L'amore si conta sulle lettere dell'alfabeto

di moonsvn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #Amortentia ***
Capitolo 2: *** #Bu! ***
Capitolo 3: *** #Cuccia ***
Capitolo 4: *** #Diario ***
Capitolo 5: *** #Erba Cipollina ***
Capitolo 6: *** #Fiore ***
Capitolo 7: *** #Gin Tonic ***
Capitolo 8: *** #Home ***
Capitolo 9: *** #Influenza ***
Capitolo 10: *** #Luce ***
Capitolo 11: *** #Momomiya ***
Capitolo 12: *** #Nastro ***
Capitolo 13: *** #Orso ***
Capitolo 14: *** #Pizza ***
Capitolo 15: *** #Quoziente ***
Capitolo 16: *** #Ratto ***
Capitolo 17: *** #Spogliatoio ***
Capitolo 18: *** #Tasso ***
Capitolo 19: *** #Uva ***
Capitolo 20: *** #Vincere ***
Capitolo 21: *** #Zeanne ***



Capitolo 1
*** #Amortentia ***



#Amortentia

 
Una luce soffusa proveniva dal salone. Nella stanza si trovava un’assonnata Strawberry, accovacciata sul divano ed intenta a divorare il suo ultimo acquisto in libreria.
L’orologio aveva da poco scoccato le 3:00 di notte quando Ryan Shirogane, girandosi tra le lenzuola, trovò l’altro lato del letto vuoto.
Non è possibile che stia ancora leggendo, pensò. 
Si alzò e con occhi ancora socchiusi si mosse verso l’unico spiraglio di luce in casa. E la trovò lì, i capelli aggrovigliati in uno chignon fatto di fretta e le sue piccole mani che sostenevano quel libro da cui non si separava mai.
«Momomiya, ti rendi conto di che ore sono?» le parole uscirono accompagnate da uno sbadiglio «Vieni a letto.»
La ragazza si distolse dalla sua lettura per incrociare lo sguardo del biondo, mormorando un veloce “arrivo”. Ryan, dal suo canto, roteò gli occhi al cielo, si avvicinò per lasciarle un veloce bacio sui capelli e fece per dirigersi verso il letto lasciato a malincuore poco prima.
«Ryan, ultimamente c’è un particolare odore che ti attrae?» la domanda arrivò chiara al biondo.
Riportò allora l’attenzione su Strawberry, che non aveva abbassato lo sguardo dal fidanzato. Fidanzato che aveva assunto ora un'espressione stranita per quanto gli era stato chiesto.
«Mh» ci pensò su «Cioccolato, credo».
Le lanciò un'ultima occhiata prima di darle le spalle, pregustando il suo ritorno tra le lenzuola.
Non notò il sorriso vittorioso di Strawberry.
Chiuse il libro di Harry Potter tremendamente soddisfatta.
 “...
e dovrebbe avere un odore diverso per ciascuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae”, diceva il libro riguardo l'Amortentia.
 

Nell’ultimo periodo il suo bagno schiuma era al gusto di cioccolato

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Capitolo 2
*** #Bu! ***


#Bu!

Era un caldo pomeriggio di luglio e Strawberry si trovava nella cucina del Café Mew Mew. Kyle le aveva chiesto il favore di lavare i piatti finché non avesse aggiustato la lavastoviglie e la ragazza, suo malgrado, si era sentita in dovere di accettare nonostante odiasse quella mansione –ma lui gliel’aveva chiesto così gentilmente che, insomma, come poteva dirgli di no? Quindi si era ritrovata ad insaponare bicchieri e ad asciugare piatti che aumentavano di volta in volta che le sue compagne pulivano i tavoli dei clienti.
In situazioni del genere, malediceva Ryan con tutte le sue forze per averla inclusa in quel progetto.
Sospirò fortemente, asciugandosi le mani dopo aver sciacquato le ultime posate rimaste nel lavabo. Non aveva visto Ryan per tutto il giorno, ma non era una novità: quando c’era qualcosa da fare, lui spariva con la scusa “siete voi le dipendenti, non io”.
Rimise infine tutto al proprio posto, incamminandosi verso la sala per dare una mano con il resto delle ordinazioni.
Beh, perlomeno quella era l’idea. Perché arrivata sull’uscio della cucina non fece in tempo a raggiungere le proprie compagne che «BU!», qualcuno saltò fuori dalla parete.
Conseguenze? Strawberry cacciò un urlo e si ritrovò col sedere per terra, il tutto accompagnato dalla risata cristallina e pura dell’attentatore.
Maledetto Shirogane!

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Capitolo 3
*** #Cuccia ***


#Cuccia


«Non posso credere che tu l’abbia fatto davvero!»
Strawberry marciò nel laboratorio con fare accusatorio palesemente contrariata.
«Come ti è saltato in mente di accettare?» continuò, infuriandosi ancora di più per il fatto che il ragazzo di fronte a sé la stava bellamente ignorando, continuando a picchiettare sul suo computer. «Ryan!»
Quando all’ennesimo richiamo Ryan si girò ad osservarla, notò come le sue guance avessero preso il colore dei suoi capelli (se non ancora più rosse), le mani issate sui suoi fianchi e gli occhi che se avessero potuto lanciare fuoco, l’avrebbero incenerito. Sembrava davvero furiosa.
«Mi è stato chiesto come favore personale da Pam, Strawberry. Non c’è motivo per cui tu ti debba alterare.» obbiettò quindi lui ritornando subito dopo alle sue ricerche.
«Fammi capire, tu inviti ad una cena galante la cugina biondatettonasuperfiga di Pam ed io non dovrei alterarmi? Tra l’altro, quella cugina biondatettonasuperfiga che non vuole altro che andare a letto con te?»
«Punto primo, non è propriamente una cena galante. Le ho solo proposto di mangiare qualcosa dato che Pam aveva impegni di lavoro per quella sera e non voleva rimanesse sola» Ryan sentì nitidamente lo sbuffo esasperato della rossa «e punto secondo, sto lavorando. Non ne possiamo parlare dopo?»
Quello fu esattamente ciò che si definisce ‘la goccia che fece traboccare il vaso’.
Strawberry fece roteare la sedia girevole su cui si trovava Ryan ed una volta trovatasi faccia a faccia con lui (la sua espressione annoiata non aiutò a calmare la rabbia di Strawberry) iniziò a sputare diverse frasi una dopo l’altra, alcune sconnesse, alcune senza senso. Al ragazzo sembrò di sentire anche qualche insulto borbottato nella furia del momento, ma non ne era propriamente sicuro.
Era totalmente fuori controllo.
Al ché, per mettere fino a quel litigio unilaterale –in pratica Ryan si limitava a subire il monologo della sua ragazza senza dire una parola aspettando di poter finire quella dannata ricerca di lavoro-, egli si issò sui braccioli della sedia sollevandosi quel poco che bastasse per poter bloccare le lamentele di Strawberry con un bacio.
Premette delicatamente le sue labbra su quelle della ragazza, sperando che la sua ipotesi venisse confermata velocemente.
E, fortunatamente o sfortunatamente (dipende dai punti di vista), fu così.
Una luce avvolse il corpo di Strawberry. Era così sopraffatta dall’emozione (la rabbia) da non riuscire a controllarsi e, di conseguenza, da non riuscire a controllare nemmeno la propria trasformazione.
Ryan prese tra le braccia la gattina, guardandola dolcemente.
«Scusami ragazzina, ma devo assolutamente finire questa ricerca. Litigheremo dopo per la tua infondata gelosia» la posò sulle proprie gambe e riprese postazione davanti la scrivania «ora a cuccia, gattina
Seppur in sembianze feline, che Strawberry lo fulminò con gli occhi, quello lo captò benissimo.

