Beyond

di Spensieratezza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ragazzino ***
Capitolo 2: *** La macchina abbandonata ***
Capitolo 3: *** Il diario di John ***
Capitolo 4: *** Sam ***
Capitolo 5: *** Sam racconta la sua vita con John e porta Dean e Mary a casa sua ***
Capitolo 6: *** Il cielo in una stanza ***
Capitolo 7: *** Clère ***
Capitolo 8: *** Il pesce velenoso ***
Capitolo 9: *** Albert riporta a casa Dean e Sam ***
Capitolo 10: *** Sulla strada per il supermercato ***
Capitolo 11: *** Dove vai, farfalla bianca? ***
Capitolo 12: *** Il mistero del coma di Sam ***
Capitolo 13: *** Il compleanno di Sam ***
Capitolo 14: *** L'Oscurità ***
Capitolo 15: *** Cosa ci fanno quei due in mezzo alla strada? ***
Capitolo 16: *** Sam salva un cucciolo ***
Capitolo 17: *** Zuffa a scuola! ***
Capitolo 18: *** Al cospetto del Preside ***
Capitolo 19: *** L'anello di zaffiro ballerino ***
Capitolo 20: *** Sam e Dean sentono Albert e Black discutere ***
Capitolo 21: *** Albert incontra Black in un pub ***
Capitolo 22: *** Sam si ribella in aula ***
Capitolo 23: *** La dolce visione d'affetto di Sam su lui e Dean ***
Capitolo 24: *** Albert parla con Sam e Dean ***
Capitolo 25: *** A casa del preside, tra verità rivelate, minacce e poteri che fioriscono. ***
Capitolo 26: *** L'ipnosi di Marika ***
Capitolo 27: *** Marika parla con Dean e Sam ***
Capitolo 28: *** Un bacio sotto la neve ***
Capitolo 29: *** A carte scoperte, ma manca una persona.. ***
Capitolo 30: *** Solo tu ***
Capitolo 31: *** Cos'hai visto, Dean? ***
Capitolo 32: *** Febbre ***
Capitolo 33: *** Voglie - prima parte ***
Capitolo 34: *** Alisea mai una gioia ***
Capitolo 35: *** Davanti ad un Dio ***
Capitolo 36: *** L'Ambrosia ***
Capitolo 37: *** Svolta imprevista ***
Capitolo 38: *** Il bacio tra Cas e Ruben ***
Capitolo 39: *** Il ritorno di John ***
Capitolo 40: *** La casa esplosa ***
Capitolo 41: *** Protezione dal preside - prima parte ***
Capitolo 42: *** Protezione dal preside - seconda parte ***
Capitolo 43: *** Mattina all'ospedale ***
Capitolo 44: *** Che cosa nascondi, John? ***
Capitolo 45: *** Il cammino della guarigione ***
Capitolo 46: *** Conferme che uniscono di più ***
Capitolo 47: *** La chiave ***
Capitolo 48: *** Il racconto di John ***
Capitolo 49: *** Sam e Mara ***
Capitolo 50: *** L'amore di Dean è la strada? ***
Capitolo 51: *** L'amore di Sam ***
Capitolo 52: *** La magia ha funzionato! ***
Capitolo 53: *** Facciamo l'amore! ***
Capitolo 54: *** Dopo aver fatto l'amore ***
Capitolo 55: *** La reazione di John ***
Capitolo 56: *** Come i pezzi degli scacchi ***
Capitolo 57: *** Un desiderio, l'ultimo: che lui mi accompagni ***
Capitolo 58: *** Dopo la cascata ***
Capitolo 59: *** Scomparsi ***
Capitolo 60: *** Il gruppo si sfalda ***
Capitolo 61: *** Come Atreiu e il cavallo ***



Capitolo 1
*** Il ragazzino ***


Dean Winchester era un tipo senza uno scopo, o almeno, questo è quello che credeva.

Dean Winchester non era un brutto ragazzo. Era biondissimo naturale, di quel biondo che fa tanto impazzire le ragazzine e fa storcere i nasi ai ragazzi.

“Cos’è quel colore da ricchione? Sei ricchione per caso?”

Dean non se la prendeva per certi epiteti.

“Potrei essere un ricchione ricco, vuoi venire a vedere casa mia?”

E qualsiasi fosse l’interlocutore, Dean si godeva la sua faccia esterrefatta, tutt’altro che schifata e Dean aveva la certezza che il tipo gli avrebbe fatto tutto quello che lui volesse, gratis.

Sì, perché, il fascino di Dean non era il suo improbabilissimo conto corrente, ma lui stesso, quella luce che emanava da lui, che gli altri vedevano, ma lui no.

Nient’altro che gelo attorno a me, niente luce, solo le tenebre.




Anche qualora il tipo fosse venuto davvero a casa sua, Dean non avrebbe fatto niente con lui, lo avrebbe solo fatto PARLARE, perchè a Dean piaceva sedurre con la MENTE, più che con il corpo. Lo sfogo fisico durava poco, ma se riesci a sedurre con la mente, l'orgasmo mentale dura molto di più.


Dean non era il tipico ragazzo nerd, complessato, che si rifugiava in un angolino e dava problemi, anzi, se gliel’avessero chiesto a sua madre Mary, lei avrebbe sicuramente risposto che Dean non dava NESSUN PROBLEMA e che lei era stata molto fortunata.
 

Dean non era il tipo a cui faceva piacere fare mostra del suo crogiolante autocompatimento e cercare bramoso, la compassione delle persone. Non voleva neanche cercare la comprensione delle altre persone. Qualcosa gli diceva che le persone non vogliono davvero conoscere gli altri, non i loro scheletri, non i loro fantasmi, no, le persone volevano soltanto che tu gli mostravi di essere pieno di luce, fosse anche una luce fasulla, artificiale.

E lui lo faceva. Si comportava normalmente. Usciva, dormiva fuori e quando sua madre gli chiedeva dov’era stato, lui rispondeva “con una ragazza.”

Quando lei gli diceva: “L’importante è che non è una storia seria.”  Lui gli rispondeva: “Certo che no.” senza lasciar trasparire che a quell’età, a diciotto anni, prendi tutto doverosamente, tragicamente sul serio.
 



Dean andava alle feste ed esibiva un sorriso fasullo, ma convincente, qualche volta si faceva di qualche cannetta e a volta beveva un po’ troppo e restava fuori per non farsi vedere da Mary ubriaco. L’indomani mattina, tornava a casa e addirittura a scuola, con l’aria più rilassata del mondo e quando proprio non riusciva a fingere la felicità, le canne aiutavano.

Quando Mary si lamentava che sentiva i suoi vestiti puzzare sempre di chissà che cosa, Dean faceva in modo di non fumarne più per un tempo lungo o breve, a seconda dei casi.
 

Di suo padre non parlava mai. Aveva lasciato lui e sua madre, quando era ancora troppo piccolo per ricordarselo e da allora non si era più fatto sentire, ma non sentiva la mancanza di un altro genitore che gli rompesse le scatole, così diceva.
 
 
 



Quel pomeriggio, era uggioso, sembrava che stava per piovere. Dean stava rincasando con la macchina, metà del tragitto passato a maledire quella giornata, Annabelle, - un nome tanto grazioso per una fanciulla tutt’altro che piacevole – e la sua stupida collezione di farfalle finte.

“Ma dai, non avrai mica creduto che fossero VERE? Pensavi davvero che tenessi delle farfalle vere nella mia camera? Per chi mi hai preso?”

Dean aveva trovato quel pretesto per scaricarla. La cosa delle farfalle l’aveva irritato non poco, ma non era quello il punto. Il punto era la NOIA.

Sempre la stessa gente grezza..lo stesso stupido cicaleccio..

Dean l’aveva accettato, non desiderava cambiare il mondo, solo desiderava non farne parte o almeno non desiderare di farne parte.
 

Vorrei morire.. pensò, ringraziando che sua madre e altri non potessero leggergli nel pensiero.
 

Nel momento che aveva pensato questa cosa, però, rischiò davvero che il suo desiderio si esaudisse, ma sotto forma di infarto.

Infatti, una visione inaspettata, lo fece quasi inchiodare.

Un ragazzino con i capelli spettinati, sporco e scombussolato, stava attraversando la strada.
 


“Porca put!! “ gridò, frenando.

Ancora scombussolato per quello che era successo, aprì la portiera, per vedere meglio quel disgraziato.

Il ragazzino lo guardò con un’aria impaurita e poi scappò nel bosco.

“Ma che caz…ehi, ehi! Dove stai andando?”
 
Aveva avuto pochissimi secondi per registrare le sue condizioni, ma il ragazzino sembrava coperto di stracci. Aveva una toga come di un monaco e già questo era una cosa stranissima, inoltre era scappato nel bosco.

Pregando che il ragazzino non fosse pazzo, psicolabile, o un assassino insospettabile, o che l’avesse attirato con un inganno, facendolo finire in mezzo a una setta di adoratori del diavolo che l’avrebbero sacrificato a Satana – guardi troppi film, Dean – continuò a camminare nel bosco.
 

“Ragazzino! Ragazzinooo! “
 




Dean uscì dal bosco dopo un po’, sentendosi stupido e idiota. Perché diavolo si era messo a cercare quel ragazzino strambo? Non aveva senso e sicuramente in questo modo l’aveva spaventato ancora di più.

Decise di archiviare la faccenda come un caso strano, ma in fondo la vita era piena di stranezze, no? Servivano a convincerti che in fondo la vita era anche interessante, poi tutto tornava normale. Come presa per il culo non era male, in fondo, dopo un po’ potevi anche riuscire a coglierne l’ironia.
 
 
 



“Uffff..” sospirava Dean, dentro la doccia, insaponandosi per bene e togliendosi di dosso l’agitazione dei minuti prima. Era importante dare un’immagine di sé, che faceva trasparire alle persone che ti stavano intorno, che niente e nessuno poteva turbarti, perché le persone erano magiche. Possono intuire che sei vulnerabile, fragile, psicotico o facilmente preda delle emozioni, semplicemente dai tuoi nervi tesi e dalla tua espressione e da qui si allontanano. Era quindi importante fare il possibile per lasciare scorrere via la tensione dalla tua pelle, dalle ossa, dal tuo corpo, in modo da presentarti sempre impeccabile.

Dei colpi sordi al di fuori arrivarono a turbare tuttavia le sue elucubrazioni.

“Ma che cosa…?” Dean era incuriosito. La curiosità sembrava una cosa buona. Non si sentiva incuriosito così da quando tempo fa percepì il suono come di qualcuno che suonava il pianoforte, chissà dove. Pochi giorni dopo, il suono non tornò più e Dean capì che tutto era tornato alla normalità. Gli eventi fuori dalla norma, non durano mai.
 
 
I colpi sordi continuavano e disturbavano i pensieri di Dean. Si accorse che erano molto vicini. Aprì la porta principale e vide che il ragazzino stava cercando di aprire il cancello.
 

Dean provò adesso la paura. Forse era successo qualcosa a qualcuno che conosceva o forse il ragazzino era stato picchiato o malmenato da qualcuno.

“Ehi! Ehi!” disse Dean, andando a prendere le chiavi per aprire il cancelletto.
 
Il tempo che uscì di casa per avvicinarsi al cancello, il ragazzino era sparito.

“Damn! Questo ragazzino mi farà uscire scemo! Ma cos’ha da scappare tanto??” sbottò Dean.
 



Dean fece un altro giro lungo per cercarlo, senza risultati. Rientrò in casa più furibondo che mai, ma subito notò delle impronte, sporche di fango.



“Oddio..” disse Dean, cominciando a cercarlo. Alla fine lo trovò in camera sua, accucciato contro un angolo, seduto per terra, come se fosse terrorizzato.
 

“Ragazzo.. che ti è successo?” gli chiese cauto Dean.

Il ragazzo dai capelli castani con una frangetta sulla fronte, tirò su con il naso, senza rispondere.

“Posso..posso avvicinarmi? Non voglio farti del male.” disse Dean.

Il ragazzo non rispose. Dean si avvicinò, sentendo i nervi crescere sempre di più.

Quando però gli sfiorò la guancia con le dita della mano, il ragazzino si tirò indietro, sbattendo gli occhi e sussultando.

“Ok, ok, sto lontano. Puoi dirmi almeno come ti chiami e perché sei qui?”

Il ragazzino non rispose.
 
Dean si sentì più ansioso che mai, ma lo guardò meglio. Aveva le scarpe da ginnastica sotto la tunica, da cui si intravedevano quelli che sembravano dei jeans, dunque non era nudo sotto quella cosa.

“Okay, non sembri un selvaggio, o uno cresciuto tra i boschi, quindi..o sei un grande attore e il tuo scopo è derubarmi, o qui la cosa si fa molto strana. Adesso chiamo la mamma e  vediamo di risolvere la faccenda.”
 

A quelle parole, il ragazzino alzò lo sguardo e i suoi occhi si ingrandirono. Dean lo osservò con sguardo curioso e cominciò a digitare il numero sul suo cellulare.
 
 






















Note dell'autrice: 

spero vi piaccia questa storia nuova ^^ io purtroppo dopo un pò sento il bisogno di scrivere storie nuove, l'idea mi ricarica :D 

il motivo del titolo, vi verrà svelato in seguito :D

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Capitolo 2
*** La macchina abbandonata ***


Dean aveva parlato in maniera sconnessa, al telefono, con la madre, che aveva capito poco e male, con il risultato di far infuriare Dean ancora di più.

Era sempre questo il problema di Dean, con sua madre. Andava tutto bene fino a che il loro rapporto non necessitava di dialoghi o parole significative, ma quando si finiva lì, tutto diventava complicato, quasi come se parlasse una lingua straniera.

“Al diavolo!” disse Dean, gettando il telefonino sul letto, per rendersi conto subito dopo che in quel modo, avrebbe spaventato di più il ragazzino.

Ma il ragazzino non sembrava spaventato. Lo guardava con una strana espressione.
 


“Senti, tra poco arriverà mia madre. Potrà fare un po’ di scene, ma non è cattiva, fammi un cenno se esagera e la metto a posto, ok?” cercò di sorridergli.

Sam fece un cenno timido e Dean si chiese se il ragazzo per caso fosse muto.

“Non vuoi proprio dirmi come ti chiami?” gli chiese ancora.

“Sam.” rispose lui.

“Sam..bel nome. E..perchè sei qui, me lo vuoi dire?”

Sam si adombrò ancora di più.

“Perché questa è casa mia.”
 
Dean lo guardò sbalordito.

“Intendi dire che vivevi qui da prima di noi?”

Sam scosse la testa con il capo, abbracciandosi le gambe.

John Winchester, mi ha detto che se gli fosse successo qualcosa, avrei dovuto venire qui, perché sarebbe stata la mia casa.”

Dean si sentì mancare a udire quel nome.

“Che…legami hai con John Winchester?”

“È mio padre.” Disse il ragazzino. E il mondo di Dean crollò.
 
 
 
 
*

Quando arrivò Mary, cominciò ovviamente a prendere la questione in maniera molto agitata e scomposta, agitando il ragazzino che si era chiuso a chiave nella stanza nella soffitta.
 
“L’hai spaventato! Ti avevo detto di mantenere la calma!” gli diceva Dean.

Ma che cosa stai dicendo, Dean! Questa storia è assurda! Abbiamo un ragazzino in casa, chiuso in soffitta, che dice di essere figlio di John! Voglio delle spiegazioni!”

“L’hai strattonato! E continuavi ad alzare la voce! Mi pento di averti chiamato!” urlò Dean di riflesso.

Mary quasi ululò dalla disperazione e si accasciò al divano. Dean dovette mordersi il labbro e fare appello a tutto il suo autocontrollo per non schiaffeggiarla.

Tornò dal ragazzino.
 
“Sam, per favore, aprimi. Non c’è Mary con me, vorrei solo sapere delle cose..”

Sentì la chiave girarsi lentamente.

“Bravo ragazzo..” disse Dean, poggiando le mani alle ginocchia. “Ascolta, puoi dirmi dov’è adesso John? È anche mio padre, vorrei sapere..dov’è..come sta.”

Gli occhi di Sam si riempirono di lacrime.

“È scomparso.” Disse Sam.
 
 
 
 


*

Dean era riuscito a convincere Sam ad uscire dalla soffitta e a scendere le scale con lui, tenendolo per mano. Fece un cenno a sua madre, per chiederle silenziosamente di non reagire nuovamente in maniera emotiva. Tutti e tre ripercorsero la strada fino a dove indicò il ragazzino, con la macchina di Mary.

Trovarono dopo un po’, la macchina di John. Un’impala nera, abbandonata a sé stessa, con i vetri rotti spaccati e del sangue su di esso e sui sedili. Tutt’intorno ai sedili, delle carte alla rinfusa, delle cartelle e un portafoglio.
 
Dean e Mary cercarono di mettere ordine e presero quello che poterono.

“Mamma, credo sia meglio chiamare la polizia.” Disse Dean.

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Capitolo 3
*** Il diario di John ***


Dopo che la polizia ebbe rimproverato Dean e Mary perché avevano toccato la scena del crimine – anche se non si poteva ancora dire se lo fosse o meno – analizzarono entrambi la questione a casa della donna.
 
“Signora, il suo ex marito..”

“Non eravamo sposati. “ disse Mary, interrompendo l’agente, soffiandosi il naso.

Gli agenti si gettarono un’occhiata stranita.

“Abbiamo solo avuto una breve relazione, dal quale è nato mio figlio Dean.” Chiarì lei indicando il figlio maggiore. “Ma lui sparì subito dopo. Non ci siamo più sentiti. Non avevo idea di che fine avesse fatto fino adesso.”
 
Come si riuscì a superare l’imbarazzo di quei momenti, Dean non avrebbe saputo dirlo, forse la polizia non era nuova a fatti così imbarazzanti.



“Ad ogni modo, signora, il suo ex, doveva essersi rifatto una vita, visto che conviveva con..il figlio minore.” Disse l’agente, guardando Sam, il ragazzino timido, che sbirciava dalla porta. “Non si hanno al momento notizie della madre del ragazzo, neanche da parte del ragazzo, che dice di non ricordare. Da quello che sostiene il padre, comunque, il ragazzo ha vissuto sempre solo con lui, dopo il COMA, però, le cose peggiorarono.”
 
“Cos’è questa storia del coma?” si intromise Dean.

Gli agenti mostrarono un diario rilegato in pelle e molto imbottito.
 
“Un altro mistero.” Disse uno degli agenti. “Questo è il diario di John Winchester. A dire il vero, somiglia molto di più ad un’agenda telefonica, ma a quanto pare lui lo usava perlopiù per annotare i suoi pensieri, ansie e preoccupazioni…e per parlare del figlio.”

“Fa alcuna menzione a qualcuno che volesse fargli del male? Forse qualche criminale?” chiese Mary tormentandosi le mani.
 
L’agente scosse la testa.

“Partiamo dal principio, dal coma di Sam. Descrive il figlio come un ragazzo normalissimo, seppur timido e chiuso in sé stesso, poi la loro vita viene sconvolta da un incidente, per cui il ragazzo si schianta contro la barricata di un ponte e finisce dentro il fiume con la macchina. Ci rimane per alcuni minuti prima che viene tratto in salvo. Il ragazzo si salva ma finisce in coma. Per due anni.

Dean e Mary avevano la faccia basita.
 
L’agente lesse uno stralcio del diario.

“Da quando mio figlio  Sam, è finito in coma, ho vissuto un inferno durato DUE ANNI. Ora si è risvegliato e mi sono reso conto che l’inferno non è mai finito, ma si è ESTESO. Mi hanno portato via il mio ragazzo e ora mi hanno riportato indietro una specie di replicante. Non so chi sia, ma questo non è mio figlio. È un ESTRANEO. Tutto di lui simboleggia come non faccia parte di questo mondo.”
 
Sam ascoltava da dietro la porta, con le lacrime agli occhi.

“Sam, per favore. Và via.” Disse Dean, con fare autoritario. Sam andò via subito.
 
Mary fece un cenno all’agente, di continuare. Si vedeva la pena nel viso degli agenti.
 
“John Winchester era dilaniato dal fatto di non aver ritrovato il figlio che aveva perso al momento dell’incidente, cosa presumiamo, ovvia, dopo un trauma di questo tipo. Trauma peggiorato dal fatto che Sam avesse anche un’amnesia.  Ricordava ovviamente chi fosse e chi fosse John, o forse a tratti fingeva per non spaventarlo ancor di più, chi lo sa.”

L’agente prese di nuovo il diario e lesse un’altra pagina.
 
Sam passa a fasi in cui non ricorda niente, ad altre in cui ricorda momenti della nostra vita passata insieme. In quei momenti riconosco ancora il mio Sam. In altri è un estraneo. Non so cosa gli sia successo quando è stato in coma. Ho paura di scoprirlo.
 
“Cosa pensava gli potesse essere capitato? Credeva che avesse una malattia mentale?” chiese Dean orripilato.

“John nonostante i suoi momenti di deliri, voleva davvero bene a suo figlio. Aveva però una smodata ossessione per i MOSTRI e gli spiriti maligni, ad un certo punto si è convinto che Sam fosse..come dire… posseduto da una qualche forma demoniaca. Ne parla nel diario.”
 
Dean e Mary si coprirono la faccia con le mani.

“L’ultima sua annotazione risale a ieri. Aveva deciso di portarlo da una specie di santone per esorcizzare qualsiasi forma demoniaca si fosse presa possesso di lui. L’appuntamento era per OGGI, ma, deve essere successo qualcosa.”

“Non avrà..cercato di fargli del male, vero?” sussurrò Mary spaventata.

“Questo solo il ragazzo può dirvelo.” Disse l’agente.
 
 
 
*

“Ricordo che stavamo andando in macchina da qualche parte, quando ad un certo punto, tutti i vetri della macchina, sono andati in frantumi. Io e papà abbiamo cercato di ripararci con le mani, ma io ho avvertito comunque dolore. Poi credo di  esser svenuto per qualche minuto. Quando ho riaperto gli occhi, lui era scomparso.” Disse Sam avvilito.

“Hai avuto il sentore che tuo padre cercasse di farti del male?” chiese l’agente.

“No, lui mi voleva bene, nonostante fosse spaventato da me.” disse Sam, sempre più avvilito.

"Perchè portavi questa toga, sopra i vestiti?"

"Io..io non lo so. NON RICORDO."

“Okay, okay Sam, un’ultima domanda: come mai John ti aveva detto che se gli fosse capitato qualcosa, saresti dovuto venire qui?”
 
Sam sembrava non sapere cosa dire.

“Mi ha detto così e basta. Ha detto che almeno non sarei rimasto solo.”
 
Dean prese un grosso sospiro e pensò tra sé e sé.

Presenze demoniache…santoni..possessioni…Oh, Sam, mi dispiace così tanto…
 
“Signora, crediamo che il ragazzo debba passare dall’ospedale per un controllo, per accertarsi che non abbia subito qualche trauma o lesioni, ha fatto pur sempre un incidente.” Disse l’agente.

Mary annuì come in trance.

“Sì,adesso ci andiamo.” Disse Dean.

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Capitolo 4
*** Sam ***


Dall’ospedale fecero tutti i controlli necessari, una volta stabilito che il ragazzo era sano, dissero che poteva andare a casa. Erano tutti molto sollevati.

Dean continuava a guardare il ragazzo dai sedili posteriori e notava che teneva la testa bassa.

“Non sei contento che hanno detto i dottori che sei sano come un pesce?” cercò di sorridergli Dean.

“Non hanno saputo dirlo di mio p..di papà, però.”

Mary e Dean si guardarono.
“Beh, io..”

“Stavo pensando una cosa..” riflettè Sam con lo sguardo perso nel vuoto. “Dovrò comprare dei vestiti, dentifricio, spazzolino e altre cose utili, prima di venire affidato a una casa famiglia o ad altri genitori?”

Dean rimase attonito davanti a questa frase.

“Che cosa stai dicendo? Non andrai in nessuna casa famiglia.” Cercò di rassicurarlo Dean.

Sam sgranò un po’ gli occhi e guardò Mary. “Lui non sa che tu non vuoi che resti?”
 
 
 

*

Il tragitto in macchina fu imbarazzante per Mary, ma mai quanto rinchiudersi in cortile con il figlio Dean a discutere della faccenda di Sam, del ragazzo che non era suo figlio e sentirsi rimproveri da parte del suo vero figlio su come fare la madre con un ragazzo che non era suo figlio.

“Dean, quel ragazzo potrebbe avere altri famigliari, lo capisci o no? Non può..non può stare con noi!” diceva Mary, cercando di convincere suo figlio, come se stesse parlando con un bambino che non capisce le cose.

“Come puoi fargli questo? Quel ragazzo ha appena vissuto qualcosa di terribile e ora vorresti che si sentisse abbandonato di nuovo??” diceva Dean.

Mary sospirò affranta.

“Non possiamo occuparci di lui, Dean.”

“Certo che possiamo, dì piuttosto che non vuoi. Magari perché ti ricorda papà e tu ancora lo odi per averci abbandonati. Mamma, per quel che ne sappiamo, papà potrebbe essere morto. Sam potrebbe non avere nessuno più.”

Mary si passò una mano sugli occhi.

“E va bene, va bene, può restare! Per il momento! Non credo per molto! Qualcuno di sicuro verrà a cercarlo.”

“Mamma, perché lo odii così tanto? È solo un ragazzo.”

“Odio quello che tuo padre fa. Non è nato per fare il padre. Questo chiaramente è lampante. Non consapevole dell’errore, insiste e persevera!”

Dean l’aveva guardata basito, ma non aveva osato replicare, troppo scioccato.

“Giudichi Dean un errore, o me?” chiese Sam, sbucando dal cortile in quel momento.
 
Mary guardò Sam a bocca aperta, Dean era attonito semplicemente, ma un po’ orgoglioso. Buon sangue non mente.

“Se..la mia presenza qui, disturba, me ne vado semplicemente. Non c’è problema, non era mia intenzione creare malumore.”

“Io..non stai creando malumore, tesoro. Sono io, è colpa mia. Tu e Dean non siete assolutamente degli errori, mi sono espressa male..è che sono un po’ stressata, tutta questa storia è assurda..fino a ieri non sapevamo neanche della tua esistenza..Sam, vero? Ti chiami così? Ti va di raccontarmi un po’ della tua vita con John, caro?”

“A dire la verità, no, non mi va molto al momento, però, se posso restare e se per ora è tutto, io vorrei andare a dormire. Tutte quelle visite mi hanno fatto venire sonnolenza. Posso andare in camera tua, Dean? “ disse Sam. “S-sì. Certo.”e scomparì su per la scala.
 
 
 
 
*

Dieci minuti dopo, Dean, aveva bussato alla porta della sua camera.

“Sam, posso entrare?”

“Entra, Dean, è la tua stanza. Non devi chiedere il permesso.”

Dean sorrise, mentre entrò, ma poi vide Sam semi sdraiato sulla sua scrivania, con addosso il suo golfino blu che usava come una copertina. Sembrava un qualche tipo di strano coniglietto.

All’inizio sembrò terrorizzato dalla cosa, ma poi si avvicinò a lui, sorridendogli.

“Cosa stai facendo qua? Scendi subito.”

Sam aprì quei grandi occhioni verso di lui e poi protese le mani verso di lui in un chiaro invito.



Ma che sfacciato pensò Dean, nonostante ciò, lo tirò su, tirandolo verso di lui per la schiena e sollevandolo praticamente di peso. Sam gli cingeva le braccia intorno al collo e per quel breve periodo che lo sollevò, prima di farlo scendere, finirono abbracciati.
 
“Okay..” disse Dean, un po’ imbarazzato, da quella vicinanza così veloce che si era già creata con il suo nuovo fratello.

Sam tornò a guardarlo con quei suoi grandi occhi, come se non fosse minimamente imbarazzato, ma più che altro curioso.
 
“Vuoi dirmi il perché ti eri messo lì? Potevi sdraiarti sul mio letto.” Disse il maggiore.

Sam scrollò le spalle. “Il letto è una cosa intima..è dove una persona dorme. Non mi avevi dato il permesso.”

“Credevo fosse implicito. Se ti dico di venire nella mia stanza..lasciamo perdere.” Quel ragazzino era davvero strano.
Sam sorrise.

“Comunque, mi dispiace per mia madre. Davvero, ma sappi che nessuno ti caccia da questa casa..anzi, perché non vieni di sotto a giocare alla playstation con me, un po’? So che sembra una cosa un po’ strana, ora..ma..”

“Accetto!” disse Sam illuminandosi.
 
 
 


*

Dean aveva da poco fatto partire Spyro e Sam, brillante come un piccolo genio, aveva già capito le regole e preso dieci uova in pochissimi minuti. Era impressionato.

“Per fortuna che non c’è tua madre, così puoi rilassarti un po’.” Disse Sam.
Dean lo guardò scioccato.

“Di sicuro non mi avresti chiesto di scendere, se lei fosse stata ancora qui.”

Dean sospirò. Non sapeva cosa dire.

“Lei..non voleva offenderti..è che..”

“è solo che vorrebbe che papà non vi avesse mai abbandonati e quindi che io non sia mai nato..” disse Sam sempre con lo stesso tono allegro.

“Ehi, va tutto bene…” disse Sam, vedendo l'espressione scioccata di Dean. “Se io avessi potuto scegliere, avrei preferito lasciarlo a te..” disse Sam.

Dean lo guardò basito ancora una volta, una frase che detta con un tono particolare poteva sembrare orribile, ma dalla dolcezza con cui l’aveva detta quel ragazzo, sembrava davvero una frase dolce detta solo per lui.

“Sei..simpaticissimo, sai.” Disse Dean, ridendo.

“Sì, beh, immagino che abituato allo spirito dell’umorismo della tua suddetta madre, io devo sembrarti simpaticissimo.”

Dean scoppiò in una risata più fragorosa.

“Sei incredibile. Dici sempre quello che ti passa per la testa?”

“Sì e alla fine a papà è cominciata a venirgli l’idea di farmi esorcizzare.”
 
Qui, Dean, non sapeva se ridere ancora o se essere triste.

“Ehi, va tutto bene. Mi ha voluto bene a suo modo..credo me ne voglia ancora..e poi almeno con lui la vita non è monotona. Tutto quel parlare di mostri…”

“Quando ti andrà di parlarne, puoi farlo con me, se vuoi..so che può sembrare che ci siamo appena conosciuti ma..in fondo siamo fratelli..”

Sam si illuminò a quelle parole.

“Eh già..papà ha aspettato quattro anni per darti questo adoraaabile fratellino!” cantilenò Sam.

“Beh, meglio tardi che mai. E sei davvero adorabile.” Disse sorridendo Dean. E lo pensava davvero.
 






















Note dell'autrice:  ragazzi sorpresonaaaa :D :D vi piace??? xd Spero vi piace Sam! L'idea è quella di rendere un Sam diverso, cucciolo ma anche divertente :D

so che qualcuno se lo starà chiedendo, Sam in questi capitoli ha 15 anni, Dean 19, ma Sam tra qualche capitolo ne farà sedici :D e lui e Dean andranno in classe insieme!

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Capitolo 5
*** Sam racconta la sua vita con John e porta Dean e Mary a casa sua ***


Dean si risvegliò dopo un tempo indefinito e si accorse che era mattina, dal sole che filtrava attraverso le finestre. Si stiracchiò con le braccia. Doveva ammettere che dormire in un materasso improvvisato per terra, recuperato dalla soffitta, non era male come aveva temuto all’inizio, forse era stato peggio lottare per convincere il suo fratellino a dormire nel suo letto, ma alla fine lui aveva sbuffato e aveva acconsentito, sdraiandosi e continuando a guardarlo con quei suoi grandi occhioni.

Il suo fratellino.

Gli faceva ancora strano pensare di avere un fratello. Aveva chiesto più volte a sua madre di dargliene uno, da piccolo, ma dal momento che aveva capito che la madre associava il tutto tornando a pensare all’abbandono di John, aveva deciso di non tornare più sull’argomento per non farla soffrire. Inutile anche solo pensare che la madre potesse ricostruirsi una vita con un altro uomo. Mary dall’abbandono di John, era rimasta sola. Aveva forse avuto altri uomini ma era la classica donna che non si rifaceva una vita, una volta sfasciata la sua immagine di famiglia idealizzata.
 
Dean sospirò e decise di andare a vedere dove si era ficcato Sam. Non vederlo al risveglio lo aveva messo in allarme, soprattutto considerato il fatto che John era sparito, così su due piedi. Sapeva cosa significava essere abbandonati, ma a lui era successo da bambino e non osava neanche immaginare cosa stesse passando nella testa dell’altro figlio, più adulto rispetto a come lo era stato lui, soprattutto considerato che John era sparito così su due piedi e per quanto ne sapevano, poteva anche essere in pericolo o minacciato da qualcuno.
 
“SAAM.” Lo chiamò Dean, in mezzo alla casa.

“Sono qui!” rispose una voce melodiosa dalla cucina.

“Sam? “ ripetè il maggiore, entrando in cucina.

Ciò che vide, lo lasciò sorpreso.

La tavola era imbandita con fette di pane con burro e marmellata, spremute d’arancia e sul fornello un pentolino di latte e la caffettiera che traboccava.

“Ma cosa stai facendo? Non dovevi preparare tu la colazione!” disse Dean.

“È il minimo che posso fare per ringraziare dell’ospitalità.”

Dean rimase senza parole.

“Purchè non diventi un’abitudine o ci metterai in imbarazzo.”

Sam ridacchiò.

“È così facile metterti in imbarazzo?” disse la voce cristallina, andandogli vicino.

Che sfacciato! Pensò Dean, sentendo delle vampate di caldo sul viso.

“Chi lo sa. Comunque dicevo per dire. Alla mamma soprattutto, quando c’è qualcuno in casa..non vuole che tocchi niente, mai..”

“Non deve succedere spesso..che qualcuno venga a trovarvi..” disse Sam, sedendosi al suo fianco e posando la sua scodella.

Dean cercò di razionalizzare il fatto che la cosa che aveva detto, era potenzialmente offensiva, ma era difficile concentrarsi, quando Sam aveva questo modo di approcciarsi nella vicinanza con lui, che era anomalo, ma non in maniera spiacevole.

“Oh, scusami, non voleva essere una cosa offensiva. È che ho immaginato che non venisse molta gente a trovarvi, perché sembravi indeciso e tentennavi quando hai detto che la tua mamma non vuole che tu tocchi niente, come se non succede spesso…sai.”

“Beh, hai ragione, hai indovinato, in effetti..” ridacchiò Dean, mettendo qualche biscotto nel latte e tornando a fissarlo.
 


Sam aveva una maglietta gialla e dei pantaloncini rossi. Entrambi erano suoi, perché lui non aveva vestiti con sé, ma i suoi gli andavano larghi.

“Penso che dovremmo..passare a ritirare i tuoi vestiti, se a te sta bene e se non ti crea disagio tornare a casa tua e di tuo..di nostro padre. I miei ti vanno larghi.” Disse Dean.

Sam sorrise, tornando a guardarlo.

“Già, hai ragione, anche se è un peccato. Mi piace indossare i tuoi. Sono così colorati.”

“Davvero non è un problema per te, andare a casa vostra?” disse Dean, cercando di ignorare quell’ultima affermazione.

“No. Perché dovrebbe esserlo? E poi non sono un ingenuo, sai, so che dovremmo passarci spesso, per prendere le mie cose e anche per dare modo agli investigatori di..investigare..”

Il suo tono d’un tratto era cambiato e la sua voce si era un po’ incrinata.

“Sam, io..se vuoi parlarne..se hai voglia di parlare di papà..”

“Mi sta bene, ma sarebbe meglio farlo sotto il sole. Ti va una passeggiata? Tutte le cose, anche le più brutte, lo sembrano di meno, se affrontate con un po’ di calore.”

“S-sì, certo.” Disse Dean.
 
 
 





*

“Papà credeva molto ai mostri, agli spiriti maligni. In particolare credeva ai demoni. Diceva che quando il MALE si impossessava di un essere umano, spingendolo a compiere azioni terribili, era perché era l’UOMO che gli consentiva di entrare, consentendo l’accesso al demone di prendere possesso del suo corpo.”

“Molto conveniente..dare la colpa ai mostri, pur di non accettare le responsabilità di quello che si fa, ma immagino che lui sia un maestro in questo.” disse Dean risentito.

Sam ridacchiò.

“Glielo dicevo anch’io, ma lui sosteneva che proprio perché era rarissimo riuscire a distinguere le persone normali, dai demoni, la cosa migliore da fare, era quella di costruirsi una vita solitaria e di riempirsi di talismani o portafortuna, per proteggersi dalle poche persone che venivano in contatto con te.” Su questa frase, Dean commentò con un commento ironico. “Certo, cose buone per truffare la povera gente.”  Infatti se anche riuscivi ad essere così fortunato da non incontrare il MALE OSCURO camuffato da persone gentili, c’erano tantissimi altri pericoli là fuori, tra le tante, c’erano le vibrazioni negative che gente comune ti mandava come onde e tu non potevi fare niente per respingerle e diventavano parte di te.” continuò Sam, come se Dean non l'avesse mai interrotto.

“Ma sì, adesso incoraggiamo pure l’asocialità e la misoginia con deliri di questo genere. In fondo, l’uomo non è un animale sociale, a  che gli serve comunicare, vivere in società? Molto più conveniente rintanarsi su una montagna e aspettare che si estingua l’intera razza umana.” Commentò Dean con ironia e astio. Odiava sempre di più John.

 Aveva riempito la testa a quel povero ragazzo con i suoi farneticanti deliri. Anche lui pensava che il mondo era una totale schifezza, ma almeno lui non si isolava, sputando merda su qualsiasi essere vivente che aveva la fortuna o sfortuna di esistere, non cercava di avvelenare la testa di qualcuno che, sangue del suo sangue, aveva solo il diritto di credere che la vita era dopotutto un luogo fantastico, per tanti, tanti anni ancora.

Poi gli venne un pensiero improvviso.
 
“È per questo che vivevate così isolati? Per non rischiare di essere contaminati dal mondo o presi da qualche spirito maligno?” chiese Dean, etichettando le ultime parole.

Sam scrollò le spalle e il suo sguardo si volse dritto davanti a sé, mentre continuavano a camminare.
 
“Papà mi diceva sempre che io ero troppo debole, ma la mia debolezza non consisteva nella mia costituzione, consisteva nel mio..corpo astrale, e nella mia anima. Lui diceva di essere in grado di leggere i chackra, che gli era stato insegnato da giovane..e che io avevo molte fragilità. Ero speciale e per questo era molto più semplice farmi del male. Il motivo dei malesseri del nostro mondo, stanno nei chakra troppo chiusi. Se non sai amare o ami in modo sbagliato, è perché hai il chackra del cuore troppo chiuso, se hai problemi di digestione hai il chakra dello stomaco chiuso, o quello a livello della testa, se hai disturbi mentali o altre patologie del sistema nervoso..”

“Quante fesserie..” non poteva trattenersi dal dire Dean.

“Il mio problema era più complesso, perché, sosteneva lui, avevo invece io, dei canali di comunicazione fin troppo aperti, il che permetteva fin troppo facilmente il passaggio delle forze oscure.”

“Insomma, che siano aperti o chiusi, stai fregato lo stesso. Non sarebbe meglio eliminarli e basta e la facciamo finita?? Un po’ come un’appendicite, no?” disse Dean.
Sam rise della battuta.
 
“Non credo che sia così semplice. Papà ad ogni modo, viveva con il terrore che queste forze oscure, questi…demoni, arrivassero. Diceva di essersi sempre sentito perseguitato da ragazzino, da qualcosa di indefinito, un qualcosa di oscuro, che a volte prendeva forma come di una voce, che gli diceva di fare delle cose.”

“Che tipo di cose?”

“A volte cose apparentemente innocue, come: rispondere male ad un’insegnante, non andare a scuola, rifiutare gli inviti alle feste, scaricare una ragazza, bisticciare con i suoi genitori..poi la voce per un po’ di tempo scomparve e non si faceva più sentire..ma poi tornava. Disse anche che a volte diventava molto cattiva, quando lui si rifiutava di obbedirgli e lo tormentava tutta la notte, alchè lui era costretto a cedere. Disse anche che fu la voce a dire a lui che doveva abbandonare te e la mamma.”

Dean si era fermato a quelle parole.

“Questa è la cosa più triste e squallida che io abbia mai sentito o che pensavo di dover sentire.”

Sam sorrise. “Quindi non ho fatto una fesseria a evitare di dire questa cosa a Mary? Ho pensato che fosse meglio risparmiarle questa informazione.”

“Hai fatto benissimo, Sam. Ormai è chiaro che papà avesse..dei disturbi di tipo mentali, ma non capisco, perché non..”

“Non è mai andato a curarsi in qualche clinica psichiatrica, dici?”

“Sì.”

“Lui non voleva saperne. Diceva che gli spiriti volevano indurlo a credere di essere diventato pazzo, proprio per allontanarlo da me, ma che lui non sarebbe caduto nel tranello, se si fosse affidato a qualche strana cura, avrebbe dovuto lasciarmi da solo e io sarei stato totalmente da solo e in balia degli spiriti maligni, senza potermi difendere.”

“Quindi, dopotutto, anche se in maniera un po’ squilibrata, ma ti voleva bene in fondo. Non capisco una cosa però, eravate così soli? Non c’era nessuno, un parente? Tua madre?”

Sam scosse la testa.

“Mamma non l’ho mai conosciuta. È andata via quando ero ancora piccolo, nei miei primi anni di vita. Abbiamo un destino simile noi due.” Disse Sam sorridendo.

“Già..” disse il maggiore, sorridendo a sua volta. “Mi dispiace, Sammy, Raccontami di più, i poliziotti dicono che hai avuto un incidente e che sei finito in coma.
 
Sam si strinse per le spalle e disse con aria triste.

“Non mi odierai se sarà completamente sincero con te, Dean?”

“Cosa? Certo che no. Lo..lo prometto.” Disse il maggiore, guardandolo basito, avendo paura di quello che avrebbe potuto rivelargli.

“Papà non aveva semplicemente paura che gli spiriti se la prendessero con noi, lui era assolutamente convinto che se la sarebbero presa con me.”

“Sì, questo me l’hai già detto, ma cosa…”

“Prendersela con me, vale a dire che io potessi diventare malvagio.

Dean si fermò, scioccato dall’incredibile notizia.
 


“Si è spinto fino a questo punto con le sue follie?”

“Diceva che io..fossi troppo strano..e che finchè rimanevo isolato dagli esseri umani, non correvo pericoli, ma la voce…Dean..io…ultimamente la sentivo anche io!”
Dean rimase zitto senza fiatare.

“Sentivo qualcosa nella mia testa, che mi diceva che avrei ucciso, che avrei fatto del male, che ero il Portatore del male. Avevo tredici anni, ma non ero uno stupido, non avevo detto a papà che da qualche settimana a intermittenza, la sentivo anche io.avevo paura di come avrebbe potuto reagire..”

“Io…io non so che cosa dire..”

“Poi avvenne l’incidente. Tornavamo da una festa con degli amici e mi avevano fatto guidare una macchina, io a quell’età sapevo già guidare, sì, avevo degli amici, nell’ultimo periodo papà era diventato più flessibile con la mia vita sociale, mi aveva permesso di avere degli amici e anche di uscire qualche volta, ma quella sera, erano troppi PERMESSI, tutti in una volta. Capìì a livello inconscio che c’era qualcosa che non andava, quindi cercai di sottrarmi alla serata, cercai di rifiutare di guidare quella macchina, ma quella insistenza..non riuscivo a rifiutare, loro non riuscivano a smettere di insistere.”

“Cosa successe poi?” chiese in un soffio Dean.
Sam divenne incredibilmente triste.
 
“Stavamo rincasando da una serata in discoteca. Mi sentivo stanco e strano, avevo provato a chiamarli dal cellulare, chiedendo loro di scendere dall’altra macchina e di scambiarci, perché non riuscivo più a guidare. Nessuno voleva venire in macchina con me, nessuno rispondeva al telefono, o chi lo faceva, trovava mille scuse. La strada è trafficata, non possiamo fermarci, fai una sosta, riposati, e cose del genere. Cominciai ad avvertire dei giramenti di testa, cercai di fermarmi, ma il freno era stranamente fuori uso, sembrava che la macchina fosse posseduta, non rispondeva più ai comandi e quando mi sono reso conto che..vibrava in una certa direzione…troppo contro l’altra macchina..io..” disse Sam, con la voce rotta e mettendo le mani in mezzo alla faccia.

“Sam..” disse Dean sconvolto.

“In pochi secondi, mi sono reso conto che..era tutto vero. Gli spiriti, le voci. Tutto quello di cui mio padre aveva sempre avuto paura! E volevano spingermi ad uccidere, Dean! Te lo giuro! Un incidente mortale che avrebbe coinvolto i miei amici davanti a me, la macchina che guidavo stava accelerando sempre di più, non riuscivo più a fermarmi, davanti a me c’era un pezzo di vetro del bicchiere che avevo inavvertitamente rotto poco prima. Lo afferrai e con uno scatto della mano libera, mi colpii la mano destra.”

Dean era scioccato da quel racconto.

“Il dolore mi fece tornare in me e riuscii a recuperare la padronanza delle mie mani, in tempo per riprendere il controllo della mia macchina, davanti a me c’era un ponte, una decisione che presi in pochi secondi…”

“No…”

“Virai bruscamente, buttandomi contro il parapetto, infrangendolo e andando a finire dentro il fiume. Era o io o delle persone innocenti. Non so quanto restai lì dentro. Credo di aver perso conoscenza quasi subito, prima che vennero a soccorrermi. Finii in coma subito dopo.”
 
Dean lo abbracciò di slancio, piangendo insieme al minore, che aveva affondato la testa contro il suo petto.
 
 






*

Dean era riuscito a convincere incredibilmente Mary ad andare insieme con Sam,  a casa di quest’ultimo e di John. Avevano dovuto fare molti chilometri per raggiungere la destinazione, perché era parecchio lontano da casa loro e Dean si era offerto di guidare al posto di Mary per qualche tratto e rifiutò categoricamente l’invito di Sam a guidare lui.

La casa di John e Sam era una casa un po’ decadente, fatta di legno, un po’ in mezzo al nulla, con il giardino con l’erba molto alta.

“Io cercavo di falciarla, ma cresce in continuazione. Chissà ora che non ci sarò io a farlo, nasconderà tutta la casa..forse dovrei restare qui..” disse Sam, toccando i fili d’erba.

“Sam, non dire stupidate, per favore.” Disse Dean. Non avrebbe mai permesso al minore di tornare qui da solo.

“Anche papà mi diceva sempre così,” disse Sam con un sorriso triste.

“Sam, io non volevo dire..”

“Sì, lo so che non lo dici come lui. Entriamo, vi faccio vedere la casa.”
 
Sam aveva detto loro, che il padre aveva l’abitudine di tenere sempre una chiave di scorta nel caso perdessero quella principale ed era situata in un vaso in giardino Per fortuna il muretto non era alto e Sam lo scavalcò subito.

Dean sorrise, chissà quante volte Sam l’aveva fatto. Anche a lui piaceva farlo da ragazzino, se fossero cresciuti da soli, sarebbe stato uno sport bellissimo da fare insieme.
 
 

Quando entrarono, rimasero tutti un po’ stupiti a vedere che la casa dopotutto non era molto sporca e disordinata come l’avevano immaginata.

“Papà era ossessionato dai mostri, ma io gli dicevo, e lui era d’accordo con me, che il disordine, la sporcizia e la trascuratezza, erano un chiaro invito ad arrivare e a fargli mettere il nido, quindi mi impegnavo a mantenere la casa pulita e in ordine, anche se alla fine il caos era controllabile a malapena.” Disse Sam.

Dean sentì dei brividi al rimando ai mostri e ai demoni, sperò che non si ritornasse a parlare di quelle cose. Ancora non sapeva se credere a Sam e a quello che gli aveva raccontato. Forse era solo rimasto influenzato dalla follia di John.
 
“Sammy, fammi vedere la tua stanza, vuoi?” gli chiese.

Sam gli fece un sorriso bellissimo e lo accompagnò su per le scale, prendendolo per mano.

Ha una stretta così calda e piacevole. Come ha potuto papà credere che potesse essere o diventare malvagio? Pensava Dean, sorridendo.
 
 



Quando entrarono nella stanza di Sam, il maggiore si sentì avvolto da un’ondata di emozione e forse anche serenità.

Il lampadario era bianco, così come il letto, le pareti erano totalmente in legno, il tappeto sotto la scrivania era erboso, così come c’erano delle frange erbose sopra la tastiera del letto.

“Bizzarro..” disse Dean, toccando le foglie.

“Sono finte, ovviamente, altrimenti sarebbero già marcite. Mi piaceva l’idea di avere la natura in casa, anche se finta. Mi fa sentire bene. E..guarda.”

Sam spense la luce e il soffitto divenne nero illuminandosi di tante piccole stelle dorate. Ormai era pomeriggio inoltrato, quindi era come se fosse notte.

“È stupendo, Sammy.” Disse Dean incantato a guardare quei punti luminosi.

“Un regalo di papà, in uno dei pochi momenti in cui si sentiva gioioso. Diceva che quando non poteva confortarmi lui, ci avrebbero pensato le costellazioni.” Diceva Sam, con un sorriso un po’ malinconico.

Dean si sentiva ancora molto adirato con il padre, ma qualcosa nel tono di Sam, gli fece capire che fare una battuta in quel momento, lo avrebbe ferito e lui non ne aveva voglia.
 


Quando Sam prese i suoi vestiti e li mise in una valigia, Dean si incuriosì a vedere che la gran parte della sua roba era di colore marrone, grigia o nera.

“Non sei molto colorato. Il contrario di me.” disse Dean, stuzzicandolo, raccogliendo i suoi vestiti, in ginocchio sul pavimento freddo.

“è un peccato. Mi risulta che, i grandi tenebrosi che fanno breccia nel cuore delle ragazzine, vestono di nero.” Disse Sam con un sorriso furbo.

“Ma tu non mi sembri il tipo da vestire in un certo modo per un motivo così banale.” Disse Dean facendogli la linguaccia.
 
Sam tornò a guardare le costellazioni sopra il soffitto e sorrise, guardando il soffitto stellato.

“Amo il marrone, perché mi sento vicino alla terra, in questo modo. Il marrone è il colore del legno e il legno è caldo, è come un tizzone ardente che brucia  dentro il camino e da cui ti riscaldi. Una casa fatta di legno, mi da l’idea di una casa calda e il tronco di un albero e il terreno fangoso mi danno l’idea della vita che nasce e si coltiva. Il grigio mi da la sensazione di quello che è un qualcosa, prima dell’arcobaleno, quando quel qualcosa deve ancora decidere se sarà buono o cattivo, freddo o caldo, il buio mi ricorda la notte, affascinante con tutte quelle luci delle stelle.”
 
Questo discorso aveva ammutolito ancora una volta Dean, che cominciava dopotutto a giustificare in qualche maniera il padre. Il minore sembrava così perfetto e luminescente che non si stupiva a quel punto se John avesse perso la brocca e avesse deciso di chiuderlo in casa per preservarlo da chiunque avesse anche solo potuto pensare di contaminarlo. Una persona così, avrebbe dovuto far compagnia agli angeli entrando nel girone dei profeti. Non stare li sulla Terra con i comuni mortali. E la cosa incredibile era che aveva solo quindici anni!
 
 

Quando scesero dopo aver preso tutto il necessario, dopo interminabili avanti e indietro, prendendo anche asciugamani e spazzolino da denti e dopo che Mary ebbe fermato Sam con scuse ridicole per fare amicizia con il ragazzo:

Sam guarda, ti piace questo servizio da teiera? Ti piace il te? Se vuoi lo prendiamo e te lo farò tutti i pomeriggi!”  dopo che Sam riuscì a liberarsi, andò in giardino e Dean non mancò di notare, che osservava il canestro da basket che c’era in giardino con uno strano sorriso malinconico.
 
“Se ti piace tanto, lo portiamo con noi a casa, non devi rinunciarci!” disse Dean con un sorriso incoraggiante.

“No! Non voglio dare disturbo. Ne sto già creando tanto!” disse Sam, perdendo ad avviso di Dean, per la prima volta, un po’ del suo self control.

“Sammy, quando imparerai a conoscermi bene, capirai che non è possibile dirmi di non fare qualcosa, anzi è esattamente la molla che mi spinge a farla!” disse ancora, cominciando a sollevare il canestro, contro le proteste del più piccolo, che alzava le mani cercando invano di convincerlo a metterlo giù.

Dean continuava a ridere, avvicinandosi al furgone loro, facendo anche del sarcasmo.

“Non ti preoccupare, quando arriveremo a casa, lo immergeremo nell’acqua santa, così gli spiriti non ci seguiranno anche a casa.”
 
Perfino Mary aveva riso alla battuta e si era avvicinata a Sam, chiedendogli in quale angolo del giardino, avrebbe preferito mettere il canestro e proponendo di portare a casa anche il letto di Sam, che avrebbero potuto piazzare nella camera di Dean.

“Ovviamente, potresti non restare tanto tempo da noi, se John dovesse decidere di tornare, anche se visto come è scappato, potrebbe aver avuto una perdita di memoria e anche nel caso non fosse così, dovrebbe rispondere di abbandono di minore non giustificato, DI NUOVO, e nelle sedi opportune, come quelle di un tribunale..quindi…”
 
Dean ridacchiò, mentre provvedeva a mettere il canestro nel retro del furgone, si girò e vide che anche Sam aveva un sorriso luminoso. Era contento anche il maggiore, che Mary si era sciolta di più con Sam e faceva perfino dello spirito, inoltre da quelle poche battute, sembrava che l’idea di avere Sammy a casa, cominciava a piacerle e Dean non poteva esserne più contento.
 
 
 

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Capitolo 6
*** Il cielo in una stanza ***


Dean e Sam stavano giocando a pallacanestro e Sam l’aveva stracciato, 10 a 5. Il canestro era posizionato in un angolo bello del cortile, illuminato dal sole e i due ragazzi si stavano proprio godendo quella partita.

“Sei un campione, mi hai stracciato, complimenti!” disse Dean.

“Non mi piace vincere facile.” Disse Sam, anche se sorrideva divertito.

“Questo lo chiami vincere facile? Mi hai battuto solo per cinque punti.” Disse Dean ridendo, palleggiando con il pallone.

“Se vuoi posso dirti perché ho vinto.” Sorrise Sam.

“Avanti, campione, illustrami!” disse Dean.
 

Sam sorrise e corse da lui, gli mise le mani sulle spalle, mimando un quasi abbraccio e acquisendo vicinanza.

“Ho vinto perché… è una bella giornata e tu sei felice..”

Dean rise. “Che sciocchezze.”

“Ho vinto perché… la tua mamma, innaffia le rose e i fiori e la tua felicità anche nel vedere com’è tranquilla, ti distrae dal gioco..”

“Ripeto, sciocchezze.”

“Ho vinto perché… sei contento che stiamo avendo un momento tra fratelli..”

“Forse l’unica cosa giusta..poi?”

“E ho vinto perché..in base a questo..mi hai lasciato vincere.
 
Sam parlava con dolcezza, tenendogli le mani attorno alle spalle, una provocazione che non faceva male, non aveva lo scopo di ferire, ma di giocare con dolcezza.

Dean continuava a sorridergli, ammaliato da quella dolcezza sfuggente, ma a quelle parole, rise, scostandosi da lui.

Questa l’hai sparata proprio grossa. Non ti ho per niente lasciato vincere.”

“Un po’ sì.” Sorrise Sam. “Devi capire una cosa, Dean, per vincere in un gioco due cose ti sono d’intralcio. L’attenzione e la distrazione."



Dean si vedeva che aveva voglia di ridere ancora, ma incrociò le braccia e sorrise. La curiosità era più forte. “Ok, spiegati.”

Sam sorrise, compiaciuto.

“Prestare troppa attenzione all’ambiente circostante, significa prestare attenzione ai propri sentimenti, se rifletti troppo su quanto la giornata di sole sia bellissima,rifletterai su quanto questo fatto ti fa sentire bene, se pensi quanto è bello vedere Mary rilassata che annaffia le rose, finirai per concentrarti su quanto questa sensazione ti rende felice..”

“Che c’è di male in questo?” chiese Dean.

“Niente.” Rispose Sam tranquillo. “Ma lasciarti trascinare dalle emozioni, ti distrae dal gioco..e perdi.

Dean restò un attimo a rimuginare. “Quindi..ho perso perché non sono stato attento al gioco.” disse Dean.

“Neanche.” Disse Sam tranquillo. “Anche quella ti fa perdere. Se stai concentrato sul fare canestro, ti concentrerai di più sulla paura di sbagliare, che sul fatto di vincere..e la PAURA ti farà sbagliare.”

“Quindi..se la disattenzione ti fa perdere e l’attenzione pure, che cosa rimane?” chiese Dean.

“La libertà.” Disse Sam.
 
Dean rimase un attimo zitto, stranito da questa frase.



“Sai, Dean..i sentimenti sono meravigliosi, fino a quando non diventano schiavi dell’anima. Fino a quando li provi ma non cerchi di capirli, ti fanno volare in alto, MA SE..” disse Sam, alzando un dito, facendo una pausa e poi riprendendo “rimani a pensare a quanto siano meravigliosi, essi diventano i tuoi carcerieri. Per essere libero davvero, devi vivere la felicità senza esserne cosciente. Questo è l’unico modo per non essere schiavo delle tue emozioni.”

“Prima hai detto qualcosa sulla paura di sbagliare..” disse Dean.
Sam annuì.

“Se penserai a fare di tutto per fare canestro, ti concentrerai sulla paura di fallire e inevitabilmente fallirai.  È come se tu avessi un potere, con la tua mente preghi la palla di fare centro o il canestro, di non tradirti. In questo modo li tratti come nemici, li PREGHI di non tradirti, in questo modo diventi DEBOLE e la tua debolezza ti farà perdere.”

Dean era affascinato da questo discorso.

“Se penserai che la palla e il canestro, sono tuoi nemici, anche loro lo penseranno di te. Ma SE, lancerai senza la paura di sbagliare, senza vedere la palla e il canestro come un nemico da controllare..” disse Sam, si voltò e da lì buttò la palla senza guardare.

Fece canestro. Dean guardò la palla a bocca aperta.
 
“Non devi pensare non devo fallire, tu devi essere convinto che non fallirai.” Disse Sam sorridendo.

“Sono convinto che esistono delle falle nel tuo discorso, MA, ti riconosco che parli con molto charme.” Disse Dean sorridendo.

“Sapere che tu volessi che io vincessi, è una cosa che mi rende felice.” Disse Sam spiazzandolo.

Dean lo guardò attonito, ma Sam guardava per terra l’erba, giocherellando con i piedi con essa.

“Ma se avessi pensato a questo, durante il gioco, non avrei vinto.”
 
Dean fece un sospiro, che se Sam avesse voluto infierire, avrebbe potuto benissimo commentarlo con una dimostrazione del fatto che Dean non sapeva governare le sue emozioni.

“Forse avresti dovuto fare il filosofo. Sei sempre molto schietto, ma, non dici mai niente con lo scopo di ferire.”

“Se esiste qualcuno che lo meriti, sono sicuro che non sei tu e se anche lo meritassi..io non vorrei farlo.”

“Okayyy..” disse Dean sorridendo “Credo che abbiamo finito con le sdolcinaterie altrimenti mi si spunteranno le ovaie.”

“Non saresti male donna.” Disse Sam sorridendo.

Dean fece una smorfia di risa, ma non commentò. Voleva fare una battuta ma poi si rese conto di non voler sfigurare con il fratello minore, anzi, di voler fare di tutto per dimostrargli che era una bella persona, almeno al pari dei discorsi filosofici che a lui tanto piacevano.
 
 

“Ehm, Sam..adesso, se ti va, saliamo in camera, vuoi?” chiese Dean.

Dean cominciò a camminare, prendendogli la mano, senza badarci e Sam la sfilò dalla sua, molto velocemente.

Dean lo guardò stranito e preoccupato. Sam aveva un sorriso strano e gli occhi più luminosi che mai, quasi lucidi.

“Sam? Che cosa ti prende?” gli chiese Dean.
“Ho..bisogno di un momento..”

“Che cosa c’è? Ti senti male?” gli chiese Dean preoccupato che stesse per avere un attacco di panico.

Sam scosse la testa, sembrava felice ma anche frastornato.
Prese un grosso sospiro, prima di parlare.
 


“Dean.. tu sei così trasparente..le tue emozioni sono così chiare e limpide..non puoi nasconderle..”

“Ma cosa stai dicendo?” chiese Dean sentendo il cuore battere all’impazzata. Un pensiero orribile lo colse. Non è che Sam pensò male quando gli disse di andare in camera? Si sentì cospargere dal terrore, davvero pensava che lui..avrebbe….
 
Sam però gli sorrise con dolcezza e gli rispose in un modo inaspettato.

“Tutte queste ore che mi hai tenuto lontano dalla tua camera..credi che non sapessi che stai preparando una sorpresa per me?”

Dean era senza parole. Sam era quasi sull’orlo delle lacrime, poteva aspettarsi di tutto ma non quelle parole.

“Cavolo, Sam. Mi hai fatto prendere un infarto, non farlo mai più.”

“Non posso promettertelo..” disse Sam con dolcezza, avvicinandosi di nuovo a lui  facendogli risentire nuovamente quel calore.  “Vedi, Dean..io so come fare per non farmi schiavizzare dalle emozioni, senza diventare un cinico..ma quando le emozioni sono inaspettate..come qualcuno che vuole farmi una sorpresa per rendermi felice, io..io non so quanto emotivo posso diventare.” Disse ancora. Dean lo guardò e pensò che era meraviglioso come Sam parlava dei suoi sentimenti e della sua capacità e incapacità di controllarli. Se avesse potuto, gli avrebbe fatto una foto in quell'istante.

“Sei un’anima bella, Sam..” disse Dean piano.
“Anche tu.”

“Adesso basta. Andiamo in camera, voglio che tu lo veda.”
 
Sam però era ancora restio.

Restò fermo sul posto mentre Dean gli teneva ancora la mano.
Dean si voltò verso di lui.

“Promettimi che..non sarà troppo emotivo..”

“Lo prometto.” Disse Dean, sperando che l’avrebbe presa bene.
 
 
Quando arrivarono alla camera e Dean aprì la porta, Sam rimase senza fiato a guardare le pareti della camera di Dean, tappezzate di carta nera, con gli adesivi di stelle, pianeti e costellazioni disegnate. Dean aveva addirittura chiuso le persiane per simulare un pò di notte e far vedere meglio il cielo disegnato.

Sam si mise una mano sulla bocca.

“Guarda, sul soffitto c’è anche la luna piena e…SAM.”

Sam era scoppiato in piccoli singhiozzi, nascondendosi il viso tra le mani.

“Sam..Sam..” disse Dean, togliendogli le mani dalla faccia.

“S-scusami, Dean. Scusami, so che è brutto da vedere la mia reazione e…”

“Non è assolutamente brutto. È una cosa  bellissima. “ disse Dean raggiante e abbracciandolo di slancio, con il cuore che martellava nel petto del maggiore.
 
Sam chiuse gli occhi a quell’abbraccio, lo strinse a  sua volta e poi mise piano una mano sul cuore di Dean, per sentirlo. Dean se ne accorse.

“Avrei tanto voluto che papà mi facesse conoscere te da molto tempo.” Gli confessò Dean.






















vi spiego perchè Sam piange. Nel capitolo scorso Sam aveva spiegato che a lui piace il nero e vestirsi di nero perchè gli ricorda la bellezza delle stelle e qualcosa di simile, qundi Dean ha voluto fargli questa sorpresa <333

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Capitolo 7
*** Clère ***


Erano passate alcune settimane e Sam si era ambientato benissimo nella nuova casa con Dean, suo fratello.

Quel giorno, siccome era una bella giornata ed erano in piena estate, Dean aveva deciso di portare il suo fratellino al mare per un giorno, per fargli fare una nuotata.

Erano spensierati, si stavano divertendo molto, fino a quando la tranquillità non venne interrotta da una ragazzina.

“Dean, ehi, Dean..” lo salutò lei, andandogli incontro.

“Dean, chi è lei?” chiese Sam, riemergendo dall’acqua, guardando una ragazzina con i capelli a caschetto castani, sbracciarsi.


“Uhhh..lei..è un’amica.” Disse Dean imbarazzato.

“Fa anche la cheerleader?” chiese Sam, guardando male le sue braccia che si sbracciavano.

“Uhh..no. Perché?”

Sam, ancora irritato, non rispose, andando piano sott’acqua di nuovo.
 


Deeeean!”

“Uhhh..ciao Clère!

“Che sorpresa! Non pensavo di trovarti qui!” disse lei. Aveva un costumino multicolore.

“Sì..beh..ecco..io..ci ho portato Sammy.” Disse Dean.

Chi?”

Sam riemerse dall’acqua con un tonfo.



“Lui..è Sammy. Il mio fratellino.”

Clère guardò il ragazzo al fianco di Dean.

“Dean! Vecchio burlone! Tu non hai fratelli!”

“Infatti sono il suo fratellastro. Dean non sapeva della mia esistenza fino a poco tempo fa, ma almeno quando gliel’ho detto, lui non ha avuto la presunzione di dire di conoscere già tutto della sua vita.” disse Sam.

Clère diventò paonazza e si scusò immediatamente.

“Oddio, mi dispiace, sono così imbarazzata…” disse mettendosi le mani sulla bocca.

“Va tutto bene, Clère, non devi scusarti. A Sammy piace scherzare.” Disse Dean, mentre Sam lo fulminava con gli occhi.

“Ma..scusate se sono indiscreta..com’è possibile? Voglio dire…”

“Si tratta di anatomia. Si studia a scuola.” disse Sam.

“No..io..cioè..voglio dire, come..quando vi siete incontrati?”
 
Dean guardò Sam in cerca di un permesso, che Sam non gli diede.



“Non ne voglio parlare..” disse davanti al fratello e alla ragazza.

Dean guardò Clère.

“Scusami, Clère, ma è una storia lunga..e se Sam non è pronto a parlarne, io non..”

“Certo, certo, mi rendo conto..spero solo che..che tuo padre ti trattava bene..con Dean lui..”

Nostro padre, può essere tante cose, ma mi voleva bene e sono sicuro che ne voleva anche a Dean, non mi ha abbandonato. È scomparso.
 
Clère rimase a bocca aperta.

“Clère, non è il momento per parlarne. Sam è molto scosso..per favore..”
“Certo, certo..io..mi dispiace..”
Sam sembrò cambiare atteggiamento.

“Sono io che devo scusarmi. Sono sempre sulla difensiva quando si parla di lui…lui è scomparso, non so dove si trova..mia madre non l’ho mai conosciuta..e non voglio parlare di altro per ora. Dean sa i dettagli..ma ti chiedo perdono per la mia irruenza.”
 
Clère e anche Dean, rimasero spiazzati dal repentino cambiamento di Sammy.

“Sono io che devo scusarmi. Sono stata davvero indelicatissima, è che quando ho sentito che eri il fratellino di Dean..io..non potevo crederci. Siamo tutti abituati a vedere Dean come figlio unico..”

“Tutti?”

“Sì..la nostra compagnia, voglio dire…e abbiamo sempre detto tutti che era un gran peccato, Dean è così generoso ed ha tanto amore da dare, che è un peccato non possa dividerlo con un fratello..o una sorella..”

“Sì, lo credo anch’io.” Disse Sam.
“Spesso lo dicevamo a Mary ma lei non hai mai voluto..” continuava Clère.
“Beh, meglio così. Credo di essere unico, tutto sommato. A mio modo.” Disse Sam con una faccia da joker.

Dean gli sorrise teneramente.

“Vuoi fermarti con noi, Clère? Ci farebbe piacere.” Disse Dean.

Sam non era della stessa opinione.

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Capitolo 8
*** Il pesce velenoso ***


"Te la porti a letto?" gli aveva chiesto Sam all'orecchio,mentre erano in spiaggia.

Dean l'aveva guardato basito.

"Sam, cosa sono questi discorsi?"

"Non è un discorso, ma una domanda."

"Io..non..non sono affari che ti riguardano."

"Siamo stati sempre sinceri l'uno con l'altro."

"A volte..ci sono cose di cui non bisogna parlare per forza."

Sam l'aveva guardato con aria di consapevolezza.

"Ci sei stato qualche volta e ora non la vuoi più."

"Questo non..non è come se...insomma è una mia AMICA."

"Lei ogni tanto ci riprova con te però..ma tu non vuoi più, perchè dentro di te pensi che questo non è amore, giusto?"

Dean gli sorrise e gli scrollò i capelli con una mano.

"Lasciamo perdere, okay?" chiese Dean.

"D'accordo." disse Sam, sorridendo.




Sam però non era riuscito a lasciar perdere. Stavano facendo il bagno al mare tutti insieme e Clère si era abbarbicata a suo fratello maggiore come una medusa attaccata allo scoglio.

Un sentimento malevolo di gelosia e anche qualcosa che non riusciva a definire, si impadronì di lui. Rabbia. Tanta rabbia.

In quel momento un pesce velenoso si stava avvicinando un pò troppo vicino ai due ragazzi.

Sam, sott'acqua, l'aveva visto e con un'ondata di panico, aveva nuotato velocemente e aveva allontanato via Dean con una spinta veloce.


"Sam?" 

Sam però sembrava stare male, emise un gemito di dolore.

"Sam??? Cos'hai???" gli disse.

Sam alzò la mano e il maggiore potè vedere che la mano del minore era gonfia, come se qualcosa l'avesse morsa.

Ora il minore aveva la testa rovesciata tra le braccia di Dean.

"Mi..dispiace, Dean.."

"Sam!! Sam! Oddio, alzati, cosa ti è successo?"  E senza aspettare una risposta, cercò di trascinarlo almeno fino alla riva, quando arrivarono in spiaggia, lui lo prese in braccio.

"Deve essere stato un pesce velenoso. Devo portarlo immediatamente all'ospedale!!" disse Dean. 
























voglio dire che una cosa del genere, del morso velenoso di un pesce, è capitato a mio padre qualche anno fa, quindi può capitare xd insomma non mi sono inventata cose inverosiili ahha xd ci tengo a specificarlo! Comunque è stato bene poi ovviamente xd anche se è stato male xd per sapere come starà Sam. dovremmo aspettare xd  

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Capitolo 9
*** Albert riporta a casa Dean e Sam ***


Nel mentre che Dean cercò di uscire dalla spiaggia per portare il fratellino all’ospedale, un uomo giovane, biondo e riccio, si avvicinò a loro.

Dean??Cosa sta succedendo? Quel ragazzo sta male?”

Dean restò basito, nel riconoscere in quell’uomo, il suo preside di scuola.

“Signor preside! Lui è mio fratello.. è stato morso da un pesce, credo velenoso.” Disse Dean agitato.

Il preside guardò sorpreso il ragazzino.

“Tuo fratello? Dallo a me. Vi aiuto a portarlo in ospedale. Ho un’ampolla con dell’acqua caldissima.. Aiuterà con la ferita.” Disse l’uomo, protendendo le mani.

“Ma…”

Dobbiamo sbrigarci!”
 
 
 

*

All’interno della macchina di Dean,  quest’ultimo stava immergendo con delicatezza la mano di Sam,nell’ampolla, mentre l’uomo guidava. Sam continuava a sentire dolore, anche se si sforzava di non lamentarsi ad alta voce.

“Schhhh..va tutto bene..” disse Dean, tranquillizzandolo e accarezzandogli i capelli.

Sam non disse una parola, ma appoggiò la testa all’indietro al petto di Dean.

Un gesto che voleva dire affetto e Dean lo capiva.

“Non cercare di togliergli le spine da solo.” Lo avvertì l’uomo.
 
 
 
Per fortuna l’ospedale ricoverò subito Sam, vedendo le sue condizioni. Non permisero però a Dean di entrare con lui  e il biondo si stava distruggendo a sentire le sue urla in corridoio.

“Basta!! Io entro!! Fanculo tutto!!!” disse il maggiore sotto gli sguardi esterrefatti  del preside e di Clère.
 
Quando aprì la porta, le infermiere cercarono subito di mandarlo via, ma lui insistette.

“Se io resto, lui si calmerà, lo so. Lo prometti,Sammy?”

Sam, le lacrime agli occhi, aveva annuito silenziosamente, guardando il fratello.

“Va bene, allora può restare, ma se lo agita di più, uscirà, ha capito?” disse il dottore.
“Sì.”
“E non gli tocchi la mano ferita.”

“Certo.” Disse Dean, guardando male il dottore.
 
 
 
Dean andò da Sam e discretamente gli prese l’altra mano, quella sana, dove era sdraiato sul lettino.

Sam gli sorrise.

“Dì la verità che è tutta una recita perché volevi che venissi qui a coccolarti.” Disse Dean scherzando, sedendosi sullo sgabello.

“Credo di no, ma ne sarei capace.” Disse Sam sorridendo.

Dean strinse di più la mano di Sam per infondergli calore e Sam avvertì la piacevolezza di quel contatto e quando il maggiore gli accarezzò l’interno del palmo con il pollice, chiuse gli occhi, come immerso nella beatitudine.

“Quell’uomo..come faceva ad avere un’ampolla piena di acqua calda con sè?” chiese.

“Cosa?” chiese Dean spaesato.

“Nessuno..tiene un’ampolla di acqua bollente..con sè..lui..è venuto per me…per prendermi..”

“Sam, lui è il mio preside e nessuno è venuto per prenderti..” stava cominciando a dire Dean, ma le infermiere gli consigliarono di non dare credito a quello che diceva, visto che chiaramente stava delirando a causa del veleno.

Dean annuì, ma era rimasto turbato dalla cosa.
 
Pochi minuti dopo che iniettarono a Sam un siero antiveleno e dopo che gli ebbero tolto tutte le spine del pesce e bendato la mano ferita, dopo che Dean gli aveva tenuto la mano per tutto il tempo, gli dissero che stavolta doveva proprio lasciarlo.

“Non mi piace molto l’idea..” confessò Dean imbarazzato, nonostante aveva la mano che pizzicava un po’ per aver stretto quella di Sam tanto a lungo.
 
 
 
Ore dopo, dissero a Dean, che Sam poteva essere dimesso e quindi andò da lui a dargli la bella notizia, dopodiché tornarono tutti indietro. Albert li riaccompagnò alla spiaggia e Clère salutò tutti e tre, dando un bacio di saluto a entrambi i ragazzi, anche se Sam non sembrava tanto bendisposto al gesto di saluto.

“Dean, fammi sapere come va.” Lo salutò Clère, accennando alla ferita di Sam.

“Tranquilla.” La salutò Dean.

“Allora, posso andare, ragazzi? Siete certi che non volete che vi accompagni a casa?” chiese l’uomo.

Dean era tentato. Si sentiva sfinito e avrebbe tanto voluto dormire, accoccolato accanto a Sam, ma d’altrocanto era imbarazzante dover dire alla madre che era stato accompagnato da un uomo estraneo, fosse anche il preside della sua scuola, già avrebbe dovuto dargli la notizia angosciosa di quello che era successo a Sammy.
 
