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Alla
fine l’ho fatto, ho lasciato Chalacta e sono nello
spazio.
Un’enorme
palla rossa e blu … fa impressione vederlo da quassù.
I
viaggiatori han sempre detto che sono colori particolari da vedere assieme, lasciata
l’atmosfera.
Anche
papà dice che abbiamo panorami singolari. Mi ha mostrato immagini di altri
pianeti, pare che nella maggior parte della galassia gli alberi abbiano foglie
verdi e non rosse e gialle come da noi. Non vedo l’ora di vederli!
Spero
solo che mamma non si accorga troppo presto della mia fuga e non avverta papà
di mettersi alle mie calcagna.
Poveretti.
Spero non si preoccupino più del dovuto. Mi dispiace aver disobbedito, ma loro
devono capire che non possono costringermi a restare su Chalacta
per tutta la vita.
Non
ho niente contro il mio pianeta, anzi, lo amo! Però voglio anche viaggiare,
vedere posti nuovi, conoscere altre culture … non mi basta più leggere di
storia, religioni e tradizioni: voglio conoscerle, voglio viverle in prima persona,
toccarle con mano.
“Ehi,
datti una mossa! Non ti ho presa a bordo per battere la fiacca.”
Mi
fa sobbalzare!
“Uh!
Sì, mi scusi, signor Ohnaka, comincio subito.”
Il
weequay ridacchia e scuote la testa grigio-viola,
agitando i capelli neri, si allontana borbottando divertito: “Signor Ohnaka … suona bene.”
Non
so se ho fatto davvero bene a fidarmi di questo contrabbandiere.
Fidarmi
di un contrabbandiere. Adesso che lo dico, mi accorgo di quanto sia poco
sensato. Sono stata avventata per la mia età … a ventiquattro anni dovrei
essere più prudente … però è anche vero che la clandestinità era l’unico modo
che avevo per andarmene.
O
contrabbando, o documenti falsi, non c’erano altre scelte. Nessuna nave
interplanetaria mi avrebbe permesso di partire.
Via,
devo mettermi al lavoro, se non voglio mettermi nei guai con questo fuorilegge.
Meglio non attirarsi antipatie finché sono su questa nave. Appena sbarcata,
potrò andare ovunque voglio, i crediti non mi mancano.
“Brava,
brava. Non mangiavamo così bene da un pezzo. Vero ragazzi?”
I
sei contrabbandieri annuiscono e paiono concordare con le parole del loro capo.
Meno
male, temevo fosse difficile soddisfare i gusti di così tante razze diverse: ci
sono un paio di devaroniani, un falleen,
un rodiano e altri due weequay. Sono l’unica umana.
“Domani,
devi essere all’altezza … cosa, ragazzì … Com’è che
ti chiami?”
Gli
dico il mio vero nome? No. Se poi i miei dovessero cercarmi e diffondere il mio
nome, Ohnaka potrebbe ripensare a me.
Devo
però sceglierne uno che mi è famigliare, così da voltarmi quando mi chiamano.
Il
nome d’iniziazione al tempio andrà benissimo.
“Devagiri.”
“Ci
voleva molto a dirlo?”
È
arrabbiato?
“Tranquilla
che qui stai tra amici.”
Il
capitano ridacchia ancora. Deve aver notato che sono tesa … mi pare però che
voglia essere amichevole.
“Dai,
su, prendi la bottiglia gialla e un po’ di bicchieri che stiamo in allegria.”
Eseguo
subito. Bevo anch’io qualche sorso, dopo che tutti gli altri si sono serviti.
Ach!
È
un sacco alcolico. Non avevo mai assaggiato qualcosa di così forte … meglio
lasciar stare, non voglio perdere lucidità qui.
Non
voglio attirare l’attenzione, resto un po’ in disparte e appena vedo che si
sono un po’ distratti, mi ritiro nella mia cabina.
Cabina
è una parola un po’ grossa, in realtà. Diciamo che c’è lo spazio per una branda
incastrata nella parete e lo spazio per mettersi in piedi. Beh, non potevo
certo aspettarmi del lusso.
Non
voglio lamentarmi, non voglio iniziare a rimpiangere le comodità dopo appena
una manciata di ore fuori casa. Se lo spazio è angusto, mi accontenterò. In
fondo perché dovrei volerne di più? In cabina ci sto giusto per dormire, per il
resto ho a disposizione l’intera nave, quindi va bene così.
Prendo
lo zainetto che mi sono portata dietro. Non contiene molto di utile: sarebbe
dovuto essere il mio equipaggiamento al tempio, quindi solo vestiti e poco
altro, compresa la statuetta di Sri Kalki.
La
tiro fuori e la carezzo un poco. Gli occhi del dio mi fissano con benevolenza,
non è arrabbiato, anzi credo proprio che approvi questa fuga.
Una
piccola oblazione farà solo bene, magari mi sarà propizia per le avventure che
mi aspettano.
Avventure
… chissà in che cosa mi imbatterò. La Nuova Repubblica sta facendo del proprio
meglio per trovare un’organizzazione ottimale, sta cercando di riprendere la
forma che aveva la Vecchia Repubblica ma evitando gli sbagli e la corruzione
che ha portato all’Impero. Gestire le autonomie di così tanti sistemi e, allo
stesso tempo, non indebolire troppo la centralizzazione del potere del Senato
Galattico, è un’impresa ardua.
Nello
spazioporto ho spesso sentito raccontare che nonostante i molti sforzi per
ripristinare un efficiente servizio d’ordine e sicurezza, la maggior parte
delle attenzioni e delle risorse della Nuova Repubblica sono convogliate in
altri settori e il potere dei sindacati criminali è ancora forte.
Non
vorrei ritrovarmi inguaiata con loro per sbaglio.
Chissà
se questi contrabbandieri sono affiliati a qualche organizzazione o se sono
indipendenti. Spero la seconda; di simboli non ne ho visti da nessuna parte.
Ogni
tanto vagheggio di ritrovarmi in rocambolesche situazioni, soprattutto mi
immagino a mettere i bastoni tra le ruote ai malviventi … però mi rendo conto
che certi sogni è meglio non diventino realtà: anche se mi è stato insegnato a
difendermi, dubito che saprei cavarmela.
