Voglia di ricominciare

di Red Saintia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uomo misterioso ***
Capitolo 2: *** Velate minacce ***
Capitolo 3: *** Un amara verità ***
Capitolo 4: *** Incontro inaspettato ***
Capitolo 5: *** Irruenza giovanile ***
Capitolo 6: *** Un nuovo inizio ***



Capitolo 1
*** L'uomo misterioso ***


Il sole era già alto e la temperatura era quella tipica delle giornate primaverili, tiepida e piacevole. Avrebbe già dovuto essere sveglio e pronto per la scuola, ma con l’arrivo di Maggio poltrire nel letto era quello che gli riusciva meglio.

“Non posso crederci! Sei ancora a letto? Avanti alzati subito.” Gli tirò via le coperte di dosso spostando le tende e aprendo la finestra.

“Accidenti a questo sole, ma che ore sono?” disse, ancora sbadigliando

“Che ore sono? E’ ora che ti alzi sono le 7:45 e tra un quarto d’ora io dovrei essere al lavoro e tu a scuola. Ma come al solito faremo tardi entrambi.” E intanto mentre parlava raccoglieva la biancheria della sera prima gettata un po’ ovunque.

“Tu e Yato avete fatto tardi anche ieri sera vero?” chiese sua madre, ma lui non rispose. “Io e te dobbiamo fare una chiacchierata quanto prima. Adesso però scappo.” Si avvicinò al suo letto prendendo il suo viso tra le mani e stampandogli un bacio sulla guancia.
“Ah… di sotto ce tuo padre, fatti preparare qualcosa per scuola ok, ciao ti voglio bene.” Scese in fretta le scale e lui sentì che prendeva, come di consueto, un mazzo di chiavi uscendo in fretta di casa.

Finalmente si decise ad alzarsi dal letto, si schiarì le idee bagnandosi il viso con dell’acqua gelata e scese di sotto.

“Oh… che grande giornata, il signorino Tenma ci onora della sua presenza”

“Falla finita!” rispose seccato

“Il tuo latte è diventato uno schifo, ma questo già lo sai, visto che è storia di tutti i giorni. Qui c’è un sandwick per la scuola, sempre che tu ti dia una mossa.”

Non rivolse la minima attenzione alle parole di suo padre, mangiò tre cucchiai della sua colazione alzandosi in fretta per correre a prepararsi.
Yoma lo guardò appena, sollevando lo sguardo dal giornale che aveva davanti continuando a fumare la consueta sigaretta mattutina che aveva tra le labbra. Che il rapporto tra i due non fosse idilliaco era ben noto a tutti. Il carattere ribelle di
Tenma e la scarsa propensione alla vita familiare di suo padre avevano ridotto le loro conversazioni a semplici scambi di battute sarcastiche.

Scese dopo circa dieci minuti, prese il sacchetto sul bancone della cucina, si caricò lo zaino in spalla e uscì di casa.

“Tenma…” gridò suo padre

“Che vuoi?”

“Rientri per pranzo?” chiese

“Non lo so”

“Nel caso volessi tornare, sappi che io starò a casa” gli disse

“Naturale, e dove potresti essere se no. Di certo non ha cercarti un lavoro.” Rispose il ragazzo

“Attento a come parli stronzetto, cerca di portare rispetto per tuo padre.” Disse afferrandolo per il braccio.

“Io non vedo nessuno degno di rispetto davanti a me” si liberò della stretta uscendo e sbattendo la porta.

Prese l’autobus alla fermata giusto un attimo prima che ripartisse. Salì tirando un lungo respiro per la corsa che aveva appena fatto e alzò la testa alla ricerca del suo migliore amico, che come di consueto lo aspettava nei sedili in fondo con l’i-pod inforcato nelle orecchie.

“Ma dico, già di primo mattino a rintronarti con questa musica? Sfido io che non capisci niente in classe.” Disse Tenma tirandogli via le cuffie.

“Ehi… ma tu guarda, io sono perfettamente lucido e poi ricordati che tra noi il ripetente sei tu non io.” Gli rispose Yato.

“Eccolo che riparte con le solite storie, per favore è…” incrociò le braccia dietro la testa e allungò le gambe su di un altro sediolino per stendersi meglio. Era sempre una nota dolente quando il suo amico gli ricordava che lui a quest’ora avrebbe dovuto frequentare il terzo anno di liceo, mentre invece era rimasto al secondo dopo aver ricevuto delle sonore insufficienze in ben quattro materie.

In questa prima, di molte, sconfitte adolescenziali che il suo ego avrebbe dovuto sopportare c’erano però una nota positiva ed una negativa. Quella positiva era senz’altro aver conosciuto Yato, con il quale aveva legato fin da subito. Quella negativa era non poter essere nella stessa classe con la ragazza di cui era segretamente innamorato, la dolcissima Sasha. L’autobus si fermò e i due ragazzi scesero incamminandosi verso l’istituto scolastico.

“Ci pensi mai a come sarebbe stato…” chiese Yato

“Sarebbe stato cosa?”

“Se invece di venire qui in Italia fossi rimasto in Germania”

“No sinceramente, non mi sono mai posto il problema, ero troppo piccolo per ricordare. Ma presumo che se fossi rimasto lì adesso parlerei meglio il tedesco e poco l’italiano.” Disse ridendo

“Non parli bene nessuna delle due amico” disse Yato

“Sei il solito idiota” gli disse tirandogli un calcio.
Proseguirono tra scherzi e battute fino al cancello d’entrata, poi poco prima di varcare la soglia, Yato richiamò l’attenzione di Tenma.

“Ehi… guarda chi ce in fondo al viale. E’ lui non è vero?” chiese, aspettando una conferma che non serviva.

“Si è lui, e chi altri se no…”

Ormai conoscevano bene l’uomo dai capelli corti e lo sguardo sempre coperto dagli occhiali da sole, anche con la pioggia. Si fermava sempre al solito posto, in una berlina blu scura perfettamente tirata a lucido. Quello era il quarto giorno che se lo ritrovavano fuori scuola, se non c’era all’entrata, all’uscita era lì di sicuro, e li osservava. Anzi no… osservava Tenma, si perché anche con quei pesanti occhiali l’espressione del suo viso era talmente eloquente da non lasciare dubbi cercava qualcosa e la voleva da lui.
 
