Under Lock and Key

di edendaphne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Mostra ***
Capitolo 2: *** Pigiama Party ***



Capitolo 1
*** La Mostra ***


Marinette Dupain-Cheng era grata per molte cose.

Era grata d’avere dei genitori così amorevoli e comprensivi, che avevano piena fiducia in lei, facilitando così la sua doppia vita in un modo che non avrebbe mai osato sperare.

Era grata per gli amici che era riuscita a riunire attorno a sé nel corso degli anni, per il loro costante supporto a qualsiasi folle progetto decidesse di mettere in atto.

A diciassette anni, era grata per il futuro che si era preparata, per la soddisfazione di poter davvero scegliere la propria carriera, un lusso che non tutti i suoi compagni potevano permettersi.

E quei giorni, era grata che la sua migliore amica Alya frequentasse Nino Lahiffe. Perché, ovunque Nino andasse, Adrien Agreste normalmente lo seguiva. E nonostante fossero passata due lunghi anni dal loro primo incontro, Marinette aveva ancora una tremenda infatuazione per il biondo, che era diventato solo più gentile e più bello.

In quel preciso momento, erano tutti seduti in un pittoresco caffé, sorseggiando qualche stravagante bibita piena di caffeina, chiacchierando allegramente delle loro giornate e dei loro progetti per il futuro. In qualche modo, Marinette parve essere l’unica a notare quanto Adrien fosse insolitamente silenzioso al riguardo, così ebbe il tatto di tenerlo per sé. Ma tra l’ascoltare Alya entusiasmarsi per il meraviglioso programma di giornalismo al quale stava per iscriversi e Nino raccontare quanto fantastico fosse il corso di musica nell’università in cui sperava d’essere ammesso, qualcosa in lei scattò. Non poteva sopportare lo sguardo da cagnolino bastonato sulla faccia della sua cotta, quindi fece l’unica cosa logica e spostò la conversazione su un argomento totalmente diverso. “Avete visto le notizie? C’è una nuova esposizione al Louvre, sugli eroi del passato e il modo in cui servirono la nazione. Ti va di venirci con me, Alya?”

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Contro ogni previsione, la rossa fece spallucce, senza alzare gli occhi dal telefono. “Meh. Sono più interessata agli eroi di oggi. Tipo, Chat Noir si sarà finalmente dichiarato a Ladybug? Per l’amor di Dio, sono passata due anni! Sicuramente ormai si sarà accorta di quanto lui l’ami e le sia devoto cuore e anima, no?”

Se qualcuno trovò strano il modo in cui sia Marinette che Adrien sembrarono strozzarsi nello stesso momento, non sentì il bisogno di sottolinearlo.

Marinette non avrebbe saputo dire se fosse stato per riportare all’ordine la discussione o per genuino interesse, ma non riuscì a interessarsene, sentendo Adrien dire a voce un po’ bassa “Se davvero vuoi vedere la mostra, Marinette, potremmo andare insieme. L’avevo già in mente comunque.”

“Davvero?” Marinette si sentì rispondere con voce insicura, prendendosi mentalmente a schiaffi. Sul serio, quanto ridicola poteva essere? Probabilmente Alya l’avrebbe ripresa più tardi, ma davvero non poteva farci niente. Anche se non si riduceva più a un impiastro balbettante quand’era intorno al suo amico biondo, I suoi nervi venivano ancora messi a dura prova ogni volta che la loro conversazione superava la lunghezza necessaria al suo contegno difficilmente mantenuto o quand’era abbastanza sfortunata (fortunata?) e i loro corpi si sfioravano in qualsiasi modo.

Tutto considerato, era piuttosto fiera di sé: non aveva strillato, non era caduta giù dalla panchina del bar, né corsa via agitandosi. Sì, per ora, la missione “Sii normale con Adrien” era un grande successo.

Be’, forse non così tanto visto come il giovane la stava fissando in attesa di una qualche risposta che lei non poteva dargli, avendo perso gli ultimi minuti della conversazione.

“Scusami Adrien, non ho sentito, mi ero un po’ persa.” ammise imbarazzata, sperando con tutta sé stessa che questo non avrebbe rovinato le sue possibilità con il bellissimo giovane dagli occhi verdi.

Lui sorrise, quel suo sorriso dolce e gentile con cui solo il sole avrebbe potuto gareggiare nell’innamorato cuore di Marinette. Quando parlò, la sua voce era dolce, premurosa, “Non c’è problema, sembravi un po’ distante. Chiedevo se vuoi andare questo pomeriggio, una volta tanto sono libero.”

La giovane donna fece del suo meglio per ignorare il gomito dolorosamente incastrato tra le sue costole, e il ghigno niente affatto sottile che Nino tentò vanamente di nascondere prendendo un sorso della sua Coca-Cola. Concentrandosi per formare un periodo coerente, la ragazza dagli occhi blu sorrise teneramente e rispose a voce bassa, “Sarebbe perfetto. Grazie, Adrien.”

Questo è come Marinette Dupain-Cheng si trovò sulle scale del Louvre in un soleggiato sabato pomeriggio, fissando la sua cotta senza sapere che fare con sé stessa. Adrien, nella sua infinita gentilezza, le diede una leggera gomitata, continuando a sorridere (quell dolce sorriso lasciava mai il suo volto?), “Niente male, un po’ di tempo fra amici senza Alya e Nino che giocano a hockey con le tonsille ogni singolo istante in cui pensano che non stiamo guardando.”

