Spesso amare vuol dire combattere.

di Revealed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stranezze ***
Capitolo 2: *** Un tipo tenero ***
Capitolo 3: *** Parole ***
Capitolo 4: *** Pace fatta ***
Capitolo 5: *** Dichiarazioni ***
Capitolo 6: *** Paura ***
Capitolo 7: *** Petali di rosa ***



Capitolo 1
*** Stranezze ***


Era una mattina come tante. Robbie era uscito di mattina presto dalla camera di Mary Gooden. Non era niente male la ragazza, e a letto si scatenava. Robbie camminava soddisfatto verso l'alloggio che divideva con Thomas, da quando vivevano nelle grazie di Sir Giles. Si sdraiò accanto al compagno, del quale sentiva il respiro regolare indotto dal sonno tranquillo. Nel poggiarsi sul letto, però, urtò involontariamente il braccio di Thomas, che si rigirò gemendo leggermente. Robbie gli accarezzò la guancia. "Eppure sarebbe proprio il mio tipo..." pensò, guardandolo dormire. "Ma che cazzo sto dicendo?" si riscosse poi. "Sono un uomo, mi sono appena fatto una donna. Che mi prende?" Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri. Si assopì, cercando di dominare quell'improvviso desiderio che gli era venuto. Ma fu tutto inutile. Thomas si avvinghiò a lui a mo' di abbraccio. E qualcosa nei pantaloni di Robbie si mosse, lasciandolo incredulo. "Che cazzo..."
- Mmmmmmm... 'Giorno Robbie! -
Thomas si stiracchiò, togliendo finalmente le braccia dal corpo di Robbie.
- Vado a fare un giro. - dichiarò il ragazzo. Aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Girovagò per il paese, attraversò piazze, percorse angusti vicoli. Il cielo era terso, soltanto qualche nuvola copriva ancora il sole mattutino.
- Oggi pioverà... - rimuginò tra sé.
Alcuni passanti lo guardarono male. Diede un calcio a un sasso, ripensando a quanto accaduto quella mattina. Non credeva a se stesso. Thomas era qualche anno più grande di lui, viaggiavano insieme da alcuni mesi, per trovare quel dannato frate che aveva ucciso la donna di lui, Eleanor, e suo fratello Jamie. La vendetta bruciava. E il suo compagno era anche impegnato nella ricerca di quel famoso calice che tutti chiamavano Graal, e che era bramato dalla Chiesa in persona. Lui, Robbie, scozzese, in continua lotta con gli inglesi, non ci trovava nulla di interessante in un banale calice, e dopotutto padre Ralph Vexille, genitore di Thomas, colui che affermava di possedere il Graal, era giudicato folle da mezzo mondo. Ma si diceva che avesse poteri esorbitanti, e che solo sfiorandone il metallo lucido, si sarebbe guariti da malattie.
- Sciocchezze… - mormorò.
Era finalmente sorto un pallido sole. Robbie decise di tornare a casa. Probabilmente Thomas si stava chiedendo dove fosse finito, e così anche Mary, che lo aspettava a mezzogiorno, per un’altra capatina in camera sua. Ma stranamente non ne aveva voglia. Raggiunse la mansione di Sir Giles e si accomodò in soggiorno. D’un tratto delle voci provenienti dal cortile esterno, lo scossero dai suoi cupi pensieri. Non riusciva a distinguere le parole. Riconobbe il familiare tono del suo compagno quando parlava il francese. Uscì di corsa sulla soglia. Distinse la figura imponente di Thomas, affiancata da quello che a prima vista sembrava un prete. - Robbie, questo è padre Pascal, parroco della città di Evecque. - annunciò il giovane.
- Je suis desolèe… -
- Dobbiamo partire Robbie. –
- Come scusa? –
- Sir Guillame d’Evecque, il padre di Eleanor, mi manda un messaggio. La sua città è stata assediata. Dobbiamo andare in Normandia a dare man forte. –
Robbie non replicò.
- Ha commentato in qualche modo la perdita della figlia? – chiese Thomas, rivolgendosi al prete.
- Alludete a quella illegittima? Ha detto che avrebbe ucciso il responsabile della sua morte, chiunque sia. –
- Anch’io. -
- E che desidera il vostro aiuto. -
- L’avrà. Partiremo domani. - decise.
Si voltò verso Robbie. - Torniamo a fare la guerra. -
- Per chi devo combattere? -
Thomas sorrise. - Per me. -

MeH
Saaaaaaaaalve! E' la mia prima ficcy in assoluto! Mi ha colpito molto questo libro (anche se è il secondo di una trilogia, e l'ho letto per primo -.-") *MeH non ne sapeva nulla* sigh...
Comunque, spero che vi divertiate a recensire la mia prima yaoi! KiZz <3

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Capitolo 2
*** Un tipo tenero ***