 

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Capitolo 2
*** Velate minacce ***


Al suono della campanella i corridoi erano un brulicare di studenti, tutti a correre da una parte all’altra cercando di arrivare prima dell’insegnante.
La classe di Tenma e Yato era in fondo al corridoio, e dava modo ai ragazzi di accorgersi se la lezione era già cominciata o meno.

“Ciao Tenma, sempre di corsa vedo?” una dolce visione aveva cambiato il corso di quella che si prospettava come una pessima giornata.

“Buongiorno Sasha, spero di fare in tempo almeno oggi.” Rispose

“Come procedono le cose, ce la farai quest’anno?” chiese con un sorriso.

“Ci sto provando davvero, giuro. Ce la metterò tutta…” intanto Yato lo tirava per la maglia costringendolo a sbrigarsi.

“Ma perché mi tiri in questo modo che cavolo…”

“Smettila di fare quella faccia da tonto ogni volta che la vedi ed entriamo in classe.” Si sedettero nei banchi pochi secondi prima che entrasse l’insegnante.

“Buongiorno ragazzi. Bene, vedo che anche i consueti ritardatari questa mattina sono riusciti ad arrivare in tempo, ne sono sorpreso. Comunque… quest’oggi metteremo per un attimo da parte la lezione sullo sviluppo dell’Impero Romano e del Cristianesimo per approfondire un po’ l’epica e la narrativa legata ai miti dell’antica Grecia.”

Tenma ascoltava ma non prestava attenzione, guardava fuori dalla finestra e pensava allo strano tizio che da giorni sostava fuori la sua scuola. Poteva essere chiunque, uno spacciatore, un delinquente, un maniaco eppure il suo aspetto sembrava quello di una persona sicuramente agiata e molto sicura di sé.

“Signor Tenma… Tenma sei con noi?” lo richiamò l’insegnante distogliendolo da i suoi pensieri.

“Mi scusi professor Ilias, mi ero distratto” rispose

“Me ne sono accorto. Ti dispiacerebbe deliziarci con la tua voce aprendo il libro al capitolo 9. Grazie.”

Un altro richiamo, dal suo insegnante preferito tra l’altro. Storia, era una delle poche materie in cui eccelleva. Ecco perché il suo professore cercava in qualche modo di aiutarlo spronandolo anche con le altre discipline. Le ore di lezione si alternarono come sempre finchè il doppio suono della campanella non mise fine ad una giornata interminabile.

“Allora che ne dici mangiamo qualcosa fuori? Dai, il tempo che avviso a casa e andiamo.” Gli disse Yato.

“Ok va bene, tanto non avevo nessuna intenzione di tornare a casa da quell’impiastro di mio padre.” Rispose

“Senti Tenma devi smetterla con questa guerra con tuo padre, lascialo perdere, sai com’è fatto non puoi cambiarlo.”

“Che si togliesse dai piedi allora invece di vivere a casa nostra sulle spalle di mia madre. E’ solo un parassita.”

“Chi è un parassita?” I due ragazzi nel parlare lungo il corridoio non si accorsero di avere il loro insegnante proprio di fronte.

“Professor Ilias, no… mi scusi io parlavo di un'altra persona, cioè intendevo…” cominciò ad incartarsi con le parole.

“So che non ti riferivi a me figurati. Comunque ne approfitto per ricordarti che domani pomeriggio c’è il colloquio con le famiglie.” Gli disse.

“Certo si, non lo dimenticato.”

“Bene mi fa piacere che sia in cima ai tuoi pensieri, perché gradirei parlare con tuo padre.” Tenma sbiancò e Yato strabuzzò gli occhi.

“Professore è mia madre che si occupa di faccende scolastiche, mio padre è impegnato e non credo che…”

“Tuo padre Tenma! Voglio parlare con lui. Se non si presenterà verrò personalmente a casa tua, sono stato chiaro?”

“Si signore” rispose

“Perfetto, arrivederci ragazzi. E studiate.” Finalmente uscirono in cortile e così Tenma potè sbollire tutta la sua rabbia.

“Ma che cavolo, mio padre! Ma dai non verrà mai qui, non sa nemmeno chi siano i miei insegnanti.”

“E tu vieni con lui?” gli consigliò Yato

“Non voglio coinvolgerlo, non voglio che si occupi della mia vita o che si interessi dei fatti miei” disse alzando la voce.

“Sei nei casini Tenma, se il professore Ilias ha detto che verrà fino a casa tua stai certo che lo farà.”

“Me ne frego di quello che vuole fare, che venga pure, si accorgerà del padre amorevole che mi ritrovo e poi…” s’interruppe di colpo accorgendosi solo dopo che nella foga della discussione era finito addosso a qualcuno. Yato, che aveva notato l’uomo molto prima di Tenma, era rimasto immobile diversi passi indietro al suo amico.

“Ma che diavolo… mi scusi io non ho visto…” alzò lo sguardo bloccandosi di colpo, non poteva essere, era lui!

L’uomo con gli occhiali da sole e la berlina blu scuro. Le parole gli morirono in gola non sapeva che fare, si ricordò di essere comunque in un luogo pubblico dove c’era molta gente cosi si fece coraggio e parlò.

“Cosa vuole da me? Chi è lei, e perché sono giorni che mi osserva fuori scuola? Avanti me lo dica subito?”

L’uomo non si scompose minimamente, fece una smorfia divertita togliendosi gli occhiali e rivelando degli occhi azzurri molto scaltri ed enigmatici. I due ragazzi lo osservarono stupiti. Era la prima volta che lo vedevano cosi da vicino, era un uomo elegante sulla trentina. Indossava un completo di lino grigio chiaro con la camicia lasciata aperta di proposito e senza cravatta, in modo che si notasse la catenina sottile che portava al collo e che aveva uno strano ciondolo appeso. Sembrava il simbolo di un fuoco, una fiammella più che altro, dai colori bluastri davvero molto inusuale.

