Love lift us up where we belong

di Zoe__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Prologo ***
Capitolo 2: *** II. I ***
Capitolo 3: *** III. II ***
Capitolo 4: *** IV. III ***
Capitolo 5: *** V. IV ***
Capitolo 6: *** VI. V ***
Capitolo 7: *** VII.6 ***
Capitolo 8: *** VIII.7 ***



Capitolo 1
*** I. Prologo ***


Ai nuovi inizi  

Anne si era iscritta alla facoltà di lettere moderne senza un’apparente ragione, senza che nessuno nella sua famiglia sapesse il perché. Aveva solo detto di voler continuare i suoi studi classici, pur di proseguire indisturbata verso quel futuro che aveva disegnato nella sua mente, ancora poco chiaro.
Le sue pagine giacevano da troppo tempo inedite sulla sua scrivania ed aveva deciso che fosse arrivato il momento di vederle raccolte ordinatamente su qualche scaffale. Anne era fortemente sicura di sé, consapevole delle sue potenzialità, ma nessuno avrebbe potuto dirlo. Rimaneva sempre timida davanti agli altri, molto modesta nei confronti di chi sapeva di quelle numerose pagine. Le aveva mostrate a pochi, le persone giuste, quelle di cui si fidava. Erano loro a motivarla, erano quelle pagine a renderla viva e a darle ogni giorno un valido motivo per proseguire gli studi, che le recavano non pochi problemi. Anne soffriva, sin dai primi anni del liceo, di forti crisi d’ansia che molto spesso si manifestavano in prossimità degli esami più importanti, esami decisivi. L’adolescenza ne era stata piena, era convinta che l’università sarebbe stata un incubo per lei. E no, non si era di certo sbagliata. Erano esami, solo esami ed Anne credeva di impazzire sommersa da quelle date cerchiate sul calendario, che sembrava risucchiarla. Ne aveva uno sulla scrivania, un altro attaccato alla parete e a pranzo doveva fare i conti anche con il calendario appeso in cucina, ogni momento della sua ansiosissima esistenza era definito dai minuti che la separavano da quelle odiosissime prove. 
Il giorno del suo primo esame era giunto senza che lei se ne accorgesse, anche quell’anno troppo velocemente e la sua preparazione era spaventosa, ad ogni domanda avrebbe potuto rispondere citando più di tre testi - aveva studiato da più fonti, integrate con degli appunti che aveva preso direttamente dal professore. L’ansia, in fin dei conti, aveva i suoi risvolti positivi in Anne, che nelle prove orali non si era mai dimostrata troppo esitante, se non fino a pochi minuti prima. Davanti ai docenti l’ansia sembrava sparire, lei la poteva avvertire, ma non ne lasciava trasparire il minimo segno. Rimaneva di ghiaccio, mentre il fuoco la corrodeva all’interno.
Anne si presentò quel giorno con un pullover, una camicia azzurrina, leggera, dei pantaloni a vita alta neri e dei mocassini. Al collo un filo di perle, sulle labbra del rossetto rosso ed i capelli mori mossi sulle spalle. Chiunque avrebbe detto che lei stesse andando dovunque, fuorché a dare un esame, ma lei era così, le piaceva essere sempre impeccabile e quel giorno avrebbe dato il meglio di sé. L’ansia svaniva quando decideva come truccarsi, acconciarsi e vestirsi. Erano quelle cose futili in cui le piaceva crogiolarsi prima di ogni prova importante, alle quali normalmente avrebbe prestato un’attenzione nella media. La letteratura inglese era il suo forte, di certo non si sarebbe fatta trovare impreparata. Adorava la materia ed aveva seguito le lezioni con passione, perché il cuore le batteva più forte davanti a quelle pagine e Anne si fidava delle sue emozioni

Jamie detestava ammetterlo, ma rimpiangeva la convivenza con i suoi genitori. Da quando, due anni prima, aveva accettato la cattedra, in poco tempo si era visto privato del suo autista, della domestica, di tutti i comfort che lo avevano cresciuto - viziato - nella sua bella villa di campagna, a trent'anni. Era forse troppo tardi? Disse più volte a se stesso di no, lavorava molto per migliorarsi, anche se i rapporti con le persone non andavano chissà quanto bene. Era molto solitario, Jamie, preferiva il silenzio, parlava con poche ed essenziali parole, persone ed anche la sua casa di città rispecchiava questo lato della sua personalità. Di certo Jamie non era solo questo, perché anche lui era capace di emozionarsi e lasciarsi andare, ma con poche e selezionate persone. Perché la testa gli diceva così e Jamie diffidava delle sue emozioni. Era quello che la sua famiglia gli rimproverava di più, i suoi fratelli in prima linea, ma lui poteva dirsi soddisfatto della sua vita in quel momento, una cattedra da così giovane era certo qualcosa di cui andare fieri. Lui lo era, tuttavia la città gli regalava delle soddisfazioni ed in poco tempo si era ambientato senza troppe difficoltà. In poco tempo sembrava aver preso confidenza con i colleghi, con i vicini di casa e perfino con la signora che lo aiutava con le pulizie - a quello non aveva potuto rinunciare - rimanendo sempre fedele alle sue sensazioni più che alle sue emozioni. 
Quando Jamie quella mattina si presentò in università, impeccabile come al solito in pantaloni e camicia, sapeva di avere una lunga giornata davanti a sé. Proprio quel mercoledì era arrivato un nuovo tirocinante, che gli era stato affiancato immediatamente - sembrava che avesse personalmente richiesto di lui. Per quello aveva lasciato che lui si occupasse degli esami della mattina, lasciandolo libero dopo pranzo, per continuare di persona. Ciononostante avrebbe dovuto seguirlo, anche da lontano. Era la prima volta che si assumeva una responsabilità tale ed era fin troppo perfezionista per poter lasciare che il signor Clarke potesse sbrigarsela senza il suo sguardo puntato addosso. 
Jamie era solito passare del tempo in biblioteca prima di ogni attività, restituiva dei testi che aveva preso in affidamento e ne portava con sé altri, lasciandoli nel suo cassetto nella sala docenti, per poi dedicarsi alle lezioni, agli esami o, come avrebbe dovuto fare quella mattina, alla supervisione. 
Sedeva sempre accanto alle vetrate che davano sui i giardini del campus, gli ricordava un po’ della sua casa in campagna e ciò lo aiutava a concentrarsi. Era capace di leggere pagine e pagine senza mai distrarsi, ma gli bastava alzare lo sguardo qualche secondo per perdersi nella vasta natura davanti a lui. Osservava tutto con attenzione, non voleva che niente te sfuggisse ai suoi occhi, perché di ogni cosa faceva tesoro, gelosamente. 
“Profesor Hall?” Si sentì chiamare, quasi sobbalzò e si voltò velocemente. Sorrise lievemente alla studentessa davanti a sé, poi la incitò a parlare.
“Signorina Annabelle, buongiorno. Mi dica pure, ha finto con gli appunti?”
Anne annuì e gli restituì la cartellina che aveva portato con sé nel corso dei due mesi addietro. 
“La ringrazio, sono stati molto utili” stette in silenzio, poi continuò “sono molto precisi.” Jamie si alzò, fronteggiando la giovane. Involontariamente la intimorì, forse era ancora troppo goffo con le persone che non lo conoscevano abbastanza. 
“Mi piaceva prenderne molti” ammise sorridendo, distendendo così l’iniziale tensione nella signorina Annabelle “ed ordinati” precisò “buona fortuna per il suo esame.” Concluse, porgendole la mano. Anne la strinse e gli rivolse ancora un sorriso, prima di voltarsi e raggiungere le sue compagne di corso che, assieme a lei, entro la mattinata si sarebbero liberate di quella che sarebbe stata la prima prova di una lunga serie. 

Anne reputava il professor Hall uno dei migliori, nutriva una stima non indifferente nei suoi confronti, condivisa con l’intera classe. Nonostante Jamie fosse tanto riservato, come ad Anne batteva il più forte il cuore davanti alle pagine che studiava, a lui succedeva quando ne parlava ai suoi studenti. Era fra i più giovani, riusciva a metterli a loro agio, seppur mantenendo sempre un doveroso distacco professionale. Era una cosa che faceva con piacere, ma senza mai sbilanciarsi troppo. Aveva un cuore anche lui, ed un lato umano che mostrava senza rendersene conto. Sarebbe stato un problema quando tutto quello sarebbe successo volontariamente, perché avrebbe iniziato a fidarsi delle sue emozioni, ma su questo Jamie non rifletteva, non rifletteva mai. “Anne, il tirocinante è-” 
“Stronzo” fu la prima parola che Coline pronunciò, interrompendo così Laura, uscita dall’aula, con lo sguardo perso, misto fra lo sconvolto ed il preoccupato “è davvero stronzo!” Esclamò ancora, allargando le braccia.
“Col, mi dispiace” si affrettò a dire Anne, che proprio in quel momento aveva iniziato ad avvertire l’ansia stringerle lo stomaco, avrebbe preferito non sentire niente di tutto quello “ma tu… avevi studiato?” Cercò di consolarsi, consapevole che Coline non amasse poi tanto il corso di letteratura inglese, nella sua facoltà secondario. 
“Sì, cioè.. relativamente. Poi c’era Hall, lì fermo sulla porta! Faceva la bella statuina invece di aiutarmi.” 
“È quello che deve fare” Laura rise appena “non può mica suggerirti le risposte.”
Anne rimase in silenzio, vedendo le due ragazze discutere animatamente, Coline che faceva fatica a tenere la voce bassa e Laura sempre più pacata di lei. Cercava di pensare ad altro, non le aveva fatto bene vedere Coline in quello stato, pur sapendo che lei non era di certo preparata allo stesso modo. La sua mente non poteva far altro che scorrere le pagine del libro, gli appunti, provando a ricordare quanto più le fosse possibile.
“Annabelle Davis?” Quasi si sentì mancare quando la voce del tirocinante la chiamò dentro. Cercò di ricomporsi, salutò con un cenno le ragazze fuori la porta ed oltrepassò la soglia. Solitamente quel semplice gesto l’avrebbe calmata, ma quel giorno nulla riusciva ad aiutarla. Stronzo, la voce pungente della sua compagna di corso risuonava nella sua mente senza lasciarla un attimo. Lo sarebbe stato anche con lei, dopo tutto quello studio?
Quando si accomodò la sedia davanti a lei era ancora vuota, chiuse appena gli occhi e tirò un lungo sospiro. Non appena li riaprì non ci volle molto a mettere a fuoco la figura davanti a sé, istantaneamente la rasserenò.
“Salve signorina Annabelle, possiamo iniziare?” Era il professor Hall a parlare, con voce pacata. 
Anne annuì, semplicemente, sentendo i muscoli distendersi e percependo un senso d’ordine e tranquillità farsi spazio in lei che lentamente la rasserenava.

 

Writer's corner 
È solo l'inizio di una piccola raccolta, che spero possa regalare grandi emozioni. Zoe xx

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Capitolo 2
*** II. I ***


Il corridoio del secondo piano dell’istituto d’arte era uno dei posti che Anne avrebbe voluto visitare, sin dal primo giorno in università. Era sempre stata una zona riservata, principalmente agli iscritti ed ai docenti, raramente visitabile. Tutti ne parlavano, tutti ne erano irrimediabilmente attratti, per il mistero che suscitava attorno a sé, data la segretezza di ciò che custodiva. Anne aveva sentito parlare di copie di statue e dipinti realizzate da insegnanti ed alunni, ma con tale precisione e coinvolgimento da risultare uniche, seppur repliche. L’istituto d’arte aveva da sempre mosso qualcosa in lei, fedele delle sue emozioni, per questo aveva presentato un’autorizzazione in segreteria per poterlo visitare a scopi didattici - sarebbe stato utile per la sua tesi, in via di sviluppo. Purtroppo era stata respinta, nessuno trovava coerente una richiesta del genere con un’alunna che frequentasse lettere moderne. Aveva provato a chiedere a qualche conoscente lì iscritto, ma non sarebbe potuta accedere senza pass, l’unica possibilità che le era rimasta era visitare direttamente le opere originali, nelle loro sedi ufficiali, nei musei. Certo, li avrebbe preferiti senza dubbio, ma non avrebbe mai potuto vedere tutte le opere di cui aveva bisogno. Era sicura che tutte fossero lì, quello era riuscita a scoprirlo attraverso voci secondarie. Necessitava di vederlo, sentiva che ciò che le impediva di continuare la stesura della sua tesi fosse proprio la mancata visita di quella zona riservata. Tuttavia non perse le speranze facilmente, iniziò a scrivere partendo da siti online e libri in biblioteca. Proprio lì passava la maggior parte delle pause fra una lezione e l’altra, informandosi, talvolta lavorando per ore, altre volte semplicemente rilassandosi. Trovava in quelle forme, in quei corpi, la giusta calma ed armonia per lavorare, come le accadeva quando individuava la melodia esatta per studiarle. Era un lavoro di precisione, di pause, attento, che la vedeva impegnata con piacere. Spesso Anne sedeva nelle postazioni più nascoste, perché più silenziose e prive di finestre. Solo così riusciva a dedicarsi totalmente alle sue pagine - per la tesi e non. Raramente si spostava all’aperto, ma veniva distratta troppo facilmente e se aveva bisogno di un po’ di luce preferiva le scrivanie davanti alle grandi vetrate. 

Di venerdì pomeriggio Jamie aveva poco da fare in università, le lezioni lo tenevano impegnato fino alle cinque del pomeriggio, lasciandogli poi il resto della giornata libero. Solitamente si dedicava alla correzione di alcuni report degli studenti, in biblioteca, altre volte preferiva tornare a casa, la città gli regalava delle belle passeggiate in quei giorni di primavera ed era un piacere farvi ritorno a piedi o in bicicletta. Tuttavia, nonostante il sole quel venerdì splendesse più dei precedenti ed il tempo non gli era mai sembrato così bello da quando si era trasferito, il che suggeriva l’occasione ideale per un po’ di esercizio all’aperto, Jamie si dirigeva a passo svelto in biblioteca, le mani in tasca. Nella sinistra stringeva un mazzo di chiavi avuto grazie al signor Clarke, il tirocinante di cui ancora si occupava personalmente. Non gli aveva chiesto come avesse potuto entrarne in possesso, l’istituto d’arte era impenetrabile, ma Thomas - così si chiamava il signor Clarke - aveva detto di avere contatti sufficienti per permetterselo. Jamie sperava non si trattasse di qualche studentessa, ma faticava a pensare che uno come lui potesse resistere alla costante tentazione in cui, alcune ragazze, lo inducevano senza troppi scrupoli. In fin dei conti lui era più giovane, in una posizione ben differente dalla sua e poteva permettersi quelle distrazioni.
Entrato in biblioteca si diresse sicuro verso la figura sottile china sulla scrivania davanti alle vetrate ampie, con i capelli folti e neri sulle spalle. Erano spaventosamente lunghi, lo aveva notato sin dall’inizio e spesso avrebbe voluto chiederle come riuscisse a sopportare una tale massa di capelli, sempre ordinati con cura. 
Si avvicinò senza fare troppo rumore, non avrebbe voluto disturbarla a lavoro, talvolta si soffermava ad osservarla e mai si sarebbe perdonato di rompere quella bolla in cui lei era solita galleggiare durante quei momenti. Sfilò la mano sinistra dalla tasca, posando il mazzo di chiavi sulla superficie di legno, accanto a dei fogli sparsi. Questo vi si posò con un tonfo sordo destando curiosità nella figura davanti a lui che si voltò immediatamente.
“Signorina Annabelle” iniziò, non dandole tempo di poter replicare “ho saputo che la sua richiesta d’accesso all’istituto d’arte è stata declinata. So quanto possa essere importante per lei, quindi” fece una piccola pausa ed accennò alle chiavi con un segno del capo “sono riuscito a prendere queste per lei.” Concluse, sorridendo rassicurante. Era così ingessato nei suoi modi, impacciato ed imbarazzato, su quelli avrebbe dovuto impegnarsi ancora, ma lei era una sua studentessa ed era sicuro che quello sarebbe bastato a nascondere quella sua rigidità sotto semplice formalità. 
Anne ricambiò esausta il suo sorriso, lo avrebbe abbracciato fosse stata un’altra persona, ma era il suo professore e si limitò a rimanere ferma, metabolizzando le emozioni, decidendo con quali parole ringraziarlo. Lo guardò velocemente, non soffermandosi su quei dettagli di lui che aveva più volte osservato a lezione, ma imprimendo bene la sua figura illuminata dal sole, prima che tramontasse.
“Professor Hall, grazie mille” riuscì a dire, maledicendosi subito per aver parlato troppo precipitosamente, non pensando a cos’altro aggiungere “come è riuscito a prenderle?” Forse perché è un professore, domandò a se stessa. Arrossì a quella considerazione, sperò vivamente che lui ci passasse sopra senza troppe domande, senza che i suoi occhi si soffermassero su di lei mentre riponeva ordinatamente i suoi libri nello zaino, i suoi fogli in delle cartelle trasparenti. 
“Conoscenze” si limitò a dire, incuriosendola senza rendersene conto “allora, andiamo?” Le domandò, vedendola alzarsi in piedi. 
Anne si limitò ad annuire, le riusciva sempre più facile che pronunciarsi. Quello avrebbe richiesto più impegno, perché ogni parola sarebbe stata soppesata minuziosamente, con cura ed attenzione, come le piaceva fare. Quindi decise di esprimersi solo con un cenno del capo, seguendo la figura davanti a sé guidarla fuori dalla biblioteca, verso l’istituto d’arte, a diverse strutture di distanza dalla loro. 

