Reminiscences di StarkLabs (/viewuser.php?uid=752106)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
A fine
capitolo troverete le note con tutte le spiegazioni e precisazioni
necessarie. Buona lettura.
Mie cari lettori la storia che sto per raccontarvi ha
dell'incredibile, lascerà di stucco la maggior parte di voi,
forse delle domande vi si insinueranno nella mente, forse inizierete a
credere in qualcosa che prima ritenevate impossibile, ma badete bene
questo è un avvertimento per i più scettici, non
leggete
o continuate queste righe e se lo fate vi prego di non giudicare quanto
scritto perché si tratta della pura e semplice
verità, non
fatevi beffa di tutto ciò perché potreste
ritrovarvi un
giorno, anche molto lontano da questo tempo a fare i conti con qualcosa
che nemmeno potevate immaginare, come è successo a me quel
fatidico giorno.
Io mi sono sempre definito un ragazzo ordinario, più che
ordinario,
decisamente nella norma, capelli biondi lisci, occhi azzurri,
abbastanza alto e con un fisico atletico, discendo da una buona
famiglia, non siamo ricchi ma stiamo bene, io e mia sorella abbiamo
sempre avuto quello che desideravamo ma senza vizi, i nostri genitori
erano persone per bene, hanno saputo educarci e di questo ne fanno
sempre vanto, l'umiltà è stata da sempre la base
della
nostra famiglia, ci hanno saputo dire no quando era il
momento e sì ammetto che hanno fatto proprio un buon lavoro.
Viviamo in Italia e siamo a tutti gli effetti italiani ma non
so
perché io ho sempre avuto una particolare passione e
predisposizione per le regioni straniere, in particolare l'Inghilterra,
così io e la mia sorellina -la chiamo così anche
se siamo
gemelli a tutti gli effetti- siamo cresciuti andando a scuola, giocando
con gli amici e ora lei vive in Belgio e fa la scrittrice ed io sono un
produttore cinematografico, e questo mi porta ovviamente a viaggiare il
mondo, unica pecca di questa vita apparentemente perfetta è
il
mio nome Alex Davide dico io i miei non potevano scegliere uno dei due,
cioè perché tutti e due insieme, due nomi che non
hanno
una bella assonanza e messi affianco sembrano un pugno nell'occhio,
mistero.
In realtà da piccolo ho provato a chiedere a mia madre il
motivo
ma lei mi ha liquidato dicendo che in un libro aveva letto di questo
tizio che aveva un nome che le piaceva però era
troppo antico
per la nostra epoca allora ha deciso di tenere solo le iniziali, e
sapete cosa mi ha risposto quando le ho chiesto chi era questo
misterioso personaggio testuali parole "Tesoro non lo saprai mai
perché non voglio che la sua persona ti influenzi" vi
rendete
conto, come diamine poteva un dannatissimo personaggio, vissuto secoli
prima influenzarmi, comunque meglio chiuderla qui perché
altrimenti perdo il nocciolo della questione, e divago, io sono uno che
sproloquia e va molto oltre quello che dovrebbe dire, oh insomma basta.
Ora in ventisette anni di vita non mi è mai e dico mai
capitato
quelcosa di "strano" tipo avvistamenti di dischi volanti, voci
misteriose in casa, apparizioni o tutte quel genere di cose che alle
persone, soprattutto ai ragazzini piace raccontare con entusiasmo e
fierezza, sono andato anche in una casa che doveva essere infestata,
la mi intera classe alle superiori ci era stata dicendo di aver sentito
cose, c'erano persino dei documenti e indovinate un po' ci sono andato
anche io, e sapete che cosa ho sentito, visto, percepito? Niente, nada,
nisba, nemmeno il rumore del vento, fu una completa e totale delusione
quindi come potevo anche solo immaginarmi la cosa enorme che mi sarebbe
successa anni dopo.
La mia stupida sorella adora leggere che siano racconti, romanzi o
poesie lei legge tutto, è ossessionata da diversi autori o
poeti
o come diavolo vogliate chiamarli da Leopardi a Wilde lei sa tutto,
vita morte e miracoli e ovviamente finché non si
è
trasferita il povero martire che si è dovuto subire i
riassunti
di ciò che leggeva, le interpretazioni da oscar delle poesie
narrate in piedi sul tavolo e persino ogni quanto andassero in bagno
questi tizi, ero io.
In realtà in effetti un po' è strano lavoro nel
mondo del
cinema quindi le storie dovrebbero piacermi, cioè mi
piacciono
ma non sui libri, ho una specie di repulsione e li leggo solo se
strettamente necessario.
A proposito di repulsione ecco io per alcune città ho una
vera e
propria fobia, non ci sono mai andato e come per i libri, ci andrei
solo se strettamente necessario, per lavoro per esempio, ma fino ad ora
non mi è mai capitato, e ne sono sollevato non so dire il
perché di questa mia paura, solo a sentirle nominare mi
viene un
nodo alla gola e mi si stringe lo stomaco, forse un giorno ne
parlerò con uno psicologo magari potrà aiutarmi.
Pensate che in terza media la mia classe andò in gita a
Napoli ed io preso dal panico mi sono inventato un terribile
maldipancia, e per l'Inghilterra che tanto adoro diciamo che Londra non
è la prima città che visiterei, e forse nemmeno
l'ultima.
Un po' mi dispiace per questa cosa, sono belle città ed io
per
non so quale causa non riesco nemmeno a pensarci, e mi fa male non
capire il motivo, insomma scientificamente non può essere
possibile una cosa simile o no?
