi scendendo lungo il suo collo, fino a perdersi nella valle dei seni. Gioì nel sentire gli ansimi di Kara farsi pesanti quando le accarezzò con la lingua i capezzoli tesi dal piacere e non si trattenne, scendendo con le dita lungo il suo corpo fino a perdersi dentro di lei.

 

Kara gemette quando, per la prima volta, Lena la penetrò. Il suo lupo affiorò nei suoi occhi e Lena lo nutrì di altro piacere, iniziando a muoversi piano. Si aggrappò alla donna, il cui corpo pallido sembrava essere l’unica ancora in un mondo pronto a sommergerla.

La pelle di Lena era come seta sotto le sue dita e lei fece attenzione a non premere troppo, conscia che ne avrebbe macchiato la perfezione con dei lividi. Quella consapevolezza la fece rabbrividire e Lena la osservò mentre lei con la mano le piegava leggermente il collo e poi poggiava le labbra sulle due piccole cicatrici che gliel’avevano portata via la prima volta.

I movimenti di Lena si fermarono e Kara si tirò indietro fissandola con occhi pieni di amore.

“Non permetterò a nessuno di farti del male.” Disse, con trasporto. Poi attirò il suo viso contro il proprio, baciandole le labbra col delicatezza. “Ti amo.” Mormorò piano. Un leggero rossore sulle guance, non dovuto alla passione e al piacere che provava, ma alla gioia e al timore che una simile importante dichiarazione sembrava portare.

Lena esitò solo un istante, poi chiuse gli occhi e la baciò.

“Ti amo e ti amerò per sempre.” Soffiò sulle sue labbra. “Lasciati andare…” Le mormorò, poi, ricominciando a muoversi tra le sue gambe.

Kara ancorò il proprio sguardo a quello di lei, obbedendo e rilassando il suo corpo, permettendo alle onde di piacere di crescere, fino a quando non ne fu completamente sommersa. Senza fiato, persa, si aggrappò a Lena che dolcemente la tenne stretta, mentre un profondo brivido, molto simile al suo, la scuoteva.

 

Lena osservò il corpo addormentato accanto al suo, il suo cuore batteva ancora, alimentato dalla passione e dall’amore che Kara le aveva dato. Ma non sarebbe durato a lungo. Aveva studiato i vampiri, li aveva studiati per buona parte della sua vita. Conosceva la loro natura e dunque, ora conosceva la sua. Vi era un solo modo per sopravvivere ed era nutrirsi. Aveva bisogno di sangue, sangue umano. Ma lei non era un mostro. Forse sua madre aveva creduto così, spedendo contro di lei un paletto mortale, ma lei non lo era.

La sua mano accarezzò il fianco di Kara assorbendole il calore, nutrendosi della sua forza e della sua giovinezza.

Un vampiro era un parassita, niente di più, niente di meno. Un parassita che viveva del sangue delle sue vittime e che aveva ben poche debolezze tra le quali la più importante era l’impossibilità di stare sotto il sole.

Lena sorrise amaramente. Aveva mentito a Kara, sapeva cosa volesse Rhea da lei, sapeva come avrebbe usato l’ultima El. Nutrirsi del loro sangue rendeva il sole nulla di più che un astro nel cielo. Per questo anni prima Lillian e Lionel Luthor avevano guidato un attacco contro la famiglia El, perché Zor-El aveva stretto un accordo con un potente vampiro. Sangue in cambio della pace.

Kara si mosse nel sonno e Lena depose sulle sue spalle un delicato bacio.

Non avrebbe mai usato Kara in quel modo, mai. Aveva preso quella decisione nel momento stesso in cui l’aveva riconosciuta in quella triste cella qualche ora prima. E lo aveva confermato all’uomo che Kara considerava come un padre.

Quello che le restava da fare, allora, era semplice.