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Capitolo 4
*** #Diario ***


#Diario


Quando Ryan le aveva chiesto di trasferirsi nel suo appartamento a detta sua troppo grande per una sola persona, Strawberry non aveva fatto i conti con la grande quantità di scatoloni che si sarebbe portata appresso.
Si trovava nella stanza che da quella sera sarebbe diventata la sua nuova camera da letto e ne osservava tutti i particolari minuziosamente –come se da un anno a quella parte non ci passasse almeno due giorni a settimana-. Effettivamente, la convivenza era semplicemente l’ufficializzare qualcosa iniziato tempo prima, ma ciò non toglieva l’emozione del momento.
Conservato l'ultimo indumento, si incamminò lentamente verso la cucina –anche quella immersa di altri scatoloni, “la solita esagerata” l’aveva ammonita Ryan-.
Ryan era seduto su uno sgabello indaffarato a leggere e sfogliare un piccolo quadernetto colorato.
«Che stai leggendo?» Strawberry, distratta come era, non aveva riconosciuto l’importanza di ciò che aveva in mano il suo fidanzato.
«3 Marzo 2004, non ci posso credere! Mark mi ha chiesto di uscire, ha chiesto di uscire a me! Se è un sogno, non svegliatemi…» Ryan non ebbe nemmeno bisogno di alzare lo sguardo che poté immaginare da sé come la ragazza stesse sudando freddo.
Molto divertito dalla situazione, andò avanti: «5 Marzo, quell’insopportabile del mio capo, piccolo arrogante spocchioso pezzo di carciofo, non fa altro che farmi infuriare. Ma pensa che io sia la sua schiavetta personale?» La guardò quindi di sottecchi, trattenendo il più possibile la risata che stava crescendo dentro di sé.
«Pezzo di carciofo, Strawberry? Sul serio? Mi sento davvero offeso adesso!»
«Avevo 13 anni quando scrivevo su quel diario! Ed è il mio diario! Smetti immediatamente di leggerlo, Shirogane!» sbottò imbarazzata a livelli che mai si poteva immaginare la ragazza, cercando in tutti i modi di ri-ottenere la proprietà di quel prezioso oggetto.
Prezioso per la sua reputazione, ovviamente. Ma i suoi tentativi di afferrarlo risultavano vani dal momento che Ryan, dalla sua altezza, teneva il diario ben in alto.
Ovviamente, da bravo provocatore quale era, non mise fine alla tortura della ragazza. Anzi, non aveva nessuna intenzione di finire quel gioco che lo stava divertendo tanto.
«14 Marzo, uh senti qua… l’appuntamento con Mark è andato meravigliosamente bene, era il nostro terzo appuntamento e avrei voluto non finisse mai» decifrare la scrittura della ragazza con la suddetta che era arpionata al suo braccio e le risate che ormai non riusciva più a trattenere si stava rivelando piuttosto difficile «se non fosse stato per le orecchie e la coda spuntate quando lui mi ha baciato! Volevo scomparire, ma mi ha baciato! Che bacio dolce!» lasciò cadere il diario, scoppiando finalmente a ridere fragorosamente.
«Un resoconto pieno di erotismo, honey» concluse, beccandosi uno scappellotto deciso sulla nuca.
«Sei uno stronzo. Che ti aspettavi da una 13enne?»
«Oh, niente di più» afferrò in una mossa i fianchi della rossa, facendo combaciare il proprio corpo al suo indietreggiando fino al piano cottura. Lasciò una scia di baci sul collo, giungendo alle sue labbra.
«Riempiamo le altre pagine con nuove esperienze?»

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Capitolo 5
*** #Erba Cipollina ***


#Erba cipollina


Il reparto di spezie di fronte al quale Ryan si trovava era estremamente e imprevedibilmente esteso. Leggeva con cura tutte le etichette –non sapeva nemmeno ce ne potessero essere così tante, di spezie! Curcuma, zenzero, rosmarino, cannella, chiodi di garofano… Qual era quella che serviva a Strawberry?
Forse le serviva semplicemente la cipolla. No, gli sembrava che avesse un nome più lungo. Zafferano? Non ricordava che ci fosse una ‘z’ quando l’aveva pronunciato.
Merda. Si era dimenticato quale volesse! A leggerle tutte era anche prevedibile, si ritrovò a pensare.
Affranto e in crisi –non era così in crisi nemmeno alla nascita della sua piccola Noel!-, passò una mano tra i capelli. Sapeva quanto ci tenesse a quella cena: era riuscita ad accordare tutto il team mew mew per una rimpatriata e voleva dare il meglio di sé sorprendendo tutti con la sua cucina (decisamente migliorata negli ultimi tempi).
Si girò intorno nella speranza di un aiuto. Adocchiò un commesso che stava passando proprio in quel momento e colse la palla al balzo.
«Scusami! Ehi, scusami» il ragazzo si girò verso Ryan, avvicinandosi «secondo te quale spezia ci starebbe meglio con il pollo?».
Il commesso boccheggiò in evidente difficoltà, non era esattamente un amante della cucina e aspirante chef. Cominciò a farfugliare diverse spezie, probabilmente le prime che gli saltavano all’occhio. Ryan era quasi divertito, ma il suo cellulare aveva iniziato a vibrare insistentemente. Tempo finito.
«Senti, facciamo una cosa» lo bloccò con un sorriso, togliendolo dal disagio in cui lui stesso l’aveva messo «Mi dia quelle più conosciute e ci togliamo dall’impiccio, entrambi.»
Uscì dal market avendo comprato circa 15 di quelle bustine, sperando che almeno una di quelle fosse giusta. La prossima volta ci va lei, borbottò salendo le scale.
Mise gli acquisti sul banco di cucina, Strawberry era girata di spalle a tagliare finemente alcune verdure. Si dileguò in salotto velocemente buttandosi sul divano come se avesse appena affrontato una missione ad alto rischio di mortalità.
Poco dopo, come c'era da immaginarselo, spuntò Strawberry, espressione corrucciata ed esasperata, sventolando una bustina.
«Ryan, mi serviva solo l’erba cipollina

