Reminiscences

di StarkLabs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


 A fine capitolo troverete le note con tutte le spiegazioni e precisazioni necessarie. Buona lettura.


Mie cari lettori la storia che sto per raccontarvi ha dell'incredibile, lascerà di stucco la maggior parte di voi, forse delle domande vi si insinueranno nella mente, forse inizierete a credere in qualcosa che prima ritenevate impossibile, ma badete bene questo è un avvertimento per i più scettici, non leggete o continuate queste righe e se lo fate vi prego di non giudicare quanto scritto perché si tratta della pura e semplice verità, non fatevi beffa di tutto ciò perché potreste ritrovarvi un giorno, anche molto lontano da questo tempo a fare i conti con qualcosa che nemmeno potevate immaginare, come è successo a me quel fatidico giorno.
Io mi sono sempre definito un ragazzo ordinario, più che ordinario, decisamente nella norma, capelli biondi lisci, occhi azzurri, abbastanza alto e con un fisico atletico, discendo da una buona famiglia, non siamo ricchi ma stiamo bene, io e mia sorella abbiamo sempre avuto quello che desideravamo ma senza vizi, i nostri genitori erano persone per bene, hanno saputo educarci e di questo ne fanno sempre vanto, l'umiltà è stata da sempre la base della nostra famiglia, ci hanno saputo dire no quando era il momento e sì ammetto che hanno fatto proprio un buon lavoro.
Viviamo in Italia e siamo a tutti gli effetti italiani ma non so perché io ho sempre avuto una particolare passione e predisposizione per le regioni straniere, in particolare l'Inghilterra, così io e la mia sorellina -la chiamo così anche se siamo gemelli a tutti gli effetti- siamo cresciuti andando a scuola, giocando con gli amici e ora lei vive in Belgio e fa la scrittrice ed io sono un produttore cinematografico, e questo mi porta ovviamente a viaggiare il mondo, unica pecca di questa vita apparentemente perfetta è il mio nome Alex Davide dico io i miei non potevano scegliere uno dei due, cioè perché tutti e due insieme, due nomi che non hanno una bella assonanza e messi affianco sembrano un pugno nell'occhio, mistero.
In realtà da piccolo ho provato a chiedere a mia madre il motivo ma lei mi ha liquidato dicendo che in un libro aveva letto di questo tizio che aveva un nome che le piaceva però era troppo antico per la nostra epoca allora ha deciso di tenere solo le iniziali, e sapete cosa mi ha risposto quando le ho chiesto chi era questo misterioso personaggio testuali parole "Tesoro non lo saprai mai perché non voglio che la sua persona ti influenzi" vi rendete conto, come diamine poteva un dannatissimo personaggio, vissuto secoli prima influenzarmi, comunque meglio chiuderla qui perché altrimenti perdo il nocciolo della questione, e divago, io sono uno che sproloquia e va molto oltre quello che dovrebbe dire, oh insomma basta.
Ora in ventisette anni di vita non mi è mai e dico mai capitato quelcosa di "strano" tipo avvistamenti di dischi volanti, voci misteriose in casa, apparizioni o tutte quel genere di cose che alle persone, soprattutto ai ragazzini piace raccontare con entusiasmo e fierezza, sono andato anche in una casa che doveva essere infestata, la mi intera classe alle superiori ci era stata dicendo di aver sentito cose, c'erano persino dei documenti e indovinate un po' ci sono andato anche io, e sapete che cosa ho sentito, visto, percepito? Niente, nada, nisba, nemmeno il rumore del vento, fu una completa e totale delusione quindi come potevo anche solo immaginarmi la cosa enorme che mi sarebbe successa anni dopo.
La mia stupida sorella adora leggere che siano racconti, romanzi o poesie lei legge tutto, è ossessionata da diversi autori o poeti o come diavolo vogliate chiamarli da Leopardi a Wilde lei sa tutto, vita morte e miracoli e ovviamente finché non si è trasferita il povero martire che si è dovuto subire i riassunti di ciò che leggeva, le interpretazioni da oscar delle poesie narrate in piedi sul tavolo e persino ogni quanto andassero in bagno questi tizi, ero io.
In realtà in effetti un po' è strano lavoro nel mondo del cinema quindi le storie dovrebbero piacermi, cioè mi piacciono ma non sui libri, ho una specie di repulsione e li leggo solo se strettamente necessario.
A proposito di repulsione ecco io per alcune città ho una vera e propria fobia, non ci sono mai andato e come per i libri, ci andrei solo se strettamente necessario, per lavoro per esempio, ma fino ad ora non mi è mai capitato, e ne sono sollevato non so dire il perché di questa mia paura, solo a sentirle nominare mi viene un nodo alla gola e mi si stringe lo stomaco, forse un giorno ne parlerò con uno psicologo magari potrà aiutarmi.
Pensate che in terza media la mia classe andò in gita a Napoli ed io preso dal panico mi sono inventato un terribile maldipancia, e per l'Inghilterra che tanto adoro diciamo che Londra non è la prima città che visiterei, e forse nemmeno l'ultima.
Un po' mi dispiace per questa cosa, sono belle città ed io per non so quale causa non riesco nemmeno a pensarci, e mi fa male non capire il motivo, insomma scientificamente non può essere possibile una cosa simile o no?
