Un cuore di metallo.

di Lellaofgreengables
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Domenico ***
Capitolo 2: *** Marina e Domenico. ***
Capitolo 3: *** Cap 3 . Marina e Domenico. ***
Capitolo 4: *** Marina e Domenico. ***
Capitolo 5: *** Marina e Domenico. ***
Capitolo 6: *** Marina e Domenico. ***
Capitolo 7: *** Marina. ***
Capitolo 8: *** Marina e Domenico. ***
Capitolo 9: *** Marina e Domenico. ***
Capitolo 10: *** Marina ***
Capitolo 11: *** Domenico ***
Capitolo 12: *** Marina e Domenico. ***



Capitolo 1
*** Domenico ***


Quel tipo era insopportabile. Domenico non riuscì a resistere e chiese a suo fratello Fortunato se Marina si fosse laureata, anche se di fatto conosceva la risposta. "Ha preso 110 e lode" gli ricordò il suo gemello

"Allora perché quel suo professore è qui?" domandò lui di rimando, pur conoscendo la risposta. Una ragazza meravigliosa come Marina si accontentava di un pallone gonfiato, che molto probabilmente aveva una moglie a casa ad attenderlo e che si prendeva gioco della sua ex studentessa. Non riusciva a smettere di guardare con furia in direzione del professore, che osservava un quadro e beveva il vino prodotto dal maggiore dei fratelli Strano, Bernardo. 

"Perché con lui sta bene." gli fece notare Fortunato, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.  Non lo era, non per lui almeno. Erano nel casale di campagna che apparteneva a Benedetta e a Bernardo. Ironia della sorte. Sembrava proprio che le sorelle Costa - Ferraris e i fratelli Strano fossero legati da una calamita. Infatti la sorella maggiore di Marina era la compagna di Bernardo, e perfino il fratello minore di Domenico, Ciccio, era visibilmente cotto della piccola della famiglia Costa - Ferraris, Clara, che però non lo prendeva minimamente in considerazione se non come un amico da prendere in giro con le altre compagne di scuola. 

C'era stato un periodo in cui, verso i dieci anni, anche lui e Fortunato si erano contesi le attenzioni della intelligente e bionda Marina Costa - Ferraris, che dietro a un paio di spessi occhiali, aveva gli occhi più celesti che Domenico avesse mai  visto, occhi che vedevano lontano, che sognavano un futuro migliore, che si perdevano tra i pianeti e le stelle. Con un sorriso Domenico ricordò il regalo che aveva fatto a Marina all'epoca e che le aveva consegnato il giorno delle nozze della cugina Immacolata con Ugo: un piccolo cuore di metallo che lui, costretto a lavorare a soli dieci anni in una officina, mentre Fortunato poteva continuare con gli studi, aveva creato appositamente per la sua adorata amica e vicina, durante le pause di lavoro. 

Ricordò anche il momento in cui diede alla bambina un bacino sulla guancia, chiedendole se l'aveva infastidita. Come era imbarazzata Marina in quel momento... Per fuggire da lui affermò di avere sete e corse via, in direzione del banchetto nuziale. Ma più tardi Domenico scoprì che era stata intercettata da Fortunato e che anche il suo gemello le aveva dato un bacio, e precisamente sull'altra guancia.  Il giovane animatore ricordò tutti gli stratagemmi che lui aveva escogitato per allontanare Marina da Fortunato, tutto quello che aveva fatto per tenerle la manina mentre passeggiavano nel parco.  Non aveva più ricordato la faccenda del cuoricino di metallo per anni, anche perché Marina aveva deciso sin da subito di essere solo una amica per i gemelli. Eppure negli ultimi tempi, quando rivedeva la sua vicina di casa, le rare volte in cui non lavorava come animatore sulle navi da crociera o in qualche villaggio turistico , si era lasciato andare ai ricordi di quei momenti. Chissà se anche a lei capitava lo stesso... Chissà se  la secondogenita di Vittorio Costa conservava ancora quel piccolo cuore.  Marina non poteva provare interesse per quel noioso pallone gonfiato di Leopoldo, il professore di archeologia, anche se quella materia era la ragione di vita della Ferraris. 

"Staranno anche bene insieme ma a me sembra un vecchio." fece notare a Fortunato, che però non condivideva il suo pensiero, del resto anche suo fratello a volte sembrava un anziano, anche se avevano la stessa età. E anche Marina si vestiva con colori spenti, sembrando più grande  della sua età. Non riusciva a evitare di gettare su Leopoldo uno sguardo carico d'ira. 

Fortunato pensò bene di lasciarlo da solo per raggiungere gli altri, che stavano festeggiando il nuovo fidanzato della mamma di Marina, Anna.  Leopoldo si avvicinò a Domenico mostrando nei suoi confronti la medesima antipatia che il giovane Strano aveva per lui.  Senza che Domenico potesse fare nulla per evitarlo, il professore iniziò a raccontargli per filo e per segno, ogni dettaglio del nuovo scavo archeologico di cui lui e Marina si sarebbero occupati.  L'intento del saccente Leopoldo era chiaro: farlo sentire un completo ignorante. Marina e Fortunato si erano laureati e il suo gemello lavorava all'università come ricercatore  di fisica; la giovane Ferraris era una promettente archeologa mentre lui, Domenico, era l'animatore dei villaggi turistici, quello che sin da bambino aveva preferito la recitazione e la danza allo studio, anche quando i genitori avevano potuto fornirgli una vera istruzione, come al gemello. Leopoldo puntava proprio su quello, sul farlo sentire così diverso dai tipi come lui, Marina e Fortunato, da renderlo terribilmente inadatto.  Domenico però non voleva essere diverso da ciò che era e credeva che prima o poi avrebbe trovato la sua strada, fornendo svago e divertimento a chi ne avesse avuto il bisogno. 

In quel momento arrivarono Marina e Fortunato. Il suo gemello gli porse un bicchiere di vino, mentre Marina si mostrò felice di ritrovare il suo professore. Leopoldo lo aveva definito un cabarettista, e lo aveva fatto con disprezzo davanti alla sua migliore amica e al suo gemello. Avrebbe voluto prenderlo a pugni ma riuscì a trattenersi. Sapeva che prima o poi quel damerino avrebbe spezzato il cuore di Marina, ma riuscì a controllarsi anche davanti all'arroganza di quel professore. Cercando di mantenere il controllo, Domenico chiese a Marina notizie sul nuovo scavo archeologico, con la speranza che la giovane donna che aveva davanti e per la quale provava degli strani sentimenti, per una volta si schierasse dalla sua parte, come aveva sempre fatto sin quando erano bambini, e come non accadeva più da tempo. 
 

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Capitolo 2
*** Marina e Domenico. ***


Marina conosceva Domenico sin da quando erano bambini e sapeva capire benissimo quando il suo amico era furioso. In quel momento il giovane Strano aveva tutta l'aria di voler saltare al collo di Leopoldo, anche se tentava di dissimularlo.

"Il professore mi ha detto che avete iniziato un nuovo scavo." Domenico le rivolse la parola, sottolineando il termine professore. Era chiaro che anche lui era a conoscenza, come tutti gli altri amici e parenti, del fatto che il rapporto tra lei e il suo ex relatore, andava ben oltre. Il termine corretto sarebbe stato fidanzato. 

"Si, un villaggio paleocristiano." Marina annui, sorseggiando lentamente il vino dal bicchiere che aveva in mano. Forse l'atmosfera poteva ancora distendersi. "Perché non venite a trovarci?" disse, rivolgendosi ai gemelli.

Fortunato accettò immediatamente. Era un ricercatore alla facoltà di Fisica ma amava informarsi su ogni disciplina. "No grazie" fu la secca risposta di Domenico. La Ferraris notò lo sguardo carico di disapprovazione di Leopoldo e cercò di sdrammatizzare con un sorriso. "Hai visto" notò rivolgendosi al suo fidanzato "Uguali fuori, all'opposto dentro." Con il sorriso ancora sulle labbra, convinta di aver evitato un epico scontro, Marina si rivolse a Domenico, che la osservava piuttosto contrariato: "Perché non dovresti venire, scusa?" gli domandò.

"Perché ognuno ha i suoi villaggi. Voi quelli paleocristiani e io quelli turistici." le parole di Domenico per un attimo la spiazzarono ma Leopoldo colse la palla al balzo per una delle sue invettive contro la società di oggi, che in gran parte Marina condivideva. 

"La perfetta metafora della nostra società. La gente pensa solamente a divertirsi." fece notare con una certa aria di superiorità Il professore, rivolgendosi anche alla Ferraris e a Fortunato, ma con l'intento di offendere soprattutto Domenico, che considerava la personificazione di quel male sociale, che lui combatteva. 

Ma Strano non era sciocco anche se in effetti non possedeva una cattedra all'università di Torino. Aveva compreso benissimo lo scopo delle parole del professore, che cercavano di metterlo in difficoltà davanti a suo fratello e a una delle sue più vecchie amiche. 

"Che cosa c'è di male se le persone amano divertirsi?" domandò Domenico, che del resto anni prima era stato costretto a perdere un anno di scuola per lavorare in una officina. Ricordava benissimo la stanchezza che provava alla fine di un lungo turno di lavoro e avrebbe volentieri ricordato a quel damerino, i sacrifici e le sofferenze patite dalla sua famiglia.  Se non ci fosse stata Marina, probabilmente lui e Fortunato non sarebbero riusciti nemmeno a prendere la licenza elementare. Ora invece suo fratello era una delle giovani menti più brillanti della Facoltà di Fisica dell'Università di Torino. Nella sua famiglia tutti conoscevano il sacrificio anche se Domenico aveva scoperto di amare lo spettacolo e non solo. Amava anche divertirsi ma questo non lo rendeva certamente uno sciocco. 

"Ma non è questo il punto." gli fece notare il professore, con l'aria di chi era riuscito nel suo intento. Sminuire il cabarettista davanti agli occhi della sua ex studentessa più brillante, mostrando la sua superiorità per l'ennesima volta. 

"Invece questo è il punto. Voi intellettuali considerate la gente solo per metterla in fila e coinvolgerla in attività noiose. Poi vi lamentate se gli italiani sono ignoranti. Ma per loro non avete fatto nulla, se non guardarli dall'alto verso il basso." ribatté Domenico, con durezza. Marina e Fortunato si sentirono davvero in imbarazzo, davanti al comportamento del giovane Strano. La Ferraris notò che Leopoldo era piuttosto soddisfatto. "La tua posizione è davvero interessante ma purtroppo non posso condividerla" affermò il professore con un tono che alcuni dei suoi alunni riconoscevano. Era quello con il quale l'uomo riprendeva gli studenti che avevano detto la più grande eresia del secolo, deridendoli davanti al resto dell'aula. Fortunato sorseggiava il vino in imbarazzo, anche perché era chiaro che le parole di Domenico contro il professore erano state piuttosto pesanti. 

Leopoldo però non era del tutto soddisfatto e decise di coinvolgere anche Marina nella disputa, chiedendole un parere sulla questione che lui e il giovane Strano avevano sollevato. 

"Anche io non condivido la tesi di Domenico." rispose Marina, divisa tra l'adorazione per il professore, con il quale condivideva la passione per l'archeologia e per il sapere (del resto anche lei era una vera intellettuale sin da quando aveva imparato a leggere) e la voglia di non essere costretta a prendere una posizione. 

Leopoldo fu soddisfatto e con un "Torno subito" andò via. 

Domenico però non riusciva a trattenersi e borbottò : " Come è noioso" riferendosi al professore, nonché fidanzato della sua migliore amica. 

Marina si innervosì. Perché il ragazzo non mostrava maggior rispetto per il suo compagno? Perché era stato così aggressivo, scatenando un diverbio per una sciocchezza?

"Domenico, ti prego!" si lamentò.

"Taci, che gli hai dato anche ragione." Si irritò Strano, rivolgendosi a Marina, e ignorando completamente suo fratello.

"Non gli ho dato ragione. Semplicemente la penso come lui." rispose la ragazza, che credeva che in amore fosse fondamentale condividere le stesse passioni e i medesimi  interessi, e che proprio per questo motivo si era infatuata di colui che per un anno, aveva seguito la sua tesi. L'amore poteva unire coloro che avevano due modi completamente diversi di affrontare la vita?

"Fortunato, diglielo anche tu" aggiunse la ragazza, mettendo in ballo l'altro gemello, che fino a quel momento era rimasto chiuso in un silenzio ricco d'imbarazzo. 

"Domenico, in effetti sei stato parecchio aggressivo nei confronti di Leopoldo."  fece notare il ragazzo, con un tono timido al fratello, che riuscì immediatamente a ridurlo in silenzio.

Domenico ignorò il gemello e tornò a rivolgersi a Marina, che ora era in preda all'imbarazzo. La conversazione aveva preso una piega pessima e lei non sapeva più come tornare indietro. 

"E se la pensi come lui allora perché non te lo sposi?" le domandò Domenico con un tono provocatorio? Marina sobbalzò. Possibile che il suo amico fosse venuto a conoscenza dello stato civile di Leopoldo. 

