la fille de la grâce

di Attendre et esperer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 – promises of everlasting, undying love ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 – Heavens’ treasure ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 – promises of everlasting, undying love ***


Il patio era investito dal forte profumo di rose, fiori selvatici e mimosa. Era estate, e la natura sembrava ricordare il fluire incessante della vita tramite il cinguettio dei suoi passeri, il rumoroso verso dei cani nelle vicinanze dei parchi ed il debole vento che carezzava le fronde degli alberi secolari. Il Sole irradiava la terra con tutto il suo splendore – forse anche troppo, tanto che fu costretta a portare una mano sugli occhi per non venire accecata dai forti raggi.

Ma nonostante tutto si trovava bene lì fuori, immersa nella sensazione di assoluta pace che quel posto le trasmetteva, ricordando le pigre e malinconiche mattine, i pomeriggi soleggiati e le sere di quiete dei giorni passati. Sapeva che la vera calura sarebbe arrivata fra poche ore, troppo forte da reggere, eppure non riusciva a trovare la volontà di muoversi. Le gambe le dolevano, così come i seni, ma si sentiva bene a dondolare con leggerezza sull’amaca, sospesa tra il cielo e la terra, aiutata da un morbido cuscino sotto i fianchi.

Un rumore di passi risuonò sulle assi di legno e lei alzò il capo, battendo lentamente le palpebre contro la bollente aria estiva. Riconobbe subito la figura che le si era avvicinata e sorrise di rimando.

“Ciao” disse, sospirando appena quando le dita di Fernand incominciarono ad accarezzarle i capelli. “Dov’è Albèrt?”

“L’ho lasciato a studiare le meraviglie d’Africa con Monsieur Girault” fu la risposta, fierezza ed un pizzico d’orgoglio nella sua voce. “Come ti senti, mia cara e divina?”

“Non chiamarmi così, te ne prego” mormorò Mercédès, la stanchezza già addosso, le palpebre pesanti – troppo confortata per addormentarsi ma troppo esausta anche solo per abbandonare quel comodo giaciglio. Il Sole riscaldava il suo corpo e la leggera brezza la rinfrescava quando il primo sembrava farsi troppo intenso. “Non sono né un angelo né chissà quale creatura divina. Sono solo io”

“Ti sottovaluti troppo, Tesoro mio” ribatté egli “ma come desideri. Non mi hai ancora risposto comunque: come stai?”

Aprì gli occhi e lo vide intento ad osservarla attentamente, così lei sorrise per rassicurarlo, posando una mano sul proprio ventre gonfio.
“Nessun motivo per preoccuparsi” disse, socchiudendo gli occhi, incerta se per la luce troppo accecante o per lo sguardo allarmato di suo marito “Stiamo entrambi bene”

“La piccola ha calciato nuovamente?”

Mercédès rise solare, scuotendo la testa e allontanando la mano di Fernand, la quale era ancora posata sulla sua chioma, aspettandosi un sospiro o uno sbuffo infastidito, ma invece nessun lamento uscì dalla sua bocca.

“Ancora non capisco cosa ti renda così sicuro che il bambino sarà una femmina” affermò, ridacchiando ancora.

“Posso sentirlo”

“Sentivi anche che pure Albèrt sarebbe stato una femmina” gli ricordò la donna, volgendo lo sguardo verso il figlio, seduto sulle panchine in fondo al giardino assieme al suo insegnante. Ella non poteva udire cosa si dicevano, troppo lontani, ma le era possibile notare un’aura d’irrequietezza circondare il bambino.

Avrebbe tanto voluto dire a suo marito di liberare il piccolo dalle lezioni di M. Girault, ma era certa che un’altra discussione ne sarebbe seguita subito dopo – la sua testardaggine portava Fernand ad essere irremovibile nelle sue decisioni, e con ardore desiderava per Albèrt la migliore istruzione.
Si ripromise di concedere al bambino dolci e del gelato una volta conclusa la sessione di studi, non voleva che il figlio crescesse come un soldatino obbediente ed impeccabile. Un po’ di vizio non gli farà male.