Parlando di stranezze eccone una in arrivo sono gay ma non è questa la stranezza, per me è una cosa del tutto naturale come respirare, fa parte di me, sono io in tutto e per tutto, ci ho messo un po' a dare la notizia ai miei genitori e a mia sorella, non perché avessi paura della loro reazione, per loro la distinzione etero e gay non dovrebbe nemmeno esistere e quando dopo dieci minuti buoni di balbettii ho dato loro la notizia hanno esordito così "Tesoro con il tempo che ci hai messo per dircelo facevi prima a presentarci il tuo fidanzato" facendomi rimanere, non lo so, stranito, con la faccia da pesce lesso a fissarli.
Comunque non so perché a quel tempo ci misi tanto a dirlo, avevo quindici anni e i miei genitori li conoscevo bene, non avevo nessuna paura o timore, forse sono stato influenzato dal fatto che la buona parte delle persone che fa comingout ci mette dei secoli e c'è questa sorta di rassegnazione da parte dei genitori, del tipo che ci hai fatto una doccia fredda ma ti vogliamo bene comunque, nel peggiore dei casi vengono cacciati di casa, quindi forse io avevo paura perché gli altri l'avevano, anche se sapevo che in casa mia non sarebbe stato così.
Oddio ho divagato di nuovo ma mi sembrava opportuno spiegare questa cosa, dicevo la cosa strana non è la mia omossessualità ma il fatto è che non sono mai stato con nessun uomo o ragazzo e nemmeno voglio starci.
Ho ricevuto molti corteggiamente nel corso della mia vita, sia da parte di ragazze che con giusta ragione rifiutavo, sia da parte di ragazzi, magari anche di qualcuno per cui avevo una cotta colossale ma rifiutavo anche loro, mi sono innamorato seriamente due volte, e Dio era tutto così bello, c'era feeling, intesa, chimica, l'elettricità nell'aria ma quando si arrivava al momento del bacio mi tiravo indietro come il peggiore dei codardi, spezzando il cuore di quei poveri ragazzi che pensavano ci fosse qualcosa tra noi, e in effetti c'era ma io non me la sentivo.
Con il tempo ho imparato a capire che non volevo una relazione perché avevo e ho tutt'ora paura di ferire, fare del male alla persona che amo, e non parlo solo di un bacio mancato, quello si supera, ma di quando ami follemente qualcuno e quel qualcuno ama te e poi succede qualcosa, tu fai qualcosa che distrugge tutto e ti comporti da egoista, non so nemmeno perché dovrei comportarmi da egoista, io non lo sono, ma ho paura di diventarlo, per questo preferisco non impegnarmi, so che è sciocco e stupido, e probabilmente dovrei andare davvero da uno psicologo ma per ora è così, io sono così.
Una volta mi sono pure fatto leggere le carte da una donna, nemmeno volevo farlo, ma i miei amici mi hanno convinto ed eravamo a un parco divertimenti, così ho detto perché no, in sintesi questa chiromante mi disse che avevo una ferita emozionale, così l'ha chiamata e finché non l'avessi superata avrei avuto difficoltà nelle relazioni.
Comuque non diedi peso alla cosa malgrado il fatto che avevo difficoltà nei rapporti fosse vero, fatico a gestirmi fisicamente figuriamoci se devo pensare a qualcosa di interiore che chissà quando è successo, no non fa per me, poi non saprei proprio da dove cominciare quandi lascio che le cose in quel lato della mia vita vadano come devono andare, mi lascio trasportare dalla corrente.
Tutto nella mia vita a parte le cose sopracitate continuava a procedere nella norma finché un bel giorno, quel giorno decisi di mettere piede in una libreria, e malgrado la riluttanza, la negazione che ho verso i libri fu proprio uno di loro a cambiare il corso degli eventi, a cambiare me e la mia intera esistenza.
Era un giorno speciale per mia sorella, aveva aperto la sua prima libreria ed io volevo farle un regalo che la rendesse felice e mi rendo conto che può semprare un cliché assurdo e noioso ma, niente può rendere più felice la mia sorellina di un bel libro che non ha letto, badate bene da me non ne ha mai ricevuto uno, troppo stress cercare fra tutti quei titoli e poi ho sempre dubitato che esistessero -almeno sulla terra- dei libri su cui i suoi occhi non si erano ancora posati.
Però questa volta era diverso, ci tenevo ad essere carino nei suoi confronti e volevo pensare a lei per una volta, metterla al primo posto così entrai in questa libreria, deciso a trovare qualcosa di particolare ma, questo qualcosa trovò me.
Me ne stavo lì tra tutti quegli autori, titoli scritti in grande o in piccolo che mi fissavano, sembrava che quelle parole volessero cadermi addosso, mi sentivo accerchiato, ovunque mi giravo c'erano parole o lettere ma nessuna che mi rispecchiasse, o che comunque mi facesse sentire qualcosa -mia sorella dice sempre che sono i libri che scelgono te, che devi sentrirli- stetti a girovagare tra quegli scaffali per un'ora, la testa mi girava quando ad un tratto, la mia attenzione venne attirata da qualcosa, mi avvicinai lentamente a quel piccolo oggetto, se ne stava lì sullo scaffale in basso a destra, sorretto da altri libri, che sembravano spegnersi a fianco a lui.
Non so cosa mi prese in quel momento il cuore aveva preso a battermi in maniera incredibile, sudavo freddo e avevo i brividi, mi accasciai lentamente con la schiena che leggermente sfiorava le pile di libri accostati l'uno a fianco all'altro, deglutii rumorosamente passandomi una mano sulla fronte, poi come per istinto allungai il braccio e presi in mano quel libro che sembrava urlasse il mio nome, in effetti non appena lo toccai i sintomi si placarono ma decisi comunque di restare seduto, nel caso mi ripredessero alla sprovvista.