"Io non gli ho detto nulla." si giustificò Fortunato ed era vero.  Domenico era giunto alle giuste conclusioni, anche senza avere i titoli accademici di Marina e dell'altro gemello Strano. 

"Così il tuo professore è sposato?" domandò il ragazzo a Marina, con una certa soddisfazione nella voce. La giovane  ebbe un soprassalto dettato dallo sdegno. "Leopoldo è separato." disse. Credeva forse di avere davanti agli occhi una rovina famiglie?

"E allora che problema c'è? Devi soltanto aspettare." Con queste parole Domenico si allontanò, lasciandola sola con Fortunato, che era ancora  in preda all'imbarazzo per il comportamento del fratello.   Le parole del giovane Strano avevano fatto intuire a Marina che avrebbe potuto attendere anche in eterno il divorzio del suo Leopoldo. Eppure non fu il professore a riempire la mente di lei, ma un ricordo. Era il giorno del matrimonio di Immacolata con Ugo e lei e Domenico erano soli davanti alla chiesa. Avevano dieci anni ed era il 1967. Lui le aveva appena regalato un piccolo cuore di metallo che aveva fatto per lei in officina. Poi l'aveva baciata sulla guancia. Marina ricordò il calore che si era diffuso sulla sua guancia di bambina, e le sembrò di sentirlo ancora, tanti anni dopo, sul suo volto. Perché aveva rievocato proprio quel momento? "Tuo fratello non lo sopporto." disse con rabbia a Fortunato. " L'amore è condividere una passione"rammentò a se stessa, prima di uscire dalla stanza in cerca di Leopoldo. 

 

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Capitolo 3
*** Cap 3 . Marina e Domenico. ***


 

Pranzarono tutti insieme sotto il portico del casale di Benedetta e Bernardo. Marina era contenta per sua madre e trovava che Ettore, il fidanzato che la donna aveva presentato loro proprio quel giorno, fosse un uomo educato, gentile e in grado di rendere felice Anna Ferraris, il cui cuore era stato spezzato dieci anni prima da Vittorio Costa, il padre delle sue figlie.

Però quando Ettore si avvicinò con le labbra alle orecchie di Anna, sussurrandole che avrebbe voluto tanto baciarla ma che si rendeva conto che non era quello il contesto più adatto, Marina lo udì, visto che era difronte alla coppia e senza rendersene conto interruppe quel momento, domandando a sua madre: “Mamma, vuoi un po' d'uva? Te la porto.”

La ragazza si odiò perché certi comportamenti erano tipici di Clara e non suoi. Sua sorella infatti celava a malapena la rabbia che le provocava la presenza di Ettore, che infondo non aveva causato la separazione dei loro genitori.

Ma la mamma le sorrise e accettò la sua offerta. Anche Ettore sembrò non prendersela per l'interruzione. Fu in quel momento che la ragazza si rese conto che Salvatore Strano, il padre di Domenico, Ciccio, Bernardo e Fortunato era ancora assente.

“Ma Salvatore non torna più?” domandò a Teresa, la moglie dell'uomo.

La donna rispose in modo vago, evitando di dare una chiara risposta anche al figlio Ciccio, che le aveva chiesto anche lui delle spiegazioni.

 

Eppure Salvatore era impegnato in una missione che riguardava da vicino Marina e la sua famiglia.

L'uomo era andato all'aeroporto di Torino a prendere Vittorio Costa che aveva lasciato Manchester, la città inglese in cui viveva da dieci anni, per rivedere i figli, i nipotini, l'ex compagna e gli amici di una vita. Vittorio voleva fare loro una sorpresa raggiungendoli al casale di Benedetta, per quella riunione familiare alla quale aveva detto di non poter partecipare. Peccato che la sua presenza rischiava di mettere in pericolo la storia di Anna ed Ettore proprio quando l'uomo era stato appena presentato alle figlie della sua fidanzata. Teresa aveva inviato Salvatore a prendere Vittorio con un unico scopo: suo marito doveva impedire a Costa di raggiungere il casale. Ovviamente il piano fallì e l'automobile di Salvatore raggiunse al casale con due passeggeri a bordo.

Marina riconobbe subito suo padre e si sentì invadere il cuore di gioia, visto che erano mesi che non riusciva a incontrarlo. Leopoldo l'abbracciò, sapendo quanto fosse importante per la ragazza quel ritorno.

Ma il pensiero della giovane corse subito a sua monna Alberta Ferraris, che per anni aveva disprezzato suo padre chiamandolo “Coso”. Dieci anni prima la donna aveva accettato quell'uomo che però l'aveva subito delusa, mettendo incinta una segretaria di nome Emanuela e spezzando il cuore a sua figlia Anna.

Marina si avvicinò alla nonna e tentò di nuovo di mediare, usando per il bene della sua famiglia, tutta la razionalità che possedeva. Quel giorno aveva trascorso la giornata a mediare: tra Domenico e Leopoldo (con scarsi risultati), tra Clara e Ettore ( con pessimi risultati) e tra Clara e Giacomo, il fratello nato dalla relazione tra Emanuela e Vittorio.

Purtroppo sua sorella era sempre sgarbata con quel fratellino, che secondo Marina non aveva colpe per la separazione dei loro genitori..

La ragazza si rivolse alla signora Alberta: “Nonna, vieni a salutare papà.”

“No. Quell'uomo ha distrutto la mia vita. Ma non gli è bastato. Ha fatto anche del male a mia figlia e alle mie nipoti. Non voglio nemmeno guardarlo negli occhi.” Testarda come un mulo la signora Alberta Ferraris restò seduta al proprio posto, dando le spalle a quell'uomo che pur avendo trascorso venti anni nel peccato con sua figlia, non aveva mai condotto Anna all'altare.

Marina si rese conto di aver fallito per l'ennesima volta nel suo tentativo di mediazione.

Possibile che Domenico e sua nonna fossero così testardi e si ostinassero a non usare la testa?

La ragazza raggiunse la madre e le sorelle e Anna diede loro il permesso di andare a salutare il loro padre, senza lasciarsi condizionare da lei o da Ettore.

Fu con grande gioia che la ragazza si lasciò stringere tra le braccia del padre. Poi presentò a Vittorio il suo fidanzato Leopoldo, anche se suo padre aveva intuito il legame che la univa al suo ex relatore.

Domenico si chiese come potesse Vittorio stringere la mano di Leopoldo senza ordinargli di stare lontano da sua figlia. Marina si stava cacciando in seri guai, con quel tipo. Secondo il suo punto di vista lo stimato professore non aveva mai avuto l'idea di lasciare la moglie. Il giorno in cui Marina sarebbe stata cosciente di questa verità, il cuore della giovane si sarebbe spezzato. Il suo compito era di metterla in guardia ma a quanto pare per tutti gli altri quella relazione era del tutto normale.

Il giovane osservò con interesse tutti i tentativi di mediazione di Marina, sia quelli con Clara che non tollerava la presenza di Ettore e di Giacomo, sia quelli con la nonna Alberta. Amava il modo in cui Marina tentava di mediare tra tutte le persone a cui voleva bene. Era chiaro che la ragazza era divisa tra il dispiacere di avere due genitori separati e la gioia per sua madre, che finalmente era riuscita a ricostruirsi una vita. Quella giovane donna era sempre stata matura, anche quando erano bambini: a dieci anni Marina Costa era saggia come una donna di quaranta.

Il suo impegno per le cose che amava era degno di lode. Lui era l'opposto: il divertimento e il disimpegno erano i motti della vita di Domenico, che non sapeva essere razionale come la sua amica d'infanzia .

La voce di Ettore lo distolse dai suoi pensieri. L'uomo gli chiese dei consigli per un viaggio che intendeva fare in un futuro prossimo con Anna e le sue figlie. Domenico pensò che Marina avrebbe gradito certamente visitare parecchi musei e non sarebbe riuscita a resistere a lungo rinchiusa in un villaggio vacanze. Per lei il sapere era il vero divertimento.

Domenico diede una risposta a Ettore: quell'uomo gli stava davvero simpatico.

Poi le famiglie Costa e Strano trascorsero il resto del pomeriggio a fare delle foto di famiglia, sfruttando la passione di Benedetta per la fotografia.

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Capitolo 4
*** Marina e Domenico. ***


Marina osservava con interesse una scena davvero insolita. Nella cucina di casa Ferraris infatti, sua madre Anna, Clara e Vittorio stavano facendo colazione insieme, mentre Marina, che già indossava il cappotto e teneva la sua borsa a tracolla, si appoggiava alla vetrina della credenza, senza staccare gli occhi da quell'insolito quadretto famigliare. Clara e suo padre mangiavano le fette biscottate con la marmellata e sorseggiavano il loro caffè come se tutto questo fosse assolutamente normale.

Eppure erano passati dieci anni dall'ultima volta che Vittorio aveva fatto la colazione con Clara e Anna in quella cucina. Dieci anni che avevano lasciato delle cicatrici profonde in tutti loro, soprattutto nella piccola Clara, che era diventata una adolescente ribelle, furiosa con il mondo.

“Ho una notizia da darvi” annunciò Vittorio. Marina si chiese per quale motivo suo padre, che dopo la rimpatriata al casale del giorno prima, aveva trascorso la notte in casa di Benedetta, non fosse in realtà seduto sul comodo sedile di un aereo per l'Inghilterra, come aveva programmato.

Quale notizia da comunicare poteva aver interferito con quel piano? Marina si impose di non illudersi con false speranze. La sua razionalità l'avrebbe sempre salvata dalle delusioni dolorose, come quella di dieci anni prima.

“Papà, ti prego! Non tenerci sulle spine!” disse dopo aver essersi scambiata uno sguardo carico di preoccupazione con Clara.

“I miei capi mi hanno proposto il ruolo di amministratore delegato dell'azienda.” disse l'uomo.

Marina sorrise al colmo della felicità per il padre mentre quell'opportunista della sorella minore valutava la novità in base all'interesse e al denaro. Tipico di Clara che infatti chiese: “Questo significherà uno stipendio più alto, vero?”

“Congratulazioni, Vittorio.” sorrise Anna.

“Sono felice per te, papà” si congratulò Marina.

“Frenate le vostre congratulazioni, vi prego. Ho rifiutato l'offerta” le informò Vittorio, addentando una fetta biscottata con indifferenza, come se non avesse appena dato un calcio alla sua carriera.

“Tu sei diventato pazzo, papà!” lo rimproverò Clara, che vedeva sfumare la possibilità di trarre dei benefici dall'aumento di stipendio del padre.

“Clara...” la rimproverò Marina. “Non rivolgerti a papà in questo modo”. Per tutta risposta la sorella le rivolse una linguaccia e scimmiottò quanto Marina le aveva appena detto.

Anna Ferraris però non badava ai litigi delle figlie: la donna era tutta concentrata sul suo ex compagno.

“Ma allora cosa farai, Vittorio?” gli chiese stupita.

“Tornerò qui.” rispose lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“Qui dove?” domandò Anna, incredula mentre sui visi di Clara e Marina si disegnavano dei luminosi sorrisi.

“Qui a Torino. Oggi stesso mi cercherò un appartamento. Anna, stai tranquilla. Non mi metterò in mezzo alla tua relazione con … Achille.” spiegò Vittorio mentre Marina e Clara ridevano. Per una volta la bionda e razionale archeologa non aveva preso le difese del fidanzato della madre: era infatti chiaro che Vittorio si fosse volutamente sbagliato a pronunciare il nome dello psicologo, con cui Anna si era fidanzata. Ma in quel momento riusciva a essere solamente felice per il ritorno di suo padre.

“Ettore” Con un sorriso Anna corresse Vittorio, che le propose di accompagnarlo a cercare un appartamento in cui vivere. Ottenne un rifiuto però in compenso le sue figlie lo abbracciarono, rallegrandosi per il suo ritorno a casa.

Nonna Alberta aveva assistito all'intera scena nascosta dietro ad una porta e con una maschera verde sul viso. “Quest'uomo è un pazzo” era stato il suo commento. Alberta Ferraris era l'unico membro della famiglia che non si rallegrava per il ritorno stabile di Vittorio Costa a Torino.

 

Qualche ora dopo Marina era davanti alla porta dell'appartamento della famiglia Strano, situato al piano superiore rispetto a quello dei Costa. La ragazza suonò al citofono e qualche secondo dopo vide apparire un ciuffo di capelli sistemati con della gelatina. Domenico le rivolse un sorriso allegro. Sembrava aver messo una pietra sopra al battibecco del giorno prima. “Ciao, Marina.” la salutò, facendole segno di entrare. Il ragazzo era solo in casa: un fatto raro per una famiglia numerosa come gli Strano.

“Ciao. Fortunato si è offerto di prestarmi la sua valigia. Domani mattina partiremo per Napoli. Per il famoso villaggio paleocristiano.” gli ricordò lei, ripensando anche al suo rifiuto di andarla a trovare.

“Si. Mio fratello mi ha lasciato questa per te.” la rassicurò il ragazzo, entrando nella stanza che divideva con Ciccio e Fortunato, e uscendone trascinando una valigia.