“Un saggio una volta mi disse puoi sbagliarti una volta, ma mai due” nel frattempo Fernand continuò il proprio discorso e lei sbuffò leggermente a quella risposta. “Comunque, qualunque sia il sesso del bambino” aggiunse, con fare solenne ed un tono quasi drammatico, tipico della sua persona “ne avrò cura e lo proteggerò ugualmente, anche a costo della vita. Te lo prometto”

“Lo so” disse Mercédès, sbadigliando appena, il sonno che prendeva il sopravvento “Mi procureresti un po’ d’acqua per favore? Aggiungici anche del succo d’arancia. E della frutta. Pesche o fragole. Magari delle mele. No, no – aspetta, nessuna mela, portami delle pesche invece. E anche delle fragole, non dimenticarti delle fragole. E zucchero, ci voglio anche lo zucchero. Ce n’è ancora, vero?” chiese alla cameriera, la quale trasportava un vassoio di menta ghiacciata. La domestica allora sorrise, rispondendo al suono di oui madame la comtesse.

“Nient’altro, sua Eccellenza?” domandò l’uomo, leggero sarcasmo che pendeva dalle sue labbra; ma ella non lo prese in offesa, sorridendo e facendogli un velato cenno.

“Non dimenticarti delle fragole” ripeté meccanicamente, nonostante ormai la donna si fosse allontanata.

Si addormentò, non udendolo ripetere sì, le fragole.

_


“Come lo chiamerete?” domandò Albèrt in un sussurro, mentre carezzava con le mani piccine il ventre voluminoso della madre.

“Non lo so” rispose, pur sapendo fosse una bugia. Aveva già deciso un nome, ma non voleva ammetterlo –nemmeno a sé stessa. “Cosa preferiresti? Una sorellina o un fratellino?”

“Preferisco un pony” Lei sorrise leggermente divertita, baciando la fronte di suo figlio. “Perché non un fratello o una sorella?”

“Perché ho paura” ammise senza troppa esitazione. Fra loro non dovevano avere segreti. E lei sperava che quella sincerità durasse in eterno.

“Di cosa per essere precisi?”

“Che tu e Père mi dimentichiate. E che amiate di più il nuovo arrivato. Perciò voglio un pony, così posso amarlo ed essere amato di conseguenza”

Mercédès sorrise, già si aspettava questo genere di gelosia e timore. Carezzò con amore la schiena minuta del bambino, arruffandogli poi i capelli spettinati. Albèrt se ne stava rannicchiato sul letto col viso poggiato sul seno della madre.

“Oh tesoro mio” sussurrò, afferrando il mento del piccolo con le dita sottili, sollevandolo per far in modo che i loro occhi si incontrassero. Stava piangendo lui, lacrime che nascevano copiose dai suoi occhi mentre tirava su col naso. Lei gli baciò ancora una volta la fronte, mormorando rassicurazioni e promesse di eterno amore – rivelandogli che l’amore di una madre è infinito, non importa quanti figli abbia.

Fu così che il bambino di soli sei anni si addormentò, cullato dalla sua melodiosa voce, la guance ancora bagnate da tutte le lacrime versate. Solo dopo la donna realizzò che nemmeno le sue erano completamente asciutte.

_


“Che nome daremo al bambino?” A quel mormorio da parte di Fernand, Mercédès alzò gli occhi e tentò di guardarlo attraverso il riflesso dello specchio posizionato davanti a lei – ma nell’oscurità riuscì solo a distinguere vagamente la sua figura agitarsi tra le coperte nel tentativo di trovare una posizione comoda. Lei sospirò, soffocando l'irritazione che quella domanda le aveva provocato e continuando a districare i nodi tra i suoi capelli.

“Non lo so” rispose “Importa ora? E’ ancora troppo presto per pensarci”

“Potrebbe nascere in settimane, forse anche in giorni” le ricordò l’uomo, e Mercédès odiò quanto avesse ragione in quel momento “Certamente, ci avrai già pensato. Dopotutto ne avevamo deciso uno per Albèrt ad appena cinque mesi”

Lei rimase in silenzio, non ricordandogli, infatti, che era stato lui a decidere il nome di loro figlio.

