Infanzia

di Degonia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Together (...with Jared) ***
Capitolo 2: *** Together (...with Shannon) ***
Capitolo 3: *** Arrivederci ***



Capitolo 1
*** Together (...with Jared) ***



“INFANZIA” è una raccolta di fan fiction sui fratelli Leto.
Ogni capitolo ha una sua trama indipendente, anche se ci sarà sempre qualche dettaglio che li collegherà tutti.




Aprile 1980



La campanella sarebbe suonata tra pochi minuti.
Un ragazzo seduto negli ultimi posti di una quarta classe inferiore, nella sua aula: l’ultima di quel corridoio del secondo piano, continuava a guardare il suo vecchio orologio da polso in attesa della campanella, nell’altra mano tenera stretta una bretella del suo zaino; pronto a scattare appena sarebbe suonata. Non aveva neanche un minuto da perdere, tra i due edifici c’era circa un km e lui avrebbe dovuto percorrerlo nel minor tempo possibile!

Era così per i primi cinque giorni della settimana, non che ce ne fossero molti dopo, soprattutto scolastici. A volte odiavo questo ‘correre’, ma una volta che non l’avevo fatto, mia madre mi aveva sgridato; ma non era per quello che continuavo ogni giorno, più delle grida di mia madre, mi avevano fatto star male gli occhi di mio fratello che mi guardavano e che, innocentemente, mi avevano chiesto “Credevo che non saresti più tornato!”. Quello sguardo triste e solo m’aveva tenuto sveglio per notti intere, mentre lo guardavo dormire sereno.


“Allora, prendete il diario e scrivete questi esercizi per domani, forza...”

Un coro di “Sii” forzati inondò l’aula quando la campanella, puntuale e in tempestivo orario suonò.

Scattai in piedi, tra le file dei banchi e percorsi lo stretto corridoio tra i miei compagni che scrivevano, aprii la porta e corsi fuori.


“Leto! Leto!! Torna qui, avrai una nota per questo” l’insegnante di matematica urlava fuori dalla porta, era sempre così il lunedì, di risposta gli diedi solo un debole “Ok! Alla fine comporrò una canzone!” sghignazzai mentre veloce, scendevo le scale saltando alcuni gradini, sentendo su di me la collera della maestra. Non me ne curai, avevo ben altro da fare che star ad ascoltare una, a mio parere, bisbetica vecchiaccia.
Salutai il bidello mezzo addormentato che era seduto accanto al portone d’ingresso e sfrecciai fuori. Correvo come un matto cercando di evitare i passanti, le auto mentre attraversavo le strade e i ragazzi delle altre scuole. Lo zaino sulle mie spalle, saltellava assieme a me: i libri facevano festa e le penne ballavano al ritmo di una strana danza che andava sempre più veloce.

Un vigile mi urlò contro quando attraversai la corsia pedonale col rosso; ma ce l’aveva sempre fatta, le auto non mi avevano mai fermato, né l’avrebbero fatto quel giorno. Avevo sempre attraversato il parco, ma da una decina di giorni, esso era chiuso per lavori edili all’interno e quindi avrei dovuto fare un percorso più lungo per arrivare dal lato opposto. Correvo ancora, più veloce che potevo, non dovevo fare tardi, non l’avrei mai permesso e al solo pensiero di quel suo volto che mi cerca e non mi trova, mi viene un nodo in gola.


‘Assolutamente no!’ pensai ‘Non succederà mai più!!’

Ma era presto detto, mentre attraversavo l’ennesima strada di corsa, un auto che veniva dalla mia destra inchiodò: caddi a terra e per un attimo non capii cosa fosse successo.

“Ehi ragazzino, se vuoi morire trovati un’altra macchina!!” aveva urlato, adirato, l’uomo sceso dalla sua decappottabile nera.

Ero rimasto per terra, immobile, una bretella dello zaino mi scendeva da un lato; i capelli scompigliati. Le mani sporche di asfalto; stavo perdendo del tempo prezioso! Non poteva esser successo! Minuti preziosi passarono come attimi, quando mi ricomposi, dopo essermi scusato con quell’uomo calvo e in perfetto tweed inglese, scappai via.

Le gambe mi tremavano un po’ mentre correvo, avevo avuto una fottuta paura, ma non avevo tempo di pensare a questo; e soprattutto non avevo avuto tanta paura di morire quanto quella di vederlo lì da solo ad aspettare qualcuno che non sarebbe mai arrivato. Ma io, suo fratello c’ero e sarei stato lì ad ogni costo!

Correvo.

Correvo.

Sapevo che avevo perso dei minuti importanti e da lontano sentivo già la campanella delle elementari che suonava; fortuna vuole che l’orologio di quella sede fosse messo un paio di minuti in avanti.

Correvo. Dovevo farcela, dovevo arrivare!


‘Maledetto parco’ pensai ‘Perché non hanno aspettato ancora qualche altro mese per quei lavori?’

‘Dopo saremo insieme fratellino e ti proteggerò sempre, ma adesso aspettami! Aspettami!!’


Mi ricordai una volta che mentre correvo, ero inciampato e caduto, e il mio ingenuo fratellino mi aveva detto che era un bel gioco e mi aveva imitato. Quando nostra madre ci vide per terra, le venne un colpo! Con il piccoletto che diceva “mamma, perché non vieni ad inciampare con noi!?”. Era davvero fuori di testa, avevo pensato, chissà come sarebbe stato una volta diventato adulto. Non me lo immaginavo minimamente.


La folla dei genitori ansiosi di prendere i propri figli era terribile, ogni giorno era sempre peggio, soprattutto quando pioveva. Sembrava di stare in fila la domenica ai grandi magazzini. Dovevo passare! Se non mi avrebbe visto si sarebbe preoccupato. Profumi d’ogni dove salivano nell’aria: la grassa signora Smith prendeva il suo bambino che pareva più una piccola botte, l’avvocato amico della mamma aspettava suo figlio in auto; conoscevo molte persone, di alcune ricordavo il nome, di altri solo i volti, quelli rimasti erano solo ombre per me. Lo cercavo...dov’era andato? Possibile che se n’era andato a casa da solo? Possibile che non mi aveva aspettato? E se la sua classe non era ancora uscita? Non lo vedevo, avevo paura. Mi guardai intorno con gli occhi sgranati.
Il piccoletto dagli scuri capelli e gli occhi curiosi e attenti l’aveva visto... lo vedeva tra la folla che cercava qualcuno. Cominciò a farsi strada tra gli altri bambini e i loro genitori, urlò il suo nome, ma questi non lo sentì fino a quando si voltò e lo trovò: quegli occhi, quel faccino da furbetto, era lui! Non potevo sbagliare.

“Shan!” urlò ... “SHAN!!!” esplose quando mi si buttò tra le braccia sorridente.

“Jared!” pronunciai abbracciandolo forte.

Un caloroso abbraccio era dovuto, dopo ben 6 ore!!

A Jared piaceva andare a scuola, gli era piaciuto fino alla seconda elementare; adesso non più. Non che non gli piacesse studiare, anzi, adorava quando scopriva cose nuove, come è fatta questa cosa, perché quella cosa è così,ecc... ma stare lontano da me lo rattristava più di tutto il resto. Frequentavamo lo stesso istituto ma quest’anno, a Settembre, il preside aveva deciso di affittare un’altra sede per gli studenti delle ultime classi; per questo motivo avevo dovuto lasciare la vecchia sede e separarmi da lui.

Jared mi adorava letteralmente, sapeva che ero suo fratello maggiore, ma forse mi vedeva più come un padre: perché Jared un padre non ce l’aveva mai avuto.


“Mi dai la cartella?”

“No” sorrise “Oggi è leggera, la tengo io e poi tu hai la tua” mi fece notare Jared.

“Va bene, come vuoi tu, ma se ti dà fastidio dimmelo, ok?”

“Si” rispose con un grande sorriso che era destinato a non durare troppo.

Presi la mano di Jared dicendogli:
“Cosa vuoi mangiare oggi?” ma Jared non mi ascoltava, il suo sguardo era rivolto lontano.

Distante, un padre prese in braccio il suo bambino facendolo volare e divertire. Sempre lì vicino, altri padri baciavano i loro figli e li prendevano per mano. Sembravano divertirsi molto. Jared stringeva la mia mano sempre più forte, con lo sguardo fisso su di loro.

Guardai prima loro e poi te, con una vocina di chi sta per piangere mi dici
“Shan, sono contento per loro”, ma a piangere non sei tu, ma io.

Mi inginocchio per essere alla tua altezza, con la tua manina tocchi la mia guancia e vedi le mie lacrime silenziose, bagni le tue dita con una di esse
“Perché piangi Shan?”, ti rispondo “Perché sei mio fratello e ti voglio bene” lo abbraccio senza una spiegazione.

Mi allontana e fruga in tasca, chissà cosa sta cercando, poi tira fuori un fazzolettino appallottolato.
Me lo porge
“L’ho usato solo una volta, ma è ancora pulito!”
Risi, ma lui non capì perché ridevo. Lo ringrazia e presi il fazzoletto. Solo dopo scoprii che l’aveva usato per il mio stesso scopo.

“Shan” sembra triste, sembra pensarci poi mi dice “Ho fame!” tirandomi per il braccio.

Gli aggiusto il cappotto e glielo abbottono, è sempre così distratto su alcune cose!