“Grazie. Bene, allora ci rivedremo quando tornerò. Sempre se sarai ancora a Torino. Ciao Domenico.” Marina si stava avviando alla porta, ma Strano la fermò.

“Potresti anche fermarti a bere un caffè con me. Non mordo”.

“Credo di averti disturbato. Sembra proprio che tu fossi sul punto di uscire.” notò Marina scrutando l'abbigliamento di Domenico, con un po' di disappunto. Sembrava davvero un presentatore della tv.

“La ragazza con cui ho appuntamento può anche aspettarmi. Noi due siamo vecchi amici, no?” le domandò lui, mentre le versava del succo di frutta su un bicchiere, invece del caffè che le aveva promesso.

“Siamo anche molto diversi. Litighiamo sempre su tutto.” gli fece notare lei, afferrando il bicchiere che lui le porgeva.

“Prima hai detto che credi che al tuo ritorno potrei anche non essere a Torino? Vuoi mandarmi via?” le domandò Domenico, con un sorriso divertito.

“Proprio ieri hai detto che ognuno ha i propri villaggi. Quelli paleocristiani stanno richiamando me e quando tornerò potresti essere in qualche bellissimo complesso turistico a lavorare come ...” Stava per aggiungere la parola pagliaccio, ma riuscì a fermarsi.

“Come un pagliaccio?” Domenico finì per lei la frase, senza offendersi minimamente. “No, ho chiuso con i villaggi turistici. Sei la prima persona a cui lo dico, quindi acqua in bocca. E comunque ho scoperto di non essere l'unico a essere tornato a Torino. Mio padre mi ha parlato del ritorno di Vittorio.” Domenico le rivolse l'ennesimo sorriso.

“Sono felice per il ritorno di mio padre. Sai che ho sofferto molto per la sua assenza.” gli fece notare lei, con un enorme sorriso. Era evidente che Marina era felice per il ritorno di Vittorio e Domenico era una delle poche persone a conoscenza del dolore che lei aveva provato dieci anni prima. Quando Vittorio aveva comunicato ad Anna la notizia della gravidanza di Emanuela, Marina, Clara, i gemelli, Ciccio e Lorenzo (il fidanzatino di Marina) erano in vacanza insieme a Ugo e Immacolata in Svizzera. Le ragazze Costa erano tornate a Torino convinte che i loro genitori si fossero riconciliati ma avevano dovuto fare i conti con la loro separazione, con l'arrivo del fratello che il padre aspettava dalla sua segretaria e con l'imminente partenza di Vittorio per l'Inghilterra.

Clara aveva avuto un reazione dura davanti alla notizia mentre Marina si era preoccupata di essere razionale come al solito. Aveva deciso di prendersi cura della sorella minore, di rendere meno difficile per il padre la gestione di una situazione familiare complicata e di rassicurare anche Anna, che ormai si sentiva un'anima in pena. Per una ragazza di quattordici anni era stato davvero difficile fingere di possedere delle sicurezze che non aveva, mostrarsi forte per gli altri e soffrire in silenzio. Un giorno Domenico aveva deciso di raggiungere Marina nella soffitta del condominio: sapeva che sicuramente la ragazzina poteva essere lì a piangere in solitudine. In effetti non si era sbagliato: Marina era davvero in soffitta ma non era sola. Il quattordicenne Lorenzo, ovvero il fidanzatino della ragazzina, la stava già consolando. Strano Era arrivato tardi. Agli occhi di Domenico, Marina e Lorenzo erano davvero due anime gemelle: amavano le stelle e i pianeti, si nutrivano di libri e stavano costruendo un telescopio. E proprio facendo riferimento all'astronomia e alla letteratura che Lorenzo fece tornare il sorriso a Marina, provocando in Domenico uno strano senso di malessere, al quale non era riuscito mai a dare un nome.

La voce di Marina riportò Domenico alla realtà.

“Se lascerai i villaggi turistici cosa farai?” gli domandò.

“Cosa faresti la sera dopo una giornata stancante?” le chiese lui, senza rispondere alla sua domanda.

“Prenderei un romanzo o un buon libro, mi posizionerei su una comoda poltrona. Sceglierei magari un saggio sull'arte antica o sull'astronomia.” Marina non esitò un attimo nel rispondere e Domenico si rese conto che davvero appartenevano a universi lontani anni luce.

“Credo che allora tu non sia ancora pronta per conoscere i miei progetti. Troppo frivoli per le tue sapienti orecchie.” ribatté lui, cercando di essere simpatico ma con scarsi risultati.

Marina cercò di porre fine a quella conversazione che stava prendendo una piega imprevista. “Non dovresti tirare troppo la corda e correre al tuo appuntamento. La tua amica potrebbe non essere disposta ad aspettarti.” gli fece notare.

“Non mi sarà difficile sostituirla con qualcun'altra.” il tono di voce scanzonato di Domenico fece infuriare Marina che replicò.

“Possibile che tu non riesca mai a prendere qualcosa seriamente? Pensi sempre e solo a divertiti.” Marina era ormai consapevole che erano giunti a uno scontro aperto.

“Ora usi le stesse frasi del tuo professore, complimenti.” le fece notare Domenico. Era diventato serio improvvisamente. “Credo però che anche il tuo Leopoldo sia il tipo che ama divertirsi. Non penso che tu sia per lui l'unica studentessa con la quale dilettarsi a scavare.”

Gli occhi di Marina si riempirono improvvisamente di lacrime. La mano dell'archeologa si alzò pronta a colpire il volto di Strano...

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Capitolo 5
*** Marina e Domenico. ***


 

La voce della piccola Rosa però fece abbassare la mano di Marina prima che colpisse il volto di Domenico. La Costa cercò di asciugarsi le lacrime prima che la sorellina di Strano entrasse in cucina, ma il suo tentativo fallì.

Gli Strano avevano atteso per molto tempo l'arrivo di una femminuccia e finalmente dieci anni prima, proprio quando Vittorio scopriva di aspettare un figlio da Emanuela, era arrivata Rosa. Era una bambina dolce e affettuosa , affetta dalla sindrome di down e con una grande passione per il pattinaggio su rotelle.  

La bimba entrò nella stanza stringendo una bambolina vestita di blu che ballava il flamenco. 

"Hai fatto piangere Marina?" domandò al fratello, dopo aver notato gli occhi rossi della loro vicina di casa.

"No,  Rosa. Sono solo allergica. Tuo fratello è stato così gentile da offrirmi un succo di frutta." le spiegò Marina, chinandosi per  dare un bacio sulla guancia della bambina e per mostrare interesse per la bambola. 

"Ti piace?" domandò Rosa indicandole la ballerina. "Me l'ha regalata Domenico. L'ha presa a Ibiza. Lui è sempre gentile." concluse la bambina, lanciando al fratello uno sguardo carico d'amore, che lui ricambiò. In effetti Domenico poteva avere molti difetti ma amava davvero i suoi fratelli. 

"Almeno c'è Rosa ad apprezzarmi." Domenico si rivolse a Marina con lo sguardo carico di disapprovazione. 

La Ferraris avrebbe voluto replicare ma l'arrivo di Teresa, che doveva essere rientrata in casa insieme a Rosa, la bloccò.

" Marina, che bello vederti. Vuoi fermarti a cena?" le domandò, scrutando sia la giovane vicina che il figlio. La donna era convinta che i due fossero reduci da uno dei loro grandi scontri. Marina e Domenico sembravano non avere nulla in comune e litigavano per delle sciocchezze. 

"Non devi preoccuparti per la mia presenza. Come ben sai, sto uscendo."  Domenico usò nuovamente con Marina  un tono duro.  L'archeologa lo ignorò e si rivolse alla signora Strano.

"Vorrei tanto poter accettare però domani mattina partirò. Mi attende un nuovo scavo. Devo preparare la valigia che  Fortunato mi ha prestato." Marina salutò tutti e se ne andò trascinando la valigia vuota. 

Mentre Rosa si chiudeva in bagno per lavarsi le mani, Teresa si rivolse al figlio: "Domenico, perché sei sempre così scontroso con Marina..." 

"Perché le voglio bene e cerco solamente di aiutarla." rispose lui. Ma se la sua amica desiderava illudersi con il suo professore, Domenico  poteva fare ben poco. 

Il mattino dopo Marina era alle prese con Vittorio Costa, che aveva trovato alloggio nello stesso condominio. Dalla finestra l'uomo poteva spiare l'ex moglie e anche le sue figlie. L'anziano ingegnere Vincenzini in effetti aveva lasciato questo mondo alla veneranda età di novantotto anni ( e Salvatore Strano avrebbe messo una firma per avere la sua stessa sorte) e i suoi eredi avevano messo immediatamente in affitto l'appartamento dell'uomo, che il padre di Marina aveva subito preso per sé. Prima della partenza dell'archeologa, Vittorio aveva deciso di mostrare alla sua secondogenita la sua nuova casa.  Ma la reazione della figlia lo aveva in parte spiazzato. 

"Papà, sei qui per controllare la mamma?"  gli domandò la ragazza. 

"No, sono tornato per stare con i miei figli. Voi quattro mi siete davvero mancati. E voglio dare una mano." le rispose Vittorio, sincero solo in parte. 

"Papà, lasciami partire tranquilla..." lo supplicò lei, temendo una nuova tragedia familiare. 

"La mia presenza dovrebbe tranquillizzarti. Saprai che ci sarò io a prendermi  cura della mamma, della nonna e di Clara." le rispose Vittorio.

"Papà, dalla finestra della cucina  puoi vedere la mamma e... potresti trovare  anche Ettore...." Marina era seria ma Vittorio continuò a ripeterle che il suo unico interesse erano le figlie. L'archeologa fece finta di credergli. 

Marina era in cortile accanto alla grande valigia di Fortunato.  Domenico si fece coraggio e le si avvicinò.

"Vuoi continuare con il nostro litigio?" domandò la ragazza. 

"Sono qui per chiederti scusa. Non dovevo usare certi toni con te. Mi dispiace. Stai aspettando il tuo professore per partire insieme a lui?" le chiese. 

"Leopoldo è già a Napoli. Doveva ispezionare il sito prima dell'inizio degli scavi.  Sono in attesa del padre di una mia collega, che ci accompagnerà alla stazione."  gli spiegò lei con un sorriso. Era finalmente tornata la pace tra loro due. 

"E com'è la tua amica? Carina? Potrei anche prendere in considerazione l'idea di accompagnare Fortunato a Napoli, quando verrà a trovarti. " Domenico era davvero un giullare. 

"La mia amica è bellissima ma fidanzata con un nostro collega, che parteciperà allo scavo con noi. Sei sempre il solito." Marina lo riprese con un enorme sorriso sulle labbra per poi aggiungere. "Se deciderai di accompagnare tuo fratello, sarai sempre il benvenuto." 

"Ti ringrazio, però non credo che riuscirei a sopportare la presenza di Leopoldo per più di ventiquattro ore. Ieri sera non dovevo usare certi toni, però credo davvero che il tuo stimato professore non sia la persona giusta per te. Non ritengo che sia sincero. Sei davvero certa che si stia davvero separando da sua moglie?" Domenico stava tentando disperatamente di aprirle gli occhi. 

"Ricominci? Avevamo appena fatto pace. Per quale motivo devi sempre rovinare tutto. Non ti sopporto quando  agisci in questo modo. Dovresti essere felice per me. Perché non ti comporti come Fortunato!" Marina si rese conto di aver urlato, quando sentì su di sé lo sguardo del portiere del palazzo. 

"Sarò anche un giullare ma gli amici veri mettono in guardia dagli errori e cercano di aprire gli occhi. Buon viaggio." E senza aggiungere altro il ragazzo uscì dal cortile. 

Intanto era giunta l'auto del padre della sua collega. L'uomo scese dalla macchina e l'aiuto a sistemare la sua valigia nel portabagagli. Marina non riusciva ad ascoltare i discorsi di Laura, la sua amica archeologa. I suoi pensieri erano occupati da Domenico. La Ferraris si diede della stupida perché  aveva infilato quel vecchio cuore di metallo in valigia. Perché non riusciva a separarsi dai ricordi dell'infanzia che la univano a Domenico?

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Capitolo 6
*** Marina e Domenico. ***


In quell'autunno del 1981 le famiglie Costa - Ferraris e Strano lottavano con le loro ossessioni. Benedetta si rese conto che non desiderava più fotografare solamente la famiglia e la campagna e che forse era giunto per lei il momento di tornare a rendere la sua passione una professione. Ciccio era ossessionato dal suo amore impossibile per Clara, che a sua volta era concentrata sui vari ragazzi che ogni giorno si alternavano per accompagnarla a scuola. Persino Fortunato si rese conto che al mondo non esisteva solo la scienza.  L'amore entrò nella vita del gemello di Domenico quando la rivoluzionaria Caterina irruppe nel suo laboratorio all'interno dell'Università. La giovane doveva scappare alla polizia che stava caricando i suoi compagni e Fortunato decise di aiutarla perché era stato colpito da un vero colpo di fulmine. 