Il gruppetto partì l’indomani mattina. Robbie aveva preso la sua spada, che lo zio, e un paio di pantaloni di riserva. Niente in confronto alla quantità di oggetti che si era portato dietro Thomas: cambio di abiti, una sacca piena di frecce, l’arco, la spada e la cotta di maglia, più un grosso fagotto avvolto in pelle di daino, che doveva contenere il libro di suo padre Ralph. Camminarono sul suolo imbiancato. Robbie annusò l’aria.
- Arriva proprio la neve. -
- Figuriamoci! -
Era una mattina soleggiata. Qua e là si intravedevano arbusti in fiore e cespugli rigogliosi. Ma Robbie non si era sbagliato. Nel pomeriggio, il cielo divenne livido, e presto cominciarono a cadere grossi fiocchi di neve. Il vento trasformò poi in bufera quella nevicata, tanto che fu impossibile proseguire il cammino. Trovarono riparo in mezzo alla foresta, nella capanna di un guardiacaccia, che era già affollata dalla numerosa famiglia. Le ore scorrevano lente, la tormenta si era leggermente placata, ma la neve alta non dava possibilità di avanzare. Il guardiacaccia diede loro alloggio, ma i due giovani furono costretti a dormire nella stalla, lasciando l’unico posto disponibile a padre Pascal.
Robbie uscì a prendere una boccata d’aria, dopo cena. Si lasciò cadere seduto, con le spalle appoggiate alle assi della stalla adiacente alla casupola. Guardava i candidi fiocchi che ondeggiavano nell’aria per poi posarsi lievemente sul terreno già colmo. Un rumore di passi. Robbie non si voltò, continuando a seguire con lo sguardo il vorticare ipnotizzante della neve. Sapeva che era lui. Avrebbero passato la notte insieme, come sempre, no? No, ora era tutto diverso. Sentiva che qualcosa era cambiato. Thomas si sedette accanto a lui.
- Robbie… Grazie. -
- Di cosa? -
- Di assecondarmi in tutto e per tutto. -
- Dovere. -
- Potevi benissimo continuare a cercare quel frate da solo… -
- Non mi andava. -
Il motivo però, non era quello che si sarebbe aspettato. Non voleva lasciarlo, ecco.
- Davvero, grazie… -
Robbie si girò a guardarlo in viso. Thomas aveva gli occhi pieni di lacrime, che scendevano silenziosamente lungo le sue guance. Era così… “Tenero”.
“Ma… che cosa…?” Era sicuramente impazzito.
Asciugò con un dito quella che stava scendendo in quel momento, picchiettando lievemente lo zigomo arrossato del compagno.
“Che cazzo sto per... fare?”
In un attimo, le labbra carnose di Robbie sfiorarono quelle sottili di Thomas. Si schiusero, e la lingua filtrò attraverso esse. Un bacio da togliere il respiro. Robbie si staccò, di scatto. Thomas aveva ancora lo sguardo bagnato, ma sorrideva. Si alzò, tendendo una mano a Robbie, che la afferrò al volo. Lo attrasse a sé senza difficoltà, del resto era abbastanza robusto, e di sicuro più di Robbie. Lo strinse forte nelle sue grosse spalle, respirando il profumo dei suoi capelli. Il cuore di Robbie era un tamburo in quarta. Thomas lo sollevò appena, camminando fino al giaciglio di paglia. Non una parola. In fondo, non ce n’era bisogno. Era un desiderio inizialmente represso, che ora andava sfogandosi. Thomas sbottonò la casacca di Robbie, accarezzandone l’esile torace. Una scarica elettrica attraversò il corpo del ragazzo. In un lampo, si ritrovarono vestiti della sola biancheria intima. Un altro bacio senza respiro. Robbie credette di svenire. Le mani di Thomas si infiltrarono sotto il suo intimo, mentre le loro labbra restavano incollate, seguendo lo stesso ritmo. Tirata fuori la sua virilità, Thomas cominciò a muovere la sua mano, in sincronia con i movimenti delle loro bocche. Robbie non riusciva a contenere il piacere, e si lasciava sfuggire piccoli gemiti, che eccitavano sempre di più i due giovani. Non ci volle poi molto. I baci sensuali di Thomas, fecero arrivare Robbie al culmine in meno di dieci minuti. Il liquido colò denso tra le dita del ragazzo biondo, che ripulì il tutto con uno straccio trovato lì accanto sul pavimento. Robbie intanto si era ricomposto, e non credeva a quello che era successo. Incontrò lo sguardo di Thomas. I suoi occhi nocciola brillavano. Forse era proprio questo che lui voleva. Per la prima volta, sentì che aveva fatto la cosa giusta. Il ragazzone venne a stendersi accanto a lui, guardandolo con occhi da cucciolo.
- Cosa vuoi adesso? -
- Stare accanto a te. -
Le braccia avvolsero nuovamente il corpo snello di un Robbie del tutto stupito. Ma un sorriso si fece presto breccia sulle sue labbra, mentre un altro paio di braccia si stringevano attorno a un muscoloso torace, così diverso, eppure così familiare.