Cominciamo a camminare sul marciapiede, la mia mano tra la sua, fino a quando non vede un cagnolino che fa la pipì sotto un albero:
“Wha!! Che bello!! Piccolo, carino, guarda Shan” lascia la mia mano e si dirige verso di lui. Il cagnolino gli fa le feste mentre Jared si diverte un mondo!! Poi si gira verso di me e mi dice “Oggi vorrei della pasta, Shan”, il cagnolino gli lecca una mano e poi una guancia. Guardo i soldi che mamma mi ha dato: troppo pochi per 2 piatti di pasta! Ma visto che io non ho fame...

“Va bene Jared, oggi mangerai pasta” gli dissi contento di esaudire il suo desiderio, ma nel mentre Jared sentì il mio stomaco che brontolava: ‘Porc...!”

“Ho cambiato idea, voglio delle patatine fritte e un panino” disse all’improvviso, mentre faceva ‘ciao’ con la mano al cagnolino che inseguiva una signora.

“Ma non volevi la pasta?”

“Si, ma l’ho mangiata ieri, voglio un panino adesso, Shan, me lo compri vero?? Vero??”

Era a dir poco adorabile.

Ci incamminammo verso il fast food più vicino e presi due menù completi: un panino, una coca e delle patatine fritte. Mentre mangiava, lo guardavo sempre, soprattutto quando eravamo solo noi due. L’amavo troppo, mi piaceva vederlo felice: i suoi occhioni azzurri affamati di sapere tutto, mi chiedevano in continuazione spiegazioni.


“Shan, perché due persone si baciano?” mi disse con la spalla appoggiato alla spalliera della sedia, mentre beveva la sua coca dalla cannuccia rossa.

“Perché si vogliono bene” gli risposi.

“Però tu non mi hai mai baciato sulla bocca” chiese.

“No, perché il bene che ti voglio io è diverso dal loro” indicai la coppia che nell’angolo si baciava calorosamente e che aveva scatenato la curiosità di Jay.

“Mhm...non ho capito bene, ma fa nulla” disse puntando gli occhi sul mio bicchiere della coca mezzo vuoto.

Era il solito, quando voleva qualcosa non me lo chiedeva, me lo faceva capire.


“Senti Shan” disse all’improvviso lasciando il panino che stava mangiando “è vero che questa carne è fatta con quello?” indicò una gallina disegnata sul vassoio che gli avevano dato.

“Si, Jared” ma alla mia risposta sembrava contrariato “Vuol dire che uccidono gli animali per fare della carne che poi noi mangiamo?” si stupì.

“Si, ma non tutti gli animali, solo alcuni”

“Mhm...ho capito!” sembrava ci pensasse davvero “Allora io non mangerò più carne!” quest’affermazione mi fece impallidire, perché nostra madre si raccomandava sempre che mangiasse della carne.

“Jared, ma tutti mangiano la carne, è un cibo buono e la mamma vuole che lo mangi”

“Allora dirò alla mamma che non mi piace più” disse “Così non dovrò mangiarla”

“Jared su, non fare i capricci e mangia il tuo panino” non volevo costringerlo perché mio fratello aveva un dono, anzi, diciamo pure un vizio: quando diceva di no era no!

“Jared, per favore, i bambini cattivi fanno i capricci” non sapevo cosa dirgli, ero anch’io un bambino che si atteggiava a fratello maggiore solo perché ero nato alcuni mesi prima di lui.

“Allora tu pensi che io sia un bambino cattivo?!” urlò attirando l’attenzione dei presenti. Disse anche che non voleva più che io lo andassi a prendere a scuola, che sarebbe tornato a casa da solo e che non avrebbe più mangiato della carne perché non voleva che degli animali fossero uccisi per farne del cibo.

Mi avvicinai a lui cercando di calmarlo, ma mi allontanava con tutte le sue forze.


“Jared!Jared calmati!!” poi urlai “Smettila di fare lo stupido!!” ma me ne pentii subito, perché Jared si bloccò e portandosi le gambe vicino al proprio corpo, chinò la testa. Il vero stupido ero io.

“Jared, scusami” ero stato davvero uno stupido ad urlargli contro in quel modo “Jared, ti voglio bene, mi perdoni? Non volevo sgridarti, lo sai che io...” presi il mio bicchiere della coca e glielo misi vicino al volto “Tieni, puoi berla se vuoi, però ti prego, non piangere, Jared”.

Jared mi guardava di sottecchi, farfugliò un “Davvero?” e quando gli feci ‘si’ con la testa, mi sorrise e prese il bicchiere dalle mie mani; prese la sua cannuccia e cominciò a succhiare per far salire la coca.

Mi guardava mentre beveva, gli dissi
“Va bene, la prossima volta prenderemo il menù con le verdure, ok?” sembrava contento.

Quando andai a pagare, lui rimase ancora seduto al tavolino: voleva finire le sue patatine fritte; cosa che non fece mai perché pochi minuti dopo, quando tornai, aveva fatto un disegno con esse. Sinceramente non so cosa fosse e penso che neanche lui lo sapesse bene; sembravano due 3 incrociati, o due M. Non era di cattivo gusto, è solo che non capivo minimamente cosa potesse rappresentare. Avrei giurato che l’avesse visto in tv o fosse il simbolo di qualche band straniera.

Ma quando glielo chiesi, lui mi rispose che non l’aveva copiato, mi disse semplicemente che era dentro di lui. Non lo capii affatto; a volte il mio fratellino era strano. Ma aveva solo otto anni e a quell’età penso che i bambini siano strani.

Mano nella mano, tornammo a casa: quando infilai la chiave nella serratura, la casa buia e desolata si apriva ogni giorno dinanzi a noi. La mamma non era ancora arrivata, sarebbe tornata circa un ora più tardi. Jared si fiondò veloce davanti alla tv, a quell’ora trasmettevano un programma che gli piaceva e non se ne perdeva una puntata. Io me ne andavo in camera mia e con le cuffie nelle orecchie chiudevo gli occhi e immaginavo i mondi creati da quella splendida musica.
Invidiavo quegli artisti: io non sarei mai stato uno di loro!

Quando la mamma tornava, era solita giocare con Jared mentre guardava le televendite in tv: non l’ho mai vista acquistare niente, ma credo che fosse il suo passatempo preferito. Inoltre il lavoro le prendeva la maggior parte della giornata: dalla mattina alle 10.00 fino alle 15.00 del pomeriggio e spesso andava a lavorare anche di notte; ma il sabato e la domenica rimaneva tutto il giorno con noi e andava a prendere Jared a scuola, per cui io potevo star fuori con gli amici fino al tardo pomeriggio. Il lunedì, per esempio, aveva anche il turno di notte ed oggi era lunedì. A Jared non piaceva che la mamma la notte non ci fosse, ma anche se si lamentava, il turno di notte era stabilito e non sarebbe stato cambiato.


Dopo cena, Jared finì i suoi compiti con il mio aiuto e mentre giocava con una vecchia console, io finivo di lavare i piatti e di riordinare la cucina. La mamma sarebbe tornata solo questa notte verso le 2.00; e non volevo che dovesse riordinare casa a quell’ora, perché lei l’avrebbe fatto pur essendo stanca e assonnata. Mentre strofinavo i piatti con la spugnetta gialla piena di schiuma, Jared mi si avvicinò dicendo
“Shan, voglio aiutarti anch’io” pensai che in quel momento fosse davvero carino. S’era assonnato sul divano mentre stava giocando, si vedeva, ma invece di andarsene a letto mi voleva aiutare.

“Va bene, prendi quei piatti ad uno ad uno” indicai sul tavolo “e portameli qui”

“Si!” scattò subito dopo aver avuto il comando, come un bravo soldatino.

Così mi aiutò nei lavori di casa, pulimmo per terra, finimmo di lavare i piatti, i bicchieri e le posate. Asciugammo tutto e rimisi sul tavolo il centrotavola ricamato a mano e su di esso il vaso pieno d’acqua coi fiori che la mamma adorava.


“Shan, mi accompagni in bagno?” chiese timido.

“Jared, dovresti riuscire ad andarci da solo, accendi le luci e chiudi la porta” ma Jared non si muoveva.

Sapevo che non ci sarebbe andato, avrebbe preferito farsela addosso piuttosto che percorrere di notte la nostra casa.


“Ah!” sospirai sconfitto “Andiamo” gli sorrisi e feci strada accendendo le luci; davanti al bagno, aprii la porta e aspettai che Jared entrasse, ma lui rimaneva fermo “Prima tu!” mi obbligò ad entrare per primo, forse aveva timore che gli facessi uno dei miei soliti scherzi e lo lasciassi solo. Non l’avrei mai fatto quando siamo da soli. Inoltre dato che ero in bagno, perché non approfittarne?

Quando finì, Jared sfrecciò fuori, adesso non aveva paura? Bastardino che non sei altro. Voleva solo essere accompagnato, altro che paura!!

Erano due ore che avrei voluto andare in bagno, ma quando avevo cominciato a pulire in cucina, me n’ero completamente dimenticato.

Ero intento a chiudere la cerniera dei jeans quando sentii qualcosa che si rompeva e Jared che piangeva. Senza scaricare o spegnere la luce del bagno, corsi in cucina...il danno era ormai fatto e la mamma questa volta si sarebbe arrabbiata sul serio: si era sempre raccomandata di stare attenta a quel vaso costoso! Eravamo davvero nei guai!

