Sansone e il Marchio

di Ciuffettina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «Quelli hanno arato con la mia vacca!» ***
Capitolo 2: *** «Ma quale Libero Arbitrio?» ***
Capitolo 3: *** «La prossima volta, va' al diavolo!» ***
Capitolo 4: *** “Oh cavoli!” ***
Capitolo 5: *** «Liberami subito!» ***



Capitolo 1
*** «Quelli hanno arato con la mia vacca!» ***


Che bevuta!” pensò Sansone, sedendosi sul letto e massaggiandosi le tempie. “Questo a Fadahel non piacerà per niente.
Fadahel, il suo angelo custode, quando era comparso ai suoi genitori per annunciare la sua nascita, li aveva avvisati che lui avrebbe dovuto essere un nazireo fin dal concepimento e questo aveva significato che, sua madre prima e lui dopo, avevano dovuto astenersi dal vino, dalle bevande inebrianti e dall’aceto di vino. Persino l’uva gli era vietata! E, ovviamente, non doveva tagliarsi i capelli.
«Fatto le ore piccole, eh?» domandò una voce sarcastica vicino a lui.
Sansone si voltò e vide un tizio biondo alto che lo squadrava con dei gelidi occhi azzurri e un altro dietro di lui con capelli neri e folti e la barba altrettanto folta.
«E voi chi siete? Non ricordo di avervi visto al mio matrimonio…»
«Infatti non c’eravamo. Io sono uno dei primi angeli a essere stato creato» rispose quello biondo orgogliosamente.
«Davvero? Potrei vedere le tue ali?»
«Gli occhi degli umani non potrebbero sopportarne la vista» rispose secco.
A Sansone sembrò che il sedicente angelo avesse pronunciato la parola “umani” con un leggero disgusto ma non ne era certo. «Come posso sapere che mi stai dicendo la verità?» Fece per alzarsi dal letto ma il tizio biondo, con un gesto della mano, prima lo fece levitare e poi lo scaraventò contro la parete. «Adesso ci credi?» domandò annoiato.
«Che forza!» esclamò Sansone rialzandosi. «Sei qui per redarguirmi perché non avrei dovuto ubriacarmi ieri sera? Mi sono appena sposato e prova tu a festeggiare per sette giorni senza bere vino, senza contare che quella vacca mi ha tradito…»
«Libero di fare quello che vuoi, visto che il voto di nazireato ti è stato imposto e non è stata una tua scelta libera. Sono qui a proposito di quei trenta umani che hai ucciso…»
«Ehi, lì non è stata colpa mia!» lo interruppe Sansone, alzando le mani. «C’erano trenta invitati al matrimonio e durante i festeggiamenti avevo proposto loro un enigma: “Dal divoratore è uscito…”»
«Non m’interessa il tuo indovinello!» lo interruppe il messaggero divino.
«No? Peccato perché era strepitoso. Dunque ho detto loro che se indovinavano, avrei dato a ognuno una veste e altre trenta di ricambio, altrimenti dovevano essere loro a regalarle a me e quelli hanno arato con la mia vacca! Altrimenti non l’avrebbero mai risolto.»
«Intendi dire che tua moglie ha svelato loro la soluzione?»
«Proprio così! Le ho detto di non farsi più vedere! Non era giusto che loro avessero vinto con l’inganno, perciò sono andato in giro per le strade, ho fatto secchi trenta filistei che ho trovato e mi sono appropriato dei loro vestiti per pagare il debito.»
«Sei un umano davvero ingegnoso» ridacchiò l’angelo. «Sei degno d’impugnare la Prima Lama che ti renderà vittorioso contro tutti i tuoi nemici.»
«Dici sul serio? Fantastico! Mi piacerebbe proprio averla!» esclamò l’umano entusiasta avvicinandoglisi.
In quel momento, atterrò un altro angelo. «No, Sansone, non dargli retta! Sarà meglio che tu venga con me: dobbiamo parlare di ieri sera…» E fece per afferrarlo.