MeH
Ekkime con il secondo cappy bello pronto! Ok, lo confesso: la ficcy l'ho quasi finita tutta... MeH deve soltanto postare shiiiiiiiiiii!!!!! Recensite in molti, plis *-*
KiZz <3

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Capitolo 3
*** Parole ***


Al mattino seguente, la tormenta si era del tutto dissolta, così il gruppo riprese il cammino. Thomas e Robbie non si rivolsero la parola. Si erano svegliati abbracciati, e Thomas aveva dato a Robbie un bacio di “buongiorno”, come lo aveva chiamato.
“Buongiorno un corno… Sono mezzo addormentato!” pensò Robbie, soffocando uno sbadiglio.
Verso mezzogiorno arrivarono a una radura dove scorreva il fiume il cui corso li avrebbe condotti a Southampton.
- Devo raggiungere Parigi, solo così sarò salvo. - riferì padre Pascal a Thomas. - In Bretagna sapranno come condurmi lì, ho un cugino che vive sulla costa. Ma voi… voi dovete proseguire. Imbarcatevi senza dare nell’occhio, e accorrete in soccorso di Sir Guillame. Ve ne prego! -
- Stia tranquillo, proseguiremo, padre. -
- Che Dio sia con voi, figlioli. -
Padre Pascal virò a destra, per poi inoltrarsi nel folto della boscaglia. I due decisero di far riposare i cavalli, legandoli al tronco di un grosso olmo, mentre facevano rifornimento di acqua riempiendo le bisacce. Mentre Thomas era chino sul bordo e immergeva il recipiente, Robbie si incamminò su un basso ponticello, da cui si vedeva il fondo del fiume. Osservò da quell’altezza la sua immagine riflessa, i suoi capelli ricci, i suoi occhi color pece. All’improvviso, un’altra figura comparve nel riflesso, e alle sue spalle si materializzò Thomas.
- Ma sei impazzito? -
Thomas sorrise sornione, e allungò il viso per accostarlo a quello di Robbie. Il ragazzo però, non era della stessa idea, perciò, spingendosi troppo all’indietro, precipitò in acqua. Thomas scoppiò in una sonora risata, mentre correva e si gettava in acqua, sopra di lui, bloccandogli i movimenti.
- Stupido! Lasciami andare! -
- Devi pagare, Robbie. -
- Cosa vuoi? -
- Un bacio! -
- Ti si è dato di volta il cervello! -
Thomas assunse una finta espressione delusa.
- Spostati! -
- Amami. -
- Che hai detto? -
- Amami, Robbie… -
- Ma stamattina stai dando di matto? Scansati! -
Finalmente riuscì a levarselo di dosso. Si alzò in fretta e furia, e bagnato com’era, raggiunse il suo cavallo, balzò in sella, e partì al galoppo facendosi strada tra gli alberi.
“E’ partito con la testa! Amami… Come se potessi farlo a comando! Aveva Eleanor. Eleanor… il bambino… ha perso un figlio… Amami… Perso… Bisogno d’amore…”
Frenò bruscamente il suo baio. Thomas. Aveva bisogno di lui. Aspettò impaziente che il compagno arrivasse. Sbucò infine da dietro il tronco di un frassino. - Thomas… -
- Che c’è? -
- Io… -
“Non devo cedere!”
- Ma dimmi, stamattina ti sei svegliato con qualche rotella fuori posto? -
Uno sguardo, freddo come il ghiaccio, pungente come la lama di un coltello.
- Ti piaceva, ieri sera… Non avrei mai detto che… -
- Cosa? Cosa non avresti detto? Ti sembro forse uno sciocco? Ti rendi conto? Io sono un uomo. Un UOMO! Mettitelo bene in testa! -
- Credi che non me ne sia accorto? -
- Non sembrava. -
- Lascia stare. -
Gli occhi di Thomas divennero ben presto liquidi. Il giovane abbassò il capo, e procedette dinnanzi.
- Thomas… io… -
- Lascia stare. -
Lascia stare. Due parole. “Robbie testa di cazzo”. Queste però erano quattro.


MeH
Eccomi con il terzo cappy! Ringrazio kurutachan, la mia amichetta, che ha recensito, e tutti coloro che leggono! <3

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Capitolo 4
*** Pace fatta ***