Il vaso era rotolato giù per il tavolo finendo a terra; tutta l’acqua era stata versata e i cocci del vaso ovunque, era uno spettacolo fantastico. I mille frammenti del vaso erano sparsi qua e là e risplendevano di colore proprio sotto il neon della luce. L’avrei fotografato volentieri, ma non c’era tempo per quello; dovevo ripulire tutto e far smettere di piangere mio fratello. Le sue lacrime si univano al piccolo laghetto sul pavimento:
“Jared, ti sei fatto male?” ovviamente ero arrabbiato con lui, gli avevo detto mille volte di fare attenzione a quel vaso e di non salire sul tavolo quando c’era sopra, ma non era servito a nulla.

Mi inginocchiai:
“Jared, dai non fare così!” gli asciugai le lacrime con le dita.

“La mamma mi punirà!! Sono stato cattivo, sono un bambino cattivo proprio come hai detto tu!!”

Quel mare che nascondeva negli occhi, stava straripando “Shan!!” si strinse a me con le sue braccine.

L’aveva fatta grossa, su questo non c’era dubbio e dovevo salvarlo.


“Jared, sta buono, dai non piangere” disse qualcosa, ma non lo capii, continuai: “Non sei affatto un bambino cattivo, non pensarlo neanche, può succedere di far cadere degli oggetti” continuava a piangere soffocando i singhiozzi nel mio abbraccio.

“Jared, ora smettila di piangere” presi un fazzoletto e gli asciugai le lacrime e il naso. Lo presi in braccio e lo portai in camera nostra. Tirava su col naso e continuava a piangere. Lo aiutai a mettergli il suo pigiamino azzurro e avvolgendolo con la mia coperta di plaid (adorava quella coperta) lo infilai tra le lenzuola; poi presi François, la sua tartaruga verde e gliela misi accanto. Gli baciai la fronte. Mi sussurrò un debole e insicuro “Shan”.

“Tranquillo” gli dissi “La mamma non si arrabbierà, te lo prometto” lo coprii meglio e accesi la luce della abatjour spegnendo quella della stanza. Lasciai la porta aperta e gli dissi di chiamarmi se gli sarebbe servito qualcosa.

Io tornai in cucina e pulii tutto... tutti i cocci nella spazzatura, raccolsi tutta l’acqua che si era versata e pulii per bene. Nessuno se ne sarebbe accorto se non fosse per un ‘piccolo’ particolare: sul tavolo c’era un enorme vuoto e il vaso era sparito!

Spensi le luci e tornai in camera: Jared si era addormentato con le lacrime agli occhi. Guardando quel piccoletto che si era tormentato con tutto quel pianto, mi scese una lacrima. In quel momento decisi che non mi sarei mai separato da lui. Però decisi anche di fare una doccia veloce per cui presi il pigiama e mi fiondai in bagno. Era ancora presto, la mamma non sarebbe arrivata adesso.

L’acqua tiepida mi scorreva sul corpo bagnando i miei capelli e facendo scivolare giù il bagnoschiuma e lo shampoo. Uscii e cominciai a strofinarmi i capelli con un asciugamano beige quando sentii la porta di casa aprirsi
“Fottuta me**a!” sussurrai, la mamma era arrivata molto prima del previsto.

Poco dopo la sentii urlare
“JARED!!!” uscii dal bagno e mi fiondai in camera mia “Quante volte t’ho detto...” interruppi la frase di mia madre “...mamma, sono stato io!” il cuore mi batteva forte. Ero scalzo, avevo indossato solo il pantalone del pigiama e messo un asciugamano sulla testa.

Nel buio della mia camera, mia madre mi lasciò l’impronta della sua mano sulla mia guancia sinistra, più il rimorso di avergli fatto male, ma la serenità di aver salvato Jared da quello schiaffo.


“Resterai a casa tutti i weekend e niente tv, ti toglierò la tua paghetta per 3 mesi, così ricomprerò il vaso!” arrabbiata e delusa da me, il figlio in cui riponeva maggior fiducia, uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Ero rovinato! Accesi la luce della stanza. Lo guardai mentre ricominciava a piangere. Aveva assistito a tutta la scena. In quel momento avrei voluto urlargli contro che la doveva smettere di piangere ogni cinque minuti e che era solo colpa sua se ero stato punito. Avrei dovuto farlo e a volte me ne pento per non averlo sgridato in quel momento. Ma ... voglio vedere voi al mio posto, cosa avreste fatto? Quegli occhioni azzurri imploranti, quelle manine che stritolavano la sua tartaruga, i capelli scompigliati. Sapevo però che se avessi aperto bocca avrei sfogato tutta la mia rabbia su di lui e questo non era giusto, o forse lo era visto che la causa di tutto ciò era mio fratello, ma non feci nulla di quello che avrei voluto fare. In quel momento ho anche pensato a fuggire via, nella notte, ma sarebbe stata la cosa più stupida che avrei potuto fare. Per cui spensi la luce e nel buio mi diressi verso il mio letto coprendomi in silenzio. Pensai che Jared si sarebbe riaddormentato, ma come sempre, le cose non vanno secondo i miei piani. Da lontano sentii una vocina flebile “Shan? Sei arrabbiato?” l’avrei riconosciuta fra mille e comunque sia eravamo solo in due in quella stanza. Risposi freddo
“No,non lo sono!”

Rimase qualche minuto nel silenzio. Gli davo la schiena, per cui non potevo vedere se dormisse o facesse altro. Ma ovviamente era la seconda opzione a prevalere.

“Shan, davvero non sei arrabbiato?” mi disse nello stesso tono malinconico di prima.

“No” ebbe come risposta. Ma mi rispose subito “Posso ... “ si fermò all’inizio della frase. In realtà sapevo benissimo cosa mi stava chiedendo, quale era la domanda alla quale avrebbe preferito una risposta positiva. Mi chiesi se facevo sempre bene ad assecondarlo, se in futuro non me ne sarei pentito.

Mi voltai e guardai nella sua direzione: i due letti erano perfettamente paralleli.

Sapeva che lo guardavo e sapeva anche che avevo capito quello che voleva chiedermi.
Sapeva sempre tutto lui!

Alzai le lenzuola. Questo gesto lo fece scattare, ma appena mise un piede fuori dal suo letto, incespicò e cadde a terra sbattendo la faccia sul pavimento; un piede ancora avvolto dalle lenzuola. Mi venne un infarto! Se si era fatto male, questa notte sarebbe stata più lunga di quanto non fosse già stata.


“Ja.. Jared...” lo guardai spaventato, ma lui si rialzò dicendo che stava bene anche se barcollava. Sorrisi a vederlo così impacciato. Con François ancora tra le braccia, si diresse verso il mio letto e scivolò dentro. Cinsi con il braccio sinistro il suo corpo e lo avvicinai a me. Si accucciò come se fosse un gattino. Ci passavamo solo un anno, ma lui era più basso di me, anche se la mamma diceva sempre che da adulti sarebbe stato il contrario. Non le ho mai creduto.

La sua (in realtà era mia) tartaruga ben stretta nella mano destra, mentre l’altra piegata per adattarsi alla posizione. Poggiò la sua testa tra la mia spalla e il mio volto. Mi chiese
“Scusa Shan” ; si stava scusando, non credevo che l’avrebbe mai fatto. Rimasi fermo, ma poi gli posai un lieve bacio sulla fronte e lo abbracciai ancora di più. Lui fece lo stesso.

Dormimmo.

La cosa più importante era rimanere insieme.






Commento dell’autrice: *prende fiato* cavoli O_O è lunghissima!! Spero che vi sia piaciuta. Ovviamente tutto ciò che avete letto è frutto della mia fantasia, non sappiamo come sia stata la loro infanzia per questo motivo immagino i cari fratelli Leto in situazioni simili, visto che sappiamo tutti che sono molto uniti e credo che il loro legame sia stato consolidato negli anni. Anche perché, condividono lo stesso appartamento (diciamo pure ‘villa’, appartamento non è adeguato per una città come Los Angeles).
La sola cosa reale è François, una tartaruga che Jared, in un intervista, disse che gli mancava e che era il suo peluche preferito, ma che perse tra i tanti traslochi fatti con la sua famiglia.

Se l’avete apprezzata, ma anche se non vi è piaciuta, spendete 30 Secondi del vostro tempo per lasciate un commento ^^ Degonia ve ne sarà grata.
Ringrazio comunque tutti coloro che la leggeranno e scusate gli errori (-.- perché immagino ce ne sono molti).
*inchino*

A presto ;D


29 Aprile 2009 – ore 19.09




PS: Se volete sapere come ha fatto Jared a perdere François, in questa mia fan fiction, trovate la risposta.

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Capitolo 2
*** Together (...with Shannon) ***



Aprile 1980



La campanella sarebbe suonata tra pochi minuti.
Un bambino seduto nei primi posti di una terza classe inferiore, nella sua aula: la prima di un lungo corridoio al primo piano, continuava a guardare fuori dalla finestra in attesa dell’ultima campanella. Gli alberi in fiore. La penna nella mano destra, l’altra poggiata sul quaderno: continuava a scrivere parole dettate dalla sua insegnante, parole per lui senza senso, le scriveva automaticamente senza starci troppo a pensare.

Sorrisi. Sapevo che Lui sarebbe arrivato. Tra poco avrei lasciato questo edificio e gli sarei corso tra le braccia e anche lui mi avrebbe abbracciato ^^.