“Okay, ci parlo io con tua madre, ma la mia coscienza non può lasciarvi andare in questo modo da soli, con un ferito a bordo. Tuo fratello ti distrae troppo e la guida alla macchina è una cosa di massima importanza per evitare gli incidenti.”

Dean era arrossito e Sam gli aveva sorriso.

“D’accordo, ma..lei come tornerà a prendere la sua macchina?” gli chiese Dean.

“Oh, io sono venuto qui in pullman.” Disse il preside sorridendo, lasciando di stucco i due ragazzi.
 
 
 
 
 
*

Quando i ragazzi tornarono finalmente a casa, Mary uscì letteralmente di senno nel vedere tornare Sam con una mano fasciata, nonostante già Dean l’avesse avvisata abbondantemente al cellulare. Albert per fortuna, capì la situazione e si mise a conversare tranquillamente con Mary, infondendogli calma e rassicurazione, sciorinandole quello che era successo.

“Credevo di sapere tutto di Dean, come degli altri studenti in pratica, mi sono sorpreso quando mi ha detto che questo ragazzo adorabile era suo fratello..dove lo teneva nascosto?” scherzava con Mary, facendo l’occhiolino a Dean, che se la stava svignando con Sam, salendo la scala diretti nella sua stanza.
 
“Mettiti a letto. Così. Fai attenzione con la ferita.” Gli diceva Dean, rimboccandogli le coperte.

“Non sono un poppante, Dean. Ho quindici anni, quasi sedici, quest’estate.”

Dean sorrise. “Hai ragione.”

“E ho una fame da lupi. Il quasi tentativo di mangiarmi da parte di un organismo invertebrato non mi ha fatto passare l’appetito.”

“Wowww calma tigre, tra un po’ faremo cena, ma mi devi promettere di stare tranquillo.”

Sam lo guardò con aria adorabile.

“Eppure, sembri tu il più agitato.”

“In effetti, ammetto che mi hai fatto prendere un colpo.”
 
Sam aveva accoccolato la testa sulla mano di Dean, come un gatto.


“Io non merito il tuo amore, Dean..”

Sam era arrossito suo malgrado.

“Che cosa stai dicendo?”

“Io sono cattivo..

“Sam, piantala di dire stronzate. Non stai più delirando adesso!”

“Quell’uomo..Albert..”

“Il mio preside..”

“Sa che io sono cattivo..ha percepito la mia malvagità..”

“Ma di che cosa stai parlando, Sam? Tu non hai fatto niente di malvagio!”

“Quando tu e Clère vi divertivate nell’acqua..io sono stato geloso, Dean..”

Dean rimase stupito.
 
“Ero così…arrabbiato..ho provato un impulso di rabbia fortissimo e poco dopo è arrivato quel pesce.”

“Hai fatto comparire tu quel pesce?”
“No.”
“Quindi adesso basta.”

“No..devi ascoltarmi..com’è possibile che io sia riuscito a vedere quel pesce in tempo? Quasi come se sapessi che stava per arrivare inconsciamente e..”

“Ho detto basta così!!”
 

Sam si era zittito, mordendosi il labbro.

“Ti sei preso il morso di quel pesce al posto mio, quindi questo dimostra che sei una persona buona, Sam..” disse Dean con più dolcezza.

Sam continuava a scuotere la testa.

“Quell’uomo è sbucato proprio in quel momento, tenendo con sé un’ampolla d’acqua bollente. Non ti sembra..”

“Me l’ha spiegato. Ha detto che se l’è procurata in un bar perché aveva voglia di un tè caldo.”

Sam lo guardò stupito.
“E questo non ti sembra strano?”

“Più strano di te che pensi di essere il diavolo? No, a dire la verità, no. Adesso riposa un po’.” Disse Dean, dandogli un bacio sulla guancia.
 
Prima di uscire dalla stanza, Dean ebbe un pensiero che non riuscì a controllare.

Maledetto John..
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Sulla strada per il supermercato ***


Mary stava accompagnando  con la macchina, Sam e Dean, a prendere del materiale scolastico. Infatti, Sam avrebbe frequentato il terzo anno del liceo. Dean aveva ormai finito la scuola, anche se restava nell’istituto come giocatore della squadra di calcio e in classe ad aiutare insegnanti  e allievi, ma aveva voluto andare anche lui, perché non si staccava mai da Sam e in particolare quel giorno, lo vedeva strano.

Sam guardava fuori dal finestrino. Aveva le guance rosse, sembrava…

“Febbricitante.” Disse Dean, toccandogli la fronte.

“Come?” chiese Mary, mentre stava guidando.

“Ho solo un po’ caldo.” Disse Sam.

Dean fece per abbassargli il finestrino, ma Mary lo richiuse subito.

Dean guardò male la madre, mentre Sam sembrava lottare per non inspirare a fondo.

“Se ha davvero la febbre, aprire il finestrino, lo farà stare peggio.” Disse Mary.

“Siamo in estate!” gli fece presente Dean.

“Tua madre ha ragione…non si sa mai, quando potrebbe nevicare.” Disse Sam, assorto.

In estate??  Va bene che è domenica,  ma non siamo mica in una canzone di Gigi D’alessio!” scoppiò a ridere Dean.
 
 
 
 

*

In un’altra macchina, intanto, una donna matura, ben curata e truccata con riccioli alla Marylin Monroe, stava guidando nella stessa direzione. Sul sedile del passeggero, stava la figlia. Una ragazzina magra, dai lineamenti delicati come quelli di una bambola,  ma senza alcuna traccia della vanità delle donne che hanno la consapevolezza di piacere.

 Le sue sopracciglia fini e delicate non erano contornate da nessun ombretto e nessuna matita per risaltarne la bellezza degli occhi; cosi come le sue labbra a cuore non erano tracciate da nessuna linea di rossetto. Le sue mani, benchè venissero spesso nominate come bellissime mani da molta gente, non venivano mai colorate da uno smalto. I suoi capelli erano biondissimi e liscissimi,  di tanto in tanto, si legava nastri d'oro facendosi una mezza coda.
 
"Non riesco a sopportare che Madre Natura ti abbia dato un dono cosi bello, che è quello della bellezza e tu non abbia neanche l'ambizione di sfruttarlo. Potresti sfilare, diventare fotomodella, recitare. Potresti diventare FAMOSA,  Marika. Tutte le persone sarebbero ai tuoi piedi, ma tu non vuoi. Rifiuti qualsiasi proposta che ti viene fatta… la tua bellezza ti potrebbe aprire molte porte e tu gliele sbatti tutte in faccia, non ti interessa la moda, non ti piace truccarti. ...potresti avere tutti i ragazzi ai tuoi piedi, ma non dai corda a nessuno…” diceva la madre alla figlia, esasperata.

“Questo me l’hai già detto, mamma.” Disse Marika, esasperata.

"Santo cielo, Dio mi ha dato al contempo una benedizione e una croce eterna! una benedizione perchè  mi ha fatto generare una figlia con cosi tanta bellezza e grazia, e una croce perchè allo stesso tempo ho generato una figlia senza AMBIZIONI. Lo sai quante persone, quante ragazze vorrebbero essere nei tuoi panni, Marika? Avere la bellezza che hai tu, avere la tua grazia, la tua eleganza, ne hai solo la più pallida idea?” continuò la madre, che provava chiaramente invidia e nostalgia della bellezza della figlia.

“Anche questo lo hai..”

“ Sei un bellissimo fiore senza profumo. Si può sapere che cos'hai?" 

Marika si girò verso il finestrino con aria triste, cercando di ricacciare indietro le lacrime.

Sapeva che sua madre non voleva davvero una risposta e lei non intendeva dargliela. Forse non la sapeva neanche lei.
 
Guardò fuori dal finestrino e vide un cerbiatto. Guardava proprio nella sua direzione.La fissava. 

Stava forse indovinando i suoi pensieri? Gli animali, anche quelli selvatici, che non sono mai stati a contatto con l'uomo, anche loro, riuscivano ad avere una sensibilità tale che gli permetteva di leggere nell'animo umano? E se era cosi,  questa sensibilità , da dove la prendevano, se nessuno gliel'aveva mai insegnato? 

Ed ecco che il cerbiatto svani, cosi come era apparso. Non svani perchè con la macchina l'avevano sorpassato, ma semplicemente per il motivo più banale e scontato del mondo: perchè non esisteva.

 Senti un dolore acuto per il fatto che non fosse reale; avrebbe voluto davvero essere guardata cosi da un cerbiatto. Non sapeva neanche lei perchè il fatto che non fosse successo realmente,  gli provocasse tanto dolore. L'aveva disegnato lei con la sua immaginazione e ora era svanito. Come i suoi stupidi pensieri, come tutto quello che non riusciva a trattenere mai troppo a lungo. 

Continuava a vedere cose che non esistevano e non ne capiva il motivo. Non l’aveva mai detto a nessuno. Forse se si fosse confidata con la madre, lei avrebbe capito a quel punto, come mai non riusciva a dare valore alle cose materiali che lei tanto amava, ma subito dopo l’avrebbe rinchiusa in un manicomio con le pareti bianche, con nulla cui farle compagnia che le immagini immaginarie della sua mente.
 
Un fiore senza profumo, aveva detto sua madre. Era quello che era?
 
 
 







*  

 "I fiori non sono consapevoli del loro valore" disse Sam, all’improvviso.

“Come dici?” chiese Mary, distrattamente, mentre continuava a guidare.

“È la frase di un libro che leggeva qualche settimana fa. La principessa che credeva nelle favole.” Rispose Dean per lui.

Mary lo guardò con un’occhiata di rimprovero.

Dean sapeva come mai. Era lo sguardo di chi disapprovava che proprio il fratello maggiore, invece di indurre il minore a smetterla di credere e dare adito alle fantasie, assecondasse e peggio ancora, condividesse le stesse fantasie con il fratellino.

Rimase zitto, non aveva voglia di litigare davanti a Sam.
 

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Capitolo 11
*** Dove vai, farfalla bianca? ***


Una volta arrivate al supermercato, la madre di Marika adocchiò subito delle maglie nere con i brillantini.

"Guarda questa maglietta, tesoro, non è un amore? Potresti metterla per il primo giorno.”

"Mamma, ho già provato a mettere delle maglie simili e ti ho già spiegato che i brillantini mi danno un fastidio immenso. Mi fanno venire l’urticaria!" disse Marika cercando di divincolarsi dalla stretta.

"Quanto sei difficile" borbottò la madre. "Oh, guarda queste magliette che carucce, ne devi prendere assolutamente una."

Marika si voltò a guardare le magliette. Alcune erano nere, larghe e piene di scritte, mentre altre erano cupe, grigie e mascoline, nessun ricamo particolare, nessun piccolo segno di femminilità.....

"Ti ho detto mille volte che non mi piace il nero, non mi piacciono i colori cupi e neanche le maglie da maschiaccio con le scritte da drogati, lasciami vestire come desidero! Vado a fare un giro nel supermercato, da sola!” e dicendo così, se ne andò via da sola a cercare i vestiti.
 
 
 
Dean e Sam erano arrivati nello stesso supermercato, ma per loro, le cose andarono in maniera un po’ diversa. Mary, molto carinamente, fece vedere a Sam, un completino azzurro molto carino per la scuola.

“Non ti piace? Preferisci questa maglietta bianca, tesoro?” gli chiedeva Mary.

“Credo che Sam si senta ancora un po’ sbattuto. Forse un giro nel reparto cd, può aiutarlo a distrarsi un po’.” Disse Dean, facendogli l’occhiolino.

Sam si voltò verso Dean, pieno di gratitudine.

“Certo, sarebbe una splendida idea!” disse Sam.
 
Mentre Sam e Dean erano nel reparto cd e si divertivano a confrontarli l’uno con l’altro, d’un tratto all’interno del supermercato, partì la canzone The show must go on, di Freddy Mercury.

“Dì la verità, sei stato tu, eh? Vuoi che ti compri il cd, birbante.” Scherzò Dean.
 
 
Nel frattempo, Marika stava girando nel supermercato e riconobbe la canzone, sentendo un brivido di emozione. Le era sempre piaciuta quella canzone.  Si fermò per un attimo ad ascoltarla. Si era fermata nello scompartimento di generi alimentari.  Vicino a lei c'era un ripiano completamente vuoto. Marika trovò quello spazio vuoto, desolante. 
 
Empty spaces - what are we living for 
abandoned places-  i guess we know the score 
 
Spazi vuoti - per cosa stiamo vivendo?
luoghi abbandonati - suppongo che noi conosciamo il risultato.
 

Marika continuò a camminare.   
 

 
On ad on, does anybody know what we are looking for
 
Senza sosta.....qualcuno sa cosa stiamo cercando?

 
 
Anche Sam era rapito dalla canzone e aveva preso a girare, ipnotizzato e mentre girava, vide un mazzo di palloncini in un angolo.

Lo sfiorò con le mani. Il primo ritraeva Goku con il suo sorriso migliore, il secondo ritraeva Lupin. 
 
“Sam. Fermati un minuto. Che ti prende?” gli chiese Dean, correndogli dietro.

Sam gli sorrise e gli porse il palloncino di Goku.

Another hero, another mindless crime
behind the curtain, in the pantomime
hold the line, does anybody want to take it anymore?
 
Un altro eroe, un altro stupido reato

dietro la tenda, nella commedia (farsa)

resta in linea, qualcuno lo vuole ancora? (......)

 

*

 
Marika si fermò d'un tratto, sentendo una coppia litigare. 

"Ti prego, Carl, ti prego, non lasciarmi, farò tutto quello che vuoi, ma non lasciarmi".

"Lasciami, sei patetica" si divincolò l'uomo. 

"Tra noi due è finita, Carmen, sono stanco dei tuoi capricci, STANCO!"  e se ne andò mentre la ragazza piangeva. 

"Non...lasciarmi". disse debolmente la ragazza premendosi le mani sul viso. 

Marika continuò a guardare la ragazza con il cuore colmo di pena. Voleva dirle qualcosa per consolarla, ma non sapeva cosa e trovava ingiusto che una persona dovesse essere lasciata sotto il sottofondo di una canzone cosi triste. 
 

 
 
Another heartache, another failed romance
on and on, does anybody know what we are living for? 
 
Un altro mal di cuore, un'altra storia fallita.

Senza sosta, qualcuno sa cosa stiamo cercando?

 
 

 
Intanto l'uomo che si era allontanato e che nè Marika nè la ragazza potevano più vedere ora, si voltò indietro, senza essere visto. Guardò la ragazza che era ancora in preda ai singhiozzi e pensò: "Perdonami Carmen. è meglio cosi." Una piccola lacrima gli scese per il viso. Non l'asciugò nemmeno e se ne andò con lo sguardo duro.
 
 
 

 
I guess i'm learning (i'm learning learning learning )
i must be warner now 
i'll soon be turning (turning turning turning ) 
round the corner now 
outside the dawn is breaking
but inside in the dark i'm aching to be free
 
Suppongo di stare imparando, devo essere più caloroso ora
presto sarò una svolta, gira l'angolo ora
fuori, l'alba sta scoppiando
ma dentro nel buio sto soffrendo per essere felice. 
 
 
 

 
 
*
 Marika era andata via, ma la donna era rimasta lì a singhiozzare. All’improvviso, si sentì porgere un fazzoletto da qualcuno.
“Cosa..” farfugliò, poi vide la faccia benevola e adorabile di Sam. che gli porgeva il fazzoletto.

“Grazie..io..mi dispiace di farmi vedere così..il mio ragazzo mi ha appena lasciato e..”

“Mi dispiace.” Disse Sam.

“Io..non importa. Grazie.” Disse la donna, prendendo il fazzoletto e sorridendo a Sam e Dean.

Sam e anche Dean, la guardarono come a dire "Mi dispiace anche per questo. Qualsiasi cosa sia il motivo." 

e forse la donna lo capii, perchè raccolse le borse che aveva a terra, fece una carezza ad entrambi e se ne andò senza mai smettere di sorridere.

the show must go on 
the show must go on, yeah yeah
ooh, inside my heart is breaking 
my make up may be flaking
but my smile still stays on 
 
lo spettacolo deve andare avanti 
lo spettacolo deve andare avanti 
dentro il mio cuore è rotto
il mio trucco potrebbe scrostarsi
ma il mio sorriso regge ancora.

 
 

 Alisea, invece, una ragazza dai lunghi capelli rossi,  si era fermata di botto, nel reparto giocattoli. Aveva visto delle fiabe per bambini.

Un libro aveva calamitato la sua attenzione. In copertina campeggiava un sorriso smagliante di un ragazzo. In testa aveva un cappellino piumato. Sotto c'era una scritta a lettere verdi, sinuose.
 
PETER PAN

Alisea stava accarezzando la copertina con tenerezza. Le erano sempre piaciute le favole.
All'improvviso fu distratta dalla visione di una farfalla. Era una farfalla bianca, di un candore abbagliante. Lasciò perdere Peter Pan e la segui. 
 

 
 
my soul  is painted like the wings of butterflies
fairytales of yesterday will grow but never die
i can fly - my friends

 
 
la mia anima è  colorata come le ali delle farfalle.
Le fiabe di ieri invecchieranno, ma non moriranno mai.
Posso volare, amici miei…

 
 
*
 
 Marika ne aveva abbastanza di girare dentro il supermercato. Cominciò a sentire un caldo infernale e desiderò di uscire, anche solo per poco. Scrisse un sms veloce alla madre, per dirle che aveva intenzione di prendere una boccata d'aria fresca. 
 
 
 
 

 
*
 
Alisea continuò a seguire la farfalla, come ipnotizzata; avanzava lentamente tra gli scaffali. Non scompariva mai e a volte rallentava come se volesse che la seguisse. Quando Alisea vide che stava per uscire dal supermercato, esitò per un po'....e poi imboccò l'uscita di servizio, in preda a un impulso che non riusciva a controllare. 
 
 
 
 

 
*
 
una volta che Marika fu uscita, riprese lentamente a respirare profondamente. Quell'aria fresca era come un balsamo. Si accorse che stava per mettersi a nevicare. Leggeri fiocchi di neve danzavano nell'aria, Marika rimase li sotto senza cercare riparo. Una volta aveva letto che non esistevano due fiocchi di neve uguali. 
 
 Alisea sapeva che non doveva uscire, ma era incapace di trattenersi dal seguire la farfalla. Voleva vedere dove stava andando. 

A un certo punto volò più velocemente e Alisea si mise a correre per restarle dietro. 
 
 
 
*
 
 
Marika stava cominciando a sentire freddo… in pochi secondi la neve si era fatta più grossa e le aveva riempito il giubbotto di fiocchi di neve e anche la faccia. Decise di rientrare. Si accorse che si era allontanata un po' dall'entrata e accelerò il passo per raggiungerla.
 
 
 
 
 
 
*
 
Alisea non sapeva che fuori stava  nevicando. Corse a perdifiato verso l'uscita e La farfalla spari.
 
 Lei però non voleva  perderla. Arrivata alle porte scorrevoli, scivolò sul pavimento bagnato, mandò un grido di sorpresa e cercò con frenesia, di restare in equilibrio . Ci riuscii, ma non appena mise piede fuori, inciampò di nuovo e questa volta scivolò, andando a sbattere dritta tra le braccia di Marika che stava arrivando dal lato opposto. Lo scontro le fece cadere entrambe.  
 
 
 
"Scusami, oh scusami tanto. Non l'ho fatto apposta." Si scusò Alisea.
 
 Marika strizzò gli occhi. Fiocchi di neve le stavano cadendo sugli occhi.
 
"Non fa niente, non ti preoccupare, ma si può sapere perchè correvi in quel modo?"
 
Ma Alisea  non rispose. Sbarrò gli occhi. La farfalla bianca era proprio sopra la mano di un ragazzo dai capello castani e gli occhi verdi.
 


“Sam……” disse la ragazza dai capelli rossi. Allungò la mano verso di lui e la farfalla volò via.
 
Sam sospirò in una maniera infastidita, per la fuga della farfalla.
 
“Sam, cosa ci fai qui? Non hai risposto alle mie chiamate..” disse la ragazza, d’un tratto ignorando del tutto la ragazza bionda.
 
“Perché voglio essere lasciato in pace..” disse Sam con lo sguardo un po’ duro, cercando di allontanarsi.
 
“Sam..tu non sai..” disse, mettendogli la mano sul braccio. Sam spostò il braccio,lentamente, sempre più infastidito.
 
Hai sentito mio fratello. “ disse Dean, mettendosi davanti a lui. “Andiamo, Sam.
 
La ragazza sgranò gli occhi.
 
“Non mi avevi detto di avere un fratello.”
 
“Beh, adesso lo sai.” Rispose Dean, rientrando nel supermercato, portandosi dietro Sam, tenendolo per  mano.

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Capitolo 12
*** Il mistero del coma di Sam ***


“Sam, ehi, Sam, mi ascolti? Smettila di tremare!”

Non sto tremando! Sei tu che tremi!” disse Sam.

Dean rafforzò la presa sulle spalle del ragazzo e cercò di usare un tono più rassicurante.

“Perché ti hanno così tanto turbato quelle ragazze? Sei un ometto, lo sai..non vorrai che si sappia in giro che tremi davanti alle femminucce..”

Sam lo guardò male, un po’ offeso e si allontanò un po’ da lui.

“La ragazza dai capelli rossi…è una tua ex fidanzata? Sei stato un po’ scorbutico con lei.” Gli disse ancora.
 
Sam sembrò pensare a cose lontane.

“Alisea. Non è una mia ex, ma una ragazza che ho conosciuto, quando mi sono svegliato dal coma.”

“Ah…” disse Dean, che chiaramente non se l’aspettava. “Cosa..cosa c’è tra te e lei, allora?”

“Niente!” si affrettò a dire Sam, un po’ imbarazzato. “O almeno, lei crede che ci sia qualcosa..”

“Quindi..è innamorata di te?”

“No..è una storia un po’ complicata.”
 
Nel mentre arrivò Mary, infervorata perché i due erano scomparsi e l’avevano fatta preoccupare molto.

“Vi ho cercati dappertutto. Ad un certo punto stavo anche per farvi chiamare dalle cassiere con gli altoparlanti! Che vergogna, non ho mai fatto una cosa del genere…..ma..cos’è quella neve che avete sui giubbotti? Sta nevicando??

“Mamma, Sam non si sente molto bene, ha avuto una specie di capogiro. È meglio se lo accompagno in macchina. Ti aspettiamo lì, ok?” chiese Dean, liquidandola in cinque secondi.
 
 
 
Una volta in macchina, Sam finalmente si aprì con Dean, mentre erano entrambi sui sedili anteriori.

“Come sai, sei mesi fa, mi sono risvegliato da un coma durato DUE ANNI.. quando mi risvegliai però, non fu mio padre, quello che vidi per primo, ma una ragazza..”

“La ragazza con i capelli rossi?” chiese Dean.

“Sì. Lei..era così gentile.  Mi portava il cappuccino della macchinetta del caffè in ospedale, disse di essere uscita anche lei da poco dal coma..non mi disse però come ci era finita..ma rispettai il suo volere..poi le cose cominciarono a diventare più…strane. Io stavo cominciando a considerarla un’amica, non me lo sarei mai aspettato da lei..”

“Aspettato cosa?”

“lei..ha..cominciato  a farneticare sul fatto che quando siamo finiti in coma, noi eravamo in…un altro mondo!
 
Dean allargò un poco gli occhi a questa esternazione.

“Un altro mondo..cioè..l’aldilà?”
Sam scosse la testa, ancora provato.

“Intendeva DAVVERO un altro mondo. Forse addirittura un altro….reame.  Diceva che io e lei arrivavamo da lì.”

“E ti ha detto cosa..c’era, in quest’altro mondo? Te l’ha descritto?”

Sam fece una smorfia.

“No. E anche per questo ho capito che mentiva. Farneticava. Ha detto qualcosa a proposito di magie…Dei..insomma era chiaramente fuori di testa e pretendeva di trascinare anche me in queste..assurdità. Io pensai che fosse una ragazza molto sola e le ho dato corda per un po’, fino a che lei, non ha sorpassato il LIMITE.”

“Che cosa ha fatto?”
 
Sam tremava ancora al ricordo.

“Lei sosteneva che c’era il MALE in lei, nell’altro mondo..e che IO, per proteggerla, mi sono fatto carico di questo MALE e ora esso è in me.”

“Dio santissimo..” disse Dean.

“Io non potevo..insomma..anche se non ci credevo..non potevo accettare di…aver fatto una cosa del genere per una ragazza che a vederla…per me era una sconosciuta…capisci? Questa cosa mi ha fatto paura e mi sono allontanato da lei.”

“Mmmm..”

“Cosa? Dai, dì quello che pensi. Sono un mostro, vero?”

“No, semplicemente le fantasie di una ragazzina ti hanno solo un po’ frastornato. Di certo non può esserci amicizia se crede che tu ti sia fatto carico di un male misterioso che prima era dentro di lei e poi è finito dentro di te, mi rendo conto…ma mi meraviglio che ancora ci pensi, cerca di dimenticare e…”

“Papà ci ha creduto, Dean.”
 
Dean rimase senza parole.

“Lui pensava che lei dicesse la verità. Ha chiesto altre informazioni, lei però non sapeva dargliene, dice di non ricordare. Papà ha sommato questo, assieme al fatto che mi vedeva un po’ strano, quando sono tornato e…si è convinto che c’è davvero qualcosa di strano in me.”

“Quindi è colpa di quella ragazza, se John…” il maggiore fece un sospiro profondo, chiaramente arrabbiato a bestia.

“No.” disse Sam, per la prima volta difendendo la ragazza. “Papà non aveva bisogno di un motivo, per esser divorato dalle sue ossessioni..dall’ossessione che io avessi qualcosa che non va. È stato sempre presente in lui. L’ha sempre pensato di me.” disse Sam triste.

“Sam…io..”
 
“Sono tornata. Ora, se a voi due non dispiace, mi aiutereste almeno a mettere la spesa in macchina, visto che me la sono fatta tutta io?” chiese Mary trillando con la sua vocetta.

“Esco solo io. Lasciamo Sammy in pace.” Disse Dean.

Mary lo guardò male.

“Ho preso dei quaderni, diari e penne per Sam. Se non vi piacciono, è un problema vostro, sono cose che dovreste scegliere voi. Come stai, Sammy, caro?” disse, entrando in macchina.

“Bene..” disse Sam, abbassando lo sguardo. Non aveva voglia di raccontare alla madre di Dean, della ragazza con i capelli rossi, ma comunque Mary al momento era tutta presa dal suo inveire contro le nevicate in estate.






















Note dell'autrice: 

ciao ragazzi!! innanzitutto rassicuro tutti!! ahhah non sarà uno spin off del ciclo delle fiabe, state tranquilli xd e bisogna anche vedere se si vedrà questo fantomatico Regno xd vi giuro che non ha niente a che fare con il mondo di Supernatural! Lo sapete che non mi piace ripetermi! non so ancora se riuscirò ad arrivarci, perchè la trama è molto complicata. Questo capitolo è stato difficile da scrivere, non capita quasi mai credo, che svelo parte della trama di una mia storia, quando siamo solo all'inizio xd ma qualcosa devo pur fare per farvi rimanere incollati alla visione? ahhahh scherzo! O forse no! baciii

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Capitolo 13
*** Il compleanno di Sam ***


Era finalmente arrivato il sedicesimo compleanno di Sam. Compiva gli anni il 2 maggio.

“Non trovi che il 2 sia un numero davvero curioso e originale? Insomma, non è un numero primo, ma neanche un numero unico, ma è legato al numero primo, come io a te.” Disse Sam con dolcezza, sfiorandogli il braccio.

Un brivido che forse sapeva di dolcezza e forse anche di qualcos’altro, scosse Dean.

“Se tutti i fratelli minori fossero come te, ogni figlio unico premerebbe per farsi dare un fratellino dalla mamma.” Si lasciò scappare.

“Perché, non lo fanno già? Chi non vorrebbe un fratello adoraaaabile come me?” chiese Sam, stringendosi al suo braccio.

Dean strinse appena le labbra.

“Ma sta tranquillo, io voglio solo te!” disse Sam, accoccolandosi di più contro di lui.

Dean sorrise. Sam era davvero adorabile.

“Senti, mi dispiace se non abbiamo organizzato niente per il tuo compleanno..”

“Stai scherzando? È bellissimo invece che mi stai portando in una libreria!” disse Sam, mentre continuavano a camminare.
 
Mentre camminavano, Sam notava che molti passanti li fissavano.

“Dean, ti sei accorto che ci fissano tutti?”

“Cos…NO.” mentì Dean, che era tutto rosso. Fino a quel momento aveva finto di non accorgersene.

“Secondo te, perché ci guardano?”

“Uhh.perchè camminiamo..uhhh..abbracciati.” disse Dean a fatica.

Sam lo guardò.
“E allora?”

“Esternazioni d’affetto..uhh..in pubblico..generano curiosità..”

“Tu dici?”

“Le coppie d’amici generano sempre tenerezza e dolcezza nelle persone.”

“E io che pensavo che credessero che siamo fidanzati!” disse Sam allegro, facendo avvampare ancora di più Dean, stringendosi di più a lui.
 
 
 




*

Poco poco, entrarono nella grande libreria Il paiolo magico e ci restarono un bel po’. Sam passò in rassegna quasi tutti i libri della libreria, sembrava aver trovato il suo mondo lì.

“Sam, hai intenzione di costruirci una capanna lì dentro?” ridacchiò Dean, raggiungendolo al piano di sopra, mentre saliva la scaletta.

Sam aveva un libro aperto sulla testa e stava annusando e assaporando le sue pagine.


“Ho raggiunto quasi il Nirvana.” Sospirò il minore.

“Non credo che tu sappia cosa significhi, Sam.” sorrise Dean.

“Neanche tu.” Rimbeccò Sam, facendolo ridere.

“Sam?? Dean?”
 
Entrambi i fratelli si voltarono verso la vocetta femminile e famigliare.

Clère teneva tra le mani un libro che si premeva al petto, aveva uno smalto e un rossetto fucsia che le risaltavano la pelle candida, i capelli lucidi e castani a caschetto, gli incorniciavano gli occhi sgranati, teneri, ma profondi.

Occhi di cerbiatto pensò Sam.



“Clère, sì, siamo noi, ma non metterti a piangere, ti prego, o penseranno male di noi, questa gente.” Disse Dean, alzando le mani, scherzando ma non più di tanto.

Clère appoggiò il libro in tutta fretta al bancone, che comunque cadde sul pavimento, e si precipitò ad abbracciare Dean e Sam, che rimasero paralizzati dall’improvvisa espansività della ragazza.
 
 
“Sono cosi contenta di rivedervi” disse Clère con la voce smorzata. Forse stava piangendo.

Sam degluti cercando di rilassarsi, dopodiché la abbracciò nervosamente a sua volta.
 
 
“Anche noi siamo contenti di rivederti” sorrise  Dean, guardando Sam per una conferma.
 
Con gran sollievo di Dean, il minore sorrise conciliante.

“è bello vederti.” E sembrava sincero.
Clère sembrava ancora sull’orlo delle lacrime.

“Non ho potuto fare a meno di pensare a quello che ti è successo, Sam, per tutte queste settimane. Questo bastardo di tuo fratello non rispondeva alle mie chiamate!” disse Clère.

Sam si volse a guardare Dean.

“A volte non prendeva bene la ricezione.” Mentì Dean a disagio.

“Cretino! Io volevo sapere come stava tuo fratello! Porti ancora la medicazione per via del morso, Sam?” gli chiese.
Sam mostrò la medicazione alla mano.
Clère spalancò la bocca inorridita.

“Non è il caso di agitarsi così. Molto probabilmente potrò toglierla prima che inizi la scuola.” disse Sam, facendo ridere entrambi.
 
Sam si mise ad osservare Clère e Dean, mentre ancora ridevano e Dean si giustificava per non aver risposto alle sue chiamate. Forse aveva avuto dei pregiudizi su Clère, per essere una ex di Dean, era inaspettatamente simpatica e anche dolce, inoltre provava un debole per le ragazze un po’ svampite.

Oh mio dio, è il tuo compleanno, Sam? Devo assolutamente farti un regalo!”

Sam cercò di fermarla subito. Non era il caso che una ragazza che per lui era poco più di una sconosciuta, si mettesse a fargli regali.

“Voglio farlo! Ti prego, dimmi che libro ti piacerebbe avere.”
 
Alla fine Sam aveva ceduto e Clère gli aveva comprato un libro di filosofia. Aveva beccato Sam a mangiarselo con gli occhi.



“E tu, Dean, non gli compri niente?” chiese Clère, un po’ preoccupata.

“Io ho già preso il suo regalo.” Disse Dean pomposo. Aveva comprato a Sam un libro su dei cavalieri erranti, il genere fantasy che Sam amava tanto.

Sam gli rivolse un sorriso dolcissimo e Dean dovette distogliere lo sguardo.
 
“A proposito, stavi prima parlando di scuola, Sam. Tu dove andrai?” chiese Clère ad un tratto.

Dean sgranò gli occhi per forse la decima volta quel giorno. Si era dimenticato che Sam e Clère avrebbero…

Dean! Sam sarà nella stessa mia classe! Ma perché non l’hai detto subito?” disse Clère sbigottita.

“Non ci avevo pensato, né credevo fosse un’informazione vitale,scusa.” Si giustificò a disagio, Dean. La verità è che da quando Sam era entrato nella sua vita, aveva avvertito questo senso di protezione fortissima per lui e inconsciamente sentiva di non volerlo dividere con nessuno o di doverlo nascondere agli sguardi degli altri. Ancora di più da quando avevano incontrato la ragazza bionda e quella con i capelli rossi.

Che si fosse fatto influenzare dalle parole di Sam?

“ è fantastico, saremo nella stessa classe, Sam! Anche tuo fratello ci sarà! Te l’ha detto che anche se non è più alunno lì, lo fanno restare come insegnante di supporto per gli studenti e come giocatore della squadra di calcio?” diceva Clère.

“Sì, me ne ha parlato. Lui ha tante qualità.” Disse Sam, facendogli un sorriso radioso.

“Ehm..adesso dovremmo andare. Ci vediamo, Clère. È stato bello incontrarti!” disse Dean.
 
 
 
 
*

Durante il pomeriggio, prima di mangiare la torta ai frutti di bosco, preparata da Dean e Mary per il compleanno di Sam, il maggiore aveva chiesto al minore, di esprimere un desiderio.

Mentre Dean usciva dalla cucina e tornava nel salotto, Sam inciampò proprio in quel momento e finì per ritrovarsi tra le braccia di Dean.

Le loro labbra erano a pochi centimetri, la posizione era come quella di due ballerini che stavano provando un caschet, entrambi avevano gli occhi sgranati.

“Ti alleni per il balletto, fratello?” scherzò Dean,per sdrammatizzare.

Sam farfugliò qualcosa di sconnesso e svicolò dalle braccia del fratello maggiore, tutto imbarazzato.
 
Ancora con il cuore a tremila, si sedette sul divano, ripensando al suo desiderio.

Le labbra di Dean, in effetti, erano state quelle che aveva pensato essere, un desiderio impossibile.

Un riflesso di quel desiderio gli era stato rimandato indietro, proprio a rimarcare quanto impossibile fosse.
     
 






















Note dell'autrice: ok ragazzi avevo detto che non avrei anticipato più nulla (non so dove l'ho detto ma sono sicura che l'ho detto varie volte ahha ) ma una cosa ve la devo. L'Oscurità di cui faccio nome, è solo un eufemismo, quindi tranquillizzatevi xd niente comparsa di Amara o forze Oscure simili ahha xd ciaooo . Per il resto, non date per scontato che siano Dean e Sam le figure misteriose che compaiono alla fine xd

Ps "paiolo magico" e "ti alleni per il balletto" citazioni di Harry Potter xd

“ Si nasce androgini, poi l’uomo nega la sua parte femminile. Il format esterno sentenzia: maschi di qua, femmine di là. Vogliono dividere L’UNO, ma non possono dividerlo."è una frase che dice Luca Laurenti in un'intervista!

La parte sull'Oscurità l'ho cancellata ma l'ho riscritta in un capitolo che poi sposterò e che diventerà il capitolo 14! Le recensioni di questo capitolo si riferiscono anche a questa parte

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Capitolo 14
*** L'Oscurità ***


Oscurità…..oscurità completa. …non si pensa mai che il principio è SEMPRE buio….come la fine…. .tutti dicono che quando si muore si vede una gran luce bianca…non è vero..quelle sono favole. È il buio la prima cosa che vedi. E tutto quello che ti accompagnerà dopo. Come potrebbe esserci luce dopo il buio?
 
 
 
"Avrei dovuto saperlo….. "sussurri. Cammini ancora un po’, come un automa. Ti fai strada verso…
 
"Aspetta….è un corridoio?....."
 
Continui a camminare….
 
"Il corridoio di una scuola….ma è tutto buio….non vedo niente…."
 
All’improvviso il corridoio si illumina in maniera violenta, come se qualcuno avesse acceso di colpo decine di riflettori all’interno…ma non erano riflettori.
 
 
 
“Sono LAMPADE. Sono lampade antiche appese ai muri” esclami con stupore nella voce.
 
“Allora….allora non è vero che c’è solo oscurità e che non esiste la luce.”
 
"Si vede quel che ci si aspetta di  vedere….anche se non corrisponde al vero".
 
 
 
“Aspetta….io non capisco più niente…c’è una tale confusione nella mia testa…credo di non riuscire a ricordare neanche più chi sono. Sono maschio o femmina? Io…non lo ricordo più” dici toccandoti la testa.
 
“Che importanza ha? Si nasce androgini, poi l’uomo nega la sua parte femminile. Il format esterno sentenzia: maschi di qua, femmine di là.
IDIOTI.”
 
Tu sobbalzi.
 
"Vogliono dividere L’UNO, ma non possono dividerlo."
 
 
"Io non capisco…."
 
"Non importa. C’è uno specchio là in fondo. Puoi guardarti, se vuoi".
Ti avvicini lentamente e guardi con timore dentro lo specchio. Con timore e con una certa soggezione.
 
Riconoscimento. Era tutto quello per cui lottano gli esseri umani dal momento in cui vengono al mondo a quando muoiono. Per tutta la vita cercano di riconoscersi, di capire chi sono e non riuscendoci, cercano di riconoscersi negli occhi degli altri, incorrendo in un’illusione dopo l’altra…dopo l’altra….
 
 
"Io…sono davvero io?"
 
"Ne hai forse qualche dubbio?"
 
"Non riconosco la persona che è nello specchio".
 
“Quella persona non sei tu. È solo un’immagine illusoria”.
 
 
Ti giri con aria sprezzante
 
 
“Adesso NE HO ABBASTANZA di questi giochetti. DIMMI CHI SEI.”
 
“Come, con tutta questa luce non riesci a vedermi?”
 
“Sei avvolto da una nebbia” rispondi con aria dura.
 
Ti sbagli! Non c’è nessuna nebbia. Tu la vedi intorno a me perché i tuoi occhi non sono ancora pronti a riconoscermi.
 
“Aspetta….io ti conosco già???” Sgrani gli occhi. Non capisci. Sarebbe servito a qualcosa dirti che una volta ti chiedevi continuamente come facevano le persone a meravigliarsi sempre di tutto, anche delle cose che in fondo sapevano già? Adesso tu stavi facendo lo stesso.
 
 
 
Non rispondo. Faccio un sospiro. Ti prendo una mano.
 
“Voglio solo che tu sappia una cosa. Non ho mai voluto  farti del male. Lo sai, vero?”
 
“L’hai fatto?” Dici con voce strozzata.
 
“No! Volevo dire che…non ho mai avuto intenzione di farlo. Neanche quando….c’è stato il grande crollo di tutto.”
 
“Io non capisco quello che tu dici”.
“Si invece, lo rifiuti solamente. Vedi,” dico stringendoti ancora di più la mano.
 
“Io…non riuscivo a capire come potessi decidere di buttare tutto all’aria, tutto quello che avevamo, per colpa di un branco di ragazzini….non riuscivo ad accettarlo…io…”
 
“Lasciami la mano!”
 
“Non potevo accettarlo!! Tu volevi proteggerli, ma non  è… non era nella nostra indole farlo….”
 
Momento di silenzio.
 
“Nostra?” Dici con voce strozzata. Percepisco la paura nella tua voce.
 
Ti lascio la mano.
 
"Basta cosi. Questi ricordi sono troppo dolorosi e poi comunque quando ti risveglierai non ricorderai più niente…e neanch’io.
 
“Aspetta, cosa vuoi dire?”
 
Mi limito a sorridere.
 
Non ha importanza.
 
In quel momento, di nuovo il buio.
 
 
 
 






















Note dell'autrice:  Prima di cominciare con le note, voglio dire che questo non è un capitolo nuovo. Mi dispiace deludervi, ma, ecco, questo capitolo mi ha fatto impazzire più di una volta, sarebbe parte del capitolo 13 ma ogni maledetta volta che lo cerco, devo uscire pazza per trovarlo!! Con il sequel ho dovuto cercarlo di nuovo e non sapevo più da capo dove fosse e anche se oramai in teoria non mi servirebbe più, ho deciso di dare un taglio a questa storia una volta per tutte creando un capitolo a parte solo per questo!! Ovviamente non è l'ultimo capitolo ma un missing moment del capitolo 13 che diventerà il capitolo 14 quando sposterò il capitolo :) ora vi lascio alle note del capitolo: ok ragazzi avevo detto che non avrei anticipato più nulla (non so dove l'ho detto ma sono sicura che l'ho detto varie volte ahha ) ma una cosa ve la devo. L'Oscurità di cui faccio nome, è solo un eufemismo, quindi tranquillizzatevi xd niente comparsa di Amara o forze Oscure simili ahha xd ciaooo . Per il resto, non date per scontato che siano Dean e Sam le figure misteriose che compaiono alla fine xd

Ps "paiolo magico" e "ti alleni per il balletto" citazioni di Harry Potter xd

“ Si nasce androgini, poi l’uomo nega la sua parte femminile. Il format esterno sentenzia: maschi di qua, femmine di là. Vogliono dividere L’UNO, ma non possono dividerlo."è una frase che dice Luca Laurenti in un'intervista!

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Capitolo 15
*** Cosa ci fanno quei due in mezzo alla strada? ***


Castiel stava dormendo beato come se non avesse un solo pensiero al mondo.

DRIIIN
DRIIIN
DRIIIN

A malavoglia, Castiel si costrinse ad aprire gli occhi.

“Mmm..che c’è? Che succede?”

Notò che la sveglia trillava allo stesso modo.

"Devo essermi dimenticato di spegnerla." disse, guardando entrambe. Prese il telefonino.

“Pronto.”

“Castiel, ma sei ancora a letto?”

Marika? Che cosa ci fai alla sveglia telefonica?”

“See, ciaone proprio, Castiel, hai visto che ore sono?”

Castiel si tenne la testa. Guardò la sveglia.

Le SETTE E UN QUARTO???”

“Ehh si, arriva tutti i giorni alla stessa ora. Brutta abitudine eh?”

Castiel spalancò la porta del salone, inveendo contro la madre.
 

“Perché non mi hai svegliato???”
 
“Tesoro, stavi dormendo cosi bene che mi sembrava un peccato svegliarti” disse la madre, mentre era davanti alla televisione, a sgranocchiare un sacchetto di noccioline.
 
Castiel gemette, infilandosi in bagno.
 
 

“Tesoro, ho sempre pensato che tu sia troppo emotivo, proprio come Marika! I peggiori difetti li hai presi da lei. Ah si, anche da quel bastardo di vostro padre . Rilassati. Il pullman se ne andrà tra poco più di dieci minuti.”

 
Finì di lavarsi i denti e si spazzolò velocemente i capelli e stava per uscire, quando la madre lo fermò.  “Non senza aver fatto colazione.”
 
“Ma il pullman se ne sta andando.” disse Castiel supplichevole.
 
“ Puoi essere in ritardo quanto vuoi, ma sei mio figlio e non te ne andrai senza aver prima fatto colazione” disse la madre.
 
 Esasperato, prese una mela e un succo di frutta alla pesca
 
La madre rimase sbigottita, ma lo lasciò andare.
 
 
Alla fine, Castiel riuscì a prendere il pullman per un soffio. Entrò con il fiatone. “La sveglia ha suonato tardi stamattina?” gli chiese il conducente con un sorrisetto malizioso.

“Mio fratello non è mai in ritardo di solito!” protestò Marika.
Tutti si voltarono verso Marika.

Castiel gemette. Apprezzava l’istinto di protezione della sorella, ma avrebbe preferito che stesse zitta. Si sentiva già imbarazzato da capo a piedi.



“Hai ragione, Mari, di solito sei tu quella in ritardo! Nel senso di quello mentale!” disse un’altra ragazza con cui Marika aveva già litigato in passato.

“Prova a ripeterlo se hai coraggio!” disse Marika.

Castiel cercava di distogliere l’attenzione da quello che stava succedendo. Forse avrebbe dovuto difendere la sorella. Di sicuro lei si sarebbe aspettata che lo facesse, dopo che si era esposta in quel modo, per lui.

 Cercò di infilare il biglietto nel pullman, ma non voleva entrare, cercò di spingere. Niente. Lo stavano fissando tutti.
 
Che idiota, lo stavo infilando dalla parte sbagliata!

Lo sapeva! L’agitazione lo faceva essere sempre così maldestro.
 
“Scusatemi, solo un secondo” disse alla platea.
 
Finalmente riuscì a timbrare il biglietto. Desiderava solo allontanarsi da li, ma sfortunatamente si era dimenticato che teneva ancora in mano la mela e il succo di frutta, senza aver neanche preso un sacchetto in cui infilarli.

“Castiel, lascia che li prenda io!” si offrì Marika frettolosamente.

“N.No! Resta dove seiiiiii!”



 Per l’agitazione inciampò e il succo di frutta cadde per terra, insieme a lui, mentre la mela fece un volo e atterrò in grembo ad un altro ragazzo seduto su uno dei sedili, proprio dietro quello in cui era seduta la sorella.
 
Quando rialzò il viso e si rimise in piedi, la sua umiliazione era completa.

“Mi dispiace, scusatemi” disse al conducente, che borbottò e rimise in moto.
 
“Scusami. Non volevo... sono inciampato” disse, strizzando gli occhi, rivolto al ragazzo dai capelli rossi e con gli occhi azzurri,  cui aveva gettato addosso la mela.
 
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e sorrise, ma non sembrava volersi prendere gioco di lui.
 
Gli passò la mela.
 
“Figurati. L’importante è che non mi abbia preso in testa.  E poi non dicono*una mela al giorno toglie il medico di torno?* tieni. Puoi sederti qui se vuoi.” Disse il ragazzo dai capelli color fiamma, alludendo al posto lasciato libero vicino a lui.

Castiel guardò la sorella, che gli rimandò un sorriso di incoraggiamento.

Castiel di rimando le sorrise, sedendosi vicino al ragazzo, che, era chiaro, gli piaceva.
 
Marika sospirò, ripassando i compiti per non dover pensare, anche se una voce la prese in giro di nuovo.

“Cosa si prova, Marika, a farsi soffiare i ragazzi carini, dal fratellino più piccolo?” le sussurrò all’orecchio.

“Chiudi quella boccaccia!” gridò lei. Dubitava che la ragazza maleducata sapesse che a suo fratello piacevano i ragazzi, ma le dava comunque fastidio il fatto che per colpa sua, Castiel potesse sentirsi in imbarazzo. Per fortuna non dovevano aver sentito.
 
 


*
 
“Sei fortunato che la mela non sia caduta” disse sorridendo, Ruben. “è la tua colazione suppongo.”
 
Castiel rimase zitto, in imbarazzo.
 
“Anche io non sono riuscito a fare colazione. Stavo per tirare fuori questo” disse con un sorriso da 200 watt.
 
Tirò fuori una di quelle bottigliette di latte al cioccolato che spopolavano tanto dieci o venti anni prima. Castiel cambiò subito espressione. “Lo vuoi? Molto meglio di una mela, no?”
 
“Oh no, non voglio rubarti la tua colazione” disse abbassando lo sguardo. “Io ho la mia mela e il mio succo di frutta” disse indicandoli, sentendosi sempre più stupido.
 
“In realtà non intendevo il mio. Ne ho un altro. Prendi” disse lanciandogli un’altra bottiglietta, senza chiedergli il permesso.
 
“Ti piace il cioccolato, vero?” chiese indeciso.
 
“Certo” sorrise Castiel. “Allora, grazie..”

“Non ti conviene ringraziarmi così frettolosamente..ho intenzione di usarti come cavia per ascoltare le mie nuove canzoni preferite, sto cercando cavie che condividono i miei stessi gusti musicali e dopo il latte al cioccolato non puoi più dire di no!”

Castiel lo guardò esitante.

“Dobbiamo ascoltarle dagli auricolari?”

“Ceeerto, ma non sono un cuore di pietra. Ti lascio prima bere.”

“Vorrei anche io un po’ di cioccolato!” disse Marika facendo la vocetta lamentosa.

Ruben scoppiò a ridere e Castiel rivolse un sorriso grato alla sorella per aver rotto la tensione di quel momento, mentre gli passava la bottiglia. Marika non la prese, ma bevve dalla sua mano.
 


Dopo circa dieci minuti di viaggio, Marika pensò che la presenza di Ruben, uno dei ragazzi più popolari della scuola, tutto sommato, era molto piacevole. Non si sentiva obbligata a dire qualcosa per favorire a tutti i costi la conversazione, né sembrava ritenere un dovere parlare per forza con lei. Si era addirittura messo ad ascoltare la musica con gli auricolari e questo, lungi dall’irritarla, a Marika piaceva molto. Aveva sempre ritenuto affascinanti gli spiriti liberi, quelli che non fanno qualcosa perché sentono di essere tenuti a farlo, ma perché semplicemente gli va di farlo.
 
“Sai, Castiel, hai qualcosa di speciale. Non credo di aver mai visto Marika ridere così, prima di oggi. Di solito ci snobba sempre tutti, è un’impresa riuscire a convincerla a parlare con noi, ma sembra che quando ci sei tu, lei cambia personalità.” Diceva Ruben, allegramente. Castiel si incupì e si tolse l'auricolare, ignorando le proteste del rosso.

Marika sapeva che se lei era una personalità bislacca, Castiel era dieci volte più complesso e sicuramente non aveva preso bene il fatto che Ruben lasciasse intendere che lui voleva riuscire a farla parlare. Dubitava anche che fosse così, ma quello sarebbe sicuramente arrivato a lui.

“Sì, beh, quest’anno frequenterà la scuola con me. Ci divertiremo, vero, fratellino?” gli chiese, prendendolo per il braccio.

Castiel si chiuse in un mutismo assoluto e definitivo.
 
“Marika?” la chiamò d’un tratto Ruben.
 
“Sì?”
 
“Ci siamo fermati” disse Ruben con voce impassibile.
 
Marika socchiuse appena gli occhi e si voltò verso il finestrino, in strada.
 
“Oh dio, ma quel ragazzo è …..”
 
 
 
*

Era in ritardo. Era stata tutta la notte ad assistere quel bambino malato con la febbre, tutta la notte a stargli accanto, a tenergli la mano, a fargli compagnia…senza mai cedere al sonno, senza mai un cedimento. Doveva essere sicura che stesse bene, che fosse scesa la febbre….se fosse risalita e lei si fosse addormentata…come avrebbe potuto perdonarselo? I genitori avevano insistito perché andasse a casa, ma lei non aveva voluto lasciare il bambino. Aveva pianto cosi tanto quando la febbre non accennava a diminuire. Clère non sapeva se era una suggestione della sua mente ma si accorse ben presto che quel pianto la stava facendo uscire pazza. PAZZA. Andò fuori in giardino quella notte per cercare di prendere una boccata d’aria e sentì quel pianto risuonare nelle orecchie, mentre si teneva la testa tra le mani.

Per fortuna poi, sembrò riprendersi e tornò nella stanza del bambino.

Non farò mai più la babysitter, mai più.  promise a sé stessa.

Scegliere di guardare i bambini, era stata una scelta consigliata dai suoi famigliari, che lei aveva assecondato, perché le sembrava quasi per assurdo, che se avesse dimostrato di essere brava, poteva dimostrare a sé stessa e agli altri, di essere una bella persona.

Se fai vedere che ami i bambini, tutti penserebbero che sei una brava persona, no?
 
Verso le 05:00 era crollata nel sonno. Si era sdraiata sul lettino accanto al bambino e si era addormentata.

Si era risvegliata verso le 7:00 e aveva dovuto correre a casa a cambiarsi e lavarsi e correre per riuscire a non arrivare in ritardo a scuola. Aveva preso la moto ed era sfrecciata via.

Aveva due occhiaie blu, il viso stanco, era riuscita a mettersi un po’ di cipria per dare un po’ di colore ma non era sicura di aver ottenuto l’effetto desiderato. Non aveva tempo di controllarsi. Non aveva neanche fatto in tempo a fare colazione. Si era solo messa una sciarpa viola al collo per via del freddo glaciale. Sperò di non fare un incidente con la moto, per la troppa fretta. ….E poi, vide qualcosa che la fece fermare,  con gli occhioni e la bocca spalancati.
 
Cosa stavano facendo Sam e Dean in mezzo alla strada???

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Capitolo 16
*** Sam salva un cucciolo ***


“È  quella bambina dai capelli rossi. È proprio lei…e c’è anche il ragazzo biondo e quello moro.” Disse Marika, schiacciando la faccia contro il vetro del finestrino.

“Cosa? Conosci quelle persone che hanno bloccato la strada?” chiese Ruben, stupito.

“Io….non proprio. Li ho visti solo una volta, quest’estate. Castiel, dove stai andando?” strepitò Marika, rincorrendolo subito.

“Aspettate! Non potete scendere dal pullman, aspettate!” ma la ragazza stava già rincorrendo il fratellino, che aveva chiesto a velocità fulminea, all’autista, di aprire il pullman.

Ruben notò con imbarazzo, che gli altri ragazzi e l’autista, lo guardavano con un sorriso malizioso, per vedere se avrebbe rincorso i due fratelli.

Oh al diavolo, tanto fare queste scene teatrali, viene scambiato per fascino, no? e scese giù anche lui.
 
 



*

Mary aveva frenato bruscamente, dopo l’urlo di Sam, che l’aveva spaventata a morte, gridando “FRENAAA.” Sia lei, sia il figlio maggiore, erano convinti che Sam avesse gridato per la comparsa di un’inquietante ragazzina dai capelli rossi che sventolavano al vento, ma Sam non guardava lei, ma il punto dove stava lei guardando. In basso.

E poi Sam si era precipitato fuori.
E il fratello maggiore lo aveva rincorso.

Quello che successe negli istanti dopo, era come un incubo per Mary.

Suo figlio insieme ad un ragazzo più piccolo, il suo fratellastro, in mezzo alla strada, accovacciati per terra, intorno a tre cagnolini. Uno di essi, sembrava morto.

“Ragazzi..vi prego, venite via..” disse lei, cercando di farli spostare dalla strada, dove già si stava per formare una fila.

“Sam..dobbiamo spostarci dalla strada..” cercava di dire il maggiore, che come lui, era sconvolto dalla scena.

“No, non possiamo lasciarli..” singhiozzò Sam. “Dobbiamo portarli via.” Continuava a dire il minore.

Ormai gli altri autisti avevano preso a suonare con il clacson, apparentemente ignari di cosa avesse scaturito il blocco della strada.

Mary  si mise le mani ai bordi della faccia e tornò alla macchina, per cercare di spostarla.
 
“Sam..ascolta..magari per il cucciolo c’è ancora una possibilità..dobbiamo portarli dal veterinario..” cercava di scuoterlo Dean, ma non era convinto neanche lui.

“No..morto..” diceva Sam, poi volse finalmente lo sguardo alla strada e si accorse di tutto il casino che c’era intorno a lui, sembrò riprendersi, ma aveva uno strano sguardo addosso. Un’ira crescente lo stava invadendo.

“Sam, cosa stai guardando?” chiese Dean preoccupato.

Sam fece un urlo disumano e all’istante sembrò scatenarsi una tempesta di vento, che minacciava di spazzare alberi e macchine, talmente era forte.

Davanti a loro, Mary si coprì le mani con la testa, perché si era appena infranto il vetro della macchina.

SAM, TI PREGO, SMETTILA. TI PREGO!” Gridò Dean, supplichevole, poggiando il viso contro la sua spalla e tenendogli la mano.

La calma di Sam arrivò poco a poco, non si sa se per le parole o per il tocco di Dean, ma entrambi i fratelli avvertirono un tepore caldo scaturire dalle loro mani unite.
 
Poco dopo, il vento cessò  e il cagnolino che Sam teneva in grembo, sembrò dare segni di vita.

“Oiiinnn..” si lamentò.

Sam lo guardò a bocca aperta, come se non osasse credere ai propri occhi. Dean era sgomento allo stesso modo.
 
 



Per fortuna nessuno fece domande sulla strana tempesta di vento che sembrava essersi alzata e che tanto in fretta se n’era andata.

Marika, che aveva seguito il fratello giù dal pullman, aveva qualche graffio, perché aveva cercato di proteggere il fratello più piccolo, facendogli da scudo e Ruben di riflesso aveva cercato di proteggere entrambi, ma nell’insieme stavano bene. Nel frattempo si era sollevata una piccola folla tutt’intorno e Clère era arrivata da loro con il motorino.

Sam e Dean erano sorpresi di rivedere Marika e Clère. Alisea sembrava sparita nel nulla.

Okay….” Disse Dean arricciando il labbro. “Lo spazio qui si sta facendo sempre più affollato. C’è ancora qualcun altro che deve arrivare?” chiese sarcastico.
 
“Da dove arrivate voi?” chiese Sam ai tre ragazzi.
 
“ Beh, mi sono ricordata di avervi già visti quest’estate e siamo scesi dal pullman” disse Marika.

“Ma certo. La ragazza che correva come una matta.” Disse Dean.

“Il ragazzo che attira le farfalle.” Disse Marika di rimando a Sam.

“Marika, conosci queste persone?” chiese Ruben di rimando.
 


Nel frattempo, finalmente si erano tolti tutti dalla strada. Dean suggerì di prendere i cuccioli, che sembravano non voler lasciare il fratellino ferito e metterli almeno in macchina. Clère si offrì di farli posare sopra la sua sciarpa, ma arrivò l’arrivo di un altro problema. Sam e Dean dissero che erano disposti ad andare a scuola in pullman e avrebbero voluto che la madre portasse il cucciolo ferito da un veterinario almeno. Purtroppo la macchina di Mary, non partiva. Sam stava per cominciare ad agitarsi di nuovo per la rabbia, ma in quel momento arrivò di corsa una donna.

Aveva dei capelli biondissimi e lunghissimi e sembrava interessatissima alla sorte dei cuccioli. Aveva un vestito rosa scintillante come se stesse andando ad un Gala e si disse disponibile per portare via gli animali e il cucciolo ferito all’ospedale. Lei, inoltre, avrebbe avuto il posto e lo spazio per tenerli, diceva. “Mi chiamo Ariel” disse radiosa la donna. Rimasero tutti un po’ abbagliati dalla sua bellezza e dai suoi incredibili occhi azzurri in cui sembrava rifletterci un lago. “Inoltre, mi è parso di capire che la sua macchina non va, posso accompagnarla io a casa, signora.” Disse ancora, scuotendosi i capelli.

Mary, ancora intontita, accettò. Dean comprese il suo stordimento. La madre era una donna abbastanza ritirata e probabilmente era la prima volta che doveva dare retta a così tante persone.

“Ci sono anche i miei figli..che non possono perdere il primo giorno di scuola..” disse Mary angosciata. Al rimando della scuola, la donna sembrò impallidire e divenne stranamente imbarazzata, ma nessuno ci fece caso più di tanto, perché Clère si offrì di portare lei Sam e Dean a scuola.

“Cosa? Sulla moto? In tre su una moto? Senza casco??” sembrava che Mary stesse per avere un collasso e Sam e Dean trovarono ammirevole la calma con cui la donna bionda, Ariel, riuscì a convincere la madre a salire in macchina.

“Abbi pazienza, potrà strillare dopo. Adesso ci sono dei cuccioli che hanno bisogno di noi. non offriamo ancora più spettacolo. Voi cosa volete? Andate via, non c’è niente da vedere.” Disse la donna e con una sgommata e Mary che cercava ancora di strillare fuori dal finestrino, lasciarono la strada.
 


“Allora, volete correre questo rischio? La scuola non è lontana.” Disse Clère facendo loro l’occhiolino. La prospettiva di andare a scuola con una moto, sembrò piacere a Dean e Sam, che dopo quella brutta parentesi, sembrarono aver riacquistato il buonumore. Alle loro spalle, Marika fece uno strillo. Aveva appena scoperto che il pullman se n’era andato senza di loro.

“Mi sta bene, così imparo a voler fare il figo.” Disse Ruben al nulla.

Marika non lo ascoltò, protese le braccia davanti alla moto di Clère che aveva già fatto salire Sam e Dean. Clère fece loro un sorriso di scuse.

“Mi dispiace, ma in tre possiamo sperare di non finire ammazzati e rischiare solo una bella multa, in sei potremmo morire tutti. Dovrebbe passare un altro pullman tra poco, comunque.” Disse, sgommando a sua volta, lasciandoli basiti.
 
 
La corsa a perdifiato verso la scuola durò quindici minuti.  Si fermarono davanti ad essa con un fischio acuto.  Sam e Dean avevano i capelli gonfi e scarmigliati e la faccia scioccata.  Clère Diede loro un’affettuosa sistemata.
 
“Sembrate stravolti, è la prima volta che viaggiate su una moto?” chiese con un tono affettuoso.

 “Sì, è la prima volta che viaggiamo in "tre" disse Dean. "Sam?" lo chiamò poi.
 
Sam si era fermato davanti alla grande scuola ad osservare le mura bianche e l’imponente entrata, poi la sua occhiata si soffermò  sul grande giardino della scuola che sembrava un parco, circondato da un piccolo cancelletto, notò delle rose all’interno e cercò di raggiungerle, ma il cancelletto era chiuso a chiave.
 
“Sam, che cosa stai facendo? Non lo capisci che siamo in ritardo?” chiese Dean avvicinandosi.
 
“è affascinante, non trovi?…” mormorò Sam, tentando, senza successo, di guardare all’interno.
  
Siamo in ritardo! Avrai tutto il tempo per esplorarlo tutto, ora però dobbiamo proprio andare, prima che….” Disse Dean, ma si bloccò a metà frase, appena vide una figura vestita di nera che scendeva gli scalini dell’entrata….
 
“OH MERDA” esclamò Dean.
 
“lo sapevo io che finiva cosi” borbottò Clère scoraggiata.

 
La figura si avvicinò lentamente ai tre, come se stesse ondeggiando. Ora potevano vederlo da vicino. Era un uomo con una massa di capelli neri, folti, ricci e scarmigliati, con un po’ di gel. Occhi neri profondi come la notte. Non si capiva bene la sua età dal viso. Aveva l’espressione da uomo vissuto e anche un po’ oscuro, ma gli occhi impenetrabili come quelli di un ragazzino triste o insolente. Poteva avere venti anni e allo stesso tempo trentacinque. Aveva una lunga casacca nera tutta abbottonata. Assomigliava a un pipistrello gigante. Si avvicinò e si fermò davanti a loro.
 
“Bella giornata eh, ragazzi?” chiese l’uomo.
I ragazzi guardarono in su, dove fino a poco prima c’era un bel sole e ora le nuvole lo stavano oscurando.
 
“Perfetta per un picnic, almeno fino a quando non arriva la pioggia.”
Le prime gocce cominciarono a cadere giù.
 
“Ma guarda…sono proprio un mago…” disse sorridendo sarcasticamente.
 
“Signore, ci dispiace di essere…” cominciò Clère
 
“E voi mi sa che siete proprio in punizione, si, il mio istinto mi dice questo…chissà se ancora una volta ha visto giusto.”
 
“Punizione?” esclamò Dean orripilato.
 “è un po’ ingiusto, non abbiamo fatto niente.” disse Sam. Forse avvicinarsi al giardino era considerato reato. Forse li ci avevano rinchiuso qualche bestia feroce o custodito qualche gioiello particolare.
 
“Quello vi dice niente, ragazzino insolente?” indicò l’uomo.
 
In alto, sulla facciata della scuola, campeggiava un grosso e pesante orologio: segnava le…8: 47????
 
“Abbiamo...abbiamo avuto un imprevisto sulla strada…degli animali hanno bloccato il traffico per qualche minuto più del previsto, è per questo che….” Cominciò Clère.
 
“Basta cosi. Non vi ho chiesto di giustificare il ritardo. seguitemi.” Disse sgarbatamente il professore.
 
 

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Capitolo 17
*** Zuffa a scuola! ***


Entrarono nella scuola, molto grande e spaziosa, anche se semi buia. Il professore si chiuse la porta alle spalle, una volta che i ragazzi entrarono.

La scolaresca fissò i tre ragazzi come se fossero animali rari.

“Chiedo scusa. Ero andato a prendere queste tre celebrità. Non era mai capitato che tre ragazzini riuscissero a bloccare il traffico il primo giorno di scuola, facessero arrivare in ritardo un pullman contenente tre classi diverse e facessero perdere lo stesso ad altri quattro studenti. Direi che è un record perfino per te, Winchester.” Disse il professore, guardando Dean.

Dean lo guardò male, stringendo i pugni. Sapeva che il professor White non lo poteva vedere fin dall’anno scorso, in cui era arrivato. Si era lamentato che non era educativo che a un ex allievo venisse permesso di rimanere nella scuola come tutore, aiutante e giocatore di calcio.

“Se mi permette, professore, mio fratello si è fermato per soccorrere dei cuccioli indifesi, uno dei quali era particolarmente ferito..” cominciò Dean, astioso.

White lo guardò con un sorriso mellifluo.

“Ah si, Winchester? E mi dica, lo spirito eroico di suo fratello, da protettore degli animali, si risveglia spesso il primo giorno di scuola, creando problemi ai suoi coetanei?”

Sam si nascose la faccia tra le mani. Non si era mai sentito così in imbarazzo in vita sua.

Mio fratello, “ disse Dean continuando a guardarlo rancoroso. “Ha salvato un cucciolo che stava per morire. Il suo spirito eroico non fa caso al tempo, allo spazio o alle date e se questo permette a delle povere creature di fare una brutta fine, chissenefrega di quanti ritardi e deviazioni di mezzi pubblici, provoca!” disse Dean, che era seduto al fianco di Sam.
 
Tutta la scolaresca rimase senza fiato e continuava a girare lo sguardo tra White e Dean.

“Molto bene.” disse White. “Sfortunatamente non è più uno studente e non posso metterle una nota sul registro o darle una punizione, altrimenti sarebbe stato un record per uno studente, ma farò rapporto al preside, ne stia certo. Non mi aspettavo niente di meno da uno che arriva in compagnia di una ragazza che ha il padre in prigione da quattro anni per spaccio di stupefacenti.”

Tutti spalancarono la bocca, perfino Dean.

Sam si guardò intorno e come Dean, si era voltato. Avevano capito tutti il rimando a Clère, essendo l’unica ragazza che era arrivata assieme a loro. Clère si nascose il viso tra le mani e scoppiò a piangere.

Tutti cominciarono a bisbigliare fitti. A  quanto pareva, nessuno sapeva del padre di Clère e si stavano chiedendo quanto di vero ci fosse in quella storia.

Fate silenzio e prendete subito il libro. Avrete tutto il tempo di spettegolare, DOPO.” Disse White.

“Tu lo sapevi di Clère?” bisbigliò Sam.

“Assolutamente no.” disse Dean.

“Non fate come la classe della 1 B, a cui manca un’insegnante. Sempre per merito della grande maestria dei gemelli del destino, qui.” disse White sorridendo.

Dean avrebbe voluto ribattere ancora, ma Sam gli pestò un piede per farlo stare zitto e così ebbe il tempo di domandarsi a chissà cosa si riferiva quell’antipatico.
 
 
 
 



*

“Ehi…” disse una voce.

“Ehi..” Ruben aveva visto il fratellino di Marika sulla soglia della loro aula. Gli occhi gli si erano illuminati a vedere Castiel con i suoi biondissimi capelli.

“Che ci fai qui, Cas?” chiese Marika, che aveva preso posto vicino a Ruben.

“La professoressa che avrebbe dovuto venire a fare lezione da noi, non si è fatta viva! Adoro già questa scuola.” disse Cas illuminandosi.

“Invece noi ce l’abbiamo la professoressa, ma il Preside l’ha convocata per chiedere se può fare supplenza ad un’altra aula. Aspetta, è la VOSTRA?” chiese Marika.

Ruben scoppiò a ridere.

“Tutto questo è meraviglioso. Due classi libere dai prof. I tuoi amici non potrebbero bloccare il traffico più spesso?”

“Non sono miei amici.”

“Ma potrebbero diventarlo. Ehi, che fai?” chiese a Castiel.

“Ops, scusa, ti serviva?” chiese Castiel, cercando di ridargli il foglietto.

“No, no, continua! Che stai facendo?”
“Un aeroplanino!”

“Che figo. Puoi insegnarlo anche a me? Sai fare anche gli origami?”
 
 
 
 
 
*

Durante l’intervallo, Sam, Dean, e Clère, stavano passeggiando per la scuola, diretti verso il cortile, ma prima che potessero dirigersi verso le scale, si trovarono davanti ad uno spettacolo curioso.
Una donna che correva!

Strabuzzarono gli occhi. Era la donna che aveva soccorso i cagnolini e aveva chiesto a Mary di andare con lei.

Aveva i capelli arruffati, ma era sempre bellissima. Cosa ci faceva nella loro scuola? Per un orribile momento, Sam temette che volesse parlare con loro degli animali. Magari erano morti…Poi la donna, inaspettatamente, inciampò e….orrore. andò a sbattere proprio addosso al professore che aveva parlato con loro solo poche ore prima. Vide che anche Dean e Clère erano attoniti, come lui.  Entrambi, barcollarono e i fogli che teneva la donna, le caddero di mano.
 
“Oddio, mi scusi.”

Il professore grugnì e a Sam diede l’impressione di un grosso scimmione.

“La prego di scusarmi, ero di fretta!” disse lei ancora, raccogliendo i fogli.

“Invece di scusarsi, potrebbe fare più attenzione a dove mette i piedi, non le sembra?” Chiese il professore.

“Ha ragione.” Disse la donna afflitta.

“Suppongo che sia la nuova insegnante della 1 b “ disse con un sorrisetto il professore.
 
Sam, Dean e Clère, spalancarono la bocca increduli.
 
“Suppongo che dovrà rivedere il suo discorso di presentazione per un’altra volta” disse sempre sorridendo.
 
“Io…io non…”
 
“Non mi deve nessuna giustificazione. A me, ma forse al Preside si. Sa, non fa una buona impressione che un docente manchi una lezione proprio il primo giorno di scuola. “
 
“Sono…stata trattenuta”disse la donna.
 
Il professore alzò gli occhi al cielo.
 
“Come mai stamattina si sentono tutti in diritto di giustificarsi con me?”
 
“Cosa? Come?”
 
“Basta” disse il professore, mettendo le mani sulle spalle della donna, ma poi fissò gli occhi azzurri della giovane donna e per un attimo sembrò che lo  sguardo dell’uomo divenne incerto, stranito. Durò solo pochi istanti, poi si riscosse. Levò le mani e prese ad andar via, non prima di fermarsi per dirle: “Le suggerisco di cambiarsi, signorina. Il suo…vestito…è un po’ troppo vistoso per i regimi della scuola” e se ne andò portando i suoi libri sottobraccio.
 
La donna lo guardò allontanarsi totalmente basita.
 
 
 
 
 
 
*

In sala mensa, Dean era in disparte perché si preparava a prendersi la sua porzione per mangiarla nel tavolo riservato ai tutori e insegnanti e in questo modo non poteva vedere gli sberleffi dei ragazzi alle sue spalle, i quali erano ovviamente venuti a sapere cosa era successo quel giorno e lo deridevano. Poco più in là, Castiel e un altro ragazzo si stavano accapigliando. Sam aveva notato distrattamente che il ragazzo mimava un profondo e fintissimo dispiacere per animali feriti e Castiel non l’aveva presa bene. Era subito andato a insultarlo. Sam stava per dirgli di smetterla, onde evitare casini, ma era rimasto bloccato dagli sberleffi su suo fratello e il sangue gli andò praticamente alla testa.
Erano ancora in fila.

“Scusami, ma chi stai imitando?” gli chiese con tono di voce adorabile.

“Quel deficiente laggiù. Se la crede tutta lui perché gode di alcuni privilegi. Non è neanche un vero alunno. Perché, lo conosci?” chiese il ragazzo un po’ robusto.

“Certo che sì. È mio fratello.”

Il ragazzo ebbe appena il tempo di reagire con una O di sorpresa, che Sam gli gettò addosso la coca cola presente nel bicchiere, dritta in faccia.

Per un attimo il ragazzo rimase sbalordito.

“Figlio di puttana!” e reagì con un pugno allo stomaco che fece cadere per terra Sam.
 
“Chiedimi scusa. Subito. Avanti!!” disse torreggiando su di lui.

“Prima..chiedi scusa tu. Ti suggerisco di chiederlo al capobranco della razza di scimmioni.” Disse Sam .

Ciccio andò ad afferrare Sam, pronto per un altro round, sotto le grida degli studenti, ma non fece in tempo a sollevarlo per bene, che si beccò un grande cazzotto da parte di…

“DEAN!” disse Sam.
 
Dean era furibondo. Aveva gli occhi fuori dalle orbite, i pugni tesi e uno sguardo assassino e guardava ciccio che era caduto lungo disteso poco più in là, come un sacco di patate.

“Bene. Questo posto era una tale noia! Meno male che siete arrivati voi a scuoterlo!” disse ciccio e cominciò a menarsi con Dean, l’uno contro l’altro, buttandosi a terra.
 
“Vi faccio un sedere così, stronzi!”
Per fortuna arrivarono subito gli insegnanti a dividerli.

Subito in infermeria! E poi dal preside! NON METTETELI INSIEME, TENETELI DIVISi!! Il primo giorno di scuola e già una zuffa!” sbottò arrabbiata una professoressa.

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Capitolo 18
*** Al cospetto del Preside ***


Dean Winchester si trovava in infermeria. Stava dormendo. Quando aprì gli occhi, vide un viso adorabile, vicino al suo, che lo scrutava con apprensione.

“Sam? Che ci fai qui?” disse a fatica.L’occhio gli faceva male.

Sam gli sorrise in maniera adorabile e venne un po’ troppo vicino al suo viso in un modo che mise un po’ a disagio Dean.

Ma il fratellino voleva solo strofinare la sua fronte contro la sua, come un tenero gattino.

“Stai bene?”

“S-sì.” Rispose Dean con una vocina sottile.

Sam si decise a mettere distanza tra lui e Dean, facendolo respirare di nuovo. Dean lo guardò e il fratello minore fece un sorriso imbarazzato.


“è stato molto carino da parte tua, Dean.”

“Cosa? Fare una rissa con uno stupido ceffo in mezzo a tutta la scuola? Non la penserai più così quando mi sbatteranno fuori.”