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Capitolo 6
*** #Fiore ***


#Fiore


La tensione all’interno del Café era tremendamente e fastidiosamente palpabile. Ryan e Strawberry si ignoravano da circa due giorni e i loro amici non ne potevano più: se anche per sbaglio i due si trovavano nella stessa stanza, o uno o l’altro usciva di riflesso. Motivo per cui Ryan passava la maggior parte del suo tempo chiuso nella sua stanza aspettando la fine dei turni lavorativi.
Nessuno conosceva esattamente quale fosse stato l’oggetto di discordia, sapevano solo che la situazione era andata a precipitare quando Mark si era presentato al locale chiedendo di lei con in mano un pacchettino ben confezionato. Da allora, all’americano non gli si poteva rivolgere la parola per quanto era diventato scorbutico e la rossa si irritava per un nonnulla.
Strawberry si era incamminata controvoglia a lavoro, stanca di essere ancora in guerra con Ryan. La sua reazione le era sembrata decisamente esagerata, e per quanto una parte di lei non poteva che godere della gelosia dimostratale, l’altra sapeva anche quanto lui fosse troppo pieno di sé ed orgoglioso per fare un passo indietro. Alla fine Mark le aveva semplicemente riportato il suo campanellino, in totale amicizia, prima di partire alla volta dell’Inghilterra.
Ryan non l’aveva esattamente vista così. Comprensibile, dal momento che Mark era il suo ex. Ma comunque esagerato. Ed infantile dato che preferiva ignorarla piuttosto che chiarire.
Entrò al Café di malumore, dirigendosi direttamente nello spogliatoio. Nolente o volente, quel giorno Ryan avrebbe dovuto ascoltarla. O perlomeno, quello si era ripromessa di fare se già qualcun altro non avesse fatto il primo passo.
Appeso al suo armadietto ritrovò sorprendentemente un grande girasole. Lo prese tra le mani, delicatamente, accarezzandone i petali con cura. Solo dopo notò che nella linea dello sportello era incastrato anche un bigliettino. Lo tirò fuori con attenzione per non strapparlo. Non riuscì a reprimere un sorriso alla lettura di quella grafia che ormai conosceva benissimo.

Credo di aver esagerato. Mi perdoni?
P.s. ti conviene farlo dato che hai fatto fuori più di 8 bicchieri ultimamente. I prossimi li detraggo dal tuo stipendio!

 

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Capitolo 7
*** #Gin Tonic ***


#Gin Tonic


Ryan si pentì ben presto di aver accettato l’invito di Mina. La sala era trepida di gente –tutta ben vestita, notò- e la musica assordante risuonava in quelle quattro mura. 
Si mosse, appena adocchiati i propri amici, tranquillamente verso il suo gruppo, ignorando volutamente le occhiate eloquenti della porzione femminile presente.
«Ryan, pensavo non venissi più!» esordì Mina alla vista del biondo, facendogli cenno di unirsi a loro e di prendersi da bere.
«L’idea di tornarmene a casa non mi ha abbandonato nemmeno varcata la soglia della sala, per la verità.»
La proprietaria di casa sorrise divertita, conoscendo l’indole solitaria del suo capo.
«Tutto ti si può dire, tranne di non saper organizzare feste Mina!» esordì Paddy, con le guance arrossate e più sprizzante del solito, trovando il consenso di quanto detto. Paddy stava chiaccherando felicemente con Lory, Pam era accerchiata da ammiratrici, Kyle parlava con il caposala, Mina si era dileguata per parlare con un ospite. Saltò all'occhio la sua assenza.
Girò velocemente lo sguardo, intento a scovare la chioma rossa della ragazza. La trovò presto.
«Ragazze, vado al bancone alcolici. Volete qualcosa?» Un coro di no si alzò e lui si allontanò velocemente.
Prese posto nello sgabello di fianco a quello di Strawberry che, così presa dal girare il proprio cocktail, non aveva sentito l’arrivo del giovane. Ryan sorrise impercettibilmente. Il vestito bordeaux le fasciava meravigliosamente il corpo, si ritrovò ad ammettere, le metteva in evidenza la vita piccola e la schiena scoperta attirava il suo sguardo –e le sue fantasie- più di quanto il decoro permettesse. Non era più la 13enne in erba, ora era tremendamente donna.
«Il cocktail per definizione va bevuto, Strawberry.»
Strawberry, presa alla sprovvista, girò di scatto lo sguardo verso destra lasciando cadere la cannuccia nel liquido. I suoi occhi erano lucidi, il viso rosso.
«Dio, ma quanto avete bevuto oggi?»
«Sarà il secondo… o terzo drink. Per tutte. Solo Mina non ha bevuto, sai, la proprietaria non può dar di matto.»
Ryan era bello. Bello nella sua giacca nera e la camicia bianca. Bello con i capelli lasciati liberi e i ciuffi più corti che gli cadevano sulla fronte. Un bello puro, genuino. Quel bello semplicemente bello. E ancora più bello quando gli riservò un sorriso mozzafiato e la guardò con quegli occhi disarmanti che la facevano sentire nuda.
«Alla fine sei venuto» pronunciò infine la rossa, riportando lo sguardo sul bicchiere e spostando il discorso da qualcosa di diverso della sua quasi sbronza.
«E direi che ho fatto bene, data la situazione di voi donzelle» Ryan si avvicinò con lo sgabello in modo tale da poter toccare con un minimo movimento il braccio di Strawberry «un principe non potrebbe mai lasciare la propria principessa da sola in mezzo a tanti pretendenti.»
«Da quando sei un principe?» lo rimbeccò la rossa, guardandolo di sottecchi. Ryan ridacchiò, scuotendo la testa.
Attirò l’attenzione del barman.
«Due gin-tonic, grazie.»

 

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Capitolo 8
*** #Home ***


Vi rubo solo due minuti. So che sto aggiornando un po' a rilento rispetto ai primi capitoli, ma sto studiando come una matta perché ho due esami a fine mese. Cercherò di continuare a postare almeno ogni 3-4 giorni! E colgo l'occasione per ringraziarvi, tutti. Vi lascio al capitolo!


#Home


La chiamata di Kyle aveva interrotto il sonno di Ryan che non erano nemmeno le 8 di mattina. In più, non ebbe nemmeno il tempo di svegliarsi completamente che già aveva indossato gli indumenti buttati sul divano la sera prima e si era catapultato al locale, dove, a quanto pare, lo aspettava suo cugino.
Cosa Jim ci facesse a Tokyo ancora non gli era chiaro, ma per essere piombato dopo così tanti anni nella sua vita doveva esserci un motivo davvero importante. E la sua mente, per quanto i suoi ingranaggi stessero lavorando, davvero non ci arrivava.
«Oh, Ryan! You’re here.»
Ricordava molto bene che Jim era il suo cugino preferito, il suo compagno di giochi e di scherzi quando da piccoli non perdevano occasione per dar tormento ai genitori. Ora, davanti a lui, non vi era più il bambino paffuto ma un uomo alto, robusto, con un portamento regale. Non poté nascondere la gioia di vederlo dopo tutto quel tempo.
«Jim! How are you?»
Si accomodarono sugli sgabelli della cucina, davanti a una tazza di caffè bollente appena preparato da Kyle.
«Cosa ci fai qui, Jim?»
«Volevo vedere che fine avesse fatto il mio cuginetto preferito, mi manca avere un compagno di avventure» disse semplicemente, scrollando le spalle. Ryan inarcò un sopracciglio. Tutti quei chilometri per una visita di piacere?
«…e volevo chiederti se ti andasse di tornare a New York da noi.»
La richiesta arrivò come un fulmine a ciel sereno, lasciandolo meravigliato e completamente senza parole, mentre Jim lo fissava serio in attesa della sua risposta.