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Marinette ridacchiò, con la tensione ancora palpabile intorno a loro ma improvvisamente meno soffocante, “Lo fanno davvero molto, e pensare che sono convinti d’essere discreti!” Entrambi risero, scuotendo la testa pensando alle spiacevoli dimostrazioni pubbliche d’affetto dei loro amici. “Allora, aspettavi questa mostra?”

Adrien sorrise di nuovo, riuscendo con successo a eliminare ogni forma di pensiero logico dalla sua timida ma ardente amica. “Molto, in realtà. Penso che sia una mostra fantastica, guardare ai nostri eroi del passato è qualcosa che—”

“Marinette!” una voce familiare lo interruppe. “Oh grazie a Dio! Pensi che potresti dare un’occhiata a Manon per me mentre finisco questo reportage? Ti pagherò volentieri il doppio del solito. Questo piccolo diavoletto non è capace di star buona neanche un attimo, giuro,” esclamò un’ovviamente sollevata Nadja Chamack, facendo trasalire la coppia.

Marinette osservò Adrien con circospezione, cercando di valutare la sua reazione. Conoscendo la sua personalità generosa, la sua infinita gentilezza, avrebbe dovuto predire cosa seguì, “Non c’è problema, Ms. Chamack, Mari e io controlleremo quest’amabile giovane fanciulla.”

“Oh! Tu sei Adrien Agreste, vero? È un piacere conoscerti, ragazzo. Bene, immagino di poter contare su di te per il mio mostriciattolo quanto conto su di lei, visto che sei suo amico. Per favore cercate solo di tenere Manon lontana dai guai, okay? Ha questa pessima abitudine di finire in… situazioni.”

Riguadagnando la propria compostezza, la ragazza dagli occhi blu la rassicurò rapida, “Non si preoccupi, Ms. Chamack, la terremo al sicuro. Faccia il suo lavoro, visiteremo la mostra con lei.”

Più tardi, mentre una Manon di sette anni s’impegnava a controllare degli artefatti, Adrien cercò a sorpresa la mano di Marinette. “Spero di non averti messa a disagio rispondendo per te, ma sembri tenere molto a lei.”

Sorridendo dolcemente, cercando con tutta sé stessa d’ignorare il suo urlo di gioia interiore dovuto al tocco volontario di Adrien, Marinette cercò di non badare a quanto dolorosamente veloce stesse battendo il suo cuore e rispose timidamente, “Sì, amo quella bambina. Le faccio da babysitter da un bel po’ ormai.”

Sentendo queste parole, l’espressione già gentile di Adrien si addolcì ulteriormente. “Bene allora, assicuriamoci che si diverta come si deve.”

Lì e in quell momento, Marinette Dupain-Cheng s’innamorò di nuovo da capo di Adrien Agreste.

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Osservò, estasiata, come Manon sembrasse andar d’accordo con il biondo senza alcun ostacolo. Lui ascoltava pazientemente le sue chiacchiere incessanti mentre attraversavano a passo regolare l’esibizione, fermandosi volentieri per rispondere al fiume inesauribile delle sue domande o per guardare qualsiasi cosa attirasse il volubile interesse della bambina.

Era la prima volta che Marinette lo vedeva interagire con un bambino da quell’improvvisato servizio fotografico di due anni prima, e fantasie fuori luogo di una ragazza dagli occhi verdi e i capelli neri che correva in un cortile recintato di bianco con due ragazzi biondi dagli occhi blu l’assalirono di colpo. Dio, quell’uomo sarebbe stato un ottimo padre, e quell pensiero l’agitò interiormente in un modo piacevole ma problematico. Come poteva sperare di mantenere la propria compostezza con Adrien se la sua mente era occupata a formulare piani per il futuro?
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Tentò di mandar via quei pensieri mentre seguiva la coppia adorabilmente entusiasta verso una particolare bacheca, continuando a sorridere tra sé per la scena di prima. Adrien e Manon si stavano entusiasmando di fronte ai vari artefatti disposti su un tavolo perché li potessero esaminare e giocherellarci. Era inusuale avere l’effettivo permesso di toccare qualcosa in un museo, e Manon era super-eccitata sapendo che non sarebbe stata sgridata per aver giocato con oggetti molto antichi e preziosi.

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D’altra parte, conoscendo bene le tendenze biricchine della bambina, Marinette avrebbe dovuto preoccuparsi dei suoi movimenti e avrebbe dovuto prestarle attenzione più da vicino. Ma la ragazza dagli occhi blu era continuamente distratta dalla presenza di Adrien, la sua mente completamente rivolta alle sue spiegazioni riguardo come e perché un certo veterano aveva lasciato la sua traccia sulla storia di Francia, e abbassò la guardia per un momento — errore fatale.

Perché quando finalmente Marinette tornò alla realtà, a svegliarla fu la sensazione di freddo metallo intorno al suo polso destro. Fatta efficacemente uscire dai suoi sogni a occhi aperti, Marinette guardò in basso e vide prima un’evidentemente compiaciuta Manon, poi delle manette di rame ben chiuse intorno al suo polso.

E su quello sinistro di Adrien.

“Ho preso i cattivi! Sono una supereroina!” si vantò la bambina, completamente ignara dell’improvviso trambusto interiore della sua babysitter.

“Ottimo lavoro, Manon. Ora puoi passarmi la chiave così posso liberarci?” domandò Marinette in quello che sperava fosse un tono calmo e composto.

“Uh-oh.” rispose la bambina di sette anni con lo sguardo basso, resasi improvvisamente conto di un dettaglio.