“Tu sei Tenma vero? Il figlio di Yoma” chiese, osservando il ragazzo.

“E a te cosa frega saperlo?” rispose lui, mostrandosi risoluto.

“E’ inutile che cerchi di fare il duro con me bamboccio, si vede lontano un miglio che te la fai sotto dalla paura.” Disse, deridendolo .

“Tu non mi conosci non sai niente di me, sei solo uno che si diverte a guardare i ragazzini fuori scuola…”  L’uomo lo prese per un braccio girandolo al contrario e mettendogli l’altra mano sulla spalla in modo da simulare un abbraccio.

Tenma emise un leggero urlo di dolore mentre Yato si guardava intorno in cerca d’aiuto.

“Ascoltami bene ragazzino io so benissimo chi sei, e devi consegnare un messaggio per me.” Tenma provò a liberarsi da quella stretta.

“Sta fermo o ti spezzo il braccio. Ascoltami bene, di a quel pezzo di merda di tuo padre che Manny lo sta cercando, e che è meglio per lui che mi restituisca ciò che mi deve, se non vuole che suo figlio ne paghi le conseguenze.”

“Non so di cosa parli...” rispose

“Fattelo spiegare da lui, credo che ne sarà felice. Digli che lui sa dove trovarmi, lo aspetto questa sera. Se non si presenta tornerò a cercarti. E ti farò molto… molto male.”
 
 

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Capitolo 3
*** Un amara verità ***


L’uomo si rimise gli occhiali, raggiunse la sua auto camminando tranquillamente e scomparendo nel traffico.
Tenma si teneva stretto il braccio ancora dolorante mentre Yato gli andò vicino.

“Ehi… va tutto bene? Ti fa male? Ma si può sapere che diavolo voleva quello da te, e come faceva a conoscere il tuo nome?”

“Non lo so, ma credo di sapere a chi chiedere spiegazioni.” Corse via in direzione della fermata dell’autobus, lasciando Yato immobile nel cortile.

“Aspetta ma dove vai adesso?” gli urlò

“A casa, ci sentiamo più tardi…” disse, correndo lungo la strada.

Era l’ultima cosa che voleva fare, tornare a casa sapendo che sua madre non c’era. Lei lavorava sempre tutto il giorno, tornando spesso la sera tardi. Quando era presente riusciva a mitigare i continui litigi tra i due, adesso però, era arrivato il momento di affrontare suo padre a viso aperto.

Il ritorno in autobus da solo, senza la presenza di Yato, lo costrinse a pensare e così la mente vagava. Ricordava poco dei primi anni di vita trascorsi in Germania, tutto ciò che sapeva glielo aveva raccontato sua madre, e lui aveva sempre creduto che avesse omesso le cose peggiori.

Il rapporto tra i suoi genitori si inclinò poco dopo la sua nascita. Sua madre cercò di tenere insieme i pezzi di un unione ormai logora, fino a quando un giorno decise di trasferirsi in Italia e ricominciare daccapo. La vita a due andava più che bene per Tenma, non gli mancava niente, sembrava aver trovato una sua dimensione.
Fino a quando sei mesi dopo il loro trasferimento Yoma si presentò alla porta di casa. Sembrava cambiato, diverso, voleva riprovarci e sua madre che lo aveva sempre amato ci cascò in pieno. L’idillio familiare durò poco, le cose tornarono quelle di un tempo e intanto Tenma covava dentro sé un forte risentimento a lungo sopito.

L’autobus si fermò, scese di corsa precipitandosi in casa. La cucina era deserta, gettò lo zaino su una sedia e andò in soggiorno. Suo padre era sdraiato sul divano con la sigaretta tra le labbra che guardava annoiato la tv. Tenma strinse i pugni, mentre una rabbia incontrollata gli aumentava dentro.

“Ah sei tornato alla fine…”

“Spegni la tv devo parlarti!” gli disse

“Senti non cominciare a dirmi quello che devo fare” rispose alzandosi dal divano per mettersi seduto.

“Spegni quella cazzo di tv, ora!!!"

Yoma lo guardò con fermezza e capì dagli occhi del ragazzo che qualcosa di grave era successo.

“Chi diavolo è Manny?” disse d’un fiato. E’ l’uomo spense la cicca in un posacenere schierandosi la voce.

“Come sai questo nome?” chiese

“Come lo so? Te lo dico subito come lo so. Questo tizio sono giorni che mi pedina fuori scuola, ha detto che ti conosce e che devi restituirgli qualcosa. Stava quasi per spezzarmi un braccio dannazione!” gli urlò contro.
Yoma si alzò andò alla finestra accendendo un’altra sigaretta.

“Penso io a risolvere tutto, tu stanne fuori” rispose

“Ah è così? Mi liquidi dicendomi che te ne occupi tu. Oh… si certo tu risolvi tutto, è normale, perché in fondo sono casini che tu hai creato e come al solito noi ne veniamo coinvolti.”

“Ha sbagliato a venirti a cercare, stavolta a passato il limite.” Disse Yoma

“Hai sbagliato tu a tornare! Ecco qual’ è l’errore, dovevi stare fuori dalle nostre vite, invece di coinvolgerci nei tuoi affari. Tu ci hai portato solo problemi, vivi alle spalle di mia madre, spendi i suoi soldi a carte e fumando quello schifo. Cosa sei tu? Non certo un padre o un marito. Tu non sei niente!”

Cercò di riprendere fiato aspettando che i battiti del suo cuore rallentassero, finalmente gli aveva detto ciò che realmente pensava, senza scuse ne giri di parole. Quello che era accaduto fuori scuola rappresentava un limite ormai ampiamente superato.

“Sei soddisfatto? Ti senti meglio. Hai capito tutto tu non è vero? Perché quelli come te credono di sapere sempre tutto della vita giudicano senza sapere, perché è più semplice che fare domande.”