Il rapporto fra professor Hall ed i suoi alunni era di certo singolare, perché andava oltre la porta della classe. Si mostrava sempre disponibile a cedere appunti, ore extra, tanta era la passione che condivideva con loro nei confronti della sua materia. Con la signorina Annabelle gli risultava essere diverso non perché lo volesse, semplicemente succedeva che lei si presentasse da lui, o al contrario, lui da lei, per appunti, chiarimenti, documenti, suggerimenti. Si andava istaurando fra di loro un’insolita confidenza, intensificatasi da quando Anne aveva iniziato a lavorare alla tesi. Tuttavia cercavano entrambi, gelosamente, di nasconderla, tenendo quei momenti solo per loro. Era un tipo di confidenza totalizzante, una complicità che né Anne, tantomeno Jamie, avevano mai sperimentato, ma che apprezzavano insolitamente. 

Il professor Hall camminava spedito, sempre con le chiavi ben riposte nella tasca sinistra, ed Anne lo seguiva senza esitare, incuriosita e da lui e da quello che l’avrebbe attesa di lì a poco. 
L’istituto d’arte era di certo il più bello, esteriormente, fra le strutture universitarie e questo non poteva far altro che aumentare la curiosità di Anne di conoscere cosa vi avrebbe trovato all’interno.  Si ergeva possente ai suoi occhi scuri e stregati, troppo impegnati a rapire ogni minimo dettaglio di quelle pareti perfette ed in armonia. Se c’era qualcosa che Anne avrebbe inseguito senza mai stancarsi, quella sarebbe stata sempre l’armonia. Armonie e proporzioni, le avrebbe ricercate ovunque. Stingeva gelosamente le sue pagine al petto, di lì a poco avrebbe avuto l’occasione per completarle e, nonostante sapesse che non sarebbe stato così per tutte, rimaneva comunque entusiasta al pensiero di poter accedere a quella zona tanto segreta. 
Non fu necessario mostrare alcun badge, il signor Clarke aveva parlato di Jamie come una persona fidata e la sorveglianza lo aveva fatto passare senza creare alcun problema, non domandando neanche della signorina Annabelle. Si sentiva in quel momento responsabile per un’alunna, di certo un’alunna differente, che gli recava più soddisfazione della media dei suoi studenti. L’aveva presa a cuore, senza rendersene conto sembrava essere diventato il suo mentore. Non a caso le aveva suggerito degli editori, quando un giorno d’inverno, davanti ad una cioccolata calda ed un tè, lei gli aveva mostrato le sue pagine e lui i suoi libri, spronandola a dar loro un posto degno su uno scaffale che si rispetti. Gli dava soddisfazioni, era fiero di lei e così voleva che avesse il meglio - forse per sentirsi più soddisfatto, forse perché in realtà lei lo meritava davvero. 

Saliti gli ultimi gradini dell’ennesima rampa di scale, davanti ai loro volti si aprì un lungo corridoio. La navata centrale permetteva un passaggio libero e scorrevole, ampia ed estesa, mentre era costeggiata da copie in gesso di opere statuarie, antiche e contemporanee. 
“Wow” uscì come un soffio dalle labbra di Anne “è pazzesco, sembra un museo.” Fece poi un giro su se stessa, riuscendo a godere appieno della bellezza attorno a lei. Era felice senza vergogna, non esitava ad esternarlo. Avrebbe voluto parlarne con Coline, raccontarle com’era stato vedere tanta arte in una sola volta ed avvertire tanta magia attorno a sé. Ma c’era il professor Hall a pochi passi da lei, e come tutto quello che accadeva con lui, sarebbe rimasto solo fra loro due. 
“Non è mica finita qui.” La sua voce la risvegliò subito, e si voltò verso di lui, sorridendo curiosa “Continuiamo?” Le domandò allora, volgendole un sorriso. Nel frattempo teneva le chiavi fra le mani, cercando quale, fra quelle, avrebbe potuto aprire la porta della quale il signor Clarke gli aveva parlato. 
“C’è dell’altro?” Anne risultò più stupita di quanto in realtà volesse mostrarsi, credeva che tutto finisse lì, come le avevano sempre detto, ma il professor Hall era pronto a mostrarle il contrario. 
“Sì, e nessuno ne parla mai. Per questo deve ringraziare il signor Clarke, signorina Annabelle, che ci ha dato queste chiavi.” E le sollevò in aria, facendole risuonare fra loro “C’è un laboratorio, aperto dal lunedì al giovedì, dove alunni e docenti lavorano, insieme e non. Può visitarlo, potrà aiutarla, è sempre bello vedere… come nasce qualcosa.” Concluse, facendo scattare la serratura. Si voltò soddisfatto verso di lei, spingendo in avanti la porta, provocando un forte rumore fastidioso che fece rabbrividire Anne. Lei rimase impaziente alle sue spalle, imponendosi di non guardare oltre, semplicemente osservando le sue mosse. Lo guardava attenta, incerta se raggiungerlo o no, e mentre rifletteva sul da farsi non perdeva occasione per studiarlo più da vicino, a pochi metri da lei. Sentiva di voler studiare anche la regolarità con cui si muoveva il suo corpo, le sue proporzioni e l’armonia della sua persona, che gli infondeva una calma tale da inebriarle i sensi. 
Quando le fece cenno di raggiungerlo sulla soglia ripensò alle parole che aveva pronunciato poco prima, non volendo rimanere in silenzio. 
“Come questa tesi.” Sussurrò accanto a lui, indicandola. Poi alzò lo sguardo verso il laboratorio, facendolo scorrere veloce, ma attento su ogni cosa lì dentro. Delle storie sembravano essere appena iniziate, in altre l’artista era ancora esitante ed alcune erano già completate, pronte ad essere esposte. E come i vestiti ai piedi del letto stavano tempere e pennelli, strumenti da disegno abbandonati a loro stessi, speranzosi di essere ripresi, Anne sentiva la loro impazienza, poteva quasi capirli. Poggiata allo stipite della porta le sembrò che ogni oggetto avesse una sua storia, che lei già conosceva, irrimediabilmente si sentì parte di quell’ambiente. 
Jamie la osservava, attento ad ogni sua reazione, perché ognuna era diversa e si poteva benissimo distinguere sul suo viso.
“Come ogni sua pagina nasce dalle parole. Sono fantastiche, non trova?” Costatò, seguendo la sua osservazione. E dicerto non si riferiva alle opere attorno a loro, ma alle parole, solo alle parole, che sarebbero state sempre al centro. Di certo lei lo avrebbe capito. 
“Certo, sono importanti.” Annuì, guardandolo dal basso. 
Il sole che tramontava dietro di lui lo investiva completamente, illuminandola ed impedendole di guardarlo negli occhi, potendo parlare senza bisogno di spiegazioni. Si posizionò sulla sua ombra, davanti a lui, pronunciando quelle parole senza aggiungere altro e tenendo lo sguardo fisso nel suo. 
“Fondamentali” le ricordò guardandola ancora “sarò qui fuori, purtroppo Thomas” si interruppe, Anne alzò un sopracciglio “beh, il signor Clarke, ha dato il mio nominativo e lasciarla sola sarebbe rischioso. Sarò qui fuori.” Thomas si era in realtà premurato di non lasciarla neanche sola lì dentro, ma Jamie pensava che mostrarsi invadente non gli sarebbe di certo convenuto. 
“No” disse velocemente, lei, aggrottando le sopracciglia e lui la seguì, interrogativo. Anne cercò di rimediare alla sua risposta precipitosa, aveva lasciato che la parte irrazionale di sé vincesse ed irrimediabilmente arrossì. Fu costretta a diversi attimi di silenzio prima di parlare nuovamente, ora più pacata, con voce piccola, quasi timida. “Le dispiace rimanere?” Domandò, stringendosi contro la parete.
Jamie sorrise teneramente ed annuì. Anche lui era curioso quanto lei, gli sarebbe piaciuto sbirciare lì, lasciandola lavorare indisturbata.
“Certo che no, è nuovo anche per me.”
“Le piacerà vedere queste opere nascere.” Affermò Anne entrando, cercando con gli occhi scuri un posto dove sedersi ed iniziare a lavorare.
“Senza artisti?” Le chiese allora, chiudendosi le porta alle spalle. Lei si voltò, guardandolo complice.
“Con l’immaginazione, talvolta… è abbastanza” Disse alzando le spalle “siamo noi gli artisti, professore.” E non aggiunse altro, prima di sedersi su uno dei pochi tavoli liberi. Lasciò che la luce del tramonto alle sue spalle illuminasse l’ambiente attorno a lei, accarezzandolo con le sue tonalità calde ed offrendole una nuova prospettiva e nuovi colori, rimanendo ferma contro il muro. 
Jamie non la imitò, anzi prese a girare nella stanza, ampia e spaziosa, indisturbato. Lei sembrava non accorgersene, chiusa sempre nella sua bolla, rimanendo così ignara degli sguardi di quell’uomo che voleva studiarla quanto lei volesse studiare quelle statue, quanto lei volesse studiare anche lui. In un primo momento si dedicò davvero alle opere lì presenti, provando a capire anche cosa lei vi trovasse davvero. Finì, però, seduto accanto ad un quadro a metà, su uno sgabello sporco di colore, fermo ad osservare la signorina Annabelle. Fermo ad osservare qualcosa nascere, percependo i suoi pensieri fluire direttamente sulla carta. Quella complicità silenziosa lo fece sorridere e continuò indisturbato finché lo sguardo di lei non si scontrò col suo. Allora sorrisero entrambi ed Anne arrossì, prima di tornare china sui fogli.

“Grazie mille ancora, davvero, professore.” Mormorò la ragazza, quando lui richiuse la porta davanti a loro. Era fin troppo tardi per rimanere ancora e gli strappi alla regola non facevano per lei, tantomeno per lui. Jamie ripose le chiavi in tasca, guardandola. Le rivolse un sorriso sincero, come a dirle non c’è di che, che per lui era stato un piacere quanto lo era stato per lei. 
“Non c’è di che,” disse allora, ponendo una mano sullo stipite della porta, proprio sul capo di lei “è sempre bello-” vedere come nasce qualcosa, avrebbe voluto dire. Ma le labbra soffici della signorina Annabelle si posarono dolcemente sulle sue, lasciandovi un bacio delicato, che sapeva di lei e della sua essenza leggera, innocua. Per un istante furono solo labbra, fin quando lei non si allontanò, rimproverandosi già per la sua avventatezza, sentendo le guance a fuoco e gli occhi lucidi. Ma non ci fu tempo per altro, neanche per girarsi ed andare via, come avrebbe voluto. Il volto del professor Hall si chinò sul suo, sovrastandola, facendo nuovamente combaciare le loro bocche. Anne chiuse gli occhi e Jamie fece lo stesso, entrambi consapevoli di quanto fosse bello vedere come nasce qualcosa.

Writer's corner

Primo capitolo e colpi di scena, fatemi sapere cosa ne pensate ;). Zoe x

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Capitolo 3
*** III. II ***


“Ho parlato con il mio editore delle sue pagine, signorina Annabelle. È piacevolmente sorpreso, le dirò in tutta sincerità di esserlo anch’io.” Anne sollevò gli occhi dalla tazza di caffè davanti a sé, portandoli sulla figura del professor Hall, che le sorrise. 
“Le ha lette… tutte?” Risultò esitante, per Jamie, che sembrò divertito dalla sua espressione, indeciso se ridere o no delle sue guance rosse di vergogna. 
“Non tutte, può rilassarsi!” Anne tirò un sospiro di sollievo “Sono a metà, ma procedono bene, anche se vorrei dei chiarimenti su..”
“Non le dirò chi è l’assassino.” Disse subito, prendendo un sorso di caffè. Jamie rise, tornando a guardarla. La sua aria innocente svaniva quando erano soli, sembrava che tutta quella distanza fra loro due non fosse mai esistita e che Anne fosse una conoscente, non una qualsiasi, ma comunque non una sua alunna, non un’estranea.
“Per quello aspetterò di trovare altri dei suoi deliziosi indizi” ammiccò “dovrei iniziare ad annotarli.” Mangiò della crostata, rimanendo sempre con gli occhi su di lei.  
“Non sarebbe una cattiva idea, professore.” Asserì, ricambiando il suo sguardo. Furono attimi intensi - per entrambi - durante i quali i loro occhi non cessarono nemmeno per un momento di scrutarsi, attenti, oltrepassando quelle barriere che si erano ripromessi, fra loro stessi, di non superare. 

“Anne!” Sobbalzò, la matita le cadde a terra, rompendo la punta e si voltò immediatamente verso Coline, alle sue spalle.
“Col” si abbassò per recuperare la matita cadutale a terra “scusami, davvero, io” deglutì, sistemandosi i capelli “stavo ripetendo.” Annuì, più per se stessa che per lei.
“A bocca chiusa, guardando la finestra?” Si sedette proprio davanti a lei, poggiando i gomiti sulla scrivania “Anne ti ho chiamata tre volte, di seguito, ad alta voce” sussurrò “e siamo in biblioteca. Cosa c’è che non va? Vuoi parlarne?” Anne la guardò, prima di parlare esitante. Rifletté alcuni attimi in più su quelle parole, che le costarono uno sguardo severo da parte di Coline, inquisitorio.
“No, Col, non c’è niente che non va” poi sorrise, rassicurandola “sono solo soprappensiero, ho molto da studiare e alle cinque devo incontrarmi con Hall per degli appunti” si bloccò, guardandosi attorno, agitata “che ore sono?” Coline aggrottò le sopracciglia, prima di voltarsi verso l’orologio appeso alla parete e notare che, in realtà, alle cinque mancavano poco meno di dieci minuti. 