La visita di Jim l’aveva completamente scombussolato. Continuava a guardare la tazza vuota da 10 minuti fin quando una mano non gli si poggiò sulle sue spalle.
«Ryan, sei sicuro?» la voce di Kyle gli arrivò confortante e dolce ma i suoi occhi esprimevano una grande preoccupazione per il suo amico. «Nessuno potrebbe obiettare nulla, insomma… è pur sempre casa tua.»
Casa. Gli venne quasi da ridere. Scosse la testa, sorridendo impercettibilmente. Non era New York la sua casa.
«Strawberry is my home, Kyle.»
 

 

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Capitolo 9
*** #Influenza ***


#Influenza


«Sto bene, Strawberry. Sul serio. Smettila.»
La sopportazione di Ryan nei confronti di Strawberry era arrivata al limite: era la dodicesima volta nell’arco di due ore che entrava nella sua stanza per chiedergli come stava. E lui puntualmente le rispondeva che stava esattamente come stava nei 10, 20, 30 minuti prima: febbricitante, debole, freddoloso e con un mal di testa che non accennava a diminuire nemmeno dopo aver ingerito l’analgesico.
«Hai 38 e mezzo di febbre, Ryan! Non stai bene!»
«E tu, ragazzina, non mi aiuti. Il tuo vai e vieni peggiora il mio mal di testa, quindi smettila per piacere.»
Strawberry gli lanciò un’occhiata piccata e gli diede le spalle, offesa. Ryan, troppo debole anche per alzare il capo e scrutarla come avrebbe voluto, poté soltanto immaginare la sua posizione: braccia conserte, muso imbronciato, occhi socchiusi. Era quella che aveva ogni volta che si innervosiva con lui, dopotutto.
Strawberry non ribatté, leggermente ferita dalle parole del giovane ma consapevole che avesse ragione. Probabilmente anche per lei sarebbe stato snervante che qualcuno entrasse ed uscisse in continuazione dalla sua camera. Ma era così preoccupata!
Si passò una mano sul viso, avviandosi a passi lenti verso la cucina.
«Straw?» la voce le arrivò come un sussurro e lei si girò, non riuscendo a nascondere la sua amarezza in tempo. Ryan si era sollevato di poco, quel che bastasse per poter incatenare il suo sguardo a quello della ragazza.
«Vieni.»
Ryan si spostò leggermente di lato, scostando le lenzuola in un chiaro invito. Dopo pochi secondi di indecisione, con uno sbuffo, Strawberry accontentò il ragazzo e si ritrovò sotto le coperte insieme a lui.
Ryan le cinse la vita, lasciando cadere la sua testa sul petto della ragazza in un momento di perfetta intimità e sintonia.
«Resta con me, Strawberry…»
Strawberry iniziò a giocherellare con i capelli biondi dell’americano mentre gli occhi di questo si chiudevano, stanchi.
«Ma non parlare.» 

 

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Capitolo 10
*** #Luce ***


#Luce


Strawberry, stesa sul suo letto a finire gli esercizi per l’indomani, venne distratta da un lieve rumore esterno. Alzò lo sguardo verso la finestra, trovando dall’altro lato Ryan Shirogane col capo abbassato, come se fosse a disagio. Un’espressione di pura sorpresa le si dipinse sul volto.
«Beh, mi fai entrare o no?» mormorò poi, così basso che Strawberry lo capì leggendone il labiale.
Velocemente, Strawberry scattò in piedi e andò a girare la maniglia della finestra, lasciando entrare il ragazzo. Depose il libro sulla scrivania, tanto non ci stava capendo granché.
«Cosa ci fai qui a quest’ora?»
«Mi annoiavo e non riuscivo a dormire senza...» si bloccò ancor prima di finire la frase, mordendosi il labbro inferiore «per il caldo, sì. Senza il ventilatore è una tortura.»
Che scusa stupida, Ryan.
Se prima Strawberry fu colpita dallo stupore di vedere Ryan sul suo balcone, a travolgerla ora fu una soddisfazione così grande che non poté frenare le sue labbra ad arcuarsi in un sorriso.
«Non riesci più a dormire senza di me, Shirogane?» chiese, non nascondendo il divertimento nella sua voce, capendo il perché le sembrasse così a disagio poco prima.
«Assolutamente!» 
Ryan le lanciò un’occhiataccia, ma il colorito che avevano preso le sue guance lo tradì.
Era difficile, per Strawberry, avere certezze sul sentimento del ragazzo –a parole, perlomeno. Sui fatti non si poteva lamentare-, spesso ci metteva ore ad estrapolargli un qualcosa che si avvicinasse minimamente ad una dichiarazione. Ma in quel momento, ne era uscita vittoriosa. Beccato in pieno.
Ritornò alla sua posizione precedente, lì sul letto. Notando che Ryan non aveva accennato a muoversi, si sollevò sui gomiti, scrutandolo attentamente. Sembrava quasi in imbarazzo, insicuro sul cosa fare. Quel lato di Ryan le era completamente nuovo e non poté far altro che pensare a quanto fosse dolce in quell’istante.
«Vuoi venire a letto o hai intenzione di restare impalato là?»
Passarono pochi secondi prima che Strawberry sentì il materasso abbassarsi e il corpo del ragazzo vicino al suo, spalla a spalla.
Strawberry si girò dal lato di Ryan nello stesso momento in cui Ryan le passava un braccio sulla vita per avvicinarla a sé.
«Anche io trovo difficoltà ad addormentarmi senza te al mio fianco, Ryan.»
La stretta che la teneva vicino al biondo si fece più forte e qualsiasi centimetro di distanza rimasto tra i due venne completamente eliminato.
«Spegni la luce, ho sonno.»

 

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Capitolo 11
*** #Momomiya ***


I'm back! Finalmente mi sono liberata da tutti gli esami e gli impicci universitari. Certo, tra 3 giorni iniziano le lezioni ma non è quello un problema. Ricomincerò a pubblicare con costanza!