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Quattro lettere non avevano mai impanicato Marinette, prima, come fecero queste e lei si bloccò, rifiutando di riconoscere cosa significasse realmente l’espressione di Manon. Adrien recuperò in fretta, “Fammi indovinare, non c’era una chiave sul tavolo?”

La bambina annu; lacrime iniziarono a formarsi intorno ai suoi occhi.

“Non piangere, Manon, troveremo una soluzione. Magari possiamo romperle?” Marinette cercò di rassicurarla, facendo del suo meglio per ignorare il suo stesso panico.

“Cerchiamo un impiegato che possa aiutarci, probabilmente hanno messo la chiave da un’altra parte per sicurezza,” propose Adrien, il suo sorriso gentile immutato nonostante la loro situazione non proprio ideale.

Camminare con qualcuno attaccato a te era un’esperienza nuova. Facendo il modello, Adrien era abituato a camminare a passi lunghi ed efficienti, mentre Marinette, considerevolmente più bassa, normalmente doveva muoversi con passi più corti e rapidi, e tenere il ritmo dell’altro era una sfida unica. Dato che era un gentiluomo, il giovane cercò di rallentare, ragion per cui lei gli fu infinitamente grata.

La prima guardia di sicurezza che trovarono si limitò ad alzare le spalle, dichiarando che non aveva a che fare con la bacheca sperimentale. Chiedere informazioni su qualcuno che potesse effettivamente aiutarli non andò meglio, l’uomo sospirò pesantemente prima di affermare che la direttrice del museo era probabilmente da qualche parte nelle sale, sorvegliando l’intera mostra.

Con un po’ d’aiuto da Manon (urlare quanto fosse dispiaciuta era sempre un ottimo modo per attirare l’attenzione), e con le incredibili capacità sociali che Adrien possedeva nonostante la sua infanzia solitaria, alla fine riuscirono a rintracciare la direttrice in un’altra parte del museo. L’anziana donna li osservò attentamente mentre ascoltava la loro spiegazione riguardo alla loro “situazione”, poi disse con ovvia preoccupazione, “Sembrerebbero artifatti decisamente antichi. Sono certa che non dovevano far parte del chiosco sperimentale. Dovremo trovare qualcuno in grado di aprirle senza romperle.”

Il terrore invase Marinette. Non le piaceva la direzione della conversazione. “Non possiamo semplicemente tagliarle con una sega?”

“Naturalmente no!” strillò la donna, palesemente offesa che l’avessero anche solo pensato. “Avete la minima idea di quanto potrebbero valere? Visto il loro aspetto antico e il fatto che il metallo si presenti ancora incontaminato, sarebbe totalmente folle danneggiarle in qualsiasi modo. Non penso nemmeno che abbiano ancora una chiave; appena trovo chi le ha messe lì, si parlerà del loro lavoro. Questo è un serio azzardo! Avrebbero potuto essere rovinate, o peggio ancora, rubate! Voi due andate a sedervi là mentre faccio una chiamata o due.”

Marinette si lasciò guidare da Adrien a una panchina lì vicino, dolorosamente angosciata. Iniziava finalmente a essere appena in grado di sostenere brevi conversazioni con la sua cotta; chiederle di funzionare nelle sue immediate prossimità per lungo tempo era pretendere davvero troppo da lei.

Ma prima che potesse affogare troppo nei suoi pensieri, la sopraccitata cotta le diede una gentile gomitata nelle costole, forzandola a spostare il braccio verso di lui nel mentre, “Non preoccuparti, Mari. Un fabbro ferraio è un uomo chiave da avere al tuo fianco, dopotutto!”

Scioccata, Marinette lo fissò per un secondo, riportando il braccio verso di sé. Sbatté gli occhi, soppesando le sue parole, e portò la sua mano destra alla bocca (il che portò anche la mano di Adrien con sé. Avrebbe dovuto aggiustare questa cosa), “Hai… Hai appena fatto una battuta?”

Ghignando, il giovane annuì con forza. I suoi familiari occhi verdi si accesero maliziosamente mentre si chino verso di lei, “Hei, ho un piano! Dovrei portarti dal mio sarto, quell’uomo è fantastic quando si tratta di toppe.”*

Quella fu l’ultima goccia. Il ridicolo della loro situazione, i suoi nervi stressati in presenza di Adrien e l’inattesa scoperta che, apparentemente, il ragazzo di cui era infatuata da tempo condivideva un assurdo amore per le freddure con il suo caro partner, tutto questo si fece sentire, e Marinette si lasciò andare. Scoppiò a ridere, una risata sentita che fece allargare il sorriso già ampio di Adrien. “Non avevo idea che amassi così tanto le battute, Mari!” commentò, visibilmente compiaciuto.

Qualsiasi replica stesse per uscire da Marinette fu bloccata dalla direttrice del museo che li raggiunse. “Siete fortunati, ragazzi. Sono riuscita a contattare un fabbro abbastanza abile da rimuovere le manette senza rovinarle. Sarà in grado di arrivare tra due giorni lavorativi.”

“DUE GIORNI?” domandarono Marinette e Adrien in perfetta sincronia, completamente sconvolti dale novità.

La direttrice si accigliò, sistemandosi gli occhiali sul naso. “Certo, sì. Specialisti come Mr. Clavier sono davvero molto richiesti, non ci si può aspettare da lui che abbandoni la sua agenda fitta d’appuntamenti per due adolescenti che hanno giocato con manette vecchie di secoli.”

Stavolta, quando gli occhi di Marinette incontrarono quelli di Adrien, le loro espressioni combaciavano esattamente.