«Gabriel, perché non lasci scegliere al tuo protetto?» domandò il primo angelo. «Non devo essere io a ricordarti che esiste il Libero Arbitrio, vero?»
La testa di Sansone scattò verso il nuovo arrivato. «Gabriel? Ma non avevi detto di chiamarti Fadahel?»
«I tuoi genitori già se la stavano facendo sotto perché era comparso loro un angelo, se avessero saputo che ero un arcangelo, sarebbero schiattati di sicuro.»
«Ma che fai, fratellino? Dici le bugie ai tuoi protetti? Male, male, male!» esclamò il primo messaggero, agitando l’indice.
«Lucifer, lo sai benissimo che Fadahel è il mio terzo nome… o è il quarto…? Beh insomma non ho mentito, semplicemente non mi sono presentato con quello più famoso. Tu piuttosto: gli hai detto che sei il Diavolo?»
«Ma che sciocchezza!» interloquì Sansone. «Lo sanno tutti che il Diavolo ha le corna, la coda e le zampe caprine, mentre lui è perfettamente normale. Allora dicevamo della Prima Lama?»
«Ti stai confondendo con Pan…» cercò d’intervenire Gabriel ma invano.
«Fagliela vedere» disse Lucifer girandosi verso quello che non aveva ancora aperto bocca.
Il tizio tirò fuori qualcosa dalla tunica e la porse, con molti indugi, a Sansone.
L’israelita si aspettava qualcosa di fantastico: una spada forgiata in qualche metallo sconosciuto o un pugnale intarsiato ma… «Mi state prendendo in giro?» sbottò non appena l’ebbe in mano. «Questa è una mascella di animale!» Certo c’era legato un manico nero e a prima vista poteva anche sembrare un pugnale ma quello era soltanto un banale osso. L’avevano preso per uno stupido?
«Di asino per essere precisi» rispose l’uomo senza nome e si sollevò una manica, mostrando una curiosa voglia che somigliava alla mascella. «Senza il Marchio la Lama è inutile ma con il Marchio sarai invincibile!»
«Che aspetti allora? Dammelo!»
«No, Sansone ascoltami!» gemette Gabriel disperato e appoggiandogli una mano sul braccio. «Ti corromperà l’anima! Diventerai un essere assetato di sangue e non riuscirai più a fermarti…»
Sansone si sottrasse alla sua presa. «I Filistei stanno dominando Israele e se con questa riuscissi a massacrarli tutti, sarebbe fantastico!»
«Guarda che i Filistei non sono demoni o mostri ma esseri umani esattamente come voi Israeliti. Spero che tu non voglia massacrare anche tua moglie, tuo suocero e i tuoi amici di nozze» replicò l’arcangelo severamente.
«Begli amici! Loro hanno…»
«… arato con la tua vacca. Te l’hanno mai detto che sei ripetitivo?» sbuffò Lucifer.
«Inoltre non ne hai bisogno» proseguì Gabriel, senza badare al fratello ma rivolgendosi soltanto al suo protetto. «Sei già fortissimo! Vorrei ricordarti che sei riuscito a uccidere a mani nude quel leone che voleva aggredirti.» Gentilmente gli tolse l’arma dalle mani e la riconsegnò al suo proprietario.
«Ah beh, se il tuo protetto riesce a uccidere cento leoni di fila a mani nude, la mia offerta è del tutto inutile. Andiamocene!» disse Lucifer al tizio con il Marchio.
Gabriel stava già per rallegrarsi per la sua piccola vittoria, quando Sansone strillò: «Aspettate! Dopo aver ucciso quel leone, ero esausto! Se in quel momento ne fosse comparso un altro, non sarei riuscito nemmeno a scappare! Davvero con quella potrei uccidere cento leoni di fila?»
«Garantito!» rispose Lucifer, sorridendogli. «E anche di più! Niente e nessuno potrà a fermarti, neanche la Morte stessa.»
«Che forza!» replicò l’umano. «Voglio la Lama! Voglio il Marchio! Fad… cioè Gabriel… dove stai andando?» domandò quando vide che il suo angelo custode si era girato e aveva aperto le ali.
«Dove non posso vedere il tuo decadimento!» e decollò.
 