Ecco,
avrei fatto meglio a portarmi un’arma dietro.
Oh,
è anche vero che ho agito d’impulso; quando sono uscita di casa, non avevo idea
che avrei abbandonato Chalacta.
Beh,
comunque la mia intenzione non è certo quella di frequentare i bassifondi,
quindi dovrei stare tranquilla … No, preferisco procurarmi qualcosa. I blaster sono facili da reperire, ma non sono certo la mia
specialità. Chissà se, quando sbarchiamo, riesco a trovare una vibroblade.
Ci
penserò, adesso mi conviene dormire … sperando di dormire, nonostante questo
freddo. Non c’è nemmeno una coperta. Nessuno mi aveva detto che nello spazio
c’è freddo.
Alla
fine sono riuscita a dormire qualche ora. Dopo essermi rigirata nella branda in
dormiveglia per non so quanto, ero riuscita finalmente ad assopirmi e poi mi
sono svegliata di soprassalto con Ohnaka che bussava
insistentemente alla mia porta, urlando che dovevo preparare la colazione.
Mi
sono precipitata in cucina e ho provveduto subito; per fortuna ieri non mi ero
cambiata per dormire e quindi ero già vestita.
Devo
essere lontanissima da casa, ormai, se abbiamo viaggiato nell’iperspazio per
tutta la … notte?
Esiste
la notte nello spazio?
Beh,
effettivamente esiste una giornata standard convenzionale per tutta la galassia
per potersi capire, però ogni pianeta segue i propri cicli. Farò bene a
impostare il mio orologio sul sistema della Repubblica e disinserire quello di Chalacta.
“Ehi,
ragazzì, metti tutto da lavare e spicciati. Tra poco
atterriamo.”
“Sì,
subito, signor Ohnaka … Mi scusi, potrei sapere qual
è la nostra destinazione?”
Scoppia
a ridere. Perché?
“Ragazzì, stai certa di aver deciso bene a partire? Da come parli,
sto qua non è certo il tuo ambiente.”
Eh,
lo so anch’io.
Rimango
posata, oppure gli rispondo a tono?
No,
un cambio di atteggiamento lo farebbe incuriosire … non voglio domande.
“Non
si preoccupi, ho ponderato con attenzione la mia scelta.”
“Ponderato?
Sarà la seconda volta in tutta la mia vita che sento sta parola. Va beh,
comunque stiamo per arrivare su Florrum. Tienti pronta.”
Florrum … è nell’orlo
esterno, mi pare. Speravo di dirigermi verso il centro della Galassia …
pazienza: se qui sono capitata, qui apprenderò qualcosa, insomma non sprecherò
il mio tempo.
La
nave è atterrata. Non abbiamo nemmeno dovuto superare controlli di sicurezza o
altro. Parrebbe che la Nuova Repubblica sia assente, qui e che nessuno governi
il pianeta. O forse questi contrabbandieri sono talmente noti che non hanno
bisogno di identificarsi.
Non
è affare mio. Adesso devo solo aiutare a scaricare le casse in stiva e poi me
ne andrò e non dovrò più stare in mezzo a criminali.
Mi
guardo attorno ma non c’è molto da vedere: siamo in una piattaforma di
atterraggio privata, chiusa ai lati e non mi è dato osservare il resto dello
spazioporto.
Tutte
le casse sono caricate su un veicolo di terra per il trasporto. Qui sono
parcheggiate anche alcune spiderbike.
Ecco,
adesso la stiva è vuota, posso …
Sento
la punta di un blaster alle mie spalle. Che cosa …?
Ohnaka balza davanti a
me, ma qualcuno sta continuando a tenere l’arma premuta contro di me. Se faccio
un passo o un movimento, aprono il fuoco e mi ammazzano, prima ch’io possa
reagire.
“Che
fai?!” esclamo bruscamente.
È
più un pretesto per rompere il silenzio che una reale minaccia. Mi pare ovvio
vogliano i miei crediti.
“Mi
sono consultato con i miei uomini e abbiamo pensato che sei un bottino da non
lasciar andare via … una chalactiana è merce rara, si
sa che di rado lasciate il vostro pianeta, quindi … venderti frutterà
parecchio.”
Cosa?!
Vendere?
“Io
non sono una schiava, sono una …”
“Dimostralo,
ma non credo che interesserà a qualcuno.”
Fa
un cenno e qualcuno mi cala un cappuccio sulla testa e non vedo più nulla,
qualcun altro mi ammanetta i polsi.
Ho
un gran brutto presentimento.
Mi
strattonano. Meglio assecondarli e aspettare di avere un quadro della
situazione più chiaro per capire come fuggire.
Mi
fanno salire sul furgone con le casse e si parte. Nessuno parla ma so di non
essere sola: sento che ci sono due uomini qui a tenermi d’occhio.
Dopo
un po’ mi fanno scendere e camminiamo ancora. Dai rumori attorno mi pare che
stiamo varcando un portone molto grande, forse fa parte di una fortificazione. Entriamo
in un edificio, sento delle voci, un brusio continuo che, però, va pian piano
affievolendosi.
Quando
mi levano il cappuccio, vedo che mi hanno condotta al cospetto di un anziano weequay, molto somigliante ad Ohnaka,
ha delle specie di zanne bianche che gli spuntano dalle guance come una sorta
di bizzarra barba della loro specie.
Sta
seduto su una specie di seggio imponente, forse un vecchio trono riutilizzato. Attorno
ci sono persone di varie razze, tutti armati. Fissano me e i miei rapitori.
Ohnaka prende la
parola: “Padre, guarda che cosa ti ho portato, direttamente da Chalacta.”
L’anziano
mi scruta dalla testa ai piedi. Mi sento un po’ a disagio.
Abbozza
un sorriso e dice: “Non male: capelli lisci e neri, pelle color sabbia … sono le
caratteristiche tipiche degli abitanti di quel pianeta. Ha pure quel buffo gioiello
tra le sopracciglia, ottimo! Peccato solo che sia grassoccia.”
“Sì,
ma tette e culo possono competere con quelli di una Twi’lek.”
Nel
dir ciò, il mio sequestratore mi schiaffeggia un paio di volte il sedere.
Gliela
taglio quella mano. Giuro che alla prima occasione … beh però è stato un poco
eccitante. Comunque non doveva osare!