#Momomiya


«No, non ce la faccio. Io torno a casa.»
«Non fare lo stupido, Ryan.»
Strawberry guardò il biondo, più pallido del solito, desiderando vivamente ucciderlo in quel frangente. Era da dieci minuti che andava avanti quella scenetta patetica.
«Di’ che sto male. Sì, sto in ospedale in fin di vita per delle dolorosissime coliche. Ahia, mi fa male tutto!» Ryan contrasse il viso in una smorfia come ad avvalorare la sua condizione di finto malessere, procurandosi dalla ragazza un’occhiata omicida. L’avrebbe portata all’esasperazione, alla pazzia più pura, sicuro.
«Ryan!» lo riprese, trascinandolo per mano verso il vialetto.
«Ma sono i Momomiya…»
«Sì, è quello il mio cognome.»
«I tuoi genitori…»
«Che sorpresa, ed io che pensavo fossero i vicini!»
«Non possiamo andare da loro? Sono convinto sarebbero felici di avere delle visite, quei vecchietti!»
«Per amor di Dio, Ryan Shirogane, la vuoi smettere? E’ solo una cena, una stupidissima cena!» Strawberry si voltò verso il proprio fidanzato celando nel suo sguardo una lieve minaccia.
Ryan portò una mano tra i capelli, scompigliandoseli e ricambiò lo sguardo della rossa agitato «tu non hai genitori da conoscere, con me. Non puoi capire cosa si prova durante le presentazioni ufficiali», borbottò.
Strawberry addolcì i suoi occhi, gli prese la mano e intrecciò le dita alle sue.
«Andrà bene, Ryan. Sul serio. E comunque, anche se fosse, non sarebbero loro ad impedirmi di amarti» gli sorrise, cercando di infondergli un po’ di coraggio –ma dove era finito il Ryan borioso e spocchioso che la tartassava con la sua presunzione? «Ora andiamo, ti prego. Siamo già in ritardo.»
Ryan si lasciò trascinare, finalmente senza controbattere, fino al portone.
«Tuo padre mi vorrà morto.»
Strawberry roteò gli occhi al cielo.
«Il massimo che potrebbe fare è sfidarti in una gara di kendo come ha fatto con Mark, tranquillo.» disse, mentre allungava la mano per premere il campanello di casa. Il corpo di Ryan, fino ad allora irrigidito, sembrò sciogliersi, ma quando il suo cervello metabolizzò l’informazione si girò di scatto verso Strawberry con occhi spalancati ancor più preoccupato di prima.
«No, Strawberry! Ho sempre odiato quello sport. Non ci posso credere, mi ammazzerà sul serio… mi sto sentendo davvero male, portami in ospedale!»
Strawberry scoppiò a ridere, stringendogli la mano ancora più forte –probabilmente, anche per evitare che lui scappasse sul serio- e proprio in quell’istante la porta di casa si aprì, mostrando la figura esile della signora Momomiya che li accoglieva con un sorriso.
Lotterò anche per te, in quel caso. Ed ancora più determinatamente, pensò ricambiando il sorriso della madre e varcando la soglia di casa.

 

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Capitolo 12
*** #Nastro ***


#Nastro


L’aeroporto quel giorno era gremito di gente. Strawberry vedeva persone correre di qua e di là in gran fretta, urtare disattentamente qualcuno e continuare la proprio corsa dopo aver borbottato una scusa così velocemente che nessuno poteva davvero confermare che fosse stata detta.
Ad un angolo più isolato, vicino al gate numero 9 con destinazione New York, Ryan cercava di posticipare il più possibile il momento in cui avrebbe dovuto allontanarsi dalla ragazza. Anche se, dalla mattina, lei non aveva parlato granché ed in quel momento si limitava a girare lo sguardo tra tutti quegli sconosciuti e la grande struttura dell’aeroporto di Tokyo. Pur dovendo partire così presto, Strawberry la sera prima aveva insistito talmente tanto ad accompagnarlo che alla fine Ryan aveva dovuto cedere, conoscendone l’indole così cocciuta; eppure, da quando avevano lasciato l’appartamento, si era chiusa nel suo silenzio.
«Il gate numero 9 è in chiusura. Il gate numero 9 è in chiusura.»
Ryan, prima appoggiato al muro, si rimise in posizione eretta. Scompiglio i capelli della rossa nello stesso istante in cui lei puntò i suoi occhioni cioccolato sul ragazzo.
«Devo andare.»
Strawberry annuì flebilmente, mordendosi il labbro. Ryan, nonostante fosse durato un solo secondo, colse il lampo di terrore che investì la giovane.
«Non starò via molto, Straw. Non preoccuparti» la rassicurò, lasciandole una lieve carezza sulla guancia. Poi prese in mano la valigia e si diresse verso il suo gate.
Strawberry afferrò la manica di Ryan pochi istanti prima che lui consegnasse le carte d’imbarco.
Tutti i presenti guardavano la scena e si sentì una stupida, tremendamente a disagio per di più. Anche Ryan la guardava stupito, con la bocca leggermente socchiusa.
Slacciò infine il nastro rosso che teneva legati i suoi capelli, in una coda alta.
«Almeno avrai un ricordo di me anche dall’altra parte del mondo» gli spiegò, stringendo il nastro al polso del biondo.
E allora lui le rivolse un sorriso, di quelli bellissimi, che lei amava. Lasciò la valigia e strinse Strawberry a sé, forte, imprimendosi per bene il suo odore nelle narici.
«Ti avrei comunque pensato sempre, ragazzina. Mi è impossibile dimenticarti» sussurrò tra i suoi capelli.
«Tornerò presto, te lo giuro.»


 

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Capitolo 13
*** #Orso ***


#Orso


Per Strawberry, decifrare i comportamenti di Ryan a volte era davvero difficile. Capitava che un attimo lo vedesse tranquillo e amorevole e l’attimo dopo aveva già messo su la sua tipica maschera di insofferenza senza un reale motivo. Non era per niente facile stargli dietro, soprattutto per un animo sensibile ma orgoglioso come quello di lei. Ma non poteva negare che, per quanto burbero potesse essere, sapeva essere anche estremamente e spontaneamente dolce. Come quando, in un giorno di tempesta, era arrivata al locale zuppa d’acqua e, oltre ad un raffreddore certo, aveva ricavato un rimprovero degno di Ryan per non essersi portata appresso un ombrello e aver bagnato l’entrata. Per poi aver ritrovato vestiti asciutti, phon e asciugamano pochi minuti dopo nello spogliatoio e una cioccolata calda in cucina solo per lei.
Strawberry sorrise impercettibilmente, guardando Ryan che, seduto sulla poltrona, aveva ora in faccia un’espressione spazientita.
«Ricordami ancora perché sono qui.» proruppe il biondo, passando la palla al bambino che giocava più in là.
«Sei tu che ti sei proposto per fargli da babysitter. La vera domanda è perché io sia qui.»
«E’ tuo cugino» scrollò le spalle, giustificando così il motivo per cui aveva incastrato entrambi quel pomeriggio «E mi era sembrata tranquillo, quando tua zia era disperata perché non sapeva a chi lasciarlo!»
«Ryan, stava dormendo. Era ovvio che non desse problemi!»
Ryan stava per controbattere, e l’avrebbe fatto  sicuramente se non si fosse ritrovato un cuscino sopra e il piccolo Yuri che, prendendo la rincorsa, gli era saltato sopra.
«Facciamo la lotta? Ryan, ti preeego!»
«Scordatelo» rispose prontamente, rimettendolo seduto per terra.
Non si era accorto –o forse sì, e gli andava bene- di aver usato un tono troppo duro e, per l’appunto, gli occhioni di Yuri si inumidirono velocemente. Guardò in cerca d’aiuto Strawberry, ma trovò anche lì due occhi che lo osservavano duramente.
«Non essere così burbero, sembri un orso quando fai così. Ci rimane male!»
Esausto, lasciò cadere la testa all’indietro e si passò una mano sulla fronte, pronto ad esaudire l’ennesimo capriccio del bambino
Dopo due ore passate lì, a minare la pazienza e gentilezza di Ryan, Yuri si era addormentato sul divano. Ryan poté tirare un sospiro di sollievo.
Strawberry lo vide alzarsi e sparire dietro l’anta, poco dopo tornare con una coperta in mano. Coprì attentamente il corpicino del bambino, lasciandogli una carezza in fronte.
Infine, il biondo, accovacciato di fronte al bambino per sistemargli al meglio la copertina, spostò lo sguardo verso la rossa. Quando quell’azzurro incontrò il suo marrone, Strawberry addolcì lo sguardo.
Un orso davvero dolce.

