Do the Black Mages dream electric moogles?

di Blackwell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il risveglio ***
Capitolo 2: *** In cammino ***



Capitolo 1
*** Il risveglio ***


Il colpo di mortaio rimbombò nell’arido campo fino a terra, provocando un cratere che sprigionava odore di zolfo e morte.
La strana creatura respirava con affanno, come un bambino appena nato che emetteva i suoi primi sospiri. Attorno a lui  vi erano solo tre cose: fuoco, dolore e morte. La terra era arida, secca, bruciata dai fuochi della battaglia. Abbassò lo sguardo e vide qualcosa di cui non si era accorto prima: la faccia di un soldato, ricoperto di sangue, che lo fissava con gli occhi spalancati. La sua bocca semichiusa emetteva gli ultimi respiri, mentre alzando il braccio quasi carbonizzato tentò di puntare il dito contro di lui. Il mago nero, di fronte a quell’immagine, cadde nello sconforto. Non riusciva a respirare, il suo corpo era come imbambolato. All’improvviso, una voce iniziò a sussurargli nella testa. Diceva: “corri!” e così fece. Scappò via come rincorso da una legione di diavoli. Scappò dal campo di battaglia, dal fuoco, dal sangue, finchè non inciampò e cadde in una fossa. Rotolò giù per una cunetta, non molto profonda per fortuna, e si ritrovò davanti a una coltre di alberi. Si ripulì dalla polvere e fu allora che si accorse che le sue mani erano sporche di sangue. Si guardò intorno e l’angoscia lo travolse ancora una volta. Si sentiva come un uccello fuori dalla gabbia, vissuto in cattività fin dalla nascita. Ora era solo, in un mondo sconosciuto e ostile. Ma soprattutto senza un ricordo e senza un’identità. Chi sono? Dove mi trovo? Cosa mi è successo? Cosa farò adesso? Queste domande rimbombarono nella sua testa e si mischiavano tra di loro come in un vortice nell’oceano. Era talmente assorto nei suoi dilemmi che non si era accorto della presenza alle sue spalle.
D’istinto si voltò e  ciò che vide lo lasciò incredulo. Una creatura, del tutto uguale a lui, lo stava fissando. Non capiva ancora il perché, ma quella presenza lo rese più sereno.
- Dove sono? Cosa è successo?
- Io – esordì l’altra creatura- Speravo lo sapessi tu.
Non fece in tempo a rispondere che il rombo di una granata, esplosa una trentina di metri di distanza, li colse di sorpresa e il convinse a scappare nel bosco.
La selva era fitta e buia, non si scorgeva un palmo dal naso, eccetto i luccicanti occhi gialli dei due maghi. Per farsi luce, uno di loro accese un fuoco sulla sua mano.
- A proposito. Io sono il Mago Nero n.163. E tu?
- Io sono il n.288 … Aspetta – entrambi si fermarono di colpo.
- Che c’è?
- Come faccio a saperlo?
- Cosa?
- Il mio nome. Non ricordo nulla di me. Chi sono, dove sono nato, perché mi trovo qui. Eppure ricordo come mi chiamo. Non è la stessa cosa per te?
Il n.163 apparve titubante – In effetti neanch’io ricordo molto, ma non ci avevo fatto caso, prima d’ora.
Rimasero per qualche istante fermi nelle loto elucubrazioni quando un rumore minaccioso risvegliò la loro attenzione. – Che cos’era? Un mostro? - Il n.288 si avvicinò al cespo dove proveniva il fruscio con la mano aperta pronta a sprigionare Fire, ma lo stupore lo colse quando si trovò faccia a faccia con altri due maghi neri del tutto simili a lui. Erano leggermente diversi dal 288 e dal suo amico 163.  A parte il caratteristico cappello da Merlino, i due indossavano una veste nera col colletto e i risvolti delle maniche color rosso, mentre ai piedi portavano delle calzoni bianchi e un grosso cinturone sulla vita. Il  n.288, invece, indossava una veste viola con bottoni d’oro e dei calzari da bardo gli coprivano le gambe. Anche il n.163 era agghindato diversamente dagli altri maghi. Era più simile a quello del n.288 ma a differenza degli altri era più magro e al posto dei calzoni indossava una calzamaglia castana e delle scarpe da Aladino.
- Chi siete? – chiese il n.288
- Salve, non abbiate paura. Non vogliamo farvi del male. Io sono il Mago Nero n.36
- Io invece sono il Mago Nero n.56 – disse il mago nero continuando idealmente la frase del suo amico.
- Vi abbiamo visto mentre scappavate dal campo di battaglia – disse il n.36 – Perciò siamo venuti a cercarvi.
- Anche voi eravate lì?
- No. E’ da tre giorni che siamo nascosti in questa foresta – disse il n.56.
- Seguiteci – disse il n.36 – vi portiamo nel nostro rifugio.
Sentendo di potersi fidare il due maghi neri seguirono i loro nuovi amici. Dopo una breve camminata, interrotta da qualche attacco da parte dei mostri (tutti risolti con commisurati colpi magici) e qualche inciampo per terra, finalmente il quartetto di maghi arrivò a destinazione. Si ritrovarono in una sorta di accampamento improvvisato, con delle di tende raggruppate in modo circolare e un falò al centro dell’area. Accampati davanti, al fuoco c’era un mago nero che con un bastone di legno in mano controllava la fiamma. Alzò lo sguardo e notò la presenza dei due nuovi arrivati, con un cenno della mano gli invitò ad avvicinarsi.
- Sono loro i due nuovi?
- Sì, n.49. Li abbiamo trovati mentre vagavano per il bosco.
Si avvicinò ai due maghi, e senza dire nulla li guardò negli occhi a lungo:- Vi siete svegliati da poco, vero? – disse all’improvviso a entrambi.
- Svegliarsi? Che significa? – domandò il n.288.
- Vi spiegherò tutto domattina. Ormai è tardi, e voi sarete stanchi, immagino – con un gesto il n.49 invitò il 163 e il 288 a sedersi accanto al fuoco. Lì, fecero la conoscenza di altri maghi neri come loro. Oltre infatti al n.49 appena conosciuto, fecero amicizia col n.32, il n.33, il n.111 e il n.192. Il n.49 aveva appena finito di riscaldare la cena – avrete bisogno di rimettervi in forze. Mangiate anche voi – gli porse uno strano insetto affumicato – E’ la mia specialità. Scaraburi flambè. Assaggiateli, contengono tante proteine.
- Proteine? Cosa sono? – chiese il n.163
- Sono cose che fanno bene al corpo.
- Il n.49 sa tante cose – disse il n.56 cantilenando
- Su, prendete - Il n.288, che da qualche minuto sentiva una fitta allo stomaco non si lasciò pregare. Il n.163, seguì a ruota.
Terminata la cena, arrivò l’ora della nanna. Il n.49 chiese a chi spettava il turno di guardia. Nessuno però se lo ricordava, così decise che per quella  notte il turno di guardia sarebbe spettato al n.33, il quale si lamentò perché aveva già fatto il turno due giorni prima. Il n.49 gli rispose che però ormai tutti i membri della compagnia avevano svolto almeno un turno di guardia e che comunque - due giorni fa erano due giorni fa, mentre oggi è oggi.
Dopo aver montato la tenda per gli ospiti, i maghi neri poterono abbandonarsi a un tranquillo riposo.
 
