Miti e leggende della Scuola Superiore Agorà

di _Lakshmi_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Idealtipi da Pullman ***
Capitolo 2: *** I bagni (Maschi) ***
Capitolo 3: *** Pigmalione ***
Capitolo 4: *** Idealtipi di Professori ***
Capitolo 5: *** Aptera e Icaro ***
Capitolo 6: *** Quando Policleto scoprì i Manga Yaoi ***
Capitolo 7: *** La Segreteria ***
Capitolo 8: *** A me pare uguale agli dèi ***
Capitolo 9: *** Ricordando il passato ***
Capitolo 10: *** Who you are ***
Capitolo 11: *** Tipi da macchinette (bevande) ***



Capitolo 1
*** Idealtipi da Pullman ***


Agorà

Miti e leggende della Scuola Superiore Agorà

Prologo:
Idealtipi da Pullman


Il pullman è la barca, l'autista è il tristo traghettatore di anime.
Se Dante avesse scritto la Divina Commedia nel XXI secolo, probabilmente lui e Virgilio avrebbero viaggiato su un mezzo pubblico, schiacciati nella calca di teste pensanti -chi più, chi meno- ed ansiogene, concentrate unicamente sull'imminente verifica o interrogazione.

Puntuale ad un quarto alle sette, Caronte aspettava gli spettri imbottiti di caffè e di zuccheri, tamburellando le ossute dita sul volante a ritmo della colonna sonora delle sue lunghe traversate: Hell dei Disturbed. Attendeva quindi che tutti salissero, salutando con un cenno quegli studenti della scuola superiore Agorà, con cui in cinque anni di andate e ritorni aveva scoperto una maggiore affinità.
Non era amicizia, mai: l'arcigno conducente era fin troppo scorbutico per formare simili legami.
Tuttavia da semplici sguardi o frasi botta-risposta, era riuscito, in tanti anni di gloriosa carriera, ad identificare degli idealtipi di persona.
Tra questi ce n'erano alcuni, caratteristici e ricorrenti, presenti in ogni ciclo quinquennale scolastico sin probabilmente dalla nascita delle scuole. O forse anche prima.



    Lo Spettro del Fancazzismo:

Classica fotografia di studente da serie tv americana: jeans e maglia larghi, bomber, scarpe da ginnastica, zaino vuoto o totalmente assente. Il suo più grande problema era l'essere ben lontano dal continente a stelle e strisce e il trovarsi in un liceo che richiedeva un minimo di studio.
Caronte aveva catalogato questo personaggio come “Spettro”, perché era in grado di collezionare un tal numero di assenze da tendere verso la bocciatura (infatti, la sua presenza sul pullman si dimostrava assai rara), seppur in qualche modo riuscisse sempre a scampare dal ripetere l'anno scolastico.
Era ben riconoscibile la mattina, visto che impiegava l'ora di viaggio alla ricerca di una vittima designata, al fine di riuscire a copiare nel compito in classe; scriveva o perlopiù conversava, minacciando sistematicamente il malcapitato sapientone di turno.
In quella generazione di studenti faceva parte di questa gloriosa categoria Polifemo, figlio del professor Poseidone: non era tanto furbo, però la sua stazza, la sua aggressività e l'influenza di suo padre bastavano per convincere i poveri secchioni impauriti ad aiutarlo.
Forse, sotto quest'ottica, era comprensibile come il ragazzo fosse sempre riuscito a passare alla classe successiva.


    Ὁ Strategós:

Losca figura contrapposta al ragazzo sopracitato e con un grande senso per gli affari, si presentava come un manager indaffarato, che poneva la propria astuzia a servizio dell'inganno: seduto nei posti più oscuri, controllava con attenzione le fotocopie delle verifiche riunite in un amabile e prezioso faldone, suddivise per materia, data e soprattutto rarità (i compiti in classe del prof. Ade valevano almeno dieci bigliettoni in più, mentre quelli di Dioniso erano più economici); poco importava se il docente in questione cambiava le prove di anno in anno, c'era sempre un primino ingenuo che cascava sistematicamente nella tela del ragno.
E l'aracnide in questione aveva uno e un solo nome: Nessuno.
In realtà era uno pseudonimo, perché effettivamente nessuno doveva conoscere la sua vera identità, onde evitare possibili incomprensioni con i professori, qualora il mercato nero venisse scoperto.
Chi conosceva di persona Nessuno, però, aveva affermato che non era affatto un ragazzo così tanto losco, anzi, aveva addirittura saldi principi morali per cui si batteva, dimostrando un'eloquente abilità oratoria.
Era stato eletto addirittura rappresentante di classe per un anno di scuola, ma appena Fama -una ragazza molto curiosa- aveva domandato di che classe, le era stato risposto: Nessuna.


    L'incazzato perenne:

Probabilmente la forma più antica di studente -o di uomo in generale- presente in ogni epoca e in ogni luogo; l'evoluzione più logica dell'alunno incazzato era quella del docente incazzato, figura incarnata nel professor Ares, che per un motivo o per l'altro riusciva ad essere di malumore.
Tornando però allo stadio base, il ragazzo incazzato si presentava sempre in contrasto con il mondo intero, in ogni giorno dell'anno, per diversi motivi: ora per la fidanzata, ora per il professore, ora per quel “coglione” (cit.) di rappresentante “che non capisce un emerito cazzo” (cit.).
Achille era uno di questi esemplari e, appena messo piede sul pullman ed il fondoschiena sul sedile, iniziava a lamentarsi col cugino Patroclo di quanto il pianeta fosse abitato da “una mandria di rompicoglioni” (cit.), votati tutti alla causa del rendergli “la vita una merda” (cit.).
Patroclo, paziente, ascoltava le lamentele ed annuiva attento, intervenendo di tanto in tanto con un sospirato “eh, sì”, oppure con un “ma no, Agamennone non è un coglione, cerca di capirlo”, corretto subito in “hai ragione tu, cugino mio”.
Poteva sembrare che Patroclo fosse sottomesso all'autorità del parente stretto, ma in realtà lui, di qualche anno più vecchio, riusciva sempre a contenere l'ira funesta di Achille.


    Il monarca illuminato:

Era conosciuto da tutti, letteralmente: riusciva a spendere i primi venti minuti di viaggio ad abbracciare e a salutare compagni, conoscenti e sconosciuti, ricordandosi a memoria ogni singolo nome ed avviando al contempo una campagna propagandistica ai fini di essere eletto nuovamente Rappresentante d'Istituto; enunciava la propria lista con la stessa vigoria di un generale che incitava le truppe contro i barbari invasori, gesticolando ampiamente e attirando su di sé l'attenzione del pullman intero.
Prima di lui, il Liceo era in uno stato di decadenza, una sorta di “oscuro Medioevo” in cui gli studenti erano costretti a brancolare nel buio, oppressi dall'autorità di feroci, crudeli professori. Con il suo governo illuminato, invece, la Scuola aveva finalmente conosciuto la civiltà, tanto da sancire addirittura valide conquiste: le macchinette del piano terra avevano smesso di mangiare soldi (ora, infatti, avevano imparato a scalare direttamente più soldi del dovuto dalle chiavette), la segreteria era aperta per ben dieci minuti in più, per un totale di quindici minuti giornalieri (in cui lo studente, costretto a mettersi in una coda di mezz'ora, arrivava davanti allo sportello e lo trovava comunque, inevitabilmente, chiuso), oppure la sempiterna promessa di eliminare le discriminazioni tra Licei, perché tutti gli indirizzi erano importanti in egual modo (ma alcuni erano più importanti di altri).
Ovviamente, la colonna sonora di ogni singola mattina era la voce di Agamennone, principale causa della luna storta di Achille, che per colpa della sua continua parlantina non poteva esprimere appieno il proprio odio.



   
Odi et Amo:

Le immancabili coppiette di fidanzatini che riuscivano ad avvinghiare le lingue in un lungo, passionale bacio per tutta la durata del tragitto da casa a scuola.
A questi momenti idilliaci, si alternavano giorni di continuo bisticcio, la cui causa poteva risiedere in un mesiversario mancato, in un messaggio di qualche ragazza sospetta (no, tesoro, Ila è un ragazzo, non preoccuparti) o in un misterioso e temibile “lo sai cosa hai fatto.”.
Fama, ragazza che sapeva tutti i gossip più caldi della scuola, non perdeva mai occasione di parlare alle amiche, informandole su ciò che accadeva nell'istituto: ultima notizia della settimana era il litigio scoppiettante tra Orfeo ed Euridice, dove la coppia inseparabile si era alla fine separata, dopo che il ragazzo, voltandosi, aveva salutato Euterpe, sua compagna nel corso pomeridiano di Musica. Da quel momento, Euridice non aveva più proferito parola.


    La mente assorbente:

O più semplicemente colui che non aveva aperto libro, se non la mattina stessa sul mezzo pubblico.
Era un ragazzo capace di isolarsi dal rumoroso mondo circostante, acquisendo una quantità tale di informazioni da far invidia ai sistemi informatici più moderni; passava con nonchalance da storia a fisica per finire con latino, tanto che al termine dell'ora di viaggio era in grado di decantare le vite di fisici in latino, trovare la gittata dei cannoni utilizzati nelle guerre moderne e ripetere a memoria usi e costumi della Roma Imperiale.
Esempio di questa specie studentesca, era il buon Giacinto, tanto concentrato a spendere la giornata all'aria aperta, godendosi il caldo Sole pomeridiano, da dimenticarsi i noiosi libri scolastici fino al momento dell'effettivo bisogno.


     Queste erano le anime più note, quelle che caratterizzavano il freddo mezzo pubblico nelle traversate da casa-scuola e viceversa.
Caronte, volente o nolente, era sempre informato sulle loro eroiche gesta, grazie anche alla squillante voce di qualche ragazza, seppur non commentasse mai: lui infatti, in mezzo a tutta quella vita, si limitava ad ascoltare e a cantare le note della sua amata canzone, guidando la nave sul fiume di nero asfalto.


Ah, Ah!

Oh burning, now I bring you Hell.



Fine Oneshot!

Idealtipo: modello a cui rifarsi per spiegare determinati avvenimenti della realtà. Citando il sociologo Weber: “[...] esso ha il significato di un puro concetto-limite ideale, a cui la realtà deve essere misurata e comparata, al fine di illustrare determinati elementi significativi del suo contenuto empirico”.
Odi et Amo: incipit carme 85 di Catullo;
Mente Assorbente: citazione al pensiero di Maria Montessori.



Angolo Autrice:


Buonsalve a tutti quelli che son giunti fino qui!

    Il capitolo è breve, ma è solo una sorta di “introduzione”, che serve a presentare personaggi che compariranno in futuro. Non è necessario leggere tutti i capitoli in ordine, saranno perlopiù auto-conclusivi, ma c'è anche una piccola continuità, visto che si parla sempre di situazioni legate alla Scuola Superiore “Agorà”.
Ma partiamo dall'inizio.
L'idea per la raccolta è nata con la rilettura di un libro della mia infanzia:
Bar Sport di Stefano Benni (e il suo seguito “Bar Sport Duemila”). Mia madre, in vacanza al mare, mi leggeva sempre qualche trafiletto per farmi dormire (censurando di tanto in tanto) ed io, fin da piccola, adoravo quei brevi racconti autoconclusivi (non riuscivo a capire tutto ovviamente, ero pur sempre una bambina, però li adoravo comunque).
Quando sullo scaffale ho ritrovato questi due libretti sfasciati con un marcato profumo di salsedine, mi è salita un po' di nostalgia e l'ispirazione per scrivere qualcosa che mi aiutasse a “staccare la spina” dal periodo intenso di interrogazioni, verifiche e verifiche con interrogazioni (siamo in quinta a fine trimestre, niente di meglio per un po' di ansia in più).
Così ho iniziato a scrivere un'AU moderna/mitologica ambientata in un bar, ma... io non sono una frequentatrice di bar e la storia in sé non mi convinceva.
Ho cestinato l'idea per un po', fino a quando non ho riletto delle mie vecchie fanfiction non pubblicate e mi si è accesa una lampadina per qualcosa a tema scolastico.

Ed ecco qui.


Non so se possa piacere, però, di capitolo in capitolo, mi impegnerò a descrivere parti di vita più o meno vissuta. Una sorta di parodia di certi comportamenti/situazioni.


Io vi saluto e spero che seguirete questa raccolta.


Un bacio da _Lakshmi_!

(Uno speciale ringraziamento a _Morgan, che mi sostiene sempre. Grazie mille, davvero!)

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Capitolo 2
*** I bagni (Maschi) ***


I Bagni (maschili)

I bagni (Maschi)

[raccolta di One-shot]


    I bagni della scuola Agorà, come in ogni altra scuola, si suddividevano in: maschi, femmine e docenti (che, essendo creature ultraterrene, non potevano entrare nei comuni loculi dei mortali).

    I bagni dei maschi erano contraddistinti da un silenzio religioso quasi inviolabile, oltre che da una compravendita di ogni genere di sostanza perlopiù illegale: infatti, a differenza della sua controparte femminile, affollata da branchi di ragazze in cui -magari- soltanto un esemplare doveva usare i servizi, il bagno maschile era deserto, perché i veri uomini si avventuravano da soli, affrontando l'oscuro destino che aleggiava attorno al mercato nero gestito da Nessuno.
Nessuno non aveva un volto. Nessuno era colui che, nel bagno dell'ultimo piano nella parte del liceo Artistico -superato il banco di nebbia, prima porta a destra-, consegnava ogni genere di risposta dietro ad un lauto compenso.
L'aria densa, aromatica, oltre che la pressione psicologica del totale silenzio, spezzato solo dal continuo sottofondo di un individuo in grado di urinare per tutta la durata del colloquio, rendeva arduo il mantenere i sensi vigili, anzi, spesso lo studente più sprovveduto si assuefaceva a quell'atmosfera onirica.
Era passata alla storia l'avventura dello sventurato Polifemo, il cui peccato era quello di aver cercato di superare in altri modi il temibile compito dell'ancor più temibile professor Ade.


[Come tutto ebbe inizio]


4B Scientifico, prima ora, Venerdì.

    << Martedì prossimo, versione di Latino.>> sentenziò il prof. Ade, senza alzare gli occhi dal registro elettronico costellato di caselle straripanti di compiti in classe. Persino Religione, sentendosi in difetto nel non concorrere al periodo infame di chiusura del primo trimestre, aveva piazzato un saggio breve su “L'importanza della tolleranza religiosa e del riconoscimento dei culti più primitivi fino a quelli più evoluti”.

Ade era riuscito, in quel campo fiorito di verifiche, a piazzare la propria temuta valutazione: era quasi soddisfatto di sé, tanto che, dopo aver finito con la compilazione necessaria, si lasciò andare contro lo schienale della rigida e scomoda sedia in legno, godendosi lo spettacolo dei volti terrorizzati.
E attendeva.
Attendeva il coraggioso che avrebbe alzato la mano per polemica.
Attendeva con una corvina occhiata di sfida, assottigliando lo sguardo già sottile, mantenendo l'espressione di assoluta mitezza che era solito mostrare.

<< Profe, ma martedì interroga già in filosofia!>> esclamò Briseide dal fondo dell'aula, voce del popolo che, dopo quel sasso scagliato, insorse.
<< Sì, profe, anche in inglese.>> aggiunse Cassandra, dando manforte alla propria amica e compagna di banco.
<< E c'è il test di ginnastica!>> continuò Paride, alla cui affermazione seguì un terrorizzato “Ocheccazzo davvero?”, la cui risposta fu un sussurrato “ma no, cretino, ma magari ci crede”.

No, ma ci sento piuttosto bene”, fu il pensiero del professore, che restava tuttavia impassibile ad ascoltare le lamentele del popolo.

<< E mate? Mate non voleva interrogare?>>
<< È vero! Profe abbiamo anche fisica!>>

Come le giornate scolastiche riuscivano a tramutarsi da cinque a sette ore.
Ade, con il suo portamento e la sua leggendaria pazienza, si alzò e camminò piano, passo dopo passo, per osservare infine il calendario di classe.
Quella semplice azione riuscì ad infondere il germe della speranza negli studenti che si chetarono ansiosi.
Con lentezza, il professore fece scorrere il magro indice lungo le giornate di Dicembre, straripanti di scritte in matita che cantavano patroni come “Supplenza prof Alettrione, 10-11” (seguito da commenti come “oddio!!”, oppure il poetico “svengo”), grandi citazioni quali “Il periodo di merda sta arrivando!” e feste nazionali come, ad esempio “Festa a casa di Ettore” (con un lungo, profondo commento in maiuscolo “SI SBOCCIAAAAAAA” e centinaia di emoticon per nulla disturbanti).

<< Eh... ragazzi, vedo che siete pieni: la mia verifica effettivamente vi metterebbe in crisi.>> sospirò sconsolato Ade, continuando a contemplare la fonte assoluta di verità.

Silenzio.
Respiri mozzati.
Cuori sospesi tra la disillusione e la speranza.

<< Ma confido in voi che vi prepariate a sufficienza per affrontare la versione.>> sorrise, voltandosi in tempo per gustarsi gli sguardi di puro sconforto, angoscia e disperazione dovuti a quella crudele frase.

Solo un ragazzo rimase calmo, certo sul riuscire a scamparla anche quella volta.


[Come tutto si sviluppò]


Ultimo piano, bagno dell'artistico, Sabato, termine delle lezioni.

    Dopo cinque ore di lunghissime lezioni, la nebbia nei bagni era fitta e densa, quasi tangibile.
Polifemo, con mani in tasca e chewing-gum tra i denti, avanzava sicuro, fendendo la coltre di fumo aromatizzato fino a fermarsi davanti alla porta di un “cesso”.
Ormai non si poteva neppure più definire “gabinetto”: era talmente pericolante ed imbrattato di scritte e colori tossici, che il termine stesso “gabinetto” risultava essere semplicemente riduttivo.
Dopo un attimo di ponderazione, il gigante calvo, asso della squadra di Basket della scuola, diede un violento calcio al lurido varco, che isolava la turca dal resto del mondo conosciuto.

<< Ehi, so che ci sei.>> inaugurò in tal modo le trattative << Muoviti che non ho tutto il tempo.>>
<< Con calma, Polifemo.>> la voce pacata e contraffatta di Nessuno alimentò ancor di più l'astio negli occhi piccoli e arcigni del cliente << Prima i soldi.>>

La porta si aprì leggermente.
In realtà, affidandosi semplicemente alla vista non si poteva essere certi, perché tutto era celato dalla foschia grigiastra, tanto da rendere ciechi gli occhi; invece, grazie al sofisticato udito, Polifemo aveva ben sentito, oltre all'immancabile rumore di svuotamento di vescica provenire dal fondo, anche il caratteristico cigolio da cancello in ferro battuto gotico, degno di qualche b-movie sui vampiri.
Il colosso frugò nelle tasche, fino a estrarre diverse banconote ripiegate per consegnarle alla mano che attendeva pacata.
Il portale si richiuse.
Nessuno contò attento il denaro per ben tre volte, prima di estrarre da un faldone l'agognata verifica.

<< Sì, dovrebbe essere giusta.>> annuì assorto, prima di far passare sotto la porta l'atteso foglio di carta su cui era stampato, nero su bianco, la salvezza per chi non aveva per nulla voglia di aprire il libro. O il dizionario. O entrambi.
<< Se non è questa, giuro che-...>>
<< Tranquillo, Polifemo: sono famoso, sai dove trovarmi. Se finisci nei guai, ci finirò anche io e perderò tutti i miei clienti.>>

Il gigante cieco non poté notare il sorriso sornione dipinto sul viso di Nessuno, altrimenti -forse- avrebbe mostrato un minimo di accortezza in più.


[Come tutto si concluse]


Mercoledì, parcheggio dei motorini, Ora di Religione.

    << Hai sentito?>> domandò Diomede, giovane membro della squadra di Calcio della scuola (come poteva dimostrare il suo fisico particolarmente allenato ed i suoi corti capelli castani, conformi ad ogni altro ragazzo della comitiva), mentre era intento ad estrarre dal pacchetto una sigaretta per portarsela alle labbra.

Tuttavia, i suoi piani di fumare in tutta tranquillità sembrarono andar in fumo, quando, dopo aver rovistato qualche minuto nelle tasche del pesante giubbotto, s'accorse della propria terribile amnesia mattutina.

<< Che cosa?>> domandò Ulisse che, previdente, gli lanciò il proprio accendino. In anni di lunga amicizia, dopotutto, si era abituato alle sviste dell'amico, tanto che ormai quei piccoli gesti di cortesia erano diventati meccanici.

L'atleta finalmente riuscì ad accendere la propria fonte di serenità quotidiana, distendendo un sorriso rilassato, mentre una serpentina scia grigiastra ascendeva al cielo ancor più grigio, prossimo ad un'abbondante nevicata.
Entrambi appoggiati alla balaustra del parcheggio dei motorini, si godevano la tranquillità dell'ora di Religione passata fuori dall'aula. In realtà erano entrambi iscritti per i crediti, ma Calcante, vecchio professore più antico della scuola stessa, non riusciva mai a quantificare il numero totale di studenti presenti nella classe, per cui l'anarchia regnava sovrana per quei brevi sessanta minuti.