Quando tornò a casa dopo quell'incontro trovò il suo gemello al telefono.

"No, Emilio. Non tornerò. Con i villaggi turistici ho chiuso." annunciò Domenico al suo interlocutore. Poi dopo aver agganciato si rivolse al gemello dicendo: "Oggi per me è un gran giorno". Fortunato rispose: "Anche per me, Domenico. Anche per me."

Se l'ossessione di Fortunato si chiamava Caterina, quella del suo gemello era la televisione. 

Il sogno di Domenico era poter portare i suoi spettacoli in tv, permettendo ai suoi spettatori di rilassarsi dopo una giornata faticosa. Non tutti infatti la sera amavano rilassarsi con dei libri, come facevano Marina e Fortunato.  Il talento per lo spettacolo era stato una salvezza per Domenico. Era stato bocciato per ben quattro volte in prima media e aveva visto i suoi amici prendere la licenza e iscriversi al liceo. Marina e Fortunato insieme agli altri coetanei del palazzo erano ormai entrati nel mondo dei adolescenti mentre lui era rilegato ancora in quel limbo chiamato infanzia. Marina lo considerava ancora un bambino solo perché era rimasto fermo in prima media e credeva che tutti i suoi problemi fossero legati alle figurine da scambiare. Suo padre Salvatore non faceva altro che elogiare il suo gemello, che veniva definito come il grande scienziato della famiglia mentre lui veniva considerato un  grande buono a nulla. Dopo il loro primo giorno di scuola al liceo, Fortunato e Marina stavano studiando insieme. Lei disegnava cuoricini perché si era presa una cotta per un tale di nome Patrizio, che poi sarebbe diventato il suo fidanzato.  Fortunato invece ripeteva l'alfabeto greco. "Alfa, beta, gamma". Il ruolo di Domenico era quello di stare sdraiato sul divano a giocare con la colla, che faceva aderire al palmo della sua mano. Stufo di quel divertimento iniziò a provocare Fortunato, deconcentrandolo.  Il suo gemello allora lo inseguì fino in bagno, nel quale Domenico si chiuse a chiave.  Fortunato esplose contro di lui con cattiveria:  "Impara la tabellina del due invece di tormentare noi.  Perché se tu non vuoi combinare nulla nella vita, noi invece si.  Ignorante." Il cuore di Domenico si spezzò in quel momento, mentre Fortunato riprendeva a ripetere l'alfabeto greco e Marina non si accorgeva di nulla al di fuori dei cuoricini che stava disegnando sul suo quaderno.  Il sentirsi inadeguato aveva spinto Domenico a compiere alcuni furti in una cartoleria e questo lo aveva posto ancor più in cattiva luce agli occhi di Salvatore.  Scoprire di essere dotato per il ballo e per la recitazione gli aveva salvato la vita perché aveva compreso di essere anche lui bravo in qualcosa. 

Vittorio Costa era ossessionato dal pensiero di sistemare le cose dopo dieci anni di assenza, per dimostrare alla sua ex compagna, che nel frattempo aveva accompagnato Ettore negli Stati Uniti, che era in grado di gestire la situazione. Per prima cosa decise di aggiustare il vecchio Ciao di Anna per regalarlo a Clara. Ma i suoi progetti sulla sorella minore di Marina non erano finiti lì. Desiderava far riappacificare Clara e Giacomo e quindi propose di portarli in campeggio in Svizzera. 

Marina era a Napoli e trascorreva tutti i giorni agli scavi, con le mani sporche di terriccio e un un casco giallo sulla testa. Il suo lavoro la rendeva felice ma anche lontano dai suoi cari doveva mantenere il ruolo della mediatrice. 

Suo padre la chiamò una sera in albergo. 

"Ho sistemato il Ciao della mamma, le ho proposto di partire insieme a suo fratello per la Svizzera e lei mi tratta come se fossi il nemico." le disse Vittorio. 

"Papà, sei stato via per dieci anni e non è facile aggiustare tutto. Clara soffre ancora per la vostra separazione. Vedrai che si sistemerà tutto." lo rassicurò Marina.

"Anche se sono stato via per molti anni, resto vostro padre." replicò Vittorio. 

"Ti prometto che le parlerò. La farò ragionare io." si impegnò Marina.

"Grazie, tesoro. Sapevo di poter contare sulla persona più saggia della nostra famiglia." la ringraziò l'uomo, prima di augurarle la buonanotte e di porre fine alla comunicazione. 

Il giorno dopo Marina Ferraris si prese una pausa dagli scavi e si recò nella cabina telefonica che era vicina al sito dove lavorava.  Compose il numero  di telefono di casa e come previsto fu Clara a risponderle.  Le due sorelle iniziarono a confrontarsi su Leopoldo. 

"Guarda che è il migliore nel suo campo." le fece notare Marina. 

"Non sto parlando di questo. Dico solo che piuttosto che mettermi con lui, io mi sarei sparata." il tono di Clara era viperino. Possibile che quella secchiona di sua sorella potesse accontentarsi di una persona tanto noiosa. 

Marina capì che era giunto il momento di tirare fuori il discorso legato alle lamentele del padre. 

"Papà dice che lo tratti sempre male" disse Marina. 

"Papà torna dopo dieci anni e pretende di aggiustare tutto quello che era rotto. Non è riuscito a mettere a posto nemmeno il Ciao di mamma. E ora vuole aggiustare il rapporto tra me e Giacomo." si lamentò Clara.

Marina sorrise e aggiunse: "Non essere troppo dura con lui. Ciao scemetta."

Clara salutò la sorella con un "Ciao quattrocchi." Poi l'archeologa pose fine alla telefonata. Dietro di lei apparve Leopoldo, che stava aspettando il suo turno per telefonare. 

Marina lo abbracciò e gli chiese: " Devi telefonare a tua moglie?" 

"Ma cosa ti viene in mente?" le rispose lui con un sorriso strano. 

"Scherzavo. Comunque tua moglie è straordinaria. Si è rassegnata alla vostra separazione senza fare alcuna recriminazione." Marina sorrise.

"Si, lei è una donna in gamba." fu la risposta del professore. 

"Più di me?" domandò l'archeologa. 

"Ma cosa dici?" la rassicurò Leopoldo, stringendola in un abbraccio e baciandola. 

Nel frattempo il capo di Teresa, l'ingegnere Marchisio era stato ferito da una pallottola sparata da qualcuno che indossava lo stesso braccialetto che Caterina aveva perso nel laboratorio di Fortunato, e che poi la ragazza avrebbe regalato al giovane Strano. 

Ma anche Salvatore Strano aveva la sua ossessione: per dimostrare di essere un imprenditore come Vittorio e Marchisio, si era fissato che l'affare del futuro sarebbero stati i bunker antiatomici prodotti in Svizzera. Teresa era preoccupata perché considerava quel progetto una grande idiozia e anche Vittorio nutriva molti dubbi in proposito. Una sera, prima di uscire per andarsi a divertire in qualche locale, Domenico entrò in cucina e trovò la madre intenta a cucinare il padre a fare i calcoli per il suo progetto dei bunker. 

"Ve lo dico per primi. Da domani basta con le navi da crociera e con i villaggi vacanze." annunciò. In realtà la prima persona a cui il ragazzo aveva comunicato la notizia era stata proprio Marina. 

"Ma che vuoi rimanere disoccupato?" si preoccupò Teresa. 

"Ma quale disoccupato, mamma. Me ne vado alla televisione. Avete capito?" rispose estasiato Domenico, che aveva contattato i capi di  Sabaudia Tv e ottenuto un provino con uno dei responsabili.

"Anche io sono stato chiamato da quelli della Svizzera.  Per il brevetto svizzero dei bunker. Sono stanze perfette, con l'aria pulita e tutto." fece notare un Salvatore piuttosto ossessionato al figlio. 

"Solo che a me pare una mossa azzardata. Ne ho parlato con l'ingegner Marchisio e lui condivide il mio pensiero. Nei hai discusso con Vittorio?" ribatté Teresa preoccupata, mentre Domenico leggeva l'articolo di giornale dedicato al progetto del bunker. 

"Chi è Vittorio? La mia balia? E poi, mia cara Teresa, l'istinto imprenditoriale non l'avete solo tu e questo Marchisio." si indispettì Salvatore. 

"Secondo me   oggi i  soldi si fanno con la televisione e non con la paura della guerra. , papà." ribatté Domenico, salutando i genitori. 

"Si, esci. Divertiti che alle cose importanti ci penso io..." borbottò Salvatore, continuando a fare i suoi calcoli. 

Fortunato passava ore  in bagno  e un giorno fu Domenico ad intercettarlo. Visto che non gli piaceva il modo in cui si era vestito il fratello, l'aspirante stella della tv rimodernò il look del gemello, che era chiaramente innamorato. Ma l'uscita di Fortunato con Caterina fu un autentico disastro. 

Ma anche l'ossessione di Domenico per la televisione non andò come Strano aveva immaginato. Infatti il dirigente di Sabauda  Tv gli fece delle avance, alle quali l'animatore rispose con un pugno.  Il ragazzo però non avrebbe mollato e avrebbe trovato un altro modo per sfondare nel mondo delle televisioni private. 

Marina aveva la sua ossessione deposta  nel palmo delle sue mani: si trattava del cuoricino che le aveva regalato Domenico anni prima. 

"Ma che carino." le disse Leopoldo riferendosi al cuore di metallo.

"Me lo ha regalato Domenico quando eravamo bambini. Si tratta di un portafortuna." rispose lei pensando al gesto dolce che aveva compiuto anni prima quel giullare. 

"Non pensavo che il principe del disimpegno avesse anche un lato dolce." mormorò Leopoldo, baciandole il collo.

"Domenico è pieno di difetti ma è sempre protettivo verso le persone che ama." Lo difese Marina. Per un attimo la ragazza desiderò che Domenico accompagnasse Fortunato a Napoli per la visita agli scavi. Però sapeva che non sarebbe mai accaduto. Appartenevano a mondi troppo diversi. 

 

 

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Capitolo 7
*** Marina. ***


 

Per dissuadere Salvatore dal progetto del bunker (che era davvero una grossa stupidaggine), Vittorio propose, su suggerimento di Teresa, all'amico di partire con lui e i figli per la Svizzera. Così la comitiva del viaggio aumentò fino a comprendere Ciccio, Clara, Giacomo, Rosa, Matteo, Marco, Salvatore e Vittorio. Matteo e Marco erano i figli di Bernardo e Benedetta, che erano stati affidati ai nonni, perché la loro madre era partita per Milano per lavoro. 

Fortunato approfittò di quei giorni per raggiungere Marina a Napoli. 

La sera prima della partenza,  il suo gemello lo raggiunse nella loro stanza mentre preparava la valigia. 

"Sei sicuro di non voler partire con me?" chiese lo scienziato della famiglia a Domenico.

"Certo. Non fanno per me le riunioni tra intellettuali. Che noia... E poi non voglio lasciare sola la mamma." rispose l'aspirante star. 

"Non dovrei lasciarvi soli..." iniziò Fortunato in preda ai rimorsi. 

"Hai bisogno di distrarti e anche Marina. Quel Leopoldo è davvero noioso. Dovresti farla uscire. Promettimi che non visiterete solo scavi e musei, ma che vi divertirete." 

"Domenico, noi amiamo altre cose. Siamo diversi da te." cercò di spiegargli Fortunato. 

"Per questo motivo ho deciso di non venire. Ognuno ha i propri villaggi." Domenico iniziò la frase con un sospiro, che poi si trasformò in una risata. 

Fortunato si domandò quando lui, Domenico e Marina si fossero tanto separati da non provare più piacere per le stesse cose. Eppure il ricercatore sapeva che il suo gemello avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere sia lui che Marina. 

Gli scavi erano pieni di elementi interessanti e Fortunato era davvero felice di aver raggiunto la sua migliore amica.  Una sera Leopoldo li aveva lasciati soli e Strano vide Marina tirare fuori dalla tasca del suo giaccone il cuore di metallo. 

"Quello non è stato un regalo di Domenico? Per la precisione te lo ha regalato il giorno in cui anche io ti ho baciato. Ero così geloso di lui.  Non facevamo altro che litigare per te. E invece ora sei come una sorella per noi."sospirò Fortunato.

"Non avrei mai potuto scegliere tra voi due. Sei un fratello per me, Fortunato. E vorrei vederti felice con questa rivoluzionaria." sospirò Marina, accarezzando il cuoricino. 

"Domenico invece non riesce a comprendermi.  Non condivide il fatto che io non pensi di sostituire Caterina con la prima bella ragazza disponibile. Non capisce il mio look, e nemmeno il tuo, se è per questo. Mi domando quando ci siamo allontanati noi tre. So che ci vuole molto bene però conduce una vita totalmente diversa dalla nostra." sospirò Fortunato. 