Sam ridacchiò. “ Il preside vuole vederci, sai.”
“COSA?”

“Ma non preoccuparti. Garantirò io per te.” Disse Sam sicuro di sé.

Non si aspettava che Dean si alzasse di scatto per toccargli lo stomaco.

“Dean? Ma che fai?” chiese Sam, avvampando e spingendolo via.

“Volevo solo controllare che quella bestia non ti avesse fatto del male. Ti ha mollato un pugno a quanto ricordo.”

“Io sto bene. Tu piuttosto hai il viso gonfio.” Disse Sam, sfiorandogli uno zigomo con le dita.

“Oh, non è niente, un eroe non è un eroe, se non è un po’ malandato, no?”

“Tu pensi di essere un eroe?” lo apostrofò Sam, sorridendo.

“Ho difeso il mio fratellino, no?”

La porta che si spalancò in quel momento, evitò a Sam di rispondere.
 


“Non sei l’unico eroe di cui si parla a scuola. Tutti gli studenti non fanno altro che parlare dei due ragazzi ECCEZIONALI che hanno finalmente dato una lezione a quella bestia di Stinsky. Nessuno ne poteva più dei suoi comportamenti da bullo.” Disse una ragazza dai capelli rossi.

Alisea.

“Che ci fai tu qui?” gli chiese Dean.

Alisea lo guardò male con le braccia incrociate.

“Anch’io sono contenta di vederti, non c’è di che. Comunque sono venuta a informarvi che il Preside ha detto che non appena sarete tutti e due svegli, gli piacerebbe fare due chiacchiere con voi.”

Sam e Dean deglutirono.

“E questi, sono dolci che mi hanno incaricato di portarvi alcuni ragazzi, come ringraziamento per lo spettacolo che avete offerto loro. La prossima volta dirò loro di chiedere ai bidelli!” disse Alisea rovesciando i sacchetti di cioccolatini e M e M sul lettino di fianco. Per la forza alcuni rovesciarono per terra.

“Aspetta, non volevo..” disse Dean. Troppo tardi, Alisea se n’era andata via offesa, sbattendo la porta.



Sam guardò suo fratello maggiore.

“Dobbiamo per forza farla sempre infuriare?” disse Sam.

“Ehi, questa è la prima volta che sono un po’ sgarbato.” Disse Dean.

“E quando l’abbiamo vista davanti al supermercato?”

“Quello non conta! Ti stava infastidendo, io stavo aiutando te, punto!”

Sam rise. “Quindi non ti sta antipatica?”

“Forse. Beh, non puoi pretendere che dopo quello che mi hai raccontato..a proposito, c’è una cosa che dovevo dirti, Sam, poi purtroppo professori strambi e zuffe imprevedibili, me l’hanno fatto scordare.” Disse Dean.

“Parla, ti ascolto.” Disse Sam.
 
Dean sospirò a fondo, poi guardò Sam dritto negli occhi.

“è successo qualcosa sulla strada, prima di arrivare a scuola, non è vero? Quando ci siamo fermati davanti a quei cuccioli.”

“Che cosa vuoi dire?” chiese Sam, la voce un po’ tremante.

“Tu hai gridato.. e poi c’è stata una specie di..tempesta..come un uragano..e io ti ho…detto di SMETTERLA.

Sam deglutì.

“Ho appoggiato il viso contro la tua spalla..e ti ho tenuto la mano e poi..la tempesta è svanita.”

Sam guardò in basso.
Dean gli sollevò il mento.

“Non ho mai preso sul serio tutte quelle cretinate sul soprannaturale, ma per quanto la cosa, ammetto, mi turbi..devo chiedertelo. Sei stato tu?”

Sam aveva gli occhi lucidi.

“Io..non so perché mi succede questo, Dean!”

Dean lo fissò sorpreso.

“Dean, io quando sono arrabbiato o sconvolto..o spaventato, io posso fare delle COSE..”
“Che..genere di cose?”

“Cose..soprannaturali…te l’ho detto del mio incidente..che mi sono causato da solo pur di non uccidere delle persone innocenti…tu mi abbracciasti quando te lo raccontai..”

“Ma non vuol dire che credessi che c’è il demonio in te.” Disse Dean.

“Mi sono successe altre cose! Quando tu e Clère facevate il bagno, io..ho provato uno scatto di rabbia e subito dopo il pesce è arrivato, avrebbe morso te o lei se io non fossi.."

Dean sospirò profondamente. “Questo l’hai già detto e io sono stato abbastanza tollerante da continuare a ripeterti che io non credo affatto che tu abbia il diavolo in te.”

Sam ebbe l’impressione che Dean non era più così tanto tollerante.

“Allora perché quando c’è stata la tempesta, mi hai detto di smetterla?

Dean lo guardò e le forze gli vennero meno.
 
“Perché..perchè stavi gridando, io credo. Eri spaventato e ti dicevo di smetterla di agitarti così.”

“Ma mi hai appena chiesto di ammettere se ero stato io o meno, Dean, deciditi!!”
 
Dean annaspava, si era dimenticato di aver cominciato il discorso lui stesso.



“Io..non riesco a ragionare bene quando mi stai vicino..tu hai..il potere di confondermi.

Questo ammutolì il minore, che lo guardò a bocca aperta.

“Senti, facciamo così "disse Dean, prendendogli le mani. "se comincerai a far volare gli oggetti, o lievitare per le stanze, avvertimi prima. Ti prenderò per mano e sarà figo come viaggiare su un tappeto volante.” Disse Dean sorridendo.

“Io non scherzerei se fossi in te, Dean. Ascoltami, la ragazza dai capelli rossi..”

“Alisea? Cosa c’entra lei adesso?”

“Era lì, prima che arrivassimo noi.” disse Sam.

Dean ricordò improvvisamente.

Mary aveva frenato bruscamente, dopo l’urlo di Sam, che l’aveva spaventata a morte, gridando “FRENAAA.” Sia lei, sia il figlio maggiore, erano convinti che Sam avesse gridato per la comparsa di un’inquietante ragazzina dai capelli rossi che sventolavano al vento, ma Sam non guardava lei, ma il punto dove stava lei guardando. In basso.
 
“Cazzo, sì, è vero, Sam, ma questo cosa significa?”

“Io credo che lei mi stesse aspettando..come se..come se sapesse che avrei fatto qualcosa, Dean!” disse Sam.

Dean ci pensò su un attimo. “Tutto questo è molto inquietante. Pensi quindi che..abbia fatto del male lei al cucciolo? Per scatenare una tua reazione? O che sapeva semplicemente che saresti arrivato a salvarlo?”

“Non lo so..e questo mi preoccupa molto, Dean..aspetta..hai detto salvarlo, quindi tu mi credi!” disse Sam, afferrandolo per un braccio.

“NO!” disse Dean ora terrorizzato. “Non farmelo dire, non voglio! Tutto questo è così assurdo che..è meglio ristabilire il tutto su un piano più concreto. Dobbiamo andare a parlare con il Preside, sperando che non abbia deciso di licenziarmi.”
 
 



Poco dopo, i due fratelli si trovarono davanti alla porta del Preside.

Sam guardò i segni particolari arancioni, dipinti sulla sua porta.

“Sono così belli..cosa sono? Ali.?” Chiese affascinato, toccandoli con le dita.

“Credo che siano ali della fenice. “ disse Dean e bussò.

“Avanti.” Disse una voce profonda dietro la porta.
 
 
I fratelli entrarono.

Lo studio era grande e accogliente.  A sinistra c’era un caminetto piuttosto antico e accanto a esso c’era uno di quegli arnesi per ravvivare il fuoco. Al centro c’era una bella scrivania in legno. Lo studio era tinteggiato di bianco, ma sul soffitto c’erano vari affreschi. Sembravano raffigurare angeli.
 
Il pavimento era per metà rivestito di mattonelle bianche e per metà marroncine.
 
Alla scrivania c’era seduto un uomo biondo. Capelli brizzolati e una barbetta bianca, profondi occhi azzurri. Portava degli occhiali e sorrideva loro.
 
 
 
“Buongiorno” sorrise.
 
“Buongiorno” risposero in coro i tre ragazzi.
 
“Vi piacciono i miei affreschi?” disse loro agitando il braccio verso il soffitto.
 
I ragazzi annuirono incantati.
 
Si resero conto che all’interno della stanza c’era anche il professore arcigno.
“Ci rincontriamo ancora, vedo.” Disse Albert, sorridendo ai due ragazzi.

Sam e Dean erano profondamente imbarazzati. Si ricordarono dell’incontro con il preside, solo l’estate prima, quando Sam era stato morso da un pesce e si presentò il loro preside, accompagnando Sam all’ospedale personalmente. Lo stesso preside che aveva suggerito a Dean di far immergere la mano di Sam in un’ampolla d’acqua calda che si era portato dietro.

“Come va la tua mano, ragazzo?” chiese Albert, cordiale, sorridendo.

“Signor Preside, questi ragazzi..credevo fossero venuti qui per essere puniti.” Disse il professore arcigno.

“La mia memoria a breve termine non fa ancora cilecca, ti ringrazio, caro Black.”

Sam e Dean rimasero di stucco. Quale uomo si faceva chiamare Black oggigiorno?

“Ciò non toglie che solo perché questi ragazzi hanno fatto un po’ di casino, io come preside, mi dimentichi della sana educazione e preoccupazione per i miei studenti. Vedo che hai tolto la medicazione, Sam.” disse il preside, ignorandolo, con grande irritazione di Black.

“Ehm..certo..signore..” disse Sam.

“Ti è andata di lusso che sia intervenuto tuo fratello, altrimenti le cose avrebbero potuto mettersi male. Un’altra medicazione con la scuola alle porte, sarebbe stata una cosa molto fastidiosa da affrontare, con tutti questi scritti e tutto il resto.”

Sam rimase sorpreso. Lo stava rimproverando o lo stava prendendo in giro?
Per fortuna intervenne Dean.

“Signor Preside, se deve punire qualcuno, punisca me. Mio fratello non c’entra, sono stato io a creare questa rissa.” Disse Dean, ignorando la protesta infuocata del minore. “DEAN!”

Il preside lo fissò per alcuni secondi, per poi dire lentamente:
 
“Mi sembra di aver capito dalla cronologia dei fatti, che la rissa è cominciata, perché tuo fratello ha provocato Stinsky.” Disse il preside calmo.

Dean e Sam avevano sul viso una maschera di cera. Il professore gongolava soddisfatto.



“Lui..stava prendendo in giro mio fratello.” disse Sam.

“Oh, davvero?” chiese il preside molto interessato. “E che cosa diceva?”

“Io..non ho capito bene le parole..” disse Sam imbarazzato. “Ma ho capito che lo sbeffeggiava perché siamo arrivati in ritardo a scuola..e perché ha cercato di difendermi in classe..sa..lui non essendo più studente..”

“Viene preso di mira dai ragazzi più giovani, che forse ambiscono agli stessi privilegi che tuo fratello si è meritato grazie al suo talento. Capisco. La gelosia è una cosa molto comune a questa età.” Disse Albert con l’aria di chi la sapeva lunga.

“Preside, mi scusi se mi permetto, sicuramente mi sbaglio..avevo quasi come l’impressione che stesse giustificando in qualche modo la rissa avvenuta e fatto i complimenti a questo aggressore senza punirlo.”  Disse Black.

“Oh, io non intendo non riconoscere che questo ragazzo, insieme al fratello, siano stati avventati e sicuramente si siano lasciati prendere dagli ormoni giovanili.” Ribattè Albert. “Tuttavia, avendo ora un quadro completo della situazione, si può dedurre che siano stati ampiamente provocati. Trovo inoltre nobile il fatto che Dean sia intervenuto per difendere il fratello più piccolo, che a sua volta era intervenuto per difendere l’onore del maggiore. Tanto amore fraterno mi commuove.” Disse Albert senza smettere di sorridere.
 
Sam e Dean erano più scioccati che mai, mentre Black sembrava un drago pronto a sputare fuoco dalle narici.

“Direi che tre giorni di sospensione dalla scuola per Dean, siano un richiamo più che sufficiente. Sam, invece, essendo il tuo primo giorno in questa scuola, non sono previste punizioni per stavolta. Tuttavia sarei felice se avessi l’accortezza di avvisare anche il giovane Castiel Novak che non ammettiamo risse in questa scuola. mi dicono che ci mancava poco che avessimo anche lui in infermeria. A quanto pare, la rissa di Dean ha distratto lui dal cominciarne una.” disse ancora sorridendo.

“Sì, certo, glielo dirò., signore.” Disse subito Sam.

“Grazie.” Disse Albert, girandosi poi verso Dean. “Tu hai proteste o domande sulla sospensione, Dean?”

“Io..certo che no..anzi..è stato fin troppo..voglio dire..grazie.” balbettò Dean.

“Bene! se non ci sono altre domande o proteste, direi che il colloquio finisce qui! Prendete una caramella al limone! Sono così gustose. “ disse, passandogliele. “Grazie di essere venuti e arrivederci.”

Sam e Dean, un po’ frastornati dal brusco congedo, afferrarono la caramella e si sbrigarono ad andarsene, ma White sembrava volersene andare con loro, anzi, prima di loro.

“Con il suo permesso, andrei anch’io.” Disse visibilmente irritato.

“Oh, già..mi sono appena ricordato che manca ancora la punizione per il nostro Stinsky.  In questo caso si tratterrebbe di ben DUE tentativi di rissa, una delle quali, riuscita. Vorrei che restassi qui con me per aiutarmi  a decidere sulla sua punizione, White. Che ne dici di una settimana??”
 
E con la sensazione che dopotutto non era il vero motivo per cui il preside avesse deciso di trattenere White, Sam e Dean si sbrigarono a lasciare lo studio.
 
 

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Capitolo 19
*** L'anello di zaffiro ballerino ***


Black rimase a fissare le carte bianche sulla scrivania del preside.

BIANCHE. Come il suo cognome. Black detestava quel colore, come anche il suo cognome. Detestava tutto quello che aveva a che fare col bianco. E se anche il suo cognome era bianco, detestava anche una parte di sé stesso. Sperava che il suo nome inghiottisse quella parte bianca come un vortice.  Non faceva niente. Anzi meglio. L’odio era l’unico mezzo per essere potenti. E se odiava sé stesso per questo, sarebbe diventato più potente! Sorrise tra sé per quel paradosso apparente e poi si disse che non doveva sorridere, altrimenti il preside avrebbe cominciato a pensare che fosse uno psicopatico.

Il preside. A proposito perché mai aveva voluto fermarlo li?

 E perché diavolo gli importava di quello che poteva pensare quella persona? Quell’estraneo?
 
Il preside alzò lo sguardo sul professore. Sospirò  senza dire niente.
 
Il professore si schiarì la voce:” C’è qualcosa che vuole dirmi, signore?” chiese lui.

“Come ti trovi in questa scuola. Black?”

Era una domanda assai curiosa per essere il primo giorno.

“Non c’è male.” rispose lui freddo.

“E gli studenti, come li trovi?” chiese l’altro, studiandolo.

“Come qualsiasi altro sciocco ragazzino superbo di quest’età, in particolare quelli che sono appena andati via.” Disse senza riuscire a trattenersi.

Albert lo studiò in silenzio.

“Mi scuso, non volevo sembrare scortese. Il primo giorno non è andato nel migliore dei modi. Degli studenti sono arrivati in ritardo, c’è stata una rissa..”

“E la cosa ti ha infastidito. È naturale. Ma sei sicuro, Black, che non si tratti di qualcos’altro, magari qualcosa a cui tieni molto?

Black fissò il preside allibito. Come poteva quello sconosciuto, trattarlo così, come se sapesse tutto di lui, riservargli questa confidenza?

“Non capisco di cosa parla.” Disse ancora lui.

Il professore tirò fuori dal comodino un anello molto bello, guardandolo con interesse,

Era un grosso anello di zaffiri e Black alla sua vista sembrava come come trasfigurato.

“È tuo, non è vero?”

“Dove..dove ha preso questo oggetto??” chiese Black.

“L’ho trovato.” Rispose Albert semplicemente. “Credevo di avertelo visto indosso. Nella confusione di questa giornata deve esserti..caduto..”

Glielo porse e Black dimenticando la sua compostezza, prese l’anello dalle sue mani a grande velocità.

Albert sorrise. “Perdere un oggetto di tale valore per te, deve essere stato turbante. Capisco che sommato ai disguidi questa giornata..”

“Io non..non sono turbato. È un anello come un altro. Prezioso, certo, ma non di grande valore affettivo per me.” Mentì Black.

“No?” disse Albert squadrandolo. “Che strano, credevo che la dedica “Ti ricorderò sempre con amore e sarò sempre con te” avesse un chiaro valore sentimentale.”

“Non ho fidanzate e neanche mogli..” stava dicendo Black, ma il preside lo interruppe.

“Si possono dedicare frasi così, anche ai figli.

Black si irrigidì.

“Non ho nessun figlio! Questo è un anello che..che ho trovato..per caso..e che ho tenuto. L’ho trovato per coincidenza nella casa in cui abitavo. Dentro una botola. Tutto qui. Non so..di chi sia.” Disse Black stringendo l’anello con forza nella sua mano.

“Va bene. Ho capito, Black. “ sorrise il preside.

“Ad ogni modo, la ringrazio per avermelo restituito.”

“Non c’è di che. Ora, se non ti dispiace, vorrei parlare del caso Stinsky…”
 
 
 

*

Qualche minuto dopo, Black uscì dallo studio del preside, ancora visibilmente irritato. Forse fu per via di quella tensione, che l’anello gli cadde nuovamente dalle mani.

Rotolò fino ai piedi di un ragazzo.
Sam.

Black trattenne a malapena un grugnito. Di nuovo uno di quei mocciosi!

Sam raccolse l’anello. Sembrava affascinato dalla pietruzza.


“Che bello.” Disse tra sé e sé, poi vedendo chi si trovava davanti, lo fissò intimorito.
Black sorrise.
“è un anello molto bello, non è vero? Ti piacerebbe averlo, vero?”

“Sì.” Disse sinceramente Sam.

Per un folle momento, Black fu quasi sul punto di darglielo veramente, poi per fortuna si riscosse da quell’inaspettata follia.
“Beh, non puoi. È mio.”
“Certo! Mi scusi.” Disse Sam, porgendoglielo.

Black fu sorpreso dall’arrendevolezza di quel ragazzo cosi ribelle fino a pochi minuti prima.
Lo guardò in viso. Aveva un labbro spaccato.
 
Si avvicinò a lui, proprio nel momento in cui il ragazzo – che Black ribattezzò subito piedi di pastafrolla – cadde ai suoi piedi, inciampando.

Black si inginocchiò e sorrise.

“Non ti reggi in piedi, eh? Troppe emozioni per oggi?”

Sam sperò che quell’odioso professore prendesse il suo anello e se ne andasse subito, ma invece di prendere l’anello,  il professore senza preavviso, gli alzò in su il mento, così che costrinse Sam a guardarlo fisso negli occhi. Il verde splendente in un tuffo nel nero più profondo.

Sam rimase per un attimo infastidito da quella confidenza che lui non gli aveva dato e che non aveva nessun diritto di prendersi; però, Sam notò anche che per quanto rude, il tocco sembrava gentile in un certo senso. Non arrogante. Il professore lo stava fissando come un medico guarda le ferite di un malato. Mancava solo uno stetoscopio al suo collo.
 
“Cosa ti sei fatto al viso? Non mi pareva che Stinsky ti avesse toccato. Non era intervenuto il tuo adorabile fratello a difenderti?”

“Non è stata colpa di Stinsky.” Disse Sam, decidendo di sorvolare sul fatto che prima che arrivasse Dean, Stinsky aveva fatto in tempo a rifilargli un pugno sullo stomaco e frastornato da quella sorta di – cos’era , preoccupazione? – "a volte perdo sangue dal labbro. Ho il brutto vizio di mordermelo.”

Black lo lasciò andare, sorridendo. Di certo stava pensando che era uno sciocco ragazzino.

“Beh, direi che a tuo fratello è andata peggio. Per la prossima volta, cercate di ricordarvi: quando perdi, non perdere la lezione.” E con questa frase enigmatica, se ne andò.
 
 

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Capitolo 20
*** Sam e Dean sentono Albert e Black discutere ***


Erano passate due settimane dall’inizio della scuola e Black White, il professore di Storia Antica, diventava ogni giorno che passava, sempre più detestabile e scontroso e Sam non mancava di notare che il preside negli ultimi giorni sembrava preoccupato per qualcosa, sembrava sempre assente e pensieroso e trovava ogni scusa possibile per convocare Black nel suo ufficio.

“Non capisco perché ti interessa tanto sapere perché il nostro preside sia gentile con lui, chi se ne frega… ognuno è libero di cercarsi i guai che vuole..o di scoparsi chi vuole “ disse Dean annoiato e un po’ malizioso, strappando un filo d’erba nel prato dove erano seduti durante la pausa ricreazione.

“Dean, è una cosa seria.” Disse Sam, gettandogli un filo d’erba sulla faccia.

Dean lo guardò provocatorio e poi lo atterrò sul prato a pancia in su come un felino.

“Se vuoi, possiamo fingere che quei due correggano i compiti in classe!” disse ancora Dean ammiccante. 


“Sbattermi a terra è un modo per immaginarti la scena?” gli chiese Sam, facendo una delle sue solite domande imbarazzanti

Dean avvampò, ma non lo lasciò andare.

“Impertinente.” Disse, continuando a tenergli stretti i polsi.

 “Vuoi un pò di aranciata, Castiel? ” disse Ruben al fratellino di Marika, poco distante.

Stavano camminando nel cortile e li avevano appena sorpassati. Dean lasciò andare subito Sam, che sembrò avvampare

Castiel era arrossito e aveva scosso la testa, senza neanche guardare Ruben.



"Che carini.." disse Dean, guardandoli intenerito.

Sam guardò ammirato suo fratello.

"Credo che Ruben abbia una cotta per il fratello di Marika." buttò lì Sam.

"Sì, lo penso anche io. Speriamo si dichiarino presto!"

Sam lo fissò stranito, tanto che Dean alzò lo sguardo su di lui.

"Beh, che c'è?"

Sam gli buttò le braccia al collo con grande imbarazzo di Dean.



"S-Sam?"

"Sono fiero di mio fratello, non posso esserlo?"

"S-se magari ne spieghi il motivo.."

"Molti ragazzi maschi direbbero che schifo davanti a questo.." disse indicando i due ragazzi.

Dean rilassò le labbra in un sorriso. "Io..non lo penso..non l'ho mai pensato..l'ho sempre vista come una cosa normale..o forse direi eccezionale.. che le emozioni che provi per qualcuno, vadano aldilà del fatto se sei maschio o femmina, indipendentemente da chi sei, da quanti soldi hai, da dove vieni e.."

"E...?" chiese ancora Sam, vicinissimo al suo viso. Gli rivolse un'occhiata così intensa con quei magnifici occhi verdi che Dean si sentì avvampare in un modo decisamente poco consono.

"Io.." disse il biondo, totalmente perso.



Dei ragazzi che stavano giocando a pallone, gridarono per un goal, facendoli sobbalzare.

"Pensi che..anche il preside e il professore siano innamorati?"chiese Sam, tanto per togliersi da quell'imbarazzo.

"Sarebbe così interessante?" chiese Dean, decidendo che in fin dei conti era meglio continuare a parlare di quello.

“Beh, sì.."

“ Il vero mistero è perché tu pensi che anche una SOLA parte di questo tizio sia INTERESSANTE.  Ecco QUESTO è INTERESSANTE: Magari sei tu a essere innamorato di lui!“ sbuffò Dean esasperato.

"Mm..un pò troppo grande sai..se proprio dovessi decidere di fare nuove esperienze, credo che mi troverei qualcuno più vicino a me come età." lo provocò Sam.

Dean lo fissò. Sembrava arrabbiato.

"E io spaccherò la testa a tutti e due."

Sam ridacchiò. "Non potrai. Sarai occupato a passare da una ragazza all'altra, mio bel macho."

"Per il tempo a cui a te sarà permesso uscire con una ragazza, io potrei aver cambiato gusti." rilanciò Dean, facendolo impallidire.

"Non voglio ascoltare di mio fratello che fa sesso!" disse Sam, un pò iroso.

"Ah - ah, vale solo quando ne parli tu? Comunque per me quei due scopano e basta. Nessun mistero. Nessuna cosa da scoprire." sbuffò Dean.

Sam si alzò, sistemandosi i vestiti pieni d'erba. "Io vado a prendere delle barrette al cioccolato. Tu cosa fai, vieni o resti?"

Dean gli fece un sorrisetto malizioso.

"Vengo e me ne vado."

Sam gli rivolse un sorriso a mò di smorfia e fece per andarsene, mentre Dean gridava allegro. "Oh, Sammy, sei così tenero quando arrossisci. Aspettami, vengo con te!"

Sam si era fermato precipitosamente. "Sì, beh, non in quel senso. Andiamo?" quasi urlò Dean, un pò imbarazzato stavolta. Sam, senza parole, lo seguì.

 

Per cercare una macchinetta con una buona riserva di cioccolati, erano passati davanti all’ufficio del preside, Dean stava ancora giostrando con la macchinetta quando vide Sam davanti alla porta del preside.

"Nessuno ti ha insegnato che non si origlia alla porta, Sammy??" chiese Dean.

"Schhhh!"

Dean si mise ad origliare di rimando.

"Stanno scopando?"

"Tutt'altro, credo!" Si sentiva inconfondibilmente la voce del preside e poi quella del professor Black.
 
 

“So riconoscere le persone ossessionate da qualcosa, Black, fa parte del mio lavoro!”
 
“Adesso fai anche lo psicologo???”
 
“Non mangi, bevi pochissimo, hai cerchi violacei attorno agli occhi…” disse Albert ignorandolo.
 
“Se vuoi insinuare che faccio uso di droghe, io….”
 
“MALEDIZIONE, BLACK” gridò Albert sbattendo con un gran rumore le mani sul tavolo. “intendevo dire che non dormi, sei sempre più nervoso, gli studenti continuano a venire da me a lamentarsi per come li tratti. “
 
“Che vengano da me a lamentarsi quei vigliacchi. Dimmi i loro nomi” gridò Black.
 
“Non fare il bambino.”
 
“Io non…” cominciò Black indignato.
 
“ Non sei più lucido. Stai perdendo il controllo. È chiaro che qualcosa ti angustia , ti tormenta. Ti… OSSESSIONA.” Disse Albert con un tono più preoccupato e meno duro.
 
Black non disse niente, e Albert incoraggiato dal suo silenzio continuò: “ Devi riprenderti, altrimenti temo che non potrai più insegnare “ disse modulando le parole.
 
 
 
 
Black  rimase in silenzio. Deglutì e rispose: “è un bluff.”
 
  “ Ogni giorno stai sempre peggio… pensi che non mi accorga di come ti tremino le mani quando prendi una tazzina di ….”
 
“Tè” , voleva dire Albert, ma Black se ne andò via chiudendogli la porta in faccia furioso, senza lasciargli il tempo di finire
 
 
 
 
 
Sfortunatamente, dietro la porta c’erano Sam e Dean che non si aspettavano proprio quel brusco e improvviso cambio di movimento e rimasero come inebetiti davanti alla porta sentendosi scoperti e vulnerabili.
 
“Cosa…. Cosa” disse paonazzo Black rivolgendosi terrorizzato a loro.
 
“io non… volevo solo chiedere se potevo prendere in prestito.. “ cominciò Sam senza avere la più pallida idea di come proseguire.
 
“COSA AVETE SENTITO???” urlò Black
 
“NIENTE, LO GIURO!” squittì Sam come un coniglietto spaurito.
 
Dean si mise davanti a lui.

"Se la prenda con me. Quel libro serviva a me, ho chiesto io a Sam di accompagnarmi e..

“Non vi credo..” disse minaccioso Black. “Se osate anche solo parlarne con qualcuno…”
 
E furono salvati in quel momento dalla campanella che segnalò la fine della ricreazione. Ne approfittarono subito per correre in classe.
 























ufff che fatica xd vi spiego, avevo scritto pochi minuti prima, un capitolo che non mi convinceva neanche un pò. così l'ho cancellato e l'ho modificato xd ne sono felice, credo che questo sia molto meglio! xd voglio dire anche a tutti che il nome Black non mi piace PER NIENTE, quindi potrei decidere di cambiarlo in corsa xd (ovviamente troverò una spiegazione credibile xd )

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Capitolo 21
*** Albert incontra Black in un pub ***


Il professor Black White, quella sera si trovava in un pub affollato chiassoso e pieno di gente….era fastidioso, ma a lui piaceva il casino perché lo aiutava a non pensare e poi quello era il classico posto per passare inosservati… tutti bevevano e lui aveva voglia di bere.
 
Ordinò del vino rosso. Beve, bevve e bevve, tre bicchieri di vino uno dopo l’altro, che poi diventarono cinque  e non si accorse della figura che lo stava fissando da ben dieci minuti e che si avvicinò con aria di noncuranza vicino a lui. Era Albert, il preside.
 
“Credo che tu abbia bevuto abbastanza, Black”
 
“Albert” mormorò e fece una risatina. “Non credi che il fatto che tu continui a seguirmi, possa risultare….ambiguo?” e rise ancora.
 
Albert mosse un sopracciglio: “Sei ubriaco.”
 
“Da quanto tempo mi stai spiando?” chiese l'altro, ingurgitando un altro bicchiere.
 
“Sai che io non potevo sapere che tu saresti venuto qui, vero?”
 
Black lo guardò. Non era sicuro di aver capito cosa intendesse dire, ma decise di fargli un’altra domanda: “Perché diavolo continui a seguirmi? Che cosa vuoi da me? ”
 
“Stai delirando, Black… ti riporto a casa”
 
“No, non ti avvicinare” disse l'altro e barcollò all’indietro, andando a cadere sul pavimento e sbattendo la testa.
 
Albert lo guardò con disprezzo. “Cocciuto che non sei altro. E va bene, rovinati pure da solo” e fece per sorpassarlo senza aiutarlo ad alzarsi. Quel gesto inaspettato confuse Black, che sembrò ripensarci… “No, aspetta, per favore aiutami” disse. Albert si fermò.
 
 
 
 
 
Dieci minuti dopo, tempo necessario che Albert immaginò servissero a Black per smaltire gli effetti della sbornia, Black fece capolino dalla porta del bagno ed entrò nel giardino che faceva parte del pub, dove Albert lo stava aspettando su una panchina.
 
Black arrivò con un sorriso sprezzante sul volto: “Pensavo che mi avresti accompagnato per toccarmi la fronte mentre rimandavo l’anima al creatore, sotto il lavandino..invece hai scelto di aspettarmi qui” non era ben chiaro se fosse un rimprovero o una constatazione o semplice presa in giro.
 
“Beh non siamo ancora cosi intimi…ci conosciamo da poco. Se la nostra stupenda amicizia andrà avanti, e non avrai ancora smesso di bere,  direi che se ne potrà riparlare.” Il tono era canzonatorio, da presa in giro, Black lo sapeva, tuttavia alla parola amicizia le labbra gli incurvarono in un leggero sorriso…non riuscì a evitarlo, ma cercò subito di nasconderlo. Ovviamente Albert se ne accorse .
 
“Stavi sorridendo?”
 
“Cosa? No! “ disse muovendo gli occhi in una smorfia divertita. “Mi sa che sei tu quello a essere ubriaco” rispose prendendolo in giro.
 
“Come sono andate queste prime due settimane di insegnamento, Black?”
 
Black rimase zitto per un momento. Non si aspettava il discorso avrebbe preso questa piega.
 
“Gli alunni mi odiano” disse come se la cosa non avesse nessuna importanza.
 
“Questo ti ferisce?” chiese Albert.
 
“Cosa? Vuoi davvero parlare dei miei sentimenti? Queste sono cose da femminuccia di romanzo rosa”.
 
“Però ti feriscono” replicò Albert.
 
“A me non ferisce più niente da quando avevo cinque anni! E tantomeno queste sciocchezze. E comunque sono contento che lo fanno. Solo se ti odiano sei davvero potente, non certo se ti amano, casomai quello ti rende più debole! “ disse sempre più sprezzante.
 
 
“ Parli cosi perché l’hai vissuto in prima persona? C’era qualcuno che amavi? Si tratta di una donna?” cercò di indagare Albert.
 
“Cosa? No! Che sciocchezze. Non sono quel tipo di persona che va ad ubriacarsi in un pub di falliti per colpa di una donna! Questo non ha niente a che fare con donne o cose simili… “
 
“E cos’ha a che fare? Me lo vuoi dire, Black?
 
“Non siamo ancora cosi intimi” disse con un sorrisino.
 
“Touchè” replicò Albert. “Posso almeno riaccompagnarti a casa?”
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
Albert si fermò davanti casa di Black…prima di lasciarlo, però gli disse: “ Se ti venisse voglia di parlare della cosa che ti ferisce, comunque…puoi sempre trovarmi nel mio studio”
 
“Ancora con questa storia! Un uomo non può semplicemente ubriacarsi perché gli piace farlo? Devono per forza esserci in ballo un sacco di melodrammi romantici? Avete visto troppi vecchi film, voi romantici”
 
“Credi che io sia un romantico?” chiese Albert nascondendo il sorriso che gli era salito alle labbra.
 
Black sembrò rimanere un attimo scioccato, poi disse sprezzante: “Li so riconoscere a occhio ormai, vogliono salvare sempre tutti, anche quelli che non hanno bisogno di essere salvati, o non vogliono. Io ne sto alla larga!” disse con un sorriso sprezzante. 1 a 0 per il professor Black.
 
“Vediamo se ci riuscirai sempre allora” disse Albert sempre più divertito.
 
All’improvviso Black non sorrise più. Chiuse la portiera con uno scatto rabbioso, e urlò: “Grazie del passaggio!”
 
La risata di Albert mentre stava andando via, si disperse per tutto il vialetto.
 






















Note dell'autrice: 

scusatemi se non aggiorno le altre storie ma oggi è una brutta giornata e siccome tutte le altre storie sono arrivate a un punto in cui sono tutte IMPEGNATIVE da scrivere, è meglio che lo faccio quando ho la testa appena un pò rilassata ^_^
spero vi piaccia comunque il capitolo!
Ship??

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Capitolo 22
*** Sam si ribella in aula ***


Sam non riusciva a fare a meno di continuare a pensare a quale potesse essere il segreto di Black, nel frattempo, una novità arrivò come un fulmine a ciel sereno. Gli insegnanti spostarono di classe Alisea, cosicchè lei finisse nella stessa classe con Sam.

Sam non capiva come mai Alisea avesse deciso di farsi spostare proprio nella sua stessa classe e a nulla valsero le domande del moro. La ragazzina sosteneva che non era stata lei a decidere, semplicemente non si trovava bene in quella classe e siccome lì erano già in tanti, aveva chiesto di essere trasferita. Non era colpa sua se avevano scelto proprio quella.

Sam non gli credette nemmeno per un minuto.

“Senti, lo so cosa stai pensando, che sono innamorata di te, beh, ti sbagli!!” e su quella sfuriata, si era chiusa la discussione, in cui i due decisero di ignorarsi cordialmente.

Quella mattina però, successe qualcosa di insolito e a tratti malvagio.
 
Il professor White, stava facendo una delle sue lezioni di Storia Antica e quella lezione si rivelò essere molto particolare.

Quella mattinata, il professore aprì il libro su un capitolo dedicato ai bambini con i capelli rossi.
 
Gli antichi egizi, che tendevano a divinizzare  ogni realtà e situazione, specialmente quelle che incutevano paura o comportavano particolari pericoli, hanno creduto che gli animali e gli uomini fulvi, avessero un legame speciale con il dio ‘Set’ e molti dei loro faraoni avevano i capelli rossi. Incluso Ramses, il più potente di tutti.
 
Di contro, però, consideravano anche il rosso come colore foriero di gravi sfortune pertanto molte fanciulle con la capigliatura fulva, sono state bruciate per spazzare via la loro tinta. Inoltre, si è scoperto che, alla loro epoca, non pochi rossi erano stati sepolti vivi.
 
 
A queste parole ad Alisea venne un brivido lungo la schiena. Sam si voltò verso di lei.
 
 
 Gli antichi Greci ritenevano che le donne rosse si trasformassero in vampiri dopo la morte.
 
Aristotele, invece,  le descriveva come emotivamente non-addomesticabili.
 
 
Alisea cominciò a sentirsi a disagio 
 
 
Nel Medioevo, il rosso era visto come il colore del Diavolo e si pensava che un bambino nato con i capelli rossi fosse stato concepito durante il periodo nel quale la donna era mestruata.
 
Durante l’Inquisizione spagnola, invece, le chiome  “color fiamma” provavano che la persona avesse rubato il fuoco dell’inferno e, perciò, che meritasse di essere bruciata come strega.
 
 
Alisea seguitava copiosamente a sudare e cercò di asciugarsi la fronte cercando di non dare nell'occhio   
 
 
E se i clown dai capelli rossi hanno la loro origine proprio in Russia, anche lì la tradizione locale vuole che i capelli rossi siano un indice di un temperamento focoso oppure di follia. Un proverbio ammonisce: “Non c’è mai stato un santo con i capelli rossi.
Sam odiava i clown, ma si proibì di pensare che Alisea avrebbe potuto essere una santa, se non avesse avuto i capello rossi.

 
Perchè mi stai facendo questo? io sono una persona buona pensò Alisea mettendosi le mani sulla faccia cercando disperatamente di nascondere gli occhi e trattenere le lacrime. Sentì un leggero buffetto da parte di Sam. Quando alzò lo sguardo vide che lui la guardava con espressione interrogativa e corrucciata.
 
 
“Di fatto, i personaggi con i capelli rossi nella Bibbia non godevano di buona fama.
 
Il termine Adamo è, presumibilmente, la parola ebraica per ‘rosso’ o ‘rubicondo’, e Giuda viene spesso raffigurato con i capelli rossi così come Maria Maddalena. Il re Davide si pensa sia stato rosso ed alcuni addirittura ritengono che il leggendario ‘marchio di Caino’ fosse proprio la sua chioma fulva.
 
L’associazione dei capelli rossi con l’inaffidabilità e la bruttezza prevale in qualche modo in età moderna.
 
I nazisti si domandavano se consentire o meno alle persone dai capelli rossi di sposarsi, temendo che la loro progenie fosse degenerata.”
 


“L-la prego, professore, vorrei uscire un secondo..” disse Alisea che oramai lottava per trattenere le lacrime.

 “Rimanga seduta, signorina Abercrombie. Non tollero che ci si gingilli, durante la mia materia.”

“La lasci andare, non vede che è sconvolta??” intervenne Sam, arrabbiato.

White si voltò verso Sam, come se lo vedesse solo in quel momento.


“Prego, signor Winchester? Ha qualcosa da dire?”

“Sì. “ e senza poterlo evitare, si alzò in piedi. “Non si è accorto di che colore ha i capelli? Eppure brillano più di un faro in questa stanza. Sono fastidiosi a vedersi.”

Tutta la classe rise e Alisea suo malgrado sorrise. Il professore assottigliò le labbra.

“Tutte queste frasi sul demonio..credo siano inappropriate, urtano la sua sensibilità, anche se si tratta di credenze e..”

“Quindi lei sta suggerendo, signor Winchester, che io dovrei evitare di proseguire con le mie lezioni, pur di non ledere la sensibilità di una ragazzina sciocca e piagnucolante che condivide per coincidenza del fato lo stesso colore dei capelli dei soggetti descritti qui?? Forse vuole venire lei a insegnare?”

“Io..no..non volevo.”

“Riprendiamo la lezione!” disse White.
 



Per finire Black raccontò la storiella di una  bimba che, nata con i capelli rossi, si dicesse fosse figlia del diavolo... i genitori la protessero con tutte le loro forze, cambiarono pure città, ma non riuscirono a impedire alla tragedia di compiersi.
 
"Uccisero la bambina?" chiese una ragazza sull'orlo delle lacrime.
 
"No, LEI uccise la madre. La strangolò con la cordicella del suo ciondolo. Aveva solo 11 mesi.”
 
"E il padre del bambino che fine fece?" chiesero in coro i ragazzi.
 
"Trovò la moglie morta sul pavimento strangolata e quando vide la  bambina giocherellare con la cordicella sul pavimento, capi all'istante, la vide, con gli occhi luccicanti di lacrime, sembrava la creatura più innocente del mondo...ma il padre SAPEVA che era una creatura del demonio.”
 
"La uccise?" chiese un altro ragazzo.
 
"Si e poi si tolse la vita lui stesso. Ovviamente questa è solo una favola" disse compiaciuto del terrore che era riuscito a somministrare nei suoi studenti. "Ma ci insegna una grande morale!  L'amore sconfinato per una figlia! i genitori, non hanno esitato per salvarla, a buttarsi sconsideratamente nell'antro del mostro! cosi accecati dall'amore, da non vedere, che il mostro ERA LEI "
 
“NO!” proruppe stavolta Alisea in un pianto irrefrenabile, poggiando la testa sul banco.

Sam questa volta si alzò in piedi sbattendo le mani sul tavolo.



“Non si è fermato neanche davanti alle lacrime di una ragazza già molto provata. Qui l’unico mostro è LEI!!” gridò Sam.
 
Ci fu un silenzio carico di tensione per diversi lunghi secondi, poi White poggiò il suo libro con un gran fracasso sulla scrivania e si diresse da lui.



“A quanto vedo qui qualcuno è incapace di controllarsi.” Cominciò.
Sam però non si lasciò intimorire e continuò a guardarlo in cagnesco.

“Tanto per la cronaca, ha la vaga idea di quanti ragazzini figli di padri che sono morti sotto qualche bomba o freddati da qualche terrorista, siano mai comparsi nelle scuole che insegnavo? Ne ha la vaga idea, sciocco ragazzino presuntuoso?”

“Penso di no, signore.”

“Non crede, ragazzino presuntuoso e arrogante, che se dovessi preoccuparmi di non ferire la sensibilità di nessun moccioso, allora potrei tranquillamente dire addio all’insegnamento?”

“Forse non sarebbe un male.”
 
“Ohhhhh…” un coro stupito di ragazzi che si misero la mano davanti alla bocca, seguì quelle parole.



“Sciocco, presuntuoso, arrogante e anche insolente. Ma quante belle qualità abbiamo qui. Ereditate da qualcuno, magari? Qualcuno dei tuoi genitori, magari? Però apprezzo il tuo coraggio, sai, rivolgerti in questo modo a un professore! Non hai paura?”

Sam non rispose, ma continuò a guardarlo fisso.

“Beh, di certo il coraggio non l’hai ereditato da quel vigliacco di tuo padre, non è vero?”
 
Sam si sentì come se gli avessero sparato.

“Mio padre non è un vigliacco.” Disse a bassa voce quasi ruggendo.

“Un uomo che abbandona tutti e due i suoi figli quando diventano un problema per la sua libertà, mi chiedo come lo definiresti, ragazzo.”

“Lei non sa . NIENTE.
White lo fissò.

“Però una cosa la so. Che ora voi due uscirete dalla mia aula e starete in punizione dietro la porta fino alla fine della lezione, che poi era quello che volevate, no? Lasciare la lezione.”
 
Alisea, ancora visibilmente turbata, seguì Sam fuori dall’aula, ma prima che Sam potesse seguirla, la voce del professore lo bloccò.

“Visto che hai a cuore così tanto l’argomento dei rossi, mi aspetto che tu scriva un tema per lunedì sempre sullo stesso tema. L’argomento di cui dovrà parlare lo troverà nella pagina 74.” Disse l’altro.

Sam si chiuse la porta alle spalle senza rispondere.
 
 



Una volta usciti di lì, Alisea prese a piangere senza controllo.

“Ali, dai, non fare così.” Cercò di rincuorarla Sam, sedendosi vicino a lei sul pavimento, contro il muro.

“Sono un completo disastro. Ci ha ripresi entrambi, solo perché io..io..non sono riuscita a controllarmi.”

“Nessuno ci sarebbe riuscito, ascoltando quella valanga di cattiverie che quella serpe sputava fuori.” Disse Sam.

“Ma io..io sono cattiva…e anche lui l’ha scoperto..prima o poi lo scopriranno tutti..hai sentito quello che ha detto..tutti mi eviteranno..proprio come hai fatto tu..”

A Sam si strinse il cuore a sentire quelle parole.
“Mi dispiace tanto, sono stato insensibile con te.”

“No..tu hai fatto bene..sono stata io a essere stata invadente..perdonami..sono così..sempre così..” Alisea sembrava non riuscire a fare a meno di singhiozzare.

“Intendi così dannatamente sensibile e saggia da far sentire gli altri una merda quando si comportano male con il prossimo?”

Sam gli stava elargendo un sorriso dolce e Alisea lo guardava sbalordito.

“C-cosa..vuoi..”

“Non avrei dovuto respingerti..o trattarti male..e di questo ti chiedo scusa..”

“Tu non devi..”

“Per quanto riguarda quello che tu pensi di te stessa..sappi che io credo che non esistano..persone completamente malvagie, o completamente buone..non ascoltare delle stupide credenze in un libro, credenze razzistiche del medioevo, non sono meglio di quelle che isolavano dei poveruomini per il colore della loro pelle.”

Alisea sembrò pensierosa, ma sembrava indecisa su come ribattere di nuovo.

“Sai, non sono bravo con le parole..è per questo che io..forse quello che vorrei dire, potrebbe essere con le prime parole di una canzone che amo molto.” Disse Sam, prendendo il suo telefono e due auricolari.

“Sam..cosa..”

“Schhh..ascolta..” disse Sam, facendo partire la canzone.
 

Se solo avessi le parole, te lo direi,

anche se mi farebbe male….

se io sapessi cosa dire, io lo farei..

lo farei, lo sai…

se lo potessi immaginare, dipingerei, il sogno di poterti amare

“Poter amare..chiaro..” specificò Sam, facendo ridere Alisea.

Se io sapessi come fare, ti scriverei..ti scriverei una canzone d’amore

(:….) per farti addormentare.. che faccia uscire il calore..solo per te..solo per te..

Alisea sapeva che quella era una canzone d’amicizia. Sam voleva farsi perdonare e farla stare meglio.

Sorrise. Appoggiò la testa contro la sua e Sam fece lo stesso con la sua. Restarono lì così ad ascoltare la canzone.
 
 

*

“Coooosa? Mio fratello ha litigato con il professore di storia?? Si è fatto sbattere fuori??”

Uno degli studenti aveva fatto la spia e ora Dean era furibondo.

Procedette a grandi passi verso la sua aula, ma poi si bloccò in quello che vide.
 
Sam e Alisea seduti vicino sul pavimento con le teste appoggiate l’una contro l’altra.

Un sentimento di tenerezza, assieme a qualcos’altro che si scuoteva dentro di lui, gli fece fare dietrofront.

Per non disturbarli.
 
























Note dell'autrice: meno male che ho cominciato questo capitolo già ieri, se lo facevo tutto oggi non lo so..ahhah xd mi ha stressato sto capitolo, non so perchè xd
 comunque ditemi per favore se conoscete la canzone e se vi piaceeee *_*

mi è venuta in mente oggi quando arrivando in anticipo per l'apertura del supermercato, dovevo aspettare che aprisse, mi sono messa a sentire questa. xd Tra l'altro, la canzone è: Una canzone d'amore : 883.

Nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle :D 
   

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Capitolo 23
*** La dolce visione d'affetto di Sam su lui e Dean ***


Sam si trovava a casa e doveva fare il tema che il professor Black gli aveva imposto.

Il tema era sempre sui ragazzi dai capelli rossi. Il libro, dopo aver provveduto a raccontare tutta una serie di panzane su di essi, aveva seguitato a parlare degli amici di codeste povere creature.

Si diceva che un tempo si credeva che le povere persone che avevano la sfortuna di cadere nella rete ammaliatrice di codeste creature perfide, riuscivano ad irretirli in un modo che li faceva sprofondare in un abisso di sangue, tormento e dannazione eterna. Per questo i rossi venivano isolati, avevano lo strano potere di irretire anche la più angelica creatura celeste e distruggerla.

“Una marea di cazzate!” proruppe Sam alla fine.

“Sam? Stai bene?” domandò Dean dal divano.

“Sto benissimo. Vado a bermi un succo.” Disse Sam, allontanandosi dal tavolo da pranzo per andare in cucina.

Dean approfittò della sua momentanea assenza, per sbirciare il foglio di Sam. A ogni parola, la sua fronte si corrucciava di più.

“Ti soddisfa quello che leggi?” chiese Sam, bevendo il succo d’arancia dal cartone.

“Io..non proprio! Scusa.” Disse Dean, lasciando il foglio.

“Non preoccuparti. Se avessi voluto che restasse segreto, sarei andato di sopra. Aspetta, te lo leggo a voce.”

“Sam, non è necessario..”

Sam lo ignorò.
 


“Sono dell’idea che non puoi governare del tutto un uomo, se non controlli anche il suo cuore, non avrò paura di nessun controllo mentale, fino a che avrò il mio cuore e esso mi ascolterà e io lo ascolterò ed esso mi dirà di scegliere sempre di aiutare le persone che amo e di non giudicarle per il vestito che indossano o per i colori del loro corpo, ma per quello della loro anima.

Fino ad allora saprò che il mio cuore è mio ed è giusto

Ora e per sempre.

Sam.”
 


Un silenzio imbarazzante segnò queste parole.

“Se me lo avessi chiesto, te lo avrei letto.” Disse Sam in tono tranquillo. Dean cercò tracce di delusione o rabbia nel suo volto, ma non ce n’erano. Solo curiosità.

“mi dispiace. Io..ero solo preoccupato. Quando mi hai detto che quell’arpia ti ha trattato così..io..”

“Il tuo cuore adesso mente, Dean.”
Dean lo guardò pieno di terrore.

“Cosa?”

“In realtà tu temi questo tema, così come il professore, hai solo un modo diverso di dimostrarlo, ma anche tu pensi che Alisea, la mia amicizia con lei, possa farmi male, vero?”

“Io..lei..ti ha fatto sbottare in quel modo..davanti a tutti!”

“Pensi che ho sbagliato, forse? Dovevo forse ignorare una ragazza in lacrime?”

“Non sto dicendo questo. è comprensibile se…lei un po’ ti piace..ma..”

“Pensi che mi piace? Non credi che te lo direi, se fosse così?”

“Beh..in fondo non è facile ammettere certe cose..specie alla tua età..”

“Wow..” disse Sam dopo un attimo di silenzio. “In poche parole mi hai dato del bugiardo e del facilmente manipolabile. “

“Senti, io..non sono cose che mi riguardano la tua vita sentimentale!”

“Invece sì!” disse Sam, gelandolo, mentre stava già salendo le scale.
 
Sam non si lasciò scomporre dal suo irrigidimento.



“Sei mio fratello! Certo che ti riguarda! Non devi temere di interrompere qualcosa solo perché vedi che sto facendo ascoltare una canzone a una mia amica per consolarla, con un auricolare!”

Dean lo guardò stupito.

“A volte non tutto è quello che sembra, Dean!” disse Sam, scrollando le braccia. “Con permesso, devo andare in bagno. “


“Parlare di Alisea come tua possibile girlfriend ti fa venire voglia di andare a cagare? Glielo dirò la prossima volta che la vedo.” Disse Dean un po’ più leggero.

“Ma lo sai Dean che sei proprio uno stronzo??”
 
Dean ridacchiò,poi si appoggiò alla porta del bagno e sussurrò.

“è davvero dolce quello che hai scritto, Sammy. Sono fiero di te.”

Il cuore di Sammy perse un battito.

“Lo saresti anche se ti rivelassi che non era davvero quello che volevo scrivere??”

“C-come?” chiese Dean un po’ deluso.

“In realtà io volevo scrivere, che il professor White era un grande completo, gigantesco coglione e che dovrebbe scopare di più. Magari con il preside.”

Dean scoppiò a ridere.
 
 
 





Il giorno dopo, Sam si ritrovava con Dean e gli altri amici, nel baretto gelateria a pochi passi dalla scuola, si erano seduti nei tavolini fuori e si godevano il sole caldo. Era l'ora della pausa pranzo e Sam era più che mai desideroso dal distrarre Dean dal picchiare il professor White. Quando Sam gli aveva fatto recapitare quella spiegazione, White si era imbufalito e gli aveva piantato un bello 0 spaccato, dicendo che non era quello che gli aveva chiesto. Dean, che stava tornando da una riunione in sala professori, sentì le grida e stava quasi per entrare in classe e fare un macello, ma fu fermato prontamente da Clère, che gli impedì di entrare nell’aula e peggiorare la situazione.

Ora, durante la pausa pranzo si trovavano tutti al baretto. Sam, Dean, Castiel, Marika, Clère e Ruben. Dopo poco che erano lì, però, furono raggiunti inaspettatamente dal Preside. Sembrava raggiante.
 
“Buongiorno ragazzi, avete avuto una bella idea a fermarvi qui. è una bella giornata di sole per uscire, anche se spero che troppe leccornie non vi impediscano di concentrarvi sulle lezioni. Sono venuto a sapere che hai fatto di nuovo arrabbiare il professor White, Sam. Hai intenzione di stabilire un nuovo record?”

Sam lo fissò. Il preside aveva uno sguardo divertito.

“Non saprei.” Ma prima che potesse aggiungere altro, Dean si infervorò.

“Quello lì, ce l’ha con mio fratello..prima o poi io..”

“Dean! “ lo riprese Clère.
Il Preside sospirò.

“Ho già ripreso Black per la storia del tema e per il racconto che ha fatto in classe, detto tra noi, quelle credenze sono davvero orribili ed era ora che qualcuno lo dicesse e non si limitasse a bere tutto quello che si legge nei libri. Complimenti, ragazzo. apprezzo sempre chi sa usare la propria testa.”

Dean e Sam rimasero allibiti e per un po’ nessuno parlò, mentre anche Albert, ordinava una piccola focaccina.
 
 


Dopo un po’, Sam sentì un calore annebbiargli la mente, offuscargli la vista….era come se li dentro ci fosse come una coltre di nebbia, senza vederla…. Cercò di concentrarsi sulle bottiglie che c’erano sul bancone, ma smise subito non appena si accorse che fissare qualsiasi cosa lo faceva sentire peggio. Ora cominciò anche a girargli la testa, o forse era la stanza a girare?
 
“Stai male?” disse una voce vicino a lui, una voce famigliare.
 
Sam non riuscì a trovare le parole per rispondere, neanche riuscì a voltare la testa. Un attimo dopo si senti preso per il braccio e spinto verso il basso
 
Era Dean. Aveva capito che Sam aveva un giramento di testa e l’aveva attirato a sé facendolo sedere in braccio.
 
Questo non fece altro che far  esplodere la cosa che stava facendo agitare Sam. Qualunque cosa fosse.
 
All’ improvviso senti come un flash scoppiargli nella testa.
 
Vide delle cose. Cose di un altro tempo. Un altro luogo.
 
 
 
Vide un bar, ma non era lo stesso cui erano ora li. Era diverso. Molto più antico. E in un angolo, un ragazzo, fece sedere in braccio a sé un altro ragazzo, proprio come Dean aveva appena fatto con lui , ma quei due non erano loro due. Erano senza ombra di dubbio altre persone, anche se dovevano avere all’ incirca la loro età.
 
 
 
“Non sapevo che non reggevi l’alcool, la prossima volta un bicchiere di latte, eh?” lo canzonava il primo ragazzo.
 
“Sono in grado di badare a me stesso, e mollami, non sono un fanciullo” rispose l’altro che cercava di liberarsi.
 
“Diglielo a quella stufa là che stavi per centrare. DUE VOLTE, fratello” lo canzonò l’altro senza lasciarlo andare.
 
“Non sono tuo fratello” rispose l’altro cercando di non dare a vedere il calore che l’aveva avvolto dentro il cuore  nel sentire quelle parole.
 
Il tipo non si lasciò infatti ingannare e sorrise esasperato
 

 
“Ehi fratellino, stai bene?” disse con tono dolce ma ansioso, Dean.
 
Sam cercò di riscuotersi da quella visione, potente come uno squarcio nel cielo azzurro
 
“Dean?”
 
“E perché non la fata madrina? Hai avuto un attacco di panico?”
 
Sam cercò di raccogliere le idee e nel mentre arrivarono Ruben, Marika e suo fratello Castiel, trafelati. 
 
 
 
“Che cos’ha?” chiese Ruben, accorgendosi di Sam, che aveva lo sguardo perso nel vuoto, ed era ancora seduto in braccio al fratello.
 
 
Dean stava per ribattere, ma Sam si riscosse all’improvviso e balzò subito in piedi, imbarazzato che i loro nuovi amici e addirittura il preside, l’avessero visto in braccio al fratello maggiore.

 “Lasciami, non sono un fanciullo.”

Si rese conto subito di aver usato la stessa frase del ragazzo di poco prima, che non si sapeva a quale tempo potesse essere collocato*poco prima * , quel ragazzo che non poteva essere lui….si senti le gambe cedere.
 
 
“Sam? Ehi, ti senti bene?” gli domandò ancora Dean, appena prima che il fratello si accasciò tra le sue braccia.
 
“SAM!!”
 
“Presto, facciamolo stendere.” Ordinò il preside, sbrigativo, ma Sam sembrò muoversi ancora.

“Aspetti, sembra..che si sta rimettendo..” disse Dean.

“Mmm…”mugolò Sam a occhi chiusi, mentre gli cingeva il collo.

“Amico mio..” sussurrò sorridendo, dandogli due baci sul collo.

“Sam?? Ma che fai??” disse Dean imbarazzatissimo, spostandolo gentilmente da sé e guardando Albert terrorizzato che lo guardava con aria emblematica.

“Dobbiamo stenderlo. Lascia che..”

“No. Lo faccio io. È mio fratello.” disse Dean.






















Note dell'autrice: 

finalmente la storia sta andando avanti!! xd cominciavo a sentirmi sconfortata! xd chiedo scusa a tutti per i capitoli lenti xd ora dovremmo entrare un pò nel vivo della storia!

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Capitolo 24
*** Albert parla con Sam e Dean ***


Dean prese Sam in braccio e lo portò a distendersi sul divanetto del baretto al suo interno, in una saletta privata. Nessuno se la sentiva di portarlo a scuola, dove sarebbe stato visto come una specie di spettacolo da baraccone.

Gli amici erano andati a chiedere dei sali per farlo rinvenire. Sam rinvenne a poco a poco, mentre era sdraiato con la testa sulle gambe di Dean.

All’improvviso, sembrava che Sam avesse aperto gli occhi, ma qualcosa era troppo strano nel suo sguardo. I suoi occhi erano aperti, ma sembrava come se…brillassero. Come se tanti piccoli diamanti veleggiassero dentro i suoi occhi.

Dean sbiancò a quella vista, Albert se ne accorse e fece in modo di mettersi davanti con il corpo per impedire che anche gli amici potessero vedere quello che lui e Dean aveva visto.



“Per favore, ragazzi, andate a prendere un po’ d’acqua per Sam.” disse loro.
 
“Mmm..” appena loro si allontanarono, tuttavia, Sam si risvegliò.

“Sam, ehi, stai bene, piccolo?” gli sussurrò Dean dolcemente, accarezzandogli i capelli.

“Dean, cosa..cosa è successo?”

“Non è successo niente, piccolo. Sei solo svenuto. Non è niente, un calo di zuccheri probabilmente.”

Albert notò come, nonostante il biondo sembrasse terrorizzato, non aveva respinto il fratello minore. Una cosa di sicuro apprezzabile che dimostrava il grande legame che li univa.

Sam si alzò a sedere e abbracciò di slancio il maggiore che rimase di stucco.

“Perdonami, Dean, ti faccio sempre preoccupare così tanto. Sono solo un danno.”

“Ma che cosa stai dicendo, piccolo..non sei affatto un danno, hai capito? Non dirlo mai più.”
 
Il preside rimase in silenzio, intenerito dalla dolce scena che aveva davanti, ma anche abbastanza preoccupato.



“Vorrei parlare con te e Dean da soli, se non è di troppo disturbo.” Decise.
Dean guardò il preside, terrorizzato.

“Non penserà che mio fratello abbia qualcosa di grave, vero? È stato solo un capogiro.”

“Ne sono convinto, tuttavia ci sono delle faccende..che mi preme parlare  con voi, i vostri amici non sono inclusi, mi dispiace. Spero che capiate, ragazzi.”

Sembrava che tutti gli altri avessero voglia di protestare, ma evidentemente avevano tutti timore dell’autorità.

“Io..va bene..” disse Dean, prendendo per mano Sam e elargendo un’occhiata di scuse rivolte ai loro nuovi amici.
 
 
 


Albert aveva portato Dean e Sam fuori, a fare una passeggiata, un po’ al largo da dove distava la scuola. La scusa ufficiale, era che voleva che Sam prendesse un po’ d’aria, dopo che era svenuto, ma Dean sapeva che in realtà voleva parlare di qualcosa di grave e non voleva che orecchie esterne potessero sentire, forse anche Sam l’aveva capito.

Diversamente da quello che avrebbe fatto ogni persona dotata di raziocinio e mente lucida, Albert cominciò candidamente a chiedere a Sam di descrivere quello che aveva sognato, quando era caduto “in trance.”

“O se preferisci, possiamo chiamarla *visione*” aggiunse il preside, guardando Sam.

Dean sbiancò. Era chiaro che non credeva Sam avesse avuto una visione.

“Come l’ha capito?” chiese Sam, senza cercare di smentire.

Albert fece spallucce, ma Dean sembrava davvero spaventato.

“Che tipo di visione? Non farmi stare in pensiero, Sam..” disse Dean, prendendogli il viso tra le mani, ma Sam avvampò e si allontanò dalle mani calde e premurose di suo fratello, sfuggendo a quegli occhi verdi e preoccupati, quegli occhi verdi come smeraldi.

“Non è niente, io..forse l’ho solo immaginato..”

“Sam, è davvero molto importante che tu ci dica quello che hai visto e che ti ha tanto sconvolto. Fidati di me.” disse Albert.

La serietà del suo tono, impensierì ancora di più,Sam, ma lo convinse a sputare fuori tutto.
 
 
Qualche secondo dopo…

“Un saloon? Intendi un saloon come nei film western?” chiese Dean, da sempre grande divoratore dei western.
“Sì. Almeno credo.”

“Che significa che eri con tuo fratello, ma non eravate davvero voi? Avevate degli altri nomi?” chiese Albert, concentrato.

“Non solo..credo non fosse neanche mio fratello..”

Diglielo a quella stufa là che stavi per centrare. DUE VOLTE, fratello” lo canzonò l’altro senza lasciarlo andare.
 
“Non sono tuo fratello” rispose l’altro cercando di non dare a vedere il calore che l’aveva avvolto dentro il cuore  nel sentire quelle parole.

“Sapevo che non eri mio fratello, ma il bene che ti volevo..era come se lo fossi.” rivelò Sam a Dean. Vide che Dean gli lanciò uno sguardo appena adombrato e si sentì male.

Aveva dovuto mentire e dire che si era sentito come se Dean nella sua visione fosse come suo fratello, ma non era sicuro che fosse la verità..forse un po’ era anche così..ma c’era dell’altro..aveva semplicemente detto quello che era più facile da spiegare a loro, quello che forse tutti loro volevano sentire. “Io…non lo so..non ricordo..è solo una sensazione..nella visione sentivo che eravamo molto legati..che ci volevamo molto bene..ecco.” ripetè, estremamente a disagio, ripensando a quella visione.

Aveva provato una sensazione di amore molto potente durante quella visione e per quel ragazzo. Lo amava, ne era quasi sicuro, ma si sentiva male a dirlo.

“Guarda qua, scotti.” Disse Dean, mettendogli una mano sulla guancia e facendolo avvampare di più. “Per favore, signore, non parliamo più di questa…*visione. * non voglio che mio fratello si senta male di nuovo.”

“Tu che ne pensi, Dean?” volle indagare Albert.

“Io..non credo al soprannaturale, se è questo che intende.” Disse Dean, sfuggendo al suo sguardo.

“Ma qui non parliamo di soprannaturale.”

“Parliamo di mondi, vite precedenti..”

“Quindi se non credi a questo, non credi neanche a lui?”

“Io..non volevo dire questo!!”

“E non lo pensi, vero? No, tu credi a tuo fratello. C’è qualcos’altro che dovrei sapere, ragazzi?”

“Insomma, basta! Stiamo parlando di cose che non esistono. Mi dispiace, ma sta prendendo sul serio una cosa che nessuno prenderebbe sul serio..insomma..Sam chiaramente ha avuto una specie di sogno ad occhi aperti e..”

“E potrebbe anche non essere l’unico a fare di questi sogni ultimamente.” Rivelò Albert.
 
Dean lo guardò in un modo strano, come se qualcuno gli avesse dato un pugno.


“C’è qualcun altro nella nostra scuola, che ha di queste visioni?” chiese Sam, per lui.

“Non necessariamente dello stesso tipo di quelle di tuo fratello, però sì, so di un’altra persona che ha fatto strani *sogni * . è una persona che si fida abbastanza di me da avermene parlato in un momento di debolezza, quindi come potete immaginare, non mi sentirei a posto con la mia coscienza a tradirlo così…”

“Tradirlo?” chiese Dean a cui non era sfuggito il rimando all’uso maschile.
Albert sorrise alla sua perspicacia.

“Tuttavia alcune cose stanno sfuggendo di mano e in certe occasioni è d’obbligo fregarsene dell’etichetta. Credo che tutti e due – e mi riferisco al signorino Sam – sappiamo che in fin dei conti, il nostro primo incontro al mare, non è stato casuale.
 
Sam fece una faccia come se gli si fosse mozzato il respiro, Dean invece, si fece nero in viso e si mise davanti al fratello come a volerlo proteggere da un nemico pericoloso.

“Mio fratello aveva ragione, quindi..”
“Dean, prima lascia che..”

Deve stargli alla larga, non permetterò che gli venga fatto del male!” gridò Dean, perdendo del tutto il controllo.

“Dean..io non ho intenzione…”

“NO!!!”




Quasi come mossi grazie alla furia e alla paura di Dean, le foglie degli alberi che si trovavano davanti a loro cominciarono a muoversi con furia come se fosse in vista un uragano che muoveva violentemente le foglie degli alberi.

Allo stesso tempo un vento fortissimo minacciò di invaderli, ma solo il preside, esso non toccava neanche minimamente Sam e Dean.


“Sei stato tu??? Come riesci a farlo???” domandò il preside allibito.

“Stia..alla larga..” diceva Dean, tenendo sempre Sam come a volerlo difendere. Sembrava totalmente in balia lui stesso di quello che stava succedendo.

“Dean, ti prego, calmati. Fa cessare questa cosa..”

“Io non…non..AHHHHHH…” invece di fermarsi, ora tanti piccoli sassolini di ghiaia cominciarono ad alzarsi e a mirare in direzione del povero Albert che si coprì le mani.

“Dean, adesso basta, non sono un nemico!”

Ma Dean a malapena riusciva a rendersi conto di quello che stava capitando. Altri sassi, si alzarono minacciosi verso il professore e lo accerchiarono.

“Dean, basta, BASTA!” gridò a quel punto, Sam, stringendogli forte il braccio.
 
Una luce azzurra sembrò sprigionarsi dalla mano di Sam, andando a defluire direttamente al braccio di Dean e uscì fuori dal suo dito indice, schizzando a velocità supersonica.
 


E fu silenzio.
Il vento cessò. Gli alberi tornarono immobili e i sassolini caddero a terra con un tintinnio.
 
Per qualche secondo nessuno parlò, poi, mentre i due ragazzi riprendevano fiato, stretti a loro, l’uno all’altro, Albert parlò di nuovo.



“Un grandioso potere magico congiunto. È straordinario, ragazzi.”

“Giudica STRAORDINARIO quello che è appena successo??? Stava per farsi del male!! E poi quale potere? Non c’è stato nessun potere…e comunque..Sam non c’entra niente,sono stato solo io!” disse Dean ripensandoci.

“Adesso menti, ragazzo.” disse Albert. “Comunque quello che stavo cercando di dirvi prima, è che non avete nulla da temere da me, almeno da me.”

“Questo..che cosa dovrebbe voler dire?” chiese Dean.

“Credo di poter ragionevolmente supporre che non abbiate la minima idea di dove venga questo vostro potere..”

“Adesso ci starà per dire che siamo come in Harry Potter, è così? Ci dirà che siamo dei maghi?” rise Dean, ma l’attimo dopo lo guardò sgomento.

“No.” disse Albert. “Io non credo che tu e tuo fratello siate dei maghi, ma credo che qualcosa di strano stia capitando e non solo a voi, temo..”

“Cosa, altre persone sono coinvolte? Questo non può essere vero.” Disse Dean.
 
Albert li guardò per qualche secondo poi, come se avesse preso una decisione, parlò.

“Vi chiedo di non dire a nessuno,almeno per adesso, quello che è successo qui e io prometto di fare altrettanto.”

“Chi ci dice che lei..non andrà a denunciarci a qualcuno, non appena torneremo a casa?” chiese Sam, intervenendo.
Albert sospirò.

“Volete un’assicurazione? Bene, ve ne darò una. La signorina Alisea per il momento non deve sapere quello che è successo qui, oggi. Non è sicuro per lei e per noi.”

Questo sembrò rivoltare il mondo di Sam e Dean.

“Non ci posso credere..anche lei ce l’ha con quella povera ragazza..come White…non è giusto..lei è convinta di avere su di sé il bagaglio di tutti i mali del mondo..non è giusto che venga perseguitata in questo modo, non ha fatto niente di male e White l’ha fatta sentire come..come un MOSTRO!” sbottò Sam.
 
Albert sospirò di nuovo. “White non si è comportato bene e vi porgo le mie scuse anche per lui, ma è stato mosso dalla paura.”


“Paura? Paura di cosa? è solo una ragazzina! Aspetta..” disse Dean, fermandosi e realizzando all’improvviso. “Lei..anche lei fa quello che abbiamo appena fatto NOI?”

Ora entrambi i fratelli guardarono il preside, terrorizzati.

“Il professor Black è un professore molto perspicace e deve aver intuito che il legame che la signorina ha con tuo fratello, Dean, è qualcosa di misterioso. Non è un mistero che lei e tuo fratello si siano risvegliati dal coma in circostanze misteriose nello stesso ospedale. Il professore stava solo cercando di testare..”

“Come fa quell’uomo a sapere una cosa tanto privata di mio fratello??” sbottò Dean, ora davvero terrorizzato.
 
Albert sospirò, mentre Sam tremava tra le sue braccia.

“Mi dispiace molto di avervi spaventato, ragazzi. Non era mia intenzione, ma non posso più star zitto. Dopo quello che è successo, è fondamentale che voi sappiate delle cose in modo che possiate permettere a me di proteggervi, come meglio posso.”

“Proteggerci?? Proteggerci da chi??” chiese Dean sconvolto.

“Da un’organizzazione che sta indagando su un fenomeno che sta colpendo alcune persone che si stanno risvegliando dal coma negli ultimi tempi e che riferiscono di aver visto cose molto strane, ancora di più su chi ne esce CAMBIATO.”
 

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Capitolo 25
*** A casa del preside, tra verità rivelate, minacce e poteri che fioriscono. ***


A casa del preside, tra verità rivelate, minacce e poteri che fioriscono




Sam e Dean si erano presi un giorno di vacanza dalla scuola, per andare a trovare il preside nella sua bella casa e farsi raccontare il resto della storia, al riparo da orecchie indiscrete. Stavano attraversando il giardino rigoglioso in quel momento e nonostante tutto, i due ragazzi non poterono non fare apprezzamenti sulla bellezza della villa e del giardino e delle statue che circondavano tutto quel verde.

“Che bellissima, fontana, guarda, Dean.!”

Dean suo malgrado sorrise. Il suo dolce fratellino era così tenero e dolce. Lo attirò ancora più a sé e insieme a lui, suonarono il campanello.

“Buongiorno, ragazzi, accomodatevi pure. “ disse Albert con un sorriso.

“Dal lusso di questa villa, ci aspettavamo come minimo, che ad accoglierci sarebbe stato un maggiordomo.” Disse come al solito uno sfrontato Sam.
Albert ridacchiò.

“Ci sono, ma per oggi, non volevo orecchie indiscrete.” Disse, accomodandoli in salotto.
“Spero che vi piaccia il tè.” Disse, indicando il servizio sul tavolino.
“Non ci dispiace.” Dissero loro.
 
Albert vide che Dean fermò il braccio di Sam, dal bere il tè e sospirò.

“Un tale spreco. Va bene, voglio mostrarvi che potete al cento per cento, fidarvi di me. Ecco.” Prese una bottiglia che era posata al fianco del tavolino e versò il contenuto di tutte e tre le tazze, poi ne versò un’altra ondata per lui e bevve qualche sorso.

“Così forse vi convincerete che non è mio scopo avvelenarvi o farvi bere qualche strano intruglio che vi costringerà a dire la verità o vi frastornerà al punto che qualche forza oscura o criminale, vi catturi.”
“Noi non volevamo..” cominciò a protestare Dean.
“Va bene, va bene, non importa, ma mi preme iniziare il nostro discorso.” Disse Albert, che appariva però, seccato e ansioso di prendere a parlare. Versò dell'altro tè ai due ragazzi.
 
I due ragazzi finalmente accettarono di bere, più tranquilli.

“Voi due saprete sicuramente che da anni è sempre più fitta l’ossessione di dimostrare l’esistenza di altri mondi, paralleli ai nostri.
Sam e Dean annuirono.

“La teoria delle stringhe, la conferma che esistono altre galassie all’infuori della nostra, i buchi neri..l’Universo ci offre una miriade di possibilità, il fatto che sia così misterioso, è frustrante per tutti. La possibilità che ci sia una porta che può condurre ad un altro mondo là fuori, ma è..irraggiungibile, rende nervosi. Tuttavia, l’universo non è l’unico mezzo che molta gente ha cercato di usare per accedere ad un’eventuale PORTA. Molti ci hanno provato attraverso i sogni.
Sam e Dean restarono ad ascoltare attenti.

“Molti sostengono che i SOGNI siano una porta per altri mondi, da raggiungere attraverso l’inconscio. Vite passate, mondi paralleli, mondi possibili. Di tutto e di più, raggiungibili con la sola forza della mente e del desiderio.
“Che cos’ha a che fare questo con il coma di Sam?” chiese Dean che non era famoso per la sua pazienza.
“Ci sto arrivando. A quanto pare, negli ultimi anni, si sono registrati dei fenomeni strani tra alcune persone che tornavano dal COMA. Alcune di esse sembravano…cambiate.
“Cambiate in che senso?” chiese Dean.

“Come qualcuno che avesse passato una vacanza in Groenlandia o nel mar rosso e tornasse a casa stravolto, o come qualcuno che avesse affrontato un viaggio nel tempo perso nei ricordi di una vita che non era la sua. Queste persone ricordavano a malapena la loro vecchia vita e sembravano assumere strane…capacità. Vi ricorda qualcosa?”
 