Parlando di stranezze eccone una in arrivo sono gay ma non è
questa la stranezza, per me è una cosa del tutto naturale
come
respirare, fa parte di me, sono io in tutto e per tutto, ci ho
messo un po' a dare la notizia ai miei genitori e a mia sorella,
non perché avessi paura della loro reazione, per loro la
distinzione etero e gay non dovrebbe nemmeno esistere e quando dopo
dieci minuti buoni di balbettii ho dato loro la notizia hanno esordito
così "Tesoro con il tempo che ci hai messo per dircelo
facevi
prima a presentarci il tuo fidanzato" facendomi rimanere, non lo so,
stranito, con la faccia da pesce lesso a fissarli.
Comunque non so perché a quel tempo ci misi tanto a dirlo,
avevo
quindici anni e i miei genitori li conoscevo bene, non avevo nessuna
paura o timore, forse sono stato influenzato dal fatto che la buona
parte delle persone che fa comingout ci mette dei secoli e
c'è
questa sorta di rassegnazione da parte dei genitori, del tipo che ci
hai fatto una doccia fredda ma ti vogliamo bene comunque, nel peggiore
dei casi vengono cacciati di casa, quindi forse io avevo paura
perché gli altri l'avevano, anche se sapevo che in casa mia
non
sarebbe stato così.
Oddio ho divagato di nuovo ma mi sembrava opportuno spiegare questa
cosa, dicevo la cosa strana non è la mia
omossessualità
ma il fatto è che non sono mai stato con nessun uomo o
ragazzo e
nemmeno voglio starci.
Ho ricevuto molti corteggiamente nel corso della mia vita, sia da parte
di ragazze che con giusta ragione rifiutavo, sia da parte di ragazzi,
magari anche di qualcuno per cui avevo una cotta colossale ma rifiutavo
anche loro, mi sono innamorato seriamente due volte, e Dio era tutto
così bello, c'era feeling, intesa, chimica,
l'elettricità
nell'aria ma quando si arrivava al momento del bacio mi tiravo indietro
come il peggiore dei codardi, spezzando il cuore di quei poveri ragazzi
che pensavano ci fosse qualcosa tra noi, e in effetti c'era ma io non
me la sentivo.
Con il tempo ho imparato a capire che non volevo una relazione
perché avevo e ho tutt'ora paura di ferire, fare del male
alla
persona che amo, e non parlo solo di un bacio mancato, quello si
supera, ma di quando ami follemente qualcuno e quel qualcuno ama te e
poi succede qualcosa, tu fai qualcosa che distrugge tutto e ti comporti
da egoista, non so nemmeno perché dovrei comportarmi da
egoista, io non lo sono, ma ho paura di diventarlo, per questo
preferisco non impegnarmi, so che è sciocco e stupido, e
probabilmente dovrei andare davvero da uno psicologo ma per ora
è così, io sono così.
Una volta mi sono pure fatto leggere le carte da una donna, nemmeno
volevo farlo, ma i miei amici mi hanno convinto ed eravamo a un parco
divertimenti, così ho detto perché no, in sintesi
questa
chiromante mi disse che avevo una ferita emozionale, così
l'ha
chiamata e finché non l'avessi superata avrei avuto
difficoltà nelle relazioni.
Comuque non diedi peso alla cosa malgrado il fatto che avevo
difficoltà
nei rapporti fosse vero, fatico a gestirmi fisicamente figuriamoci se
devo pensare a qualcosa di interiore che chissà quando
è
successo, no non fa per me, poi non saprei proprio da dove cominciare
quandi lascio che le cose in quel lato della mia vita vadano come
devono andare, mi lascio trasportare dalla corrente.
Tutto nella mia vita a parte le cose sopracitate continuava a procedere
nella norma finché un bel giorno, quel giorno decisi di
mettere
piede in una libreria, e malgrado la riluttanza, la negazione che ho
verso i libri fu proprio uno di loro a cambiare il corso degli eventi,
a cambiare me e la mia intera esistenza.
Era un giorno speciale per mia sorella, aveva aperto la sua prima
libreria ed io volevo farle un regalo che la
rendesse felice e mi rendo conto che può semprare un
cliché assurdo e noioso ma, niente può rendere
più
felice la mia sorellina di un bel libro che non ha letto, badate bene
da me non ne ha mai ricevuto uno, troppo stress cercare fra tutti quei
titoli e poi ho sempre dubitato che esistessero -almeno sulla terra-
dei libri su cui i suoi occhi non si erano ancora posati.
Però questa volta era diverso, ci tenevo ad essere carino
nei
suoi confronti e volevo pensare a lei per una volta, metterla al primo
posto così entrai in questa libreria, deciso a trovare
qualcosa
di particolare ma, questo qualcosa trovò me.
Me ne stavo lì tra tutti quegli autori, titoli scritti in
grande o in piccolo che mi fissavano, sembrava che quelle parole
volessero cadermi addosso, mi sentivo accerchiato, ovunque mi giravo
c'erano parole o lettere ma nessuna che mi rispecchiasse, o che
comunque mi facesse sentire qualcosa -mia sorella dice sempre che
sono i libri che scelgono te, che devi sentrirli- stetti a
girovagare tra quegli scaffali per un'ora, la testa mi girava
quando ad un tratto, la mia attenzione venne attirata da
qualcosa,
mi avvicinai
lentamente a quel piccolo oggetto, se ne stava lì sullo
scaffale
in basso a destra, sorretto da altri libri, che sembravano spegnersi a
fianco a lui.
Non so cosa mi prese in quel momento il cuore aveva preso a battermi in
maniera incredibile, sudavo freddo e avevo i brividi, mi accasciai
lentamente con la schiena che leggermente sfiorava le pile di libri
accostati l'uno a fianco all'altro, deglutii rumorosamente passandomi
una mano sulla fronte, poi come per istinto allungai il braccio e presi
in mano quel libro che sembrava urlasse il mio nome, in effetti non
appena lo toccai i sintomi si placarono ma decisi comunque di restare
seduto, nel caso mi ripredessero alla sprovvista.