Non disse Edmond, voglio chiamarlo Edmond, perché di lui non possiedo più nulla se non l’amarezza dei giorni passati insieme, voglio chiamarlo Edmond perché l’ultima volta non me l’hai permesso, voglio chiamarlo Edmond perché è mio figlio e ho il diritto di chiamarlo come voglio, e tu non puoi negarmi la scelta.

“Spero sia una bambina” la sua voce risuonò ancora una volta nel buio della stanza – da cinque settimane ormai non faceva altro che parlare di una figlia. E lei fu muta nel rivelargli, invece, di volere un altro maschio.

“Stai piangendo?”

“No” mentì, la voce incredibilmente ferma “Non sto piangendo. Dormi, Fernand”

“Fai ancora… quei sogni?” chiese in un soffio.

“No” mentì di nuovo “Certo che no”




Angolo della Traduttrice: A chiunque sia giunto fin qui a leggere, grazie di cuore.
Questa storia fa parte di una AU a cui sia io che l’autrice teniamo davvero molto, assieme alle altre storie che ne fanno parte e che sono raccolte sotto questo profilo EFP nella serie “Forever yours [pour toujours // por siempre tuo]”. Solitamente non chiedo esplicitamente ai lettori di commentare, ma davvero, davvero un commento, anche la più piccola opinione, sarebbe davvero ben gradita, sia per questa che per gli altri racconti che ci sono già e che si uniranno a questa serie, per noi è davvero molto importante. Per qualunque informazione, non esitate a chiedere.
Link alla storia originale: https://monte-cristo-incorrect-quotes.tumblr.com/post/171633476462/for-acquagalaxies-this-of-course-are-just-the

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 – Heavens’ treasure ***


Era ormai notte fonda, ma ancora non riusciva a chiudere occhio.
Era per via della calura incessante o dell’estrema umidità dell’aria? O forse per il continuo flusso di pensieri che riguardavano principalmente la figlia appena nata, che certamente avrebbe dovuto nutrire tra un paio d’ore, o il fatto che presto – molto prima di quanto lei pensasse, lo sentiva – sarebbe tornato suo marito, e finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui condividere le angosce quotidiane e le notti insonni. Finalmente non sarebbe più stata sola.
Non poté trattenersi dal sorridere, immaginando la reazione di Fernand nel trovarla sulla soglia, la bambina (per la quale non aveva ancora deciso un nome, ma per quello c’era tempo no?) tra le sue braccia – e non in quelle della tata – e Albèrt impegnato a reggere l’orlo del suo abito; tutti e tre felici e perfettamente in salute.

Sorrise ancora una volta a quei pensieri, portandosi le dita al labbro per trattenere le risa che sorgevano spontanee, presto la bambina si sarebbe svegliata e avrebbe cominciato a vagire, esigendo il proprio pasto.

Mercédès volse lo sguardo verso la figura piccina che giaceva nella culla in legno chiaro e, per un istante, la paura le strappò il respiro dai polmoni e si abbassò per ascoltare attentamente, tentando di ignorare il martellare furioso del suo stesso cuore – ma niente risultava allarmante, poiché la piccola respirava normalmente e solo allora si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

Carezzò con fare delicato la minuscola mano di sua figlia, facendola sentire serena e tranquilla.
Abbandonò la camera in punta di piedi, facendo attenzione a non calpestare le assi più rumorose, e dirigendosi verso la stanza di suo figlio, ove il bambino sembrava essere addormentato. O almeno, così sarebbe dovuto essere. Forse fu l’istinto materno a suonare come un campanello d’allarme nella sua testa; aveva sentito parlare di madri che sembravano come connesse ai propri figli attraverso una misteriosa alchimia, come potevano essere connesse due anime gemelle.

“Albèrt?” sussurrò, sbirciando da dietro la soglia per poi intrufolarsi nella stanza appena illuminata dal fioco bagliore della Luna. “Albèrt, caro, posso entrare?”