Lena si alzò dal letto, silenziosa e indossò il suo vestito. Esitò un istante, ma poi gettò sulle sue spalle il mantello rosso che Kara aveva indossato quella notte e sul quale rimaneva forte il suo profumo, poi osservò il cielo ancora ammantato dalle tenebre. Aveva avuto la sua notte con lei. Cosa poteva chiedere di più un essere morto?

Rapida aprì la finestra e scomparve nel buio.

 

 

 

Note: Cosa devo dirvi? Direi che il capitolo parla da sola, tutto quello che volevamo succedesse è successo, Rhea è stata beffata dalla sua stessa arroganza, trasformare Lena è stato il suo errore fatale. Maggie ha baciato Alex. Abbiamo avuto delle importanti risposte, ora sappiamo chi ha ucciso la famiglia di Kara e sappiamo anche perché. Sappiamo perché è così importante il sangue degli El. E… e!!! Kara e Lena si sono lasciate andare alla passione, finalmente!

Ma… perché è ovvio che ci deve essere un ma, Lena se ne sta andando. Avevamo dei dubbi su quali fossero i suoi piani, queste ultime parole confermano i nostri peggiori sospetti?

Questo era il penultimo capitolo, quindi, salvo ispirazioni improvvise che mi faranno aggiungere un epilogo, siamo alla fine. L’happy ending sembrava a portata, ma…

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Capitolo 17
*** Posso vivere senza di te ***


Posso vivere senza di te

 

Un refolo di vento entrò nella stanza e la finestra socchiusa sbatté piano contro l’intelaiatura. Kara si voltò nel letto, aprì un occhio e osservò il debole chiarore che precedeva l’alba.

“Lena…” Borbottò assonnata. “Cos’era quella storia del mattino e del sole che sorge?” Sbadigliò e si voltò cercando la donna tra le cui braccia si era addormentata.

Il letto era vuoto. Kara si sollevò sui gomiti osservando la stanza deserta. Un brivido d’inquietudine la fece alzare in piedi.

“Lena?” Chiamò, come se fosse possibile che la donna fosse lì, ma lei non la vedesse. Infilò la vestaglia e la chiuse prima di uscire dalla stanza. Con sollievo udì delle voci. Lena doveva essere scesa per qualche motivo.

Entrò nel salotto con aria assonnata.

“Perché siete sveglie?” Chiese nel vedere sua madre e Alex, poi una figura uscì dall’ombra. “Jeremiah!” Disse, sorpresa e felice. Ora che la situazione era risolta poté abbracciarlo felice.

“Kara…” La chiamò Alex e lei si separò dall’uomo, poi notò quello che la sorpresa le aveva fatto dimenticare. Lena non era neppure lì. “Dov’è Lena?” Chiese sua sorella facendo eco ai suoi pensieri.

“Pensavo che fosse scesa… era con me… siamo state assieme.” Arrossì al ricordo. Non avrebbe potuto desiderare una gioia più infinita.

“Sarà andata alla tenuta.” Disse Jeremiah lanciando un’occhiata a sua moglie.

“Perché avrebbe dovuto andare via?” Chiese Kara. Iniziava a sentire freddo e non era a causa dei piedi nudi.

“Non è più un essere umano.” Le ricordò suo padre. “Lei… deve nutrirsi affinché la sua mente rimanga viva.”

“No, non le serve, ci sono io, io posso far battere il suo cuore.” Protestò Kara. Aveva sentito il suo calore riempirla, aveva visto la sua fame svanire dai suoi occhi e questo poteva funzionare, per sempre.

“Oh tesoro…” Mormorò sua madre e lei sentì l’ansia e la paura crescere.

“Sei un El, il tuo potere è forte, puoi nutrire un vampiro, renderlo forte la notte e, persino, permettergli di camminare sotto al sole. Per questo Rhea ti voleva, per questo ha stretto, secoli or sono, un patto con gli El.”

Kara scosse la testa alle parole del padre adottivo.

“Non capisco, lei ha massacrato la mia famiglia…”

“No, non lei.” La interruppe Eliza.