 

 

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Capitolo 14
*** #Pizza ***


#Pizza


Strawberry teneva gli occhi fissi fuori dal finestrino. Le piaceva osservare, seduta in macchina, tutte le forme all’esterno che perdevano i propri contorni e sparivano quando ci sfrecciava a fianco ad alta velocità.
Ryan teneva lo sguardo attento alla strada davanti a sé, una mano sul volante e l’altra sulla coscia della rossa, poggiata lì senza malizia, in un gesto automatico e naturale, come ad assicurarsi della presenza di lei.
Slacciò la cintura solo nel momento in cui il ragazzo aveva iniziato a rallentare, segno che si trovavano in prossimità del locale. Poco dopo, infatti, Ryan parcheggiò.
«Dovresti seriamente iniziare ad andare più piano!» sbottò Strawberry, scendendo dalla macchina. Ryan le sorrise divertito, portando un braccio sulle sue spalle.
«Fifona.»
«Non dirai così quando ti vomiterò in macchina.»
La pizzeria davanti a loro era piccola, ma molto accogliente. Erano soliti andare lì tant’è che avevano stretto amicizia con i dipendenti. Infatti, appena varcarono la soglia, il ragazzo che si trovava alla cassa li accolse con un gran sorriso.
Ryan gli fece cenno con la testa –doveva essere il tuo modo di salutare-, stringendo a sé ancora di più Strawberry.
«Le portiamo via. Una funghi e carciofi e lei…»
L’espressione di Strawberry si trasformò in una smorfia di disgusto.
Si accostò ancora di più al ragazzo, soffiandogli nell’orecchio «Sai, vero, che ti starai a tre metri di distanza se solo vedo quei cosi
«Non riusciresti a resistermi comunque, Strawberry» sussurrò «Mi vuoi far credere che ti priveresti dei miei baci per dei carciofi?»
Voltò lentamente il capo, il giusto per poter osservare il colorito prender forma sulle guance della rossa.
«Dio, quando ti imbarazzi per così poco mi innamoro sempre di più.»
La naturalezza con cui Ryan lo disse prese lo stesso ragazzo in contropiede, che sembrò accorgersi solo in seguito della portata delle sue parole. Si allontanò imbarazzato, andando a salutare un altro ragazzo, sotto gli occhi esterrefatti di Strawberry. Il rossore sul suo viso si fece ancora più intenso quando metabolizzò davvero quello che aveva sentito.
«Io… ehm… con le patatine» riuscì a dire, concludendo l’ordine di Ryan, mantenendo il contatto visivo con la figura del suo ragazzo.
Era la prima volta che le diceva che l’amava.

 

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Capitolo 15
*** #Quoziente ***


No, miei cari lettori, non ho lasciato questa raccolta alla deriva. Vi chiedo immensamente scusa. Mi sono concentrata su una long, che spero di poter pubblicare a breve, e nel mio tempo libero (tra università, esami e impegni vari è anche difficile trovarlo!) mi occupavo di quella. Ma ora, che ho le idee abbastanza chiare e ho già in bozza anche gli altri capitoletti di questa raccolta, non la metterò più in standby per un mese. 
Noemi


#Quoziente


«Credo che andremo d’accordo. C’è una tale affinità tra quozienti!» la voce stridula della moretta riportò alla realtà Strawberry, a disagio nel suo lungo vestito nero che a malapena la faceva respirare e tacchi dodici che le stavano martoriando i piedi. Osservò ogni minimo movimento della ragazza che, incurante della sua presenza, poggiava con finta innocenza la mano sul colletto del suo fidanzato, ripetendogli che  sicuramente il progetto sarebbe stato un successo, soprattutto se diretto da due persone con un quoziente come il loro. E andò avanti per le lunghe, probabilmente le ore più interminabili della sua vita, l’atteggiarsi di quella donna, il vanto delle proprie capacità intellettive e altre cazzate simili che Strawberry si era persa rintanandosi al piano bar.
Stufa di quella serata e di tutta quella gente che si muoveva come marionette, cercò Ryan con lo sguardo, impaziente di andarsene da quella tortura, e non tardò a trovarlo, già col giaccone in mano che le faceva segno di avvicinarsi.
Sia ringraziato il cielo, pensò.
Ricambiò l’occhiata di disprezzo che le aveva lanciato la mora ed affiancò il suo biondo, fingendo un sorriso di circostanza e un ringraziamento –almeno l’alcool era buono e il barista simpatico.
Finalmente fuori da quella sala degli orrori, Strawberry poté togliersi i trampolini e appoggiare i talloni sopra la terra che tanto agognavano.
«Fai davvero schifo come dama da compagnia, rossa» giacca in mano e passo deciso, Ryan parlò continuando a camminare di poco davanti a lei. Era probabilmente la prima frase che le rivolgeva da circa… beh, da quando erano arrivati alla festa.
«Perdonami se non avevo più abbastanza pazienza per vedere te e la miss civettare di fronte a me. Il mio quoziente dopo un po’ ha bisogno di staccare, mica è affine come il vostro.»
«Mi è parso parecchio affine con quello del barista, però» Ryan aprì la portiera dell’auto, lasciando salire la ragazza per poi accomodarsi al posto del guidatore. Strawberry scrollò le spalle, rilassandosi sul sedile. «Abbastanza, sì» concordò. «Il mio quoziente si sentiva così solo, doveva pur trovarsi un amico con cui divertirsi, no? Sai i quozienti come sono fatti. Un po’ vendicativi, un po’ dispettosi… Una questione tra quozienti, insomma.»
Ryan si lasciò sfuggire una leggera risata, imboccando la superstrada.
«Per fortuna, allora, l’unica questione che davvero conta è quella tra cuori. I quozienti se la possono sbrigare da soli, no?»  

 

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Capitolo 16
*** #Ratto ***


#Ratto

Ryan non sapeva se ridere o urlare in quel preciso istante.
Ovunque si girasse e girasse vedeva solo mobili fuori posto, sedie all’aria, tovaglie per terra. Il primo pensiero che lo aveva colpito era che ci fosse stato un terremoto, ma a lui non era sembrato che la terra avesse tremato; il secondo che il fenomeno Paddy avesse fatto visita alla sua ragazza, ma c’era troppo disastro anche per quella biondina; il terzo un’irruzione di delinquenti malintenzionati o alieni in cerca di vendetta, idea avvalorata dal fatto che di Strawberry non vi era traccia.
Fu con quel presentimento che si catapultò a controllare il resto della casa, preoccupato ed ansioso, attento a scattare ad ogni minimo rumore.
Ma quando aprì la porta del bagno, tutto ciò che aveva immaginato non poteva minimamente uguagliare la scena che si ritrovò davanti.
«AH, PRESO!» Strawberry esultò con le mani in aria, facendo oscillare un piccolo topo come fosse un trofeo. Solo dopo si accorse di un biondo scioccato e incredulo sull’uscio della porta.
«Uh- ben tornato. Scusa, ma non riuscivo ad acchiappare il ratto e mi sono lasciata trasportare dal dna felino. Non ho fatto in tempo a sistemare prima del tuo ritorno.»
Ryan indietreggiò lentamente e si appoggiò al muro. Si passò le mani sul viso e ritornò con lo sguardo sulla rossa, in canotta e pantaloncini, e il topo all’aria che non finiva di squittire.
«Preferivo l’attacco alieno.»