Per tutto il giorno Thomas non gli rivolse la parola. Certo, Robbie sapeva di esserci andato giù duro con le parole, ma del resto aveva espresso il suo parere. No, forse non era proprio quello, in realtà. Cavalcarono uno dietro l’altro, attraversando piccoli villaggi, vaste distese d’erba, colline boscose, fino ad arrivare a Southampton. Lì si imbarcarono velocemente su una nave che trasportava merci d’esportazione per la Francia, e dopo una settimana e mezzo giunsero al porto di Caèn. La marea però si era alzata, così dovettero aspettare ore prima che la nave riuscisse ad attraccare nel porto. Thomas osservava il panorama della grande cittadina, in cui era già stato molto spesso in passato. Si stava forse rammentando di tutto il tempo speso in quelle enormi mura di tufo nero. Camminarono oltre il portone d’ingresso, dopo aver mentito riguardo all’identità, dicendo di essere scozzesi in viaggio per arruolarsi nella battaglia d’Evecque. Le strade erano affollatissime. Era mezzogiorno passato, e la gente si affrettava a fare gli ultimi acquisti al mercato, o a chiudere le botteghe, per tornare a casa a cucinare il pranzo. Una donna li superò con un movimento aggraziato. Un lampo di stupore, che non sfuggì a Robbie, attraversò gli occhi di Thomas, mentre l’estremo lembo dello strascico portato dalla donna svolazzava nella brezza leggera.
- Jeanette! -
- Thomas! Sei proprio tu? - rispose la donna, scoprendosi il capo, e lasciando ricadere i lunghi capelli neri sulle spalle. Era alquanto bella, e Robbie si stupì che uno come il suo compagno potesse conoscere una ragazza simile.
- Da quanto tempo, caro! Che bello rivederti! -
Si incamminarono fianco a fianco, lasciando Robbie indietro, da solo. Le loro parole francesi gli risultavano incomprensibili, perciò Robbie si rassegnò a cercare di captare qualcosa dal tono delle voci. Entrarono affamati in una vicina locanda, e Thomas invitò Jeanette a sedersi con loro.
- Je suis en train de allèr à Paris… -
Era diretta alla capitale. Robbie cercò di comprendere altri frammenti della loro conversazione, ma con scarso successo.
- Potete stare a casa mia per un po’. Mentre vi abituate al clima francese… -
Jeanette stava offrendo loro un alloggio, di cui avevano fortemente bisogno, al che era quasi un’eresia rifiutare una proposta così gentile.
- Grazie Jeanette! -
La donna fece loro strada attraverso l’intrico di vicoli, fino a giungere davanti a un curato giardino di una casetta, semplice, ma confortevole.
- La stanza degli ospiti… - Jeanette indicò la porta in fondo al corridoio superiore. - Purtroppo c’è un solo letto. -
- Non preoccuparti, hai già fatto tanto. Ci arrangeremo, vero Robbie? -
- Uhm… ehm… certo. -
Gli aveva rivolto la parola. Una frase banale, stupida, ma gli aveva pur sempre rivolto la parola. Robbie guardò Jeanette, studiando ogni dettaglio di lei.
“Non mi piace, per niente. Sarà pure bellissima, ma…”
Era trascorsa quasi una settimana dal loro arrivo sulla costa francese. Thomas e Robbie condividevano il letto, ma quasi sempre il primo non tornava nella stanza prima delle sei del mattino, così il ragazzo non era costretto ad angustiarsi. In una fresca ma buia notte, Thomas si sdraiò stranamente accanto al compagno.
- Thomas… -
Un grugnito, che pareva esortarlo a continuare.
- Non vai stasera? -
- No. -
Erano entrambi voltati di spalle, e le loro schiene quasi si sfioravano.
- Sa che la stai illudendo, vero? -
- Chi ti ha detto che la sto illudendo? -
Colpito. “Ma devo resistere…”
- La ami? -
- Vuoi sapere la verità? -
Robbie si era girato sul lato sinistro. Guardava la grossa schiena bruciata dal sole del giovane biondo. Thomas, sentendosi osservato, si distese supino, con lo sguardo rivolto a Robbie, che annuì lievemente, come risposta.
- No. -
Una barlume di speranza.
- Scusa. Per l’altra volta. Scusa. Ho rischiato di perderti. -
Thomas fece leva sul suo corpo, per ritrovarsi a cavalcioni sulle cosce di Robbie, che per la forza del compagno, di colpo si era disteso sulla schiena.
- Ehi, mica scherzi, riguardo al peso! -
Thomas rise, come non faceva da giorni. Si chinò sul ragazzo, e i loro volti erano così vicini, tanto da resipirare la stessa aria. In un istante, le labbra di Thomas si schiusero su quelle di Robbie, mentre le lingue si intrecciarono, ritrovando il legame perduto.
- Mi sei mancato. - sussurrò Thomas all’orecchio di Robbie, per poi iniziare a mordicchiarlo.
- Ma cosa dici? Siamo stati insieme comunque. -
La bocca di Thomas si strusciò sul suo collo, facendolo rabbrividire. Il cuore prese a battergli all’impazzata contro il petto. Ma d’un tratto, il giovane abbandono il contatto e si raddrizzò. Pian piano si lasciò scivolare sempre più in basso, trascinando sopra di sé la coperta.
- Ma che diavolo… -
Le parole si bloccarono nella sua gola. Thomas aveva tirato fuori la sua virilità, e aveva cominciato a stuzzicarla con la punta della lingua. Il corpo di Robbie fremeva grazie al movimento delle labbra del compagno che indugiavano sul suo membro. Thomas continuò a manovrare i suoi movimenti con lentezza studiata, facendo arrivare Robbie al culmine solo dopo averlo fatto impazzire di piacere. Le dita del giovane che scorrevano lungo la pelle ormai indurita, aiutarono Robbie a giungere al limite. Soffocò un gemito, premendosi un cuscino sul viso. Thomas si occupò di pulire il tutto. Si lasciò cadere accanto a lui, spostando il cuscino e baciandolo con tenerezza. - Domani ce ne andremo. - asserì con determinazione.
- Grazie Robbie. - aggiunse.
- Non ho fatto nulla! -
- Mi basta la tua presenza. -
In quell’inizio autunno del suo ventitreesimo anno, Robbie Douglas comprese che doveva compiere una scelta, al più presto. Dalla risposta dipendevano le sorti del suo cuore.