*****
 
Quando ho letto che Sansone aveva ucciso 1.000 filistei con una mascella d’asino, mi sono scattate le antenne e così ecco questo racconto.
Pare che non sempre Gabriel si presentasse come tale, in alcune occasioni usò altri nomi: Fadahel per annunciare la nascita di Sansone, Ervihel per parlare con Davide, Nathaniel per salvare i tre ragazzi dalla fornace ardente.

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Capitolo 2
*** «Ma quale Libero Arbitrio?» ***


Com’era prevedibile, Gabriel si beccò una bella strigliata per aver lasciato che Sansone, Prescelto come Giudice di Israele, diventasse un Cavaliere dell’Inferno.
«Ti rendi conto che è una cosa gravissima?» sbraitava nel frattempo Metatron andando su e giù per il suo ufficio e gesticolando animatamente. «Avresti dovuto afferrarlo e portarlo via! Ma devo dirtele io queste cose?»
Gabriel stava in piedi, a testa china davanti alla scrivania. «Stavo per farlo, quando Lu…»
«Non. Pronunciare. Quel. Nome» sibilò lo scriba divino.
«… cifer mi ha ricordato la legge del Libero Arbitrio» proseguì Gabriel, senza badare all’interruzione di Metatron.
«I Prescelti non hanno il Libero Arbitrio!» sbottò lo scriba divino. «Che cosa sarebbe successo se Adamo ed Eva avessero deciso di non avere figli o se Mosé avesse preferito continuare a fare il pastore? Me lo sai dire, eh?»
«Ho cercato di convincere Sansone a fare la cosa giusta…» biascicò Gabriel.
«Con ottimi risultati a quanto pare! Avresti dovuto essere più persuasivo!»
Gabriel conosceva molto bene i metodi persuasivi angelici.
Zaccaria era un vero esperto del settore (miglior servitore del mese da secoli!) ma anche Metatron non scherzava: quando Mosé gli aveva detto che non intendeva andare dal Faraone, gli aveva fatto venire la lebbra e non l’aveva guarito finché l’umano non aveva cambiato idea.
«Adesso cerca di risolvere la faccenda, se ci riesci!» gli disse, indicandogli la porta.
Gabriel uscì dall’ufficio di Metatron sospirando: avrebbe dovuto seguire il suo primo impulso e portare via il suo protetto ma era bastato che Lucifer lo rimproverasse per bloccarsi.
Accidenti!” pensò contrariato. “Sono passati secoli! Non dovrei più ascoltarlo.
Ma sapeva che per lui era quasi impossibile non dare retta a Lucy. Nel suo cuore non era Satana o il Diavolo, un essere da odiare e aborrire, ma era ancora il suo amato fratellone con cui aveva diviso secoli di scherzi e risate a scapito di Michael e Raphael, sempre talmente arcigni da far venir voglia di scompigliare le loro piume soltanto per sentirli strillare isterici, poi Dio aveva creato l’umanità e l’incanto si era rotto…
Che cosa poteva fare o dire per convincere Sansone? Rinchiuderlo in un loop temporale finché non avesse restituito il Marchio? Mmh avrebbe potuto funzionare ma era altamente improbabile che suo Padre gli permettesse di riavvolgere il tempo per chissà quanto a causa di uno stupido umano. Farlo ragionare? Peccato che il suo cervello fosse completamente sprovvisto di quella funzione: Sansone percepiva soltanto gli stimoli basilari come fame, sete, sonno… ma era del tutto impermeabile a qualsivoglia riflessione.
Forse Paparino doveva aver provato i vini umani, quando ha decretato che proprio quell’idiota sarebbe stato Giudice d’Israele.

«Si può sapere che cosa diavolo stai facendo?» urlò Gabriel non appena comparve davanti a Sansone. Che comanda stupida!
Poteva vederlo da sé: il suo protetto aveva catturato 300 volpi; aveva legato una fiaccola alla coda di ognuna e poi le aveva incendiate, lasciando andare gli animali che, terrorizzati, avevano appiccato il fuoco ai covoni ammassati, ai campi di grano e perfino alle vigne e agli oliveti, tutti rigorosamente di proprietà dei Filistei.
«Sei impazzito? Quando mi hanno affidato questo incarico, non avrei mai immaginato che avrei dovuto salvare il mondo da te!» Con uno schiocco di dita, liberò quelle povere volpi.
Un conto era la normale uccisione di animali per sacrificarli a suo Padre o per riempirsi la pancia ma quello era del tutto inaccettabile! Si chiese se era un effetto del Marchio o se Sansone avrebbe avuto comunque quell’idea. Ebbe paura a rispondersi.
«Ehi! Guarda che non è colpa mia ma di mio suocero!» esclamò il novello Cavaliere dell’Inferno alzando le mani. «Ero andato a riprendermi mia moglie ma lui mi ha detto che l’ha ceduta a uno dei miei testimoni, roba da non crederci! Lo dicevo io che quella era andata ad arare con loro. Pensa che le avevo pure portato un capretto!»
«Ma che romanticone!» replicò Gabriel sarcastico, incrociando le braccia e inarcando un sopracciglio. «Sbaglio o l’avevi ripudiata?»
«È esattamente quello che mi ha detto mio suocero! E con questa scusa voleva rifilarmi la figlia minore, ti rendi conto?»
«E così, per vendicarti hai usato le volpi per incendiare i campi di tutti i Filistei, eh?»
«Esatto! Vedo che sei d’accordo con me» disse Sansone compiaciuto.
«No!» urlò Gabriel. «Non sono affatto d’accordo! Tu adesso chiami Lucifer e Caino e restituisci il Marchio!»
«Non ancora» disse Sansone voltandosi a guardare compiaciuto i vari focolai. «Sai che sono riuscito ad acchiappare non so quante volpi in pochi minuti e non sono neanche sudato?»
«Ma che ragazzo fortunato!» esclamò Gabriel allargando le ali e volando via. Un altro secondo con il suo protetto e gli avrebbe sicuramente spaccato quella zucca vuota nel vano tentativo d’inculcargli un po’ di buon senso, con il rischio, però, di vederlo risorgere come demone.