“Quello che è successo a Sam.” disse Dean.
“Esatto. Negli ultimi dieci anni, il governo ha fatto di tutto per tenere la cosa nascosta, o per annoverare come pazzi, quelli che anche solo provavano a raccontare una simile follia, che erano stati in un altro mondo, anche perché queste persone non ricordavano quasi nulla di quello che sostenevano di aver passato in questo cosiddetto altro mondo."
“Aspetti un attimo, io ho sempre letto di persone che sostengono di aver visto l’aldilà mentre erano in coma!” disse Sam.
Albert sorrise al suo indirizzo.
“Sì, proprio così. “
“Ma allora cosa…le due cose sono collegate?” chiese ancora.
“Qualcuno di noi, sospetta che numerosi casi di persone tornate dal coma, siano stati per così dire..spinte a parlare di aldilà, per non parlare esplicitamente di un altro mondo.”
 
“Ma..ci sarà qualcuno che ricorda cos’ha vissuto veramente, cos’ha visto, se ne sono così convinti, sicuramente è perché..”
“Tu ricordi?” chiese Albert in tono gentile.
“Io..no.” disse Sam a malincuore.

“Tuttavia, hai dei poteri, ed è molto di più di quello che in passato, persone che sono uscite dal coma come te, hanno avuto. Molte di esse con la forza della mente, riuscivano a malapena a spostare una matita di un millimetro, tu riesci a fare cose straordinarie, ragazzo, e questo ti rende in gravissimo pericolo.”
“Perché?? Che cos’ha lui di così tanto grave, rispetto agli altri??” disse Dean quasi urlando.
 
Albert sospirò per un altro po’, poi parlò di nuovo.

“I tentativi da parte delle varie organizzazioni, di insabbiare tutto, si sono ritorte contro, alla fine, presumo. Sta girando una specie di profezia al riguardo.”
“Profezia??” dissero in coro Sam e Dean.

“Questa profezia dice che arriverà un giorno l’incarnazione del Male in Terra e che ci sarà bisogno dei cavalieri valorosi di un altro mondo, per fermarlo.
“L’incarnazione del male?” chiese Dean scioccato.
“Lucifero.” Disse semplicemente Albert.
“Il Diavolo??” disse Dean scioccato.

“Non proprio lui in persona.” Disse tranquillamente Albert. “Questa profezia, dice che il diavolo potrebbe servirsi di un ragazzo, un ragazzo che già in PASSATO è stato cercato e voluto dal maligno, lo userà per tornare sulla Terra in questo tempo e regnare.”

“E lei ci CREDE? Ci credete tutti?? Dove sta questa fantomatica profezia??” disse Dean.
“In pochi sono riusciti a leggerla, prima che hanno fatto in modo che sparisse.”
“E lei allora come fa a saperne il contenuto??”
“Dean, la mia onestà non è in discussione!
“Ah, certo, invece la nostra, quella di Sam, Sì???” gridò il biondo.

“DEAN!” questa volta fu Sam a richiamarlo.
 
“Perché ci sta raccontando queste cose proprio a noi?? Crede forse che Sam potrebbe ospitare il maligno??”
“Io no. “ disse tranquillamente Albert. “Ma qualcun altro potrebbe pensarlo.”
“Perché??? Mio fratello è il ragazzo più dolce e gentile che io abbia mai..”
“E proprio per questo potrebbe essere una preda succulenta per il diavolo! In quanto al perché, tuo fratello ha dimostrato di avere dei poteri magici molto potenti. Se lo vedessero ora, penserebbero che è lui, proprio LUI, non dico che sia così..” disse per tranquillizzare Dean. “Ma lo penseranno, è per questo che dovete essere preparati a sapere queste cose.”

“Tutto questo è..è assurdo. Sospettate di me da quando ho messo piede in questa scuola, vero?” chiese Sam.
“No, Sam, da prima.
 
“Cosa??” dissero in coro i ragazzi.
“Ve l’ho detto. Sapevo di te ed Alisea da quando vi siete risvegliati dal coma. Ho delle spie che incarico di tenere sotto stretta sorveglianza le persone che escono da un coma e riferiscono di aver visto o provato cose strane.
“Quindi se lo sa lei…anche altri..” a Sam mozzò il respiro.
“Ultimamente si adotta un’altra politica.” Lo rassicurò Albert. “la minaccia di un male che viene da un altro mondo è presa così seriamente, che si pensa che bisogna agire con cautela. Il Governo ha deciso di indagare in silenzio su chi possa essere il predestinato a portare il maligno sulla Terra.”
“E il cerchio è ristretto a chi è uscito dal coma?” chiese Sam.

“No. Purtroppo no. Non fanno menzione del coma. Ecco perché potrebbe essere chiunque, nonostante ciò, sono tenute sotto controllo le persone che vengono scoperte ad usare arti magiche.” Disse Albert.
 
Per un po’ piombò il silenzio sui due ragazzi.

“Prima ci ha parlato di Alisea..e poi lei sostiene che io e lei eravamo DAVVERO in un altro mondo..potrebbe essere dunque LEI?” chiese Dean.
Albert sembrava un po’ in conflitto.

“C’è qualcosa di strano nella signorina Alisea, sicuramente, ma non ha evidenziato arti magiche visibili, quindi non possiamo esserne sicuri. Tuttavia, il professor White sostiene di ricevere da lei, delle vibrazioni negative.”
 
“White?? È coinvolto anche lui in tutto questo??” chiese Dean.
Albert sospirò.

“E va bene. Scopriamo tutte le carte. White e io facciamo parte della stessa organizzazione, che si basa su larga scala, che sta indagando su questo fenomeno di scala mondiale.”
 
Sam e Dean si alzarono in piedi e il maggiore si pose immediatamente a scudo su Sam.


“Non avete niente da temere su di noi.”
Lei ci ha mentito?? Ci ha detto che voleva proteggerci!!”
Ed è così! Ascoltate, è un’eredità che ha radici lontane nella famiglia, non mi aspetto che comprendiate, ad ogni modo, io e White eravamo poco più che inservienti in questa grande organizzazione, quasi invisibili, poi sono avvenuti dei cambiamenti."
“C-cambiamenti? Che genere?”

“Ricordi. Di un’altra vita. Ancora molto confusi per parlarne. All’inizio avvicinare White, fu difficile, lui non voleva neanche parlare con me, o parlare di questa COSA…diceva che ci avrebbero ucciso se avessimo osato contrastare o mettere in dubbio quello che ci ordinavano di fare, ma poi lui..ha cominciato a sognare.
 
“Sognare??? Sognare cosa??” chiese Sam.
 
 
 

Il sogno di White 

Oscurità…..oscurità completa. …non si pensa mai che il principio è SEMPRE buio….come la fine…. .tutti dicono che quando si muore si vede una gran luce bianca…non è vero..quelle sono favole. È il buio la prima cosa che vedi. E tutto quello che ti accompagnerà dopo. Come potrebbe esserci luce dopo il buio?
 
 
"Avrei dovuto saperlo….. "sussurri. Cammini ancora un po’, come un automa. Ti fai strada verso…
  "Aspetta….è un corridoio?....."
 

Continui a camminare….
 
"Il corridoio di una scuola….ma è tutto buio….non vedo niente…."
 
All’improvviso il corridoio si ilumina in maniera violenta, come se qualcuno avesse acceso di colpo decine di riflettori all’interno…ma non erano riflettori.
 
 
“Sono LAMPADE. Sono lampade antiche appese ai muri” esclami con stupore nella voce.
 
“Allora….allora non è vero che c’è solo oscurità e che non esiste la luce.”
 
"Si vede quel che ci si aspetta di  vedere….anche se non corrisponde al vero".
 
  “Aspetta….io non capisco più niente…c’è una tale confusione nella mia testa…credo di non riuscire a ricordare neanche più chi sono. Sono maschio o femmina? Io…non lo ricordo più” dici toccandoti la testa.
 
“Che importanza ha? Si nasce androgini, poi l’uomo nega la sua parte femminile. Il format esterno sentenzia: maschi di qua, femmine di là.
IDIOTI.”
 
Tu sobbalzi.
 
"Vogliono dividere L’UNO, ma non possono dividerlo."
  "Io non capisco…."
  "Non importa. C’è uno specchio là in fondo. Puoi guardarti, se vuoi".
Ti avvicini lentamente e guardi con timore dentro lo specchio. Con timore e con una certa soggezione.
 
Riconoscimento. Era tutto quello per cui lottano gli esseri umani dal momento in cui vengono al mondo a quando muoiono. Per tutta la vita cercano di riconoscersi, di capire chi sono e non riuscendoci, cercano di riconoscersi negli occhi degli altri, incorrendo in un’illusione dopo l’altra…dopo l’altra….
 
"Io…sono davvero io?"
"Ne hai forse qualche dubbio?"
"Non riconosco la persona che è nello specchio".
“Quella persona non sei tu. È solo un’immagine illusoria”.
 
 
Ti giri con aria sprezzante
 
 
“Adesso NE HO ABBASTANZA di questi giochetti. DIMMI CHI SEI.”
  
“Come, con tutta questa luce non riesci a vedermi?”
 
“Sei avvolto da una nebbia” rispondi con aria dura.
Ti sbagli! Non c’è nessuna nebbia. Tu la vedi intorno a me perché i tuoi occhi non sono ancora pronti a riconoscermi.
 
“Aspetta….io ti conosco già???” Sgrani gli occhi. Non capisci. Sarebbe servito a qualcosa dirti che una volta ti chiedevi continuamente come facevano le persone a meravigliarsi sempre di tutto, anche delle cose che in fondo sapevano già? Adesso tu stavi facendo lo stesso.
 
Non rispondo. Faccio un sospiro. Ti prendo una mano.
  “Voglio solo che tu sappia una cosa. Non ho mai voluto  farti del male. Lo sai, vero?”
“L’hai fatto?” Dici con voce strozzata.
“No! Volevo dire che…non ho mai avuto intenzione di farlo. Neanche quando….c’è stato il grande crollo di tutto.”
 
“Io non capisco quello che tu dici”.
“Si invece, lo rifiuti solamente. Vedi,” dico stringendoti ancora di più la mano.
 
“Io…non riuscivo a capire come potessi decidere di buttare tutto all’aria, tutto quello che avevamo, per colpa di un branco di ragazzini….non riuscivo ad accettarlo…io…”
 
“Lasciami la mano!”
 
“Non potevo accettarlo!! Tu volevi proteggerli, ma non  è… non era nella nostra indole farlo….”
 
Momento di silenzio.
 
“Nostra?” Dici con voce strozzata. Percepisco la paura nella tua voce.
Ti lascio la mano.
 
"Basta cosi. Questi ricordi sono troppo dolorosi e poi comunque quando ti risveglierai non ricorderai più niente…e neanch’io.
“Aspetta, cosa vuoi dire?”
 
Mi limito a sorridere.
 
Non ha importanza.
In quel momento, di nuovo il buio.
 
 
 
  
Sam e Dean rimasero basiti a sentire di quel sogno.
“Il…corridoio di una scuola?” chiese Sam allibito.
Albert annuì.
“Ho ragione di supporre, teoria poi confermata da White stesso, che lui ha sognato QUESTA SCUOLA.”
 
Il grande crollo di tutto?” domandò Sam.
“Sì e su questo possiamo fare varie ipotesi. Chi potrebbe parlare così? Qualcuno che parla di un impero? Quindi forse UN RE? Cos’è crollata? Una città? Un impero?”
“Perché non Atlantide.” Disse Dean sarcastico. “Immagino che il signor White non ricordi chi sia la signorina misteriosa.”
 
“Sbagliato. La ricorda e l’ha sognata prima di incontrarla. È Ariel, la nuova professoressa.”
 
Sam e Dean rimasero basiti e a bocca aperta.
“La donna che ci ha aiutati quando abbiamo soccorso quegli animali prima di andare a scuola??” chiese Sam.
 
Albert annuì. “Sì. White sostiene di averla sognata ancora prima di incontrarla.”
“E lei gli crede??”
 
“Sì. Non ha ragione di mentire. Per qualche ragione, lui e questa donna sono collegati, lui deve averla delusa..ferita..forse gli ha spezzato il cuore..anche se non sono del tutto sicuro che fossero amanti.”
“I due ragazzi lo guardarono con curiosità.
 
“White mi rivelò che lui sognò di lei più come se fosse…famiglia.
 
“Mmm..ha parlato di un branco di ragazzini..” disse Dean.
“Sì e questo ovviamente mette in mezzo anche voi, mi dispiace tanto.”
 
I due ragazzi lo guardarono ancora più sorpresi.
 
“Se White ha parlato di ragazzini e ha sognato la scuola, è molto probabile che il suo sé di prima si riferiva a ragazzi di questa scuola e se la mia teoria è giusta, che in quel momento non era lui a parlare, ma una sua precedente incarnazione,  i ragazzi di cui parla, potrebbero trovarsi qui in QUESTA SCUOLA,potrebbe essere chiunque, perfino voi due, o i vostri amici.”
 
“Quindi White..potrebbe avercela avuta con noi in un altro mondo?”chiese Dean.
“Questo spiegherebbe il suo comportamento nei nostri confronti, ma cosa c’entra Dean in tutto questo? Lui non è mai stato in coma.” Disse Sam.
 
“No, è vero, eppure viene come influenzato da te, è ancora un mistero il come, ma a quanto pare non sei l’unico a possedere la magia, Sam, anche se nel caso di Dean è ancora più affascinante, nel suo caso, Dean la usa per proteggere TE.”
 
Sam si voltò a fissare Dean.
 
“Quindi mi sta dicendo che anche io sono stato in un altro mondo magico e per chissà quale ragione, sono il custode di mio fratello?” chiese sarcastico, ma Sam gli lanciò un’occhiata tanto dolce che gli fece tremare le gambe.
 
“Sembrerebbe di sì.” Disse Albert sorridendo. “Ti va di provarlo?”
“Come?” chiese Dean.
 
Albert li invitò a seguirli in una stanza. All’interno c’era un fondale finto di una foresta amazzonica.
 
 
 


“Questa stanza è insonorizzata e costruita con un materiale che dovrebbe essere resistente a ogni forma di attacco. Forse avrete voglia di mostrarmi che cosa siete in grado di fare.” Disse Albert.
“C-che cosa? Non funziona così! Crede che possiamo comandare questa cosa a bacchetta?” chiese Sam.
 
“Cosa?? Pensi di non riuscire a controllare quello che è dentro di te??”
“No!”
Allora sarai una facile preda per il demonio!!!” gridò Albert.
“NOOOO!” gridò Sam.
 

Una specie di cascata proruppe, immergendo Albert e cominciando a bagnare tutto il pavimento, ma non era stato Sam a provocarla.
Ma Dean.

“Non…non deve parlargli in questo modo..lui non è..una preda per il diavolo!” disse Dean.
“Molto bene, Dean, ci sei riuscito” disse Albert ammirato. “Ora però fermati.”
“Non..non posso..è troppo più forte di me!”
Controlla le tue emozioni!”
“NON POSSO!!!”
“SAM, AIUTALO!!”
 
Sam lo fissò e cercò di parlargli.
“Dean, ti prego, fermati.”
“Non posso, Sam, non riesco.”
“Se le parole non aiutano, prova con altro, Sam!”

Sam, visibilmente terrorizzato, ma incapace di distogliere lo sguardo dal fratello, coprì la mano con la sua.
Non sapeva neanche lui cosa voleva fare, ma dalla sua mano, fuoriuscì come una ramificazione floreale che si espanse sempre di più, fece crollare i fondali finti della stanza e ne creò di veri, tutto attorno nacquero piante e fiori rampicanti bianchi sulle pareti e  altre foglie e fiori che cominciarono  a posarsi sull’acqua che si muoveva incontrollata, fino a finire per fermarla del tutto.
 
Dean ed Albert assistettero a bocca aperta all’opera compiuta da Sam. Ora nella stanza c’era un piccolo laghetto che copriva loro le ginocchia e sopra di esso fiori ed erba, come fosse una palude, ma il tutto sembrava uno spettacolo paradisiaco.

“A quanto pare, siete l’uno i custodi dell’altro. “ disse Albert con tono estatico, ipnotizzato da quello che era appena successo.
“Sam..tutto questo..sei stato tu!!” disse Dean, tenendogli le spalle, guardandolo con sguardo adorante e orgoglioso.
Albert stava ancora cercando di muoversi a fatica nell’acqua, ma ad un tratto, dei passi frettolosi e una porta spalancata, li fecero sussultare tutti quanti.
 
 
“TU..COME…come hai OSATO..” White si stagliava sulla porta con tutta la sua altezza e guardava i due ragazzi, lo spettacolo appena avvenuto e il preside con sguardo fiammeggiante e cattivo, come se lo odiasse.
“Black, era necessario informare i due ragazzi della gravità dello stato in cui noi..”
“NON AVEVI NESSUN DIRITTO DI METTERE IN MEZZO ANCHE ME IN QUESTA FOLLIA, Vuoi farti uccidere?? BENE, ma non hai nessun diritto di decidere per me!”
“Black..”
Come HAI OSATO raccontare a due ragazzini, delle cose tanto private, MIE, SENZA IL MIO CONSENSO? IO TI UCCIDO!”
 
Prima che Sam e Dean potessero avere il tempo di urlare o ribellarsi, White era inaspettatamente, non si sa come, riuscito ad afferrare Albert per la gola, ma, con orrore di Sam e Dean, il professore non usava le MANI, era riuscito non si sa come, a sollevare dal suolo Albert, senza toccarlo e ora lo stava tenendo per la gola ancora senza usarle, con una forza invisibile che sembrava strangolarlo.

“Signore!! Signore, cosa sta facendo?? Come fa a farlo??” chiese Sam gridando, rivolto al preside.
Black ghignò.
“Suppongo quindi che non gliel’ha raccontato, ma come, Albert, hai raccontato già molto di me, perché non finire in bellezza, nascondendo loro questo piccolo dettaglio?”
“Non è….coff..mia intenzione farti del male..Black..loro avevano bisogno di sapere..non mi avrebbero mai creduto..coff..altrimenti..”

“Chi ti da il diritto di decidere della vita e del destino degli altri, Albert, CHI??”
Black sembrava del tutto fuori di sé.
“Black..io voglio aiutarti..voglio aiutare tutti noi..”
“Bugiardo! Sei un bugiardo anche tu, come LEI. Come quella donna che hai assunto qui, non so come ne perché, ma mi ha voltato le spalle.  Il mio sogno parla chiaro e ora lo fai anche tu.” La forza oscura che stringeva la gola di Albert, se ne andò, ma non il suo restare sollevato al suolo. Black arrivò da lui e gli strinse la gola, lui stesso, mentre Albert rimaneva sollevato.
 
Delle inaspettate ramificazioni cominciarono a stringere magicamente contro il braccio che teneva la gola di Albert come a volerlo strangolare o forse solo minacciarlo. Le ramificazioni si strinsero sempre più a lui come dei tentacoli che volessero trattenerlo.
White non si scompose, ma osservò con curiosità i tentacoli che lo fermavano e si rivolse al preside  socchiudendo gli occhi.


“Dì al tuo giocattolo di lasciarmi andare, o uccido te e lui.”
“S-stia lontano da lui. Lo lasci andare!” disse Sam coraggiosamente.
Il preside però sembrava mantenere la calma.

“Lascialo andare, Sam, è sempre il tuo professore, non puoi aggredire un tuo insegnante.”
“Ma lei lo sta strangolando!!” si ribellò Sam.
“Fai come ti dico o dovrò metterti in punizione!” disse il preside coraggioso.
Sam a malincuore richiamò non sapeva neanche lui come, le ramificazioni, che scomparvero.
 

Black sembrava aver perso parte della sua follia. La sua stretta si fece meno salda, ma la sua rabbia era ancora tanta.
“Se pensi di avermi calmato con questo spettacolino, sei fuori s..”
“Io sono tuo amico, Black..”
Amico?? Tu mi hai usato!!” ora la follia nei suoi occhi sembrava essere tornata. “Io ho MENTITO per te, ho fatto la SPIA per te, dai molto per scontato, Albert, forse non voglio più farlo.”
“Allora uccidimi. Se pensi che io ti abbia solo usato, fallo.”
“NO!!” gridarono i due ragazzi e cercarono di raggiungere il preside a piedi stavolta.
 
“State alla larga, non avvicinatevi!!”
“Non gli permetteremo di farvi del male!” disse Dean.
“Non importa quello che succederà a noi!” disse Sam di rimando.
 

“Black non mi farà alcun male. Mi fido completamente di lui. Non è vero, Black? Non è quello che ti ho sempre detto?”
Black, che aveva sgranato gli occhi, aprì la bocca in una smorfia e i due fratelli pensarono per un breve attimo che avrebbe sbraitato oppure colpito il preside, ma lui esalò un lungo sospiro, alla fine lo lasciò andare.

Nonostante il gesto brusco, era solo Black quello che sospirava vistosamente per riprendere il controllo. Albert, di rimando, sembrava esser rimasto impassibile. Non si era nemmeno accasciato al muro, né si teneva la mano nel punto in cui Black lo aveva stretto.
“Come ti ho già detto, dai un sacco di cose per scontate, Albert.”
E dicendo così, si allontanò come una furia da lì, lasciando la stanza.
 
Dean e Sam furono subito accanto al preside ad assicurarsi che stesse bene.
“Sta bene? è ferito?” chiese il maggiore.
“Gli ha fatto del male?” chiese Sam di rimando.
“Non avete niente da temere da Black, la sua è tutta scena.”
“Quell’uomo è crudele..avrebbe potuto..” cominciò Dean.
“No! Non è crudele, è solo un uomo spaventato.”
“Come sa che non ci tradirà?” chiese Dean.
“Mi fido di lui, ad ogni modo è un’altra la cosa di cui dobbiamo preoccuparci adesso.” E dicendo così, si voltò verso i due.
“Ho un compito per voi. Dovete..o meglio non siete obbligati, ma spero accettiate..di spiare qualcuno per me.”

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Capitolo 26
*** L'ipnosi di Marika ***


Marika stava camminando nella metropoli caotica, c’era un sole cocente che la picchiava in testa e le rendeva i capelli, che erano lunghi fino al fondoschiena,  appiccicosi, e la maglietta inzuppata
 
Eppure faceva freddo, era un maledetto venerdì pomeriggio di un maledetto fine ottobre, e faceva un freddo micidiale, ti entrava nei polmoni.
Marika continuava a camminare, incurante della bolgia infernale di macchine che riempivano la strada, ma lei non le guardava, non osava alzare lo sguardo.
 
E anche se l’avesse fatto, non avrebbe comunque corso alcun pericolo, la strada non era poi cosi trafficata.
Camminava a testa bassa, sistemandosi meglio con una mano, la sciarpa viola che portava al collo, con quella manovra sfiorò i suoi capelli con la mano, che non erano affatto lunghi fino al fondoschiena, gli arrivavano poco più sotto le spalle e non erano affatto bagnati di sudore, erano CONGELATI dal freddo, ma Marika non tenne conto di questo  e continuò a camminare, la sua mente ora era diretta a un certo appartamento  disabitato, che tuttavia, non era poi cosi disabitato come avrebbe dovuto essere.
 
 
 
 
DISSOCIAZIONE. Una parola che nessuno sa mai cosa vuol dire con esattezza, ma che senti cosi tanto spesso, da anche solo intuire cosa significhi, ma INTUIRE non è lo stesso di sapere.
 
 IMMAGINARE non è lo stesso di provare.
 
Eppure Marika sapeva che non era cosi, non proprio. A volte immaginare e PROVARE, combaciavano. Si confondevano l’un l’altro, e quanto avrebbe voluto invece non scoprirlo mai.
 


Sam e Dean continuavano a seguirla a distanza, chiedendosi dove la ragazza stesse andando, quando Marika arrivò finalmente all’ appartamento.
Sam e Dean sgranarono gli occhi, notando che davanti a loro comparve un appartamento che prima sembrava non esserci. Non l’avevano notato prima.

“Sam,quando è comparso quell’aappartamento? Tu l’avevi visto?” chiese Dean.
“No, Dean.” Rispose Sam, basito.
 
La ragazza apri il portone con la chiave e fu allora che i due ragazzi videro l’intero appartamento come illuminato da un’aura gialla e magica e attorniata da un gigantesco buco che irradiava un'immensa luce azzurra di energia.

“Mio dio, ma nessuno lo vede?” chiese Dean.
“Presto, Dean. Prima che si richiuda!” lo spinse Sam, correndo con il fratello.

Sam e Dean raggiunsero la barriera che separava l’appartamento dal resto della città, appena in tempo. Marika chiuse il portone alle sue spalle con la chiave lunga che aveva tirato fuori e scomparì alla vista.

“Oddio, pensi che riusciremo a tonare indietro, Sam?” chiese Dean, allungando una mano verso quella che pareva una sfera invisibile in cui erano racchiusi.
“Se Marika fa avanti e indietro, anche noi possiamo, ma adesso noi non dobbiamo tornare indietro, dobbiamo andare avanti, Dean.” Disse Sam, aprendo il portone.
 
Marika stava salendo le scale e aveva già fatto un bel pezzo, Sam e Dean cercarono di non correre per non farsi sentire.
La sentirono esclamare:

“Riesci sempre a capire quando sto arrivando, non so come fai."

“Riconoscerei i tuoi passi dovunque, Marika” disse la voce che proveniva dalla stanza in fondo.
“Addirittura attraverso una porta chiusa?” rise nervosamente Marika avvicinandosi.
 
“Everywhere” rispose la voce, parlando in inglese.
 
“Adoro quando parli in inglese “ sorrise Marika.
 
La voce emesse una risatina. “Mi piacerebbe sapere se l’adulazione l’hai imparata da me o viceversa.”
 
La porta si richiuse con una risatina della ragazza.
 
Sam e Dean si guardarono a vicenda.

“Come faremo a indovinare dove si trova?” chiese Dean.
“Non resta che provarle tutte.” Disse Sam, guardando le varie porte.
“Cosa? Ma..la nostra missione segreta? E i coinquilini non se la prenderanno a male?”
“Dean, non credo che sia un vero palazzo, questo!”
 
 

Dean scoprì che Sam aveva ragione. Provarono ad aprire e suonare svariate porte, ma esse,  restavano immobili, senza nessuno che venisse ad aprire, o svanivano come se non fossero mai esistite, facendo venire ai due fratelli, dei brividi lungo la schiena.
“Credi che ci troviamo in un palazzo stregato, Sammy?” chiese Dean.

“Probabile o forse è la rappresentazione di un palazzo in cui prende vita i desideri delle persone..avevo letto qualcosa di simile in proposito, una volta..”
“Forse in un fantasy.” Disse Dean.
Sam lo guardò facendo boccuccia. “Dettagli.”
 


Tre rampe più su, Dean e Sam si trovarono davanti ad una porta trasparente e azzurra, sembrava fatta d’acqua, con delle venature nere dentro.
“Mi fa paura..” disse Sam, mettendoci la mano dentro.
“Anche a me..beh..entriamo..” disse Dean e i due fratelli entrarono.
 
 
 
*

Posso vedere che stai sorridendo Marika, anche al buio.”
 
“E ti fa piacere la cosa?” domandò Marika sempre sorridendo.
 
“A me si, ma potrebbe far piacere anche ai tuoi nemici, tu sei una ragazzina emotiva e sensibile, cosi sensibile che mostri il tuo cuore a tutti, ma questo è pericoloso, i tuoi nemici non devono rendersi conto della tua debolezza, se lasci che vedano il tuo animo gentile…..”
 
“Tu non sei un mio nemico” disse Marika sentendo la voce incrinarsi un po’ dall’ agitazione.
 
 
Potè sentire il respiro dell’uomo farsi più intenso, come chi non riesce a ottenere dal suo interlocutore una piena comprensione di quello che vorrebbe dire, mischiata a una nota di tenerezza dolente.
 
“io no, ma non si sa mai chi potresti incontrare sulla tua strada.”
 
Marika non disse niente.
 
L’uomo si alzò dalla sua sedia e si mosse ad accendere l’interruttore.
 
 
La stanza si illuminò all’ improvviso. E tutto ora sembrava cosi caldo, cosi accogliente, e rassicurante.
 
 
Vide la piccola stufa che Robert aveva acceso per lei vicino al lettino, per farla star al caldo…una piccola stufetta elettrica, come faceva tutte le volte.
 
Si volse a guardarlo. Robert era un uomo di pressappoco 45 anni, una piccola barba marroncina e modesta, occhi nocciola profondi come quelli di un cerbiatto, le guance piene e la bocca simili a quelle di uno studioso, un uomo di libri, un uomo di scienza.
 
Sam e Dean camminarono piano, cercando di non farsi notare.
Marika stava parlando all’uomo, della scuola.
L’uomo le faceva delle domande, le domande riguardavano quelli che la ragazza stava cominciando a classificare come AMICI.

“Dici sempre che i tuoi legami non sono destinati a crescere nel tempo, ma a disperdersi nel vento, eppure, ricordi tutti i loro nomi.”
“Questo non ha importanza.” Disse Marika agitata.

L’uomo disse che quando le persone cominciavano a ripetere spesso dei nomi, era perché cominciavano a vederli parte integrante della loro vita, ne fossero consapevoli o no, fossero disposti ad ammetterlo o no.
 
Robert notava anche che Marika stava cominciando a usare il pronome “noi” riguardo ai nomi e anche questa era una cosa tipica che usavano fare le persone quando cominciavano a vedere nell’altro un qualcosa che li accomunava, che li legava , fossero disposti ad ammetterlo o no, ne fossero consci o no.
 
E ultimamente Robert aveva notato anche quello che considerava come lo stadio “successivo” . il primo stadio era quello dei nomi e della frequenza con cui pensi a questi nomi, il secondo stadio era quello di pensare a “noi” riferito a un altro essere umano individuale, e il terzo stadio….. era quello di usare la parola *amici* . una parola che, ti scuote qualcosa da dentro quando la senti usare da altri, ma che, quando la usi tu, ti esce spontanea, fluida, inconsciamente, ti esce naturale, a volte non te ne accorgi neppure.
 
 
Marika aveva negato per giorni interi di essersi fatta degli amici all’interno della scuola, tuttavia da un po’ di giorni aveva cominciato a usare questa parola per riferirsi a lei e a un gruppo di ragazzini che conosceva da forse due settimane.
“Come stanno i tuoi amici, Marika?” le stava chiedendo Robert. Marika si mosse un po’ a disagio.
 
“Non so se sono miei amici” rispose.
 
“Eppure usi questa parola quando ti rivolgi a loro” disse Robert dolcemente con lo sguardo attento e curioso.
 
Marika sembrò confusa per un attimo,  poi dopo averci pensato su disse: “Potrebbero esserlo, potrebbero diventarlo.”
 
“E che cosa manca perché lo diventino?” chiese Robert curioso.
 
Marika chiuse gli occhi, sul suo viso di porcellana un’espressione triste e solenne “Dovrebbero dirlo.”
 
Robert corrugò la fronte riflettendo sulle sue parole.
 
“Perché per te è importante che te lo dicano?”
 
Marika non rispose a questa domanda, e Robert aveva imparato che non doveva insistere quando non otteneva delle risposte. Passò quindi alla domanda seguente.
 
“ Sono gentili con te, no?”
 
“Si “ Marika sembrò indecisa.
 
“Passate tanto tempo insieme?” cercò di spronarla Robert.
 
Marika si mosse irrequieta. “Per la maggior parte del tempo i fratelli stanno insieme, è difficile avvicinarsi…”
 
Sam e Dean si guardarono. Perché Marika desiderava avvicinarsi a loro? Cos’aveva in mente?
Sperarono che non avesse cattive intenzioni, ma non sembrava una cattiva ragazza.
“Io…io…. mi mette a disagio parlare di loro, se sapessero che parlo di loro…che cosa penserebbero di me?”
 
“è normale parlare delle proprie relazioni da uno psicanalista, Marika, perfettamente normale, fa parte della procedura”
 
“Solo che tu non sei uno psicanalista, non proprio, e questo non è uno studio, non proprio, e la procedura nasconde altro, vero?”
 
“Apprezzo molto la tua intelligenza, Marika, hai sviato intelligentemente il discorso, rimbalzandolo grazie a delle domande, che,tuttavia, ti interessano comunque. Non è geniale?”
 
“Non fare lo psicanalista con me” disse Marika con un tono leggermente rancoroso.
 
“Eppure è proprio  quello che mi hai chiesto di fare. Di frugare nella tua mente”
 
“Non è vero, io voglio solo che tu mi dica da dove vengono le cose che VEDO, e soprattutto…..dove vanno a finire quando spariscono”
 
“Dove vanno a finire le cose che spariscono? Non era una frase del libro di Harry potter, uno dei tuoi preferiti?”
 
“io….io non….”
 
“- Finalmente ho capito cos’erano i miei fantasmi! Ero io…IO apparivo e scomparivo….è sempre stato cosi, per tutta la mia vita…..dei lampi….pensieri confusi….lunghi periodi di buio in cui non esistevo…e ogni tanto una visita in sogno, a questo mondo…quasi sempre nel posto sbagliato e nel momento sbagliato…..e poi di nuovo nel buio…un po’ come il cosmo tra le stelle…ho cercato di dare un senso a tutto questo vuoto, ma non ci sono riuscita…..non mi resta che tornarci, e per sempre…..    sono io il fantasma….. - non è una citazione di un fumetto di dylan dog?”
 
 
Marika cominciò a piangere sommessamente e l’uomo provò un po’ di vergogna. Gli sembrava di percepire la parola che non arrivò mai al suo orecchio e non arrivò mai alle labbra di Marika, ne udibile ne pronunciata, ma Robert la percepi comunque.

  CRUDELE. E anche se voleva fingere che non fosse cosi, aveva a cuore quello che lei pensava.  Sentiva affetto vero per quella ragazzina, e questo anche contro la sua volontà, ma non riusciva a impedirselo.
Si alzò.
“Non permettere mai a nessuno di farti piangere o di definire chi sei, nemmeno se questo sono io. “ disse e allargò le braccia in un chiaro invito.
Maledette emozioni.

La ragazzina gli corse incontro e affondò il viso contro il suo petto, singhiozzando.
“Perdonami…figlia mia…

Sam e Dean erano sconvolti. Si guardarono a vicenda.
“Dovremmo..” sussurrò Sam.
“No, aspettiamo ancora.” Sussurrò Dean.
 
 
 
 
*
Marika era scivolata gradualmente nell’ oscurità. In quell’ oscurità che tanto la terrorizzava durante il giorno. Ma ora c’era Robert con lei, che le parlava e questo la faceva sentire al sicuro.
 
“Sei rilassata?”
 
“No” era la verità.
 
“Non lo sto chiedendo a te” disse Robert boccheggiando la sua pipa.
 
Marika si mosse inquieta.
 
“Va tutto bene Marika, abbandonati, e lascia parlare l’altra parte di te. Lascia che racconti quello che ha da dire. Lascia che si risvegli.“
 
“Ok….”
 
Ecco. Adesso sei addormentata profondamente. Non sei più Marika. "Puoi dirmi DOVE SEI?”
 
“Sono….nel mio letto.”
 
“Cosa stai facendo?”
 
“Cerco di prendere sonno….ma sono agitata…ho deglii incubi….no…non sono incubi….deliri…”
 
“Hai la febbre?”
 
“io sto….sto….morendo.” disse Marika, e una lacrima le scivolò solitaria e triste lungo la guancia.
 
Robert rimase stupito e sembrò che faticasse a riprendersi dallo sconvolgimento per qualche attimo.
“Cosa ti è successo?” chiese poi con voce ferma.
“Il dottore sta parlando con i miei genitori. Dicono che ho una *macchia* nel cervello, che si allarga, ed è troppo avanzata, non possono fare niente.”
 
*tumore* pensò Robert.
 
“Non sanno che si tratta di tumore?” le domandò.
 
“Io…non so che cosa dici….tumore? non ho mai sentito questa parola…..so solo che sto morendo, il dottore dice che non supererò la notte….”
 
Robert era combattuto se chiedere a Marika di andare avanti o interrompere la seduta…rivivere la propria morte, in alcuni casi poteva sconvolgere il paziente.
 
“Mia madre mi ha dato un infuso di erbe per farmi dormire. Ha funzionato. Sto sognando. Sono incubi. Ma sempre meglio dei deliri. “ diceva ancora Marika.
 
 
 Marika cominciò a piangere e a singhiozzare. Diceva che ad un tratto fu strappata dai suoi incubi da ladri e saccheggiatori e barbari, che erano venuti ad uccidere i suoi genitori. Ad un certo punto una bambina si avvicinò a lei….aveva i vestiti sporchi di sangue e i capelli rossi come il fuoco, sembrava un demone….
 
 
 
La guardò e allungò una mano al suo viso, mentre Marika in stato di semi incoscienza si rendeva conto a malapena di quello che stava succedendo. Aveva gli occhi semi – chiusi in una smorfia di dolore per la malattia che la stava consumando. Non poteva muoversi.
 
“Sam…calmati..” gli sussurrò Dean, rendendosi conto che il minore aveva lunghe e copiose lacrime che gli scendevano dal viso. A quanto pare, il racconto di Marika lo stava scuotendo profondamente.
La bambina aveva lo sguardo allucinato, le toccò la guancia e all’istante la sua espressione cambiò. Aggrottò la fronte e le toccò la sua. La sua espressione si fece stranita e sorpresa, mentre Marika continuava a gemere in preda al dolore.
 
 
 
 
“Lei lo sa….” Disse Marika. “Sa che sto morendo.”
 
“Marika, adesso basta, TI ORDINO di svegliarti” disse Robert che non aveva nessuna intenzione di assistere alla cronaca della morte della ragazza, di ascoltare come questa bambina l’avrebbe finita.
 
“Sam!” sussurrò ancora Dean, stringendo tra le braccia il minore, cercando di cullarlo e tranquillizzarlo al meglio.
Sam sembrava boccheggiare come se gli mancasse l’aria. Era terrorizzato.
Se si facevano sentire, li avrebbero scoperti, ma vedere in quello stato suo fratello, lo faceva impazzire. Voleva che smettessero. Voleva urlare loro di smetterla.
 
“NO, non farmi svegliare….lei vuole…vuole curarmi….” Disse Marika.
 
Robert rimase basito. Questa cosa non se l’aspettava.
 
 
Marika raccontò di come la bambina mise la mano sulla sua fronte e all’improvviso accadde qualcosa, una luce si sprigionò dal suo palmo, Marika emise un sospiro di sollievo, poi la bambina le toccò la tempia con l’indice e la fece cadere in un sonno profondo.  A quel punto degli uomini stavano per entrare nella stanza…avevano la bocca sporchi di sangue, ma la bambina non gli permise di avvicinarsi.
 
“Questo bambino è morto, consumato dalla sua stessa malattia. Vi consiglio di non trasformarlo se non volete fare la sua stessa fine, sapete bene cosa fa il sangue di uomo morto” disse decisa.
 
“Mio dio….è terribile..” sussurrò Dean, sempre tenendo stretto Sam, che sembrava aggrapparsi a Dean, come ad un’ancora di salvezza. Gli affondava quasi le unghie nella schiena, il maggiore gemette un po per il male, ma non lo mollava.
 
Gli uomini sembravano dubbiosi.
 
“Potete avere i genitori, accontentatevi, come sapete la natura a volte è crudele” continuò la ragazzina.
 
 
“NOOOOOOOOOOOOO!” fu il grido terrorizzato e angosciato di Sam.
Era fatta. Erano stati ormai scoperti.
Robert guardò nel punto in cui Sam aveva gridato e vide Sam accasciarsi al suolo, tremante, stretto nell’abbraccio di Dean, il maggiore guardava negli occhi dell’uomo, spaventato ma protettivo.
“Mi pareva di sentire una strana energia..” poi si volse di nuovo verso la fanciulla.
 
“Cos’altro vedi, cara?”
A quel punto Marika disse di essersi svegliata in un bagno di sudore, e di aver cominciato a piangere, nel suo meraviglioso letto a baldacchino.
 
A quel punto Robert insistette più a fondo nella pratica del risveglio e decise di svegliarla. Marika si svegliò. Sudata, pallida e tremante.
 
 
 
“Il ragazzino malato non eri tu” disse Robert deciso, guardando verso i due ragazzi.
Marika, che ricordava vagamente cos’aveva visto ma era troppo confusa per mettere insieme i pezzi, lo guardò interrogativa, per poi seguire lo sguardo dell’uomo che andava a finire verso il punto in cui erano Sam e Dean.
 

 
 

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Capitolo 27
*** Marika parla con Dean e Sam ***


“Il ragazzino malato non eri tu.” Aveva detto l’uomo, guardando prima Marika e poi Sam e Dean.
“Cosa? Io..oh mio dio!!” gridò Marika vedendo i due ragazzi. “Che cosa ci fate voi qui??”chiese rivolta a loro.
Robert sembrava decisamente contrariato. “Marika, hai portato tu qui queste persone?”
“Cosa?? No! Te lo giuro!”

“I patti erano che dovessi essere da sola, mi dispiace, ma dovete andarvene, ora.”
“No, aspetta, ti prego.” disse Marika fuori di sé, aggrappandosi alla camicia del padre. “Dimmi di più su quello che ho visto. Hai detto che il ragazzino non ero io, ma allora chi??”

“La risposta l’hai davanti a te, il ragazzo più piccolo è stato male, dovresti chiedere a lui.” Disse e nel mentre Marika si voltò, i suoi grandi occhioni azzurri si soffermarono su Sam. “Ora, per favore, uscite o dovrò cacciarvi. E sarà piuttosto traumatico per voi.” Robert tornò a guardare la ragazza bionda. “Tengo  a te, Marika, non farmelo fare.”

“Io..e..e va bene…” disse Marika prendendo a piangere. “Sam, Dean, andiamo.” Disse senza guardarli.
“Un momento..qui ci sono molte cose da chiarire e..”

“Dean, per favore, vieni!” disse Sam, prendendo la mano del maggiore.
 
Mentre stavano scendendo le scale, tuttavia, incrociarono l’ultima persona al mondo che si sarebbero mai aspettati.
Black.

Lo guardarono tutti come se fosse un’orrenda visione raccapricciante.

“Non è più buona educazione salutare? Ricordatevi che sono pur sempre il vostro insegnante.” Disse con un sorriso.
“Ci scusi, ma non ci aspettavamo di trovarla qui.” disse Sam basito.

“Se è per questo nemmeno io mi aspettavo di trovarvi all'interno di vecchi appartamenti fantasmi.” Disse Black.
Poi la visione sembrò scemare in milioni di granelli dorati, come se si trattasse di un fantasma.

Marika cercò di toccarli, ma Dean le fermò il braccio.
“Non lo farei, se fossi in te, non sai cosa potrebbe succedere.”
“Dean, Marika, sbrighiamoci ad uscire da questo posto, prima che accada qualcos’altro.” Disse Sam, piuttosto nervoso.
 
Arrivati al portone, Marika tirò fuori di nuovo la chiave lunga che aveva tirato fuori prima, sembrava una chiave molto vecchia e Sam restò curioso a fissarne i ghirigori disegnati.

“Sembra gotica, di certo non sembra un oggetto appartenente a questo mondo, te l’ha data lui?” chiese Sam, una volta che, chiuso il portone e attraversato il buco invisibile, tornarono alla loro città come se nulla fosse successo.

“Cosa? Di che cosa parli?” chiese Marika spaurita.
“La chiave.” Disse Sam.
“Ah si..me l’ha data lui, sì..serve per aprire l’appartamento..” disse Marika, stringendosi nelle spalle.

“Un appartamento che però è tornato invisibile..puoi spiegarci come mai vai a fare sedute di analisi da uno psicanalista in un appartamento fantasma? E già che ci sei, potresti anche spiegarci la questione di quel grosso buco irradiante luce azzurra, che abbiamo appena sorpassato.” Disse Dean, indicandolo con l’indice.

“Io..non so come spiegarlo..diciamo che quel buco è..come il passaggio che consente all’appartamento che avete appena visto, di essere qui..
Sam e Dean sembrarono più confusi di prima.
Marika sospirò e si sedette su una panchina.

“Quell’appartamento che avete visto..non è qui davvero..”
“Ma noi ci siamo appena stati!” protestò Dean.

“Lo so, per merito del buco! È come un’energia spaziotempo, permette di vedere, anche toccare, cose che non sono materialmente qui, come se lo fossero davvero. In realtà non sono davvero qui, sono diciamo..altrove..

“Wow..abbiamo appena visitato un appartamento inquietante impregnato di magia, che non è davvero qui? Questo chiarisce perché è tornato invisibile.” Disse Sam.

“Ma non che cosa ci facevi li da sola con quel personaggio strambo.” Disse Dean.

“Quel personaggio strambo è mio padre.” Disse Marika, guardandoli storto.

Dean e Sam se ne ricordarono solo in quel momento e la fissarono con uno sguardo di scuse, sebbene stentavano ancora a credere alle sue parole.
 
Marika allora gli raccontò la storia dall’inizio, cercando di fare loro un riassunto di quella che era stata la sua disastrosa vita.

Fin da ragazzina, vedeva cose che non esistevano, la sua visione ricorrente, erano i cerbiatti, poi fu sostituita in parte da un uomo misterioso con la barba marroncina e gli occhi dolci, proprio come quelli di un cerbiatto.

“Mia madre credeva che fosse un amico immaginario..i bambini ne sono pieni..purtroppo però il mio –amico – non svaniva con il tempo, anzi, non ne parlai con mia madre..non volevo che mi chiudesse in un manicomio..non erano tra l’altro le uniche cose che vedevo..spesso vedevo cerchi dorati galleggiare in aria..strani triangoli luminescenti..strane creature..avete presente i pokemon?”

“E hai vissuto tutto questo tempo senza mai farti domande su tutto questo? Non hai mai fatto domande A LUI?” chiese Sam basito.
Marika alzò le spalle.

“Lui diceva sempre che non poteva dirmi da dove venisse davvero..che veniva da un mondo magico..e che al momento giusto mi avrebbe preso e portato con sé..e saremmo stati insieme..per sempre..ha anche sempre specificato che l’interesse per me, non era di tipo romantico, era più come quello di un padre con una figlia..”

“E quando scopristi che in realtà era tuo padre?” chiese Dean, che aveva finalmente deciso di mettere da parte il suo scetticismo.
 
Marika tirò fuori dalla borsetta, il suo portafogli, estraendo una piccola foto polaroid.
“Questo è lui.”

Sam e Dean si avvicinarono e videro la foto di un uomo che sembrava il fratello dell’uomo con cui avevano parlato prima. Era davvero similissimo a lui, ma la posa austera e l’aura di regalità, sembravano assenti, sembrava un uomo normale, umile, anche più magro. Un uomo semplice.

“Un pescatore.. “ disse Marika sorridendo dolcemente al ricordo. “Mia madre mi disse che mio padre era un pescatore e che era sempre in giro per mare, un giorno semplicemente, durante una tempesta, non tornò più..il corpo non fu più ritrovato..”
Dean e Sam si guardarono.

“Marika, se le cose stanno così..ci dispiace molto, ma forse aggrapparsi a quell’uomo per non accettare il fatto che tuo padre sia andato, non è..” cominciò Dean cauto.

“Pensate che non ci abbia pensato anche io??” chiese Marika piangendo. “Ho valutato tutte le ipotesi..ma alla fine è stato lui stesso, a confessare, sotto mia richiesta, che era lui.”
“Che cosa ti disse?” volle indagare Sam.

“Disse che aveva dei ricordi vaghi..che ricordava di essere stato mio padre..ma che ora si trovava..altrove..in un mondo pieno di magia…un luogo da cui facevo parte anche io..ma che lui poteva aiutarmi a ricordare..era necessario che io RICORDASSI..solo così avremmo potuto stare insieme..così sono iniziate le..sedute..
“Quando di preciso sono iniziate?” chiese Sam.

“Prima dell’inizio della scuola..l’estate scorsa..ma in linea non ufficiale..aveva cominciato a fare delle prove, prima che cominciassi a visitare quest’appartamento..”
“E tu..ricordi davvero delle cose quindi? Sei sicura sicura che non sia tutta suggestione? Non è per offenderti, ma è ovvio che tutta questa storia è pazzesca.” Disse Dean.

“Lo so anch’io..ma vi giuro, non potrei MAI inventarmi una storia simile. Comunque, sì, ricordo davvero.  Ma è abbastanza confusa la cosa..durante queste sedute..ho ricordato frammenti della mia infanzia..ma non sempre riesco..molte volte è stato un fallimento..ma sono abbastanza sicura che..mi trovo nel Medioevo.” Disse Marika.
Sam e Dean si fissarono.
“E c’è anche LUI?” chiese Dean.

“Mmm..no..per ora non riesco a visualizzare ancora i volti dei miei famigliari.” Si rammaricò la ragazza. “Mio padr…Robert..dice che dipende dal fatto che ho ancora troppo in mente la mia idea di genitori naturali in questo tempo..e che questo influenza e blocca la mia mente..ma non ho ancora perso la speranza..non ho mai avuto paura di queste sedute..perchè mi sono sempre sentita estranea a questo mondo..quindi la sicurezza quasi di non esserne davvero parte integrante è stato..insoma..un regalo per me..finora non ho avuto traumi..fino adesso..” disse Marika, soffermandosi a guardare Sam come se fosse colpa sua.

“Ehi, non guardarmi così, io non c’entro niente..” disse Sam, ridacchiando.
“Dalla visione non sembrava..” si lasciò sfuggire Marika.
Sam rimase senza parole. “Credi che il ragazzino morente fossi IO?”

“Questo è quello che ha lasciato intendere Rob..”
Ma Dean la interruppe subito.

“Basta così, Marika, ti stai rendendo conto della gravità e del peso che potrebbero avere le tue parole su mio fratello?”
Marika fissò Dean negli occhi.

“Mi dispiace, Dean, ma siete stati voi a seguirmi..e io non posso fingere di non aver visto quello che ho visto..Robert dice che Sam è stato male..e io gli credo..visto anche che ricordo nella trance, di aver sentito  lui che gridava..”

Addirittura?? Eri in trance e l’hai sentito? Oh, cavolo, e pensare che ti stavo quasi credendo!”
“Dean! Non trattarla così..” disse Sam.

“Ma dai, Sam, è chiaro che sono tutti d’accordo..lei, suo.. – padre- “ disse Dean virgolettando la parola. “L’appartamento fantasma, il buco magico..tutti trucchetti per fare scena e noi ci siamo cascati come polli!”

“Ti rendi conto?? Mi sarei inventata una storia così assurda?? Non riesco a crederci! Eppure tu stesso hai assistito! Come puoi dire che me lo sono inventata??” disse Marika iniziando ad alzare la voce.

Dean e Marika cominciarono a litigare e Sam vagamente allarmato, cominciò a pensare che fosse il caso di informare il preside delle novità.
 
 
Si allontanò dai due e cominciò a digitare il numero del suo cellulare.
Per fortuna rispose al secondo squillo.

Sam piuttosto agitato, cercò di riassumere tutto in due righe, cosa che ne venne fuori una cosa molto confusionaria.

“Piano, ragazzo, ripetimi cos’è successo, piano, Marika si è accorta che la stavate seguendo? Un buco spaziotemporale?? Un..appartamento??” Albert sembrava sbalordito.

“Sì..e si è messa poi a farsi ipnotizzare da questo strano uomo che lei sostiene essere suo padre..e poi lei ha ricordato cose di una qualche forma di vita passata..dice che riguarda il medioevo..e ha sognato questo ragazzino..che stava per morire di tubercolosi..ma questa ragazzina dai capelli rossi l’ha curato..con la magia a quanto pare..poi dice di essersi svegliata..dice che non era lei il ragazzino..e che stava solo SOGNANDO che questa cosa capitava ad un altro..e io mi sono sentito  male..e adesso tutti pensano che sia IO il ragazzino..”

Sam sembrava davvero turbato e Albert se ne accorse.
“Dean dov’è adesso? Che ne pensa di questa storia? Siete ancora lì dentro?”

“No! Siamo usciti e Marika ci ha raccontato una storia molto confusa sul suo passato..che ha passato la vita a vedere cose che non erano davvero qui..come se fosse una specie di medium..poi abbiamo parlato di me..e Dean..è scattato come una molla..perchè è molto protettivo con me..e non può sentire che stavo morendo di una malattia mortale, qualcosa come secoli fa..adesso..sta litigando con Marika..”

“Passamelo, per favore.” Rispose Albert con calma.
“V-va bene.”
 
 
Dean stava ancora discutendo con la ragazza, quando arrivò Sam e disse che il preside voleva parlargli, Dean spalancò la bocca.
“L’hai chiamato??”

“Qualcuno doveva pur interrompere questo assurdo confronto carico di fraintendimenti.” Disse Sam.
Dean sembrò discutere un’eternità al telefono, raccontando i fatti che già Sam aveva narrato, ma più ordinati, poi chiuse il cellulare.
“Il preside vuole che diciamo a Marika tutta la verità.”

“Verità?? Quale verità??” chiese Marika che era impallidita quando aveva sentito che Sam aveva raccontato a uno sconosciuto quella sua parte della vita così privata e che di certo non pensava che il preside avesse incaricato loro di spiarla.
 
 
Sam e Dean raccontarono con immensa fatica, tutta la cronologia della scoperta dei loro poteri, fino ad arrivare ad Albert che chiedeva loro di spiarla per conto suo, ovviamente facendone un racconto molto stretto. Alla fine, la ragazza era in lacrime.

“Mi avete presa in giro tutti quanti..TUTTI..” disse con il volto tra le mani.

“Marika..ti prego..hai visto..anche noi siamo coinvolti..dovevamo..” disse Sam, poggiandole una mano in grembo ma la ragazzina si scostò da lui, arrabbiata.
“Voi dovevate solo essere sinceri con me! Se mi aveste parlato..io vi avrei detto tutto..ma no, era molto più semplice spiarmi..chissà come vi siete divertiti..tutti voi insieme..a prendervi gioco della povera, debole, fragile Marika.”

“Ti stai comportando come una bambina..non capisci che è una cosa ser..”cominciò Dean.

“Dean, per una volta nella tua vita, TACI!” gridò Marika e i due fratelli,soprattutto Sam, rimase molto sorpreso, Dean rimase ammutolito davanti a una frase che forse il maggiore sarebbe soprasseduto forse solo se a farla fosse stata Sam , e il minore non era neanche sicuro totalmente di questo.

“Toglimi una curiosità, lo paghi almeno?” chiese Dean, tornando con il suo solito tono arrogante.
“Cosa?” disse Marika basita.

“Lo paghi?? Per le sedute, no? è sempre uno psicanalista, o il fatto che sia tuo padre, gli da diritto a uno sconto di parcella? Sai, vorrei saperlo, nel caso volessi spararmi anche io un trip mentale nel medioevo. D’altronde che cosa potrebbe farsene un fantasma dei soldi?”

“Andate tutti e due al diavolo!” sbottò infine lei, allontanandosi a grandi passi.
“Complimenti, Dean.” Disse Sam, guardandolo storto, ma qualcun altro stava ridendo a pochi passi da loro.
“Ehhhh le donne, ai miei tempi non avevano mai l’ultima parola” disse un vecchietto che aveva assistito alla scena.

 Sam e Dean lo guardarono.
 
“Questo perché per concederti la prima , passavano mesi. Vedo che anche cosi si tribula sempre comunque. ” continuò il vecchietto camminando.
 
“Eh si, uno pensa che si stava meglio quando si stava peggio. Ma vorrei sapere chi è che lo dice” continuò il vecchietto parlando da solo, lasciando Sam e Dean basiti.
 
 
 
 
 
*

Una volta arrivati a casa, si chiusero in camera a chiave per non essere disturbati, anche se Mary era fuori a lavoro.
“Secondo te ho esagerato con lei?” chiese Dean.

“Direi. È una ragazza, Dean..senza contare che..eravamo noi nel torto.” Disse Sam, sdraiandosi nel letto.
“Nel torto?? Stavamo solo facendo quello che il preside ci ha ordinato.”

“Quindi se ti ordinano di fare delle azioni abbiette, tu le fai comunque? Dean, non importa che ragioni avessimo. Noi l'abbiamo comunque seguita senza il suo consenso, e già questo è sbagliato, poi lei si è aperta con noi..e ha scoperto poi che noi l’abbiamo ingannata..per ordine di chi? Del preside…era normale uscisse di testa,..”

“Non dico di no, ma uscire di testa e urlare come una che vende il pesce..non è..”
“avrei voluto vedere te al suo posto..”
“Senti come difende la sua ragazza..” disse Dean ridacchiando.
“Non è..oh, sta zitto..pensa alla TUA Clère..”

“Oh-oh..qui qualcuno è geloso..
“Io?? Se ti piacciono le ragazzette tutte secche e capelli..”

Dean cominciò a fargli il solletico e a far ridere Sam che si contorceva al letto urlandogli di smetterla.


“Ok..basta..ho capito..non devo provocarti..” disse Sam sfinito dal solletico.
Dean sorrise. “Meno male che l’hai capito.”

“è assurdo..Dean..parliamo di sciocchezze per non dover parlare di quello che abbiamo assistito..”
“Di magia e persone di altri mondi? Di vite passate e reincarnazioni? Preferisco parlare di stupidate..”
“Se esistono quelle cose..esiste tutto..ti rendi conto?”

“Preferisco di no..non riesco ad accettare l’idea che un tempo lontano tu sei..insomma..quello che dice lei..forse per questo..l’ho attaccata così..è più facile..se penso che si è inventata tutto..”

Sam infilò una mano tra i capelli del fratello e glieli accarezzò dolcemente. Dean chiuse gli occhi a quel tocco.
“Non puoi proteggermi dal mondo, Dean..”

“Ma posso provarci..” rispose Dean, sdraiandosi poi nel letto con il minore, che guardò i suoi movimenti con un po di imbarazzo.
 
“Dai..parlami ancora di quella visione..dimmi dell’affetto che provavi per me..” lo stuzzicava Dean, guardandolo ammiccante.
Sam lo guardò paralizzato dalla paura.

“Fottiti..” disse poi, imbronciato. “Non avrrei  dovuto raccontartelo. Ora mi prenderai in giro  a vita.”

Dean rise e poi si voltò a guardarlo negli occhi.

“Invece mi interessa molto! Fratelli anche in un’altra vita eh? Cerca di ricordare altro, mi piacerebbe sapere come ci siamo incontrati. “

Sam si volse a guardarlo stupito.

“Conoscendoti..di sicuro ci siamo conosciuti perché sei inciampato su un sasso e mi sei caduto addosso.” Disse Sam.

“è probabile..” disse Dean, ridendo. “O magari mi sei caduto addosso tu.”
Sam si sentiva così imbarazzato che nascose la testa sul braccio del fratello, coperto dalla felpa.
 
Non alzò più la testa per un po’. Rimasero così, immobili, Sam inspirava l’odore della felpa del fratello. Era confortante. Sapeva di..casa.

Dean rimase fermo, sorridendo e guardandolo. Sam poteva sentire il calore venire dal corpo di Dean. Calore umano.

Senza quasi rendersene conto – o forse se ne rendeva conto e questa era la parte peggiore – alzò la testa per appoggiarsi al collo di Dean.

Sentiva il bisogno di un contatto più fisico con Dean.

Si perse nel suo odore e nei pensieri..non aveva avuto il coraggio di dire a suo fratello che pensava di essere innamorato nel sogno..e poi Dean non credeva a questa storia..a cosa sarebbe servito dirglielo se non farsi dare dell’incestuoso perché amava suo fratello? Dean non avrebbe mai creduto al fatto che lo fosse solo nel sogno e non c’entrasse niente la realtà e anche così gli rimaneva un vago sentore di colpa…

“Sam, cosa fai?” chiese Dean perplesso.

“Cosa?” boccheggiò Sam. Che Dean sapesse leggere nel pensiero?

“Sembravi..ansimare..” disse Dean confuso..e forse imbarazzato?

“Io…mal di pancia..” disse Sam, mentendo, tenendosi la pancia. Che stupido che era stato. Che cosa gli era preso? Si era perso a inspirare il suo odore. Che vergogna.

Per fortuna Dean sembrò cascarci, ma per orrore suo, allungò la mano per mettergliela sulla pancia.

“Provo a farti un massaggio..”

“Cosa?? NO!!”cercò di ribellarsi Sam.

Ma Dean non lo ascoltò e cominciò a massaggiarlo piano con le sue mani calde.
 
Sam cercò di mostrarsi tranquillo e di rllassarsi. Le mani di Dean erano calde, premurose..lo facevano sentire bene. Pensava a questo mentre, cercava di controllare il suo battito cardiaco. Da un certo lato era contento che Dean si interessasse anche a lui, in termini di attenzioni..

Dean era premuroso..attento e forte e dolce. Il fratello ideale. Non pensava di essere così disperato per volere...cosa? Coccole da lui? Cosa?
 
 
 























 Note dell'autrice: 

Così Marika ha raccontato ai due fratelli che lei in queste sedute sogna di essere nel medioevo, dice anche di essere convinta che questo strano uomo, sia in realtà il suo vero padre, che faceva il marinaio ed è scomparso un giorno durante una tempesta in mare aperto, per non far più ritorno.
La cosa più grave è che Marika sostiene che il ragazzino che stava morendo nella sua visione per poi essere salvato in extremis, fosse Sam!
Dean non la prende bene, ma è niente in confronto a come si infuria Marika quando scopre che era stata pedinata alle sue spalle xd

nel frattempo i sentimenti di Sam per il fratello, crescono! (credevate mi fossi dimenticata di loro? :pp ) cosa succederà? Marika perdonerà i due fratelli?  Lo scopriremo nei prossimi capitoli

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Capitolo 28
*** Un bacio sotto la neve ***


Black tornò a casa sentendosi spossato e un po’ demoralizzato.

Non si aspettava di incontrare quella ragazzina bionda nello stesso appartamento di quel psicanalista.

Che cosa ci faceva lì? Forse lo stava seguendo? No, era impossibile. Forse aveva una tresca con un compagno di scuola..o comunque…non era possibile che anche lei frequentasse uno psicologo fantasma.

Perché era così, vero? Uno psicologo che ti fa sedute strane di ipnosi, in un appartamento che in teoria, tutti dicono che è disabitato, non può mica essere una persona normale.

Uno psicologo che scompare quando d’un tratto giri gli occhi, proprio come un fantasma, costringendoti ad andartene di punto in bianco, lasciando il suo studio, prima che anche l’appartamento diventi decadente e vuoto proprio come un vecchio appartamento abbandonato, non può essere una persona in carne ed ossa.

E Albert aveva ancora la faccia tosta di chiedergli cosa avesse..come se già questa storia di per sé non fosse sufficiente a farlo andare fuori di matto.

Ma Black resisteva. Resisteva perché voleva andare fino in fondo a questa storia, non poteva dire a nessuno dell’appartamento invisibile, con tanto di abitante che ti ipnotizzava, perché nessuno gli avrebbe creduto e lo avrebbero licenziato all’istante. Albert soprattutto. Già pensava che era un pericolo per sé stesso e per gli studenti, che li odiava.

Albert…

Provava dell’affetto verso quell’uomo, per questo lo trattava male. Aveva un debole per lui, ma questo, Albert non avrebbe dovuto mai scoprirlo. Lo avrebbe licenziato sicuramente se lo avesse scoperto.

Albert non era gay e non provava niente per lui, tranne una forse amicizia strana, sì, perché Black non riusciva a capacitarsi di come chiunque potesse volere dell’amicizia da lui.
 
Tornando a Robert, era davvero strano. Non gli aveva fatto domande su chi era e che cosa faceva davvero, perché Robert gli disse chiaro e tondo che se voleva la risposta ai suoi problemi e domande, non doveva fargliene a lui.

E Black ci teneva davvero tanto a scoprire la sua strana correlazione con la nuova professoressa bionda che era venuta ad insegnare nella scuola.

Non capiva cosa provava per lei, ma non era attrazione, visto che l’unica attrazione che provava era verso il preside.

Era qualcosa di diverso..più…profondo… diverso da quello che provò quando incontrò quella donna.

"La prego di scusarmi, ero di fretta!” disse lei ancora, raccogliendo i fogli.

“Invece di scusarsi, potrebbe fare più attenzione a dove mette i piedi, non le sembra?” Chiese il professore.

“Ha ragione.” Disse la donna afflitta.

“Suppongo che sia la nuova insegnante della 1 b “ disse con un sorrisetto il professore.
Suppongo che dovrà rivedere il suo discorso di presentazione per un’altra volta” disse sempre sorridendo.
 
“Io…io non…”
 
“Non mi deve nessuna giustificazione. A me, ma forse al Preside si. Sa, non fa una buona impressione che un docente manchi una lezione proprio il primo giorno di scuola. “
 
“Sono…stata trattenuta”disse la donna.
 
Il professore alzò gli occhi al cielo.
 
“Come mai stamattina si sentono tutti in diritto di giustificarsi con me?”
 
“Cosa? Come?”
 
“Basta” disse il professore, mettendo le mani sulle spalle della donna, ma poi fissò gli occhi azzurri della giovane donna e per un attimo sembrò che lo  sguardo dell’uomo divenne incerto, stranito. Durò solo pochi istanti, poi si riscosse. Levò le mani e prese ad andar via, non prima di fermarsi per dirle: “Le suggerisco di cambiarsi, signorina. Il suo…vestito…è un po’ troppo vistoso per i regimi della scuola” e se ne andò portando i suoi libri sottobraccio.

 
 
 
Perché aveva quasi avuto un giramento di testa durante quel loro incontro? Che cos’aveva di strano quella donna che gli aveva provocato queste emozioni?
L’aveva chiesto a Robert, che sembrava interessato da tutto questo.
Gli aveva chiesto chi era Ariel Hopkins per lui, ma lui non aveva saputo spiegarlo, solo, provava una qualche sorta di tenerezza dolente e di soggezione riferito a lei.
Così erano tornati a parlare del sogno.
 
 
 
“Aspetta….io non capisco più niente…c’è una tale confusione nella mia testa…credo di non riuscire a ricordare neanche più chi sono. Sono maschio o femmina? Io…non lo ricordo più” dici toccandoti la testa.
 
“Che importanza ha? Si nasce androgini, poi l’uomo nega la sua parte femminile. Il format esterno sentenzia: maschi di qua, femmine di là.
IDIOTI.”
 
Tu sobbalzi.
 
Vogliono dividere L’UNO, ma non possono dividerlo.
  Perché aveva detto quelle cose? Quelle cose…primordiali..era strano che dicesse certe cose, lui non era un filosofo.
 
 
 
Non riconosco la persona che è nello specchio.
 
“Quella persona non sei tu. È solo un’immagine illusoria”.
 
Black non capiva cosa significasse ma l’aveva inteso come se la donna del sogno – Ariel -  era stata un’altra persona, avesse avuto un altro volto..ma quando? Un’altra vita forse?
Per questo non si riconosceva nello specchio, ma perché Black gli parlava come se sapesse chi era?
La conosceva, forse?
 
 
“Adesso NE HO ABBASTANZA di questi giochetti. DIMMI CHI SEI.”
 
“Come, con tutta questa luce non riesci a vedermi?”
 
“Sei avvolto da una nebbia” rispondi con aria dura.
 
Ti sbagli! Non c’è nessuna nebbia. Tu la vedi intorno a me perché i tuoi occhi non sono ancora pronti a riconoscermi.
 
“Aspetta….io ti conosco già???”
 
  E infatti le parole che aveva detto poi la donna, gliel’avevano confermato.
 
Si conoscevano.
 
“Voglio solo che tu sappia una cosa. Non ho mai voluto  farti del male. Lo sai, vero?”
 
“L’hai fatto?” Dici con voce strozzata.
 
“No! Volevo dire che…non ho mai avuto intenzione di farlo. Neanche quando….c’è stato il grande crollo di tutto.”
 
“Io non capisco quello che tu dici”.
“Si invece, lo rifiuti solamente. Vedi,” dico stringendoti ancora di più la mano.
 
“Io…non riuscivo a capire come potessi decidere di buttare tutto all’aria, tutto quello che avevamo, per colpa di un branco di ragazzini….non riuscivo ad accettarlo…io…”
 
“Lasciami la mano!”
 
“Non potevo accettarlo!! Tu volevi proteggerli, ma non  è… non era nella nostra indole farlo….”
 
Momento di silenzio.
 
“Nostra?”
 
 
Di cosa parlava? Il crollo di tutto? Di cosa? Un impero? Una grande civiltà? Cosa?
 
E poi..quali ragazzini?
 
 
Basta cosi. Questi ricordi sono troppo dolorosi e poi comunque quando ti risveglierai non ricorderai più niente…e neanch’io.
 
“Aspetta, cosa vuoi dire?”
 
Mi limito a sorridere.
 
Non ha importanza.
 
 
 
Quindi sapeva che avrebbero dimenticato tutto? Ma lo sapeva chi? Non di certo lui, quindi? Il suo inconscio? Cosa cercava di dirgli il suo inconscio?
 
 
 
Non aveva voluto raccontare ad Ariel del sogno. Non ci avrebbe creduto ad ogni modo e l’avrebbe presa come un tentativo di seduzione e non voleva questo.
Pensava a tutte queste cose mentre, stava tornando a casa. Era già buio e si apprestava ad entrare nel cortiletto, ma quello che vide, lo gelò.
Albert.
 
“Albert! Sei impazzito?? Che ci fai sotto la pioggia e senza ombrello?? Che..che diavolo ci fai sotto casa mia?”
 
“Black! Quegli uomini…tu..un infiltrato..mi ha detto..”
“Calmati, respira, non capisco niente..”
 


Qualche giorno fa, Black era stato chiamato dagli uomini dell’organizzazione, per convincerlo a parlare, a riferire loro, cosa stesse tramando Albert.


“Sappiamo che sta tramando qualcosa..di che cosa si tratta? Sta proteggendo qualcuno? Nascondendo soggetti con particolarità magiche? Nascondendo informazioni importanti? Diccelo.”

Black aveva sorriso e aveva risposto:
“Non ho la più pallida idea di che cosa combini Albert..e sono già stato abbastanza tollerante da rispondere a questa domanda.”

“E se anche lo sapessi, non ce lo diresti, vero?”
“Esatto.”
“Sei l’uomo di Albert sempre e comunque, vero?”

“Esatto e sono contento che finalmente lo abbiamo chiarito.” Disse l’altro.
 
 
 
***
Albert lo scrutò in volto, i bei riccioli biondi gli ricadevano sulle spalle e i suoi occhi azzurri lo scrutavano come calotte polari.
Black lo trovava bellissimo.
“Ascolta, Albert…quello che ho detto..io..ma perché diavolo hai sempre spie ovunque? È così fastidioso!!..”

"Black, i due ragazzi, Campbell e Winchester, hanno spiato la ragazzina Marika per mio conto e..dicono di aver visto anche te in uno strano appartamento che..

Black impallidì.

"Tu hai mandato loro a fare COSA??"

"Black, ascoltami.. io dovevo assolutamente dirti..”
“No, no, no, tu non dovevi proprio niente, chi ti da il diritto di immischiarmi in TUTTO QUESTO? Tu devi LASCIARMI IN PACE! E tantomeno non dovevi venire qui, a casa mia! Devi smetterla di perseguitarmi, devi…” cominciò Black, spintonandolo.
 
Le sue parole vennero inghiottite dal bacio che Albert di istinto gli diede. Gli teneva le mani sul viso, mani che erano coperte dai guanti azzurri che portava.
 
Tenero e passionale allo stesso tempo. Black ne fu sopraffatto e benché sorpreso, lo attirò di più a sé, rendendo il bacio molto più passionale.
 
“Io…io non..non capisco..” disse Black confuso, quando si staccò.
 
Albert gli sorrise. Qualche fiocco di neve cadde in quel momento tra di loro, mischiandosi alla pioggia e rendendo il tutto più magico.
 
“Tengo a te, stupido idiota.” Gli disse, strusciando il naso contro il suo.

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Capitolo 29
*** A carte scoperte, ma manca una persona.. ***


Note: chiedo scusa in anticipo per il capitolo lungo, ma è necessario perchè alla fine tutto ruoterà intorno a Sam e Dean, ma questi personaggi sono strettamente legati a loro, quindi è fondamentale sapere di più soprattutto sul come, in modo da capire da dove vengono davvero Dean e Sam xd





Albert e Black avevano fatto sesso appassionato per gran parte della notte e alla fine erano crollati, l’uno tra le braccia dell’altro.

Fu Albert il primo a svegliarsi e si incantò, seduto, a guardare Black dormire.

Black che dormiva, sembrava un angelo caduto. Caduto dal cielo per arrivare sulla Terra, o forse precipitare, chissà.

La lunga cascata di riccioli neri gli contornavano il viso dandogli proprio l’aspetto di un angelo. Il suo viso, che di solito era sempre corrucciato, non doveva difendersi tra le spire del sonno e dal sogno e così da addormentato non sembrava per niente il diavolo che pareva di giorno. Anzi, sembrava proprio un angelo.

Albert rise internamente dei suoi pensieri. Era tantissimo tempo che non gli prendeva una scuffia così, proprio come se fosse un adolescente! Aveva trentaquattro anni, avrebbe dovuto diventare maturo da un bel pezzo. Questa cosa tra..preside e insegnante era..una follia. Ma quanto gli piaceva!

E il modo in cui Black aveva corrisposto…al bacio..era sublime. Sotto i fiocchi di neve, poi..proprio come una favola, o l’incantesimo di una favola.

Cos’era Black per lui? Questo non sapeva dirlo. Per lui provava un affetto e un’adorazione dolente, il che era strano perché avrebbe dovuto essere giustificata da una sorta di amicizia e di confidenza nata ed evoluta con il tempo e con Black non c’era stato modo di far crescere una cosa del genere. Si conoscevano, ma quasi come due estranei, non avevano coltivato nulla..allora perché gli sembrava di conoscerlo da sempre?
 
“Hai finito di guardarmi?” chiese Black sonnecchiando ancora.

Albert rise.

“Speravo mi concedessi ancora qualche minuto.”

“Qualche?? Se il tempo che hai passato a guardarmi dormire, l’avessi utilizzato per preparare il caffè, l’avresti senz’altro speso meglio.”

“Mmm..io non ne sono tanto sicuro..” disse Albert.

Black sembrò un po’ compiaciuto e si sporse per baciarlo e forse anche mordicchiargli le labbra.



“Non ho mai chiesto a nessuno di farmi un caffè per la seconda volta.” Disse Black.

“In teoria…siccome questa è casa tua, dovresti tu..” disse Albert ridacchiando.

“Sei l’unico cui, per ora, dopo una tale insolenza, non ho mandato via a calci. Ritieniti un privilegiato.” Continuò Black.
 
Albert allora lo guardò. Forse Black stava giocando, ma in ogni caso, meglio non rischiare.

“Dove stai andando?” fece per bloccargli il braccio Black.

“A..fare il caffè!” disse Albert.

“Non ti azzardare neanche a pensare di toccare le mie cose.” Disse Black con un sorrisino, alzandosi.

Albert sorrise di rimando e poi gli venne in mente una cosa.

“Che..che ore sono?”

Black a sua volta sgranò gli occhi.
 
Guardarono la sveglia sul comodino.

Le dieci del mattino.

“Cazzo. Dovevo essere al lavoro!!” disse Black.

“Anch’io!!” disse Albert in preda all’ansia.

“Ok, niente colazione..”

“Cosa? Non se ne parla. Non lo sai che è il pasto più importante della giornata??”