Inizialmente avevo pensato che quel libro chiamasse mia sorella,
siccome siamo gemelli credo fortemente che ci sia una connessione, e
con
tutte le storie che mi ha raccontato ho pensato davvero che il libro
stesse scegliendo lei attraverso me, pensavo che si sarebbe conclusa
lì
con me che compravo il libro e mia sorella che saltava felice, magari
dicendomi che era proprio quello che desiderava, ma invece no, ero io
il diretto interessato.
Lo capii per prima cosa perché il titolo che avevo in mano
mia
sorella lo aveva letto e riletto decine di volte ed era nella lista
della sua top ten, talmente sacro per lei che non mi ha mai permesso
di toccarlo né di guardarlo, i suoi libri preferiti ha
sempre tenuto di
tenerli nascosti, lontani da fratellini dispettosi e burloni, e poi
seconda cosa perché decisi di leggerlo, cioè
rendetevi
conto io, che decido di leggere un libro, di mia spontanea
volontà, se
me lo avessero detto il giorno prima gli avrei riso in faccia.
Mi alzai dal pavimento anche perché avevo già
ricevuto un
paio di occhiatacce, comprai il libro e mi diressi verso casa,
dimenticandomi del regalo per mia sorella, insomma diciamocela tutta io
che leggo dovrebbe già essere un regalo di per
sé, comunque
veramente mi scordai di comprarlo ero talmente sconvolto che mentre ero
in fila alla cassa mi sfuggiva il motivo per cui ero arrivato fin
lì,
in libreria.
Rientrato in casa fortunatamente non vi era nessuno, così
potevo
mettermi tranquillo a leggere senza alcuna domanda sul
perché
del mio viso visibilmente pallido, mi sdraiai sul letto con la
schiena poggiata alla testiera, il libro stretto al petto,
come se
servisse a
rallentare i battiti del mio cuore che aveva ripreso a
martellare,
forse speravo che succedesse lo stesso evento della libreria, speravo
che mi calmasse, ma non fu così.
Chiusi gli occhi e feci un gran bel respiro poi le mie palpebre si
riaprirono e posai lo sguardo sul titolo, scritto in nero, un nero
così tagliente che sembrava squarciarti l'anima De Profundis,
lo aprii lentamente partendo dalla copertina per poi passare alla
pagina iniziale, non feci a meno di chiedermi se anche le altre persone
con questo libro avessero avuto i miei stessi sintomi, o se succedesse
con
tutti i libri oppure se questa era la sensazione di cui parlava
mia sorella.
Iniziava
così "Caro Bosie..."* e
credetemi se vi dico che quelle prime due parole, che dovevano essere
insignificanti per me, colpirono così forte il mio cuore,
come se
una lama affilata lo trapassasse, io nemmeno sapevo di cosa parlava
quel libro, ma decisi comunque malgrado il dolore di continuare a
leggere, di andare avanti e scoprire il senso di quelle sensazioni che
a quel punto non mi sembravano più tanto normali.
Andavo avanti a leggere con gli occhi incollati alle pagine, e
più mi prodigavo nella lettura più quelle parole,
quelle
frasi sembravano rivolte a me, che cosa ridicola pensai, come poteva un
libro scritto più di un secolo fa parlare del sottoscritto,
essere rivolto alla mia persona, come?
Era quanto di più stupido potessi pensare ma quel tarlo che
si
era insinuato nella mia mente continuava imperterrito a battere sulle
pareti del mio cranio, sentivo i sentimenti che quelle frasi sucitavano
pulsare dentro di me, ad un certo punto era come se l'avessi
già
lette quelle pagine, come se sapessi quello che veniva dopo, come se
conoscessi il contenuto e il suo finale.
Stava diventando davvero dura andare avanti, gli occhi mi si riempirono
di lacrime e in quel momento realizzai che avevo realmente un
legame non con il libro in sè ma con la storia che si
portava
dientro, con quello che vi era raccontato io c'entravo qualcosa ma, se
veramente era così, se ero stato uno dei protagonisti chi
poteva
essere?
Forse Wilde, o questo Bosie o quelche suo amico o sua moglie, dio mi
sentivo così idiota a pensare quelle cose, credere che fosse
veramente possibile, cercai di analizzare ciò che avevo
letto,
come mi sentivo in merito e dei forti sentimenti di colpa mi
attanagliavano le viscere.
Mi sentivo frustrato, arrabbiato, triste, amareggiato e in colpa,
tremendamente in colpa, era questo il sentimento che predominava,
perciò non potevano essere i sentimenti di Wilde lui in un
certo
senso era la vittima, nemmeno sua moglie o i suoi amici che per quanto
si potessero sentire responsabili per non averlo salvato, sottratto al
carcere, sapevano che comunque non potevano fare niente di
più
di ciò che avevano fatto, e comunque tutte le altre
sensazioni
che sentivo, i flash che ogni tanto apparivano nella mia mente non
potevano appartenere a loro.
Questo amore/odio che percepivo crescere dentro di me accompagnati dai
ricordi di una forte passione tramutatasi poi in qualcosa di
più,
ricordi che non potevano essere miei, non di questa vita almeno, io non
ero mai stato con nessuno, e nemmeno avevo mai baciato qualcuno, quindi
non poteva essere il mio cervello a giocarmi brutti scherzi
o condizionandomi attraverso ciò che stavo leggendo.
Ero confuso, l'unico a cui potevano appartenere quei sentimenti
così forti e contrastanti era quel ragazzo, Lord Alfred
Douglas,
ripetei dentro di me quel nome Alfred Douglas, le sue iniziali AD, Alex
Davide, oh merda...
Quando quella consapevolezza mi raggiunse iniziai a tremare, ancora non
volevo crederci, sperai fosse tutto uno scherzo dettato dalla mia
fervida immaginazione, non potevo veramente essere lui, no doveva
esserci una spiegazione, continuai a leggere e dopo poco rimasi
pietrificato.