Inizialmente avevo pensato che quel libro chiamasse mia sorella, siccome siamo gemelli credo fortemente che ci sia una connessione, e con tutte le storie che mi ha raccontato ho pensato davvero che il libro stesse scegliendo lei attraverso me, pensavo che si sarebbe conclusa lì con me che compravo il libro e mia sorella che saltava felice, magari dicendomi che era proprio quello che desiderava, ma invece no, ero io il diretto interessato.
Lo capii per prima cosa perché il titolo che avevo in mano mia sorella lo aveva letto e riletto decine di volte ed era nella lista della sua top ten, talmente sacro per lei che non mi ha mai permesso di toccarlo né di guardarlo, i suoi libri preferiti ha sempre tenuto di tenerli nascosti, lontani da fratellini dispettosi e burloni, e poi seconda cosa perché decisi di leggerlo, cioè rendetevi conto io, che decido di leggere un libro, di mia spontanea volontà, se me lo avessero detto il giorno prima gli avrei riso in faccia.
Mi alzai dal pavimento anche perché avevo già ricevuto un paio di occhiatacce, comprai il libro e mi diressi verso casa, dimenticandomi del regalo per mia sorella, insomma diciamocela tutta io che leggo dovrebbe già essere un regalo di per sé, comunque veramente mi scordai di comprarlo ero talmente sconvolto che mentre ero in fila alla cassa mi sfuggiva il motivo per cui ero arrivato fin lì, in libreria.
Rientrato in casa fortunatamente non vi era nessuno, così potevo mettermi tranquillo a leggere senza alcuna domanda sul perché del mio viso visibilmente pallido, mi sdraiai sul letto con la schiena poggiata alla testiera, il libro stretto al petto, come se servisse a rallentare i battiti del mio cuore che aveva ripreso a martellare, forse speravo che succedesse lo stesso evento della libreria, speravo che mi calmasse, ma non fu così.
Chiusi gli occhi e feci un gran bel respiro poi le mie palpebre si riaprirono e posai lo sguardo sul titolo, scritto in nero, un nero così tagliente che sembrava squarciarti l'anima De Profundis, lo aprii lentamente partendo dalla copertina per poi passare alla pagina iniziale, non feci a meno di chiedermi se anche le altre persone con questo libro avessero avuto i miei stessi sintomi, o se succedesse con tutti i libri oppure se questa era la sensazione di cui parlava mia sorella.
Iniziava così "Caro Bosie..."* e credetemi se vi dico che quelle prime due parole, che dovevano essere insignificanti per me, colpirono così forte il mio cuore, come se una lama affilata lo trapassasse, io nemmeno sapevo di cosa parlava quel libro, ma decisi comunque malgrado il dolore di continuare a leggere, di andare avanti e scoprire il senso di quelle sensazioni che a quel punto non mi sembravano più tanto normali.
Andavo avanti a leggere con gli occhi incollati alle pagine, e più mi prodigavo nella lettura più quelle parole, quelle frasi sembravano rivolte a me, che cosa ridicola pensai, come poteva un libro scritto più di un secolo fa parlare del sottoscritto, essere rivolto alla mia persona, come?
Era quanto di più stupido potessi pensare ma quel tarlo che si era insinuato nella mia mente continuava imperterrito a battere sulle pareti del mio cranio, sentivo i sentimenti che quelle frasi sucitavano pulsare dentro di me, ad un certo punto era come se l'avessi già lette quelle pagine, come se sapessi quello che veniva dopo, come se conoscessi il contenuto e il suo finale.
Stava diventando davvero dura andare avanti, gli occhi mi si riempirono di lacrime e in quel momento realizzai che avevo realmente un legame non con il libro in sè ma con la storia che si portava dientro, con quello che vi era raccontato io c'entravo qualcosa ma, se veramente era così, se ero stato uno dei protagonisti chi poteva essere?
Forse Wilde, o questo Bosie o quelche suo amico o sua moglie, dio mi sentivo così idiota a pensare quelle cose, credere che fosse veramente possibile, cercai di analizzare ciò che avevo letto, come mi sentivo in merito e dei forti sentimenti di colpa mi attanagliavano le viscere.
Mi sentivo frustrato, arrabbiato, triste, amareggiato e in colpa, tremendamente in colpa, era questo il sentimento che predominava, perciò non potevano essere i sentimenti di Wilde lui in un certo senso era la vittima, nemmeno sua moglie o i suoi amici che per quanto si potessero sentire responsabili per non averlo salvato, sottratto al carcere, sapevano che comunque non potevano fare niente di più di ciò che avevano fatto, e comunque tutte le altre sensazioni che sentivo, i flash che ogni tanto apparivano nella mia mente non potevano appartenere a loro.
Questo amore/odio che percepivo crescere dentro di me accompagnati dai ricordi di una forte passione tramutatasi poi in qualcosa di più, ricordi che non potevano essere miei, non di questa vita almeno, io non ero mai stato con nessuno, e nemmeno avevo mai baciato qualcuno, quindi non poteva essere il mio cervello a giocarmi brutti scherzi o condizionandomi attraverso ciò che stavo leggendo.
Ero confuso, l'unico a cui potevano appartenere quei sentimenti così forti e contrastanti era quel ragazzo, Lord Alfred Douglas, ripetei dentro di me quel nome Alfred Douglas, le sue iniziali AD, Alex Davide, oh merda...
Quando quella consapevolezza mi raggiunse iniziai a tremare, ancora non volevo crederci, sperai fosse tutto uno scherzo dettato dalla mia fervida immaginazione, non potevo veramente essere lui, no doveva esserci una spiegazione, continuai a leggere e dopo poco rimasi pietrificato.