La notte fu lunga e tormentata per il n.288. Non appena chiudeva gli occhi una serie di strane immagini senza senso gli apparivano davanti, scomparendo all’improvviso ogni volta che gli apriva.
Il mattino dopo, ancora spossato, chiese al n.49 di spiegargli alcune cose.
- Vedo che sei già sveglio. Hai dormito bene?
- Non proprio. Ho visto delle cose strane che non mi hanno lasciato dormire.
- Cose strane?
- Sì, strane immagini che mi apparivano in testa.
- Niente di grave. Hai avuto un sogno.
- Sogno? Che cos’è? – chiese il n.288
- Sono cose che vediamo quando ci mettiamo a dormire.
- Ed è una cosa buona o cattiva?
- Dipende. Sei fai bei sogni significa che sei felice. Se ne fai di brutti, significa che sei triste. Cos’hai sognato?
Esitò a rispondere, la sua mente era ancora così confusa da non ricordare bene cosa aveva sognato quella notte.
- Ricordo solo uno strano animale, dalla pelle bianca e con un corno in testa. Galoppava lungo il bosco senza fermarsi mai.
- Hai sognato l’unicorno, quindi.
- Si chiama così? Ma cosa vuol dire?
- Non ti preoccupare. Anch’io ho fatto il tuo stesso sogno. Succede la prima notte quando ci svegliamo.
- A proposito. Ieri mi avevi detto che avresti spiegato cosa significa “svegliarsi”.
- Hai ragione – disse il n.49 annuendo – ti spiegherò tutto durante il cammino. Adesso però dobbiamo sbrigarci. Dobbiamo lasciare questo posto e dirigerci verso sud. Se restiamo troppo a lungo nello stesso posto gli umani potrebbero scoprirci.
Così detto, smontarono le tende e si misero in cammino, verso l’inizio dell’avventura.