<< La classe 4B dello Scientifico ha collezionato un numero esorbitante di insufficienze nell'ultimo compito in classe di latino. C'è finito di mezzo anche il figlio di Poseidone, hai presente Polifemo?>>
<< Cosa? Vuoi dirmi che non è stato Cesare a dire la celebre frase: “Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”>> rise di cuore Ulisse, dimostrando tutta la propria perfidia.
<< Ulisse...>> sospirò Diomede, scuotendo il capo risoluto << Se è per quel che è successo...>>

Il Classico e lo Scientifico erano da sempre acerrimi rivali e questa contesa sfociava spesso nello sport: per cui, quando le classi 4A e 4B dei rispettivi indirizzi si erano trovate a scontrarsi sul campo da calcio, era nata una vera e propria lotta per la supremazia.
Fu un'ora di sangue, violenza ed insulti, che si concluse solamente quando una pallonata colpì in pieno ventre il professor Ares; e così gli insulti, la violenza e il sangue si tramutarono in prostrazioni, perdono e borse del ghiaccio.
Diomede da quello scontro ne era uscito tutto sommato vittorioso, seppur lo stesso non potevano dire gli altri compagni di classe,che avevano subito le temibili pallonate mirate del brutale Polifemo.

<< Mai mettersi contro Nessuno.>> sorrise Ulisse, socchiudendo i brillanti occhi d'un intenso azzurro << Ha solamente vendicato i compagni caduti: certa gente deve capire che avere un professore come padre non ti rende assolutamente intoccabile.>>


Si concluse così il mitico racconto dell'avventura nei bagni:
con quattro chiacchiere ed una sigaretta.



Fine Oneshot!

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? : celebre frase di Cicerone.
Bagni dell'artistico: diciamo pure che le descrizioni sono frutto della pesante caricatura basata su racconti di vita di una mia amica. Mi sono risparmiata di mettere una lunga descrizione sulle condizioni del lavello, imbrattato di ogni genere di colore tossico e non tossico, tanto che ormai ha assunto colori poco salubri.
L'importanza della tolleranza religiosa e del riconoscimento dei culti più primitivi fino a quelli più evoluti: ossimoro.


Angolo dell'autrice:

Si conclude così anche la prima storia di questa raccolta.
Per quanto riguarda l'utilizzo di stereotipi, ci tengo a precisare che è un utilizzo consapevole: so bene che la dipendenza dalla droga è una tematica delicata, così come so bene che gran parte di quelli dell'artistico non fumano; tuttavia il mio obiettivo è proprio proporre una stortura morale, giocare con idee comuni per indurre una risata o comunque per alleggerire il tutto.


Invece, il passare l'ora fuori dall'aula... beh, è quasi un racconto di vita vissuta. In ogni caso, non si fa, è contro ogni morale, ricordatelo bene.


Come sempre ringrazio quelli che hanno aggiunto la storia dando una possibilità al tutto e... nulla, spero che continuerete a leggerla.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 3
*** Pigmalione ***


Pigmalione

Pigmalione

[raccolta di One-shots]


<< Dimmi, Pigmalione, chi è la tua musa ispiratrice?>>

Da questa semplice domanda, posta dalla magnifica Afrodite,
docente di Francese al Liceo Linguistico,

era nata una storia di incomprensioni e di nuovi, inaspettati amori.


    Pigmalione era la punta di diamante della 3A dell'Artistico, se non dell'intero indirizzo stesso, tanto da diventar famoso per tutta la scuola con l'epiteto: l'Artista.
Ogni materiale che veniva plasmato dalle sue mani diventava una vera e propria opera d'arte, curata nei più piccoli particolari, espressione di una sensibilità d'animo unica nel suo genere; tuttavia lui non si curava della propria notorietà, anzi, ogni disegno sembrava mancare di “
qualcosa” e veniva irrimediabilmente dimenticato, dopo aver preso il consueto dieci sul registro.
Aveva provato a cambiare stile, percorrendo le principali correnti della Storia dell'Arte, ma, ad opera conclusa, quel “
Qualcosa mancante” tornava a farsi sentire, più forte e più ruggente di prima, non permettendogli mai di crogiolarsi nella propria bravura.
Per giorni, a casa e a scuola, aveva fissato il mondo oltre alla finestra in cerca di ispirazione, in cerca della perfezione tanto agognata: tuttavia la natura, ai suoi occhi, era imperfetta, inquinata, ben lontana dall'ideale di eccellenza che si era prefissato. Addirittura, le magnifiche fanciulle che si proponevano a lui come modelle erano ancor più false ed inquinate della natura stessa.


Ma, proprio quando aveva perso le speranze,
un giorno l'ispirazione gli piombò letteralmente addosso.


    << Scusa!>> esclamò una ragazza, sbrigandosi a raccogliere da terra i fogli che le erano caduti con la tremenda collisione.

Gli occhi d'un glaciale azzurro di Pigmalione ricaddero, ancor prima sulla fanciulla in sé, sulla sua decisamente antiestetica montatura spessa degli occhiali che le mortificava il suo visino tondo e minuto, coronato da una chioma d'un rosa pastello, un po' mossa e un po' liscia, senza una forma definita.

<< Ecco... devo proprio andare.>>

Piccolina e bassina, tanto che annegava in un maglione di almeno due taglie in più, fuggì svelta come una lepre da quel corridoio che diventò in un attimo particolarmente affollato, ricco di curiosi con cellulari in mano pronti a filmare l'accaduto.


Aveva trovato la sua musa.


    Sbigottito, confuso ed estremamente felice, si rialzò e si mise subito al lavoro per nuove opere, irraggiato da quella nuova, magnifica ispirazione scesa dal cielo (o, nel suo caso, dalle scale del secondo piano).
E così, il suo labor continuò per settimane, producendo disegni monotematici su quell'unico soggetto, sulla sua figura parziale o intera, vista sotto diverse sembianze, ora come un agglomerato di ingranaggi, ora come una ninfa della natura. In tutta quella moltitudine di carta e di materiale plasmabile, soltanto due dettagli erano sempre presenti: il magnifico, giovanile senso di pudore che esprimeva una dolce purezza d'animo e la spessa montatura di occhiali, che esprimeva sicuramente “qualcosa” al pubblico ancora ignoto.


Ma era senza un nome,
senza un'identità,
e presto il suo animo si sentì vuoto,

mancante” di una parte.


    << Cosa guardi?>> domandò pacato il professor Eros, intento a bere uno zuccherato, gustoso cappuccino in sala insegnanti. Il suo magnifico sguardo d'un caldo castano era diretto alla docente Afrodite, concentrata a studiare una serie di fogli, su cui erano rappresentati alle volte schizzi a matita, alle volte acquarelli della stessa persona.
<< Oh... Eros, mi sono innamorata!>> con un sorriso celestiale, la donna tornò al guardare il giovane interlocutore che, in risposta, si sentì quasi mancare sulla sedia. Quest'ultimo scattò in piedi e corse accanto alla collega, intimandola di far silenzio.
<< Ares ed Efesto girano come avvoltoi!>> la zittì, ma dopo qualche attimo di silenzio, mosso da un'incontrollata curiosità, si accostò maggiormente a lei << Allora, chi è?>>
<< No, ma cosa pensi! Intendo... guarda che cura per i dettagli! Guarda che sensibilità d'animo! Ci vorrebbero più ragazzi così, secondo me.>> Afrodite si scostò la bionda, mossa chioma con un meccanico gesto della mano, per poi mostrare orgogliosa i disegni che era riuscita a reperire.

Eros, prendendo in mano le piccole opere, rifletté su quell'ultima frase proferita dalla donna: lei si trovava in un triangolo... in un quadrato... in un pentagono, beh, insomma, in una figura geometrica non ben definita di relazioni variegate, anche se le più importanti -o storiche- non erano certamente con persone dall'animo raffinato; anzi, spesso il Bad Boy l'attraeva maggiormente rispetto al buon marito casa e Chiesa, perché in effetti era molto più gratificante un rapporto dove entrambe le componenti avevano sbalzi d'umore, attacchi di gelosia e scatti d'ira provocati da un nonnulla.
Eros, dal suo umile punto di vista, aveva smesso di comprendere la complicata psiche femminile, seppur possedesse alle spalle anni di studi approfonditi di psicologia.

<< Ah, sì, riconosco la mano di Pigmalione.>> annuì il docente, assorto nel contemplare la magnifica abilità nella ritrattistica.
<< Cosa ne pensi? Hai visto quanta cura? La dolcezza che traspare, il candore, il-...>>
<< Feticismo per gli occhiali dalla montatura spessa? Sì, sì... lo noto.>> commentò Eros, interrompendo la collega che lo guardò torva, in una pura espressione di disappunto << Su, scherzo.>> sospirò in aggiunta, dandole una leggera gomitata.

Dopo un attimo di riflessione, in cui la bionda testolina aveva riflettuto su chissà quali ragionamenti complicati, esternò le emozioni in un improvviso guizzo d'entusiasmo.

<< Facciamoli incontrare!>>
<< Sei seria? Non hai verifiche da correggere, lezioni da preparare...>>

Gli occhi d'un azzurro brillante di Afrotite risplendevano di luce propria ed il povero professore comprese di non aver altre alternative.


Fu allora un difficile compito per Amore,
che dovette persino fare patti col diavolo.


    Techne era certamente una ragazza riservata, difficile da raggiungere e persino da scovare: era timida, piccolina e sfuggente, tanto che per Eros fu una vera e propria impresa trovare un pretesto per far incontrare i due innamorati.
Erano in classi differenti, non seguivano gli stessi corsi pomeridiani e, tra l'altro, in quei pomeriggi in cui erano entrambi a scuola, lei trascorreva le ore nelle catacombe -o aula informatica- per elaborare video o per remixare suoni insieme al docente Thanatos: Techne, infatti, era la mente che agiva dietro ai filmati ufficiali della scuola, svolgendo un lavoro egregio nella sua assoluta discrezione; era anche la pupilla del professore di Scienze Naturali, tanto che insieme avevano fatto rinascere addirittura il morente canale di Youtube.
Eros mal sopportava Thanatos, non era certo un segreto: quest'ultimo aveva una mente per certi versi troppo schematica, frutto di anni di studio con una formazione scientifica rigorosa, che non guardava in faccia nessuno; Eros, invece, amava inoltrarsi nella psiche umana, cercando di capire il prossimo al fine di spronarlo al miglioramento, lontano dalla distruzione.

<< Mhm? Insolito trovarti qui, Eros.>> constatò il docente di Scienze, che, neppure a dirlo -da bravo uccellaccio del malaugurio- si era appropriato del luogo più oscuro dell'aula colloqui. E, essendo una figura vestita di nero, in un angolo nero, con le nere tapparelle abbassate in una grigia giornata invernale, era quasi difficile riuscire a tracciare con gli occhi il contorno di quel fisico alto e asciutto, cereo come il viso della Luna.
<< Vero?>> sorrise forzatamente Eros, avanzando di qualche passo nell'oscura coltre di ombre << Oggi il corso di teatro è finito prima e...>>
<< Cosa vuoi, esattamente? Stavo giusto per andarmene.>>

Il docente di Psicologia sospirò seccato, passandosi una mano tra la morbida chioma ramata, quasi per trarre energie al fine di affrontare quella discussione.

<< Lo so. Il tempo non è mai abbastanza, per te.>> commentò in un cupo brontolio << Comunque, ero venuto a proporti una collaborazione.>>

Il silenzio divenne opprimente.
Eros, carezzandosi il collo con il medio e l'indice, tentò di allentare il colletto della bianca camicia, quasi per non essere soffocato da quell'invisibile pressione: era sempre difficile scendere a patti con un simile, oscuro personaggio.
Thanatos, a quella richiesta, si limitò ad abbassare lo sguardo d'un verdastro inquietante, quasi simile alle pupille d'un felide. Attendeva con pazienza che il collega esponesse l'idea.

<< Possiamo organizzare una piccola presentazione in vista dell'Open-day della scuola, qualcosa di contenuto... i miei ragazzi di Teatro collaboreranno con i tuoi di Informatica...>> continuò monocorde e a braccia conserte.
<< Perché non la recita di fine anno? Ho alcuni ragazzi che sono bravi tecnici del suono. Saprebbero addirittura svecchiare la classica commedia che scegliete ogni anno.>> Thanatos si divertì a vedere lo sgomento correre sul viso del docente.
<< Lo Spettacolo di fine anno è qualcosa di serio.>>
<< Perché è qualcosa di serio o perché non ti fidi?>> Thanatos si alzò, avanzò passo dopo passo fino ad essergli accanto con un sorriso storto << Esci dai tuoi schemi, Eros.>>

Collaborare con quel docente era sempre, dannatamente difficile.
Certe volte più di altre.


E, finalmente, i due amanti ebbero la possibilità di incontrarsi...


    Pigmalione la vide, seduta sugli spalti della palestra: era lì Techne, con il suo bel rosa tanto acceso da assomigliare addirittura alla luce di un faro in mezzo alla tempesta, con i suoi grandi occhiali dalla spessa montatura, con la sua adorabile espressione corrucciata, di una persona immersa in un oceano di ragionamenti e congetture; la delicata mano della fanciulla scriveva interrottamente su un block notes le idee della mente, gli occhi da cerbiatta, di un intenso blu mare, seguivano e leggevano il discorso dei professori che parlavano della Grande Recita di fine anno.
Pigmalione l'aveva vista, seduta sugli spalti della palestra.
Eros aveva visto Pigmalione, immobile sull'entrata a fissare la sua amata musa ispiratrice.

<< Ai nuovi arrivati, prendete pure posto.>> invitò caldamente il professore di Psicologia, con un velato sorriso di morte.

Pigmalione aveva visto la sua musa, ma, vinto dalla timidezza o forse dalla vergogna, si sedette distante, in mezzo al suo branco di amici che si agitavano come scimmie allo zoo, riproducendo anche gli stessi versi.
Eros aveva ben visto la scelta di Pigmalione e, per questo, la penna Bic che teneva in mano capitolò in un esplosione di nero inchiostro.
Thanatos, davanti a quella tragica sconfitta del collega, sorrise divertito.


E di innamorarsi.


    Per l'idealizzazione dei costumi di scena, Pigmalione si era fermato più a lungo del dovuto dopo le lezioni, completando le bozze quando ormai il Sole era sul punto di coricarsi, lasciando la scena alla giovane Luna.
In quel pomeriggio dalle calde tinte aranciate, aveva avuto occasione di parlare con una ragazza del suo stesso gruppo di Artisti, unica tra tutti che si era offerta -dopo un attimo di imbarazzante silenzio- di far da modella per gli abiti: essere la cavia di Pigmalione in verità era più una disgrazia che una fortuna, visto che l'Artista era alquanto pignolo, critico e di certo non lesinava su commenti a dir poco sprezzanti, come “Eh, hai troppo grasso sui fianchi”, “che spalle da scaricatore di porto” o la più bizzarra “Eh, se avessi avuto un paio di occhiali...”.
La ragazza, però, trattenuti gli istinti omicidi, si era lasciata modellare al pari di una statua dal ragazzo e, alla fine, unendo le idee di entrambi, erano nati dei bei bozzetti.

<< Sai... quando scendi dal tuo piedistallo, sei anche simpatico.>> sorrise la giovane, sciogliendo la lunga, bionda chioma.
<< Cosa?>> domandò Pigmalione, cascando dalle nuvole.
<< Insomma... oggi ti ho visto molto più umano: sbagliavi anche tu, hai cambiato idea tante volte e alla fine hai chiesto addirittura consigli.>> sorrise con dolcezza la ragazza, volgendo uno sguardo da far vacillare la stabilità del compagno << Mi piace molto questo tuo lato, Pigmalione.>> rise e in quella risata l'Artista si sentì estremamente confuso.
<< Sei seria?>>
<< Beh... hai dimostrato che nessuno è perfetto.>> continuò la compagna prima di spalancare teatralmente le braccia, visibilmente giocosa << Io esclusa, ovviamente. Nei tuoi disegni sembro bella quasi quanto la Venere di Milo.>> continuò, mettendosi nella medesima posa della statua citata.
<< In realtà dovresti essere senza le braccia.>> Pigmalione inclinò il capo, dubbioso per l'imitazione di quella statua imbottita in un caldo cappotto invernale, con tanto di sciarpa e berretto calcato sul capo.
<< Guarda che posso fare anche Ercole e Lica. Non sfidarmi.>>

Quell'ilarità spontanea, genuina e semplice, fece aprire realmente gli occhi a Pigmalione, tanto che si fermò sui suoi passi a riflettere: lui, fino a quel momento aveva sempre ricercato la Bellezza idealizzata, tanto ambita e mai raggiunta, un'ideale di perfezione distante da sé; aveva sempre cassato il mondo che lo circondava, credendolo imperfetto.
Eppure proprio adesso, per colpa di quell'imperfezione, il suo cuore aveva iniziato a battere in un modo più scandito, ritmato.

<< Ehi? Che ti prende?>> domandò lei, voltandosi preoccupata << Ho detto qualcosa che non va?>>

Pigmalione sorrise.
Tu sei ben più bella di qualsiasi statua, perché sei reale, viva, concreta nella tua semplicità.”, pensò con un velo di rossore.


Ma alla fin fine l'Amore segue la sua via.


    Come si conclude, quindi, la storia?
Essendo un mito scolastico, famoso quanto la “Il pollo nel Liceo” o “lo Scompartimento segreto di alcolici in bidelleria”, ha diverse versioni, tutte tramandate nel corso dei decenni.
I più realisti affermano che Pigmalione, tanto concentrato nel rincorrere una bellezza perfetta, ma sfuggente, alla fin fine non era riuscito a concludere nulla.
I più romantici raccontano che l'Artista trovò finalmente il coraggio per dichiararsi alla magnifica Techne ed insieme iniziarono una solida, felice relazione che durò addirittura anche dopo il Liceo.
I più bizzarri, invece, fantasticano sul possibile amore tra la giovane artista e Pigmalione, che dopo la presa di coscienza aveva finalmente compreso l'esistenza di tante, piccole sfaccettature nel mondo.


Nessuno è perfetto,
ma proprio grazie all'imperfezione si è unici ed irripetibili.




Fine Oneshot!

Techne: personificazione dell'arte e del “saper fare”. Perché è la pupilla di Thanatos? Beh, dopo aver studiato centinaia di autori diventati famosi in morte più che in vita, la decisione è stata quasi immediata.
Capelli rosa: yes... amo i colori pastello *-*
Ercole e Lica: statua di Antonio Canova.
Ragazza senza nome: anche la statua nel racconto di Ovidio non aveva un nome (o, almeno, in tutte le traduzioni che ho trovato non era riportato), per cui ho voluto mantenere questo dettaglio.



Angolo dell'autrice:

Buon salve e buone feste! Eccoci qui con un'altra one-shot!
Che cosa dire? Beh, a parte che sto mangiando seriamente troppo in questo periodo (eh... il Natale), sono davvero felice che ci siano lettori che seguano questa raccolta. Quindi, veramente, grazie mille a tutti quelli che hanno deciso di seguire/recensire! Spero davvero di non deludervi!


Il finale “a scelte” è qualcosa che adoro e che, ovviamente, alla fin fine mi sono sentita in dovere di mettere. Insomma, spesso e volentieri i miti hanno diverse versioni... e poi è divertente immaginare altrettanti diversi “ending”.
Come distruggere e ricreare i sogni di un personaggio in poche parole, insomma.


Dopo questa breve parentesi, io vi auguro ancora di trascorrere piacevolmente le feste e un gran “Buon anno!!” per il Capodanno ormai vicino (io, nel frattempo, mi preparo psicologicamente ai botti che inizieranno alle 6 del mattino del 31 e finiranno alle 6 del mattino del giorno dopo).
Se sopravvivo, ci risentiremo al prossimo capitolo.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 4
*** Idealtipi di Professori ***


Professori

Idealtipi di Professori

[raccolta di One-shots]


    Nel Pantheon scolastico dell'Agorà c'era una ferrea, rispettata gerarchia: primo era il Sommo (Preside), poi il vice-Sommo (Vicepreside), i Troni (i Segretari, chiamati in tal modo per il loro attaccamento alla sedia) ed infine il Secondo Sommo (ovvero l'omino che riforniva le macchinette e dispensava chiavette a gratis).
Al di sotto, un poco al di sotto del Custode della Palestra, superato il Parcheggio Oscuro -ed intasato- ed attraversato un portone dalla simpatica incisione “Per me si va ne la scuola dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente [...]”, ecco: lì si trovavano i Professori.
Più in basso, solo la nera casta dei bidelli.
Tuttavia, anche i Professori avevano una propria gerarchia, o comunque si differenziano per molteplici fattori, tra i quali: Terrore, Rispettabilità, Simpatia, Pazienza e Disponibilità. In base a queste variabili, si formavano caratteri ben diversi l'uno dall'altro.



La Provvidenza:

Terrore: Nullo.
Rispettabilità: *colpo di tosse*.
Simpatia: Alta.
Pazienza: Alta.
Disponibilità: Alta.


    Il professore disponibile, che sapeva ascoltare i propri studenti e dava anche validi consigli per il futuro, risultando a volte essere quasi un vero e proprio indovino; inoltre, in tutta la sua lunga carriera, non aveva mai segnato un'insufficienza, oppure in caso di gravi, terribili errori, preferiva sempre porgere l'altra guancia per salvare l'educando con un'ultima, estrema interrogazione.
Calcante ne era un illuminato, antico, vetusto esempio, stimato dai propri alunni, tanto che nelle sue ore la classe riusciva a mantenere un assoluto silenzio. Una quiete bruscamente interrotta al suono della campana, quando il branco di adolescenti tornava dal pellegrinaggio alle macchinette, prendendo posto per la lezione successiva.
Un simile modello, infatti, poteva esistere solo in Religione. E Religione, citando le parole del saggio Achille, “è il breve fancazzeggio tra un'ora di merda e un'altra ancor più di merda. Ma chi ha messo due verifiche nello stesso giorno? Che teste di cazzo, proprio.