"E
non mi
sarà affatto difficile perdonarti. Ma se vuoi che questo sia
per
me un piacere, devi sentire di volere il mio perdono. Quando realmente
lo vorrai, lo troverai pronto ad attenderti." *
Alla fine, dopo aver letto queste righe crollai, gettai il libro con
forza in fondo al letto come se fosse rovente, mi accasciai con la
testa sul cuscino, stringendone con forza il lembi e iniziai a
piangere, rumorosamente, con singhiozzi che risuanavano in tutta la
stanza, per un momento temetti quasi di affogare nelle mie stesse
lacrime, che scendevano copiose ed anch'esse bollenti.
Passai interi minuti in quello stato, con il corpo scosso da fremiti,
le gote arrossate, mi sentivo male e volevo solo che quel
tormento finisse, volevo tornare ad essere quel ragazzo ordinario,
senza qualità particolari e con strane fobie, mi piaceva
essere
me stesso, non volevo essere nessun altro men che meno un ragazzo
tanto egoista e pieno d'odio come, come lui.
La testa mi scoppiava e più cercavo di lottare contro la
consapevolezza, più tentavo di rifiutare la
realtà
più mi sentivo male, così pensai che se avessi
accettato
di essere stato Lord Alfred in un'altra vita quel malessere tremendo mi
avrebbe abbandonato, e così feci accettai la
realtà che mi
aveva colpito più forte di un macigno, io ero Bosie,
l'amante di
Oscar Wilde.
Mi tirai su mettendomi seduto e asciugandomi gli occhi ancora pieni di
lacrime, gattonai fino in fondo al letto per riprendere il libro che
avevo lanciato, deciso a terminarlo, anche perché non
ricordavo
ancora tutto, le immagini erano ancora annebbiate e frammentate e poi
volevo un'ulteriore conferma certo che arrivato fino alla fine le cose
mi sarebbero sembrate più chiare.
In effetti fu così quando giunsi all'ultima riga " Il tuo affezionato amico Oscar
Wilde" * capii
subito cosa dovevo fare, quale fosse il mio compito in questa vita,
dovevo trovarlo, e come non avevo fatto nella vita precedente
chiedergli perdono.
So che sembra folle ma in quel momento pensai che se io mi ero
reincarnato poteva essere successo anche a lui, e dentro di me quella
speranza non voleva abbandonarmi, era come se sapessi che su questa
terra oltra a me, era tornato anche Oscar, insomma non poteva essere un
caso che mi fossi ricordato di chi ero stato prima, non capita tutti i
giorni una cosa simile, anzi a dire il vero mai.
Mi diressi in bagno per guardare il mio riflesso allo specchio, il mio
nuovo volto, questo corpo era quasi simile a quello precedente, non
potei fare a meno di chiedermi se anche Wilde avesse qualche
somiglianza con il suo vecchio sè. Mentre fissavo i miei
azzurri
occhi altri flash illuminarono la mia mente noi due insieme
abbraccitai, poi il processo e poi... Mi aggrappai fortemente al
lavandino per non cadere rovinosamente a terra, ebbi un mancamento che
con il tempo scoprii capitarmi ogni qual volta i ricordi che
riaffioravano erano negativi, e questo avvalorò la mia tesi,
la
mia anima era tornata con lo scopo di ripulirsi dalle colpe di cui
l'avevo macchiata.
Il punto era questo io non ho mai fatto niente per Oscar, non ho mai
cercato di allieviare il suo dolore, le sue sofferenze, lui ha scritto
che mi avrebbe perdonato se io lo avessi voluto, ma non ho mai voluto
chiedere il suo perdono, il mio ego ha sempre vinto contro il senso di
colpa, contro la coscienza, ma ora che sono in questa vita che ha avuto
uno sviluppo diverso dalla vecchia facendomi crescere come una persona
migliore, sono sono capace di dare il giusto valore ai sentimeti.
Mi importa degli altri e soffro se le altre persone soffrono e proprio
per questo che se riuscissi a trovarlo ho paura di come reagirebbe,
chissà se si ricorda di tutto, e se così fosse a
lui
come è successo? Poi la cosa che mi preouccupa è
se mi ha
perdonato, perché magari quando era Oscar Wilde ha perdonato
Bosie ma ora se ricordasse quelle cose terribili riuscirebbe a
perdonarmi, di nuovo?
Forse adesso vive una vita felice senza mocciosi pronti a rovinargli
l'esistenza, e magari se si ricorda pensa che tutto il bello che ha ora
avrebbe potuto averlo anche a quei tempi ma per colpa mia non
successe, ebbi una specie di attacco di panico, perciò non
mi
restava che trovarlo per avere risposta a tutte queste domande che mi
tormentavano,
anche se non avevo idea di come avrei fatto a rintracciarlo.
Così partii alla volte dell'Inghilterra nella fattispecie
Londra, il mio istinto mi aveva guidato fino al libro sicuramente mi
avrebbe portato da lui, se il nostro destino era quello di unirci gli
ostacoli non mi avrebbero impedito di farlo accadere.
NOTE: De profundis citato sopra
è il titolo che diedero alla lettera scritta da Wilde per
Bosie.
* Citazioni prese direttamente e
testulamente dal
libro De Profundis, perciò non sono mie, non mi
appartengono, sono di Wilde scritte e
pensate da
lui. Io le ho solo prese in prestito.
Naturalmente le persone di Wilde e
Bosie non mi
appartengono, e siccome ho preso spunto solo visivo e fisico
da
Jude Law(Bosie) e Stephen Fry(Wilde)
per i
protagonisti nemmeno loro mi appartengono tutto il resto
è
inventato e
immaginato dalla mia piccola
testolina. Spero che
questa storia vi piaccia, so che è particolare e magari non
si addice ai personaggi o al secolo a
cui
appartengo però a me stuzzicava l'idea. Grazie a chi legge o
recensisce o altro. Grazie a tutti e un saluto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 2 ***
Eccomi nella mia adorata/detestata Inghilterra il viaggio
durò
poco per quelli che erano i miei standard, lo spesi tutto a riflettere
sulla mia vita fino a quel momento, e capii il perché di
tante
cose soprattutto delle mie fobie.