MeH
Et voilà! Il quarto cappy! Ed ora posto anche il quinto u.u Un grazie di cuore a chi segue e legge (lasciatemi una recensione qualche volta *sigh*) pliiiiis *-* <3

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Capitolo 5
*** Dichiarazioni ***


Partirono all’alba. Thomas decise di non avvisare Jeanette, perché era sicuro che li avrebbe seguiti. Si inoltrarono tra i fitti alberi della foresta, diretti a sud. Ma erano troppo stanchi per proseguire. I postumi delle ore notturne passate insieme cominciavano a farsi sentire. Robbie sbadigliava vistosamente, senza preoccuparsi di non darlo a vedere, e Thomas faticava a mettere un piede dietro l’altro. Eppure continuarono ad attraversare il bosco, determinati, fino a sera. Quando il tramonto tinse di rosso le cime degli alberi, e il cielo andava via via diventando violaceo, i due giovani capirono che un riparo per la notte era assolutamente indispensabile. Non erano ancora usciti dalla foresta. D’un tratto, come un miraggio, una catapecchia si materializzò davanti ai loro occhi. Era la solita capanna di uno dei tanti guardiacaccia, ma sembrava abbandonata. I ragazzi, sfiniti, non badarono a controllare, ma ci si fiondarono dentro, dividendo il piccolo letto posto in un angolo, addormentandosi in un batter d’occhio. Il primo raggio di sole batté sul viso di Thomas. Il giovane arciere si stiracchiò, e uscì all’aperto, respirando a pieni polmoni l’aria frizzante. L’autunno era alle porte. Aveva ancora i muscoli indolenziti dal sonno, ma decise di provare un po’ a tirare con l’arco, per tenersi in esercizio. Si mise ad una certa distanza da un frassino, incoccando la freccia. Tese al massimo i muscoli, accompagnando il movimento della corda di canapa, e in un istante la freccia si era conficcata esattamente al centro del tronco.
Robbie, che intanto si era svegliato, dalla soglia osservava ammirato i movimenti fluidi e coordinati del suo compagno.
- Mi insegni a usarlo? - chiese.
Thomas gli lanciò un’occhiata di traverso.
- Posso insegnarti tutto in dieci minuti - rispose. - Ma per imparare il resto ti ci vorrebbe un’intera esistenza. - - Ho cominciato a tirare frecce quando avevo sette anni, e soltanto a dieci la mia tecnica era sufficientemente buona. - aggiunse, mentre estraeva la cuspide d’acciaio dal tronco nodoso.
- Non può essere così difficile. - osservò Robbie, mentre si chinava a prendere l’arco che Thomas aveva lasciato a terra per andare a recuperare la freccia.
Il ragazzo biondo gli rivolse uno sguardo scettico.
- Va bene, proviamo. - acconsentì, avvicinandosi a Robbie. Si posizionò dietro di lui, e tese le braccia in corrispondenza delle sue. Due paia di mani reggevano l’arco di tasso.
¬- Ecco… Devi tenere l’arco con la sinistra e incoccare con la destra… -
Robbie sentiva il suo fiato sul collo, e la cosa lo eccitava in tutti i sensi. Thomas continuò a spiegargli i primi rudimenti che aveva acquisito la prima volta che aveva avuto in mano un arco, ma Robbie non lo ascoltava. Era tutto preso a pensare a quanto era bello starsene lì, guancia a guancia, con la brezza settembrina che li accarezzava e il pallido sole che si sforzava di scaldarli. La tentazione era troppo forte. Le mani di Robbie mollarono la presa sull’arco, il corpo girò su se stesso, gli occhi si persero in quelli nocciola di Thomas. Le sue labbra erano lì, così vicine, e sembravano un invito a provare quel sapore che ormai conosceva. Robbie si fidò dell’istinto. La sua bocca si incollò a quella di Thomas, il quale lasciò andare l’arco e strinse a sé il compagno. Robbie temeva di poter restare così per sempre.
- Thomas… io… -
Il ragazzo fu interrotto da uno scalpitare di zoccoli. Jeanette sbucò nella radura in groppa al suo destriero. Robbie si liberò dall’abbraccio.
- Che ci fai tu qui?
- - Thomas! - fece lei, non degnandolo di alcuna considerazione. - Perché non mi hai detto che avevi intenzione di partire? -
Thomas abbassò lo sguardo.
- Robbie, per favore, vai dentro. -
- Ma io… -
- Per favore! -
- Ok… -
Robbie rientrò di malavoglia nella casupola, ma non si era rassegnato. Tese l’orecchio a cercare di captare qualcosa. Francese. Dannato francese.
“Dovrò impararlo uno di questi giorni!” pensò contrariato. - Je t’aime encore! -
Robbie si avvicinò alla finestra.
- Moi, je non. -
Gli occhi color pece si illuminarono. Almeno questo, l’aveva capito.
Vide lo sguardo infuriato di Jeanette, sentì il tono duro della sua voce, percepì il disagio di Thomas. L’impulso fu troppo improvviso da poterlo frenare. Robbie si precipitò fuori, davanti a Thomas. Le braccia si tesero all’indietro verso il compagno.
- Lui è mio! - ringhiò.
- Robbie… Ti avevo detto di non… -
- E’ un uomo, ed è mio. Ti sembra strano? Dopotutto, non hai perso tempo a tradirlo, brutta tr… -
- Robbie! Basta! -
Thomas era allibito. Sorpreso. Stupito.
- Jeanette, senti… E’ finita. Punto. -
- Te ne pentirai, Thomas! - gridò la donna con astio, mentre partiva al galoppo.
- L’unica cosa di cui si pentirà sarà aver scopato con te! - urlò Robbie di rimando, ma il cavallo era già sparito tra gli alberi, lasciando soltanto una nuvola di polvere.
- Robbie! -
- Thomas, lo so. Ma… -
- Grazie. -
- Di cosa? -
- Di tutto. -
Thomas avvolse Robbie nelle sue braccia muscolose.
- Insomma, ti ho disobbedito, e mi ringrazi? -
- Ecco, non avrei mai detto che tu… avresti fatto questo per me. -
- Dovere! - esclamò Robbie ghignando.
- Stupido Robbie! -
Thomas si scostò appena.
- Prima che arrivasse… Stavi dicendo qualcosa. Vero? -
- Ah sì, beh… Io… credo di amarti, Thomas… -
- Io invece ne sono sicuro! -
Sicurezza. Era quella che gli mancava.