“Sì, Mère” rispose la voce del bambino, tremolante ma ugualmente chiara.

A quel permesso entrò senza remore, portandosi fino al bordo del letto, sul quale si posò con grazia e attenzione. Suo figlio la stava osservando, gli occhi spalancati e splendenti alla luce notturna; all'improvviso scostò con fretta le coperte e si avvicinò a lei, gettandole le braccia al collo e stringendosi forte alla donna.

Lei gli avvolse la schiena con le braccia, cullandolo avanti e indietro, nel tentativo di calmarlo, ma aveva davvero bisogno di essere calmato? O semplicemente desiderava la compagnia della madre ed il suo  contatto materno?

“Cosa ti affligge, bambino mio?” chiese Mercédès, baciandogli la fronte e continuando ad accarezzare la sua piccola schiena. “Puoi dirmelo se vuoi; o posso andarmene, se è ciò che preferisci”

“No” rispose lui “Non lasciarmi, per favore”

“Non lo farò” promise con determinazione, baciando e vezzeggiando ancora le sue guance paffute. “Parlane con me, caro, perché non riesci a dormire?”

“Voglio che papà torni a casa” ammise, il viso ancora nascosto nell’incavo del suo collo “Voglio che torni a casa, mi manca”

“Anche a me” rispose piano, stringendolo di più a sé e sollevandolo con delicatezza – ondeggiò appena, sorprendendosi di quanto fosse diventato pesante – facendo alcuni passi e posandolo nuovamente sulle candide coperte. “Ecco qua” disse Mercédès non appena lo sistemò meglio “Tuo padre tornerà molto presto. Ora, ti ricordi cosa ti ha detto prima di partire?”

“Di essere paziente, di prendermi cura di voi e di non sentire la sua mancanza” rispose prontamente Albèrt. “Ma non posso non sentirne la mancanza” aggiunse pochi secondi più tardi, disappunto ed angoscia nella sua voce.

Ma certo che no” ribatté, trattenendosi dal scuotere la testa in maniera esasperata “E’ ovvio che tu non possa farlo! E lui lo sa bene, gioia del mio cuore e della mia anima, e sono certa che preferirebbe sapere che gli sei mancato piuttosto che il contrario! Il tuo papà ti ama, Albèrt, e tu ami lui – “ e avrebbe voluto aggiungere “e anche io”, ma le parole le si bloccarono in gola, e senza motivo apparente, ancora non era in grado di dimenticare? Perciò sorrise invece “Chiaramente vi mancate l’un l’altro. Pensi davvero che a lui non manchiamo? Credi davvero che non preferirebbe restare qui con noi piuttosto che andare in qualche noioso e stancante meeting?”

Il bambino sembrò riflettere per qualche secondo, mordicchiandosi il labbro inferiore (non poteva vederlo nell’oscurità, ma ne era comunque certa), rispondendo lentamente: “Penso che gli manchiamo”

Mercédès sorrise raggiante ad Albèrt, abbassandosi per schioccargli un bacio sulla fronte. “Visto? Non pensarci più, dormi e basta. Il tempo passerà veloce, e tornerà prima ancora di quanto tu pensi”

“Staresti ancora con me?” implorò, la sua voce tremava ancora ed ella poté sentire il proprio cuore contrarsi. Fernand non era lì, non si sarebbe lamentato se lei avesse viziato un pochino suo figlio in quel momento – perciò sorrise ancora ed incominciò a cullarlo, chiedendosi se sua figlia stesse bene, tutta sola nella sua cameretta. Il sol pensiero non la faceva quasi respirare, e se si fosse addormentata per poi non udire le sue grida disperate? Però non poteva abbandonare suo figlio nel momento di maggior bisogno, come avrebbe potuto?

Scosse la testa per cacciare via quei terrificanti ed altrettanto velenosi pensieri dalla sua mente, mentre Albèrt prestava ascolto alla sua voce, cantando ninna nanne della cara terra spagnola, così antiche da stupirsi persino nell’essere riuscita a ricordarle.