Erano tutte incentrate sugli avvenimenti avvenuti nella mia vita
precedente, la fobia per quelle città che erano esattamente
le
stesse dove avevo conosciuto o ero stato con Oscar, il fatto che non
volessi impegnarmi in una relazione beh questo è abbastanza
chiaro, ora non mi restava che trovarlo, impresa che era peggio che
cercare un ago in un pagliaio.
Per prima cosa cercai un albergo dove alloggiare mi vennero in mente
tante ipotesi su come rintracciare Oscar una di quelle la scartai a
priori, avevo pensato di ingaggiare un investigatore privato ma cosa
gli avrei detto?
Che stavo cercando il signor Oscar Wilde e che sì, sapevo
che era morto ma come me si è reincarnato e ora ha un altro
aspetto?
Mi avrebbe preso per pazzo sconclusionato e sarei finito in un centro
di salute mentale, quindi dopo intense riflessioni decisi che me la
sarei cavata da solo, non ero più un ragazzino che andava a
piangere dai genitori per qualsiasi problema, e nemmeno uno che non
pondera prima di prendere una decisione come facevo prima nella
vecchia vita, quante stupidaggini ho commesso, ma ora mi sarei
riscattato e avrei dimostarto a tutti, in particolar modo a me stesso
che sono cambiato e che non ho sprecato questa seconda
possibilità che mi è stata gentilmente concessa.
Passò esattamente una settimana carica di ricerche ma senza
alcun risultato, feci ricerche su internet, persone famose e non,
osservavo la gente sperando mi potessero dare un indizio, visitai
musei, librerie, teatri e parchi, ma niente, comunque non mi arresi
perché ero sicuro che ci fosse anche lui, come ero sicuro
che si
trovasse a Londra, lo sentivo forte dentro di me e questa forza mi
spinse ad andare avanti.
Fu un Martedì che incontrai un uomo che mi destò
parecchi
sospetti era alto, sulla sessantina e anche di bella presenza, si
avvicinò a me che stavo osservando il Tamigi ponderando su
quali
sarebbero state le prossime mosse, ero appoggiato sulla ringhiera del
ponte quando questo bizzaro signore si mise a raccontarmi aneddoti, il
suo linguaggio era fluido e articolato, si rivolgeva a me quasi come mi
conoscesse ed io per tutto il tempo rimasi a bocca aperta a fissarlo.
Stavo per dire il suo nome quello passato naturalmente,
perché
il nome attuale non potevo certamente conoscerlo quando l'uomo mi
diede una pacca sulla spalla e se ne andò, prima di fermarlo
lo
osservai per capire che intenzioni avesse e lui si avvicinò
a
due ragazze, poco disatanti dalla mia posizione e cominciò a
parlare con loro, proprio nello stesso modo in cui aveva fatto con me,
dicendo loro praticamente le stesse cose.
Capii subito che non poteva essere Oscar e un velo di delusione si
posò sui miei occhi facendoli diventare lucidi, abbassai la
testa gurdandomi la punta delle scarpe, una macchiolina rotonda si
formò sull'asfalto vicino ad esse, stavo piangendo.
Ero ancora a capo chino quando vidi spuntare sotto il mio sguardo una
mano che stringeva un fazzoletto azzurro ricamato con bordi
più
scuri, alzai subito la testa sorpreso e l'uomo che mi stava porgendo il
fazzoletto mi disse "Caro ragazzo qualunque sia il problema non fartene
un cruccio, la vita è troppo importante per essere presa sul
serio"* detto questo con un cenno mi invitò a prendere il
fazzoletto, sorrise con un'espressione che mi toccò
il cuore
ma, non feci in tempo a ringraziarlo che si stava già
allontanado esordendo con un "Tienilo pure" prima di voltarmi
completamente le spalle e sparire.
Lo guardai allontanarsi mentre tenevo stretto il fazzoletto nella mano,
quella frase mi suonava familiare e quel modo di fare tipico
di,
di lui... Ebbi l'impulso di correrre nella stessa direzione in cui si
era allontanato e dalla mia gola uscì un "Oscar!" rotto,
spezzato e pieno di speranza che venne sostituito subito
dall'imbarazzo, tutte le persone si erano voltate a guardami -come se
qualcuno non si potesse chiamare Oscar poi- rimasi lì in
mezzo
alla piazza, le guancie rosse, dandomi dello stupido per non aver fatto
più in fretta, per non averlo capito subito.
Tornai in albergo e mi gettai sul letto, posai quel pezzettino di
stoffa sul mio petto, aveva un buon profumo così lo portai
al
naso ed inspirai più forte, magari non era nemmeno lui
pensai
perché se fosse stato così non lo avrei perso,
chiusi gli
occhi, per quella giornata ne erano già successe abbastanza
di
cose, troppe emozioni in una volta, avrei ripreso domani, mi
addormentai sereno e con un sorriso leggero sulle labbra.
L'indomani decisi di andare a fare colazione al bar, me ne avevano
consigliato uno dove facevano ottimi pancake, ed io adoro
i pancake, così entrai in quel posto e mi misi in fila, mi
stupii di quante persone ci fossero, già mi leccavo i baffi
che tra
parentesi non ho, mancava una persona poi sarebbe stato il mio turno
ma, quando l'uomo che avevo davanti si voltò per andarsene
con
il suo caffè e lasciarmi il posto quasi venni
colpito da un
infarto.