“Vero.”
conferma suo padre “Ma quella pancia e quei coscioni
non si possono guardare … credo che schifano persino un Hut.”
Esagerato!
Non sono una palla di lardo.
Ride
pure, adesso.
Basta,
mi sono stancata di questa pagliacciata. Va bene evitare guai ed essere
prudenti, ma che mi si offenda così non posso sopportarlo.
“Possiamo
sempre segregarla e tenerla a digiuno finché non raggiunge una forma valida per
metterla all’asta.” sta dicendo Ohnaka junior.
Non
dovrei ricorrere alle mie doti di sacerdotessa davanti ad estranei, ma ne va
della mia vita.
Sri
Kalki, proteggimi tu!
Sferrò
un calcio al ginocchio ad Ohnaka che sta parlando col
padre ed è impreparato, poi all’altro tizio che mi è accanto, poi salto all’indietro:
sollevata a qualche metro da terra, faccio una capriola all’indietro a mezz’aria
e atterro in piedi in fondo alla stanza, ma guardando il weequay
in trono che mi guarda allibito.
Uno
che era sulla nave solleva il suo blaster e lo punta
verso di me.
È
il momento.
Anche
senza l’ausilio delle mani, mi basta lo sguardo per strapparglielo via, fargli
attraversare la stanza e tuffare fuori dalla finestra.
“Fermi
tutti!” esclama il capo “Quella è una Jedi! Liberatela,
ora.”
Jedi? Io? Ma che …?
Ho
sentito parlare di Jedi, ovvio, ho letto molto su di
loro, la Forza, le varie correnti filosofiche, il Lato Chiaro e quello Oscuro,
leggende di ogni genere, oltre ai dati storici. I racconti delle gesta di Skywalker sono giunti da noi come nel resto della Galassia,
ovvio. Papà dice pure di conoscerlo. Ma cosa c’entro io con loro?
Intanto
qualcuno è venuto a liberarmi i polsi.
Ohnaka anziano mi fa
cenno di avvicinarmi. È tutto contento, lo si vede non solo dal sorriso, ma
anche dagli occhi. Dice: “Il mio miglior amico era uno Jedi!
E poi io ho addestrato il primo Jedi-pirata: Ezra. Lo hai sentito nominare? Ah, che bello incontrare
giovani Jedi, io e loro siamo amici da tantissimo
tempo, fin dalle Guerre dei Cloni!”
Cos’è
tutta questa esuberanza?
“Ah,
bene.” mi limito a dire.
Questa
reazione proprio non me la sarei mai immaginata.
“Ascoltami,
lo faresti un favore al vecchio Hondo, in onore del
legame che ho con il tuo Ordine?”
Assecondiamolo:
almeno adesso non vuole più vendermi.
“Se
non è in contrasto con il volere della Forza, volentieri.”
“Oh,
bene, bene … Ti garantisco che non c’è nulla di losco. No, no. Vedi, tempo fa
ho trovato una mappa che indica il luogo di un tempio Jedi
... vorrei tanto andarci in pellegrinaggio ma, ogni volta che sono sul posto,
il tempio non c’è. Dicono che solo uno Jedi può
trovare l’ingresso dei loro templi. Dunque, mi daresti una mano ad entrare?”
Deglutisco.
Che
dirgli? Non troverò mai quella porta.
Non
sembra, però, disposto ad accettare un No
come risposta.
Bah,
io accetto, al più avrò occasione di scappare e intanto vedrò un posto nuovo. In
fondo i templi degli Jedi sono rari, soprattutto dopo
che l’Imperatore ne ha distrutti la maggior parte.
“D’accordo,
vi aiuterò.”
Ohnaka senior sorride
ancor di più e mi stringe la mano.
In
che razza di guaio mi sono messa … e come, soprattutto!
Appena
una rotazione fuori di casa e mi ritrovo imbarcata con dei pirati alla volta di
un tempio Jedi segreto da violare. Non male.
Perché
poi questo Hondo si sia messo in testa ch’io sia una Jedi, non lo so. Ho semplicemente attinto al potere di Sri Kalki.
È
così che le sacerdotesse del SthalasayanaPerumal sono scelte: solo coloro che il dio benedice col
suo potere possono e devono officiare in quel santuario per almeno venti anni.
In genere sono … siamo tutte donne delle stesse cinque o sei famiglie. Anche
mia madre è stata benedetta ed è stata lei a insegnarmi come attingere a questo
dono.
Lei
è stata la SacerMaxima per
molti anni, anche dopo la mia nascita, ma già da un po’ ha lasciato il posto a
una mia cugina. Prima di mia madre, c’erano state sia le mie zie che mia nonna.
In pratica è una carica che prima o poi tutte le femmine della mia famiglia
ricevono.
È
un grande onore e io ne sono fiera.
Questo
ci ha procurato grande prestigio su Chalacta e tutti
i suoi abitanti nutrono grande rispetto per noi. Rispetto e forse paura, ma non
paura-paura, semmai una sorta di timore reverenziale. Anche da bambina nessuno
ha mai osato prendermi in giro e se qualcuno ci ha provato, è subito stato
messo in riga da qualche adulto.
Caspita,
ho davvero rinunciato a questo prestigio per viaggiare?
Gli
onori mi piacciono, così come la deferenza da parte di chi mi circonda ma per
mantenerli dovrei rinunciare all’esplorare la Galassia, conoscere culture e non
pensare ad altro che il sacerdozio.
Rinchiudermi
in un tempio … non ne ho proprio voglia. Ho procrastinato a lungo il mio
prendere parte ai rituali, nella speranza di trovare il modo di evitare tale
servizio, ma è stato inutile.
Sono
fuggita e con quale risultato? Che ora sto andando ad un altro tempio.
Inizio
a pensare che sia il Fato a volerlo. Il Fato o la Forza? O sono la stessa cosa?
O il Fato è una delle manifestazioni della Forza?
No,
no, concentriamoci: filosofeggiare adesso non è utile.
La
navicella atterra e scendiamo. Hondo ha portato con
se i contrabbandieri con cui avevo lasciato Chalacta
e qualche altro armato.
Siamo
al limitare di una foresta. Qui gli alberi hanno davvero le foglie verdi! … e
quanto sono alti!