MeH
Aspetto i commentini pliiiiiiis *-* <3 Lowo tutti coloro che leggono (almeno!) Glassie!

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Capitolo 6
*** Paura ***


Arrivarono a Evecque dopo quattro giorni di cammino. Thomas non avrebbe mai immaginato che la situazione fosse così complicata. Il conte di Coutances aveva disposto le sue guarnigioni intorno al maniero, ormai protetto soltanto dal profondo fossato. Gli assedianti se ne stavano in attesa che i soldati di Sir Guillame tentassero una sortita per difesa.
- Sir Guillame deve sapere che siamo qui. -
- E come? -
- Non lo so. -
- Bene! -
I due giovani erano nascosti dietro folti arbusti al limitare della foresta, osservando la scena. Improvvisamente un rumore sordo fece voltare tutti in direzione dell’apertura al posto della quale tempo prima c’era il ponte levatoio. Delle assi erano state calate per sostituirlo. Un grido di guerra proruppe nell’aria. I cavalieri e gli uomini d’arme di Sir Guillame sciamarono all’esterno, caricando contro gli assedianti di Coutances.
- E’ ora Robbie. Combatti. Vai e combatti per me. -
- E tu? Dove vai? -
- Salva Sir Guillame. Io mi occupo di tenerli a bada con l’arco. Sono un arciere inglese, dannazione! Uno dei migliori. -
- La modestia non ti abbandona! -
- Vai! -
Robbie lanciò un ultimo sguardo al compagno, che si apprestava a incoccare la prima di una lunga serie di frecce, per poi correre all’interno delle mura. Sir Guillame era certamente nella sua mansione. Attraversò vicoli, schivando i nemici che intanto erano penetrati nel maniero. Due uomini gli diedero del filo da torcere. Lo bloccarono in un angolo, cercando di colpirlo con le pesanti spade. Ritenevano Robbie un ragazzino che non aveva mai preso un’arma in mano fino a quel momento. Ma avevano sbagliato i loro calcoli. Con straordinaria agilità, Robbie scartò il primo, piantandogli la spada nel lato sinistro del torace. L’altro aveva esitato di fronte a quell’improvviso scatto, così Robbie ne approfittò per menargli un fendente che gli mozzò la gamba destra. Lo finì con un colpo alla gola, e riprese a correre alla cieca. Finalmente la vide. Un’imponente costruzione che si ergeva al centro del quadrato che era la forma del maniero. Nell’insieme sobria, ma di colore bianco, cosa insolita per le case di allora. Robbie oltrepassò l’enorme cancello di ferro battuto, attraversando sempre di corsa l’immenso parco che circondava la villa. Raggiunse in un baleno la stanza più importante della casa, quella dove Sir Guillame riceveva i suoi ospiti. E infatti l’uomo era lì. Il volto sfigurato si girò, rivelando orrende cicatrici e un occhio cavato. Era sulla trentina, aveva i capelli biondi, e Robbie pensò che a suo tempo fosse stato un uomo affascinante. Notando quel giovane sconosciuto, Sir Guillame si mise in allerta.
- Chi sei? - gridò sguainando la spada.
- Sono… uno scozzese, signore. Amico di Thomas di Hookton. -
- Thomas, certo. Siete arrivati allora. -
- Conosce l’inglese? -
- Diciamo che me la cavo. -
Sul volto dell’uomo apparve un mezzo sorriso.
- State bene? -
- Abbastanza. -
- Dobbiamo fuggire da qui. -
- Dalla mia casa? -
- Signore, siamo in pericolo. -
- Ho dato ordine di attaccare battaglia, e adesso dovrei fuggire? Mi credi forse un vigliacco? -
- Non volevo dire questo, signore… -