“Albert, non è il momento di scherzare!”

“E chi scherza??”

Black tornò a guardarlo.

“La scuola..non possiamo..non presentarci..”

“Ehi, io sono il preside. Posso fare tutto quello che voglio.” Disse lui sorridendo.

“E io?” rispose sarcastico l’altro.

“Sei con me no? Tranquillo, non ti chiederò una giustificazione.” Disse il preside facendogli l’occhiolino.

Così, Albert e Black fecero una sana colazione in santa pace, a letto, parlando tra le altre cose della notte scorsa.



Venne fuori che erano entrambi gay non dichiarati, ma che avevano avuto già altre esperienze.
“Forse ci siamo riconosciuti a distanza, allora..” disse Black.

“Io non credo..” disse Albert.

“Andiamo! Sei venuto da me e mi hai baciato!” gli ricordò Black.

“Sì..l’ho fatto..”

“Come sapevi che non ti avrei mollato uno schiaffo o insultato? Con uno come me hai rischiato grosso.”

“Sapevo..o meglio ero sicuro..mi avresti corrisposto..”

“E questo a causa..della nostra chimica formidabile?” disse Black virgolettando a mò di sarcasmo.

“A causa di quello che ci lega..” rispose Albert.
Calò il silenzio per qualche interminabile secondo.

“Black..io credo che dovremmo parlare di quello che è accaduto ieri..”

“Non ti facevo così pervertito, Al..” disse Black sorridendo.

“Andiamo..sai quello che voglio dire..” rispose Albert, sdraiandosi e appoggiando la testa alla gamba nuda di Black, accarezzandola con la mano. Di quello che è successo in questo fantomatico appartamento..”
“Fantomatico? Ancora non credi che esista?” domandò Black.

“Non ho detto questo..ma per ora so che esiste solo per le vostre parole, imparerò a riconoscerlo come un oggetto REALE, solo una volta che l’avrò visto con i miei occhi. Sai che noi umani ragioniamo così.”
Black sorrise compiaciuto.

“Un giorno o l’altro, Albert, mi piacerebbe scoprire se la sottile arte della manipolazione l’ho imparata da te o viceversa.”

E così Black gli raccontò tutto riguardo al suo coinvolgimento che era comunque meno di quello che Albert si aspettava, ma tuttavia abbastanza per capire che, c’entrava anche lui.

“Avresti dovuto raccontarmelo prima, Black, con tutto quello che stiamo passando con l’organizzazione, una cosa del genere è di vitale..”

“Prima che tu riprenda a rimproverarmi, Albert, lascia che ti dica che finora io credevo fosse soltanto un sogno. Sì, insomma, aspettavo di capirci qualcosa..di più..per parlartene..non sono cose che vai a dire a cuor leggero..” disse infilandosi la camicia. “Ad ogni modo, vogliamo mettere fine a questa storia o no?” ripetè con la camicia ancora aperta sul davanti.

“Sì. Oggi chiamerò tutti e tre i ragazzi e ci sarai anche tu. Parleremo tutti di questa storia e cercheremo di venirne a capo.” Disse Albert, alzandosi e allacciandogli i bottoni uno a uno, in maniera sensuale.
 
 
 
*
Era pomeriggio inoltrato, quando Sam e Dean raggiunsero nuovamente la casa del preside.

Stavolta, malgrado la casa fosse vicina, Dean aveva preso la sua moto e con quella, aveva fatto salire dietro Sam che si era aggrappato a lui cingendolo con la vita, mentre sgommava a tutta velocità, andando verso la casa del preside.

“ Ti piacciono le moto? Non hai avuto paura della velocità, vero?” gli chiese Dean, facendolo scendere.
“Le moto mi piacciono tantissimo, soprattutto se faccio il passeggero.” Rispose Sam, scendendo dalla moto e cingendolo di nuovo per la vita.

Dean, che durante il viaggio, non aveva smesso di sentirsi agitato per come Sam lo stringeva, rendendosi conto che non lo stringeva in quel modo per paura e sentendo di nuovo quella presa sui suoi fianchi, sentì di nuovo il cuore accelerare in un modo tutt’altro che spiacevole. Non aveva proprio idea prima di conoscere Sam, che avere un fratello minore potesse portargli tali sconvolgimenti emotivi ed emozionali. Era tutto così nuovo per lui.

“Dean? Sam? Ci siete anche voi?” chiese Marika.
La ragazza, che indossava un vestitino blu di jeans, si avvicinò timidamente a loro.

“Beh, io..volevo scusarmi per essere stata così spiacevole, ieri..”
Guardandola così remissiva e carina con quell’abitino, a Dean dispiacque un po di aver perso così la pazienza.

“Sono io che dovrei scusarmi...sono stato uno stronzo, ieri..”

“E ora che il momento sdolcinato è finito..” disse Sam con una voce un po falsamente euforica. “Direi che possiamo prepararci per il secondo round! Marika, ti ha già spiegato il preside, perché siamo stati chiamati?”

Marika guardò prima Sam, poi la grande villa che avevano davanti.

“Sì, all’incirca, a quanto pare è coinvolto anche Black. Io..ho paura..e se ce l’avessero con me per aver nascosto questa cosa?”
Sam si accorse che la ragazza stava tremando.
“In ogni caso non sei l’unica ad aver nascosto qualcosa, sta tranquilla, ora però ragazzi, smettiamola di perdere tempo, entriamo, così ci togliamo il pensiero.”

Appena si avvicinarono di più al cancello, esso si aprì come se li stesse aspettando.
 
 
Una volta arrivati davanti alla villa, Dean suonò il campanello, venne ad aprire Albert.

“Buongiorno, felice di avervi qui tutti e tre. Entrate.”
 
 


*

Per fortuna il preside aveva già contattato Marika per chiarire gran parte della cosa riguardante l’organizzazione, Dean e Sam avrebbero giudicato estenuante dover ripetere tutto da capo o anche solo risentirlo.
Rimaneva la questione Black da chiarire.

Innanzitutto quello che premeva a tutti, era capire come fu possibile che Black fosse comparso in quel modo in quell’appartamento, quando Dean e Sam andarono a trovare Marika.
 
“Non ero davvero lì, per questo sono scomparso.” Spiegò Black. “In quel momento mi trovavo nella mia casa, ero nell’appartamento tramite degli esercizi di visualizzazione del sonno, ero lì come una proiezione astrale.”
“Perché?” chiesero tutti.

“Mi ero già accorto da un po, che la signorina Marika spariva e riappariva in questa specie di bolla magica, provai anche a inseguirla, ma non riuscivo mai, a superare il portone e dovevo tornare indietro. Non so perché, era come se mi tenesse FUORI. Mi meraviglio che che voi ci siate riusciti al primo tentativo. Non potendo fare altro, ho cercato di focalizzare la mia mente all’appartamento, restando a distanza, ma non sono mai riuscito a superare le scale.” Disse Black frustrato.
 
Dean e Sam si immaginarono un frustrato Black che cercava invano di superare il pianerottolo dell’appartamento ma non ci riusciva e per questo tempestava di pugni la porta, con rabbia.
Un leggero sorriso percorse i loro volti.

La questione per Black sembrava molto imbarazzante, Albert lo tolse subito dall’imbarazzo, invitandolo a parlare del suo sogno.
 
“Come vi ha già spiegato Albert, “ cominciò Black guardandolo con un’occhiata un po lussuriosa e Dean agrottò le sopracciglia, chissà perché ma sarebbe stato disposto a giurare che i due avevano fatto sesso. “C’è questa specie di legame che mi lega alla vostra nuova professoressa..”

“Potrebbe essere un legame romantico?” chiese Dean, divertendosi a studiare l’espressione del preside.
è così?” chiese infatti Albert, astioso.

“Cosa?? Ma no, certo che no. Non provo nessuna attrazione per lei.” Disse Black, imbarazzato, guardando il preside. Dean si divertiva molto internamente e si beccò due gomitate, una da parte di Sam, l’altra da parte di Marika.
Dean represse degli urli soffocati, guardando i due ragazzi che lo guardavano con aria di rimprovero.

Giuro di no! “ disse Black più incazzato, soprattutto del fatto che dovesse giustificarsi davanti  a dei ragazzini. “Si tratta di molto più di questo! Sono convinto che nel mio sogno la conoscevo, aveva qualcosa di famigliare PER ME. Potrebbe essere un’amica o addirittura una sorella.

“Ad ogni modo non è questa la cosa più importante adesso, quello che ci preme capire è che cos’è questo CROLLO di cui si parla nel sogno.” Disse Albert.
“No! Volevo dire che…non ho mai avuto intenzione di farlo. Neanche quando….c’è stato il grande crollo di tutto.”
 
Marika alzò la mano per dire la sua.

“Non siamo a scuola, signorina, comunque esponici pure la tua teoria.” Disse Albert sorridendo divertito. Marika arrossì e poi disse la sua teoria imbarazzata.
“La mia teoria è che il professor Black, possa aver sognato IL FUTURO.”
Rimasero tutti basiti davanti a quell’affermazione.

“Sì, insomma..ha parlato del grande crollo di tutto.. magari ha sognato un suo sé stesso che dal futuro cerca di avvertirlo di una possibile distruzione del nostro mondo? Magari a proposito del DIAVOLO, no? Magari cerca di avvertirlo in sogno..non sarebbe più assurdo di tutte le altre cose..ma è..solo un’idea..” disse Marika guardando per terra.

“Teoria interessante, signorina.” Disse Albert gentile, cercando di ignorare la smorfia disgustata di Black. “Ma tante cose che Black ricorda di aver detto nel sogno, escluderebbe questa teoria, tipo la frase : Io…non riuscivo a capire come potessi decidere di buttare tutto all’aria, tutto quello che avevamo, per colpa di un branco di ragazzini….non riuscivo ad accettarlo…io…”

 ma ancora più incisiva sembra essere la frase: Riconoscimento. Era tutto quello per cui lottano gli esseri umani dal momento in cui vengono al mondo a quando muoiono. “
I ragazzi osservarono Albert, cercando di capire dove volesse arrivare, alla fine Sam sembrò capire.

“Ma certo. Lui..nel sogno parla di UMANI, come se lui stesso..o LEI …non lo fossero..in più parla di RAGAZZINI..e di lei che decide di buttare tutto all’aria..non sembra proprio che parli del futuro, ma di un possibile PASSATO..”
Dean rincarò la dose.

“Il crollo di tutto.. potrebbe parlare addirittura di un altro mondo..aspetta, a volte sembriamo dimenticarci che Sam ha visto anche ME nella sua visione….e io non sono mai stato in coma, quindi il mondo che sia lui che Alisea hanno visto in coma..altro non è che..RICORDI..probabilmente..di una vita precedente…vissuta addirittura in un altro mondo..”
Albert annuì compiaciuto.

“Esatto, Dean, e il crollo di cui parla Black nel suo sogno, potrebbe riferirsi ad un crollo di una civiltà di quel mondo, forse addirittura un INTERO IMPERO.”
“Tipo Atlantide?” chiese Dean.
“Forse, è opportuno non escludere nulla.”

“Ma tutto questo che cosa ha a che fare con noi? anche ammesso che io, Dean, loro..vengono da un altro mondo..a cosa può servirci qui e ora?” chiese Sam.

“Tutto rimanda alla profezia.” Disse Albert. “Ricordate, Dean, Sam, cosa vi avevo detto in proposito?”

“Questa profezia dice che arriverà un giorno l’incarnazione del Male in Terra e che ci sarà bisogno dei cavalieri valorosi di un altro mondo, per fermarlo.

“L’incarnazione del male?” chiese Dean scioccato.
“Lucifero.” Disse semplicemente Albert.
“Il Diavolo??” disse Dean scioccato.

“Non proprio lui in persona.” Disse tranquillamente Albert. “Questa profezia, dice che il diavolo potrebbe servirsi di un ragazzo, un ragazzo che già in PASSATO è stato cercato e voluto dal maligno, lo userà per tornare sulla Terra in questo tempo e regnare.”

 
“Quindi dei cavalieri di un altro mondo, dovrebbero fermare IL DIAVOLO? Perché proprio di un altro mondo? E chi dice che siamo noi?” chiese Dean.

“Perché, la profezia dice che il ragazzo in questione è già stato cercato e voluto da lui IN PASSATO, a quanto pare adesso lo rivuole, ma non lasciatevi ingannare dal termine maschile, il ragazzo che lui cerca potrebbe anche essersi reincarnato in una ragazza, a questo proposito siete tutti in pericolo.”
“Quindi..tra di noi c’è una persona che potrebbe essere cercata dal diavolo?” chiese Marika impaurita.

“Non necessariamente.” Rispose Black intervenendo per la prima volta. “Voi siete solo ALCUNI dei ragazzi che hanno manifestato poteri magici e ricordi vaghi di altri mondi, non sappiamo quanti in realtà siano i cavalieri prescelti, voi potreste anche essere le briciole di un disegno più ampio, chissà quanti cavalieri ci sono..quindi se vi ritenete speciali, beh, mi duole dire che..”
“Black, questo non li fa sentire meglio..” disse Albert.

“Beh, dovrebbe, invece..” disse Black irritato.

“Piacerebbe anche a noi, non sentirci così coinvolti, ma il sogno del professor Black e il coinvolgimento della professoressa Ariel, ci dice che loro sono chiaramente coinvolti..nel sogno parla di ragazzini.. è vero, potrebbero essere chiunque, però intanto gli unici che hanno avuto una visione a quanto pare, siamo io, e Alisea forse no..non lo sappiamo..ma è comunque coinvolta anche lei.” disse Sam.

“Sam ha ragione, poi magari ci sono anche altri, ma loro due sono chiaramente coinvolti e a quanto pare anch’io..e anche Marika” disse Dean.
“E se includono tutta la nostra cerchia, dobbiamo aspettarci anche delle sorprese da parte di Clère, Ruben e Castiel? Mancano solo loro e stanno sempre con noi.” disse Sam.
Albert sembrò riflettere per un momento.
 
“Potrebbero essere coinvolti anche loro, come potrebbe darsi di noi, la questione è troppo importante per rischiare di spifferare tutti questi segreti a ragazzini così giovani che non sono direttamente coinvolti. Bisogna prima accertarcene, per adesso è importantissimo venire a chiave della questione, Marika, sappi che ci hai dato un ottimo aiuto con il tuo racconto, nonostante, se Sam e Dean non ti avessero scoperto, non l’avresti mai rivelato, ma non preoccuparti, è comprensibile.”
Marika cercò di sorridere.

“Bene, credo che visto che a questo punto, siete gli unici finora che sono riusciti a passare il PORTONE, potrei chiedervi di tentare di farlo di nuovo.” Disse Albert.

Sam e Dean rimasero impassibili. Se l’aspettavano in un certo senso.
Marika sembrava scioccata.
“Ma loro..LUI..non li vuole..li ha cacciati!
“Signorina, comprendiamo i tuoi sentimenti per la persona che credi essere tuo padre, ma..”

LO è!”

“Anche se fosse come tu dici, è ancora più importante accertarci di quello che lui sa davvero su tutta questa storia, tu sei troppo coinvolta per riuscire a indagare come occorrono le circostanze, quell’uomo può darci informazioni vitali su questo mondo misterioso. URGE interrogarlo.”

“Pensate che non ci abbia provato? Lui non mi ha mai detto niente..se credete di essere più in gamba di me, fate pure.” Disse Marika, abbastanza offesa.
Albert tornò a rivolgersi a Dean e Sam.

“A quanto sostiene la vostra amica, lei avrebbe sognato questo ragazzino che era in fin di vita..”

“Sì, ma Robert, quell’uomo..sostiene che non era lei..” disse Dean, guardando Sam incerto.
“Naturalmente quest’uomo potrebbe anche sbagliarsi, la connessione che sembrano avere tutti quelli coinvolti, potrebbe aver portato Sam a sentire quel dolore come se fosse suo, ma non è detto che fosse lui davvero…è quella ragazzina.. che mi preoccupa..” disse Albert pensieroso.

“Io lo sapevo che lei c’entrava!” sbottò Black furioso. “L’ho notato subito da come ha reagito davanti a un semplice racconto letterario!”
“Giudica racconto letterario, quell’ammasso di enormi sciocchezze sul giudicare mostri dei poveri bambini, solo perché nati con un colore di capelli particolare?? “ chiese Sam arrabbiato. Quella cosa lo bruciava ancora.

La reazione che ha avuto quella ragazzina è la dimostrazione lampante che ha qualcosa da nascondere e tu la stai ancora difendendo, sciocco ragazzino!”
“Non parli così a mio fratello!!” intervenne Dean arrabbiato.

“Cerchiamo di calmarci tutti.” intervenne Albert esasperato. “Black, se davvero quella ragazzina è coinvolta più di quanto pensiamo e più di quanto lei stessa dice, non è da condannare o mandare alla berlina, ma ma va PROTETTA. Potrebbe essere il bersaglio per il diavolo..”

“Non sono d’accordo, a quanto dice la signorina qui, ha mandato allo sterminio i genitori di questo ragazzo.” disse Black fuori di sé, indicando Sam, che sussultò.

“Black..” disse Albert con un’infinita pazienza. “Il fatto che la ragazzina vista da Marika, avesse i capelli rossi, NON INDICA per forza di cose, che si sia reincarnata esattamente così. Non sappiamo quante di quelle persone che compaiono nella visione di questi ragazzi, sia effettivamente QUI. Non sappiamo se quella ragazzina sia Alisea, potrebbe anche benissimo essere un ragazzo. Tuttavia, non negherò di certo quello che Marika ha visto, chiedo solo prudenza con i giudizi. Ciò che riteniamo cattivo potrebbe in realtà dimostrarsi il buono. E questo è tutto. Dean, Sam, ho bisogno della vostra risposta.”

Dean e Sam si sbrigarono a dire che accettarono. Anche loro non vedevano l’ora di saperne di più su tutto quel mistero.
 

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Capitolo 30
*** Solo tu ***


I giorni passavano e tutti i ragazzi coinvolti erano sempre più stressati riguardo a questa storia. L’idea di poter essere persone provenienti da un altro mondo, unito al fatto che avevano dei poteri magici e doverlo nascondere alle loro famiglie, doversi preoccupare di indagare sulla faccenda e dover anche studiare, era troppo per degli adolescenti e lo stress si ripercuoteva anche sul loro fisico.
Sam stranamente, sembrava il più calmo e sereno del gruppo e faceva in modo di rilassare la mente anche del suo fratellone, si preoccupava molto della sua salute.
Per esempio in quel momento, Dean era sdraiato sul pavimento, a pancia in giù, mentre Sam gli stava facendo un massaggio alla schiena, con l’olio. Erano nel salone della loro casa.

“Sei fantastico con i massaggi, Sammy…” sospirava Dean.

Sam sorrise timido e un po compiaciuto.
“Avevo notato che eri un po stressato..”

“Abbiamo un bel po di peso sulle spalle…senza contare che..ouff..non sappiamo ancora che fine ha fatto nostro padre…”
Un’ombra aleggiò sul volto di Sam.

“il preside dice che potrebbe essere coinvolto anche lui..è scomparso all’improvviso..”

“Speriamo che non l’abbiano rapito quelli dell’organizzazione..”
Sam smise di massaggiarlo.

“Off..scusa..dovrei liberarti i pensieri..non aumentarteli..”
“Sei..soltanto realistico..non preoccuparti.”

“E tu sei così positivo..” disse Dean, tirandolo giù e facendolo finire addossato contro il suo petto.

La testa di Sam finì sul petto nudo di Dean e cercò di divincolarsi.
“Andiamo, Dean, è imbarazzante!” si alzò su, tutto rosso.

“Oh, sei adorabile.” Lo schernì Dean, cercando di trattenerlo per le braccia.

“Piuttosto, perché non prendiamo la cosa dell’appartamento, più seriamente?” chiese Sam.
“Tutto quello che vuoi.”

“Solo che..dobbiamo prendere una scusa per la mamma, se dovessimo tentare durante gli orari di cena..” disse Sam, rimuginandoci su.
“Mmm..non credo ce ne sarà bisogno..”
“Perché?” chiese Sam stranito.

“è sempre con quell’Alastair, ultimamente..ha sempre la testa tra le nuvole e non è mai a casa..lo sai..”

“Mmm..hai ragione..beh, probabilmente meglio per noi, non dovremo dare troppe spiegazioni.”
 
 

*

Ultimamente, Dean era diventato più geloso nei confronti del suo fratellino, soprattutto vedendo che i suoi rapporti, sia con Alisea, sia con Castiel, erano rafforzati tantissimo.

Un pomeriggio di novembre, beccò Sam ed Alisea, alla sala giochi, che giocavano insieme.

“Sammy, dovremmo indagare, invece di perdere tempo qui.” disse Dean a braccia incrociate.
Sam gli era saltato subito addosso, facendolo cadere.

Easy tiger.” Disse perplesso della sua forza.
“Dean! Mi hai fatto una sorpresa!”
“Lo so, sono un tipo sorprendente. “

Alisea li guardò con un mezzo sorriso un po forzato.
 
Pochi minuti dopo, Sam e Dean stavano passeggiando per la città con un grosso cono gelato in mano.

“Hai scaricato subito la tua amichetta.” Diceva Dean.
“Credo che la cosa non ti renda molto scontento.” Disse Sam, scoppiando a ridere e facendo ridere anche lui.

“è solo che…credo di trovarla un po appiccicosa..” disse il biondo.
“Sto solo cercando di rafforzare i legami con gli altri della nostra cerchia..”

“Non sappiamo se sia una cerchia..” disse Dean contrariato.
“Penso che passare più tempo con loro, possa favorire i ricordi del passato..Alisea è convinta che eravamo amicissimi in questa vita e…”

“L’ha presa molto bene tutta la faccenda di Albert e Black e Marika..”

“Sì..lei sembra una tosta..sembra che niente la scalfisce..Dean scusa se insisto, ma credo dovresti conoscerla un po meglio..”
“Sì, sì, lo farò..e che mi dici di Castiel?”

Sam si fermò per leccare il cono di suo fratello, al gusto di cioccolato.
Dean fissò quel gesto.
“è carinissimo..è adorabile..”

“Senti, non è che hai una cotta per lui, vero? Non sei stato mai molto chiaro su che genere ti piacesse e..”
“Sarebbe un problema per te?”
Dean lo fissò sospettoso.

“Che ti piacciono i maschi, no. Che ti piaccia qualcuno, sì.”
Sam arrossì vistosamente, Dean rendendosi conto di quello che aveva appena detto, avvampò anche lui.
“Scusami, la sindrome del fratello protettivo, sai..”

“Ad ogni modo..non mi piace Castiel..lo vedo un po come una figura eterea, sai..siamo molto complici..e credo mi faccia tenerezza, sai..è il fratello di Marika..credo che mi preoccupo solo per lui..voglio dire..cosa gli succederà se Marika dovesse ricordare tutto e per assurdo trovare un modo per raggiungere quel mondo e andarsene via? Che ne sarà di lui?”

Dean rimase fermo a pensare, turbato.
“Credi sia quello che è successo a papà?”
Sam alzò le spalle.
“Forse.”

“E tu? Anche tu pensi di andartene un giorno? Di lasciare tutti quelli che ci sono qui?”

Sam lo fissò in maniera penetrante.
“Io non potrei lasciarti..” disse Sam, abbassando lo sguardo.

“Ma se decidessi di lasciar tutto..potresti non esser costretto a prendere una decisione simile..”
“Che cosa vuoi dire?” chiese Sam.
“Io potrei venire con te..” disse Dean.

Sam lo guardò e ci fu un silenzio carico di imbarazzi, poi il minore gli diede un pugnetto sul braccio.

“Dai..andiamo a vedere se questa volta riusciamo ad entrare attraverso quella diavoleria.”
“Okk, kiddo.”
 



Forse erano le emozioni intense che stavano provando quel giorno, i fratelli non lo sapevano, ma finalmente dopo SETTIMANE di tentativi andati a vuoto, il portale si aprì,permettendo loro di passarci attraverso.

“Oh, mio dio, Dean, mi tremano le gambe.” Disse Sam, trovandosi davanti al portone.
“Sostieniti a me, Sam, ce l’abbiamo fatta finalmente.”
Sam girò la chiave nella toppa. Per fortuna Marika era stata così gentile da prestarla a loro.
 
Salirono le scalinate come al solito, fino ad arrivare alla famosa porta sempre circondata dal nero.

Sam sentì il cuore battere forte e per la prima volta, non per la vicinanza di Dean.

Attraversarono insieme la porta e percorsero il corridoio.

“Siete cocciuti e ostinati, ragazzi.” Li salutò una voce maschile.
Sam e Dean si paralizzarono.

“R-Robert?” chiese Dean, mettendosi davanti per proteggere Sam.
“Venite avanti, così parliamo.”

Dean fece vari passi in avanti, entrando nello studio di Robert, ma quando anche Sam cercò di entrarci, quasi gli prese un infarto, visto che davanti a sé, un’improvvisa saracinesca si abbassò con un gran clamore davanti alla porta, impedendogli di passare oltre.
 
“SAMMY!!”

“DEAN!! CHE SUCCEDE? SONO RIMASTO FUORI!!!” gridò Sam, picchiando pugni contro la saracinesca.

Dean si voltò bruscamente contro l’uomo.

“Che significa questo? Siamo venuti qui, ci siamo fidati.”

“Se vuoi avere le risposte che cerchi, tuo fratello deve restare fuori.” Disse l’uomo.

“Perché??” chiese Dean disperato. Non sapeva perché, ma l’idea di non averlo vicino, lo faceva star male.

“Perché ti condiziona troppo e la tua mente non riesce a essere libera, quando lui è vicino a te, ho bisogno invece che la tua mente resti calma..”

Dean appoggiò la testa alla saracinesca, parlando a Sam con voce calma.
“Sam, mi senti?”
“Dean! Che stai succedendo?”

“Ascoltami..Robert ha detto che parlerà con me e solo con me..ha deciso così, tu sta tranquillo, io tornerò presto da te, ma per farlo, ho bisogno che tu resti tranquillo, altrimenti non potrò concentrarmi se dovrà ipnotizzarmi..hai capito? Puoi farlo per me?”
“Sì..” disse Sam.

Il biondo sentì la voce del suo fratellino e gli parve incrinata, dall’altro lato della saracinesca. Mai come in quel momento, avrebbe voluto farla esplodere e stringerlo tra le braccia, ma avevano una missione da compiere.

“Grazie, Sammy.”

“Io..ti aspetto qui..” disse Sam, con le lacrime agli occhi, sorridendo.
 
Dean si volse verso Robert, facendo un passo in avanti.

“Sono pronto. Che devo fare?”
Robert gli indicò il lettino.






















Note dell'autrice: ciao ragazzi!

Come notate dal capitolo, ho cercato di riprendere certe questioni lasciate in sospeso, Alisea sa già tutto, ho voluto evitare di ammorbarvi con la scenetta del confronto/chiarimento, non è importante ai fini della trama xd 
Ho messo anche un po di leggera wincest, tranquilli che prima o poi succederà qualcosa, ma prima li faccio cuocere a fuoco lento! aahah xd

ps da questo momento in poi cercherò di accelerare con la trama, tranquilli che non assisteremo alla stessa scenetta di Marika con il psicologo/psicanalista

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Capitolo 31
*** Cos'hai visto, Dean? ***


Avviso: onde evitare panico da crossover , avviso già tutti che non c'è nessun crossover in atto e che soprattutto questa storia non si collegherà al telefilm, non importa cosa dice Dean xd





Sam aspettò, aspettò tantissimo dietro la porta.

Ad un certo punto gli venne il sospetto che Robert avesse in qualche modo messo qualche sorta di strano incantesimo alla porta, che gli impediva di cogliere qualsiasi cosa stesse succedendo dall’altra parte. Non li sentiva neanche parlare.

Infatti, subito dopo che Dean si allontanò, dopo che gli aveva parlato, la saracinesca era tornata a essere una vera porta, aveva cercato di sporgersi più che poteva, per cogliere qualcosa, qualsiasi cosa, ma era stato tutto inutile!

Si accasciò alla porta, dando ad essa le spalle e si coprì la faccia con le mani, cercando di trattenere le lacrime.

Non si era mai sentito così angosciato, così…disperato. Non si era mai sentito così estromesso da suo fratello maggiore, tanto quanto in quel momento.

Si era sempre sentito connesso a lui in qualche modo..era stata la prima persona che aveva incrociato quel giorno di quell’estate, quando John era scomparso. Dean era andato addirittura a cercarlo, senza neanche sapere chi fosse. Senza neanche conoscere la sua vera identità, l’aveva preso, l’aveva protetto.
Poi avevano scoperto che avevano dei poteri e che in qualche maniera, essi funzionavano bene anche grazie alla presenza dell’altro, anzi, in molte occasioni, i poteri di Dean si erano svegliati solo per proteggere lui.

Era quasi sempre sicuro di sapere, conoscere i suoi sentimenti, almeno a livello umorale, sapeva sempre quando stava bene o male.
E adesso si sentiva tagliato fuori. Magari Dean stava subendo chissà quali cose angosciose e lui non era lì per aiutarlo, per sostenerlo
Peggio: magari stava avendo delle brutte visioni su di lui.

Perché questo? Perché Robert non aveva chiamato lui, invece, nel suo studio? Perché non aveva lasciato Dean in pace? Era tutta colpa sua, se tutti stavano soffrendo, non avrebbe mai dovuto entrare così nella vita di Dean, sconvolgergli la vita, non avrebbe dovuto essere mai nato…
 
 
Dopo un tempo indefinibile, la porta si aprì e Dean aveva una faccia atona, priva di espressione, indecifrabile.
“Dean.”
“Andiamo, Sam, usciamo da qui.” disse il maggiore.

Sam rimase scioccato. Dean non lo guardava neanche in faccia.

“Dean, aspetta!” lo richiamò, fermandolo con il braccio e costringendolo a voltarsi.

Dean parve scocciato di essere costretto a farlo, ma appena vide il viso di Sam, parve sconvolto di vedere che aveva gli occhi completamente rossi, talmente rossi da apparire socchiusi.
“Sam..hai pianto..cosa..?” gli chiese, allungandogli una mano sul viso.

“Dean..dimmi che va tutto bene..va bene?” chiese ancora, riferito a Robert.

Robert fece un accenno. “Spetta a Dean, decidere se parlartene o meno.”

“Guarda come ti sei ridotto..” continuava a dire Dean come in trance, toccandogli il viso e poi abbracciandolo di slancio.

Sam non sapeva cosa dire, tutti quegli sbalzi di umore di Dean lo confondevano.

“Andiamo, Sam..”
 
 
Sam cercò invano di farsi dire da Dean cos’era accaduto, ma il maggiore era irremovibile.
All’inizio abbozzava frasi di circostanza.

“C’erano un sacco di mostri..combattevo..non ricordo..” poi “Basta farmi domande, Sammy..quando mi sentirò pronto, ne parlerò!” per finire con “scusami, non volevo essere sgarbato, Sammy..è stato sconvolgente..” e “promettimi che non ci andrai anche tu..”
 
Sam non riusciva proprio a capire perché una seduta di ipnosi sconvolgesse Dean così tanto. Anche Marika l’aveva fatta, forse anche lei aveva reagito così la prima volta?

Quella notte, Sammy non dormì.
 


Nei prossimi giorni, Dean era sempre più distante. Decise di parlare soltanto con il preside, di quello che aveva visto, con nessun altro e per questo motivo, lui e Sammy litigarono.

Però Dean non era sempre scorbutico. C’erano giorni in cui coglieva Sam di sorpresa, cingendolo in vita con un abbraccio mozzafiato, mentre girava per la casa, come a non volerlo lasciare mai andare.
E allora a Sammy veniva la paura e gli chiedeva:

“Sono in pericolo, Dean? Hai visto che sono in pericolo?”
“Sciocchino..no..te lo direi, no?”
Ma poi chiudeva lì l’argomento.
 
Un giorno di questi, erano entrambi sdraiati sul letto di Dean.

Dean lo abbracciava, o per meglio dire, gli cingeva la vita con una mano  e l’altra mano era poggiata sul suo ginocchio.

Di tanto in tanto, sentiva le dita delle sue mani muoversi, in accennate carezze, che facevano venire a Sam la pelle d’oca.

Erano in qualche modo diverse dalle carezze che gli aveva sempre fatto.

Avevano un che di strano. C’era un che di trattenuto, ma allo stesso tempo di più possessivo.
Di più eccitante.
 
Sam si sentì ad un cero punto portare da Dean verso di lui, invitandolo con la mano a sporgersi verso di lui. Il minore credeva che volesse che mettesse la testa sul suo petto, ma non era l’intenzione di Dean, che lo invitò con la mano, ad abbracciarlo, facendosi più vicino.

Sam, era a pancia in sopra e si voltò, andando incontro all’abbraccio di Dean.

Finirono abbracciati stretti. Una presa disperata, bisognosa. Sam capiva che c’era qualcosa di più in quell’abbraccio che non riusciva a definire.
Le loro gambe finirono intrecciate a causa dell’abbraccio e Sam avvampò.

Voleva quasi levarsi, ma era combattuto. Dean non era mai stato così fisico con lui e una parte del minore sapeva che un contatto così, era quello che aveva sempre voluto.

Sapeva anche che quello che era successo in quello studio, era qualcosa che riguardava LUI e che qualunque cosa fosse, Dean non voleva dirglielo.






















Note dell'autrice: il capitolo corto dipende dal fatto che la notte scorsa non ho chiuso occhio xd

Daisy non ti sei mai espressa al riguardo, ma sono davvero curiosa di sapere se anche tu vuoi vedere il bacio come tutti qui xd e se ti piace o no tutta questa tensione sessuale! xd

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Capitolo 32
*** Febbre ***


Erano passati ormai diversi giorni e Dean si era un pochino addolcito, nei confronti di Sam, tuttavia il minore riteneva che il maggiore fosse inevitabilmente cambiato nei suoi confronti. Spesso rimaneva rigido, imbarazzato, cercava di non guardarlo negli occhi troppo a lungo, rifuggiva lo sguardo.


Sam aveva cercato di farsi dire dal preside cosa era successo ma il preside l’aveva sempre congedato con un sorriso fin troppo compassionevole e Black l’aveva ricambiato con un sorriso malizioso che non gli era piaciuto per nulla.

Tuttavia, questo momento di stasi, era destinato a cambiare per sempre, anche se i due fratelli ancora non lo sapevano.
 
Era da poco arrivato Novembre e Sam aveva preso l’abitudine di uscire, pur di non pensare a Dean e continuare a struggersi per lui. In particolare però, quella giornata non si erano visti per tutto il giorno e il maggiore cominciò ad essere seriamente preoccupato. Gli telefonò, ma non rispondeva al cellulare, lo cercò dappertutto e ringraziò che la loro madre fosse in vacanza con questo Azazel e non contribuisse ad aumentare la sua ansia. Girò tutte le discoteche che gli venivano in mente, poi pensò che ce n’era una che Sam aveva sempre avuto la tentazione di provare. Fu un tentativo disperato.

Parcheggiò la sua moto ed entrò nella discoteca The Hell a perdifiato, appena vide l’impala nera parcheggiata li fuori.
 
“Sam! Sammyyyyyy!” gridava. Non gli importava di apparire ridicolo o che le sue urla servivano a ben poco in tutto quel frastuono. Finalmente lo aveva trovato. Era l’una! avrebbe riportato a casa a calci nel sedere quel disgraziato di suo fratello, che a quell’ora pensava bene di andarsene in giro, usando la macchina di loro padre, staccando il cellulare e non degnandosi nemmeno di dirgli dove andava.




Lo trovò dopo quelli che parvero secoli e qualcosa dentro di lui si incrinò, facendogli un male cane.
Forse erano le sue costole. Quelle che dovevano appartenere al CUORE.

Poteva un cuore avere delle costole che lo sorreggevano? Dean non lo sapeva, non gli era mai piaciuto studiare l’anatomia umana, gli era sempre piaciuto di più sperimentarla, ma sapeva che se il cuore si reggesse grazie a un qualche sistema che lo sorreggesse, quelle fondamenta erano appena crollate, come un ponte troppo vecchio..e adesso il suo cuore senza quelle fondamenta stava annegando nel suo stesso sangue, sempre di più…sempre di più….
Plic plic plic…
 
Sam.
Suo fratello.
Con una ragazza.
Con Alisea.
 
Non poteva essere vero. Di certo era un’allucinazione. Sam non lo farebbe mai, giusto? Non aveva detto che forse gli piacevano i ragazzi?
Aveva detto forse…
E poi non lo farebbe PROPRIO CON LEI, dopo tutto quello che stavano passando, dopo i sospetti su di lei.. dopo…

Sam era seduto su un divanetto sull’azzurro – verde acqua e Dean pensò subito che chi si fosse occupato di piazzarlo avrebbe dovuto come MINIMO essere licenziato. Un divanetto che sembrava avere due colori e che non si riusciva a decidere di che colore fosse davvero – se azzurro o verde – non avrebbe mai dovuto essere messo li, non avrebbe mai dovuto ospitare suo fratello…

Suo fratello che aveva quella sgualdrina che gli stava a cavalluccio, mentre lui affondava la testa sul suo seno.
Oddio no..e quella mano che gli passava sotto la gonna.
Cos’avevano intenzione di fare? Non volevano fare mica sesso davanti a tutti, vero?

Perché nessuno li fermava? Era atti osceni in luogo pubblico.
 
Gli si annebbiò la mente e avanzò con lunghe falcate, con la rabbia che gli deformava il viso.

“SAM!!”



Il minore si staccò dalle labbra della ragazzina – della sgualdrina! – con un rumore simile a un POP e Dean odiò quel suono. Sam lo fissò, prima confuso, poi appena un po sgomento. Sam, suo fratello, era un casino, aveva il viso arrossato sulle gote e i capelli in disordine, sparati su tutte le direzioni. E se era così solo per una pomiciata, che aspetto avrebbe mai potuto avere, dopo aver fatto SESSO?

No no no, non devo pensare a questo si disse.
“Dean?” chiese confuso, mentre Alisea si portava una mano alla bocca e cercava di ricomporsi.

“CHE CAZZO STATE FACENDO, EH?” Dean li aggredì, il tono simile a quello di una tigre in gabbia che cerca di sbranarti. Guardò Alisea e se fosse stata un ragazzo di sicuro l’avrebbe picchiata, ma si trattenne, solo perché era una ragazza, così come si trattenne da gettare Sam al muro e dargli una giustificazione assai migliore per ansimare.

“Mi sto solo divertendo..” disse Sam, cercando di riattirare a sé Alisea, che si scostò un po imbarazzata. Dean lo guardò, all’improvviso l’espressione arrabbiata prese posto allo sconcerto. Questo non era Sam. Non era da lui comportarsi così.

“Che cos’ha? Ha bevuto?” chiese arrabbiato ad Alisea.

“Io..io non lo so!” disse Alisea, quasi in lacrime. “Non l’ho mai visto così..Sam..lui..mi è sempre piaciuto, ma non mi aveva mai neanche guardato e invece adesso..”
“VIENI AL PUNTO!”

“E all’improvviso è voluto venire in questa discoteca..ma aveva un aspetto strano ancor prima di venire qui..e all’improvviso ha cominciato..abbiamo cominciato a baciarci..io ho cercato di dirgli che dovevamo andare piano..gli ho chiesto cos’aveva ma lui..voleva..voleva fare sesso..ecco!”

Dean era davvero sconcertato. Suo fratello voleva fare sesso a tal punto da scoparsi quella ragazzina? In tutti quei mesi che aveva conosciuto Sam, non gli aveva mai dato quell’impressione, come se fosse allupato, in più aveva detto che Alisea non gli piaceva..che diavolo era successo?
 
“Stavate per fare sesso su un divanetto della discoteca?? Ma SIETE IMPAZZITI?

Alisea cercò goffamente di giustificarsi, ma Dean la interruppe.

“Se dici che è stato lui a insistere, ti do uno schiaffo. E non mi importa se sei una femmina.”
Alisea lo guardò duramente.

“E va bene. Lo volevo, ok? A me piace Sam! Non stavamo facendo niente di male e non avevamo intenzione di farlo qui, ovviamente. Adesso perché non te ne vai, Dean??”
Ma Dean non stava più guardando Alisea.

Stava guardando Sam. il suo sguardo confuso, perso nel vuoto e le sue mani che si grattavano febbrilmente la pancia.

“Ma cosa..” disse e gli alzò delicatamente la maglia.
Quasi soffocò.
 


Sullo stomaco di Sam c’erano delle lunghe strisce fosforescenti che sembravano illuminare il suo stomaco più delle luci dell’albero di Natale posto qualche metro più in là nella discoteca.
Dean aveva tracciato con la mano, quelle linee, ma spostò la mano, quando Sam si inarcò come in preda ad un orgasmo.

“Che cazzo significa questo?” chiese Dean, furioso alla ragazza.

“Mi dispiace!” disse Alisea cominciando a piangere. “Ce le aveva già quando l’ho visto, ho cercato di chiedergli come se le fosse fatte, ma non mi ha risposto, voleva solo baciarmi e…voleva che io..”
“Che tu…??”

“Lui..sembra provare piacere quando gliele tocchi e..si eccita..quindi voleva..insomma..ci hai trovati così, no? Lo sai.”
Dean era completamente allibito.

“Ti stavi approfittando di lui in questo stato???”
“No, non è come..”
SCIAFFF.
 
Dean non voleva davvero farlo. O forse sì. L’aveva desiderato dal primo momento in cui l’aveva vista con il capezzolo nella bocca di Sam e si era sentito duro, immaginando che lo facesse a lui e subito dopo provando ribrezzo per sé stesso, ma questo..questo era troppo.

“Non sono stata io!!” gridò Alisea, tenendosi la guancia. “Era quello che lui voleva!”
“Mio fratello non vuole e non farebbe mai sesso con te, se fosse consenziente!”
Neanche con te!” gridò lei.

Dean la guardò allibito, strinse il pugno per cercare di controllarsi.
“Forse Black ha ragione su di te..”
Alisea lo guardò basita.

“Vattene. Non voglio colpirti di nuovo. VA VIA.”

Alisea scappò con la coda tra le gambe. Dean si passò una mano sul viso.

Cos’aveva fatto? Aveva appena schiaffeggiato una ragazzina.
Era un mostro.
E poi quello che aveva detto su lui e Sam.
 
Sentì le braccia di Sam avvolgergli il collo.
“Quanto sei virile, Dean..”


“Sam..sei in te, ora? “ poi lo guardò meglio. “A giudicare dalle tue parole, ancora no.”




Sam rise.
“Baciami.”

Dean strabuzzò gli occhi.
“No!”
“Ti prego. Hai mandato via lei, no? Quindi vuoi baciarmi.”
“No! Non è come credi!!”
“Ti prego…io..AHHHHH.”

Sam cominciò a contorcersi come preda di un male invisibile.

Dean cominciò a preoccuparsi e lampi di odio brillarono dentro di lui ancora più maggiori nei confronti di quella ragazza. Avrebbe voluto correre di nuovo da lei e affrontarla, gridarle ancora contro per aver cercato di fare sesso con Sam, mentre era così, ma non voleva neanche lasciare il fratello così.

“Dean..ti prego..fa tanto male..”

“Sam? Sei di nuovo tu? Cosa ti prende, fratellino?”
“Qualcosa..mi ha aggredito..”

“Alisea?? È stata lei??” gli chiese, accarezzandogli una guancia.


“No! Lei non c’entra. È questo che..ti prego..toccale..” disse Sam, indicando le strisce dorate.
Dean ne sfiorò una con il dito.
“Sam..dobbiamo farti vedere..”

“NO!  è una cosa magica..se..se lo fai, puoi farla sparire..”

La faccia di Dean si deformò in un’espressione atterrita.

“Per questo io e lei..ma le cose mi sono sfuggite di mano..ti prego, Dean..fallo tu..”

“Non farò mai una cosa del genere..”

“Ti prego..devi solo..toccarmi..non serve..fare altro..” disse Sam, abbarbicandosi a lui. Dean cercò subito di spostarsi.

Quand’era che era diventato eccitato? Pregò che suo fratello fosse troppo fuori di sé per accorgersene, un momento dopo, si odiò per quel pensiero.
“Non sei in te..ti occorre aiuto..”
Sam si aggrappò al suo colletto.

“è una cosa soprannaturale che mi sta facendo questo..vuole uccidermi..ti prego, Dean..è l’unica maniera per farla andar via..non ti farà del male, lo so..non è te che vuole..”
“Non è di me che mi preccupo..”

Poi prese una decisione, lo fece alzare e cominciò a trascinarlo via. Sam cercò di protestare, ma Dean lo portò solo in una saletta più privata e lo fece sedere su un altro divanetto.
 



“Ti fidi di me?”

Sam sussurrò. “Sì.” Dean ebbe un moto di esitazione. E se stava sbagliando? E se avrebbe solo peggiorato le cose?
“Ti prego..fallo...”

Le ombre cercavano di fuggire via dall’assalto, correndo da una parte all’altra, ma Dean non gli dava scampo.
"Voglio i tuoi baci. Sempre.” disse Sam.

Dean lasciò che le mani di Sam circondassero il suo viso e spingessero il suo viso contro il suo e collimassero finalmente in un bacio.
Dean era ancora molto trattenuto, quindi il bacio seppur tanto desiderato, fu incerto e combattuto.

Baciare suo fratello era sconvolgente, ma Dean in quel momento sentiva come se non fosse neanche sé stesso in quel momento.

“Sam..le strisce..le ombre…” disse Dean, accarezzandogli il il viso.

“Sono scomparse..le hai fatte andare via..” disse Sam felice, ma chiedendo altro. No, questo non doveva succedere. Non poteva.

Eppure, si ritrovò poco dopo a acconsentire alla richieste di Sam. Avrebbe fatto tutto quello che gli avrebbe chiesto.

Un altro lungo bacio.


Poi Sam crollò sul cuscino.


“Sam..” lo chiamò accarezzandogli i capelli.
Sam cercò di alzarsi ma ebbe un capogiro.

“Piano..piano..è meglio che restiamo un po qui..” disse Dean.
“No..voglio andare via..Dean..potresti portarmi?” gli chiese.
Dean lo fissò, poi annuì. Si caricò il minore sulle spalle e lo portò in macchina.


Prese però a piangere, dopo aver caricato il minore sui sedlli anteriori e averlo coperto con una copertina.
“Non piangere, Dean..io sono contento..” sussurrò Sam come se potesse vederlo attraverso gli occhi chiusi.

Quella frase gli rimbombò per tutto il percorso che fece fino a casa.
 


Quando tornarono a casa, Dean prese Sam in braccio e lo accompagnò al piano di sopra, poi lo fece scendere, dove, dopo un veloce abbraccio, ma dolce, Sam si chiuse in bagno per lavarsi, dopo quello che era successo. Dopo una leggera doccia, toccò a Dean, che cercò di far veloce, per andare subito a controllare Sam. Lo trovò sotto le coperte. Sembrava un angelo. Sorrise e andò da lui, accarezzandogli ancora il viso e i capelli.

“Scoprirò chi ti ha fatto questo, Sam..domani..lo prometto..e perdonami, fratellino.” Disse Dean, baciandogli una guancia.

Non c’era niente da fare. Le lacrime non volevano interrompersi.
“No, Dean, non posso perdonarti..”
A Dean mozzò il respiro.

“Per non averlo fatto prima..” disse infine.
Dean si passò una mano sul viso.
“Ma Alisea..”

“Lei era un palliativo..non avrebbe potuto sconfiggere questo..perchè non era lei che volevo..volevo te..”
Dean non disse ancora niente.



Sam si sporse a baciarlo ancora dolcemente.
“Ti prego, resta qui con me.”
Dean non disse niente.

Lasciò che Sam lo spingesse verso di lui, nel letto.
Aveva una forza inaudita, seppur dolce.
 
Lo abbracciò da dietro e restarono così tutta la notte.

Dean si chiese se potesse esistere un amore più forte di quello.






















Note dell'autrice:  Finalmente una svolta ahahah dopo un capitolo così, ho mal di testa pure io! haha xd fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo xd 

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Capitolo 33
*** Voglie - prima parte ***


“Nessuno ha fatto questo a Sam.” fu la sentenza di Albert nella sua villa.
Dean e Sam ne rimasero stupiti.

“Signore, scusi se mi permetto, ma quelle cose sulla pelle di Sam, lei non le ha viste, le assicuro che non erano umane.

“Grazie, Dean.” Disse Sam.
“Non intendevo…”

“C’è qualcosa che dovete sapere, sul conto del ragazzo che sarà il prescelto di Lucifero, che non vi abbiamo ancora detto.” Disse Albert.

Dean lo guardò duramente.

“Ci ha nascosto delle cose??” chiese arrabbiato.

“Non era indispensabile allarmarvi più di quanto eravate già, comunque non è niente di tragico, state tranquilli! In sostanza, per farla breve, il ragazzo cercato dal maligno, o la ragazza, proveniente da un altro mondo, avrebbe potuto sviluppare fisicamente, visivamente e psicologicamente, l’incarnazione dei suoi desideri!

Sam e Dean lo fissarono scioccati.
Albert sospirò.

“In sostanza, il ragazzo o la ragazza, si sarebbe trovato o trovata davanti a una febbre, una febbre di desiderio, divorato dagli stessi, che sembra quello che è capitato in sostanza a Sam.”

“Ma Sam aveva delle cose..sulla pancia..Sam, forse dovresti..”

“Sono scomparse, Dean!” disse Sam, guardandolo male, per la prospettiva di doversi spogliare davanti al preside.

“Probabilmente Sam avendo dei grandi poteri soprannaturali, ha sviluppato qualcosa di simile alle voglie di una donna incinta.” Disse Albert un po imbarazzato.

“Ma tutto questo è assurdo!” disse Dean un po istericamente.

“E cosa di questa storia non lo è?” disse Albert esasperato.

“Devo prepararmi a vedere Sam con il pancione?”
DEAN!” disse Sam scandalizzato.

“Credo che il nostro tempo sia terminato, adesso andate, ho delle cose da sbrigare e mi raccomando, non parlate con nessuno di quello di cui abbiamo parlato qui, tranne con la signorina Alisea, Dean, forse le dovresti delle scuse.” Disse Albert guardandolo un po di sottecchi.

Dean sapeva cosa il preside cercasse di fare, ma con lui la sua aria di autorità non funzionava, non lo metteva in soggezione come accadeva con gli altri.

“Non intendo chiederle scusa, mi dispiace.”

“Dean! È una ragazza!” disse Sam, prendendogli la mano, ma Dean reagì con stizza.

“Ha cercato di approfittarsi della tua situazione, Sam!”

“Come sai che non volesse semplicemente aiutare Sam a stare meglio, come hai fatto te stesso?” chiese Albert.

“Lei..è innamorata di Sam! Lo vuole tutto per sé!”

“E tu no?” gli chiese Albert con spirito indagatore.
Sam si mise una mano sulla bocca, guardando Dean come una mina pronto ad esplodere.

“Io..io cosa?

“Dipende da cosa tu sei disposto a rispondere, Dean. La prima? La seconda? Entrambe?

“Io..non le permetto di insinuare certe cose! Sam è mio fratello! E adesso, noi ce ne andiamo! Vieni, Sam!” disse prendendogli la mano e facendolo alzare.

“Dean, ma…mi dispiace.” Disse rivolto ad Albert, mentre si preparavano ad uscire dalla villa,

“E di che. Buona giornata ragazzi. Ci vediamo domani a scuola.” disse Albert, alzando un bicchiere di vino.
 
 
 

La neve era caduta a fiotti ed era rimasta folta ai lati del guardino della immensa villa del preside. I fratelli stavano camminando velocemente, anzi, Sam stava cercando di tenere il passo del maggiore, però gli veniva da ridere.

“Avresti dovuto vedere la tua faccia, sei così sexy quando alzi la voce.”

“Sono felice che una mia possibile sospensione ti diverta, visto che quello a cui ho osato alzare la voce, è il preside.”

“Dovrebbe sospenderti per aver detto la verità?
Dean si fermò, boccheggiando.
“Q-quale verità?”

Sam gli si fece vicino, malizioso, toccandogli il colletto del giubbotto.

“Non è vero che mi desideri?”
“N-no..decisamente NO.”

“Mmm..e quello di ieri sera che cos’era?”

“L-‘ho fatto solo per curarti! Che sia chiaro! Tu sei mio fratello..e io non sono un..un pervertito..capito? N-non..”

“Mmm..peccato!”
“C-COSA?”

“Forse dovrei aspettare che mi compaiono altre voglie per poterti avere ancora sopra di me?”

“Sam! Ma che diavolo dici?? Non dirlo neanche per scherzo!! Allontaniamoci da qui!” disse poi gettando uno sguardo alla finestra della villa, cercando di spingere via Sam, ma il minore rise.

“Hai paura di dargliela vinta e di dimostrargli che ha ragione?”

“Ehi, per tua norma e regola, io non ho mai paura e NON HO MAI TORTO, neanche quando ho ragione…ma che sto dicendo..questa conversazione è assurda!” disse Dean, passandosi una mano sulla faccia.

Sam lo guardò sempre più malizioso e si avvicinò ancora, indicandogli un albero con una cavità all’interno. Nella sua mente volavano pensieri sconci.
 
“Cosa?” chiese Dean stranito.

Sam lo guardò sempre più malizioso.

"Hai visto quanto FREMO di passione, Dean, tu mi desideri, USAMI, a me non dispiacerebbe." disse.

"SAM, ma che cavolo dici!!"

Sam indicò ancora l'albero con un cenno.

"Lascia che ti dia piacere..con la BOCCA.." disse Sam indugiando sui suoi jeans. "So che vorresti saltarmi addosso..ma ti trattieni..beh, tu vuoi saltarmi addosso..io voglio che tu lo faccia..non credi che ci intendiamo a meraviglia?"

“Sam! Siamo nel giardino del maledetto preside!” disse Dean scandalizzato.
Sam sbuffò.

“Peccato..avevo certe voglie..
Dean sbuffò a sua volta, sarcastico.

“Beh, peccato, perché non sono le mie stesse voglie, sarà quello che vuoi tu, ma non quello che voglio IO.

Sam lo guardò, sembrava davvero sbalordito, come se non se lo aspettasse, poi cercò di riprendersi, di non far vedere quanto fosse ferito.

“Oh..oh, ok..se..se è quello che vuoi..allora..”

“è questo, sì.”

“Allora, andiamo..” disse, facendo per voltarsi.

“Sì.” Acconsentì Dean, poi prese Sam a sorpresa, per il giubbotto e lo spinse contro quell’albero, facendolo ansimare per la sorpresa.
 



Non gli diede neanche il tempo di riprendersi dallo shock, che incollò le labbra alle sue.

All’inizio furono baci a fior di labbra, poi Dean approfondì il bacio, facendo intrecciare la lingua con la sua.

Sam aprì un attimo gli occhi e si poteva leggere nei suoi occhi la sorpresa, poi li socchiuse in un modo che era diverso da quando voleva fare il seduttore, li socchiuse in un modo che Dean ribattezzava da tempo il modo di guardare di Sam da puppy eyes.

Era lo sguardo che Sam faceva guardava il tramonto, quando vedeva un cucciolo, quando qualcosa lo affascinava, quando qualcosa lo emozionava, lo rendeva vulnerabile, ma in senso BELLO.

E quando aprì gli occhi per guardare Dean, oh, quello sguardo, come Sam guardò Dean, come se fosse la cosa più bella che Dean fosse.

Il maggiore gemette e lo pressò di più contro il suo corpo.
Ansimarono entrambi nel bacio.

“S-Sam..io..non dovrei..tu sei mio fratello…”

Solo a metà!” disse Sam ridacchiando, accennando implicitamente al loro essere fratellastri.

Dean lo fissò intensamente e poi gli prese il viso tra le mani, baciandolo di nuovo, a lungo, ma come una carezza, in modo languido, in modo ROMANTICO.
 


In quel bacio c’era un dialogo senza voce.
In quel bacio Dean gli diceva No, tu sei mio fratello. Lo sei davvero e non a metà.

Era come una dichiarazione d’amore senza bisogno di usare le parole

E forse Sam lo capì, perché mentre si baciavano, Sam fece una smorfia, come se stesse per piangere, ma senza versare lacrime,  forse era solo sopraffatto dall’intensità di quello che aveva capito.

Dean sperò che fosse commozione.
 
 

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Capitolo 34
*** Alisea mai una gioia ***


Dean e Sam continuarono a baciarsi, fino a quando il maggiore si fermò e lo guardò malizioso.

“Avevi in mente qualcos’altro, non è vero?”

“D-direi.” Disse Sam, cercando di mostrarsi contrariato. Non è che non gli piacevano i baci, ma aveva in mente qualcosa di più lussurioso, tipo prendere il pene di Dean in bocca, mentre il maggiore lo imprigionava contro la cavità dell’albero, ma era difficile mostrarsi così delusi, dopo che i baci di Dean lo avevano appena mandato in estasi.
“Mmm..con il preside a due passi?” gli disse Dean, mordendogli l’orecchio.

“Potrebbe anche aver visto che ci baciamo.” Disse Sam.

Dean gettò un’occhiata alla finestra e non riuscì a dissimulare del tutto l’allarme nel suo viso. Albert da parte sua, si sbrigò ad allontanarsi dalla finestra.

“Un po di brivido ogni tanto non mette pepe nelle relazioni?” lo provocò Sam, ma venne subito spinto dal fratello ad uscire dal giardino incriminato.

“Fifone!” gli disse Sam.
“Non sono fifone, è che ho..premura!”
“Premura di cosa??”
“Lo vedrai.”

“Dean. DIMMELO.” Disse Sam, fermandolo per un braccio.

Dean poteva vedere quanto Sam fosse allarmato. Si chiese di cosa avesse paura. Forse temeva che volesse fargli un discorso? Ma non era tra le sue intenzioni.

“Voglio renderti…SODDISFATTO..” disse con una punta di malizia.
Sam deglutì.
“Quindi mi lascerai..fare quello??”

Dean rise. “Andiamo a casa e lo scoprirai.”
 
 
 
Quando furono a casa, tuttavia, Dean non gli lasciò fare proprio un bel niente, lo spintonò in camera e poi lo spinse sul letto, facendo sempre attenzione ad assicurarsi che Sam gli stesse dando il consenso. Quando vide la sua faccia, interrogativa ma non dispiaciuta, si sdraiò sopra di lui e cominciò ad abbassargli i pantaloni.

“Dean! Cosa..vuoi fare..” disse Sam. Il maggiore avvertì un tremito nella sua voce.

“Ehi..tranquillo..non faremo niente che non vuoi…e di certo non quello, senza lubrificante.” Gli accarezzò la guancia e Sam chiuse gli occhi a quella carezza.
“E allora..?”

“Fidati di me.” si abbassò a sua volta i pantaloni e alzò le gambe di Sam.

Lo vide impallidire sotto di lui.
“Ehi, ti fidi di me?”
Sam annuì a fatica.
“Bene..”

Attirò Sam più vicino. Un intreccio di gambe. Appiccicati.

Sam gemette per la sensazione. Era meraviglioso. Pelle contro pelle.

Sam aveva ragione. Dean lo stava facendo godere e senza neanche bisogno di toccarlo li.

Poi Dean cambiò posizione e si rizzò a sedere, prima era seduto tra le gambe di Sam, ma il cambio posizione, fece in modo che si ritrovò sopra.

Sam fece un gemito strozzato di apprezzamento.

“Allora, Sam..stai godendo abbastanza?” gli diceva con voce roca.

Sam non si diede nemmeno la pena di rispondere o forse non poteva, troppo occupato a respirare con affanno.
“Vuoi venire?? Vuoi??”

“S-sì. Sì.”
 
Dean cominciò a toccarlo piano, poi più velocemente, quando capì che era vicino.
Sam arrivò al culmine con un grido.

Dean si sdraiò sopra di lui, dandogli un morso giocoso sulla mascella, poi qualcosa che forse si sarebbe trasformato in un succhiotto.

“Sai perché ti dissi che non era quello che volevo io, in quel giardino? Perché avevamo voglie diverse. Io volevo solo baciarti.

La capacità di Dean di dire le cose più dolci, facendole passare come se fossero cose non romantiche o sciocchezze, da un po aveva il potere di far battere il cuore a Sam.

“Ehi, gli occhi lucidi per una cosina così? Sei proprio una ragazzina. O forse è l’orgasmo a renderti gli occhi lucidi, mh?” gli disse Dean dolcemente, dandogli un buffetto sul viso.

“Non so..” disse Sam, finendo di nuovo abbracciato a lui, con le gambe avvinghiate.
 
 
 
 
*

Il giorno dopo, si stavano avviando a scuola, insieme. Sam si mise a provocare un po Dean.

“Quindi è come se..avessimo una relazione??” chiese giocosamente.

“Sam!” disse Dean, allarmato che qualcuno potesse ascoltare.
Sam rise e a Dean sembrò come la risata degli angeli.
“Non credi che dovremmo parlarne??”
“No! A dire la verità, no! non credo dovremmo. Parlarne.” Specificò meglio.
Sam fece il broncio.

“Se qualcuno dovesse scoprire cos’abbiamo fatto..passeremmo dei guai..” disse Dean, all’improvviso preoccupato.
“Quindi non vuoi più che facciamo..quello?” indagò Sam.
Dean evitò il suo sguardo e Sam si illuminò.
“Lo sapevo.” Disse, abbarbicandosi a lui.

“Sam, io…ne parliamo un’altra volta…e poi sai..non credo sia corretto parlare di relazione tra noi due. Intendo, sei mio fratello..sarà sempre un tipo di relazione diversa da quella che..potrei avere con un ESTRANEO.”

Sam lo guardò indagatore.
“Non capisco se mi hai appena fatto un complimento o mi hai appena liquidato.”

Dean non riusciva a rispondere.
“Va beene! Comunque nel frattempo che decidi COSA SIAMO, io posso baciare altri, allora??”

Dean si fermò, riservandogli uno sguardo omicida.
“Non posso credere che tu l’abbia detto.”
Sullo sguardo di Sam si dipinse un’espressione trionfante.

“Ah – ahhhhh. Vuoi l’esclusiva!!”

“Io..penso solo che dopo quello che abbiamo..fatto..non sia consono..sia poco elegante..dire certe cose..”

“L’idea che altri mettano le mani addosso a me, ti fa impazzire, vero?” disse Sam.
Dean gli accarezzò le braccia dolcemente.

“Tu vuoi LEI, vero?”

“Cosa?” questo Sam non se l’aspettava.
Alisea.
Sam fece una risata forzata.

“Stavi per fare sesso con lei, Sam.”
“Dean, ero sotto un incantesimo!”
Ma era la cosa sbagliata da dire.
Dean annuì ferito.

“Quindi..anche quello che hai fatto con me, era perché..”
“Dean, no! Non volevo dire questo!!”

“Dovremmo entrare a scuola, io non sono un alunno, ma tu si, siamo quasi in ritardo. Di nuovo.”
 
 
 
 
 
*

Alisea si trovava a casa di Marika…. aveva stretto molta amicizia con quella strana ragazza bionda, dall’aria un po’ sognante un po’ malinconica…. In quel momento era sabato e si trovavano tutte e due sdraiate sul giardino della casa di Marika a giocare a Memory… quando Alisea le chiese: “Marika… tu che cosa pensi delle favole?”
 
Marika rispose intenerita che adorava le favole e che se voleva, alcune volte poteva raccontargliene qualcuna.
 
“E che cosa pensi delle cose che non esistono?”
 
Marika rimase un po’ perplessa da quella strana domanda e disse dolcemente: “Cerca di non pensare a queste cose.” e le accarezzò dolcemente la guancia e i capelli.
 
“ Credi che le cose che non esistono e le cose che non vediamo siano la stessa cosa?”
 
 “Come?” chiese Marika.
 
 “Insomma…voglio dire, se una cosa esiste, dovremmo vederla, se non la vediamo, è perché non esiste, giusto?”
 
“Non è proprio cosi…ci sono un mucchio di cose che non vediamo, ma che esistono realmente…i sogni delle persone, i desideri, le passioni…oppure le persone che hanno fede, che credono in Dio ..e…l’appartamento.” disse con tono triste.
 
Marika decise di omettere spontaneamente se ci credeva anche lei o no che esistesse realmente.
 
“ L’amore, tante persone affermano di aver visto gli angeli, i fantasmi…il paradiso…”
 
“Pensi che l’appartamento esista e non esista allo stesso tempo?” chiese lei.
 
Alisea aveva poggiato la testa sul grembo di Marika come a cercare riparo, e Marika cercava di confortarla anche se non sapeva bene neanche lei da cosa…ma lo fece…avrebbe voluto che anche le persone che aveva vicino negli anni più bui, avessero fatto esattamente cosi…che l’avessero consolata anche senza capire perché fosse triste…
 
 “Ascoltami molto bene, Ali…solo perché le cose che amiamo, non le vediamo, non vuol dire che non esistono…non esistono su questo piano della realtà, perché non fanno parte di questa realtà…ma possono esistere…altrove…”
 
“Su un altro piano della realtà? E come si chiama? “ chiese Alisea, lasciandosi accarezzare docilmente i capelli.
 
“Il piano dei sogni… questi due piani sono cosi divisi…che sembrano lontanissimi ma allo stesso tempo sono vicinissimi e a volte, il piano della realtà può confondersi con quello del sogno…in soggetti particolarmente sensibili, è captato spesso, che talvolta alcuni di loro riuscissero per alcuni istanti a intravedere pezzi di quel sogno…”
 
 
Pezzi di infinito pensò Marika senza dirlo
 
“ E cosa vedono?” domandò Alisea.
 
“A  volte loro…vedono delle cose…possono essere i loro cari nonni defunti, oppure sentire suoni che di fatto non ci sono, voci che sembrano provenire da un posto lontanissimo…ma dura solo pochi secondi, poi il legame si spezza…”
  
“ Che peccato…” disse Alisea.
 
Marika non trovò altro da dire…sì, era proprio un peccato…
 
“ Avevi ragione…” disse Alisea.
 
“ A che proposito?”
 
“ Sei…davvero brava…a raccontare favole… “
 



“Marika, ci fai entrare?” fu la voce di Sam, che li raggiunse.
“Ragazzi!” disse la voce della ragazza, salutandoli. Indossava una salopette di jeans, che faceva molto anni novanta. Si alzò ad aprire il piccolo cancelletto.
Alisea sembrava turbata di trovarsi davanti i due fratelli.
“Beh, allora, io andrei.” Disse, spolverandosi i vestiti.

“No, per favore, resta! C’è qualche problema??” chiese, voltandosi a guardare Sam e Dean.
I due fratelli si guardarono straniti.
“Non le hai detto che cos’è successo l’altra sera?” chiese Sam.
“Non sono mica una spia.” Disse Alisea risentita, distogliendo lo sguardo.

“Ragazzi, ma di che cosa state parlando?” chiese la bionda.
“Il preside Albert non ti ha informato del fatto che Sam..si è sentito male?” chiese cautamente Dean.
“Sì, me l’ha detto..ma non ha approfondito la cosa, va tutto bene, adesso, Sam? Lui non ha voluto dirmi cos’hai avuto.” Disse, poggiandogli una mano sulla spalla. “Ha solo accennato a una specie di febbre paranormale.”

Sam arrossì e Dean tossì.

“Forse è meglio che cambiamo argomento.”
Marika li guardò male.
“Ok, adesso parlate, tutti, altrimenti ve ne andate fuori di casa mia! Sono stanca che tutti mi trattino come l’ultima arrivata qui!”
“Diciamo che io..ho avuto una specie di febbre sessuale.” Disse Sam.
Tutti ammutolirono.
“E…?” chiese Marika imbarazzata.

Sam guardò verso Alisea, Marika guardò lei sconvolta.
“Cosa?? Non me ne hai parlato! Non ci posso credere!” e con grande imbarazzo dei tre, si rivolse a Sam.
“Li hai usati i preservativi??”

“MARIKA!” fu il richiamo scandalizzato di Alisea.
“Cosa?? Guarda che sono importanti! Ci manca pure una gravidanza mentre non hai ancora finito la scuola!!”

“Non l’ho fatto!!” quasi strillò Sam. “Non l’abbiamo fatto..Dean è..”
“Io sono arrivato in tempo prima che la situazione degenerasse.” Finì Dean per lui.
Questa volta Alisea scoppiò.
“Dì pure che per farla finire, mi hai mollato uno schiaffo!!” strillò.
 


Marika guardò Dean incredula.
“Non ci posso credere, Dean.”
“Mi sono lasciato prendere dall’agitazione, io..non volevo..”

“Ma nessuno è intervenuto?” chiese Marika.

“Ehi, non trattiamolo ora come un criminale, ok? Non l’ha mica pestata.” Disse Sam.

“Grazie tante, Sam!” disse Alisea. “E visto che ci siamo, perché non ci spiegate anche come ha fatto Sam a guarire, di grazia? “
Dean la guardò male.

“Sono riuscito a calmarlo.”
“Come??” gli chiese provocatoria.

La sua mente volò a come dopo che le ombre erano già scomparse, le sue mani avessero fatto cadere Sam in estasi.

“L’ho tranquillizzato. Non sono fatti tuoi.” Poi ripensandoci, disse “Tu cosa pensi che abbiamo fatto?” le chiese con aria maliziosa.

“Dean..” lo richiamò Sam intimorito.

Alisea continuò a guardarlo con astio, ma sembrava titubante nel dire cosa pensava davvero.
Forse non osava.

“Dean..ricordati perché siamo qui.” disse il minore.
Dean prese un grosso sospiro.

“Sono venuto qui a scusarmi, per..lo schiaffo.”
“Ma davvero!”

“Sì, tu sei una ragazza e io non..non avrei dovuto..perdonami..io..”
“Le tue scuse, puoi mettertele nel…fondoschiena!” disse, trattenendosi dall’essere più scurrile.
 
“Alisea, aspetta! Mi dispiace davvero. Quando si tratta di Sam, io non..perdo la ragione, mi dispiace..” disse, cercando di fermarla.
“Vaffanculo, Dean!” disse Alisea, uscendo dalla casa e divincolandosi dalla sua presa.
“Alisea, non prendertela con Dean, è colpa mia, solo colpa mia! Io non volevo.." cominciò Sam, frenetico, aggrappandosi alla siepe

"Cosa?? Usarmi? Prenderti gioco di me? Ma l'hai fatto!"

"Io non ero lucido.." “Vaffanculo anche te, Sam!”

Sam sembrò lottare contro la sua indignazione, poi esplose.
“Potevo essere solo fuori di me, per anche solo sfiorarti, Dio, quanto me ne pento!”
 
 
 
Se ne pentì l’attimo dopo, vedendo l’espressione della ragazza, ma ormai era troppo tardi. Alisea era sparita. Si sedette sull’erba, mettendosi la faccia tra le mani.
“Sentite, io non c’ero quella notte, ma credo che dovremmo calmarci un po tutti quanti, ok?” chiese Marika.
“Lei..ti ha raccontato qualcosa?” chiese Dean.
“Abbiamo sentito i vostri discorsi, poco fa.” disse Sam.

“Non mi ha detto niente, ve lo giuro! Comunque lei è molto nervosa per via che Albert l’ha convocata nel suo studio e ha cercato di includerla nel gruppo.” Disse Marika con nonchalance.

“COSA???” dissero in coro Sam e Dean scandalizzati.
 
“Dovevate aspettarvi che prima o poi sarebbe successo. Era stata in coma nello stesso periodo di Sam ed è stata la prima a parlare di strani mondi paralleli e magici, non si poteva far finta di niente ancora a lungo.”
“E cosa se n’è ricavato?” chiese Dean.

“Albert ha provato a spingerla ad entrare nell’appartamento famoso con me, ma quando mi avvicino insieme a lei, non riusciamo a superare il portone. Resta sbarrato, come se non volesse farla entrare.” Disse Marika facendo spallucce.

“E ce lo dici così?? E poi?? Cosa dice tuo..PADRE?” chiese Dean.

“Lui non sa perché succede, ma presuppone che l’appartamento avverta la stessa aura negativa che sente lei e quindi le porte sono sbarrate per lei. È un vero peccato, visto che lei sostiene che ha perso del tutto i ricordi che pensa di aver condiviso con Sam. Non ricorda più..ricordava a stento appena sveglia e adesso..”
“Quindi adesso la colpa è mia che non l’ho interrogata subito?” chiese Sam sconsolato.

“No! Sam, tu non hai nessuna colpa! Ve lo dico io, com’è la cosa. Lei è una SPIA, magari è figlia segreta di quelli dell’organizzazione, per questo sa tutto su sta storia, per questo non riesce ad entrare in quel posto. E vuole circuire Sam!”
“Dean, capisco il tuo spirito di protezione verso Sam, davvero, ma se ci sbagliassimo, corriamo il rischio di isolare una ragazzina che ha solo bisogno di aiuto e degli amici, facendola soffrire.” Disse Marika, addolorata.

“Marika, potresti aver ragione, ma ti consiglio di non affezionarti troppo a lei..non sappiamo niente su di lei, qiuesta cosa che non riesce a entrare lì, è…AMBIGUA..o è un’imbrogliona, o è il diavolo. E non intendo Lucifero.” Disse Dean.
 
Sam si fece subito triste.

“Sono io il diavolo. Non avrei dovuto illuderla. È tutta colpa mia.” Disse Sam mettendosi la faccia tra le mani.
“Sam, tu non..”

“Non sono un angelo, Dean! Hai visto cos’è successo perché non potevo trattenere la lussuria..Io…un giorno finirò all’inferno, per colpa dei miei desideri.” Disse, mettendosi la faccia tra le gambe.

“Se fosse così, io sarò con te, anche li, non ti abbandono, Sammy.” Disse Dean, inginochiandosi ad abbracciarlo.






















ragazzi, io ci provo a trattare bene Alisea, ma poi non posso fare a meno di trattarla male, non so perchè ahha xd aiutooo xd

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Capitolo 35
*** Davanti ad un Dio ***


Dean e Sam si trovavano a scuola, quando all’improvviso accadde qualcosa di strano.

Giunti all’ora della campanella, alcuni studenti della scuola, si sentirono come paralizzati, da una forza strana, quasi una costrizione.

Poi le loro orecchie vennero invase da una sorta di voce strana, che, avevano il sospetto, potevano sentire soltanto loro.

“Fate finta di nulla e continuate a comportarvi normalmente. Fingete di cercare qualcosa nello zaino e non provate a chiamare i vostri compagni, devo parlarvi. Continuate – a – comportarvi – come se niente fosse.”


Era una voce che sentirono solo in pochissimi.

La sentìrono Sam ed Alisea, che si trovavavano al banco nella loro aula. Si fissarono a disagio.

La sentìì Dean, che si trovava nella stanza della bidella a ripulire il tavolo, da dolcetti e pasticcini e servizi da tè.
La sentì Ruben, che stava scrivendo un’esercitazione alla lavagna.

La sentirono Marika e Clère che stavano facendo ginnastica in palestra.

La sentì Castiel, che si stava allenando in giardino per giocare a calcio. Era da poco entrato nella squadra e non riuscì più a muoversi, finendo dritto per terra.
 
