And still I rise

di Ruta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


still

Fuori dalle capanne della vergogna della storia
Io mi sollevo
In alto, da un passato che ha radici nel dolore
Io mi sollevo
Io sono un oceano nero, agitato ed ampio,
Sgorgando e crescendo io genero nella marea.

Lasciando dietro notti di terrore e paura
Io mi sollevo
In un nuovo giorno che è meravigliosamente limpido
Io mi sollevo
Portando i doni giunti dai miei antenati,
Io sono il sogno e la speranza dello schiavo.
Io mi sollevo
Io mi sollevo
Io mi sollevo.
Maya Angelou, Still I Rise – da  “And Still I Rise”

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Tutto è cambiato adesso.
Il tempo cambia ogni cosa. Cambia il tipo di persona che sei stato. Lo stesso fanno le persone che incontri e i sentimenti che quegli incontri fanno germogliare, creando rapporti di amicizia e stima e affetto che definiranno l’adulto che diventerai crescendo.
Rey si guarda attorno, per un attimo è disorientata.
Le grezze pareti del Millennium Falcon. Metallo freddo che nella penombra riluce come piombo fuso e assomiglia a lava vulcanica. Se socchiude gli occhi riesce quasi a vedere vecchie incisioni frastagliare la lamina ad intervalli regolari. Ricordi passati di una vecchia vita.  
Sì, tutto è cambiato adesso. Nulla lo è. E’ un macabro gioco di equilibri.
 

*
 

Rey. 
Se stai leggendo significa due cose. O che sei tornata o che io ho ascoltato i suggerimenti di un vecchio amico e ti ho seguita.
Per me è arrivato il momento di affrontare gli spettri del passato e i demoni che tormentano la mia coscienza. 
Ho deciso di spolverare quel poco che resta del mio onore e di combattere.
Per questo, ti ringrazio. A te devo questa scelta e da te deriva il coraggio che l’ha determinata.
Avevo perso me stesso nella paura di ciò che sarebbe potuto accadere se non fossi stato abbastanza saggio, abbastanza buono. Per anni ho vissuto in quella paura. Per anni non ho provato altro che pentimento e la vergogna di ciò che avevo fatto, di ciò che ero stato ad un passo dal diventare.
Avevo smarrito la strada perché ero accecato dalla gloria e da grandezze passate, dalla storia in cui gli altri avevano trasformato la mia intera vita. 
Un mito, una leggenda, un eroe. Come può un uomo sopravvivere al peso della fama, di ciò che un nome comporta? Per anni io non ho potuto.
Ho vissuto all’ombra di ciò che ci si aspettava da me, ciò che rappresentavo. L’illusione dell’impossibile che diventa reale e si concretizza e la meraviglia e il timore reverenziale che lo accompagnano. Non l’uomo, ma l’ultimo jedi, l’ultimo erede di una stirpe estinta.
Non commettere i miei errori, Rey. Sii te stessa, fedele ai tuoi principi. Fidati del tuo istinto e non lasciarti trasportare dal sentimento. Può essere un alleato prezioso, ma anche il tuo più grande nemico. I sentimenti sono come onde di una marea che, a lungo andare, ti travolgerebbe.
Vivi. Combatti. Ascolta. Traccia il cammino che vuoi per te stessa e non quello che altri vorrebbero per te. 
Sii fiera e libera e tenace e forte. Sii speranza e pace e luce e ristabilisci l’equilibrio che io ho contribuito a spezzare. Sii l’esempio che io ho smesso da anni di essere.
Questo è il fardello che ti lascio. Questa è la mia eredità.
Ascolta le parole di un vecchio stanco e se puoi, perdona gli errori dello sciocco che è stato.


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And still I rise.