Dopo quel bacio scambiato nel corridoio del secondo piano dell’istituto d’arte, ne erano susseguiti di diversi. Diversi baci, diversi incontri, diverse occasioni in cui Jamie ed Anne, il professor Hall e la signorina Annabelle, si erano ritrovati da soli. Soli mentre lei scriveva le sue pagine o la tesi, soli mentre lui pianificava le lezioni e scriveva le dispense, soli davanti ad un caffè, un tè, una fetta di dolce, un pranzo o una cena. Soli, lontani dall’università e lontani da occhi indiscreti, occhi da cui non volevano essere toccati e ai quali non erano entrambi ancora pronti - era tutto ancora troppo loro. Si frequentavano? Si sentivano? Come avrebbero detto la metà delle compagne di Anne.
Semplicemente, avrebbe risposto Anne, passavano del tempo insieme - tralasciando come trascorressero quel tempo, cosa significasse per lei, per lui.
Jamie non avrebbe risposto, ma avrebbe detto che con la signorina Annabelle spendeva diversi pomeriggi in ottima compagnia - tralasciando che con ottima intendesse travolgente e totalizzante. Seppur silenziosa, alle volte la sua presenza sembrava parlare più di altre. Il modo in cui sedeva e si soffermava ad osservarlo, come i suoi occhi curiosi correvano su ogni cosa che li circondasse - fissandosi a volte anche su di lui. Era curiosa, aveva potuto costatarlo, lo pensava già e quel tempo insieme aveva confermato questa, fra le altre sue ipotesi. Aveva conosciuto una persona che apparentemente era il suo perfetto opposto, fra la gente e con lui. In realtà la signorina Annabelle - che ora chiamava Anne senza vergogna - gli somigliava molto e sotto certi aspetti era forse solo più disinvolta fra gli altri e, con il tempo, era certo che lo avrebbe influenzato. Anne aveva una stima sempre maggiore nei suoi confronti e non glielo nascondeva. Era sempre trasparente, non mancava mai di fargli notare quanto apprezzasse questa o l’altra cosa. Jamie aveva imparato ad apprezzare sempre di più la sua compagnia, fino a volerla vedere almeno una volta a settimana, perché si era reso conto di non poterne fare a meno.
Certo, questo era successo solo nell’ultimo mese, superato l’imbarazzo dei primi giorni. Inizialmente infatti lei si era spesso mostrata sfuggente, credendo di non potersi fidare di lui. In realtà si rese conto di quanto Jamie fosse genuino e sincero, di quanto la sua persona fosse niente di meno di quello che lei aveva immaginato, senza malizia.
Jamie era per Anne come un nuovo libro da leggere, la cui copertina non voleva rivelare troppi segreti. Li avrebbe scoperti da sola, lei, se lui glielo avesse lasciato fare. 

Anne entrò velocemente nel caffè, pentendosi immediatamente di tutto quel trambusto creato e degli occhi che le furono addosso subito dopo. Arrossì imbarazzata, cercando Jamie con lo sguardo. Quel giorno stava a lui decidere dove vedersi ed Anne sapeva che non l’avrebbe risparmiata, portandola in uno dei suoi locali preferiti - aveva notato come questi fossero tutti incredibilmente d’élite, nelle zone più centrali della città. Dopo le prime volte in cui si era presentata in jeans e sneakers, aveva pensato che fosse il caso di prenderla sul serio, cambiare armadio per l’occasione e gestirla con più serietà - ancora non ci era riuscita completamente, se entrando in un nuovo posto tutti gli occhi si puntavano su di lei, ma era a buon punto. Aveva deciso di indossare dei pantaloni blu ed una camicia in seta quel giorno, il che le donava un’aria fin troppo seria e professionale. Così professionale che Laura le aveva chiesto se avesse un colloquio di lavoro, due matricole l’avevano scambiata per un docente e Jamie quasi stentava a riconoscerla. Aveva lasciato i capelli sciolti e, per quanto lui potesse intendersi di make-up, sembrava non indossarne affatto. Rimase per qualche istante ad osservarla, scrutandola silenziosamente, aspettando quando si fosse resa conto della sua presenza. Quando la vide voltarsi verso di lui le sorrise, felice, e lei ricambiò allo stesso modo, raggiungendolo al tavolo dove era seduto. Jamie si alzò, si avvicinò a lei e le prese una mano, facendole fare un giro su se stessa.
“Hai intenzione di ammaliare tutti i presenti?” Le domandò sorridendo, lei rise, cercando di minimizzare la sua solita risata, esplosiva, e lui rise assieme a lei.
“Parli di me o di te?” Rispose allo stesso modo, stringendogli la mano. Si fece poi più vicina al suo volto, lasciandogli un bacio all’angolo della bocca, prima di sorridergli nuovamente e sedersi.
Realmente Jamie non era da meno quel giorno, non avevano avuto nessuna lezione insieme e lo vedeva per la prima volta in quel momento. Era così diverso, fuori dall’università, più sereno. Indossava dei jeans, già meno seri dei soliti pantaloni del completo che indossava ogni giorno, una camicia, perché a quella non avrebbe mai rinunciato, ma senza alcuna giacca. Teneva solo un maglione sulle spalle - la città in quel periodo era imprevedibile - ed Anne, guardandolo, non riusciva a pensare ad altro se non a quanto fosse radiante. Quella versione di Jamie, riservata solo a lei, poteva dire con certezza che fosse la sua preferita sopra ogni altra. Vi era, in quella sua aria rilassata, tranquilla, la capacità di infonderla anche a lei che, in un ambiente come quello, si sentiva incredibilmente a disagio. Era quasi impossibile non guardarlo, per quanto fosse imbarazzante ammetterlo, forse perché erano separati da un tavolo ed avvicinarsi sarebbe stato indiscreto - Anne sentiva la pressione delle regole su di lei, Jamie glielo ricordava spesso, prendendola in giro.
C’era in quei dettagli dell’uomo davanti a lei tutta l’armonia che Anne cercava e studiava in ogni cosa, perché le piaceva come tutto fosse raccordato. Come gli occhi di Jamie che diventavano più piccoli dopo un sorriso, spinti dagli zigomi che si sollevavano, a loro volta, a causa dalle labbra piegate all’insù. Era un gesto semplice, un sorriso, che però Jamie regalava raramente ed Anne aveva imparato a fare tesoro di quello, come di altri momenti.
“Come stai?” Ogni loro appuntamento iniziava più o meno così. Nel frattempo, Jamie aveva già parlato con il cameriere, ordinando per entrambi il suo tè preferito - Anne doveva assaggiarlo, era certo che l’avrebbe adorato - accompagnato dai pasticcini che lei amava.
“Bene, oggi è… una bellissima giornata.” Rispose Anne guardandosi attorno, soffermandosi sulla città al di là del vetro “Spero non inizi a piovere da un momento all’altro.” Ammise sollevando le spalle. Per quanto potesse amare la primavera, purtroppo avrebbe dovuto viverla con il costante terrore della pioggia, che oltre a rovinarle le giornate, le avrebbe rovinato anche l’umore.
“Lo spero anch’io, dobbiamo andare in un posto più tardi.” Lei impallidì, ripassando velocemente la sua agenda a mente. Avrebbe dovuto studiare, ma poteva saltarlo senza problemi, la curiosità aveva iniziato già a logorarla. “Hai impegni?” Le domandò, guardandola. La guardava spesso Jamie, se per decifrare cosa pensasse o solo perché gli facesse piacere perdersi un po’ in Anne, nei suoi tratti particolari.
“No” sussurrò “no” ripetè più convinta “ci sono, certo.” Allora gli sorrise e lui ricambiò, facendole un occhiolino, cosa rara, ma piacevole. “Tu come stai?” Chiese allora lei, posando il braccio sul tavolo ed allungando la mano verso di lui. Jamie la prese, fece incrociare le loro dita, giocando con quelle di lei, prima di poggiarla definitivamente sulla sua.
“Meglio da quando ti ho vista sulla porta” Confessò sinceramente. Nel momento in cui quelle parole gli uscirono dalla bocca, Anne arrossì violentemente - forse non avrebbe mai smesso. Lui, incredulo delle sue stesse parole, fu salvato dal cameriere arrivato col loro tè. Allora, rischiando di arrossire allo stesso modo di lei, si affrettò a scambiare due parole con il ragazzo al suo fianco, prima di lasciargli spazio sul tavolo, togliendo la sua mano da quella di Anne. Quando era con lei non riusciva a controllare al meglio i pensieri, che subito gli sfuggivano dalle labbra, mettendolo a disagio - ma solo con se stesso, perché Anne adorava quando era così spontaneo.
Non appena il cameriere li lasciò Jamie versò del tè nella tazza di Anne, poi nella sua e prima di riprendere a parlare posò nuovamente la mano sulla sua.
“Non è stata una giornata semplice.” Disse, preso un sorso di tè.
“Vuoi parlarne?” Gli chiese, volgendo il palmo della mano verso l’alto ed accarezzando delicatamente il suo, vedendo lo sguardo di lui spostarsi su di lei. Gli sorrise e posò la tazza sul piattino. “Questo tè è sensazionale!” Sussurrò.
“Non a caso è il mio preferito” le ricordò e lei annuì, sollevando le spalle “Ad ogni modo… sono questioni riguardo l’università, inutile che ti spieghi.” Lei sollevò un sopracciglio, lui si affrettò a precisare. “Non perché tu non possa capire, perché e noioso e, prima cosa, non voglio annoiarti. Seconda cosa, abbiamo del tempo per…” noi, avrebbe voluto dire, ma per quella volta riuscì a controllare il collegamento bocca - cervello “stare un po’ insieme, da soli, e non intendo sprecarlo parlando dei miei colleghi.” Le spiegò pacatamente, avvicinandole poi alcuni dei biscotti che aveva ordinato. Anne ne prese uno, lo porto accanto alle labbra di Jamie e lasciò che il primo morso fosse il suo prima di morderlo anche lei.
“Allora di cosa vuoi parlare?” Gli chiese, sentendo la mano di lui accarezzare il dorso della sua.
“Di te.” Fece intrecciare le loro dita.
“Di me?” Anne le strinse, sollevando lo sguardo su di lui, inquisitoria.
“Dimmi ancora delle tue pagine, il mio editore è curioso di sapere quando potrà leggerne ancora. E, a dirla tutta, anch’io.” Ed era vero. Aveva letto le pagine di lei fino a consumarle, ora che non ne aveva più di nuove.
“Non sto scrivendo molto, come ben sa professore, devo laurearmi.” Rise, lui la seguì.  
“Neanche un po’?” Anne sospirò, poi scosse il capo.
“Ho… delle scene, ma non sono pronte e”“Voglio leggerle!” La interruppe, forse a voce troppo alta e lei lo guardò seria, ricordandogli dove si trovassero.
“Andiamo!”
“Andiamo, appunto, perché no? Una cosa è bella anche… sono certo che sono belle anche senza aver passato le tue solite dieci revisioni.” Anne arrossì, imbarazzata.
“Non sono così pignola!” Si difese, poggiandosi allo schienale della sedia, sempre tenendo la mano sulla sua.
“Un po’ di più, quindi, diciamo quindici?” Rise allora, scuotendo il capo.
“Le leggo finché non mi sembrano… d’accordo.” Mormorò, guardandolo timidamente.
“Chi?” Chiese, accarezzandole il dorso della mano col pollice. Anne posò il suo su quello di lui, perdendosi qualche istante prima di riprendere a parlare.
“Le parole, fra loro.” Parlò velocemente “Devono essere… tutte d’accordo.” Arrossì di nuovo.
“Vorrei capirti.” Le disse, prendendo ancora de tè e guardandola curioso, lei detestava situazioni come quelle - in particolare con lui.
“Le parole devono essere d’accordo, devono… suonare bene insieme, stare bene una con l’altra e deve tutto sembrare come un puzzle. Devono combaciare, come quando hai un evento e vuoi che i colori dell’outfit stiano bene con il rossetto o l’ombretto.” Sollevò lo sguardo, convinta di aver trovato il paragone giusto, ma probabilmente era impensabile per un uomo comprenderlo. Jamie sollevò un sopracciglio.
“Forse non era la metafora adatta per te, vero?”
“Già!” Esclamò, risero entrambi.
“Allora immagina che” deglutì, abbassò lo sguardo e dopo aver riflettuto alcuni secondi riprese a parlare “o, forse non riesco a spiegarmi. Non voglio che sia perfetto, voglio solo che sia”
“In armonia?” Le chiese. Anne si fermò un istante, guardando Jamie negli occhi. Lui le sorrise, lei ricambiò timidamente. Che forse aveva iniziato a capirla, osservandola guardare tutto quello che la circondava. Jamie si rese conto della sua espressine sorpresa ed in cuor suo fu felice, felice di averla capita, di aver iniziato a leggere anche lei, oltre alle sue pagine.
“Già, sì, in armonia.” 

Il campanello in alto suonò dietro di lui e non appena la porta si chiuse Jamie si spostò in un vicolo lì affianco, prese Anne con lui e le stampò un lungo bacio sulle labbra. Desiderava farlo dal momento in cui l’aveva vista, ma lì dentro c’erano troppe persone, sicuramente neanche lei l’avrebbe permesso. Non che ci fossero regole fra loro due, in realtà si trattava di condizioni silenziose che avevano stabilito durante quegli appuntamenti, conoscendosi. Le mani di Anne si fermarono sul busto di Jamie, attirandolo a sé, accarezzandogli poi la schiena, mentre quelle di lui erano una sul suo viso, l’altra sul muro dietro di lei.
“Ho resistito per un’ora lì dentro, iniziava a diventare difficile per me.” Sussurrò, proprio sulle sue labbra. Anne accarezzò il contorno delle sue col pollice, baciandolo un’ultima volta, dolcemente, e staccandosi subito dopo con uno schiocco.
“Anche per me” rispose a voce bassa “professore.” Alzò poi gli occhi verso i suoi e lo vide sorridere, prima che le prendesse la mano ed iniziasse a camminare. 

 

Si erano fermati in un parco poco distante, Jamie aveva con sé davvero degli appunti da riordinare ed Anne lo stava aiutando, seduta accanto a lui, su un telo che aveva sempre con sé nello zaino - spesso pranzava con le altre sul prato dell’università.  
“La signorina Coline ti ha chiesto dove andassi?” Le domandò, prendendo dei fogli dalle sue mani e riponendoli nell’ultima foderina. Anne gli rubò un bacio prima di rispondere.
“Le ho detto che mi dovevi degli appunti.” Disse con un’alzata di spalle.
“Appunti riguardo?” Jamie era divertito, ormai era la scusa più gettonata con le sue amiche e con i suoi colleghi. Rise vedendola fare lo stesso, prima di avvicinarla a sé. Anne si sedette allora fra le sue gambe, poggiando la sua schiena sul suo petto e le mani nelle sue.
Ars Amatoria” Disse guardandolo dal basso, entrambi risero di nuovo.
Se l'arte di amare qualcuno la ignora, in questa città legga questo trattato e dopo averlo letto sarà nell'amare un esperto.” Recitò “Pensavi non la sapessi così, dì la verità.” Lei scosse il capo.
Un'arte fa andare veloci le navi, a vela o a remi, un'arte fa andare i carri leggeri; e un'arte deve guidare l’Amore.” Lo guardò negli occhi “Ero certa che lo conoscessi a memoria.” Jamie sorrise e prese ad accarezzarle il braccio posato sul suo.
“Sì?” Si avvicinò al suo volto, facendo scontrare le loro fronti. Anne annuì.
“Mhmh.” Poi si allungò verso il suo viso, lasciandogli un bacio sulle labbra. Lui spostò la mano sul volto di lei, accarezzandola e staccandosi poco dopo.
“E ti ha creduto?” Le domandò, continuando a sfiorarle il volto con i polpastrelli.
“Spero di sì.” Confessò lei, sbarrando gli occhi, provocando in Jamie una piccola risata.
“Lo sa bene che non ha nulla a che fare con la mia materia.” Le ricordò allora, prima di un altro bacio.
“Avrà immaginato che fosse per la tesi!” Esclamò quindi, prima di rimanere in silenzio, per le labbra di lui che non avevano la vaga intenzione di lasciare le sue, in quel momento. 