Dopo un po, quando Albert fu sicuro che gli altri studenti furono andati via, tutti via, al suono della campanella dell’ultima ora, parlò ancora.

Ora, raggiungetemi tutti in palestra. Sono il Preside e ho biosgno di parlare a tutti quelli che hanno sentito il mio appello. Tutti quanti. Non spaventatevi, non avete nulla da temere.
 
Sam si mise a correre in affanno cercando Dean, suo fratello. Quando si incrociarono nel corridoio, entrambi corsero l’uno contro l’altro e finirono abbracciati.

Loro forse erano quelli che erano più consapevoli della portata di quello strano annuncio, Albert doveva avere in mano qualcosa di grosso.

Mentre si dirigevano in palestra, incrociarono anche Marika che camminava abbracciata al fratello Castiel, mormorando parole di rassicurazione, per tranquillizzarlo.
“Marika, tutto ok?” chiese Dean.

Marika lo guardò con uno sguardo atterrito e arrabbiato.
“Non dovevano coinvolgere anche lui. È spaventato.” Disse, guardando il fratello.

Dean e Sam guardarono il fratellino di Marika e avrebbero voluto dire qualcosa in proposito. Credevano innanzitutto che per quanto l’aspetto del fratello, ricordasse quello di un angelo sceso dal cielo, non era fatto di vetro e non doveva trattarlo come un bambino e in secondo luogo non sembrava così terrorizzato. Aveva comunque risposto all’appello, no? Ma evitarono di gettare benzina sul fuoco.

“Che c’entra Castiel in tutto questo?” chiese Dean.
“Non lo so, ma sono sicura che si sbaglino.” Disse Marika addolorata.

“Sbrighiamoci.” Disse laconico Castiel. “Prima che inizi a parlare di nuovo. Mi ha dato i brividi.”
 
 

Quando raggiunsero la palestra, dietro la porta chiusa, notarono che c’era già qualcuno, che sembrava lottare per prendere la decisione di entrare o no.
Ruben.

Ruben, che vedendo arrivare i quattro ragazzi, fece una faccia sgomenta, ricambiando le loro espressioni basite, sembrò perdere il senno, quando vide anche Castiel.

“Che cosa ci fa lui qui?”
“Quello che ci facciamo noi, presumo.” Disse Dean sarcastico.

“No, no, no, è impossibile che ha sentito la voce, è uno scherzo, vero? L’ha detto per venire ache lui. Non può essere coinvolto.”

“Dacci un taglio! “ sbottò Dean. “La cosa è già pesante di per sé , tanto per essere chiari, cosa ci fai TU qui?”
Ruben parve farsi offeso e arrabbiato.

“Non era solo uno stupido scherzo?? Come una specie di candid camera?? Il Preside ha usato un altoparlante e…”
“E tutta la scuola è in complotto con lui? Se la pensi così, cosa aspetti ad entrare?” chiese Dean.

Ruben lo guardò come se volesse sfidarlo, ma chiaramente non osava sfidare il ruolo che Dean aveva in quella scuola.
 
Una volta che entrarono nella palestra, videro che le tapparelle erano state tirate tutte giù e il Preside in piedi, a fianco del professor White, sembrava contrariato. Alla destra di White, c’era la professoressa Ariel.

“Ci avete messo un bel po.” Disse a braccia conserte. “Sedetevi.”
Grande fu lo stupore di tutti, quando videro che nella palestra c’erano anche Clère ed Alisea.

Forse potevano aspettarselo di Alisea, ma Clère?? Che cosa c’entrava?
 

“Clère..” disse Dean, avvicinandosi a lei.
“Dean!”

“Che cosa c’entri tu, con tutto questo?”
“Io..io non lo so..non so cosa intendi…”
Dean la guardò male.

“Non ti credo.” Disse e si allontanò da lei, sotto il suo sguardo desolato.
 
“Signore, può dirci perché ci ha riuniti tutti qui?” chiese Sam con coraggio.

“E già che ci siamo, parliamo anche del discorso della telepatia.” Disse Ruben con sarcasmo.

“Come avrete sicuramente notato..” cominciò White con tono piatto e rancoroso. “L’appello del PRESIDE ha portato alla luce, segreti NASCOSTI che sembrano non finire mai.” Disse, posando lo sguardo su Castiel e poi su Clère.

“Tenga mio fratello fuori da questa storia. Lui non c’entra! È sempre stato un ragazzo tranquillo!” disse Marika abbracciandolo.
“Se tutti i ragazzi tranquilli, non avessero dei segreti, sarebbe molto più facile questo mondo.” Si limitò a dire Albert, poi proseguì.

“Veniamo al dunque, pochi minuti fa, ho fatto un appello telepatico, che solo ALCUNI, avrebbero potuto sentire. Chi avrebbe potuto ascoltare questo appello, avrebbe voluto dire che ha qualcosa a che fare con il mondo misterioso di cui noi stiamo parlando da MESI.”

“Mondi?? Voi siete pazzi! Io me ne vado!!” disse Ruben, ridendo e facendo per andarsene, ma Black lo gelò.

“Non fare un altro passo! Sei già praticamente nei guai! Non aggravare la tua posizione, piccolo bugiardo!”

Ruben si voltò verso il preside, chiedendogli aiuto con lo sguardo, Albert però, si limitò a dire:  “Può bastare così, Black.  “ poi si rivolse al ragazzo. “Ruben, giusto? Sta tranquillo. Vorremmo farti solo delle domande.”

“C-che tipo di domande?”

“Hai fatto dei strani sogni di recente? Che magari non sapevi identificare in niente di quello che hai sempre conosciuto.?”
Ruben sembrò preda del conflitto, inaspettatamente però, fu Castiel a parlare.

“A volte io li faccio. Sogno di essere un cavaliere, al servizio della giustizia. Il panorama intorno a me è tra i più variabili..e sono sempre sul piano di battaglia..lotto insieme ad altre persone..ma non so chi siano..il sogno è sempre lo stesso..” disse lui.
Tutti si voltarono verso Castiel.
Marika soffocò un gemito.

“A quanto pare non ci siamo sbagliati. Tu, hai niente da dire?” lo rimbeccò Black.
Ruben fece un sospiro profondo.

“Io sogno solo il paesaggio..una civiltà sconosciuta..un REGNO NUOVO..popolato da creature strane..ma non è in fondo quello che sogniamo tutti? La ricerca di un mondo nuovo?”

Black fissò il ragazzo con disgusto e poi anche Albert con la stessa espressione.
 
I due professori unirono le loro mani, una sopra l’altra, ma senza unirle.

Ne fuoriuscirono delle fiammelle azzurre e arancioni. I ragazzi sussultarono davanti a quella magia.
 
“Come ci riesce??” domandò Ruben atterrito.

“Tra un attimo avrai tutte le risposte che cerchi. Le avrete tutti.” disse Albert, raccogliendo magicamente tutte le fiammelle su un solo palmo della mano, il suo.

Si spostò e tirò fuori una ciotola antica, nel momento in cui spostò le fiammelle sul contenitore, esse si formarono come una specie di liquido denso.

Una pozione liquida, fatta di color crema con scaglie azzurre e bianche.
Erano tutti atterriti.
 



“Voi siete pazzi. Io me ne vado! Non mi costringerete a bere quel COSO.” Disse Alisea.

Ruben guardò scocciato la ragazza, poi disse a sua volta: “Beh, la mocciosa forse ha ragione per la prima volta nella sua vita.” disse, seguendola.

Una volta giunti al portone però, non riuscirono ad aprirlo.
“Non potete tenerci prigionieri qui!” gridò Alisea.

“Signorina, lei è già praticamente sospesa!! Per una volta nella sua vita, stia zitta!!” gridò Black.
 


Alisea deglutì, Ruben guardò tutti con sguardo astioso, ma sembrava che il coraggio di rispondere a tono, gli fosse venuto meno.

“Black, ci tengo a te, ma se tratti ancora in questo modo i miei alunni, sarò costretto a chiederti di uscire.” Disse Albert piatto, ma si poteva notare la furia nei suoi occhi.

“Cosa? Difendi Loro?? Dopo quello che..” chiese Black astioso.

“Fino a prova contraria, sono solo dei ragazzini spaventati, non possiamo dar loro torto. Ora, intanto che diamo a questa cosa, il tempo di raffreddarsi un po, faremo tutti quanti un rewatch veloce degli avvenimenti, anche per gli ultimi arrivati."
 
 
Il racconto si protrasse almeno per una buona mezz’ora, nonostante l’impegno di molti, di cercare di riassumere più che potevano.

Ruben alla fine, una volta constatato che nessuno ce l’aveva con lui personalmente, sembrò più facile alle confidenze. Raccontò dei sogni strani che aveva avuto. Queste costruzioni in pietre, gotiche e magnifiche che non assomigliavano a niente che avesse mai visto.

Si vedeva camminare sulla strada acciottolata, fare il bagno nel mare, ma non riusciva a capire il suo ruolo li, eccetto una cosa.
Un magnifico palazzo, in cui adorava perdersi.
 
Venne il turno di Clère, raccontò che si vedeva nei panni di una donna guerriera. Forse un’amazzone. Ricordava le lotte contro donne mezze uccelli e spiriti dell’acqua, che sembravano sirene, con volti mostruosi.
 
La cosa curiosa, era che a differenza di Sam ed Alisea, gli altri non erano caduti in coma.

“A quanto pare viene meno quello che pensavamo essere l’elemento comune.” Disse Albert.
“Signore, posso chiederle una cosa?” chiese timidamente Marika.

“Dimmi, cara.” Disse Albert gentile.
“Come..come sa..insomma..io sono coinvolta, questo è naturale, capisco anche Dean. Sam, perfino Alisea..ma come può essere sicuro di Cas e..Ruben..e Clère? Loro non sembrano avere..nessun potere magico..”
Albert sospirò, poi disse piano.

“Arriviamo alla seconda rivelazione. Anch’io faccio parte di quel mondo.”

Rimasero tutti sorpresi davanti ad una rivelazione del genere.
 
“Ho scoperto di avere da poco, dei poteri inimmaginabili..voi non avete idea..” disse guardandosi la mano. “Di quello che posso fare..”

“Credo che con l’appello telepatico e la comparsa dell’Ambrosia, se ne siano appena resi conto anche loro.” disse Black.

“Mi chiedete come sono sicuro che c’entrino anche i vostri amici. In effetti non ero sicuro di quante persone fossero coinvolte, fino a pochissimi minuti fa, ma ora il mio potere è AUMENTATO, ora sono Più FORTE. Ho fatto una magia che permetteva che potessero sentirmi solo le persone coinvolte, è un incantesimo legato dal sangue e dall’amicizia, la combinazione di questi fattori avrebbe legato chiunque fosse coinvolto in quel mondo, per mezzo di vincoli di parentela o altri tipi di legame.”

Le parole di Albert sembrarono confondere ancora di più i presenti.
“Albert.” Disse la professoressa dolcemente. “Loro non capiscono quello che tu dici, li stai solo confondendo di più.”

“E va bene. Scopriamo le carte. Voi credete a Dio, ragazzi?”
 
Si mossero tutti a disagio, davanti a quell'affermazione.
Timorosi, annuirono, magari anche chi a Dio non credeva davvero.

E nel mentre si chiedevano il perché di quella domanda.
“E agli Dei, ci credete?”
Sbatterono tutti gli occhi.

“In che senso, d-Dei?” chiese Clère.
“Gli antichi greci, ci credevano. E voi?”
Alcuni rimasero zitti, altri scossero timorosi, il capo.

“Neanche io ci credevo, nemmeno i miei amici qui. E ci saremmo tutti sbagliati.
 
La sua voce risuonò possente nella camera buia.

“Ci ho messo molto tempo a risvegliarmi anche io, a cercare di capire perché mi sentivo così coinvolto, in questa storia. Alla fine capì. Anche io facevo parte di quel mondo. Un mondo in cui gli Dei di cui si credeva nell’antica Grecia, esistevano DAVVERO. Poi ho scoperto che non ne facevo solamente parte. Ero UNO DI LORO.”
Trattennero tutti il fiato.

Albert si voltò malinconicamente verso Ariel e Black.
“E loro sono i miei fratelli.
 
Tutti i presenti deglutirono, volevano scuotere il capo, mettersi a ridere e fare battute, ma la potenza di quello che avevano appena detto, colpì loro in ogni fibra del loro essere.

“ E c’è la possibilità che qualcuno qui in questa stanza, sia imparentato con noi.” disse Albert.
 
 






















Note dell'autrice: ragazzi non so che dire, spero non sia venuto tanto male come capitolo xd
ero impaziente di arrivare a questo punto e mi non sono curata tantissimo sul come arrivarci. Scusate xd

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Capitolo 36
*** L'Ambrosia ***


"Tutto questo è ASSURDO e come vi chiamereste poi?" chiese Ruben.

"Tieni a bada la tua insolenza, ragazzino impertinente!" disse Black.

"Noi non ricordiamo i nostri nomi nella Divina Grecia, abbiamo in mente soltanto delle immagini molto sfocate.." disse la bella professoressa Ariel.

"Oh, questo è molto conveniente!" disse Ruben.

"Preside, mi consenta di punire questo moccioso insolente.." disse Black.

"Non puoi punire uno studente perchè non crede negli Dei, Black, tuttavia, devo invitare adesso entrambi a fare SILENZIO, cosicchè possa rispondere agli inevitabili interrogativi non solo di questo impertinente ma simpatico ragazzino, ma quello di TUTTI. Questa è l’ambrosia. Veniva chiamato in questo modo..” cominciò Albert, raccogliendo la densa pozione.
Il cibo degli Dei.” Rispose Clère.

“Mi sembra di essere capitato nel telefilm Hercules." Scherzò Dean.

“O in Xena.” Disse prontamente Sam.
“Non vi succederà niente. Se non avete niente a che fare con noi, semplicemente non accadrà niente.” Disse Albert solenne.

“Non è che cercherà di avvelenarci , vero?” chiese velocemente Ruben, a disagio.

“Se avessimo voluto uccidervi, sareste già morti. Ora, vogliamo finirla, per cortesia?” chiese White.
“Ma anche no!” disse Sam.
Si voltarono tutti verso di lui.

“Funziona così? Uno si scopre Dio dall’oggi al domani e tratta tutti noi come esseri inferiori?”
“Allora te lo chiedo per favore, vuoi?” chiese Albert. Teneva ancora in mano quella ciotola.
 
Tutti a malincuore decisero di assaggiarla da un mestolo di legno.

“Non è proprio come assaggiare il sugo, ma è gustosa.” Commentò Clère.
“Sa di miele.” Commentò Marika.
 
Per un po sembrò non accadere nulla, però poi, qualcosa sembrò accadere.

Dei sottili filamenti fosforescenti e ramificati, fuoriuscirono dalle braccia dei ragazzi.

Da Sam fuoriscirono dei filamenti azzurri, che, andarono a ramificarsi, sorprendentemente sul braccio destro di Black, filamenti rosso vermiglio uscirono rispettivamente dalle braccia di Dean e Sam e si intrecciarono inaspettatamente a vicenda.

“Mi sento..LEGATO.” disse Sam sgomento.
 Un terzo filamento rosa, uscì fuori dal petto di Sam e andrò a intrecciarsi al petto di Alisea.

“Adesso mi sento Sailor Moon!” disse Sam sgomento.

“Io un insaccato!” disse Dean spalancando gli occhi sgomento, quando un filamento celeste andò incontro al suo gemello nella mano del Preside.
Non finì li.
Una specie di catena, imprigionò il braccio di Marika, fuoriuscendo dal braccio della professoressa Ariel, tenendola legata come una prigioniera. La ragazza guardò la professoressa, impotente, ma lei non sapeva che dire. Filamenti rosso sangue fuoriuscirono dal petto di Alisea per andare a unirsi al garbuglio gemello che pulsava nel ventre di Marika.

Sembrò per un momento che Marika ed Alisea, stessero per avere le convulsioni, Clère cercò di tenere Alisea a sé, ma qualcosa che sembrò come un fascio di luce potentissimo, si sprigionò con forza dal ventre di Clere e Marika, incontrandosi e fondendosi in un’unica luce! Alisea, era ancora in agonia, apparentemente incapace di riuscire a liberarsi del legame con Marika.

Quando Alisea cadde, trascinò con sé anche Sam, essendo legato a lei dal laccio rosa e quando Sam fu trascinato via, portò anche Dean con lui.
 
“AHHHHHHHHH!”

Ruben e Castiel erano gli unici a non aver ricevuto nessun danno.

“BASTA COSì!” disse Albert con voce ferma. Tirò il suo cordone con la mano e si sbriciolò all’istante, Black e Ariel fecero lo stesso con i loro e andarono a liberare le due ragazze che erano crollate a terra.

Dean e Sam non avevano bisogno di aiuto, nel momento in cui i professori avevano rescisso il legame con loro, si erano ritrovati liberi.
 
“Presto, mettiamole sui materassini.” Disse Albert, riferendosi alle tre ragazze, che sembravano sotto shock.
 

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Capitolo 37
*** Svolta imprevista ***


Avviso: questo capitolo vi farà strabbuzzare gli occhi dall'inizio alla fine ahhah



Ci volle un po prima che le ragazze riuscirono a riprendersi, sotto lo sguardo atterrito dei presenti.

Ariel cominciò a piagnucolare, dicendo che sarebbero finiti tutti in prigione, fino a quando Black sbottò. “Smettila di piagnucolare! Sei una Dea o cosa??”
Lei non replicò più.

Dalle mani di Albert si sprigionò un fascio di luce e da lì lo posò sulle fronti delle ragazze, riuscendo a calmarle all’istante.

Ma le abitudini umane, erano dure a morire.
Chiedevano un bicchiere d’acqua.
“Ariel, potresti andare a prendere dell’acqua, per favore? Non riesco ancora a materializzare gli oggetti non magici.”

Ariel fu felice di prendere una boccata d’aria per un po.
Aspettarono tutti pazientemente che la professoressa tornasse, per riprendere il discorso.

“Dunque, penso vi chiederete tutti quanti cos’è appena successo. Mi dispiace molto di avervi spaventato, ma quello che è successo, si è rivelato molto utile. Innanzitutto, abbiamo capito che Marika, Dean e Sam, hanno una qualche forma di legame con me, Ariel e Black.”

“Fiuuu, amici, avete rapporti intimi con gli Dei. Ehm, è da prendere in maniera non maliziosa.” Disse Ruben.
Tutti decisero di non commentare quell’uscita, anche perché faceva venire la pelle d’oca ai ragazzi.

“Continuando su questa scia, le cose non finiscono qui, da voi tre, partono comunque altre ramificazioni. A quanto pare, Sam è legato anche a Dean e ad Alisea, quest’ultima è legata anche alla signorina Marika, che a sua volta è legata alla professoressa Ariel, a Clère ed Alisea.” Disse Black.

Ariel gettò un’occhiata penetrante a Marika, che distolse lo sguardo a disagio.

“Facendo un rapido calcolo, Sam e Marika, sono gli unici tra voi, che hanno ben tre ramificazioni, Dean ne ha due, Clère una, Alisea due.” Disse Ariel.

Black squadrò Ruben e Castiel con un sorrisetto. “Il rosso e il biondo, nessuna.”

“Si può identificare la natura di queste ramificazioni?” chiese Marika.

“E perché loro sono gli unici a non averne riportata nessuna?” chiese Clère.
 
“Una cosa alla volta, innanzitutto, vi abbiamo fatto bere l’Ambrosia, perché è il cibo degli Dei, molto si è detto su questo cibo magico, ma in pochissimi sanno che creava una comunione con tutti gli Dei, per farla semplice, è quello che per i cristiani sarebbe l’Ostia. Ad ogni modo, l’Ambrosia nel momento in cui veniva mangiata da un Dio, faceva risaltare il suo corpo spirituale, in parole povere, lo faceva brillare. Veniva mangiato solo per degli scopi, non per diletto gustativo, veniva utilizzato per entrare in contatto telepatico con l’anima del proprio fratello, ma si tratta di una cosa complicata. Ne parleremo un’altra volta.” Disse Albert.

“Quello che più conta adesso, è che l’Ambrosia funzionava tramite un legame di famiglia. Per Gli Dei, la famiglia significava sangue, consanguineità, c’è però un intoppo. Gli Dei , cioè la nostra gente, con il passare delle ere, si avvicinò sempre di più agli umani.

Sentir parlare la professoressa Ariel, come se loro fossero una qualche razza di alieni sconosciuti, faceva venire i brividi a tutti loro.

“Questo significa che la parola famiglia, cambiò di significato, durante le ere, perfino per le divinità, famiglia non significava più, solamente SANGUE, ma anche AMORE, AMICIZIA. Era necessario a questo punto una modifica al calice dell’Ambrosia, ma l’Ambrosia, da sempre cibo antichissimo con uno spesso strato di magia e potenza, era inmodificabile. Cibo creato da Giove, nostro Padre, Padre di tutti gli Dei, raffigurava quello che era immutabile, non era possibile cancellare qualcosa e rifarlo da zero, non era possibile cancellare il legame, o vincolarlo ai legami di sangue.” Disse Albert.
“Quindi?” chiese Dean.

“Quindi, fu l’Ambrosia stessa, ormai dotata di una volontà propria, ad adeguarsi al cambiamento. Non si poteva cancellare la sua essenza primaria, ma si poteva allargare. Ecco che dunque qualsiasi legame che un Dio, considerava famiglia, era parte dell’incantesimo dell’Ambrosia.” Disse Black.

“Ma questo cosa ha a che fare con quello che ci è appena successo? Vuol dire che siamo tutti imparentati con voi?” chiese Sam, allibito.
Gli Dei li fissarono con sguardo penetrante.

“Non è detto.” Disse Albert dopo qualche attimo di silenzio. “Vi abbiamo appena spiegato che per l’Ambrosia, famiglia non significa necessariamente SANGUE, non più, per adesso abbiamo capito solamente che noi tre abbiamo dei legami profondi con la signorina Marika e con Dean e Sam. Dalle ramificazioni successive, è facilmente intuibile che qualcosa di profondo lega anche voi due fratelli, ma che c’è anche un legame tra Alisea e Sam, questo ci aiuta a capire che la signorina Alisea ha detto la verità fin dal principio, ma quest’ultima sembra avere anche un legame speciale con MARIKA e questo legame è la cosa che preoccupa di più.” disse Albert.
“Cosa?? Perché?” chiese Marika in allarme.

“Non ve ne siete accorti?” disse Black con una smorfia. “Dal ventre di Alisea è partito un grumuglio rosso sangue che è andato a finire nel ventre di Marika, sembrava qualcosa di molto doloroso e inquietante.” Disse il moro.

Alisea gemette, mettendosi la faccia tra le mani.

“Allo stesso tempo, la luce che si è sprigionata dai petti di Marika e Clère, incontrandosi, è sembrata come una fiaccola della speranza, come la luce dell’amore! Se il primo legame sembrava una cosa distruttiva, il secondo legame sembrava quasi SALVEZZA. Tra Marika e Clère, è chiaro che esisteva un legame profondo, di luce e forse esiste ancora. Avrebbero potuto essere sorelle, amiche, madre e figlia..forse perfino fidanzate!”

Clère e Marika si guardarono imbarazzate. Non sapevano cosa dire.

“Ma allora il mio legame e quello di Alisea?” chiese Sam.
Ariel lo studiò a fondo.

“Un filamento rosa è fuoriuscito da te, andando a finire nel suo petto, quasi come un laccio, un fiocco. È di difficile interpretazione. Tu come hai avvertito questo legame, Alisea?” chiese Ariel.
“Come un’ondata di dolcezza e di affetto. Mi sono sentita BENE.” disse lei.

“Questo è un buon segno, va a confermare quanto detto da te, che Sam, in questo mondo, ti ha salvato da qualcosa di oscuro, anche se non si capisce ancora bene cosa.” disse Ariel dolcemente.

“Credo che a questo punto dovremmo farti tutti delle scuse.” Disse Albert.
Black però lo interruppe.

“Non così in fretta. Dimenticate questo legame pericoloso con la ragazza bionda.”
 
Tutti guardarono Marika, sgomenti.

“Mi dispiace doverlo dire, ragazza, ma avevo ragione. C’è qualcosa di oscuro in te, o almeno c’era. Il modo in cui hai colpito LEI, indica un legame fatto di violenza e sangue.”
“BLACK!” lo richiamò Ariel scombussolata.

“Io non so se tu abbia ucciso Marika, o gli abbia fatto del male, ma quello che abbiamo visto, indica sofferenza e DOLORE, forse in parte guarito dalla luce della signorina Clère.”

Alisea scoppiò a piangere disperata e non si fermò più.
Il suo pianto scatenò qualcosa di incredibile.
Tre inaspettate ramificazioni color viola, fuoriuscirono dalle sue braccia e andarono ad avvilupparsi alle braccia degli Dei, fino al gomiti.

Gli Dei ci misero un po per liberarsi, stritolandole e disintegrandole con le mani.

“Per favore, Ariel, porta via la signorina Alisea, falle bere qualche tè caldo, tranquillizzala.” Disse Albert.

Ariel guardò Albert come se fosse pazzo, era chiaro che non voleva ad allontanarsi con la ragazza, forse in parte perché voleva continuare ad assistere alla discussione e in parte perché era spaventata da quello che era appena successo.

“Non ti farà più niente. Ora.” Disse Albert, severo.

“Avevo ragione io. Quella ragazzina è una minaccia per tutti noi!” sbottò Black.

“L’hai spaventata.” Disse Albert passandosi una mano sulla faccia.
Se non l’avessi fatto, non avrebbe mai mostrato quello che abbiamo appena visto!”

“Quello che ci ha appena mostrato, è la chiara dimostrazione che lei c’entra non solo con Sam e le due ragazze, ma anche con tutti noi.”

“Quello che ho appena detto, ma non l’ha mostrato prima, Ha qualcosa da nascondere!”

“No, non per forza. Evidentemente i legami che ha con noi sono ancora più ingarbugliati di quello che pensiamo. Una cosa è certa, qualsiasi cosa sia successa in passato, ha influenzato la vita di tutti noi, Sam è l’unico che ha un ascendente su di lei, ed è capitato qualcosa di grave con la signorina Marika.” Disse Albert.

“Mi scusi..e noi chi siamo? I vicini della porta accanto?” chiese Ruben, scocciato.
 


Tutti si voltarono verso Castiel e Ruben, rendendosi conto solo in quel momento, che c’erano anche loro.
“Voi non avete subito ramificazioni di nessun tipo, questo equivale al fatto che non avete particolari legami con noi, che possano essere considerati FAMIGLIA.” Disse Black.

“Ma questo non vuol dire che non siete coinvolti o non siete stati nel Regno, semplicemente forse le nostre strade non si sono incrociate.” Disse Albert.
 
 
 
 
*

Incredibilmente da quello che si sarebbe potuto pensare, quello che successe in quella palestra, aveva legato molto di più i ragazzi e diventarono tutti piuttosto amici tra di loro.
Ormai il Natale era alle porte e decisero tutti di fare una piccola gita sulla neve con gli slittini,

Era straordinario e liberatorio, scivolare a turno con essi, cambiando ogni volta il passeggero che avrebbe accompagnato l’altro.

Dean e Sam fecero molte discese, la parte più bella, era quando cadevano dallo slittino e rotolarono sulla neve.
Ben presto quel gioco si trasformò in una goliardica battaglia a palle di neve, che coinvolse tutti quanti.
 
Poi Sam credette di assistere ad un miracolo.

Dean ed Alisea si stavano abbracciando.
Non sapeva come fosse successo, ma la potenza di quella scena, gli fece venire le lacrime agli occhi dalla commozione.

Gettò una palla di neve sulla schiena di Dean, interrompendo il momento.


“Brutto..” cominciò Dean, ricambiando il favore, ma non lo prese.
Sam prese a ridere, godendo nel farsi rincorrere da Dean.
 
E poi, sempre senza sapere come fosse successo, Sam interruppe la corsa sfrenata di Marika a rincorrere Alisea. Si buttò addosso ad entrambe, facendole ridere.

E poi, Sam ed Alisea, cominciarono una lotta giocosa sulla neve, come due bambini, senza malizia.
Dean si unì a loro, senza gelosia.
 
Nel marasma generale, Dean ebbe anche la faccia tosta di dire ad Alisea che per fortuna si era coperta per quella gita e non aveva le “zinne di fuori.”

Alisea scoppiò a ridere e si gettò su di lui, cercando di atterrarlo. Dean la lasciò fare, mimando una resa non molto convincente per Sam.
 



Altre cose stupefacenti, accaddero.

Sempre sulla neve, durante uno spuntino a base di patatine fritte e cheeseburger, chissà perché, l’argomento tornò su Alisea e la sua improbabile relazione con Sam.

Volevano tutti sapere cosa fosse successo quella sera che Sam aveva “Febbre di sesso.” Non tutti ne erano al corrente.
“Ce l’avessi io!” disse Clère nostalgica.

Sam guardò Dean a disagio, sperando che non desse di matto, ma la cosa diventò più che altro surreale e quasi esilarante, quando saltò fuori che Sam non riuscì neanche a toccargli una tetta.

“Ma come..io credevo di aver visto..” disse Dean, mimamdo a gesti, facendo capire che credeva di aver visto che gli succhiava un capezzolo.
Sam e Alisea erano sconvolti.

“Era il bottone della sua camicetta!” disse Sam, mentre Alisea per lo stupore e l’imbarazzo non riuscì neanche a rispondere.

Tutti scoppiarono a ridere, mentre Dean continuava a insistere dicendo che era davvero un capezzolo, imbastendo una discussione con Sam, che continuava a dirgli che si era sbagliato, facendo solo scoppiare di più a ridere ancora di più gli altri.

Alisea ricevette un batti cinque da tutti, ragazzi e ragazze, per essersi meritata il tapiro d’oro, come ragazza più sfigata in amore.
 
“Sorella, se neanche davanti un ragazzo arrapatissimo che si farebbe pure le piante, riesci a combinare qualcosa, sei più sfigata di me, in amore.” Disse Clère allegra.

“Credevo che la cosa fosse già chiara quando suo padre ha sbarrato i portoni con me nel suo lussuosissimo appartamento costoso. Pensavo mi sarebbe andata meglio con gli uomini più grandi e invece..” disse Alisea, guardando Marika.

“Sorella, non ti resta che darti alle donne.” Disse Ruben, scatenando una nuova ondata di ilarità generale.
 
 
Alla fine era passata una bella giornata e Dean si sentiva molto più felice, ora che si era chiarito definitivamente che Sam non avesse ciucciato il capezzolo di Alisea, stavano per tornare tutti a casa, ma qualcuno aveva uno sguardo che prometteva tempesta in arrivo.

Mi dispiace, Marika..mi dispiace farti questo..ma qualcuno deve essere sacrificato..
 
 
 

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Capitolo 38
*** Il bacio tra Cas e Ruben ***


DOPO LA GITA SULLA NEVE...SERA



Quella stessa sera, Castiel si presentò a casa di Ruben sotto un'acquazzone di pioggia.
"Maledizione, Cas.. È mezzanotte.. Cosa.."
"Lo sai che sei carino in pigiama?"
"Come?"

"Il nero ti dona, forse anche l'armatura da cavaliere nero ti donerebbe. Perché non fai un disegno?"
"Sei ubriaco."disse Ruben facendo una smorfia. " Entra, ti faccio asciugare. Non far svegliare i miei.."
"No!!"disse Cas aggrappandosi a lui.
"Cas,va tutto bene.."

"No che non va bene!! Tu dici tuoi genitori.. Ma sono anche i miei.. Eppure non lo sono. In questa vita, no.."
"Ma cosa stai.."
"Non lo sai, vero? Che io sono tuo fratello."
La faccia di Ruben gli disse che non lo sapeva.
"È da quando mi hai detto dei tuoi disegni, che lo sogno.. Noi due.. Insieme, e poi separati...tu e io, uno contro l'altro..."
"Non me l'hai detto..."

"Io non volevo credere che fosse vero...e adesso entrambi abbiamo mentito ai nostri amici."
Ruben andò a prendergli un asciugamano e gli frizionò i capelli dolcemente poi gli prese il viso tra le mani.
"Guardami. L'idea di avermi come fratello è così terribile?"
"Sì..."

Ruben non ebbe neanche il tempo di rimanerci male, perché gli saltò alle labbra contro labbra, appiccicandole alle sue, in un bacio disperato.
Ruben lo abbracciò, stringendolo forte, spingendolo contro il tavolo, facendolo sedere su di esso. Castiel gemette, allacciando le gambe a lui.
Lo baciò ancora più voracemente.

"Sei...sicuro..che..sono tuo fratello?" gli chiedeva Ruben tra un bacio e l'altro.
"Come...sono sicuro.. Che.. Non posso.. Fare a meno di te!!"





***
Va tutto bene, sorellina. Sto bene. Dormo da Ruben stanotte.

Ci siamo dati un bacio FA – VO – LO -SO.
Adesso sto dormendo abbracciato a lui.. È a letto nudo e io posso abbracciarlo. È così bello quando dorme. Sto una FAVOLA.
 
 
Marika rilesse più volte l’sms che suo fratello gli aveva inviato, per essere sicura di aver capito bene.
Suo fratello l’aveva avvisata che sarebbe andato dal suo amico, ma non aveva avvisato né lei, né sua madre, che non sarebbe rientrato.

Sua madre non si era preoccupata eccessivamente: “Gli adolescenti fanno così, figlia mia..anche tu dovresti fare così..uscire e fare bagordi fino a tardi..invece tuo fratello più piccolo di te ti ha superato anche in questo..che cosa devo fare con te? Perché non sei normale come tutti gli altri ragazzi?

Marika ancora una volta non aveva risposto per non dover scoppiare di collera. Sua madre la considerava una sfigata, una disadattata sociale. Voleva che fosse normale e non immaginava neanche lontanamente quanto non lo fosse. Non sapeva niente di quello che era successo dal loro preside della scuola..se avesse saputo che i loro stessi professori e lei e i suoi stessi compagni di scuola erano persone provenienti da “altri mondi” probabilmente le avrebbe fatto cambiare scuola perché l’avrebbe considerata una setta pericolosa che instilla false idee nelle mente dei propri alunni contribuendo al grado di anormalità nel mondo.

Ma quanto davvero di anormale c’era in quel mondo? Quanta entropia c’era in quel triste mondo che ospitava quei tristi abitanti? L’entropia era il grado di disordine di un sistema e in quel loro mondo doveva essercene davvero tanto per far succedere tutto quello che era successo..e se c’era un tale disordine in quel mondo, non osava immaginare quanto disordine potesse esserci in un mondo pieno di MAGIA.

La MAGIA..solamente a pensarci, si sentiva lievitare in un mondo fatto di nuvole con luci al neon e cuori in technicolor! Aveva sempre adorato la MAGIA..le FAVOLE..non aveva potuto mai viverne UNA e quindi le aveva immaginate e create per sé, ma era bello anche così..fino a quando non aveva ricevuto quell’sms e si rese conto che il suo dolce fratellino ne stava vivendo proprio UNA.
Castiel..piccolo bastardello..ce l’hai fatta alla fine con Ruben..non posso crederci..

Si sentì in colpa per aver pensato che il suo fratellino non avesse speranze con il rubacuori della scuola, ma dentro di sé si sentiva anche orgogliosa di sé stessa. Era sempre stata invidiosa di tutti..le ragazze erano sempre più belle e più sexy di lei..più popolari, più capaci di lei con le interazioni sociali..
Eppure di Castiel, del suo dolce fratellino, lei NON ERA gelosa.
Non era invidiosa.

Beh, magari un po’ gelosa di lui, sì..se Ruben gli avesse tolto le attenzioni di suo fratello, ma l’invidia..era tutta un’altra cosa.
Abbracciò il cuscino e sorrise felice come se stesse vivendo un’altra delle sue belle favole.
Il suo fratellino stava vivendo qualcosa di erotico, focoso e meraviglioso con il ragazzo dei suoi sogni..e sotto lo stesso tetto dei suoi genitori!

Domani sarebbe scoppiato un macello..e Marika davvero non doveva essere felice di altri drammi, quando in realtà non potevano permettersi di vivere drammi adolescenziali in un mondo che rischiava di entrare nell’apocalisse..
Eppure nonostante non potevano permetterselo, era successo comunque.
Domani era un altro giorno e ci avrebbero pensato, ma solo per quella notte, poteva essere felice per il suo fratellino.

E poi l’aveva cercata. Aveva voluto dirgli che stava con il ragazzo dei suoi sogni.
Come aveva potuto pensare che Ruben gli portasse via le attenzioni di suo fratello?
E con questo pensiero felice, si addormentò.
 
 
 
 
 
*

Spiegare tutto ai genitori di Ruben, che, sconvolti e un po’ giustamente incazzati, avevano domandato cosa ci faceva un ragazzo nella camera del figlio, spettinato e con la chiara aria di chi aveva appena dormito lì nella sua stanza.
Ruben aveva spiegato ridacchiando, che era un suo compagno di scuola, che aveva avuto un litigio con i suoi e si era precipitato da lui con il temporale, chiedendo asilo e lui Ruben – da bravo figlio – non aveva voluto svegliare i suoi genitori, chiedendo una cosa che da – nobilissimi esseri umani che credevano nell’importanza di aiutare il proprio prossimo e che ciò li avrebbe portati nella luce dell’altissimo – gli avrebbero concesso comunque.
E mentre sua madre gli gettava improperi su quanto avesse cresciuto un figlio leader nella sottile arte della manipolazione, suo padre chiedeva guardando un giornale, al suo ragazzo, se avesse un menù di colazione preferita.

Ruben ridacchiò tra sé e sé. La sua famiglia adorava già il suo ragazzo.
E mentre lo raggiungeva in bagno per rubargli baci volanti, Castiel lo aveva convinto a dire tutta la verità, ai loro amici..sul fatto che lui era un cavaliere e su quei strani sogni che lo perseguitavano.
Gli aveva detto di sì, perché.. “Se anche sono stato un cavaliere oscuro, tu sei la mia fiammella nel buio..la fiammella della mia speranza!”

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Capitolo 39
*** Il ritorno di John ***


Sam e Dean tornarono a casa quella sera, Mary era ancora in vacanza con Alastair, ma sentirono qualcuno in corridoio.

“Chi c’è? C’è qualcuno??” chiese Dean, tenendo Sam indietro. Il suo istinto di protezione era aumentato un sacco durante gli ultimi avvenimenti.

Sam. E Dean, presumo.” Disse una voce famigliare.

“Chi sei tu?? Che cosa vuoi?? Come conosci i nostri nomi??” chiese Dean aggressivo.

A Sam si mozzò il fiato in gola.

Papà…sei tu?”
Dean si volse verso Sam, basito.
Cosa?”
“Sì, figliolo, sono io, sono tornato.”

Sam si fiondò ad abbracciarlo, prima che Dean potesse fermarlo.
“Figlio mio.” disse John, intenerito.
“Papà..dove sei stato? Che ti è successo??”

“Oh, Sam, sono capitate tante di quelle cose, che tu non hai idea..sono stato in un sacco di posti..mi sono spostato continuamente…”

“Mentre Sam aveva bisogno di te.” Disse Dean iroso.
John lo guardò stupito.

“Dean, è appena tornato..” cominciò Sam.
Il maggiore lo ignorò.
“Dean, tu non sai cos’ho passato..” disse John.

“Sei sparito per mesi.." disse Dean, astioso. "Sam ha passato notti a piangere sul cuscino, chiedendosi dov’eri, Cos’è, non potevi fare neanche una telefonata??”
John lo fissò.
“C’ero IO a consolarlo, quando piangeva e non riusciva a dormire. IO. Solo io!”

“Ed eri più che sufficiente.” Disse John.
Sam si voltò a guardarlo basito.
John si affrettò a spiegarsi meglio.

“Voglio dire, che non sono fiero di aver abbandonato Sam, ma come stai reagendo adesso, mi fa capire che ho fatto bene a indirizzare Sam verso questa casa, io ho dovuto andarmene, per proteggerlo. Voi non immaginate..dovevo allontanarlo da persone pericolose che ci seguivano, portarli fuori pista…”

“Potevi TELEFONARE!” gridò Dean.
NON POTEVO. Cos’avrei fatto, come ve l’avrei spiegato, se mi aveste chiesto di tornare? E poi non potevo rischiare che qualcuno intercettasse le chiamate..”

“Intercettare le chiamate! Ti rendi conto che cosa stai dicendo?”

“Dean! Forse papà non sta mentendo, ricorda quello che..” ma si interruppe e si voltò verso John. “Papà, ci sono un mucchio di cose che devi sapere, sono successe un mucchio di cose, da quando sono venuto qui e..”

“Sam, non sappiamo se possiamo..” cercò di fermarlo Dean.

“So già tutto.” Li spiazzò John. “Ho parlato con il *preside* della scuola e con i suoi *colleghi.” Disse John mettendo le virgolette alle parole colleghi e preside.
Dean e Sam sembravano incapaci di parlare.

“So dei tuoi poteri, Sam." "Da quando??" chiese Sam con il cuore che gli batteva forte.

"Da poco. Ho sempre saputo di aver cresciuto un figlio speciale”disse sorridendo e si voltò verso Dean. “Poi mi racconterai anche dei tuoi, Dean.”

“Aspetta, aspetta un momento, sta succedendo tutto troppo in fretta, i-io non..” cominciò a balbettare Dean.

Dov’è Mary? Cosa sa di questa storia? Vorrei parlare con lei.”
Dean e Sam si guardarono a disagio.

“Le è successo qualcosa?” chiese John. Il suo sguardo sembrava così carico di preoccupazione che i due fratelli ne ebbero un po pena.
 
“No!” si affrettòa dire Dean. “No, lei non sa niente, non sapevamo se potevamo raccontarle qualcosa di tanto assurdo..avevamo paura e..”

“Mio dio, vi siete caricati di tutto questo da soli? Quanto mi dispiace.”

Dean strizzò gli occhi. Suo padre era diverso da come se lo immaginava.


“Comunque, dov’è??” chiese apprensivo.
“Lei è in vacanza, con..un uomo..” disse Dean in imbarazzo.
 
Per un po John sembrò disorientato, poi chiese con nonchalance:
“Chi?”
“Non lo conosciamo bene. Solo che si chiama Alastair.

Quel nome sembrò far tremare John, si perse nel vuoto con lo sguardo e per qualche secondo i due fratelli ebbero paura che si sarebbe sentito male.
I due fratelli attesero, scambiandosi un’occhiata ansiosa.

“Papà?” lo incitò Sam.
“Siete..sicuri che si chiami così?” chiese John.
“Sì, perché, lo conosci?” chiese Sam ansioso.

“Io..no..no..io ho chiesto così..” disse con indifferenza. “Ho portato qualcosa per voi. In cucina.”
 


I fratelli perplessi andarono in cucina e videro due cheeseburger, patatine fritte e un vassoio di pasticcini.
“Quando vuoi farti perdonare e non sai che fare, punta sul cibo e non sbagli mai.” Commentò Dean in stato di shock.

“Sam, o Dean, potreste farmi un caffè? Mi aiuta a pensare meglio.” Chiese John che sembrava ancora un po sottosopra.
Dean stava già per muoversi, ma Sam lo anticipò.

“Faccio io.” Gli sorrise e Dean sentì un morso allo stomaco.

Sam, il suo fratellino, voleva lasciarlo con suo padre, perché sapeva che non ne aveva mai avuto modo.

Lo avrebbe abbracciato e stretto a sé, forse anche baciato e questo gli fece sentire dei sensi di colpa fortissimi nei confronti dell’uomo che stava poco distante da lui, che non aveva mai conosciuto come padre.
 
“Okay, allora io mangio..” disse Dean, prendendo il suo hamburger e facendo un bel morso.
“Com’è? Ho scelto bene?” chiese John, andando davanti a lui.

“è squisito.” Disse Dean, sospirando, in piedi, davanti al tavolo.

“Sono così contento..” disse John sorridendo, Dean teneva lo sguardo basso e prima che potesse accorgersene o fermarlo, John l'aveva stretto in un abbraccio mozzafiato.

Dean rimase un attimo paralizzato, rigido, prima di ricambiare timidamente, imbarazzatissimo.

Ancora abbracciato a John, vide Sam sorridere, guardandoli.
Un agguato a tradimento, pensava Sam, tipico di John.

In quel momento, vedendo suo fratello maggiore e suo padre abbracciarsi così, avvertì una bolla di felicità espandersi nel suo petto e riscaldargli lo stomaco.






















allora, in realtà stavo troppo male per fare le note (nausee e disturbi di stomaco non meglio identificati ) ma mi sono accorta che dovevo chiarire una cosa importante che poteva dare adito a dubbi e fraintendimenti, quando Dean accenna alle notti passate con Sam che piangeva sul cuscino, non l'ho raccontato nella ff, (lo specifico perchè magari qualcuno se lo è chiesto ) ma siccome nella storia non hanno parlato mai di John, eccetto che all'inizio quando è arrivato Sam, mi sembrava poco credibile la cosa, che Sam non ci stesse male, ovviamente è implicito anche se non ho avuto modo di scriverlo. Buona lettura :)

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Capitolo 40
*** La casa esplosa ***


“Non posso crederci che non mi hai parlato di questi sogni. Avrei potuto aiutarti.” Disse Dean, a casa di Clère.

“Come tu mi hai forse parlato di quello che ti stava capitando? Dei poteri? Del paranormale? Dio, Dean, a malapena mi hai detto di avere un fratello.” disse Clère esasperata.

“Quindi adesso sarebbe colpa mia? La colpa di tutto è sempre quella di Dean Winchester!”

“Senti, tu sei sempre stato il ragazzo popolare, quello inavvicinabile, quello pieno di LUCE, quello che faceva impazzire le ragazze.” Disse Clère con un gran sorriso.
“E questo ti dava fastidio?” chiese Dean circospetto.

“No! Cioè..è complicato.” Disse lei mettendosi una mano tra i capelli. “Credevo mi desse fastidio. Ero infatuata di te, sai? Scrivevo delle poesie che alla fine non ho mai tenuto..”
“Io non lo sapevo..forse se me l’avessi detto..” disse Dean mortificato.

“Non sarebbe cambiato niente comunque..” disse Clère ridendo amaramente. “Sai io mi illudevo di essere una di quelle ragazze da romanzi, che rincorrono tutta la loro vita, il ragazzo dei loro sogni..mi identificavo con loro..ma poi io e te abbiamo fatto sesso..e..non è cambiato niente. “

“Tu sarai sempre la mia migliore amica, Clère..” disse Dean convinto, guardandola.
“Potrei essere di più per te..” disse lei, mettendogli le mani sul petto guardandolo languida.

Dean cercò di rispondere ma non sapeva trovare le parole, fu solo quando Clère cercò di avvicinare la bocca per baciarlo, che lui si spostò.
“Clère, no! Non possiamo!”

“Perché?? Ora siamo anche legati dal fatto che veniamo tutti e due da un altro mondo, qual è il tuo problema?? Forse..qualcun altro ti ha rapito il cuore.” Disse seria.
“Ma no, che stai dicendo, Clère!”

“I sogni che facciamo da bambini, sono destinati ad infrangersi, Dean, io non sono più innamorata di te, da molto tempo..”
“Cosa?? “ sbottò Dean. “Mi stavi prendendo in giro??”

“E tu no, Dean? Per chi batte davvero il tuo cuore? Per Sam?”
Dean sgranò gli occhi in allarme.

“Ma certo, è il mio fratellino, gli voglio un bene dell’anima.”
“Forse un po di più di bene vero?”

“Che cosa stai insinuando? No, non andare oltre, credimi..” disse duro.

“Sam respinge Alisea, tu respingi me, credi che sia una sciocca?”

“Stai viaggiando con la fantasia! E ricordati che solo perché da qualche mese sembra che siamo in un dannato libro fantasy , non vuol dire che i personaggi dei fantasy siano obbligati a mettersi insieme tra di loro!”

“Certo, così come in un fantasy, è anche possibile che due fratelli stiano insieme!” disse lei tranquilla.
Dean la guardò allibito.
“Non posso credere che tu abbia detto questo..”

Si allontanò ferito da lei, ma Clère lo sorpassò per fermarlo.
“Dean, ti prego, fermati, mi hai frainteso.”
“Lasciami andare, non voglio sentire un’altra parola.”

“Io intendevo soltanto dire che se tu e Sam siete stati insieme in un’altra vita, è NORMALE che ora siate innamorati, vi stavo difendendo!”

“Credi di sapere tutto della nostra vita?? Tutti che si sentono di sapere tutto, di conoscerci a fondo! Nostro padre che non ha fatto altro che rinchiudere mio fratello in una sfera di cristallo per tutta la sua vita, perché credeva che fosse un bottino ghiotto per i demoni! Albert che crede diventerà il servo del diavolo, mio padre che dice che proteggo mio fratello meglio di chiunque altro ma mi ha nascosto la sua esistenza per sedici anni! ora TU credi di sapere quali sono i miei sentimenti per lui! “

“Dean, mi dispiace tanto!” disse Clère, abbracciandolo.
Dean sembrò ammorbidirsi ma poi sciolse l’abbraccio.

“Non ho tempo per queste cose, Sam è la mia priorità, non posso lasciarlo solo.”

Quasi come se qualcuno gli avesse letto nel pensiero, il suo cellulare squillò.

“Sam? No, nessun disturbo, dimmi tutto. Cosa?? Ne sei sicuro?”
Quando mise già la linea, Clère lo fissò in apprensione.

“Era Sam, ha detto che la mamma tornerà a casa stanotte. Non so perché, ma prevedo guai.”
 
 
 
*

Sam e Dean cercarono di restare svegli per assistere al ritorno di Mary, ma non riuscirono a resistere e crollarono addormentati.

Sam, in particolare, era su di giri, da quando Dean lo aveva informato sul fatto che Clère sospettava di loro, voleva prendere il telefono e chiamarla, ma Dean glielo sconsigliò. Era meglio lasciar calmare le acque.

“Ma come si fa ad accusare due fratelli di stare insieme? Voglio dire, è la verità, ma io sprofonderei piuttosto di dire una cosa del genere. E se si fosse sbagliata? Voglio dire, ha rischiato che non le rivolgessi più la parola, ha rischiato di rompere un’amicizia, per un sospetto??”
Sam era allibito.

“Devi ragionare come un adolescente, Sam.” disse Dean con grande buon senso. “Ed è strano che sia proprio io a dirtelo, visto che ho quattro anni più di te, ma quando sei ragazzino, e soprattutto una ragazzina romantica come lei, fai delle cose sconsiderate senza pensare alle conseguenze e Clère è la classica ragazzina romantica che vede amore e cuore dappertutto, per lei, non ci sarebbe neanche niente di male anche se pensasse di aver ragione, credimi, è molto isintiva.”

Sam lo guardò male e Dean si sbrigò ad aggiungere:
“Ciò non vuol dire che non sia stata sconsiderata e speriamo che non lo racconti a nessuno o potrebbe metterci nei guai, ma tanto chi le crederebbe?”

Alla fine si erano addormentati sfiniti ma vennero svegliati alle due di notte da alcune grida.
 
“Credevate che arrivare qui alle 2 di notte vi assicurasse di poter rincasare indisturbati eh? E magari poter dormire anche in casa  con lui, mentre in casa ci sono i nostri figli eh??”

Sam e Dean si precipitarono in cucina in pigiama. Stentavano a credere che quella fosse la voce di John.

“John, per favore, finiscila di gridare, Alastair non aveva intenzione di salire in casa, mi ha solo riaccompagnata.” Diceva la voce di Mary.
“E io perché dovrei crederci, mh?”

“Mary ha ragione, dovresti darti una calmata, cowboy, stai svegliando tutto il vicinato e poi come ti permetti di fare le sceneggiate da marito geloso dopo che l’hai abbandonata con un bambino piccolo da crescere?”

Mary si mise le mani sulla testa.

“Le mie non sono scenate da marito geloso, ma i MIEI FIGLI, sono rimasti in casa da soli, giorni e giorni e tu sei quello che si è portato via la madre dei miei figli per una stupida vacanza, lasciando UN RAGAZZO GIOVANE E UN MINORENNE DA SOLI IN CASA. Siete due delinquenti. Mary, come hai potuto lasciarli da soli?”

“Mi dispiace tanto, John, prenditela con me, lui non c’entra..” disse Mary, piangendo.
“Dean è maggiorenne, John, mi sembra proprio che tu stia esagerando.” Disse Alastair.

è solo un ragazzo! Ha soltanto vent’anni! Mary, se questa è la considerazione che tu hai dei nostri figli, li porterò entrambi via con me.”
Alastair sembrò impallidire, poi disse:

“TU? Farti carico di due ragazzi?? Ma se non sei riuscito nemmeno a fartene carico di uno. Sbaglio o il tuo figlio minore è finito in coma e dopo qualche tempo l’hai abbandonato in mezzo a una strada come un selvaggio in stile Mowgli dalla tua ex, andando a fare il ragazzo scapestrato in giro per il mondo?” disse Alastair.
John non ci vide più e gli mollò un pugno.

L’altro ricambiò e ben presto si trasformò tutto in una zuffa con Mary cbe chiedeva a loro due di smetterla.
 
“Alastair! Ti prego, almeno tu!!”
“Basta!!“Basta, papà!!” furono le grida di Sam e Dean che erano accorsi in cucina per cercare di fermarli.
Ma non sembravano sentirli.

“Bastaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!” Sam gridò e pianse come non l’aveva mai udito.

Una luce luminescente lo avvolse tutto e lo sollevò da terra, mentre la stessa luce accecante si era come disegnata in una stella ardente sulla fronte che sembrava scottare.
“Saaaaaaaam!”

La finestra si ruppe in mille vetri e frammenti e tutti i mobili finirono l’uno contro l’altro, compreso il tavolo e il frigorifero.
 
Sam sembrava incapace di fermarsi, cominciò a girovagare nella stanza come se avesse le convulsioni o fosse preda di un uragano, Dean allargò le mani davanti di lui e incredibilmente, qualcosa scaturì dai suoi palmi, una strana luce che riuscì a farlo planare dolcemente fino a farlo cadere tra le sue braccia.

“Dean..” mormorò Sam, aveva gli occhi pieni di lacrime.
La stella ardente stava pian piano scomparendo.
“Sono qua, fratellino, sono qua con te..”
“Fammelo vedere.” Disse Alastair.

“Non toccare mio figlio, brutto bastardo di un demone!!”

Rimasero tutti allibiti davanti alla frase di John.
 
“Molto bene, qualcuno ha fatto i compiti, a quanto vedo. Da quanto lo sai?” chiese Alastair, sistemandosi il colletto della giacca.

“Da un po avevo questo sospetto, ma non ne avevo le prove. Non riesco a credere che sei stata con LUI, Mary.” disse John.

“Ma di che cosa stai parlando??” strillò Mary, che era scoppiata a piangere da quando Sam si era sollevato a terra in quel modo e la casa si era accartocciata su sè stessa, ma non aveva pensato a cose soprannaturali, ma al terremoto o a un uragano e temeva Sam avesse le convulsioni, cercava senza successo di prenderlo, perché Dean, malgrado lo avesse rimesso in piedi, non lasciava avvicinare Mary, e il minore non sembrava voler lasciare il maggiore. Era aggrappato a lui come all’edera.

Alastair visualizzò una palla di fuoco e con essa colpì il quadro della cucina, incendiandolo.
Mary strillò.
Brutto bastardo, adesso io ti..” cominciò John.

“Un danno in più o in meno, tu hai fatto il danno più grosso, John.”
“Di che cosa stai parlando, VERME?”

“A causa tua, Sam ha distrutto la barriera magica che avevo messo come protezione. Ora non siete più protetti. Complimenti, campione.
“Se questo è un altro dei tuoi trucchi…”

“Volete dirmi di cosa diavolo state parlando?? “ continuava a strillare Mary, poi non ce la fece più e svenne.
 


Dean stava per muoversi a raccogliere la madre, ma delle grida disumane echeggiarono dalla finestra schiantata.
Sembravano voci della dannazione. Facevano venire i brividi.
“Stanno venendo per Sam.” disse Alastair.
“Io non lo permetterò!” gridò John.

“IO non lo permetterò. Li porterò in un luogo sicuro.” Disse Alastair e prima che i due fratelli potessero fare una mossa, Alastair mise una mano sulla spalla di Dean e un’altra sulla spalla di Sam.

“Allontanati da loro! Cosa vuoi fare?”
“Alastair, lasciali!” gridò Mary, che evidentemente non era svenuta completamente.
“Voi non potete proteggerli.” Disse Alastair.

John! Cosa sono questi suoni??” gridò Mary.

“Scusa, Mary.” Disse Alastair, scomparendo poi in una bolla con i ragazzi.
 
 

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Capitolo 41
*** Protezione dal preside - prima parte ***


Alastair aveva usato la smaterializzazione per portare via Sam e Dean, i due fratelli non avevano mai provato niente del genere e quando il demone lasciò le loro spalle, avvertirono dei mancamenti fortissimi.
Alastair guardò a bocca semi aperta, i due fratelli, sorreggersi a vicenda, aggrappandosi l’un l’altro come due edere. Era chiaro che avevano avuto la stessa idea. Cercare di sorreggere l’altro, proteggendolo con le proprie braccia, nell’insieme era uno spettacolo molto bello, anche perché insolito.

“Scatta una foto, durerà più a lungo.” Disse Dean, sarcastico, con un tono pungente e gli occhi semi chiusi.
“Le mie scuse.” Disse Alastair con tono atono. “Non pensavo che la smaterializzazione avesse questi effetti su di voi, per noi demoni è un’abitudine.”

“Già, per voi demoni, è come prendere la metropolitana.” Disse Dean, guardandolo male.
Alastair lo fissò.
“Non direi, personalmente odio la metropolitana.”

Dean lo fissò a bocca aperta, stava forse facendo dello spirito o era serio?

“Andiamo, fa freddo questa notte.” Disse Alastair, invogliandoli a seguirlo.
 
Sam e Dean si guardarono, per qualche motivo, il demone non sembrava pericoloso e poi che scelta avevano?

Faceva davvero freddo ed era buio, non volevano restare lì da soli, in attesa di essere presi da quelle creature.
“Che cos’erano quegli esseri da cui siamo scappati? Sono..come te?” chiese Dean titubante.
Alastair esitò.
“No..non sono come me.”

Stavano per chiedere lumi, ma Alastair li anticipò.

“Esistono molte forme diverse di noi dannati, i fantasmi vendicativi, per esempio, altre creature malvagie, che un tempo erano persone, ma hanno ceduto al male così profondamente che oramai non hanno più una forma umana, ma esistono anche quelli con sembianze umane, sono i dannati che conservano un’impronta dell’umano che erano stati, gli ibridi, quelli che non hanno dimenticato del tutto.”

Sam e Dean si soffermarono a guardare il corpo di carne del demone,
“Sei uno di loro?” chiese Sam.
Alastair non rispose.

“Credevo che i demoni possedessero le persone. Non girano queste voci su Satana?” chiese Dean attonito.

“Se vogliono, possono farlo.” Disse Alastair dopo una pausa e la sua mente divenne cupa. “Possono entrare nella mente di un uomo fino a farlo impazzire e portarlo alla follia, spingerlo a commettere le più efferrate crudeltà, certo non è una cosa che si può fare con tutti, alcuni oppongono resistenza, non è facile spingere un uomo al lato oscuro.”

Dean e Sam sembrarono sorpresi.
Alastair li guardò.

“Non lasciatevi ingannare da quello che vi dicono i media o da quello che raccontano nelle serie tivù, quelli sono clichè, una mente già portata al male e alla crudeltà, è facile da influenzare, ma cercare di corrompere un cuore buono? Occorrono anni e anni di lavaggio del cervello invisibile, se tutto va bene, per ottenere delle briciole di risentimento e vendetta, i demoni pensano in grande, non interessa loro le scaramucce di gente che ha sofferto, loro puntano in grande. E non gli piace aspettare.”

“Che puntino in grande..ce ne siamo accorti.” Disse Dean risentito.
“Dove ci stai portando? Dai tuoi simili?” chiese Sam.
Alastair gettò loro, solo un’occhiata.

“No, non vi porto da loro, ma in un posto sicuro.

“Perché dovresti portarci in salvo? Vorresti farci credere che sei un demone buono?” chiese Dean.
“Dean, non esagerare!” disse Sam.

“No, Sam, lascialo fare, capita così raramente di vedere un uomo sfidare il male, è una visione affascinante, tutto sommato.”
 
Sam fissò Alistair e sembrò pensare che anche il demone fosse una visione affascinante, non che pensasse a lui dal punto di vista sessuale, era affascinato dal fatto di trovarsi davanti ad un DEMONE.

Continuavano a camminare e Alastair sembrò rendersi conto dello sguardo di Sam. Sorrise.

“Capisco quello che provi, Sam, è difficile staccare gli occhi di dosso ad un demone quando te ne trovi davanti uno, non è vero? Non hai paura di me?”
Sam borbottò frasi sconnesse “no, io, no..” e poi distolse lo sguardo imbarazzato.

“L’attrazione verso le creature demoniache è un regalino che ti ha lasciato Lucifero, in un’altra vita, io lo terrei d’occhio, se fossi in te, Dean.” Disse guardando il maggiore.

Mio fratello non è attratto dai demoni!” sbottò Dean, spaventato e incazzato.
Sam concordò con veemenza quelle affermazioni.
Alastair fece spallucce.

“Quindi..è proprio vero? È lui il prescelto?” chiese Dean.
“Tutto sembra portare a questa conclusione.” Disse Alastair.

“Aspetta, questa strada la riconosco! Stiamo andando dal preside Albert??” chiese Sam stupito.
Alastair sorrise.
“Finalmente ci siete arrivati.”
 
 


Qualche minuto dopo, arrivarono al cancello della maestosa villa.
Alastair suonò il campanello e gli venne aperto il cancello.
Tutto quanto aveva un che di surreale.

“Che cosa hai fatto a nostra madre??” chiese Dean, dando voce finalmente alla paura che lo aveva attanagliato fino a quel momento.
Alastair sorrise.
“Tu sai che io non gli ho fatto alcun male.”

“Ah si? Mi dispiace, ma tra i miei poteri non credo di saper leggere anche la mente!” si ribellò Dean. Non sapeva neanche lui che poteri avesse, quindi come poteva quel demone pretendere di conoscerli?

“Volevi farmi questa domanda fin da quando abbiamo lasciato la vostra casa.” Disse Alastair. “E no, non mi serve leggere la mente per indovinarlo, ma non me l’hai fatta, no, non sentirti in colpa, Dean, vedi, è vero che un minimo di soprannaturale esiste nel cervello di ognuno di noi, anche senza i poteri, si tratta della capacità degli uomini, di saper riconoscere il male quando te lo trovi davanti.”
Sam e Dean lo fissarono ancora.

“Tu sapevi che non sono una minaccia per tua madre, vero? Come sapevi che non lo sono per voi, per questo non mi hai fatto domande.” Disse Alastair, incamminandosi fino alla porta di casa, trovandosi davanti un Albert in vestaglia e un cipiglio incuriosito sul volto.

Per fortuna la comparsa del preside sulla soglia, evitò a Dean di rispondere.
“Buonasera, ragazzi, tutto bene?” chiese Albert preoccupato ai due ragazzi.
“Sì.” Risposero in coro i due.

Albert sembrò scrutarli per cercare di capire se dicevano la verità o meno, loro cercarono di trasmettergli nel loro sorriso, il fatto che stessero bene davvero e lui sembrò capirlo.

“Beh, lasciate che dica che sono un po sorpreso, di trovarmi insieme a una compagnia così inaspettata.” Disse lui, lasciando entrare quello strambo quadretto.
Alastair ridacchiò, poi disse:

“Puoi parlare liberamente davanti a loro, Albert, sanno già chi sono. Più o meno. Sanno la mia natura.”
Albert sgranò gli occhi ma si riprese quasi subito.

“Bene, quindi mi scuserai se salto i convenevoli, Azazel.

Sam e Dean guardarono il demone sorpreso e questi ridacchiò.
“Già, non vi avevo ancora detto che Azazel è il mio vero nome.”

“Dimmi, che cosa potrebbe mai volere un demone, da un Dio?” chiese il preside.

“Protezione.” Rispose lui. “Ma non per me, per loro.






















immaginate Alastair/Azazel con il corpo e il viso di Azazel occhi gialli Ciao :)

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Capitolo 42
*** Protezione dal preside - seconda parte ***


Sam e Dean restarono sconcertati davanti alla richiesta del demone, ancora di più davanti alla prospettiva che chiedesse aiuto proprio al preside, quest’ultimo però, pareva non sembrare né troppo scosso, né sorpreso. Chissà a quante altre cose strane era abituato.

“Signor preside, non si fidi, è un demone.” disse Dean, che nonostante aveva dato ragione tacitamente al demone quando sostenne che Dean si fidava di lui, non riusciva comunque a stare tranquillo davanti a quella richiesta. Era pur sempre un demone! E se li avesse traditi?

“Azazel avrebbe potuto farvi del male, uccidervi, e non avreste avuto scampo, invece vi ha portati qui da me, questo lo ritiene degno di fiducia.” Disse Albert.

“Non li biasimo per il fatto che non si fidino. Questi ragazzi ne hanno passate tante e poco prima delle creature infernali hanno cercato di catturarli. Non deve essere facile per loro ora, fidarsi di quelli come me.” disse Azazel.

“Mamma, papà! Loro..sono..” cominciò Dean, ma Azael lo tranquillizzò.

“I demoni non faranno del male ai vostri genitori, loro cercano voi, non faranno niente ai vostri genitori, se non si metteranno in mezzo.”

“è per questo che mia madre era via con lei durante questi giorni?” chiese Sam sbalordito.
Azazel sospirò e si decise a dire la verità.

“Se Lucifero vuole me, perché tu ci stai proteggendo? Sei un demone! Dovresti volere che mi prenda!” disse Sam, facendo un passo in avanti.

Albert studiò sia Sam, sia Azazel, con interesse, Dean, da parte sua, temeva che Sam si stesse spingendo un po troppo oltre, ma era ammirato dal coraggio del suo fratellino ed era anche lui molto curioso sulla cosa.

“Vi ho già spiegato che i clichè che vi hanno messo in testa nei telefilm e romanzi, dovete dimenticarli.” Disse Azazel, trattenendo una punta di impazienza. “Voi PENSATE che Lucifero sia all’inferno, vero? Che noi demoni siamo in stretto contatto con LUI, vero? Ma non è così. Lucifero non fa parte di questo mondo.
Questo spiazzò i due fratelli che non se l’aspettavano.

“Non sappiamo dove si trovi adesso, è scomparso, ma..da diverso tempo, ANNI, cerca di mettersi in contatto telepatico con NOI, non solo con noi demoni, ma con i dannati in generale, la richiesta è sempre una, vuole che troviamo il prescelto per lui, che glielo catturiamo, secondo Lucifero, una volta scoperta la vera identità del Prescelto, potrà convincerlo a passare al lato oscuro.”

“Perché non viene a prendermi lui se ci tiene tanto?? Pensa di essere SUPERIORE?” domandò Sam arrabbiato.

“Lucifero non può raggiungere la Terra” spiegò Azazel. “Non sa dire neanche lui cosa gli sia capitato, noi crediamo che sia stato imprigionato da qualche forza o barriera che gli impedisce di venire fin qui, o forse non ha un corpo che gli consente di muoversi, ma tutto cambierà, se i demoni riescono a mettere le mani sul Prescelto, a quanto pare una grande forza si sprigionerà da lui e il legame che esiste tra lui e Lucifero, potrebbe essere tale da riuscire a portarlo qui.”

“Io..dovrei portare il diavolo sulla Terra?? Io e Lucifero abbiamo un legame?? Vi sbagliate..io..non può essere..” Sam era sconvolto e il suo stomaco ribollì, corse in bagno sotto lo sguardo dei presenti.
“SAM!” lo richiamò Dean.
 

Un rumore di vomito percorse l’aria. Sam era piegato in due verso il gabinetto.

“Sam..” disse Dean, accarezzandogli la schiena.

“A-allontanati da me, Dean. Io sono il MALE. Sono infetto!” disse Sam, cercando di spingerlo via.

“NO! Tu non sei infetto, Sam. Sei mio fratello.” disse il maggiore e le lacrime di entrambi si specchiarono nei loro occhi.

“E io non ti lascerò MAI. Ti ho già salvato una volta, posso farlo di nuovo.”
“Cosa? Cosa hai detto?” chiese Sam.
Dean sembrò perplesso.
“Io..io non so perché l’ho detto..”
 
 
 
“Abbiamo la certezza quindi, che la persona che Lucifero sta cercando, sia proprio Sam? Prima di mettere un peso addosso a un ragazzino, è meglio essere davvero convinti di questo.” stava dicendo Albert.

“Una volta che il maligno cerca di corromperti, è come se restasse una traccia nella tua anima, come un’impronta, che non si può cancellare..” diceva Azazel.

“Sta forse dicendo che mio fratello andrà all’inferno? Questo non lo..” cominciò Dean arrabbiato.
Azazel sbuffò.

“Non sto dicendo nulla di simile, dico solo che le tracce magiche di tale legame, sono come un RADAR, che portano dritto a lui, fin da quando Sam è…TORNATO.”

“Fin da quando lui è venuto da me, vuoi dire! Ma allora perché non ci hanno attaccato prima? Perché ORA?”
“Non l’avete ancora capito?” chiese Albert. “Azazel ha protetto con un incantesimo di protezione, la casa di tua madre, Dean.”
“Cosa??” chiese lui con il fiato mozzo.

“L’ha fatto per proteggervi e impedire ai demoni di entrare, poi ha fatto in modo che vostra madre, andasse via con lui. Voleva evitare che le creature del male, non potendo prendere voi, decidessero di prendersela con vostra madre.”

Prenderci?? Che c’entra Dean?? Sono io quello che vogliono!”

“Forse poteva essere così all’inizio, ma adesso Dean è coinvolto più di chiunque altro. Hanno scoperto che è collegato a Sam, che ha anche lui dei poteri e quindi presumbilmente ha giocato una parte molto importante nella vostra vita precedente, il vostro legame è forte, si percepisce, loro pensano che la tua influenza possa trattenere Sam dal cedere al suo lato oscuro e che forse sia stato già così una volta.” Disse Azazel.

“Ma tu..come sei capitato nelle nostre vite?” chiese Dean scioccato.
Azazel sospirò.

“Io avevo l’incarico di far bere a Sam, a tradimento, sangue di demone.
 
“Coooosa??” fu un eco di entrambi.

I ragazzi indietreggiarono e Sam sentì lo stomaco ribollire di nuovo.



“Non l’ho fatto, lo giuro. Non mi sono neanche avvicinato a Sam.”
Perché io ero con lui!!” ruggì Dean.

“NO! Non è questo il motivo, ma è perché…io mi sono innamorato di vostra madre, alla fine.”
 
Rimasero così scioccati che si dimenticarono di fare altre domande. Ci pensò Albert.

“A cosa sarebbe servito il sangue di demone?” chiese Albert.

“Il sangue di demone, funziona come un radar. Avrebbe risvegliato i poteri sopiti del Prescelto, aumentandone l’oscurità e rendendo docile la sua mente, pronta ad accogliere l’oscurità.”

“E cosa sarebbe successo se Sam fosse stato un comunissimo essere umano? Cosa gli avrebbe fatto il sangue?” chiese Dean.
“Niente, non avrebbe reagito nel suo organismo..”

“E IO NON TI CREDO!” gridò Dean prendendolo per il colletto.

Sentiva una rabbia così cieca.  Si era risvegliato in un mondo dominato dai demoni, in un mondo in cui delle creature potevano influenzare la mente e il corpo delle persone facendo chissà loro cosa, in un mondo in cui il diavolo voleva suo fratello.

Aveva voglia di urlare. Di prendere a pugni quel demone e le sue parole vuote.
 
Azazel era rimasto impassibile davanti all’aggressione di Dean, ma d’un tratto, il ragazzo si sentì come respingere da una specie di energia soprannaturale, Azazel non aveva neanche mosso un muscolo, ma Dean s sentì scaraventare via, sul pavimento, fino a sbattere contro il muro.



Gemette.

“DEAN!!!” urlò Sam, andando a soccorrerlo.

“Andate subito a letto. Tutti e due.” Sbottò Albert.

“Ma..lui..ha visto che cos’ha fatto a Dean..” protestò Sam.
“Gli ha fatto esattamente ciò che meritava!” sbottò Albert.
Sam restò talmente basito che non riuscì a replicare.

“Che cosa pensavate sarebbe successo a provocare un DEMONE? Per la sua natura, gli è andata anche fin troppo bene. E ora prendete una stanza e lasciateci da soli.”
“Ma..signore..”
“ORA!” gridò Albert.
 
Sam e Dean non avevano mai visto Albert così arrabbiato, era chiaro che vedere quella scena lo aveva turbato e cercava di nasconderlo con la rabbia.

I due ragazzi si scelsero una camera a caso  e si misero dentro. C’era solo un bel letto matrimoniale e si misero dentro comodamente.
 
 



“Non so se riesco a dormire, pensando a cosa staranno passando tua madre e papà con nessuno che sia li a tranquillizzarli.” Disse Sam.

“Albert non è uno sciocco, Sam, di sicuro ci avrà pensato e manderà qualcuno..sempre se non è già arrivata la polizia, visto che c’è stata una mezza esplosione.” Disse Dean.
Sam lo guardò con curiosità.

“Ti ha aggredito e si è arrabbiato, ma tu lo difendi..”
“Era spaventato quando mi ha visto sbattere al muro da quell’essere….non ce l’ho con lui..”

“Dean, sono convinto che neanche Azazel ce l’avesse con te, ma è un demone, e non sa come trattenere la sua forza, non voleva farti male..”
Dean sbuffò sarcasticamente ma fece un sorriso.

“Sono sicuro che non hai dimenticato quello che ha detto Azazel sulla mia attrazione per i demoni, eppure tu mi senti difenderlo e ancora non infierisci, non ti arrabbi con me…”
Dean lo guardò seriamente, poi gli fece una carezza.

“Come potrei arrabbiarmi con te, dopo quello che stai passando…”
 
Qualcosa si sciolse nel cuore di Sam, qualcosa che sembrava navigare nel suo corpo come una piccola barchetta.
“Dean, io ti amo…

Dean restò senza fiato davanti a quella dichiarazione.
“Ne sei sicuro?”
“Sì..io..”
Dean gli prese il viso tra le mani e lo guardò con un’intensità che lo fece arrossire.

“Non voglio che tu lo dica per quello che è successo stasera, perché le nostre vite sono un completo disastro, Sam..”
Sam gli tolse le mani dal viso e le prese tra le sue.

“è quello che sento, non sono mai stato tanto sicuro di una cosa in vita mia..Tu sei il mio primo amore.. e non solo in questa vita..sono convinto che tu lo sia anche nell’altra..sento di non aver mai provato niente del genere per nessuno..”

“Oh, Sam..per me è lo stesso..e non mi importa che siamo per metà fratelli, non mi è mai importato davvero..ho sempre sentito che c’era di più tra noi..”
“Aiutami, Dean..”
“A fare cosa, Sam?”

“ A ricordare. Aiutami a ricordare chi eravamo.
 
