Bloody Tears: Quando i tuoi incubi diventano realtà

di Luke92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


L’aria era fredda ma quel giubbotto anti-proiettili sotto la giacca teneva un caldo allucinante….e la tensione non aiutava per niente.
Stavamo aspettando il segnale per dare il via all’operazione. Erano mesi che stavamo cercando di beccare questi trafficanti di droga e finalmente li avevamo intercettati. Dovevano incontrarsi in una vecchia chiesa sconsacrata da anni. Non erano in molti e c’era una sola via per entrare ed uscire….ERANO NOSTRI!
“Ok hanno detto di partire!”
“Perfetto! Noi entriamo dentro….voi sei li aspetterete fuori, nel caso andasse tutto storto” dissi io con tono deciso.
Entrammo piano piano nella chiesa ed apparentemente non c’era nessuno….la situazione era troppo tranquilla. Controllammo in tutta la navata e l’altare minuziosamente.
“Signore qui sembra esserci qualcosa”. A quanto pare c’era un muro vuoto in un lato dell’altare e, dietro di esso, c’erano delle lunghe scalinate che portavano in un piano inferiore. Più scendevamo più sentivamo calore e degli strani suoni. Arrivati alla fine delle scale venimmo abbagliati da una forte luce e fummo sconvolti da quello che trovammo…..
C’erano una ventina di persone disposte a cerchio vestiti tutti con una tunica rossa e cantavano come se stessero celebrando una messa. Al centro invece c’era un energumeno dai capelli biondi che possedeva una povera ragazza inerme. A giudicare dalla sua faccia allucinata era stata drogata da quei malati…probabilmente per potersi godere lo spettacolo in santa pace.
Il sangue mi ribolliva nel vedere quella scena…ma erano troppi per poter agire d’istinto.
Ci dividemmo a due a due per cercare di coprire tutta la stanza….era grande e con quelle cantilene riuscimmo ad agire indisturbati. Una scena però mandò tutto a puttane….
Il bruto biondo, alzando gli occhi verso il cielo, iniziò ad urlare all’improvviso, prese la ragazza di peso e le tagliò la gola con un coltello…
Rimanemmo sconvolti dalla scena e senza pensarci due volte uscimmo allo scoperto.
“Fermi tutti siete in arresto!”. Non riuscimmo a finire la frase che dal soffitto iniziò cadere acqua come se piovesse. Era come se l’impianto anti incendio fosse partito senza motivo ma l’acqua aveva una strana colorazione. Era rossa…rosso sangue. Non riuscivamo a capire cosa stesse succedendo e in quell’attimo di distrazione gli incappucciati rossi non esitarono ad assalirci.
In poco tempo la situazione degenerò….vedendo i miei colleghi assaliti iniziai a sparare a chiunque mi capitasse a tiro….
Chiamai la squadra fuori dalla chiesa “Abbiamo bisogno di una mano! Ci sono delle scale vicino l’altare presto venite!”
Mi sentivo sempre più pesante….avevo la testa che mi scoppiava e non riuscivo a vedere perfettamente cosa avessi davanti a causa della pioggia di sangue….
Sentivo delle grida ma non riuscivo a capire di chi fossero. Piano piano il fumo iniziò a diradarsi e finalmente lo vidi….l’omone biondo che gridava contro i miei colleghi terrorizzati. Gli sparavano ma lui non provava ne paura ne dolore. Correva contro di loro e uno ad uno li massacrava con il suo coltellaccio.
Dopo aver sgozzato pure loro, dalla parte opposta della stanza, riuscì a vedermi. Aveva gli occhi assetati di sangue…era in piedi nonostante gli avessero sparato ben due volte. Quel fottuto demonio sorrideva e rideva….era divertito da quel bagno di sangue. Io non riuscivo più a muovermi…..ero pietrificato e terrorizzato come i miei colleghi prima di morire. Si scagliò verso di me senza che avessi la forza di rispondere in qualche modo. Mi prese per la gola e mi tirò su di peso. Era come se vedessi il mio imminente destino…..fino a quando arrivarono…
“Fermi!” erano i miei colleghi!
Quel demonio mi guardò negli occhi ancora un istante e poi mi lasciò cadere a terra per correre via senza voltarsi. Sentivo quella pioggia di sangue cadere su tutto il corpo, ne avevo il viso ricoperto. Cercai di alzarmi piano piano per vedere quello scenario da incubo ma ciò che vidi non mi rassicurò. I miei colleghi cercavano di sparare a quel demonio ma ormai lui e gli incappucciati sopravvissuti erano spariti. Si erano intrufolati in un angolo oscuro della stanza.
C’era un’altra uscita…era andato tutto a puttane….
La testa mi girava e si faceva sempre più pesante….svenni…

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quando mi svegliai mi ritrovai in una camera di ospedale. Avevo un terribile mal di testa e mi sentivo come se stessi per svenire da un momento all’altro.
Rimasi 10 minuti a guardarmi attorno per cercare di capire dove fossi fino a quando entrarono due persone. Erano il mio superiore e subito dopo il mio compagno di squadra che barcollava per via del gesso alla gamba destra.
“Eddie ti sei svegliato finalmente…come ti senti?” mi chiese il mio partner
“Ho un tremendo mal di testa Joe……gli altri capitano come stanno?”
Il capitano Harrison aveva un’espressione cupa e mi disse “Sono….sono morti 7 dei nostri agenti….gli altri sono qui in ospedale. Molti si sono svegliati con mal di testa e vertigini ed altri si son svegliati gridando dal terrore…come se avessero visto il Diavolo in persona”
“Mi…sento in colpa….è tutta colpa mia…” dissi io
“Non è colpa tua….non potevamo sapere cosa vi aspettava” disse il capitano
“…..chi era la ragazza?” chiesi io
“Era una farmacista...scomparsa o meglio rapita un mese fa. Non abbiamo decisamente la minima idea di cosa ci sia sotto…dovevo esserci anche io li con voi…..potevo fare la differenza se non fosse stato per questa fottuta gamba” disse il mio partner
“Non sarebbe cambiato niente…anzi a quest’ora potevi essere morto…”
Scese un silenzio in tutta la stanza fino a quando il capitano disse al mio partner “Meglio se lo lasciamo riposare Joseph….speriamo di ritrovarti presto in piedi Edward”
“Si signore….”
Ed entrambi se ne andarono così….com’erano venuti…..
La notte non andò per niente bene…feci fatica a dormire….
Chiudevo gli occhi per cercare di dormire ma continuavo a vedere i miei colleghi che morivano davanti a me. Quella bestia che li caricava e li ammazzava uno ad uno. Guardavo il soffitto e pensavo a tutto quello che avevamo sbagliato. Eravamo stati incauti e ne abbiamo pagato le conseguenze.
Guardai ai piedi del letto e vidi una donna. Mi spaventai….non l’avevo sentita arrivare…
“Come sta?” Mi chiese
”Non riesco a dormire ma….mi sento leggermente meglio” evidentemente era un’infermiera ma non riuscivo a vederla in volto perché le luci erano spente.
“Sono andata a trovare i suoi colleghi. Mi hanno detto quello che è successo….non è andata per niente bene eh?”
“Già….ci è sfuggita la situazione…” come cazzo è venuto in mente di raccontare i dettagli di un’operazione della polizia ad una civile….era irritante…
“E pensare che la gente crede in voi….si fida di voi…pure io mi fidavo di voi….” La sua voce si faceva sempre più gelida, stridula ed agghiacciante…
“Mi fidavo di voi….cosa avete intenzione di fare ora?”
“Faremo del nostro meglio…li arresteremo tutti!” dissi io deciso
“Del vostro meglio? Arrestarli tutti? Dovete porre fine a tutto questo! Dovete fare molto più del vostro meglio!”
Inaspettatamente fece uno scatto talmente veloce che in un secondo me la ritrovai di fianco e con forza mi prese per la gola “DOVETE UCCIDERLI TUTTI QUEI FIGLI DI PUTTANA!!!!”
Mi svegliai improvvisamente ed era giorno….cosa cazzo era successo? Era tutto un sogno….un sogno così intenso…
Per un attimo avevo visto il volto della donna e l’avevo già vista…ma non riuscivo a riconoscerla. Chi era?
Mi sdraiai cercando di riposare ma avevo un gran mal di testa….e la gola mi faceva male…..