-Leto, smettila di sorridere, non ci trovo nulla da ridere- mi disse la maestra guardandomi e mentre lo faceva aveva abbassato i suoi occhialini gialli. La guardai anch’io e senza rispondere abbassai la testa sul quaderno. Lei continuò a fissarmi per qualche altro secondo, poi posò lo sguardo sugli altri alunni che sghignazzavano. Tacquero.

La campanella suonò pochi minuti dopo. Veloce come sempre misi le mie cose nello zaino e mettendomi in malo modo il cappotto che oramai era diventato pesante per quelle giornate primaverili, infilai lo zaino e corsi verso la porta. La maestra era già uscita. Ma quando stavo per cominciare a correre verso l’uscita, qualcuno afferrò il mio zaino tirandomi indietro. Mi fermai e mi voltai. Vidi il bulletto di turno squadrarmi, ma in quel momento non mi importava, dovevo uscire! Gli dissi scontroso
-Lasciami! Chi ti credi di essere?- mi guardò e insieme a due suoi amici sghignazzò; ma non ebbi il tempo di fuggire che mi prese e mi sbatté contro la parete. Gli altri due risero. Provai a tirare un pugno a quel bulletto, ma lo mancai; cosa che non feci con le gambe, il mio calcio andò a colpire il suo ginocchio facendolo allontanare.

A questo punto mi guardò. Gli avevo fatto male, ma se l’era meritato! Poi si avvicinò di nuovo a me e mi intrappolò tra il muro e il suo corpo più robusto del mio.


-Aspetti ancora tuo padre? Ah ah...- rise -Ti ha abbandonato come presto farà tuo fratello! Sei solo un bambino stupido e piagnucolone!! Non sai neanche difenderti, ah ah, nessuno ti vuole bene stupido. Anche tua madre ti lascerà da solo, infatti non ti viene neanche a prendere a scuola!! Ah ah!! Sei proprio un bambino tonto e stupido … non l’hai capito che tuo padre se n’è andato perché non voleva più vederti, perché sei un bamboccio e basta e nessuno vuole stare con te!- chiusi gli occhi. Tutto quello che mi stava dicendo era vero? Presto sarei rimasto solo? Mi tornò in mente il momento in cui papà se ne andò, in cui la mamma mi sgridava, quando Shannon non era venuto a prendermi a scuola. Forse non sarebbe venuto neanche oggi! Strinsi più forte gli occhi e mi uscirono le lacrime. Il bulletto continuava a parlare, ma non volevo ascoltare; mi disse che ero una checca di bambino e altre cose cattive. Cosa gli avevo fatto? Perché ce l’aveva con me? Scivolai a terra con la schiena contro il muro e piansi. Le lacrime uscivano da sole. Vidi il bulletto coi suoi amici andare via e lasciarmi lì da solo mentre il corridoio si svuotava. Adesso non volevo più uscire. Pensai che mi sarei nascosto per sempre all’interno della scuola. Presi un fazzoletto dai jeans e mi pulii le lacrime; infine decisi di uscire. Mio fratello, volevo vedere solo lui adesso.

Varcai la soglia e vidi tanti bambini tra le braccia dei loro genitori, c’erano anche alcuni nonni. Mi sentii diverso e piano, scesi i pochi gradini che erano davanti a me. Camminai ancora un po’ e lo vidi. Ma Shannon non aveva visto me. Mi feci strada tra la folla e urlai il suo nome; non mi sentì.
Vidi che anche lui mi cercava quasi spaventato. Urlai ancora, e si voltò.


“Shan!” urlai ... “SHAN!!!” pronunciai ad alta voce e mi buttai tra le sue braccia.

“Jared!” disse lui abbracciandomi forte.

Era come se non lo vedessi da una vita e ogni giorno mi mancava sempre di più. Mio fratello era un elemento fondamentale per me, senza di lui sapevo che non ce l’avrei mai fatta. I primi due anni siamo stati insieme, ma adesso Shannon frequenta un’altra sede della mia stessa scuola.

Lo adoravo. Il mio fratellone!! Per me era come un padre: non mi aveva mai fatto mancare nulla come farebbe un genitore, mi veniva a prendere a scuola e mi comprava i giocattoli, ma la cosa più importante era che mi voleva bene e su questo non avevo dubbi.


“Mi dai la cartella?” mi disse all’improvviso.

“No” risposi sicuro “Oggi è leggera, la tengo io e poi tu hai la tua” gli feci notare. Inoltre sapevo che pesava più della mia perché aveva più libri.

“Va bene, come vuoi tu, ma se ti dà fastidio dimmelo, ok?” era sempre molto gentile con me.

“Si” risposi sorridendo.

Poi prese la mia mano senza che me ne accorgessi chiedendomi qualcosa sul cibo, ma io non l’ascoltavo, il mio sguardo era rivolto lontano e forse Shannon non avrebbe capito.

Lontano da noi due, un padre prese in braccio suo figlio facendolo volare. Sempre lì vicino altri padri baciavano i loro figli, altri li tenevano per mano. Sembravano divertirsi molto. Non ricordo se papà mi abbia mai abbracciato in quel modo. Quanto vorrei ricordare; ma ero troppo piccolo e neanche Shannon se lo ricorda o forse non vuole ricordarselo. Stringo forte la sua mano mentre tengo ancora lo sguardo fisso su di loro. Come sono contenti. Vorrei abbracciare ancora Shannon e piangere, vorrei fargli vedere quando io sono fortunato ad avere un fratello come lui, ma loro non mi vedono. Sono presi dalla loro felicità e io divento un fantasma ai loro occhi.

Li guardai ancora e poi guardai mio fratello in volto, con un filo di voce dissi:
“Shan, sono contento per loro”, mi guardasti e vidi le lacrime scendere dai tuoi occhi. Mi meravigliai di questo. Perché piangevi Shan? Me lo sono sempre chiesto.

Ti inginocchi e ti tocchi la guancia bagnandomi qualche dito
“Perché piangi Shan?” ti chiedo preoccupato. Credevo che ti facesse male qualcosa, che ti fossi fatto male mentre correvi per venirmi a prendere. Perché, sai Shan, io so che corri ogni giorno per non far tardi, ma tu mi sorprendi dicendomi “Perché sei mio fratello e ti voglio bene” e di nuovo mi abbracci. Non capii il motivo, ma mi andava bene che mi abbracciassi ancora. Il mondo sarebbe potuto cadere, a me bastavi solo tu.

Però ti allontano e frugo nelle mie tasche in cerca di un fazzoletto, lo stesso che io avevo usato pochi minuti prima. Te lo porgo dicendoti che l’avevo usato solo una volta e che era ancora pulito. Non ti dissi perché l’avevo usato, mi vergognavo troppo ad ammettere che avevo pianto perché credevo che tu non saresti mai più venuto a prendermi. Che stupido che sono stato solo a pensare ad un eventualità simile.


“Shan” gli dico “Ho fame!” tirandolo per il braccio.

Lui mi guarda e mi aggiusta il cappotto che non avevo abbottonato.

Dopo ci incamminiamo sul marciapiede, la mia mano tra la sua fino a quando non scorgo un cagnolino sotto un albero che fa i bisognini, esclamo
“Wha!! Che bello!! Piccolo, carino, guarda Shan” faccio segno a mio fratello e mi dirigo verso di lui. Il cagnolino mi salta addosso contento di avere qualche carezza e un attimo di calore. Poi mi voltai verso Shannon dicendogli “Oggi vorrei della pasta, Shan” mentre il cagnolino mi leccava una mano e poi la guancia. Vedo Shannon turbato quando guarda i soldi che la mamma gli ha dato questa mattina.

“Va bene Jared, oggi mangerai pasta” mi disse sorridendo. Ma non mi piacque quel ‘mangerai’… perché non ha detto ‘mangeremo’? Lo guardai ancora mentre giocavo con il cagnolino e capii: i soldi che aveva non gli bastavano per due piatti di pasta e il ristorante qui vicino non era molto economico. Pensai che forse non aveva fame, che avesse mangiato a scuola, ma sentii il suo stomaco brontolare e capii che lo stava facendo per accontentarmi. Sarebbe rimasto a digiuno solo per permettere a me di mangiare della pasta. No, non mi piaceva questo. Non volevo che non mangiasse per farmi contento.

“Ho cambiato idea, voglio delle patatine fritte e un panino” dissi sorprendendolo, mentre salutavo con la mano il cagnolino che seguiva un’anziana signora.

“Ma non volevi la pasta?” mi disse.

“Si, ma l’ho mangiata ieri, voglio un panino adesso” insistetti, non potevo dirgli che avevo capito che i soldi che mamma gli aveva dato non sarebbero bastati “Shan, me lo compri vero?? Vero??” continuai a dire avvicinandomi a lui.

Sorrise lievemente e insieme ci incamminammo verso il fast food dall’altro lato della strada. Speravo che ci fosse poca gente, ma invece, come sempre, era strapieno. Corsi verso un tavolo che si era appena liberato, mentre Shannon ordinò due menù. Appena arrivò, mi fiondai sul panino e lo morsi con forza: avevo fame! Mentre mangiavo, vidi Shan che mi guardava ... non capivo il perché lo facesse, ma non gli chiesi mai spiegazioni. Poi mi guardai intorno, c’erano ragazzi delle scuole superiori, maschi e femmine che mangiavano la stessa cosa: era davvero strano. Vidi due di loro che avvicinavano le loro bocche. Guardai Shannon che ricambiò il mio sguardo.