Le loro labbra si incrociarono in un nuovo bacio, entrambi sentivano come un alone bianco argentato provenire dai loro stessi respiri che si congiungevano in un nuovo bacio.
 
 
 

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Capitolo 43
*** Mattina all'ospedale ***


Dean e Sam avevano passato una notte e una mattinata d’inferno.
Un demone era entrato nella loro casa e aveva candidamente ammesso di frequentare Mary da un po', Sam aveva avuto un attacco di panico violento di magia incontrollata e avevano rischiato di far saltare in aria la loro casa, il demone in questione li aveva portati via dicendo di volerli "proteggere" e proprio quando credevano che non poteva andare peggio di così nelle loro vite, avevano ricevuto di mattina presto, un SMS da parte di Ruben che aveva raccontato tutta una strana storia a proposito di sogni, animali parlanti, cavalieri tenuti nascosti e oscuri e leggende antiche come il Medioevo o forse anche da prima.
SEGRETI, MENZOGNE, BUGIE.

Dean fumava ancora dalla rabbia, mentre nel corridoio dell’ospedale, aspettavano di ricevere un responso su come stava Mary, la loro madre.
Si staccò dal muro, sbuffando fumo come se fosse stato un drago.
Se questo è uno dei suoi stupidi scherzi, io lo UCCIDO.”
“Dean, ti prego, siamo in un ospedale..”

“Esatto, Sam, esatto! Siamo in un ospedale! Ti sembra che quello sciagurato abbia scelto un momento OPPORTUNO per i suoi stupidi scherzi, dopo tutto quello che abbiamo appena passato?”
“Magari non è uno scherzo..” sussurrò Sam.

“Ma dai, Sam!” sbottò Dean. “Insomma, non puoi credere davvero a una storia così assurda..andiamo, lo avrebbe detto prima, no? Perché tenercelo nascosto? E poi, Castiel lo avrebbe coperto? Non è proprio da Castiel, coprire qualcuno o meglio avere dei segreti!”
“Non si finisce mai di conoscere le persone davvero..” disse Sam amaramente.

“Secondo me, si è inventato tutto perché è smanioso di attenzioni, ha visto che è stato l’unico insieme a Castiel, a non aver ricevuto la sua dose di ramificazioni..è GELOSO. Tutto qui. E si è inventato questa assurda storia! D’altronde chi potrebbe mai smentirlo?”
“Chi potrebbe mai inventarsi una storia così assurda solo per questo? Insomma, nessuno accetterebbe di passare per il cattivo della storia. "
“Questo lo dici perché non lo conosci bene.” Disse Dean, avvicinandosi a lui e parlando con tono da cospirazione. “Ascoltami bene, Sam..conosco Ruben da tanto tempo..per sentito dire. E lui fin dalle elementari si mette sempre al centro dell’attenzione con le sue storie strampalate e avventure mirabolanti..non crederai mica che sono tutte VERE!”
“Ma qui stiamo parlando dell’Apocalisse, Dean!”

“Esatto, Sam..esatto! E perché mai dovrebbero scegliere proprio LUI per salvare il mondo? E chi cavolo è? Un signor NESSUNO, proprio come noi. Perché dovrebbe essere speciale?”
“E perché IO dovrei esserlo secondo te?” lo aveva sfidato Sam arrabbiato.
Dean annaspò, boccheggiando.

“Mi sembra lo-logico..guardati..un cervello che a soli sedici anni, è già dello stesso q1 di Einstein..e aspetta..perchè aumenterà ancora..vedrai che lo supererai!”
Sam aveva sbuffato, ma un sorriso gli si era sbucato.
“Stiamo qui a parlare di quello sbruffone quando oggi i demoni ci hanno fatto visita! Mi ha distolto anche da questo. Non lo sopporto, non lo sopporto!!” disse Dean continuando a inveire contro Ruben.

“Senti, io comunque devo dirtelo..ho avvisato il preside di quanto mi ha detto Ruben..scusami, Dean, non potevo stare zitto dopo le cose che mi ha detto per sms.” Disse vedendo la faccia allibita di Dean.

“Hai fatto bene..” disse Dean sorprendendolo. “Così si beccherà una bella strigliata dal preside quello sbruffone..vediamo se gli passa la voglia di piantare casini..un piantagrane del genere..se combina qualcosa che metterà in pericolo il gruppo, gli spacco la faccia.”
“E se quello che ha detto fosse vero?”
“Ma figurati!”
“Ma se fosse? Dean..”

“Se tutto quel cumulo di sciocchezze che ha detto fosse vero, vuol dire che ha contaminato pure un’anima pura come Castiel..che è un AMICO..e beh..posso solo dirti che dopo che avrò finito, dovranno cercare il suo corpo in cinque mondi diversi.”
 
 
 
 
 
*

Purtroppo Ruben pensò bene di farsi vedere, accompagnato da Castiel, in ospedale, verso mezzogiorno.
“Amico, non puoi proprio stare qui oggi, e in pausa pranzo, perdipiù..” disse Sam, cercando di farlo andare via, prima che arrivasse Dean e lo vedesse.
“Sam, non rispondete ai miei messaggi, e io..”
“Ti sembra il momento? È venuto un demone in casa nostra e nostra madre..”

“Siamo appunto qui per questo!” protestò Ruben.
“Ascoltaci Sam, se sono arrivati i demoni, vuol dire che Lucifer è già..” cominciò Castiel.
Che ci fa lui qui?” chiese Dean.

“Dean..finalmente..come..come sta, Mary?”
“Come sta non deve riguardarvi, soprattutto a te. E te, Castiel..pensavo fossi un ragazzo più serio..accompagnarti a certa gentaglia..” disse Dean.
“È un ragazzo a posto.” Disse Cas rabbioso.

“Certo, non lo metto in dubbio..disturbarmi mentre nostra madre ha rischiato la vita, riempiendoci il cellulare di favole della buonanotte..”
Possibile che tu sia tanto ottuso??? NON SONO FAVOLE! MAGARI LO FOSSERO!”
“E ALLORA perché NON LE HAI DETTO PRIMA, GENIO DELLA LAMPADA??”
“Dean, Ruben, BASTA!”aveva gridato Sam.

“RUBEN! Se non la pianti ti prendi una sberla!” aveva gridato Castiel.
I due ragazzi erano molto spaventati. I loro rispettivi ragazzi si stavano sfidando apertamente, con il viso a pochi centimetri dal viso.
Che cosa succede qui? Che cos’è questa confusione? Lo sapete che siamo in un ospedale??"
Albert con il suo pastrano lungo, si avvicinò con lunghe falcate ai due, dividendoli.
“Mi meraviglio di te, Ruben. Credevo che avessi conservato almeno un minimo senno da capire che in questo momento la tua presenza qui è indesiderata e inopportuna.”
Ruben continuò a guardare Dean in cagnesco.

“Con tutto il rispetto, signor preside, non credo che conosca qualità come rispetto e delicatezza..è solamente un cane rognoso.”
“Dean, non esagerare!” disse Castiel.
“Mi auguro che abbia il pisello più grande di quanto sono le sue palle, Cas, perché altrimenti..”

“WINCHESTER!”lo aveva richiamato il preside. Sam era avvampato e Ruben si era districato dalla presa del preside, ma lui lo tenne più saldo.
“Non finisce qui, Dean! Dovrai ascoltarmi! Tutti voi dovreste!”
“Dai, piantala.” Disse Albert portandolo via. “Vieni anche tu, Castiel, vuoi?”
Castiel si mosse subito verso di loro.

“Cas..” lo richiamò Sam.
“Mi dispiace, Sam..Dean..” disse Castiel.
“Ah, Dean…esprimiti ancora una volta così davanti alla mia presenza e..”
“Non può sospendermi per una parolaccia.”
“No..questo no, è vero, ma posso fare in modo che tu possa scontare le tue punizioni con il professor Black nel suo studio per due mesi di fila.”
Dean gemette.

“Con tutto il rispetto, signore..non credo che Luc..Lui..aspetti che io finisca il mio castigo.”
“Lui magari no, ma io sì. Ci vediamo.”
Fino a che non lasciarono la loro visuale, Sam aspettò, dopodichè diede una pacca sulla testa abbastanza forte a suo fratello.
“Ahio!! E dai, se l’è meritato, no?”

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Capitolo 44
*** Che cosa nascondi, John? ***


Mary era letteralmente impazzita da quella sera e John si era ritrovato ad andar a trovare i figli la mattina dopo, dicendogli con lo sguardo affranto, che Mary era stata ricoverata in ospedale, perché aveva avuto un crollo nervoso, sapendo di esser stata con un demone e che i suoi figli avevano poteri magici.
Poi li aveva abbracciati forte.

“I medici dicono che le coliche che l’hanno colpita fino a farla piegare sul pavimento, hanno a che fare con un forte esaurimento nervoso, per fortuna non ha detto a nessuno quello che è successo ieri notte e ha confermato quello che abbiamo detto tutti, che si è trattato di un’esplosione non meglio identificata ad opera di ignoti.”

“Papà, mi dispiace tanto, è tutta colpa mia.” Disse Sam, ma John non gli permise di dire un’altra parola.

“Avrei dovuto restare con voi, se non mi fossi allontanato e non fossi impazzito così, tutto questo non sarebbe successo. È solo mia la colpa.”
“Papà, io…”

“Fin da quando sei arrivato da me, ti ho amato e ho giurato che ti avrei protetto..” continuava a dire John.

“Papà, so che forse non sembra opportuno in questo momento, ma non credi che forse dovremmo contattare anche la mamma di…Sam?” si decise a dire Dean a disagio.
 
John impallidì.

“Si, credo che forse dovremmo, papà, non mi interessa se sono nato da una storia di una sera..” disse Sam, toccandogli i lembi della sua camicia.
“Non è possibile..”

“Ehi, va bene anche se non è una storia..” disse Dean con sguardo eloquente.

“Vi dico che non si può!” disse John impaziente.

Sam lo guardò con orrore. “è…morta?” chiese tremante.

“Io..no, non è morta, non credo sia..insomma..”

“Non sei più in contatto con lei? Insomma, papà, dimmi qualcosa! Sono anni che cerco di tirarti fuori informazioni della mia vera madre!” disse Sam.

“È Mary?” chiese Dean.
“No! Non l’avrei mai nascosto se fosse stato così!” disse John indignato.

“Ma allora chi diavolo è? Ti vergogni di lei?? È per questo che..” cominciò Sam scattoso.

“Tua madre non esiste, Sam!” disse John, alzando la voce, pentendosene l’attimo dopo.






















Note dell'autrice: 

mi sento in colpa a far terminare il capitolo così xd
però per non rischiare di far danni, è stato meglio così xd

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Capitolo 45
*** Il cammino della guarigione ***


La frase di John scioccò in modo pazzesco i due ragazzi, che lo stettero a guardare ammutoliti, per qualche istante.
“Che cosa significa?” chiese Dean, attonito.
“Niente” disse John, passandosi una mano fra i capelli. “Era una metafora, per dire che è sparita dalla circolazione, non ha lasciato tracce.”

“Non prendermi per il culo!” disse Sam. Il maggiore restò basito davanti a quell’esternazione, il fatto che il suo educato fratellino Sammy avesse detto una parolaccia, era sintomo del fatto di quanto le cose si fossero aggravate.

“E va bene! Ascoltate, era una ballerina, ok? Aveva un falso nome, Trish, si chiamava. Aveva lunghi boccoli biondi, sembrava una barbie. Ci siamo frequentati per un po di tempo, poi lei rimase incinta..sparì dalla mia vita, non facendosi più sentire, mesi dopo, ricevetti una chiamata da un ospedale, una donna aveva lasciato una lettera per me.”
“No..” disse Sam, disorientato.

“Sì, invece..tua madre non ti voleva, Sam, ma non era così crudele da farti crescere senza una famiglia, le sue ultime volontà furono che venissi affidato a me in quanto tuo padre biologico, io rimasi disorientato all’inizio..ma poi le analisi del sangue rivelarono che eri davvero mio figlio, ti presi con me, amandoti dal primo momento e....”
No..no..stai mentendo..”

“No, è la verità, non volevo dirtelo, ma tu insistevi, insistevi..”
“No..no..non può essere vero..”

“Se può esserti di consolazione, tua madre era bellissima, quando conobbi Trish, con quei lunghi boccoli biondi, io non pensavo di poter conoscere una donna più bella di Mar..”

“Bugiardo! Perché mi menti?? Perché??”
“Sam!!”
Sam era scappato dalla stanza, lasciandoli soli.

Dean sembrava disorientato, lentamente alzò lo sguardo sul padre.
“Dean, mi dispiace tant..”
“Perché gli hai raccontato quella storia?”gli domandò atono il maggiore.
John lo guardò corrucciato.

“Perché è la verità, figliolo.”
“No..non è lo è..”
“Dean, fingere di non guardare in faccia la realtà, non è sintomo di maturità..”

“Smettila! Smettila con le cazzate, smettila!”
John lo fissò .

“Sam non ti crede, e io credo a lui, perciò se lui dice che tu stai raccontando una menzogna, io mi fido del suo giudizio e quindi credo a lui!”

“Questo dimostra solo quanto siate entrambi infantili, mi aspettavo maggiore maturità dal più grande dei miei figli.” Disse John duro.

Dean prese una statuetta che raffigurava due angeli abbracciati e la scagliò in direzione di John che si abbassò per schivarla, la statuetta colpì il muro.

“Se fossi cresciuto con un padre, forse mi avrebbe insegnato la maturità che a me manca!”
“Sei impazzito? Cosa volevi fare, uccidermi?”

“Ero geloso di Sam! Fin da quando ti ho visto, ero geloso che fosse cresciuto con un padre che gli volesse bene, ma adesso che lo hai fatto piangere..penso che sarebbe stato meglio che non fossi mai tornato. Sarebbe stato meglio per tutti.” disse, lasciando la stanza.
 
 
 
 
*

“Sam, posso sedermi al tuo fianco?” chiese Albert, sull’uscio della porta principale, guardando Sam, seduto sui gradini della porta, all’esterno.
Sam annuì senza dire niente.

“Ho sentito le tue voci soavi.” Disse Albert sorridendo. (citazione dei Gemelli Weasley in Harry Potter, riferendosi ad Harry )
“Mi dispiace.” Mormorò Sam.

“Va bene, non dispiacerti. Che cosa ti angustia, Sam? Hai litigato con tuo padre?”

“Lui mi ha raccontato una storia..una storia che mi ha fatto male..”
Albert ci pensò su.
“Questa verità ti fa soffrire?”

“Mi fa soffrire che è una menzogna mascherata da verità!” disse Sam.
“Spiegati meglio.” Disse Albert.

“Per tutta la mia vita, fin da quando ero piccolo, mio padre mi ha detto che amava mia madre, ma che si sono separati quando io avevo solo quattro anni in merito ad un litigio e da allora non ha saputo più niente di lei..io non ho mai investigato, ma prima..gli ho chiesto di dirmi la verità..sulla mia vera madre...credevo che avrebbe aggiunto dei particolari su di lei che mi permettesse di identificarla in qualche modo, per poterla rintracciare, sapete..”

“Dammi del tu, Sam..siamo amici da un po di tempo ormai..non l’ha fatto suppongo.”
Sam sbuffò sarcastico.

“Ha detto che era una ballerina, che si chiamava Trish, che è sparita pochi giorni dopo la mia nascita..”

“Mmm..questo ti fa soffrire?” domandò Albert pensieroso.

“Mi fa soffrire il fatto che mi ha fornito una versione modificata della prima storia, quando racconti delle favole a un bambino, se te le inventi e poi vuoi raccontargli la medesima favola, devi ricordartela bene, perché se poi cambi la storia, il bambino se ne accorgerà, infatti non importa quanto sia migliore la seconda versione.. la prima versione, non importa quanto pazzesca e inverosimile sia, ci trova d'accordo e si imprime a fondo nella loro memoria...e chi crede di poterla sradicare facilmente, si sbaglia..” ( Citazioni dal libro "i dolori del giovane Werther " )

Albert restò zitto, sembrava meditabondo.

Io non gli credo, Albert, mi ha mentito, mi ha raccontato un’altra menzogna, tutta la mia vita è una grossa menzogna.” Disse Sam e il suo tono era così struggente, che l’uomo si ritrovò a stringerlo tra le braccia.

Si ricordò delle parole del piccolo principe, un libro che lesse da bambino.

Me ne infischiavo del mio martello, del mio bullone, della sete e della morte. 

Su di una stella, un pianeta, il mio, la Terra, c'era un piccolo principe da consolare! 
Lo presi in braccio. Lo cullai. Gli dicevo: 

"Il fiore che tu ami non e' in pericolo ... Disegnero' una museruola per la tua pecora... e una corazza per il tuo fiore... Io... "

Non sapevo bene che cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. 

Non sapevo bene come toccarlo, come raggiungerlo... 
Il paese delle lacrime e' cosi' misterioso.

Dean arrivò in quel momento, e li vide così abbracciati.

La potenza dei legami che stringevano in quel momento tutti loro a quel gruppo, gli piombò addosso come un proiettile fatto di farina.

In quel momento pensò anche lui alle parole del piccolo principe.
Non sapevo bene come toccarlo, come raggiungerlo..

Il paese delle lacrime è così misterioso…
 
 
 


*

I giorni seguenti, furono un incubo per i due giovani ragazzi. Entrambi evitavano Mary, a dire la verità c’erano stati due incontri con lei, in cui li aveva abbracciati e aveva vissuto tutto come una negazione continua, come se non fosse successo niente, poi all’improvviso, verso sera, era sbottata, dicendo che la magia non esisteva e che erano tutti pazzi e dovevano essere chiusi in un manicomio.

John si era molto arrabbiato e aveva consigliato ai figli di evitare un altro incontro.
Salvo ripensarci poi dopo due giorni.

“Vostra madre ha esagerato, è vero, ma non prendetevela con lei,è comprensibile dopo quello che ha passato, datele un’altra possibilità, domenica cucinerà il tacchino, volete venire?”
 
Anche quella giornata fu un completo disastro. Mary si comportò egregiamente per tre ore, sembrava anche che volesse rendersi partecipe attiva della questione, faceva un mucchio di domande, voleva essere coinvolta.

“Basta con le domande, ora, mamma, distraiamoci un po, andiamo a prendere un gelato, facciamo una passeggiata, right?” aveva provato a dirle Dean, accarezzandogli la schiena.
Mary era insorta.

“Questo è il ringraziamento per gli sforzi che sto facendo! Pensate che sia facile per me accettare tutto questo? Ho passato dei giorni di inferno, sto cercando di capire, di aiutare e invece voi..non mi spiegate..non mi capite..non mi raccontate nulla. Perché nessuno mi racconta nulla? Perchè vivete in un'altra casa?? Perchè volete punirmi? Perché è capitato questo a me?”

John aveva deciso che non ci sarebbero stati più incontri.

“Cosa faremo se i demoni attaccano questa casa di nuovo? Potrebbero ucciderci! John, questa è tutta colpa tua. Se non avessi gridato quella sera…se non ci avessi lasciato. Oh, John, perché ci hai lasciato? Perché hai portato i demoni nella nostra vita??”
 
“Porta via Sam da qui.” diceva John, spingendo Dean fuori dalla casa.
 
 


*

“Può fare qualcosa per lei?” domandava Dean al preside Albert, nel guardino di casa sua, mentre sorseggiava del the, attorno ad un tavolino.

“Qualcosa posso fare, sì, preparare un infuso, una pozione che..potrebbe aiutarla a reuperare la tranquillità mentale, posso parlarle, ma se non accetta la situazione di sua volontà, possiamo fare ben poco, la magia può solo spingere verso la guarigione dei traumi cerebrali, non farla svanire, se non c’è una volontà propria.”

“Sarà comunque un tentativo. Sta così male..” disse Dean, gettando un’occhiata a Sam, che con sguardo atono, era chino su una pianta floreale e ne accarezzava le foglie con sguardo vuoto.
Albert sospirò affranto.

“Mi dispiace tanto, Dean, se avessi previsto tempo fa, questo epilogo, vi avrei parlato prima di Azazel, ma non volevo turbarvi più di quanto eravate già..avevo dedotto che non era pericoloso e voi ne stavate passando così tante..non volevo caricarvi di altro peso sulle spalle..”

Una piccola lacrima scivolò via dall’occhio destro del preside.

“Non è colpa sua.” Disse Dean, prendendogli una mano, con lo spirito di un figlio verso un padre. “Le cose accadono e sono ineluttabili, non possiamo fare niente contro il destino e io..rivivrei tutto..pensando che tutto questo mi ha portato a ricongiungermi con mio fratello..tutto..”

Albert fu commosso dalle parole del ragazzo e Dean non seppe se fu quello o la stretta di mano, ma tutto ciò portò a una visione che lo lasciò senza fiato.
 
C’era lui. Aveva un mantello azzurro celeste che lo copriva, come un piccolo lord.
E c’era Albert.

Ma era così imponente, con i lunghi riccioli ramati e biondicci, che gli arrivavano fin sotto le spalle.
Lo abbracciava con un’amorevolezza tipica di un padre verso il figlio.
 
Dean rimase soprafatto dalla visione e staccò la mano dalla sua, scioccato.

Non sapeva perché ma la sensazione che gli era salita addosso fin nelle viscere, fu che quell’uomo era Albert e quel ragazzo era lui.
Ed erano padre e figlio.

Non aveva cuore di dirlo all’uomo che sedeva davanti a lui, a malapena riusciva ad accettarlo lui stesso.

Era stato abituato alla non presenza di un padre, poi John era piombato nelle loro vite e l’aveva deluso, e ora questo.

Era sconvolto. Non sapeva più chi era e questo continuo saltare di palo in frasca nell’individuare una figura paterna, cercando in essa un riconoscimento con la parte più primordiale di lui, lo turbava profondamente.
E poi…
Lui..
Figlio di un Dio??
 
 
 
*

I giorni si susseguivano cupi, uno dopo l’altro e Dean era molto preoccupato per Sam.
Da quando John gli aveva fatto quella rivelazione su sua madre, era come cambiato.

Non trovava più tracce del ragazzino vivace e allegro che era stato, tra alti e bassi, fino a quel periodo.

Era sempre dolce e sorridente, certo, ma la sua incredibile vivacità, aveva lasciato il posto a un’incolmabile malinconia.
Si sentiva inutile, si sentiva non di questa terra.

Dean aveva cercato di tirarlo su, dicendogli che aveva poca importanza che sua madre l’avesse lasciato quando era in fasce, o quando aveva quattro anni, i genitori che abbandonavano i figli, erano comunque delle bestie.

Sam l’aveva guardato con una strana espressione e gli aveva detto:

“Pensi che papà sia una bestia perché ha abbandonato te e tua mamma?”

Dean capì in ritardo l’errore che aveva fatto, ma era troppo tardi. Sam era andato con il morale sempre più nero nella stanza che Albert aveva dato loro.
Pochissimi minuti dopo, Dean era entrato in stanza e gli aveva chiesto scusa.

Non pensava quello di suo padre, non gli avrebbe mai portato rancore, perché lasciare lui aveva significato far nascere lui – suo fratello – e per lui era una luce, un faro che gli illuminava le giornate, non avrebbe mai desiderato cambiare il passato se ciò equivaleva non farlo nascere.

Dean capì all’istante che aveva detto un’altra cosa sbagliata, perché Sam, che era seduto sul letto, era scoppiato a piangere e aveva detto:

“Penso che papà mi ha mentito, Dean! Non è vero che la mamma ci ha lasciato. Magari non è neanche lui mio padre vero!”

“Sam! Come puoi dire queste cose? Lui è nostro padre! Per quanto lui sia uno stronzo, è nostro padre, tu sei MIO fratello.” disse Dean prendendogli il volto tra le mani,
“Non puoi esserne sicuro.” Disse Sam con le lacrime agli occhi. “Mi ha mentito una volta, potrebbe averlo fatto di nuovo.”
“Ma che motivi avrebbe per..”

“Forse mi ha trovato per terra, vicino ad un cassonetto, e ha deciso di allevarmi come se fossi suo.”
“Sam, no…”

“O meglio ancora, mi ha trovato DENTRO un cassonetto, per questo non mi ha detto niente! Non voleva dirmi che mia madre non mi ha voluto e ha anche cercato di uccidermi!”
“BASTA!”

“Ha preferito dirmi mezza verità per non farmi soffrire e..”

“Basta, basta, ti prego, ti prego..” disse Dean, quell’ultimo ti prego, sussurrato, mentre lo prese tra le braccia, cullandolo come un bambino piccolo.

“Ha detto che mia madre non esiste, Dean..non potrò mai scordarlo..finchè sarò vivo..” diceva Sam, aggrappato a lui, singhiozzando.
“E invece lo scorderai, Sam, io non permetterò che tu te lo ricordi finchè vivrai..” diceva Dean e dentro di lui pensava:
John, maledetto bastardo..bastardo..
 
Quella notte, dormirono abbracciati, mentre Dean sussurrava a suo fratello parole di conforto e dolci paroline di affetto, quando si fu calmato, Sam cominciò a baciarlo, dolcemente, come a ringraziarlo.

Dean, piacevolmente confuso, ricambiò i baci, ma non si spinsero oltre.
Non quella sera.
 
 
 
 
*
Purtroppo Sam continuava a ripensare a quel fatto, non riusciva a toglierselo dalla testa e questo portò problemi anche a scuola ad entrambi i ragazzi.

Non c’erano stare disparità di trattamento fino a quel momento, ma cominciarono ad esserci.

Dean trascurava i suoi doveri di tutore della solaresca, per stare attaccato a Sam e pensare ai suoi bisogni, dimenticava spesso di portare dei compiti corretti alle classi, o le autorizzazioni per le gite, o di dire delle cose ai bidelli, Sam d’altrocanto dimenticava di fare i compiti o di portare del materiale a scuola, dimenticava di studiare…
“Dimenticati un’altra volta che c’è un compito in classe e la prossima volta avrai una sospensione, ragazzino.” Diceva il professor Black, senza guardarlo.

E tutta la scolaresca, guardava Sam in cagnesco, perché non era mai successo che Black esonerasse un ragazzo dalle verifiche, con minacce vuote, infatti era già la seconda volta che Black minacciava Sam di farlo sospendere e ad oggi non aveva avuto neanche una misera nota sul registro.

Sam, forse per non guardare le occhiate di traverso dei suoi compagni di scuola, prese un libro dal suo zaino che si era portato dietro e iniziò a sfogliarlo, aumentando le occhiate su di lui.
“Non si possono leggere libri in classe!” disse un’oca dietro di lui.

“Sì, beh, devo pur passare il tempo, mentre voi fate la verifica.”
“Qui a qualcuno viene permesso di fare il cavolo che vuole.” Commentò un altro più avanti.
 
Black aveva storto il naso ed era uscito, stufo delle occhiate trise di rimprovero che leggeva negli occhi degli studenti.
 
Anche Dean se la passava male ed era consapevole che cominciavano a sparlare anche di lui e del fatto che svolgeva male i suoi compiti, ma non gli importava, gli dispiaceva solo per il preside, Albert, che cominciò ad attirarsi le critiche di tutti, accusato di predilezione nei confronti di Dean.
 
“Da quando abbiamo sciolto la squadra di calcio per inserire il football, quel ragazzo è impegnatissimo ad allenare la squadra di football da cui suo fratello da poco è entrato e svolgono entrambi un ottimo lavoro, alla prossima partita vedremo scintille e sarà tutto merito di Dean e di suo fratello.”

Ad onor del vero, entrambi i fratelli convennero che il preside aveva una gran faccia tosta, per mentire spudoratamente in quel modo e liquidare così le maldicenze.
 
 


Per quanto riguardava Sam, era come se fosse ancora alla ricerca della sua identità, ma questo, sembrò avvicinarlo di più alla cerchia dei loro amici, pur non staccandosi da suo fratello.
 
Un giorno, camminando per strada, incontrò Marika.
Portava una borsa della spesa, abbastanza pesante.
“La prendo io.” Disse Sam, sorridendole.
“Non è necessario, Sam.” disse lei.

“Ci sono dentro due bottiglie, ti spezzerai la schiena, faccio io.”
“Ma anche per te saranno pesanti!”
“Uhhh che paura..io sono un uomo, ragazza!”
 
Fu una giornata inaspettatamente piacevole.

Sam lasciò che Marika parlasse e si sfogasse con lui.
Lei gli raccontò del profondo amore che sentiva per suo fratello minore Castiel.

Di come sentisse che avesse solo lui al mondo, perché la loro madre era assente e il loro padre era scomparso anni fa.

Di come si sentiva debole e fragile quando scoprì che forse il suo vero padre, comunicava con lei attraverso un appartamento magico invisibile e di professione faceva l’ipnotista di vite passate.
 
Ormai Sam aveva portato la borsa a casa sua e si erano diretti verso il parco a chiacchierare, sedendosi su una panchina.

“Forse è uno dei pochi legami che mi restano e io non ho approfondito la cosa, ho lasciato semplicemente che le cose accadono…non l’ho fatto neanche conoscere a Cas, questo fa di me una persona orribile?”

“No..solo una ragazza molto spaventata.” Disse Sam, sorridendole. Le disse che non doveva sentirsi in colpa, ma solo lasciarsi trasportare dal cuore, il solo fatto che lei provasse sentimenti tanto nobili, significava che la strada era giusta.

Marika alla fine lo aveva abbracciato e gli aveva detto che per lui era come un altro fratello.
E che l’aveva aiutata tanto.

Sam tornò a casa, sentendo il cuore più leggero.
 
 
 
*

Un’altra volta, senza sapere cosa lo spinse, andò a casa di Clère e gli disse:
“Ti va di fare una corsa insieme?”
Si diressero verso un campo sportivo e fecero un sacco di giri in tondo, correndo. Corsero per quasi un’ora, alla fine, erano entrambi sudati e ansimanti.

“Adesso che le nostre menti sono sopraffatte dalla stanchezza e i nostri cuori possono parlare più a briglia sciolta, posso dirti quello che volevo dirti da tanto tempo. Non ti odio per aver amato Dean, Clère.”

Clère alzò lo sguardo, verso di lui, stupita, ma ancora provata dalla corsa.

“Tieni.” Disse Sam, passandogli una bottiglietta d’acqua. “Spesso le persone che ci passano lungo il cammino, sono speciali per noi, servono a unirci come a un filo invisibile, a volte le cose non vanno come immaginiamo e pensiamo di aver sprecato il nostro tempo, ma non è così, è solo che non riusciamo a vedere il disegno nascosto e vorremmo una strada diversa da quella che il destino ha scelto per noi.”
Clère non sapeva dove Sam voleva andare a parare, ma gli piaceva il suono delle sue parole.

“Quello che tu hai vissuto, ti ha permesso di vivere altre emozioni, ti ha permesso di conoscere me, che ti sto dicendo queste cose, forse era qui il destino che ti voleva portare, e forse tu e Dean non siete l’amore della vita dell’altro, ma ciò non toglie che era un legame che il destino ha scelto per voi, solo che non era quello che pensavate.”

“Sam, io non sono più innamorata di tuo fratello..”

“Penso che ci innamoriamo un po tutti della felicità che si prova ad essere legati a qualcuno, io credo che esistono innamoramenti diversi e di diverse entità, se tu non avessi conosciuto Dean, per esempio, avresti mai scoperto di far parte della cerchia? Forse no.”

“Io..non sono sicura che ne faccio parte, infatti..” disse Clère.

Parlando,erano usciti dal capo sportivo e si erano diretti in piazza, vicino alla fontana, si sedettero su di essa e Sam gli sfiorò gentilmente le dita e fu allora che accadde.
 
Una donna con un’armatura guerriera camminava a fianco di un ragazzino con i capelli castani, minuto.

“La vergogna che tu provi adesso che stai realizzando che forse ti sei sbagliata su mio fratello, può trasformarsi in perdono, se tu glielo permetti, credimi.”
“Ti diverte così tanto studiare i pensieri altrui? Allora dovresti fare il veggente.” Ribattè acida la ragazza.

“Quando la gente invoca gli dei di perdonarli, loro dicono sempre una cosa, che il loro perdono non è l’unica fonte da cui possiamo attingere, perché Se riusciamo a perdonarci l’un l’altro, forse riusciremo a perdonarci a vicenda.” Disse il ragazzo. (Citazioni dal telefilm Reign)

La ragazza si fermò, sentendo brividi di freddo.

“Io..non verrò mai perdonata dal male che ho fatto.” Disse lei.
“Se non permetti a te stessa di perdonarti, nessuno potrà farlo.”
 
Clère si riscosse da quella visione, stupefatta.

“Hai visto qualcosa?” le chiese Sam, stringendole le mani.

“Sensazioni di passioni violente, che duravano poco, che usavo per distrarmi dall’oscurità che sentivo dentro di me…” disse Clère.

“Raccontami. Io ti ascolto.” Disse Sam.
 
 
 
*

CASTIEL 




Una mattina, Sam si accorse che Castiel aveva saltato il pullman per andare a scuola, trovandolo che vagava per la strada sconsolato.
“Cas, salta su, dai, ti diamo un passaggio.” Disse Dean.

Il ragazzo rimase sbalordito e i due fratelli si resero subito conto che dopo quello che era successo con Ruben, pensava che non gli avrebbero più voluto rivolgere la parola. Faceva loro un po' di tenerezza.

“Grazie tante ma non ho voglia di andare a scuola e poi non siete già in due su una moto?”
Sam sorrise.
“Se sta per scendere l’apocalisse sulla Terra, cosa vuoi che sia, andare in tre su una moto?”

“Ma potrebbero arrestarci!” disse Castiel, ma era già montato sulla moto, dietro Sam.

Sam gli sorrise radioso, non aveva contatti con altri maschi che non fosse suo fratello Dean, Cas gli piaceva, non come ragazzo, certo, ma avvertiva delle vibrazioni positive venire da lui.
 
Trovarono una tavola calda dove mangiarono due cheeseburger a testa.

“Dacci dentro, Cas, paga Dean!” rideva il minore.

Dean li sfottè, ma li lasciò fare, era così contento di vedere Sam ridere, che avrebbe fatto cento di giornate cosi, in tre su una moto. Pure di notte!
“Vado a prendere i milkshake.” Disse Dean, la scusa per lasciarli soli.
 
"Sai, Sam...non credevo che...insomma, a dire la verità, pensavo che non voleste più parlare con me....sai, dopo quello che è successo con Ruben..lo avrei capito..beh, mi avrebbe fatto SOFFRIRE, ma l'avrei capito.." disse Castiel triste.

"LUI ti rende felice?"

"Cosa??" chiese lui stranito.

"Lui ti rende felice?"

"Io...beh...è troppo presto per...però..quando sto con lui, il cuore mi batte a mille..quindi..suppongo di sì.."

"Allora è ABBASTANZA." disse Sam.

Cas lo guardò stupito.

"Senti, Cas...mio fratello...ecco..so che può sembrare strano.." disse all'ultimo momento, schermandosi, come se si fosse reso conto all'ultimo secondo di cosa si stava lasciando scappare. "Lui è il centro del mio mondo..e se qualcuno mi dicesse che NO POSSO stare con lui..non ascolterei nessuno.."

Sam si chiuse nel silenzio, trangugiando la sua bibita, forse pentito di essersi lasciato scappare troppo, mentre Cas restava ad esaminarlo.

In quel momento tornò Dean.

"Ehi, di cosa state parlando che rende rosso mio fratello?" scherzò Dean.

"Parlavamo di Ruben.." disse subito Sam.

"Peccato non essere tornato dopo.." disse subito Dean.

"E di TE." disse Cas malizioso e ridacchiando nel notare lo stesso rossore e disagio sul volto di Dean.

"Belle parole spero." Scherzò il maggiore, mentre il minore gli lanciava un'occhiata di scuse.

"Mi stava dicendo che è felice che Ruben mi renda felice... e una serie di parole sdolcinate sull'impossibilità di stare separato da te.." disse Cas.

"CAS!!"

Dean cominciò a ridere istericamente. "In effetti non potrebbe. Sono talmente divertente..lo sfinisco a suon di barzellette. Ma non cercare di cambiare discorso. Parliamo di quel giuda del tuo ragazzo."

"DEAN!!!"

"Anche Sam è divertente, non trovi anche tu? Questa mania di ripetere sempre il mio nome...è così divertente!" disse lanciandogli un'occhiata maliziosa che intendeva ben altro. Sam nascose la faccia nel suo bicchiere, mentre Cas li guardava malizioso.

"Cas, mi stai ascoltando??"

"Sì, ehm..cosa stavamo dicendo?"

"Parliamo di Ruben..di certo non mi piace, ma ammetto che è stata DIVERTENTE quella scena all'ospedale..se mi prometti che ce ne saranno altre così, potrei pure trovarlo simpatico e darti il nostro benestare."

"Dici davvero? Non ce l'hai con noi per avervi nascosto questa cosa per svariati giorni, allora?" chiese Cas.

"Non più di tanto. Con Sam ne abbiamo parlato e...cavalieri di un altro mondo? Ci sta che si è spaventato..che ti sei spaventato anche tu...solo..non possiamo permetterci altri segreti tra di noi..non con VOLDEMORT che non vede l'ora di invadere la Terra.."

Cas si mise a ridere.

“Tuo fratello è stupefacente, lo sai? Vorrei averlo io un fratello così.” Disse Cas.

“Hai una sorella che ti ama molto.” Disse Sam dolcemente.
Cas si incupì.
“Sì, ma non credo lei mi capisca. Dopo che ha saputo che con Ruben abbiamo nascosto di essere dei cavalieri anche noi, si è arrabbiata molto. Dice che sono un irresponsabile e che Ruben è pericoloso..dice anche che ora che abbiamo nascosto a tutti la nostra identità e il fatto che non è risultato dall'AMBROSIA, tutti ci guarderanno con sospetto. Mi tratta come un bambino.”

"In effetti il fatto che non siete stati collegati all'Ambrosia è strano.." disse Dean.

"Sì, ma adesso che ne dite di parlare di cose più leggere? Rimandiamo le congetture divine ad un altro momento.." disse Sam.

"Sì, però...credete che i professori ci perdoneranno? L'ultima volta sembravano davvero arrabbiati.."disse Cas angosciato.

"Beh, loro non possono proprio permettersi di rimproverare nessuno, visto che sono i primi a nascondere chi sono." disse Sam con saggezza.

"Ma in fondo che possono farvi? ESPELLERVI? Se fosse, vi farebbero un regalo.." disse Dean.

"Dean! Sei sempre il solito!" disse Sam.

"Comunque, se non possiamo parlare del lato tragico della COSA..parliamo di pettegolezzi, avanti..ti ricordi cosa ti dissi tempo fa?"

“Quindi..ti piace Ruben, wow..”
“Io..spero di non averti creato disagio..scusami se..”

“No, no, no, guarda che io non ho nessun problema con..le persone che amano le altre persone del loro sesso, ANZI, sono felice che ci stiamo avvicinando ad un paese sempre più globale, che non fa differenze, se proprio devo dirtela tutta, amerei quando arriveremo al punto che non si etichetteranno più le persone con i termini gay, lesbiche, eterosessuali..ma che semplicemente si dica amo un uomo , o una donna..”

Castiel l’aveva abbracciato a quelle parole, lasciando Dean senza fiato.

“Grazie, Dean.” E subito Castiel aveva sciolto l’abbraccio, Dean incontrò i suoi occhi e ci vide dolore e occhi lucidi, e li sentii attraverso di lui, come se glieli stesse trasmettendo, capì le parole che non gli disse. Castiel non credeva che sarebbe mai venuto quel giorno, però aveva apprezzato tanto che l'aveva detto. Dean capì anche questo e si sentì connesso tramite una rete magica con quel ragazzo.

“Comunque, con Sam, ci siamo avvicinati, quando ho cominciato a parlargli di Ruben..ma scusami, Dean, tu sei preoccupato per lui e io non dovrei romperti con queste lagne.”

“No, no, no, raccontami pure, Cas, mi aiuta a distrarmi e poi sono davvero curioso. Sai, sono un po comare dentro.” Gli fece l’occhiolino. “State insieme? Gli hai detto cosa senti?”

“Io…NO..ecco..sono molto timido..e non mi sono mai dichiarato a un ragazzo prima d’ora..io..non so..penso di non piacergli..Sam mi spinge a fargli capire..ma..ecco..lui è così BELLO..e affascinante..perchè mai dovrebbe..e poi forse non gli piacciono nemmeno i ragazzi..e se non mi volesse neanche più come amico, se io..non voglio rischiare..insomma..”

“Ma lui ti ha fatto capire che gli piaci? Come si comporta con te?”
“è molto fisico con me..mi abbraccia..ma..io temo sia per lui come un fratello..niente di più..”

Dean, ripensando a Sam, era arrossito furiosamente.
“Tutto bene, Dean?”
“S-sì, tranquillo, perché?”
“Sei bordeaux.”

“Io..forse Sam mi ha attaccato la febbre.” Ma si pentì di averlo detto, perché le vampate di caldo aumentarono.Si fece aria.
“Sam pensa che tu piaci a Ruben? Mi fido dei suoi giudizi.”
Castiel sorrise.

“Secondo lui sì, ma pensa anche che sia inavvicinabile e che abbia dei segreti..”
“No, intende ALTRI tipi di segreti..non so..è solo una sua impressione..”
“Mmm..beh, io fossi in te, approfitterei del fatto che siete gli unici, a quanto sembra, a non aver intrecciato nessun filo a nessuno di noi durante il rituale dell’ambrosia.”

Castiel si accigliò. “In che modo questo dovrebbe aiutarmi con Ruben?”

“Non capisci? È come se faceste parte di quel mondo ma allo stesso tempo ne foste fuori, avete una cosa in comune, gioca su questo, fate teorie insieme.”
Cas sorrise.

“Sei troppo macchiavellico. Io non ci avevo pensato.”
“Perché sei troppo angelico.” Disse Dean malizioso.

“Nessuno di noi due però vuole pensarci, è una cosa che ci fa male.”
“Cosa?? Perché mai?”
 
Castiel si alzò in piedi.
“Ci fa sentire come se fossimo gli unici NORMALI tra di voi, ci esclude dalla vostra cerchia.”

“Questo non è vero.” Disse Dean alzandosi anche lui. “Albert dice che non è detto che per forza voi non c’entrate con noi, il fatto dei sogni prova che c’entrate, forse semplicemente non siete collegati direttamente a noi, forse i fili si occupano principalmente di intrecciarsi a chi viene considerato dall’altro come a un famigliare.
Castiel ci pensò su.

“Forse hai ragione, Dean, ma forse dobbiamo anche cominciare a pensare all’ipotesi che, avete condiviso il vostro segreto, con dei semplici umani che non c’entrano nulla con voi.”

C’era tristezza nelle sue parole, Dean lo percepiva, ma non voleva credere che fosse così.

“Io non lo credo, Cas, e non dovresti crederci neanche tu. E poi, normale? Le cose che mi hai detto oggi, non fanno di te una persona NORMALE, ma straordinaria. Adesso riesco a capire perché tua sorella Marika è così tanto affezionata e legata a te.”
Cas sorrise.

“è così apprensiva. Comunque sappi che l’amicizia che mi lega a Sam, vale anche per te, Dean..sentitevi liberi di dirmi tutto, davvero.”

E Dean si sentì un po male,sì, perché Cas aveva una sorella, e quindi era quasi certo che non poteva confidarsi con lui sul fatto di amare proprio un fratello. Sam.

Sapeva che sarebbe stata una cosa da mettere in conto una volta che avrebbe amato Sam, ma ora che aveva conosciuto Cas e si era sentito riscaldato dalla sua stima, non immaginava che l’idea che un giorno avrebbe potuto provare schifo, se avesse saputo di loro, potesse ferirlo a tal punto.

Capì che più ti affezioni alle persone, più soffri, perché stai continuamente con la paura di deluderle e quando questo accade, muori un po anche te.
 




"Dean! Avevamo detto che avremmo parlato di cose divertenti!!" disse Sam.

"Questo è divertente!! Eh, Cas? Come mi hai fatto fesso...mentre parlavi e sembrava DAVVERO che eravate gli unici estromessi dalla cerchia!!" disse Dean.

"Ehi!! In realtà ero sincero..a mio modo..il mio turbamento per voi che lo pensavate, era REALE."

Dean scoppiò di nuovo a ridere.

"Lo sapevo che non sei per niente angelico!"

"Adesso sono IO quello TURBATO. Insomma, tutte queste smancerie e questa confidenza, pensavo le riservassi a ME." disse Sam.

"Scusa, Sam, ma ci ho ripensato...Dean è più affascinante di te!" disse Cas, facendo scoppiare a ridere Dean che applaudì a più non posso.

"Ah, è così, eh?? Lo dirò a Ruben!" disse Sam.

E da li, partirono altri racconti, la maggior parte delle cose, Sam le sapeva già, ma fu lieto di farlo sfogare. Cas ripetè anche a Dean i contorni di quella notte, quando trovò il coraggio di affrontarlo e poi si baciarono. Dean e Sam concordavano con il fatto che avrebbe voluto farlo già il giorno che lo attese fuori dalla scuola.

"In effetti era così.." ammise Castiel.

Alla fine parlarono davvero di argomenti più leggeri e alla fine il discorso tornò su Marika.

Castiel provava un affetto incredibile per sua sorella, ma erano distanti, lui sperava che lei si aprisse con lui, ma non succedeva e quindi lui non lo faceva con lei.

Avrebbe voluto dirle per esempio di questo grande fuoco che sentiva per Ruben, ma si tratteneva, perché.. pensava fosse una cosa troppo superficiale da dire, con l’apocalisse che incombeva sulle loro teste.

“Cas, se senti di volere tua sorella più vicino, diglielo, se cerchi la compagnia di Ruben, fallo, ma fallo davvero, se le nostre azioni sono sincere e giuste, non verremmo mai respinti, credimi, se senti che quello che provi, è giusto, fallo, perché se le tue azioni non corrispondono ai tuoi pensieri, la gente li sentirà come contrastanti e se ne terrà alla larga, dimostra quello che vuoi davvero con i fatti, e tutto andrà bene.”

“Sentitelo, potrebbe fare il filosofo.” Disse Dean.
 
 
 
 
*

Un pomeriggio, Sam si avviò alla casa di Ruben, per andare a prendere il suo quaderno di appunti e lo trovò intento a riparare una macchina.
“Prendilo pure, Sam, è nell’armadio.” Disse, senza voltarsi.

“Mi piace quello che stai facendo, posso farlo anch’io?”

Ruben mollò tutto e venne fuori dalla macchina per fissare Sam.

Era caduta la notte, avevo abbandonato i miei utensili.. (Cit Piccolo Principe )

“Ma sei impazzito?? Guarda che non è un gioco.”
Sam gli sorrise.

“Sai, mio padre lavorava aggiustando macchine per un periodo..e mi ha insegnato..sosteneva che era molto meglio aggiustare macchine che i cuori, perché le macchine puoi cambiare una vite e un bullone e sono come nuove, ma alle persone per togliergli la sofferenza, non puoi cambiargli il cuore.”

“Non è necessario, non è così importante..”
Sam sbuffò.


“Manchi da scuola da vari giorni per fare questo, sembra che lo è. Lascia che ti aiuti, a me fa piacere.”
Ruben, nonostante fosse un po' a disagio, lo lasciò fare, anzi lo fecero insieme.
 
Quando, un’ora dopo, si fermarono, Ruben lo ringraziò sentitamente stringendogli la mano.

Era la prima volta che lo facevano e Sam ebbe modo di constatare quanto cambiano le persone quando ti avvicini al loro mondo.
“Mi sento in colpa per averti trattenuto in una cosa del genere, con tutte le cose che avresti potuto fare, sei stato qui sotto una macchina sporca e puzzolente a sporcarti di fuliggine..”
“Anche tu.” Disse Sam.
Questo colpì profondamente Ruben.

“Beh, io..diciamo che riparare le cose, mi fa sentire bene..”

“Ma questa macchina quando sarà finita, non potrà darti più nulla..il bello e il brutto delle cose inanimate è che ci danno gioia perché possiamo usarle per sentirci bene, ma loro non ricambiano..”
“Che cosa stai cercando di dirmi, Sam?”
Sam si avvicinò a lui.

“Non so qual è la tua oscurità, Ruben, ma non lasciare che ti annienti e ti isoli dalle persone che ti vogliono bene. Castiel mi ha parlato di te, ti vuole bene e cerca la tua compagnia, non respingerlo.”

“Lui..è un ragazzo così puro..io ho il terrore che stando con me..possa sporcarsi..così..” disse Ruben, guardando le sue mani sporche di fuliggine.

Era talmente straziante che Sam lo abbracciò, sentendolo tremare.

“In questo modo decidi solo tu per lui e non è giusto, devi lasciare che sia lui a decidere se vuole starti accanto.”
E dicendo così, se ne andò.
 
 
 
 

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Capitolo 46
*** Conferme che uniscono di più ***


Sam non riusciva a farsi una ragione della piega che avevano preso gli eventi da quando suo padre aveva parlato della sua vera madre, erano i primi di dicembre e decise di andare all’ospedale a richiedere il test del dna.

Siccome voleva farlo all’insaputa di John, decise di chiedere a Dean di farlo.
Avrebbero fatto un test di consangueiità tra fratelli.
Dean era però restio.
“Non mi piace fare questo tipo di esame, mi mette a disagio..” disse Dean contrariato.
Sam capiva perché. Un conto era scherzarci su, trovare la cosa eccitante quando si baciavano o facevano altro, ma fare un TEST..era come avere un pezzo di carta che testimoniava quanto quello che facevano, era sbagliato.

“Dean, sai che io…mi serve questo..”
“Andiamo, Sam..dove credi che sei nato..dal cielo?” cercò di scherzare Dean.
“Io non ci scherzerei troppo su, dopo tutto quello che abbiamo passato.” Disse Sam cupo.

Dean sospirò. “D’accordo, lo faccio solo per te!” disse il maggiore.
 
 
 
*

Il test rivelò che Dean e Sam erano fratelli da parte di padre.
“Sei contento adesso?” chiese Dean scocciato.
“Non completamente.” Disse Sam, mentre tornavano a casa di Mary, che era andata un weekend da una amica. “Manca una cosa.” disse Sam, chiudendo  a chiave la porta di casa e spingendolo languidamente sul divano.
“Sam?? Credevo che..”

“Cosa?? Credevi che mi sarei tirato indietro una volta scoperto che siamo imparentati?” chiese languido il minore, cominciando a baciarlo.
Dean ricambiò sospirando sulle sue labbra.

“Mi vuoi solo perché sono tuo fratello? Me lo ricorderò questo.”
Sam rise. “Sono contento di sapere che sei mio.” disse e il cuore gli battè più forte.

Dean gli mise una mano sul petto,sentendo i battiti.
“Tu saresti mio anche se non fossimo legati dal sangue.”
“Basta. Oggi parli troppo. So io come farti smettere.” Disse Sam, abbassandogli i pantaloni.

Dean rise. “Che fai? No, sul serio, che fai?” chiese ancora più preoccupato.

“Voglio dare una svolta al nostro rapporto.” Disse Sam, inginocchiandosi e chinandosi su di lui.
Dean gemette.
“Non sei costretto.”

“Ma non vedo l’ora..di sentire il sapore della tua pelle sulla mia bocca.” Disse Sam.
“Che poeta..Sam..” disse più sentito.

“Sì..dillo ancora..adoro quando lo dici..” disse Sam.

“Sam..” ripetè Dean, ma non fece niente per fermarlo.
Quando finì, Sam sperò di essere stato sensuale e non troppo impacciato, anche se era la prima volta, Dean era stato diviso tra il piacere e la preoccupazione di costringere Sam in qualche modo.

Nella foga di alzarsi, successe il patatrac.

“Oddio! Oddio! Oddio! No! Oddio! Oddio!” disse Dean in preda al panico, cercando maldestramente di pulirlo, con l'unico risultato di fare peggio, mentre Sam rideva a crepapelle.
“Secondo te basterà una sola lavatrice, Dean?”

“Stai zitto, per l’amor di dio, non voglio neanche pensare a cosa direbbe papà, se..oh mio dio!”
Sam fece le fusa addosso a lui.
“Questo succede perché ho un fratello maggiore che non sa contenersi.”

“Cosa?? Ma se mi sono contenuto fino a che ho potuto, per non rischiare che...”
Sam rise, baciandolo sulla bocca.

“Sapevo che ti eri trattenuto. Non devi farlo mai più.”
“Cosa??”
“Voglio sapere cosa si prova mentre...” Gli disse Sam respirandogli sulla bocca.

“Sam, non è il caso di scherzare..” disse Dean, ma lo tirò più stretto a sé.

“Vuoi che ricambi il favore?” gli chiese Dean. “Mmm..no..no..”
“Perché no? Potrebbe piacerti!”

“Perché voglio stare abbracciato a te..” disse Sam, facendo le fusa.

Dean si ammutolì all’istante, stringendolo un po di più.
 
 
I fratelli non immaginavano che presto sarebbe arrivato un altro terremoto per via di John.






















mi scuso per tutto l'ingarbugliamento della storia xd cerco di sbrogliare la matassa, ma arrivano sempre cose nuove xd

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Capitolo 47
*** La chiave ***


Quando John tornò a casa, chiese spiegazioni su cosa ci facevano all’ospedale, visto che aveva trovato la moto di Dean parcheggiata li sotto, ma poi non era riuscito a raggiungerli.

Quando gli avevano raccontato cos’erano andati a fare, perse la testa e distrusse il salotto, mettendolo a soqquadro.
“SMETTILA, PAPÀ, SMETTILA, LO STAI SPAVENTANDO!” urlò Dean.

“Perché sei così arrabbiato?? Il test ha stabilito che siamo fratelli! Che sei davvero mio padre!!” disse Sam.

John sembrava sconvolto.
“Il test…ha stabilito..che io..”

“Ma tu sembri sorpreso!! Ancora!!” gridò Sam.

John si passò una mano sui capelli e poi disse che era deluso del fatto che avevano messo in dubbio le sue parole, molto deluso, poi uscì dalla porta, sbattendola.
 
Dean era sconvolto.” Sarai contento adesso.” E si rinchiuse in camera loro.

Sam voleva raggiungerlo, ma la reazione di John l’aveva turbato molto.

La voglia di indagare tornò.

Si mise a cercare nuovamente il diario di John, poi uscì, salutando di sfuggita Dean, dicendogli che andava da Castiel.

Era l’unico maschio che aveva al momento, voleva un po di solidarietà.
 
 

Tanis 12 secolo. Uno dei fondatori dei monaci dei dar.

Il loro unico scopo era quello di essere difensori della chiave.

La chiave non è descritta in nessun testo conosciuto. Le richieste parlano di un’energia vibrante a una frequenza dimensionale, oltre la normale percezione umana. Solo coloro al di fuori della realtà, possono vedere la sua vera natura.

La chiave è suscettibile alla negromantica evocazione animale, i monaci hanno la capacità di trasformare l’energia e plasmare la realtà, i monaci riuscirono a portare a termine l’impresa, ma dovevano esser certi che il semi dio, l'avrebbe difesa con la vita, così gli inviarono la chiave, sotto forma umana, nei panni di suo fratello.



Castiel e Sam erano seduti su un playd in salotto, mentre leggevano quell’estratto, scioccati.

Il moro si voltò verso Sam, che era scovolto.
 
 
 
Erano le 20:00.

John era tornato a casa e insieme a Dean, stava mangiando in sala da pranzo.
Sam entrò nella stanza, il biondo quando lo vide, impallidì.

“Oh mio dio..”
Sam, aveva le braccia aperte, tenendo in una mano, un pugnale, sulle sue braccia colava del sangue.
Lo sguardo era vitreo.

“Questo è sangue?” chiese Sam.

“SAM!” gridò Dean. “Perché l’hai fatto?” gli domandò, togliendogli il pugnale.

“Sangue vero, giusto? Ed è mio, quindi..non sono la chiave.” Disse Sam con gli occhi lucidi.
Dean guardò da Sam a John, in stato confusionale.

“Non sono una cosa.” diceva ancora Sam.

“Tesoro, ma che stai dicendo?? “ disse Dean spaventato, mettendogli le mani sul viso. “Papà, che stai facendo! Non restare li impalato, Papà, aiutami!”
John era come paralizzato.

"Voglio sapere chi sono! Sono vero? Sono qualche cosa??""chiese Sam, mentre la sua faccia si deformò in una smorfia di pianto e Dean lo attirò a sé per abbracciarlo, mentre lui scoppiava in lacrime.
 






















Note dell'autrice: 

allora ragazzi! Sarete sconvolti adesso xd l'estratto dove si legge della chiave, è in parte preso dall'episodio di Buffy, 5 x 13 xd così come i dialoghi finali di Sam, erano quelli di Dawn! La sorella di Buffy!
Non so se avete mai visto il telefilm, ma quelle parti erano la parte top del telefilm xd cosi come tutta la trama xd
vi dico, era già da un po, che pensavo di voler andare a virare da quella parte! xd 

Ora c'è solo da decidere una cosa, se Sam è arrivato in questo mondo già da ragazzo, o da neonato, e se dargli una "madre" o no, a voi cosa piacerebbe?
Spero vi sia piaciuta la svolta! Povero Sam, continuo a farlo soffrire xd

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Capitolo 48
*** Il racconto di John ***


Dopo che Sam crollò in quel modo tra le braccia di Dean, sprofondò in una febbre profonda.
Il maggiore lo guardava preoccupato, seduto sul letto, di tanto in tanto gli accarezzava qualche ciocca di capelli o gli tracciava uno zigomo sul viso con il pollice.

“Non so se gli da fastidio..” disse Dean, rivolto al padre, che lo guardava sulla soglia della porta, demoralizzato. “Non so se le persone che hanno la febbre, non desiderano essere toccate. Io non ho mai avuto la febbre.”

“Ce l’avevi.” Disse John all’improvviso facendolo sobbalzare. “Durante i tuoi primi mesi di vita..ti svegliavi e spesso avevi la febbre, allora io mi alzavo e ti cullavo, per far riposare Mary, non volevo che si affaticasse, delle notti ti portavo fuori con la macchina, per farti addormentare..era il sistema migliore..ti è sempre piaciuto viaggiare..”

Dean restò un attimo a immaginare John che lo prendeva tra le braccia e lo cullava o lo portava in macchina per farlo dormire. Scosse la testa.

“Credevo fossi sparito subito dopo la mia nascita..” a dire la verità sua madre non era stata molto specifica sui dettagli e lui non li aveva mai chiesti.

“Per qualche mese siamo stati una famiglia..poi..” la voce di John si spense.

Dean sospirò rumorosamente. “Comunque non importa adesso, vieni, dobbiamo parlare.” Disse Dean uscendo dalla stanza.
 
 
 
Dean si sedette sul salotto del soggiorno e cominciò il discorso.

“Papà, non ho intenzione di cominciare una scenata, non con Sam che al piano di sopra, sta così male, ma ho bisogno che tu mi dica tutta la verità adesso. Sam prima di svenire, ha parlato di una certa chiave. Ha detto qualcosa sul fatto che lui lo è, e qualcosa mi dice che non è inteso in senso metaforico. Devo chiedertelo, tu sai di cosa lui sta parlando? Mi hai nascosto qualcosa che devo sapere?”

John lo guardò profondamente e capì che era giunto il momento di smetterla con le bugie.
“Va bene, Dean, ti dirò tutto, ma prima è meglio che vada a prendere una cosa. “

John si diresse verso l’armadio del salotto, fece solo due passi per prendere quello che gli interessava.
Il suo diario.



“Quello..che cos’è?” chiese Dean, nella foga di vedere Sam con le braccia coperte di sangue, non aveva neanche notato che avesse appoggiato quel diario sul mobile e di certo non avrebbe mai pensato che fosse collegato a John.
“Il mio diario. “ disse John.

“Ora ricordo.” Disse Dean, ricordando all’improvviso. “Ce lo fecero vedere gli agenti quando arrivarono a casa nostra” e subito impallidì. “Hai scritto di Sam su quelle pagine e…oh mio dio, hai scritto qualcosa che lo ha ferito in quelle pagine?” poi si ricordò cosa Sam aveva detto.

“Non sono una cosa.”
“Hai detto che Sam non è umano, in quelle pagine??”

“Credo che Sam abbia letto una cosa in particolare. Il pezzo sulla chiave. Ecco, leggi anche tu.” Disse John calmo.
 
Tanis 12 secolo. Uno dei fondatori dei monaci dei dar.

Il loro unico scopo era quello di essere difensori della chiave.

La chiave non è descritta in nessun testo conosciuto. Le richieste parlano di un’energia vibrante a una frequenza dimensionale, oltre la normale percezione umana. Solo coloro al di fuori della realtà, possono vedere la sua vera natura.

La chiave è suscettibile alla negromantica evocazione animale, i monaci hanno la capacità di trasformare l’energia e plasmare la realtà, i monaci riuscirono a portare a termine l’impresa, ma dovevano esser certi che il semi dio, l'avrebbe difesa con la vita, così gli inviarono la chiave, sotto forma umana, nei panni di suo fratello.

Dean quasi si sentì male a leggere quell’estratto. Si sentì iperventilare e la pressione abbassarsi.

“Dean. Dean, stai bene??” gli chiese John.

“Non toccarmi!!” disse Dean, mettendosi la testa tra le mani. “Come..come..cosa diavolo è questo??” non stentava a capire ora, la reazione spropositata di Sam. “Una notte feci un sogno, qualche tempo dopo la nascita di Sam. In questo sogno camminavo in una caverna e leggevo queste scritte su una parete. Quando mi sono svegliato, le ho trascritte.”

“Cosa significa la parola CHIAVE?” chiese Dean.
John scosse le spalle.

“Chiave per la salvezza, o per l’accesso al mondo del male, delle tenebre. Nelle mani sbagliate, può fare del male, credo voglia dire questo, credo che Sam nella sua vita precedente, fosse questo, ovviamente non una CHIAVE nel senso vero del termine, ma comunque un mezzo che alcune persone volevano usare per giungere a un fine.”

“Qui dice che l’hanno mandato, che significa?” chiese Dean ancora turbato.
 
John sospirò.

“Qui arriviamo alla vera storia della nascita di Sam, che è molto..particolare. Non è nato per metodi..tradizionali, diciamo.”

“Stai dicendo che è caduto dal cielo?” chiese Dean, scettico.

“Non proprio. O forse sì. Diciamo che è nato tutto con una sensazione. Hai presente quando nasce un’idea, Dean? Il momento in cui nasce e poi si radica dentro di te, talmente forte che è impossibile quasi che tu riesca a liberartene, cresce, si sviluppa dentro di te, non ti abbandona mai..”

“Non è il momento per la filosofia, papà..” disse acido Dean.

“Non è filosofia..è la realtà. Per me fu così. Da un giorno all’altro, cominciai a sentirmi strano, come se non fossi più solo al mondo, ma operassi per qualcosa di profondo, migliore, la sensazione che hai quando senti che stai creando QUALCOSA. La stessa sensazione che ti viene, quando scrivi una storia che ti piace o dipingi un quadro molto bello. Creazione. Questa era la sensazione. Questa parola cominciò a martellarmi in testa per molto tempo, ero come ossessionato dal significato di questa parola, cominciai ad affascinarmi a qualsiasi cosa che ne impregnasse il significato. Con il tempo diventai più sensibile, più..profondo, mi sentivo cambiato.”

Dean stava ad ascoltarlo chiedendosi dove volesse andare a parare.

“Con il tempo, cominciai a pensare sempre di più all’idea di avere altri figli..mi sentivo pentito di aver abbandonato te e Mary, volevo tornare indietro..ma una voce nei miei sogni mi disse che per me c’era uno scopo più GRANDE. Mi ritrovai in poco tempo a desiderare di stringere un pargolo tra le mie braccia, di avere una famiglia, mi sentivo cambiato. DENTRO.”

“Papà..che cosa c’entra tutto questo con SAM?” chiese Dean.

“Un giorno, mi ritrovai in un vicolo, c’era un neonato raggomitolato dentro una cassetta con un mucchio di vestiti. Sbiancai, lo presi tra le braccia e sentii una voce dal nulla.  John Winchester questo è tuo figlio. È arrivato da te grazie ai tuoi geni, prenditene cura, perché non è nato nello stesso modo tradizionale degli altri umani. Lui è SPECIALE.”

Dean lo guardò allibito, poi si alzò in piedi e scoppiò a ridere.
John lo guardò senza dire una parola.



“Aspetta, quindi tu sosterresti di essere come la vergine Maria?? Tu avresti..creato Sam, dal nulla, senza fare sesso e tra l’altro, senza nemmeno partorirlo?? Wow, papà!! Credo che questo sia il record dei record!”

“Questo non è uno scherzo!!” Disse John alzandosi in piedi.

“Certo che non lo è!!!” urlò Dean. “Non ho mai sentito una tale massa di stronzate tutte insieme, Sam sarà pure la –chiave – qualunque cosa voglia dire, ma DEVE AVERLA una madre da qualche parte! Tu sicuramente hai messo incinta una che non ha voluto il bambino e non hai avuto il coraggio di dire a Sam la verità!!”

“E allora se è come tu pensi come mai la vera madre non si è mai fatta avanti con me? Spiegamelo! Come mai io mi sono sentito dire nel cervello che Sam non era nato tramite mezzi tradizionali??” gridò John.
“Vi prego, smettetela.” Disse Sam.
 

Sobbalzarono entrambi. Da quanto tempo Sam stava ascoltando?
“le vostre voci soavi si sentono fin da sopra, io comunque credo a papà, Dean. Ho sempre saputo di essere strano, diverso.”
“Sam..” lo richiamò Dean.

Sam non si scompose e riprese il diario e lesse:

“Da quando mio figlio  Sam, è finito in coma, ho vissuto un inferno durato DUE ANNI. Ora si è risvegliato e mi sono reso conto che l’inferno non è mai finito, ma si è ESTESO. Mi hanno portato via il mio ragazzo e ora mi hanno riportato indietro una specie di  replicante. Non so chi sia, ma questo non è mio figlio. È un ESTRANEO. Tutto di lui simboleggia come non faccia parte di questo mondo.

“Perdonami, figliolo, per aver scritto quelle parole!! Non avrei mai dovuto scriverle. Tu non sei un replicante, sei sempre stato mio figlio.” Disse John, cominciando a piangere.

“Tu hai sempre saputo che ero diverso..forse in un primo momento lo hai accettato e mi hai amato proprio come un vero padre, ma poi dopo il coma..forse realizzasti che non ero davvero figlio di questo mondo..ma comunque mi hai sempre protetto..sapevi che presto o tardi mi sarebbero venuti a cercare..Dean..non so come faceva a saperlo, ma lo sapeva, è stato guidato da qualcosa..avrebbe potuto abbandonarmi e non l’ha fatto..non sarà stato il migliore dei padri ma ha cercato di fare il possibile..” disse Sam.

John scoppiò a piangere e lo abbracciò.
Dean si era calmato ma nonostante ciò, era ancora perplesso.

“Sam..abbiamo fatto il test di consanguineità, non è emerso nessuna stranezza sul tuo sangue, altrimenti ce lo avrebbero detto..quindi..”

“Questo non vuol dire niente, se mi hanno inviato a te, se chiunque l’ha fatto, voleva che fossi tuo fratello, è evidente quindi che dovessi avere gli stessi geni tuoi..e di mio padre…Dean..papà..io non so se questo dimostra che ho anche una madre..ma..dimostra che comunque..anche se non sono nato con i mezzi tradizionali..sono parte del vostro nucleo famigliare..quindi non sono una cosa, vero? Vero?”

John e Dean cominciarono a riempirlo di parole rassicuranti, che Sam non sentì, perché ebbe un altro capogiro, questa volta fu John a sostenerlo.

“La febbre sta salendo di nuovo.” Disse John.
Lo sollevò e lo portò su, tra le braccia, salendo le scale.
 
Dean guardò John portare su per le scale, suo fratello, sentì un’emozione violenta sovrastarlo. Era così dolce vederlo mentre si occupava di suo fratello, sentiva che non era gelosia, ma orgoglio, noostante fossero stati separati, nonostante John avesse sbagliato a non dirgli mai niente, sapeva ora, aveva la certezza, che Sam era cresciuto con l’amore di un padre.
 
 
 
Dopo che Sam fu rimesso a letto, Dean sentì che Sam faceva il suo nome e stava per raggiungerlo, ma John lo fermò per un braccio.
“Prima vieni un attimo, voglio dirti due parole ancora.”
Quando scesero giù in salotto, John si schiarì la voce.

“Dean, voglio prima di tutto dirti che mi dispiace infinitamente di averti nascosto tutto questo, adesso so che non avrei dovuto, ma qualcosa mi diceva che non era giusto caricare tua madre e un bambino ancora piccolo, di una cosa così grande, sulle loro spalle, inoltre ritenevo che meno persone sapessero di Sam, meglio era. Per la sua sicurezza e la loro."

“Capisco, papà..cioè adesso lo comprendo..” disse Dean. “L’altra cosa?”

“Beh, ecco, se vuoi dirmi o rinfacciarmi ancora qualcos’altro, ti pregherei di faro ora, mentre Mary non è ancora arrivata, ha saputo che Sam sta male e ha voluto precipitarsi subito per tornare a casa, vorrei evitare di intavolare discussioni con lei presente per non appesantire l’atmosfera. Sam sta male e non deve stare in una casa con della gente che ha della tensione. Non gli fa bene.”

“Okay, papà, sarò sincero con te, quello che ho saputo..non mi piace tantissimo..da una parte ti ho capito e ho capito perché hai nascosto tutto..ma dall’altra parte..quell’estratto di cui parli nel diario.. diceva così: dovevano esser certi che il semi dio, l'avrebbe difesa con la vita, così gli inviarono la chiave, sotto forma umana, nei panni di suo fratello.  Il semidio, papà, ti rendi conto?? Se questa storia, fosse vera, significherebbe che io sono…il figlio di un Dio..”
 
John restò li a guardarlo desolato.

“Capisco il fatto di Sam, ma tu come hai potuto non dirmi niente neanche su questo?? Potrei essere addirittura figlio del preside della scuola o del suo amante! Sinceramente non so quale delle due idee crea in me più sgomento. Da quanto tempo sai di questa storia e ne parli con loro?”

“Da poco..io..ascolta, Dean..non ho giustificazioni per come mi sono comportato..ma avere un figlio..un ALTRO..in questo modo..mi ha sconvolto così tanto..che non ho dato così tanto peso alla parola “semidio” non avevo pensato che sarebbero potute essere delle persone che tu avresti conosciuto più avanti..”
“Ma LORO sanno di questa cosa?”

“No.” rispose John. “Albert mi ha rintracciato telefonicamente, raccontandomi tutta la questione solo di recente, è stato anche questo che mi ha spinto a TORNARE, l’ha fatto solamente perché le cose sono peggiorate velocemente, ovviamente io gli ho accennato che avevo intuito che Sam non facesse proprio parte di questo mondo, ma non abbiamo avuto tempo di parlarne. Era nostra intenzione farlo quando sono tornato ma poi..con tutta questa storia dell’esplosione e di Alastair, ancora non ne abbiamo avuto il tempo..”
Dean si passò una mano sulla faccia.

“Dean, credimi, non pensavo che la parola –semidio-avesse un tale significato su di te, Albert mi ha detto che lui e i suoi colleghi erano delle specie di divinità,ma non ho mai pensato all’idea che tu potessi essere figlio di uno di loro..e anche adesso, ti dico di andarci cauto, potrebbe non essere come tu pensi, non vorrei che tu ti illudessi…” disse John, posandogli le mani sulle spalle.
 
Ma la mente di Dean andò più indietro, a quando Albert e i suoi colleghi fecero bere loro l’ambrosia, a tutti quanti loro. Il suo filo si intrecciò a quello di Albert. Rabbrividì.

“Sei sicuro che sia la verità e che tu non mi abbia invece non detto niente perché non volevi pensare all’idea che fossi figlio di un altro?

Non l’aveva detto con lo scopo di ferirlo, tuttavia John si rabbuiò in un primo momento, poi tornò a guardarlo con dolcezza.
“Figliolo, mi credi davvero capace di una bassezza simile? Così crudele?”

“Io non so più a cosa credere..ma non ti sto accusando..te lo sto solo chiedendo..” disse Dean.

“Tu rimarrai sempre e comunque mio figlio, nonostante in un’altra vita eri figlio di un altro..e anche Sam sarà sempre mio figlio..per riuscire ad accettare tutto quello che ci sta capitando, dobbiamo far fronte comune per capire che dobbiamo andare aldilà degli schemi della normalità e oltrepassare quelli del tempo e della materia. Dobbiamo restare UNITI.”

“Non credevo che fossi così saggio..” disse Dean, asciugandosi gli occhi. “Papà, c’è una cosa che volevo dirti..”
“Dimmi, figliolo.”
Dean esitò.

“Vederti con Sam..come ti prendi cura di lui..mi fa capire che..insomma io penso che..se è davvero stato mandato da qualcuno..sono davvero contento che l’abbiano mandato da te..mi piace pensare che..non sono stati loro a mandarlo da te..ma sei stato tu a trovare lui..e davvero, sono contento che abbia trovato te come padre, ho visto l’amore che gli dai..e sono..”

“Oh, figliolo..” disse John, abbracciandolo.
Dean singhiozzò tra le sue braccia.
“Il mio solo rimpianto è che non sia cresciuto anche tu con me, con noi..mi dispiace tantissimo..e ti confesso una cosa..”

“Cosa?” chiese Dean districandosi dall’abbraccio e tirando su con il naso.

“Non sapevo che il tuo padre precedente potesse essere di qui, ma se lo avessi saputo..sarei stato un po geloso..” disse John.
Dean gli tirò un pugno scherzoso sul braccio.

“Adesso vado da Sam.” disse Dean.
 
 
 
 
*

Mary era finalmente arrivata e si era precipitata a vedere Sam.
Dean avrebbe preferito che non lo facesse, temeva che potesse tornare ad agitare Sam, considerati i precedenti, ma Mary sembrava davvero cambiata.

Si era seduta sul letto che il minore occupava e gli accarezzava teneramente la mano, guardandolo dolcemente, parlandogli con la stessa dolcezza ma senza suonare invadente.
John guardava i due e sentiva gli occhi lucidi.

Lasciò la stanza che Dean lo sentì mormorare “è così bello vederli insieme…forse ho sbagliato davvero tutto…”

Dean capiva il dolore e i rimorsi di John, ma pensava anche che le cose erano andate così, perché il DESTINO VOLEVA che le cose andassero così. Chissà perché, nel disegno del destino era necessario, che John li abbandonasse e che facesse il suo percorso di vita.

Forse tutto quello che era accaduto, compreso l’abbandono della famiglia, era servito a portare Sam da loro. Forse era destino che John dovesse essere da solo a crescere Sam, forse era solo un’altra prova da superare.
 
Quando anche Mary lasciò la stanza di Sam e Dean, andarono nella camera matrimoniale di Mary e Dean si mise a chiacchierare con la madre sulla vicenda.

Vederla con Sam, vederla trattarlo come se fosse anche lui suo figlio, l’aveva colpito profondamente, si era ricreduto su di lei.

“Mamma, mi dispiace così tanto di esser andato via di casa..” diceva.