“Cosa avrei dovuto chiederti? Le risposte che mi servono sono davanti hai miei occhi. Io vedo mia madre che si spacca la schiena da mattina a sera per tirare avanti. E vedo te che te ne freghi di tutto e tutti e passi le tue giornate girovagando per strada o nelle bische a giocare a carte. Questo vedo e tanto mi basta.”

Non voleva piangere non davanti a lui, mostrarsi debole era l’ultimo dei suoi pensieri, eppure quelle lacrime proprio non riusciva a fermarle.

“Non sono un padre modello ne un marito affidabile, forse non lo sono mai stato. E’ vero ho il vizio del gioco non lo nego, e perché dovrei. Vuoi la verità? Te la dirò allora… l’uomo che ti ha cercato, si quel Manny, gli devo del denaro, parecchio denaro. Ecco perché si è rivolto a te, per arrivare a me. Ma ti assicuro che non gli permetterò di farti del male, risolverò la questione.” Disse gettando la sigaretta che si era consumata da sola.

“Come pensi di fare? Lui ha detto che sai dove trovarlo, ma se non gli restituisci quel denaro non penso che lui sarà tanto comprensivo nei tuoi confronti.” Disse Tenma

“Su questo puoi scommetterci non lo sarà di certo…” rispose sarcastico.

“Ma allora perché? Perché ti sei ridotto a questo, avevi una moglie che ti adorava, avrebbe fatto di tutto per te, invece adesso ti guarda e vede un pallido ricordo di quello che eri. Avevi me, hai lasciato che lei mi crescesse da sola, sacrificando la sua vita, e lasciando me senza l’amore di un padre.”

Quanto erano crudelmente vere quelle parole. Aveva temuto per tanto tempo di ascoltarle, lui che aveva sempre pensato solo a se stesso allontanando le persone che gli volevano bene. Persino con i suoi fratelli non aveva più contatti a causa del suo carattere. E suo figlio adesso, un ragazzino di appena quindici anni, lo metteva di fronte all’inutilità della sua vita. Come avrebbe mai potuto giustificarsi.

“Ho avuto paura. La paternità era un qualcosa a cui non ero pronta, mi sentivo soffocare sotto il peso delle responsabilità e così sono andato via… questa è la verità.”

“E perché sei tornato allora? Io e la mamma ce la siamo sempre cavata anche senza di te. Non saresti dovuto venire a cercarci. Io di un padre come te non so che farmene.”

“E se ti dicessi che mi mancavate, che volevo starvi accanto…”

“Stronzate! Non ci credo, non ti sei mai sforzato di cercare un dialogo con me, non te ne mai fregato niente. Sai che ti dico, spero che quel Manny ti trovi e ti rompa la faccia così comincerai a capire cos’è il dolore.” Prese lo smanicato che aveva lasciato in cucina con lo zaino intenzionato ad uscire da quella casa e terminare quella che per lui era una discussione inutile.

“Tenma aspetta…” gli urlò Yoma, e lui senza sapere bene il perché si fermò. “Credimi, tu e tua madre siete le persone più importanti della mia vita.” Gli disse.

“Ha i uno strano modo per dimostrarlo…” uscì sbattendo la porta.
 

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Capitolo 4
*** Incontro inaspettato ***


Finalmente era fuori da quella casa e soprattutto lontano da lui. Non sapeva dove andare, ne cosa fare, era tutto così assurdo aveva sempre cercato di tenersi fuori dalla vita di suo padre, di avere con lui un cordiale rapporto di totale indifferenza. Adesso invece si trovava coinvolto in qualcosa che non sapeva assolutamente come gestire ne tanto meno come tirarsene fuori. Se Yoma avesse incontrato quell’uomo con molte probabilità ne sarebbe uscito con le ossa rotte, e in parte la cosa non gli dispiaceva, ma era la cosa giusta? Non lo sapeva e forse non voleva neanche pensarci.

L’ora di pranzo era passata da un pezzo ormai, era primo pomeriggio e il suo stomaco brontolava insistentemente, così decise di prendere la stradina per il parco dov’era sicuro di trovare aperto un chioschetto che faceva degli ottimi panini.
Prese a frugare nelle tasche e finalmente trovò i soldi che gli servivano.

“Cosa prendi ragazzo?” chiese l’uomo dietro il  bancone.

“Allora… me ne faccia uno completo. Hamburger, insalata, pomodoro, doppio formaggio, maionese e ketchup.” Disse soddisfatto.

“E la signorina cosa prende?”

Tenma sgranò gli occhi non capendo l’uomo a chi si riferisse, si guardò intorno e non vide nessuno, finchè una risata sommessa non lo costrinse a voltarsi. Non poteva credere che fosse proprio lei…

“Sa… Sasha sei tu?” disse un po’ imbarazzato

“Ciao Tenma, che bello vederti. Ah… mi scusi, per me una crepes alla nutella.”

“Beh… sai io non ho pranzato e quindi adesso… ecco” andò in confusione totale, come gli capitava ogni volta che la vedeva.

“Ecco a voi ragazzi e buon appetito.” Tenma prese le ordinazioni, e pagò per entrambi.

“Non avresti dovuto Tenma credimi, comunque grazie.”

“Figurati per così poco.”

Si sedettero su una delle panchine del parco, e lui ebbe quasi vergogna nell’ addentare quell’enorme panino, ma il suo stomaco reclamava del cibo e sentirlo borbottare forse era ancora più imbarazzante. La ragazza sorrise divertita mangiando con gusto la sua crepes.

“Come mai non hai pranzato a casa oggi?” chiese lei

“Veramente mia madre non ce mai a pranzo, lavora tutto il giorno…” rispose

“E tuo padre?” continuò Sasha

“Lui è il motivo per il quale sto mangiando fuori. Meno lo vedo e meglio è” disse, dando un altro morso al suo pranzo.

“Rapporto difficile il vostro?”

“Diciamo che non ce nessun tipo di rapporto, ci sopportiamo e basta.” Concluse lui.

A quelle parole Sasha s’intristì abbassando leggermente gli occhi. Tenma se ne accorse e pensò di aver detto qualcosa di sbagliato.

