Beauty is in the eye of the beholder

di ciredefa
(/viewuser.php?uid=147684)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Carote ***
Capitolo 2: *** Carina ***



Capitolo 1
*** Carote ***


Note: Prima parte di una storiella formata da due parti. La seconda arriverà presto buona lettura!

 

Beauty is in the eye of the beholder

 

 

Maka odiava la parola carina. La riteneva una delle parole più scialbe per descrivere una qualsiasi cosa: era la via di mezzo, una cosa che non è brutta ma nemmeno bella. Tutto poteva essere definito carino, dal fiorellino sul ciglio della strada fino ad un lampione, il che lo rendeva il complimento più che insignificante di tutti. Ogni volta che incontrava quel termine nei suoi libri storceva un po’ il naso, chiedendosi come l’autore del libro potesse essere così superficiale. La faceva arrabbiare un po’ a livello linguistico, un po’ perché Maka sentiva di rientrare perfettamente nella definizione di carina.
Ogni mattina rimaneva minuti interi a fissare il suo riflesso nello specchio dell’armadio prima di preparasi per la giornata. Il collo sottile protetto dai capelli biondo grano che sciolti le solleticavano sempre le spalle, le clavicole e le costole appena marcate sotto la pelle chiara, il seno acerbo – la parte di sé stessa di cui era più insicura -, l’assenza quasi completa di curve, lo spazio tra le cosce magre che le sembrava immenso. Non riusciva a definirsi bella per quanto ci provasse, più analizzava ogni centimetro del suo corpo e più il suo umore si anneriva. Solo carina, niente di più.
Invece Soul era bello, senza alcun dubbio. Aveva il fascino del ragazzo bello ed impossibile classico dei protagonisti dei libri. Capelli ben curati, occhi taglienti, fisico asciutto ma muscoloso nei punti giusti, musicista, atteggiamento all’apparenza menefreghista ma che in realtà che si avvicinava più a ‘per te ridurrei in cenere il mondo, baby’.
Maka scosse la testa, ridestandosi dai suoi pensieri. Guardò il tagliere davanti a lei intensamente, il coltello ancora nella mano destra e una carota nella sinistra. Negli ultimi tempi faceva sempre più spesso quel tipo di pensieri sulla sua arma e si malediva ogni volta. Se Soul avesse saputo ciò che pensava l’avrebbe presa in giro per secoli. Si rimise a tagliare la verdura.
Non poteva lasciar trapelare l’invidia con cui Maka guardava ogni ragazza che si avvicinava alla sua buki – ed erano parecchie –, oppure di quanto imbarazzata si trovasse a fissare la schiena piena di cicatrici dell’albino quando ad agosto faceva troppo caldo in casa per restare completamente vestiti.
Su tutti i manuali per essere un’eccellente meister era caldamente sconsigliato l’amore tra partner: o ne usciva una relazione più profonda, oppure la risonanza dell’anima diventava talmente difficile da utilizzare tanto da essere costretti a cambiare arma. Maka rabbrividì al pensiero, non voleva assolutamente correre il rischio di perdere Soul per le scemenze che le frullavano nella testa.
Si rese conto troppo tardi che la carota che stava tagliando era finita, distratta troppo dai suoi pensieri, “Ahia!” l’urlo sommesso della bionda riecheggiò per tutto il cucinotto. Il piccolo taglio poco sopra l’unghia dell’indice cominciò a sanguinare, le gocce di sangue già cadevano sul tagliere di legno. Stupida, si ripeté mentre i suoi occhi smeraldini cominciarono a pizzicare, stupida che non sei altro.
“Maka? Tutto bene?!” esclamò Soul dal salotto. Lasciò il controller della console e si alzò con un balzo dal pavimento, raggiungendola in cucina. Allungò il naso oltre la spalla di Maka che era rimasta immobile fino a quel momento e appena notò la ferita si precipitò a prendere un pezzo di carta assorbente. Il ragazzo le prese mano e iniziò a tamponare il taglio, stringendo con forza.
“Ma come cavolo hai fatto a tagliarti?” chiese contrariato. Lei scostò lo sguardo, “ … ero sovrappensiero” rispose soltanto. Soul sbuffò, “imbranata”. In quelle parole però non c’era cattiveria, aveva usato un tono che si avvicinava allo stesso che si utilizzava con una bambina che si era appena sbucciata un ginocchio cadendo dalla bicicletta.
Soul lasciò la presa per un attimo, aprì uno dei cassetti e maneggiò dentro finché non tirò fuori una piccola scatolina contenente dei cerotti. Riprese a stringere la mano di Maka, con i denti ne scartò uno e lo avvolse attorno all’indice, assicurandosi di stringerlo bene.
L’albino le era ad un soffio dal viso, e non poté far altro che osservare la sua faccia leggermente corrucciata mentre armeggiava per tamponarle la ferita. Era infinitamente bello e questo la faceva arrabbiare tantissimo, perché sapeva di essere impotente a quella scintilla che sentiva nel petto, sapeva che non esisteva insetticida per le farfalle nello stomaco.
Quando il cerotto fu posizionato in modo sicuro, Soul prese un sospiro e le poggiò una mano sulla spalla, delicatamente “Stai attenta, okay?”. Maka sussultò lievemente “Sì, scusa” e lui tornò nel salotto, riprendendo quello che stava facendo prima.
La ragazza osservò la sua mano, il cerotto blu con le stelline colorate cozzava con la sua pelle diafana. Il rapporto tra lei e Soul era sempre stato così: per quanto lui la ritenesse forte, non poteva far a meno di correre in suo soccorso ogni volta che le succedeva qualcosa. Ogni volta che Maka cadeva c’era lui a sorreggerla, che fosse in battaglia o nella vita di tutti i giorni. Soul era infinitamente bravo a mettere toppe dove più c’era bisogno.
Maka si chiedeva se sarebbe riuscito a mettere il cerotto anche anche sui suoi sentimenti un po’ feriti e sempre confusi, ma preferì continuare a tagliare le carote e riservarsi quei pensieri a più tardi, perché la cena non si sarebbe mai preparata da sola.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Carina ***