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E’ tutto sbagliato
La storia, ciò che raccontano di lui… è tutto vero, aveva detto Han.
Ora Rey riesce a vedere l’enormità di quell’errore, può misurarne la portata. Deglutisce, sperando di cancellare il sapore amaro che le ha invaso la bocca, ma quello rimane, inalterato nonostante il suo blando tentativo di attenuarlo. 
Mentre stringe convulsamente la lettera che Luke ha lasciato per lei e che Chewie ha trovato nella piccola costruzione di pietra su Ahch-To che per anni è stata la casa-prigione di Luke Skywalker – dell’uomo, non della leggenda, non dello jedi – Rey solleva la testa. Con un piccolo sussulto che è lesta a nascondere, incrocia gli occhi straziati di Ben Solo nel viso segnato di Leia Organa. Ora che quel parallelismo è evidente, ignorare la somiglianza è pressoché impossibile.      
Non sa come iniziare. Sa solo che deve dire qualcosa, deve trovare parole adeguate al tumulto che le alberga in petto. Però non sa cosa dire, perciò dice il primo pensiero che le ha attraversato la mente. L’ologramma di una mappa stellare incompleta e un pilota ingrigito dal tempo, ma sprezzante dell’universo e dei suoi abitanti. “Han aveva ragione.”
“A che proposito?” domanda Leia e nel modo in cui ha formulato la domanda c’è la sagacia che l’ha resa ciò che è, che le ha permesso di preservare integro il suo spirito nonostante tutto quello che le si è abbattuto addosso nel corso di decenni.  
“Quello che dicono di lui. Le storie su di voi.” Rey ricorda. E’ tutto vero, Han aveva detto, ma allo stesso tempo sembrava voler dire che non lo fosse nemmeno un po’. “Han aveva ragione. E’ tutto sbagliato.”
“Non tutto. Non quello che conta.” Leia si sporge per afferrare la sua mano.  La sua presa è ferma e il gesto ha qualcosa di imperioso che rivela al contempo tracce di vulnerabilità. “Non importano i motivi che un tempo hanno spinto un ragazzo e un contrabbandiere ad allearsi per la missione di salvataggio di una principessa. La storia dimentica le motivazioni, ma non le azioni. L’impulsività e la fortuna diventano atti impavidi e il resto eroismo. Anni di solitudine, paura e rimorso scavano in profondità nell’animo di una persona. Così è stato per Luke. Così e stato per me e perfino per te. Guardo i tuoi occhi e rivedo la stessa voglia di avventure  che colmava Luke la prima volta che lo vidi. Lo ritrovo nel tuo sorriso, nel tuo senso del dovere, nella tua sete di giustizia.”
Avrei voluto conoscerlo per com’era da giovane, pensa Rey. Prima del disastro, prima che i fallimenti intaccassero la corazza della sua determinazione. Ma quel pensiero è ingiusto, non è forse vero? Lei l’ha conosciuto per com’era davvero. Scorbutico, stravagante, brutalmente franco, con tutti i pregi e difetti del caso. Rey chiude gli occhi e finalmente le due immagini di Luke non si sovrappongono od ostacolano a vicenda. Piuttosto si combinano tra loro, amalgamandosi alla perfezione. Un ossimoro, il bilanciamento di ciò che è luce e oscurità e di ciò che si trova a metà strada. 
“Come posso dimenticare?” domanda e odia quanto la sua voce suoni implorante.
“Non puoi,” Leia risponde, seria e composta, a dispetto dell’ovvia fatica e della tristezza che Rey riesce a percepire irradiarsi dalla sua figura ferita. “Quello che puoi fare è cercare di tenere a mente ogni giorno le promesse fatte a te stessa.”
“Credevo di fare la cosa giusta,” ammette in un bisbiglio spezzato. “Credevo di poterlo salvare. Invece mi sbagliavo.”
“Cos’è che non riesci a perdonare? L’errore o la delusione scaturita da quell’errore?”
“Entrambi. Sono stata così stupida. Mi sono lasciata ingannare.”
“Sì, Ben sa essere molto persuasivo quando vuole. Non mi riesce difficile ammettere che non sia qualcosa che ha ereditato da Han.” Leia le strizza un occhio e a Rey scappa una risata incredula, malgrado il nodo alla gola. 
Quando Leia inclina la testa su un lato e la scruta con un lungo sguardo indagatore, lei non si ritrae. Sente qualcosa di caldo sfiorare i bordi della sua coscienza. Rassicurante. Materno. “Perché sei così sconvolta?”
Rey sa di non poterle mentire, ma sa che l’unica alternativa è inaccettabile. Come può ammettere quello che prova?  
Perche per un istante, in quella sala, ho creduto di non essere sola nell’universo. Avevo trovato la metà che mi completava e la tristezza era un ricordo lontano.
Perché mi manca. Anche se so che è sbagliato. Mi manca il suono della sua voce, la linea dura della sua bocca che si addolciva mentre mi parlava. Voltarsi su un fianco, nel cuore della notte e ascoltare il lento, ritmico respiro di un’ombra accanto a sé e la meravigliosa sensazione di calore che quella scoperta serve ad accendere. Le mancano le loro conversazioni. Le mancano i loro litigi. Le mancano i giorni in cui non sapeva ancora come fosse avere il cuore spezzato.
Rey non piange, ma c’è una parte di lei che lo sta facendo. In silenzio, in segreto. Raggomitolata su se stessa nel ventre di un AT-AT, mentre il crepuscolo scolora in una limpida notte stallata e il calore del giorno abbraccia il freddo delle tenebre. Il vento mugghia e copre il suono dei suoi singhiozzi. Lacrime di impotenza, di fame, di abbandono.
Le mani di Leia le accarezzano le guance e c’è qualcosa di così naturale nel gesto, così giusto nonostante la stranezza e la sorpresa che scaturiscono da esso. E' la prima volta che qualcuno la consola, che qualcuno la tocca in quel modo. Non per ferire o manipolare o come una forma di pagamento.
Rey riapre gli occhi e nel riflesso degli occhi umidi del Generale non ritrova frammenti del tormento di Kylo Ren, ma il riverbero di un dolore antico quanto la vita stessa, più antico dell’universo. E' un dolore crudele e buono, qualcosa che è anche amore, profondo quanto i pozzi minerari e le cavità di Jakku, che procedono per centinaia di miglia e arrivano al cuore stesso del pianeta. 
“So di chiederti l’impossibile,” sta dicendo Leia e le sue carezze sono un modo per dire mi dispiace e cerca di capire, “ma se lo faccio è perché so che possiedi la capacità di sopportarlo.”
Ora le chiederà di un essere un anelito di speranza, l’emblema di tutto ciò che il Primo Ordine non è riuscito a guastare e per cui la Resistenza combatte, il baluardo che difenderà le ceneri da cui la Resistenza rinascerà…
“Non voglio i tuoi poteri,” lei la corregge con calma, come se le avesse letto la mente. “Voglio te, Rey. Ho bisogno di un alleato, qualcuno di cui possa fidarmi completamente e senza riserve. Tu, Poe Dameron, Finn, Rose Tico. Voi siete il futuro. Quello che ti chiedo è di aiutarmi a proteggerlo. Puoi farlo?”
Un futuro. Una parola astratta e priva di significato se non di angoscianti ritorsioni, un miraggio nel deserto. Non ha mai rappresentato molto per lei. Il futuro erano una trafila di giorni tutti uguali, trascorsi a guardare l’orizzonte in trepidante attesa. Un fiore da osservare, in attesa di essere colto con qualcuno, ma ora… ora può esserlo davvero. Qualcosa. 
Rey solleva il mento e l’aria di approvazione e orgoglio di Leia le scalda il cuore. “Posso e lo farò.”
E' già sulla porta, pronta ad uscire per tornare ad allenarsi, quando la voce di Leia la raggiunge.
“Su una cosa hai torto.” Ha una mano poggiata sul petto, in corrispondenza del cuore. Nella penombra della stanza appare molto vecchia. Il pallore che neppure il trucco sapiente riesce a mascherare e il tremore che le ha attraversato le dita poco prima, mentre le asciugava le guance. Schiacciata dal peso di troppe responsabilità, dal peso ancora maggiore dell’essere l’unica sopravvissuta. 
Ogni tempo ha la sua storia. Ogni storia ha il suo tempo. Quello di Leia Organa sembra avvicinarsi al suo capolinea. Il cipiglio spigliato con cui le parla la spinge a pensare che quando quel momento arriverà, lei andrà via combattendo. 
“Anche se hai fallito in quello che ti eri prefissa, non significa che tu abbia fallito su tutti i fronti. Non sei riuscita a salvare Ben Solo perché non puoi salvare chi non vuole essere salvato. Eppure mi hai restituito Luke e prima di lui hai riportato da me Han. Di questo ti sarò grata per sempre.”

 *

Le sue notti non le appartengono più. Sono momenti vuoti da riempire e ciò che li riempie sono sogni. Non sono bei sogni, neppure brutti.
Sognare è ricordare.
Una sala del trono. L’odore della morte ad impregnare l’aria. Una pioggia di scintille e fuoco. E lui, in cui sembra confluire tutto il caos. Lui, che sembra raccogliere luci e ombre. Lui. L’amarezza di Ben Solo che scompare nella dannazione di Kylo Ren.
Rey sente il dolore incendiarle ogni nervo del corpo, l’eco della tortura di Snoke.
Sulla scia di quel dolore, la voce di lui.
Ogni notte lei rivive quella scena, osservandola come spettatore esterno e al contempo rivivendola daccapo.
Ogni notte lei resiste alla tentazione di afferrare la mano che lui le porge, accettare la promessa che lui assicura.
Ogni notte lei rifiuta e la difficoltà del suo rifiuto si imprime più profondamente dentro di lei.
Ogni notte. Ogni notte.
E se solo… Comincia una notte il primo sussurro. Non è cattivo, tantomeno crudele. Suona vero e perciò è tanto più difficile fingere di non prestargli ascolto.
Se solo lui fosse diverso, il sussurro dice una notte.
Se solo io fossi diversa, finisce una seconda.
Se entrambi non fossimo chi siamo.
Ma chi sono io?
Chi sono io.
 