“Scusami, ho forse detto qualcosa che ti ha infastidito?” chiese subito.

“No… no assolutamente, e che sai… io vivo con i miei zii non ricordo bene i miei genitori, sono morti quando ero piccola. E ho sempre provato un po’ d’invidia per chi ha la fortuna di averli.”

Lui rimase sorpreso dalla dolcezza e dalla semplicità con la quale lei gli aveva raccontato della sua vita.
“Mi dispiace Sasha non immaginavo.” Disse sinceramente rammaricato.

“Tranquillo, per me va bene sai. Ho tutto l’affetto che potrei desiderare è solo che quando sento parlare di ragazzi che non vanno d’accordo con i propri genitori non posso che dispiacermi. Voi non vi rendete conto della fortuna che avete.” Disse lei.

“Credimi se tu conoscessi mio padre non parleresti cosi. Lui è la persona più egoista ed egocentrica che conosca, conta solo lui e gli altri sono solo pedine nelle sue mani.” Disse, finendo il suo panino con un ultimo morso.

“Essere genitore non è facile Tenma, spesso si crede che loro siano infallibili ma non è così. Genitore non si nasce, ma si può imparare ad esserlo grazie alla comprensione dei propri figli.”

Lui la guardò e rimase incantato dalla profondità di quegli occhi verdi e dalla dolcezza che emanava ogni espressione del suo viso.

“Grazie Sasha” le disse

“Per cosa?”

“Per essere come sei… nulla di più”

“Sei proprio strano Tenma. Comunque adesso devo andare, mi ha fatto davvero piacere chiacchierare con te. Ci vediamo a scuola domani?”

“Certamente contaci.”

Si alzarono dalla panchina e lei si sistemò il vestito
“Pensa a quello che ti ho detto Tenma, nessuno è perfetto, dai una chance a tuo padre e aiutalo a cambiare, così facendo migliorerai tu stesso.”

Gli si avvicinò leggermente e lui avvertì il suo delicato profumo inebriargli i sensi, la ragazza si alzò sulle punte dei piedi dandogli un dolce bacio sulla guancia.

“A domani Tenma” lo salutò e corse via.

Lui rimase immobile, rosso come se stesse per prendere fuoco, con il cuore che batteva all’impazzata. Non ebbe il tempo di ricambiare il saluto, si sfiorò la guancia dove lei lo aveva baciato saltando dalla gioia e correndo letteralmente verso casa.

Per un attimo aveva dimenticato tutto, l’aggressione a scuola, il litigio con suo padre e le incertezze sul cosa fare. Aprì la porta e vide sua madre.

“Mamma! Sei tornata prima?” chiese sorpreso

“Beh… se per te tornare a casa alle 18:30 di sera significa tornare prima, allora si. Sono tornata prima.”

“A volte sei rincasata anche più tardi.” Rispose

“Questa sera no invece. Tu piuttosto, sembri avere un aria felice? Tutto bene a scuola?”

“Si… si tutto bene, ah domani ci sono gli incontri con le famiglie” disse togliendosi il giubotto.

“Lo so… ma non credo di farcela” rispose lei preparando la cena.

“Veramente i miei professori non vogliono vedere te…”

“A no? E chi allora?”

“Vogliono parlare con papà!”

“Questa è bella. Dovrai trascinarlo per i capelli allora, sempre che tu riesca a schiodarlo dal divano.”

“Approposito ma dov’è?” chiese Tenma, non vedendolo in giro

“A detto che aveva un impegno con degli amici, e che avrebbe fatto tardi.”

Tenma si bloccò all’improvviso,  c’era andato davvero, aveva intenzione d’incontrare quel Manny. D’un tratto si sentì uno schifo per aver taciuto tutto e aver pensato solo alle sue fantasticherie adolescenziali.

“Dov’è andato di preciso mamma?”

“Devo proprio dirtelo Tenma? E poi cosa importa, lo sai gli incontri con gli amici di tuo padre finiscono sempre intorno ad un tavolo verde. E domani tornerà con la coda tra le gambe per spillarmi altri soldi.”

“Stavolta potrebbe non tornare affatto. Dov’è che è andato.” Insistette, e sua madre lo guardò preoccupata.

“Che sta succedendo Tenma?”

“Tu dimmi solo il nome del posto.” Ribadì

“Io non lo so, non me lo ha detto. Ma so che da quando è qui frequenta spesso un posto che si chiama Amnesia Cafè.”

“Ok perfetto… io esco, ci vediamo più tardi.” Corse via

“Ma cosa… Tenma aspetta un attimo fermati.”

Non riuscì a trattenerlo, il ragazzo corse fuori in un attimo, non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto, sapeva solo che doveva correre da lui.

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Capitolo 5
*** Irruenza giovanile ***


L’Amnesia Cafè non era un posto frequentato da tutti, la gente di quel quartiere lo sapeva bene, e se poteva, se ne teneva alla larga. Nonostante la sua, non proprio rinomata fama, era un bar moderno ed elegante molto curato e ricercato sia nel servizio che nell’arredamento.

Yoma entrò un po’ trafelato guardandosi intorno. Un tavolo era occupato da una coppia, un'altro da quattro persone che sembravano discutere di questioni lavorative. Si avvicinò per ordinare.

“Buonasera prende qualcosa signore?” chiese il bar man.

“Vodka con ghiaccio, grazie” rispose Yoma.

Il ragazzo dietro al bancone lo conosceva bene, nell’ultimo periodo lo aveva visto più volte e sapeva con quali persone si aggregava. E infatti dopo avergli servito la vodka anticipò la domanda che Yoma gli avrebbe fatto di lì a breve.

“Siete atteso signore, credo sappiate anche da chi.” gli disse

“Lo so bene…” bevve la vodka tutta d’un sorso, accendendosi l’ennesima sigaretta.

“Dove si trova il signor De Rosa?” chiese Yoma

“Nella saletta privata qui accanto, credo che la conosciate?”

“La conosco infatti.” Yoma si alzò e raggiunse la porta della stanza, non bussò, non serviva. Sapeva che lo stavano aspettando e sapevano che lui non sarebbe mancato.