"Domenico non sa cosa significhi amare davvero qualcuno. Non credo che sia stato mai innamorato. Il suo desiderio di divertirsi, sempre e comunque, lo ha portato a scegliere sempre la strada meno impegnativa, a sostituire una modella con un'altra. Ci siamo separati il primo giorno delle superiori. Quando noi siamo andati al ginnasio e lui si è trovato a ripetere la prima media per la quarta volta. La salvezza di Domenico è stato il suo talento per il mondo dello spettacolo, perché l'eterno confronto con te lo stava distruggendo. So che ci vuole bene e che è capace di gesti nobili verso chi ama. Non mi avrebbe mai regalato questo cuore, altrimenti." spiegò Marina. 

Fortunato annui. "Forse ci siamo separati il giorno che i nostri genitori lo mandarono a lavorare in quella officina, permettendo a me di continuare gli studi. Ha perso un anno che non è mai riuscito a recuperare. Però ti considera una sorella, altrimenti non ti avrebbe mai regalato quel cuore e non odierebbe tanto Leopoldo." 

"Il cuore lo tengo solo come portafortuna. Non capisco la vostra antipatia per Leopoldo però." si indignò Marina, sollevata perché Fortunato credeva che lei e Domenico fossero come fratelli, e non si era messo strane idee in testa dopo aver riconosciuto il cuoricino. 

"Marina, personalmente adoro il tuo fidanzato. Mio fratello, però, lo considera un noioso pallone gonfiato, poco propenso a lasciare la moglie. Sta sbagliando nel suo giudizio ma cerca solo di proteggere la sua "sorellina".

Forse quello che davvero stava sbagliando nei suoi giudizi era Fortunato, che non aveva dato il giusto peso al cuoricino e ai rimproveri di Domenico nei confronti di Leopoldo. Forse stava categorizzando come "amore fraterno" un sentimento che aveva ben altro colore e significato. Un sentimento che nemmeno Marina e Domenico erano mai riusciti a definire davvero. 

Marina restò in silenzio a osservare le stelle. La ragazza ripose il cuore nella tasca del giaccone e sorrise. 

"Fortunato, ti auguro di essere felice accanto alla tua Caterina." sussurrò al suo migliore amico, dandogli un bacio sulla guancia. 

Intanto a Torino, Domenico si stava divertendo in una stanza d'albergo con l'ennesima ragazza della sua collezione. Per un attimo il giovane si domandò se non avrebbe fatto meglio a partire con Fortunato, sopportando anche la presenza di Leopoldo e la pesantezza degli scavi, pur di stare accanto a Marina.  "Perché la considero come una sorella" pensò, ingannando se stesso. 

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Capitolo 8
*** Marina e Domenico. ***


Fortunato aveva telefonato a suo fratello utilizzando la cabina telefonica posta accanto agli scavi.  Marina lo osservava con l'elmetto giallo in testa e le mani sporche di terriccio. Quest'ultimo particolare non sfuggì allo scienziato di casa Strano, che disse al suo gemello. 

"Certo che siete davvero agli antipodi, tu e Marina. Lei torna dal lavoro con le mani sporche di terriccio, mentre tu rientravi a casa dalle crociere con i coriandoli in testa." sorrise  Fortunato, gettando uno sguardo su Marina, che si fingeva indifferente alla conversazione telefonica dei due fratelli. 

"Fortunà, il concetto è piuttosto chiaro. Non devi ripetermi ogni volta quante differenze ci siano tra me e Marina. Voi due siete quelli intelligenti e io il pagliaccio.  A proposito sei riuscito a dimenticare quella ragazza dell'università? Hai liberato Marina da quel noioso pallone gonfiato?" domandò Domenico.

"La risposta a tutte e due le tue domande è un no. Vuoi che ti ripeta per l'ennesima volta quanto siamo diversi io e la nostra amica da te?  Mi interessa sapere se hai avuto fortuna con le televisioni private che stai visitando." La parola televisione, pronunciata da Fortunato,  risvegliò l'interesse di Marina per quella conversazione tra i due gemelli. 

"No, Fortunà.  Per ora nulla. Ma mi sto dando da fare e ho intenzione di chiedere aiuto anche a Vittorio. Lui ha fiuto per gli affari. Pensa che è riuscito a convincere persino nostro padre a rinunciare a quella stupidaggine del bunker." replicò Domenico.

"In verità è stata Rosa a farlo desistere. A proposito di papà, Domenico, sei sicuro che non si offenda per la tua richiesta di aiuto a Vittorio? Sai che nostro padre si sente sempre un po' sminuito." Fortunato iniziò a temere il peggio per la serenità famigliare. 

"Ho provato a parlare dei miei progetti con papà, ma niente. Lui è ostinato. Considera le televisioni private un pessimo investimento e me un cretino. Sai che stiama solo te." Per un attimo il tono di voce di Domenico divenne triste. Ma fu solamente un momento.  

"Non è vero. Ti apprezza  ma  ancora non sa come dirtelo. Il fatto è che a volte sembra che tu non dia importanza a nulla... In ogni caso ti auguro il meglio. Ora devo lasciarti perché anche Marina deve fare una telefonata a Clara.  La nostra archeologa è qui e ti saluta. Noi ci rivedremo domani, quando arriverò a Torino. Verrai a prendermi alla stazione?" 

Quando la conversazione dei gemelli terminò, Marina non telefonò a Clara, come aveva pianificato ma invitò Fortunato a sedersi accanto a lei, su un muretto. 

"Così il grande progetto di Domenico sono le televisioni private? Per questo motivo ha deciso di lasciare l'animazione nelle navi da crociera?" chiese a Fortunato. 

"Si. Il suo sogno è sempre stato quello di rallegrare le persone dopo una giornata di fatiche e dispiaceri.  Forse perché quando era bambino, è stato costretto a lavorare in officina per un anno. Non te ne aveva parlato?" chiese Strano. 

"Si, ha provato a farlo ma io ho risposto male a una domanda che mi aveva posto.  Avrà compreso che apparteniamo a mondi troppo diversi. 

"Si ma questo non ci impedisce di amarci come fratelli." le fece notare Fortunato.

"Come fratelli" ripeté la Costa, presa dei suoi pensieri. 

Era preoccupata perché non riusciva a smettere di pensare a Domenico e si dava della stupida visto che lui non si era nemmeno degnato di andarla a trovare. Quando alla fine parlò al telefono con Clara, che era appena tornata dalla Svizzera, Marina fu lieta di sapere che la sorella e Giacomo si erano chiariti e avevano scoperto di amarsi come fratelli. 

 

Il giorno dopo Fortunato trovò il suo gemello  ad attenderlo alla stazione. 

"Ho portato dei regali di Marina per tutti." annunciò dopo averlo salutato, indicando una busta piena di pacchi. 

"Spero che non mi abbia regalato un libro sugli scavi... Da lei posso aspettarmi di tutto." si lamentò Domenico, con un enorme sorriso. 

"Perché devi comportarti così con lei? Ti vuole bene come a un fratello. Pensa che ha portato con sé il cuore di metallo che le avevi regalato da bambini e lo utilizza come un portafortuna." spiegò Fortunato, sistemando i suoi bagagli nell'automobile di Salvatore. 

"Anche io le voglio bene." rispose Domenico, improvvisamente serio, sentendosi emozionato al pensiero che Marina non riuscisse a separarsi da quel piccolo cuore, che lui le aveva regalato quasi quindici anni prima sulle gradinate di una chiesa. 

 

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Capitolo 9
*** Marina e Domenico. ***


Marina si avvicinò all'ascensore carica di valige e borsoni. In quel momento Domenico, che  stava scendendo le scale,  la vide, dopo settimane di assenza. 

"L'ascensore è guasto." le disse, osservandola con un enorme sorriso stampato sul volto. 

"Ma perché qui nessuno è abituato a mettere un cartello, quando questo catorcio si rompe, cosa che avviene almeno due volte al mese." si lamentò Marina, afferrando le borse. 

"La maleducazione è diventata parte di te, durante questo viaggio. Gioia, torni a casa dopo giorni di assenza e nemmeno saluti il tuo vecchio amico!" esclamò Strano, fingendosi scandalizzato.

"Perdonami" si scusò la Costa, abbracciando il suo vicino di casa "Sono così stanca... Il viaggio è stato lungo e ... " 

"E il tuo fidanzato non è un cavaliere. Invece di scaricarti davanti al portone con queste valige pesanti, avrebbe potuto scortarti fino alla porta di casa, caricandosi anche il bagaglio." le fece notare Domenico. 

"Certo, avrebbe potuto farlo se non fosse stato trattenuto a Napoli. Sono tornata con il padre della mia collega. Perché devi pensare sempre male di Leopoldo?" gli chiese, afferrando le valige e avvicinandosi alle scale. Si era ormai rassegnata a sopportare quel peso per un piano, del resto durante gli scavi aveva vissuto situazioni decisamente più difficili di questa e non avrebbe permesso alla stanchezza di avere la meglio su di lei. 

"Dai a me,  le porto io fino a casa tua. Si tratta di un solo piano e io sono un gentiluomo, a differenza di altri uomini maturi che amano scavare con le loro studentesse." Domenico prese i bagagli di Marina e iniziò a salire le scale. 

"Sei completamente pazzo, Domenico Strano." Marina questa volta sorrise. 

"Devo ringraziarti per il regalo che mi hai mandato da Napoli. Temevo che mi avresti regalato qualche guida degli scavi e invece era una marionetta di Pulcinella." Strano sorrise. 

"Ho pensato che avrebbe potuto tornarti utile per qualche spettacolo comico. Quando andrai in televisione a fare i tuoi numeri, penserai alla tua vecchia amica." Intanto la coppia era arrivata davanti all'appartamento delle Costa - Ferraris. 

"Ti rendi conto che è la prima volta, dopo anni che un nostro incontro non finisce in uno scontro? Stiamo facendo degli enormi progressi, Strano" sorrise Marina, invitando Domenico a entrare. 

Il ragazzo accettò l'invito e anche il succo di frutta che la giovane gli offri in seguito. 

"Mi domando perché invece di stare a Napoli con il bel professore, tu sia qui con me." le fece notare Strano. 

"Lo sapevo che avremmo litigato di nuovo. Non riesci proprio a trattenerti quando c'è di mezzo Leopoldo. Sono tornata perché tra qualche giorno mia madre sarà qui. Il convegno di Ettore negli Stati Uniti è ormai giunto al termine. 

"Non scaldarti. Domandavo tanto per sapere. Ma se il vero motivo è tua madre... allora... Non parlo più. Muto sono." Sorrise Domenico, cercando di nascondere dietro una maschera di ironia i suoi sospetti sulla Costa e il professor Leopoldo.

"Non ti sopporto." si lamentò Marina mentre Domenico rideva di gusto. 

"Ma perché ridi sempre!?" aggiunse l'archeologa piuttosto irritata.

Dopo aver disfatto i bagagli, Marina si recò davanti alla porta dell'appartamento degli Strano e suonò il campanello.

Ad aprirle fu Domenico.

" Ciao gioia. Sei venuta a chiedermi scusa?" le domandò con un enorme sorriso.

"Ma perché tutte le volte che suono a questa porta, sei tu a venirmi ad aprire e non Fortunato... Sei una persecuzione." si lamentò per l'ennesima volta la Costa.

"In verità, gioia, sei tu che hai bussato alla porta della mia casa, quindi sei tu che perseguiti me. Stavo tranquillamente provando un mio pezzo comico, quando hai suonato il campanello, disturbandomi. 

"Ma guarda che sfacciato. Sono qui per restituirti la valigia di Fortunato. " disse porgendo il bagaglio a Domenico. "Ora me ne vado, così potrai continuare a fare il pagliaccio come meglio credi. 

"Stasera andrò al casale da Bernardo. Mio padre mi presterà la macchina. Visto che Benedetta è ancora a Milano, ho pensato di andare ad aiutare mio fratello. Perché non vieni con me? Pensa a quanto saranno felici Matteo e Marco di rivedere la loro zia archeologa, che ha portato loro dei bei regali." le propose Domenico, con un grande sorriso, come se cinque secondi prima non ci fosse stato uno scontro tra di loro. 

"Va bene, ci sarò. Ma solo per i miei nipoti e per Bernardo." specificò Marina, salutando e andando via. 

"Certo, gioia." Sorrise Domenico, quando la giovane fu ormai scomparsa. 

"Non avevo bisogno di questo. Dovevi stare al piano di sopra con i tuoi nipoti" fece notare Bernardo a Marina, quando la ragazza smise di asciugare anche l'ultimo piatto. 

"Senti, mi fa piacere dare una mano. Benedetta è assente e tu sei pieno di impegni. Non è facile gestire due bambini e una cascina da solo. Puoi contare su di me e anche su quel pagliaccio di tuo fratello. Comunque ora vado a controllare: ho lasciato i bambini a fare i compiti ma la presenza di Domenico mi preoccupa. Li distrarrà di sicuro." sorrise Marina.

"Grazie per il tuo aiuto. Io e i bambini te ne siamo infinitamente grati." Bernardo si rivolse a Marina con un accenno di sorriso. Era chiaro che l'assenza di Benedetta pesasse all'uomo più di quanto volesse mostrare. 