*

Nel silenzio che improvvisamente la circonda, Rey continua a spogliarsi. Si è appena tolta gli stivali. E' stanca, dopo una giornata estenuante in cui si è divisa tra una sessione di allenamento con Finn e una interminabile riunione militare. E' stanca come non è stata mai neppure su Jakku, dove oziare avrebbe significato morte certa. E' una stanchezza simile a una sensazione di sfinimento, allo stato di prostrazione procurato dalla disidratazione.  
Lui è alle sue spalle. La osserva dalla penombra e Rey sente la forza e la prestanza che si propagano da lui, come se volessero avvolgerla in un abbraccio violento. Sembra soddisfatto e rilassato e la sua energia, quando a lei sembra di esserne totalmente priva, rischia di stordirla come un profumo troppo pungente.   
“Avrei dovuto baciarti quel giorno.”
Non ha la forza di irrigidirsi. Fingendo noncuranza quando l’unico desiderio sarebbe quello di voltarsi per controllare l’onestà sul suo viso pallido e angolare, lei continua a srotolare le bende prima da un braccio e poi dall’altro. “Non te lo avrei permesso.”
Permettimi di dubitarne.”
Rey sbuffa.
Lui non sembra farci caso. “Mi guardavi come nessuno mi aveva mai guardato prima,” continua con voce trasognata, assorta nell’analisi dell’immagine che sta rievocando. “Come si guardano le stelle cadenti. Come qualcosa di impossibilmente bello, incredibilmente caro, il cui ricordo vorresti tenere per sempre con te, al sicuro nella tua memoria.”
Rey si morde il labbro inferiore. Vorrebbe urlare e piangere. Alla fine, non cede né alla rabbia né alla disperazione. Lascia cadere le bende sul letto con un gesto risoluto e si volta. “Lo sei stato, in quel momento. Quando mi hai permesso di vedere dietro la maschera che indossi.”
Lui fa un passo in avanti, ma qualcosa nella sua espressione lo trattiene dall’avvicinarsi oltre.  “Rey,” dice e non aggiunge altro.
E' la prima volta che la chiama per nome e lei si abbraccia istintivamente il petto, chiudendo gli occhi per trattenere l’improvviso calore che sente dietro le palpebre, che le preme contro le ciglia. “Sei il mio nemico. Noi siamo nemici. Cosa vuoi da me? Cosa puoi volere ancora?”
E' Kylo Ren ad allungare la mano e a poggiarla sul suo braccio nudo, ma è Ben Solo a risponderle, insicurezza e fragilità e il suo bisogno di essere riconosciuto, accettato, amato. “Te.”
“Mi chiedi l’unica cosa che non posso darti.”
“Ti chiedo l’unica cosa degna di valore in questa discarica.”
Perché è tutto così difficile?
“Mi odi?”
“Non ti odio,” lei risponde atona. “Sono delusa da te.” Per un istante ricorda la visione che ha avuto su Ahch-To, il senso di appartenenza che ha provato in quella dimensione onirica di qualcosa che non è accaduto e non accadrà mai, non nel modo in cui lei pensa perlomeno e si sente così sola che potrebbe morire per la nostalgia di tutti i se e i ma. “Non importa. Sopravviverò. Sono abituata alla solitudine.”
“Ti spaventa.”
“Non come prima. Ora è una mia scelta.”
Lo sente trattenere il respiro come se lo avesse colpito fisicamente e lei percepisce con precisione il dolore inferto da quel colpo come se lo avesse procurato a se stessa. Quando ricomincia a spogliarsi, lui è già scomparso e l’aria nella stanza sembra molto più fredda.

 *

“Entrambi abbiamo creduto reale qualcosa che non lo era,” lei dice dopo essersi svegliata una notte e averlo trovato intento a guardarla dormire. Si è districata dal garbuglio delle lenzuola, irritata contro di lui e soprattutto umiliata dal momento di debolezza che nel sonno glielo ha fatto cercare.     
"Bugiarda. Non puoi negare il nostro legame.” La rabbia di lui è come una tempesta di sabbia. Estemporanea e feroce, graffiante. Niente che lei non sappia maneggiare.
“Non lo nego.” Pensa al momento in cui i loro palmi si sono sfiorati attraverso i confini di tempo e spazio e poi a quello in cui lui ha preferito il potere a lei. “Lo rinnego.”

 
*

 Non ho mai amato nessuno come amo te. Ti amo ed è un supplizio senza fine. Ti amo e questo mi distrugge. Non lo vedi? Non lo senti? Mi sta uccidendo.

 
*

Sul campo di battaglia si fronteggiano senza esclusione di colpi. La loro è una danza mortale e seducente. Gravitano attorno come satelliti appartenenti ad orbite differenti, destinati a vivere vicini, ma separati. Ogni battaglia è contrassegnata da una nuova cicatrice ed entrambi le indossano con fierezza e dignità. Entrambi mostrano i marchi che si procurano l’un l’altra, come amanti clandestini separati da un fato avverso conserverebbero le rispettive lettere d’amore. 

 
*

Rey è circondata da un chiassoso e policromatico raggruppamento di piloti, strateghi e meccanici della Resistenza. E' seduta su una panca, stretta tra Poe Dameron e una ragazza con capelli color sole attorcigliati in due trecce rotonde ai lati della testa che ricordano dei paraorecchie. Poe sta cercando di convincerla a partecipare a una gara di bevute mentre di fronte a lei Finn sta deliziando Rose con la storia del loro primo incontro su Jakku. Rey traduce a beneficio collettivo le continue intromissioni di BB8 che servono a disfare la versione assai più romanzata di Finn. Alla quarta interruzione, Finn la batte sul tempo, rivolgendosi a BB8 con una espressione così oltraggiata che Rey si ritrova a ridere.
La risata le muore in gola nel momento in cui la vertigine e il ronzio alle orecchie spodestano il rumore fragoroso dell’allegria e delle voci roboanti attorno a lei.      
Lui la osserva da un angolo. Indossa il mantello e ha fiocchi di neve tra i capelli arricciati dall’umidità. I suoi occhi riassumono la scena davanti a lui e poi si fissano su di lei, duri e freddi e malinconici. “Non sei più sola.”
No, non lo sono, lei vorrebbe dire. Non grazie a te.
La connessione muore prima che lei abbia il tempo di ripetere ad alta voce quello che ha pensato. 