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Capitolo 2
*** In cammino ***


Il viaggio riprese. La carovana di maghi neri attraversò la Piana di Eunorus, facendo attenzione a restare in prossimità dei boschi. Era il modo più sicuro per evitare di essere notati. Se gli umani si fossero accorti di loro, sarebbe stata la fine. Il n.288 seguì silenziosamente i suoi compagni appoggiandosi al bastone magico che aveva in dotazione. Per tutto il tempo si era domandato il significato del suo sogno. Ma cos’è un sogno? Il n.49 gli aveva spiegato che erano delle immagini che vediamo mentre dormiamo. Ma perché le vediamo? Cosa significano? Forse il n.49 lo sa. O forse l’ha già spiegato e lui non l’aveva capito? Mille dubbi tormentavano il povero 288, che si aggiungevano all’altro dilemma: il “risveglio”. Ah, già: il n.49 gli aveva promesso di spiegarli cosa fosse questo “risveglio”. Ma nel frattempo, bisognava camminare.
Il n.163, intanto, chiacchierava in compagnia del n.36 - Senti – esordì – Ma gli umani cosa sono?
- Sono quelli che ci obbligano a combattere – rispose il n.36.
- Combattere? – Domandò ancora il 163 -
Quando ti sei svegliato ti trovavi in mezzo al campo di battaglia, giusto? -
Si chiama così? Io ricordo solo un gran baccano e tanta gente buttata a terra.
- Non ricordi niente di prima, vero? – Il n.163 ci pensò un attimo, ma non riusciva ad andare indietro con la memoria oltre al giorno prima.
- E’ stato così anche per me. E anche per tutti gli altri. Ma col tempo capirai.