Passarono del tempo parlando del più e del meno, trascorse velocemente senza che se ne accorgessero. Solo l’aria più fresca ricordò ad entrambi che era ora di tornare a casa, nonostante né lei, tantomeno lui, lo volesse.
Quando Anne si voltò verso di lui per lasciargli un bacio, prima di alzarsi, la bloccò per un polso, avvicinandola a sé. Parlò senza filtri, perché consapevole che avrebbe potuto rischiare, in quel momento, con lei.
“Anne?”
“Sì?”
“Sto bene qui, adesso, con te.”
“Anch’io, sto bene.”
“È tutto quello che riesco a dire.”
“È tutto quello che avrei voluto sentire.”

Writer's corner
La storia sta pian piano prendendo forma. Si tratta di una slice of life, leggerete dei momenti più importanti fra Jamie ed Anne. Scrivere di loro è per me sempre un grande piacere, sono i primi personaggi che ho creato interamente da sola, per caso, scrivendo un giorno peggiore degli altri. vorrei tanto sapere il vostro parere :). Zoe xx

 

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Capitolo 4
*** IV. III ***


A chi tiene tutto per sé, troverete qualcuno che saprà leggervi

 

I get worried
I might lose you a little
Every time we
Every time we argue and get caught up in the moment
I don't know what it's like to be you
I don't know what it's like but I'm dying to
If I could put myself in your shoes
Then I know what it's like to be you

 

Anne guardava immobile un punto fisso davanti a sé. Teneva la schiena poggiata al muro dietro di lei, le mani chiuse sul ventre e gli occhi lucidi, le guance ancora un po’ umide. Si passò il dorso della mano sotto gli occhi e non si sorprese a vederlo sporco del mascara che aveva messo quella mattina. Tirò su col naso e sospirò, prima di sollevarsi, guardarsi allo specchio e ricomporsi. Anne rifletteva sulle sue parole, non capendo perché avesse dovuto meritarsene di tanto pesanti. Sei una bambina, le aveva detto. Era davvero così? Aveva ventidue anni ed il sacrosanto diritto di manifestare le sue opinioni, le sue necessità e lui sminuiva la sua libertà ad un semplice capriccio. Il comportamento di Jamie l’aveva così ferita che era rimasta chiusa nel bagno della biblioteca per mezz’ora. Da quando avevano iniziato a frequentarsi mai le si era rivolto in quel modo, con quella tale freddezza e distacco, assumendo un’aria seriosa che in realtà non gli apparteneva, almeno davanti a lei. Per la prima volta l’aveva apostrofata come una ragazzina, ritenendo di essere superiore per la sua età. Non era mai capitato che, in una lite, la loro differenza d’età venisse usata come accusa o giustificazione, ed Anne era rimasta fortemente colpita da quel cambiamento radicale nel comportamento di lui. Certo, pochi mesi non erano abbastanza per conoscere una persona come lui, una personalità come la sua, perché, Anne ne era quasi certa, neanche lui poteva dire di conoscere se stesso. 

“Che problemi hai?! Seriamente? Ce ne sono mille di problemi, ma tu non li capisci” si fermò “o non vuoi capirli!” Esclamò ancora. 
“Jamie non ti sto chiedendo niente di particolarmente eclatante, solamente sincerità davanti agli altri! Non posso sopportare di vedere le tue colleghe civettarti attorno e non fare niente.”
“Questo perché sei una bambina, Anne!”

La scena le tornava in mente continuamente, lui che le sbraitava contro proprio nel parcheggio dell’Università, lei che cercava di difendersi quanto più le fosse possibile, invano. Il tono forte di Jamie aveva fatto crollare la sua tenacia dopo pochi minuti di discussione ed era corsa, senza degnarlo di ulteriori parole, nella struttura. 
Quella mattina Anne aveva assistito per l’ennesima volta allo stesso teatrino che si teneva nella caffetteria, al piano terra. Jamie circondato dalle sue colleghe, indifferente alle loro attenzioni, ma pur sempre presente e, a tratti, sorridente. Non c’era cosa che Anne detestasse di più. 
Essere la più piccola comportava l’abitudine a quei comportamenti sfacciati, essere la più piccola voleva dire non avere mai voce in capitolo su quello che accadeva in università, anche se davanti ai suoi occhi, stanchi. Cercava di farsi coraggio pensando che, alla fine dei conti, Jamie sarebbe tornato da lei, accadeva sempre così - come una calamita, ne era inspiegabilmente attratto. Seppure le attenzioni delle sue colleghe lo avessero lusingato, lui comunque sarebbe tornato da lei. Ma le disprezzava e per questo, ed altro, sarebbe tornato da Anne. Lei che, inizialmente, aveva preferito non far caso a loro, quantomeno ignorarle anche nella sua mente, ma a lungo andare si era rivelato impossibile. Sembrava che sapessero, inspiegabilmente accadeva sempre davanti a lei. 
Il fatto che Jamie fosse il suo professore poteva essere un eventuale problema, anzi, lo era sicuramente. I loro dieci anni e mezzo lo erano già, per gli altri. Fra le mura imponenti dell’Università nessuno poteva saperlo, nessuno doveva saperlo e nessuno lo sapeva. Le amiche di Anne avevano sospettato, in loro ne erano già ben consapevoli, ma preferivano non aggravare quella che era già una situazione precaria. I loro equilibri lo erano sempre stati e dopo i primi mesi da ‘fidanzati’, Anne aveva deciso che, nonostante fosse la più piccola, spettasse anche a lei la stessa sicurezza di Jamie. Quella stessa mattina aveva deciso di dirglielo, facendo scoppiare inconsapevolmente una bomba. 
Jamie detestava le sue colleghe, Jamie detestava molte persone, ma sicuramente le sue colleghe erano in cima alla lista per il loro comportamento del tutto inadeguato alla loro età, sfacciate e senza un minimo di contegno. Aveva iniziato a detestarle ancora di più quando i loro atteggiamenti avevano smosso l’armonia, precaria, fra lui ed Anne. Anne era una persona difficile per Jamie, lui aveva difficoltà con tutti e con lei sembrava averne di più. Quando avevano iniziato a frequentarsi, quasi un anno prima, il suo cuore non era mai stato così leggero, quando erano da soli. Con lei sentiva di tornare ventenne, indietro nel tempo, senza sentirsi a disagio. Provava tutte le emozioni che i suoi coetanei avevano già provato, ma che lui, prima di allora, non sapeva nemmeno potessero esistere. Allora si preoccupava per lei, le chiedeva di avvertire quando fosse tornata a casa dopo una loro uscita insieme, si raccomandava per delle futilità. Chiunque lo avrebbe paragonato ad un papino morboso, ma nessuno sapeva niente e lui, ignaro di quegli stupidi pregiudizi, continuava a dedicarle quelle attenzioni. Era continuato quando avevano deciso di stare insieme ed il cuore di Jamie era ancora leggero e sereno, felice e sazio. Avevano deciso di provare a stare insieme in estate, lontani dall’Università, e Jamie non aveva pensato minimamente a come sarebbe stato ritornare, tantomeno Anne. L’impatto con la realtà era stato forte, li aveva allontanati, poi riavvicinati, andava avanti come una molla la loro relazione ed i loro equilibri erano sempre più delicati. Anne voleva soltanto che fosse noto a tutti, troppo cieca per capire quanto quello in realtà avrebbe potuto mettere a rischio entrambi. Forse per quella sua svista lui l’aveva definita una bambina, perché da lei mai si sarebbe aspettato un comportamento del genere. Anne era intelligente, scaltra e attenta, quindi Jamie, davanti alla sua richiesta, così improbabile, aveva dato il peggio di sé. 
Sedeva a mensa, gli occhi sul vassoio vuoto e la testa fra le mani. Anne era stata assente alla sua lezione delle dieci, sapeva che l’avrebbe fatto. Quando era arrabbiata cercava di evitarlo, quindi saltava la sua classe, ma comunque poteva vederla fra i corridoi o in biblioteca. Invece, inaspettatamente, quel giorno non l’aveva vista da nessuna parte. Allora si chiese perché, se avesse sbagliato e rifletté a lungo sul comportamento nei suoi confronti ed anche su quello della ragazza. Entrambi erano due abili conoscitori, entrambi sapevano qualcosa dell’altro che nessuno poteva sapere. Quando litigavano era semplice fare pace, bastava ragionarci su. Ci pensavano, si incontravano, facevano chiarezza. Mai fu difficile come quella volta, perché Anne era tanto ferma sulle sue decisioni e Jamie non sembrava volerla capire. Si decise, infine, a mettersi nei suoi panni e ragionare come lei, capire anche perché lei non comprendesse le sue ragioni. Pensò che era giovane e che necessitava di sicurezze quanto lui, quindi non meritava di vedere davanti ai suoi occhi scene che lui non doveva subirsi, inoltre con così tanta frequenza. Perché non voleva capirlo? Allora ragionò sulla loro età e gli fu semplice la soluzione. Anne aveva ventidue anni e tutte le sue compagne potevano liberamente parlare dei loro ragazzi davanti a lei, chiederle consigli, mentre per se stessa il confronto non c’era mai stato, perché nessuno sapeva di loro due. Si rimproverò, nella sue mente si susseguirono decisioni drastiche, una dopo l’altra, e per un momento pensò che la soluzione adatta fosse lasciarla, ma se ne pentì subito, perché non avrebbe rinunciato alla leggerezza di lei nella sua vita. Avrebbero sofferto entrambi, non se lo sarebbe perdonato e non voleva per nulla al mondo mettere a rischio il loro benessere. Lui non sentiva le sue stesse necessità, parlare con gli altri non era di certo la sua attività preferita, ma si ricordò che in una relazione bisogna mediare, venirsi in contro e scendere a compromessi. 
Anne era tornata a casa, sua e dei suoi genitori, ed aveva deciso di chiudere i libri per il pomeriggio. Stava ferma immobile sul letto, come non le capitava mai, con il telefono silenzioso, cosa ancora più rara, ed ogni luce spenta. Era arrabbiata, ancora non poteva capacitarsi del fatto che l’avesse chiamata bambina, era così furiosa con lui che si era decisa a non parlargli finché non le avesse chiesto scusa per quello. Allo stesso tempo non sapeva come risolvere quella situazione e questo la mandò ulteriormente fuori di testa, perché non avrebbe potuto chiedere a nessuno. Ma quanto poteva essere egoista?, lui. Solo perché lui non parlava di sé con nessuno, non voleva dire che lei non lo volesse. 
Sentì suonare il campanello, alzò un sopracciglio, non aspettava nessuno. Da sempre aveva il brutto vizio di aprire la porta senza vedere di chi si trattasse e lo fece anche quel giorno. Tirò giù la maniglia, alzò gli occhi e vide quelli di Jamie. Anne sentì il cuore perdere un battito, ma finse di essere rimasta indifferente. 
“Ciao” si passò una mano fra i capelli scuri “posso entrare?” Lei non disse nulla, si scansò semplicemente, lasciandolo passare e chiudendo la porta. Teneva fra le mani una busta di cartone, sembrava di qualche bel negozio e lei decise di non lasciarsi corrompere da quei suoi stupidi regali. Gli si mise difronte, non dicendo nulla e lasciando parlare solamente lui.
“Come stai, Anne?” Lei alzò semplicemente le spalle.
La pazienza di Jamie era messa a dura prova da Anne cinque giorni su sette, nella norma, ma ultimamente non mancava di farlo spazientire quasi tutta la settimana. Provò a rimanere calmo, ma all’ennesima sollecitazione sbottò totalmente.
“Anne, sono qui per parlare!” Scandì “parlare, come due persone adulte, dato che siamo grandi” enfatizzò “puoi toglierti quel muso e rispondere?”
“Io sono una bambina” lo guardò con aria di sfida “o sbaglio?” Jamie non poteva, non voleva crederci. Aveva iniziato a pentirsi di quell’attributo un secondo dopo averlo pronunciato, se avesse saputo che lei l’avesse presa così tanto sul personale sarebbe rimasto volentieri in silenzio. 
“Anne, possiamo evitare queste ripicche inutili e ragionare da adulti?”
“No!” E la voce di lei si alzò, tremando alla fine. Gli occhi le divennero tutti lucidi e abbassò il volto. Si sentiva in difficoltà, non sapeva come gestire quella lite, perché per la prima volta non aveva ragionato lucidamente, era solo rimasta arrabbiata con lui, che si era presentato a casa sua, all’improvviso, quando ancora non le era passata. 
Jamie sentì il cuore stringersi nel suo petto, non sapeva come comportarsi. Ogni emozione era troppo forte per lui, ma quella volta decise di contrastare quel senso di inadeguatezza, passandoci su per lei. Si avvicinò impercettibilmente al suo corpo, poi la strinse con delicatezza, temeva potesse spezzarsi. E così accadde. Fra le sue braccia forti Anne prese a singhiozzare come non aveva mai fatto davanti a lui, stringendosi al suo petto e chiudendosi nella sua presa. 
“Io non sono una bambina, Jamie” si giustificò “io voglio solo…”
“Shh” la intimò “so cosa vuoi, lo so bene. Ma tu sai cosa voglio io?” Le baciò poi la fronte, continuando a tenerla a pochi millimetri dal cuore, dove Anne era già penetrata. 
Lei rimase in silenzio. Le sue parole le erano rimaste impresse nella mente, forti, come un marchio. Perché non si era mai chiesta cosa l’avrebbe reso felice davvero? Perché era troppo ferma sulle sue convinzione, sulla sua felicità, su lei e basta? Erano in due, l’aveva forse dimenticato?
“No.” mormorò con voce piccola.
“Voglio la nostra serenità, Anne” e la strinse più forte “dire a tutti di noi sarebbe troppo rischioso. Tu devi laurearti e specializzarti, non posso permettere che questo comprometta in qualche modo la tua carriera, lo capisci?” Anne si rilassò contro il suo petto, posandovi il capo. 
“Jamie per me è difficile.” Sussurrò allora. 
“Per questo, ci ho pensato.” Le scansò dei capelli dal viso per poterla guardare e quando i loro occhi vennero a contatto le rivolse un sorriso “Tu puoi parlarne, con chi ti fidi, di’ di noi alle tue amiche, io non dirò nulla riguardo ciò. È giusto per te, ma ti chiedo, ti prego, di farlo solo con le persone più importanti Anne, quelle di cui ti fidi davvero. Non possiamo rischiare. Io ti prometto che quando ti sarai anche specializzata tutti sapranno di noi. Anne lo faccio per te.” Lei non rispose, si strinse semplicemente al suo corpo caldo. “Spero tu sia d’accordo.” Concluse, accarezzandole i capelli. 
Anne annuì sul suo petto, scansandosi poi e sistemando il suo viso disordinato, cercando di assumere un’espressione decente. 
“Mi dispiace” iniziò “ho pensato solo a quello che voglio io, ovvero essere sincera con le mie amiche ed averti tutto per me nonostante le tue colleghe. Detesto questo lato di me, Jamie, non avrei dovuto.” Scosse il capo e lo guardò negli occhi. “Non ragiono lucidamente, io” lasciò le parole sospese in aria e sospirò “forse sono davvero una bambina, Jamie.” Rilasciarono entrambi un sospiro e tornarono a guardarsi. 
“Anne, no. Hai solo dimenticato di ragionare” quindi si avvicinò a lei e le accarezzò una guancia “che poi, solo. Hai dimenticato un passaggio importante” sussurrò “spero che d’ora in poi non lo dimentichi più, chiaro?” Le sorrise, scherzoso. 
“Farò del mio meglio” si sollevò sulle punte e fece sfiorare i loro nasi, lasciandogli infine un bacio sulle labbra “ora mi dici cosa c’è in quella busta?”