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Capitolo 17
*** #Spogliatoio ***


#Spogliatoio


Il corpo di Strawberry era stato sbattuto molto poco delicatamente contro gli armadietti e non poté che prendere aria per un breve –brevissimo- lasso di tempo prima che la sua bocca venisse assaltata nuovamente da quella del suo capo/amico/fidanzato (non si era ancora capito cosa i due fossero). Quella mattina si era diretta verso il Café in anticipo: era stata svegliata da un forte tonfo proveniente dalla cucina, suo padre aveva fatto cadere tutto il set di bicchieri per terra aveva scoperto poco dopo, e non si era più riuscita ad addormentare. Quindi era uscita di casa che erano a malapena le 7 di mattina ed ora, a meno di 20 minuti dall’apertura del locale, si ritrovava schiacciata tra l’armadietto di Mina e il corpo del ragazzo occupato ad abbassarle la spallina della divisa e tracciare con le labbra la linea del collo.
«Ryan» la voce uscì così flebile che dubitava che il biondo l’avesse sentita veramente «Ryan, staranno per arrivare le altre» questa volta il tono era quasi deciso.
«Credi che me ne importi qualcosa ora come ora?» si allontanò di pochi millimetri osservandola con quei due grandi occhi azzurri liquidi dal piacere prima di ributtarsi sul lembo di pelle successivo non curante delle finte proteste della ragazza.
«E’ il nostro spogliatoio!» probabilmente nella mente di Strawberry la frase sarebbe dovuta valere come ulteriore motivo per porre fine a quella piacevolissima tortura… se non fosse per il fatto che contemporaneamente aveva afferrato i capelli del biondo riportando le sue labbra sulle proprie. No, non avevano nessuna intenzione di staccarsi: Ryan non avrebbe smesso di accarezzare con le mani il corpo di Strawberry e Strawberry non avrebbe smesso di assaporare le labbra di Ryan.
Il rumore di passi sulla ghiaia li destò. Capelli arruffati, labbra gonfia, vestiti stropicciati. Volto stravolto dal piacere.
Passi sempre più vicini.
Ryan lanciò un’occhiata alla rossa. Rafforzò la presa sui suoi fianchi. L’idea di rimanere insoddisfatto, a quelle condizioni poi, non era da prendersi nemmeno in considerazione per quanto gli riguardava.
«Andiamo nella mia stanza» Strawberry annuì impercettibilmente.
«Mi farai impazzire prima o poi, ragazzina.»
Quando Mina entrò nello spogliatoio, scorse a malapena i capelli rossi della sua amica che si allontanava velocemente. Non sul mio armadietto, vi prego.

 

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Capitolo 18
*** #Tasso ***


#Tasso

«Ryan?»
La voce flebile di Strawberry fece sì che lo sguardo del biondo ricercatore si spostasse dai libri davanti a sé alla figura esile della ragazza appoggiata alla porta.
«Che stai facendo?»
«Sto analizzando alcuni manoscritti, Straw. Ora sto leggendo di un certo Tasso, un poeta romano» le disse mentre con le mani sfogliava le pagine fragili dell’opera.
«Non so chi sia» rispose la ragazza, suscitando un sorriso nel fidanzato. Incrociò le braccia al petto e guardò il suo ragazzo. Si morse il labbro e Ryan capì che voleva dirgli qualcosa, così che non distolse lo sguardo e le fece intendere di parlare pure.
«Vieni a letto con me?»
Risultò quasi come una supplica, la sua. Non sentiva il calore di Ryan da notti e, abituatasi al suo braccio intorno la sua vita, non riusciva più a prendere sonno seriamente. Odiava fare certe richieste. Sembrava la ragazzina di sempre, quella un po’ viziata dalle attenzioni che Ryan le aveva sempre dedicato e di cui ora non sapeva più fare a meno. Ma alla quarta notte senza di lui al suo fianco, il suo lato infantile aveva preso piede.
«Finisco di lavorare e arrivo, davvero. Vai avanti.»
Ryan captò la delusione nelle iridi della rossa e si sentì quasi in colpa, per averla lasciata andare via da sola. Ma doveva finire quel lavoro prima della fine della settimana e stava ancora ad un punto morto. Continuò a sfogliare quelle pagine, cercando tra le frasi qualcosa di importante e rilevante.
I suoi occhi saettavano tra una parola e l’altra di quel dramma, finché non si fermarono su una battuta ben precisa, che l'aveva colpito dritto al cuore.
Ryan si passò una mano tra i capelli e, con quella frase in testa, spense la luce dello studio e raggiunse Strawberry, addormentata sul suo –di Ryan- lato del letto. Non poté che sorridere e le si avvicinò, cingendole la vita con un braccio e stringendola contro il petto.
«Sei stato veloce» sentì mormorare Strawberry, mentre gli si accoccolava contro.
Ryan le lasciò un bacio sulla nuca e un sussurro in risposta.
«Perduto è tutto il tempo che in amor non si spende.»

 

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Capitolo 19
*** #Uva ***


Mi prendo uno spazio solo per dirvi questo: -2 
 

#Uva

Seduta sullo sgabello della cucina, Strawberry non smetteva di guardare l’orologio sul muro, accompagnando la lancetta dei secondi con il suo sguardo.
5 minuti.
7 minuti.
10 minuti.
Sarebbe impazzita a breve, se Ryan non fosse tornato nell’arco di 5 minuti con la busta piena di uva che tanto stava desiderando. Kyle sarebbe stato costretto a sfornare un’altra torta, perché la tentazione di mangiare quella rifarcita di confettura all’uva aumentava di secondo in secondo.
12 minuti. 
Picchiettò il piede sulla gamba del tavolo, spazientita. Si chiedeva che fine avesse fatto il suo fidanzato: non ricordava che il fruttivendolo fosse così lontano dal Café Mew Mew e lui stava decisamente tardando.
14 minuti erano troppi per aspettare di soddisfare quella voglia improvvisa di un grappolo di uva.
18 minuti.
Strawberry, con le orecchie raddrizzate per captare ogni singolo rumore, sentì, finalmente, l’apertura della porta del retro.
20 minuti e aveva davanti a sé una busta piena di uva nera. I suoi occhi si illuminarono istantaneamente, mentre l’afferrava e la gustava lentamente.
«Ci hai messo 20 minuti, Ryan» lo riprese poi, mentre masticava un chicco.
«Non sono ai tuoi comodi, Strawberry. E non sono nemmeno il tuo fattorino» ribatté secco il biondo «È da una settimana che va avanti questa storia. Oggi l’uva, ieri il cioccolato, l’altro ieri la lasagna. Vedi? Ed ora stai pure per piangere! Ma che stai, in preciclo?»
«No.»
«Allora smettila di fare così. Sei infantile.»
«Non sono infantile.»
«Sì che lo sei.»
«Non sono infantile e non sono in preciclo, sono solo incinta!»
25 minuti e una bomba sganciata, lasciata cadere su Ryan come il resto della spesa che lui teneva ancora in mano ed adesso era riversa a terra.