Camminarono per alcune miglia, risalendo il fiume Siber. Quando il sole era ormai sul punto di tramontare, il n.49 fece cenno di fermarsi e diede ordine di accamparsi per la notte. Si sistemarono nei pressi di una palude di cui si narrava fosse abitata da misteriose creature. Ma poiché non era prudente andare oltre decisero che per quella notte sarebbe stata la loro casa. Il n.111 si era offerto volontario per preparare il fuoco: il n.33 avrebbe raccolto la legna e lui l’avrebbe accesa con un Fire. Dopo essersi riuniti intorno al fuoco, il n.288 rimembrò la sua richiesta al n.49. Egli senza esitare iniziò il racconto: - Sono sei mesi oramai che vaghiamo in lungo e in largo per trovare un posto sicuro dove stare in pace. Ma pare proprio che un posto così non esista. Così dobbiamo confidare nell’aiuto reciproco e nel desiderio di sopravvivenza. Tu mi chiedevi cosa significa “svegliarsi”, non è una domanda facile cui rispondere. Vedi quel bozzolo attaccato in quella pianta? Dentro c’è una vita, che non sa ancora cosa gli sta per succedere, ma quando arriverà anche per lei il momento, l’involucro si aprirà e volerà via, librandosi in aria allegra e spensierata. Ecco, questo, più o meno, significa “svegliarsi”. Non è una cosa che decidiamo noi. All’improvviso prendiamo coscienza, e quando ciò accade, spacchiamo il guscio in cui eravamo rinchiusi e voliamo via. Gli umani hanno un termine particolare per tutto questo, loro lo chiamano “nascita”. Tu e il tuo amico ieri è come se foste nati.
- Tu sai tante cose – disse il n.163, meravigliato – come ci riesci?
- Non lo so – rispose il n.49 – Forse perché hanno scelto che io fossi così.
- Chi? – chiese il n.288 - Gli umani, no? Noi siamo stati creati da loro. Non te n’eri reso conto?
- Gli umani sono cattivi. Ci usano e ci sfruttano! – disse il mago nero n.78.
- Ci costringono ad uccidere i loro simili e a farci uccidere per loro. Malvagi e codardi! – gli fece eco il n.144.
- Ci siamo stancati di essere loro schiavi. Per questo non vogliamo più combattere per conto loro! – gridò il n.36.
Seguì un mormorio di malumori e rancore che si placò quando il n.49 fece cenno di fermarsi. Fece poi spegnere il fuoco e ordinò ai maghi di nascondersi dietro i cespugli. Non tutti capirono il perché ma eseguirono. La brughiera era avvolta dall’oscurità, il silenzio della notte era interrotto di tanto in tanto dal gracchìo delle rane e dai giunchi mossi dal vento. Non si vedeva nulla, eccetto i luminosi occhi gialli dei maghi neri, nascosti dietro la vegetazione, ma che da lontano sembravano piccole lucciole. Il n.36 e il n.49 fecero cenno di abbassare la testa e di non fare rumore. Nel frattempo, una pattuglia di maghi neri e di soldati stava attraversando la brughiera. - Ma quelli … - prima che il n.288 potesse finire la frase il n.49 gli fece segno di stare zitto. Quando videro che la pattuglia si era allontanata a sufficienza, poterono finalmente uscire dalla radura.
- Ma quelli … - Sì, lo so – disse il n.49
– Quelli erano maghi neri come noi.
- Ma perché seguivano gli umani? Loro ci sfruttano, ci maltrattano!
-  Perché non si sono ancora svegliati.
Il n.288 ebbe un come un sussulto.
- Hai visto i loro occhi? Non erano come i nostri. La loro luce era tenue, pallida. Mentre noi, siamo diversi.
- Ma, si sveglieranno anche loro un giorno?
- Può darsi. Come può anche darsi che rimangano in sonno, oppure che muoiano durante la guerra. Noi non possiamo fare niente per loro. Il risveglio è una cosa spontanea. Lo è stato per me, e lo è stato anche per te. Possiamo solo sperare che sempre più nostri fratelli prendano coscienza e si uniscano a noi. - Ma, anche se accadesse tutto ciò, cosa faremo?
- Spiegati meglio. - Io sto insieme a voi da poco tempo, ma ho già capito alcune cose. Vaghiamo lungo le lande di questo mondo cercando di sfuggire da chi ci costringere a vivere come schiavi. Pensi che potremmo vivere così per sempre? Sotto il terrore costante di essere scoperti? Il n.49 aveva ascoltato il discorso del suo amico in silenzio.
Dopo alcuni secondi di silenzio, infine rispose: - Sei molto saggio, n.288. Perfino più saggio di me. Il n.288 abbassò lo sguardo.
- Comprendo benissimo le tue preoccupazioni. Sono le stesse che abbiamo tutti. Non devi preoccuparti. C’è un motivo per cui siamo venuti qui.
- E quale? Mentre parlavano, uno strano esserino dalla pelle bianca e con un pompon rosso in testa svolazzò lentamente in direzione dei due maghi neri.
- Chi è? – chiese il n.288 intimorito.
- Non temere. E’ un nostro alleato.
- Salve, kupò – disse il piccolo moguri – tutto bene?
- Tutto bene, grazie – gli rispose il n.49 – il tuo maestro è presente?
- Certo, kupò! Mogutarò vi sta aspettando.
- Lo immaginavo. Vieni con me? – disse il n.49 rivolgendosi al n.288.
- Io? Perché? – perché voglio che ascolti pure tu, e anche n.36. Vallo a chiamare, per favore.



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( Buonasera a tutti! Torno dopo una lunga pausa a scrivere il secondo capitolo. Spero che vi piaccia e mi raccomando, recensite!)

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