*

Se lo uccido, Rey si ritrova a pensare con fredda lucidità durante una seduta di meditazione. Se anche riuscissi a distruggere l’oscurità che vive in lui, ci sarebbe pace nella galassia, ma per quanto? Una generazione di pace per dieci di guerra. Un giorno di pace vale mille giorni di guerra?
Una voce dentro di lei, così simile a quella di Luke, risponde: mille giorni di guerra valgono un singolo giorno di pace.

 

*

“Ho sentito molte storie su quel posto.” Mentre la aiuta a caricare le provviste sul Falcon, Finn le lancia occhiate oblique che Rey trova più difficile ignorare ad ogni secondo che passa.    
“Le ho sentite anch’io,” dice, sbrigativa.
“Perché vuoi andarci allora?” Finn ha aggrottato le sopracciglia e l’ansia che lo circonda è percepibile e così rumorosa che Rey non può fare a meno di lasciar cadere il borsone e abbracciarlo.   
“Perché voglio risposte.”
La stretta di Finn le fa capire che finalmente ha trovato la famiglia che cercava, qualcuno da cui tornare.

 
*

Laddove Ahch-To era acqua e cielo e uno sputo di terra rocciosa, Dagobah è foreste sterminate e acquitrini e un fiume d’erba galleggiante. 
Con il sudore che le permea la fronte, Rey avanza nel fango che le arriva alle ginocchia, perlustrando per la centesima volta una sezione che è già sicura di aver controllato giorni addietro. Dopo la prima settimana, ha smesso di affidarsi alla mappa. Si muove istintivamente, riconoscendo nei rami rotti degli arbusti tracce del suo passaggio sul piccolo idroscivolante che ha costruito non appena ha messo piede sul pianeta.
Cercare non è mai stato il problema. E' il tedio dell’attesa la parte difficile, l’inattività forzata.
Rey supera un grosso albero da cui pendono liane e felci rampicanti. Inciampa in una radice sommersa, cadendo all’indietro sulla schiena ed è allora che lo percepisce. Un disturbo nella Forza. La canopia ondeggia sopra la sua testa anche se non soffia un alito di vento e l’aria sfrigola di elettricità statica. Poi, dal punto più estremo del suo campo visivo, come se fosse sempre stato lì, ma avesse deciso di rendere palese la sua presenza solo nel peggior momento possibile, una risata gorgogliante annuncia la rivelazione di una piccola figura ingobbita. La sua pelle ricorda il muschio che cresce sulle cortecce degli alberi e la saggezza nei suoi occhi antichi è il primo bagliore di luce in un mondo che non ne conosce nessuna.   
Dopo un attimo di stasi, Rey poggia un pugno chiuso contro il palmo della mano e piega il collo in segno di deferenza. “Maestro Yoda. Mi chiamo Rey-”
“So chi sei,” lui la interrompe con voce arrochita dal disuso. “Perché sei qui, intuirlo io posso. Scacciare le tentazioni tu vuoi, il richiamo al lato oscuro.”
Troppo sorpresa, lei non può fare altro che annuire. “Sì.”
“Tu cerchi risposte. Altro desiderare voi non sapete. La prima non sei che il mio consiglio per lo stesso motivo ha cercato.”
“Luke?”
Yoda sospira, scuotendo la testa con un movimento di scontentezza. “Non fu Luke Skywalker che qui venne. Ben Solo. Quando l’oscurità il cuore ancora non gli aveva ghermito.”
Ben? Ma non può essere vero. A meno che – L’intuizione le fa sgranare gli occhi e un’emozione famelica  e affannata le chiude la bocca dello stomaco. “Ben cercò di allontanarsi da quell’oscurità.”
“Quello che Skywalker vide sbagliato era. I sussurri nell’orecchio molto addietro cominciati già erano. A ignorarli imparando lui stava.”
“Quando?” lei domanda in fretta. Troppo in fretta, la rimprovera bonariamente lo sguardo di Yoda.  
C’è un velo di tristezza quando le risponde. “Appena un bambino lui era.”
“Un bambino,” lei ripete e dal nulla emergono immagini che non le appartengono, episodi avvenuti di un’infanzia che non è stata la sua. L’imprudenza di un padre che lancia in aria un bambino dai capelli scuri per farlo volare e il dolore dirompente quando lui non riesce a prenderlo in tempo e lo lascia cadere. La dolcezza di una madre che rimbocca le coperte al figlio e sorda alle sue proteste, spegne la luce, non sapendo che il mostro sotto al letto esiste davvero, è un serpente che striscia ogni notte e si accoccola ai piedi del materasso sibilando menzogne e cattiverie. Alla fine di quel lungo tunnel c’è la più brutta e terribile di tutte. C’è la figura prona di un ragazzo che dorme e un uomo che torreggia sopra di lui, gli occhi che scintillano gialli e minacciosi nella penombra della tenda. Il serpente gli sussurra all’orecchio le stesse menzogne che ha sussurrato al ragazzo da quando era un bambino e l’uomo gli crede e cede. 
Rey si risveglia come se si ridestasse da un lungo sonno. Quando parla, sente sulle labbra il sapore salato delle proprie lacrime. “Perché nessuno ha fatto niente?” E intanto pensa: Era soltanto un bambino, solo e spaventato dal buio.  

“Vegliare come avremmo dovuto noi non abbiamo.”
“Perché mi hai mostrato tutto questo?” Prova rabbia e tristezza e sopra ogni cosa compassione.  
“Il conflitto in te vedo e capirlo posso.”
“So che quello che provo è sbagliato,” lei dice. Non sembra sbagliato quando è notte, lei è sola e la vita frenetica della Base rimane fuori dal confine sicuro dello spazio che le hanno assegnato. Non lo sembra quando nel sonno lo cerca, o quando lui la tocca e il dolore del tradimento è mitigato da un piacere assoluto che cancella qualsiasi altra emozione. Rey sente che potrebbe piangere, come succede ogni volta che pensa alla trappola che è Ben Solo. “Lo so, ma non posso farne a meno.”
“Sentire sbagliato non è. In subbuglio il tuo cuore è.” Yoda agita la punta del bastone verso di lei e socchiude gli occhi. Rey ha la sensazione di essere trapassata da parte a parte. “Vedo compassione e rabbia e tradimento e amore. Attratta tu sei, ma non dal potere. La strada che hai intrapreso la più difficile è. Altri prima di te fallito hanno. Anakin Skywalker uno di essi fu.”
Il nome non le è nuovo, eppure è un altro che lei, come milioni nella galassia, è abituata a sentire. Insieme allo sgomento e all’orrore e al terrore che lo accompagnano. “Il padre di Leia e Luke?”
“La Forza in modi misteriosi opera, ma le sue vie, per quanto nascoste, tutti a raggiungere riescono. Tutti e al contempo nessuno. Lui proprio come te era. Iniziato alla Forza troppo tardi. Ma questa storia da raccontare non è mia.”
Yoda si è seduto su un sasso e Rey lo osserva prima di seguire il suo esempio e sedersi a propria volta su un tronco caduto. Si porta le gambe al petto, abbracciandosi le ginocchia.
“Ancora una domanda tu hai,” Yoda indovina e il suo sorriso serafico ha qualcosa che le riporta alla mente Luke. 
Rey si fissa le mani. Non si è mai sentita così impotente o confusa. Ci sono così tante persone che dipendono da lei… è così che si sente Leia? Come può affidarsi ai propri istinti, al proprio giudizio? “Come posso credere che quello che faccio sia giusto se non capisco?”  
Yoda annuisce con un vago mormorio di assenso. “Per credere tu capire vuoi. Così non è. Per capire tu credere devi. Non il contrario. Temere di seguire le orme di Ben Solo tu non devi. La forza senza la saggezza sotto il suo stesso peso crolla e già più saggezza tu hai di molti maestri jedi che preceduto ti hanno.” 