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Capitolo 5
*** V. IV ***


Per ogni novità, per ogni tua prima. 

Di tutti gli appuntamenti che Jamie poteva organizzare per loro, i più belli rimanevano sempre quelli a casa sua. Si respirava un’aria diversa, l’atmosfera più raccolta e privata era l’ideale per due personalità come le loro, che non volevano confondersi fra gli altri, desiderando donarsi unicamente al rispettivo compagno. Specialmente nei primi mesi della loro relazione, quando conoscersi era lo scopo di ogni incontro e la voglia di farlo - su ogni fronte - contrastava qualsiasi altra necessità, quando si era insieme. 
Quella sera era stata Anne a mettere a disposizione casa sua, o meglio, dei suoi genitori. Loro erano partiti per il weekend proprio quel venerdì mattina e non sarebbero tornati prima di domenica sera. Anne, dunque, aveva avuto tutto il tempo di scegliere cosa cucinare, preparare la tavola come piaceva fare a lei e riordinare la casa, creando quella che le parve essere l’atmosfera più intima che lei e Jamie avessero mai potuto respirare - dall’inizio della loro frequentazione. Sebbene fosse oramai passato quasi un anno dal loro primo appuntamento, la loro relazione procedeva regolarmente solo da cinque mesi e momenti così intimi erano stati più unici che rari per loro due. L’estate era trascorsa senza che se ne accorgessero, sfuggendo dalla loro percezione come un lampo - Jamie era stato assente per diverse settimane con la famiglia, impegnato anche in progetti di beneficienza che Anne seguiva da casa, sostenendolo e supportandolo con il cuore pieno di orgoglio. Il rientro in università, poi, era stato assai difficile. Entrambi erano consapevoli di cosa fossero l’uno per l’altra e nessuno lì poteva saperlo. Nasconderlo era stato frustrante per lei che, alla fine, era riuscita a parlarne con le sue compagne, sempre d’accordo con Jamie. 
Quel giorno d’ottobre sembrò ad Anne essere perfetto per recuperare il tempo perso durante l’estate, ritrovandosi fra le mura di casa sua, creando uno spazio per loro tanto simile alla bolla in cui le piaceva tanto rifugiarsi durante le sessioni di studio più dure. L’avrebbe condivisa con Jamie, ultimamente le piaceva condividere con lui la maggior parte degli eventi che caratterizzavano le sue giornate e, in generale, la sua vita in quel periodo. 
Jamie si ostinava a dire, unicamente a se stesso, che la lontananza estiva avesse aumentato in lui il desiderio di passare del tempo con Anne. Se inizialmente fosse stato per lui - ed anche per lei, a dire la verità - facile stare assieme al massimo due volte a settimana, poteva dire, arrivato a quel punto, di non riuscire a passare più di un giorno senza Anne evitando di sentirne la mancanza. La sentiva, era totalizzante, lo investiva senza risparmiare nessun lato della sua essenza complessa che ora vedeva la sua ragazza - sembrava assurdo anche a lui - al centro della maggior parte dei suoi pensieri. Anne era finita lì involontariamente, senza che Jamie se ne rendesse conto e potesse fermarlo - sicuramente non l’avrebbe fatto, non ci sarebbe riuscito. Contrastare l’impetuosità con cui la personalità di Anne si era insinuata in lui sarebbe stato impossibile. Ne era attratto sotto ogni aspetto, perché era proprio lei che lo faceva sentire al posto gusto, in pace con se stesso e come se, tutti quei difetti che la famiglia per prima gli rimproverava, non esistessero. Ad Anne piaceva ogni lato di Jamie e adorava il suo essere senza eccezione alcuna, preferendolo sicuramente quando erano soli, ma ammirandolo anche fra le persone che vedeva e frequentava tutti i giorni. Se c’era qualcosa che Anne cercava e finiva per trovare in tutte le cose che amava, questa era sicuramente l’armonia. Era riuscita a trovarla anche in Jamie, in una personalità così insicura e difficile come la sua. L’aveva vista nel suo corpo e l’aveva letta nei suoi occhi, scuri come i lati più complessi di lui. E glielo aveva detto, Anne, senza scrupoli, e la consapevolezza sentirsi così accettato, totalmente, fece in modo che Jamie si concedesse a lei senza rancore. 
La piccola Anne aveva lavorato su di lui in modo consapevole, ma notevole era stato l’impegno di Jamie nello sradicare la ragazza dalle sue convinzioni, dai suoi status e stereotipi - non che fossero invadenti, ma comunque andavano ad alimentare insicurezze ed indebolire lati della sua personalità che non dovevano per nessun motivo essere danneggiati. Nessun uomo le aveva ispirato particolare fiducia nei confronti del genere maschile e per quanto Jamie potesse attirarla sotto ogni aspetto, Anne inizialmente era diffidente anche nei suoi confronti. I suoi baci dolci, le sue carezze e ogni dimostrazione d’affetto - che anche non fosse fisica - sembravano dire il contrario, perché con il suo corpo non aveva mai avuto particolari problemi. Con Jamie aveva imparato, fra le altre cose l’importanza di una consapevolezza di sé anche sotto quell’aspetto, diventando allora più accorta nei confronti della sua persona all’esterno. All’interno, invece, nei meandri più nascosti della sua personalità, Jamie aveva scavato lentamente e con cura, facendosi spazio nei lati più scomodi di lei, scoprendola un po’ alla volta, buttando giù tutti quei mattoncini che circondavano il suo cuore grande.  Dunque, sebbene la loro relazioni fosse stabile solo da pochi mesi, sembrava andasse avanti anche oltre il loro primo appuntamento, perché in così poco tempo era successo così tanto e nessuno dei due aveva voglia di tirarsi indietro. 

Quando Jamie bussò alla porta, Anne aveva appena finito di controllare il dolce in forno, decretando che fosse pronto. Lo lasciò sul piano della cucina e, sistemandosi velocemente difronte allo specchio all’ingresso, si avvicinò alla porta, aprendola dopo un lungo sospiro. Per quella sera aveva indossato dei pantaloni neri, non troppo stretti, ed una t-shirt bianca, rimanendo però con i piedi scalzi, era come legge per lei, in casa. Era semplice, non c’era stato né bisogno di trucco, tantomeno di lavoro per i capelli. Sarebbero stati a casa, sarebbero stati soli loro due e voleva che Jamie la vedesse anche così, soprattutto così, senza filtri. 
“Hey” parlò dolcemente, lei “ciao.” Si morse il labbro, osservandolo. Jamie aveva addosso dei jeans scuri ed un maglioncino rosso, in netto contrasto con la sua carnagione chiara. Teneva i capelli su con un po’ di gelatina ed il fatto che Anne non riuscisse a staccargli gli occhi di dosso dimostrava quanto in realtà non fosse niente male. Ad un certo punto la sua attenzione fu catturata dal mazzo di rose che teneva in mano. Ora, quella era stata forse la scelta più difficile della sua vita fino a quel momento, perché lui non sapeva niente sui fiori e come andassero accompagnati a degli appuntamenti. La faccia stupita di Anne, i suoi occhi grandi e pieni d’emozione sembravano dirgli di aver fatto centro e dentro di sé esultò, finalmente. 
“Ciao bellezza” Anne lo guardò ancora emozionata per le rose che stringeva fra le mani “è permesso?” Lei annuì velocemente. Non appena chiuse la porta dietro di lui, Jamie si chinò sulle labbra di lei, stringendole la parte bassa della schiena e attirandola sé. Anne sorrise in quel bacio così spontaneo, infilando una mano fra i suoi capelli e ricambiandolo ad occhi chiusi. Quando si scansò dal suo volto e riaprì gli occhi, quelli di Jamie erano già fissi su di lei e la sua mano ancora la accarezzava.
“Questi sono per te” le porse i fiori “spero ti piacciano.” Una ciocca dei suoi capelli scuri le era sfuggita dalla coda, Jamie la tirò via dal suo volto. Anne sorrise con le rose fra le braccia, sussurrando un grazie sottovoce e baciandolo ancora una volta. 

La casa offriva steak and kidney pie, un piatto per cui Anne sapeva che Jamie fosse pazzo, e torta di mele come dolce. Lei era decisamente un asso nei dolci e Jamie aveva potuto provarlo personalmente quella sera. Cenarono proprio in cucina, Anne aveva preferito lo spazio accanto all’angolo cottura più che la sala da pranzo, troppo sontuosa e formale per solo loro due. Aveva sparso qualche candela sul davanzale della finestra e sul tavolo, scegliendo accuratamente quelle inodori affinché il profumo del cibo invadesse la stanza e facesse sentire Jamie proprio come se fosse a casa sua. Per un momento, seduto a tavola, mentre la vedeva muoversi fra i fornelli con dimestichezza, immerso fra tutti quegli odori, gli sembrò di non essere lì, ma in un altro posto, in un altra casa, più loro, in cui vedeva alle pareti pezzi della loro storia. Scosse il capo e tornò a sentir Anne parlare, mentre gli porgeva la seconda fetta di torta e si sedeva sulle sue gambe. Aveva incredibilmente immaginato un futuro per loro due, era la prima volta che accadeva una cosa del genere e per diversi istanti il cuore prese a battergli all’impazzata. 
“Mi senti?” Anne strofinò la punta del naso contro la sua guancia e Jamie sorrise, stringendole la coscia coperta, sulle sue gambe. Le rubò un bacio. 
“Mh?” chiese, poi, ancora confuso mentre tagliava della torta. 
“Dico.. mi stavi ascoltando o no?” Lo guardò dritto negli occhi. Riusciva difficilmente a non ridere, Anne, davanti al suo sguardo un po’ perso.
“Io…” titubò “tu mi hai distratto!” Esclamò allora. Anne rise, a quel punto, e lui dovette per forza seguirla. Le loro risate riempirono la cucina e quando il volto di lei le fu nuovamente vicino lui lo afferrò prima di baciarla di nuovo. Poi allentò la presa sulla sua guancia, accarezzandola dolcemente e socchiudendo gli occhi al tocco delicato delle sue mani dietro la nuca. 
“Ti va di guardare un film?” Anne arrossì appena pronunciò quelle parole. 
“Certo.” Rispose lui, prendendo l’ultimo morso di torta. 
“Ti va di salire su?” Chiese ancora, mordendosi il labbro. Jamie mandò giù, bevve un bicchiere d’acqua e la guardò con occhi sinceri. Anne si sentiva tremare, dalla testa fino alla punta dei piedi, tanto era l’imbarazzo. Era scontato anche e soprattutto a lui che lei volesse solo del tempo insieme. Quello che avevano già avuto a disposizione non era mai stato abbastanza perché riuscissero a concedersi l’uno all’altra senza inibizioni. Era stato sufficiente per permettere ad entrambi di conoscere parti di loro, per scoprirsi lentamente alla luce della curiosità nel buio della stanza di Jamie. Forse Anne non era abbastanza consapevole del fatto che lui lo volesse quanto lei. Erano stati interrotti troppe volte, troppe volte avevano rimandato, inizialmente perché era giusto così, poi per gioco, ed infine perché erano stati costretti. 
“Anne” lei sollevò lo sguardo ed incastrò i suoi occhi in quelli di lui “mi va di fare semplicemente quello che vuoi fare tu.” Allora lei sorrise e chinò il volto sul suo, facendo scontrare le loro fronti. Sorrise alla spontaneità delle sue parole, come se l’avessero accarezzata per rassicurarla. 