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il giorno seguente mi svegliai nel pomeriggio. Ero decisamente stanco per la notte in bianco…
Avevo ancora mal di testa  e male alla gola ma almeno la sensazione di vertigini era passata.
Accanto al mio letto, nel comodino, c’erano i dossier del caso con gli ultimi aggiornamenti. Evidentemente era passato Joseph, il mio compagno di squadra, e lo aveva lasciato li per farmelo leggere. Lo presi e iniziai a sfogliarlo.
Avevano controllato minuziosamente quella stanza. Dal vestiario dei partecipanti e dalla location si trattava di una sorta di rituale, ma per cosa non era ancora chiaro. Nel soffitto erano state ritrovate delle pompe dal quale era fuoriuscita quella “pioggia di sangue”. Le ricerche scientifiche non erano ancora state completate ma indicavano che quella sostanza liquida rossa presentava alte dosi di droghe. Chissà cosa avevano in mente quegli stronzi…
In quel momento entrarono un uomo con un camice bianco e una donna.
“Salve signor Collins, sono il dottor Martin e lei è la dottoressa  Rose. Come sta oggi?”
“Piacere. Decisamente meglio. Solo qualche giramento di testa….sarà la stanchezza. Stanotte non ho dormito bene”
“Molto bene….e ha per caso notato qualcosa di strano? Qualche sensazione anomala?”
“No direi di no….perché?”
“Beh nel suo sangue, come in quello dei suoi colleghi, c’era una massiccia dose di droghe che ancora non siamo stati in grado di catalogare…..ma la vedo bene”
“E i miei colleghi?” chiesi io
“Non credo che dovrei dirglielo ma…..non tutti sono messi bene come lei”
Con un silenzio imbarazzante i due dottori se ne andarono con un sorriso falso. Mentre la porta si chiudeva dietro di loro, li sentii vagamente bisticciare riguardo al fatto se fosse il caso dirmi dei miei colleghi….
Riaprii il dossier e andai a vedere le foto dell’operazione. La sala del “rituale” era piena di sangue dei miei colleghi e di quei fottuti incappucciati.
Non era la prima volta che vedevo foto di morti, visti i miei anni di esperienza, ma mi faceva effetto vedere quel bagno di sangue perché io ero lì quando è successo tutto questo. Tutta colpa nostra….
Tra le foto c’era  anche il cadavere nudo della povera ragazza che era stata stuprata e sgozzata davanti a tutti. Chissà che cazzo avevano in mente quei cani….solo che….c’era qualcosa che mi rendeva perplesso…
Continuavo a fissare la foto quando finalmente capii….
Il viso della ragazza mi era molto familiare….è la donna che mi era venuta in sogno la sera prima….
Mi si gelò il sangue e stranamente la gola iniziò a farmi ancora più male……

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Finalmente potevo andarmene da quell’ospedale. Il dottor Martin aveva deciso di dimettermi e l’unica cosa che mi diede furono delle pastiglie da prendere nel caso in cui il mal di testa diventasse insopportabile. Dopo questi giorni a letto ero contento di potermi sgranchire un po’ le gambe.
Prima di andarmene dovevo passare dalla reception dell’ospedale per firmare due carte. Ad attendermi c’era una dolce infermiera, bionda e un po’ paffutella, che mi sorrideva. Firmai “Edward Collins” e quando rialzai lo sguardo non c’era più la dolce infermiera, ma c’era una ragazza con i capelli castani che mi guardava fisso negli occhi. Era inquietante il suo sguardo. La fissai per un istante e me ne andai. Quando mi girai per controllare se mi stava ancora fissando non c’era più….ne lei ne l’infermiera paffutella…..questo mal di testa mi stava facendo diventare pazzo…..
Non potevo starmene con le mani in mano, ero ansioso di tornare in centrale e rimettermi subito a lavorare.
Prima di andare in centrale mi feci un bel pranzo. Un hamburger era quello che ci voleva dopo il mangiare insapore dell’ospedale. Lessi il giornale ma  non c’era niente di interessante. Chiacchiere inutili di politica e moda. Neanche una parola di quello che avevamo passato e perso. Evidentemente i miei superiori volevano che la nostra fallimentare operazione fosse ancora segreta.
Quando arrivai in centrale, fui accolto da sorrisi imbarazzati e sguardi increduli dei miei colleghi. Fatto sta che mi fissavano tutti e mi sentivo decisamente un fallito. Ero incredibilmente in colpa per il disastro che era successo. Entrai nell’ ufficio mio e di Joseph ed era proprio come l’avevo lasciato. Poco dopo arrivò Joseph che finalmente si era ripreso e non aveva più bisogno della stampella.
“Non pensavo di vederti così presto in ufficio”
“Non potevo starmene con le mani in mano…..sono contento di vederti in ripresa Joe”
“Ed io sono contento di rivederti in piedi Eddie”
“Qui in centrale cosa dicono di quello che è successo? Mi son sentito tutti gli occhi addosso….mi sento incredibilmente responsabile di tutto questo”
“Beh…..come ti disse il capitano non potevamo sapere quello che ci attendeva. Siamo stati incauti tutti quanti e chiaramente siamo tutti molto amareggiati….e poi anche loro non si aspettavano di rivederti così presto”
“Molti colleghi ed amici sono morti….dobbiamo prendere quei figli di puttana….”
“Sicuramente ma…non credo dovresti affaticarti dopo quello che è successo….vai a casa e riposati….”
“Ma cosa stai dicendo? Ho solo qualche graffio e un leggero mal di testa….”
“Si ma….è stata comunque un’esperienza molto forte….capiamo se devi riposarti e riprenderti”
“Ma che cazzo hai? Dobbiamo muoverci e fare qualcosa…..smettila di trattarmi come un bambino!”
“Beh……Ed…..sono molto preoccupato per te. Io come tutti gli altri….”
“Perché?”
“Mi spiace che tu lo sappia così ma….tutti gli altri in ospedale sono morti. Erano completamente impazziti. Alcuni si sono suicidati altri sono morti improvvisamente…..gli unici ancora vivi siete tu e Carmine….lui non si è ancora svegliato da quella notte e tu….sei il solo in piedi”
Non potevo credere alle mie orecchie. Amici….persone fidate….colleghi….morti. Ero incredulo e scioccato. Cosa diavolo stava succedendo? Per quale motivo erano disperati a tal punto da togliersi la vita?

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Tutti erano preoccupati per la mia salute quando avremmo dovuto risolvere questo caso il più presto possibile sia per i colleghi che abbiamo perso che per le vittime future.
Avevo passato la giornata ad analizzare e rileggere tutti i rapporti ma evidentemente ci mancava qualcosa di molto importante. Pensavamo fossero una piccola banda di giovani che trafficavano droga ma a quanto pare erano solo delle pedine. Una facciata per nascondere chissà cosa….un’organizzazione di trafficanti di droga? Potevano essere così potenti? E quei riti cos’erano? Erano dei fottuti satanisti?
I mal di testa continuavano e queste continue domande che affollavano la mia mente non aiutavano.
Il capitano arrivò nel mio ufficio ”Edward come stai?”
“Stremato dal lavoro ma sto bene….”
“Devo dirti una cosa…..sono molto preoccupato per la tua situazione e, visto ciò che è successo ai nostri colleghi, devo chiederti di fare delle visite da una psicologa. Per il tuo bene è importante che tu le faccia…”
“Una psicologa? Ma…signore sto bene glie l’ho detto! Non posso fermarmi….dobbiamo porre fine a tutto questo…”
“Non è una richiesta! Devi farle! Non voglio perdere un altro uomo…” disse guardandomi dritto negli occhi con fare minaccioso. Il capitano è un uomo gentile ma è quel tipo di persona che è meglio non far arrabbiare….non era il caso di contraddirlo. Capii che era un vero e proprio ordine. Dovetti acconsentire.
Era irritante questa situazione ma se rassicurava il capitano e tutti i miei colleghi lo dovevo fare.
Finito a lavoro presi una pizza ed andai a casa a mangiare. Non accesi neanche la tv…..volevo stare in silenzio con i miei pensieri. La notizia che, dopo tutta quella strage, altri colleghi avevano perso la vita mi aveva distrutto. Pazzesco….anche loro si erano svegliati dopo quell’inferno ma, al contrario di me, non hanno retto e si sono tolti la vita. Persone forti decise a cambiare il mondo….ma a quanto pare tutti abbiamo un punto di rottura…
Più ci pensavo, più mi sentivo strano e terribilmente stanco. Ero l’unico ancora in vita….o meglio io e Carmine eravamo gli unici ma lui era ancora in ospedale. Chissà cosa avrebbe fatto al suo risveglio….se avrebbe resistito o si sarebbe suicidato come tutti gli altri….
Quella notte andai a letto molto agitato ripensando a quella situazione e a tutte le persone che avevamo perso. Mi faceva gelare il sangue immaginare i miei colleghi che nel letto di ospedale si erano tolti la vita per colpa di tutto ciò che era successo…
Potevo quasi sentire il loro delirio se ci pensavo…..del resto….se chiudevo gli occhi potevo quasi rivedere quell’orrore….tutti quei morti….
Con quelle immagini mi addormentai….ma non durò molto....un rumore dalla cucina mi svegliò…