*

 
Chi sei tu? Traccia il tuo cammino e scegli il tuo destino.
Chi sono io.

*

La mattina successiva, per la prima volta dopo mesi, Rey si sveglia e tastandosi le palpebre le trova asciutte.
Io sono Rey. Combatto per la Resistenza. Sarò la persona che sceglierò di essere d’ora in avanti, giorno dopo giorno.

 

 

 

 


N/a:

"La forza senza la saggezza crolla sotto il suo stesso peso" è una locuzione latina di Orazio.

"Credo, per capire" e “Capisco, per credere” è un’espressione latina introdotta da Sant’Agostino.
 

Primissimo e molto acerbo tentativo nel fandom. Scritta il 27 dicembre e pubblicata su Ao3. Finalmente ho deciso di ripescare la versione in italiano e di pubblicarla anche qui.

Un abbraccio caloroso a tutti i fan di questi due. Giuro che sono la mia nuova coppia preferita in SW (non quanto Mara Jade e Luke Skywalker e Jyn Erso e Cassian Andor, ma ci si avvicinano).

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Capitolo 2
*** II ***


ii

Quella di Leia è la prima faccia che vede dopo aver fatto atterrare il Falcon

L’hangar è gremito di piloti e di meccanici al lavoro che a rigor di logica dovrebbero rendere difficile la sua individuazione nella ressa, ma il valore di una persona si misura in qualcosa di infinitamente più importante della fisicità. Principessa di un pianeta distrutto, senatrice di una Repubblica annientata e più volte ricostruita dal nulla, combattente ribelle e generale, Leia Organa ne è la riprova.

Nonostante la piccola statura, il suo portamento contegnoso è il ritratto della dignità e di una nobiltà d’animo che ben si distingue dalla fortunata coincidenza di avere i natali giusti. I suoi occhi sono luminosi come accade soltanto nelle occasioni in cui è veramente felice e custodiscono al loro interno un sorriso segreto che Rey, dopo più di tre anni, ha imparato a riconoscere.

Senza accorgersene, accelera il passo e in breve si ritrova circondata dal calore del suo abbraccio e dalla dolcezza del profumo di fiori che sempre l’accompagna.

“Bentornata a casa,” Leia le sussurra all’orecchio.

Ad occhi chiusi, Rey riesce quasi a dimenticare la delusione cocente del suo ennesimo fallimento. 

-

*

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Leia non la spinge a parlare e non fa domande. Si limita a spingere verso di lei un piatto di dolci alle spezie e ad ascoltare con pazienza la sua frustrazione per il buco nell’acqua che la sua visita su Xay si è rivelata.

Rey descrive con dovizia di particolari le alte montagne boscose che ha dovuto scalare per arrivare al primo Tempio Jedi, il freddo pungente della bufera di neve che l’ha colta di sorpresa il quarto giorno.

Tace su quello che ha trovato una volta arrivata in cima, ma Leia ha occhi per vedere e una perspicacia che l’aiuta a riempire le lacune di quel racconto vaporoso. Osserva il peso che Rey ha perso, il suo pallore e l’espressione perseguitata che è scolpita nei suoi tratti scavati dalla fatica.

Sa cos’è che Rey sta cercando con tanto accanimento. E’ la stessa tenacia e testardaggine che un tempo l’hanno ancorata su Jakku nell’attesa di una famiglia che non sarebbe mai ritornata, quella che ora la spinge a cercare un modo per riportare Ben Solo alla Luce. 

Xay non è che l’ultima tappa di numerosi e altrettanto infruttuosi tentativi. Dagobah, Yavin IV, Stewjon, Malachor, Ilum.  

Oh, Ben, pensa, non per la prima volta e prova un sentimento che ha smesso da tempo di essere rabbia per trasformarsi in qualcosa di più gentile e indefinitamente triste.

-

*

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“Perché sei ancora qui?” 

Se la voce di Rey è provata, quella di Kylo gronda genuina noia. “Potrei rivolgere a te la stessa domanda.”

Tipico di lui, pensa lei con irritazione. E’ tipico di lui attribuire a lei la colpa di quell’attaccamento che niente riesce ad intaccare. Rey lascia cadere il suo bastone a terra e ricaccia indietro con un movimento stizzito le ciocche di capelli che nella foga dell’allenamento si sono incollati alla sua fronte sudata. 

“Stai dando la colpa a me? Incredibile.”

Kylo si china a raccogliere il bastone. Anche lui indossa la tenuta d’allenamento. Rey incrocia le braccia sul petto e concentra la sua attenzione sullo scorcio esterno che le ampie finestre mostrano. Una foresta tropicale. Una pioggia torrenziale. Tutto pur di scacciare via l’illusione che l’immagine di lui, vestito in quel modo e con il suo bastone tra le mani, serve a creare. In un mondo diverso, lui potrebbe trovarsi lì con lei realmente e non come mero frammento di un legame che li vincola forzatamente l’una all’altro.

Lui le porge il bastone e Rey si protende per afferrarlo. E’ trascorso più di un anno e mezzo dalla battaglia di Crait e più di sei mesi da quando lei e Kylo si sono accorti di poter interagire con gli oggetti che li circondano durante le loro visioni.

“Tu vuoi che io sia qui.”

“Io non voglio che tu sia qui!” lei ribatte, ma si pente subito dell’irruenza della sua risposta. Kylo ha chinato la testa e lei artiglia più forte il bastone. Vorrebbe toccarlo. Vorrebbe confortarlo. Vorrebbe - 

Lui rialza la testa e incrocia fermamente il suo sguardo.