Erano rovinati.









Note della Traduttrice:

Buongiorno!

Mi hanno chiesto di tradurre questa storia, ed eccoci qua con il primo capitolo.

Oltre a essere la mia prima traduzione 'ufficiale', penso che il problema più grosso saranno le freddure di Adrien.

In questa storia, la frase con un asterisco alla fine in inglese era abbastanza diversa: Adrien diceva di doverla portare dal suo barbiere, molto bravo nel tagliare "locks", che oltre a serrature vuol dire riccioli. La cosa migliore che mi sia venuta in mente per renderlo in italiano è stato tradurre il termine con toppe e sostituire il sarto al barbiere.

Bene, spero che apprezziate.

La settimana prossima sarò fuori, quindi non so quando arriverà il secondo capitolo.

Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Pigiama Party ***


Adrien osservò, confuso, Marinette accasciarsi accanto a lui. Le sue spalle si abbassarono, i suoi occhi (erano sempre stati così blu?) si riempirono di lacrime, “D-due giorni?” balbettò debolmente, evitando il suo sguardo, “ma… come- come faremo?”

Lui mantenne il controllo sui suoi nervi, estraendo il telefono dalla tasca. “Resisti, vedrò con Natalie se si può far qualcosa.” Digitando rapidamente un messaggio in cui spiegava la situazione, tornò a fissare la sua amica sconvolta, singhiozzando sconfortato, “Senti Mari, so che queste condizioni non sono proprio il massimo, e probabilmente non vorresti passare due giornate intere con me, ma se si renderà necessario, sono certo che potremo organizzarci in modo che io ti disturbi il meno possibile.”

Inorridita, Marinette improvvisamente sussultò, “Whoa, whoa! P-perché questo? Perché- perché pensi di disturbarmi? Mi piace passare del tempo con te!” ribatté così velocemente che Adrien impiegò qualche secondo a capire cos’avesse detto.

Sorpreso da quell’affermazione, la fissò, “Davvero? Sembra che questa storia delle manette ti sconvolga tantissimo, ma io ho apprezzato il pomeriggio con te, quindi non è così male.”

Marinette finalmente trovò il coraggio di incontrare il suo sguardo, e sorrise con calore, “No, hai ragione. Mi dispiace. I-Io tendo a fissarmi troppo su tutto, e potrei avere un leggero problema d’ansia.”

Il telefono di Adrien suonò in quel preciso momento, e i suoi occhi si spalancarono nel leggere il nome del contatto, “Ah… È mio padre, devo rispondere.”

Non appena spinse il pulsante verde sullo schermo, Marinette poté sentire la voce dura di Gabriel Agreste uscire dagli altoparlanti, “Avresti dovuto essere a casa a quest’ora, dove sei, Adrien? E cos’è questa storia insensata dell’essere ammanettato a una ragazza?”

Il giovane guardò la sua amica un po’ preoccupato, ma lei gli stava ancora sorridendo, senza offendersi per le parole aspre di suo padre. Mimò “Mi spiace” con le labbra, poi si schiarì la gola, “È come ho scritto a Natalie, padre. Abbiamo avuto una disavventura con una reliquia, e ora dovremo restare legati insieme finché un fabbro specializzato verrà a liberarci, martedì mattina.”

Sentirono l’Agreste maggiore sbuffare, prima di rispondere in tono asciutto, “Davvero fastidioso. Ovviamente dovrai saltare scherma, ma non possiamo rimandare il servizio fotografico di domani. Dovremo lavorare per aggirare questo… piccolo problema. Natalie vedrà se può trovare qualcuno che si occupi prima del lavoro. Cosa pensavi di fare nel frattempo?”

Adrien guardò Marinette in attesa, e lei sospirò, sconfitta, “Immagino che dovremo dormire a casa l’uno dell’altro. Puoi venire da me stasera? Dovrò spiegare questo pasticcio ai miei, e potremmo andare da te domani.”

“Sembra ragionevole, miss—?”

“Marinette,” s’intromise Adrien, “ha vinto alcuni dei tuoi concorsi.”

Ah, sì. Bene, allora, Natalie ti terrà aggiornato in caso dovesse trovare qualcuno che possa risolvere questa… situazione prima di quegli incompetenti del museo. Spero che tu sappia che non sono affatto soddisfatto, Adrien.”

L’espressione del giovane si rabbuiò, prima che rispondesse, “Me l’aspettavo, padre. Mi dispiace per l’inconveniente.”

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La chiamata fu conclusa, e Marinette fissò il suo amico a bocca spalancata. “Wow. Non è stato uno scherzo.”

Adrien alzò le spalle, sorridendo rassegnato. “Non farci caso. Può essere freddo a volte.”

La ragazza annuì, cercando di reprimere il senso di sbagliato che le aveva attorcigliato lo stomaco. Adrien doveva affrontare qualcosa del genere ogni giorno? C’era qualcuno che gli dimostrasse mai affetto?

I suoi pensieri spiacevoli furono interrotti da Nadja, venuta a riprendersi la figlia e a scusarsi con la coppia bloccata a nome della figlia. Dopo averla rassicurata più volte che non era successo niente di grave, e che nessuno dei due se l’era presa, Adrien e Marinette decisero di iniziare l’imbarazzante viaggio alla volta del forno Dupain-Cheng.

Purtroppo per i nervi di Marinette che erano già in difficoltà, si accorsero presto che il modo meno problematico di camminare a fianco era tenersi per mano. Mentre camminavano, lei tentò di costringersi a concentrarsi sulle parole di lui, e non sulla piacevole sensazione della sua mano calda fermamente stretta alla sua.