"E non mi sarà affatto difficile perdonarti. Ma se vuoi che questo sia per me un piacere, devi sentire di volere il mio perdono. Quando realmente lo vorrai, lo troverai pronto ad attenderti." *
Alla fine, dopo aver letto queste righe crollai, gettai il libro con forza in fondo al letto come se fosse rovente, mi accasciai con la testa sul cuscino, stringendone con forza il lembi e iniziai a piangere, rumorosamente, con singhiozzi che risuanavano in tutta la stanza, per un momento temetti quasi di affogare nelle mie stesse lacrime, che scendevano copiose ed anch'esse bollenti.
Passai interi minuti in quello stato, con il corpo scosso da fremiti, le gote arrossate, mi sentivo male e volevo solo che quel tormento finisse, volevo tornare ad essere quel ragazzo ordinario, senza qualità particolari e con strane fobie, mi piaceva essere me stesso, non volevo essere nessun altro men che meno un ragazzo tanto egoista e pieno d'odio come, come lui.
La testa mi scoppiava e più cercavo di lottare contro la consapevolezza, più tentavo di rifiutare la realtà più mi sentivo male, così pensai che se avessi accettato di essere stato Lord Alfred in un'altra vita quel malessere tremendo mi avrebbe abbandonato, e così feci accettai la realtà che mi aveva colpito più forte di un macigno, io ero Bosie, l'amante di Oscar Wilde.
Mi tirai su mettendomi seduto e asciugandomi gli occhi ancora pieni di lacrime, gattonai fino in fondo al letto per riprendere il libro che avevo lanciato, deciso a terminarlo, anche perché non ricordavo ancora tutto, le immagini erano ancora annebbiate e frammentate e poi volevo un'ulteriore conferma certo che arrivato fino alla fine le cose mi sarebbero sembrate più chiare.
In effetti fu così quando giunsi all'ultima riga " Il tuo affezionato amico Oscar Wilde" * capii subito cosa dovevo fare, quale fosse il mio compito in questa vita, dovevo trovarlo, e come non avevo fatto nella vita precedente chiedergli perdono.
So che sembra folle ma in quel momento pensai che se io mi ero reincarnato poteva essere successo anche a lui, e dentro di me quella speranza non voleva abbandonarmi, era come se sapessi che su questa terra oltra a me, era tornato anche Oscar, insomma non poteva essere un caso che mi fossi ricordato di chi ero stato prima, non capita tutti i giorni una cosa simile, anzi a dire il vero mai.
Mi diressi in bagno per guardare il mio riflesso allo specchio, il mio nuovo volto, questo corpo era quasi simile a quello precedente, non potei fare a meno di chiedermi se anche Wilde avesse qualche somiglianza con il suo vecchio sè. Mentre fissavo i miei azzurri occhi altri flash illuminarono la mia mente noi due insieme abbraccitai, poi il processo e poi... Mi aggrappai fortemente al lavandino per non cadere rovinosamente a terra, ebbi un mancamento che con il tempo scoprii capitarmi ogni qual volta i ricordi che riaffioravano erano negativi, e questo avvalorò la mia tesi, la mia anima era tornata con lo scopo di ripulirsi dalle colpe di cui l'avevo macchiata.
Il punto era questo io non ho mai fatto niente per Oscar, non ho mai cercato di allieviare il suo dolore, le sue sofferenze, lui ha scritto che mi avrebbe perdonato se io lo avessi voluto, ma non ho mai voluto chiedere il suo perdono, il mio ego ha sempre vinto contro il senso di colpa, contro la coscienza, ma ora che sono in questa vita che ha avuto uno sviluppo diverso dalla vecchia facendomi crescere come una persona migliore, sono sono capace di dare il giusto valore ai sentimeti.
Mi importa degli altri e soffro se le altre persone soffrono e proprio per questo che se riuscissi a trovarlo ho paura di come reagirebbe, chissà se si ricorda di tutto, e se così fosse a lui come è successo? Poi la cosa che mi preouccupa è se mi ha perdonato, perché magari quando era Oscar Wilde ha perdonato Bosie ma ora se ricordasse quelle cose terribili riuscirebbe a perdonarmi, di nuovo?
Forse adesso vive una vita felice senza mocciosi pronti a rovinargli l'esistenza, e magari se si ricorda pensa che tutto il bello che ha ora avrebbe potuto averlo anche a quei tempi ma per colpa mia non successe, ebbi una specie di attacco di panico, perciò non mi restava che trovarlo per avere risposta a tutte queste domande che mi tormentavano, anche se non avevo idea di come avrei fatto a rintracciarlo.
Così partii alla volte dell'Inghilterra nella fattispecie Londra, il mio istinto mi aveva guidato fino al libro sicuramente mi avrebbe portato da lui, se il nostro destino era quello di unirci gli ostacoli non mi avrebbero impedito di farlo accadere.


NOTE: De profundis citato sopra è il titolo che diedero alla lettera scritta da Wilde per Bosie.
             * Citazioni prese direttamente e testulamente dal libro De Profundis, perciò non sono mie, non mi 
              appartengono, sono di Wilde scritte e pensate da lui. Io le ho solo prese in prestito.
              Naturalmente le persone di Wilde e Bosie non mi appartengono, e siccome ho preso spunto solo visivo e fisico da 
              Jude Law(Bosie) e Stephen Fry(Wilde) per i protagonisti nemmeno loro mi appartengono tutto il resto è inventato e    
              immaginato dalla mia piccola testolina. Spero che questa storia vi piaccia, so che è particolare e magari non
              si addice ai personaggi o al secolo a cui appartengo però a me stuzzicava l'idea. Grazie a chi legge o
              recensisce o altro. Grazie a tutti e un saluto.