“Sono stati i Luthor.” Questa volta la risposta giunse da Alex. “Sono andata alla tenuta di Lady Rhea, Lillian mi aveva preceduta, ma Maggie ha saputo darmi certi dettagli e, aggiunti alla storia che ci ha raccontato Sara e agli avvenimenti di stanotte, tutto torna.”

“Distruggere gli El avrebbe reso debole il vampiro. Alla lunga lo avrebbe esposto, perché quale essere umano non può uscire al sole?” Continuò a raccontare suo padre.

“Lena deve esserne al corrente.” Aggiunse Alex.

“No…” Scosse la testa lei. “No.” Disse poi più decisa. Lena non le aveva tenuto nascosto un simile segreto e di certo non avrebbe mai accettato di proteggere sua madre e la sua famiglia davanti ad un simile crimine.

“Lena non era neppure nata quando è successo, ma è stata addestrata dai Luthor, membri fondatori dell’Ordine. Tutti credono che siano semplici Cacciatori della Luna, ma sono molto di più. Sono estremisti che considerano malvagio tutto ciò che non è umano, licantropi, chimere, streghe e… vampiri.” Insistette Jeremiah. “Lena sa quello che un vampiro può fare, sa come deve nutrirsi, comprende che, ora, uccidere è parte della sua vita.”

“Lena non sarà mai un mostro.” Sbottò Kara, aveva passato gli ultimi mesi a scoprire chi era e quando ormai credeva di aver trovato un equilibrio, uno scopo nella vita e la felicità con Lena, tutto le veniva sottratto.

“No, immagino di no. E, se non ha mentito, sa quello che deve fare.” Alle parole di Jeremiah, Alex si fece avanti, come se volesse prenderla tra le braccia per consolarla, ma consolarla per che cosa?

Kara fece un passo indietro, allontanandosi.

“Cosa succederà al sorgere del sole?”

“Lena perderà il controllo, il suo corpo dovrà nutrirsi.”

“Io…”

“No, nessun legame, nessun potere potrà bastare. Solo il sangue.” La interruppe Jeremiah.

“Lei… lei non ucciderà nessuno.” Protestò Kara, ma nel vedere lo sguardo di sua madre e di Alex capì che non era quella la questione. “No…” Mormorò.

No, non adesso che l’aveva ritrovata!

Con un solo balzo il lupo uscì da dentro di lei e Kara si mise a correre su quattro robuste zampe.

I suoi muscoli erano tesi nello sforzo, il suo respiro divenne affannoso, il suo cuore iniziò a battere sempre più veloce, ma lei non smise di correre. Aveva capito, finalmente aveva compreso quello che Lena avrebbe fatto. Le parole della notte precedente ebbero senso e così quella profonda tristezza che aveva visto nascosta nei suoi occhi. Lena non sarebbe diventata un mostro, aveva passato la sua intera vita a battersi per non essere come sua madre, per trovare una via differente a quelle della violenza e di certo ora non avrebbe potuto cedere solo per un mero desiderio di sopravvivenza.

Kara correva, spremendo ogni goccia della forza del lupo, ma il giorno, inesorabile, iniziava a illuminare il paesaggio e presto, troppo presto, i primi raggi di sole sarebbe caduti sul mondo.

 

Lena era alla finestra della sua camera. Davanti a lei il giardino era immobile e silenzioso. Una leggera rugiada si era formata sui petali dei fiori e sugli steli d’erba. Una tazzina giaceva nel prato, quasi irreale nella sua estraneità a quel luogo, lo sguardo di Lena ne fu attratto per un lungo istante, poi andrò oltre.

Alzò le mani e le appoggiò al vetro freddo, senza percepire neppure un brivido. Lontana da Kara il suo corpo si era raffreddato e il suo cuore aveva smesso di battere, mentre la sua fame si era fatta sempre più pressante. Presto, molto presto, sarebbe diventata un animale, guidato solo dal desiderio del sangue.