Era lo stesso uomo del giorno prima, no non quello chiaccherone ma
quello che mi aveva porto il fazzoletto, lo fissai basito per un
secondo quando il mio sguardo venne catturato dal taschino superiore
della sua giacca, vi era un fiore posato al suo interno che faceva
bella mostra di sè, tipo quello che usano i testimoni alle
cerimonie, ed in quel momento fui sicuro e certo che davanti a me si
trovava Oscar Wilde.
Quando mi ridestai da quella spece di trance/rivelazione che avevo
avuto mi accorsi che lui già era uscito, così
abbandonai
la fila e gli corsi dietro ma questa volta feci in tempo "Scusi" dissi
a gran voce avvicinadomi a lui che si voltò sorpreso, un
altro
infarto per quento era bello, ma cosa andavo a pensare, dovevo agire
altrimenti mi avrebbe preso per un piagnucolone fuori di testa,
già chissà se si ricorda del nostro incontro
pensai.
Se ne stava lì davanti a me aspettando che parlassi
così mi
schiarii la voce e gli raccontai del giorno prima, dicendogli del
fazzoletto che avevo messo a lavare stamattina e che gli avrei voluto
rerstituire, gli dissi anche che avrei voluto ricambiare la gentilezza
offrendogli la colazione.
Lui mi sorrise uno dei più bei sorrisi che avessi visto in
vita
mia "Ragazzo accetto di buon grado ma non ci siamo nemmeno presentati.
Io sono..." Oscar Wilde
pensai
per poi tornare subito in me "Stephen Fry" disse porgendomi la mano la
strinsi ed era così morbida, dio ma perché
pensavo queste
cose "Alex Davide Lombardi" dissi presentandomi a mia volta poi lui mi
sorrise di nuovo e questa volta anche io ricambiai.
Tornammo indietro per rientrare nel bar e lui mi tenne aperta la porta
facendomi passare per primo, un gentiluomo come sempre in questo non
era cambiato, arrossii vistosamente per cui mi affrettai ad abbassare
lo sguardo, non volevo che lo notasse insomma non sapeva tutta la
verità, almeno credevo e chissà cosa avrebbe
potuto
pensare, così facemmo la nostra ordinazione e ci sedemmo al
tavolo, uno di fronte all'altro.
Quanto era passato? Un secolo dall'ultima volta in cui ci siamo seduti
così a bere qualcosa mi sentivo così in ansia, il
cuore
mi batteva forte e non riuscivo a smettere di sorridere, ero agitato
non solo perché ero riuscito a trovarlo ma perché
non
sapevo se lui ricordasse, e se così non fosse come avrei
fatto a
dirgli tutto senza essere scambiato per uno svitato, certamente non
potevo dirglielo in quel momento così a freddo dovevo
sondare il terreno,
magari diventare suo amico, oh come mi sarebbe piaciuto essere
nuovamente amici, passeggiare insieme e parlare per ore, adesso avevo
la
capacità di ascoltarlo davvero, ero sereno finalmente dopo
tanto
tempo.
I miei sogni ad occhi aperti vennero interrotti dalla voce di Stephen
"Allora Alex, posso chiamarti così?" annuii aggiungendo "E'
il
mio nome" sorrisi come un ebete, quanto gli sarò sembrato
idiota, se ci fosse stato Sherlock Holmes mi avrebbe sicuramente fatto
notare la mia sciocca costatazione dell'ovvio "Bene Alex cosa ti porta
nella vecchia Londra, vieni dall'Italia vero?" strabuzzai gli occhi
perché un minuscolo dettaglio mi colpì solo in
quell'istante, lui si era rivolto a me parlando in italiano il giorno
prima
quando mi diede il fazzoletto, ancora non ci eravamo parlati come
faceva a sapere...
Decisi di essere diretto e chiederglielo subito "Signor Fry io ho
bisogno di sapere una cosa, l'altro giorno lei" mi interruppe "Per
favore dammi del tu" sorrise io annuii continuando "Si è
scusi,
ti sei avvicinato a me porgendomi il fazzoletto e mi hai parlato in
italiano, ancora non, insomma non avevamo nemmeno mai parlato come
facevi a sapere da dove venissi?" a quel punto lui si grattò
la
testa, fece una strana smorfia poi disse "Sono stato in Italia per
parecchio tempo" lo interruppi e con fare scherzoso dissi "Magari a
Napoli" lui mi guardò sorpreso "Esattamente" quasi mi
strozzai
col caffè generando un moto di preocupazione e
ilarità al
mio interlocutore "Semplicemente ho seguito l'intuito" non aggiunse
altro.
Aveva fatto la stessa cosa che feci io con il libro, o con il fatto di
venire a cercarlo qui a Londra "Sono venuto per fare delle ricerche"
dissi pizzicando il tovagliolino di carta con le dita "Per lavoro?" mi
chiese io abbassai lo sguardo per poi rialzarlo dritto su di lui
"No...personali. Io sto, sto cercando una persona" tremavo, non so
perché forse gli stavo dicendo troppo ma non potevamo
semplicemente salutarci e tornare ognuno per la propria strada.
"Tutti cerchiamo qualcuno ma a volte mentre cerchiamo, troviamo chi mai
ci saremmo aspettati di trovare" non compresi il significato di quella
frase e nemmeno il perché me la disse "Alex questo
è il
mio biglietto da visita, se magari volessi una mano per trovare chi
cerchi" mi porse il biliettino con scritto nome, numero di telefono e
dove lavorava, ed io sarei voluto saltare dalla gioia perché
non avrei perso i contatti con lui e voleva anche aiutarmi.
Il giorno dopo mi presentai o meglio dire mi precipitai dove lavorara,
posto che scoprii essere uno studio discografico e indovinate Oscar o
meglio Stephen era un cantautore, scriveva le proprie
canzoni, cantava e incideva dischi suoi e di altri cantanti
che gli sembravano
avere del talento.