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Capitolo 2
*** 2 ***


Eccomi nella mia adorata/detestata Inghilterra il viaggio durò poco per quelli che erano i miei standard, lo spesi tutto a riflettere sulla mia vita fino a quel momento, e capii il perché di tante cose soprattutto delle mie fobie.
Erano tutte incentrate sugli avvenimenti avvenuti nella mia vita precedente, la fobia per quelle città che erano esattamente le stesse dove avevo conosciuto o ero stato con Oscar, il fatto che non volessi impegnarmi in una relazione beh questo è abbastanza chiaro, ora non mi restava che trovarlo, impresa che era peggio che cercare un ago in un pagliaio.
Per prima cosa cercai un albergo dove alloggiare mi vennero in mente tante ipotesi su come rintracciare Oscar una di quelle la scartai a priori, avevo pensato di ingaggiare un investigatore privato ma cosa gli avrei detto?
Che stavo cercando il signor Oscar Wilde e che sì, sapevo che era morto ma come me si è reincarnato e ora ha un altro aspetto?
Mi avrebbe preso per pazzo sconclusionato e sarei finito in un centro di salute mentale, quindi dopo intense riflessioni decisi che me la sarei cavata da solo, non ero più un ragazzino che andava a piangere dai genitori per qualsiasi problema, e nemmeno uno che non pondera prima di prendere una decisione come facevo prima nella vecchia vita, quante stupidaggini ho commesso, ma ora mi sarei riscattato e avrei dimostarto a tutti, in particolar modo a me stesso che sono cambiato e che non ho sprecato questa seconda possibilità che mi è stata gentilmente concessa.
Passò esattamente una settimana carica di ricerche ma senza alcun risultato, feci ricerche su internet, persone famose e non, osservavo la gente sperando mi potessero dare un indizio, visitai musei, librerie, teatri e parchi, ma niente, comunque non mi arresi perché ero sicuro che ci fosse anche lui, come ero sicuro che si trovasse a Londra, lo sentivo forte dentro di me e questa forza mi spinse ad andare avanti.
Fu un Martedì che incontrai un uomo che mi destò parecchi sospetti era alto, sulla sessantina e anche di bella presenza, si avvicinò a me che stavo osservando il Tamigi ponderando su quali sarebbero state le prossime mosse, ero appoggiato sulla ringhiera del ponte quando questo bizzaro signore si mise a raccontarmi aneddoti, il suo linguaggio era fluido e articolato, si rivolgeva a me quasi come mi conoscesse ed io per tutto il tempo rimasi a bocca aperta a fissarlo.
Stavo per dire il suo nome quello passato naturalmente, perché il nome attuale non potevo certamente conoscerlo quando l'uomo mi diede una pacca sulla spalla e se ne andò, prima di fermarlo lo osservai per capire che intenzioni avesse e lui si avvicinò a due ragazze, poco disatanti dalla mia posizione e cominciò a parlare con loro, proprio nello stesso modo in cui aveva fatto con me, dicendo loro praticamente le stesse cose.
Capii subito che non poteva essere Oscar e un velo di delusione si posò sui miei occhi facendoli diventare lucidi, abbassai la testa gurdandomi la punta delle scarpe, una macchiolina rotonda si formò sull'asfalto vicino ad esse, stavo piangendo.
Ero ancora a capo chino quando vidi spuntare sotto il mio sguardo una mano che stringeva un fazzoletto azzurro ricamato con bordi più scuri, alzai subito la testa sorpreso e l'uomo che mi stava porgendo il fazzoletto mi disse "Caro ragazzo qualunque sia il problema non fartene un cruccio, la vita è troppo importante per essere presa sul serio"* detto questo con un cenno mi invitò a prendere il fazzoletto, sorrise con un'espressione che mi toccò il cuore ma, non feci in tempo a ringraziarlo che si stava già allontanado esordendo con un "Tienilo pure" prima di voltarmi completamente le spalle e sparire.
Lo guardai allontanarsi mentre tenevo stretto il fazzoletto nella mano, quella frase mi suonava  familiare e quel modo di fare tipico di, di lui... Ebbi l'impulso di correrre nella stessa direzione in cui si era allontanato e dalla mia gola uscì un "Oscar!" rotto, spezzato e pieno di speranza che venne sostituito subito dall'imbarazzo, tutte le persone si erano voltate a guardami -come se qualcuno non si potesse chiamare Oscar poi- rimasi lì in mezzo alla piazza, le guancie rosse, dandomi dello stupido per non aver fatto più in fretta, per non averlo capito subito.
Tornai in albergo e mi gettai sul letto, posai quel pezzettino di stoffa sul mio petto, aveva un buon profumo così lo portai al naso ed inspirai più forte, magari non era nemmeno lui pensai perché se fosse stato così non lo avrei perso, chiusi gli occhi, per quella giornata ne erano già successe abbastanza di cose, troppe emozioni in una volta, avrei ripreso domani, mi addormentai sereno e con un sorriso leggero sulle labbra.
L'indomani decisi di andare a fare colazione al bar, me ne avevano consigliato uno dove facevano ottimi pancake, ed io adoro i pancake, così entrai in quel posto e mi misi in fila, mi stupii di quante persone ci fossero, già mi leccavo i baffi che tra parentesi non ho, mancava una persona poi sarebbe stato il mio turno ma, quando l'uomo che avevo davanti si voltò per andarsene con il suo caffè e lasciarmi il posto quasi venni colpito da un infarto.