Il giorno dopo, ovviamente, i Filistei non furono molto entusiasti del servizio reso loro da Sansone, pertanto, per ringraziarlo, bruciarono la casa del suocero. Con dentro l’intera famiglia.

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Capitolo 3
*** «La prossima volta, va' al diavolo!» ***


A sua volta, Sansone decise di ringraziare i Filistei per averlo reso vedovo anzitempo: «Poiché avete agito in questa maniera, non la smetterò finché non mi sarò vendicato di voi.» Dopo di che, li batté l’uno sull’altro, finché non ebbero tutte le giunture disarticolate. Poi si ritirò nella caverna della rupe di Etam.
I guai però non erano ancora finiti perché iniziarono le vendette incrociate tra i due popoli, perciò 3.000 Israeliti decisero di consegnare Sansone ai Filistei. Scesero alla caverna e dissero a Sansone: «Ehm… senti… Noi saremmo qui per legarti e consegnarti ai Filistei…»
«E perché vorreste farlo?» domandò Sansone, mettendo il naso fuori dalla grotta.
«A causa di ciò che hai fatto, se la prendono con noi» rispose uno di loro, «perciò abbiamo pensato…»
«Hanno cominciato loro, io mi sono solo vendicato!» strillò Sansone, interrompendolo.
Il portavoce della spedizione si fece coraggio e disse: «Beh sono loro che governano il nostro Paese… quindi se tu sei d’accordo…»
«Oh, va bene» lo interruppe Sansone, «però giuratemi che non mi colpirete.»
Quelli risposero: «Sì, sì, te lo giuriamo! Ti legheremo soltanto e ti metteremo nelle loro mani; ma non ti uccideremo.»
Ottenuta la sua collaborazione, lo legarono con due funi nuove e lo fecero salire dalla rupe.
Mentre giungeva a Lechi e i Filistei gli venivano incontro con grida di gioia, Sansone ruppe le funi, come se fossero fili di stoppa, estrasse la Prima Lama e cominciò a uccidere tutti quelli che erano venuti ad accoglierlo, mentre i Giudei si diedero alla fuga.