Marina salì al piano di sopra e trovò Domenico intanto a fare uno spettacolo comico con due pupazzi.  I compiti erano stati definitivamente abbandonati. 

"Questo è il modo di studiare? Correte alle scrivanie voi due... Non sarò indulgente come lo sono stata con la zia Clara." Marina rimproverò i nipoti, che le ubbidirono sbuffando. 

"Caspita... Tu si che sai farti rispettare..." Domenico si avvicinò alla ragazza e le sorrise. 

"Sarò sempre la zia pesante e secchiona mentre tu sarai lo zio simpatico e divertente... Il mio destino è tediare il mio prossimo. Non pensi questo di me e di Leopoldo?" lo provocò Marina.

"Gioia, ma quando la smetterai di commiserarti e di sottovalutarti? Leopoldo è noioso ma tu no. I nostri nipoti adorano i racconti legati ai tuoi scavi... E anche io." aggiunse Domenico, lanciando un giocattolo di Matteo, in direzione di Marina, che lo afferrò al volo.

"In effetti sei corso a Napoli per ascoltare i miei racconti sugli scavi. Non essere bugiardo, Domenico."  Marina tentò di sorridere ma con scarsi risultati. 

"Ogni tanto si commettono degli errori, signorina Perfettina. Vorrà dire che mi racconterai tutto durante il viaggio di ritorno a Torino.  Voglio conoscere ogni dettaglio su questi villaggi paleocristiani." le disse Domenico, afferrando il pupazzo che lei gli stava nuovamente lanciando.

"Sei proprio senza speranza..." Questa volta il sorriso di Marina fu sincero. E Domenico pensò che la sua migliore amica era davvero una ragazza meravigliosa. 

 

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Capitolo 10
*** Marina ***


 

Marina era nell'automobile che Salvatore aveva prestato a Domenico e insieme al giovane Strano, stava tornando a Torino dopo aver trascorso la serata con Bernardo e i bambini.

"E questo è tutto. Ora sai ogni dettaglio sui reperti paleocristiani che abbiamo trovato a Napoli" sorrise Marina, mentre Domenico tentava di trattenere uno sbadiglio.  "Vedo che il mio racconto ti è sembrato davvero interessante." gli fece notare lei. 

"Non è per colpa tua... Il fatto è che il mio cervello non è come quello di Fortunato, molte cose non riesco a capirle." le sorrise lui. 

"Ma perché devi sempre sminuire le tue capacità intellettive. Non sarai uno scienziato come tuo fratello ma non sei per nulla uno sciocco. Credimi, Patrizio ha preso un diploma al liceo classico ma credo che si stia ancora oggi domandando come mai il pesce rosso si chiama "rosso" anche se il suo colore è arancione." Marina si lasciò andare al ricordo del suo primo fidanzato, conosciuto il primo giorno di ginnasio e poi lasciato per Lorenzo. 

"Patrizio era un caso senza speranza, ma poi ti sei gettata su tipi di un certo spessore intellettivo. Lorenzo, Leopoldo... Invece ci sono talmente tante cose che io non riesco a comprendere. Per esempio, non riesco a capire come mai mio fratello sospiri tutto il giorno per una tizia conosciuta all'università, quando potrebbe fare tante nuove conoscenze, non so se hai capito!?" 

"Domenico, non si usa la testa per questo. Si usa questo" gli fece notare Marina, toccandosi il petto, proprio sul cuore.  "Si chiama amore. E se sei davvero innamorato di una persona non riesci a sostituirla con quel tipo di "conoscenze", come le definisci tu. L'amore e il sesso sono due cose completamente diverse. Non nego che il sesso sia una componente importante dell'amore ma..." sospirò Marina, rendendosi conto che il suo interlocutore era un analfabeta in fatto di amore ma ricco di conoscenze riguardo al sesso. "Hai conosciuto questa Caterina?" domandò Marina.

"No, in realtà ignoravo persino il suo nome. Mio fratello preferisce confidarsi con te. Comunque secondo me lo sta facendo solamente soffrire. Devo dire che è quasi comico vedere quel secchione di mio fratello trascorrere le sue giornate davanti allo specchio, chiuso in bagno. Mia madre sta iniziando a preoccuparsi." Domenico sorrise, scacciando il pensiero delle sofferenze del gemello, concentrandosi sulla comica visione di Fortunato chiuso in bagno , intento a pettinarsi i ricci indomabili. 

"Se un giorno ti innamorerai potrai anche arrivare a comprenderlo." gli sorrise Marina, ricordando il gesto dolce che Domenico aveva compiuto anni prima, regalandole il cuore di metallo. La ragazza fu grata all'oscurità che celava il suo rossore in quel momento.

"Tu hai conosciuto Caterina?" le chiese Domenico. 

"No. Credo che il fatto che non riesca nemmeno a uscire a cena da solo con lei, non aiuti le presentazioni." sospirò Marina, augurando a Fortunato il meglio per la sua turbolenta vita amorosa. 

Quando i due raggiunsero il cortile e Domenico parcheggiò la macchina, trovarono Clara che fumava una sigaretta. 

"Che cavolo fai?" la rimproverò Marina, mentre Strano le faceva segno di calmarsi.

"Non mettertici anche tu. Sono furiosa. La mamma ha telefonato e non tornerà domani insieme a Ettore. Le hanno chiesto di fare da relatrice in alcune conferenze sul metodo Montessori. Il nostro caro psicologo invece arriverà domani con i regali per noi. La mamma si raccomanda di essere gentili con lui, quando suonerà alla nostra porta." si lamentò Clara, lanciando uno  sguardo truce verso sua sorella. 

"Sono contenta per la mamma. Siamo in grado di trascorrere qualche altro giorno senza di lei, direi. Non abbiamo bisogno di una balia, siamo adulte e ci comportiamo di conseguenza. Questo significa che domani sarai gentile con Ettore. Non devi farlo per lui ma per nostra madre, che si merita una seconda possibilità." Marina fece la solita predica alla sorella, che iniziò a prenderla in giro. Come sempre. 

"Ma la senti...  Mi parla come se fossi uno degli studenti a cui corregge la tesi." si lamentò Clara rivolgendosi a Domenico, in cerca di comprensione. 

"Tua sorella ha ragione, Clara. Ettore è un tipo simpatico." Domenico stupì Marina. Le stava forse dando ragione?

"Comunque una di noi due dovrà informare papà del mancato ritorno della mamma." fece notare Clara alla sorella. 

"E dovrei essere io, vero?" domandò Marina, irritata.

"Certo, sei la sorella maggiore quando Benedetta non c'è." le fece notare la sorella. 

"Prima di litigare, perché non ve la giocate con questa moneta. Testa o croce?" domandò Domenico.

Fu così che Clara fu scelta per informare Vittorio del mancato arrivo di Anna. 

Ovviamente il giorno dopo Marina si rese conto che Clara non aveva aperto bocca con il signor Costa riguardo al ritorno di Anna.  Vittorio infatti si presentò a casa dalle figlie con un enorme mazzo di fiori in mano, domandando della sua ex compagna. Clara andò ad aprire e subito condusse il padre in soggiorno, dove c'era Marina, davanti a un tavolo pieno di souvenir americani. "Dov'è la mamma?" domandò nuovamente Vittorio e la sua secondogenita lanciò uno sguardo carico di rimprovero in direzione di Clara, che stava facendo uno dei suoi soliti sorrisetti angelici. Sua sorella non aveva detto nulla al padre e sarebbe toccato a lei raccontargli tutto. Come sempre era su di lei che le maggiori responsabilità ricadevano perché era lei la più matura e la più decisa delle tre sorelle Ferraris. 

"La mamma non è tornata. Resterà negli Stati Uniti per qualche altro giorno. Le hanno chiesto di fare da relatrice in alcuni convegni sul metodo Montessori. Quelli sono per lei?" chiese Marina al padre, indicando i fiori. 

"Si, ma ora sono vostri" rispose Vittorio, porgendo il mazzo di rose a Marina. "Potevate fare una telefonata e avvisare." aggiunse l'uomo, rimproverando le figlie.

"Si, scusaci tanto, papà." mormorò Clara, sfoggiando il suo miglior sorriso angelico, quello che usava per farsi perdonare dalla mamma le numerose insufficienze che rimediava. 

"Va bene, vado." Vittorio si avvicinò alla porta, con il capo basso e gli occhi tristi.

"Questi fiori sono per lei? Il genio della famiglia" Clara iniziò a prendere in giro Marina, che pensò fosse giunto il momento di difendersi. "Fai poco la stronzetta, perché dovevi avvisare tu nostro padre ma non l'hai fatto." 

Marina non era tipo da utilizzare tante parolacce. "Stronzetta o stronza" riferendosi a sua sorella erano il massimo a cui era arrivata. Eppure la sera dopo il mancato ritorno di Anna, si lasciò sfuggire una parolaccia di una certa consistenza: "Cazzo." 

Era insieme alla sorella minore e alla nonna davanti all'apparecchio telefonico ed era quasi mezzanotte. Alberta aveva appena finito di parlare al telefono con la figlia che aveva annunciato le proprie nozze con Ettore. "Cazzo" aveva detto Marina, non appena aveva appreso la notizia. 

"Amore" la riprese Alberta, tra le lacrime.  "Volevo dire, che notizia" si riprese Marina, mentre Clara si disperava, con le spalle spalmate sulla parete del corridoio. 

"La mia bambina si sposa" pianse Alberta, "La mia bambina si sposa" le lacrime lasciarono posto a risate di pura gioia. Dopo aver definito Marina "Bella della casa", la nonna danzò fino alla sua stanza da letto, ripetendo: "La mia bambina si sposa. Erano vent'anni che aspettavo questo momento. La mia bambina si sposa."

Clara riemerse dal suo silenzio, dovuto allo shock e domando a Marina: " Benedetta lo sa?" 

"Non lo so. Non l'ho chiesto alla nonna." rispose Marina, prendendosi il mento tra le mani e cercando di fare appello alla sua rinomata razionalità, con scarsi risultati, in quel momento.

"E potevi farlo" la rimproverò Clara, sempre con le spalle spalmate sulla parete del corridoio.

"Ma hai visto in che stato stava?" le fece notare Marina, indicando la porta della stanza da letto di Alberta. 

"Lei è nostra sorella e deve sapere." la rimproverò Clara. 

"Prima dobbiamo occuparci di papà" le fece notare Marina, avviandosi verso la porta, decisa a raggiungere l'appartamento di Vittorio.

Clara la seguì, sconvolta per lo strano comportamento della sorella, che faticava a domare i propri nervi. 

Vittorio aveva provocato Ettore, recandosi a casa dello psicologo e insultandolo. L'uomo non aveva resistito e aveva rivelato che lui e la Ferraris si sarebbero presto sposati. Anna era stata costretta a rivelare alle figlie un fidanzamento, che avrebbe voluto annunciare loro una volta tornata a Torino. 

Costa aveva solo un amico da poter disturbare a mezzanotte con una telefonata delirante: Salvatore, che in effetti Vittorio chiamò da una cabina pubblica, dopo il suo scontro con Ettore. 

Purtroppo però sia Teresa che Domenico furono svegliati dallo squillo del telefono di casa Strano e dal tono alto della voce di Salvatore, che cercava di confortare il suo amico. 

Alla fine il capofamiglia di casa Strano uscì di casa per raggiungere Vittorio, e Domenico lasciò la stanza che divideva con i fratelli per raggiungere la madre in cucina. 

"Ma cosa è successo?" domandò a Teresa, con gli occhi carichi di sonno.

"Niente, gioia. Anna ed Ettore hanno deciso di sposarsi e Vittorio l'ha scoperto. Era sconvolto e ha chiesto aiuto a tuo padre. Anna ha dovuto dirlo anche alle ragazze. Ha dovuto farlo per telefono, meschine." gli spiegò la madre, che era felice per la sua migliore amica. 

"E non è facile schierarsi. Chissà come l'avrà presa Marina. E poi anche Clara" aggiunse Domenico.

"Marina è una ragazza matura, saprà sostenere la madre. Clara invece è quella che mi preoccupa di  più." le fece notare la madre. 

Anche Marina si rendeva conto che non era facile schierarsi, mentre osservava la sorella minore parlare al telefono con Benedetta, che era a Milano. La maggiore delle Ferraris disse alle due giovani di non preoccuparsi e che l'indomani sarebbe tornata a Torino per incontrare Vittorio. Anche Benedetta era sconvolta. Marina e Clara erano a  casa del padre, che però era ancora fuori, in compagnia di Salvatore. 