Di
alcuni quasi non riesco a vedere la cima e il loro tronco è immenso: nemmeno
venti persone potrebbero abbracciarlo per intero.
L’aria
è fresca ma piena di umidità. Sotto i miei piedi l’erba è tenera ma più che
fili sembrano tentacoli.
“Eccoci
qui!” esclama Hondo, festoso, sfregandosi le mani “Ora
tocca a te.”
Eh?
“Ma
non c’è niente.” gli faccio osservare.
“Te
l’ho detto che è nascosto. Fosse facile non avrei bisogno di te. Su, su fa la
tua magia Jedi … usa la Forza.”
E
ora che faccio? Fuggo? Prendo tempo? Improvviso?
Potrei
fingere di provare, dire che oggi non è la giornata giusta e che bisognerà
riprovare …
Sì,
via, posso temporeggiare e intanto troverò la maniera di andarmene.
“Allora?”
mi incalza il pirata.
Tono
solenne e rispondo: “Pazienta, amico mio, pazienta. Devo concentrarmi.”
Mi
siedo a gambe incrociate, chiudo gli occhi e aspetto.
Certo
che addentrarsi in un tempio Jedidev’essere
interessante, chissà quali segreti potrebbe custodire. Saggezza antica, opere
d’arte … magari perfino degli archivi zeppi di informazioni.
Ora
ho proprio voglia di entrarci. Quanto vorrei sapere come fare ad aprirlo!
Quale
sarà il meccanismo? Una sorta di serratura nascosta da sbloccare con la Forza?
In
tal caso non riuscirei ad aprirla.
Aspetta,
ho letto qualcosa in tal proposito? Sicuramente sì, cerchiamo di ricordare …
Mmm,
mi pare che gli Jedi ascoltassero qualcosa tipo la
volontà del tempio che ogni volta indicava loro un modo diverso per aprirlo.
Non
mi aiuta.
E
se restassi in silenzio? Se facessi tacere i miei pensieri? Forse qualcosa
succede. Oh, tentar non nuoce, quindi …
…
…
…
Vieni …
Raggiungimi …
Una
voce calda, maschile, matura. Chi ha parlato? Come? Non l’ho sentita con le
orecchie, ma non rimbombava nemmeno nella mia testa.
Non agitarti …
Vieni
Mi
alzo in piedi, sempre ad occhi chiusi, seguo questa voce.
Non
ho idea di cosa sia, mai mi era capitato qualcosa del genere, quindi voglio
saperne di più: la paura non mi ostacolerà.
Sento
di essere vicina, sempre più vicina … come se, seguendo i battiti, fossi
arrivata al cuore.
I
pirati mi hanno seguita, ma non importa.
Ecco,
ci sono. Davanti ad un albero che percepisco come il più antico. Qui, qui è il
centro, la fonte.
Che
cosa devo fare?
Che cosa vai
cercando?
Bella
domanda. Conoscenza, Verità. Al di là delle interpretazioni della realtà e
delle opinioni. Scoprire i miliardi di modi in cui la mente ha rielaborato il
vero e poi lasciarmeli alle spalle, spogliarmi di ogni costrutto e trovare
l’essenza eterna e immutabile alla radice di ogni cosa.
Tu sai, pur non
conoscendola, cos’è che permette l’esistenza?
La
vita … la Forza?
Silenzio.
Eh,
era una risposta scontata, mi sa. Non è che, solo perché si tratta di Jedi, “La Forza” diventa automaticamente la soluzione
esatta a qualsiasi domanda.
Il
suolo sotto di me trema per qualche istante.
Apro
gli occhi: parte delle radici che sporgono dal terreno si sono spostate come
tende, rivelando un passaggio. È tutto buio, si intravedono solo alcuni gradini
iniziali che scendono nel sottosuolo.
L’ho
fatto davvero? Ho aperto il tempio?
Com’è
possibile, senza usare la Forza?
“Ottimo,
ottimo! Sapevo non ci avresti delusa!” gioisce Hondo,
passando davanti a me.
Si
avvicina all’ingresso e dà un’occhiata verso il basso. Deve essersi accorto del
buio e della profondità. Dà ordine a un devaroniano
di prendere una torcia e illuminare.
Il
raggio di luce taglia l’aria come un filo bianco, ma non spezza le tenebre,
tutto resta avvolto nell’oscurità.
Hondo resta pensoso
qualche momento. Ordina al devaroniano di iniziare a
scendere.
“Non
so se è sicuro … insomma, potrebbero esserci maledizioni o altro o … o …”
Ohnaka non lo lascia
finire, con una poderosa pacca sulla spalla e lo spinge in avanti.
Il
devaroniano precipita, come se non avesse trovato il
gradino, lo sentiamo cadere, urlare … poi più nulla, senza però nemmeno il
tonfo di schianto.
Inquietante.
“Oh
beh, non era questo l’approccio giusto.” commenta Hondo
con noncuranza, dà un’ultima occhiata al baratro e poi arretra, batte le mani e
chiede: “Allora, qualcuno ha idee? Proposte?”
“È
colpa della Jedi!” esclama suo figlio “Deve aver
aperto una porta maledetta o qualcosa del genere.”
Ecco,
ora ce l’hanno con me. Perché più cerco di migliorare la mia situazione, più la
peggioro?
“Già”
annuisce Hondo “Forse non è una vera Jedi … in fondo sono rimasti solo Skywalker
e quel pilota insopportabile.”
Devo
riguadagnare terreno.
“Aspettate.
Io il portale l’ho aperto, quindi non si discute il mio essere Jedi. Il fatto è che avete avuto troppa fretta, la colpa è vostra.
Che cosa vi ho detto io come prima cosa? PAZIENZA. Si tratta ovviamente di un
sistema di sicurezza a sequenza di combinazioni: ci sono altri passaggi da
fare.”
Mi
avranno creduta?
Comunque
questo ritarderà solo di poco la loro furia. Devo inventarmi qualcosa o
torneranno all’idea iniziale di vendermi come schiava.
Schiava.
Io? Non esiste. Se proprio ci dev’essere qualcuno a
dare ordini, quella sono io.