Super-Ego:

Terrore: Altissimo.
Rispettabilità: Alta.
Simpatia: Bassa.
Pazienza: Medio-bassa.
Disponibilità: solo se sei meritevole.


    La pura razionalità: non vedeva studenti, ma sacchi ambulanti di valutazioni. Però, seppur piuccheperfetto nell'attribuire giudizi, non concedeva neppure la più vana speranza di salvezza.
Non esisteva l'ansia da prestazione: o si rispondeva in modo corretto, oppure si veniva liquidati con un due e condoglianze alla famiglia (nei casi migliori) o con una risata sadica e una pacca sulla spalla (in quelli peggiori, anche perché era l'unico genere di professore che trovava appagante esplorare gli oscuri meandri al di sotto del due).
Non esisteva neppure la psiche o la persona, esisteva solo un rapporto terribilmente formale e distaccato, in cui alla fin fine era importante solo il risultato.
Il chiaro esempio di questa tipologia era incarnato in Atena, professoressa di Letteratura, Latino (ahi-ahi) e talvolta Greco Antico (se rimanete in silenzio, potrete ancora sentire il cristallino suono dei gemiti addolorati di studenti schiacciati da terribili versioni d'autore): donna decisa, rigorosa, capace di correggere persino il puntino mancato sulla “i”, non ammetteva alcun guizzo di fantasia, alcuna licenza poetica, alcun “Eh, dai, il significato è quello prof...”.
Inoltre, seppur tanto fiscale, aveva un modo estremamente sadico per le interrogazioni, dopo le quali gli studenti brancolavano verso un bravo psichiatra, traumatizzati a vita.
Ade, altro esponente della categoria, in occasione delle interrogazioni di Dicembre, aveva ideato la Roulette della Morte in combinazione con il gioco d'azzardo dei dadi, in cui o si usciva semplicemente come interrogati, o, se sorteggiati con un numero prestabilito (tipo il dodici), si aveva la possibilità essere graziati e di condannare un altro compagno all'interrogazione a propria libera scelta.



Femme Fatale:

Terrore: Medio-basso.
Rispettabilità: Media.
Simpatia: Alta.
Pazienza: Medio-basso.
Disponibilità: Assoluta.


    Partendo dal mito che i Professori potevano accoppiarsi solamente con altri Professori, la Femme Fatale era la figura che più mieteva vittime tra i colleghi, ammaliandoli con i propri modi libertini, le proprie generose scollature o le proprie vaghe allusioni. E, a volte, superava addirittura se stessa con relazioni non propriamente convenzionali.
O non propriamente legali.
In ogni modo, la rappresentante più indicata a questa categoria era la bella, allettante, capricciosa Afrodite, professoressa di Francese, lingua dell'Amore e della Seduzione, oltre che delle incomprensibili pubblicità di Eau de Toilette.
Il suo dolce profumo serpeggiava per i corridoi al suo passaggio, i morbidi boccoli biondi fluttuavano sulla sua bella testolina a ritmo della sua camminata aggressiva e del suo morbido ondeggiare dei fianchi, mentre i suoi grandi occhioni erano in grado di ammaliare anche l'uomo più riservato e ritroso.
Era famosa in tutti i licei e i motivi della sua notorietà non erano di certo per l'insegnamento: infatti, aveva alle spalle e sulle spalle diverse dicerie e drastiche realtà riguardanti scottanti relazioni. Seppur da anni sposata, circolavano voci sul Preside, sul Vicepreside, sul segretario, sul professore di Educazione Fisica, su quello di Filosofia, su quella di Scienze Naturali, su quello di Matematica... insomma, tutta gente colpita ed affondata dalla sua bellezza ed assoluta disponibilità.



Il Dandy
:


Terrore: Nah, non è il mio stile.
Rispettabilità: Dovrei seguire gli schemi imposti dalla società?
Simpatia: Non saprei, dimmelo tu.
Pazienza: Beh... è il tempo che si ferma per aspettarmi, non il contrario.
Disponibilità: Se proprio devo.


    Narcisista, anticonformista, critico col mondo e ancor più con la popolazione che viveva accanto a lui e, soprattutto, anche iperabbronzato in ogni periodo dell'anno.
Ma aveva anche dei difetti.
Non seguiva le mode, era lui stesso la moda e guardava sprezzante la gentaglia che lo giudicava al primo sguardo. “Non capisci, tesoro? Sei tu in difetto, non io.”, era la risposta sempre valida a tutte le critiche che gli venivano mosse.
Lui era decisamente il Sole attorno cui tutto ruotava (motivo per cui, secondo certi suoi colleghi, era doveroso tornare alla teoria Geocentrica).
E come si può, a questo punto, non citare il magnifico professor Apollo di Discipline Pittoriche? Uomo capace di mortificare con la sola occhiata aurea, con il solo sorriso beffardo, con il solo sospiro acido, il cuore di qualsiasi studente in ogni occasione: dall'interrogazione fino al semplice incontro per i corridoi. Il suo occhio critico verso ogni opera presentata dai poveri artisti, tremanti e speranzosi, era divenuto quasi leggendario.
Non importava, infatti, quanto potesse essere originale un disegno: se non era conforme ai suoi canoni mentali veniva inevitabilmente scartato; e chi osava opporsi al suo regime del “buon gusto”, rischiava di fare la stessa fine di Marsia.
E Marsia, alla scuola Agorà, era un nome dimenticato. Un Tabù.
Apollo era inoltre l'unico uomo in grado di criticare aspramente Ade per “quella pelle morticcia e quello sguardo da gatta morta”, senza subire le peggiori ire del professore appena citato.
A volte, effettivamente, era comodo essere il figlio del Preside.



Il Bohémien:


Terrore: Un bicchiere per domarli.
Rispettabilità: Un bicchiere per ghermirli.
Simpatia: E nel Carpe Diem educarli.
Pazienza: Ma sì, con calma.
Disponibilità: Dopo la pausa caffè, sempre.


    Da non confonderlo con il Dandy, il Bohémien aveva uno stile di vita decisamente più vicino alle esigenze dello studente, infervorando le masse e lottando per i loro diritti addirittura davanti al Preside, che lo accoglieva sempre con pura rassegnazione.
Inoltre, non era soltanto il suo spirito filantropico ciò che caratterizzava il Bohémien, bensì anche la sua libertà che trasudava addirittura dal suo metodo d'insegnamento: le sue lezioni, infatti, non erano mai schematiche, ma seguivano un libero flusso di coscienza, tramutandosi addirittura ora in accesi dibattiti su argomenti sempre attuali, ora in lunghi discorsi stimolanti con centinaia di collegamenti presi da mille discipline diverse.
Dioniso era un rappresentante di tale categoria e, seppur insegnasse la complicata Filosofia, era decisamente amato dai suoi studenti, che lo osannavano come il “Migliore in Assoluto”; era anche amato dagli altri colleghi, con cui riusciva ad instaurare sempre un buon rapporto di amicizia a suon di “Tarallucci e Vino. Ed altro vino ancora per mandar giù quell'agglomerato di pasta bloccato in gola”.
Inoltre, ascoltava attentamente i problemi di tutti, seguendo l'antico proverbio latino che dettava “In vino veritas”: con una buona dose di alcol, infatti, anche il più schivo degli insegnanti si apriva.
Sul come si apriva, era del tutto indifferente.



Il Piccione Viaggiatore:


Terrore: ???
Rispettabilità: ???
Simpatia: Moltissima.
Pazienza: ???
Disponibilità: Altissima.


    Come il suo più stretto parente che infesta piazze ed antichi monumenti, anche questo genere di professore era sempre in viaggio: ora per uno scambio culturale con qualche altra scuola, ora per una gita di cinque giorni, ora per accompagnare fuori una classe a mangiare un gelato o a bere una cioccolata calda.
L'importante, per lui, era non trovarsi mai in sede.
Si offriva sempre per qualsiasi attività Aldilà delle quattro mura scolastiche e i professori più sedentari accettavano di buon grado la sua estrema disponibilità, affidandogli ogni genere di attività che non volevano ritrovarsi tra i piedi.
Ermes ne era un valente esempio: sulla carta insegnava Matematica -o altresì detto mille modi per fottere il prossimo-, tuttavia nessuno era ben certo riguardo cosa, esattamente, riuscisse a spiegare in quei pochi giorni di permanenza nell'istituto; tutti i colleghi però, di tutti gli indirizzi, avevano avuto un'esperienza di viaggio d'istruzione con lui e, in fondo, erano tutti contenti e lo lodavano come una persona estremamente simpatica.


L'incazzato:

Terrore: Altissimo.
Rispettabilità: Altissima.
Simpatia: *tosse acuta*
Pazienza: Che cos'è?
Disponibilità: Senti, non mi rompere i coglioni.

    Evoluzione dello Studente Incazzato, il Professore Incazzato era la tipologia più comune in ogni scuola, tanto che a volte potevano radunarsi anche in un fitto branco, nel quale ogni capoccia aveva un motivo diverso per odiare il mondo.
Tutto poteva essere causa di profondo, viscerale risentimento secondo questo genere di docente: da grandi argomenti come la politica, la religione, il surriscaldamento globale o l'aumento dei costi dei parcheggi, a problemi più specifici come il Coglione con la Smart, la Testa di Cazzo alle poste o il Genitore di merda. A volte, questi tre individui potevano essere concentrati in una singola persona ed allora il Professore Incazzato esplodeva come una pentola a pressione, gridando le peggio ingiurie per tutto l'istituto.
Ares era l'indiscusso, supremo esempio dell'Incazzatura quotidiana: gli bastava entrare la mattina ed incrociare lo sguardo con il docente di Tecnica e Metallurgia, Efesto, per inabissare il proprio umore verso un odio atavico contro il mondo intero.
Per sfogare tutto quel malumore, si avviava con passo marziale in palestra, suo territorio di caccia, pronto a mietere vittime, una dopo l'altra; era quasi soddisfacente vedere la sofferenza sui volti dei ragazzi che, stremati, morivano al suolo grondanti di sudore.
Quando non si trovava in palestra, era in sala insegnanti a gustarsi un espresso rigorosamente amaro, con la castana testolina di Alettrione in dormiveglia contro la spalla. Era l'unico momento a scuola -o nella vita- in cui era veramente in pace con se stesso.



Queste erano le tipologie più note di professori contro cui intere generazioni di studenti si erano dovute scontrare, adottando astuzie e tattiche di guerra degne del miglior stratega.
Ma questa è un'altra storia ancora.


Fine Oneshot.

Troni: nella tradizione biblica, gerarchia di angeli che hanno il compito di mettere in atto la giustizia divina.
Piuccheperfetto: forma verbale.
Un bicchiere per domarli […]: piccola storpiatura de "Il Signore degli Anelli".
Si offriva sempre per qualsiasi attività Aldilà […]: sì, insomma, Hermes ha anche il ruolo di psicopompo, quindi ho voluto mettere un piccolo riferimento.


Angolo dell'autrice:

    Le vacanze di Natale dovrebbero durare tre settimane, non due: i primi giorni li ho persi con le feste e cene in famiglia, poi a Capodanno sono andata a dormire quando ormai era già mattina e... beh, ho avuto appena il tempo per aprire il libro di matematica che già è arrivato l'8 Gennaio.
Seriamente, mi sarebbe servita quella settimana in più: almeno avrei tardato la mia ansia per gli esami di fine anno e non sarei tornata a scuola con quelle occhiaie degne di un panda.

Ansia a parte, ora parliamo invece della fanfiction. Anzi, forse è meglio di no: certi professori sadici potrebbero rintracciare questa storia ed interrogarmi.
Vabbeh, sì, diciamo che il modello di interrogazione di Ade è stato preso e modificato da un'esperienza di vita vissuta e, davvero, è orribile dover scegliere un altro per l'interrogazione (
ma ehi: tanto ci sono anche quelle simpatiche persone capaci di mettere la classe nei casini saltando -senza avvertire nessuno- il proprio turno nelle interrogazioni programmate. Quindi va tutto bene).

E che altro dire? Beh, si parla anche di Ares sulla fine: si vede che sono passata da ascoltare “End of All Hope” dei Nightwish a “Something Just Like This” dei The Chainsmokers & Coldplay?
La bellezza della riproduzione casuale.

Prima di scomparire per un altro paio di settimane (sigh... iniziano davvero le interrogazioni? Rivoglio i miei giorni avvolta nel piumone fino alle 11:00), ci tengo davvero tanto a ringraziare di cuore tutti quelli che hanno aggiunto questa storia alle preferite/ricordate/seguite e anche chi si prende la briga di recensire.
O anche chi solo si mette a leggere questo delirio fino in fondo, tanto da arrivare a queste piccole note.
Davvero, grazie a tutti.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 5
*** Aptera e Icaro ***


Aptera e Icaro

Nickname:

Ǿinøs: Dioniso
Kërỳkëion: Ermes
Panndistellee_007: Pan


Aptera e Icaro
[raccolta di One-shots]


[Login]



Dungeon: Labyrinth;
Hours: 00:43;
Level: God Mode;
Players: 1;
Guild: Lakedaimon.


    Le mura del labirinto erano strette ed opprimenti, quasi claustrofobiche, tanto che la giovane Aptera dovette ricorrere a tutta la propria forza per resistere e non soccombere alla tremenda pressione che esercitava il nemico dormiente, signore di quel luogo maledetto.
La fanciulla correva ansimante, sfinita, ma estremamente determinata ad uscire da quel dannato posto: era una questione di pochi minuti, ormai, prima del risveglio del mostro e non doveva perdere alcun attimo prezioso.


[00:43:10][Guild][Ǿinøs]: piscio due min
[00:43:14][Guild][Kërỳkëion]: grazie per l'info
[00:43:23][Guild][Kërỳkëion]: non avrei dormito senza
[00:44:03][Guild][Panndistellee_007]: ma tutta sta gente loggata a quest'ora?
[00:44:04][Guild][Panndistellee_007]: ma ooooohhhh! Andate a lavorare!
[00:44:17][Guild][Kërỳkëion]: ...parla il bidello -_-
[00:44:29][Guild][Panndistellee_007]: almeno io ci sono in sede...
[00:44:35][Guild][Kërỳkëion]: ehi
[00:44:35][Guild][Kërỳkëion]: inmsulti=
[00:44:38][Guild][Kërỳkëion]: *insulti)
[00:44:41][Guild][Kërỳkëion]: **insulti?
[00:45:03][Guild][Ǿinøs]: looooool Ermes sta chiaramente morendo sulla tastiera


    La fanciulla si trovò davanti ad un bivio: da un lato una via luminosa, ancora rischiarata dal tenue bagliore della dea bendata che l'aveva protetta fino a quel momento; dall'altra un'oscura strada tenebrosa, velata dalla penombra creata dalle foglie di intricati rampicanti.
Inspirò a fondo, socchiuse gli occhi, ascoltò il proprio cuore che batteva ad un ritmo sempre più scandito, a tempo con i cupi tamburi di sottofondo. All'incalzante rullare, ormai era certa che il mostro si sarebbe svegliato a momenti.


[00:47:19][Guild][Ǿinøs]: mi sento così solo... T_T
[00:47:30][Guild][Kërỳkëion]: perché lo sei.
[00:47:41][Guild][Ǿinøs]: Ma quanto sei acido!! Quando il nostro matrimonio??? <3
[00:47:45][Guild][Kërỳkëion]: amore mio!!1! <3
[00:47:51][Guild][Kërỳkëion]: a quando smetterai di molestarmi con i tuoi cazzo di perizomi
[00:48:01][Guild][Ǿinøs]: Cosa?! MiA adoratA mi insulti
[00:48:23][Guild][Ǿinøs]: INSENSIBBBBBILEHHHHhhHH
[00:48:40][Guild][Kërỳkëion]: EHI
[00:48:49][Guild][Kërỳkëion]: qui dentro sono solo io ad avere il giorno libero
[00:48:51][Guild][Kërỳkëion]: andate a dormire
[00:49:01][Guild][Ǿinøs]: Brv
[00:49:08][Guild][Ǿinøs]: metti a dormire i piccoli
[00:49:17][Guild][Ǿinøs]: che poi ci divertiamo :))))))))
[00:49:18][Guild][Kërỳkëion]: =_=


    Aptera avanzava nell'oscurità fitta ed opprimente, tanto che tutto intorno a lei si era tinto del nero più tetro; più proseguiva per quella strada, più sentiva le energie vitali venir meno, le gambe tremavano e la vista a tratti si faceva offuscata.
Le ricordava l'addestramento per diventare un'Assassina, quasi riusciva a sentire le ultime parole del maestro prima di lasciarla nella foresta sola, alla ricerca di se stessa.

L'oscurità è il tuo elemento, Aptera: non lasciare che le tue paure ti facciano soccombere alle tenebre, impara a controllarle e a domarle per essere il nuovo Sole di questo millennio”.
Aveva ragione, non doveva temere l'oscurità: lei dopotutto era un'elfa del Sole, nata nei bassifondi di una città e cresciuta nella più estrema povertà, grazie alla quale aveva imparato a sopravvivere e al contempo a vivere.
Doveva riuscire in quell'impresa, doveva tenere alto l'onore del suo maestro, morto in quel luogo nefasto.


[00:51:11][Guild][Ǿinøs]: Ermy ti invio su whatsapp le foto dei miei nuovi perizomi
[00:51:14][Guild][Ǿinøs]: a leopardo
[00:51:16][Guild][Ǿinøs]: a giraffa
[00:51:17][Guild][Ǿinøs]: e anche zebrati
Kërỳkëion has gone offline.
[00:51:35][Guild][Ǿinøs]: ...
[00:51:35][Guild][Ǿinøs]: ehy
[00:51:41][Guild][Ǿinøs]: siamo rimasti noi due :)
[00:51:59][Guild][Panndistellee_007]: dai che ci sono dei minori
[00:52:03][Guild][Ǿinøs]: OH-
[00:52:05][Guild][Ǿinøs]: Icaro!
[00:52:09][Guild][Ǿinøs]: vuoi unirti? :))))))))
[00:52:14][Guild][Panndistellee_007]: …


    Aptera riuscì ad arrivare alla fine della strada scelta, scoprendo un vicolo cieco.
Era ancora più buio e terrificante del resto del labirinto, tanto che quasi faticava a respirare correttamente, oppressa dalla tensione del momento, dai tamburi sempre più assordanti, dal cuore che batteva fin nei timpani.
Il mostro dormiente ruggì feroce da qualche parte nell'intricato dedalo, facendo tremare addirittura il suolo.
Era forse tutto finito?
No, non poteva essere giunta la sua ora: doveva ancora vendicare il suo maestro, doveva dimostrare di essere cresciuta, di non essere più quella ragazzina sola ed indifesa.
Con una determinazione rinata, vide nella coltre oscura un improvviso scintillio, una piccola luce in mezzo a tante tenebre. L'afferrò senza sprecare attimi preziosi e, all'improvviso, sulla sua schiena si formò una magnifica, maestosa ala bionica, la cui frigida luce azzurrognola riuscì a districare le nubi oscure che la circondavano.
Prima che il tremendo mostro taurino potesse raggiungerla, la giovane riuscì a spiccare il volo, liberandosi così dalla pressione del labirinto.
Era finalmente diretta verso quel Sole ormai non più così distante.


Aptera has earned the achievement [One Winged Angel]!
[00:55:02][Guild][Ǿinøs]: Oh! GG Icaro!
[00:55:03][Guild][Panndistellee_007]: GG
[00:55:05][Guild][Ǿinøs]: ta-ta-ta... I-CA-RO!
[00:55:08][Guild][Ǿinøs]: ci sta anche con la musichetta
[00:55:08][Guild][Panndistellee_007]: quell'achi è praticamente impossibile da fare
[00:55:13][Guild][Panndistellee_007]: però la mount che tanta roba
[00:55:16][Guild][Ǿinøs]: l'unicorno arcobaleno è più stiloso <_<
[00:55:20][Guild][Aptera]: grazie mille ragazzi ^_^
Aptera has gone offline.


[Logout]


    Dopo un attimo di attesa, ricomparve la schermata di login, con il nome dell'espansione “The Chronicles of Elláda” in primo piano con lo sfondo di un tempio incantato. Gli occhi d'un caldo castano di Icaro guardarono confusi la gentile schermata che dettava: "Siamo spiacenti, ma la connessione a internet è momentaneamente assente".
Fece allora cadere per la stanchezza il biondo capo contro la tastiera corvina, quasi sul punto di addormentarsi lì, totalmente scarico dell'adrenalina che fino a pochi attimi prima l'aveva tenuto sveglio al pari di un'abbondante dose di caffeina.

<< Icaro?>>

Il giovane si rianimò un poco, voltandosi verso la porta.
E, come un ladro colto sulla scena del crimine, desiderò solo fuggire da quella sedia girevole.

<< Icaro, devi andare a dormire, è tardi.>> sospirò il vecchio padre, contrariato per i passatempi notturni del figlio.
<< Sì, ora spengo.>> sbuffò stanco il ragazzo.

