KILL MY STALKER

di Larissa DeNoir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


 

 

KILL MY STALKER

 

 

- C’è una differenza molto sottile tra controllare qualcuno e perseguitarlo.

-Certo che c’è. Nel secondo caso la vittima non conosce l’identità del suo angelo oscuro, finché non è troppo tardi.

-Credi di essere un angelo? L’hai ucciso.

-Io ero il suo angelo. L’angelo della morte.

-Con trentasette coltellate!

-Non mi sono mai piaciuti i numeri pari.

 

 

 

Jordan Feller cammina tranquillamente lungo il marciapiede spaccato che porta al pub del suo migliore amico Clay. Hanno entrambi ventun anni e una passione ossessiva per le birre scure, abitudine che Jordan coltiva quasi tutte le sere, da quando Clay ha smesso di farlo pagare. E Jordan sa che non è giusto ma, ehi: chi oserebbe dire di no?

Entra con tranquillità, senza voltarsi a guardare verso la luce del lampione che, lo sa, proietta un’ombra che se ne sta seminascosta nel marciapiede opposto, cullata dalle tenebre e dai rumori notturni della città.

Aspetterà che il ragazzo esca fuori dal locale o rinuncerà? A Jordan non è dato saperlo.

Il pub è piccolo e la musica assordante, ma nel corso dei mesi Jordan ha imparato dov’è meglio piazzarsi per poter scambiare due parole con qualcuno senza rompersi le corde vocali a furia di urlare.

Fa un cenno all’amico e solleva un dito, la sua muta richiesta per ordinare un bel boccale di birra fredda. Clay non è molto indaffarato quella sera, dopotutto è solo martedì. Posa lo straccio con cui sta pulendo il bancone e fa quanto richiesto, non prima di indicare a Jordan l’ultimo tavolino in fondo alla sala, lontano dalla juke-box.

È lì che il suo appuntamento lo sta aspettando, c’è uno sgabello alto e libero solo per lui.

Jordan cammina con decisione, sorpassando i pochi frequentatori del locale che stanno facendo una noiosa e spompata partitina a freccette, tirando siluri verso la parete opposta, nella speranza di beccare il punto rosso centrale che qualcuno ha disegnato sopra una gigantografia del volto del presidente Trump.

Jordan non presta più attenzione a nessuno che non sia l’uomo di fronte a lui, una volta sedutosi sullo scomodo sgabello.

Nota che il tizio non ha ordinato niente.

È sulla quarantina o poco meno, indossa un cappello grigio scuro dall’aria anonima, ha occhietti piccoli e marroni, pelle olivastra, una barba trascurata di qualche giorno e vestiti di bassa qualità. Tutto in lui grida: anonimo, ma è ben lungi dall’esserlo.

Fissa Jordan apparentemente senza curiosità, per poi raddrizzarsi appena.

Solo in quel momento il ragazzo nota i muscoli ora rilassati dei bicipiti dell’uomo e come conferma a ciò che già sa, il tizio di fronte a lui è tutto meno che innocuo. O banale. O anonimo.

-Sei in ritardo, Jordan.- pff, che voce piatta. È proprio un grande attore, deve dargliene atto. Recita alla perfezione la parte del buon cittadino medio americano.

-Ho avuto un contrattempo. Il solito che mi tormenta da settimane, Clay mi ha detto di averti accennato la mia situazione. Puoi aiutarmi?-

L’uomo non fa una piega. Jordan non riesce a distinguere nulla dietro quegli occhi spenti e sgradevoli.

-Dipende da cosa vuoi che faccia.-

-Voglio che tu uccida il mio stalker.-

 



 

Tutti i capitoli avranno all’incirca questa lunghezza, non sono granché brava a scrivere pagine elaborate e finirei per annoiarmi, nella speranza che la storia possa attirarvi anche in questo modo vi ringrazio di aver letto fin qui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


 

 

Jordan è ansioso.

Cammina lentamente per la cucina in legno di casa sua, le vecchie assi del pavimento scricchiolano sotto i suoi passi mentre si massaggia gli avambracci nel tentativo di scaldarsi.

Deve esserci di nuovo qualcosa che non va col sistema di riscaldamento. Per fortuna è estate perché neanche l’acqua calda funziona, ma al momento non può permettersi un altro idraulico.

Quel tizio non si fa sentire da tre settimane e anche del suo stalker, non c’è più traccia.

Jordan trattiene il respiro mentre si avvicina alla finestra.

Vuoi vedere che magari l’uomo che ha assoldato è riuscito a…?

Il ragazzo sorride a quel pensiero, prima che i suoi occhi vadano sulla ciotola vuota e abbandonata di Cuddlecat.

I suoi occhi si accendono di rabbia, tutto è cominciato così, lui che camminava per strada per raggiungere la fermata dove sarebbe salito sul bus che lo avrebbe riportato a casa dopo un’intensa giornata di palestra, un’ombra incappucciata seduta sulla panchina intenta a fumare. Dapprima Jordan non si era preoccupato nonostante fosse notte fonda, si era avvicinato un altro po’ chiedendogli una sigaretta.