Nei
miei studi per diventare sacerdotessa ho incontrato insegnanti severi, mi è
stata insegnata la disciplina eccetera, eccetera, ma sono comunque stata
cresciuta per essere una che dirige gli altri e serve gli dei, non gli umani.
E
come se non bastasse, questi Ohnaka mi hanno
addirittura paragonata a una Twi’lek
… anche se è iniziato con un complimento, hanno finito con l’insultarmi.
Sì,
è vero che non sono il genere di donna che gli uomini si fermano a guardare ma
non sono nemmeno brutta. Che hanno di così speciale le Twi’lek? Tutti le considerano le femmine più sensuali di tutta
la Galassia, sembrano essere il sogno erotico di chiunque … ma non è che siano
poi diverse dalle umane. Sì, in genere hanno tutte un corpo perfetto ma ciò non
giustifica come la maggior parte degli esseri maschili si rincoglionisca quando
le vede.
Anche
nei nostri santuari ci sono Twi’lek:
danzatrici professioniste che si esibiscono durante cerimonie e feste. Scuotono
i loro corpi con una grazia che ipnotizza gli uomini, fanno vibrare i loro seni
e i glutei … e tutti le guardano, desiderando solo toccarle, dimenticando tutto
il resto.
Non
le sopporto. Sanno che effetto fanno agli uomini e ne approfittano. Ho visto
padri di famiglia abbandonare moglie e figli per diventare i cagnolini di
queste qua. Che schifo.
Perfino
Jagadayu si è lasciato ammaliare da loro.
Ero
innamoratissima, ma lui non aveva occhi per quelle Twi’lek.
Girik? Idem.
Va
beh, ho rivangato il passato abbastanza. Non è utile per uscire da questa
situazione. Devo trovare …
Un
rombo, il motore di una navetta. Guardo verso il cielo come gli altri. Un
puntino sempre più vicino e grande. È un veicolo spaziale per il corto raggio,
non credo abbia l’iperguida.
“Maledizione
si è già accorto di noi!” esclama qualcuno.
“Forse
non è lui.” azzarda un altro.
“No.”
ringhia Hondo, frustrato “Da queste parti può essere
solo lui.”
“Prepariamo
le armi?” gli chiede il figlio con apprensione.
“No.
Sappiamo che è inutile.” replica il vecchio pirata, rassegnato.
La
navetta sta atterrando proprio in questo momento a pochi passi da noi.
I
contrabbandieri sembrano tutti nervosi e arrabbiati. Chiunque sia arrivato dev’essere una loro vecchia conoscenza e averli rimessi in
riga già diverse volte.
Strano,
però, che Hondo abbia deciso di non combattere; in
quella navetta non ci possono essere molte persone, comunque meno dei pirati.
Il
portello si apre e scende qualcuno.
È
giovane, avrà una decina d’anni in più di me. Ha un fisico invidiabile: spalle
larghe, torace ampio; ha i muscoli di chi è avvezzo a combattere anche senza
armi e si tiene sempre allenato, ma non risulta gonfio, quindi deve essere
anche piuttosto agile.
È
impossibile non notare i suoi occhi azzurri, sono magnetici e catturano subito
l’attenzione: una volta incrociati, non si può smettere di guardarli. Hanno
un’espressione molto dura e severa, così come il resto del volto che, in generale,
pare però seccato.
Ha
capelli lunghi, tirati all’indietro ma spettinati. Verdi.
Un
colore insolito per le capigliature umane, forse li tinge.
Sembra
indossare camicia e pantaloni sotto il lungo cappotto grigio-blu scuro che gli
arriva fino ai piedi, lasciando intravedere appena gli stivaloni.
È
senza dubbio un tipo inusuale.
Dietro
di lui scorgo un astro droide meccanico, bianco e arancione: un modello
vecchissimo! Credo sia fuori produzione da prima dell’Impero.
Noto
che Hondo cerca di scacciare nervosismo e
irritazione, si sforza di sorridere e va verso il nuovo arrivato, pimpante e
salutando: “Jacen! Il mio amico Jacen,
come stai?! Tu guarda che combinazione, che cosa ci fai qua? Come sta la tua
splendida madre?”
Il
giovane si ferma, lo squadra con rimprovero e si limita a ribattere: “Ti avevo
detto di non mettere mai più piede su questo pianeta.”
“Vero,
vero” ammette Ohnaka “Ma avevo una informazione da
darti … no, no, una persona da presentarti, ecco … e non sapevamo come
chiamarti e quindi venire qui era il modo migliore per attirare la tua
attenzione.”
“Bene,
ora che hai sfoggiato la tua fantasia, mi sarei preoccupato se non l’avessi
fatto, dimmi la verità.”
Ha
un tono secco come se non volesse perdere tempo. Sembra così sicuro di sé.
Si
guarda attorno di continuo, però; quasi come se cercasse qualcosa.
“Mi
ritengo offeso.” replica Hondo “Non oserei mai
mentire al mio amico Jacen, come puoi solo pensarlo?”
Quanto
è falso questo pirata?
“Basta.”
gli intima il giovanotto “Sono anni che cerchi di violare il tempio e
saccheggiarlo. Sono stato abbastanza esplicito su quanto ritengo inappropriata
la tua vicinanza ad un qualsiasi luogo od oggetto sacro.”
L’azzurro
sguardo guizzante si blocca all’improvviso. Lo stupore lo colma: ha notato il
varco tra le radici.
“Che
hai fatto?!” domanda con veemenza, senza distogliere gli occhi.
“Te
l’ho detto, è tutto un favore per te.” insiste Hondo,
spingendomi in avanti.
Jacen mi squadra.
È
già la seconda volta nel giro di poche ore che qualcuno mi osserva come se mi stesse
studiando. Inizio ad esserne stufa.
Ohnaka continua: “Ho
trovato questa sorta di Jedi e ho pensato ti
interessasse. L’ho portata qui e ha aperto qualcosa.”
“Lei
avrebbe schiuso il varco?”
“Ehi!”
esclamo “Sono qui, sono in pieno possesso delle mie facoltà, fatemi il favore
di non parlare di me in terza persona come se non ci fossi o non potessi
interagire alla pari con voi.”
“Calmati.”
ordina Jacen “Guardami e dimmi: sei stata davvero
tu.”
Vuol
vedere se mento? Che originalità.
“Sì.
Contento.”
“Zitta.