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Capitolo 20
*** #Vincere ***


#Vincere

Notte fonda.
Chissà perché, la notte ha questa particolare tendenza a far affiorare mille pensieri nella mente. A luci spente, tutto torna a galla: il presente, il passato… il futuro.
Il futuro, attenzione, non per prevederlo. Semplicemente, sei lì, tra le lenzuola, e rifletti su cosa tu voglia dal tuo avvenire, su cosa vorresti ritrovare nel tuo domani. Con chi lo vorresti costruire.
Notte fonda.
La luna alta permetteva al suo chiarore di illuminare docilmente quella camera da letto, entrando dalle fessure della finestra lasciata semiaperta.
Notte fonda e Ryan, aggrovigliato tra lenzuola e il corpo accanto al suo, non riusciva a chiudere occhio. Girato verso di lei, osservava il suo respiro lento e rilassato, i ciuffi rossi sulla fronte, i capelli sparsi sul cuscino.
Si beava della vista di quelle labbra socchiuse, le palpebre abbassate, il naso piccolo e leggermente all’insù.
Non chiedetegli come ci si era ficcato, in quella situazione. Come era arrivato al punto da preferire perdere ore di sonno piuttosto che rinunciare a quella visione.
Strawberry era stata la scommessa su cui non avrebbe mai puntato, ma che vincere aveva significato un mondo.
Con lei vinceva sempre. Aveva vinto quando l’aveva trasformata e lei non si era tirata indietro. Aveva vinto quando era riuscita a salvare il mondo nonostante fosse poco più che una ragazzina. Aveva vinto al primo sorriso sincero dopo uno dei loro battibecchi. Aveva vinto quando, ammalato, lei era rimasta con lui per tutta la notte. Aveva vinto quando, in mezzo ad una scenata di gelosia, lei gli aveva urlato “ti amo” e l’aveva fatto senza nemmeno accorgersene.
Era stata una lunga guerra quella per averla, è vero. A volte anche faticosa e dolorosa, bisogna ammetterlo. Ma ora si stava decisamente gustando la sua vittoria.
Le spostò i capelli dalla fronte delicatamente, ma il tocco dovette infastidire il sonno leggero della ragazza perché aprì un occhio assonnato.
«Shirogane, dormi!»
«Stavo pensando ad una cosa…» le bisbigliò.
Strawberry aprì anche l’altro occhio e gli prestò attenzione, nonostante Ryan sapesse che non sarebbe durata più di due minuti prima di riaddormentarsi.
«Sai, credo che il cognome Shirogane su di te non ci starebbe poi così male.»
Forse più di due minuti.
 

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Capitolo 21
*** #Zeanne ***


Siamo arrivati alla fine. Che lungo percorso! Mi sono divertita tantissimo e spero anche voi con me. Spero di avervi fatto sorridere con queste storielle senza impegno. Un immenso grazie a tutti coloro che mi hanno seguito, a chi ha messo nei preferiti, nelle seguite, nei ricordati e ovviamente a ryanforever che mi ha fatto compagnia con le sue recensioni. 
Probabilmente, in qualche notte di insonnia, tornerò a scrivere di loro. 
Un bacio e un grazie immenso!


#Zeanne

Kyle sorrise apertamente quando, dal bancone, intravide una chioma castana. Non nascose la sua felicità nemmeno quando si ritrovò due grandi occhi azzurri dinanzi, che lo guardavano gioiosi come solo lei poteva essere. Se Kyle avesse dovuto descrivere Zeanne, sicuramente uno degli aggettivi che le avrebbe affibbiato sarebbe stata gioiosa.
«Ciao zio!» 
No, quella ragazza non era, geneticamente parlando, sua nipote. Ma l’aveva vista nascere, le aveva cambiato i pannolini, le aveva fatto addirittura da babysitter alcune volte e quando, a due anni, l’aveva chiamato per la prima volta zio, di certo non poteva dire di essersene dispiaciuto.
«Torta al cioccolato?» le chiese, mentre già le posava il piatto davanti. Zeanne gli sorrise grata e i suoi occhi si illuminarono ancora di più. Golosa sarebbe stato il secondo aggettivo. Golosa proprio come Strawberry.
«Ne avevo sul serio bisogno.»
«Problemi in paradiso?»
«Ci fossi stata almeno un attimo in paradiso. Con quello lì è sempre l’inferno!» si lamentò, infilzando un boccone di torta, sapendo che Kyle avrebbe capito all’istante il soggetto in questione. «È così impiccione e sbadato che mi fa saltare i nervi. Ed è anche stupido, come fa a non capire che mi piace? Sta sempre sulle sue!»
«Hai provato a dirglielo?»
«Non se ne parla nemmeno» scosse la testa con vigore.
Questo l’aveva sicuramente preso da Ryan. Orgogliosa e cocciuta come pochi. Praticamente la sintesi perfetta dei genitori. Sorrise divertito alla vista di quella ragazzina indispettita. Zeanne lo guardò interrogativo.
«Niente. Mi ricordi…»
«Mamma e papà, sì, lo so» lo interruppe lei, annoiata.
«Sai che si odiavano? O almeno, così fingevano. In realtà a Ryan Strawberry è sempre piaciuta, ma a quei tempi era così focalizzata su quell’Aoyama che non se ne è mai accorta» disse. «E Ryan per un po’ ha agito proprio come stai facendo tu, chiudendosi e preferendo battibecchi stupidi piuttosto che affrontare la verità. Quanto tempo hanno perso… Se solo si fossero dati una mossa, non sarebbero passati anni prima che si accorgessero di quello che c’è tra loro.»
«Tu lo avevi capito sin da subito, vero?»
«Certo. Che Ryan amava Strawberry mi è bastato poco per capirlo, ed ero sicuro anche che presto Strawberry si sarebbe accorta di lui. Ma lei era troppo sulle nuvole per vederlo e lui troppo orgoglioso per farle aprire gli occhi.»
Zeanne annuì, assorta nei suoi pensieri. Quando ripuntò gli occhi su Kyle, trovò un sorriso rassicurante.
 «Non vuoi mica metterci anni pure tu per dichiararti, vero? Mi sono bastati quei due a torturarmi per troppo tempo.»
La ragazze rise e scosse la testa, per poi prendere lo zaino e scomparire dal negozio. Kyle poteva solo immaginare dove fosse diretta.
«Dimmi che non hai appena dato consigli amorosi a mia figlia, ti prego.»
Il pasticciere si voltò verso la porticina che dava al corridoio e trovò il suo amico di data, con qualche ruga in più e sicuramente più uomo.
«È la tua degna erede in fatto di sentimenti. Una Shirogane coi fiocchi.»
 

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