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Il rumore che mi aveva svegliato proveniva dalla cucina.
Ancora assonnato mi alzai nell’intento di scoprire cosa stesse succedendo.
Pensai fosse il gatto della vicina che era entrato dalla finestra….non sarebbe la prima volta…
Risentii un altro botto. Era molto più forte del precedente quindi mi allarmai. Piano piano ero entrato in cucina e vidi un uomo….un uomo di spalle che cercava qualcosa nei cassetti.
Sembrava essere un barbone: capelli grigi, giacca strappata e un tanfo orribile.
“Dopo tutto quello che ho fatto per lui è così che mi ripaga…..è così…gli ho dato tutto…la mia vita….ed è così che mi ripaga!!!” Gridò il vecchio dando una botta su un cassetto della cucina.
“Aaaaaah lo senti?! Lo senti?!” Borbottava quell’uomo intento nel cercare qualcosa.
“Sono un poliziotto amico….ti conviene stare calmo e fermo….” Dissi con tono deciso.
Il vecchio fermò la sua ricerca ed iniziò a girarsi verso di me piano piano. Aveva un’enorme bruciatura in volto e, con un tono sempre più alto, mi disse “Non lo senti? Non lo senti piccolo? .....BRUCIAAAAAAAAA!!!!!”  Senza neanche pensarci il vecchio prese un coltellaccio da cucina e si scagliò su di me. Più si avvicinava più riuscivo a vederlo in volto e….non riuscivo a credere a ciò che vedevo….ero pietrificato. Mi buttò a terra.  Una mano mi stringeva la gola mentre con l’altra voleva accoltellarmi. Fortunatamente riuscii a bloccargliela ma ero preso dal terrore. Da così vicino lo vedevo molto bene e…non riuscivo a crederci. Com’era possibile? Com’era possibile che fosse lui?
Mio padre……ma….era morto anni fa. Era morto d’infarto…
“Come hai potuto?! Dopo tutto quello che ti ho dato mi hai messo in una scatola di legno e mi hai dato fuoco!!! Non lo senti?! Non lo senti come BRUCIA!?!!!!”
 Non potevo crederci….ripresi il controllo di me stesso. Con la mano libera cercai di tirargli un pugno. Il primo non ebbe effetto mentre con il secondo puntai alla gola. Subendo quel colpo riuscii a togliermelo di dosso ma, appena mi alzai, lui riuscì a tagliarmi sul braccio. Non potevo farmi prendere ancora dal panico. Gli bloccai il braccio dove aveva il coltello, gli diedi un pugno in pieno volto e con una manovra lo feci schiantare a terra.
Presi il coltello che gli era caduto di mano e, una volta che mi rigirai verso di lui, era sparito……
Non so se fosse la ferita o la stanchezza ma caddi a terra all’improvviso senza neanche domandarmi cosa stesse succedendo…
Quando mi risvegliai, mi trovai sul mio letto. Ero completamente rintronato e scioccato. Non avevo mai fatto un sogno così intenso.
Mi stavo tranquillizzando fino a quando non vidi una cosa….il taglio che mi fece sul braccio…..e il letto pieno di sangue….

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Arrivò quel benedetto giorno della prima seduta dalla psicologa. Mi faceva incazzare da morire tutta questa perdita di tempo. Dovevo mettermi a lavoro....darmi da fare per mettere quei bastardi in cella.
Quando mi fecero entrare mi trovai la dottoressa in piedi che mi aspettava. L’avevo già incontrata. Era quella giovane donna che mi era venuta a trovare in ospedale insieme al dottor Martin.
Si avvicinò per stringermi la mano “Benvenuto signor Collins, piacere sono la dottoressa Megan Rose”.
“Mi ricordo di lei. Mi era venuta a trovare in ospedale…”
“Esatto….si accomodi pure. Come si sente adesso?”
Mi sedetti in una sedia davanti alla sua scrivania “Molto meglio….a parte questi continui mal di testa”
“Sta prendendo qualcosa?”
“Si, delle pastiglie che mi diede il dottor Martin…ma non sembra abbiano molto effetto”
“Capisco signor Collins. Com’è stato il ritorno a lavoro?”
Iniziava con le domande e la cosa mi irritò da subito. “Stressante…ma bene…”
Era molto evidente che ero li contro voglia e lei lo aveva notato. “Vado dritta al punto signor Collins. Lei è qui perché siamo molto preoccupati per la sua salute. E’ l’unico in piedi dopo quella vicenda ed è importante che lei sia lucido. Per lei e per le persone che le stanno accanto….”
Rimasi un attimo in silenzio. “….sa cosa è successo esattamente ai miei compagni di squadra che si sono svegliati? Li ha visitati lei?”
“Si sono riuscita a parlare con alcuni di loro….forse non dovrei dirglielo ma erano deliranti e allucinati. Si lamentavano di vedere cose strane….molti dicevano di vedere un demone dai capelli biondi che massacrava e divorava uomini uno dopo l’altro.”
Era senza dubbio una visione distorta di quel figlio di puttana che aveva ucciso la maggior parte dei miei colleghi….non poteva altro che salirmi la rabbia al solo pensiero….
“E’ capitato anche a lei di avere visioni simili signor Collins?”
“No…per niente….” mentii ma non volevo correre il rischio di essere sollevato dall’incarico per degli stupidi sogni.
“Dovrei andare dottoressa….avrei del lavoro da fare”
Mi guardò un po’ storto ma poi disse “Va bene…per oggi meglio non esagerare.”
Mi accompagnò alla porta e mi salutò dolcemente dandomi una carezza sulla spalla.
Appena uscito dallo studio presi il cellulare e vidi che c’era una chiamata senza risposta. Era Joseph perciò lo richiamai subito.
“Ehi Joe notizie?”
“Carmine si è svegliato....andiamo in ospedale”
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Carmine si era svegliato ed eravamo corsi in ospedale. Appena entrammo mi si gelò il sangue. Era come se una presenza mi stesse osservando. Mi guardavo intorno e non facevo altro che pensare a tutte le cose assurde che erano iniziate dopo quella follia. In ogni infermiera che mi passava vicino cercavo di riconoscere i tratti di lei…..di quella povera ragazza massacrata quella fatidica sera. Ma non la vedevo più….
Mentre eravamo nel corridoio ci trovammo davanti il capitano Harrison che era appena uscito dalla stanza di Carmine.
“Ragazzi è molto debole…..cercate di non farlo sforzare troppo e di non stressarlo ulteriormente…” dette queste poche parole se ne andò con un’aria cupa, dandomi una pacca sulla spalla.
Entrammo nella camera e c’era un silenzio tombale. Carmine mi guardò subito dritto negli occhi come se non si aspettasse di vedermi davanti a lui. 
Era un uomo grosso, in carne e brizzolato. Era il più vecchio di noi e vederlo in quella situazione lo faceva sembrare ancora più provato e distrutto
“Ehi vecchia roccia come stai?” disse Joseph punzecchiando il caro e vecchio Carmine.
“Meglio di te a vedere quella brutta faccia” disse Carmine rispondendogli a tono.
“Quando pensi ti dimetteranno?” gli chiesi io
“Non lo so….spero di rimettermi in piedi a breve….c’è molto da fare” Mi disse guardandomi negli occhi
Mi faceva piacere sentirlo ancora agguerrito e pronto a fare il culo a quei bastardi.
“Ho bisogno di un bicchiere d’acqua…..in questo ospedale sembra di stare peggio che in prigione”
“Tranquillo cicciobello…vado io” gli disse Joseph. Ricevendo un bel dito medio come risposta da Carmine.
Appena Joseph si chiuse la porta dietro di se, Carmine mi guardò dritto negli occhi….
Dopo qualche minuto di silenzio mi chiese “Edward….ho bisogno della verità…come stanno tutti gli altri? Il capitano non me l’ha voluto dire…”.
Non avevo idea di come rispondergli e purtroppo lui aveva notato la mia esitazione.
“Cristo santo….quei bastardi la pagheranno cara….”
“Tu come ti senti Carmine?”
“Io sto bene….non ce la faccio a starmene qui sdraiato! Non posso starmene in questo fottuto ospedale…”
“Non ti senti diverso da quando ti sei risvegliato? Come se avvenissero strane cose intorno a te?”
“No perché?” Mi chiese guardandomi dritto negli occhi
Sembrava sincero…possibile che lui non avesse questi assurdi incubi ad occhi aperti?
Vedendomi giù mi diede una pacca sulla spalla e disse con tono serio “Gliela faremo pagare Edward….”
In quel momento entrò Joseph con l’acqua. “Finalmente ce l’hai fatta eh? Vedo che le sai ancora muovere quelle fottute gambe!” disse Carmine punzecchiandolo.
Rimasi in silenzio per tutto il tempo mentre Carmine e Joseph scherzavano tra di loro. Un’ora dopo decidemmo di salutare Carmine. Anche se non lo ammetteva, si vedeva che era provato dalla sua condizione.
Poco prima di lasciare la stanza inspiegabilmente mi si gelò il sangue e, mentre la porta si chiudeva dietro di me, la rividi…..la ragazza che perse la vita quella notte! Era vicino al lettino di Carmine che mi salutava con la mano….Emily…così si chiamava….