Nella sua mente si riproposero immagini della sua giovinezza, quando, sciocca, aveva sfidato un divieto di sua madre ed era entrata in uno dei laboratori. Lì, nella fossa, aveva visto un essere umano… o almeno quello che ne rimaneva, un corpo contorto e famelico che si era scagliato contro le pareti, nel terribile intento di ghermirla. Sua madre l’aveva punita obbligandola a guardare mentre veniva soppresso, dopo due settimane di test. ‘Tuo padre voleva provare l’impossibile. Questa è la prova che un vampiro deve bere sangue umano, altrimenti perde la ragione’. Queste le parole di sua madre, incise nella sua mente insieme all’immagine dell’essere decapitato che veniva trascinato fuori dalla fossa in cui aveva vissuto per tutti quei giorni.

Lena strinse i pugni, la fame la lambiva, nutrirsi era una promessa di vita, una vita che poteva essere passata accanto a Kara. Scosse la testa chiudendo con più forza gli occhi.

“No!” Pronunciò. Starle accanto a quel prezzo non era accettabile, avrebbe corrotto se stessa e poi rovinato Kara.

Il suo cuore non batteva, ma questo non significava che non poteva spezzarsi. Lena si portò il pugno al petto maledicendo, ancora una volta, il giorno in cui aveva deciso di dare fiducia a Rhea.

Quando riaprì gli occhi il cielo era chiaro. Lena si strinse il mantello rosso addosso, sorridendo nel sentire il delicato profumo di Kara attorno a sé, poi non esitò più e scese nel giardino. Il suo tempo era scaduto, la sua mente iniziava a perdersi e la fame a riprendere il controllo.

Quando fu tra i fiori e le aiuole guardò con dispiacere le piccole piantine distrutte dagli eventi che lì erano accaduti. L’ordine perfetto non esisteva più, ma, si rese conto Lena, vi era comunque una certa bellezza in quel caos. Di nuovo sorrise nel pensare alla sua ordinata e vuota vita resa caotica, disordinata e piena di emozioni da Kara.

Il sorriso si ampliò al ricordo di quella notte, iniziata così male e finita tra le braccia di lei, nel suo caldo e vivo abbraccio, avvolta dal suo amore.

Il suo corpo percepì il cambiamento quando il primo raggio di sole oltrepassò l’orizzonte.

Presto sarebbe finita. Il sole, purificatore, avrebbe posto fine alla sua vita.

Lena aprì le braccia, mentre il suo corpo incominciava a bruciare, poi due braccia forti e robuste la avvolsero nascondendo il suo corpo al sole.

“No!” Protestò.

“Ho promesso di proteggerti, sempre!” Affermò Kara, ora umana, nascondendola nella sua ombra, gli occhi pieni di terrore, il respiro ansante, il cuore che batteva troppo veloce sotto le sue dita, premute contro il suo petto.

Poi, senza attendere, la baciò, lasciando che il suo respiro affannato si mescolasse a quello di lei. Il sole illuminò i biondi capelli di Kara brillando su di lei.

La fame invase la sua mente, mentre la sua mano artigliava il petto di Kara e i suoi canini crescevano bramosi di mordere e nutrirsi.

“Ho promesso.” Affermò la licantropa, poi la baciò di nuovo e la mente di Lena esplose quando sentì una goccia del sangue di Kara scivolare sulle sue labbra.

Il suo corpo si contorse, mentre i polmoni si riempivano d’aria e il cuore riprendeva a battere, il sole fu solo più una debole luce che le sfiorava il corpo e non l’astro purificatore che incombeva impietoso su di lei.

“Cosa… cos’hai fatto?” Domandò, mentre Kara la guardava sorridente.

“Darei la vita per te, davvero credi che lasciarti un po’ del mio sangue mi spaventi? Non sei un mostro, lo so che sei cresciuta credendo che tutti coloro che non sono umani sono una minaccia, ma non è così. Guarda me, dicono che potrei sovvertire l’ordine del mondo, ma io voglio solo rendere i miei fratelli liberi di vivere le Notti di Luna senza la paura di massacrare qualcuno e l’umiliazione di doversi rinchiudere come bestie.” Kara sospirò accarezzando i suoi capelli, i suoi occhi brillavano ancora per le lacrime versate e il suo corpo tremava per la corsa e le emozioni. “Ma non posso farlo senza te.”