Quante volte aveva sognato quell’esatto momento?

Certo, nei suoi sogni le stringeva la mano di sua volontà e non perché rendeva la loro situazione più semplice, ma ci si avvicinava abbastanza.

Adrien chiacchierava allegramente di tutto e niente e lei ascoltava gentilmente, annuendo e mormorando le sue risposte, finché non sentì una specifica frase.

Emozionato, il biondo le aveva sorriso, “Allora, questa è la prima volta che passo la notte da un amico. C’è qualcosa che dovrei sapere prima?”

Marinette si bloccò, strattonando le loro mani unite, “Cosa intendi? Non hai mai partecipato a un pigiama party?”

Lui scosse la testa imbarazzato. “Io… non ho mai avuto molti amici, così tutto ciò che so sui pigiama party è quello che si vede nei film. E insomma, non ho niente contro il farti le trecce e metterti lo smalto, ma potrebbe non venire tanto bene.”

La stessa sensazione spiacevole che aveva avuto sentendo il tono freddo e impersonale che il padre di Adrien aveva usato per rivolgersi al suo stesso figlio riemerse, e lei lo fissò incredula. “Questo… questo è inaccettabile. Dobbiamo rimediare immediatamente!”

Adrien rise alla sua espressione sconvolta, e si incamminò verso casa sua, “Bene allora, insegnami, senpai.”

In quel momento, la strana coppia raggiunse la porta del forno, e Marinette si fermò sulla soglia, prendendo un bel respiro. “Allora, il punto è, ragazze e ragazzi non dormono insieme normalmente, si considera sconveniente. Mio padre potrebbe non esserne proprio entusiasta, ma non preoccuparti troppo, è praticamente un grande orsacchiotto.”

Lui annuì, guardandola un po’ preoccupato. Marinette si preparò mentalmente e spalancò la porta, trascinandolo con sé. Non appena furono oltre la porta, sua madre esclamò contenta, “Marinette! Adrien! Che bella sorpresa! Resti per cena, caro? Un adolescente come te deve mangiare molto per via della crescita, sarei felicissima se assaggiassi cos’abbiamo stasera. Sei venuto per giocare ai videog— Quelle sono manette?”

Marinette congelò, alzando entrambe le loro mani con un sorriso imbarazzato, “Um… Manon ha tipo giocato con dei preziosi manufatti al museo? E non possono tagliarle per liberarci?”

Sorprendendo entrambi, Sabine scoppiò a ridere. “Oh dio, Marinette, questo genere di cose succede solo a te,” riuscì a dire tra le risa, “Tom, vieni a vedere in che pasticcio si è messa stavolta la nostra amata figlia.”

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L’imponente uomo entrò in cucina, un largo ghigno si fece spazio sul suo volto notando il loro piccolo problema. “Sai, figliolo, se nostra figlia ti piace così tanto, potevi semplicemente chiedere. Non c’era bisogno di metterla sotto chiave.”

“PAPÀ!” strillò Marinette, rossa come un camion dei pompieri.

Adrien si sentì bruciare, quindi si potrebbe pensare che i loro coloriti combaciassero. Raggiunse la sua mano e la strinse per conforto, un gesto che non sfuggì all’occhio dei suoi genitori. Fortunatamente per loro, avevano finito di stuzzicarli, e Sabine li mandò di sopra a controllare la preparazione della cena.

Una  volta che furono ben nascosti dietro la porta dell’appartamento, Marinette poggiò la fronte sul muro, con le spalle che tremavano violentemente. Preoccupato, Adrien provò a chiedere, “Hey, tutto bene?”

Quello fu più di quel che la ragazza potesse sopportare. Scoppiò, ridendo così tanto che dovette sorreggersi con la mano libera. “Questo… questo… è… ridicolo…” riuscì a dire tra una risata e l’altra.

Adrien la fissò meravigliato per un secondo, prima di unirsi. Aveva ragione: l’intera situazione era semplicemente ridicola, ben lontana dal dramma che ne aveva fatto suo padre, lontana dalla causa di stress che inizialmente avevano pensato sarebbe stata. La reazione leggera dei genitori di Mari era stata una ventata d’aria fresca e aveva messo in luce un altro punto di vista.

Dopotutto, pensò tra sé, se poteva affrontare le akuma ogni giorno, poteva riuscire a passare due giorni con una compagna di classe cari— da dove era venuto quello?

Marinette lo distrasse dai suoi pensieri, mostrandogli come capire se il riso era ben cotto, e spiegandogli come funzionasse la cottura lenta, “Mia madre la ama,” disse, “perché le permette di preparare la cena e continuare ad aiutare papà al piano di sotto.”

Tom e Sabine li raggiunsero poco dopo, e si sedettero tutto con gioia a tavola. Durante la cena conversarono piacevolmente, Adrien e Tom si scambiarono allegramente freddure mentre un’irritata Marinette giocava con il suo cibo. Dopo un po’, il biondo notò che aveva a stento toccato il suo piatto e chiese, preoccupato, “Va tutto bene, Mari?”

Stupita, gli occhi di lei si spalancarono, “Oh! Um, sì, perché?”

“Non hai quasi toccata cibo,” le fece notare Adrien, alzando un sopracciglio curioso.

Marinette farfugliò, arrossendo, “Io—um, non posso usare le bacchette.”