Era lo stesso uomo del giorno prima, no non quello chiaccherone ma quello che mi aveva porto il fazzoletto, lo fissai basito per un secondo quando il mio sguardo venne catturato dal taschino superiore della sua giacca, vi era un fiore posato al suo interno che faceva bella mostra di sè, tipo quello che usano i testimoni alle cerimonie, ed in quel momento fui sicuro e certo che davanti a me si trovava Oscar Wilde.
Quando mi ridestai da quella spece di trance/rivelazione che avevo avuto mi accorsi che lui già era uscito, così abbandonai la fila e gli corsi dietro ma questa volta feci in tempo "Scusi" dissi a gran voce avvicinadomi a lui che si voltò sorpreso, un altro infarto per quento era bello, ma cosa andavo a pensare, dovevo agire altrimenti mi avrebbe preso per un piagnucolone fuori di testa, già chissà se si ricorda del nostro incontro pensai.
Se ne stava lì davanti a me aspettando che parlassi così mi schiarii la voce e gli raccontai del giorno prima, dicendogli del fazzoletto che avevo messo a lavare stamattina e che gli avrei voluto rerstituire, gli dissi anche che avrei voluto ricambiare la gentilezza offrendogli la colazione.
Lui mi sorrise uno dei più bei sorrisi che avessi visto in vita mia "Ragazzo accetto di buon grado ma non ci siamo nemmeno presentati. Io sono..." Oscar Wilde pensai per poi tornare subito in me "Stephen Fry" disse porgendomi la mano la strinsi ed era così morbida, dio ma perché pensavo queste cose "Alex Davide Lombardi" dissi presentandomi a mia volta poi lui mi sorrise di nuovo e questa volta anche io ricambiai.
Tornammo indietro per rientrare nel bar e lui mi tenne aperta la porta facendomi passare per primo, un gentiluomo come sempre in questo non era cambiato, arrossii vistosamente per cui mi affrettai ad abbassare lo sguardo, non volevo che lo notasse insomma non sapeva tutta la verità, almeno credevo e chissà cosa avrebbe potuto pensare, così facemmo la nostra ordinazione e ci sedemmo al tavolo, uno di fronte all'altro.
Quanto era passato? Un secolo dall'ultima volta in cui ci siamo seduti così a bere qualcosa mi sentivo così in ansia, il cuore mi batteva forte e non riuscivo a smettere di sorridere, ero agitato non solo perché ero riuscito a trovarlo ma perché non sapevo se lui ricordasse, e se così non fosse come avrei fatto a dirgli tutto senza essere scambiato per uno svitato, certamente non potevo dirglielo in quel momento così a freddo dovevo sondare il terreno, magari diventare suo amico, oh come mi sarebbe piaciuto essere nuovamente amici, passeggiare insieme e parlare per ore, adesso avevo la capacità di ascoltarlo davvero, ero sereno finalmente dopo tanto tempo.
I miei sogni ad occhi aperti vennero interrotti dalla voce di Stephen "Allora Alex, posso chiamarti così?" annuii aggiungendo "E' il mio nome" sorrisi come un ebete, quanto gli sarò sembrato idiota, se ci fosse stato Sherlock Holmes mi avrebbe sicuramente fatto notare la mia sciocca costatazione dell'ovvio "Bene Alex cosa ti porta nella vecchia Londra, vieni dall'Italia vero?" strabuzzai gli occhi perché un minuscolo dettaglio mi colpì solo in quell'istante, lui si era rivolto a me parlando in italiano il giorno prima quando mi diede il fazzoletto, ancora non ci eravamo parlati come faceva a sapere...
Decisi di essere diretto e chiederglielo subito "Signor Fry io ho bisogno di sapere una cosa, l'altro giorno lei" mi interruppe "Per favore dammi del tu" sorrise io annuii continuando "Si è scusi, ti sei avvicinato a me porgendomi il fazzoletto e mi hai parlato in italiano, ancora non, insomma non avevamo nemmeno mai parlato come facevi a sapere da dove venissi?" a quel punto lui si grattò la testa, fece una strana smorfia poi disse "Sono stato in Italia per parecchio tempo" lo interruppi e con fare scherzoso dissi "Magari a Napoli" lui mi guardò sorpreso "Esattamente" quasi mi strozzai col caffè generando un moto di preocupazione e ilarità al mio interlocutore "Semplicemente ho seguito l'intuito" non aggiunse altro.
Aveva fatto la stessa cosa che feci io con il libro, o con il fatto di venire a cercarlo qui a Londra "Sono venuto per fare delle ricerche" dissi pizzicando il tovagliolino di carta con le dita "Per lavoro?" mi chiese io abbassai lo sguardo per poi rialzarlo dritto su di lui "No...personali. Io sto, sto cercando una persona" tremavo, non so perché forse gli stavo dicendo troppo ma non potevamo semplicemente salutarci e tornare ognuno per la propria strada.
"Tutti cerchiamo qualcuno ma a volte mentre cerchiamo, troviamo chi mai ci saremmo aspettati di trovare" non compresi il significato di quella frase e nemmeno il perché me la disse "Alex questo è il mio biglietto da visita, se magari volessi una mano per trovare chi cerchi" mi porse il biliettino con scritto nome, numero di telefono e dove lavorava, ed io sarei voluto saltare dalla gioia perché non avrei perso i contatti con lui e voleva anche aiutarmi.
Il giorno dopo mi presentai o meglio dire mi precipitai dove lavorara, posto che scoprii essere uno studio discografico e indovinate Oscar o meglio Stephen era un cantautore, scriveva le proprie canzoni, cantava e incideva dischi suoi e di altri cantanti che gli sembravano avere del talento.