In fede mia giuro di non aver mai sentito nemmeno per sbaglio Oscar
cantare, in effetti il fatto che cantasse mi stupì e non
poco,
comunque era sempre un lavoro che faceva parte del mondo dell'arte, era
un'artista e chi meglio di lui poteva diventarlo.
Lui non si stupì di vedermi arrivare era come se
già lo
sapesse, mi accolse con il più bello dei sorrisi, ancora ma
sono
fissato pensai, comunque fu gentile da subito mi lasciò
assistere alle
prove e scoprii che oltre a suonare la chitarra, si dilettava in
maniera egregia anche con il piano.
Lo riempii di complimenti e in alcuni momenti sperai di non sembrargli
falso, tutto quello dicevo lo sentivo nel cuore, e lui era
veramente bravo, dovevate sentire la sua voce così poetica,
melodiosa e morbida, rimasi incantato come se le mie orecchie non
avessero mai udito suono più bello, e quando si
avvicinò
a me le ginocchia mi tremarono, mi disse che sarebbe uscito prima dal
lavoro per fare una passeggiata con me, sempre se mi andava, e me lo
chiedeva pure come potevo rifiutare un'occasione simile.
Camminavamo insieme fianco a fianco in un viottolino che passava
attraverso un grande parco, una sensazione di dejavou mi
avvolse,
guardai Stephen con la coda dell'occhio e mi sembrò che
anche lui fosse
nella mia stessa situazione, aveva la tipica espressione di chi cerca
di ricordare qualcosa "Allora Alex se non sono troppo indiscreto posso
chiederti qualcosa riguardo alla persona che stai cercando" quella
domanda mi spiazzò e non poco, mi fermai di colpo e iniziai
a gesticolare
dicendo "Beh vedi lui è un mio amico, il mio più
caro
amico e abbiamo litigato in maniera molto accesa, ed io gli ho detto
delle cose" gli occhi mi si inumidirono "Lui è venuto qui,
ed io
voglio chiedergli perdono ma il punto, è che non so se
potrà mai perdonarmi. Lo ha già fatto una volta
parecchi
anni fa, ed ora io" mi uscì un sosprio tremante e notai che
lui
mi osservava in modo serio e allo stesso tempo dispiaciuto.
Mi si avvicinò quel tanto che basta per far fare una
capriola al
mio cuore, sentivo il suo profumo, la sua mano sopra la mia spalla "Se
siete così amici come hai detto vedrai che
troverà il
modo di perdonarti, due amici non possono stare a lungo separati se
è grande l'affetto che li lega. Vedi è strano ma
capita
di litigare più spesso alle persone che sono unite da
qualcosa
di invisibile, le persone che si amano di più tendono a
scontrarsi" non lo lasciai terminare "Perché?
Perché non
si può andare semplicemente d'accordo? Perché ci
deve
essere sempre uno che ferisce e l'altro che subisce fino a che non ne
può più. E' colpa mia Stephen sono io il, il
cattivo
della vicenda."
Ci stavamo guardando negli occhi e per un attimo ebbi la sensazione che
lui avesse capito tutto "La colpa non è mai di uno solo
ricordalo sempre Alex. Nessuno lo ha obbligato ad arrivare sino al
punto di non poterne più, poteva fermarti prima, poteva
bloccare
i vostri litigi quando ancora erano accettabili. Vedrai che
troverà nel suo cuore il modo di perdonarti" io lo fissai
titubante "E se non lo facesse?" si schiarì la gola poi mise
anche l'altro braccio sulla mia spalla libera, voleva uccidermi questo
era chiaro, "Allora te ne farai una ragione, significa che le
vostre strade si dovevano dividere e la vita ha trovato il modo di
farlo accadere, per quanto a noi non piaccia ma dobbiamo accettarlo.
Chissà magari ci sono altre meravigliose cose in serbo per
te,
che potrai scoprire solo allontanandoti da questa persona."
Mi chiese anche il nome di questo mio amico ed io gli risposi
prontamente
che non aveva importanza perché sapevo già dove
trovarlo
"Allora perché non sei ancora andato da lui?"
tirò
giù le braccia dalle mie spalle ed io percepii come un vuoto
"Non è ancora pronto" risposi lui sbuffò
con aria intenerita "Come fai ha sapere che non è pronto se
non
lo hai ancora incontrato?" a quel punto capii che sì, mi ero
fregato da solo.
Comunque me ne uscii dicendo che forse ero io a non esserlo e lui fece
una cosa che proprio non potevo aspettarmi, soprattutto
perché
ci eravamo appena conosciuti, mi invitò a casa sua e se ci
fosse
stato un tempo accettabile avrebbe fatto un barbeque, io che non potevo
starmene zitto gli feci notare la cosa e lui mi disse che gli ispiravo
fiducia, che sin dal primo momento ha sentito una specie di sintonia
tra noi, come se fossimo stati destinati ad incontrarci poi gli
stavo simpatico e voleva aiutarmi con il mio problema.
Restai cinque minuti davanti alla porta intimorito dal minaccioso
campanello, ero
agitato ed eccitato allo stesso tempo, stavo per vedere casa sua che da
fuori già era bellissima, un giardino ben curato con fiori
di
ogni colore, l'erba era così verde che sembrava risplendere
la
casa affacciava su un portico con due colonne ai lati, per raggiungere
l'entrata bisognava salire tre scalini, i muri erano su
tonaltà
chiare e un po' rustici che rendevano il complesso un vero piacere per
gli occhi.
Quando mi decisi a suonare il campanello quello che venne ad aprirmi
non era Stephen, rimasi spiazzato "Tu devi essere Alex? Vieni entra"
esordì con un grande sorriso fin troppo entusiasta per i mie
gusti, misi piede dentro camminando lentamente come se il pavimento
scottasse e dovessi fare attenzione a non bruciarmi "Io sono Robert,
piacere" mi voltai di scatto quasi mi ero dimenticato della sua
presenza, ci stringemmo la mano "Alex" sorrisi lievemente, anche se
non so perché avevo voglia di tirargli un pugno.