A Soul, le scale del condominio non gli erano mai parse così infinitamente lunghe e ripide fino a quel momento; un po’ per i mocassini laccati troppo stretti, e forse anche per il modesto peso della sua meister sulla schiena.
Si può dire che la festa di Kid fosse andata una meraviglia, quella sera. Lo shinigami era solito dare grandi feste per insignificanti eventi, ma tutto era sempre impeccabile: musica, atmosfera, cibo e bevande per tutta la Shibusen non mancavano mai. Sta di fatto che sia lui che Maka quella sera avessero leggermente esagerato con i drink colorati e frizzanti che preparava Liz: all’apparenza innocui ma che nascondevano un tasso alcolico inaspettato, oserebbe dire.
L’appartamento dei due non era troppo lontana dalla villa di Kid, un paio d’isolati a piedi, in massimo dieci minuti sarebbero arrivati. Soul, nonostante tutto, aveva la mente piuttosto lucida mentre la solita risoluta Maka dava l’impressione di starsela spassando.
Nel mezzo della stradina di città notturna, si sentivano i passi di lei rimbombare nelle pareti a ritmo di una sconosciuta musica; Maka rideva, canticchiava e saltellava, felice come solo una persona brilla può essere. Soul la teneva sempre sott’occhio, qualche metro più indietro di lei, con un sorriso accennato sulla faccia.
« Soouuul, perché non ti sbrighi? Sei sempre così leentoo » cantilenò lei, girandosi verso di lui e continuando a camminare all’indietro come un gambero.
« Io posso anche correre Maka, ma non so se tu riusciresti a raggiungermi con quei tacchi » la provocò Soul, e Maka di tutta risposta le fece una linguaccia.
Un altro dettaglio non trascurabile della festa, secondo lui, era anche l’abbigliamento della suo meister. Un tubino nero corto a ginocchio, stretto dove Soul riteneva nei punti più giusti, capelli legati nei suoi soliti codini, calze scure e un paio di stiletto nere che potevano benissimo essere usate come armi improprie. Lui non era da meno; un semplice completo elegante, camicia grigia con sopra un gilet nero, decorato da una cravatta verde smeraldo.
Nel camminare all’indietro Maka non fece caso ad una piccola buca nella strada e inevitabilmente il tacco, non trovandosi nulla su qui fare leva, fece capitombolare a terra la ragazza con la stessa eleganza e grazia di un elefante.
Subito Soul accorse per farla rialzare, facendosi scappare una leggera risata. « Non ridere! » esordì lei, mentre si rialzava. Non si fece nulla di grave, ma l’unica vittima fu una delle scarpe: il tacco giaceva tristemente spezzato sull’asfalto.
« Uffa, erano in affitto » sospirò sconsolata lei, raccogliendo i resti.
« Si può sicuramente aggiustare » cercò di consolarla.
« Soul. »
« Dimmi, Maka. »
« Adesso non ho più una scarpa. »
« Ci ero arrivato. »
« Mi porti sulla schiena? »
« Eh? » strabuzzò gli occhi.
« Perfavoooooore. »
Soul non aveva altra scelta, anche se già gli faceva male la schiena solo al pensiero, ma gli occhioni languidi di lei e l’aria da pulcino indifeso non potevano non convincerlo.
Sospirò, « e va bene ». Lei fece un piccolo salto di gioia, per poi montare sulla sua schiena, allacciando le braccia attorno al collo di Soul. Lui, con i polpacci di lei incastrate con le sue braccia, prosegui per la strada. Arrivato davanti al portone d’ingresso, l’ultimo scoglio da sorpassare erano le tre rampe di scale che li separavano dal meritato riposo.