Trattenendo una risata, Tom disse, “Cosa intendi, tesoro? Mangi con le bacchette da quando indossavi il pannolino. Qual è il problema?”

Il rossore di Marinette si intensificò e, per un secondo, Adrien si dispiacque per l’amica. Lei alzò la mano destra, portandosi dietro la sua, “Sì, con la mia mano buona. Non sono proprio ambidestra, e queste stupide bacchette rifiutano di collaborare.”

Il suo broncio era adorabile, sinceramente, e Adrien le sorrise, “Vuoi che ti aiuti? Sono stato fortunato, ho ancora la mia mano dominante libera.”

Marinette assunse una sfumatura di rosso di cui lui ignorava l’esistenza. Emise un verso acuto, nascondendosi la faccia con il braccio libero. In quel momento suo padre decise d’essere compassionevole, e le passò una forchetta, continuando a tentare (fallendo) di reprimere le risate.

Nessun altro incidente imbarazzante avvenne durante il pasto, nonostante l’inarrestabile tremito delle spalle di Tom indicasse che era ancora divertito dalla situazione dei due adolescenti.

Quando Marinette ebbe finalmente mangiato come si deve e Adrien fu sazio, la ragazza lo guardò sorniona, “Novellino dei party, modello ridicolmente a dieta. Immagino tu non abbia mai preparato popcorn?”

Stavolta fu il turno di Adrien d’arrossire, ammettendo con qualche riserva, “Tranne qualcosa comprato al cinema, no, non ho mai preso dei popcorn.”

Lui non poteva saperlo, ma Marinette era impegnata a farsi un serio discorso motivazionale. Se doveva spendere i successivi due giorni così vicina alla sua cotta storica, ne avrebbe tratto il massimo, o non era Ladybug! “Su, Marinette,” si rimproverò internamente, “sei una supereroina. Puoi farcela. Immagina di star parlando con Chat Noir! Riesci a parlare con lui senza problemi!

Prendendo dei semi di granturco dalla dispensa insieme all’olio, Marinette riuscì in qualche modo a controllare la sua ansia e affermò sembrando più sicura di quel che era, “Okay, il primo passo è scaldare l’olio in un wok.”

Lui impallidì, fissandola con stupore, “Sul serio li facciamo dall’inizio quindi?”

Marinette sorrise, dandogli una debole gomitata, “Be’, sì? Che ti aspettavi?”

“No, va bene. Mi piace l’idea,” rispose lui, ponendo con attenzione la padella sul fornello. “Adesso?”

Lei gettò del mais nella padella, sorridendo, “Ora aspettiamo che scoppino.”

Precipitarono in un silenzio confortevole, controllando entrambi la cottura, Adrien cercando distrattamente la sua mano legata. La strinse inconsciamente, senza che nessuno di loro sentisse il bisogno di sottolinearlo, nonostante l’inaspettata stranezza del gesto, c’era qualcosa di confortante in tutto ciò.

Pochi secondi dopo, il mais iniziò a scoppiare, spingendo un giovane fin troppo impaziente a esclamare in modo poco elegante, “Scoppiano! Mari! Scoppiano! Adesso?”

Lei sorrise, aggiungendo altro mais nella padella e rimuovendola dal fuoco. “Adesso, aspettiamo circa trenta secondi così che il calore si distribuisca equamente. Poi la rimettiamo sul fornello, e ci godiamo i fuochi d’artificio.”

Aspettare quei trenta secondi sarebbe potuta essere la cosa più difficile da fare nella vita di Adrien. Perché, in quei lunghi trenta secondi, non aveva niente di meglio da fare che fissare la sua amica.

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Sinceramente, aveva sempre avuto degli occhi blu così stupendi? Le sue labbra erano sempre state così rosate e soffici? Era sempre stata così bella e imperturbabile? Così desiderabile?

Una serie di rumorosi “pop!”, seguita dalla sua esclamazione più carina di sempre lo spinse via da quei pensieri poco casti. Marinette versò i popcorn in un’ampia ciotola, sorridendogli timidamente, “Eccoci qui! I tuoi primi popcorn fatti in casa!”

Lui le sorrise distrattamente, lo stesso sorriso che riservava ai fotografi, uno che era un riflesso, non uno spontaneo. Stava ancora cercando di metabolizzare il suo sorriso, il modo in cui riusciva inaspettatamente a trasformare in gelatina le sue interiora mentre versava molto più burro e sale nel loro snack di quanto il suo dietologo avrebbe trovato ragionevole.

Il viaggio fino alla sua stanza fu sorprendentemente facile, vista la situazione. Riuscirono a salire le scale e attraversare la porta senza distruggere niente né far cadere preziosi popcorn.

Sedettero fianco a fianco e Adrien pose con attenzione la ciotola di popcorn miracolosamente illesa sul pavimento. “Okay, e ora? Siamo alla parte in cui ti faccio le trecce?” chiese Adrien, ridendo.

Marinette sospirò, guardandolo sconsolata, “Normalmente ci metteremmo in pigiama, e sì, quando lo faccio con Alya lei spesso gioca con i miei capelli mentre guardiamo un film ma—”

“Bene! Facciamolo!”

Il suo entusiasmo era dolce, Marinette doveva ammetterlo, ma c’era ancora un piccolo problema.

“Okay. Come?” disse, indicando le loro mani bloccate.

“Oh. Um. Giusto.”

Marinette si sfregò le tempie con la mano libera, singhiozzando assorta, “No, aspetta, dev’esserci una soluzione. Posso scucire la manica del tuo braccio bloccato, e cucirti qualcosa di pulito domani mattina. Ho qualche lavoro in corso che ti starebbe bene, e rifare la cucitura sulla tua maglietta sarebbe questione di minuti. Sì, potrebbe funzionare.”