Robbie tentennava. Si era aspettato una collaborazione maggiore.
- Bene bene bene… Mio caro Sir, vedo con piacere che siete restio ad abbandonare la vostra dimora! - Una voce li fece sobbalzare entrambi. Il conte di Coutances, padrone assoluto di quel territorio, era entrato di soppiatto, ed ora guardava con astio sir Guillame.
- Combatti, se ne hai il coraggio! - lo sfidò l’uomo. Era più giovane del conte, che aveva i capelli ormai del tutto grigi e due baffi incolti. Stava per assalirlo, quando Robbie gli bloccò il cammino, e affrontò di petto Coutances. Colpo, parata, affondo, parata. La situazione era in stallo. Sir Guillame cercava continuamente di interferire. Ciò mise in difficoltà il conte, che per un attimo si distrasse, dando così vantaggio al ragazzo. Robbie gli colpì la mano, facendo volare via la spada. Sir Guillame approfittò del momento per affondare la lama nel torace del conte, che cadde riverso al suolo, senza vita. Robbie respirava affannosamente.
- Chiama un soldato, avvisa i nemici. Il loro capo è morto. -
Sir Guillame cadde al suolo.
- Signore… -
Robbie accorse, ma l’uomo era soltanto svenuto, forse per l’agitazione. Si recò accanto alle mura interne, ordinando ai soldati di ronda di diffondere la notizia. Appena i nemici seppero, batterono in ritirata, non prima di aver lottato ancora per poco, per mantenere la dignità.
- Thomas! -
Il pensiero del giovane riscosse Robbie. Si mise alla ricerca, entrando in ogni casa distrutta, e chiedendo in giro informazioni, ma nessuno seppe dirgli nulla. La preoccupazione gli attanagliava lo stomaco.
“E se…?” scacciò subito quell’orribile ipotesi, continuando a entrare e uscire dalle porte distrutte. Quando ormai aveva perso le speranze, vide l’arco abbandonato accanto a una botte sfasciata. Un arco di tasso. Il suo. Chiamò a gran voce il compagno, senza ottenere risposta. E infine lo vide. Steso a terra, inerme, con una grossa ferita alla spalla che continuava a perdere sangue.
- Thomas! Thomas, rispondi! -
Silenzio.
Calde lacrime cominciarono a farsi strada sulle guance di Robbie. Singhiozzava accasciato sul corpo di Thomas.
- Aiuto! - gridò. - Aiuto! -
Dei soldati vicini accorsero.
- Est… un ami de Sir Guillame… -
Di nuovo il dannato francese. Si maledisse per non averlo imparato prima. Per fortuna, i soldati sembrarono capire. Trasportarono Thomas all’interno delle mura, aiutati da Robbie, che però stentava a camminare, dati gli occhi offuscati. Sir Guillame intanto si era ripreso.
- Che gli è successo? -
- Non lo so! -
Robbie non riusciva a smettere di piangere.
- Chiamate subito un medico! - ordinò l’uomo ai suoi servi.
Robbie venne invitato ad aspettare fuori. Un piccolo servo lo accompagnò in una stanza sotto comando di Sir Guillame, con la raccomandazione di riposarsi un po’.
“Come se fosse facile… Thomas, vivi, vivi! Altrimenti io… non so cosa sarei capace di fare…”
Le lacrime continuavano a scendere copiose. Si pentì di non averglielo detto. Come fotogrammi gli apparvero tutti i momenti passati insieme. Non poteva finire così. Non doveva. Lui, Robbie, non l’avrebbe permesso in nessun modo.

MeH
Il penultimo capitolo per voi! Me si è innamorata di Robbie *shishi*

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Capitolo 7
*** Petali di rosa ***