Hondo, prendi i tuoi pirati e vattene, ora.”
“Non
mi merito almeno qualche credito per il mio impegno?”
“Via.”
Ohnaka sbuffa e
assieme alla sua banda si avvia verso la navetta che ci ha portati qui.
Che
devo fare? Vado?
Non
so se mi fa più paura questo sconosciuto o i contrabbandieri.
“Tu
resta.”
Ecco
subito fugati i miei dubbi.
Aspettiamo
nel totale silenzio che la nave degli Ohnaka sia
partita. È quasi imbarazzante.
“Ho
percepito nella Forza che stava per accadere qualcosa qui e sono partito.” mi
spiega il giovane, senza preamboli “Mentre ero in viaggio, ho savvertito che il tempio era stato aperto. Ne sono stato
molto sorpreso. È un fatto che non dev’essere
trascurato.”
Si
sofferma a guardarmi con sospetto, prima di chiedere: “Sei mai stata addestrata
da qualcuno nell’uso della Forza?”
“No.”
“Come
lo hai aperto, allora?”
“Io
… io ho seguito una voce e ho risposto a delle domande.”
Jacen corruga la
fronte. Sta ragionando, vorrei sapere su cosa.
Alla
fine si decide a parlare: “È strano. Forse la voce ti ha guidata perché ha
sentito la Forza scorrere in te ma si è anche accorta che non sapevi come
agire. Ora, devi entrare nel tempio.”
“No!
Prima uno è sprofondato nel vuoto.”
“Quell’ingresso
non era per lui. Vai.”
Eh,
la fa facile, lui.
“Ma
io non credo …”
“Male.
Iniziamo male. La paura non serve a nulla. Su, scendi.”
È
ostinato! Perché ce l’ha con me? Mi vuole mandare a morire? E poi chi accidenti
è?
“Senti,
io non prendo ordini da nessuno. Devi darmi un motivo serio per convincermi ad
entrare là. Magari, poi, se ti presentassi e mi spiegassi chi sei e cosa vuoi,
sarebbe carino.”
“Conoscere
il mio nome non ti serve. Sapere chi sono non ti riguarda, per il momento. Se
vuoi risposte, entra nel tempio. Potresti morire, è vero, ma se supererai le
prove che ha in serbo per te, allora potrai iniziare un percorso di crescita
straordinario.”
Lo
guardo confusa.
“Se
uscirai da lì, risponderò alle tue domande.”
D’accordo.
Credo che quest’uomo non mi lascerà in pace finché non mi sarò addentrata. In
fondo esplorare il tempio era ciò che volevo … prima che il devaroniano
sparisse.
Via,
devo andare. Sento qualcosa che mi chiama oltre le radici.
Mi
incammino.
Sono
sul varco. Allungo il piede. Troverò il vuoto? …
No.
C’è un gradino e poi un altro e ancora.
Scendo,
tutto è buio, è come se la luce non penetrasse dall’apertura alle mie spalle.
Anelli
di ferro mi stringono il collo, i polsi e le caviglie. Una catena li collega e
mi impedisce di muovermi.
Sono
in fila con altra gente nel mezzo di un mercato.
Il
venditore urla: “Schiavi! Schiave! Comprate qui da noi, abbiamo merce per tutti
i gusti.”
Alla
fine è successo, mi ritrovo ad essere un oggetto in balia di un padrone.
Uomini
e alieni mi passano davanti, qualcuno si ferma a guardare, scuote il capo e se
ne va.
Un
gruppo di bambini, poco lontano, mi addita, ridacchia. Poi qualcuno raccoglie
del fango ne fa delle palline e me le tira addosso.
“Screanzati!”
urlo, provo a muovermi verso di loro per rimproverarli, ma il mercante mi si
para davanti e mi infligge una scarica elettrica.
Sono
stordita per qualche istante, poi riacquisto lucidità.
C’è
un uomo davanti a me, fa una smorfia e dice al mercante: “Davvero pensi di
vendere come schiava una balena come questa?” ridacchia “Faresti meglio a
venderla al mercato bestiame. La carne umana è ben pagata al chilo e con questa
puoi farci una fortuna.”
Continua
a sghignazzare e se ne va.
Mi
guardo la pancia: sono messa davvero così male? Beh non riesco a vederla perché
le tette la coprono.
Arriva
un trio di Twi’lek femmine,
strette in abitini succinti, a malapena inguinali. Ovviamente tutti si voltano
per guardarle.
Passano
pigramente in rassegna gli schiavi. Quando arrivano a me si fermano. Una inizia
a punzecchiarmi in più punti con l’indice come se volesse testare la mia
consistenza, un'altra mi afferra la carne con due dita, la tira come a pizzicarla,
la mostra alle amiche e dice: “Guardate che rotoli di lardo ha questa.”
“Uno
schifo!” rabbrividisce la terza.
“Compriamola.”
propone quella dalla pelle verde.
“Vuoi
un orrore del genere in casa?” chiede la Twi’lek blu “Sarebbe imbarazzante.”
“Ma
no” le spiega la verde “La teniamo giusto il tempo di insegnarle qual è il suo
posto e poi ce ne disfiamo. Guarda, potremmo arrostirla e fare una festa con
tutto il villaggio.”
“Hai
ragione” approva quella arancione “Queste merde devono capire quanto fanno schifo
e che devono servire chi è migliore. Quando ci saremo stufate, oltre a
mangiarcela, potremmo scuoiarla e farci qualche bel completino.” mi strizza i
seni “Ecco, anche con questi potrei farmi un bel paio di scarpette.”
La
blu mi tamburella sulla pancia e commenta: “Qui c’e n’è abbastanza per un
reggiseno.”
La
verde mi passa le mani sulle cosce e osserva: “I pantaloncini che ci ricaverò
da queste faranno impazzire gli uomini.”
Contrattano
sul prezzo, pagano. Il mercante mi toglie dalla fila e mi affida a loro.
La
Twi’lek verde prende la
catena che pende dall’anello che mi stringe il collo e mi ordina di mettermi a
quattro zampe, spiegando: “Le bestie non camminano.”
Questa
è pazza. Provo a dare uno strattone col collo per strapparle la catena di mano
e correre via.