Ora non era più la bella Aptera, Assassina di massimo livello che combatteva nella prima gilda del server, nonché esempio per tutti gli altri giocatori della stessa classe; ora era di nuovo quel ragazzino di terza superiore che bivaccava da qualche tempo sulla soglia del sei.
Niente seni prosperosi, niente ammiratori da tutte le parti del mondo, niente banca straripante di monete d'oro.
Era solo un semplice ragazzo che campava con cinque euro alla settimana (mancetta gentilmente offerta dal padre Dedalo).
Quanto avrebbe voluto vivere nel videogioco, piuttosto che alzarsi la mattina presto per prendere il pullman ed affrontare la scuola.




Lunedì, arrivo a scuola, atrio.

Ampi sbadigli, occhiaie marcate e nessuna voglia di studiare.
O anche detto “tre semplici modi per descrivere il piccolo Icaro”, studio iniziato e portato avanti da Teseo, in quel momento intento, come ogni altra mattina, a vantarsi con lo stuolo di dieci o venti ragazze che gli ronzava intorno: d'altronde tutti riconoscevano la sua incredibile bellezza, la sua smisurata forza, il suo sconfinato senso del dovere e, soprattutto, la sua modestia leggendaria.
Insomma, come non amare i suoi riccioli castani, i suoi occhi d'un freddo blu mare o il suo sorriso smagliante? Sarebbe come negare la bellezza nel mondo, un peccato gravissimo, nonché atto di pura, semplice invidia e di pochezza d'anim-...
Oh, aspetta, ho perso il filo del discorso... di chi stavamo parlando?

<< Oh, Icaro... hai dormito male sta notte?>> Arianna, giovane ragazza della 4A Linguistico, si avvicinò al giovane da poco arrivato, mostrando in volto un'amorevole apprensione materna.

Ah, sì, giusto! Icaro!” Teseo, dopo aver rimuginato a lungo sui propri pensieri, sorrise soddisfatto per essersi ricordato da solo il nome del proprio devoto fedele. O altresì detto “amico”.
Ma devoto fedele suonava mille volte meglio.
No?

<< No... non preoccuparti... con un caffè si risolve tutto.>> sorrise Icaro in risposta a quelle preoccupazioni.
<< Te lo offro io, se vuoi.>> la ragazza iniziò a cercare la chiavetta persa chissà dove nello zaino, ma la bianca mano dell'amico occhialuto la fermò.
<< Tranquilla, non serve, non voglio che-...>> ma le parole di Icaro furono sovrastate dalla voce ben più cupa e tonante di Teseo.
<< Io, Teseo, eroe dei vostri cuori, offrirò al mio amico Icaro la colazione!>>

Un'ovazione femminile accompagnò l'eroica gesta dello studente, mentre Arianna, esausta, si massaggiava le tempie nascoste dalla mossa chioma d'un caldo fucsia, una tonalità tanto simile al mosto più pregiato.
Niente poteva far maturare quel ragazzo.
Teseo, senza chiedere nulla a nessuno (oh, che cuore d'oro! <3), rubò letteralmente Icaro, trascinandolo in giro per i corridoi; purtroppo, forse per colpa del vociare degli altri ragazzi, forse per colpa del proprio leggero, piccolo ego, non riuscì a sentire le proteste del ragazzo.

<< Cosa vuoi? Espresso? Cappuccino? Cappuccino con cioccolata? Sì, sì... tu sei il tipo da cappuccino con cioccolata, senza alcun dubbio.>> domandò l'eroe della scuola, talmente in gamba da rispondersi pure da solo.
<< Teseo... in realtà mi va bene anche solo un espresso. Ho già fatto colazione e-...>> Icaro, il povero Icaro, cercò di spiegare la propria situazione, ma nulla. Come parlare al vento.
<< Vuoi anche dei biscotti? Ci sono gli Oreo, a tutti piacciono gli Oreo.>>
<< Teseo.>>
<< Ah, giusto. Quanto zucchero nel caffè? Suppongo tre pallini. Sì, tre pallini è il giusto, se no è tremendamente dolce.>>

Icaro sospirò, appoggiandosi sconfortato alla macchinetta delle bevande, mentre l'amico faceva e si complimentava addirittura, ignorando totalmente il mondo circostante.
In tutta onesta sincerità, non poteva immaginare nulla di peggio.

<< Oh, Icaro! Proprio te cercavo!>>

Il giovane munito di occhiali alzò lo sguardo, incontrando il sorriso del magnifico, unico, inimitabile professor Apollo. Il suo ego, messo accanto all'ego di Teseo, dava il via ad un vero e proprio “Scontro tra Titani” in cui era seriamente difficile decretare un vincitore.
Perché non poteva avere una mattina normale?
Apollo, con il suo magnifico completo di un oro scintillante, avanzò puntando il ragazzo basso ed occhialuto, il quale nella sua bassezza ed occhialutezza sembrava non voler affatto stare lì.

<< Sei tu Icaro, giusto?>> domandò confuso il docente di Discipline Pittoriche, ricontrollando la lista che stringeva tra le mani.
<< Guardi, anche io con i nomi oggi faccio confusione.>> annuì solennemente Teseo, comprendendo appieno lo stato d'animo dell'insegnante raggiante.
<< Sì e poi contando che siete anche tanti...>>
<< Oh, non me ne parli: ho più di duemila amici su Facebook, ma davvero...>>
<< Aspetta, ti avevo accettato l'amicizia, vero?>>
<< Mi pare di sì, ma io la seguo anche su Instagram, Twitter e...>> nel mezzo di quell'importante chiacchierata, Teseo iniziò a sorseggiare il cappuccino al cioccolato e a sbocconcellare qualche Oreo.
<< Oddio, hai visto il mio ultimo selfie? Sono venuto bene, vero?>> luminoso come una vera e propria stella, Apollo si era totalmente dimenticato del motivo per cui era lì.
<< Sì, ovvio: aveva quel gusto retrò, ma al contempo incredibilmente moderno. Lei è un vero maestro.>>
<< Oh, lo so, modestamente.>>

Ad Icaro, in mezzo a quei due, parve di sentire il suono delle campane nuziali.
E invece era solo la campanella di scuola.
Fu sul punto di allontanarsi discretamente, come era stato discreto per tutta quella conversazione, ma improvvisamente fu trascinato di nuovo al centro dell'attenzione: Apollo con la sua immancabile eleganza, gli bloccò il passaggio.

<< Tu eri iscritto al viaggio culturale in Giappone? Quello che io avevo organizzato per voi studenti?>> chiese il docente, muovendo la morbida, lunga chioma d'un caldo biondo.
<< Ah? S-sì...>> annuì il povero, sventurato Icaro.
<< Oh, perfetto: tu, per la tua pagella misera, sei stato escluso.>>

E con un sorriso, il professore si allontanò in tutta la sua perfezione e il suo splendore.
Il ragazzo, nel suo cuore, si sentì sprofondare nei più gelidi, profondi abissi del rimorso: quel viaggio in Giappone era tutto ciò che ambiva da un intero anno e quando, finalmente, ormai era tanto vicino, si ritrovava improvvisamente escluso senza una valida ragione.
Sì, va bene, aveva una pagella da “sei spaccato”, però non era una buona motivazione.
Il cuore pesante, gli occhi lucidi e il fiato mozzato gli fecero ricordare quanto meglio fosse la sua vita virtuale, piuttosto che quella reale. In quel momento, voleva solo nascondersi dietro all'immagine di Aptera, per soffocare quell'insopportabile tristezza.
Lei, dopotutto, era forte... al contrario di lui.




Lunedì, ricreazione, cortile della scuola.

Appoggiato al muretto del campo da calcio, osservava assorto le coppie di fidanzati che camminavano mano nella mano per il cortile, sfilando in passerella e mostrando al mondo quanto erano innamorati.
Come faceva la gente ad essere così spensierata?
Mangiò quel che rimaneva degli Oreo gentilmente offerti da Teseo, poi sospirò ripensando ancora all'opportunità mancata.
Se avesse abbandonato per tempo il gioco, se si fosse concentrato più sugli studi...

<< Ehi... Icaro.>> sorrise Arianna con la dolcezza che sempre l'aveva distinta << Tutto bene?>> aggiunse, notando il suo sguardo triste.

Si conoscevano dalle elementari, da bambini avevano sempre trascorso i pomeriggi al parco per giocare ora a pallone, ora a fantasticare su quello scivolo pericolante, ma estremamente divertente; era davvero una persona gentile, lei, e quasi era un peccato che fosse impegnata con Teseo.

No, non era geloso.
No, assolutamente.
Beh... forse giusto un po'.

<< Beh... è un po' per il viaggio...>> sospirò Icaro a testa china.
<< Sì... Teseo me l'ha detto.>> annuì la ragazza sedendosi accanto a lui << E l'altro po' per che cos'è?>>
<< Ah? Eh... beh, nulla.>> il rossore sulle gote del giovane lo tradì, come Bruto aveva tradito a suo tempo Cesare con un set di coltelli “Miracle Blade”.
<< Ehi... sei un pessimo bugiardo!>> rise lei e da perfetto prototipo di zia gli strampognò -termine tecnico per quella tortura medievale- le guanciotte tinte di un rosa acceso << Puoi dirmi tutto quello che vuoi, lo sai.>>

Icaro sospirò, ancora una volta, cercando il coraggio perduto in qualche angolo dell'animo.

<< Ecco... pensi che una vita... di fantasia... possa essere migliore di quella reale?>>

Arianna corrucciò la fronte per qualche attimo pensosa, quasi per cercare di capire cosa si nascondesse dietro a quella domanda. Non sapeva della sua dipendenza (beh, sì, insomma... diciamo leggera passione) per i videogiochi, soprattutto per un videogioco in particolare, ma sembrò comunque comprendere la situazione.

<< Beh, sicuramente: se la crei tu, ovvio che una vita di fantasia è effettivamente perfetta.>> annuì la giovane << Ma... vivendo solo di fantasia... non è che rischi di perderti i reali momenti importanti? Ad esempio un'uscita con una ragazza, il matrimonio, i futuri figli...>>
<< COSA?!>> esclamò confuso Icaro dello stesso colore di un pomodoro maturo << Stai correndo decisamente troppo!>>
<< Ah-ah! Su, Icaro, pensa a quanti “achievement” nella vita reale devi ancora guadagnare!>> la ragazza si alzò e si diresse in fretta alla sede, sul suono prolungato della campanella che segnava la fine della ricreazione << Non buttarti giù!>> gli urlò, con il suo solito, caldo sorriso.

Icaro, invece, rimase ancora qualche attimo seduto, senza più alcuna certezza.


Quando tocchi il fondo dell'abisso,
l'unica cosa che puoi fare è cercare di risalire.
Ci riuscirai... Icaro?



Fine One-Shot!

Guild: Gilda, gruppo di giocatori.
Aptera: “Senza Ali”.
Mount
: Cavalcatura.
Loggata: collegata. Si riferisce a quanti giocatori sono online.
Miracle Blade: e non Myracle Blade. Grazie suggerimento della regia, non me ne ero accorta della svista (e di molte altre sviste ancora nascoste per il testo).
One Winged Angel: riferimento a Final Fantasy VII. Sephiroth è praticamente il ricordo della mia infanzia, di quando mia sorella giocava alla play ed io le facevo da supporto morale.
Achievement: obiettivo.



Angolo dell'Autrice:

No. Non ho passato anni della mia vita a giocare a World of Warcraft. No di certo.
Assolutamente.
Comunque, la dipendenza da videogiochi è, come ogni altra dipendenza, incredibilmente insidiosa e difficile da superare. Quando parlo di dipendenza, ovviamente non mi riferisco a quella gente che gioca ad app per cellulare per mezz'ora al giorno, ma per quelli che vivono per un determinato gioco. Ognuno è libero di spendere il tempo come meglio crede, tuttavia bisognerebbe sempre avere una misura.
Come faccio a saperlo?
Eh
... *colpo di tosse*


In ogni caso, devo dire che mi sono divertita parecchio a scrivere i dialoghi tra Dioniso/Ermes e Teseo/Apollo. Le coppie quelle belle.
Cioè, in verità Teseo e Apollo non li avevo mai visti come coppia, è un crack pairing nato in corso d'opera.
Ora non so bene se shipparli o meno, nel dubbio li trovo adorabili (sono l'autrice, ok, ma non mi importa, adoro terribilmente scrivere di personaggi così tanto egocentrici).


In chiusura di questo angolo, ringrazio davvero di cuore tutti quelli che hanno aggiunto la fanfic alle loro preferite/seguite/ricordate. Cioè, davvero, non pensavo che potesse interessare tanto.
Inoltre un grazie anche a quei lettori silenziosi che non si limitano a leggere l'ultimo capitolo uscito, ma riprendono quelli precedenti: mi fa capire che in fondo forse davvero può piacere e ne sono sinceramente contenta.
Un abbraccione a tutti!
Ed ora... è meglio che vada a prepararmi per la settimana di interrogazioni. Sono capitata per prima in Scienze Umane e devo studiarmi tutti gli autori che abbiamo fatto da inizio anno per una simpatica simulazione.
Sigh.
Rivoglio le vacanze.
Davvero.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 6
*** Quando Policleto scoprì i Manga Yaoi ***


Quando Policleto scoprì i manga Yaoi

Quando Policleto scoprì i Manga Yaoi

[raccolta di One-shots]


Così come un battito d'ali di farfalla può sconvolgere la vita di centinaia di persone dall'altro capo del mondo, allo stesso modo un manga può rovinare i pomeriggi di poveri martiri.


Lunedì, 4A Artistico, quarta ora.

    I radi capelli bianchi erano ancor più bianchi e radi, rinsecchiti come foglie autunnali che al primo soffio di vento decidono di cadere al suolo, staccandosi dal vecchio ramo d'appartenenza.
Gli occhi sottili, nascosti dietro ad occhiali a fondo di bottiglia capaci di ingigantirli oltre l'umano, saettavano da destra a sinistra impossessati probabilmente da qualche furia.
Il respiro rauco ed affannato preannunciava -oltre ad un possibile malanno stagionale- il malumore del professore, dovuto probabilmente a qualcosa.
Policleto, in queste drastiche condizioni fisiche, si sedette in cattedra, ponderando su quanto aveva visto e su quanto stava per annunciare: l'ignoranza, dopotutto, andava debellata.

<< Per giovedì...>>

Silenzio assoluto. Tutti attenti. Qualche colpo di tosse dal fondo per dare atmosfera.

<< Per giovedì voglio venti tavole di anatomia. Studio delle ossa e dei muscoli. Chi non me le presenta prenderà un due sul registro.>>

Ancora qualche attimo di silenzio, prima di una vana ed inutile rivolta studentesca repressa con note disciplinari.


Ma come era nato tutto ciò?


Lunedì, 3B Scienze Umane, prima ora.

    Persefone aveva un grave problema nella sua difficile vita di adolescente: sua madre, che la proteggeva in ogni situazione e da ogni essere vivente per custodire la sua pura giovinezza dalle crudeltà del mondo.
Quando le sue amiche alle medie avevano iniziato a truccarsi, Demetra le aveva condannate come “Future lavoratrici sull'autostrada” ed aveva impedito alla preziosa figlia di frequentarle; quando, nel periodo di San Valentino, tutti avevano trovato l'anima gemella, l'unico martire che era riuscito a vincere la paura e le si era avvicinato, si diceva che fosse stato spedito in Siberia ai lavori forzati in qualche miniera.
Inoltre, tutti i contatti erano prima controllati ed approvati da sua madre, Demetra. Poteva far shopping solo con sua madre, Demetra, e comprare solo i vestiti approvati da sua madre, Demetra. Aveva la possibilità di uscire la sera con le amiche -precedentemente approvate, sia ben chiaro-, solo se poi rientrava ad un orario non oltre le undici e mezza di sera.

Ah, sì, orario ovviamente stabilito ed approvato da sua madre, Demetra.

In una così drastica situazione, raggiunta la tappa del Liceo, un ragazzo poteva agire in due e in due soli modi: o fare un salto carpiato dall'ultimo piano di un palazzo, oppure diventare il peggior criminale in circolazione.
Persefone stava seguendo la seconda via, passo dopo passo, raggiungendo piccole, grandi libertà in quel regime totalitario in cui era costretta a sottostare; tuttavia, prima di arrivare al massimo atto di ribellione e di presa di coscienza personale, la prima tappa di questo lungo cammino fu l'accettare un piccolo, prezioso volumetto da parte di Alcippe.

<< Allora, hai finito di leggerlo?>> domandò con un gran sorriso l'amica, nonché compagna di banco, mentre il professore di Psicologia interrogava i prescelti di quella lezione.
<< Sì! Ma quindi finisce così?>> gli occhi celesti di Persefone brillarono di gioia, guardando la ragazza dispensatrice di verità.
<< Guarda...>> Alcippe scrutò tutt'attorno cauta, prima di continuare il discorso abbassando ulteriormente la voce, come se stesse per proferire un importante segreto di Stato << Sono solo voci, ma... la mangaka sta pensando di fare un seguito.>>
<< Davvero? Spero che diano più spazio alla terza coppia... era così carina.>>
<< Quella del ragazzino e dell'insegnante? Sì, sì... ha detto che ci sarà un capitolo solo dedicato a loro. Ma sono solo rumors.>>

Persefone rise contenta con l'amica a quella magnifica notizia.
Il Professor Eros, attratto da quella risatina decisamente meno vaga rispetto alla più che vaga affermazione “la Psicanalisi nasce all'incirca dopo l'Illuminismo, ma prima della Seconda Guerra Mondiale. In quei decenni lì, insomma”, si alzò per raggiungere il suono cristallino (e, al tuo temporaneo allontanamento, gli interrogati, ovviamente, ne approfittarono per aprire con foga i quaderni, libri, bigliettini e coperchi di calcolatrici per ripassare).
Il docente saltò quindi per il lungo gli zaini, per il largo i cappotti, per l'obliquo la classica immondizia sparsa sul pavimento, fino a raggiungere gli ultimi banchi dove si trovavano i due soggetti incriminati.

<< Allora, cosa sta succedendo?>> domandò con tono autoritario, risultando comunque meno severo del dovuto: dopotutto, era un uomo di buon cuore e, se non in casi eccezionali, non riusciva mai ad incutere timore.
<< Scusi, profe... stavamo solo ripassando.>> mormorò imbarazzata Alcippe, chinando lo sguardo cremisi sul libro di testo.
<< Mhm? Le mie materie sono così divertenti?>>

Persefone nel frattempo provò ugualmente a nascondere le prove, ma fu un attimo troppo lenta rispetto alla rapidità del professore, che le strappò dalle mani il prezioso volumetto.
Un vero e proprio tuffo al cuore per le due ragazze.

<< E cosa abbiamo qui?>> Eros aprì il manga, tuttavia, oltre a capitare in una pagina di dialogo tra uomini disegnati probabilmente da Picasso affetto da sbornia, non trovò nulla di sconvolgente. Sfogliò con noncuranza il resto del libretto, ma ormai la sua attenzione era tornata agli interrogati << Questo è sequestrato. Dovete prestare attenzione all'interrogazione e, soprattutto, non disturbare.>>

Il manga fu chiuso nel cassetto della cattedra, in mezzo a giustifiche ed altre autorizzazioni.
E lì, purtroppo, rimase per il resto della giornata.


Il danno vero e proprio.


Lunedì, 3B Scienze Umane, terza ora.

    Policleto odiava profondamene ogni forma d'arte che sfuggiva al preciso criterio di proporzionalità sancito da secoli e secoli: l'arte moderna e contemporanea, per lui, avevano solamente trasformato la figura umana in un ammasso di linee confuse, distorte ed orripilanti, ricercando nel bizzarro e nel blateraggio sul significato il nuovo senso di bellezza.
Ma per Policleto, insegnante di Anatomia e Scienze Naturali, una simile libertà era un vero e proprio insulto all'intelletto: la bellezza non poteva e non doveva essere caotica, bensì doveva seguire un canone, un ordine riconosciuto universalmente.
In quella splendida giornata di pioggia, una simile persona positiva si era ritrovata a far supplenza in una classe delle Scienze Umane, liceo capace di partorire solo malati mentali convinti che la Psicologia fosse, a tutti gli effetti, una scienza: era ovvio a tutti, però, che la Psicologia non avesse nulla di scientifico o di rigoroso, tanto da avere più teorie che esperti del settore.
In quel pessimismo cosmico, tuttavia, il professore si fece ugualmente forza: la lezione sarebbe durata solo cinquanta minuti, grazie alla Ricreazione benedetta.

<< State seduti.>> esclamò una volta entrato nella stalla e preso posto alla cattedra.

Senza neppure alzare il capo o chiedere se avessero qualcosa da fare in quell'ora, iniziò a lavorare al computer, ignorando completamente le esigenze altrui.
Per la fama di essere un temibile docente che nel corso degli anni aveva mietuto vittime su vittime, infatti, bastava solo la sua presenza per instaurare un silenzio rigoroso. Nessuno quindi s'azzardò ad alzarsi, eccetto il pio Enea, che dopo una decina di minuti si presentò sulla soglia con brioche e cappuccino da asporto, freschi di bar.
Il professore lo fulminò.
Il ragazzo sentì l'animo precipitare nel baratro del terrore: tra tutti i supplenti che potevano sedersi alla cattedra, quello era sicuramente il più intransigente.