“Lo vuoi,” ripete e c’è un sentimento che lei non riesce ad afferrare nel profondo dei suoi occhi cupi. Un sentimento che è feroce e determinato e facinoroso e che ha la capacità di bloccarle il respiro in gola. “Lo vuoi tanto quanto lo voglio io.”

Rey vorrebbe odiarlo, ma come si può odiare qualcuno solo perché ha detto la verità, per quanto scomoda e complicata essa possa essere?

-

*   

-

“Snoke è morto.”

Nella caverna in cui ha trovato riparo sul pianeta ghiacciato di Ilum, Rey si rigira nell’abbraccio solido e ingannevole di Kylo Ren. Volente o nolente, lui le sta salvando la vita dalla prospettiva poco piacevole di una morte per assideramento.

Quando lui le sfiora la mandibola con il naso, lei vorrebbe ritrarsi. Non lo fa. La scusa del calore irradiato dal corpo di lui è sufficientemente credibile. 

“Lo so,” lo sente dire e lei può cogliere il sarcasmo ancora prima che lui concluda la frase. “Credo che avesse a che fare con la spada laser che lo ha tranciato di netto.”

Rey si ritrova a lottare contro il sorriso assurdo che preme insistentemente gli angoli della sua bocca verso l’alto. Si morde il labbro inferiore e tace.

Kylo si accoda a lei in quel silenzio stranamente calmante. Fuori la bufera infuria e i fasci di luci emessi dai cristalli proiettano l’ombra del suo corpo contro la parete di fronte a lei, affiancandolo alle antiche incisioni scolpite nella roccia.

Pochi minuti dopo è lui a parlare nuovamente. “Cosa stavi cercando di dire?”

Forse è la stanchezza ad avere la meglio o forse è lo stato di torpore in cui si trova. O forse è il fatto che in questa dimensione di neve dove la guerra è una realtà remota, tutte le controversie che li separano da insormontabili sembrano diventare improvvisamente insensate. O forse è la sensazione del suo corpo premuto contro il suo a stordirla. Il braccio che le cinge il fianco destro e la mano che lui le ha poggiato sullo stomaco. Il respiro che le formicola dietro la nuca. Il modo in cui ha sentito il petto di lui vibrare quando parlava. Forse è semplice debolezza, una dimostrazione di irrisolutezza da parte sua. 

“Se è stato Snoke a creare il legame tra di noi –” esordisce. 

Lui non la lascia finire. “Non è stato Snoke,” la interrompe bruscamente. Poi, con maggiore dolcezza, i pensieri di lui si fanno largo nella sua mente priva di barriere, travolgendola. Ci siamo richiamati a vicenda. Ancora prima di capire cosa fosse rimasto di noi, sapevamo cosa volevamo, cosa abbiamo sempre voluto. Il solito, vecchio desiderio.

Insieme, ad alta voce, braccia e gambe avvinghiate tra loro come tentacoli di una creatura marina, entrambi concludono turbati e completamente sinceri: “Non essere soli.”

-

*

-

“Tu non tornerai mai al lato chiaro della Forza.”

“E tu non passerai mai al lato oscuro.”

Ammetterlo, finalmente, non diminuisce l’ondata di disperazione e angoscia che quella semplice verità provoca.

Si trovano nella costruzione fatiscente che più di trent’anni prima è stato il Tempio Jedi e teatro del massacro passato alla storia con il nome di “Grande Purga”. Rey ha respirato nella polvere accumulata nei saloni l’orrore che tuttora sembra permeare l’intera struttura abbandonata. Ora è su un terrazzino che affaccia sulla grande città-pianeta che è Coruscant. Osserva in alto e quando le dita di Kylo si intrecciano alle sue sopra al parapetto, Rey lo lascia fare. Anche se fa male. Anche se in futuro tutto questo diventerà un problema, più di quanto non lo sia già. 

“Uno di noi finirà per uccidere l’altro.” 

Lo sente sussultare, ma non si volta ad osservare l’espressione angustiata che deve avere. Lo conosce così bene.

Non voglio piangere sulla tua tomba, pensa.   

Nemmeno io, Rey.

-

*

-

Yost è l’ennesima vecchia base della Ribellione su cui hanno trovato rifugio. 

Quando il Primo Ordine li trova, mentre Leia supervisiona l’evacuazione insieme a Rose e Poe e Finn affiancano le nuove reclute per lo scontro armato, Rey lascia il comando del Falcon a Chewbe e, sorda a ogni opposizione, esce ad affrontare il Leader Supremo.

Sull’holocron che lui le ha inviato tramite un’unità droide BB-9, mentre le chiedeva di affrontarlo, Kylo era a volto scoperto. Leia le ha poggiato una mano sulla spalla durante l’intera trasmissione del messaggio e con una fitta al cuore, Rey si è resa conto che probabilmente quella è stata la prima volta che Leia ha rivisto il volto di suo figlio dopo anni. La cicatrice che è stata lei a procurargli e che lo sfigura. 

Ora sono uno di fronte all’altra, attorno a loro le milizie del Primo Ordine affrontano le truppe della Resistenza e c’è un caos di colpi di blaster ed esplosioni. Due squadroni di caccia sfrecciano sopra le loro teste, sparando sui nemici sottostanti e innalzando una nube di terriccio.

E’ Kylo ad affondare il primo colpo, come sempre. Rey lo para, respingendolo facilmente. Quando si ritrovano con le spade laser incrociate all’altezza del volto, lei prova un dejà vu. La loro prima battaglia.

Kylo digrigna i denti, ma l’allenamento ha dato i suoi frutti e lei riesce a rispondere alla furia di lui con uguale furia e ad ogni colpo con pari efficacia.

“Lascia la Resistenza!” 

Sopra il boato della battaglia che impervia, delle detonazioni e del vento, per un attimo l’urlo di lui sembra sovrastare ogni altro rumore. E ancora più forte, il pensiero amareggiato che la raggiunge, prepotente come è lui e allo stesso tempo supplichevole, nell’ossimoro che Kylo Ren rappresenta ai suoi occhi. Ti prego.

Il ricordo dei grattacieli di Coruscant, così alti e magnifici da nascondere e offuscare la brillantezza delle stelle con la loro luce artificiale.

Nemmeno io, Rey

Nell’eco di quel ricordo, l’affanno smanioso e l’inquietudine sul volto di lui assumono un contorno appuntito, sofferente che lei condivide. Le sembra di respirare la sabbia del deserto, che le graffia ogni centimetro di pelle e si infila nel naso e nei polmoni, accecandola.