“Shan, perché due persone si baciano?” gli dissi mentre bevevo dalla cannuccia. Fu sorpreso da questa mia domanda, sembrava in difficoltà.

“Perché si vogliono bene” rispose infine.

Ma non capivo, io e mio fratello non ci siamo mai baciati anche se ci vogliamo bene, glielo dissi:
“Però tu non mi hai mai baciato sulla bocca”

“No, perché il bene che ti voglio io è diverso dal loro” mi spiegò mentre indicava la coppia nell’angolo che continuava a baciarsi.

Ma ancora non capivo bene.


“Mhm...non ho capito bene, ma fa nulla” feci, mentre diedi un ultima bevuta dal mio bicchiere e guardai quello di Shannon che era ancora mezzo pieno.

Volevo dell’altra Coca, ma non volevo dirglielo. Sperai che lui avesse compreso dal mio sguardo, ma non ne ero sicuro. Diedi un altro morso al panino che avevo quasi finito, quando riflettei su una cosa: stavo mangiando dei morti! Mi spaventai all’inizio, ma tutti mangiavano degli animali morti, perché nessuno si era mai chiesto il perché? Io non mangerei mai una persona morta e neanche loro lo farebbero, però mangiano gli animali. Forse li odiano? Io però non li odio ... però forse la carne che stiamo mangiando non è fatta con degli animali morti. Voglio saperlo! Devo chiedere a Shannon che sa sempre tutto.


“Senti Shan” mio fratello mi guardò “E’ vero che questa carne è fatta con quello?” dissi indicando una gallina sul vassoio che Shannon aveva portato assieme al panino e alle patatine.

Penso che questa volta gli ho fatto una domanda difficile, perché non mi risponde subito?


“Si, Jared” mi disse.

Non ci potevo credere! Era davvero così?? °_°


“Vuol dire che uccidono gli animali per fare della carne che poi noi mangiamo?” gli dissi pieno di domande sul perché gli esseri umani facessero una cosa simile.

“Si, ma non tutti gli animali, solo alcuni”

“Mhm...ho capito!” dissi riflettendo sulla questione. Davvero non potevo credere che quella povera gallina era stata uccisa per fare la carne che stavo mangiando. Mi arrabbia e maledissi chi faceva ciò.

“Allora io non mangerò più carne!” dissi veloce e con un tono arrabbiato. Shannon impallidì, avevo forse detto qualcosa di sbagliato?!

Poi mi parlò calmo:
“Jared, ma tutti mangiano la carte, è un cibo buono e la mamma vuole che lo mangi”

“Allora dirò alla mamma che non mi piace più, così non dovrò mangiarla”

Perché Shannon non capiva che era sbagliato uccidere degli animali per farne del cibo? Immaginavo già i figli di quella gallina privati della loro madre. Pensai ad un enorme mostro che veniva a prendere Shan e se lo mangiava. Non volevo! >.< Non avrei mai più tolto dei genitori polli a quei piccoli cuccioli.

“Jared su, non fare i capricci e mangia il tuo panino” mi disse “Jared, per favore, i bambini cattivi fanno i capricci” continuò. Sembrava che mi stesse sgridando. Sapevo che non era così, ma non mi piaceva il suo tono di voce.

“Allora tu pensi che io sia un bambino cattivo!” urlai. “Vattene!” lo spinsi indietro “Non voglio più vederti Shan! Non voglio più che vieni a prendermi a scuola se poi non capisci una cosa che ti sto dicendo! Tornerò a casa da solo e non voglio più mangiare della carne!!” urlai ancora di più “Non voglio che degli animali siano uccisi per farne del cibo!!” dissi mentre Shannon mi prendeva per le braccia, ma io continuavo ad arrabbiarmi e non volevo che mi toccasse. Non mi capiva, proprio in quel momento non capiva quello che gli stavo dicendo; e se non l’avrebbe fatto lui, non l’avrebbero fatto neanche le stupide persone che si erano girate a guardare me che urlavo.

“Jared! Jared calmati!!” disse piano, poi urlò “Smettila di fare lo stupido!!”

In quel momento mi fermai. Shannon si era arrabbiato sul serio ed era stata tutta colpa mia! ç_ç

Mi abbracciò debolmente.


“Jared, scusami” sentii “Jared, ti voglio bene, mi perdoni? Non volevo sgridarti, lo sai che io...” ma non finì la frase. Si mosse per afferrare qualcosa, ma non potei vederlo perché avevo la testa china sulle mie gambe che mi ero portato vicino al corpo poggiando i piedi sulla sedia.

Vidi qualcosa di rosso venirmi vicino.


“Tieni, puoi berla se vuoi, però ti prego, non piangere, Jared” mi disse con il più dolce dei toni di voce. Non era arrabbiato ç__ç il mio fratellone mi voleva ancora bene!

“Davvero Shan? Posso berlo??” sembrò rifletterci, forse aveva cambiato idea, ma annuì con la testa. Gli sorrisi e presi il bicchiere prima che cambiasse idea.

Ma se lui non era arrabbiato con me, io lo ero ancora un po’ e glielo feci capire mentre bevevo.


“Va bene, la prossima volta prenderemo il menù con le verdure, ok?”

Sorrisi contento ^_^ aveva capito.

Dopo andò a pagare dicendomi di non allontanarmi dal tavolo e di aspettarlo lì. Gli dissi che non doveva preoccuparsi, perché avrei finito di mangiare le mie patatine fritte. Si allontanò mentre io cominciai a mangiarle una dopo l’altra. Tre patatine uscirono dal piatto e si riversarono sul vassoio formando una sorta di 3. La guardai: quella strana forma attraeva fin troppo la mia attenzione; ma non era completa. Presi delle altre patatine dal piatto e la completai: era perfetta! Equilibrata al punto giusto. Erano due M unite, o meglio, due 3 che si completavano a vicenda. Fantastico! Mi piaceva molto, appena arrivato a casa l’avrei disegnato sul mio album prima che potessi dimenticarmelo. In quel momento arrivò Shannon alla mie spalle e guardò il ‘graffito’.


“Che carino, dove l’hai visto? Scommetto che è il simbolo di una band che ti piace” disse Shannon continuando a guardarlo.

“Non è così Shan, lui è dentro di me, è uscito da me!” tentai di spiegargli che l’avevo creato io, ma non sapevo se credeva a quello che gli stavo dicendo.

Quel simbolo mi piaceva molto. Pensai che un giorno avrei potuto usarlo per farci qualcosa, ma non pensai a quel ‘qualcosa’ adesso. Mi piaceva davvero tanto! L’avrei fatto vedere alla mamma e so che anche a lei sarebbe piaciuto, anche se non l’avrebbe compreso. Ero felice. Avevo creato una cosa solo mia e mi sentivo soddisfatto. Pensai anche che un giorno quel simbolo potesse essere esposto in ogni singola città del mondo, tutti avrebbero dovuto ammirarne la bellezza. Era un’idea che mi eccitava e anche se non sapevo come avrei fatto, sapevo che ci sarei riuscito. Volevo dirlo a Shannon, far partecipe anche lui dei miei sogni, ma non lo feci; forse lui mi avrebbe preso in giro e poi io mi sarei arrabbiato. Di certo l’avrei condiviso con lui, ma non era questo il momento.

Con questi pensieri nella mente e Shannon che mi teneva la mano, arrivai presto a casa.

Come quasi ogni giorno, la mamma non c’era, lavorava sempre e troppo. Ma non mi preoccupavo: Shannon era con me e non avevo paura. E’ vero che si rinchiudeva nella sua stanza e a volte avrei voluto seguirlo. Però sapevo che gli piaceva stare da solo ad ascoltare la musica e poi io volevo guardare la tv e in camera nostra non ne avevamo, inoltre avevo anche dei compiti di scuola da fare, per cui me ne sarei stato buono fino a quando non sarebbe tornata la mamma.

Lei arrivò mentre mandavano in tv la pubblicità e quando sentii la chiave nella serratura che veniva girata, corsi alla porta ad abbracciarla. Mi piaceva abbracciare la gente, soprattutto le persone a cui volevo bene: era uno dei modi più carini che conoscessi per fargli capire che li avrei amati per sempre, che anche se li avrei dimenticati, in quel momento li amavo davvero. Però sapevo anche che questa notte la mamma aveva il turno di notte e io e Shan saremmo dovuti rimanere a casa da soli. In realtà mi piaceva stare con mio fratello ma non sapevo se per lui era la stessa cosa.

La mamma fece la pasta e insieme mangiammo ^_^


“Jared com’è andata a scuola oggi?” mi chiedeva la mamma.

“Tutto normale mamma, però ...” gli raccontai alcune cose che erano successe, non potevo certo dirgli dei bulletti che mi prendevano in giro, se ne sarebbe rattristata. Anche se avrei tanto voluto parlarne con qualcuno.

Shannon raccontò di come aveva ‘salutato’ l’insegnante dell’ultima ora e la mamma gli diede uno schiaffetto dietro alla testa contrariata, ma in realtà rideva anche lei.

Poche ore dopo la mamma era già uscita per il turno di notte e, ancora una volta, rimanemmo soli in una casa buia e fredda.

Shannon sparecchiò buttando tutto nel lavello e pulì la tavola. Al che io la invasi con quaderni, libri, pennarelli e ogni accessorio scolastico che mi serviva.