“Kara…” Mormorò lei, incapace di accettare ciò che era.

“No, guarda nei miei occhi, vedi un mostro?” Lena scosse la testa, no, non Kara, lei era dolce e piena d’amore. “E io non lo vedo in te. Ho passato l’intera vita chiedendomi chi ero. Ora lo so e so chi voglio accanto a me. Puoi dare e fare ancora molto per questo mondo.”

“Puoi vivere senza di me, Kara, puoi essere tutto ciò che vuoi.” Mormorò piano.

“Lo so. So che posso perché l’ho provato. Ho seppellito il tuo corpo.” Ricordò, mentre un brivido la pervadeva. “Posso vivere senza di te.” Ripeté, con tono serio. “Ma non voglio.”

Kara spinse le sue labbra contro di lei, baciandola con tutto il trasporto di cui era capace. Non vi erano più ferite sulle sue labbra, ma questo non impedì al cuore di Lena di battere ancora.

Non sarebbe stato facile vivere con la consapevolezza di essere solo un corpo morto, di dipendere dal sangue di Kara. Ma, mentre le labbra della giovane la baciavano e le sue braccia la avvolgevano, Lena seppe che, forse, sua madre aveva torto, che ogni essere aveva il diritto di vivere, anche il più mostruoso e lei, avrebbe fatto di tutto per rimanere sempre dalla parte del giusto.

Ora il sole illuminava anche il suo volto e Lena sentendone il calore, malgrado gli occhi chiusi, promise ad esso e a se stessa, che, se mai avesse infranto la promessa, da esso sarebbe tornata senza che nessuno, neppure Kara, potesse fermarla.

 

Lillian ripose il cannocchiale e risalì a cavallo.

“La lasciamo andare?” Domandò Corben, il suo fedele braccio destro, gli occhi che brillavano, verdi.

“Cosa vedi nel suo futuro?” Domandò allora lei, secca, e l’uomo non disse nulla. Era un potente sensitivo, ma non poteva vedere perché tutto ciò che circondava l’El era sempre stato un mistero per lui.

“Il nostro compito è uccidere ogni vampiro esistente.” Le ricordò e Lillian lo fissò con occhi di ghiaccio.

“Tu, dici a me, qual è il mio compito, la mia missione? Io che ho perso mio marito, mio figlio e ora mia figlia in questa causa?” Corben, che molti chiamavano Metallo, piegò il capo in segno di scusa.

“Perdonami, Maestro.” Disse e Lillian annuì secca.

Cavalcarono per alcuni istanti poi la donna parlò ancora.

Jeremiah la terrà d’occhio, ha fatto un buon lavoro infiltrandosi tra i servitori del vampiro, ma non credo che dovremmo preoccuparci di lei. È sempre stata forte, molto forte.” Sulle sue labbra si fece largo un piccolo sorriso fiero. “Tanto forte da tenere testa persino a me. Di certo, se c’è qualcuno che, come sosteneva suo padre, può dominare una simile aberrazione quella è lei.”

Jeremiah non sarà influenzato dal suo legame con il licantropo El?”

“Sicuramente, ma sa cosa succederebbe alle sue due figlie se disobbedisse all’Ordine.”

“E l’El?” Domandò ancora Metallo.

“Kara Danvers…” Mormorò lei. “Le cose potrebbero cambiare nei prossimi anni… staremo a vedere e, se le cose non andassero nel modo migliore per gli esseri umani, l’Ordine saprà intervenire.”

Metallo piegò il capo annuendo e Lillian sorrise. Frugare tra le cose di Lady Rhea aveva dato i suoi frutti, secondo i documenti della donna una congrega di streghe stava cercando di evocare il demone Reign.