In fede mia giuro di non aver mai sentito nemmeno per sbaglio Oscar cantare, in effetti il fatto che cantasse mi stupì e non poco, comunque era sempre un lavoro che faceva parte del mondo dell'arte, era un'artista e chi meglio di lui poteva diventarlo.
Lui non si stupì di vedermi arrivare era come se già lo sapesse, mi accolse con il più bello dei sorrisi, ancora ma sono fissato pensai, comunque fu gentile da subito mi lasciò assistere alle prove e scoprii che oltre a suonare la chitarra, si dilettava in maniera egregia anche con il piano.
Lo riempii di complimenti e in alcuni momenti sperai di non sembrargli falso, tutto quello dicevo lo sentivo nel cuore, e lui era veramente bravo, dovevate sentire la sua voce così poetica, melodiosa e morbida, rimasi incantato come se le mie orecchie non avessero mai udito suono più bello, e quando si avvicinò a me le ginocchia mi tremarono, mi disse che sarebbe uscito prima dal lavoro per fare una passeggiata con me, sempre se mi andava, e me lo chiedeva pure come potevo rifiutare un'occasione simile.
Camminavamo insieme fianco a fianco in un viottolino che passava attraverso un grande parco, una sensazione di dejavou mi avvolse, guardai Stephen con la coda dell'occhio e mi sembrò che anche lui fosse nella mia stessa situazione, aveva la tipica espressione di chi cerca di ricordare qualcosa "Allora Alex se non sono troppo indiscreto posso chiederti qualcosa riguardo alla persona che stai cercando" quella domanda mi spiazzò e non poco, mi fermai di colpo e iniziai a gesticolare dicendo "Beh vedi lui è un mio amico, il mio più caro amico e abbiamo litigato in maniera molto accesa, ed io gli ho detto delle cose" gli occhi mi si inumidirono "Lui è venuto qui, ed io voglio chiedergli perdono ma il punto, è che non so se potrà mai perdonarmi. Lo ha già fatto una volta parecchi anni fa, ed ora io" mi uscì un sosprio tremante e notai che lui mi osservava in modo serio e allo stesso tempo dispiaciuto.
Mi si avvicinò quel tanto che basta per far fare una capriola al mio cuore, sentivo il suo profumo, la sua mano sopra la mia spalla "Se siete così amici come hai detto vedrai che troverà il modo di perdonarti, due amici non possono stare a lungo separati se è grande l'affetto che li lega. Vedi è strano ma capita di litigare più spesso alle persone che sono unite da qualcosa di invisibile, le persone che si amano di più tendono a scontrarsi" non lo lasciai terminare "Perché? Perché non si può andare semplicemente d'accordo? Perché ci deve essere sempre uno che ferisce e l'altro che subisce fino a che non ne può più. E' colpa mia Stephen sono io il, il cattivo della vicenda."
Ci stavamo guardando negli occhi e per un attimo ebbi la sensazione che lui avesse capito tutto "La colpa non è mai di uno solo ricordalo sempre Alex. Nessuno lo ha obbligato ad arrivare sino al punto di non poterne più, poteva fermarti prima, poteva bloccare i vostri litigi quando ancora erano accettabili. Vedrai che troverà nel suo cuore il modo di perdonarti" io lo fissai titubante "E se non lo facesse?" si schiarì la gola poi mise anche l'altro braccio sulla mia spalla libera, voleva uccidermi questo era chiaro, "Allora te ne farai una ragione, significa che le vostre strade si dovevano dividere e la vita ha trovato il modo di farlo accadere, per quanto a noi non piaccia ma dobbiamo accettarlo. Chissà magari ci sono altre meravigliose cose in serbo per te, che potrai scoprire solo allontanandoti da questa persona."
Mi chiese anche il nome di questo mio amico ed io gli risposi prontamente che non aveva importanza perché sapevo già dove trovarlo "Allora perché non sei ancora andato da lui?" tirò giù le braccia dalle mie spalle ed io percepii come un vuoto "Non è ancora pronto" risposi lui sbuffò con aria intenerita "Come fai ha sapere che non è pronto se non lo hai ancora incontrato?" a quel punto capii che sì, mi ero fregato da solo.
Comunque me ne uscii dicendo che forse ero io a non esserlo e lui fece una cosa che proprio non potevo aspettarmi, soprattutto perché ci eravamo appena conosciuti, mi invitò a casa sua e se ci fosse stato un tempo accettabile avrebbe fatto un barbeque, io che non potevo starmene zitto gli feci notare la cosa e lui mi disse che gli ispiravo fiducia, che sin dal primo momento ha sentito una specie di sintonia tra noi, come se fossimo stati destinati ad incontrarci poi gli stavo simpatico e voleva aiutarmi con il mio problema.
Restai cinque minuti davanti alla porta intimorito dal minaccioso campanello, ero agitato ed eccitato allo stesso tempo, stavo per vedere casa sua che da fuori già era bellissima, un giardino ben curato con fiori di ogni colore, l'erba era così verde che sembrava risplendere la casa affacciava su un portico con due colonne ai lati, per raggiungere l'entrata bisognava salire tre scalini, i muri erano su tonaltà chiare e un po' rustici che rendevano il complesso un vero piacere per gli occhi.
Quando mi decisi a suonare il campanello quello che venne ad aprirmi non era Stephen, rimasi spiazzato "Tu devi essere Alex? Vieni entra" esordì con un grande sorriso fin troppo entusiasta per i mie gusti, misi piede dentro camminando lentamente come se il pavimento scottasse e dovessi fare attenzione a non bruciarmi "Io sono Robert, piacere" mi voltai di scatto quasi mi ero dimenticato della sua presenza, ci stringemmo la mano "Alex" sorrisi lievemente, anche se non so perché avevo voglia di tirargli un pugno.