Mi fece accomodare in salone dicendo che Stephen sarebbe arivato tra
poco, il divano dava sul verde ed era di un tessuto liscio, si stava
comodi constatai, l'arredamento era molto estroso c'erano quadri non
identificabili per la mia mente, mobili di legno bianchi e un tavolo di
vetro, a terra c'era un tappeto rosso poi vicino al divano c'era un
poof a forma di mucca, si avete capito bene mucca.
Era un bel uomo Robert non c'è che dire non troppo alto,
corpo
muscoloso ma equilibrato per la sua altezza, capelli neri corti
leggermente sparati in alto, labbra sottili, naso leggermente
all'insù, perfetto per quel viso e soprattutto dei grandi,
immensi occhi scuri, credo di non aver mai visto in vita mia degl'occhi
così grandi, sì era proprio bello e questa
constatazione
mi fece venire uno strano mal di stomaco.
Mentre aspettavo sentii qualcuno scendere di corsa le scale, mi alzai
voltandomi in quella direzione e pensai che pure se non ero stato una
brava persona morire così giovane in questa vita era
decisamente
troppo, di fronte a me Stephen a petto nudo che mi sorrideva,
sbattendomi in faccia quel fisico scolpito, cercai di rimanere
concentrato sul
suo volto e di non abbassare lo sguardo per non sembrare un pervertito,
si avvicinò a me ed io preso dall'imbarazzo indietreggiai
inciampando nell'angolo del divano, ma perché mi faceva
questo
effetto mi chiesi.
"Scusa Alex mi stavo allenando e mi è sfuggita l'ora, ho
lasciato qui la mia camicia sono un po' disordinato sai" era in
imbarazzo, ed era tremendamente carino cioè lui è
sempre
stato quello sicuro di sè, stavo per dire qualcosa quando
Robert
spuntò improvvisamente "Ti fai sempre attendere eh Steph"
lui
rise, sembravano così complici e mi sembrò quasi
di non
esistere in quel momento, come se fossi sparito.
"Sicuramente vi sarete già presentati ma a me piace fare le
presentazioni ufficiali quindi, Alex questo è Robert il mio
compagno e Robert questo è Alex ".
Aveva detto il suo compagno, Robert era il suo ragazzo e a me nemmeno
per un secondo mi era passato per la testa che potesse essere qualcuno
di così importante per lui, mi diedi mentalmente dello
stupido, avrei potuto arrivarci prima così da evitarmi
quella doccia fredda.
Robert era il suo compagno ed io ero solo Alex, non so
perché
questo mi diede così fastidio sta di fatto che mi sentii
male,
un magone si era formato in gola e lo stomaco sembrava essersi
trasformato in un sasso, mi venne la nausea e non potevo fare niente
nemmeno darlo a vedere perché non ne avevo alcun diritto,
neanche come amico perché io e Stephen eravamo solo
conoscenti e
forse neanche quello.
Sorrisi in maniera tirata stringendo nuovamente la mano a quell'uomo
che avrei preferito vedere ingoiato da una voragine "Wow bella stretta
campione" mi disse, forse avevo stretto un po' troppo forte e di questo
me ne compiacei "Grazie dell'invito a beh tutti e due. Avete una bella
casa complimenti" dissi cercando di spostare il discorso e pensare ad
altro "Tutto merito di Rob, lui è un vero genio quando si
tratta
di arredare" ignorai quello che mi disse e risposi "Non può
essere solo merito suo, se tu ti occupi della casa come canti i
risultati non possono che essere impeccabili" Stephen arrossi
vistosamente, beccati questa Robert pensai.
In fondo non avrebbe dovuto importarmi io ero venuto fin qui per
chiedergli perdono e magari tornare ad essere amici, non per
mettere becco nella sua vita privata, non dovevo permettere a questa
notizia di distrarmi dal mio obbiettivo.
Questi erano i pensieri che affolavano la mia mente durante la cena, il
tempo era accettabile quindi il barbecue era stato fattibile mentre
Stephen continuava ad elogiare il suo ragazzo quanto fosse bravo,
intelligente, addirittura geniale io avrei voluto urlare che molto
tempo fa era lui il genio, lui che veniva elogiato e ammirato e che
sicuramente lo sarebbe stato anche adesso.
Come scoprii più tardi il mio Oscar non era uno che in
questa
vita faceva sfoggio delle sue abilità, preferiva notare
quelle
altrui, e lui si limitiva a fare ciò che amava di
più
senza che il mondo necessariamente lo dovesse sapere.
Inoltre Robert era un attore anche abbastanza famoso, il che lo
rendeva l'uomo ideale, le aveva porpio tutte santo cielo, bello,
talentuoso e famoso il tipo d'uomo che Oscar si merita e si
è
sempre meritato, lo rendeva felice e gli dava tutto quello che io non
ero
mai stato in grado di dargli "Alex stai bene?" mi chiese Stephen ed io
non capii a cosa si riferisse "Non sarà stato il mio cibo?"
esordì Robert pulendosi gli angoli della bocca con un
tovagliolo, io non risuscivo a rispondere tutto intorno a me era
confuso sentii solo Stephen che diceva "Certo che no caro. Vieni Alex
ti porto dentro" poi mi sentii tirare su per un braccio e infine
più nulla.
Eccoci al termine del
secondo capitolo, spero che la storia fin qui vi stia piacendo io mi
sto divertendo un sacco a scriverla.
*L'ultima frase
è una citazione di Oscar Wilde.
Grazie a tutti da chi
legge a chi recensisce una bacio e un abbtraccio.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3778422
|