«Ho sete! GABRIEL!!! HO SETE!» urlò Sansone a squarciagola, quando ebbe sbudellato l’ultimo Filisteo.
«Che cos’hai da strillare?» esclamò Gabriel, comparendo.
«Sto morendo di sete!» rispose Sansone.
«Saresti l’unico di questa valle» replicò l’arcangelo, guardandosi in giro. «Tutti gli altri sono morti per il mal di pancia.»
Sansone rimase perplesso per un po’ poi esclamò: «Oh, adesso ho capito! Vuoi dire che gli ho fatto male, mentre li sventravo!» Ridacchiò. «Quanti ne ho fatti secchi?»
Gabriel si guardò rapidamente in giro. «Mille» rispose atono.
«Mille? Che forza! Ora voglio bere.»
«Immagino che tutto quell’esercizio possa far venire sete.» Schioccò le dita e dal terreno sgorgò uno zampillo d’acqua. Fosse stato per lui, avrebbe già abbandonato quello zuccone al suo destino da un pezzo ma non era stato sollevato dal suo incarico di arcangelo custode.
Dalla culla alla tomba, era questa la durata di un compito del genere, gioendo se l’umano alla fine approdava in Paradiso, rammaricandosi se, al contrario, diventava un gradito ospite di Lucifer.
Sansone bevve poi declamò: «Con la mascella d’asino ne ho fatto un gran mucchio! / Con la mascella d’asino ho percosso mille uomini! / Con la mascella d’asino…»
«Ti hanno mai detto che come poeta sei peggiore che come enigmista?»
«Ma guarda quanti nemici d’Israele ho fatto fuori. Lucifer aveva proprio ragione a proposito di quest’arma» disse Sansone, rigirandosela fra le mani compiaciuto.
«Ed io ti dico che ti sta corrompendo l’anima. Restituisci il Marchio finché c’è ancora dell’umanità in te.»
«No, prima devo finire di vendicarmi» replicò il Cavaliere Infernale.
«Ma vendicarti di che cosa?» domandò Gabriel.
«I Filistei hanno appiccato il fuoco alla casa di mia moglie.»
«Dopo che tu avevi incendiato i loro campi.»
«Dopo che mio suocero mi aveva tolto la moglie.»
«Dopo che tu l’avevi ripudiata.»
«Dopo che lei era andata ad arare con i miei testimoni.»
«Ma sempre lì dobbiamo andare a finire?» domandò esasperato l’arcangelo. «Perché non vuoi ascoltarmi? Quando eri piccolo lo facevi sempre, ti ricordi?» Gli posò una mano sulla spalla.
«Tu mi hai sempre mentito!» urlò Sansone, sottraendosi al suo tocco.
«Io?» esclamò l’arcangelo sorpreso. «Ma quando mai?»
«Mi hai detto che il tuo nome era Fadahel, invece è Gabriel» lo accusò.
L’arcangelo sbuffò. «Te l’ho già detto: Fadahel è davvero uno dei miei nomi. Gli altri sono Gabriel, Ingethel, Zeruel, Ervihel e Nathaniel, contento? Ora che li sai tutti, mi darai retta?»
«Lucifer non mi ha mai mentito» s’incaponì Sansone.
«Allora la prossima volta che hai sete, fatti servire da lui!» strillò Gabriel decollando.

Mentre Gabriel non sapeva più dove sbattere la testa per riportare il suo protetto sulla retta via, Lucifer si stava divertendo come non faceva da secoli: lo spettacolo di quell’umano, che era stato Prescelto come Giudice di Israele e che, invece, faceva tutt’altro, era assolutamente impagabile: stragi, meretrici, ubriacature… tutte cose vietatissime a un nazireo.
La più divertente fu quando Sansone andò a Gaza, vide una prostituta e decise di passare la notte da lei.
Quando gli abitanti di Gaza lo seppero, stettero in agguato tutta la notte presso la porta della città in attesa che uscisse per ucciderlo.
Quando Sansone decise di andarsene a mezzanotte, afferrò i battenti della porta della città e i due stipiti, li divelse insieme alla sbarra, se li mise sulle spalle e li portò in cima al monte che guarda in direzione di Ebron. «Così entro ed esco quando mi pare» era stata la giustificazione del bestione.

Ogni tanto Lucifer pensava all’espressione di Dio, nel vedere i suoi piani scombinati e si metteva a ridere sguaiatamente. “Allora Padre caro, questo non l’avevi previsto, eh?” pensava con soddisfazione.
Quello era il problema della Sua presunta Onniscienza divina: farsi calpestare i piedi cercando di non avere l’aria (troppo) sorpresa. Oh certo, per non perdere la faccia, Dio aveva fatto sapere che tutto stava andando come Lui aveva previsto e pianificato perché i Filistei erano comunque dei miscredenti che andavano puniti.
«D’altronde che cos’altro avrebbe potuto dire?» disse Lucifer ridendo.

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Capitolo 4
*** “Oh cavoli!” ***