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Le mie indagini si erano fermate e non sapevo che pesci prendere. Decisi che l’unico modo per sbloccarmi era andare nella farmacia dove lavorava Emily. Dovevo pur partire da qualcosa….
Presi la macchina e mi diressi a Downtown. Conoscevo quella zona poiché qualche anno fa vivevo con la mia famiglia poco lontano da lì.
Quando arrivai, la farmacia era piuttosto piena. Mi misi in fila ed aspettai il mio turno.
Quando finalmente toccò a me, presi il distintivo e mi presentai “Salve signora, sono Edward Collins un agente di polizia. Vorrei farle qualche domanda su una dipendente che lavorava qui….Emily”
La signora cambiò improvvisamente espressione. Si portò la mano alla bocca e capii che da un momento all’altro sarebbe scoppiata a piangere.
In quel momento da dietro al bancone arrivò un uomo che abbracciò subito la donna e con uno sguardo di rabbia mi squadrò tutto.
“Venga con me….risponderò io alle sue domande”
L’uomo mi portò in uno stanzino dove tenevano le scorte di medicinali. “Sono Robert, il padre di Emily. Cosa ci fa lei qui?”
“Sono Edward Collins, un agente di polizia e volevo saperne di più su Emily”
“Questo l’avevo capito. Per poco non faceva esplodere il cuore di mia moglie….come se non fosse già in frantumi. Mi chiedo cosa ci fa lei qui al posto di essere là fuori a scovare quei cani che l’hanno ammazzata.”
Nonostante fosse un uomo minuto, il suo essere diretto e senza peli sulla lingua lo rendeva piuttosto minaccioso. Mai sottovalutare il dolore di un uomo che ha perso una persona così importante….ne sapevo qualcosa dopotutto….
“Ci stiamo lavorando….”
“Lo spero per voi” era decisamente un uomo che ti vuole mettere in soggezione.
Il mal di testa tornò improvvisamente ad essere acuto. Sentivo un fischio nelle mie orecchie così forte che non riuscii a mascherare il dolore. Dovetti prendere una pillola.
“Non dovrebbero mandare uomini così mal messi come lei a fare questo lavoro. O forse è vero che a voi non frega un cazzo delle povere vittime che vi lasciate alle spalle!”
Il dolore diventava insopportabile e non riuscii a mantenere la calma dopo quella provocazione “Emily non doveva morire così! Io c’ero! Mi sento in colpa per tutto quello che è successo! Ci sono state molte vittime quella notte per colpa dei nostri errori e non passa giorno in cui penso come farla pagare a quei figli di puttana! Ho bisogno di capire….capire perché Emily era lì!”
Il povero Robert non si aspettava una risposta del genere. Mi guardava con occhi spalancati…ma spenti. Ovviamente, dietro il suo essere burbero, nascondeva l’immenso dolore di un padre.
Il fischio che sentivo nelle mie orecchie si trasformò in un pianto, ma non era Robert che piangeva. Non mi girai ma in cuor mio sapevo che era lei. Sentivo la sua presenza…..quella di Emily che dietro di me piangeva nel vedere il dolore del padre.
“Ho bisogno di sapere perché Emily era lì quella notte. Perché hanno deciso di uccidere lei”
Robert nel vedere la mia sincera reazione si aprì….da li a poco avrei capito cosa dovevo fare….
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


“Emily era una brava ragazza. Una ragazza con la testa sulle spalle che sa capire cosa è giusto e cosa è sbagliato ma pochi giorni prima la sua….morte…era cambiato qualcosa”
“Cosa ha notato di diverso?”
“Era scontrosa. Come se fosse insofferente per qualcosa. Bastava che qualcuno le rivolgesse la parola per farla incazzare. Credo che frequentasse brutta gente.”
“Saprebbe dirmi chi?”
“Non so chi fossero…si era chiusa in se stessa e non parlava più con noi. Ma ricordo di un ragazzo che era passato in farmacia. Non aveva comprato niente  e sembrava conoscere Emily”
“Può dirmi qualcosa di questo ragazzo? Qualsiasi cosa?”
Robert mi guardava rassegnato. Capii che non sapeva nulla. Una pista era a portata di mano e purtroppo la sentivo scivolare via dalle dita.
“Io l’ho visto bene” disse la moglie di Robert (nonché madre di Emily), che era sull’uscio della porta dello stanzino.
“Era completamente rasato e ricoperto di tatuaggi. Ricordo che parlava con Emily e lei lo aveva chiamato Doggy”
“Ricorda qualcos’altro di quest’uomo?”
“Aveva un pizzetto e un tatuaggio persino sulla nuca.  L’ho visto bene mentre andava via. Era una sorta di serpente a due teste con le ali…..era molto terrificante”
Ringraziai e me ne andai. Finalmente avevo qualcosa. Un uomo chiamato Doggy con un tatuaggio del genere. Dovevo trovarlo e scoprire cosa sapeva.
Fuori iniziò a piovere ma fortunatamente ero venuto in macchina.
Il buio calava e la stanchezza si faceva sentire. I tergicristalli risuonavano dentro le mie orecchie come un cuore che batte. Dovetti prendere una pillola perché mi sentivo la testa scoppiare.
Non vedevo l’ora di uscire da quella macchina ed arrivare in centrale ma purtroppo si era formata una coda chilometrica a causa di alcuni lavori stradali.
Mi guardai attorno, sperando di trovare sollievo nel vedere la pioggia cadere, ma notai qualcosa di strano nel terreno di un giardino li vicino.
Era una mano. Una mano che usciva dal terreno. Si dimenava all’impazzata fino a quando poco dopo ne uscì un’altra. Era qualcosa che stava cercando di risalire.
Pietrificato rimasi immobile a vedere quella scena. Un corpo decomposto stava uscendo dal terreno e sembrava proprio puntare me. Ormai era completamente fuori e cercava di trascinarsi con le unghie verso di me. Era come se il cuore che mi stava scoppiando nelle orecchie fosse il suo….ed il suo cuore desiderava la mia vita. Mi guardava negli occhi come se il raggiungermi fosse l'unico scopo della sua esistenza.  Sentii un freddo glaciale. Non riuscivo a muovermi ed era come se stessi per svenire da un momento all’altro.
Un clacson però mi svegliò!
“Muoviti stronzo!”  Era l’uomo nella macchina dietro di me che “teneramente” mi avvertiva che la fila si stava diradando.
Quando riguardai il giardino, il corpo decomposto non c’era più.
Non c’era tempo da perdere. Dovevo andare in centrale e avvertire Joseph. Dovevamo scovare quell’uomo...

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Arrivai finalmente in centrale. Ero zuppo ma non mi importava.
Notai che c’erano pochi agenti in giro e quando arrivai negli uffici capii il perché. Era tornato Carmine.
Carmine è il classico uomo che piace a tutti. Sempre con la battuta pronta e sorridente nonostante la sua vena di stronzaggine. Non potevano non accoglierlo così, tutti a fagli festa e a chiedergli come stesse.
Io però non potevo fermarmi. Feci un cenno a Joseph, che era in mezzo a quel gruppetto, ed entrambi ci dirigemmo nel nostro ufficio.
“Sono andato a parlare con i genitori di Emily. Dicono che i giorni prima di morire la ragazza era molto cambiata. Scontrosa e schiva. Inoltre c’è stato un tipo sospetto che veniva a farle visita. Un ragazzo soprannominato Doggy, rasato pieno di tatuaggi. La madre di Emily mi ha riferito che un tatuaggio l’ha colpita particolarmente. Un serpente a due teste con le ali. Ti suona qualcosa?”
“Per un cazzo….controlliamo i dossier. Potrebbe esserci qualcosa” mi rispose Joseph senza mezzi termini.
Controllammo a lungo i referti ma non trovavamo niente. Nessun tatuaggio corrispondeva a quella descrizione.
“Ed….guarda questo.” Mi disse Joseph allungandomi delle foto
Era una cicatrice che solo alcuni di loro avevano. Una “Y” con una “v” a testa in giù su entrambi i lati.
“Che la Y rappresenti il serpente a due teste e le v le ali?”
“Non possiamo escluderlo”
In quel momento entrò Carmine. Evidentemente ci aveva visto entrare in ufficio di fretta e preoccupati. “Ragazzi…cosa succede?”
“Edward ha scoperto qualcosa sul caso….un tipo sospetto che conosceva la ragazza uccisa.”
“Un certo Doggy…rasato, pizzetto, parecchi tatuaggi tra cui un serpente a due teste con le ali. Ci domandavamo se potesse essere collegato a queste cicatrici degli incappucciati” gli dissi io allungandogli le foto
Carmine prese le foto ma il suo sguardo sembrava piuttosto assente. “Hai detto un serpente a due teste con le ali?”
“Si, ti suona qualcosa?”
Fece cenno di no con la testa ma ad istinto qualcosa non mi convinceva. Era strano. Sembrava assente e non il solito Carmine.  Buttò con forza le foto sulla mia scrivania ed in silenzio se ne andò.
Mentirei se dicessi che non ero preoccupato per la salute mentale di Carmine….così come per la mia. Dovevo scoprire se anche lui soffriva delle mie stesse visioni…di questi incubi ad occhi aperti. Ma non potevo espormi troppo e rivelare la mia sanità mentale. Non potevo rischiare di farmi togliere il caso.
“Cosa facciamo Ed?”
“Diamo tutto le informazioni che abbiamo al capitano. Vediamo se riusciamo a trovare questo Doggy e se troviamo qualcosa riguardo questi simboli. Dobbiamo trovarli”
“Ci penso io. Tu vai a casa e riposati”
Non me lo feci ripetere due volte. Presi la macchina e ritornai a casa. Ero stravolto. Distrutto. Continuavo a pensare alla prossima mossa. Cosa avrei dovuto fare? E Carmine? Stava impazzendo anche lui oppure ero l’unico? Stavo delirando come i miei colleghi prima di togliersi la vita?
Ormai avevo guidato in automatico fino a casa senza pensare ma….c’era qualcosa che non andava.
La testa mi girava e si faceva sempre più pesante. Mi sentivo come se fossi ubriaco ma piano piano mi stavo rendendo conto di dove fossi.
Io….io non abito più qui…..questa non è più casa mia….
L’aria era pesante e facevo fatica a respirare. Provavo terrore come all’ora…l’evento più brutto della mia vita….era come se stessi rivivendo quell’incubo ad occhi aperti….