“Shan! Mi aiuti!” implorai mentre aveva iniziato a lavare i bicchieri. Si pulì le mani bagnate ad uno strofinaccio e mi raggiunse comparendo alle mie spalle. Mi indicò cosa fare e mi spiegò come, ma fui distratto per alcuni secondi dal suo odore. Sembrava avesse messo del profumo, ma ero sicuro di sapere che a lui non piacevano i profumi, per cui quello era il suo odore. Mi piaceva molto. Mi piaceva addormentarmi tra le sue braccia o abbracciarlo quando potevo. Se fosse stato del cibo, sarebbe stato un dolce squisito!

“Jared, ma mi ascolti?”

“Si si” mentii.

“Guarda che non te lo rispiego!” mi disse calmo.

“No Shan, ho capito ... credo” gli dissi mentre cominciavo a svolgere il problema di matematica. In realtà non avevo capito e mi bloccai quasi subito. Lui aveva ricominciato a riordinare la cucina.

Ad un tratto si fermò e mi guardò. Lo guardai anch’io.


“Non hai capito?” disse.

“No, ho capito e che ...” arrossii; non potevo certo dirgli che ad un certo punto sono stato attratto dal suo odore. Mi sembrava una cosa stupida l’aver pensato a ciò mentre mi era vicino, figuriamoci a dirglielo. Però non sapevo come giustificarmi.

“Ehm …”

“Jared, ti sei fermato al 30?” disse mentre mi guardava da vicino al lavello.

“Ehm ... si, mi è uscito 30 come risultato e ... adesso?”

“Guarda il problema precedente e procedi come è stato svolto quello” disse indicando la pagina precedente con le mani bagnate.

“Ah” =) “Bene”

Continuai con quel procedimento e il risultato riportato sul libro mi uscì facilmente.

“Uhhhh!! Finito! Vado a giocare Shan” dissi mentre raccoglievo le mie cose e le infilavo nello zaino, correndo verso il divano e prendendo il joystick in mano cominciavo la Mia Guerra, il mio Esercito era pronto, aspettava solo un mio comando.

“Questa è GUERRA!” urlai tirando il filo del joystick e cominciai.

I soldati vestiti di rosso, di bianco e di nero si scontravano tra di loro in una guerra virtuale in 2D. Mi piacevano questi giochi. Più continuavo e più il mio esercito diveniva enorme. E, arrivato ad un certo punto del gioco, avrei potuto anche usare un simbolo per contraddistinguere il mio esercito da quello avversario. Usavo sempre una freccia rossa con la punta all’insù che, automaticamente, si posizionava sulla schiena di ogni mio soldato.

Di solito ero bravissimo in questo videogioco, ma ero stanco e avevo molto sonno, per cui mi addormentai e quando poco dopo riaprii gli occhi, vidi che il mio esercito era stato quasi completamente sterminato dai bastardi E.M.I.. Annoiato e assonnato, spensi la console recandomi in cucina. Mi strofinai gli occhi.

Shannon finiva di lavare gli ultimi piatti con la spugnetta gialla.

A volte mi sentivo quasi in colpa per non aiutarlo nei lavori domestici, ma erano una tale noia.

Mi avvicinai a lui dicendo che volevo aiutarlo. Mi fissò sorpreso, ma il suo sguardo si addolcì subito.

Lo aiutai con le ultime cose. Mi piaceva fare le cose insieme a lui, lo trovavo come un modo per avvicinarci ancora di più.

Quando finimmo gli dissi timido:
“Shan, mi accompagni in bagno?”

Lui disse che dovevo andarci da solo, ma non mi mossi. Non volevo andare da solo, volevo che mi accompagnasse lui, altrimenti l’avrei fatta lì.

“Ah!” sospirò sconfitto “Andiamo” disse e poi sorrise facendomi strada verso il bagno.

Si fermo davanti alla porta del bagno e l’aprì. Voleva che entrassi prima io, ma non volevo! E c’era una ragione per questo: spesso, quando mi facevo accompagnare in bagno da lui, mi chiudeva la porta dicendomi che non si sarebbe più aperta e anche se spingevo dall’interno, Shannon spingeva dalla parte esterna bloccandola. Non mi piaceva quando mi faceva questi scherzi; quando c’era la mamma a casa andava pure bene se lui si divertiva, ma quando eravamo da soli non volevo che mi facesse prendere paura. Per cui gli ordinai
“Prima tu” e dopo lo seguii tranquillo. Mi misi vicino alla tazza e feci i miei bisogni mentre Shannon si guardava allo specchio. Perché non guardava me?? Forse gli facevo schifo? Forse si vergognava? Eppure siamo entrambi maschi. Prima o poi avrei dovuto chiederglielo, ma non era necessario adesso. Appena finii mi lavai le mani e sfrecciai fuori mentre Shannon rimase per un altro po’ in bagno, sicuramente serviva anche a lui.

Arrivato in cucina, decisi di salire in piedi sul tavolo. Mi piaceva arrampicarmi, per cui non avrei usato la sedia come supporto. La mamma non voleva che lo facessi e quando c’era lei non mi arrampicavo da nessuna parte, ma con Shan potevo farlo e anche se me lo vietava, sarei salivo lo stesso. Per cui con lui in bagno, volevo provarci. Misi una gamba sul tavolo mentre mi alzavo di punta con l’altra. Mi aiutavo molto con le braccia, ma qualcosa non funzionò come doveva: scivolai mentre stavo per alzarmi in piedi e per non cadere mi aggrappai alla tovaglietta che faceva da base al grande portafiori colorato al centro della tavola.

Chiusi gli occhi: stava per arrivare il peggio.

Sentii il vaso rotolare sulla tavola e frantumarsi al suolo. Ero nei guai fino al collo!

Urlai e piansi prima di vedere Shannon comparire alla porta della cucina bianco in volto. Se ne stava immobile a guardare i frammenti del vaso sparsi per tutto il pavimento.

Piansi tantissimo; cercavo di asciugare le lacrime con le mani, ma erano troppe. Piansi non tanto per il vaso, ma perché sapevo che Shannon si sarebbe arrabbiato. Mi avrebbe sgridato e non sarebbe più venuto a prendermi a scuola. Ricordai quello che aveva detto oggi a pranzo accorgendomi che aveva ragione: ero cattivo, molto cattivo e questa volta sarei stato punito severamente.

Si avvicinò a me piano. Mi avrebbe picchiato, lo sapevo, mi avrebbe fatto male e me lo sarei meritato; ma mi sorprese, mi disse
“Jared, ti sei fatto male?” poi si inginocchiò accanto a me “Jared, dai non fare così!” e prendendomi il viso tra le mani mi asciugò le lacrime con le sue dita.

“La mamma mi punirà!! Sono stato cattivo, sono un bambino cattivo proprio come hai detto tu!!” urlai disperato “Shan!!” lo abbracciai forte, volevo qualcuno in cui rifugiarmi, mi facevano male gli occhi. Volevo qualcuno che avrebbe accettato un bambino cattivo come me.

“Jared, sta buono, dai non piangere” mi disse con la voce che gli tremava un po’.

“Mi dispiace” dissi.

Piansi ancora di più, mentre lui continuava a parlare
“Non sei affatto un bambino cattivo, non pensarlo neanche, può succedere di far cadere degli oggetti” continuai a piangere tra le sue braccia che mi stringevano forte. Volevo solo lui adesso. Non volevo né la mamma, né quel padre che non avevo mai avuto, né gli amici o i videogiochi. Volevo solo mio fratello, perché lo amavo, perché lui mi capiva e sapeva sempre quello che mi succedeva. Volevo stare solo con lui; lo volevo con me per sempre.

Mi disse di non piangere mentre con un fazzolettino di carta asciugava piano le mie lacrime. Continuavo ad abbracciarlo e mi sentii sollevare da terra. Mi portò nella nostra camera e mi aiutò a togliermi i vestiti e a mettermi il pigiama azzurro, il mio preferito, dopo prese la sua coperta di plaid e mi rimboccò le coperte. A quel punto lo guardai: mancava qualcosa; non potevo dormire senza di lei. Shannon capì e prese François dalla mensola di legno, posandomela accanto e coprendo anche lei con le coperte. Mi baciò la fronte dicendo che la mamma non si sarebbe arrabbiata e mi sorrise. Accese la luce della abatjour e uscì dalla stanza lasciando la porta aperta.

Quando lo vidi andare via, avrei voluto scendere e corrergli dietro: volevo ancora piangere tra le sue braccia che non mi avrebbe negato. Volevo chiedergli mille volte scusa e dirgli che gli volevo bene; ma non feci nulla di quello che avevo in mente...ripensai a tutto quello che era accaduto e mi immaginai la scena di quando mamma sarebbe tornata, fino a quando, ancora con gli occhi pieni di lacrime, mi addormentai.



“JARED!!!”

Sentii che qualcuno urlava il mio nome e non era un sogno!

Trasalii!

La luce della camera era ancora spenta e mia madre furiosa era di fronte a me. Cominciò a parlare, diceva che dovevo smetterla di rompere gli oggetti e stava pericolosamente avvicinandosi al mio letto. Non sapevo che fare, Shannon non era in camera. Dov’era Shannon?

Stringevo François sperando che in quel momento si animasse e spiegasse alla mamma che ... che cosa? Che ero stato io?? Dopotutto era colpa mia, perché cercavo l’aiuto degli altri? Dovevo prendermi le mie responsabilità, ormai ero un ometto! Ma in quel momento il mio coraggio aveva preso la strada opposta e stava fuggendo via velocemente.