E finalmente Sansone s’innamorò di una filistea della valle di Sorec di nome Dalila. Certo che il suo Protetto era proprio strano: odiava gli uomini filistei ma andava pazzo per le loro donne…
Gabriel sperò che l’amore per lei e il timore di farle del male potessero essere il giusto incentivo per indurlo a restituire il Marchio. L’arcangelo decise di fare un ultimo tentativo e gli comparve. Lo trovò addormentato e legato al letto con delle funi. “Ma guarda, guarda!” pensò divertito. “Chissà se la sua bella vorrà anche frustarlo?
In quel mentre, entrarono degli uomini e Dalila gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!»
Gabriel si preparò a intervenire in caso di bisogno ma Sansone si svegliò, ruppe le funi, estrasse la Prima Lama e massacrò gli assalitori, mentre Dalila scappava dalla porta.
«Mi spieghi perché eri legato al letto?» gli domandò Gabriel mentre Sansone ripuliva l’arma.
«Dalila vuole scoprire con che cosa mi può domare ed io le ho detto che se mi avesse legato con delle funi nuove non ancora adoperate, mi sarei indebolito. L’altro ieri le ho detto che doveva legarmi con sette corde d’arco fresche, non ancora secche e lei l’ha fatto! A quanto pare, si diverte così.»
«Ma che bel divertimento!» esclamò l’arcangelo, incrociando le braccia e inarcando un sopracciglio. «Non capisci che sta cercando di farti catturare dai Filistei?»
«Ma che cosa dici?» replicò Sansone scandalizzato. «Pensa che mi ha detto: “Come puoi dirmi di amarmi, se il tuo cuore non è con me?” Lei mi ama davvero! È il cuore che me lo dice.»
«Veramente te lo sta dicendo un’altra parte del corpo, un po’ più in basso.»
«I piedi?» domandò Sansone perplesso.
«Sì vabbhé…»
«Comunque anche se fosse come dici tu, meglio no?» disse Sansone lentamente. «Voglio dire: loro pensano di avermi in pugno ed io li faccio secchi fregandoli tutti.»
«Occhio a non rimanere tu fregato.» Sospirò: «Ora più di prima devi restituire il Marchio, prima che ti faccia perdere del tutto la tua umanità. Non vorrai rischiare di fare del male a Dalila, vero? È vero che i Filistei vogliono la tua testa ma sai che posso proteggerti, è il mio compito.»
«Non mi serve la tua protezione» affermò baldanzoso. «Finché ho il Marchio e la Prima Lama, niente e nessuno può farmi del male.»


Dopo un po’ di tempo, Lucifer ricominciò a essere di malumore: possibile che Dio avesse davvero previsto tutto? In tal caso lui stava facendo il Suo gioco… No, se la cosa fosse stata davvero pianificata ai Piani Alti, Gabriel non se la sarebbe presa tanto per quello stupido. Tuttavia era anche vero che il suo fratellino andava pazzo per quei miserabili umani e forse voleva salvare il suo protetto anche contro gli ordini divini. Il pensiero del fratellino nei guai per colpa sua gli provocò una sensazione strana… forse rimorso? Che cosa ridicola! La colpa non era sua ma soltanto di quell’umano e Gabriel avrebbe dovuto imparare a rifiutarsi di fare da servo a quegli insetti. “È sempre stato troppo sensibile” sbuffò Lucifer tra sé. Per che cosa li avevano scambiati gli umani? Per dei cani che obbedivano ai loro ordini? Comunque quello che gli dava fastidio non era che Gabriel si stesse facendo maltrattare da quell’umano, seppur Cavaliere dell’Inferno, (assolutamente no!) ma era il proprio ruolo nel disegno divino.
La storia che Dio aveva previsto tutto era una balla per salvarsi la reputazione oppure Lucifer, senza saperlo, era davvero diventato parte integrante del Suo spettacolino? L’idea che suo Padre lo stesse usando e che avesse trasformato quell’imprevisto in una Sua vittoria, lo faceva ribollire dalla rabbia. Più ci pensava e più la cosa lo faceva imbestialire (oltre che a fargli venire il mal di testa… ammesso che un arcangelo potesse soffrirne).
Inoltre il gioco aveva cominciato ad annoiarlo: Sansone inventava qualche balla per giustificare la sua super forza, Dalila cercava d’indebolirlo, Sansone, che dormiva più profondamente di un orso in letargo, non si accorgeva di niente (nemmeno quando lei gli aveva tessuto quelle stupide treccine nell’ordito e gliele aveva fissate con il pettine del telaio), Dalila chiamava i Filistei, poi svegliava Sansone, Sansone massacrava i Filistei… Sempre il medesimo copione!
«Basta! Sono stufo di avere una parte nella Sua commedia.»

Che incubo! Sansone aveva sognato che Lucifer, a suon di chiacchiere, l’aveva convinto a restituire il Marchio e la Lama al precedente proprietario, ma soltanto per un giorno.
«Un giorno luciferino» aveva specificato sghignazzando. «Comunque se li vorrai indietro prima, puoi sempre chiamarmi» aveva detto sparendo.
Stava per guardarsi il braccio per accertarsi che il Marchio fosse ancora al suo posto, quando Dalila gli diede il consueto buongiorno mattutino: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!»
Era il loro giochetto: lui dormiva e lei invece di svegliarlo con la colazione o un bacio lo faceva con qualche Filisteo da fargli massacrare. Ma stavolta si rese conto che qualcosa non andava: forse aveva bevuto più del solito la sera precedente, fatto stava che si sentiva tutto infiacchito. Ebbe solo il tempo di accertarsi che sia la Lama sia il Marchio erano spariti che si ritrovò legato come un capretto sull’altare. “Oh cavoli!” pensò costernato. “Ho davvero restituito il Marchio!