Adrien osservò, meravigliato, i pezzi trovare il loro posto nella testa della sua amica in un modo stranamente familiare, e ascoltò, divertito, il continuo del suo ragionamento, “In realtà, anche meglio, potrei cucirci dei bottoni, così potresti indossarli e toglierli senza problemi, e—”

“E per te?” chiese lui, sinceramente curioso.

Lei tornò a concentrarsi su di lui, e arrossì, “Ho dei top che andranno bene, ma scucire la manica sulla mia stessa maglietta con la mano sbagliata richiederà più tempo. Lo farò mentre guardiamo il film, non è un problema.”

“Mostrami come fare, ci penso io.”

Dopo un consenso soffocato e un discorso mentale di preparazione, Marinette si trovò in ginocchio davanti ad Adrien, ripetendo come un mantra nella sua testa, “Va bene. Immagina che sia Chat Noir. Non hai problemi a toccare Chat Noir, giusto? Questo non è diverso.”

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Con l’aiuto paziente di Adrien, la manica della sua familiare giacchetta bianca venne via in pochi minuti, e la sua maglietta nera fece rapidamente la stessa fine. L’unica cosa che impedì a Marinette di esplodere alla vista del modello biondo con indosso solo jeans e calzini nella sua stanza fu concentrarsi sul dargli istruzioni mentre lui a sua volta le scuciva la giacca, in modo eccellente per essere la sua prima volta nonostante fosse più lento di lei.

Quando passò alla sua maglietta con un sorriso di scusa, lei incrociò le braccia davanti a sé, reggendo la stoffa che le copriva il petto. Entrambi erano rossi come pomodori a quel punto, l’imbarazzo della loro situazione ben lontano dal passare. Alla fine, l’ultima cucitura si arrese all’attacco deciso di Adrien, e lui si ritrasse quel tanto che gli era permesso dalle manette.

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“Okay, hai qualcosa per coprirmi gli occhi? Mentre ti cambi? Io… non sbircerei, ma vorrei sopravvivere in caso uno dei tuoi genitori salisse adesso.”

“...giusto.” Immagina sia Chat. È solo il tuo sciocco micino, nient’altro! “Um, c’è una sciarpa sulla mia scrivania, potresti prenderla visto che…” si interruppe, incerta su cosa fosse più ridicolo: essere agitata alla vista di pelle che aveva già visto decine di volte nelle riviste, o stringersi alla sua maglietta come se fosse una sorta di scudo tra lei e il suo meraviglioso, bellissimo, gentile ami—

Okay, sfida per la nottata: tenere a bada i suoi pensieri.

Adrien la distrasse dalla svolta pericolosa che aveva preso tossendo a disagio, “Okay, occhi chiusi e coperti, puoi cambiarti tranquillamente, Mari.”

Con la faccia ancora a fuoco per l’imbarazzo, Marinette lo fece più rapidamente che poté considerando la mano estranea che seguiva ognuna delle sue azioni. Stando ben attenta a tenere quella mano lontana da parti inappropriate del suo corpo, riuscì a indossare dei pantaloncini da yoga e un top rosa acceso… il che le pose un nuovo problema.

Spingendo la stoffa contro il suo petto, la ragazza sospirò affranta al terzo tentativo fallito di annodarlo dietro al suo collo. Avvertendo il cambiamento nell’umore dell’amica, Adrien si fece sentire, “Va tutto bene?”

Lei gemette, lasciando gli estremi del suo top liberi sulla schiena, “Sì, solo che non riesco ad allacciarlo con la tua mano che fa da peso morto, non riesco a vedere cosa sto facendo.”

Adrien ridacchiò, incapace di trattenersi. Eccola qui, la schietta e sfacciata Marinette che aveva visto spesso da lontano senza mai incontrarla di persona. Ultimamente, l’aveva vista aprirsi un po’ intorno a lui, la sua timidezza arretrava sempre più man mano che uscivano con Alya e Nino. Più lei si sentiva a suo agio con lui, più lui scopriva la Marinette che tutti conoscevano e amavano… e più inspiegabilmente lei iniziava a colpirlo in un modo stranamente familiare.

Allontanando questi pensieri, si offerse, “Posso guardare? Magari io e il peso morto potremmo aiutarti?”

“Tramortisciti,” brontolò lei, e stavolta Adrien rise. La stessa risata genuina che l’aveva colta di sorpresa due anni prima, e allo stesso tempo una risata che le ricordava qualcosa che non riusciva ad afferrare. Ignorò il piacevole solletico che avvertì alla base della nuca mentre lui effettivamente le annodava il top, tornando completamente rossa.

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Poi fu il suo turno d’essere bendata, dopo aver passato all’amico un paio di pantaloncini da ginnastica rosa acceso troppo grandi per lei, insieme a una maglietta che prima modificò rapidamente. Guadagnò così qualche minuto per ricomporsi. Sta andando bene. Continua a immaginare che sia solo Chat Noir. Non Adrien, da due anni la tua cotta senza speranze, solo il tuo compagno esperto di freddure.

“Okay, scegli il tuo veleno,” sorrise maliziosa Marinette quando entrambi furono vestiti decentemente, passandogli tre DVD. “Abbiamo La Bella Addormentata, Mulan, Rapunzel.

Cogliendola alla sprovvista, Adrien afferrò subito l’ultimo, ghignando. “Hey! Amo questo! Le canzoni sono grandiose e la storia è ottima!”