<< E tu?>> domandò monocorde Policleto, distogliendo l'attenzione dal portatile.
<< Ecco... avevo una visita e sono arrivato adesso.>>
<< Suppongo che tu abbia donato otto litri del tuo sangue, a giudicare dalla quantità di zuccheri che ti porti appresso.>> e l'ossuto dito dell'uomo indicò il krapfen alla crema galeotto << Signorino, nessuno le ha insegnato che si viene a scuola per imparare? Mi lasci qui il tagliando d'entrata e si sieda.>>

Enea lasciò il biglietto sulla cattedra e, veloce come una lepre, si sedette al proprio posto in fondo all'aula; dopo un attimo di stallo, i discepoli accanto e davanti a lui accettarono sottobanco (letteralmente) la santa spartizione di croissant, in cambio di monete sonanti.
Policleto, nel frattempo, aveva aperto il cassetto per mettere via la testimonianza d'entrata, tuttavia la sua attenzione fu catturata da un libercolo insolito, dal nome sicuramente cinese: Junjou Romantica.

Cosa diavolo significava?

Corrucciò la fronte davanti a quella copertina colorata e, per studiarne il contenuto, provò ad aprirlo con estrema cautela, quasi si trattasse di una bomba ad orologeria. Era a pagina dieci, ma ciò che vide fu peggio di un'intera mostra d'arte contemporanea.

Mani giganti.
Corpi deformi.
Visi triangolari.
Posizioni oltre il limite dell'umana concezione.

Il suo cuore non resse un tal concentrato di sproporzione e di bruttura, tanto da tingere l'intero viso di un brillante color rubino, mentre la mano era in preda a violenti tremori incontrollati.
Tutto ciò era assolutamente inconcepibile.


Infine, il battito d'ali per spiccare il volo.


Presidenza, dopo le lezioni.

    I sensi di colpa si leggevano sul corpicino di Persefone: lo si poteva vedere dal suo modo di martoriarsi le mani o dal suo biondo capo chino, con lunga chioma quasi a coprirle il volto afflitto per ciò che aveva causato. Ma di tutto l'accaduto, quello che realmente la terrorizzava era la possibile reazione della madre.

Era già stata informata? Aveva visto la chiamata? Il suo telefono era forse scarico?

Lavorando in ufficio, probabilmente aveva lasciato il cellulare in modalità silenziosa e non aveva sentito: già altre volte, quando l'aveva chiamata per un malessere, febbre o quant'altro, non aveva risposto; ma era normale, insomma, era decisamente più importante lo stipendio per riuscire a sopravvivere fino a fine mese, piuttosto che qualche febbriciattola passeggera.
Tuttavia, Persefone non poté non sospirare gravemente.
Davanti a lei, in fila indiana, avevano inoltre sfilato i ragazzi dell'artistico, che per colpa della sua disattenzione si erano ritrovati con ben venti tavole da portare a termine entro giovedì: non era esperta di film su grandi battaglie, però aveva visto fotogrammi di reduci di guerra conciati in un modo più dignitoso.

<< Tra tutte le persone che potevano sedersi su quella poltroncina, tu sei sicuramente l'ultima, Piccola Testolina Bionda.>>

La voce di un professore la distolse dai suoi pensieri.

<< Non te l'ho mai detto che, se proprio devi fare una tinta, per me staresti benissimo nera?>>

Un suono conosciuto, familiare, addirittura confortante.

<< Salve, Prof. Alettrione.>> Persefone sorrise al suo eccentrico docente di Filosofia, che nel frattempo le si era seduto accanto.

Quel giorno, come tutti avevano notato e fotografato, l'amato ex-modello sfoggiava peccaminosi pantaloni aderenti in pelle ( “Nessun'altra creatura può avere un fondoschiena così sodo! <3” “Afrodite... no.” “Uffa, Eros sei noioso”), abbinati a scarpe dal valore di un'automobile e ad una lunga maglia senza maniche di un candore che lasciava quasi intravedere i magnifici pettorali; il tutto ovviamente coronato da un'immancabile, morbida pelliccia bianca, tanto per rimanere sobri.
Come una simile creatura angelica fosse precipitata nell'abisso dell'insegnamento, ancora era un mistero, tuttavia tutti apprezzavano il suo lato... beh, qualsiasi lato.
Non era importante specificare quale.

<< Allora?>> chiese l'uomo, inclinando dubbioso il capo << Hai l'aria di una persona che ha bisogno di parlare. Ed io ho del tempo libero.>>

Era decisamente un comportamento atipico da parte di un insegnante, ma proprio nella sua sfera di creatura atipica risultava essere un grande aiuto per lo studente confuso ed incerto, bisognoso di qualche parola sincera.

<< Beh... ecco... ho portato a scuola del materiale... non adatto, ecco.>> mormorò la giovane, un sussurro quasi impercettibile e biascicato.
<< Un porno? Accidenti, non ti facevo così audac-...>> tuttavia il suo tono quieto non fu lo stesso adottato dal docente, decisamente più rumoroso.
<< NO!>> la fanciulla aveva assunto le tinte più calde del bordeaux, tanto da istigare la risata nel giovane uomo che le scompigliò i capelli con un amorevole gesto materno << Ci sono solo scene... un poco... ecco... oltre... tra due... ragazzi.>>
<< Ah? Se proprio ti devi dare alla pornografia, ti consiglio dei film francesi che sono sempre molto interessanti: alcuni non hanno sottotitoli, ma credo che non abbia imp-...>>
<< Profe, non è pornografia.>> ribadì la povera Persefone ormai diventata di un rosso brillante, luminosa quanto un semaforo.

I sensi di colpa, insieme alla vergogna per ciò che aveva fatto, le stavano opprimendo l'animo in una morsa insopportabile.

<< Hai mai vissuto la tua vita facendo qualcosa per te stessa?>> alla domanda improvvisa, l'allieva fu alquanto sorpresa, tanto che guardò l'insegnante confusa ed affranta.
<< Beh...>>
<< Rispondimi con sincerità, non ti metto un voto.>>

Persefone deglutì a fatica, martoriandosi ancora le mani per l'ansia che le stringeva le interiora: Alettrione non era certo un professore severo o senza cuore, anzi, sembrava quasi aver interiorizzato e fatto propri gli studi universitari di Psicologia.
Forse, effettivamente, una parola confortante poteva risollevarle il morale ormai sprofondato in un oscuro abisso.

<< ...non voglio deludere mia madre.>> biascicò a fatica, come se la verità fosse troppo difficile da ammettere.

Quello sguardo e quelle parole comunicarono molto al docente, che, trovata l'origine di ogni male, si alzò e con fare teatrale spalancò le braccia.

<< Per non deludere qualcuno ti annulli, quindi?>> Alettrione, nella sua decisamente non spiccata altezza, si chinò un poco, tanto da essere suo pari << Sei nell'età più bella: esprimiti come più ti piace. Se vivi nel terrore e nell'ansia non riuscirai mai a capire chi sei veramente.>>

C'era perplessità in Persefone.
Nella totale follia di quel professore, infatti, aveva visto uno spiraglio di luce, una possibilità di uscire da quel circolo vizioso di angoscia e repressione: esprimere se stessa, dopotutto, non significava per forza andare contro i voleri di sua madre... giusto?
Non voleva dire compiere chissà quali atti di ribellione adolescenziale, no di certo.


Giusto?




Fine Oneshot!


Policleto:
scultore greco, padre del canone relativo alla proporzione dei corpi.
Alcippe: figlia di Ares, appartenente ad un altro mito.

Mangaka: autore di un manga.
Porno francesi: davvero, non ho mai visto un porno (vabbeh, Game of Thrones, I Borgia e qualsiasi altra serie tv fantasy/storica esclusa), mi baso sul “sentito dire”. Confido nella fonte.
Junjou Romantica: l'anime è composto da 30 puntate o più. E mannaggia a loro, la coppia più decente è rinnegata a sole 3-4 puntate.


Angolo dell'autrice:

    Eccoci qui con un nuovo capitolo! Devo dire che questo ponte di Carnevale è arrivato al momento giusto: mi serviva un attimo di respiro dopo un periodo intenso di verifiche e di interrogazioni.
Certo, ho ancora ansia per Letteratura Inglese (visto che, non lo nego e non ne faccio un vanto, faccio veramente una fatica tremenda con Inglese), ma almeno sono viva e ho recuperato addirittura le ore di sonno perse a ripassare.

Comunque, come è nata l'idea per questa storia?
Semplice: dalla minaccia più che concreta di “Dobbiamo finire di vedere la terza stagione di Junjou Romantica”.
Poi Junjou Romantica si è collegato a quella parte generale del Neoclassicismo che stavo studiando... e il mio sadismo interiore ha fatto il resto.
Non si parla esattamente di un mito, o perlomeno, a grandissime linee sì, visto che ho voluto mettere le basi per il mito di Persefone: non è facile per un ragazzo che ha subito un certo tipo di educazione ribellarsi alla figura genitoriale e, per questo, ho deciso di stendere i suoi piccoli, grandi cambiamenti nello scorrere dei futuri capitoli (quando, ovviamente, compare).
E... sì, Alettrione è la mia mascotte personale. La povera gente che è costretta a sopportarmi nella vita quotidiana lo sa bene.

Detto questo, come sempre ringrazio davvero chi ha dedicato un po' del suo tempo a leggere/commentare/aggiungere questa storia: tornare a casa dopo giornate pesanti e vedere una recensione o anche solo una persona in più che ha iniziato a seguire questo delirio, beh... fa sempre piacere.
Spero di non deludervi!


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 7
*** La Segreteria ***


La Segreteria

La segreteria

[raccolta di One-shots]


    La Segreteria era una mistica stanza munita di computer e di chiacchiere, gestita da tre sorelle particolari, scelte appositamente da Zeus in persona perché figlie di conoscenti (ehi, quando mai si sono fatti favoritismi, malfidenti), perché perfettamente idonee all'incarico: in effetti, nessun'altra creatura sulla faccia della Terra sarebbe stata in grado di far perdere allo studente ogni speranza in una vana, inutile attesa allo sportello.
Alla scuola Agorà non serviva quindi l'Apple Store con il nuovo modello di Iphone XOXOXO per provare l'ebrezza di una calca ansiogena: ci pensava infatti la segreteria con i suoi orari indecenti.
Ma niente timore! Nei programmi elettorali dei Rappresentanti c'era sempre la voce “Orari della Segreteria”, nella vana speranza di una risposta da parte del Sommo Preside in favore del popolo oppresso (peccato che, in una dittatura, il popolo ha meno diritti di una bestia da soma).
Nel frattempo, se proprio si voleva provare l'ebrezza dell'attesa, si consigliava una breve lettura d'intrattenimento come “Il Signore degli Anelli” o “Guerra e Pace”, una tenda da campeggio ed un sacco a pelo. Gli eroi più attrezzati portavano persino un thermos con qualche bevanda calda, un pacchetto di biscotti ed una torcia elettrica, ma questi erano solo optional superflui.



Lachesi:

    In questa storia di infinite attese, Lachesi, sorella di mezzo, giovane decisamente di bella presenza, era una figura rassicurante con il suo dolce sorriso e la sua chiara parlantina. Soprattutto la sua chiara parlantina, con cui si intratteneva con i colleghi per ore, ore e ore, dimenticandosi completamente del povero sventurato appeso allo sportello da giornate intere.
Ma, oltre ad essere un
animale sociale, aveva anche altre diverse passioni, tra le quali spiccava sicuramente la lettura dell'Oroscopo quotidiana, visto che poneva una grande fiducia nel futuro: si interessava così ai segni zodiacali di tutti i presenti, in particolar modo dei Gemelli, al fine di conoscere il roseo o il nefasto destino di ognuno. Per di più, quando i Gemelli avevano cinque stelle nella categoria “Amore”, lei era solita cinguettare felice per poi iniziare a fantasticare riguardo il numero tendente ad infinito di possibili figli, tutti chiamati “Ermes” (con l'aggiunta di “I, II, III...” secondo la nascita).

<< Oh... siete dei Gemelli, quindi?>> domandava allora il malcapitato di turno, che ormai aveva messo da parte i fogli da compilare, più per rassegnazione che per reale interessamento alla vita sentimentale altrui.
<< Ah? No, no. Io sono del Sagittario.>>
<< E quante stelle ha il Sagittario?>>

Puntualmente, quando i Gemelli avevano cinque stelle, il Sagittario ne aveva solo mezza, per non dire nessuna. E, giunta ad una così tragica conclusione, la giovane segretaria si deprimeva, estraniandosi totalmente dal mondo circostante.
Il malcapitato, giunto a quel tragico epilogo, veniva letteralmente sbranato dai suoi compagni di coda che si erano visti sfumare ogni speranza di tornare a casa entro il fine settimana.


Atropo:

    Atropo invece, restava sempre e costantemente fissa al suo scranno dietro la scrivania, amministrando le finanze della scuola: ora controllava i bollettini postali con la lente d'ingrandimento, ora litigava per telefono con la famiglia dello studente che si era accidentalmente dimenticata di pagare una tassa scolastica; tuttavia mai usciva dalla sua base prima di aver sistemato tutto il lavoro sistemabile, quasi per timore che le sfuggisse anche un solo insignificante centesimo.
Lei giustificava la propria estrema sedentarietà dicendo di non aver più l'età per correre dietro a chicchessia, tuttavia sarebbe stata in grado di perseguitare un alunno sin nella bolgia più profonda dell'Inferno, in caso di un conto non saldato.
Di tanto in tanto, però, ascoltava le brevi vicissitudini di quei docenti che trascorrevano l'ora buca lontani dalla terribile Aula Insegnanti. Esteriormente riusciva a rimanere impassibile davanti alle sventure, rafforzando lo sguardo perennemente torvo con cui seguiva l'intero racconto del confessore; interiormente però non poteva soffocare l'interesse innato per le vite altrui e i gossip che erano in grado di arricchire una giornata lavorativa altrimenti incredibilmente monotona.


Cloto:

    Cloto, la più giovane, nonché piccola mascotte della scuola con le sue morbide codine nere, era in verità un ferocissimo hacker professionista che poneva le proprie incredibili conoscenze a servizio del migliore offerente. Il miglior offerente era ovviamente Ade (fratello del Sommo Preside) che la pagava profumatamente con l'aggiunta di un extra in dolciumi provenienti dall'America.
E Cloto amava in modo particolare le barrette
Snickers.
Non era chiaro il suo ruolo in Segreteria, lei si limitava a trascorrere le mattinate a tessere i fili delle vite di tanti, nocivi virus che, su ordine del Sommo Preside, avrebbe successivamente scagliato contro le scuole avversarie per minarne la fama nel più totale anonimato.
Però, seppur possedesse ampie conoscenze informatiche, non era adatta al lavoro di Tecnico della Scuola: il Tecnico della Scuola infatti non aveva alcun tipo di competenza e, in caso di necessità, doveva solo spegnere e riaccendere il computer, trovando la causa di ogni male negli studenti irresponsabili.
Lei, in tutta quell'ignoranza, piuttosto che intervenire, preferiva gustare con calma la barretta ipercalorica al cioccolato, facendo oscillare le codine a ritmo della musica a tutto volume, mentre allo sportello intere legioni di studenti cedevano per stanchezza e depressione.


[Segretari Speciali]



Ganimede:

    Il magnifico, unico, solo segretario personale di Zeus: era un giovane dal bellissimo aspetto e dai lineamenti femminei, dolci, capaci di sedurre al primo sguardo; inoltre studiava ogni movenza per apparire sempre e comunque perfetto, incredibilmente desiderabile.
Quando passava lui per i corridoi, tutto il mondo doveva fermarsi ad ammirarlo, pena la persecuzione e la minaccia più che concreta di licenziamento.
Oltre a questo extra, comunque, il suo compito principale era quello di portare le carte da un ufficio all'altro, intrattenendosi occasionalmente per diverso tempo alla scrivania del Sommo Preside. Però, come detto, trovava incredibilmente divertente ed appagante il semplice rovinare la vita dei professori, sfruttando la propria immunità: d'altronde, il suo amato superiore poteva solo dar credito alle sue amabili parole, piuttosto che ascoltare la voce di qualche rozzo insegnante sottopagato.
Certo, questi trucchetti non funzionavano proprio con tutti, alcuni si opponevano alle sue innocue pretese.

<< Pensi davvero che Mio Padre abbia il coraggio di fare qualcosa alla sua bimba prediletta?>> la voce zuccherosa di Atena, nei momenti di maggior quiete, gli ronzava ancora nella testa, procurandogli ogni volta un brivido di orrore: era estremamente inquietante, se non addirittura totalmente psicopatica, quando la si sfidava più o meno apertamente.

Dopo quell'episodio, cercava quindi di essere più accorto nella scelta delle vittime.



Iride:

    C'era un motivo se ciascun membro del personale portava con sé un portafortuna, anche chi -ateo infedele- non credeva nella dea della Sfiga: dove passava Iride, infatti, era una costellazione di catastrofi naturali, come stampanti improvvisamente non funzionanti, esplosioni degne di Michael Bay provenienti dai laboratori di Scienze e/o macchinette delle bevande che decidevano di vendicarsi sull'utenza con un rigurgito di liquidi ad una temperatura pari o superiore ai 2000ºC.
O almeno così raccontavano le voci di corridoio, maligne.
In realtà, infatti, Iride appariva soltanto quando doveva dare qualche nefasta notizia riguardante un licenziamento o, peggio, una convocazione in presidenza.
E quello che succede in presidenza, rimane in presidenza.
Per evitare la sciagura di quella donna in tailleur, il resto del personale aveva quindi deciso di svaligiare la bancarella cinese al mercato, prendendo qualsiasi magico amuleto contro la malasorte.
Non che la plastica Made in China funzionasse realmente, ma a volte anche la Scienza doveva lasciar il posto alla più popolare Superstizione per guarire l'animo dall'ansia del vivere quotidiano.



Fine One-Shot!


Gemelli: Mercurio è il pianeta dei Gemelli. In realtà protegge anche altri segni e non si può dire che Mercurio sia Ermes, ma ehi, chiudiamo un occhio.
Sagittario: segno opposto ai Gemelli.
Snickers: barretta al cioccolato.
E quello che succede in presidenza, rimane in presidenza: parziale citazione a Fight Club.



Angolo dell'Autrice:

    Allora, parliamoci chiaro clima: non puoi far nevicare quando devo prendere il pullman. Insomma, sai cosa vuol dire stare sotto la neve aspettando l'autobus? Che, con questo tempo, è come aspettare Godot, visto che le strade sono tutte intasate.
Alle volte vorrei essere un orso per passare la stagione fredda in letargo ed uscire fuori in primavera.

Comunque, lamentele mie sull'inverno a parte, voglio scusarmi per il ritardo della pubblicazione, ma queste settimane siamo pieni con la scusa della gita ormai alle porte: quindi ho dovuto studiare e mi sono ridotta a stare al pc solo la sera tardi, per guardare una puntata di una serie tv (a tal proposito, quanto è bella “La casa di carta”? Grazie Netflix per farmi scoprire queste perle).

In questo capitolo si parla di un argomento che mi sta molto a cuore, ovvero l'attesa infinita allo sportello della Segreteria: in cinque anni di lunga carriera liceale, per ritirare un libretto o per portare un foglio firmato ho sempre dovuto fare una coda chilometrica (oppure, se magari si passa prima del suono della campana, le segretarie si lamentano del fatto che uno studente non può uscire dall'aula cinque minuti prima. Cinque minuti. Cinque).
La scelta di caratterizzare in questo modo le tre Moire deriva tutto da certe mie fanfiction più o meno vecchie: ho sempre cercato di differenziarle per aspetto e carattere, anche se, ovviamente, qua sono molto caricaturali.
E per quanto riguarda la storia tra Hermes e Lachesi? Deriva da un crack pairing che avevo scritto in prima (?) o in seconda (?) superiore. Cose che non farei leggere a nessuno, anche se l'idea di base mi piace tutt'ora.

Ah, gli scheletri nell'armadio.

Ringrazio come sempre chi commenta/legge/o da comunque una speranza a quel che scrivo. Io non so bene se riuscirò a sopravvivere fino a fine Marzo (e non so nemmeno se riuscirò a salire su un areo con le mie vertigini), ma in ogni caso vi saluto ancora e spero che continuiate a seguire questo piccolo delirio.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 8
*** A me pare uguale agli dèi ***


A me pare uguale agli dèi

[Attenzione: presenza leggera di Shoujo-ai]


A me pare uguale agli dèi

[raccolta di One-shots]


    Su come Ares fosse stato sconfitto dall'influenza e dalla febbre a 37.2 -ormai in punto di morte, insomma- era ancora un mistero: lui infatti era famoso per avere degli anticorpi d'acciaio, tanto che in anni d'insegnamento non si era mai ammalato neppure una volta; tuttavia giravano voci che fosse tutta colpa di Oto e di Efialte, che, raffreddati, durante un'interrogazione sulla muscolatura gli avevano attaccato ogni genere di batterio a forza di colpi di tosse e di starnuti.
Altri, invece, sostenevano che fosse tutto frutto del “Karma”.
Difficile stabilire chi avesse ragione.

<< Ragazzi, in questo periodo c'è un po' tanto di carenza di personale: quindi voi della 4C del Classico sedetevi tanto pure sui gradoni e studiate quel che dovete studiare.>> Deimos, professore di Ginnastica dalla curva gobba e aspetto non decisamente rassicurante, aveva in verità un buon cuore e si preoccupava sempre per gli studenti, arrivando persino a calibrare il lavoro sulle reali capacità della classe e chiudendo un occhio o due su certe prestazioni non proprio eccelse durante i test.

Tutto ciò era lontano anni luce dall'educazione di Ares, ma proprio per questo, nell'alto mare del Liceo, Deimos rappresentava un sicuro faro nella tempesta.