Dieci minuti più tardi la porta di casa si aprì con un tonfo, che non svegliò Maka che ormai sonnecchiava beata. Gli ultimi passi di Soul lo condussero nella stanza di lei, ed evitando con maestrie le pile di libri – quando le avrebbe sistemate sarebbe stato un bel giorno, penso tra sé e sé lui – poggiò la Meister sul letto. Fece un lungo sospiro e si stiracchiò, emettendo qualche mugugno di lamento per la faticata appena subita.
Soul la osservò, per qualche minuto buono. Era accucciata, la mano sotto la guancia a sorreggerle la testa, i capelli biondi che ormai non erano chiusi più nei codini ora liberi di sparpagliarsi sul cuscino. Il petto si gonfiava e sgonfiava a ritmo del suo respiro, il vestito le era salito al di sopra del bacino, rivelando completamente le gambe sottili.
Sorrise. Doveva ammettere a se stesso che Maka aveva un certo fascino ed eleganza, anche collassata dopo una bella festa impegnativa.
Lo sbadiglio che ne sussegui suggerì a Soul che era arrivata anche l’ora di mettersi a dormire, fece per lasciare la stanza di Maka quando arrivato all’uscio una voce più che familiare lo richiamò.
« … Soul? » disse la voce mezza assonata di lei.
« Cosa c’è? »
« Stai andando via? »
Soul alzò un sopracciglio, « sto andando a letto » rispose un po’ confuso.
« Oh » si ridestò lei « non ci avevo pensato ».
Quanto poco regge l’alcol questa ragazza? Pensò Soul, rendendosi conto che era ancora in circolo nel sistema della sua meister.
Ci fu un attimo di silenzio che venne spezzato da « Rimani un po’ con me, Soul? » con un tono completamente diverso da quello di qualche minuto prima aveva Maka, diventato improvvisamente triste.
Alzò un sopracciglio, e nonostante il letto lo stesse chiamando a gran voce dalla sua stanza, decise di tornare su sui passi e sedersi ai piedi del letto.
« Dimmi tutto » le chiese Soul, mettendosi comodo sul materasso. Lei non rispose subito, i suoi occhi verdi erano lucidi e fissavano un punto indefinito della stanza. D’un tratto si sollevo, si sedette e strinse le braccia alle ginocchia, nascondendo il viso tra esse.
« Pensi che io sia carina? » non alzò lo sguardo e la sua voce si spezzò un po’, ma riuscì a trattenersi.
Carina? Pensò Soul, rimasto di stucco a quella domanda. Perché pensandoci bene, Soul considerava Maka bellissima. Se l’avesse detto a voce alta non ci avrebbe creduto nemmeno lui, però era effettivamente la realtà. La sua meister era di una bellezza particolare, oltre a quella esteriore lei era proprio meravigliosa nell’anima, ironicamente. A volte pensava di non meritarsi una compagna così integra e forte, considerando l’irrecuperabile esemplare di scapestrato che era lui.
« Perché me lo chiedi? » rispose, avvicinandosi un po’ a lei. Maka non ribatté subito, e non lasciò il nascondiglio che si era creata.
« Non sono un granché » cominciò « a volte mi chiedo come non fai a scaricarmi e cercarti una meister più bella, con le tette più grandi, con i fianchi pieni invece del manico di scopa che ti ritrovi » ora stava piangendo, la frase interrotta da qualche singhiozzo sommesso lo aveva reso palese.
« Per quale diavolo di motivo vorrei mai una cosa del genere?! » alle parole di Maka il tono di Soul si alterò. Lui non sapeva se prendersela sul personale, o se quello che stava parlando era il subconscio di Maka a libere briglie per colpa della sbornia.
« Mi consideri davvero così superficiale? » sondò lui, deluso dalle affermazioni di prima.