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Capitolo 5
*** «Liberami subito!» ***


Sansone fu sbattuto in una cella, attese che le guardie si allontanassero, poi cominciò a strillare. “Non m’importa se il giorno non è ancora passato, io ho bisogno della Lama adesso!
«Oh, come sta il nostro Prescelto? È comodo l’alloggio?» lo irrise Lucifer, quando comparve.
«Rivoglio la mia Lama e il mio Marchio!» sbraitò l’umano.
«Il tuo Marchio?» ridacchiò. «Rileggiti la Genesi, se si chiama Marchio di Caino e non di Sansone, ci sarà un motivo.»
«Avevi detto che se li volevo indietro prima, me li avresti ridati» disse l’umano imbronciandosi.
«No, ti ho detto che potevi chiamarmi, cosa che infatti hai fatto. Ora scusami ma devo andare a traviare altre anime.» Si voltò per decollare.
«Prima liberami!» berciò Sansone.
«Per chi mi hai preso? Per il tuo arcangelo custode?» replicò Lucifer, girandosi appena a guardarlo. «Fatti una bella dormita, se ci riesci.»
«Però domani mi ridai il Marchio, vero?»
«Domani?» domandò Lucifer con aria sorpresa. «Oh, non te l’ho detto? Il giorno di quel pianeta che compare al mattino(1), e che voi umani chiamate Lucifero, dura 243 giorni terrestri. Devi soltanto avere un po’ di pazienza. Ci vediamo!» Sparì.
Sansone rimase basito un attimo poi cercò di richiamarlo indietro ma inutilmente, allora decise di chiamare il suo angelo custode. «GABRIEL! Fammi uscire da qui!» Si sgolò per almeno un’ora prima che l’arcangelo si decidesse a comparire.
«Chiudi quella fogna! Stai rivoltando il Paradiso con i tuoi ragli!» gli disse stizzito.
«Perché ci hai messo così tanto a venire? Liberami!» strillò l’umano allungando verso di lui i polsi legati.
«Perché lo chiedi a me? Non avevi detto che finché avevi il Marchio niente e nessuno poteva farti del male? Ma… ma non hai più il Marchio» disse guardandolo meglio e sorridendogli.
«No, infatti» rispose imbronciato. «Lucifer se l’è ripreso assicurandomi che me l’avrebbe restituito dopo un giorno, invece è saltato fuori che c’è un certo pianeta che si chiama come lui e che ha il giorno che dura 243 giorni e che io devo aspettare. Aveva anche detto che se lo volevo indietro prima, potevo chiamarlo, cosa che ho subito fatto. Pensavo che me l’avrebbe restituito invece ha detto che “puoi chiamarmi” significava solo che potevo chiamarlo, ma si può??? Mi ha mentito!»
Gabriel per un attimo fece una faccia delusa, poi ridacchiò: «Ti sbagli, il mio fratellone non mente mai ma bisogna sempre stare molto attenti a quello che dice.»
«LIBERAMI!» sbraitò Sansone.
«Umh…» Gabriel arricciò le labbra e guardò in alto, meditando. «Non posso» disse alla fine.
«Come non puoi?» esplose Sansone. «Sei o no il mio arcangelo custode? Quindi ti ordino…»
«Oh no, non lo sono più» rispose con un ghigno e scrollando le ali. «Mi hanno sollevato dall’incarico.»
«Che cosa? E da quando?»
«Da quando hai cambiato acconciatura» disse e con un gesto indicò la sua testa.
Perplesso Sansone se la toccò e rimase sconcertato quando non sentì più le sue sette treccine. «Ehi! Guarda che non sono stato io, è stata…»
«Sansone» lo interruppe Gabriel, con voce insolitamente dura, «sapevi benissimo che se tu avessi detto a Dalila che la tua forza era dovuta ai capelli, ella avrebbe subito provveduto a sfoltirti la chioma.»
«Che problema c’è? Basta farli ricrescere.»
«Il punto non è questo. Quelle trecce erano il simbolo del tuo legame con Dio, il mostrare a tutti che eri consacrato a Lui e tu l’hai reciso, l’hai gettato via, per questo non posso più farti da arcangelo custode. Però se pronunci la formula magica, potrei liberarti.»
«Formula magica? Quale formula magica?» si stupì Sansone.
«Pensaci bene… la mamma non ti ha insegnato proprio niente?» domandò Gabriel insinuante.
«Liberami subito!» ripeté l’ex Cavaliere Infernale.
«Risposta sbagliata, vuoi ritentare?» Aspettò pazientemente mentre Sansone si grattava, come poteva, la testa e cercava di assumere un’aria concentrata.
«Non ne ho idea…» si arrese.
«Peccato…» disse spalancando le ali e voltandosi. «Per la cronaca, la formula magica è: “Ti prego” ma mi sarei accontentato anche di un “Per favore”.»
«Oh…» biascicò Sansone. «Allora ti prego.»
«Tempo scaduto.» Decollò.