“Molto bene, una bionda canterina per Mr. Biondo,” rispose lei, prima di bloccarsi e arrossire. Per un secondo, aveva dimenticato quale dei biondi dagli occhi verdi della sua vita aveva accanto in quel momento.

Ignaro della sua mortificazione interiore, Adrien scoppiò a ridere di cuore, guardandola far partire il film con le lacrime agli occhi, “Carina questa, Mari, non me l’aspettavo.” I titoli d’apertura invasero lo schermo, e loro tornarono ai loro posti. Marinette recuperò la ciotola di popcorn e la pose in mezzo a loro, fissando con decisione lo schermo con un leggero sorriso sulle labbra.

In quel momento lui notò qualcosa di strano nella sua amica.

Adrien non sapeva nulla sull’essere una ragazza. Era stato, per tutti i suoi diciassette anni d’esistenza, un ragazzo in tutti i sensi della parola. Ma la sua educazione lo portava a sapere una cosa o due sulla moda, così disse timidamente, “Um. Mari? Normalmente dormi con i codini? Non è scomodo?”

Lei lo guardò come colta in flagrante. “Io… normalmente no, ma con la mia mano dominante bloccata e tutto il resto, insomma, vorrei che anche tu sopravvivessi alla serata.”

Lui sorrise, sporgendo la sua mano, “Permetti?”

Lei lo fissò a bocca aperta, metabolizzando le sue parole, “Aspetta, cosa?”

“Be’, prima hai detto che dovrei giocare con i tuoi capelli,” disse gentilmente, “e non vorrei che tu sia a disagio tutta la notte a causa mia.”

Riluttante, Marinette afferrò la sua spazzola e gliela passò prima di mostrargli le spalle quel tanto che poteva.

Mentre Rapunzel cantava della sua vita impegnata in sottofondo, Adrien rimosse con premura il nastro dai suoi capelli, facendo attenzione alla sua mano legata, e spazzolò gentilmente le ciocche di capelli neri che ricaddero sulla sua schiena. Guardarono entrambi l’azione sullo schermo con mente assente, distratti da quel che stava accadendo tra loro.

Dopo un po’, Adrien posò la spazzola, chiedendo dolcemente, “Perché non li lasci mai sciolti? Sono belli.”

Arrossendo di botto, Solo Chat, Mari, immagina sia solo Chat. NON ADRIEN, di nuovo, Marinette avvertì il suo sguardo e mormorò, “Perché altrimenti sono sempre in mezzo. Così è più pratico.”

Parlando, si sporse per recuperare dei popcorn (sperando anche di alleviare un po’ la tensione).

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Comunque, Adrien ebbe la stessa idea precisamente nello stesso secondo.

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Le loro teste si urtarono con forza e il contraccolpo li spedì entrambi a terra in un groviglio di arti intrecciati. Marinette si ritrovò stesa sulla schiena, Adrien sopra di lei, la sua mano destra a reggerle la testa, assorbendo l’impatto della caduta. Le loro mani unite giacevano vicine alla sua testa.
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A pensarci, lui avrebbe dovuto setacciarsi il cervello nel tentativo di scusarsi, cercando di tirarsi fuori da quella posizione compromettente il prima possibile. Ma Adrien si trovò invece a fissare i suoi occhi blu, meravigliandosi della silenziosa bellezza della sua timida compagna di classe.

Senza pensare, Adrien si leccò le labbra, ancora perso senza speranze nello sguardo di Marinette, elencandosi mentalmente tutte le qualità dell’amica. Lei era così gentile, fiera, creativa, divertente, altruista, carina…

Si sporse in avanti, i loro occhi si chiusero.

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Proprio in quel momento Rapunzel e I suoi teppisti decisero di iniziare a cantare a pieni polmoni “I’ve Got a Dream”, spaventandoli e interrompendo lo strano incantesimo che li aveva avvolti.

Adrien, imbarazzato, si rimise in piedi, facendo attenzione a non pesarle nel farlo, e l’aiutò ad alzarsi. Cercando disperatamente di scacciare il disagio precipitato su di loro, approfittò della canzone per prendere le mani della ragazza tra le sue e dimenarsi ridicolmente a ritmo.

“Dai, Mari, balla con me!”

Marinette si riscosse dai suoi pensieri, osservando il sorriso giocoso ma al contempo incerto e timido del ragazzo. Rise, unendosi a lui.

Alla fine della canzone, i due amici si lasciarono cadere sulla sedia, senza fiato ma ridendo. Si trovarono d’accordo sul fatto che, sfortunatamente, la posizione più comoda per guardare il film includeva abbracciarsi.

(No, non era perché Marinette voleva giacere tra le sue braccia. Né perché ad Adrian piaceva la sensazione calda che gli abitava piacevolmente il petto mentre lei lo faceva.)

Quando “I See the Light” partì, Adrien abbassò lo sguardo sull’amica e sorrise nel notare i suoi occhi mezzi chiusi e il suo lento, profondo respiro. Il suo battito l’aveva lentamente cullata nel sonno, e lui si scoprì a pensare che in quella posizione era adorabile.

Alla fine del film, Marinette dormiva profondamente contro il suo petto, con il braccio libero intorno alla schiena del ragazzo. La mano destra di Adrien riposava intorno alla sua vita, la testa contro la sua e le loro mani strette sul suo grembo.

A loro insaputa, due kwami dormivano sulla mensola di Marinette, rannicchiati a loro volta.

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