Entrato in camera di Anne, Jamie fu istantaneamente investito dalla sua colonia. Incredibilmente, sembrava essere sprigionata dalle stesse pareti rosa chiare. Erano tappezzate di foto, qualsiasi tipo, sembravano ripercorrere tutta la sua vita e Jamie sorrise notandone alcune con persone che conosceva anche lui, ad esempio la signorina Coline. Vi era poi una grande libreria accanto alla finestra e sotto quest’ultima una scrivania che prendeva la parete intera. Riconobbe un pc sotto alcune scartoffie, sapeva che quelle fossero le sue pagine, poi distinse fra i testi universitari fogli con i suoi appunti. Vi era poi un lungo specchio ed altre mensole con libri, foto e scatoline - Anne amava conservarne di ogni tipo. Alle loro spalle il letto, sul quale lei teneva una coperta in più, così freddolosa, e numerosi cuscini. 
“Forse tutte queste mie foto da bambina ti mettono troppa pressione.” Anne lo guardò totalmente rapito e si avvicinò a lui, osservando la stessa foto che aveva catturato la sua attenzione. Rise quando vide di quale si trattasse - lei, il primo giorno d’asilo.
“Mi fanno sentire vecchio!” Esclamò, voltandosi verso di lei. 
“Jamie!” Allora risero entrambi. Poi, Jamie si spostò verso la libreria, osservando alcuni dei suoi testi. La guardò in silenzio, non chiese nulla, semplicemente sorrise nel leggere dei titoli simili ai suoi. 
“Quando tu stavi iniziando le superiori, mi stavo laureando.” indicò poi la foto del suo primo giorno di liceo. Anne si coprì il viso con una mano, era maledettamente imbarazzante con quei capelli mezzi biondi e quei denti osceni. 
“Quando io mi laureerò…” iniziò, ma Jamie la interruppe.
“Sarò al tuo fianco.” Disse immediatamente. Anne si voltò verso di lui, sorrise e gli allacciò le braccia al collo, avvicinandolo.
“Sì?” Chiese allora, facendo scontrare le loro fronti. Lui sorrise.
“Mhmm.” Rispose. Posò la mano destra al lato del suo corpo, spostandola e posandola sul suo fianco, prima di baciarla. Anne strinse gli occhi e si scansò lievemente. 
“Lei è il mio referente, professor Hall.” Mormorò, vicino ancora alle sue labbra.
“Appunto, sarò lì affianco a te.” Le scansò allora i capelli, liberi dal laccetto della coda. “Sarà uno dei giorni più importanti della tua vita, Anne. Non potrò mancare, non voglio.” Le confessò. Il cuore gli si alleggerì nel petto ed Anne fece sfiorare i loro nasi, prima di parlare ancora.
“Allora assicurati anche di una cosa.” Gli disse, accanto all’orecchio.
“Cosa?” Alzò un sopracciglio, nel chiederlo. 
“Di non mancare neanche a tutti gli altri.” Sussurrò Anne. 
Jamie rimase per diversi istanti in silenzio, guardandola, osservandola. Anne aveva pronunciato quelle parole con sicurezza, anche se in un sussurro, lei lo credeva davvero e poteva intuirlo dal suo sguardo attento, che aspettava nient’altro che una risposta. Tuttavia Jamie rimase in silenzio, riuscendo unicamente a colmare quella distanza con un bacio, sperando che potesse rassicurarla come non sarebbe stato capace di fare a parole. Verbalizzare i loro sentimenti avrebbe richiesto più tempo, non voleva essere né affrettato, né scontato, perché non voleva sbagliare, non con lei. 
Anne rispose al bacio senza esitare, unendo subito la sua bocca a quella di Jamie e stringendosi al suo corpo. Posò una mano sul suo petto, accarezzandolo per poi attirarlo a sé stringendo il tessuto rosso del maglione in un pugno. La mano che lui aveva posato sul suo fianco si spostò sulla sua schiena, oltre il tessuto della maglietta, facendosi spazio con i polpastrelli. Conosceva già parti del suo corpo, aveva avuto l’occasione di vederla seminuda e gli era sembrato di osservare un’opera che fosse stata riservata solo per lui - non era il suo primo uomo, il fatto che altri l’avessero toccata ed avessero potuto godere di lei lo faceva pensare. Si chiese perché nessuno l’avesse tenuta stretta a sé, perché fossero stati così stolti da lasciare che Anne sfuggisse dalla loro presa e scivolasse via, fino ad arrivare a lui - e si reputava fortunato. 
Continuò a baciarlo, Anne, sentendo la sua mano salire e le guance istintivamente arrossarsi quando si posò sul gancetto del suo reggiseno. Indietreggiò verso il letto alle loro spalle, scontrando la sua schiena con il materasso, accompagnata dalla presa forte di Jamie attorno al suo corpo. Quando avvicinò una mano al bottone dei suoi pantaloni, Anne sembrò bloccarsi all’improvviso. 
“Spegni la luce.” Asserì, posando una mano sulla sua. Jamie la guardò non capendo.
“Cosa? No, Anne.” Parlava in sospiri.
“Ti prego.” Mormorò, quasi tremando con la voce. L’uomo su di lei ancora non capiva cosa la ragazza volesse dire, aveva sbagliato qualcosa? Cercò ancora delle risposte, inutilmente. 
“An-” Lo interruppe, posando un dito sulla sua bocca, implorandolo con lo sguardo. 
“Accendi l’abat-jour.” Sussurrò. 
Anne sperò con tutta se stessa di averlo convinto, teneva ancora una mano sul suo petto e lo accarezzava mentre i loro sguardi erano ancorati l’uno a quello dell’altra. Quasi tremava e fece per parlare, ma lui la precedette. Prima si avvicinò all’interruttore della luce, spegnendola, allungando infine una mano verso l’abat-jour, accendendola. Poi tornò su Anne, chinando il viso sul suo e baciandola. 
“Ci sono state altre donne, come ci sono stati altri uomini. Ciò che conta è quello che sentiamo.” Le ricordò. Che non aveva bisogno di vergognarsi di nulla, sarebbero stati solo loro due e proprio a lui non avrebbe dovuto nascondere nulla.
“Mi sento bene, come non mai.” Confessò, in un sospiro, quando la bocca di Jamie iniziò a scendere sul suo collo e le sue mani la liberarono dai pantaloni. Finirono presto a terra, seguiti da quelli di lui. Anne li tolse senza imbarazzo, gettandoli di fianco a loro.
La bocca di Jamie si spostò poi sul suo ventre, sollevando appena la t-shirt per baciarle la pancia, con le mani strette attorno ai suoi fianchi. Quelle di lei si confusero fra i suoi capelli, attirandolo a sé, volendolo sentire più vicino, insaziabile di quel contatto. Lo sentiva tuttavia esitante, come se quel precedente tentennamento di lei avesse fatto vacillare anche lui, allora prese fermamente il suo volto fra le mani, avvicinandolo al suo. Lo baciò con bisogno, ma senza foga, stringendo le sue gambe attorno alla sua vita. 
“Toccami, senza chiedere, Jamie” sospirò “sono tua, adesso.” Gli scansò i capelli dalla fronte e la baciò, scendendo sul resto del viso e nascondendo il suo volto nel collo di lui. 
“Ti voglio, Anne.”
“Sono qui” fece scontrare le loro fronti “sono qui, sono tua e lo voglio quanto te.” Si guardarono per diversi istanti negli occhi, fin quando Jamie sorrise ed Anne con lui. Tornarono a baciarsi, Anne si strinse ancora di più a lui.
“Spogliami.” Gli ricordò, fra i baci. 
Jamie non se lo fece ripetere due volte e le sollevò ulteriormente la maglietta, lei alzò le braccia e lo aiutò a sfilarla prima che la lasciasse cadere. Anne gli accarezzò il volto dolcemente, socchiudendo gli occhi ai suoi baci, ora più veloci, che scendevano rapidi verso il suo collo, lungo il petto, la pancia e le cosce. Si dedicò al suo corpo, lo baciò ed accarezzò, soffermandosi dove sapeva avrebbe apprezzato di più. I polpastrelli di lei gli accarezzavano la schiena dal maglione, ormai superfluo, dal quale lo liberò con un gesto veloce, potendo allora ammirarlo senza alcun impedimento. Anne fece scorrere la punta delle dita sul suo petto e fra gli avvallamenti dei suoi addominali, percorrendo lentamente, ma senza indugi, il suo torace allenato e coperto di una leggera peluria. Si fermò appena sopra l’orlo dei boxer, prima di tornare a baciarlo. Ora le loro gambe erano strette fra di loro ed era impossibile per i loro bacini non scontrarsi e per entrambi rimanere indifferenti. Una mano di Jamie si fece spazio fra di loro, oltre gli slip di lei, alleviando la pressione che le stringeva lo stomaco con dei tocchi veloci, ma attenti. Ansimò, Anne, che sollevò la schiena dal materasso, arrossendo ed imbarazzandosi subito dopo. Tornò sulle coperte respirando affannosamente, stringendo la sua mano sulla nuca di Jamie, avvicinando il suo volto alla sua bocca. Tremò non appena la mano di lui si scansò dal suo corpo, sentendola risalire, poi spostarsi ai lati dei suoi slip per tirarli via dalle sue gambe, accompagnati da altri baci impressi velocemente sulle sue gambe. I polpastrelli di Jamie faticarono per liberarla anche dal reggiseno, che presto finì allo stesso modo a terra. Ora la sua bocca lambiva parti del suo seno, mentre le mani di lei si erano fatte strada al di sotto dell’intimo di lui, sfiorandolo senza vergogna ed avvicinandolo a sé, impaziente. 
Gli occhi di entrambi brillavano e la luce fioca dell’abat-jour accarezzava i loro corpi imprimendosi nelle loro pupille, che iniziavano e finivano in quelle dell’altro. 
Anne poteva avvertire l’impazienza di Jamie dai suoi baci sempre più veloci e confusi, fece scivolare i suoi boxer oltre la curva dei glutei e strinse le gambe attorno ai suoi fianchi, avvicinandolo a lei. 
Si scambiarono un lungo bacio, che sapeva esclusivamente di loro, imprimendolo fra le labbra.
“Tu…” iniziò Jamie, esitante. Si poggiò con gli avambracci ai lati del volto di Anne. Tremava come fosse un ragazzino, vedendola così bella sotto di lui e per un momento si sentì più adolescente che uomo. 
“Io?”
“Prendi la pillola?” Chiese in un sussurro. Si morse il labbro, imbarazzato, e vide Anne avvampare prima di rispondere. 
“Sì.” rise allora, imbarazzata anche lei. Sembrò tirare un sospiro di sollievo, lei lo baciò piano sulle labbra.  
“Quindi noi…”
“Già.” Annuì lei.
“Già, meglio.” Annuì anche lui, prima di baciarla nuovamente ed avvicinarsi al suo corpo, chinandosi sul suo collo, lasciandovi dei baci mentre si faceva spazio fra di lei, in lei. Anne trasalì, si strinse ad uno dei suoi avambracci, così che lui potesse lasciare altri baci sulla sua gola e lei proprio nel punto in cui aveva nascosto il capo.
“Stai bene?” Sussurrò col fiato corto. Era rimasto immobile, per quanto fosse impossibile riuscirci senza piccoli movimenti. Anne premette sulla sua schiena e Jamie scivolò contro di lei, poggiando la fronte contro la sua.
“Certo” ansimò appena “sì, sto bene.” Era lievemente sudato e delle goccioline si erano raccolte proprio sotto l’attaccatura dei capelli, Anne le raccolse con una carezza, prima di baciargli la fronte.
“Anne?” Mormorò ancora. 
“Sì?” Ma scosse il capo. 
“Niente, sei bellissima.” Disse solamente. Anne sorrise e si avvicinò per baciarlo, ma lui la precedette con un bacio stampato velocemente sulla sua bocca. Poi si scansò dal suo corpo per ritornarvi subito dopo, lasciandola senza fiato e muovendosi contro di lei. 
Il bacino di Anne si mosse istintivamente contro il suo, il corpo le andava in fiamme già da un po’ e quel senso di vuoto che Jamie aveva appena colmato le offuscò i sensi e la mente, mandandola fuoristrada, totalmente. Lui, d’altra parte, aveva visto scemare tutti suoi dubbi e l’unica cosa che desiderava in quel momento era sentire Anne. 

“Lasciati andare, Anne, non” le tolse i capelli dal volto e lei lo sollevò verso il suo “non rimandare. Sei qui, adesso, ci siamo io e te.” Fece scontrare le loro fronte ed entrambi socchiusero gli occhi. Le mani di lei si arpionarono attorno alle sue spalle e le sue gambe lo strinsero vicino. 
“Jamie” sospirò, il fiato debole e le labbra ad un sospiro dalle sue.  
“Sono qui, sono qui Anne.” mormorò, lasciandosi andare contro di lei, nello stesso modo in cui Anne aveva fatto diversi attimi dopo, imprimendogli un bacio sulle labbra. 

Non appena il piacere si impossessò dei loro corpi e subito dopo che scemò, Jamie scivolò via da Anne, stendendosi al suo fianco. Dopo doversi istanti la sentì vicina e la accolse sul suo petto, accarezzandole i capelli e posandovi un bacio sopra, mentre la mano di lei gli accarezzava distrattamente il volto, lasciando dei baci sulla sua guancia sinistra. 
“Ti va di rimanere qui?” Gli chiese, guardandolo negli occhi. 
“Non riuscirei comunque a lasciarti andare, adesso. Promettimi che dormiremo.” Parlò lentamente, a voce bassa ed Anne arrossì subito. Notato l’imbarazzo di lei si spostò su un fianco e si poggiò sulla sua spalla, contro il suo collo, dove lasciò qualche bacio.
“Non sto dicendo… il contrario.” Disse lei, esitante. Socchiuse gli occhi e si morse il labbro, quando la bocca di lui si posò dietro il suo orecchio.  
“Mhmm”
“Forse tu.” Gli prese il viso fra le mani e lo portò sul suo per guardarlo negli occhi. Non appena Jamie sorrise le risultò impossibile non farlo. 
“Credo che potrei volerne ancora, di te.” confessò, spostandole dei capelli dal viso.
“Come se fossi una torta di mele?”
“Tu mi piaci di più.”


Writer's corner
Anne e Jamie stanno crescendo, insieme e da soli ed io con loro. Spero anche voi che mi state accompagnando stiate crescendo e vi stiate emozionando. Non siate timidi, voglio leggervi sempre! Per me è fondamentale. 
Zoe xx

 

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Capitolo 6
*** VI. V ***


Writer's corner
Questa volta mi prendo dello spazio prima di iniziare. Prima di tutto, bentrovati! Spero che la storia vi stia piacendo finora e chi vi stiate emozionando proprio come accade a me mentre la scrivo. Eccomi qui con un nuovo capitolo, siamo a metà percorso con Jamie ed Anne, che stanno crescendo piano piano. Volevo introdurvi personalmente a questo capitolo, perché é stato proprio questo a dare vita a 'Love lift us up where we belong'. Ho iniziato a scriverlo a Maggio scorso, sul finire della scuola. Questo capitolo rappresenta per me un traguardo importante, perché qui c'è tutto quello che conta e quello che c'è da sapere su questi due personaggi - che non avrei mai pensato di portare avanti. Rappresenta un traguardo anche perché per la prima volta ero convinta di aver scritto qualcosa di completo, per i personaggi e per la loro storia, ma anche perché, per la prima volta, ogni parola mi ha veramente toccata. Ha toccato me e le mie lettrici più fidate, e probabilmente é proprio grazie a loro che, ad oggi, Anne e Jamie hanno una storia tutta loro - grazie a loro e a questo capitolo. Spero che vi emozioniate, che il cuore vi batta forte e che sorridiate quando - spero - sentirete le mie parole, quelle di Anne e Jamie, dritte al cuore. 
Un bacio, Zoe :) xx.
 

 

A Roberta ed Irené

“La vita non é tutti libri prof” sussurrò Anne “ci sono le esperienze e le emozioni” e le sue mani si muovevano senza esitare sul petto largo di Jamie “non trova?” Fissò gli occhi nei suoi, allora gli sbottonò la camicia. Si guardavano sorridendo, complici, lei decisa a farlo cedere, lui deciso a cederle. Non era la prima volta che la biblioteca, a luci - e telecamere - spente li ospitava oltre l’orario di chiusura. Anne rimaneva seduta sulla scrivania, difronte a lui, ancora con gli occhiali calati sul naso e lo sguardo languido. 
“Annabelle, ne sono certo” e l’avvicinò per i fianchi “ma non mi sembra questo il luogo per certe esperienze.” Fece sfiorare le loro labbra, senza mai baciarla veramente, lasciandola con le labbra socchiuse quando decise di staccarsi e rivestirsi. 
“Andiamo a casa mia.” 