"Bisogna essere razionali" disse Marina a Clara. "Quando le persone si lasciano è normale che poi si rifacciano una vita, incontrando altre persone. Si tratta di qualcosa di naturale e umano. Dobbiamo essere felici per la mamma e stare vicino a papà" 

"Ma io non ci riesco a essere felice per la mamma. Volevo vederla sposata ma con papà. Dopo quello che abbiamo sofferto tutte noi, quando non potevano sposarsi e noi non potevano nemmeno avere il cognome di nostro padre. Ti ricordi quando le persone non ci salutavano perché i nostri genitori non erano sposati? Ma noi abbiamo resistito perché sapevamo che si amavano e anche tanto... Ora cosa è rimasto di questo grande amore?" Clara era in lacrime e Marina l'abbracciò. Udirono il rumore della porta che si apriva e Marina si affrettò ad asciugare le lacrime della sorella. "Non farti vedere così da papà" le disse, ma anche lei condivideva il pensiero della sorella e ricordava le sofferenze della loro infanzia. 

Però Vittorio notò che le figlie stavano soffrendo quanto lui, e le strinse in un abbraccio. Marina sapeva che con suo padre non doveva fingere e così si lasciò stringere da lui, mentre Clara piangeva tutte le sue lacrime. 

Il giorno dopo Marina incontrò Domenico mentre tornava a casa dall'università, con le braccia cariche di libri.

Lui l'accompagnò fino alla porta di casa, facendosi carico dei pesanti volumi.

"Volevo farti gli auguri per le prossime nozze di tua madre." le disse, mentre uscivano dall'ascensore che era da poco stato riparato.

"Grazie" rispose Marina, con un sorriso. Ora si era rassegnata ed era pronta ad accogliere Ettore in famiglia con ogni onore.

"Credo che dovresti fin da ora allenarti per prendere il bouquet. Hai bisogno di tutta la fortuna di questo mondo per riuscire a portare all'altare il tuo professore." scherzò Domenico, come era suo solito.

"Ma perché devi sempre trattarmi in questo modo?" si lamentò Marina. 

Ma quando aprirono la porta, Clara annunciò che Benedetta era arrivata, e che le stava aspettando nella loro camera. Marina allora salutò Domenico e presi i libri, seguì la sorella minore fino alla stanza da letto delle ragazze. 

 

 

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Capitolo 11
*** Domenico ***


"Ovviamente sta male, ma quando  ci siamo salutati mi è sembrato più tranquillo. Voi stategli vicino in questi giorni." Disse Benedetta sedendosi sul letto accanto a Marina e Clara.

"Certo" annuì Marina.

Clara, però, era già presa da altro che non fosse Vittorio Costa: "Però che figata Londra" disse la ragazza, riferendosi al viaggio di lavoro che avrebbe fatto la sorella maggiore.  "Mi porti con te?" le domandò.

"Per farti scambiare per una punk?" la rimproverò Marina. "Fai tanto la disperata per papà e poi vuoi partire."  Clara le lanciò il cuscino con stampata la bandiera americana, che Ettore e Anna avevano regalato alle ragazze e si difese: "I primi tre giorni  con papà te li farai tu." 

Marina gettò il cuscino di nuovo verso Clara e le due sorelle si lanciarono degli sguardi assassini. Marina non sopportava l'egoismo della piccola della famiglia Ferraris. 

L'archeologa però si rese ben presto conto che non era solo Clara a creare problemi e rimase a bocca aperta quando Benedetta annunciò: "Di Londra lo sapete solo voi."

Persino Clara restò sbalordita e domandò : "Che vuol dire che lo sappiamo solo noi?"

"Significa che non ne ho parlato con Bernardo. Lui penserà che sono ancora a Milano." disse Benedetta come se non stesse rovinando la sua relazione con il compagno.

  "Milano o Londra, cosa cambia?" domandò stupita Marina, che pensava che le sue sorelle fossero decisamente troppo abili a rovinarsi la vita.   

"Il lavoro milanese era una prova e non vorrei che pensasse che ho deciso di riprendere a lavorare senza consultarlo." spiegò Benedetta. 

"E non è così?" domandò Marina, che non poteva fare a meno di analizzare le situazioni con maturità.

"Si, però per il momento è inutile parlarne." le fece notare Benedetta. 

"Secondo me è meglio dirglielo. Quando si iniziano a dire bugie in una coppia è finita." sentenziò la saggia archeologa. 

"Glielo ha insegnato il suo professore." ribatté Clara. Marina per tutta risposta le gettò contro il famoso cuscino americano. 

"Comunque da noi non saprà nulla" affermò la minore delle tre sorelle. Marina e Clara mimarono una bocca cucita e Benedetta le strinse a sé. "Le mie piccine" mormorò la maggiore della Ferraris. 

Ma Marina non era la sola ad avere dei fratelli problematici, anche Domenico non era da meno. Quella sera in casa Strano, infatti, c'era un'ospite d'eccezione: Caterina. La ragazza era stata invitata da Fortunato a salire in casa a causa di un malore che la giovane aveva avuto in strada. Salvatore era felice: finalmente il figlio scienziato aveva mostrato un'interesse per una femmina e non solo per gli elettroni. L'uomo aveva quindi insistito per avere la giovane a cena e ora erano tutti seduti a tavola in adorazione di Caterina. Tutti l'adoravano tranne Domenico, che vedeva in lei un'ottima imitatrice della classica brava ragazza. "Fortunato è un genio. A cinque anni conosceva tutte le tabelline. Domenico, che è il gemello, invece non le sa nemmeno ora." affermò Salvatore Strano, riferendosi a Caterina, offendendo uno dei suoi figli. Non era vero: nei primi dieci anni di vita entrambi i gemelli erano stati piuttosto asini a scuola. Erano riusciti a prendere la licenza elementare solo grazie agli sforzi di Marina, che era il vero genio tra i tre. 

Solo in seguito Fortunato aveva potuto studiare e dimostrare tutto il suo valore. Domenico era felice per i successi di suo fratello ma non poteva fare a meno di pensare all'anno in cui era stato costretto ad andare a lavorare. Forse anche lui avrebbe potuto diventare uno scienziato, se avesse avuto le stesse possibilità del fratello, se solo i suoi genitori avessero fatto una scelta diversa e avessero inviato Fortunato in officina. 

"Che ci vuoi fare. Il cervello tutto lui lo ha preso. Io però ho dei sogni. Il mio sogno è che quando una persona torna a casa dopo una giornata di merda, accende la tv e boom... Ci sono io. Una barzelletta, una canzone o un'imitazione e gli rallegro la serata." Spiegò Domenico, profondamente offeso dalle parole del padre. Scoprire un talento per la danza e la recitazione era stata la salvezza di Domenico, che si era sempre considerato un incapace a causa degli insuccessi scolastici. 

"Minchia, che gran benefattore! Che bravo! Domenico sei proprio bravo!" Salvatore iniziò a deridere suo figlio, senza lesinare qualche espressione dialettale un po' volgare. 

Espressione dialettale un po' volgare che Rosa pensò bene di ripetere,  per esprimere invece della sincera ammirazione per Domenico. "Minchia, se è bravo" disse la bambina, mentre Ciccio le tagliava la carne.

"Amore, queste parole non si dicono." la rimproverò bonariamente Teresa, che poi si rivolse a Caterina. "Il fatto è che queste parole le sente in giro." La signora Strano lanciò un'occhiata carica di rimprovero al marito. 

"Posso andare in bagno?" domandò Caterina. E Domenico comprese cosa non gli piaceva in lei: Caterina era completamente disinteressata non solo alla famiglia Strano e ai suoi discorsi, ma soprattutto a Fortunato. Era a cena con loro ma si mostrava spesso sgarbata e quasi seccata per le attenzioni che tutti le riservavano, quasi come se si trovasse lì con ben altre intenzioni, che cenare con la famiglia di un amico. "Vieni, gioia. Ti accompagno" si offrì Teresa. "No, grazie. Vado da sola." Il tono secco di tale risposta colpì Domenico, che si domandò perché nessun altro in famiglia si rendesse conto di quanto quella giovane fosse finta. 

"Va bene, gioia. Il bagno è in fondo al corridoio a sinistra." le spiegò Teresa, sorridendole. 

Quando Caterina scomparve inghiottita dal corridoio, Teresa e Salvatore si complimentarono con il figlio per la ragazza che aveva scelto. Domenico invece raggelò tutti dicendo quello che pensava, senza freni, del resto stavano parlando della vita del suo gemello.

"A me non piace." disse improvvisamente serio. 

"A me si." annunciò Rosa. "Anche a me" ripeterono insieme Teresa, Ciccio e Salvatore.

Sotto lo sguardo carico di rimprovero del padre, Domenico chiese: "Che c'è? Non posso dire che non mi piace?"

"Certo, perché sei in minoranza" gli fece notare Salvatore, che poi si rivolse a Fortunato: "Lascialo perdere. È solo invidioso." 

Purtroppo Domenico aveva ragione. Invece di raggiungere il bagno, Caterina entrò nella stanza di Rosa e nascose tra i giocattoli della bambina, uno zaino contenente dei volantini che inneggiavano l'attentato a Marchisio. Uno zaino che avrebbe causato molti problemi alla famiglia Strano. 

Domenico non fumava più una sigaretta da molti anni eppure quella sera, con una scusa scese in cortile con una sigaretta di Salvatore in mano e iniziò a fumare, mentre in casa il resto della famiglia continuava a venerare Caterina.  Proprio in quel momento Marina scese anche lei in cortile.

"Pensavo che avessi smesso quando avevi quattordici anni." gli fece notare lei. 

"Si, ma questa sera stranamente non riesco a far riferimento al mio solito lato allegro." rispose lui.

"Cioè non riesci a ridere e a fare battute sciocche. Non capisco il motivo di tanta depressione, però. Non sembri nemmeno tu." si preoccupò la giovane. 

"Caterina è a cena a casa mia." le spiegò lui.

"Che bello. Sono felice per Fortunato." si rallegrò Marina, che poi chiese: "Perché tu non lo sei?"

"Per il semplice fatto che quella ragazza non mi piace. Mi sembra così finta, falsa e decisamente poco interessata a mio fratello." le rispose lui.

"E solo per questo sei così triste?" domandò Marina. 

"No, anche per il fatto che mio padre mi considera un buono a nulla. Un giullare sciocco che non combina mai nulla di buono mentre Fortunato è lo scienziato della famiglia. Non è nemmeno vero che a cinque anni era il genio delle tabelline." si lamentò lui.

"In effetti quando vi ho conosciuto eravate pessimi in matematica. Però poi lui si è impegnato davvero tanto per diventare quello che è oggi." gli spiegò Marina. 

"E io ne sono felice. Ma questo non dovrebbe impedirmi di dire quello che penso su Caterina. Non la disprezzo perché sono invidioso di mio fratello e sono stufo di essere sempre trattato come uno stupido pagliaccio. Ma cosa ci fai qui, a quest'ora?" le chiese. 

"Sono parecchio agitata anche io. Non volevo farmi vedere in questo stato da mia nonna, che del resto è ancora in trance dopo la notizia che le ha dato mia madre. Gironzola per la casa urlando "Mia figlia si sposa" e poi ride e piange per la felicità." spiegò Marina. 

"E tu invece non sei felice per questo matrimonio" proseguì lui.

"Io sono felice per questo matrimonio ma non sopporto vedere mio padre soffrire. Inoltre temo che le mie sorelle si mettano in situazioni senza via di uscita." si lasciò sfuggire lei.

"Ti riferisci per caso a Benedetta? Ho visto che è tornata a Torino. Ci sono problemi tra lei e mio fratello?" domandò.

"Benedetta era a Torino per parlare con nostro padre. Clara le ha prestato il suo motorino e credo che ora sia al casale, tra le braccia di Bernardo. Sono preoccupata per Clara. Lei non accetta le nozze della mamma e augura il peggio a Ettore." mentì Marina, che era decisamente più preoccupata per Benedetta. 

"Sono contento di sentirlo. Voglio dire, mi dispiace per Clara ma sono felice di non dovermi preoccupare anche di Bernardo. Mi bastano i problemi di Fortunato." le spiegò.

Proprio in quel momento Fortunato e Caterina uscirono dal portone. Il ricercatore presentò la ragazza a Marina e poi andò via, perché doveva accompagnare la giovane a casa. 

"A me sembra davvero carina. Non capisco cosa ti dia tanto fastidio in lei." sussurrò Marina a Domenico, quando l'altro gemello e Caterina andarono via. 

"Ma posso dire che non mi piace oppure solo voi intelligenti avete il diritto di esprimere un giudizio?" le chiese, irato. 

"Il fatto è che tu di amore non ne sai molto." 

"E voi non conoscete bene le persone che avete accanto. Caterina e Leopoldo non sono quello che voi credete e vi ostinate a non vederlo." urlò Domenico, attirando l'attenzione del portiere, che stava affacciato alla finestra. 

"Abbassa la voce. Ma come ti permetti? Perché devi sempre rovinare tutto nominando Leopoldo? Non ti sopporto." si lamentò Marina, dirigendosi verso il portone e lasciando Domenico solo, sotto lo sguardo attento del nipote di Gobbino. 