Aprì la porta e una nuvola di fumo gli arrivò dritta in viso facendolo voltare di scatto.

“Yoma, amico mio sei arrivato…” Manny non tardò a palesarsi davanti a lui, sempre elegante e con l’aria spavalda.

“Dobbiamo parlare da soli…”  disse Yoma

“Ce poco da parlare, tu mi devi del denaro e come sai i debiti di gioco si onorano.”

“Tu hai minacciato mio figlio e questo non te lo permetto, lui non c’entra niente con i nostri affari.” Disse con risolutezza.

“Stai attento alle parole che usi Yoma, tu non vieni qui ad alzare la voce con me è chiaro. Tu mi restituisci il mio denaro ed io, forse, sarò generoso e ti farò uscire sulle tue gambe.” Disse l’uomo avvicinandosi.

“Io non ho quel denaro Manny lo sai.” Rispose. L’uomo lo guardò come se non fosse sorpreso da quelle parole, e per tutta risposta gli sferrò un pugno dritto nello stomaco facendolo piegare a terra.

“Questo potrebbe essere un problema amico mio… sei venuto qui pur non potendomi restituire ciò che mi devi, hai fegato, ma questo non ti servirà.”

“Sono venuto per dirti di lasciare in pace mio figlio pezzo di merda.” Yoma si alzò prendendolo per le spalle e facendolo cadere sopra un tavolo li vicino.

Manny si voltò all’istante prendendolo a pugni sul viso e sulla testa, i due cominciarono a lottare, ma in breve tempo gli uomini presenti nella stanza intervennero prendendo Yoma e allontanandolo di peso. Lui cercò di difendersi per quel che poteva ma in tre contro uno c’era poco da fare.

“Cosa diavolo credevi di fare pezzo d’idiota. Vieni qui nel mio locale senza i miei soldi e pretendi di uscirne illeso… sei uno stolto.”

Yoma era a terra, il viso ormai ridotto ad una maschera di sangue, il torace che gli doleva per i colpi ricevuti e forse aveva anche una spalla slogata. Ad un tratto gli parve di sentire una voce, inizialmente pensava di sbagliare ma poi si accorse che era proprio la sua.

“Fermati subito ragazzo! Non puoi entrare lì dentro fermati ti ho detto.”

“Va al diavolo…” Tenma spalancò la porta ed entrò. “Papà ma cosa…” rimase senza parole vedendolo ridotto in quel modo.

“Tenma che ci fai qui vattene subito!” disse Yoma con un filo di voce.

“Siete dei bastardi, prendervela con una persona in quattro di voi. Davvero un gran coraggio il vostro.” Gli urlò in faccia.

“Hai fegato ragazzo a presentarti qui, potrei farti fare la fine di tuo padre, lo sai?” disse Manny estraendo un coltello a serramanico dalla giacca.

“Vai via Tenma scappa!” gridò Yoma ricevendo l’ennesimo calcio nello stomaco.

“Non me ne vado se lui non viene con me!” disse

“Sul serio? Se vuoi te lo posso rispedire a pezzi… scegli tu?” rispose l’uomo.

“Tu non mi fai paura, sei solo uno sbruffone che si diverte a minacciare la gente. Ma se adesso tu lo ammazzi o fai qualcosa a me non solo non riavrai più i tuoi soldi ma avrai anche la polizia addosso. Pensaci, non so quanto ti convenga.” Disse Tenma. Manny sorrise compiaciuto.

“Sei un tipo sveglio per essere un ragazzino, forse hai più coraggio di tuo padre. Quindi mi chiedo cosa te ne può fregare di un pezzo di merda come lui. Lascialo a noi te lo toglieremo dai piedi.”

“Questi non sono affari tuoi, se poi vuoi correre il rischio che vengano a perquisire questo posto puoi pure pestarci entrambi, vedremo che ne penseranno in ospedale quando farò il tuo nome, e credimi lo farò con piacere.” Disse, sperando di essere stato convincente. Manny lo guardò dritto negli occhi, aveva ancora il coltello in mano.

“Yoma… noto con piacere che nella tua famiglia ce qualcuno con le palle. Buon per te.” Richiuse il coltello rimettendolo nella giacca.

“Ragazzi lasciatelo stare, credo che per stasera abbia capito la lezione, ma ricordati che il debito non è saldato.
Ringrazia tuo figlio se esci di qui ancora intero stasera.” Fece cenno con la testa ai tre uomini che lo seguirono senza dire una parola. Tenma tirò un sospiro di sollievo aiutando suo padre a rialzarsi.

“Cosa ti è saltato in mente. Sei un idiota Tenma avrebbero potuto ammazzarti.” Disse Yoma tossendo ripetutamente.

“Invece non lo hanno fatto, credo che tu mi debba un favore.” L’uomo guardò il ragazzo mentre lo sorreggeva per le braccia e pensò che in fondo suo figlio era cresciuto davvero bene malgrado il suo pessimo esempio.

“Come ti senti?” chiese Tenma

“Un rottame direi”

“Te la sei cercata”

“Stavolta hai ragione, me la sono cercata, ma adesso basta.” Gli disse. Tenma lo guardò sorpreso e dubbioso.
“Cos’è il tuo amico ti ha messo la strizza addosso?”

“Non è per lui, me ne frego delle minacce di Manny. Ma ho capito una cosa…”

“E cioè?”

“Che se sei venuto qui stasera, vuol dire che in fondo pensi che ne valga la pena aiutare un tipo come me. E quindi, quanto meno devo ricambiare questo tuo sforzo cercando di essere migliore di quello che sono stato fin ad ora.”

Tenma rimase sorpreso, per la prima volta riuscivano a parlare senza urlare e senza litigare, erano sincere quelle parole non sapeva perché ma era così. Non erano parole dettate dalla paura del momento, ma dalla voglia sincera e reale di voler cambiare o per lo meno di provarci. Camminavano lentamente per strada, le persone guardavano Yoma bisbigliando inorridite.