Anne si muoveva fra le pareti di quella casa completamente rapita, presa dalla miriade di libri e volumi sulle pareti, ma anche a terra. Ne teneva uno in mano, seduta su una poltrona, con le gambe incrociate sul bracciolo. Jamie allora dormiva, lei teneva il suo maglione addosso e sfogliava le pagine cercando di decifrarlo. Sapeva fosse il suo libro preferito e cercava fra le righe quelle frasi che avessero colpito maggiormente la sua attenzione, sperava, sapeva di poterlo capire solo in quel modo. Ché lui non parlava quasi mai, spendeva poche parole, selezionate, per poche cose. Si accorse di quanto tenesse alla cura dei suoi libri, non c’era alcuna piega e tutti sembravano essere appena usciti dalla libreria, ma, una alla volta, quasi impercettibili, sparse, apparivano parole, frasi, sottolineate. Mai evidenziate, ma sempre indicate con un segno netto e preciso di grafite.
Da quando, dopo la laurea di lei, quindi non appena l’università fosse diventato un semplice ricordo, bene, da quando il loro amore poteva ormai godere della luce del sole, Anne aveva intrapreso la lettura di quel libro. Passo passo la aiutava a decifrare i suoi comportamenti, i suoi atteggiamenti che altrimenti non sarebbe stata in grado di comprendere. Era così ombroso, Jamie, con tutti, senza eccezioni - almeno era ciò che lei aveva pensato sin dall’inizio. In realtà, aveva potuto costatare, con la sua famiglia era totalmente diverso, lontano da quella personalità sua cupa. Certo non mancava di puntiglio, ma molto meno della versione che lei aveva conosciuto. Allo stesso modo, con lei, alle volte, pareva essere diverso. Andava avanti da un anno ormai, ma lei non era ancora in grado di capacitarsene, delle volte non sembrava lui. Quando, ad esempio, le permetteva di prendere i suoi vestiti e caminare scalza sul pavimento freddo, lo faceva con una tale naturalezza che nessuno avrebbe potuto attribuirgli. Anne aveva sempre pensato che lui detestasse quel genere di cose, come mangiare cibo d’asporto sul tappeto, davanti alla tv - era convinta che neanche la possedesse. Ma ecco, a smentire un’ulteriore sua presunzione, frasi sparse in quel libro. Ché poi, a dire il vero, come poteva un tipo come lui sottolineare frasi su un libro? La prima volta che ne aveva trovata una, Anne, era rimasta interdetta per un tempo forse troppo lungo, dubbiosa sul chiedergli se quello che teneva fra le mani fosse veramente suo. Ne aveva appena trovata una riguardante le relazioni, temeva che non fosse così sentimentale (lui), quindi sorrise, quasi divertita. L’autore aveva appena affermato che l’innamoramento sarebbe rimasto, per lui, un mistero, come un’equazione irrisolta. Allora il sorriso di Anne si intenerì all’immagine di Jamie che rifletteva su quelle poche parole, interrogandosi sulla loro veridicità. Poi pensò che per lui sarebbe sempre stata una questione a metà, fra l’immaginazione e la realtà, si chiese cosa pensasse di loro, sebbene fosse sicura dei suoi sentimenti - anche lui lo era.
Per tutto quel tempo Anne aveva pregato che Jamie non si accorgesse delle sue piccole fughe notturne, si concedeva un capitolo ogni volta - due se lui era particolarmente stanco. In realtà, nel momento in cui quella, per lei, era diventata un’abitudine, Jamie se ne era accorto. Iniziava a riconoscere la sua presenza al lato del letto e l’assenza del calore del suo corpo accanto al suo. Una notte decise di alzarsi, giunto in salone la vide con gli occhiali fermi sul naso, il dito che scorreva veloce sulle pagine e le gambe incrociate sul bracciolo della poltrona, intenta a divorare con gli occhi quelle parole. Decise di non dirle niente, ma tornò da lei le notti successive. Allora era diventata un’abitudine anche per lui. Lei che, leggendo, cercava di conoscere lui; lui che, guardandola leggere, cercava di conoscere lei. Loro due che, cercando di conoscersi, l’un l’altra, impararono a conoscere loro stessi. C’erano sensazioni che Jamie non aveva mai provato e sulla soglia dei quarant’anni era stata Anne a suscitarle in lui per prima. Era entrata nella sua vita in punta di piedi, si era fatta spazio in lui impercettibilmente e si era accomodata fra la testa e il cuore, la ragione ed il sentimento. Non avrebbe potuto scegliere posto meno appropriato, posto più scomodo e Jamie dovette fare il possibile affinché fosse comodo, per lei. Senza rendersene conto era diventato comodo anche per lui. Aveva smussato innumerevoli spigoli della sua personalità, per lei, che si era rivelata forte al di sopra delle sue aspettative. Lo aveva fatto per lei, solo per lei, ed aveva mantenuto il suo essere tale per lei. Ciò che Jamie era con Annie era un’eccezione, un lusso che solo lei poteva vantare. 
In quella loro specie di convivenza a casa di lui non c’era ormai angolo rimasto estraneo alla loro relazione. Non era una cosa seria, accadeva spesso che dormissero insieme durante la settimana. Anne stava cercando casa, voleva andare via dai suoi genitori, ma entrambi sapevano che molto presto sarebbero finiti sotto lo stesso tetto, e sarebbe stato quello di Jamie. Il che era un bene, perché infatti sembrava che entrambi avessero imparato a vivere entro quegli spazi, sviluppando consapevolezze e assumendo abitudini. Era come se fosse un po’ anche di lei e non solo di lui, alcuni angoli parlavano già chiaramente di loro. Ad esempio si erano trovati stretti l’uno all’altra, in pieno agosto, in un groviglio di baci e sospiri, nel bel mezzo della libreria, una stanza minuta accanto al bagno. Jamie non aveva lasciato per tutto il giorno del materiale per un convegno, nonostante Anne avesse girato seminuda per tutta casa l’intera giornata, tanta era l’afa, insolita. Alla fine, quando con indosso una canottiera e dei pantaloncini ridicoli - così, li aveva definiti, mentre glieli toglieva - per quanto fossero corti, si piazzò sulla scrivania, Jamie fu costretto a lanciare le carte all’aria. E c’era stata la doccia, ancor prima del letto, passando per il tavolo ed il piano della cucina. L’unica cosa sulla quale si erano sempre trovati d’accordo, sorprendentemente sin dall’inizio, era proprio il sesso. Tutto avvolto da quella sua ombrosità Jamie aveva dettato le regole, o almeno ci aveva provato. Con Anne era risultato totalmente inutile, si era imposta dopo le prime volte, giusto per fargli capire che ad entrambi spettava lo stesso potere. Infatti le piaceva quella strana ed insolita subordinazione, dalla quale si lasciava viziare, perché finché l’unico scopo di lui sarebbe stato il piacere di lei, non vedeva perché tirarsi indietro. Sebbene Jamie fosse abituato ad imporsi in tutto, preferiva lasciarsi coccolare da Anne, che teneva sempre un occhio di riguardo nei suoi confronti, in qualsiasi contesto e specialmente a letto.
Quella sera Anne era semplicemente irresistibile. Jamie ancora ricordava i loro corpi combaciare perfettamente, poco prima, fra le coperte, e poteva avvertire minuscoli ed intensi brividi al solo pensiero. Le sue labbra rosa erano chiuse attorno all’indice sinistro, mentre con la mano destra teneva ferme le pagine. I capelli le cadevano in maniera disordinata su tutto il volto, aveva tentato invano di fermarli in una treccia, ma ogni suo rimedio era risultato fallace. Le sue gambe, lunghe e lisce, leggermente abbronzate, nude, erano poggiate sul bracciolo della poltrona, rimanendo all’insù contro il cuscino per sorreggere il libro. Ogni tanto lo lasciava andare e portava la mano destra a sollevare gli occhiali, giocava con una ciocca di capelli arricciandola e tornava nuovamente ad impedire che scivolasse. Jamie si accorgeva quando qualcosa catturava la sua attenzione, sorrideva, spesso intenerita e quello bastava a fargli capire che aveva trovato qualcosa di sottolineato.
La piccola fuga notturna era giunta al termine, per Anne, quindi si sbrigò a chiudere il libro, memorizzando di essere arrivata a capitolo ventitré. Alzò lo sguardo e vide Jamie stante proprio davanti a lei, davanti alle sue gambe. 
“Ti piace, eh?” E le indicò il libro con un cenno del mento. Lei avvampò, perché Jamie era lì? Cazzo, l’aveva scoperta, cazzo, il suo piano era fallito. Merda! Si rimproverò allora per non essere stata abbastanza attenta. 
“Abbastanza” mascherò il suo imbarazzo “e a quanto pare piace anche a te.” Piegò il volto per guardarlo meglio, stringendogli l’occhio. Nonostante la confidenza che ormai intercorreva fra loro, il rapporto e sicuramente ogni cosa che era fra di loro, dentro di loro, Anne sentiva di essere stata presa in fallo, con le mani nel sacco. 
“É il mio libro preferito, lo sai bene.” Quindi si poggiò con i palmi ai lati delle sue gambe, lasciandole un bacio sulla caviglia. Anne sorrise ed annuì, poi fece per alzarsi, quando le mani di Jamie si spostarono rapidamente sulle sue braccia, senza stringerla troppo, premendola verso il lato opposto della poltrona. Socchiusero gli occhi nello stesso istante e lui fece entrare in collisione i loro respiri, scontrare le loro bocce e confondere le loro stesse essenze. Senza esitare Anne scivolò in piedi, sorretta dalle braccia di James dietro la sua schiena, mentre gli prendeva il viso fra le mani. La sovrastava enormemente in altezza, quindi la prese subito in braccio e lei si rifugiò in quella forte stretta con un piccolo balzo, il necessario per farle stringere le gambe attorno ai suoi fianchi. In un attimo si ritrovarono nuovamente sulla poltrona, ma questa volta Jamie era sotto di lei, già con i polpastrelli avidi della sua carne sotto il suo stesso maglione. Le piccole dita di Anne si intrecciarono attorno ai suoi capelli, li tirarono appena e lo strinse a lei ancora più forte, mentre si era già insinuato fra le sue cosce. 
“Devo per caso ricordarti che sono le tre e domani hai una lezione alle otto?” Sussurrò accanto al suo orecchio, incapace di trattenere ancora a lungo quel gemito vergognoso che si liberò dalle sue labbra.
“Shh, non credo ti dispiaccia.” Scese a morderle il collo, sapeva quanto detestasse l’effetto che aveva su lei. Nonostante fosse lei a stare su sentiva di non aver il controllo della situazione, quindi bruscamente scansò le sue mani dai suoi slip e se ne liberò velocemente. Poggiò quindi le mani sulle sue spalle, le fece scendere lungo il suo petto coperte e prontamente gettò via anche la sua maglia. 
“Non abbiamo tempo da perdere se vorrai svegliarti.”
“Non usare queste scuse con me, devo ricordarti che sono nato prima di te?” 
“Lo so già, le tue attenzioni mi lusingano davvero.” E gli rivolse un sorriso beffardo, di chi sa di averle tutte, le sue attenzioni, tutte per sé. Le mani di Jamie le sollevarono lentamente il maglione. Anne stava seduta comodamente su di lui, che poi tanto comodo non era, quindi gli sarebbe convenuto darsi una mossa piuttosto che rimanere lì, a far agonizzare entrambi. Saliva col maglione e le sfiorava i seni, le baciava lo sterno e le clavicole, respirandole accanto al cuore. Poteva sentirlo battere, forte e chiaro contro la sua guancia poggiata sul suo seno ormai libero da ogni tipo di costrizione. Il corpo nudo di Anne, così bello davanti a lui, sembrava un'opera d’arte, la più bella di un tale pittore, la più bella che la natura avesse potuto creare e l’aveva preservata per lui. 
Gettò il maglione a terra e lei fece scendere i suoi pantaloni in basso, verso il pavimento, chinandosi poi sulle sue labbra e, accompagnata da lui sul suo corpo. Fu sopraffatta dal suo calore familiare e continuò a baciarlo, mescolandosi completamente su di lui.

Ora Anne giaceva silenziosamente sul petto di Jamie, con gli occhi socchiusi e la punta delle dita fra la peluria del suo petto. Sentiva forte il bisogno di verbalizzare ogni cosa, con lui era stato più difficile, forse per l’età, e per troppo tempo aveva prolungato quel momento. Lui, invece, verbalizzava il meno possibile ogni cosa, selettivo e razionale. Ma quella sera, con lei fra le braccia, così piccola e tremendamente fragile, il desiderio di verbalizzare qualcosa colse anche lui.
“Jamie”
“Mh” le accarezzava i capelli.
“Credi davvero che l’innamoramento sia un’equazione irrisolta? Pensi sul serio di non riuscire a capire come ci si possa innamorare?” Susseguirono degli istanti di
silenzio, Anne continuava ad accarezzalo e baciarlo di tanto in tanto. 

“Anne”
“Sì?” La sua voce era piccola e sottile.
“Ti amo” il cuore di lei perse un battito, forse più di uno, fu sicura di averlo avvertito fare una capriola e socchiuse gli occhi, sollevata - Jamie poté percepirlo dalla sua schiena che si scansò dal suo palmo. 
“Ti amo anch’io” e sollevò quindi il capo verso il suo, notando come il battito del suo cuore fosse aumentato contro il suo petto forte. Jamie chinò le labbra sulle sue, con una mano le accarezzava lo zigomo, lentamente le fece accarezzare, per poi baciarla, baciarla e basta, ché in quel momento non avrebbe desiderato altro. 

Quella sera conobbero l’un l’altra proprio su quella poltrona, che era dall’inizio stato il centro del loro processo di decifrazione. Da quel momento in poi, quella avrebbe saputo di loro più del letto, e di ogni angolo della casa. Non era allora un caso che fosse posta al centro della stanza, come a ricordare che, qualsiasi cosa sarebbe successo il loro punto d’incontro sarebbe stato quello lì. 

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Capitolo 7
*** VII.6 ***


Il sole che filtrava dalle finestre, in alto su di loro, si posava come una carezza delicata sui loro volti riposati e sul loro letto, sul quale giacevano l’uno di fianco all’altra. Anne dormiva prona, il volto nel cuscino e le mani al di sotto - una di queste stava sotto quello di Jamie ed era stata attorcigliata alla sua tutta la notte. La sua schiena nuda traspariva appena dal lenzuolo, fermo sulle sue scapole, a scoprirle il resto della pelle ed il collo. La luce era impigliata fra i suoi capelli, poggiati sulla spalla sinistra, mossi e appena più chiari per il sole, che la illuminava e che l’aveva illuminata nei giorni precedenti. Sebbene la stessa luce le illuminasse anche il volto, lei rimaneva indifferente. Dormiva, Anne, con le palpebre rilassate e le ciglia a sfiorarle le guance, mentre il suo respiro regolare fuoriusciva lieve dalle sue labbra schiuse. 
Jamie stava disteso su un fianco, poggiato su un gomito e rivolto verso la figura della ragazza accanto a lui. La osservava dormire, silenziosamente, indeciso se svegliarla o meno. Erano da poco passate le otto, se l’avesse svegliata di certo gli avrebbe tenuto il muso tutto il giorno e proprio non voleva che fosse così. 
Lentamente, con la punta delle dita, le accarezzò la spina dorsale, spingendo il lenzuolo oltre la schiena di lei, fino alla vita. I suoi polpastrelli si adattavano perfettamente alla conformazione della sua schiena e continuò a farli scorrere sulla sua pelle nuda per diversi attimi. Era soffice, più abbronzata e dorata, a causa della luce che in quel momento la illuminava e che l’aveva illuminata nei giorni precedenti. La sua mano scorreva indisturbata, delicata e sempre attenta, la toccava sfiorandola. Vedendola stringersi al cuscino, Jamie sorrise lievemente e si chinò sulla sua pelle, lasciandovi un bacio, proprio sulla nuca. Decise poi di scendere, quindi baciare anche il collo, per riprendere il percorso della sua mano, lungo la sua schiena. Le sue labbra si muovevano dolcemente su di lei e Jamie si spinse oltre, spostando il lenzuolo sui suoi fianchi e baciandola fin lì, riprendendo poi verso su. Non appena riprese a muoversi sulla sua schiena, la sentì muoversi e posò una mano sulla sua schiena, accarezzandola mentre con i baci risaliva fino alla sua nuca, notando che fosse sveglia, più velocemente, per raggiungere il suo volto. 
Quando furono alla stessa altezza, Anne aveva già gli occhi aperti - semiaperti per via del sole. Li richiuse non appena le labbra di Jamie furono sulle sue e si fece più vicina al suo corpo, prima di scansarsi. Lo osservò diversi attimi, posando poi la mano che teneva sul cuscini sulla sua guancia ed accarezzandola dolcemente. Sorrise ed incrociò le gambe alle sue, stringendosi ancora al suo corpo. Jamie la teneva stretta a sé accarezzandole la parte bassa della schiena, ormai completamente libera del lenzuolo, mentre i loro petti nudi erano così vicini da toccarsi.
“Buongiorno.” Quello di Anne risultò come un sussurro, mentre col pollice ancora gli accarezzava lo zigomo. 
“Buongiorno a te.” Allora arrossì e lo guardò ridere sotto i baffi alla sua reazione. 
“Come stai?” Le chiese, dopo qualche secondo di silenzio. 
“Sto bene” gli spostò via i capelli dalla fronte “e tu?” La sua mano era ora sul collo di lui.
“Non riesco ancora a muovermi del tutto.” Confessò, Anne gli colpì scherzosamente la nuca. 
“Jamie!” Sussurrò indignata. Il fatto che si riferisse così a quello che era successo la notte precedente la imbarazzò, anche se in realtà, per quanto tempo andasse avanti fra di loro, lei doveva essere più che abituata a quelle sue uscite mattutine. 
“Sto scherzando.” disse, sollevando le spalle. 
Sto scherzando.” gli fece il verso, lei, sorridendo, mentre si spostava lentamente sul suo corpo. La schiena di Jamie finì sul materasso e le sue mani attorno ai fianchi di Anne, proprio sull’orlo dei suoi slip “non pensare di poter salvare così il tuo orgoglio maschile.” Fece scorrere un polpastrello lungo i suoi addominali e Jamie sorrise, complice.
“Non lo sto facendo, non ne ho bisogno” le fermò la mano, prima che potesse andare oltre e lei sollevò un sopracciglio, contrariata “non con te.” Le fece poi un occhiolino. Anne sorrise e si chinò sul suo volto, prima di baciarlo. La mano di lui si fece strada verso i suoi slip, ed Anne lo lasciò fare, chinandosi completamente su di lui e socchiudendo gli occhi al tocco familiare delle sue mani. 