“Non devi dispiacerti..è stata colpa mia..vi ho spinti io..” disse lei tenendogli la mano. “Non riuscivo ad accettare che certe cose potessero accadere davvero, men che meno alla mia famiglia..sono stata debole..ma adesso, adesso, voglio esser forte. Adesso capisco. Sì, capisco, quanto siete entrambi SPECIALI.” Disse accarezzandogli i capelli.

“Mamma..” disse Dean, abbracciandola.
 
Dean avrebbe voluto che la discussione durasse di più, ma il cellulare vibrò.
Un messaggio di Castiel.

Dean, Sam è uscito sconvolto da casa mia per una cosa che ha saputo, dimmi che sta bene, sono molto preoccupato, non mi risponde ai messaggi.

Dean corrugò la fronte. E così Sam era con Castiel quando è accaduto tutto il patatrac.

Si era scordato di dirlo, supponeva, capiva il fatto, ma era comunque grave, se Cas non fosse stato degno di fiducia, avrebbe potuto andare a spifferare questa cosa cosi importante a chiunque.
Gli telefonò subito.
 
“Cas, ascolta, è successo un casino tremendo, Sam è a casa con noi e ha la febbre. Se vieni a casa, ti spiego tutto di persona.”

Castiel si era precipitato da Sam.
Il maggiore aveva assistito alla preoccupazione di Castiel per il suo fratellino ed era rimasto impressionato. Era commovente come i due ragazzi si prendessero cura a vicenda.

Quando Castiel era tornato e aveva cominciato a parlare con Dean della questione, mentre il moro rifiutava la fetta di torta alle ciliegie che Mary gli offriva, Dean si sentì di dirglielo.

“Cas, la tua presenza qui significa molto per me e per Sam..volevo,sì, insomma..dirti grazie.
Cas smise di parlare, per guardarlo basito.

“Mi stai ringraziando per essere vostro amico??”

“So che può sembrare strano, ma Sam, ha avuto una vita così dura..e solitaria…non ha altri, eccetto me, e John.. e tutta questa storia..l’ha distrutto..da che ne sapevo io, non ha mai avuto un amico maschio, oltre a me..e penso che questo..sì, insomma, avere un altro maschio eccetto un fratello, con cui sentirsi legato, sia insomma..bello, per lui...e confesso che imparando a conoscerti, non ti vedo più soltanto come amico di Sam..ma un po' anche mio...se questo non ti dispiace, ecco.”
Castiel si sentì un po’ imbarazzato, ma sorrise.

“Grazie, Dean..anche per me sei un amico...siete entrambi miei amici e non devi ringraziarmi..per me è normale essere qui. Sam è un ragazzo meraviglioso, sono certo che se è rimasto solo fino adesso, è solo perché pensava di essere troppo sbagliato, per poter stare assieme agli altri, senza che accadesse una tragedia.”

Dean ripensò all’incidente che lo portò in coma e di come Sam si sentisse responsabile di aver quasi rischiato la vita dei suoi amici e un brivido lo colse lungo la schiena.
“Certo, questo è innegabile..” concordò Dean.

“è talmente meraviglioso che tutti lo amerebbero.” Continuò Cas.

“Anche..tu..?” chiese Dean, ansioso. Cercò di non lasciar trasparire la sua ansia ma dovette leggerglisi in faccia, visto che Castiel gli sorrise in modo compassionevole.
“Intendi in modo malizioso o puro?”

“In tutti i modi. Sappi che a me andrebbe bene comunque.” Disse Dean, ma non lo guardò in faccia, guardava per terra e sentiva un’oppressione al petto talmente forte che si sentiva quasi svenire.

“Dean, respira.” Disse Cas sorridendo, fu in quel momento che Dean si accorse che stava trattenendo il respiro. “Sam non mi interessa in quel senso, è meraviglioso, certo, ed è anche un bel ragazzo..ma..a me piace Ruben.
 
"Già...scusa, la mia mente cerca sempre di rimuoverlo!" disse Dean.

"Dean.." sbuffò Castiel ma guardandolo divertito.

"Scusa, scusa. Ci proverò, davvero, ma anche lui dovrà dimostrare di essere degno di fiducia, il nostro *cavaliere oscuro *. "

"Sono sicuro che ci proverà, Dean..eravamo FRATELLI..nell'altra vita..come lo siete voi adesso..ti dice NIENTE??"

Dean si era alzato in piedi, sulla difensiva.

"Che cosa intendi dire?"

"Solo che io salvai lui, come tu hai salvato e salverai sempre tuo fratello. L'AMORE, Dean..l'amore per i nostri fratelli, li salverà."

Dean si avvicinò alla vetrina del salotto e stappò uno spumante.

"Brindo a questo." disse, alzando il calice, cercando di non pensare al fatto che Castiel, non per la prima volta, gli dava l'impressione di sapere su lui e Sam. molto più di quanto dava ad intendere.

Intanto, passarono i giorni e la febbre di Sam non accennava a diminuire.

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Capitolo 49
*** Sam e Mara ***


Un paesaggio con i colori sfumati, con le foglie arancioni e i colori tiepidi sui marciapiedi.
Come quelli di un sogno..

“Scusi, signore, mi può dire dove siamo?” chiese Sam.

“A Parigi, giovanotto.” Disse l’uomo.

Gli occhi di Sam si allargarono nello stupore.

Parigi. La città dei sogni…
 
 
“Perché la febbre non scende?? Non è normale! Dovremmo portarlo all’ospedale!” diceva Dean, mentre guardava Sam, ancora febbricitante a letto.

“Questa non è una normale febbre, Dean.” Diceva Albert.
Avevano deciso di portare Sam a casa del preside, per cercare di trovare una soluzione al problema.

“Cosa? Cosa intendi dire?” chiese Dean. Erano passati al tu già da un bel pezzo.

“Secondo i miei pareri, sono i poteri magici di Sam a indurre la febbre, sta cercando qualcosa, all’interno della propria mente..e non avrà pace finchè non l’avrà trovata.” Disse Albert.
 
 

Parigi è così bella..
È esattamente come me l’ero immaginata..

Non pensavo di aver fatto tanta strada..
Non pensavo mi avrebbe portato qui..
 
Sam salì sul’autobus davanti a lui e vide una bella donna, bionda, con i capelli ondulati, la guarda. ( ha le sembianze della mamma giovane di Sam e Dean )
La donna sembrò impallidire alla sua vista.

“Signora, mi sa dire che ore sono?”

La donna emise un piccolo grido, poi le tele per dipingere, che teneva in mano, caddero.
Sam le raccolse.

“Bei disegni.” Disse, notando il ragazzo raffigurato nei quadri.

La donna continuò a guardarlo sorpresa.
 
 
Poco tempo dopo, furono a casa della donna, che si mise a cucinare un ottimo sugo nel suo lussuoso loft, mentre Sam guardava la lussuosa vetrata da cui si vedeva Parigi.

“è da tanto che vivi qui, Mara?

“Sì, mi piace vivere a Parigi! E tu, Sam?”

“Oh, io…vengo da tanto lontano..ma tu parlami ancora..di questi disegni..” disse Sam, sfiorandone la superficie.

“Oh, ti piacciono? Ti assomiglia, vero?” chiese la donna dolcemente, si era fatta una codina molto graziosa e aveva addosso una cuffietta buffa a fare da cornice.

“Chi è, Mara?” domandò Sam.

“Non lo so, Sam..continuo a disegnare quel ragazzino, in realtà non l’ho mai visto in vita mia..”

Poi si voltò, guardandolo stranita.

“O forse dovevo ancora incontrarlo..”
 
 
Giorno 2

“Sam!! Mi sei venuto a trovare a scuola!!” disse Mara raggiante, gettandogli le braccia al collo.

“Wow, che fai? Potrebbero vederti.” Sorrise Sam, imbarazzato.

“Oh, i miei alunni sono abituati alle mie effusioni con loro, penseranno che sei mio figlio.”
Sam si irrigidì.

“O mio nipote, “ aggiunse lei, per non metterlo in imbarazzo.
“Mara, io non sono tuo..”

“Hai visto i miei disegni più recenti? Ti piacciono?” chiese lei  a bruciapelo.

“Sì. Ho trovato particolarmente affascinanti quello del ragazzino con la slitta e quello dove beve una cioccolata su una panchina del parco.”

“Ma anche quello dove sta seduto sul pavimento a giocare alla playstation su un playd, non è male!” trillò lei vivace.

“Ho notato una cosa..questi disegni sono bellissimi ma..il ragazzino è sempre…solo..non c’è nessuno con lui..” disse Sam.

“Forse è perché..non sono mai riuscita a capire da dove venisse..a chi appartenesse questa immagine che da sempre mi compare davanti..” disse Mara, esitante.
Sam si irrigidì di nuovo.

“Che cosa ne dici di farmi un po a cavia, eh, Sam?” gli chiese lei, carezzandogli una guancia. “Ti renderesti disponibile per farmi da modello e far avverare queste fantasie? Saresti la mia ispirazione, renderemo reali questi disegni, vieni con me a prendere una cioccolata su una panchina o..o sulla neve..così magari io riuscirò anche a..”

“Non posso farlo.” Disse Sam a bruciapelo.
Mara ci rimase male.

“Perché no?” domandò tristemente.

“Perché il ragazzino è solo, è stato sempre solo e niente potrà cambiare questo.” disse Sam.

“Ma..Sam..io..” disse la donna, cominciando a piangere, ma Sam era svanito.
 
 
 
 
Giorno 1 di nuovo.

Era notte e Mara stava viaggiando con la macchina, fino  a quando non vide un ragazzo, attraversargli la strada.

“BLOODY HELL.” Imprecò, frenando bruscamente.
Aprì la portiera della macchina, guardandolo.
“Ragazzino, ragazzino, stai bene??”

Sam tremava vistosamente abbracciandosi le spalle.

“Qualcosa mi ha richiamato..” disse lui tremando.
 
 
 
Poco più tardi.

“Tieni, sta attento che scotta. Ti piace la cioccolata, vero?”

“Con tanto latte, si, mi piace dolce.” Disse Sam, sbuffando, sul divano, raggomitolato tutto in una coperta.
Mara sorrise.
“Come a me.”

“Allora, adesso me lo vuoi dire cosa ci facevi tutto da solo in mezzo alla strada, di notte? Dove sono i tuoi genitori?”

Sam guardò Mara fissa negli occhi in un modo che la fece arrossire.

“Tu disegni?

Mara fu perplessa.
“Cos..no, perché me lo chiedi?”

Sam si sentì pizzicare qualcosa agli occhi, se li coprì con le mani, per non far sgorgare le lacrime, ma soffocò un singhiozzo.
“Io..ho detto qualcosa che non va? Sam..”

Gli tolse delicatamente le mani dal viso  e vide le lacrime rapprese agli occhi del ragazzino.
“Perché piangi?” gli chiese.

“Noi viviamo la vita costellata di illusioni, che crediamo reali..e invece non è così..Tu – non – disegni..

Mara avvertì un’emozione intensa salirgli alla gola fino ad arrivarle agli occhi, li sentì pizzicare. Si alzò in piedi, si voltò, non capiva perché quel ragazzino la faceva sentire così.

“Perché non ti chiami Trish?” le chiese.

La ragazza spalancò gli occhi e si voltò, ma il ragazzino era sparito.
 
 
 
“Dean, solo tu puoi risvegliarlo. Con i tuoi poteri.” Diceva Albert.
“Io..io non so come fare!!” diceva Dean.

In quell’istante, il corpo di Sam, svanì, tra le bolle, facendo spaventare tutti, visto che erano arrivati anche Clère. Alisea e Marika.

“SAM, SAAAAAM!” gridò Dean, insieme ai genitori.

La visione di Sam che spariva in quel modo, era assolutamente agghiacciante.
Albert prese per le spalle Dean e lo fissò duramente.

“Tu e tuo fratello siete connessi telepaticamente. Devi cercare di riportarlo qui da noi, Dean, o rimarrà per sempre intrappolato in un’altra dimensione e lo perderemo per sempre!!”
 






















Note dell'autrice: scusate che interrompo così ma è stato un capitolo molto difficile xd
Lo voglio dire come incitamento anche a chi magari qualche volta pensa di non riuscire a scrivere o andare avanti.
SFORZATEVI.
Credetemi se aspettate che mi viene l'ispirazione o un lampo di genio potete aspettare cento anni xd la cosa migliore per ispirarvi, 
è SCRIVERE, non avete idea di quanto cambiano i capitoli quando li metto su inchiostro, rispetto a quando li immagino solo xd

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Capitolo 50
*** L'amore di Dean è la strada? ***


Sam si ritrovò in mezzo alla strada, in mezzo alla pioggia e in pochissimi secondi, si ritrovò anche bagnato fradicio. Inzuppato.
Una macchina frenò bruscamente.

“Mara, ma che ti prende??” chiese un uomo, al lato del passeggero.
“Io..io..ero convinta di aver visto..un ragazzino..” disse lei sconvolta.

“Un ragazzino? Non c’è nessuno qui, Mara, vieni dentro.” Disse l’uomo spingendola dentro la macchina.

Sam, nascosto dietro un muro, piangeva, mischiando le lacrime alla pioggia.
 
 


*

Sam…Sam puoi sentirmi..? Riesci a sentirmi?

“Dean!! Oddio, dove sei?” chiese Sam, piantando i palmi delle mani sui vetri della metropolitana.
Sam, grazie al cielo mi senti!!

“Dean…io non so dove mi trovo..” disse Sam, piangendo.
Va tutto bene, Sam, devi solo tornare da me..

Io non so come fare…  disse Sam, parlando anche lui telepaticamente.

Devi volerlo, Sam..devi solo volerlo..è la tua mente che ti ha portato via..non vuoi tornare qui, da me, dai tuoi amici..dai nostri genitori?

Io volevo solo ritrovare la mia mamma..
E l’hai trovata?
Sam si asciugò gli occhi.

Non voglio parlarne..
Sam, ti prego, torna da noi.

Non so come fare..Dean ti prego, non odiarmi..io..non so più chi sono..

Sam, no, tesoro, ti prego, non devi arrenderti, non..
 

Era inutile il contatto telepatico si era interrotto.
Si era voltato verso gli altri, con voce strozzata.

“Credo che Sam non voglia tornare indietro. L’abbiamo perso.”

Era distruttivo per Dean pensare che Sam avesse voluto, anche se inconsciamente, allontanarsi da lui, lasciarlo.
La cosa faceva semplicemente troppo male.

“Dean, ascoltami..devi fare leva sul vostro legame.” Disse Albert, prendendolo da parte.

“Ci ho già provato..ma non ha funzionato.” Disse Dean, provato.

“Forse la magia può aiutarti in questo.” disse Albert.
Dean lo guardò fisso.

“Sono pronto a qualsiasi cosa per riavere mio fratello indietro.”
 
Albert gli trasferì qualcosa di magico all’interno del suo corpo.

Dean si sentì scosso da qualcosa, un fludo magico corporeo che non sapeva definire.
Ma non era spiacevole.
“Cosa senti, Dean?” chiese Albert.

“Io..la sensazione è..bella..come se..come quando..”

“Come quando ti senti amato.” Disse Albert per lui.
Dean arrossì e annuì.

“Questo, Dean, è l’amore che provi per tuo fratello.”
Dean lo guardò e diventò bordeaux.

“Io..ehm..non mi sento..a posto..a parlare di quello che provo per mio fratello..” disse Dean.

“Ma devi sperare che lui lo capisca e lo senta comunque, figliolo.  Questa è la strada.”
Dean lo fissò basito.

Il suo amore era la strada?
 






















Note dell'autrice: i capitoli corti sono dovuti dal fatto che quando faccio soffrire Sam, muoio un po anche io. Purtroppo sono esigenze di trama
Ciao. 

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Capitolo 51
*** L'amore di Sam ***


Erano i primi di dicembre e Sam sentiva freddo, tanto freddo, con la faccia appiccicata a quella metropolitana.
Per fortuna aveva dei soldi con sé e aveva potuto salirci, perché si la metropolitana, esisteva.

Ora capiva che quello che aveva vissuto fino a poco fa, era un SOGNO.

Ma adesso? Adesso era in qualche modo più reale..o forse stava sognando ancora?
No, era vero stavolta. In qualche modo era dentro il sogno.
Oppure..oppure aveva raggiunto il sogno in cui era prima?

Quindi si era trovato davvero a Parigi? Quella era davvero la sua mamma?
Lacrime di commozione rigarono la sua faccia, quindi solo con la sua forza di volontà, era riuscito a raggiungerla?
Lei viveva davvero a Parigi?

Anche lei aveva sognato lui o era stata solo una cosa unilaterale?
L’avrebbe riconosciuto, se l’avesse incontrato dal vivo?

Delle fitte allo stomaco lo fecero piegare. Si tenne le mani su di esso, mentre qualcuno all'interno della metropolitana. gli chiedeva se stava bene.
Ma lui riusciva a pensare solo a una persona.

Dean….Dean…

Quanto stava soffrendo in quel momento?

L’aveva visto sparire sotto i suoi occhi, probabilmente adesso lo stavano cercando..

Il maggiore probabilmente stava pensando che non lo amava più…
Come aveva potuto lasciarlo?

Quale che fosse la sua sofferenza, non avrebbe MAI, MAI, MAI dovuto lasciare la casa, quel letto.
Lui.
 
Lui, suo fratello, il suo destino, la sua maledizione.
E benedizione insieme,
Il suo regalo.

Dean probabilmente pensava che era Sam il suo regalo.
Piombato in una giornata estiva come sceso giù dal cielo, come una meteora.
Un ragazzino spaventato che scappava nei boschi..
Che aveva bisogno di protezione, amore, conforto.

Non riusciva a spiegare, a identificare, cosa fosse per lui Dean.
Ma ora che non c’era..gli mancava anche l’aria.

Dean…

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Capitolo 52
*** La magia ha funzionato! ***


Avviso: volevo avvisare a tutti che nella parte finale, dove c'è la telepatia di Dean, Dean pensa ma non parla, nonostante ciò non me la sono sentita di cambiare le frasi in corsivo, non sono riuscita a capire se per pigrizia o perchè esteticamente pensavo di fare troppo casino ahha
Comunque Dean comunica solo telepaticamente :))




Per Dean era difficilissimo tutto quello che stava vivendo.
Davanti agli altri ragazzi, davanti al preside, a Black, a suo padre, aveva dovuto mascherare i suoi sentimenti, aveva dovuto cercare di non far trasparire la delusione per il fatto che la coscienza di Sam, aveva desiderato lasciare tutti per cercare sua madre, perfino lui.

Dean cercò in tutti i modi di non sentirsi assurdamente come se fosse stato abbandonato. C’era molto più del suo ego ferito in gioco. C’era la VITA di Sam, non erano in uno stupido romanzetto d’amore, dove l’amore viene messo al primo posto. Sam era ferito, era deluso, era stanco e ferito e non sapeva cosa faceva, se l’avesse saputo non avrebbe MAI, mai e poi mai, agito come aveva fatto. Non avrebbe mai scelto spontaneamente di scomparire in un mucchio di bolle per andare a cercare qualcuno che non sapeva neanche se ESISTEVA.

Sam aveva ricevuto la più grande scarica di elettroshock che un ragazzino della sua età poteva ricevere, si era sentito dire che non era MAI NATO, perlomeno non in maniera tradizionale, doveva essere terribile da assimilare, se fosse capitato a lui, non sapeva come avrebbe reagito.
Perciò tutto doveva passare in secondo piano, anche come si sentiva lui al riguardo. Sam aveva bisogno di lui, che lo riportasse a casa, al sicuro.

Albert gli aveva detto che anche se fosse riuscito a mettersi in contatto telepatico con Sam di nuovo e gli avesse detto di ritornare, era probabile che non ce l’avrebbe fatta, perché anche se parte di Sam voleva TORNARE, la sua parte incoscia era appena SCAPPATA da tutta quella situazione e riportarlo li sarebbe stato difficile, il suo inconscio avrebbe lottato con tutte le sue forze.
 
“Che cosa devo fare, allora??” chiese Dean disperato.

“Dovresti provare a cercare di portare Sam, in un posto che non conosce.” Aveva spiegato Albert.

“Ma..se lo porto in un posto che non sa come è fatto, come fa ad andarci??” chiese Dean sempre più confuso.

“Ma tu lo visualizzerai per lui, Dean.” Spiegò Albert pazientemente. “Lo visualizzerai per lui e cercherai di portarlo grazie alla tua visulaizzazione, sarà sufficiente che tu sappia di cosa si tratta, l’unica cosa che devi ottenere da Sam è la sua fiducia, devi convincerlo che deve fidarsi di te e che deve accettare di andare da qualsiasi parte tu voglia.”
“E lui accetterà? L’inconscio non dovrebbe mettersi in mezzo?” domandò Dean.

“No, se Sam non ha presente il luogo da cui non vuole andare, nemmeno l’inconscio è capace di sottrarsi a questo punto.” Disse Albert semplicemente.
 
Dean provò a pensare a un posto che lui conoscesse, che Sam non ne era al corrente, ma non gli veniva in mente niente, era stato cosi tanto con Sam, in quei mesi.

L’aveva portato in tutti i luoghi che conosceva! Si tormentava la testa tra le mani.

“Io forse so di un luogo..” disse John. “è una baita su un fiume. È di mia proprietà.”

“Papà, ti ringrazio per il pensiero, ma io non ho idea di come sia questa baita!!” disse Dean esasperato, poi si voltò verso Albert. “Aspetta, posso farlo comunque? Funzionerà ugualmente?”

“Ne dubito, Dean, mi dispiace.” Disse Albert dubbioso.

“Ma con una foto si! Con una foto del posto, Dean saprebbe come è fatta la baita e dovrebbe riuscire a portare mio figlio laggiù!” disse John.

Dean si volse verso Albert che sembrò riacquistare la speranza.

“Potrebbe funzionare, si, ma ci vuole una foto.” Disse lui.

John tirò fuori il suo cellulare e mostrò una piccola foto nella raccolta.
 
Albert guardò la minuscola baita sullo sfondo.

“Dean avrebbe bisogno di un’immagine più GRANDE per imprimersi meglio l’immagine.” Disse Albert.

“Beh, si può ingrandire.” Disse John imbarazzato.
Black, sbuffò esasperato e con un cenno della mano, un fluido viola colpì il telefono.

“EHI!! CHE DIAVOLO FA AL MIO TELEFONO?”

“Stia zitto!” lo redarguì l’altro.

Dopo pochi secondi, dal telefono venne fuori una gigantografia stampata della foto.
John era basito e sconvolto.
Albert si voltò verso il suo uomo.

“I miei complimenti, Black, i colori sono perfino di una risoluzione migliore.”

Black gli sorrise compiaciuto. “Con la magia, ogni cosa è più bella, detto tra noi, non mi capacito di come abbiano fatto questi mortali a sopravvivere così tanto tempo, senza.”

“Beh, infatti, non lo facciamo, la nostra durata media è di circa 80 anni, escludendo le malattie, la carestia, la schizofrenia e..” cominciò Marika.

“Marika, smettila! Professore, ci sta insultando! Non gli dice niente?” chiese Clère.
“Come osi rivolgerti in questo modo a un Dio?” disse Black.

“Basta così, vi prego, non fatemi pentire di avervi chiamato. Dean, adesso ho bisogno che ti concentri su questa fotografia e che poi ti metta in contatto telepatico con Sam. Noi con i nostri poteri, cercheremo di aiutarti ma anche te devi fare la tua parte.”

Dean annuì. “Ok, sono pronto.”
 
 
 
 
*

Sam si sentiva disperato. Aveva perso completamente la connessione che aveva avuto con Dean e malgrado lo desiderasse, non riusciva né a tornare indietro, né a rimettersi in contatto con lui.

Dean!! Dean, dove sei?? Mi senti?? Ti prego, perdonami!! Io..io non voglio più stare qui! Non sarei mai dovuto venire qui! Perdonami! Voglio..voglio tornare da voi!” gridò.

Ormai era sceso dalla metropolitana e non si curava più di gridare.
Ho bisogno di te..
Disse, lasciando scivolare una lacrima.
“Sam!! Sam, mi senti??”

“DEAN! ODDIO SI, SEI TU, NON CI POSSO CREDERE!”

“Sam..”
“Oddio mi sei mancato tanto!!”

“Mi senti, grazie a d..ehm..ascolta Sam, sono qui in compagnia anche degli altri..” disse Dean per fargli capire di non essere troppo sdolcinato, era vero che stava pensando e non parlando, ma si sentiva comunque a disagio.

“Riportami da te, da voi! Dean..?”
La comunicazione si interruppe per qualche secondo.
“DEAN! DEAAAAN!” gridava Sam.

“Sam, m- mi tzzzzzz – dispiace tzzzzzz..”

“Che cos’è questo rumore di sottofondo, Dean?? È tutto ok?”

“è la comunicazione! Comunicare telepaticamente è come una trasmissione a basse frequenze, le frequenze si sentono male.”

“Forse un telefono aiuterebbe!” disse Sam, cominciando a pensare a come procurarsene uno. Forse una cabina telefonica?

“Sam, non abbiamo tempo, ascoltami, è essenziale che tu ti fidi di me, abbiamo trovato il modo di riportarti da noi.”
“Davvero?? E come??”

“Basta solo che tu ----tzzzzz basta solo che tu ti fidi di me, io penserò a un luogo, Sam, tu devi solo..fidaarti e seguirmi..”

“Un luogo? Dove?”
“Non è necessario che tu lo sappia.”
Sam ci pensò su.

“Dean, è una magia vero? Ma perché? Possiamo risolverla in una maniera più normale, basterà che prenda un autobus..o un aereo..e..”

“Sam, non hai soldi con te, credimi, è meglio cosi..e poi io…io non resisto senza di te..”
A Sam mancò il faito.
“Anch’io senza di te, Dean..”

“Allora fai come ti dico, ti prego..fidati di me..”
“Dean, ma..io mi fido..ma cosa devo fare per..” allargò le braccia come se cosi potesse raggiungerlo.

“Lasciati solo andare..fidati solo di me..”
“Si..si..”
Sam chiuse gli occhi e una sensazione d’amore fortissima lo avvolse.

Si sentì sollevare da terra ma non osò aprire gli occhi.

Sentì una luce sprigionarsi dal cielo ma ancora non aprì gli occhi.
 
 
“CHE COSA GLI STA SUCCEDENDO??” gridavano Clère, Marika ed Alisea in coro, guardando Dean, in ginocchio, venire investito da una luce gialla dal soffitto.

Dopo poco tempo, anche lui svanì.
 
 
 
*

“Cos’è questo posto…Dean…DEAN! DEAN!” gridò l’ultima volta il suo nome con enorme sollievo e gioia quando lo vide nella sala della baita.

Sam era in cucina e gli corse incontro, in braccio.
Dean lo sollevò.
“Finalmente ti ho ritrovato!” disse Dean.






















Note dell'autrice: per me è una cosa importante quindi malgrado lo abbia scritto all'inizio, lo riscrivo anche qui ahha xd riguarda la parte telepatica!
volevo avvisare a tutti che nella parte finale, dove c'è la telepatia di Dean, Dean pensa ma non parla, nonostante ciò non me la sono sentita di cambiare le frasi in corsivo, non sono riuscita a capire se per pigrizia o perchè esteticamente pensavo di fare troppo casino.
Sam invece, parla proprio, ho cercato di forzarmi a scrivere che anche lui comunicava nel pensiero ma non ci sono riuscita, non so bene perchè o.O 

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Capitolo 53
*** Facciamo l'amore! ***


Dean e Sam si erano addormentati.
Abbracciati, sul pavimento del salotto, stretti l’uno contro l’altro, in un abbraccio che sapeva di amore e disperazione, ma anche sfinimento.

Si, i due erano crollati, nel momento in cui si erano abbracciati, erano passati solo pochi secondi, prima che i due si addormentassero.
“Dean…” lo svegliò Sam con la più dolce delle carezze sulla guancia.

“Sam..? Mmm..che c’è, dove siamo?”
Sam rise. “Siamo ancora nella baita, stupido.”

“Cosa?? Davvero?? Oh, diamine, ci siamo..ci siamo davvero addormentati?? Non ci credo!” disse alzandosi.
Sam rise e gli tenne le braccia al collo.

“Forse il contatto telepatico e il teletrasporto, ci ha indebolito, ci ha sfinito.”

“Si, probabilmente è così.” Ragionò Dean. “Secondo te, quanto è passato?”

“Non lo so, ma mi è sembrato che da quanto non stavo più con te, fosse passata un’eternità. Dean, non mi sono reso conto di quello che ho fatto.” Disse Sam dispiaciuto.
“Non preoccuparti, non devi chiedere scusa.”

“Invece sì. Per ogni singola volta che tu ti preoccupi per me, sono piombato nella tua vita come un fulmine, te l’ho rivoltata da quando sono arrivato..tu non pensi mai..a quanto stavi meglio..prima che arrivassi?” gli chiese Sam, accarezzandogli i capelli.

“Sam..” disse Dean lentamente. “Prima che arrivassi, io ero più morto che vivo.”
Sam lo guardò stralunato.
“Cosa?”
“Davanti a mia madre, davanti a tutti, facevo finta di essere brillante, il ragazzo popolare..ma non ero felice..”

“ma Dean..da quando io sono arrivato..non ho fatto che metterti in pericolo..”
“Tu mi hai fatto scoprire cosa è l’amore, Sam..”
Sam lo guardò e il suo labbro tremò.
“D-Dean.”

“Sam…ti amo..” gli disse Dean, baciandolo dolcemente.
“D-Dean..facciamo l’amore..” disse Sam, mettendogli le mani sotto la maglietta.
Dean si bloccò.
“Sam, non sei ancora pronto..”
Sam rise.

"Sono prontissimo. Voglio che la mia prima volta sia con la persona che più amo al mondo.”

“Anche se è tuo fratello?”
“Soprattutto se sei tu.”

Un altro bacio, traboccante di amore e passione,


“Dio, cioè DEI, cioè..”
Sam rise di nuovo.
“Pensi che fossimo fratelli anche nell’altro mondo?” gli chiese il minore.

Un’ombra attraversò lo sguardo del minore, però, subito dopo. “O forse..forse nell’altro mondo non esistevo, forse sono stato creato solo qui.”

“Ah si? E quel flashback che hai avuto, in cui eravamo insieme in quel saloon?”
Sam si zittì. Se l’era dimenticato.

“Sam…ne abbiamo già parlato..ti ho confessato..cosa vidi in quell’appartamento dal psicanalista, giusto?” gli disse Dean.

“Sì..stavamo insieme..vorrei avere anche io queste visioni, Dean..”
“Quindi questo dimostra che tu sei REALE.” Disse Dean.

“Dimostra anche che come presenza fatta di CARNE, ho dei desideri.” Disse Sam, mettendogli la mano sotto la maglietta.
Dean gemette, lo prese in braccio e lo portò sul letto.
“Potrei farti male..non voglio..”

“E io invece voglio solo unirmi a te, in un modo indissolubile.” Disse Sam, tenendogli le mani sul viso.
“Ohh, Sammy..”


Sam gemette mentre Dean lo accarezzava con la mano, facendolo rabbrividire. “Spogliami. Spogliami.”

Dean lo fece e perse molto tempo ad accarezzarlo.
Sam si aggrappò con le mani alla sua schiena, aveva una schiena muscolosa, tonica perfetta.

“Sei perfetto..” disse Sam, toccandogli il torace e poi baciandolo nello stesso punto.

Dean ricambiò con una scia di baci a partire dal collo in giù.
 

Cominciò poi a sfiorarlo in quel punto lentamente, con venerazione. Sam si lamentò un po'.

“Non posso..non posso farlo così, Sam..” disse Dean, preoccupato.
“Schhh..” disse Sam, portandosi un dito indice alla bocca.
Prese la sua mano e la strinse.

Non sapeva neanche lui se avrebbe funzionato, ma dopo pochi istanti si materializzò un lubrificante.
 
Dean era basito.


Il lubrificante, senza nessun sostegno e vittima della forza di gravità, cadde a terra con un gran rumore.



Dean lo raccolse e poi se ne versò un pochino nella mano.
Rimase sconvolto.
“Ma che…CREMA?”
Sam ridacchiò.

“Non sapevo come dovevo immaginarmelo, ma penso vada bene. è una nuova versione.”
Dean intravide un'etichetta e notò una serie di parole colorite.
"Ho pensato che potrebbe aiutarti.." sghignazzò Sam.
“Stai giocando con il fuoco.” Disse Dean scuotendo la testa, ma sorridendo.
“Ok, ok, dammi la mano.”
“Sam, non funzionerà di nuovo.”
“Tu dammela!.”

“Sam..”
“Ti muovi o nooo?”

Si strinsero la mano e poi si materializzò un lubrificante vero.
“Questa volta hai lasciato fare a me.” disse Dean, sorridendo. Lo raccolse e poi se ne versò un pochino nella mano, pronto.

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Capitolo 54
*** Dopo aver fatto l'amore ***


Erano passate ormai diverse ore e John dalla scomparsa di Dean, aveva provveduto subito a mettersi in viaggio.
Ora era sulla barca, si stava aiutando con i remi.
Era faticoso.
Il remo non era molto maneggevole.
E stava cominciando a piovere.
 
 
 
 
*

“Rimaniamo così per sempre, ti prego. Ti prego.” diceva Sam, afferrandosi alle spalle di Dean, tenendolo più vicino.
“Sam, sei sicuro di volerlo?”

“Sì. Ti prego.” diceva ancora Sam, baciandolo di nuovo.

È così dolce…

Dio, quanto ti amo.. pensava Dean.

“Voglio fare l’amore con te per sempre. Solo con te. Per tutta la vita.” diceva Sam.
“Baciami, Sam, ti prego. Ne ho bisogno.”
Dean non sapeva se era stato lui per primo ad abbracciarlo, o fu Sam ad aggrapparsi a lui, ma continuarono a fare l’amore abbracciati, come a volersi fondere insieme.
 
 
 
 
*
John era zuppo dalla pioggia e anche un po dolorante per il lungo remare e la posizione scomoda, era sceso un vero acquazzone e fu complicato sistemare la barca a riva.
Non vedeva l’ora di riabbracciare i suoi figli, ma aveva come una strana sensazione, al riguardo.
Aveva quasi PAURA.
 
 
*


Fu un'esplosione di felicità senza eguali.

Non erano mai stati con nessuno prima d’ora. È sembrato come il Paradiso.
 
Un pensiero colse Dean. In quella baita non c’era riscaldamento, per forza, eppure la forza bruciante del loro amore, li aveva riscaldati di passione focosa.
 
 
*
La porta era socchiusa. John non seppe perché non li chiamò, ma successivamente si disse che qualcosa forse aveva sospettato, quando, vide i suoi figli, attraverso la porta socchiusa della camera da letto, stretti l’uno all’altro quasi a volersi fondere insieme.

Socchiuse la porta,allontanandosi.
 
 
Nell’istante in cui John si allontanò, i ragazzi sospirarono di sollievo
Dean sentì Sam sospirare, forse per la paura. Lo abbracciò e lo strinse più forte.
“Sta tranquillo, andrà tutto bene, Sam."
“Dean..se lui fosse entrato??” gli chiese Sam.
Dean cercò di non far trasparire a Sam, che stava tremando.
“Ti avrei protetto con tutte le mie forze.”
Equivaleva a dire che si sarebbe preso tutte le botte che gli sarebbero arrivate, pur di difenderlo, pur di non lasciare che toccasse Sam.
E Sam lo capì. Lo strinse più forte.
 






















Note dell'autrice: ciao ragazzi!! Allora, dalle recensioni scorse e anche messaggi privati, ho capito che non mi sono espressa bene nel descrivere le effusioni dei due fratellini LOL , loro non l'hanno fatto sul pavimento, ci tengo a specificarlo xd è stata colpa mia, per la fretta, non l'ho specificato a dovere xd
ovviamente anche qui, succede sul letto xd
non so perchè, ma sono sempre più in difficoltà a descrivere le scene di sesso! Una volta mi venivano meglio xd

Altra cosa: spero di aver descritto bene, o comunque in modo che si capisca, come erano posizionati Sam e Dean quando John li vede xd
Sam è sdraiato lateralmente, non con la testa rivolto alla testiera del letto e Dean è semisdraiato su di lui ma i piedi poggiano per terra! Mi piaceva tantissimo questa posizione post coito , ecco xd

Ora, come reagirà John a questo?? :ppp

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Capitolo 55
*** La reazione di John ***


Dean uscì piano dalla camera da letto, per dirigersi verso il salotto, dove, era consapevole che suo padre lo stava aspettando.

Non sapeva cosa dire, ma sapeva che era una cosa che doveva fare. Sperava solo che non avrebbe cominciato a sbraitare e a cercare di mettergli le mani addosso, non con Sam che poteva vedere tutto, forse una piccolissima parte di lui, ancora sperava che John davvero non avesse visto i loro corpi nudi sul letto, attraverso la fessura della porta.
“Papà?” domandò, tremando appena.

“Vuoi, Dean?” domandò John, seduto sul divano, indicando la bottiglia di vino che teneva in mano.

Dean lo guardò sbalordito. Intendeva far finta di niente? Oppure davvero non li aveva visti? Si erano sbagliati? Cosa significava questa sorta di messinscena?

“Ho fatto un viaggio lungo per venire fin qui, ho usato la barca..è arrivato un acquazzone.” Disse.
“Mi dispiace..” disse Dean.
John sospirò.
“Vi ho visti, Dean. In camera.”

Dean tremò vistosamente. Non sapeva cosa replicare.
“E so anche che voi sapete che vi ho visti.” Disse, riempiendosi un altro bicchiere di vino, sorseggiandolo piano.
Dean indietreggiò e si voltò, ma John lo gelò.

“Resta qui, Dean, non ho cresciuto unn cordardo. Resta e comportati da uomo.”
Dean chiuse gli occhi e si voltò.

“Non è per me che ho paura.” Disse Dean, coraggiosamente, guardandolo in faccia.
John annuì.
“Capisco, temi per tuo fratello. Sai, Dean, mi sono spesso chiesto che tipo di padre sarei stato. Quando ho lasciato te e Mary, pensavo di essere un padre degenere, ma tutto sommato, ordinario. Sai, di quelli che scappano. È stato quando ho avuto Sam, che io..pensai che mi sbagliavo. Non ero un padre ordinario.

Dean lo fissò, chiedendosi dove volesse andare a parare.

“Non essendo un padre ordinario, ma amando come un padre si suppone che lo faccia, si suppone anche che non agisca come un padre ordinario farebbe, nel sorprendere i loro figli che si amano sulle lenzuola di un letto.”

Dean lo fissò sbalordito. Li stava..assolvendo? Lo stava dicendo davvero?

“Dean..” disse John scuotendo la testa. “Noi non siamo una famiglia ordinaria, credi che vedere tua madre amare un mezzo demone, o avere un altro figlio tramite mezzi non convenzionali, non possa far crollare il castello di convinzioni che mi possa esser fatto in una vita intera? Per quel che mi riguarda, dopo una vita a scappare dai demoni e dai mostri, so riconoscere l’amore, quando lo vedo.”
Dean era ancora sbalordito. “Papà..io..”

Sam l’aveva raggiunto al suo fianco, ma non se ne accorse.

“Quindi no, che i miei figli si amino, non mi sconvolge, anzi, mi rassicura in un certo senso. Lo vedo come un raggio di sole che filtra attraverso un arcobaleno dopo tanti giorni di pioggia torrenziale.” Disse sorridendo, facendo un brindisi immaginario.

“Lo pensi davvero?” chiese il minore, tremante.
John sorrise al figlio minore.
 
“Te ne sono capitate così tante, figlio mio, hai sofferto fin troppo nella tua vita, non sarò io a privarti della felicità, da chiunque venisse, neanche se questo è tuo fratello.”

E poi non seppe come successe.

Dean e Sam si fiondarono verso il padre, abbracciandolo stretto e piansero tutti e tre di gioia.






















Note dell'autrice: se pensavate che John avrebbe fatto una scenata, avete pensato male ahha xd non sono mai passata attraverso questo, cioè in una totale accettazione di John della loro relazione, senza neanche combatterli un po xd ma questa storia è completamente diversa dalle altre ^^ è vero John è padre, ma penso che passando tutto quello che ha passato lui, forse e dico forse, l'amore tra i suoi figli, non sia poi una tragedia xd sempre a parer mio eh!!
Intanto, tante cose devono ancora succedere e spero vi piaceranno xd

ps ora capite anche perchè ho inserito quella parte in cui prima si addormentarono e POI fecero l'amore! Dovevo dar a John il tempo di arrivare alla baita! ahha xd

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Capitolo 56
*** Come i pezzi degli scacchi ***


Dean si risvegliò trovandosi solo nel letto.
Sam non c’era!
Si sentì mancare l’aria, il respiro, TUTTO. Corse giù dal letto , indeciso se gridare il nome del padre o di Sam, ma forse ancora una volta, l’incredibile telepatia che vigeva tra loro, funzionò anche quella volta, perché spalancò la porta della baita e …

“SAM!”

Sam, il suo fratellino, era lì, seduto sull’erba a guardare le stelle, al suo richiamo, si volse verso di lui. Sul suo viso, stampato, un sorriso triste.

“Fratellino..mi hai fatto prendere un colpo..” disse, inginocchiandosi davanti a lui e toccandogli il viso, bagnato di..
Lacrime..

“Stai piangendo per colpa mia?” chiese Dean, sentendo una morsa dolorosa al petto.
“No, no, no, Dean, non piango per te..”

“Per papà, vero? Sam, mi dispiace così tanto, io..non avrei dovuto..”

“Schhh..schhh..non è colpa di papà, né colpa tua..” restò un attimo in silenzio, poi aggiunse: “Sai, quando restammo abbracciati dopo aver fatto l’amore, Dean?”

Dean non avrebbe potuto scordarselo finchè era vivo. Annuì.
“Ho sentito..così tanto calore…ma anche qualcosa di diverso..come se un’ombra..NERA..si gettasse su di noi..un’oscurità difficile da spiegare..che mi ha fatto paura..”
“è perché abbiamo fatto l’amore..”

“No, no, no..anzi, quella è stata la LUCE per me..che mi ha riscaldato..” disse Sam, accarezzandogli il viso. “Non so come spiegarlo..è come se un pericolo..piombasse su di noi..e io volevo godermi questo..CIELO..finchè ancora potevo..”

“Sam. che cazzate stai dicendo??” chiese Dean sconvolto e arrabbiato. Si alzò in piedi.

Io non permetterò MAI, mai e poi mai, che qualcuno ti faccia del male.”

Sam lo guardava. Voleva rincuorarlo, dirgli che lo credeva, o meglio, voleva ringraziarlo di averlo amato, di essergli entrato nella sua vita, anche se per poco.
Ma non fece niente di tutto questo.

Ancora seduto per terra, si aggrappò con le mani ai suoi pantaloni morbidi, glieli afferrò, incoraggiandolo ad inginocchiarsi di nuovo per scendere alla sua altezza e quando lo fece, Sam lo abbracciò.

Restarono così, abbracciati, per secondi che parvero interminabili.
Dean si scostò appena, senza interrompere l’abbraccio.

“Sei caldissimo. Scotti. Non è..normale..Sam..non stai gelando qua fuori? Siamo a dicembre! Entriamo!”
Sam però non si mosse.

“è l’amore che sento per te a farmi bruciare..”
Qualcosa di quello che disse, inquietò tantissimo Dean.

“Ma non cambierei una virgola.” Lo baciò dolcemente poi aggiunse “Dean, resta qui con me ancora un po. Ti scalderò con il mio amore..”

“Non sei mai stato così dolce..” disse Dean accarezzandogli il viso e nel contempo tremò, perché sì, se Sam era così dolce come non lo era stato mai, doveva esserci un motivo,lui si comportava come se..non dovesse rivederlo più.
 
 
Non sapeva cosa stava succedendo, ma restò lì, ad abbracciare Sam da dietro, tirandolo in mezzo alle sue gambe e restarono così, seduti abbracciati, per quello che parve un tempo interminabile.

Poi accadde.
 Rumori.
Rumori di cavalli che trottavano.
Sempre più vicini.

In quel momento videro le figure indistinte di alcuni uomini a cavallo che arrivavano.

Avevano cappuccio e mantelli neri, sembrano cavalieri medievali e avanzavano diretti alla baita.

“SAM, PRESTO!” gridò Dean, spingendo Sam ad entrare nella baita, in quel momento la porta venne spalancata e John gridò.
 
“PRESTO, ENTRATE, FATE PRESTO!” li afferrò letteralmente di peso, buttandoli dentro e cercando di sprangare la porta.

John era riuscito a farli entrare, ma era stato preso da uno dei cavalieri neri che adesso lo stava minacciando con un coltello sottile alla gola.
 
 
"Allora, puoi scegliere, vado avanti con te o prendo i tuoi figli?"
 
"I....i miei figli...a me non farmi male, ti supplico."
 
Il gelo perforò dentro nei fratelli.

"Avete visto che razza di uomo è vostro padre? E magari lo avete anche amato" disse  il cavaliere ridendo, rivolgendosi ai figli, che distolsero lo sguardo dall'altra parte.
 
 In quel mentre il padre ruppe il vaso da fiori che stava sulla finestra della baita, sulla testa del cavaliere, che stramazzò a terra.
 
"DEAN, SAM, SCAPPATE. ANDATE VIA." gridò John. L'altro cavaliere, più vicino, disse:
 
"Questa ti costerà cara, voi due pensate a prendere i mocciosi".

Due finestre crollarono e i vetri andarono in frantumi, e cedettero il posto a due e più cavalli bianchi con altri cavalieri a bordo....   cavalieri vestiti di bianco a galoppo di cavalli anch'essi bianchi. 






















Note dell'autrice: ciao ragazzi/e innanzitutto voglio dirvi, che il titolo è per via dei cavalieri neri e bianchi! ahha all'inizio volevo mettere questo come titolo, ma poi ho pensato che quello che ho messo ora, fosse più calzante xd

Ho una cosa da dire! Sto leggendo davvero tantissime ff nell'ultimo periodo e mi sto rendendo sempre più conto che..sono l'unica a quanto pare, che non ringrazia mai debitamente nelle recensioni! Mi dispiace moltissimo >.< ho sempre fatto fatica ad esprimermi e non sono brava come altri a dire quello che sento e ultimamente la cosa sta peggiorando, perchè mi sono convinta che le mie storie non piacciono ecc ecc e quindi a volte mi sento così chiusa in me stessa che non so cosa dire, ma vi sono grata per seguirmi! Prometto che cercherò di essere anche più loquace e carina d'ora in poi nelle risposte, perchè di sicuro lo meritate! xd :))

ci tengo tantissimo alle mie storie, anche se sembra che ultimamente mi sono un po persa in mezzo alla strada..ma spero di rimediare! A presto <3

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Capitolo 57
*** Un desiderio, l'ultimo: che lui mi accompagni ***


Il cavaliere bianco era alto e aveva gli occhi più azzurri che Dean avesse mai visto, per quanto la mascherina bianca che teneva sul viso, cercava di nasconderlo. Tendette una mano verso Sam, con un sorriso.

“Sta lontano da lui!” urlò Dean, mettendosi davanti a Sam, spaventato ma tutto intenzionato a proteggere suo fratello.

Il cavaliere sembrò guardarlo sorpreso di una tale reazione.
“Dean, non credo che voglia farci del male, è diverso dagli altri..” cominciò Sam.
“Ha ragione, noi siamo i buoni, ragazzino..vedi..”

Non riuscì a completare la frase, perché un altro cavaliere nere, diede una botta in testa al cavaliere bianco, con gli occhi e i capelli azzurri.

Sam e Dean ne approfittarono per scappare dalla finestra.

Intanto il cavaliere bianco, furibondo, si rivolse al cavaliere nero: "IDIOTA. LI HAI FATTI SCAPPARE" e dai suoi occhi sprizzarono delle scintille rosse che avvolsero il corpo del cavaliere e lo bruciarono all'istante. 
Fuori dalla baita, c’era uno spettacolo mostruoso.
 
Frotte di cavalieri, sembravano piovere direttamente dal cielo. Decine di cavalli, neri e bianchi, trottavano nel cielo per arrivare sul terreno, sembravano arrivare direttamente dalle nuvole.


“Dean! È un miracolo che non ci abbiano già presi!” gridò Sam. “Dov’è nostro padre?”

Cominciarono a guardarsi attorno per cercarlo e lo videro poco più in là, che sembrava combattere e avere la meglio, le spade non riuscivano a raggiungerlo, ma lo mancavano sempre per un soffio.
“è un miracolo..anzi no…è MAGIA.” Disse Dean.
 
Finalmente intravidero la ragione di tale magia. Poco più in là una figura dai capelli rossi, che sembrava indemoniata, stava sprigionando una forza d’energia incredibile, sprigionando una luce blu, per respingere i cavalieri, per impedire loro di avvicinarsi di nuovo alla casa e riusciva anche a donare protezione a John.

“Alisea!!” gridarono i ragazzi, cercando di raggiungerla.

Alisea si voltò verso di loro, aveva uno sguardo allucinato e i suoi occhi mandavano bagliori ed erano di uno strano colore arancione, per dei folli istanti, si chiesero se quella che avevano davanti era una nemica.

Lei però non sembrava in sé stessa per rispondere alle loro mute domande, indirizzò le mani nella loro direzione e una luce questa volta argentata con delle luci dorate, colpì i loro corpi con una forza tale che li fece quasi cadere per terra.
“DEAN, Brucia!” disse Sam, chinandosi su sé stesso.

Dean poteva sentire lo stesso bruciore di cui parlava Sam, ma non c’era tempo per porsi domande, un altro cavaliere nero, li stava inseguendo, forse uno che era sfuggito alla protezione di Alisea.

Scapparono. Non poterono fare altro e senza rendersene conto, si avvicinarono sempre di più allo strapiombo, vicinissimi alla cascata.
Non avevano scampo.
 
“RESISTETE, FIGLIOLI!”


Era John. Riuscì ad impedire al cavaliere nero, di raggiungerli. Con una spada rubata a qualche altro cavaliere, lo colpì e lo tramortì, senza tuttavia ucciderlo. Non c’erano altri cavalieri vicini alla loro casa, erano stati respinti tutti da Alisea o da John, erano salvi.

“Siamo salvi, Sam, papà ci ha salvati, ci ha salvati!”
“Dean…” il sorriso di Sam, morì nel momento in cui lo stava accennando, Dean si voltì e vide che barcollò un po’ sul posto.

Successe tutto al rallentatore, ma allo stesso tempo, troppo in fretta.
“SAM!”

“Dean..” quel richiamo fu debole, lento, quasi rassegnato, triste, come una specie di addio, di ultimo addio. Dean si sentì morire dentro.
 
FRRR
Un fruscio.

Un rumore attutito di stoffa che viene acchiappato.
Dean era riuscito ad afferrarlo per il lembo della maglietta.

“T-te l’avevo detto, che c’era bisogno di un maglione.” Disse Dean.
“Ma io te l’avevo detto che il tuo amore mi riscaldava.” Disse Sam.
Dean gemette.

“Ti prego, Sam. afferra la mia mano, cerca di…”

Gli occhi di Sam sebravano ingrandirsi e abbellirsi ancora di più in quell’occasione. Lo guardò con una dolcezza che non aveva mai fatto.

“Vivere con te, è stato come un sogno, non lo dimenticherò mai.”

Prima che Dean potesse replicare, la stoffa gli sfuggì e Sam cadde.
“NO. NOOOOOOO!”
 
Sam cadde nel vuoto.

Dean stava per buttarsi anch’esso, ma delle braccia forti glielo impedirono.
Si voltò, divincolandosi.
Suo padre.
“Lasciami, devo salvarlo!”

“No! Non perderò anche te!” gridava John. Il suo viso era stravolto, graffiato e le lacrime erano rapprese agli occhi.

“Non posso sopravvivere senza di lui.” Disse Dean, detto questo, gli diede una gomitata che lo soffocò al punto che lasciò la presa sul maggiore.

Approfittò di quel momento per buttarsi.
 
 

La caduta fu un come cristallizzare il tempo o forse dilatarlo, Dean non avrebbe saputo come definirlo, non si aspettava che fosse così lento, pensava sarebbe morto dalla paura per come sarebbe stato violento l’impatto del precipitare, ma ora che stava sentendo quella lentezza, si accorse che la odiava.

Tutto quello che voleva, era ricongiungersi con Sam.

Sapeva che erano entrambi spacciati, ma la cosa che avrebbe odiato di più, era morire da solo.

La cosa che avrebbe odiato di più, era lasciarlo morire da solo.
 
 
Finalmente cadde.
Sam..

Sapeva che era impossibile non separarsi, ma il dolore di quella consapevolezza, fece accadere qualcosa, come un incantesimo, nel momento in cui lo desiderò, sentì un corpo familiare, spingersi contro di lui, portato dalla corrente.

O forse portato dalla sua magia, non aveva importanza.
“Sam..” non poteva crederci, si erano riuniti davvero.
“Dean..perchè..?”

E suo fratello era ancora cosciente e ancora bellissimo, ancora SUO.

Gli accarezzò i capelli fradici, il viso era rivolto contro il suo, ce l’aveva tra le braccia.
Lo guardò.
Sam aspettava una risposta a quella domanda, ancora sulle labbra, lo vedeva ancora nella lacrme rapprese tra i suoi occhi.
Era colpa sua queste lacrime, non era riuscito a salvarlo.

“Perché io ti ho promesso, mentre facevamo l’amore, che non ti avrei mai lasciato.”

Dean sentì un singhiozzo contro di lui. Sapeva che Sam, per quanto lo amasse, ora stava soffrendo.
Gli dispiaceva.
“Adesso chiudi gli occhi. Chiudi gli occhi, Sam..”

E Sam lo ascoltò e Dean non poteva fare altro che abbracciarlo ancora più stretto.

Pregò per l’arrivo di un miracolo o almeno che la morte sarebbe stata un po più dolce tra le sue braccia, era l’unica cosa che poteva dargli in quel momento.

Poi precipitarono sotto la cascata.

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Capitolo 58
*** Dopo la cascata ***


Precipitare sotto la cascata non fu traumatico come Dean pensava.

Attorno a lui e a Sam aveva avvertito come una specie di bolla luminosa che li riscaldava e li proteggeva, Dean avrebbe tanto voluto credere che fosse la potenza dell’amore che provava, che entrambi provavano, ma aveva la sensazione che fosse qualcosa di più soprannaturale che romantico, quasi…MAGICO.

Sentì qualcosa di umido sotto di lui e capì che fosse il terreno, una strana combinazione di fango e sabbia e acqua.
Sam era al suo fianco.
Erano ancora vicini.

“Sam..” parlare gli costava un gran sforzo, la gola gli faceva male per via di tutta l’acqua che aveva bevuto, ma doveva, aveva bisogno di assicurarsi che Sam fosse ancora VIVO.

Qualcosa davanti a lui però gli mozzò le parole in gola.
Degli zoccoli di cavallo.
Bianchi.

Alzò lentamente lo sguardo e vide quello che si parava davanti a loro.
 
Un maestoso cavallo bianco con una coda scintillante. Era un animale davvero bellissimo e imponente, al suo fianco, il cavaliere che aveva parlato con lui e Sam, poco prima alla baita. Il cavaliere bianco, con i lunghi capelli azzurri e gli occhi di ghiaccio.

“Sei..sei tu ad averci salvato?” domandò.
Il cavaliere chinò il capo in una smorfia, stranito.

“Non sono stato io, ragazzo, ma chiunque sia stato, dev’essere qualcuno che vi ha molto a cuore.”

“A-Alisea..” disse Dean con voce roca, sbalordito. ECCO cos'era quella forza che buttò addosso a loro. Aveva arrestato e rallentato la loro caduta. Li aveva protetti!

“Farvi salvare da una donna, non vi rende onore, nemmeno se siete solo dei ragazzi.” Disse il cavaliere misterioso.
Dean avrebbe voluto ribattere che anche lei era una ragazzina, ma fu un’altra la domanda che gli salì alle labbra.

“Mio padre..Alisea..cosa gli è successo?? Mio fratello..” disse, premendoselo di più addosso per sentire il battito del suo cuore. Batteva, grazie a Dio!

“Stanno bene, stanno tutti bene, i miei compagni si occuperanno di loro. I cavalieri del male non vi faranno più alcun male, per quanto riguarda Sam..devo occuparmi di lui..”

Prima che Dean avesse il tempo di protestare, sentì Sam scivolare via da lui. Il cavaliere senza toccarlo, lo aveva sollevato il poco che bastava per toglierlo dalla presa di Dean e ora lo stava sollevando, prendendolo per le ascelle.

“Aspetta, che cosa stai facendo! Lascialo! Mi occupo io di lui!” protestò, ma le ossa gli facevano così male! Quante botte aveva preso, cadendo?

“Sento che ti sta molto a cuore e ti ringrazio per averlo protetto fino adesso, ma dubito che ti sapresti prendere cura di lui meglio di quanto farei io..” disse il cavaliere meditabondo. Ora Sam era tra le sue braccia, il capo reclinato all’idietro, era svenuto.
 
“NOO!” urlò Dean. “TI PREGO, NO, LASCIALO. Non portarmelo via! TI SCONGIURO! È MIO FRATELLO!”

Il cavaliere strabuzzò lo sguardo, poi si voltò a guardarlo, con uno strano sguardo freddo.

“È mio fratello, non il tuo.” Disse, sbalordendo Dean.

E detto questo, scomparve in una grossa bolle di luce.
 
“NOOOOOOO!” Dean era riuscito ad alzarsi, ma era troppo tardi. Erano scomparsi e a Dean non restò altro da fare che piangere in ginocchio sul terreno.
 
 

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Capitolo 59
*** Scomparsi ***


Dean non aveva fatto in tempo a piangere per la perdita di Sam, che quei due si erano rimaterializzati nel punto in cui erano spariti.

“A quanto sembra, hai rubato il suo cuore così tanto che, seppur nell’incoscienza, il suo cuore rifiuta di seguirmi nella smaterializzazione, desidera non allontanarsi da te.” Disse il cavaliere rivolto a Dean, tenendo Sam ancora incosciente tra le braccia.
Dean pianse di gioia a quelle parole.

“Ridammelo. Non hai nessun diritto di portarmelo via.” Disse, alzandosi.

Il cavaliere lo guardò con una strana espressione triste, in quel momento il cielo sembrò quasi squarciarsi delineando una lunga riga verticale che sembrò spaccare l’aria, il cavaliere allargò quella riga sempre di più fino a che non scomparirono all’interno.
 “Mi dispiace.” Disse, scomparendo all’interno.
“NOOOOO!”

La disperazione di Dean era talmente intensa che per qualche secondo riuscì anche a mantenere lo squarcio intatto, anche se era quasi chiuso, rimaneva appena aperto tra le sue mani, lui si ritrovava con questa aria di cartapesta, come carta velina che nascondeva qualcosa di sconosciuto all’interno.
Forse un’altra galassia!

Ma il pesantore dell’aria e il dolore era troppo. Non ce la fece, resistette un minuto poi crollò.
Era finita.
Si era portato via Sam.
Davvero,questa volta.

E Sam non avrebbe potuto ribellarsi questa volta!
 
 
 
 
*

Il ragazzo dai capelli rossi, aveva salutato il biondo Castiel, con un bacio sulla guancia, dopo una partita di playstation.
“Penso che godere di cose come videogiochi sia ancora meraviglioso dopo tutto quello che stiamo passando, non lo credi anche te?” chiese Castiel, mentre era sulla porta, pronto a uscire.

Sei te a essere meraviglioso.. pensò Ruben senza dirglielo, mentre Castiel lo guardava, cercando di non farsi vedere che era arrossito.

“Ruben..tu pensi che l’ambrosia non riesce a collocarci perché riesce a localizzare soltanto chi ha un legame con gli Dei?” chiese.


Ruben si bloccò. Lo guardò stupito e parve pensarci su.
“Perché pensi questo?”
“Perché L’Ambrosia utilizzata, è creata da LORO, quindi forse funziona solo se hai un legame con loro…non so, lascia perdere, è una sciocchezza!”
“Potrebbe essere possibile. Anzi, è un’idea straordinariamente intuitiva. Ti è venuta in mente tutta da solo?”
“Con Sam lo stavamo ipotizzando..”
“Questo ti rende più sollevato o triste?”
“Non so bene come questo mi fa sentire…credi che dovremmo sentirci speciali per questo motivo?”
“Ah, questo di sicuro!” rise Ruben.
“Ma buoni?” chiese Castiel.
“Ha davvero importanza?”
“Per me sì…”
Ruben gli lanciò un’occhiata e fermò il gioco.

Te di sicuro e sono sicuro che sarai stato un angelo…o un cavaliere dalla scintillante armatura..”
“Come fai a dirlo?”

“Perché sento che sei puro.” Aveva risposto Ruben.
Castiel gli aveva sorriso e lo aveva abbracciato.
“Anche te sei buono, Ruben!”
“Non è quello che dicono i miei sogni..”
“Ma è quello che dicono i miei di sogni! E scusa se mi fido di più di quello che provo io!”
“Ah..e di quello che provo io, no? Grazie tante!” ridacchiò.
“Faccio bene a non fidarmi. I miei ricordi mi rammentano che mi ODIAVI..” gli diede una spallata.”Mi dispiace solo non riuscire a ricordare bene.”
“Io sono felice di non riuscirci..”
“Come?? Perché??”
“Non riesci a capirlo, vero?”
“Cosa??”
“Quanto per me sei PREZIOSO. L’idea di averti odiato..è insopportabile. Mi sembra di vedere un altro..come se non fossi io..per me non è semplicemente possibile..non posso essere io..non voglio essere io..non voglio ricordare!! C’è un’oscurità dentro di me che mi spaventa..”
“Ruben..sono sicuro che non è vero!”
“A volte mi chiedo perché mi hai scelto come amico, quando nessun altro lo fa..io NON MERITO il tuo amore..non ti merito!” disse Ruben.

“Penso di esser bravo a giudicare le persone e tu sei buono.” Disse abbracciandolo di nuovo.
Ruben lo strinse forte e gli diede un bacio mozzafiato.

Quando se ne andò,, Ruben si appoggiò alla porta, accasciandosi su di essa.
 
 
 
  *

Dopo che Sam fu portato via…
Ruben era andato in soffitta per andare a controllare Marika.
La ragazza bionda era stata adagiata in una teca di cristallo, immersa in un sonno profondo.

Ruben appoggio la testa sulla teca, singhiozzando.

“Perdonami, Marika, era necessario sacrificare qualcuno, affinchè il portale si aprisse..e la scelta era tra sacrificare qualcuno che ami e qualcuno che la persona che ami, ama a sua volta. Ma io non potevo sacrificare Castiel…non..potevo..”
 
L'aveva capito dopo quella gita sulla neve.  
 
Alla fine era passata una bella giornata e Dean si sentiva molto più felice, ora che si era chiarito definitivamente che Sam non avesse ciucciato il capezzolo di Alisea, stavano per tornare tutti a casa, ma qualcuno aveva uno sguardo che prometteva tempesta in arrivo.

Mi dispiace, Marika..mi dispiace farti questo..ma qualcuno deve essere sacrificato..
 
 























 Note dell'autrice: ragazzi, spero che questo capitolo non faccia troppo schifo xd mi sono accorta che quello che volevo scrivere non era quello che ho scritto effettivamente nello scorso capitolo xd nel senso che Sam e il cavaliere dovevano andare effettivamente VIA stracciando l'aria ecco xd non so perchè è venuta fuori quella cosa li nello scorso ma sono contenta di questo perchè così abbiamo ora anche questa chicca di Sam che desidera nell'incoscienza stare con Dean! xd

Il fatto di Ruben lo sto pensando da vari capitoli quindi non è una cosa campata in aria, solo che non sapevo mai dove inserirlo xd infatti la frase in corsivo alla fine, si riferisce alla famosa giornata di neve in cui sono andati tutti insieme in gita e Dean fece poi pace con Alisea, addirittura si abbracciarono xd

Come ultima frase avevo messo questa frase ambigua, era il capitolo 36 xd dovevo chiarire prima o poi chi era a pensare questo xd

Bacii

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Capitolo 60
*** Il gruppo si sfalda ***


Dean era a pezzi e il dolore di John che condivideva il dolore di Dean per aver perso Sam, non aiutava.

Albert aveva dovuto chiedere a John di andare a casa, perché non era di aiuto, sbraitando che non riusciva a credere che Sam fosse scomparso.

“Io non vado da nessuna parte senza mio figlio! Ne ho già perso uno!!” gridò.

“John, giuro sul mio stesso essere un Dio, che se non lasci immediatamente la mia abitazione, userò i miei poteri contro di te, ti avverto. Sono molto serio in questo momento.”
“Lasciami almeno prendere Dean. Ho perso un figlio questa notte.” L’aveva supplicato John.

“E Dean ha perso suo fratello. Tutti questa notte abbiamo perso qualcosa, compreso il giovane Castiel. Sua sorella è scomparsa, non sa dove si trova.”

John fece una smorfia come se fosse una cosa di poca importanza.

“Ma immagino che per te sia una questione di mera importanza, non è vero, John? Importa solo il tuo dolore. Se qualcun altro soffre, non è importante per te. Basta che tu sia felice.”

“Non è questo quello che voglio dire, ma quello che più conta per me adesso è mio figlio!!”

“Abbiamo entrambi a cuore il benessere del ragazzo, è per questo che non credo gli sia di alcun beneficio tornare a casa vostra, a sentire gli scleri piagnucolosi di una coppia che gli rimproverebbe per tutto il tempo ll fatto di aver lasciato che suo fratello venisse rapito. Ha bisogno di comprensione e non di sentirsi in colpa. Credo che ci siamo detti tutto. Torna quando sarai più tranquillo.”
 
 
 
 
Dean era a malapena cosciente del dramma che si era creato dentro la casa. Lui era in giardino, in una parte del giardino incantata che mettesse apposta distanza tra lui e i suoi due padri. Albert l’aveva apposta spinto ad andare là, per non fargli sentire nulla, ma Dean non sapeva se fosse una buona idea.

Non sapeva se fosse una buona idea ma ne era assurdamente grato ad Albert, sembrava che quell’uomo, che era per lui come un estraneo, sembrava sapesse meglio di John, come doveva sentirsi. Sapeva che era a pezzi e che desiderava stare solo, sapeva che sentire John, qualunque cosa avesse da dire, gli avrebbe fatto male e sapeva anche che non desiderava tornare a casa dai suoi genitori terrestri.

Sapeva tutte queste cose, anche se non era cresciuto con lui.

Si sentiva dannatamente in colpa. Lui aveva perso Sam. non meritava comprensione, né di essere coccolato. Sapeva che anche Castiel stava passando un brutto momento. Sua sorella Marika era scomparsa quella notte e Dean era venuto a sapere di quella notizia, per caso, sentendolo piangere nei corridoi di quella villa, che non gli era mai sembrata tanto simile al labirinto di un castello, prima d’ora.

Non aveva fatto in tempo ad approfondire la cosa, ma chissà se gli importava più di tanto. Si era aggirato nei corridoi della villa come un fantasma, aveva a malapena udito stralci di parole, nemmeno il pianto di quel ragazzo tanto sensibile, l’aveva scosso. Che razza di mostro era?

Era tanto diverso da John, in fondo?
 
Si sdraiò sul tappeto erboso, desiderando null’altro che il terreno lo inghiottisse.
 
Dopo quelli che parvero secoli, o forse pochi secondi, qualcuno fece capolino vicino a lui.



“Ciao, Dean..”
Castiel.

“Ehi..” disse Dean. Provò quasi l’impulso di alzare la mano per schernirsi il viso, si vergognava di farsi vedere gli occhi arrossati dal pianto, da Castiel, ma abbassò la mano, rendendosi conto che Castiel, era nelle stesse condizioni.

“Hai un aspetto orribile, te l’ha mai detto nessuno?” cercò di sdrammatizzare Castiel, che detto da lui, doveva essere un complimento, poi il biondo Castiel lo abbracciò.
 

Dean capì subito che voleva rincuorarlo e dargli sostegno e forza e amore, voleva dirgli con quell’abbraccio, che capiva come si stava sentendo e che gli dispiaceva, e qualcosa dentro Dean si ruppe. Anche lui stava soffrendo.

“Mi dispiace, anche tu stai soffrendo..e io sono così insensibile..penso solo a me..”

“Dean, non devi sentirti in colpa..quello che hai provato te..quello che avete vissuto questa notte..non scherzare..non è minimamente paragonabile..noi non siamo stati attaccati da nessuno..”

Sapeva che Castiel stava cercando di farlo sentire meglio, ma gli occhi arrossati di Castiel, gli suggerivano che in quanto a sofferenza non stava certo soffrendo di meno, a dispetto di quello che dava a intendere.

“E poi ricordati che Sam è anche mio amico..” disse con un sorriso.

“Non lo metto in dubbio, ma..Cas..ti ho sentito prima..tu pensi..hai detto che pensi che loro.abbiano preso anche Marika..”

Castiel voltò la testa e cercò per quanto possibile di ricacciare indietro le lacrime.

Alla fine si arrese a parlarne.
“Quello che vi è capitato è terribile..e Marika è scomparsa..potrebbe essere stata catturata anche lei..”
“Oh mio dio..”

“Non volevo parlarne..non volevo neanche permettermi di piangere..perchè mi sembrava di..quello che avete passato voi è..l’attacco..la fuga..la caduta sotto la cascata..ti hanno rubato Sam, davanti ai tuoi occhi..io non merito di piagnucolare perché mia sorella è scomparsa semplicemente, davanti alla possibilità di mille motivi dietro..”

“Cas, smettila, smettila..vieni qui..”
Cas lasciò che Dean lo stringesse a sé al suo petto.

“Io spero e prego perché lei non è stata presa, spero che tu ti sbagli, quindi se ti sbagli, e stai piagnucolando, come dici te, per niente, io sono solo felice, Cas.”
Cas non sapeva cosa dire.

“Però..lascia che ti dica una cosa..questo colore di capelli, è il tuo naturale?” gli chiese.
“Sì, perché?”

“Non so, secondo me staresti anche meglio, moro.” Disse Dean.
Castiel rise e per un momento Dean pensò che era riuscito anche solo per poco a strappargli un sorriso ma d’un tratto la voce si fece rotta.

“Dean..” disse poi Castiel. “Marika non è l’unica ad essere scomparsa..ho provato a contattare Ruben, ma..non mi risponde al telefono..e a casa non l’ho trovato..” disse poi.

Dean rimase sgomento. Che diavolo stava succedendo?

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Capitolo 61
*** Come Atreiu e il cavallo ***


Dean e Albert si trovavano su una collina, lontano da tutto e da tutti e stavano dando libero sfogo alla loro energia e ai loro poteri.

“L’energia è POTERE, l’energia è AMORE, lasciala fluire questa energia, questo potere, lasciala fluire, Dean!”
“AAAAAAARGH!”

Uno scatto come di un fulmine e il tuono scarlatto nel cielo si ricompose, le braccia di Dean ricaddero lungo i fianchi. Dean respirò con affanno.
“Non ce la farò. Non ce la farò mai, Albert.”

“NON DIRE COSì, RICORDATI CHE LE PAROLE SONO POTERE, DEAN! NON DIRE UNA COSA DEL GENERE A TE STESSO, ALTRIMENTI L’UNIVERSO TI ASCOLTERà E LO RENDERà VERO!”

Dean si passò una mano sulla faccia.

“Quando io e Sam ci siamo ricongiunti per mezzo dell’amore che proviamo..”

“Sì, ecco, Ottimo esempio! È stato l’AMORE a farti ricongiungere a lui, rifletti su queste parole!”

“Ma non è bastato! Io credevo che quell’amore lo avrebbe protetto! Che avrebbe protetto tutti noi!” disse Dean disperato.
Albert lo guardò con dolcezza. Si avvicinò a lui.

“Se bastasse l’amore a proteggere le persone che amiamo, se bastasse quello a impedire che vengano separate, non esisterebbe più la sofferenza e il dolore e la separazione. Le forze del Male operano ogni giorno, ma non bisogna desistere, MAI. È importante combattere e ancora combattere, solo così si può riuscire a tenere a bada il male..pur non riuscendo a sradicarlo completamente.”

Quelle parole accesero qualcosa in Albert. Qualcun altro già le aveva dette, ma non riusciva a ricordare chi.

“Sto combattendo ogni giorno...sono passate SETTIMANE!” disse Dean con affanno. “E riesco solamente a provocare dei fulmini e tuoni. Come posso pensare di riuscire a creare un PORTALE?”

“Hai mai visto la Storia Infinita?”
Dean lo guardò basito.
“Questo cosa..”

Rispondi! L’hai visto??”
“Sì…è un film molto famoso…”

“Ricordi la scena della palude della Tristezza?”
Dean lo guardò ancora basito poi rispose.

“Io….io non…credi che io sia Atreiu?
“No. Tu sei il cavallo.

Parole che colpirono Dean come un pugno nello stomaco.
“Ma..ma..ma io..”

Ti stai facendo sopraffare dalla tristezza, Dean, e stai sprofondando, proprio come il cavallo di Atreiu nella palude della tristezza. E Sam, è Atreiu..”

“No, non metterlo in mezzo…”

“Ti scongiura di resistere, tira le redini, ma tu sei impegnato a sprofondare e non lotti per uscire, nemmeno per lui, e lui grida e piange…”

“BASTAAAAAA FINISCILAAAAAAAAAAAA!”
 
Un lampo e un tuono più potenti degli altri si fusero contemporaneamente, fino a squarciare il cielo, questa volta.



Dean fissò stranito il cielo, assieme ad Albert, che si voltò verso di lui, raggiante e orgoglioso.

“Ce l’hai fatta, Dean, ce l’hai fatta!”
“Ce l’ho fatta davvero..”
“Questo è solo un primo tentativo. Dovremmo farne molti altri, se vuoi raggiungere tuo fratello!”
Dean si passò una mano sul viso.

“D’accordo, non sia mai che mi lascio superare da Alisea..”

Albert ridacchiò. Sapeva che Dean e lei avevano parlato e che lei aveva spiegato che non poteva spiegare in realtà come si fosse trovata li, aveva avvertito come un pericolo mortale e all’improvviso si era teletrasportata li, e aveva usato i suoi poteri per combattere e per proteggerli, senza neanche sapere cosa doveva fare, le era uscito dal cuore.

I poteri più forti vengono dalle nostre emozioni!

E se le sue emozioni lo avrebbero portato dov’era Sam, avrebbe fatto in modo di diventare l’essere più emotivo che esisteva.
 






















Note dell'autrice:ciao ragazzi! Non so se vi ricordate della scena di Atreiu e il cavallo. Ve la linko!

https://www.youtube.com/watch?v=AgzBUi35u-o

mi fece molto piangere quando la vidi per la prima volta!

poi ringrazio TEAM che mi ha detto che dovevo ancora spiegare, come avesse fatto Alisea a piombare li xd

ps la frase che Albert pensa di aver già sentito, è una frase che Harry Potter pensa, riguardo al fatto che era una cosa che Silente diceva sempre! Sul fatto che bisogna combattere e ancora combattere, che solo così si può tenere a bada il male :D

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