- Fuori dai coglioni- si era sentito rispondere e il ragazzo si era tirato indietro, come punto da uno spillo.

- Ok – aveva risposto rabbiosamente, infilandosi le mani nelle tasche e allontanandosi dalla parte opposta della panchina – non c’è bisogno di essere tanto simpatici. Brutto pezzo di stronzo. - aveva poi aggiunto tra se e se.

In quel momento il cappuccio nero del ragazzo o dell’uomo si era voltato nella sua direzione e Jordan intuì che lo aveva sentito. Non era mai stato un ragazzo in cerca di guai, risse glien’erano capitate, ma tutte a scuola, con ragazzi della sua stazza e più o meno conosciuti.

Questa persona non sembrava rassicurante e soprattutto non sembrava indifesa. Si era alzata.

Aveva gettato a terra la sigaretta ancora lunga e accesa a terra, calpestandola tranquillamente. Poi dalla tasca aveva tirato fuori un coltello.

Jordan aveva corso come un siluro, urlando a squarciagola per attirare quante più persone possibili al chiasso, per poi arrivare a casa stremato e con i muscoli tremanti dallo sforzo, stabilendo un vero record olimpico.

Aveva aperto la porta al terzo tentativo, si era chiuso dentro sbattendola e svegliando Cuddlecat, che corse con la coda dritta a vedere cosa stesse succedendo.

Jordan aveva sigillato porte e finestre, si era fatto una lunga doccia e si era addormentato sul letto completamente nudo, cullato dalle fusa del gatto.

Lo stesso gatto che si era ritrovato sul portico due giorni dopo, morto, con la pelliccia strappata via. Gli occhi della bestia parevano ancora agonizzanti e Jordan era corso in bagno a vomitare anche le budella.

Gli occhi del ragazzo si spostano dalla ciotola, decisi a non ricordare più quell’evento, per poi tornare alla finestra e allora sobbalza, trattenendo il respiro.

Lui è lì.

Davanti alla finestra.

Proprio di fronte a lui, ce l’ha davanti.

Jordan non riesce a muoversi, lo vede sollevare un guanto nero che regge il coltello di quella sera, avvicinarlo al vetro e picchiettarci dolcemente con la punta dentata, come per attirare la sua attenzione.

Poi lo abbassa un po’, piegandolo orizzontalmente e accarezzando il vetro da parte a parte, come se stesse imitando il gesto di recidere la gola di Jordan.

 

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


 

Jordan lo fissa in silenzio, domandandosi che cosa fare. Le porte sono chiuse, le finestre pure e l’unico modo che ha il tizio di entrare è rompere il vetro, ma sul serio non gli conviene farlo.

Jordan indietreggia lentamente, il suo stalker non lo perde di vista girando lentamente attorno alla casa e seguendolo per le stanze, osservandolo attraverso le finestre.

Il ragazzo arriva in camera da letto, apre l’ultimo cassetto. C’è un doppio fondo con una semiautomatica al suo interno. La afferra con tranquillità, per poi sistemarsela dietro la schiena, infilata a metà sotto la cintura. La copre con la maglietta un attimo prima che la figura nera dello sconosciuto appaia alla finestra.

Jordan si avvicina rabbiosamente, per poi scandire bene le parole.

- Dimmi che cosa vuoi. -

Lo stalker si muove dopo un attimo.

Avvicina il volto alla finestra, ci soffia contro e appanna il vetro. Poi scrive col dito.



YOU

 

- Che significa, cosa vuoi farmi? -

Lo stalker sorride.

Jordan riesce a intravedere il suo volto. Pelle chiara, occhi piccoli e chiari, perforanti nella loro fissità. Non distingue i capelli.


 

LET ME IN

 

 

Farlo entrare. Lui vuole entrare. E pretende che Jordan lo faccia entrare? È chiaramente pazzo.

Jordan lancia un’occhiata al cellulare lasciato sul comodino, è in tempo per chiamare la polizia ma come giustificherebbe la presenza di un’arma che non sarebbe autorizzato a tenere, in casa sua? Merda.

Poi però pensa ad un’altra possibilità e si dirige verso la porta d’ingresso, togliendo il catenaccio, lentamente. Poi corre verso lo scantinato, spalancando la porta e precipitandosi giù.

 

- - -

 

Non manca molto prima che inizi a sentire i passi dello sconosciuto giù per le scale, per un secondo gli pare che sappia perfettamente come muoversi lì sotto, non ha nemmeno acceso la luce in cima alle scale.

Jordan lo attende, in silenzio, finché la scarpa dello sconosciuto non tocca l’ultimo gradino.

Estrae la pistola. Tira il caricatore.

Lui ovviamente sente lo scatto, ma a Jordan non interessa, non farà mai a tornare indietro o ad aggredirlo con quel coltellino del cazzo.

Poi però, prima che Jordan faccia fuoco, la voce divertita dello stalker rombomba appena nella cantina umida e buia.

- Quindi è qui, che le uccidi? -

 

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