<< Voi di terza invece andate tanto pure a cambiarvi per l'ora.>> aggiunse, sorridendo agli allievi per poi sedersi in cattedra per compilare il registro elettronico.

Alcippe, mentre raccontava con ampi e confusi gesti l'avvincente puntata di un anime, seguiva a passo sicuro la sua amica Persefone dallo sguardo sognante e perso sul ricordo di chissà quale ragazzo.
Calde iridi nocciola le osservavano dagli spalti, prima di concentrarsi sul testo di greco da tradurre.


A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente.


    Gli spogliatoi femminili, prima ancora di essere spogliatoi, erano camere a gas in cui i profumi zuccherini dei deodoranti si mischiavano e creavano cappe di nebbia che si potevano tagliare con un grissino.
Alcippe, conquistata la panca e solo dopo aver indossato i leggins per la lezione, si voltò verso Persefone e la squadrò con un'occhiata forzatamente seriosa e critica, sottolineata da un sorrisetto saccente.

<< Ade, Ade, Ade... sempre il professor Ade.>> sospirò esausta, prima di scoppiare in una fragorosa risata alla reazione dell'amica.

Quest'ultima infatti, per zittirla, le lanciò la maglia in pieno viso rischiando anche di sbilanciarla da quanto era scagliata con impeto. Probabilmente le lunghe estati passate a giocare a pallone in piscina -oltre ad annegarsi vicendevolmente- avevano dato i loro frutti.
Si conoscevano da così tanto tempo da essere come sorelle, seppur Demetra guardasse sempre con diffidenza quella “ragazzina che si traveste come quei cartoni giapponesi e che legge opere discutibili. Secondo me ha qualcosa che non va.”; tuttavia la loro amicizia, talmente profonda da essere in grado di superare queste piccolezze, continuava per quel caldo legame familiare che nella vita di Persefone sarebbe altrimenti mancato.

<< Zitta! Ma ti sembra?>> esclamò rossa in volto la Piccola Testolina Bionda << Era solo per dire che mi ero trovata bene con le ripetizioni... ecco...>>
<< Eh... dopo tanti nove, recuperare un sei è difficile.>> annuì la testa ramata, scuotendo quella chioma che tanto necessitava di qualche colpo di spazzola. E di una piastra. Oppure, in extremis, di un elastico.
<< Beh... sai come la pensa mia madre...>>
<< Ovviamente: il sei è la soglia del due.>> Alcippe indossò una canotta bislarga, trafugata dal cassetto di suo padre e la sistemò un po' davanti allo specchio per non far vedere il reggiseno in pizzo nero.

Già che c'era, si girò e si rigirò fissando il proprio riflesso nel vetro appannato, sospirando mestamente per le dimensioni ridotte del seno: aveva sicuramente preso da sua madre i tratti del viso, ma per quanto riguarda chioma, occhi e petto, era tutta figlia di Ares.

Maledizione. Almeno una coppa B, non chiedeva troppo.

<< Hai finito di vestirti? Sempre una lumaca.>> si lamentò Persefone sul punto di uscire dallo spogliatoio, ma Alcippe sbucò improvvisamente dalla nebbia e la superò di corsa.
<< Lumaca a chi? Non sfidare la regina di atletic-...>> la rossa tuttavia mise un piede sui lacci delle scarpe (ovviamente slacciati), capitombolando inevitabilmente a terra. Distesa sul ligneo pavimento, sentiva la risata cristallina di Persefone alle sue spalle che -ovviamente- invece di aiutarla, pensò bene di pubblicare il filmato sulla Storia di Instagram.

C'era sicuramente un girone infernale anche per simili creature demoniache.
Alcippe fu sul punto di scattare in piedi, ma proprio in quel momento notò davanti al viso una mano tesa a soccorrerla.

<< Eh...?>> confusa, sorpresa e probabilmente con un'espressione stupida, aveva fissato la sua salvatrice al pari di una creatura ultraterrena: quel viso sconosciuto, dopotutto, apparteneva ad una capoccia dell'altra classe, anche se, seppur quelli del Classico fossero effettivamente “creature ultraterrene” per tutti gli studenti dei Licei più umili, quella ragazza non sembrava avere niente di arrogante.
<< Alcippe e Persefone... giusto?>> domandò la nuova arrivata dalla lunga chioma castana, che ricadeva liscia quasi a sfiorare il volto inebetito del soldato caduto.
<< Ah... eh... sì...>> annuì incerta Alcippe in risposta, cercando ancora un possibile inganno. Erano tempi difficili quelli, in cui anche un aiuto poteva tramutarsi in una simpatica gag da condividere con gli amici.
<< Il professore Deimos vi stava aspettando. Siete le ultime.>>


Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde nella lingua inerte.


    Per cosa era famosa Alcippe in tutto il Liceo?
Ovviamente per le brillanti, calde note del violino, tanto da aver rappresentato la scuola ad importanti eventi e spettacoli, nei quali era sempre riuscita a toccare le corde dell'animo della platea, arrivando persino a commuovere i presenti con l'armonia della propria musica.

<< Alcippe! Stai tanto bene?>> Deimos terrorizzato si avvicinò immediatamente al groviglio umano di arti e di ostacoli, in cui si riconosceva ancora la figura della sbadata studentessa.

Non era di certo ricordata per la sua bravura in Educazione Fisica proprio per colpa delle sue piccole sviste o della sua testa spesso perduta tra mille pensieri.

<< Sì, sì...>> mormorò la ragazza, risollevandosi dolorante.

Ma tutti quei difetti erano nulla, in rapporto alla sua interezza. Saffo infatti, seduta sui gradini, osservava quel piccolo genio pregno di sudore, rosso in volto per l'imbarazzo e non poté non sorridere: Alcippe era la stupenda ragazza in kimono che, due anni addietro, l'aveva commossa ad un festival scolastico con l'arrangiamento per violino della canzone Senbonzakura.
Ed ora era davanti ai suoi occhi, vicina, viva.
Era bella come il primo raggio di luce al mattino, fresca come la rugiada aggrappata alle vivide foglie, reale come quella natura ancora selvaggia e autentica nel suo essere. Alcuni potevano additarla come rozza, ma quella era solo una mera apparenza, perché nascondeva in verità un delicato, magnifico spirito.

<< Su, devi arrivare alla recita di fine anno: tutti contano sulla nostra violinista!>> rise Persefone, dandole un'amichevole pacca sulla spalla.
<< Ah-ah, ma tu smettila di farmi video!>> sbuffò la rossa, guardando il Samsung dell'amica incriminato.

Era veramente una ragazza originale, dal talento unico e dal sorriso ancora più raro, in grado di solleticarle il cuore e di accelerarle il caldo battito.
Come una ninfa della foresta capace di ammaliare con lo sguardo addirittura il dio del Sole, così lei aveva conquistato con la musica e con l'ilarità il suo animo, al punto da costringerla a comporre una poesia.


Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue nelle orecchie.


    Saffo strinse una lettera tra le ceree mani, inspirando profondamente ed avanzando per quel candido cortile, ghiacciato dalla brina notturna. Avanzava a passo ora sicuro, ora invece incerto e tentennante, quasi sul punto di arretrare.
Finché, finalmente, la vide, vide quella sua rossa chioma tanto in contrasto con il bianco circostante; vide quegli occhi bassi, socchiusi, d'un vivo cremisi ora spento, così come era spento il suo sorriso e persino il suo stesso corpo sottile, rattrappito contro al grigio muro.
Davanti a quella minuta figura, il massiccio Alirrozio le impediva ogni possibile via di fuga con uno sguardo tremendo, quasi feroce.

<< Sei la mia ragazza: non puoi non mancare alla festa, altrimenti...>>

La campanella suonò su quell'ultima frase, lasciandola in sospeso, così come era sospeso l'animo di Alcippe, solo, annegato nel terrore e nella debolezza.
Sola, in mezzo al vociare di tanti studenti disattenti, che li credevano una delle tante coppie intente a pomiciare davanti a tutti prima delle lezioni, ignorando invece la triste realtà.


E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.


    Alcippe tornò in classe, inspirando a fondo, prima di sfoggiare un consueto sorriso: già non era successo assolutamente nulla, anzi, come dicevano tutti i bisbigli della classe “lei e Al hanno decisamente limonato duro! Li hai visti?”.
Non era successo assolutamente nulla: insomma, era stato solo un piccolo litigio con il proprio ragazzo, qualcosa di assolutamente normale.
Soprattutto nell'ultimo periodo.
Soprattutto dopo avergli detto di non sentirsi pronta per certi atti: per Alcippe, condividere il proprio corpo con qualcuno significava un passo importante nella relazione; però, ad ogni bacio un po' più spinto, ad ogni carezza un po' più intima, non sentiva alcun impulso ad approfondire e si irrigidiva al punto da far innervosire addirittura il suo fidanzato.
Le serviva magari del tempo per far maturare i propri sentimenti. Le serviva magari del tempo per conoscere meglio se stessa.
In fondo all'aula, contro la finestra, vide la figura di Persefone ancora intenta a scrivere interminabili messaggi al “Caro professore di latino”, che in quel periodo le occupava tutte le aree celebrali.

Ade, Ade, Ade... sempre il professor Ade.

Il mondo poteva pure crollare: tanto, finché c'era il mitico docente di Latino, nulla era importante.

<< Oh, Alcippe!>> Persefone, raggiante, le sventolò sotto al naso una lettera << Da parte di un ammiratore segreto!>>
<< Magari l'hai scritta tu.>> bofonchiò l'amica, prendendo la busta e aprendola senza troppa cura, sfruttando quegli ultimi minuti di pausa per smascherare il burlone di turno.
<< Ah? No! Io voglio bene alla mia sorellina! Non le farei mai simili scherzi!>> la Piccola Testolina Bionda strinse in un abbraccio amichevole la sua sorellina, mentre quest'ultima era intenta a leggere il contenuto del piccolo, grazioso foglio di carta.

Prima con disattenzione, pronta a ridere per il brillante ed originale scherzo fatto da qualcuno con decisamente troppo tempo libero; poi fece scorrere gli occhi su quelle righe arzigogolate con maggiore concentrazione, fino a provare qualcosa di indefinito, un misto tra gratificazione, commozione e calore all'interno del petto.

<< Alcippe?>> continuò confusa, guardando preoccupata l'amica.
<< Davvero non sai chi ha messo qui la lettera?>> mormorò in risposta la ragazza dopo qualche altro attimo di silenzio.

Il professor Poseidone, con il suo consueto ritardo, entrò in classe ordinando al gregge di studenti di prendere posto.

<< No... non ho visto... perché?>>

Alcippe scosse il capo e prima ancora di prendere la materia di quella lezione, strinse al petto la lettera, sorridendo con gli occhi lucidi.
Finalmente, felice.


Che pura crudeltà
sconvolgere l'animo con poche,
semplici parole
e non lasciare neppure un nome.



Fine One-shot!


Senbonzakura: in principio avevo scelto uno spartito classico per violino, però poi la tentazione ha vinto sul buonsenso.
Tanto: ormai Deimos è diventato un mio “OC” e in ogni mia storia deve avere questa caratteristica disfunzione.



Angolo dell'Autrice:

    Sono stata in gita scolastica e sono tornata sana e salva.
Visto che sulla Tour Eiffel, l'anno scorso, per un terribile malessere dovuto alle vertigini ero scoppiata in lacrime, vedendo tutto appannato ed instabile (un grazie particolare al francese che per passare mi aveva spinto contro il parapetto del secondo piano, facendomi perdere ogni briciolo di lucidità mentale), pensavo che prendere per la prima volta l'aereo sarebbe stata una tragedia greca.
Ed invece sono viva.
Certo, per riprendermi dall'esperienza del viaggio d'istruzione mi è servita un'intera giornata, ma sono dettagli.

Che cosa dire della Fanfiction?
Beh, allora, io non ho mai scritto storie shoujo-ai, non ho mai trattato questo tipo di coppia neppure alla lontana, preferendo sempre lo “yaoi”. Però, visto che questa è una raccolta di sperimentazioni, mi sono detta di provarci almeno una volta (e no, non è la stessa cosa trattare l'amore tra due uomini, tra due donne o tra un uomo ed una donna).
Ok, non ci sono grandi limonamenti o chissà che cosa, anche perché mi sono concentrata sulla psiche di una ragazza incerta, che ancora non conosce bene se stessa. Alla fine è una storia un po' più “seria” rispetto alle altre, tuttavia spero che sia comunque apprezzata, anche perché, come detto, è la prima volta che scrivo di simili situazioni, quindi posso anche toppare alla grande.


In aggiunta, mi scuso per l'assenza, ma davvero: tra la gita e le verifiche prima della gita... riprendo a respirare adesso. Ringrazio davvero chi ha avuto pazienza in tutto questo tempo, chi ha aggiunto questa raccolta o anche chi è andando avanti con i capitoli.
Io sono una persona orribile che non sa gestirsi il tempo, però davvero, ringrazio ancora tutti quelli che mi danno sostegno.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 9
*** Ricordando il passato ***


Ricordando il passato

Ricordando il passato

[raccolta di One-shots]


    Il Sole riesce sempre a mettermi di buon umore, anche se questi raggi invernali sono decisamente troppo freddi, ben lontani dal ricordo della calda stagione estiva.
Ah, l'Estate: solo a nominarla, mi tornano in mente tutte quelle stupende giornate trascorse all'aperto, lontano dall'Istituto e da studenti mediocri, incapaci di comprendere la Vera Arte.
Quella con la A maiuscola, per intenderci.
Quella capace di trasmettere non solo la Bellezza, bensì anche i sentimenti dietro ad ogni tratto a matita, dietro ad ogni macchia di colore.
Quell'Arte che non riesco più a vedere da tanto tempo.
Comunque, che sia inverno o primavera inoltrata, mi piace passeggiare per il cortile durante l'intervallo, sfoggiando ovviamente la mia magnifica figura.


E ricordando il passato.


Ricordo infatti momenti futili, passeggeri, dimenticabili. Vita quotidiana ormai vissuta, eppure solo adesso tanto preziosa.


Mi ricordo in particolare di una passeggiata come tante altre,
durante, ovviamente, l'intervallo.


    Io stavo sopportando stoicamente la gelida brezza che mi tingeva di un vivido rosa le mie meravigliose gote e la punta del mio naso assolutamente perfetto.
Ecco perché odio il freddo: sia per l'alterazione del mio stupendo incarnato, sia per il fatto che con le basse temperature tendo spesso a starnutire.

E tu, ad ogni mio starnuto, ridevi.

Smisi allora di spingere la tua carrozzella, effettivamente contrariato.

<< Helios, che hai da ridere?>>
<< Apollo caro, ti avevo detto di coprirti di più. E non mi hai ascoltato.>> dicesti con un sospiro affranto, decisamente teatrale << Povero me, perché ho avuto un allievo tanto cocciuto?>> e ricominciasti a ridere. Ridevi sempre, per ogni più piccola stupidaggine.

Ma chi ti credevi di essere, esattamente?

<< Non mi hai mai ascoltato.>> aggiungesti, socchiudendo quegli occhi stanchi, d'un pallido oro, lontano eco dell'ardore e della bellezza che ti faceva risplendere un tempo.

Maledetto invalido: sono ancora certo che se ti fossi realmente impegnato con la terapia, avresti recuperato almeno in parte l'uso delle gambe; invece ti eri lasciato sopraffare dall'incidente d'auto, dalla perdita di tua sorella, ed eri annegato nella tua stessa pigrizia, ritrovandoti così per il resto dei tuoi giorni vincolato ad una sedia.
Ed io ti davo pure retta, portandoti ovunque per quei minuti di ricreazione che trascorrevamo sempre insieme.

<< Innanzitutto, io non ascolto le imposizioni degli altri.>> fu la mia ovvia risposta, ma tu ridesti di nuovo.
<< Eh, certo, con il tuo ego non le senti.>>
<< Ehi-....>> sbuffai contrariato, ma tu quel giorno avevi tanta voglia di parlare.
<< Ti ricordi di quella ragazza? Ecco, ora saresti suo marito... ma hai voluto agire di testa tua.>>


Daphne.


Sapevi, dannato, che era una ferita aperta.
Eppure, ogni volta, rigiravi il coltello nella piaga, sempre più a fondo: certo, avrei potuto fermarla, avrei potuto dirle che effettivamente l'amavo... ma ho sempre avuto un certo astio per le relazioni a lungo termine.
O forse la paura mi aveva frenato.
Nah, non ho mai provato paura: ho sempre affrontato la vita di petto.

Diversamente da qualcuno.

<< Diventare una cantante è sempre stato il suo sogno: ha avuto la “metamorfosi” che voleva.>> sospirai passandomi una mano tra la mia setosa chioma aurea.
<< Hai visto il suo ultimo video?>>
<< Quello in cui canta con quel vestito che ricorda le fronde di un albero? Già...>> chinai il capo e sorrisi: come il sottoscritto, anche lei era stupenda, splendente, simile ad una dea.

Aveva introdotto nel crudele mondo della musica commerciale la sua magnifica voce, conquistando i cuori di un innumerevole numero di fan.
E del suo attuale marito.

Ah, dannato: riuscivi sempre ad estorcere il mio lato più malinconico.

<< Insomma, è scappata dalle tue sgrinfie.>> ridesti ancora una maledetta volta.

Eravamo sulla collinetta della scuola, Helios: il mio cuore urlava a gran voce di lasciarti andare fino a fondo valle, ma effettivamente la discesa non era abbastanza ripida per farti prendere il volo.

<< Io l'amavo.>>

Mi ricordo ancora il suo battito sotto quella stoffa troppo stretta, che quasi mi aveva fatto dubitare di una possibile, corretta respirazione. Mi ricordo ancora tutto di lei: dal profumo speziato, dalla morbidezza dei capelli mossi, d'un caldo castano, fino alla pelle liscia, segnata da tatuaggi tribali.
Effettivamente, l'amavo, ma non abbastanza per dirle un “”, quando, tra le mie braccia, mi aveva chiesto di seguirla, di iniziare una nuova vita insieme.
Ok, lo ammetto: sono leggermente egocentrico, ma non riesco a dimenticare chi mi sta vicino. E seguire lei per quell'intricata foresta di contratti e di case discografiche, avrebbe significato fare un salto nel vuoto ed allontanarmi da quelle persone che mi avevano sempre sostenuto.
Il mio mutismo aveva generato il suo odio, aveva fatto scivolare lungo il suo visino lacrime ripugnanti, aveva alimentato l'ira che era sfociata nei peggiori insulti.

<< Mhm... magari non era semplicemente il tuo genere.>> quella vaga allusione mi convinse a spingerti giù dalla stradicciola, ma, per tua fortuna, mi trattenni.
<< Non inganno mai le mie conquiste.>>
<< Un uomo che sceglie la famiglia al posto di soldi-successo-donna, fa sempre riflettere.>> annuisti, diventato improvvisamente saggio << E non mi tirare di nuovo fuori la storia del lavoro.>>
<< Perché?>>
<< Dimmi il nome di un professore liceale soddisfatto del proprio posto.>> sorridesti con quell'espressione superiore che tanto mi infastidiva << Non puoi.>>
<< Non posso.>>

Sospirai: alle volte eri davvero incorreggibile.
La campana però suonò improvvisamente, sancendo la fine di quella straziante -almeno per me- conversazione sui miei problemi.

<< Apollo.>> mi chiamasti, poggiando le ossute mani sulle ruote della carrozzella.
<< Che vuoi, adesso?>>
<< Non lasciarti sfuggire i momenti migliori: stai pur certo che non torneranno.>>


Mi mancano le chiacchierate con te.
Quei momenti trascorsi insieme.
Perché sei andato in pensione?


    Ora, infatti, ci sono solo io su questa collinetta. Ci sono solo io a passeggiare per il cortile tra il vivido vociare studentesco. Molti mi salutano, molti mi raggiungono per scambiare quattro parole, ma manca sempre un qualcosa, un vuoto incolmabile.
Sì, Helios, non te lo dirò mai direttamente, ma dopotutto sei e rimarrai sempre il mio amico più caro. Anche se mi hai abbandonato, senza neppure chiedermi prima il permesso.

Quanta maleducazione a questo mondo.

<< Profe!>>

Una voce, mi distoglie improvvisamente dai miei ricordi.
Volgo il mio magnifico sguardo aureo verso quella fonte di distrazione, recuperando nel frattempo tutta la mia superiorità annegata in un mare di malinconia. Tuttavia, una volta incontrati quegli occhi azzurri, screziati di un caldo violetto, mi sento quasi in difetto.

<< Ah, mio caro Giacinto.>> come si conviene, saluto il mio studente prediletto, che ben presto si avvicina decisamente troppo, tanto che riesco persino a contargli gli astri che compongono la costellazione di efelidi sul suo volto.
<< Prof, volevo farle vedere il mio ultimo lavoro.>>

Dopo aver frugato un po' nella cartellina quasi più grande di lui, mi consegna il compito, dipinto con una tecnica davvero eccellente: il soggetto del quadro è una magnifica natura bucolica, un campo colorato di fiori con dettagli talmente vivi e realistici da riuscire a coglierne quasi il profumo; però, prima ancora di concentrarmi sulle rondini, sul Sole splendente o sull'acqua cristallina, mi soffermo inevitabilmente sul nudo immerso nel fiume.
Ha decisamente qualcosa di fin troppo familiare.