Rey sbatte la palpebre, riprendendo il controllo del proprio corpo. “Non posso,” sussurra con voce soffocata e il grido di rabbia e sconforto che lui emette la fa incespicare. Sono la mia famiglia, l’unica che ho mai avuto. 

Accade tutto velocemente. Un attimo prima sta fissando il volto di lui, trasfigurato dal rancore dell’ennesimo rifiuto, un attimo dopo lei è piegata su un ginocchio, la spada laser nella mano destra, mentre con la sinistra sfiora incredula la ferita che lui le ha appena inferto sul fianco.

“Avrei potuto esserlo io.” La tua famiglia. Hai preferito loro a me. Loro, dei perfetti estranei. 

Kylo emette un suono gutturale che le spezza il cuore e Rey non riesce a capire se sia per quello che lei ha detto o per il fatto che lei sia in ginocchio, mentre si mantiene una ferita che è stato lui a procurarle.

“Avresti potuto esserlo, ma a quale prezzo?” 

Intanto, pensa: Non mi hai dato scelta. Sai cosa provo, ma non posso perdere me stessa. Sarà mai abbastanza? Non finirà mai questo supplizio?

-

*

-

All’ennesima battaglia, questa volta su Berzite, per la prima volta è lei a cercare lo scontro. Si fronteggiano come non hanno mai fatto prima. Ognuno dei due è conscio di quello che sta per succedere, del proprio compito.

E’ la mia o la tua fine, questa volta.

Ogni colpo è brutale, preciso e devastante. Con una serie di movimenti mirati, Rey riesce a disarmarlo. Kylo Ren è ai suoi piedi e lei lo sovrasta, entrambe le spade laser nelle sue mani e incrociate in modo da tenerlo fermo sotto la giugulare. Il minimo movimento. Basterebbe la più lieve pressione e tutto sarebbe finito. Di Kylo Ren non rimarrebbe che il nome e di Ben Solo i rimpianti di una madre.

Kylo la guarda senza traccia di risentimento o avversione e tutta la calma padronanza che lei ha sfoggiato durante il combattimento si disintegra sotto un’ondata incommensurabile di emozioni contrastanti. 

Rey lascia cadere la spada laser di lui e scappa via, perdendosi nel tumulto del conflitto ancora in atto.

-

*

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“Lo fai ogni volta. Cominciano a notare.”

E a parlare, è il pensiero a cui Finn non dà voce.

Rey continua a infilare oggetti alla rinfusa nello zaino. “Che parlino.”

“Rey.”

Lei fa un respiro profondo. Sa a cosa Finn si riferisce ed è il motivo per cui ha deciso di partire. Dopo Yost e Berzite ha avuto modo di affrontare Kylo in uno scontro frontale altre due volte e anche nell’ultima occasione avrebbe potuto avere la meglio, se solo avesse voluto. 

“Ho bisogno di spazio. Non sono abbastanza forte.” Forse non lo sarò mai.

Finn aggrotta le sopracciglia, chiaramente confuso e preoccupato.  “Abbastanza forte per cosa?”

Lei esita. C’è un improvvisa trazione nelle sue spalle che spera che Finn non noti. “Per ucciderlo.” Per lasciarlo andare.

-

*

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A differenza del Maestro Yoda, Luke non la fa attendere un’intera settimana. La prima sera che lei trascorre a fissare l’albero bruciato che un tempo ha contenuto i testi più antichi e preziosi dei jedi, lui compare al suo fianco. Sembra più giovane e in pace e ha un sorriso beffardo che sembra rubato a Han Solo.

Se fosse di umore diverso, Rey sorriderebbe, invece fa una smorfia, stringe più forte i pugni e li preme contro la fronte. “Non posso andare avanti così. Non posso più farlo. Stavo per ucciderlo.”

“Ma non l’hai fatto. Cosa ti ha bloccato?”

“Deve esserci un altro modo. Un modo per mettere fine alla guerra senza ucciderlo.” Dentro di lei, continua a ripeterlo ininterrottamente. Deve. Deve. Deve. 

“Quello che mi hai detto,” lei prosegue. “Sulla luce e l’oscurità che occupano il loro posto nell’universo, che si completano…”

Luke non parla, la sua figura sembra farsi più trasparente ad ogni secondo che passa, ma i suoi occhi. Oh, i suoi occhi.

Rey sente che potrebbe crollare da un momento all’altro. “Deve esserci un modo.” 

-

*

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Un dolore lacerante la colpisce alle spalle, così assoluto che un velo di tenebra le cala sugli occhi. L’ultima cosa che vede è il terrore negli occhi sbarrati di Ben Solo, il volto cinereo di chi vede avverarsi il suo peggior incubo. Quando cade all’indietro, non incontra il freddo e duro suolo, ma le braccia solide di lui a sorreggerla.

-

*

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Il disertore non lo guarda con odio. Sembra disorientato. I suoi occhi dardeggiavano dalla figura prona e ferita di Rey, rannicchiata tra le sue braccia e così pallida da far temere il peggio, al suo volto stravolto e deformato dalla paura.

Una ragazza dai lucidi capelli scuri che indossa una tuta gialla si fa avanti, dando una gomitata all’altro per farlo uscire dal suo apparente stato di trance. Entrambi gli fanno spazio.

Kylo li segue all’interno del mercantile che hanno recuperato e poggia Rey sulla brandina. Le scosta i capelli dal collo delicatamente e poggia due dita sulla vena per controllare le pulsazioni.

Il sollievo nel trovarle, seppur deboli e infrequenti, è così potente da stordirlo.

Si permette un’ultima carezza al suo viso pallido prima di alzarsi, raddrizzando il busto e scrollandosi di dosso con quel gesto lo smarrimento che ancora prova. 

“Portatela via,” ordina in tono categorico e mentre si dirige verso l’uscita, sente entrambi seguirlo.

“Tu non vieni?” E’ stata la ragazza a chiederlo e Kylo sbatte le palpebre, stupito dall’assurdità di quella richiesta.

Ma poi l’immagine del corpo arcuato di Rey, il modo meravigliato in cui lei ha allargato gli occhi, la smorfia che le ha deturpato la bocca, tutto gli ritorna in mente con la violenza di un pugno e per un penoso, fastidioso momento la tentazione di rimanere a bordo - con lei - sembra un’opzione del tutto ragionevole e degna di essere presa in considerazione. Si riscuote con un sospiro e ogni traccia di energia sembra sparire con la velocità con cui il colore è scomparso dalle guance di Rey dopo che il colpo del blaster l’aveva centrata in pieno petto.

“Non posso.” Odia come la sua voce suoni strozzata. Odia ancora di più l’umanità negli occhi neri della ragazza, la sua espressione di simpatia e comprensione.