Mi fece accomodare in salone dicendo che Stephen sarebbe arivato tra poco, il divano dava sul verde ed era di un tessuto liscio, si stava comodi constatai, l'arredamento era molto estroso c'erano quadri non identificabili per la mia mente, mobili di legno bianchi e un tavolo di vetro, a terra c'era un tappeto rosso poi vicino al divano c'era un poof a forma di mucca, si avete capito bene mucca.
Era un bel uomo Robert non c'è che dire non troppo alto, corpo muscoloso ma equilibrato per la sua altezza, capelli neri corti leggermente sparati in alto, labbra sottili, naso leggermente all'insù, perfetto per quel viso e soprattutto dei grandi, immensi occhi scuri, credo di non aver mai visto in vita mia degl'occhi così grandi, sì era proprio bello e questa constatazione mi fece venire uno strano mal di stomaco.
Mentre aspettavo sentii qualcuno scendere di corsa le scale, mi alzai voltandomi in quella direzione e pensai che pure se non ero stato una brava persona morire così giovane in questa vita era decisamente troppo, di fronte a me Stephen a petto nudo che mi sorrideva, sbattendomi in faccia quel fisico scolpito, cercai di rimanere concentrato sul suo volto e di non abbassare lo sguardo per non sembrare un pervertito, si avvicinò a me ed io preso dall'imbarazzo indietreggiai inciampando nell'angolo del divano, ma perché mi faceva questo effetto mi chiesi.
"Scusa Alex mi stavo allenando e mi è sfuggita l'ora, ho lasciato qui la mia camicia sono un po' disordinato sai" era in imbarazzo, ed era tremendamente carino cioè lui è sempre stato quello sicuro di sè, stavo per dire qualcosa quando Robert spuntò improvvisamente "Ti fai sempre attendere eh Steph" lui rise, sembravano così complici e mi sembrò quasi di non esistere in quel momento, come se fossi sparito.
"Sicuramente vi sarete già presentati ma a me piace fare le presentazioni ufficiali quindi, Alex questo è Robert il mio compagno e Robert questo è Alex ".
Aveva detto il suo compagno, Robert era il suo ragazzo e a me nemmeno per un secondo mi era passato per la testa che potesse essere qualcuno di così importante per lui, mi diedi mentalmente dello stupido, avrei potuto arrivarci prima così da evitarmi quella doccia fredda.
Robert era il suo compagno ed io ero solo Alex, non so perché questo mi diede così fastidio sta di fatto che mi sentii male, un magone si era formato in gola e lo stomaco sembrava essersi trasformato in un sasso, mi venne la nausea e non potevo fare niente nemmeno darlo a vedere perché non ne avevo alcun diritto, neanche come amico perché io e Stephen eravamo solo conoscenti e forse neanche quello.
Sorrisi in maniera tirata stringendo nuovamente la mano a quell'uomo che avrei preferito vedere ingoiato da una voragine "Wow bella stretta campione" mi disse, forse avevo stretto un po' troppo forte e di questo me ne compiacei "Grazie dell'invito a beh tutti e due. Avete una bella casa complimenti" dissi cercando di spostare il discorso e pensare ad altro "Tutto merito di Rob, lui è un vero genio quando si tratta di arredare" ignorai quello che mi disse e risposi "Non può essere solo merito suo, se tu ti occupi della casa come canti i risultati non possono che essere impeccabili" Stephen arrossi vistosamente, beccati questa Robert pensai.
In fondo non avrebbe dovuto importarmi io ero venuto fin qui per chiedergli perdono e magari tornare ad essere amici, non per mettere becco nella sua vita privata, non dovevo permettere a questa notizia di distrarmi dal mio obbiettivo.
Questi erano i pensieri che affolavano la mia mente durante la cena, il tempo era accettabile quindi il barbecue era stato fattibile mentre Stephen continuava ad elogiare il suo ragazzo quanto fosse bravo, intelligente, addirittura geniale io avrei voluto urlare che molto tempo fa era lui il genio, lui che veniva elogiato e ammirato e che sicuramente lo sarebbe stato anche adesso.
Come scoprii più tardi il mio Oscar non era uno che in questa vita faceva sfoggio delle sue abilità, preferiva notare quelle altrui, e lui si limitiva a fare ciò che amava di più senza che il mondo necessariamente lo dovesse sapere.
Inoltre Robert era un attore anche abbastanza famoso, il che lo rendeva l'uomo ideale, le aveva porpio tutte santo cielo, bello, talentuoso e famoso il tipo d'uomo che Oscar si merita e si è sempre meritato, lo rendeva felice e gli dava tutto quello che io non ero mai stato in grado di dargli "Alex stai bene?" mi chiese Stephen ed io non capii a cosa si riferisse "Non sarà stato il mio cibo?" esordì Robert pulendosi gli angoli della bocca con un tovagliolo, io non risuscivo a rispondere tutto intorno a me era confuso sentii solo Stephen che diceva "Certo che no caro. Vieni Alex ti porto dentro" poi mi sentii tirare su per un braccio e infine più nulla.



Eccoci al termine del secondo capitolo, spero che la storia fin qui vi stia piacendo io mi sto divertendo un sacco a scriverla.
*L'ultima frase è una citazione di Oscar Wilde.
Grazie a tutti da chi legge a chi recensisce una bacio e un abbtraccio.

 

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