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Barcollante presi la maniglia della porta e la aprii. La mia visione era distorta ma mi ero reso conto di dove fossi.  Ero nella mia vecchia casa dove abitavo con la mia famiglia. Era proprio tutto come allora.
Mi scappò un sorriso nel riconoscere questo luogo ma questa ingenua felicità durò poco.
Mentre percorrevo il corridoio che portava dall’ingresso alla sala, i ricordi e la sensazione di gelo mi travolsero molto velocemente.
Eccola lì. Adesso come allora appoggiata agli appendi abiti. Era una bambola di pezza. Non potrò mai dimenticarla. Una bambola di pezza con i capelli biondi e un vestitino azzurro. Sapevo che rappresentava lei: una splendida bambina, così innocente e buona d’animo.
Stavolta però quella bambola di pezza non era sola. C’era un’altra bambola. Un uomo dai capelli neri in giacca e cravatta. Sapevo…sapevo che ero io. Questa volta avrebbe ucciso anche me, ma non glie lo avrei mai permesso.
Con passo deciso percorsi tutto il corridoio e arrivai alla sala.
Era lì per terra e, appena entrai in sala, si girò verso di me. Si alzò e sorridendo  disse “Ciao amore”
Era lei, la donna che mi aveva portato via tutto….non dimenticherò mai il suo sguardo allucinato da pazza.
Si avvicinò per abbracciarmi ed io, senza pensarci due volte, presi la pistola ed iniziai a crivellarla di colpi sull’addome. Senza pietà svuotai completamente il mio caricatore e le sparai con così tanta violenza che le gambe si staccarono dal corpo.
Era un lago di sangue ed io non provavo rimorso. Sentivo quasi una pace cosmica dentro di me nonostante questa scena di orrore. Mi rendevo conto che era ciò che avrei voluto fare da tanto tempo ma non ne avevo mai avuto la forza.
Chiusi un attimo gli occhi per assaporare quel momento ma quando li riaprii mi ritrovai in una sala di un obitorio. Il suo corpo ormai diviso a metà era su un lettino pronto per essere esaminato.
Mi avvicinai incuriosito da quel corpo che così velocemente si stava decomponendo.
Inaspettatamente però quella puttana si mosse ed urlando mi prese il braccio con forza! Ero terrorizzato ma senza pensarci due volte presi un martelletto che era li vicino e le fracassai il cranio!
Era finita…non si muoveva più.
Non mi sentivo più in me. Non provavo nulla ma allo stesso tempo ero terrorizzato da quello che avevo fatto. Avevo paura di me stesso e della mia insensibilità di fronte quell’incubo.
Improvvisamente la stanza iniziò a tremare. Non capivo cosa cazzo stesse succedendo. Mi abbassai e mi avvinghiai alla prima cosa che trovavo per tenermi in equilibrio. Ero convinto fosse un terremoto fino a quando il soffitto si staccò completamente dalla struttura.
Lo vidi….il demonio biondo di quella fatidica sera. Era gigantesco e aveva preso di peso il tetto per scaraventarlo via. Mi guardò, con quegli occhi iniettati di sangue, e spalancò la bocca per urlarmi contro. Al posto della lingua aveva un serpente a due teste…..quel serpente!
Ero pietrificato da questo abominio e non riuscii a trattenere le urla di terrore davanti al suo cospetto.
Allungò la mano verso di me per prendermi ed io, inerme, non potei far altro che chiudere gli occhi e coprirmi con le braccia. Indifeso.
Quando riaprii gli occhi ero a casa….nel mio letto. Sudato e distrutto.
La testa mi faceva male e il braccio, dove avevo il taglio, riprese a sanguinare.
Cercai di ricompormi e rimasi in silenzio davanti alla foto vicino al mio comodino. La foto di mia moglie e di mia figlia, con il suo vestitino blu preferito e i suoi stupendi boccoli biondi.
Era passato molto tempo ma evidentemente dovevo farlo…dovevo andare a trovare mia moglie.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Era passata un’eternità dalla mia ultima visita ma non riuscivo a fare altrimenti. Era diventato sempre più difficile trovarsi davanti alla persona che ti ha tolto tutto.
Presi la macchina e raggiunsi l’ospedale psichiatrico dove era internata mia moglie, Clara.
Arrivai e, una volta compilate le scartoffie, mi fecero accomodare nella saletta dei visitatori.
In quella saletta c’era un’aria viziata quasi nauseante e l’ansia di ritrovarmi in quel posto non aiutava. Mi sentivo lo stomaco sotto sopra e, dopo dieci minuti di attesa, finalmente arrivò accompagnata da due inservienti.
Era molto sciupata: i suoi capelli biondi spettinati, il suo bel corpo slanciato ormai ridotto all’osso, uno sguardo perso e cupo. Barcollante e delirante la portavano verso di me.
L’ansia si trasformò brevemente in disprezzo e rabbia quando vidi cosa si portava stretta stretta tra le sue braccia. La bambolina di pezza dai capelli biondi e il vestitino azzurro. La bambola che aveva realizzato poco prima di uccidere nostra figlia….
Dopo l’incubo di stanotte mi sentivo mancare dalla rabbia. Prendere una sedia e dare sfogo a tutto il mio odio. Ma questo non sono io….un tempo l’amavo. Dovevo tranquillizzarmi e stare calmo.
La fecero accomodare in una sedia davanti a me e se ne andarono per lasciarci soli.
“Ciao Clara. Come stai?”
I suoi occhi erano spenti e guardava un angolo della stanza come se fosse presa da qualcosa. Non avendo risposte decisi di provare con un’altra domanda
“Ti stanno trattando bene qui?”
Dopo una breve attesa mi fece di si con la testa. Niente di che come risposta ma almeno sapevo che mi sentiva.
Vedendo la sua chiusura nei miei confronti, decisi di parlare un po’ di me nella speranza che si sbloccasse.
“Ho venduto la nostra vecchia casa. Dovresti vedere quella nuova. E’ più piccola ma è molto moderna. Dovresti vederla ti piacerebbe molto”
Aspettai un attimo e cambiai argomento
“Hai visto? Ho tagliato la barba come mi consigliavi. Ho notato che per il lavoro è meglio. Ispiro più fiducia. Tu invece cosa mi dici? Che attività ti hanno fatto fare oggi?”
Era ancora persa nel suo modo delirante con lo sguardo fisso verso un angolo della stanza. Decisi che era abbastanza. Probabilmente neanche per lei era piacevole vedermi ed era meglio dimenticare tutto. Una fottuta perdita di tempo….
Quando mi alzai per andarmene, sentii la sua mano fredda che cercava di trattenermi prendendomi per la giacca.
“Amore….Debby ti saluta.”
Deborah…nostra figlia….adorava farsi chiamare Debby. Rimasi spiazzato nel sentire di nuovo il suo nomignolo dalle sue labbra.
“La vedo spesso ultimamente. Mi parla molto di te. Ti vuole tanto bene ma ha paura che ti succeda qualcosa. Sei in grave pericolo, noi lo sappiamo….”
La mia testa iniziava ad esplodere. Guardavo quella bambola di pezza ancora tra le sue braccia e mi riempiva di rabbia sentirla parlare della nostra bambina come se non fosse successo niente…come se fosse tutto tranquillo. Non volevo stare a sentire i suoi deliri quando avevo i miei da tenere a bada. Non avrei ascoltato ulteriormente le sue cazzate….
Tirai via il braccio in modo tale da togliermi di dosso la sua presa e me ne andai salutandola
“Auguri per tutto Clara”