<< Giacinto... ma...>> mi schiarisco la voce e mi passo la mano sul collo in un massaggio rinvigorente, cercando di trovare una via d'uscita da quella scomoda situazione << So che sono un modello di vita ed apprezzo il tuo tratto così minuzioso nei dettagli, ma non pensi che sia un po' troppo... come dire... inconsueto?>>
<< Cosa intende dire? Io mi sono solo ispirato alla Vera Bellezza.>> il mezzo sorriso di quel ragazzo è in grado di destabilizzarmi.

Non so esattamente se godere del riconoscimento della mia Bellezza o se rimproverarlo per la sfacciataggine sempre più intollerabile: nel dubbio, riprendo Ila, che proprio in questo momento sta correndo verso la sua nuova compagnia.
Non si corre, dopotutto. Ci tengo a far rispettare le regole.

<< Profe, lei è libero questo pomeriggio?>> Giacinto però non demorde e con questa domanda riesce pure a strapparmi un'espressione più che stupita.

Insomma, in questa scuola persino gli alberi hanno orecchie per sentire.

<< Scusa?>>
<< Sì... ecco, volevo delle ripetizioni sull'uso corretto dell'acquarello...>> a capo chino, mormora quelle parole quasi imbarazzato.

Ma non è assolutamente imbarazzato: è un falso pudore per scardinare ogni mia difesa, visto che, dopotutto, mi piace dannatamente troppo questa sua sfacciataggine.
Certo, prima la china, poi le tempere, le matite ed ora l'acquarello... forse effettivamente la situazione mi sta sfuggendo di mano, ma finché sono accanto a quel fanciullo, non mi interessa nient'altro.

<< Beh...>>

Non lasciarti sfuggire i momenti migliori:
stai pur certo che non torneranno.


Una simile relazione non è di certo ben vista, anzi, sono sicuro che sia anche illegale; eppure ogni volta che mi ritrovo con Giacinto mi sento bene, mi sento vivo, ancora una volta, dopo tanto tempo.
E il tuo suggerimento mi sprona a fare un passo per quell'ancor più intricata, nuova foresta.

Grazie Helios, anche quando non ci sei, riesci sempre a consigliarmi bene.

<< Sì, oggi pomeriggio non devo fermarmi a scuola.>> e il mio assenso è la causa del più bel sorriso che abbia mai visto sul volto di quel ragazzo.


Chissà perché, per un momento,
mi pare quasi di sentire il tuo rauco sospiro rassegnato,
di un uomo che ha perso ogni speranza.



Fine One-shot!

[…] Dimmi il nome di un professore liceale soddisfatto del proprio posto: semi-citazione a “La canzone di Achille” di Madeline Miller (Achille parlava di Eroi, Helios di professori, ma sono dettagli).


Angolo dell'Autrice:

    Prima di parlare della storia, volevo spendere due righe (o forse più) per qualcosa a cui tengo particolarmente: come Apollo, quando mi sono ritrovata a scrivere questo pensiero, ho riflettuto sul passato, sui ricordi, sul motivo per cui certe amicizie sono tanto speciali ed importanti.
Anche quest'anno è arrivata la fine di Aprile. Anche quest'anno, cara lettrice silenziosa che hai la pazienza di sopportarmi nella vita reale, ti dovrai sciroppare il mio biglietto di auguri.
Di solito ci si sofferma a riflettere sul presente, oppure si pensa all'immediato futuro (per il ponte del primo Maggio andiamo a mangiare sushi leggi messaggio subliminale tra le righe, dopo gli esami si inizia patente, eccetera eccetera), ma ciò che rende davvero unico un legame è il passato.
Dal primo discorso su Sailor Moon alle medie, fino alla visione di quella “““““grande bellezza””””” della serie di Troy (mortacci tua) di settimana scorsa, sono in tutto otto anni, quasi nove di ricordi condivisi ed indimenticabili. E, certo, non siamo più le ragazzine di un tempo (ancora due anni e si inizia a guardare i cantieri, preparati), abbiamo iniziato il liceo, siamo cresciute, ma ciò che non è mai cambiato è l'amicizia che ci lega. E, credimi, io mi sento fortunata ad averti come “migliore amica”: senza il tuo sostegno, non sarei riuscita a rialzarmi da molte cadute o sarei affogata ancor di più nel mio pessimo carattere introverso.
Quindi spero davvero di condividere con te anche molti altri ricordi, molti altri scleri, molti altri frammenti di vita.
Primo tra tutti, il tuo compleanno.
Per cui ti dedico questa breve fanfiction, queste parole e la canzone “Those Nights” degli Skillet, che ho ascoltato in loop fino ad adesso (immagina il mio cervello dopo intere ore di ponderazione, immagina).


    In ogni caso mi scuso se non sono molto presente in questo periodo, ma si sta avvicinando la fine della scuola e al pomeriggio ho sempre più materie da studiare, tra cui la dannata tesina. I prossimi aggiornamenti subiranno probabilmente dei ritardi, anche se mi impegnerò a non scomparire del tutto.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 10
*** Who you are ***


Who you are

Who you are (Lunatica)

[raccolta di One-shot]


DROGA AL LICEO AGORÀ


    Tanto banale, eppure tanto catastrofico: questo era il grande titolo della notizia che da qualche giorno spopolava sul web, allarmando blog e pagine di mamme preoccupate per i propri pargoli, tanto da arrivare a scrivere ogni genere di insulto all'intera struttura scolastica.

Come se quel coglione di un figlio lasciato allo stato brado, senza alcun controllo, fosse in verità un santo corrotto dal sistema.

Ila, addossato al muro in fondo alla classe, rifletteva su quanto certi genitori fossero decisamente troppo ingenui: davvero bastava una simile, ovvia notizia per allarmare le masse? A quando la scoperta sensazionale dell'Acqua Calda? Oppure era tutto un incredibile, magico teatrino, in cui i problemi erano accettati fin tanto che restavano nella massa oscura del “non detto”?
Il ragazzo si accasciò sul banco e con uno sbuffo annoiato si scostò quel bianco ciuffo mosso e selvaggio che gli copriva i freddi occhi d'un chiaro grigio-azzurrognolo: non riusciva più a sopportare l'eterno sermone del Sommo Preside, che ricordava per l'ennesima volta agli studenti quanto fossero pericolose le sostante stupefacenti.

E allora perché ho un giro così proficuo di clienti?

Sollevò il cappuccio della felpa nera, cercando di dormire indisturbato per il resto dell'interessantissima lezione passata ad ascoltare importantissimi concetti morali, ribaditi con le stesse, medesime frasi fatte che si ripetevano ogni volta in simili discorsi.
Tuttavia, prima di poter chiudere le palpebre, notò lampeggiare una lucina verde sul cellulare, segno di un messaggio su
WhatsApp. Con un sospiro, decise di leggere il contenuto.


I.

Dopo le lezioni.


- Servizio sospeso per il momento.


I.

Mi stai prendendo per il culo?


- Non posso

- Ci sono i cani che girano

- Non voglio casini


Ila spense il telefono quando notò lo sguardo aureo del Sommo Preside puntato contro: più che per l'utilizzo del cellulare, probabilmente Zeus era a conoscenza delle presunte voci di corridoio che giravano attorno al ragazzo. E quello sguardo era un chiaro ammonimento.
Il giovane annuì convinto, sorridente, con lo stesso sorriso di quando decantava al professore della prima ora: “sì, ho fatto tardi perché dovevo consegnare dei fogli in segreteria”.
Ancora un'altra mezz'ora e quella tortura sarebbe finita.


Lunedì, bagni dell'artistico, ultimo piano.


    Gratta, gratta, gratta.

La campana era suonata da un po' e Ila iniziava effettivamente a sentire la fame attanagliargli lo stomaco; tuttavia il materiale che aveva usato durante le ore di disegno non si degnava di scrostarsi dagli strati di pittura ed essendo materiale personale, gli scocciava tornare a casa con tavolozze luride e pennelli inutilizzabili.
L'acqua gelata gli intorpidiva le mani, però lui persisteva nel proprio, faticoso lavoro, pregustandosi nel frattempo l'immagine della calda, croccante piadina al chioschetto di fiducia. Quel giorno, tra l'altro, avrebbe completato la tessera, per cui poteva ordinare anche il dolce totalmente a gratis.

E Ila amava particolarmente i dolci.

Finito di pulire, si mise lo zaino in spalla ed uscì tranquillamente dall'istituto; tuttavia, proprio quando stava per imboccare la scorciatoia per la sua piadineria preferita, fu intercettato da un ragazzo massiccio, alto all'incirca un metro e novanta e con un'espressione non particolarmente allegra: bastava solo notare l'inusuale acconciatura castana a rasta serpentini per riconoscere Idra, violento studente temuto dall'intero istituto.

Decisamente non era la sua giornata fortunata.

<< Brutto bastardo.>> esclamò il colosso, avanzando con aria minacciosa.

Ila, anche se tentò un'orgogliosa fuga, fu ugualmente afferrato per la gola.

<< I-Idra...>> gemette il fanciullo dalla corporatura fin troppo esile per poter anche solo opporsi.
<< Dammi ciò che mi spetta!>> sbraitò il gigante, mostrando le mostruose zanne quasi volesse morderlo.
<< Non ce l'ho qui...!>>

In un puro moto d'ira, Idra gli diede un violento pugno nello stomaco. L'impatto fu a dir poco micidiale, tanto che Ila perse coscienza per qualche attimo, riprendendosi solo dopo il successivo schianto contro la ringhiera in ferro battuto del cortile.
Era bloccato da lancinanti fitte che gli impedivano ogni possibile reazione. Osservava rassegnato i pesanti passi farsi sempre più vicini e, in fondo, prendeva atto che da quella situazione difficilmente ne sarebbe uscito integro e, soprattutto, vivo.

<< T-ti prego Idra...>> tossì più e più volte. Persino parlare sembrava un'azione fin troppo difficile in quelle condizioni.
<< Dove la tieni?>> ringhiò furioso il colosso, svuotando la tracolla del giovane per poi calciare malamente libri e quaderni. Non trovando nulla, fu sul punto di tornare a sfogare la frustrazione sulla vittima indifesa, ma dall'uscita secondaria sopraggiunse un altro ragazzo, decisamente ritardatario.

Il classico terzo incomodo.
Ila cercò di rialzarsi, ma il colpo incassato alla schiena gli spezzò il respiro, per cui si limitò ad assistere ad uno spettacolo decisamente inaspettato.

Perché? Perché mai qualcuno dovrebbe prendere le mie difese?

Quel misterioso nuovo arrivato, infatti, di punto in bianco aveva deciso di difenderlo.
Era decisamente abile: di pari forza infatti, riuscì a prevalere con un deciso pugno in grado di far sbilanciare l'avversario.
Idra, scosso, fu sopraffatto da un successivo calcio e di nuovo da un cazzotto in pieno viso che gli spaccò il setto nasale, causandogli così una cascata di sangue. Indietreggiò confuso, ma non non riuscì ad evitare una violenta testata.
Ila, in quella confusione, non voleva certo far la parte della povera principessa in pericolo e per questo, a fatica, cercò di dileguarsi: se con due semplici colpi aveva steso Idra, era bene non stare troppo vicino a quell'erculeo adolescente.

<< Ehi... tutto a posto?>> tuttavia il paladino della Giustizia, sfoggiando il più confortante dei sorrisi, frenò la sua zoppicante fuga piazzandosi esattamente davanti a lui, dopo aver lasciato andare il non più nocivo Idra.

Perché? Perché mi destabilizzi in questo modo?



Sempre lunedì, fine delle lezioni, Oscuro Parcheggio della scuola.


    << Ascolta... grazie... ma preferisco tornare a casa, non voglio andare all'ospedale: mia madre lavora lì e la farei preoccupare inutilmente.>> sospirò Ila, facendosi piccolo piccolo nel cappotto, mentre un velo di rossore gli tingeva le gote.

Il misterioso salvatore, probabilmente con un deficit all'udito, aprì ugualmente la portiera della costosa macchina sportiva, invitandolo a salire.

<< Sali, non fare complimenti.>> sorrise infatti bonariamente, dandogli una poderosa pacca sulla schiena -ahia- per convincerlo sedersi.
<< Ma abito a cinquecento metri...>>

Un lungo, rassegnato sospiro.

<< Ah... mio padre mi aveva detto che eri un ragazzo timido.>>
<< Tuo... padre?>>
<< Zeus, il Preside della Scuola: io sono il suo figliastro, Eracle. Ed ora sali in macchina, Ila, dobbiamo parlare.>>

Ila però fece esattamente il contrario di ciò che gli era stato gentilmente consigliato, sfuggendo alla presa del ragazzo nerboruto per portarsi a debita distanza. Sentiva il sangue ribollire nelle vene e, come spesso accade, ciò non gli permise di riflettere a mente lucida.

<< Tu sei completamente pazzo! Io non ci salgo su quella fottuta macchina!>> urlò l'albino, indietreggiando ancora di qualche passo.
<< Non fare il ragazzo difficile.>> con estrema pazienza, il campione si appoggiò alla macchina per guardare il divertente sfogo di quel ragazzo piccolo ed adorabile.
<< Non hai prove! Nessuna! Ed ora lasciami in pace!>>

E così, Ila si allontanò con una camminata spedita, verso quel Sole pomeridiano che tanto gli infastidiva la vista, sotto l'occhiata dubbiosa di Eracle che, invece, si limitava a lanciare da una mano all'altra il cellulare di quell'irascibile adolescente d'un bianco accecante.

Alla fine torna sempre, è solo questione di tempo. O almeno, diceva sempre così suo padre ad ogni litigio con la sua matrigna.



Martedì, Ricreazione, Secondo Piano (Scientifico).


    << Il. Mio. Cellulare.>>

Ila, puntuale come un orologio svizzero, si era presentato nella 5C Scientifico quasi al suono della campana, con quello sguardo cupo, seppur non così severo come avrebbe voluto per colpa di dell'estrema dolcezza dei lineamenti. Ora attendeva impaziente al banco di quel ragazzo più grande di lui per anni, statura e soprattutto fisico.

Dannazione, può realmente esistere una montagna così imponente di muscoli?

<< Oh, mi hai trovato alla fine.>> sorrise contento Eracle, scartando nel frattempo un gustoso panino imbottito, che straripava salsa da tutti i lati.
<< Ovvio. Trovo sempre le persone che mi interessano.>> Ila socchiuse gli occhi e scoccò seccato la lingua contro al palato << Questa è l'ultima volta che te lo ripeto, dov'è il mio...>>
<< Che ti interessano?>> forse per puro divertimento, forse per un oscuro lato sadico, lo studente dello scientifico si divertì non poco nel vedere il viso del giovane passare da un bianco cereo ad un rosso acceso.
<< Per il mio cellulare!>>
<< E se non fosse qui?>>
<< Non temo la prigione.>> ringhiò il ragazzino in risposta.

Eracle sospirò, alzando le spalle e consegnando il cellulare al legittimo proprietario.

<< Tu sì che sei un vero uomo.>> rise poi, nel breve frangente in cui i loro palmi furono a contatto << Il Preside mi ha detto di tenerti d'occhio, lo sa-...>>
<< Mio caro figlio di papà, non mi interessa: non ti conosco, non mi importa nulla della tua mirabolante vita e questa è l'ultima volta che ci incontriamo.>> sbottò seccato Ila, che decisamente non amava essere su palcoscenico decisamente opprimente << Ed ora, se non ti dispiace...>>

Eracle osservò allontanarsi quella magra schiena nascosta in una felpa nera decisamente oversize: non era furioso per quelle parole tanto acide, anzi, doveva ammettere che la sfida propostagli dal padre stava diventando sempre più divertente.

Eracle, certi ragazzi non hanno speranza. Alla prossima verrà sicuramente espulso.”, così gli aveva detto.

Tuttavia, lui amava le sfide. E quella sembrava piuttosto interessante.



Always Martedì, Quarta Ora, Quarto Piano (Artistico).


    Un nuovo messaggio.
Ila, intento a disegnare i dettagli floreali dell'ombrello di una magnifica Geisha (tanto non importava quanto si impegnasse, il suo lavoro sarebbe sempre passato in secondo piano rispetto al magico “Artista”), concentrò l'attenzione su quella lucina che improvvisamente aveva iniziato a lampeggiare.
Senza neppure controllare dove si trovasse il Prof. Apollo, diede un'occhiata alla nuova chat.


Your Savior

Cosa fai dopo scuola?


- Lasciami

- in

- pace

Your Savior

Ma voglio aiutarti


- Non me ne frega un cazzo


Your Savior

Ti aspetto dopo scuola

Ok?


- Ti blocco.


<< Ila caro, come stai sprecando le mie preziose ore?>> esclamò la calda, letale voce del Professor Apollo alle sue spalle. Odiava quando qualcuno perdeva tempo a chattare su qualche Social, al posto di produrre magnifiche opere d'arte.

Il povero studente incriminato a quella domanda sobbalzò, per poi riprendersi a stento evitando appena in tempo di sbilanciarsi dal pericolante sgabello.

<< S-sto disegnando, profe.>> mormorò, spegnendo lo schermo e tornando diligentemente a disegnare più concentrato di prima.

E, alla fine, il misterioso forse non così tanto misterioso “Your Savior” non fu bloccato.


Sempre Martedì, fine delle lezioni, seconda uscita della Palestra.


    << Sei ricercato per dover usare questo passaggio?>> domandò dubbiosa Phobos, docente di Ginnastica, dopo aver aperto quella porta dimenticata da personale e studenti.

<< No! Assolutamente! È che sono in estremo ritardo e il bidello ha chiuso tutte...>> Ila, visibilmente intimorito dalla professoressa, cercò di raccontare una storia abbastanza convincente, ma finì solo per arrampicarsi malamente sugli specchi.

E Phobos, della stessa indole di suo padre Ares, era particolarmente diffidente e severa, soprattutto con quei ragazzi capaci di ogni atto deplorevole pur di andare “contro il sistema”: aveva un cuore decisamente meno caritatevole rispetto al consanguineo Deimos, per cui non si faceva scrupoli nel sfoggiare ogni goccia di spietatezza presente nel sangue contro chi la sfidava apertamente.
Essere donna non voleva dire essere meno feroce di qualche
omuncolo. E questa lezione di vita, molti l'avevano pagata a proprie spese.

<< Ti devi drogare?>> volse lo sguardo cremisi allo zaino che, a quel punto, poteva realmente contenere di tutto.
<< No! Assolutamente!>> Ila deglutì a fatica, sentendo l'animo oppresso dalla paura.
<< Ti devi incontrare con qualche ragazza?>> continuò Phobos assottigliando l'occhiata inquisitoria, seguendo l'esile albino al pari di un avvoltoio.
<< Certo che no!>>
<< Con un ragazzo?>>

Ila stava per rispondere, ma la sua attenzione fu catturata dallo schermo del cellulare improvvisamente illuminato.


E.

Dove sei?


- Ti ho detto

- di lasciarmi in pace


E.

Lo sto facendo per te


- Nessuno te l'ha chiesto


Due spunte blu e nessuna risposta entro il minuto d'attesa: finalmente Eracle aveva capito di essere stato troppo invadente. Insomma, Ila non lo conosceva e tra l'altro non gli interessava essere amico di qualcuno il cui unico obiettivo era quello di accontentare le richieste del padre-Preside; non si sentiva assolutamente nel torto, dopotutt-...


E.

Sei all'uscita secondaria della palestra?


- Sì.


<< Dove pensi di andare adesso?>> domandò confusa Phobos, assistendo all'improvvisa inversione a “U” da parte dello studente.
<< Esco dal cancellino dell'orto.>>

La docente scosse il capo disorientata, mentre Ila, a grandi passi, si dirigeva verso quell'uscita sperduta in mezzo alla sterpaglia alta ormai un metro e mezzo.

Mai l'avrebbe data vinta a quel dannato ragazzo.


Martedì sera, casa di Ila, sopravvissuto a Eracle.

    Ila tornò a casa dopo il consueto giro con gli amici: era pregno di un intenso odore di fumo e di alcol, tuttavia mai abbastanza intenso quanto quello dell'uomo steso sulla poltrona a bere birra sottomarca.
Cercò di non far rumore, ma d'un tratto una bottiglia vuota cadde a terra. E l'imprecazione che seguì gli raggelò il sangue.

<< Sai che ore sono?!>> urlò quell'uomo, abbandonando la propria seduta per racogliere il contenitore caduto, barcollando malamente.

Per evitare possibili, spiacevoli conseguenze, Ila non disse nulla e corse su per le scale, chiudendosi infine a chiave nella propria piccola stanza. Si accasciò quindi contro la porta in legno, facendosi piccolo piccolo con il capo nascosto tra le ginocchia.
Respirò a fondo: doveva calmarsi.
Ascoltò la pacatezza di quel finto silenzio della cameretta, in cui poteva ancora sentire il riverbero della televisione a tutto volume.
Respirò a fondo, notando nel buio la luce lampeggiante dei messaggi.


E.

Sei veloce a correre

non pensavo


- Perché sei così tanto cocciuto?

- Se lo fai solo per tuo padre...


E.

Perché voglio aiutarti

Davvero.


- Certo...

- Ora vado a dormire


E.

Buonanotte Ila


Ila spense il cellulare: stranamente, per qualche secondo, pensò addirittura di valere qualcosa; forse quel ragazzo voleva davvero aiutarlo, dopotutto.

No... non è possibile.

Lanciò il cellulare contro la parete, per poi nascondersi nell'ombra più nera.

Non è possibile... ma...



Lunedì, prima delle lezioni, 3A Artistico.