Altre cacce l’attendevano, per ora avrebbe lasciato National City al suo destino.

 

Sara si risvegliò e si stiracchiò felice. Un corpo caldo era aggrappato al suo. Sorrise divertita e si alzò sui gomiti. La radura era piena di corpi addormentati, accoccolati uno sull’altro. Era come osservare una cucciolata di gatti o cani, solo che qua si trattava di essere umani… adulti.

Con un ghigno divertito Sara si preparò a vedere la faccia dei licantropi che si svegliavano rendendosi conto di non avere con sé nulla con cui coprirsi.

Forse non erano tra sconosciuti, non più dopo una notte di comunione, giochi, corse e cacce nella foresta, ma di certo avrebbe visto molto visi rossi.

Sara intrecciò le mani dietro alla testa, sistemandosi meglio contro il tronco di un albero. Per la prossima volta avrebbe dovuto pensare ad una soluzione, ma ora, poteva solo godersi lo spettacolo.

 

 

 

Note: La nostra storia è arrivata alla fine? In realtà no, vi ho preparato un piccolo epilogo, spero che vi faccia piacere.

Intanto… cosa ne pensate? Credevate davvero che Kara non riuscisse a salvare Lena? O, piuttosto, credevate davvero che le avrebbe permesso di vedersi come un mostro? Perché nella percezione di sé stava l’errore. Lena non è un mostro se non si permette di esserlo. Questo il punto attorno a cui ruota tutta la faccenda “Luthor buono”, “Luthor cattivo”. Non siamo definiti da un cognome, ma siamo definiti dal modo in cui decidiamo di vivere. Certo, in questo caso è un tantino più complicato, la sua nuova natura di vampiro deve essere nutrita, ma si da il caso che qualcuno conosca un certo El disposto a dare ben più che un poco di se stessa a Lena.

A voi la parola, questo finale, perché l’epilogo è solo una piccola aggiunta, vi è piaciuto? Lillian? Sara? I Danvers?

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Capitolo 18
*** L’abisso ***


L’abisso

 

Il sole era alto nel cielo e illuminava i capelli di Kara facendoli assomigliare a dell’oro fuso. Lena, nascosta sotto un ombrellino di un delicato tessuto azzurro, non riusciva a distogliere gli occhi da lei. Era da troppo tempo che non la baciava, il suo cuore stava lentamente rallentando, ma non era per quello che agognava averla vicina. La giovane rise e Lena non poté fare a meno di sorridere, un riflesso che le riscaldò il corpo, facendo battere un po’ più veloce il suo cuore freddo.

“Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te.” Se fosse stata ancora umana, avrebbe sobbalzato nel sentire quella voce così vicino a lei.

“Friedrich Nietzsche.” Disse, invece, semplicemente, per una volta felice di essere morta e di non poter più sussultare facilmente come un tempo. Ruotò su se stessa, attenta a che la sua pelle non fosse toccata dal sole e osservò la donna. “Madre, devo aspettarmi che sotto alla vostra tenuta da equitazione ci sia un paletto di legno? Oppure avete appostato un tiratore su uno dei tetti…”

“No.” Disse la donna. “No, non oggi.”

Lena annuì piano, sua madre mentiva come respirava, ma aveva detto la verità, questa volta. Ruotò la testa controllando Kara, la giovane stava chiacchierando con miss Grant e non si era accorta della presenta di Lillian.

“Se non siete qui per uccidermi, allora…?”

“Siete mia figlia e questa è la vostra festa di fidanzamento, non l’avrei mancata per nulla al mondo.” Ecco, questa era una menzogna e Lena sorrise, fredda, alla donna, non poteva ferirla più, si rese conto, era troppo felice nel suo amore con Kara per curarsi di lei.

“La verità, madre.” Chiese e la donna annuì piano, vi era forse del compiacimento in lei?