Maka alzò di colpo la testa, rivelando il viso umido e arrossato dalle lacrime. « No! Non intendevo questo! » sbottò lei, rendendosi conto dell’errore fatto nell’utilizzo delle parole. Allungò la mano e con quest’ultima raggiunse e strinse il braccio di Soul, come se avesse paura che lui scappasse, lasciandola lì da sola. Lui non accennò ad andarsene, ma aveva il viso corrucciato, aspettava che lei le dicesse qualcosa.
Maka tirò su col naso e si asciugò le lacrime di una guancia con la mano libera, « non sei superficiale » cominciò, « tu sei perfetto. E io non lo sono, e a me va bene così, ma non è questo il punto » si interruppe, lasciò la presa su Soul e si mise in ginocchia sul letto, avvicinando il busto verso di lui. Strinse il pugno al petto, conficcando le unghie nella carne del palmo della mano.
« Ho bisogno di saperlo, Soul. Anche se mi riterrai una bambina, presuntuosa, pensa quello che vuoi, ma ti prego rispondi » il suo tono aveva ormai raggiunto quello di una supplica, interrotto da qualche singhiozzo. Maka si era avvicinata così tanto che era praticamente ad un naso di distanza dal viso di Soul, lei in quei movimenti non avevi mai distolto lo sguardo da quello di lui.
« Io sono carina? » pronunciò quelle parole sussurrando, inclinando leggermente la testa. Era una cosa così stupida, penso Soul, così futile, così tanto che Soul decise di porre fine alla cosa una volta per tutte.
Mentre lei attendeva una risposta, Soul le afferrò il viso con entrambe le mani, chiuse gli occhi e le diede un bacio. Dalle sue mani tremava la frustrazione, e Maka poté avvertirla chiaramente sulla pelle, ma il bacio improvviso la sorprese così tanto che si pietrificò sul posto, non riuscendo nemmeno a sbattere le palpebre per i quindici dieci secondi per cui durò quel contatto. Quando si staccarono, Maka non riuscì a spiccicare nemmeno la più semplice della parole.
« No » disse lui, guardandola con mezzo sorriso sghembo. Soul si godette ogni secondo della reazione di Maka, come se fosse le avesse fatto un piccolo dispetto.
Lei scosse la testa, « cosa no? » rispose come se si fosse dimenticata tutto quello che si erano detti poco prima, come se il bacio le avesse cancellato la memoria.
« No, non sei carina, Maka » lui si mise le braccia dietro la testa, « sei bella. » La faccia di Maka fu impagabile, sul suo viso passarono talmente tante emozioni che ne perse il conto.
« E ora basta, ho sonno, tu hai bisogno di dormire, posso andare? » chiese Soul, accennando uno sbadiglio. Lei annuì, ma prima che lui varcasse di nuovo la porta della sua stanza, gli chiese un ultimo favore.
« Soul? »
« Sì? »
« Ti dispiace rimanere con me, stanotte? »
Lui sospirò ma sorrise, « va bene ». L’albino si tuffò nel letto accanto a lei, e fu questione di pochi minuti prima che cadesse in un sonno profondo.
Quella notte aveva imparato tante cose. Che guardarsi troppo allo specchio fa male, i difetti li hanno tutti, e che probabilmente aveva altamente rotto le scatole alla sua povera arma, che non sa mai dirle di no. Avrebbe dovuto, invece, guardarsi e specchiarsi di più negli occhi di Soul, e magari tutti quei problemi non se li sarebbe mai posti. Lezione imparata, come ogni livido dopo ogni battaglia, ma ora sapeva che quei sentimenti che provava non le avrebbero più dato nessun tormento. E, sopratutto, che alle feste di Kid non si bevono mai i drink di Liz. Mai.






Note: una stupidata un po' cliché, ma Maka che, nonostante sia una maestra d'armi così forte, si gruccia per il suo aspetto fisico è un po' il mio soft spot. We've all been there Maka, meno male che tu hai Soul a convincerti del contrario. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3779807