 

 

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Capitolo 12
*** Marina e Domenico. ***


L'amore era sofferenza in quell'autunno del 1981. Lo sapeva bene Ciccio, che osservava Clara da una finestra, mentre la ragazza in cortile baciava Michele, un compagno di scuola dalla acconciatura punk. Domenico invece, felice con la sua filosofia di vita del disimpegno, dormiva tranquillo al piano superiore del letto al castello. Il suo unico problema era visitare la sede di Tele Dora e convincere il proprietario a vederla a lui e a Vittorio, che erano diventati soci in questo progetto della televisione. Fortunato, invece, stava bussando frenetico alle porte di entrambi i bagni di casa Strano, che erano però occupati da Rosa e da Salvatore con le sue sigarette. Teresa, pregò il figlio ricercatore di non fare rumore, gli consigliò di svegliarsi prima la mattina per evitare di trovare il bagno occupato dagli abitudinari Rosa e Salvatore e poi gli chiese notizie di Ciccio. Dopo aver ascoltato la risposta di Fortunato, Teresa entrò nella stanza da letto dei ragazzi e scorse Ciccio, gettato sul letto, in uno stato di depressione che l'avrebbe accompagnato nei giorni a seguire. Quando la madre entrò nella stanza il ragazzo si stava crogiolando con il ricordo di lui e Clara da bambini, quando lei era ancora una ragazza dolce che credeva nell'amore eterno dei genitori e lui un bimbo balbuziente, che le donava un fiore. La madre lo disturbò proprio in quel momento di grande commiserazione: "Francesco, stai male?" gli domandò la donna. "Ho un peso sullo stomaco." rispose il giovane. "Che hai mangiato? Si tratta di una indigestione?" domandò la donna, toccando la fronte del figlio, in cerca delle tracce della febbre. "No, tranquilla." rispose lui. La madre gli permise di restare a casa e di restare a letto a pensare a Clara e al suo amico punk. Domenico si svegliò con la solita allegria, nonostante il litigio che aveva avuto il giorno prima con Marina e le preoccupazioni per Fortunato. Sentiva che quel giorno sarebbe stato fortunato e che avrebbe realizzato tutti i suoi sogni. Aveva infatti appuntamento con il proprietario di Tele Dora. Però notò la presenza di Ciccio nella stanza, gettato sul letto come uno straccio. "Che c'è? Hai marinato la scuola?" gli domandò. "No, sto male. Come ve lo devo dire? Sto male" urlò il ragazzo, senza togliersi dalle orecchie le cuffie del walkman. "Non ti arrabbiare. Secondo me sei ridotto così per una ragazza e non ne vale la pena. Scommetto che, seguendo le orme di tuo fratello Bernardo, tu ti sia gettato anima e corpo dietro a una delle Ferraris. Mossa sbagliata, mio caro. Io e Fortunato abbiamo trascorso settimane a litigare per Marina, quando eravamo in prima media e ora, non riesco a stare con lei nemmeno cinque minuti senza litigare. Bernardo invece è sempre triste... Divertiti, sei giovane e Clara non è l'unica donna sulla faccia della terra. Si tratta solo della prima sulla quale hai posato gli occhi." aggiunse Domenico, felice al pensiero del suo incontro lavorativo e per nulla intenzionato a farsi rovinare la giornata dalla gelosia e dal pensiero di Marina con il suo viscido professore. "Mi lasceresti soffrire in pace?" urlò Ciccio, lanciando un cuscino contro Domenico. Ognuno era libero di farsi del male come preferiva e i suoi fratelli, pensò Domenico, potevano ossessionarsi con le ragazze sbagliate quanto volevano, non poteva impedirglielo. Fortunato era sul tram insieme a Marina, che era particolarmente euforica, mentre si recava all'università. "Ci stanno portando dei reperti di uno scavo. Sono così ansiosa... Come vorrei che questo catorcio, disse la giovane indicando il tram, corresse più veloce. Non vedo l'ora di essere in facoltà e di mettermi all'opera con i resti insieme a Leopoldo." sospirò. "Sei rimasta la stessa. Sei sempre la ragazzina che si entusiasmava al pensiero delle stelle, dei pianeti e dei satelliti. Hai persino predetto quando l'uomo avrebbe messo piede sulla luna. Sei un genio. Sono sicuro che oggi, con quei reperti, avrai molta fortuna." affermò Fortunato con sicurezza. Domenico si specchio al finestrino di una 127 verde, che era parcheggiata davanti all'elegante palazzo, che ospitava la sede della tv locale che desiderava acquistare. In realtà Tele Dora trasmetteva da uno scantinato e il proprietario iniziò a intrattenere Domenico con un comizio sul consumismo, che per lui era il vero oppio dei popoli. "Credevo che le televisioni private sarebbero state come le radio e invece trasmettono solo commenti sul calcio e televendite. Il consumismo è il vero oppio dei poveri." disse il giovane proprietario, che a Domenico sembrò un vero e proprio idiota. "Non ci vedo nulla di male anche se credo che tu preferisca l'oppio vero e proprio." ribatté Strano, guardandosi intorno e considerando ciò che vedeva adeguato alle proprie aspettative e ai propri futuri progetti. "Comunque mi hanno fatto un'offerta quelli di Sabauda Tv." annunciò il bizzarro proprietario e Domenico ricordò con disgusto l'uomo che aveva tentato di molestarlo in cambio di un provino. "Quanto ti hanno offerto?" domandò Strano. Domenico chiese al bizzarro giovanotto di poter fare una telefonata al suo socio e chiamò Vittorio Costa, proprio quando l'uomo era sul punto di partire per New York alla ricerca di Anna. "Vittorio, l'offerta di Sabuadia Tv è ridicola. Con poco riusciamo ad acquistare Tele Dora. Si tratta di un vero affare." gli annunciò. "Domenico, parlane con tuo padre, valuta la situazione e fa' qualche calcolo. Ne riparleremo tra una settimana perché io sto partendo. Ciao." Costa troncò la conversazione e Strano dovette bluffare, cosa che gli risultava sempre semplice. "Il mio socio dice che firmeremo il contratto tra una settimana." Vittorio Costa si affrettò a caricare la valigia nella sua macchina ma fu raggiunto da Alberta. "Non mi dica che siamo così fortunati da perderla di vista nuovamente." il tono della Ferraris era felice. "Non si preoccupi, tra una settimana torno. Devo solo sistemare delle cose." rispose euforico Vittorio. "E mi lascia sola con le ragazze, proprio ora che mia figlia è assente? Sa che lei è proprio un bel tipo, Costa?" le fece notare Alberta. "Piuttosto stia attenta a Clara." "Si quel punk è un tipo pericoloso." concordò Alberta. "Ma cosa vuole che faccia? Che la leghi in cantina?" domandò poi la nonna. "E stia attenta anche a Marina." le ricordò Vittorio, aprendo la portiera della macchina. "No, con Marina non c'è problema. Non ha mai dato pensieri, lei... È sempre stata una..." La donna non proseguì perché Costa era già salito in macchina e non lo stava più ascoltando. Eppure avrebbe fatto meglio a concentrarsi anche su Marina, visto che sarebbe stata anche lei fonte di problemi e di numerose sorprese. In effetti quel giorno Marina aveva avuto fortuna con i reperti e aveva riscontrato nel vasellame che aveva analizzato, dei dettagli piuttosto interessanti. Lei e Leopoldo stavano passeggiando per i corridoi della facoltà. "Sei il mio portafortuna." le disse lui. "Un po' di fortuna l'ho avuta con quel vasellame." sorrise lei emozionata. "Fidati, ci faremo una pubblicazione e ti metterò come mia collaboratrice." annunciò Leopoldo. Marina lo guardò emozionata e infatuata, come al solito. "Sarà bello vedere i nostri nomi assieme." Leopoldo si avvicinò alla sua collaboratrice per baciarla ma le loro labbra non fecero in tempo a sfiorarsi. "Amore" disse una voce e una donna affascinante e mora si avvicinò al professor Bertolini, che si affrettò ad allontanarsi dalla sua assistente. Leopoldo e la nuova arrivata si baciarono e in quell'istante la giovane archeologa realizzò che Leopoldo le aveva sempre mentito e che non aveva mai lasciato sua moglie, come le aveva assicurato prima che la loro relazione iniziasse. Lei che aveva passato le sue giornate a difenderlo dalle accuse, che riteneva ingiuste, di Domenico, aveva invece sbagliato su tutta la linea. "Ho pensato di farti un'improvvisata ma forse non è stata una buona idea." disse la donna, squadrando la Costa con sdegno. "No, ma che dici. Ti presento Marina Costa Ferraris, una mia collaboratrice molto dotata." Leopoldo presentò così alla sua legittima consorte la sua amante. La moglie del professore osservò Marina con disprezzo e aggiunse: " Meno dotata delle altre." Marina sentì che le pareti le stavano crollando addosso e che il pavimento stava diventando morbido sotto ai suoi piedi ma tentò di non svenire. Lei aveva sempre creduto che Leopoldo fosse un intellettuale e una persona seria, che andava oltre l'aspetto fisico, che era sempre stato il grande cruccio di Marina, che considerandosi brutta aveva sempre puntato sulla propria intelligenza e cercato persone che, come Leopoldo, condividessero le sue stesse passioni. Invece aveva scoperto che lui non l'aveva mai amata e che non era stata la sua unica scappatella. Al danno di aver scoperto che non era affatto un uomo separato, si era aggiunta la beffa della presa in giro della moglie di Leopoldo sul suo aspetto fisico. Domenico aveva avuto ragione su tutta la linea: non era stata l'unica studentessa con cui il professor Bertolini era andato a scavare. Marina, in lacrime, salì di corsa le scale che la conducevano verso l'appartamento degli Strano e citofonò alla porta dei suoi amici. Però le caddero gli occhiali a terra e si ruppero. La ragazza si chinò a raccoglierli ma non si rialzò. Rimase inginocchiata a terra, tra le lacrime. Come accadeva spesso, anche questa volta, fu Domenico ad andare ad aprire la porta. Il ragazzo abbassò lo sguardo e vide la sua amica d'infanzia a terra. "Marina, che cosa ci fai qui?" esclamò preoccupato, notando le lacrime di lei. "Vieni, alzati." il giovane l'aiutò a sollevarsi. Non aveva mai visto la sua amica in quello stato. Di solito la giovane faceva riferimento alla sua razionalità. "Non volevo farmi vedere dalla nonna e da Clara in questo stato... e mi si sono anche rotti gli occhiali." aggiunse tra le lacrime. "Dai qui, fammi vedere." Il ragazzo prese gli occhiali della giovane e iniziò ad aggiustarli, proprio lì davanti alla porta dell'appartamento degli Strano. "È per questo che stai piangendo come una fontana?" le domandò Domenico, che però sapeva benissimo chi era la persona che aveva fatto piangere la ragazza e avrebbe tanto desiderato strozzare quel professor Bartolini, che mai gli era piaciuto. " È venuta a prenderlo la moglie. Mi aveva detto che si erano lasciati, che era finita... e invece lei era lì, bella sorridente." Domenico annuì e Marina proseguì il suo racconto: "Io credevo che mi amasse, che fosse un intellettuale..." piagnucolò Marina. "E invece non eri la prima studentessa con la quale andava a scavare." concluse per lei, Domenico, mentre aggiustava gli occhiali. "E sai cosa mi ha detto la moglie? Mi ha squadrato e poi ha aggiunto : "Questa tua studentessa è meno dotata delle altre" Marina aveva gli occhi pieni di lacrime e sperava di ottenere la comprensione di Domenico, visto che l'aspetto fisico era sempre stato il suo cruccio e il suo amico lo sapeva. Invece Strano iniziò a ridere, come se trovasse le offese della moglie di Leopoldo divertenti. "Ma che ridi?" domandò Marina sconvolta per la reazione del suo amico. "Dai, devi ammettere che non è male come battuta." le rispose Domenico con un enorme sorriso, stampato in faccia. E per fortuna che lei stava cercando consolazione. Lui era sempre il solito giullare. "Dammi gli occhiali." urlò Marina, mentre Domenico la fissava finalmente serio, dopo aver notato che la ragazza non solo non aveva apprezzato la battuta della moglie di Leopoldo, ma nemmeno le risate del proprio vicino di casa. L'archeologa afferrò con violenza gli occhiali e li indossò nuovamente. "Vigliacco, vigliacco" urlò, colpendo con forza il suo amico. Marina corse per le scale, verso il piano superiore e Domenico decise di inseguirla. L'afferrò per un braccio e le disse: "Ma dove vai? Casa tua è al piano di sotto." Ormai era davvero preoccupato. "Vado dove mi pare, basta che sia lontano da te." urlò la Costa, tentando di scendere nuovamente le scale. Ma questa volta Domenico, l'afferrò per le spalle e la spinse contro la parete. "Marina, ascoltami." urlò scuotendola, "Sarò anche un buffone ma ti voglio bene e t'ho sempre detto la verità su questa storia e su come la pensavo." Marina e Domenico stavano ansimando ed erano talmente vicini da permettere ai loro respiri di mischiarsi. In quel momento l'archeologa comprese che era vero: che Domenico era sempre stato sincero e che aveva tentato tantissime volte di metterla in guardia, ma che lei era stata troppo stupida per dargli ascolto.

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