“L’Ordine ha degli affari in città.” Spiegò. “Ma sono qui anche per te, Nietzsche era un Maestro dell’Ordine e…”

“Conosco la lezione, me l’avete fatta ripetere fino a quando non mi è uscita dalle orecchie.”

Sentiva attorno a sé i cuori di tutti, sentiva il brusio che fa il sangue scorrendo nelle vene, quasi percepiva il sapore del loro sangue sulle labbra e in tutto quello c’era Kara, un’oasi di calore e di pace. Voleva che sua madre se ne andasse, voleva poter andare da lei e sentire la sua mano intrecciarsi con la propria.

“Bene. Perché, quello che sei…” Lena era immobile, pronta a sentire parole dure, l’unico tipo di parole che aveva mai sentito dalla madre. “Sono fiera di te.” Disse allora la donna e Lena sbatté le palpebre sorpresa, una reazione molto umana, per una morta. “Hai guardato nell’abisso e ne sei uscita senza intaccare la tua moralità, è più di quanto tutta la tua famiglia abbia mai potuto dire.”

“Lena.” La voce di Kara conteneva un basso ringhio, i suoi occhi azzurri brillava di potere, vi era il lupo in essi e Lena non poté fare a meno di chiedersi, ancora una volta, come fosse possibile che a National City pochi la conoscessero come l’El che guidava i licantropi.

“Oh, a cuccia, lupacchiotto, non sono qui per voi.” La voce di sua madre era di nuovo fredda, sarcastica, dura. “Vi lascio al vostro piccolo party, ho faccende più urgenti che richiedono la mia presenza.” La donna si allontanò con la solita eleganza e Lena sorrise di piacere nel sentire Kara prenderle la mano.

“Stai bene?” Le domandò la giovane, preoccupata. “Non l’ho sentita arrivare… mi dispiace, avrei dovuto stare più all’erta…”

“Sto bene, credo fosse qui per…” Lena corrugò la fronte, chiedendosi se fosse possibile una cosa simile. “Beh, credo fosse qui per congratularsi con me.”

“Oh.” Disse solo Kara, stupita quanto lei. “É una fortuna che Sara fosse impegnata con l’agente Sharpe, altrimenti non sono sicura che sarei riuscita a controllare la sua spada.”

Lena annuì piano, pensando alla focosa licantropa, se Kara era riuscita a farle mettere da parte la vendetta per concentrarsi sulla costruzione di un qualcosa di duraturo per i licantropi lì a National City, non voleva dire che sarebbe riuscita a trattenerla se si fosse trovata Lillian davanti.

“Credi che sia una cosa seria, questa volta, con miss Sharpe?” Domandò, cercando di allontanare l’ombra che la venuta di sua madre aveva portato sul viso di Kara.

“Non lo so, sai com’è Sara…” Lena fece una piccola smorfia, lo sapeva eccome, era quasi impossibile non essere gelosa del tempo che passava a flirtare con Kara… se non fosse che passava un tempo quasi uguale a flirtare con lei. “Ma non l’ho mai vista così presa. Quindi spero che sia quella giusta.”

“A proposito di quella giusta…” Lena si voltò verso di lei, mordendosi appena il labbro. Sentì il cuore di Kara accelerare all’istante e vide i suoi occhi scurirsi.

“Abbiamo degli ospiti!” Tentò di resisterle, ma il suo corpo l’aveva già tradita e lo sapevano entrambe.

“Non si accorgeranno della nostra mancanza… per una mezzoretta.” Kara arrossì alle sue parole e Lena rise.

“Non credo che…” Protestò piano Kara, ma la sua gola si seccò quando Lena si sfilò lentamente un guanto, per poi appoggiare le sue bianche dita sul braccio di Kara. Potevano percepirsi anche attraverso il tessuto, ma quando la loro pelle entrava in contatto i loro poteri si scontravano, generando in entrambe quell’onda di piacere che ormai conoscevano bene.

Rabbrividirono. Lena poteva sentire il suo cuore prendere di nuovo forza, battere con più sicurezza, era un bel modo di nutrirsi, non poteva negarlo.