Dimenticavo
che ho anche i piedi legati. Cado a terra. La faccia nella polvere, le sento
ridere. Una di loro mi cammina sopra: che male!
Sento
tirare la catena, mi metto a gattoni e le seguo.
Siamo
dentro la loro casa. Più che una casa è un palazzo, ci sono decine di stanze e
tante altre schiave di ogni razza ed età.
Come
prima cosa mi hanno portata in una specie di fucina, mi hanno spogliata e hanno
gettato i miei vestiti tra le fiamme. Mi hanno fatta rimanere in ginocchio e
appoggiare il busto su una panca, poi hanno iniziato ad arroventare un ferro.
Ho
capito che cos’avevano intenzione di fare. Ho cercato di alzarmi, ma una si è
seduta sulla mia schiena e mi ha tenuta schiacciata sulla panca.
Non
ho visto nulla, ma sapevo. Ho atteso per lunghi istanti e poi eccolo! Ecco il
dolore del ferro rovente: mi hanno marchiata a fuoco così che tutti sappiano a
chi appartengo.
Quella
verde mi ha spiegato le regole: “In quanto bestia, resterai nuda e a quattro
zampe, non potrai parlare se non sotto nostro ordine. Dovrai rivolgerti a noi
chiamandoci dee, padrone, sublimi. Tu, invece, non hai un nome. Quando ti
chiameremo, useremo il primo appellativo che ci verrà in mente, ad esempio
immondizia, botolo di lardo. Capito?”
Mi
sono messa a ridere e le ho risposto: “Scordatevelo. Potete aver pure speso dei
soldi, ma non sarò mai la vostra schiava.”
Ho
provato ad attingere al potere di Kalki per creare un
diversivo e fuggire ma non ci sono riuscita. Ancora non capisco: è la prima
volta che Sri Kalki non mi aiuta. Che cosa è
successo?
Mi
hanno gettata a terra. Una si è seduta sulla mia pancia, un’altra sulle gambe
per tenermi ferma. La verde ha schiacciato il suo piede sulla mia gola, prima
più volte facendomi gran male, poi la premuto con forza fino a farmi mancare il
respiro.
Mi
ha guardata e mi ha chiesto: “Allora, che cosa sei?”
Ho
ignorato il dolore o almeno ci ho provato e ho risposto fieramente: “Sono Devagiri, sacerdotessa di Kalki.”
Mi
ha dato un calcio sulla mandibola, ho sentito il sangue in bocca. Ha sfregato
le suole delle sue scarpe sulla mia faccia, come fossi uno zerbino e poi ha
ripetuto la domanda.
Avrei
voluto non rispondere. Ho visto che stava per sferrare un altro calcio e ho
esclamato: “Immondizia, sono immondizia.”
Mi
ha sputato in faccia, prima di far cenno alle altre due di alzarsi.
Adesso
loro sono a tavola, hanno finito di mangiare. Hanno messo gli avanzi in un
piatto e me lo hanno messo davanti. Devo mangiarlo senza usare le mani,
ovviamente. Preferirei stare a digiuno, ma ho troppa fame.
Mi
osservano e ridacchiano. In più parlottano tra di loro, le sento.
“Guarda
la cagna come mangia bene i nostri scarti.”
“Hai
visto quant’è grossa? Quella mangerebbe qualsiasi cosa, pure i nostri
escrementi.”
“Potrebbe
essere divertente.”
“No,
no. Poi noi mangeremo lei e deve essere nutrita bene.”
“Giusto.
Secondo te quante salsicce e bistecche ci vengono con questa scrofa?”
“Non
so. In ogni caso, troppe.”
Basta.
“Zitte!”
grido furiosa “Chi credete di essere? Io non ho niente da invidiarvi.”
Non
dicono nulla, ma il loro sguardo è raggelante.
La
blu e l’arancione si avventano su di me e mi tengono bloccata sdraiata con la
schiena a terra.
La
verde incombe su di me, tanto per cambiare; si limita a dire: “Passerai tutta
sera con una delle cose che devi invidiarci e userai la tua lingua insolente
per uno scopo migliore.”
Si
toglie il vestito e pure le mutande, si china offrendo il suo sedere al mio
volto.
Bello,
tondo, sodo … ora capisco perché gli uomini lo adorino così tanto.
Le
sue natiche schiacciano la mia faccia, si strusciano un poco. Respiro a fatica
sotto quel capolavoro.
“Lecca.”
sento ordinarmi “Leccalo e bacialo, fammi sentire quanto ti piace.”
Se
non obbedisco, non so che altro si inventeranno per umiliarmi. Apro la bocca e
inizio a passare la lingua su quella pelle liscia.
Siamo
in fila, tutte noi schiave, al cospetto delle nostre padrone. Ci hanno
convocate, non so perché.
Siamo
tutte in ginocchio, in silenzio, mentre loro stanno sedute su un divano e ci
osservano, bisbigliando tra loro, non riesco a sentire cosa dicono.
Siamo
qui già da diversi minuti e ancora non succede nulla. Perché non si decidono a
parlare?
Ci
dicano quel che vogliono e basta!
Ecco,
la Twi’lek arancione si è
alzata in piedi, fa qualche passetto per raggiungere il centro della stanza.
Raggiante, annuncia: “Domani è un giorno di festa per noi e abbiamo deciso di
celebrarlo con un buon pranzo. Una di voi sarà la portata principale.”
Ci
siamo, è la mia fine.
Avanza
ancora ma non viene verso di me. Si sposta verso una Togruta,
le afferra il mente, sogghigna e dice: “Tu, tu sarai il nostro pasto.”
“No!”
grido, scattando in piedi.
Tutti
mi fissano stupiti, tranne le Twi’lek,
il loro è uno sguardo di sdegno e ira. Non pronunciano una parola, però.
Mi
affretto: “Vi prego, non mangiate né lei, né alcun altro. Questo cannibalismo è
atroce, ponetevi fine, vi supplico.”
“Voi
siete animali, non c’è cannibalismo.” dice la verde, impassibile.
Che
fare? Non posso permettere che lo facciano.
Mi
avvicino al divano, mi getto in ginocchio, mi prostro con i palmi e pure la
fronte che toccano il pavimento.