Eracle

Cos'hai alla prima ora?


- Non ti interessa


Eracle

Mhm... Storia dell'Arte?


- Sbagliato

- Lo faceva Leonardo da Vinci
con i cadaveri che recuperava dal cimitero


Eracle

Necrofilia?


- Ahahahaha

- Spero di no


Eracle

Ehi

Dove sei alla ricreazione?


- Non ti interessa


Lunedì successivo, ultima ora, 3A Artistico.


Eracle

Com'è andato il compito?


- Una merda

- Gli integrali dovrebbero essere
solo dei cereali


Eracle

Se ti serve una mano

Questo pomeriggio ci sono


- Esco oggi


Eracle

Dove?


- E secondo te

- lo vado a dire al figlio del Preside?


Eracle

Se hai qualche problema...

chiama pure


Ila sospirò con un leggero rossore sulle gote.
Accorgendosi del proprio pudore incontrollato, scosse il capo infastidito: non avrebbe mai voluto apparire agli occhi della classe come una ragazzina esaltata. Esaltata per cosa, poi? Insomma, stava solamente scrivendo qualche messaggio ad un... amico?
Niente di più.
Non aveva certo passato il weekend attaccato a WhatsApp -alternando i messaggi ad un sano atto di stalking su Instagram e Facebook per vedere le foto o leggere i post condivisi-, mandando inevitabilmente a farsi benedire il compito di matematica.
Quel maledetto Eracle, era tutta colpa sua: gli aveva rapito tutte le zone celebrali senza chiedergli neppure il permesso.
Raccattò la propria borsa e la propria cartellina, sul punto di uscire dalla classe, ma proprio in quel momento venne intercettato dall'Artista (o Pigmalione per i comuni mortali).

<< Sto raccogliendo i soldi per le prevendite della festa d'istituto di fine mese. Tu ci sei?>> il coetaneo lo squadrò con quei glaciali occhi cerulei e il cervello di Ila viaggiò più velocemente del proprio autocontrollo: erano azzurri, vero, ma un azzurro decisamente sottotono rispetto a quello di Eracle.

Ah, dannazione, perché ci pensava adesso?

<< Ah, sì... volevo proprio chiedertene una.>> l'albino estrasse dalla tasca i soldi necessari per pagare il biglietto.
<< Ehi, ho visto quel quadro che stavi facendo: ha un grande stile.>> Pigmalione distribuì la prevendita, rimanendo poi ancora qualche attimo in attesa di una risposta -anche minima- da parte del compagno di classe.

Ma Ila era già perso in un altro mondo, con la concentrazione tutta rivolta ai nuovi messaggi.
Oh, si è trovato la ragazza?”, pensò l'Artista, “Quindi sono ancora io l'unico che non si è dato una mossa? Davvero?




Sabato sera, festa del Liceo, fuori dalla discoteca.

    La musica martellante rimbombava addirittura fuori dalle mura del locale.
Eracle, certo, amava uscire con la compagnia, ma a quelle feste non si poteva neppure ballare o bere un drink senza essere travolti, tanta era l'affluenza.
Giasone, lì fuori con lui, lo guardò sorridente, visibilmente divertito sotto quei baffetti che, in teoria, avrebbero dovuto renderlo un uomo vero.
In teoria.
In pratica, era tutt'altra storia.

<< Allora? Con quella Ila hai combinato qualcosa?>> domandò l'amico munito di orgogliosi peli facciali, mentre si accendeva una sigaretta.
<< No... ancora nulla.>> sospirò Eracle, facendo un cenno di saluto a Castore, che si avvicinò a loro con l'immancabile Polluce a seguito.
<< Cosa? Come “ancora nulla”?>> sconvolto, Giasone scosse il capo contrariato << Amico, è da un mese che ci parli! Gente ormai si sposa ed ha dei figli in tutto quel tempo!>>
<< Di cosa parlate?>> domandò Castore, sorseggiando un drink orgogliosamente conquistato dopo un'ora e mezza di fila.
<< Eracle si sente con una tipa da un mese e non ha ancora combinato nulla.>> spiegò il baffuto, sempre più urtato dall'etica dell'amico.
<< Mhm...? Ma è qui alla festa? Mi va di vederla!>> esclamò Polluce, rumoroso come sempre.

Eracle sospirò e, alzando lo sguardo, notò di sfuggita la lontana figura di Ila, accompagnato da un ragazzo decisamente più alto e più massiccio di lui. Senza neppure rifletterci troppo -strano a dirsi, ma era una persona piuttosto diretta- decise di raggiungerlo.
Giasone, Castore e Polluce si guardarono per qualche minuto. E, da bravi amici di vecchia data, pensarono tutti e tre la medesima, malsana idea.


Sempre Sabato sera, stessa festa del Liceo, fuori dalla discoteca.

    Ila a stento si reggeva in piedi: aveva decisamente bevuto e fumato troppo, tanto da non riuscire nemmeno più a comprendere cosa stesse realmente accadendo; era solo certo di provare un forte senso di nausea che gli attanagliava lo stomaco ed una sentita depressione, decisamente non voluta.
Il resto del mondo, invece, era un insieme alterato di luci, di forme distorte e di voci gracchianti ed acute.

<< Piccolo frocetto, ora non ti fai tanto figo senza quel tuo amico.>> Idra, raggiunto il retro del locale, spintonò Ila, che cadde a terra come una bambola inanimata, senza resistenza alcuna. Totale accondiscendenza che fece innervosire ancor di più l'energumeno.

Nessuno provò a fermarlo.
Nessuno avanzò in difesa della vittima, troppo anonima per essere degna di aiuto.
Quei pochi che c'erano, preferirono allontanarsi.

<< La mia vita... è una merda...>> biascicò l'albino con la mente totalmente sconnessa dal corpo.

Gli occhi furenti di Idra si soffermarono su una bacinella d'acqua, un tempo contenente bottiglie e ghiaccio portati da qualche furbo ragazzo che non voleva pagare i drink dai prezzi esorbitanti. Quindi, per placare quell'odio macerato nell'alcol, affogò il capo del ragazzo in quella gelida pozza.
Ancora nessuna opposizione.

<< Ila!>>

Ila, all'eco di quella voce, fu lasciato ricadere a terra.
Non riuscì a trovare la forza per alzarsi, visto che un moto di nausea lo costrinse a rimettere tutto l'alcol che aveva nel magro corpo. Si sentiva male, estremamente male, e per di più, in quel momento di totale caos mentale, persino i pensieri più deprimenti e malinconici erano tornati a tormentarlo.
Tra tutti i frammenti di voci che gli rimbombavano in testa, riusciva a distinguere chiaramente il timbro autoritario ed alticcio dell'uomo che gli urlava contro chissà quali insulti.

<< Lasciami in pace...>> mormorò, stringendosi la chioma fradicia.

Aveva deluso tutti: la scuola, sua madre, Eracle... se stesso. Per sentirsi bene doveva ridursi in simili condizioni pietose, incapace com'era di affrontare il mondo.
Era inutile e patetico.

Perché ancora si ostinava a vivere?

<< Lasciami in pace...>> singhiozzò, mentre calde lacrime gli rigavano il cereo volto.
<< Ila...>> una voce affaticata, ma al contempo confortante lo distolse dai pensieri.

Non gli importava che fine avesse fatto Idra, non gli importava cosa fosse successo, il suo sguardo era paralizzato nelle iridi inquiete di Eracle. E, con quella muta occhiata, si sentiva al pari di un viscido verme, capace solo di far soffrire chi gli stava vicino.

<< Lasciami-....>>
<< Non ti lascio andare, Ila.>> il compagno gli afferrò le mani, sicuramente un gesto rude, ma al contempo estremamente confortante << Non voglio più vederti ridotto così.>>
<< Perché...? Sono solo un rifiuto! Non conto niente!>>

Eracle si tolse la giacca in pelle e, con il più caldo dei sorrisi, gli vestì le umide spalle.

<< Sei molto più speciale di quel che pensi...>> gli sussurrò ad una distanza decisamente ravvicinata, tanto che con il semplice respiro gli sferzò le gote gelide.
<< Perché? Perché mi fai questo?>> la voce di Ila era spezzata dal pianto che gli rigò ben presto il cereo volto << Sono sbagliato...>> mugugnò a denti stretti, singhiozzando.
<< Perché mi sono innamorato di te, Ila.>>

Ila era decisamente in un'altra dimensione con la testa, però quella frase la comprese alla perfezione. E ciò lo spiazzò totalmente, lanciandolo in un baratro di insicurezza, incapace di replicare visto che i suoi neuroni erano collassati assieme al suo stomaco.
Per sua fortuna però, non serviva ragionare per rispondere al naturale gesto di un bacio dal tremendo retrogusto acido, ma al contempo dolce e terribilmente romantico, quasi forza vitale stessa.
Le esili dita di Ila affondarono nella camicia del ragazzo, stringendo la stoffa per prolungare quel contatto: non voleva lasciarlo andare, voleva tenere ben stretto a sé quel calore tanto rassicurante, tanto essenziale.
Eracle, a quella muta richiesta, gli cinse la magra schiena in un sicuro abbraccio, condividendo il suo stesso pensiero.

<< Eracle! Abbiamo recuperato delle bottiglie! Festeggiamo con la tua nuova ragazz-...>> Giasone superò il corpo steso a terra di Idra, mostrando trionfante il bottino racimolato << A... Ragazza... Ragazz...>> e il disco s'inceppò su quell'ultima parola, quando s'accorse che Ila non era affatto il nome di una formosa, graziosa fanciulla. Soprattutto formosa.

A sbloccare il disco, fu una pacca sulla schiena da parte di Polluce.

<< Lui è Ila e da oggi farà parte del nostro gruppo.>> Eracle si sollevò da terra, aiutando il compagno ad alzarsi.
<< Beh, è naturalmente una sorpresa scoprire che-...>> Castore, dopo un attimo di destabilizzazione, cercò di intervenire mettendo in gioco tutta la propria sensibilità.
<< Davvero non sei una ragazza...?>> ma Giasone lo interruppe con voce affranta, non avendo ancora superato il trauma per la terribile scoperta. Da qualche parte nel proprio animo sentiva l'eco della cupa risata di Medea che, ancora una volta, era riuscita ad ostacolare i suoi piani di conquista (perché sì, lei doveva c'entrare in qualche modo).

Quella ragazza era una vera e propria strega.

<< Ehi.>> sospirò seccato Ila << Io non farò parte di nessun gruppo...>>
<< Ila, ricordi? Non ti lascerò andare tanto facilmente.>> gli sussurrò all'orecchio Eracle, causandogli un visibile ed intenso rossore sul pallido viso.


E così,
grazie a quel nuovo sostegno,
Ila ritrovò pian piano la forza per affrontare il mondo.
Accanto ad Eracle.



Fine One-shot!

Magico Artista: un vecchio gioco per computer. I feels dell'infanzia.
Your Savior: quando devi trovare un soprannome e nel mentre stai ascoltando una canzone degli Skillet.
Who You Are: canzone dei Lunatica.



Angolo dell'Autrice:

    Sono sopravvissuta all'Esame di Stato. E mi sto riprendendo pian piano dopo un mese intero passato in casa a studiare (sì, un mese intero a studiare dall'inizio i programmi che certi professori non hanno avuto nemmeno la voglia di spiegare durante l'anno; storie di vita vera).
Ho provato ansia, ho provato incazzatura, ho provato rassegnazione, mentre tutti attorno a me mi ripetevano “massì, tanto passi, sei brava”.
Bravi. Avete innescato una bomba ad orologeria.
Vabbeh, scherzi a parte, sono davvero contenta di essermi liberata di questo peso, anche perché adesso posso finalmente accendere il computer senza provare sensi di colpa o leggere un libro senza dovermi fermare alla prima riga per ripetere le definizioni di Sociologia (altre storie di vita vera).


Comunque, parlando della storia, beh...

L'idea è nata ad un open-day, quando una madre si è avvicinata per chiedermi: “Scusa, ma qui i ragazzi fumano erba? Voglio mandare mio figlio in un posto sicuro”.
Non come sono gli insegnanti, com'è il carico di lavoro, le materie, le attività.
No. Se si fuma erba. In una scuola pubblica con più di mille studenti.
Queste utopie.


Così, facendomi carico della classica mole di stereotipi, mi sono messa a scrivere e devo dire che non è stato semplice: come al solito non volevo rendere il capitolo banale ed inoltre dovevo unire a queste problematiche un mito molto difficile da adattare (grazie mente, hai sempre ottime idee).
Comunque, ecco qui: il rapimento “fisico” è diventato un rapimento “celebrale” (della serie che Ila, vedendo un minimo di interesse, parte completamente); l'annegamento in un lago è diventato l'annegamento in una bacinella del ghiaccio (salti di qualità) ed altre accortezze.
Mi sono divertita, soprattutto a sviluppare la relazione “via messaggi”: Ila è un personaggio schivo, introverso, per cui si sente maggiormente a suo agio in una chat, piuttosto che con un dialogo verbale.


Ad ogni modo, mi scuso per la sparizione, ma è stato un mese davvero difficile e mi sto riprendendo pian piano adesso, dopo l'esposizione dei risultati. Ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di aspettare e i coraggiosi che sono arrivati fino in fondo a questa storia.


Un bacio da _Lakshmi_!

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Capitolo 11
*** Tipi da macchinette (bevande) ***


Bevande

Tipi da macchinette (bevande)

[raccolta di One-shot]


    Accurate statistiche mostrano che in media uno studente spende interi patrimoni in microtransazioni da trentacinque centesimi alla volta.
È un'usanza talmente radicata nella cultura studentesca, che diversi esperti hanno addirittura iniziato a studiare il problema sociale sempre più frequente ad essa associata, ovvero il fenomeno del “Barbonaggio per l'aula”: l'elemosina disperata di uno studente in un vano tentativo di racimolare la somma necessaria per comprarsi la merenda quotidiana.
Il cibo e le bevande delle macchinette, secondo alcuni, creano una vera e propria dipendenza, instaurando un bioritmo tale da accendere -puntuale come un orologio svizzero- una spia dell'appetito ogni giorno alle undici meno dieci, al suono della campana dell'intervallo.
Essendo una questione vasta e di difficile trattazione, a seguito mostreremo solamente le tipologie di bevande più caratteristiche e chi le assume abitualmente.



Il Brodo Nero:


    Il Brodo Nero era un'antica bevanda in voga a Sparta, tanto da essere tramandata fino ai giorni nostri grazie alle ricette rinomate degli chef pluristellati del tempo. Molti, erroneamente, tendono a chiamare questa sostanza torbida “Espresso”, ignorando totalmente la storia di millenni condensata in ben venti microlitri di prodotto.
Non aveva il gusto di caffè, spesso infatti il sapore si mischiava a ciò che era stato ordinato prima al fine di creare una solida coesione sociale tra gli individui (tutti insieme contro lo sventurato deviante che decideva di prendere il tè al limone); non aveva neppure la consistenza dell'espresso, risultando più denso e oscuro, tanto che alcuni pensatori avevano ipotizzato che fosse in verità l'olio di qualche macchina parcheggiata nel cortile.
Tuttavia, seppur nessuno fosse a conoscenza del contenuto effettivo, era decisamente la bevanda calda più gettonata dai professori, che tendevano a dare il proprio tocco personale: il professor Dioniso, ad esempio, era solito versare nel bicchierino un miscuglio di grappa, sambuca e cognàc. Ovviamente i liquori citati erano, secondo qualche antico mito, conservati in uno scompartimento segreto conosciuto solo dall'elitè del personale.
A supportare questa leggenda era l'evidente prova che, oltre una certa ora del mattino, era comune vedere spazzoloni seguire un ampio percorso serpeggiante. Ma questa è un'altra storia.



Ambrosia:


    La bevanda dell'estrema unzione, data allo studente quando ormai era a un passo dal raggiungere le porte degli Inferi: prodotta da una varietà speciale di tè, era in grado di curare qualsiasi malanno, dal raffreddore al mal di pancia, fino alla Peste Nera e al Morbo Grigio.
Con un gusto vago di limone e marcato di zucchero, oltre a sconfiggere epidemie mortali, era capace anche di donare una temporanea invulnerabilità.
A dimostrazione di ciò, era il professore di Filosofia, Alettrione, che, durante le proprie ore buche, soleva sorseggiare l'Ambrosia seduto accanto ad Ares: era una prova vivente degli effetti miracolosi della bevanda, visto che mai una volta era stato colpito da una pallonata; così, mentre il terribile collega di Ginnastica mieteva vittime sul campo di sterminio -o palestra, dipende dai punti di vista-, Alettrione degustava la bevanda come un vero gentleman, leggendo il giornale e commentando di tanto in tanto le notizie, sul sottofondo di grida disperate di studenti degne da qualche girone infernale.

« Sai, Ares, in un test hanno dimostrato che gli studenti si applicano maggiormente se messi in uno stato di lieve stress.» aveva esordito un giorno il giovane docente di Filosofia, mentre il collega sbraitava le peggio ingiurie contro quel ragazzo un poco in sovrappeso, che non riusciva a portar a termine l'articolato percorso di guerra arricchito da simpatiche torrette che riuscivano a sparare palle mediche da 10 kg ad una velocità pari, se non addirittura superiore, a 360 m/s « Ah, tu sì che sei un pedagogista nato.» aveva continuato, prima di girar pagina ed iniziare a leggere le interessanti notizie di economia.



Brodo Primordiale:


<< Di che cosa sa?>>


A questo quesito la risposta non era certa, anzi, spesso era sibillina quanto il responso di un oracolo.
Il caffè al Ginseng infatti, tendeva variare gusto, aroma e consistenza al variare dei giorni della settimana, del tempo, delle stagioni: il martedì, ad esempio, giorno di mercato in piazza, aveva un sapore speziato, mediterraneo, con un retrogusto di zucchina, melanzana, insalata fresca appena raccolta con ancora del terriccio concimato attaccato alle foglie; d'inverno invece poteva assumere un profumo che ricordava il pranzo di Natale, tra panettoni, spumante e l'immancabile mano della nonna che preparava le calde pietanze di portata (questa frase si può interpretare più o meno letteralmente, libera scelta del lettore).
Un'assidua consumatrice di questa bevanda tanto misteriosa era la segretaria Pizia, che tendeva gustarselo con tutta calma mentre davanti allo sportello della segreteria gruppi di studenti lottavano l'uno contro l'altro al fine di arrivare primi, evitando così le eterne ore di attesa.



Acqua del fiume Lete:


    Sempre presente in ogni macchinetta degna di tal nome, ma sempre snobbato o totalmente dimenticato da parte degli studenti: si parla, ovviamente, del latte caldo. Posto nelle ultime scelte prima del bicchierino vuoto, nessuno aveva mai avuto il coraggio di pigiare il bottone: sarà per il colore biancastro, che i più maligni attribuivano ad altre sostanze o fluidi corporei, sarà per la domanda esistenziale del “perché mai dovrei spendere trentacinque centesimi per un bicchiere di latte?”, tuttavia in ogni caso il bottone sin dall'invenzione dello studente e della macchinetta era da sempre immacolato.
Nessuno, quindi, aveva avuto la tentazione di provare l'ebrezza del sapore chimico di latte in polvere.



Assenzio:


    Nelle scuole, la cioccolata calda era la dipendenza più pericolosa: così tanto zuccherata da creare un tappo nelle arterie alla sola vista, ma al contempo con un gusto tanto dolce da risollevare il morale agli studenti reduci da verifiche disastrose o da storie d'amore complicate, era decisamente la scelta più gettonata nei giorni dall'umore grigiastro.
Come un abbraccio materno, riusciva a dare conforto e sicurezza, quella forza d'animo che bastava per auto-convincersi che il mondo, in fondo, potesse ancora essere affrontato.
Persefone, ad esempio, tendeva sorseggiarla pensosa, seduta su un freddo termosifone, dopo aver avuto un colloquio personale con il professor Ade.
Non si era certi, però, se fosse inquieta per il docente o per la madre, vera e propria bestia infernale temuta persino dagli insegnanti.



Probabilmente neppure esperti psicologi possono dare una motivazione al consumo assiduo di tali sostanze; tuttavia è innegabile che ciò rimane pur sempre un importante passo degli usi e costumi della comunità studentesca, tramandato da maturando a primino, di chiavetta in chiavetta, nei secoli dei secoli.





Fine Oneshot!



Angolo dell'autrice:


Effettivamente, manco da un po' in questa raccolta: conclusa la scuola, ho avuto un periodo difficile. Ora, pian piano, mi sto riprendendo e in questi giorni ho scritto di getto questa piccola OS.

Il capitolo in Bar Sport (o Bar Sport 2000, ora la mia memoria gioca brutti scherzi) sulle macchinette delle bevande è indubbiamente il mio preferito: le macchinette in quel libro sono quasi umane, caratterizzate per la loro estrema bastardaggine e... niente, riesce sempre a strapparmi una risata.
Qui, più che concentrarmi sulla psicologia della macchina (anche perché altrimenti mi sembrava troppo un copia-incolla), mi sono concentrata sulle bevande. In tutto questo delirio devo ancora comprendere il gusto del caffè al Ginseng: se zuccherato, sa di caramelle mou; se lasciato al naturale ha quel leggero retrogusto amaro che mi fa totalmente schifo.
Magari qualcuno saprà darmi una risposta.


In ogni caso ringrazio chiunque legga questo capitolo! E mi scuso ancora per la mia assenza.


Un bacio da _Lakshmi_!

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