“Questa guerra finirà per uccidere sia te che lei,” lei dice, più saggia e vecchia di quanto appaia. “Capisci cosa intendo?”

Kylo non risponde, ma qualcosa dentro di lui si irrigidisce e qualcos’altro sembra incrinarsi irrimediabilmente. Volta le spalle con rinnovata risoluzione e il mantello si muove con lui, nascondendo alla vista i suoi pugni serrati mentre scende la piattaforma.

“La ferita di Rey…”

Kylo si volta e osserva da sopra la spalla FN-2187 e la ragazza. Finn. Rose, lo corregge gentilmente Rey.

“Cosa?” lui domanda aspramente.

Finn affronta apertamente il suo tono accusatorio, senza ritrarsi e senza il minimo barlume di timore. “Non è una ferita procurata da spada laser. E’ una ferita da blaster.”

“Chi gliel’ha procurata è già morto.”

Finn annuisce, impassibile. “Bene.”

Suo malgrado, Kylo sorride. “Bene,” ripete.

-

*

-

Rey riapre gli occhi, ma è costretta a richiuderli quasi subito. La luce è abbagliante e ci mette qualche istante ad abituarsi. Si trova distesa in un letto, in una stanza interamente bianca. Quando cerca di mettersi a sedere il dolore al petto è inaspettato e le impedisce di respirare. Un droide medico appare al suo fianco e le inietta qualcosa nel braccio.

La seconda volta che si sveglia, lui è lì.

E’ seduto sull’unica sedia presente. Per un attimo pensa che stia dormendo, ma poi, la tensione nella schiena e i minuscoli, impercettibili sussulti delle spalle le fanno capire quanto si sia sbagliata. E’ più forte di lei. Un istinto impossibile da sopprimere, un bisogno che è impossibile mettere a tacere. Allunga la mano per accarezzargli i capelli e lo sente trattenere il fiato. Lui non solleva subito la testa. Rey lo sente respirare rumorosamente, come se dovesse riprendere fiato dopo una lunga corsa. Sempre nascondendole il volto, lui prende la mano che lei aveva ancora tra i suoi capelli e se la porta alle labbra. Rey può sentire qualcosa di umido contro i polpastrelli quando lui glieli bacia uno ad uno.

“Non ti avevo mai visto piangere.”

Finalmente lui incrocia il suo sguardo, tutto arroganza e spavalderia nonostante i cerchi scuri intorno agli occhi arrossati e l’accenno di peluria sulle guance e sul mento. E’ più Ben Solo di quanto non sia mai stato. “C’è una prima volta per tutto.”

“Anche per morire,” Rey cerca di scherzare. “Solo che una volta provato, si preferisce non ripetere l’esperienza.”

Lui si incupisce istantaneamente e i suoi occhi scuri indugiano sulla fasciatura che le hanno bendato attorno al torace prima di soffermarsi sul suo viso con severità. “Non è divertente.”

Rey sospira. “No,” ammette, “non lo è.”

“Poteva ucciderti,” lui rincara, la voce che si è alzata di un’ottava e la bocca improvvisamente serrata in una linea insofferente e guardinga. “Saresti potuta morire.”

“Se non fosse stato per te.” Rey si allunga in avanti e nonostante il dolore che il movimento brusco comporta, cerca di riprendergli la mano. Lui la asseconda con fin troppa sollecitudine. “Tu mi hai salvato.”

Deve esserci qualcosa di strano sul suo viso, perché ora lui la sta fissando come non ha mai fatto prima. Come qualcosa di impossibilmente bello, incredibilmente caro, il cui ricordo vorresti tenere per sempre con te, al sicuro nella tua memoria.

Lui si porta la mano di lei davanti al viso e se la poggia contro la guancia. “Lo farò sempre.”

La luce le danza davanti agli occhi, splendente e abbacinante. Poi qualcuno si impadronisce della sua voce per sussurrare raucamente attraverso il suo corpo: “No, non sempre. Verrà il giorno in cui sarà la tua lama a trafiggermi il cuore.”

L’immagine profetica che accompagna la sua affermazione ha per sfondo le dune di un deserto insanguinato. Due figure avviluppate in un abbraccio senza tempo sullo sfondo di due soli al calar del crepuscolo. Non le dispiacerebbe una morte del genere. Se devo morire, l’ultimo viso che voglio vedere è il tuo.  

Quando riprende controllo di sé, si sente completamente svuotata. L’espressione di repulsione e sgomento nel viso di Ben la sconvolge, ma non quanto le parole di lui, scoordinate e scosse. “Non posso perderti di nuovo.”

La dolorosa contraddizione dell’intera situazione le frana addosso in quel momento. La presenza di lui, così cara eppure così amara. Così vicino, eppure mai davvero con lei, mai suo. Averlo senza averlo davvero. Una situazione che non ha vie d’uscita, che non offre altro che una dannazione perpetua e infelicità.

“Oh, Ben.” Rey districa la mano dalla presa coriacea di lui. Le sembra di avere un cristallo kyber al posto del cuore. Il freddo che ha provato su Ilum nella Grotte dei Cristalli è niente rispetto al gelo che prova ora, rifiutando di toccarlo. “Non puoi perdere qualcosa che non hai mai avuto.”

Lui si ritrae di scatto e la affronta con acredine. “E di chi è la colpa?”

“Mia. Tua. Ha davvero importanza?” 

La stanchezza la rende scontrosa e brusca. Per una volta non le interessa. Evita di guardarlo e reclina la testa all’indietro, chiudendo gli occhi come se la vista di lui le fosse diventata insopportabile. 

“Entrambi abbiamo scelto di combattere su fronti avversi di una guerra che non è nostra. Io più di tutti. Sono stanca di combattere. La solitudine. La verità sui miei genitori. Unkar Plutt. Il Primo Ordine. Te. Sono così stanca. Lasciami riposare. Domani combatterò di nuovo, ma adesso lasciami stare.”

“Rey…”

Lei non riapre gli occhi.

“Come desideri.”

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*

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“L’hanno dimessa troppo presto.”

Rose segue con occhi preoccupati Rey, mangiucchiandosi l’unghia dell’indice per il nervosismo. Rey che si aggira per la base come lo spettro di se stessa, che risponde a monosillabi a chiunque le rivolga la parola, che non scherza più con i piloti, non risponde più a tono ai flirt spudorati di Poe, non si lascia più seguire dappertutto da BB-8, non sgrida più i meccanici. Rey che sembra a malapena consapevole di quello che fa.

“Cos’ha che non va?” Rose insiste.

Finn non rialza la testa. Continua a pulire i compressori dello speeder su cui sta lavorando. “Ha cominciato a capire.”

“Capire cosa?”

“Che dovrà ucciderlo.” La pace, pensa con lungimiranza, ha il suo prezzo.  

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