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Ero molto in ansia e nervoso per l’attesa di sapere qualcosa dalla centrale riguardo quel tipo, Doggy. Nel frattempo  dovevo continuare le sedute dalla psicologa…una fottuta perdita di tempo.  Capivo la necessità delle sedute obbligatorie ma non potevo accettare serenamente l’idea di starmene sdraiato a parlare dei miei problemi quando là fuori ci sono quei fottuti stronzi in libertà.
Quando arrivai, fui accolto con un grande sorriso dalla dottoressa Rose.
“Come sta signor Collins?”
“Sto bene, a parte questi continui mal di testa”
“Stanno durando molto questi mal di testa. Ha notato quando si fanno sentire maggiormente?”
Ci pensai un paio di minuti prima di rispondere ma la risposta la sapevo bene, ovvero quando avevo quegli incubi ad occhi aperti. Non potevo dirglielo, avrei rischiato di farmi levare il caso.
“Quando sono molto stressato dal lavoro…” mentii parzialmente
“Mmm capisco. Come stanno andando le indagini?”
“Preferirei non parlarne…” iniziavo ad irritarmi e lei lo aveva notato.
“Le voglio insegnare una cosa per gestire l’ansia e lo stress….le dispiace sdraiarsi sulla poltrona?”
Acconsentii. Mi alzai, lasciai la giacca sulla sedia e mi accomodai sulla classica poltrona da psicologo. Ed eccomi li, sdraiato…ma che sorpresa non vedevo l’ora….
“Voglio che lei chiuda gli occhi e prenda consapevolezza di ciò che la turba. Non si può scappare dalla propria mente. Né sopprimerla né porle resistenza. Per sconfiggere l’ansia, così come le altre cose che comprimono la nostra mente, bisogna studiarla, comprenderla…. Voglio che lei pensi a quando si sente particolarmente nervoso, quali sono i sintomi fisici che scaturisce in lei quella sensazione e dove si trova quando accade.”
Mi lasciai guidare dalla sua voce…ammetto che era una voce calda e rilassante.
Ad occhi chiusi ripensavo a tutti queste settimane assurde: la sera della retata, il ritorno al lavoro e gli incubi assurdi. Li stavo focalizzando uno ad uno e stavo cercando di riviverli in maniera più distaccata possibile.
“Ora voglio che, pensando a tutte queste cose, prenda dei bei respiri profondi. Il respiro è la nostra vera arma segreta contro preoccupazioni e stress. Deve prendere consapevolezza dei suoi problemi. Essere faccia a faccia con loro e trovare un equilibrio”
Ammetto che stavano funzionando queste stronzate. Mi stavo rilassando. Mi sentivo leggero e sereno con me stesso come non lo ero stato da molto tempo….fino a quando, riaprendo gli occhi, mi resi conto che non ero più nello studio della psicologa.
Ero in un luogo molto oscuro tanto che non riuscivo a vedere niente. Nonostante la sensazione claustrofobica che mi trasmetteva questo luogo, l’aria era stranamente pulita e facilmente respirabile.
Oltre a questo, qualcosa mi bagnava completamente i piedi. Il livello era basso ma ero decisamente zuppo. Quel luogo sembrava completamente ricoperto d’acqua.
I miei pensieri e quesiti su dove fossi furono distratti da un rumore che proveniva poco distante da me. Un pianto. Cercando di stare attento a dove mettessi i piedi, avanzavo piano piano verso il rumore e vidi una figura. All’inizio era ben poco definita ma più mi avvicinavo più mi rendevo conto di come fosse inquietante quella figura. Era un essere scheletrico che piangeva rannicchiato.
Cercai di avvicinarmi sempre di più all’essere ma evidentemente il rumore dell’acqua che spostavo ad ogni mio passo lo infastidiva. Smise di piangere, si girò e con uno scatto mi prese la cola facendomi cadere a terra.
Facevo fatica a respirare sia per la sua morsa che per l’acqua sul pavimento, inoltre ero completamente terrorizzato dalla situazione. Ora che ne ero quasi sommerso notai la colorazione rossastra di quel liquido…..sangue….e l’essere, così vicino, era più inquietante di quello che sembrava. Era uno scheletro nero che sembrava ansimare di gioia nel vedermi soffocare.
Mi agitavo ma l’essere non demordeva. Nonostante il suo aspetto esile, era incredibilmente tenace.
Non potevo fare niente e le forze mi stavano abbandonado.....gli occhi mi si stavano chiudendo e, rassegnato al mio destino, smisi di fare resistenza…
“Signor Collins! Signor Collins si svegli! Edwaaaaaaaaaard!!!!!!”

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


“Signor Collins! Signor Collins si svegli! Edwaaaaaaaaaard!!!!!!”
Mi risveglia sudato nello studio della psicologa. Mi sentivo sballottato per tutto quello che era successo e per le percosse che mi aveva dato la Dottoressa Rose pur di farmi svegliare.
Si era avvinghiata talmente tanto al mio braccio che la ferita, dove avevo il taglio, aveva ripreso a sanguinare tanto da macchiarmi la camicia bianca.
“Come si sente? Cosa è successo?”
“Non lo so…”
“Mi dica la verità…” disse con tono preoccupato
“Mi…mi sentivo in un altro luogo. Buio...con il terreno ricoperto completamente di sangue e…uno scheletro nero ha tentato di uccidermi”
“Per un attimo ho pensato di perderla….era diventato bianchissimo e faceva fatica a respirare”
Era terrorizzata, si vedeva da come tremava. Stava quasi per mettersi a piangere dalla paura.
“Cosa le è successo a questo braccio? Sta sanguinando”
“Mi sono tagliato mentre cucinavo” in quel momento ero così spaesato che non riuscivo a trovare una scusa migliore.
La dottoressa si allontanò un attimo ed arrancando mi portò un kit per medicarmi. Alzò la manica della camicia, mi tolse la vecchia fasciatura e mi medicò la ferita.
“Questo non è un taglio che si fa in cucina….la prego mi dica la verità”
Dopo quello scossone aveva così tanto gli occhi lucidi che le cadde una lacrima sul viso. Mi dispiaceva mentirle perciò decisi di prenderla larga.
“Da quella sera non mi sento molto me stesso”
“Cosa le sta succedendo?”
“E’ come se succedessero cose strane intorno a me…cose che non ho mai visto prima”
“La prego mi dica cosa le sta succedendo?! Non capisce che sta rischiando sia la sua salute mentale che quella fisica?!!!”
Ero tentato di dirle tutta la verità quando il mio telefono squillò. Non esitai a prenderlo e rispondere per scappare da quella conversazione scomoda.
“Ed, sono Joe! Hanno identificato quel ragazzo, Doggy! Ti sto raggiungendo allo studio! 5 minuti e sono lì! Andiamo a prenderlo!”
Ero incredibilmente esaltato da quella notizia…finalmente avremmo avuto delle risposte!
Chiusi il telefono e, prendendo la giacca, salutai in fretta e furia la psicologa.
“Mi dispiace dottoressa Rose ma devo andare”
Si piazzò davanti alla porta per non farmi passare
“Sappia che non è finita qui.” Disse con tono minaccioso.
Guardandomi negli occhi capii che la situazione era veramente grave ed importante perciò aprii la porta e mi lasciò andare.
“Arrivederci e…mi chiami Megan”
Le feci un cenno guardandola nei suoi occhi, ancora lacrimanti e terrorizzati, e, correndo, mi diressi all’entrata dello studio.
Joseph era appena arrivato. Salii subito in macchina.
“Andiamo a chiudere questa storia”