Prima ancora che potesse riprendersi da quella prima ondata, Kara la stava già trascinando via dal giardino su per le scale, fino alla loro camera.

Una risata fermò entrambe. Sulle scale, appartate, Alex e Maggie si stavano baciando.

“Oh!” Si lasciò sfuggire Kara e le due donne si voltarono. Alex rossa e imbarazzata, ma anche con un sorriso felice, Maggie invece, decisamente divertita.

“Qualcuno sta fuggendo dalla propria festa?” Chiese, cose se lei avesse beccato loro e non il contrario. “C’è da chiedersi per fare cosa.”

“Maggie!” La riprese Alex, ma la donna rise, ignorando l’occhiataccia.

“Miss Luthor.” Kara si voltò esasperata e Lena non poté fare a meno di condividere il suo sentimento, sembrava che avrebbero dovuto rimandare a più tardi la loro piccola fuga, ma quando vide la donna che aveva parlato i suoi occhi si illuminarono di gioia.

“Sam!” Disse felice, poi si separò da Kara e raggiunse la nuova arrivata. “Cosa ci fai qui? Credevo che fossi a Metropolis!”

“E mancare il fidanzamento della mia amica?” Si abbracciarono poi Lena si voltò verso Kara che stava osservando la scena con curiosità, forse, si rese conto divertita, con un pizzico di gelosia.

“Kara, questa è miss Samatha Arias e, Sam, questa è Kara Danvers, la donna che fa battere il mio cuore.” Kara arrossì a quelle parole, la gelosia scomparve dal suo sguardo e lei si fece avanti per stringerle la mano. Alex e Maggie erano di nuovo scomparse, sparite chissà dove a fare… beh, Lena non voleva pensarci troppo.

“Chi lo avrebbe mai detto, miss Luthor, finalmente mostri del buon gusto.” Samantha fece l’occhiolino a Kara che arrossì di nuovo, Lena sorrise osservando la donna che amava e la sua vecchia amica.

Tornarono in giardino dove gli ospiti stavano chiacchierando felici in quel bel pomeriggio autunnale.

Lena aveva allontanato il pensiero di sua madre, eppure non poté fare a meno di preoccuparsi un poco: cos’era venuta a fare a National City, per chi era lì?

Scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla conversazione tra Kara e Sam, quel giorno era solo loro, niente avrebbe intaccato la sua felicità.

Come se avesse intuito i suoi pensieri Kara la guardò i suoi occhi brillarono d’amore.

Lena sorrise avrebbe guardato in tutti gli abissi del mondo consapevole che quegli occhi, quell’amore, quella luce e quel calore, non avrebbero permesso mai al buio e al freddo di prenderla.

“Ti amo.” Bisbigliò e vide il viso di Kara arrossire, mentre le loro mani si cercavano di nuovo.

La sua vita era davvero complicata, ma, Lena sorrise, non poteva essere più felice.

 

 

 

Note: Questa era proprio la fine, Lena meritava un po’ di gioia e che gioia sia. ;-)

(Perdonate il ritardo nel pubblicare questo piccolo capitolo di chiusura.)

 

Spero che la storia vi sia piaciuta, vi ho ringraziate ogni volta in ogni commento, ma ci tengo a farlo anche qui: grazie!! Siete state fantastiche a seguire ogni capitolo, a fare ipotesi, condividere riflessioni, entusiasmarvi e anche, perché no, a starci un po’ male.

Ogni commento mi ha fatto immensamente piacere ed è bene che lo ripeta sempre e comunque.

Come vedete la storia si apre ad una seconda parte… Sam è arrivata a National City, Lillian è sulle tracce di un antico “demone” di nome Reign. Lascio a voi il piacere di proseguire, nella vostra mente, la trama. Mai dire mai… ma per ora nulla  stato scritto quindi non contateci troppo!

Ciao ciao, alla prossima avventura e ancora, grazie!

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