“Richard è partito senza che salutassi Porquerolles?” Chiese, porgendo il caffè a Jamie, seduto in pantaloncini sul divano difronte al tavolino, al centro della stanza e ai piedi del letto. 
Lo spazio all’interno della sua barca a vela era ben poco, ma la amava proprio per quello. Era stata di suo padre, che aveva deciso di regalargliela a seguito della cattedra in Università - grazie alla quale aveva conosciuto Anne. Gli interni, color ciliegia e decorati con i toni freddi del grigio e dell’azzurrino, con un tocco di bianco, davano alla barca un’aria più raccolta e famigliare, che aveva ammaliato Anne da quando per la prima volta vi aveva messo piede, qualche anno prima. Dato che il lavoro lasciava poco tempo ad entrambi, l’estate era sempre un punto interrogativo. Così quella barca era risultata la soluzione migliore ai loro problemi. Quando avessero voluto, avrebbero potuto chiamare Richard - che Jamie conosceva già da tempo - e partire. Lui avrebbe portato la loro barca dove avessero preferito e per la seconda volta, anche quell’anno, si trovavano a navigare per le acque cristalline della Costa Azzurra, che Anne amava e di cui Jamie si era col tempo innamorato. 
“Io alle otto ero sveglio, tu, invece, ancora ronfavi.” Le ricordò, non appena lei si sedette di fianco a lui, con la tazza fumante di latte fra le mani. “Come fai a bere il latte?” Sussurrò, quasi inorridito. 
“Non puoi farmi questa domanda ogni giorno a colazione.” Bevve un sorso e lo lasciò raffreddarsi sul tavolo, prima di sedersi in ginocchio ed osservarlo dall’alto. Il pizzo della camicia da notte le sfiorava le cosce, fermandosi appena sopra il ginocchio. Gli occhi di Jamie furono catturati per diversi attimi dal tessuto nero, quando la mano di lei si chiuse attorno al suo mento, sollevandogli il volto.
“Non cederò al caffè” mormorò, chinandosi sulle sue labbra “mai.” Poi lo baciò velocemente a stampo, scansandosi, ma la presa di Jamie si fece più forte attorno alla sua coscia sinistra e l’attirò presto a sé. 
“Rimarrai per sempre bambina?” Aggrottò un sopracciglio. Lei annuì, chinandosi sul suo orecchio.
“La tua.” Jamie rise e gettò il capo all’indietro, Anne non potè far altro che seguirlo. 

Il fatto che riuscissero entrambi ad ironizzare tanto su quella differenza, li aveva resi irrimediabilmente più affiatati, inutile dire quanto fra di loro, ma in modo del tutto sensazionale fra gli altri. Anne e Jamie non ci facevano quasi più caso, era normale a volte scontrarsi per opinioni differenti, fra loro c’era quasi una generazione, ma avevano imparato a mediare anche e soprattutto in quello. In quei loro anni di relazione, ormai diventati troppi per le dita di una sola mano, Anne e Jamie avevano vissuto appieno l’uno l’altra, conoscendo lati che agli altri avrebbero preferito nascondere - in positivo ed in negativo. Vi era stima, vi era ammirazione e rispetto, ma anche passione ed amore totalizzanti. Ciò che c’era li investiva completamente, rendendoli perfettamente complici l’uno dell’altra. 
Sentirsi inadatto non era più un sentimento che gli apparteneva: Jamie riusciva sempre a sentirsi al suo posto con Anne che, nella smaniosa ricerca di perfezione ed armonia, l’aveva trovata anche nel suo uomo. Allora con lei, prima che con gli altri, aveva modificato lati del suo carattere, non rinunciando mai alla sua autentica diffidenza. Di Anne era maledettamente perso, ogni suo lato la rendeva irresistibile ai suoi occhi e alla sua mente e la sua attitudine dolce lo aveva sicuramente reso un uomo migliore, anche verso se stesso - con i suoi sorrisi morbidi lei smussava gli spigoli rigidi della sua personalità, accarezzandoli finché non fossero diventati un comodo giaciglio per il loro amore. Forse non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza, perché Anne dal primo momento non si era mai tirata indietro ed aveva creduto in loro, seppur silenziosamente, davanti alle difficolta la sua voce era stata più forte della sua. 
D’altra parte, anche lei doveva a Jamie molto. Non solo era riuscito a mostrarle lati nascosti di sé, perché, conoscendola, l’aveva messa davanti a tratti a lei ancora ignoti della sua personalità. Anne gli doveva il suo nuovo approccio alla realtà che la circondava, più giudizioso di quanto già non fosse e sicuramente più attento e non solo severo. Come lo era stata verso Jamie, aveva imparato a tollerare caratteri più duri, affrontare situazioni ancora più scomode ed era cresciuta più di quanto già non fosse matura. Era una donna, a ventotto anni, una donna realizzata nel suo lavoro e nella sua vita privata - sentiva che con Jamie non poteva mancarle nulla. Nonostante alcune delle sue colleghe e compagne di studi fossero già sposate, Anne aveva pensato che fra di loro quella formalità non fosse ancora necessaria, sebbene lo volesse, perché sapeva che lui sarebbe stato inevitabilmente il suo futuro - e questa era una consapevolezza condivisa, perché anche Jamie la vedeva in quel momento come la sua famiglia. 
Ed era proprio a quello che pensava, su quello che rifletteva mentre, davanti a lui, indossava un bikini che ancora non le aveva mai visto addosso. Anne si voltò verso di lui, disturbandolo dal flusso dei suoi pensieri e chiedendogli una mano per allacciarlo dietro la schiena. Allora si alzò e la raggiunse, posando le sue mani attorno alle sue spalle e stringendo bene due fiocchi. 
“Dunque per oggi?” Gli domandò, voltandosi. “Grazie.” Sussurrò sulle sue labbra, prima di lasciargli un bacio. 
“Richard  ci sta portando a Port-Cros.” Le sorrise, accarezzandole la parte bassa della schiena, prima di prendere un libro dei suoi dalla mensola affianco al letto. 
“Possiamo prendere un po’ di sole nel frattempo.” Disse Anne, cercando gli occhiali da sole ed afferrandoli subito.
“Non sfidarmi!” Le ricordò, aprendo la prima pagina e vedendo un foglietto cadere. Jamie aggrottò le sopracciglia e lo raccolse subito da terra, Anne era ora dietro le sue spalle. 
“Quando ti sarai bruciato, non venire a piangere da me, capito?” Gli ricordò, accarezzandogli la schiena e lasciandovi un bacio.
“Non mi brucio e” si voltò “nemmeno piagnucolo.” Lei rise e lui la affiancò. Solo in quel momento le fu possibile vedere il biglietto fra le sue mani. La reazione di lei fu simile a quella dell’uomo, Jamie lo lesse velocemente.
‘Essenzialmente, tutto quello che cerchiamo lo troviamo in noi stessi. Ritengo che il bisogno di amare qualcun altro sopraggiunga quando, no non quando non ci bastiamo più, ma quando vogliamo dare tutto quello che abbiamo - che è quello di cui abbiamo bisogno - a qualcun altro.’ 
Quelle parole erano di Anne, senza alcun dubbio. 
“Hai portato del lavoro?” Si voltò verso di lei, che arrossì immediatamente. 
“L’ho scritto qualche tempo fa ed è rimasto nel libro” lo prese subito dalle sue mani, nascondendolo dietro la schiena “tieni, ora è tutto tuo.” Così gli porse il libro. Jamie si allungò per stamparle un bacio veloce sulle labbra, distraendola ed impossessandosi nuovamente di quel pezzettino di carta.
“Prendo anche questo, lo userò come segnalibro!” esclamò, sollevandolo in aria, prima di allontanarsi verso l’esterno della barca, venendo immediatamente investito dalla lucentezza del sole su di lui. “No! È parte del nuovo libro, Jamie!” Si lamentò lei.
“Sono o no il tuo ragazzo che deve leggere sempre tutto in anticipo?” Anne calò gli occhiali sul naso, guardandolo senza rispondere. Aveva vinto anche quella volta. 

Writer's corner
Con una settimana di ritardo, eccomi qui! - con Anne e Jamie diversi anni dopo. Vi ricordo che si tratta di una slice of life, quindi del racconto dei momenti più importanti della loro storia. Questo capitolo può apparentemente sembrare insignificante, ma come avete letto si tratta solo della prima parte. Cosa scopriremo nella seconda? Aspetto la vostra curiosità fra le recensioni. Un bacio, Zoe :) xx 


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Capitolo 8
*** VIII.7 ***


Avevano navigato tutto il giorno, preferendo rimanere in barca piuttosto che attraccare. Il sole caldo li aveva illuminati tanto da scurire le loro pelli e li aveva accompagnati fino al tramonto. Ora scendeva lento davanti ai loro occhi felici, davanti alle loro figure strette l’una a quella dell’altro ed i colori si confondevano fra di loro come se la tavolozza del cielo vedesse tutte le sue sfumature più belle unirsi fino a non riconoscersi più, che era quello che succedeva ad Anne e Jamie quando erano insieme. Strati di rosa, arancione e rosso, indistinguibili, davanti ai loro occhi, ed il sole al centro che calava specchiandosi nel mare, con la sua immagine che tremava di tanto in tanto, facendoli sorridere. Anne stava stretta fra le braccia di Jamie, seduta fra le sue gambe, la schiena contro il suo petto. Sorrideva di tanto in tanto facendo incrociare le loro dita, si voltava e gli lasciava baci sempre più piccoli sulle labbra, sulle guance e sul collo, volendo unicamente essere inebriata dal suo calore che si univa a quello del sole - così splendeva anche lei. 
Quelle timide effusioni portavano entrambi in una dimensione in cui non vedevano altro al di fuori di quello che erano riusciti a creare, costruire, quando erano da soli, attraverso gli anni. Raramente avevano visto uno spettacolo del genere e raramente sarebbe ricapitato che con la stessa calma potessero assistervi, almeno per un po’ di tempo. La vita scorreva veloce davanti a loro e fra di loro, anche Anne se ne rendeva conto. Per lei il tempo era sempre stato poco importante, aveva preferito vivere sempre la vita come le capitava davanti, ma da quando Jamie era con lei aveva imparato a prendere ogni momento nella sua singolarità, a valorizzarlo, a renderlo unico. Non tanto perché lui lo facesse già, quanto perché si fosse resa conto di come vivere accanto ad un’altra persona potesse cambiare la prospettiva dalla quale lei aveva visto la sua vita fino a quel momento. Ed era più felice, sentiva che lentamente i pezzi di un puzzle iniziassero combaciare per formare quella serenità che aveva sempre cercato. 
Jamie la osservava silenziosamente, ricambiando le sue attenzioni, ma con la testa volta completamente altrove. Era forse la prima volta che davanti ad uno spettacolo del genere non riusciva a sentirsi come i colori sul cielo, completamente in Anne e con Anne. Sentiva di essere altrove e si sentiva tremendamente in colpa perché consapevole che non sarebbe più ricapitato qualcosa di simile. Stringeva Anne con fermezza, come se quel gesto potesse riportarlo accanto a lei con la mente. I suoi pensieri erano altro, il suo cuore sempre su Anne, e batteva sempre più velocemente. Sospirò, lei era tutta volta verso le onde davanti a loro con gli occhi curiosi che vi nuotavano velocemente. La osservò per diversi attimi, poi chiuse gli occhi e sentì tutti quei pensieri che gli correvano nella testa affluire in un unico punto, un centro solo, che gli fece riaprire gli occhi. Il fatto che la sua vita fosse radicalmente cambiata dall’ingresso di Anne era un pensiero che in quei giorni lo attanagliava, sentiva di non poter più aspettare, aveva come l’impressione che tutto stesse diventando troppo per lui. Molte volte non sono solo le emozioni negative a sopraffarci, perché l’amore per Anne in quel momento gli impediva quasi di essere se stesso. Prese ancora un respiro profondo, poi parlò lentamente, con la bocca accanto suo orecchio e gli occhi volti al suo viso sereno e sorridente. I suoi sussurri diventarono improvvisamente l’unica cosa che Anne potesse sentire, nonostante le onde che si scagliavano contro la barca, i gabbiani che volavano su di loro. Nell’immensa vastità del mare, in quel momento, sembravano esserci solo due. Fluttuavano, stavano sul mare senza percepire niente sotto di loro. Allora Jamie prese a parlare. 
“C’è una regola che vale in ogni situazione, Anne. Non ci sono regole universali, non c’è niente che tu possa prevedere o che tu possa sapere già di poter curare. Mi sono ammalato di te, ancora non trovo la cura a questo che sembra l’unico male dal quale io non voglia curarmi, perché mi fai stare bene. E pensavo ci fossero regole per ogni cosa, vivevo la mia vita come un continuo ripetersi di paradigmi ai quali ero subordinato. Tu… tu mi hai insegnato a prenderli in mano e ribaltarli, a vedere la vita dal punto di vista di chi la vive e non di chi é vissuto. Ed é forse proprio questo che ho deciso che voglio viverla di fianco a te, Anne. Per sempre, vivere di fianco a te. Sposami, Anne.”

Writer's corner 

Anne e Jamie crescono sempre di più, sono felici e matureranno insieme. La loro è una storia felice e voglio dirvi il perché. Può suonare alquanto chilché o banale, ma della felicità non si parla mai e si finisce sempre col dare il lato più triste e commiserativo di ogni cosa, prima fra tutte l'amore. L'amore è la cosa più bella da dare e da ricevere, l'amore merita quella felicità che molti si ostinano a non vedere. C'è sofferenza, questo sì, ma non sarà mai totalizzante quanto la positività che l'amore è in grado di trasmettere. 
Spero di leggervi presto!
Un bacio, Zoe :) xx


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