I Filistei lo legarono con catene di bronzo e lo portarono a Gaza, costringendolo a girare la macina nella prigione.
Mentre spingeva la macina, Sansone continuava a chiedersi perché entrambi gli angeli l’avessero abbandonato. “Chissà perché Gabriel si è arrabbiato così per i miei capelli. Non sapeva che sarebbero ricresciuti? Per non parlare di Lucifer e quella scusa assurda per non restituirmi subito il Marchio, da quando in qua un giorno dura quasi come un anno?
Man mano che passavano i giorni, i capelli ricrescevano perciò presto avrebbe potuto farsi di nuovo le treccine riottenendo il suo angelo custode e se avesse aspettato ancora per… uffa chi aveva voglia di fare i conti? Avrebbe riavuto il suo Marchio e la sua Lama. Doveva soltanto tenere duro.


I capi dei Filistei si radunarono in un palazzo per offrire un sacrificio alla loro dea e per far festa. Mentre compivano il sacrificio, declamarono: «La nostra dea Dagon ci ha messo nelle mani Sansone, nostro nemico.»
Al che il popolo cominciò a salmodiare: «La nostra dea Dagon ci ha salvato da Sansone, nostro nemico, che devastava il nostro paese e che ha ucciso tanti dei nostri.»
Dagon, Dagon, Dagon…! Possibile che non senta altro?” pensò stizzito Lucifer che aveva deciso di partecipare alla festa. “Sono stato io a mettere Sansone nelle loro mani! Dovrebbero ringraziare me!”
Se c’era una cosa che Lucifer disprezzava più degli umani, erano i cosiddetti dèi pagani. Almeno alcuni umani sapevano di essere feccia ma quelli pretendevano di aver creato il mondo, esigevano preghiere e adorazioni… intollerabile! Un giorno o l’altro li avrebbe sterminati tutti ma al momento gli servivano vivi per dimostrare a suo Padre quanto fossero ingrati gli umani che preferivano adorare i vari Dagon, Apollo, Iside, eccetera, eccetera… invece che Lui.
Io ho cercato di aprirGli gli occhi su quegli insetti e come ha ripagato la mia devozione?” pensò stizzito. “Ali bruciate e caduta sulla Terra!
Nel frattempo gli organizzatori della festa dissero: «Chiamate Sansone perché ci faccia divertire!»
Fecero quindi uscire l’ex Giudice d’Israele dalla prigione e lo obbligarono a fare il buffone, salvo poi fischiarlo perché i giochi gli riuscivano male.
In un attimo di pausa, Sansone si mise fra le colonne sulle quali posava la casa. «Signore, ricordati di me! Dammi forza per questa volta soltanto, Dio, e in un colpo solo mi vendicherò dei Filistei» pregò con fervore.
«Oh ma che supplica toccante!» ridacchiò Lucifer. «Sarebbe un vero peccato che un appello così accorato cadesse nel vuoto.» Toccò Sansone su una spalla.
Sentendosi rinvigorire, l’umano si appoggiò alle colonne, all’una con la destra, all’altra con la sinistra e cominciò a spingere con tutte le sue forze.
Nel momento in cui la casa cominciò a crollare, Lucifer urlò con quanto fiato in gola: «MUOIA SANSONE CON TUTTI I FILISTEI!»
«No, come “Muoia…”?» ma prima che l’umano potesse terminare la frase, finì schiacciato come uno scarafaggio da una trave.
3.000 morti più uno, bene! Così imparate a ringraziare l’essere sbagliato” pensò Lucifer decollando.

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1) Il pianeta ora conosciuto come Venere.

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