Gli permisero di vedere Thomas soltanto il giorno seguente. Robbie raggiunse velocemente la stanza dove il compagno dormiva profondamente.
- Ha bisogno di riposo. Lasciate che si svegli da solo. - avvisò il medico prima di lasciare la camera.
- Verrò a visitarlo domani. Arrivederci. -
Robbie non aveva smesso di versare lacrime e, chino sul petto del giovane biondo, continuava a emettere singhiozzi smorzati.
“Non lasciarmi… Per favore…” pensò stringendo i pungi. “Ti prego Thomas… Non andare via… Non puoi… Non devi… Io…” Singhiozzi più violenti. Robbie non riusciva a trattenerli.
- Thomas… io t-ti… -
Niente. La parola non usciva.
“Dannato scozzese!”
Si avvicinò alla bocca di Thomas, e poggiò le sue labbra tremanti su quelle immobili del compagno. Un bacio lieve, un petalo che si posa leggero. Decise di andare in terrazza. Si sedette, riponendo le frecce rimaste nella sacca dell’arciere. Guardava il sole che tingeva di rosso i tetti bruciati delle case del villaggio. Evecque doveva cominciare tutto daccapo. E forse era arrivato il momento per lui, di iniziare ad accettare la situazione. Ritornò nella stanza che gli avevano fornito, brandendo la piuma. Intinse la punta nell’inchiostro, vergando poche righe:
Solo il tempo mi ha fatto capire qual è la cosa a cui tengo veramente: te.
Ripiegò il piccolo pezzo di pergamena, infilandolo in tasca. D’un tratto la porta si spalancò.
- Ragazzo! Thomas si è svegliato! -
Sir Guillame era venuto di persona ad avvertirlo. Robbie sentì un nodo sciogliersi dentro di sé. Arrivò come un fulmine al capezzale del giovane.
- Thomas! - gridò, ricominciando a piangere. Ma questa volta erano lacrime di gioia.
- R-Robbie… cosa… -
- No, non sforzarti. Ora riposa! -
Thomas sorrise, prima di sprofondare nuovamente nel sonno. Robbie restò lì, con la mano stretta a quella del compagno, fino a quando le prime ombre iniziarono a farsi strada nella stanza, conducendola alla penombra.
Era sera. La luna brillava alta nel cielo punteggiato di stelle. Robbie osservava quel manto scuro dalla finestra della camera. Thomas gli si avvicinò in silenzio.
- Voglio dormire lì fuori. - annunciò dopo qualche istante, indicando l’immenso parco della mansione di Sir Guillame.
- Ma se non ti sei ancora rimesso del tutto! Sei pazzo! -
Thomas non lo ascoltò. Prese il piumone dal letto, abbastanza grande da poterli avvolgere, e trascinò Robbie nella fredda aria notturna. In uno degli angoli più remoti, si trovava un pavimento di pietra, contornato da sostegni di ferro ai quali si era arrampicato un vero e proprio roseto. Thomas sistemò la coperta, e si sedette con le gambe distese.
- Vieni… - sussurrò a Robbie.
- Ti beccherai un malanno nelle tue condiz… -
- Shhhhhhhhhhh! Vieni! - gli ordinò, tirandolo.
Robbie cadde a cavalcioni su di lui. Thomas gli cinse la vita. Il ragazzo arrossì, mentre goffamente gli buttava le braccia al collo. Il giovane biondo sorrise. Le labbra si cercarono, automaticamente, come se quel gesto fosse diventato una consuetudine. Thomas si scostò, d’improvviso.
- Tienimi caldo, Rob… - mormorò con voce roca.
Sulla bocca di Robbie comparve l’ombra di un sorriso. Fu lui a spogliare per primo Thomas, a sbottonare la sua casacca, a slacciare i suoi pantaloni. Il compagno sorrideva ancora. Iniziò ad armeggiare con la casacca di Robbie, e in un istante furono entrambi nudi. Thomas si distese, e Robbie sopra di lui, che si muoveva sensualmente, in modo tale che le rocce che si erano formate si sfiorassero. I respiri divennero pian piano affannosi, irregolari. Si rotolarono con le labbra in frenetico movimento. Thomas bloccò Robbie, facendolo voltare. Il ragazzo si sostenne appoggiando le mani a due aste che non erano ancora ricoperte interamente di spine. Sentiva l’eccitazione del giovane dietro di sé, e ciò non faceva altro che accrescere la sua. Gli sfuggì un gemito quando Thomas entrò dentro di lui, lentamente, con dolcezza. Thomas prese il membro di Robbie e cominciò a muovere la mano in sincronia con le spinte. Il tempo si era dilatato. Robbie era scosso da brividi provocati dal soffio del compagno. Thomas venne dentro di lui, e una frazione di secondo dopo, anche lui arrivò all’orgasmo. Giunsero insieme, un solo corpo, un solo cuore, una sola anima. Lasciarono cadere i loro corpi sudati sull’enorme coperta, dopo essersi rivestiti del solo intimo.
L’eccitazione che si andava sfumando manteneva ancora alta la temperatura. Robbie osservò il cielo tra l’intrico di rovi. Thomas gli prese la mano.
- Dillo, Robbie. -
Le guance del ragazzo si imporporarono. Posò i suoi occhi in quelli di Thomas, che accennava un sorriso.
- Io… ti amo! -
L’aveva detto. Thomas abbracciò quella figura esile che gli stava accanto, mentre decine di petali di rosa bianca volarono lentamente su di loro, sospinti dalla brezza notturna.
Ti amo. Era sicuro di quel sentimento.
- Thomas… - mormorò con il naso schiacciato sulla sua spalla.
- Dimmi. -
- Cosa faremo adesso? -
- Ognuno è artefice del proprio destino, Robbie. -
- Significa che devo stare con te? -
- Significa che puoi stare con me, se vuoi. -
Lo voleva? Sì, ne era certo. E allora perché si sentiva così… strano? Robbie Douglas solo in quel momento comprese quanto sarebbe stata dura andare avanti. Capì che non sarebbe riuscito facilmente ad accettare la situazione, ma per adesso andava bene così. Gli bastava avere Thomas accanto. Tutto il resto era superfluo. Un petalo bianco si posò delicatamente sul palmo della sua mano.
Ti amo. Ora ne era davvero sicuro.

MeH
Ed eccoci alla fine di quest'avventura! Commentate pliiiis *-* Coooooooooooomunque, è in corso un'altra ficci! <3

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