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Joseph mi aveva aggiornato sulla situazione. Stavamo andando in un quartiere non molto lontano dalla farmacia dove lavorava Emily.
Doggy era uno spacciatore e stavamo andando dritti dritti nei luoghi dove si faceva spesso trovare: scuole, oratori e vari vicoli. I nostri colleghi aveva fatto proprio un ottimo lavoro a trovare queste informazioni e fortunatamente un ragazzo con un tatuaggio del genere non passa inosservato.
Stavamo ormai girando da un’ora in cerca di Doggy, quando improvvisamente iniziò a farmi male la testa. Questa giornata stava diventando decisamente stressante e, dopo quel delirante incontro con la psicologa, il mio corpo ne stava risentendo. Che cazzo mi stava succedendo? Queste continui incubi ad occhi aperti…ed ora quell’essere nero.
“Edward…ti vedo molto pensieroso e, a dir la verità, non sembra tu abbia una bella cera. E’ andata bene dalla psicologa?”
“E’ andata come doveva andare. Tante chiacchiere inutili. Una perdita di tempo che non ci possiamo permettere”
“Non penso sia una perdita di tempo ma credo sia necessario. Sai cos’è successo ai nostri compagni e non possiamo perdere anche te. Dobbiamo mettere in gabbia questi bastardi e abbiamo bisogno di te.”
Forse, in cuor mio, sapevo che aveva ragione. Non posso cedere ma devo star concentrato per mettere fine a questa storia.
“Ricordati….se hai bisogno di me Ed, ci sono.”
Forse avevo bisogno di qualcuno con cui parlare e sfogarmi riguardo le mie visioni. Joseph dopotutto, oltre ad essere un fidato collega, era un grande amico.
Stavo iniziando ad aprire la bocca per raccontagli la faccenda quando qualcosa di sospetto catturò la mia attenzione.
“Joe guarda!”
Indicai un gruppetto di ragazzini attorno ad un uomo incappucciato. Poteva essere lui.
Parcheggiammo la macchina e, con discrezione, ci avvicinammo piano piano sempre di più. L’uomo aveva un pizzetto, come Doggy nella descrizione che mi fece la madre di Emily, e, avendo un gilet con il cappuccio, erano visibili anche i molteplici tatuaggi che aveva sulle braccia. Mancava un ultimo dettaglio….il tatuaggio del serpente.
Quando raggiungemmo il gruppetto, Joseph cercò di approcciare lo spacciatore: “Ehi ragazzo, stiamo cercando qualcosa di forte. Hai qualcosa che fa per noi?”
L’uomo ci mise un attimo ad inquadrarci e capire che la situazione era strana. Prese per la giacca un ragazzo che gli era vicino e lo spinse contro di noi. Subito dopo iniziò a correre come un forsennato.
Senza pensarci due volte io e Joseph iniziammo a corrergli dietro ma Joe, avendo da poco subito l’operazione alla gamba, faceva fatica a stargli dietro. Dovette fermarsi.
“Ed vai senza di me! Prendo la macchina e cerco di tagliargli la strada!”
L’uomo si era andato ad infilare in un vicolo dietro di lui nella speranza di andare dall’altra parte della strada e nascondersi in mezzo alla gente.
Dalla frenesia della corsa, il cappuccio si era tolto e finalmente avevo faccia a faccia il tatuaggio del serpente a due teste con le ali. Avevo avuto la conferma…era Doggy!
Lo stavo quasi raggiungendo quando ebbi una fitta fortissima alla testa.
Ora, guardando il tatuaggio, sembrava che i serpenti si muovessero e mi guardassero in modo minaccioso. All’improvviso sentii le grida dello scheletro nero come se fosse ad un centimetro dal mio orecchio e persi l’equilibrio.
Ormai a terra, con la faccia sull’asfalto, guardavo Doggy in lontananza convinto di averla fatta franca. Fortunatamente Joseph gli aveva chiuso la strada con la macchina e in un attimo lo prese. 
Mi alzai e lo raggiunsi subito.
Doggy si dimenava ma non poteva niente contro la morsa delle forzute braccia di Joe.
“Ora ci dirai tutto quello che sai su Emily e su questo simbolo!” gli gridai mostrando la foto della cicatrice a ^Y^.
Lo sguardo di Doggy non era per niente rassicurante e ciò che disse dopo non lo era da meno.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Osservavo la faccia di Doggy mentre guardava la foto della cicatrice a ^Y^ e temevo la sua risposta.
“E quello che cazzo è? Lasciatemi in pace sbirri del cazzo!!!”
Non potevo crederci. Doveva sapere qualcosa non potevamo perdere l’unica pista che avevamo. La cosa mi stava terribilmente irritando e il mal di testa non aiutava la situazione
“Parlaci di Emily. Come la conoscevi?” chiese Joseph
“Io non conosco nessuna Emily! Lasciatemi stare!”
“Sappiamo che la conoscevi….andavi a trovarla in farmacia mentre lavorava!”
Lo stronzo si dimenava mentre Joseph  lo teneva saldamente per il gilet. Ci guardava entrambi con aria di sfida e con un movimento imprevisto mi sputò in viso.
Ero stanco di queste cazzate, dovevamo avere delle risposte ed in fretta. La testa mi scoppiava e sentivo come delle urla nel cervello tanto forti da farmelo scoppiare. Non ci vidi più. Tirai un pugno a Doggy che lo fece cadere a terra e, ancora preso della furia, gli diedi un calcio in pieno volto così forte che per poco non gli spaccavo il naso.
“Edward che cazzo fai!”  gridò Joseph prendendomi di peso per allontanarmi dal ragazzo.
“Che cazzo ti prende? Non merita un simile trattamento”
Dopo essersi assicurato che mi fossi calmato, Joseph si avvicinò a Doggy per vedere come stava. Lo fece alzare e, barcollando, lo fece sedere nel retro della macchina con la portiera aperta. Mentre gli passava dei fazzoletti, per placare il sangue che gli stava scendendo dal naso, Joe gli chiese  “Come hai conosciuto Emily?”
“L’ho conosciuta in discoteca, una sera di molti mesi fa”
“Che rapporto c’era tra te e lei?” chiesi io
“Se non ti rispondo cosa fai mi spacchi la faccia di nuovo?”  mi disse guardandomi negli occhi con aria di sfida.
“Era….eravamo fidanzati”
“Non sembra che i suoi genitori sapessero di te”
“Non li avevo mai conosciuti. Emily aveva paura di farmi conoscere ai suoi genitori per via dei tatuaggi e beh…per l’onesto lavoro che faccio. Li avevo visti una volta sola. Quella volta in cui sono andata a trovarla in farmacia per dispetto”
“Conosci questo simbolo? E’ stato ritrovato nei corpi di quelli che hanno ucciso Emily” mostrandogli ancora la foto della cicatrice a ^Y^.
“Non lo conosco….mi dispiace…”
“Sai se c’è qualche motivo per cui qualcuno la volesse morta?”
“No….lei era una brava ragazza…non dava fastidio a nessuno. L’unico sbaglio che aveva fatto era uscire con un pessimo ragazzo come me” rispose scoppiando in lacrime.
“Per quanto riguarda te invece? Hai per caso pestato i piedi a qualcuno che si è voluto vendicare?”
“No...giuro. Cerco bene di non andare oltre la mia zona. So che non ci crederete ma non faccio del male a nessuno. Non vendo più merda da quando ho conosciuto Emily. Non voleva continuassi con questa vita. Ora vendo solo un po’ di erba per prendere qualche soldo”
Io e Joseph ci guardammo negli occhi e senza dire niente ci eravamo intesi. L’avremmo lasciato andare per evitare casini riguardo la mia aggressione.
Joseph gli chiese i documenti e il numero di cellulare nel caso avessimo avuto bisogno di ulteriori informazioni. In lacrime e ancora sanguinante il ragazzo non fece storie, ormai era diventato molto ubbidiente.
“Doggy…ti lasciamo andare per questa volta. Ora sappiamo chi sei quindi vedi di cambiare vita e non fare più cazzate. Sembri un bravo ragazzo quindi fallo per te….e per Emily”
Fece cenno di si con la testa e senza farselo dire due volte, barcollando, se ne andò con la faccia piena di sangue e lacrime. Salutandomi con un bel dito medio…quel caro teppistello…
Io e Joseph salimmo in macchina abbattuti.  Stavamo tornando a casa con più domande che risposte:
“Che cazzo ti sta succedendo Edward?”