“Quante volte t’ho detto...” mi avrebbe picchiato! Ne ero sicuro...

“...mamma! Sono stato io!” la voce di Shannon interruppe quella di mia madre.

Shannon tremava! Era scalzo e indossava solo il pantalone del pigiama, ma sono sicuro che non tremava per il freddo. Era in bagno, ecco perché non aveva sentito arrivare la mamma. Seduto con la schiena contro il muro e le coperte tirate, mi feci piccolo piccolo...tremavo anch’io! Dovevo intervenire, dovevo dire che ero stato io, ma non lo feci. Vidi Shannon guardare la mamma, e lei furibonda guardava Shannon. Aveva una faccia sorpresa; mia madre ci conosceva troppo bene e sapeva perfettamente chi era il colpevole.

Nel buio sentii lo schiaffo che diede a Shannon, le lamentele e la punizione. Poi uscì dalla stanza sbattendo la porta. Il tiro a bersaglio di Shannon si staccò dall’interno della porta cadendo a terra. Le freccette si dispersero per la stanza.

Mi sentii così male che le lacrime ricominciarono a scendere, mentre lui se ne stava immobile nel centro della stanza.

Shannon mi aveva protetto come sempre e io non sono mai riuscito a ricambiare il suo amore.

Poi accese la luce e mi guardò. Era arrabbiato con me, si vedeva benissimo e non potevo dargli torto! Ero sicuro che mi avrebbe schiaffeggiato e in quel momento me lo meritavo, ma lui premette sull’interruttore spegnendo la luce e si diresse verso il suo letto; in silenzio, senza neanche una parola. Avrei preferito che mi avesse urlato contro il suo odio, la sua rabbia, ma non accadde nulla di tutto ciò. Non era arrabbiato? Impossibile!! Mi distesi raggomitolandomi con François; lo guardai: mi aveva rivolto le spalle. Non mi amava più?! Mio fratello non mi amava più?? Ricominciai a frignare come un idiota e sussurrai il suo nome. Probabilmente non mi sentì; ma non poteva finire così: io lo volevo, volevo Shannon e nessun altro! Soprattutto adesso che nostra madre era arrabbiata con noi.


“Shan? Sei arrabbiato?” provai a dire. Sapevo che non mi avrebbe risposto.

“No, non lo sono!” e invece lo fece; ma il suo tono era freddo e distaccato. Avevo paura!! Shannon non mi aveva mai risposto in quel modo. Non sembrava lui, era arrabbiato e io ero la causa del suo cattivo umore.

“Shan? Davvero non sei arrabbiato?” gli dissi, volevo conferme, volevo sentire il mio Shannon.

Mi rispose un
“No” e stavo già per chiedergli una cosa, quando mi fermai a metà frase. Forse non era il caso, forse così facendo l’avrei fatto arrabbiare ancora di più. Forse non avrebbe capito che ero spaventato quanto lui. Quando si voltò...guardò nella mia direzione e alzò le lenzuola.

Quel gesto mi fece scattare: non mi odiava!! Non era arrabbiato con me!!

Dovevo sbrigarmi! Prima che lui cambiasse idea, prima che ... ma la mia testa e il mio corpo non erano in sintonia, così mi ritrovai con la faccia contro il pavimento e i piedi impigliati nelle lenzuola.


“Ja.. Jared...” disse spaventato.

Ma non mi ero fatto male, François aveva attutito la caduta; così mi alzai e barcollando un po’ mi diressi verso di lui. Salii nel suo letto al suo fianco, mentre mio fratello mi cingeva la schiena avvicinandomi a lui. Ero così contento! Era come se non fosse successo nulla, come se tutte quelle lacrime non ci fossero state, ero con Lui. Mi accucciai ancora più contro di lui: in quel momento dovevo essere davvero ridicolo, ma non mi importava. Lo abbracciai mettendogli la mia mano destra sulla sua spalla. Mi strinsi di più verso il suo corpo: non aveva indossato neanche una maglietta e sicuramente aveva freddo. L’asciugamano bianco di lato, verso il muro; sfiorai i suoi capelli ancora umidi che ricadevano sottili sul cuscino.


“Scusa Shan”

Glielo dovevo questo, delle scuse erano d’obbligo.

All’inizio rimase fermo, poi mi posò un leggero bacio sulla fronte e mi abbracciò, mi avvicinò più a se. Feci lo stesso, lo abbracciai forte: non volevo perderlo! Da quel giorno decisi che l’avrei difeso sempre, anche se in realtà sapevo che sarebbe stato sempre il contrario; Shannon era troppo orgoglioso per farsi proteggere da suo fratello minore.

Dormimmo.

Adesso non importava più nulla.

La cosa più importante era rimanere insieme.





Hola!!!!
Finalmente l’ho finita >__<
Credevo che me la sarei portata fin dentro alla tomba XD --- easy! u.ù l’avrei continuata lì xD
Che dire? -__- ok ok ... scommetto che l’avete trovata un po’ noiosa perché ricalca il primo capitolo di questa raccolta u.u sorry!! Ma non potevo non scriverlo *-*
Ce l’avevo in mente da quando ho cominciato la precedente xD per cui...abbiate pietà u.ù
Commentate ^_________^ GRAZI!!!!!! (<- no xD non è sbagliato!! L’unico errore giusto, è volutamente senza ‘E’ … chi sa, capirà! xP)
Ovviamente gli errori non si contano -.- scusate ragazze/i!!

Arrivederci a presto =) con il prossimo capitolo XD Ciau!!

Degonia 3 Giugno 2OO9 / h:20.46

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Capitolo 3
*** Arrivederci ***



California - Ottobre 1985
Shannon: 15 anni (II Liceo)
Jared: 13 anni (I Liceo)
Personaggio Sconosciuto: 9 anni (III Elementare)



Ero appena uscito da scuola: il liceo mi stancava molto e i nuovi “compagni” non erano di gran compagnia. Mi avevano parlato molto meglio di queste ‘scuole superiori’, mio fratello diceva che era un luogo fantastico, ma...ognuno ha il suo punto di vista, giusto?
Me ne stavo seduto su una vecchia panchina del parco, oggi Shannon non mi avrebbe fatto compagnia perché aveva promesso alla sua pseudo - fidanzata che sarebbero andati al cinema e mi aveva proibito di unirmi a loro... che antipatico!!
Con la testa chinata verso l’esterno e le braccia a penzoloni fuori dallo schienale della panchina, adoravo guardare il cielo. Mi piaceva perdere ore ed ore ad osservare quell’enorme distesa: i miei occhi ci si specchiavano perfettamente all’interno. Le nuvole...giocavo ad indovinarne la forma e il colore. Perché sapete, è errato dire che le nuvole sono bianche, anzi, forse il bianco è il colore meno presente: all’interno ci si trova l’infinito...un enorme distesa di colore che unito forma il bianco.
Chiusi gli occhi e mi rilassai ancora: quel caldo che stava man mano svanendo nel clima autunnale, la brezza fresca, i miei capelli che ondeggiavano liberi...tutto ciò mi rilassava.
Ma feci un errore, non avrei mai dovuto abbassare la guardia, i bulletti delle zone periferiche erano sempre in agguato.
All’improvviso mi sentii bagnato.
Aprii velocemente gli occhi e mi accorsi che non avevo un centimetro di tessuto asciutto: quegli stronzi mi avevano buttato addosso interi secchi d’acqua.
Mi alzai di scatto.
Questa volta li avrebbe uccisi!
Mi voltai verso l’altra metà della panchina ma...ricordai che Shannon non era con me... >_< questa volta l’avrei prese!!
Mi feci coraggio.
Dovevo affrontarli: non potevo cadere senza aver lottato!
Strinsi i pugni e li guardai in cagnesco.
Ma loro erano in troppi: quattro contro uno non è leale; inoltre erano di quinto!
Il primo di loro, vestito in jeans e berretto rosso si lanciò contro di me.
Chiusi gli occhi e tenni le braccia alzate istintivamente davanti al volto.
Il suo colpo non arrivò mai!
Piano sbirciai tra le dita delle mani e...cosa vedevano i miei occhi?O_O
Un nanetto basso con un pallone sotto al braccio destro si contrappose tra me e i quattro ragazzi dandomi le spalle.
-Via!! Andate via!!- urlava il bimbetto con uno strano accento.
Lo guardai cercando di riconoscere in lui una figura amica ma era la prima volta che lo vedevo.
-Sparite o vi picchio!!- urlava ancora.
Era convinto di ciò che diceva?
Si rendeva minimamente conto che quei tipi l’avrebbero potuto fare a fettine in pochi minuti?
Ma il miracolo accadde.
-Tsk!- fece uno di loro –Andiamo via. Non voglio grane coi bimbetti che puzzano di latte!- lo sbeffeggiò.
Al che il mio piccolo salvatore gli andò contro urlando parole che non conoscevo: probabilmente bestemmie e cattiverie di ogni dove nella sua lingua.
Stava per rincorrerli quando lo fermai tenendolo per le braccia: -Ehi, vuoi farti uccidere?- gli chiesi.
-Uff!- sbottò lui -Potevo farli a pezzi!!-
Sorrisi sconcertato.
Che strano bambino!!
Era più basso di me, ma ... era davvero uno strano ragazzetto.
Pantaloncini da calcio bianchi e verdi venivano indossati sotto una maglietta verde di una taglia più grande. I capelli castani corti scompigliati. Ai piedi un paio di scarpette da calcio bianche e dei calzini dello stesso colore della maglia; sotto al braccio un pallone da calcio.
Lo osservai ancora un po’.
Mi guardava sorpreso e incuriosito.
Intanto pensavo ad un modo per far asciugare i miei vestiti prima di ritornare a casa: la mamma si sarebbe arrabbiata e non potevo di certo raccontarle che un bimbetto dell’asilo mi aveva salvato u.ù
Presi lo zaino e mi incamminai verso un posto solo mio.
Il ragazzino mi seguiva.
Corsi, ma non lo seminai.
Uff, era davvero insistente!!
-Cosa vuoi?- chiesi stufo guardandolo in volto.
-Voglio stare con te!- mi rispose sorridente e schietto.
-Che?- O_O
Che cavolo di risposta era?
Voleva stare con me?? Ma se neanche ci conoscevamo??
E poi, che voleva significare?
-Ti ho salvato, adesso voglio la mia ricompensa!!-
-Brutto bastard...-
Allora era a questo che mirava!!!
Che odiosi i bambini di oggi!
-Vattene, non voglio avere nulla a che fare con i mocciosi!- dissi continuando a camminare.
-Ma...- continuò a parlare, parlare e parlare fino a quando non urlai.
-Ti ho detto di andartene! Capito? Noi non ci conosciamo e non voglio stupidi bimbetti urlanti dietro di me!-
Si immobilizzò lì dov’era.
Lo guardai da lontano.
Piangeva!
Decisi che non dovevo farmi fregare da quelle lacrime e gli voltai le spalle.
Da lontano lo vidi ancora lì immobile.
Ero troppo buono!
Corsi indietro e mi inginocchiai di fronte a lui.
-Ehi scemotto- gli spostai la frangia che gli era ricaduta sugli occhi.
-Smettila di piangere, ok?-
Ma lui non smetteva.
Gli presi il volto tra le mani e lo obbligai a guardarmi negli occhi: -Ehi-
Ci guardammo per un attimo.
Le sue lacrime smisero di scendere.
Mi abbraccio forte.
Affondò il suo volto nel mio petto farfugliando qualcosa.
-...portami con te- capii soltanto.
Mi alzai e gli porsi la mano: -Vieni-
Sorrise felice asciugandosi le ultime lacrime rimaste.
Mi diede la mano e si incamminò riprendendosi il pallone che, prima, aveva fatto cadere.