“Sono davvero tanto terribile?” chiese

“Di certo non sei un bel vedere, e quando ti vedrà la mamma le verrà un colpo.” Disse Tenma.

“Mi dispiace…” la sua voce era un bisbiglio.

“Lo pensi davvero?”

“Questa volta si” rispose Yoma

“Allora dispiace anche a me” gli disse

“E per quale motivo? Tu non hai fatto niente?”

“Per averti giudicato senza cercare di capirti.”
Yoma sorrise, respirando lentamente, dopo tanto tempo sentì il suo cuore più leggero.

“Ah… dimenticavo, domani ci sono gli incontri con gli insegnanti.”

“Sul serio?”

“E’ si, e vogliono parlare personalmente con te.” Disse Tenma

“E dovrei venire conciato così?” gli chiese perplesso

“Certo che devi, possiamo sempre dire che sei un lottatore di box?”

“Si come no…” risero insieme, per la prima volta come padre e figlio. Come due persone diverse tra loro che cercano di appianare i difetti l’uno dell’altro per costruire qualcosa di nuovo.

“Comunque sia… ci sarò senz’altro Tenma, contaci.” Allungò il braccio dolorante scompigliando i capelli del ragazzo, lui accennò ad un sorriso.

“Reggiti a me se non vuoi cadere e farti altri danni. Non vorrei portarti in carrozzina domani davanti ai professori.”

“Almeno avresti la promozione assicurata con un padre invalido.” Disse ridendo

“Allora non tentarmi.” Rispose Tenma
 
 

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Capitolo 6
*** Un nuovo inizio ***


Rientrarono in casa silenziosamente credendo che sua madre stesse già dormendo. Invece era in soggiorno che li aspettava. Appena vide Yoma sorretto da Tenma e pieno di lividi si portò le mani alla bocca per lo spavento.

“Mio dio ma cosa… Tenma tu cosa c’entri in tutto questo? E tu, come hai potuto trascinare tuo figlio nelle tue risse, rischiando che potesse accadergli qualcosa!” disse la donna.

“Mamma posso spiegarti…”

“Sta zitto tu, non provare a giustificarti.” Gli urlò

“E’ colpa mia mi dispiace. Lui non c’entra niente, è stato coinvolto senza volerlo, ma adesso è tutto apposto credimi.” Disse Yoma

“Si come no, dici sempre così tu, ma poi ci ricaschi ogni volta, come se non ti conoscessi.” Gli ricordò lei.

“E’ vero non ho giustificazioni per il mio comportamento, ma stavolta vorrei dimostrarti che posso e voglio cambiare. So di non meritare il tuo perdono ma almeno lascia che ci provi.” Lei tirò un sospiro incrociando le braccia, quante volte aveva già sentito quelle parole, perché adesso dovevano essere diverse dalle altre? Non sapeva se credergli, quindi per quella sera decise di lasciar perdere.

“Vado a prepararti un bagno caldo e poi vi riscaldo la cena.” Disse allontanandosi.

Cenarono in silenzio, lei non chiese ulteriori spiegazioni, e loro nemmeno ci provarono a riaprire il discorso, convinti che qualsiasi cosa avessero detto avrebbe solo aggravato la loro posizione.
Quella notte fu molto agitata per Partita, si rigirava nel letto non riuscendo a prendere sonno, così decise di scendere per bere un bicchiere d’acqua. Cercò di non fare rumore per non farsi sentire, ma poi si accorse che Yoma che si lamentava per i forti dolori.

“Sei ancora sveglio?” gli chiese. Lui alzò appena la testa.

“Ah… sei tu, beh diciamo che non sono proprio nelle condizioni migliori per riposare.”

“Saresti dovuto andare in ospedale.”

“No, non credo sarebbe stata una buona idea.” Rispose

“E domani? Come pensi di fare all’incontro con gli insegnanti?”

“Semplice… ci andrò normalmente”

“Credo sia meglio per tutti che ci vada io” disse lei, incamminandosi per tornare di sopra.

“No assolutamente. Vogliono vedere me e ci andrò, lo promesso a Tenma.”

“Conciato in quel modo ti farai solo sparlare alle spalle. Evita almeno quest’umiliazione stavolta.”

“Non mi importa, non mi è mai interessato il giudizio degli altri. Io lo faccio per mio figlio, non gli darò un'altra delusione. Che mi critichino pure se vogliono non è affar mio.” Rispose

“Vedo che fai sul serio stavolta?” disse lei sorpresa
.
“Non sai quanto”

“Bene, vedremo quanto durerà questa tua redenzione.” Fece per salire in camera ma poi si fermò.

“Se devi parlare con gli insegnanti di Tenma, sarebbe meglio che tu riposassi in un vero letto stasera. Sicuramente sarà più comodo di quel divano, vedrai che domani ti sentirai meglio.”

Yoma rimase sorpreso da quelle parole, era un velato invito a dormire in camera con lei, e per lui fu una sorpresa, visto che da mesi ormai non dormivano più nello stesso letto. Si alzò a fatica dal divano e la raggiunse sulle scale appoggiandosi dolcemente a lei.

L’indomani mattina Tenma scese a fare colazione, stranamente in anticipo, e notò che in cucina e nel soggiorno non c’era nessuno. Rimase al quanto sorpreso, e mentre si preparava del latte con i cereali sentì le voci dei suoi genitori che scendevano insieme dalla camera da letto.

“Buongiorno Tenma.” disse sua madre. Lui guardò entrambi sgranando gli occhi

“Buongiorno a voi… dormito bene?” chiese in tono ironico

“Fa poco lo spiritoso, tua madre ha pensato che fosse meglio per le mie condizioni riposare in un letto che sul divano.” Disse Yoma

“Oh si certo… come volete, io comunque vado di fretta stamattina quindi tolgo il disturbo, a più tardi. Ah… volevo ricordarvi che oggi non tornò a pranzo, dobbiamo trattenerci per sistemare le aule con gli insegnanti. Quindi ti aspetto a scuola ok?”

“Tenma sei sicuro che non sia meglio che venga io?” insistette sua madre.