_


Mercédès si trovava nel salotto, desiderando invece di trovarsi all’aperto, magari distesa sull’amaca in giardino, sotto l’ombra degli alberi, tra la brezza estiva ed i raggi del Sole, ma il timore di dover portare la neonata con lei la bloccava in casa; è ancora così piccola, come potrebbe mai giovarle il caldo afoso e l’aria bruciante delle prime ore del pomeriggio?

Il lavoro a maglia, lasciato rigorosamente a metà, si trovava abbandonato accanto a lei, poiché le braccia erano impegnate a cullare la creaturina che aveva da poco dato al mondo.
Ella era troppo piccola per poter sorridere o fare alcunché,  ma questo non fermò Mercédès dal parlarle; soffici e dolci parole che in cuor suo sperava risuonassero nei recessi della sua mente quando sarebbe cresciuta , come un’eco dalla memoria più lontana.
Sei così preziosa, e così amata piccola mia. Tanto amata e tanto adorata.” Parole che avrebbe ripetuto all’infinito, sino a perdere la voce se fosse stato necessario. Differentemente da molti anni fa, non avvertì l’angoscia ed il crepa-cuore provocati dalla malinconia di qualcosa che sapeva di non poter più avere. Della tristezza e del rimorso che l’avevano colpita alla nascita di Albèrt  – invece, ora esprimeva gratitudine al Cielo, percepiva amore, speranza e qualcosa che rifletteva pace e beatitudine.

Madame” sentì una voce chiamarla dal corridoio accanto, per poi trovarsi la domestica che le si avvicinava trafelata ed in affanno, il suo viso arrossato per la corsa. La giovane Marthe gesticolava tentando di comunicarle qualcosa, ma la contessa non riuscì a sentire nulla, i suoni diventarono come ovatta sulle sue orecchie – ed ancora reggendo quel fagottino di morbida carne avvolto dai tessuti più pregiati, come se fosse la cosa più fragile sul pianeta - si alzò in piedi in tutta fretta dalla poltrona in velluto chiaro dalle decorazioni floreali; Possibile? Possibile che lui sia…?

Così s’incamminò a passo svelto verso il portone principale, arrivando alla soglia e –

Ed eccolo lì, a saltare giù dalla carrozza, un sorriso stanco ma felice quando si accorse di Albèrt  corrergli incontro finché …

Egli la vide.

Bloccandosi sul posto come una statua di ghiaccio.

Il cuore di lei incominciò a battere forte quando lo stesso sorriso affiorò sulle labbra di entrambi nello stesso istante, le gambe per istinto cominciarono a camminare verso il proprio partner, le braccia protese alla ricerca di quelle altrui, incontrandosi e permettendo alla bambina di spostarsi verso quelle paterne, così delicate, così attente nel reggerla con cura che la donna non ebbe timore nemmeno per un istante e – stava forse piangendo?

“Oh, Dio” lo sentì esclamare, con tremore vivido nella voce.

“Lo so” sussurrò semplicemente, le sue stesse parole travolte da sentimento e commozione “Lo so”

“Oh, Dio” disse ancora, emettendo quello che sembrò un singhiozzo, ruotando il capo verso di lei e allora , Mercédès poté distinguere gocce cristalline scendere dai suoi occhi. “Oh Signore, oh Dio mio”






Angolo della Traduttrice: A chiunque sia giunto fin qui a leggere, grazie di cuore.
Questa storia fa parte di una AU a cui sia io che l’autrice teniamo davvero molto, assieme alle altre storie che ne fanno parte e che sono raccolte sotto questo profilo EFP nella serie “Forever yours [pour toujours // por siempre tuo]”. Solitamente non chiedo esplicitamente ai lettori di commentare, ma davvero, davvero un commento, anche la più piccola opinione, sarebbe davvero ben gradita, sia per questa che per gli altri racconti che ci sono già e che si uniranno a questa serie, per noi è davvero molto importante.
Per qualunque informazione, non esitate a chiedere.
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