Giungemmo presto sotto ad un vecchio ponte: io e Shannon l’avevamo battezzato a ‘nostro posto privato’. Lì non ci andava mai nessuno e potevamo fare quello che volevamo.
Era il nostro mondo!
-Che schifo qui!- sentii.
Mi voltai a guardarlo -.-
-Se non ti piace puoi anche andar via- gli risposi scontroso.
-No ^^ è bello!- sorrise ancora.
-Ma avevi detto che faceva schifo-
-Dettagli...- si affrettò a dire nel suo strano accento.
Mi sedetti su uno dei cartoni che Shannon aveva portato qualche giorno fa e cominciai a spogliarmi.
Dovevo mettere tutti i vestiti al sole sperando che si sarebbero asciugati nel più breve tempo possibile.
Mi tolsi le scarpe e i pantaloni e li stesi su un filo esposto al sole che io e Shannon avevamo attaccato qualche settimana fa.
Lui mi guardava.
Dopo passai alla maglietta, tolsi quella e poi la maglia interna bianca a maniche corte.
Continuava a guardarmi estasiato.
Non aveva mai visto un ragazzo senza vestiti?
Posai tutto sul filo di ferro e mi sedetti su uno dei cartoni asciutti.
-Perché mi guardi?- gli chiesi.
-Perché mi piaci!- disse sincero lui.
Silenzio.
Poi arrossii e gli diedi le spalle.
Gli piacevo?
Che cavolo voleva significare?!
Era solo un bambino!!
Decisi di provare ad ignorarlo, ma quel bimbetto continuava a guardarmi.
-Mi piaci!- ripeté mentre mi sorrideva.
Ok!
Doveva smetterla di dire queste cose >_<
Ma non ebbi il tempo di dire nulla che mi si buttò addosso!
-Mi piaci- continuava a ripetere sereno.
Mi abbracciava così forte che quasi mi faceva male.
-I Love You- sussurrò.
Bene, ora mi ero completamente perso!
Inoltre ebbi dei dubbi: che fosse una bambina?
Da perfetto maniaco lo guardai meglio: no! Era un maschio >_<
-Mi abbracci? Ho freddo!!- si lamentò.
In quell’assurda situazione non potei far altro che ricambiare il suo abbraccio, anche perché così facendo mi teneva al caldo.
Seduto sulle mie gambe continuava a strusciarsi contro di me.
Fuori il sole stava calando: i miei vestiti erano quasi asciutti, fortunatamente; e Shannon non si era visto per tutto il pomeriggio. Dov’era mio fratello in quel momento così delicato? Questa gliel’avrei fatta pagare!
Continuava a stringermi, il piccoletto, fino a quando si addormentò.
Dormiva beato tra le mie braccia.
Gli accarezzai i capelli.
Sulla maglietta da piccolo calciatore, notai il simbolo della sua squadra: tre strisce verticali, la prima era verde, la seconda bianca e la terza arancione.
Inoltre il suo inglese aveva un accento davvero strano, molto europeo.
Il silenzio interrotto solo dal vento, regnò su di noi.
Era molto gradevole stare insieme in quel modo.
Due ragazzi sconosciuti.
Un bambino europeo e uno americano: cos’avevano in comune?

Si svegliò una mezz’oretta dopo cercando sua madre.
Poi alzò la testa e mi guardò: sorrise ancora.
Mi piaceva vederlo sorridere.
Assonnato si alzò e andò a prendere i miei vestiti che si erano asciugati.
-Tieni ^^ ora sono asciutti- me li porse.
-Gra...grazie- dissi mentre li presi dalle sue mani.
-Sono contento che non hai preso freddo, il mio corpo ti ha tenuto al caldo-
-Eh?-
-Si, sono rimasto con te perché non volevo che stessi male-
Come poteva un estraneo fare tanto per me?
Non solo mi aveva protetto da quei bulletti, ma adesso scoprivo che non era andato via solo perché temeva per la mia salute.
Se l’avessi raccontato a Shannon, sempre se mi avrebbe creduto, si sarebbe fatto una bella risata.
Mi rivestii in fretta.
-Ti ringrazio davvero tanto- dissi.
Sorrisi.
-Bello!!!- esultò lui -Hai sorriso!!-
Sorrisi ancora.
Mi inginocchiai per essere alla sua altezza e gli diedi il pallone che era rotolato più in là.
Mi ringraziò abbracciandomi, poi premette le sue labbra sulle mie.
Si stacco subito.
Mi abbracciò ancora.
Ricambia il gesto.
Era solo un bambino, quel bacio non significava nulla.
E crescendo l’avrebbe dimenticato.
-Ora devo andare- disse.
-Se mi dici dove abito ti accompagno-
-No. Mio papà è un calciatore e alloggia nell’hotel vicino al parco con la sua squadra-
-E tu? Come mai sei con lui?-
-Perché ti stavo cercando!-
Disse ancora qualcosa di strano.
-Cercavi me?-
-Sì- sorrise.
-Ma tu, quindi, mi conosci?-
-No, ma il filo rosso che ho attaccato al dito si congiunge con il tuo-
Sorpreso dalle sue parole, guardai stupidamente il mio dito: qualche filo rosso? Io non vedevo nulla!!O_O
Mi dissi ancora che quel bambino era davvero strano.
-Ora ti saluto- disse un po’ malinconico.
-Domani...domani ci rivedremo?- feci io.
E’ vero, mi spaventava...ma aveva mosso in me qualcosa.
Volevo saperne di più.
-No, io tra poche ore parto per il mio Paese-
-Ah- sospirai quasi triste.
Mi salutò con la sua manina.
-Allora questo è un addio?-
-Non temere- mi rispose lui -E’ solo il principio-
Sorrise ancora, mi salutò con una mano e sparì.
Svanì com’era arrivato lasciandomi dentro un vuoto.
Che idiota! Non gli avevo neanche chiesto il suo nome!!
Avrei dovuto corrergli dietro, ma probabilmente non me l’avrebbe mai permesso.
Avevamo passato tutto il pomeriggio insieme e l’avrei ricordato per tutta la vita.
Probabilmente non ci saremmo mai più rivisti, ma ricorderò per sempre il calore del suo corpo, i suoi capelli marroni e il colore dei suoi occhi scuri che guardavano solo me.




Marocco - 2003
Il sole tramontava sul mondo, il cielo colorato d’arancio risplendeva sopra le loro teste; due eroi stanchi discorrevano:
-Sai, il mio primo amore è stato un ragazzo più grande di me, era la prima volta che viaggiavo-
-Davvero?-
-Si-
-E poi cos’è successo?-
-Nulla, io sono andato via... -
-E adesso lui dov’è?-
-E’ molto vicino-
-Si ricorderà ancora di te?-
-No, probabilmente mi ha dimenticato il giorno dopo il nostro incontro-
-Ah, che peccato...-
-Sbagli perché adesso lui è accanto a me-
-Ma... hai detto che di te non si ricorda-
-Già, lui ha dimenticato ciò che ero, però conosce il me stesso di adesso...
...perché sai, il mio filo rosso è ancora legato al tuo!-



Degonia
17 Agosto 2009
H: 18.53

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