“No tranquilla, se per lui va bene io sono d’accordo che venga.” Rispose

“Ci sarò, aspettami a scuola” disse Yoma. Tenma annuì e corsa di sopra a prepararsi.

 
Uscì di casa, come sempre di corsa per non perdere l’autobus e incontrò Yato.
“Tenma! Accidenti a te ma che fine hai fatto? Mi sono preoccupato.” Disse, finalmente sollevato nel rivedere il suo amico.

“Diciamo che quella di ieri è stata una serata un po’ movimentata.”

“Tutto bene? Hai raccontato a casa di quello che è successo?”

“Ne ho parlato con mio padre.” Rispose

“Con tuo padre? E cosa ti ha detto?”

“Abbiamo cercato di risolvere la questione…” spiegò in modo vago.

“Ma quel tizio inquietante, cosa diavolo voleva da te?”

“Lascia perdere non credo sarà più un problema, almeno per un pò.” Yato era decisamente confuso dalle risposte evasive del suo amico, ma decise di lasciar perdere, in vista di una giornata al quanto impegnativa.
Subito dopo le lezioni giornaliere i ragazzi si divisero in gruppi da quattro per aiutare gli insegnanti a sistemare le aule. Tenma e Yato ovviamente erano con il professor Ilias.

“Allora Tenma, sei silenzioso oggi, devo preoccuparmi?” disse il suo insegnante.

“No… no, sono solo occupato a sistemare la classe.” Rispose

“Sei sicuro che tuo padre verrà?” chiese Yato bisbigliando per non farsi sentire.

“Lo spero tanto…” cercando di convincere più se stesso che il suo amico.

Dopo che ebbero terminato di preparare tutto, finalmente le porte dell’istituto si aprirono per accogliere le famiglie. Il professore cominciò gli incontri parlando con i genitori dei vari alunni tra i quali anche quelli di Yato. Quando il colloquio terminò entrambi fecero segno al ragazzo di poter andare.

“Accidenti Tenma credevo di potermi trattenere di più!”

“Non preoccuparti vai pure ci sentiamo più tardi.”

“Fammi sapere allora… ciao” lo salutò e andò via.

Mentre Tenma si apprestava ad entrare in classe già pronto per un altro rimprovero dell’insegnante a causa dell’assenza di suo padre, sentì una voce che lo chiamava da lontano.

“Tenma… ehi eccomi.” Il ragazzo tirò uno sospiro di sollievo, Yoma era arrivato.

“Scusa il ritardo, tua madre ha passato un ora cercando di mascherare questi lividi.”

“Non fa niente, e comunque sembri peggio di prima, ma poco male, dai entra…” lo trascinò con se proprio mentre il suo insegnante salutava l’ultima coppia di genitori.

“Professor Ilias, lui è mio padre.”

“Molto piacere” disse Yoma allungando una mano.

“Piacere mio” rispose Ilias, guardandolo con un espressione al quanto contrariata.

“Finalmente ho il piacere di conoscervi, a dire il vero non ci speravo più.” Disse l’insegnante.

“Nemmeno io se è per questo.” Rispose Yoma, non suscitando però, la reazione sperata.

“Bene… veniamo a noi, Tenma è un ragazzo molto intelligente e probabilmente non meritava di ripetere l’anno, eppure non è mai costante nelle sue cose e questo è un vero peccato.”

“Lei ha ragione, il fatto è che abbiamo affrontato un periodo non facile e lui ne ha risentito.” Cercò di spiegare. Ilias però, continuò non perdendosi in chiacchiere.

“Io sono abituato ad essere molto chiaro e diretto. So che lei è una figura abbastanza assente nella vita di suo figlio, questo si evince dai comportamenti di Tenma, e ciò mi dispiace perché il ragazzo non lo merita.” Yoma si sentì colpito sul personale.

“Professore, lei è qui per parlare dell’andamento scolastico di mio figlio, o per insegnarmi a fare il padre?”

“Forse entrambe le cose…” disse, facendo calare improvvisamente un silenzio imbarazzante, e Tenma rimasto in disparte fino a quel momento, temeva davvero che la cosa potesse degenerare.

“Posso permettermi di darle del tu?” chiese l’insegnante

“Prego… si permetta pure!” rispose

“Vuoi la verità? Il modo nel quale ti sei presentato qui questo pomeriggio fotografa perfettamente il tuo modo di essere. Sei stato conciato male direi, e ci sono andati giù parecchio pesante.”

“Può essere, ma sono ancora intero.” Rispose “So di non essere un padre esemplare e forse sono stato poco presente, ma cercherò di rimediare perché Tenma lo merita, merita tutta la mia attenzione.”

“Vedo che almeno su una cosa siamo d’accordo.” Disse Ilias

“Per fortuna…”

“Allora se vuoi seguirmi ti presenterò agli altri colleghi.” Gli fece strada e tutti lo guardarono con un misto d’incredulità e stupore. Sia per il suo aspetto, che per il fatto di vederlo per la prima volta.
Alla fine però l’incontro con gli altri docenti non si rivelò poi così drammatico, fatta eccezione per qualcuno che lo guardava con aria di scherno, si potrebbe dire che Yoma se l’era cavata più che bene.

“Allora che ne pensi Tenma, ce lo fatta?”

“Certo, a fare una pessima figura di sicuro.” Rise. “Sto scherzando dai… hai avuto del coraggio a venire, altri al tuo posto non lo avrebbero fatto.”

“Comunque quel tuo insegnante è proprio una gran testa di cazzo.”

“Papà e dai!!!” lo interruppe

“Scusami... ci sto provando sai.” Disse Yoma

“Lo so, e ti prometto che ci proverò anch’io.”

“Grazie Tenma.”

C’era ancora tanto di cui parlare, e molto da recuperare, ma forse un primo ed importante passo era già stato fatto. Stavano imparando a costruire un dialogo che non avevano mai avuto. Non era semplice per due che avevano un carattere cosi simile e testardo, ma c’era tanta voglia di ricominciare e di imparare a conoscersi. E forse quello per loro poteva davvero essere un nuovo inizio.
 
 

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