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


“Che cazzo ti sta succedendo Edward?” mi chiese Joe preoccupato per ciò che era successo.
Avevo fatto una cazzata a picchiare quel ragazzo. Prima di questa stronzata stavo per raccontare tutto a Joseph ma, dopo quello che era successo, non me la sentivo più di dirgli la verità. Avevo dimostrato di non avere controllo delle mie azioni e di non essere mentalmente stabile. Non potevo rischiare di farlo preoccupare e di farmi togliere il caso raccontandogli delle visioni.
“Mi dispiace Joe. Ero fuori di me. Tu….non hai idea di quanto faccia male. Sentirsi in colpa per tutto quello che era successo. Credere che tutti i tuoi colleghi siano morti a causa tua. Sapendo che Doggy mentiva non ho resistito….dovevamo strappargli tutto quello che sapeva”
“Peccato che quello che sapeva era ben poco…”
Sembrava avermi capito. Dopotutto era una mezza verità…
Passammo tutto il resto del tragitto in silenzio, riflettendo su tutto ciò che era successo. Le piste scarseggiavano e quindi ci aspettava molto da fare.
Joe mi lasciò sotto casa e mi salutò in modo freddo. Salii per le scale del mio condominio e l’unica cosa che volevo fare era mettermi a letto.
Mi spogliai, feci una bella doccia e infine mi preparai per la notte.
Quando finalmente mi sdraiai non facevo altro che pensare a questa cazzo di giornata assurda. Sapevo che quando sarei ritornato dalla psicologa il clima non sarebbe stato lo stesso e il non aver avuto ulteriori indizi mi faceva altamente incazzare.
Nonostante questi continui pensieri provai a chiudere gli occhi. Proprio quando il sonno stava prevalendo sulla mia mente, un rumore di passi mi svegliò.
Ormai lo sapevo, era tutto nella mia mente. Dovevo far finta di niente e provare a dormire. Il problema era che più cercavo di dormire, più il rumore dei passi si faceva pesante.
Ad un certo punto il rumore sembrava essersi fermato. Ero convinto di aver placato la mia mente fino a quando sentii qualcosa correre verso di me e, giunto ai piedi del mio letto, mi scaraventò giù  con forza spingendomi contro il muro. Presi una grande botta in testa. Cercai di alzarmi il più velocemente possibile per prevenire un eventuale “secondo attacco” ma non vidi niente. Era tutto buio e qualsiasi cosa mi avesse spinto sembrava essere sparita.
Mi stavo per rimettere a letto quando la luce del bagno si accese. Decisi di andare a controllare.
Più mi avvicinavo, più sentivo il rumore dell’acqua che scorreva. Appena entrai vidi che la doccia era accesa e la stanza era diventata un forno. Nel spegnere l’acqua mi bruciai talmente era calda.
Ero stanco, abbattuto per la giornata e delirante per questa situazione; non me la sentivo per niente di affrontare un altro di questi incubi ad occhi aperti.
Me ne stavo tornando a letto quando, con la coda dell’occhio, vidi una figura nera nello specchio. Con la mano pulii l’appannamento, che si era creato nello specchio a causa del vapore, e mi ritrovai faccia a faccia con lo scheletro nero.  Non c’era il mio riflesso…ma c’era lui, che si muoveva in sincrono con i miei movimenti.
Lo guardavo intensamente nella cavità dove un tempo aveva gli occhi e mi inquietava tantissimo. Avevo una paura fottuta ma iniziai a pensare che forse la mia mente voleva dirmi qualcosa. Dopotutto mi ritrovavo in uno stato alterato dovuto dall’effetto di quelle massicce dosi di droghe ma tutto questo qualcosa doveva significare.
Iniziai a contemplare ogni tratto ”cosa sei tu? Perché mi tormenti? Sei me?”
Stavo provando quasi una sorta di empatia con quella creatura quando all’improvviso si blocco. Apri quella bocca scheletrica emettendo quel suo grido stridulo e con rabbia ruppe lo specchio per prendermi immediatamente per la gola.
Era forte per essere fatto completamente di ossa, talmente tanto che riuscì ad alzarmi da terra e a scagliarmi contro la parete. Presi un’altra botta in testa ma stavolta talmente forte che ruppi una mattonella nel bagno ed iniziai a sanguinare.
Mentre stava tentando di uscire dallo specchio, cercai di scappare nonostante la ferita alla testa.
Ero terrorizzato e l’unica idea che ebbi fu quella di lasciare immediatamente l’appartamento. Presi le scale per uscire il più in fretta possibile dal palazzo ma la testa mi girava e il sangue iniziava a cadere sopra i miei occhi, offuscandomi la vista.
Stavo quasi per fermarmi a metà strada quando l’urlo dello scheletro rifece battere all’impazzata il mio cuore dalla paura! Mi stava ancora inseguendo e dovevo andarmene il prima possibile!
Riuscii a raggiungere l’entrata del condominio e, dopo aver aperto la porta, caddi a terra stremato.  Sentivo i miei sensi venire meno per la grave botta che avevo preso in testa.
Chiusi gli occhi e non tentai neanche di rialzarmi…ormai mi ero rassegnato alla fine....
Sentivo il suo urlo agghiacciante avvicinarsi sempre di più….
Perché…perché tutto questo stava accadendo a me?
In quel momento qualcosa riscaldò il mio animo e il mio corpo.
Riaprii gli occhi e vidi il sole che stava sorgendo.
Richiusi gli occhi con il sorriso….l’abbraccio del sole mi donò la pace e la serenità….svenni….

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Mi svegliai con un mal di testa incredibile. Oltre al solito mal di testa, ora c’era pure il dolore causato dalle botte. Ci volle un po’ prima di capire dove fossi. Ero in ospedale….di nuovo.
Guardai fuori dalla finestra ed il sole stava calando. Capii che avevo dormito tutto il giorno.
Avevo la testa fasciata e notai anche che mi avevano messo i punti sul taglio che avevo al braccio.
Dopo pochi minuti vidi spalancare la porta. Era la Dottoressa Rose.
“Edward finalmente ti sei svegliato. Come ti senti?”
“Dottoressa Ro….Megan. Mi sento completamente a pezzi”
“Non hai una bella cera…hai preso una bella botta in testa”
Mi faceva piacere il feeling che si stava creando dopo questi ultimi avvenimenti. Non mi sentivo più sotto un continuo esame e, il fatto che ci stavamo dando del tu, rendeva il tutto meno freddo.
Mi stava quasi scappando un sorriso quando poi partii con le sue domande da psicologa:
“Dobbiamo parlare di quello che ti sta succedendo: Cosa hai fatto al braccio e cosa è accaduto questa notte?”
Ero stanco, distrutto e volevo lasciarmi la nottata alle spalle. Decisi di prenderla di petto come avevo fatto con Joseph
“Lei non ha idea di com’è sentirsi il mondo crollare addosso. Sentirsi responsabile della morte di molti amici, uomini di famiglia, aver reso dei bambini orfani di un padre o di una madre….è un peso davvero tosto da sopportare. Io devo a tutti i costi impedire che ciò avvenga di nuovo. Devo impedire che certa gente cammini indisturbata nella nostra città. Devono essere puniti per ciò che hanno fatto e che tutt’ora stanno facendo…uccidere, stuprare, fare strani riti del cazzo e vendere droga ai ragazzi. Non c’è niente di più orribile. Devo rimediare ai miei errori e fermare tutto ciò. Non possono continuare.“ Ero consapevole che stavo ricreando un muro  con il mio atteggiamento ma la sua risposta mi stupì.
“Lo so…per questo tengo molto a lei e alla sua sanità mentale. E’ un brav’uomo e voglio aiutarla a compiere il suo lavoro…a rendere questa città un posto migliore. Non sono stupida. Ho visitato i suoi colleghi prima di lei e ho visto i loro deliri prima che si togliessero la vita. Devo essere cieca per non capire che qualcosa non va. Anche io voglio che quelle persone vengano fermate ma non posso aiutarla se non parla con me.”
Ero perplesso ma decisi di aprirmi.
“Va bene. Da quella notte mi succedono cose strane. Come se avessi strane visioni. Sento dei forti mal di testa quando mi succedono. Queste visioni sembrano talmente reali che possono toccarmi e farmi male. Il taglio al braccio me lo ha fatto mio padre…almeno quello che alla mia vista sembrava mio padre. Morto anni fa. Mentre stanotte mi ha aggredito un essere che ho iniziato a vedere dopo la nostra ultima seduta. Mi perseguita e sembra voglia uccidermi a tutti i costi. Per un attimo stanotte c’è stato un faccia a faccia con questo essere mentre ero allo specchio. Avevo come la sensazione che fosse una versione distorta di me stesso.”
La Dottoressa Rose mi ascoltava attentamente e dopo una lunga riflessione mi rispose.
“Stai affrontando un periodo molto difficile Edward. E’ possibile che il tuo senso di colpa e la tua ossessione di rimettere tutto a posto sia la causa di questi deliri e allucinazioni. E’ molto preoccupante che possano farti male. E’ fondamentale scoprirne le cause scavando dentro di te. Farò di tutto per aiutarti a placare queste visioni….in questi casi sarebbe meglio che il soggetto stia lontano da fonti di stress e le possibili cause del suo malessere ma so che non riuscirò mai ad allontanarti dal tuo lavoro. Ti darò qualcosa per i mal di testa e ti chiedo di cercare di non stare mai da solo. La solitudine potrebbe peggiorare la cosa e rinchiuderti in questo mondo distorto che sta creando la tua mente. Un costante contatto con la realtà potrebbe aiutarti. Stanotte potrei rimanere qui con te così sarò sicura che dormirai tranquillo.”
Con grande stupore mi sentivo sollevato ad avergliene parlato e capii finalmente che potevo fidarmi di lei. Aveva riabbattuto il muro ed era come parlare ad una persona a me vicina. La paura di essere giudicato pazzo ed essere rinchiuso da qualche parte era sparita.
“Grazie Megan”
“Figuarti Edward”
La giornata si concluse tranquillamente e finalmente riuscii a dormire….

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