“Vi
prego, dee, siate clementi e non cibatevi di noi. Sì, siamo in vostro potere e
potete disporre di noi come più vi aggrada, mostrate dunque un poco di
misericordia. Se può servire a preservare in vita le mie compagne, vi giuro che
non oserò mai più disobbedire o protestare. Farò qualunque cosa mi ordiniate,
sarò il vostro poggiapiedi, tappeto, perfino latrina, se necessario per evitare
che una di loro sia cucinata. E se proprio volete carne di schiava per la
vostra festa, prendete me.”
“Hai
detto tante cose interessanti.” dice la capa delle
tre “Voglio sentirne ancora. Dicci un po’ perché meriti di essere la nostra
schiava.”
Sento
il peso dei suoi piedi appoggiarsi sulla mia testa e schiacciarla
ulteriormente.
Mi
faccio forza e rispondo: “Voi … voi siete stupende e io sono mediocre,
confrontata a voi. Sono sempre stata ingiusta verso le Twi’lek, le invidiavo per la bellezza e l’eleganza e le ho
incolpate per le scelte fatte da altri. La mia invidia mi ha portata a
disprezzarle, non sopportavo che avessero più successo di me. Sono cresciuta
credendo che rispetto e ammirazione mi fossero dovuti per diritto di nascita
per la mia appartenenza a una famiglia di sacermaxime; anche se mi sono impegnata negli studi, ho sempre
snobbato gli altri e non ho fatto nulla per guadagnarmi davvero la loro stima o
il loro affetto. Pretendevo che mi fossero dovuti, senza fare nulla per
meritarmeli e con loro sono stata saccente e un po’ sdegnosa. Vedevo gli uomini
affascinati dalle Twi’lek e
davo la colpa alla stupidità degli uni e alla bellezza delle altre, senza mai
mettere in discussione me. Incolpavo il mio corpo anziché il carattere. Avevo
torto, io non sono migliore di altri; fuori da Chalacta,
la mia famiglia non ha importanza … e anche sul mio pianeta devo smettere di
farmi vanto di ciò e capire che, se voglio essere speciale, devo guadagnarmelo con
impegno, fatica e maggiore disponibilità verso il prossimo. L’ho capito troppo
tardi purtroppo, non posso più tornare indietro. Essere vostra schiava è quel
che mi merito per la mia cecità verso i miei errori e limiti e per aver odiato
ingiustamente la vostra razza.”
Taccio.
Non so che altro aggiungere: ho appena detto tutto ciò che non volevo ammettere
con me stessa.
Non
sento più la pressione dei piedi sulla mia nuca. Nessuno parla, anche i rumori
in sottofondo sono spariti.
Provo
ad azzardare a tirare appena su la testa e aprire gli occhi per vedere
l’effetto sortito dalle mie parole.
Buio.
Solo
tenebra tutt’attorno. Le Twi’lek,
le schiave, la stanza: sparite.
Non
c’è … IL TEMPIO!
Ma
certo, il tempio! Sono entrata in un tempio Jedi e …
e … e …?
Che
cos’è accaduto dopo? Non ricordo. Ho iniziato a scendere le scale e poi il
nulla. Allora come ho fatto a finire …?
Ora
capisco! Un’illusione. Un’illusione, certo, ecco quello che dev’essere
stato.
La
Forza deve avermi messa alla prova.
Accidenti,
però, che prova! Sembrava tutto vero, ero assolutamente convinta che tutto ciò
fosse reale e stesse accadendo.
Non è difficile
superare una prova, quando si sa di stare affrontandone una.
La
stessa voce che mi ha condotta fino all’ingresso.
Attorno
a me inizia ad esserci una luce fioca e calda, vedo un pavimento in pietra e
qualche colonna, sorretta dalla statua di un grosso felino con lunghe zanne tra
le fauci spalancate e alte corna.
Essere
consapevoli di trovarsi in un’illusione e di dover superare un ostacolo, rende
tutto più semplice, non trovi?
“In
effetti sì.”
Cerco
attorno, con lo sguardo, chi sta parlando.
La Forza ti ha
fatto vivere un’esperienza tremenda, ma solo così hai potuto abbattere il tuo
grande nemico.
Il
mio grande nemico?
“L’orgoglio?”
Esatto. Orgoglio
e invidia. Non è certo bastato questo a liberarti da questi difetti, ma almeno
li hai riconosciuti, hai ammesso le tue debolezze e hai dimostrato di poter
essere umile e di anteporre il bene di un altro alla tua superbia.
“Perché?
Perché questa prova?”
Gli Jedi sono messi alla prova continuamente, in ogni istante
devono scegliere tra il proprio ego e la Forza. L’abnegazione di alcuni di loro
rende la scelta naturale e invisibile, altri invece devono fare uno sforzo e
ricordare che i desideri personali vengono dopo il bene comune.
Un tempo
crescevamo i bambini fin dai primi mesi di vita per insegnare loro questa
morale e ad essere liberi da ogni attaccamento.
Tu sei già
grande, molti cavalieri Jedi avevano già terminato
l’apprendistato alla tua età. Benché tu non la chiami Forza, sai già usarla, in
minima parte, ma ciò che c’è davvero da imparare non è usare un potere, bensì
dominare sé stessi.
Tu dovrai
spogliarti di orgoglio, superbia e invidia per diventare una Jedi. La prova che hai affrontato era per verificare se nel
tuo animo ci fosse la possibilità di intraprendere questo percorso di
liberazione.
Certi mali si
radicano bene negli animi e da adulti è più difficile correggere i propri
difetti, per questo la prova è stata così dura ed umiliante. Ha esagerato per
estirpare fin nel profondo le tue debolezze.
Ora che le
conosci, fa del tuo meglio per eliminarle e diventare più forte.
“Vuol
dire che potrei diventare una Jedi? Ma io non l’ho
chiesto.”
Nessuno ti
obbliga a diventarlo. Oggi, qui, ti si è offerta un’opportunità e ti si è
mostrata una strada. La decisione è tua.
Quando nulla del
mondo esterno potrà influenzare il tuo giudizio di giusto e sbagliato, bene e
male, allora sarai una Jedi.
“Ma
non posso farcela da sola.”
Non hai incontrato
Jacen per caso: la Forza vi ha fatti incontrare.
Non è un
Maestro, ma saprà consigliarti e guidarti, se gli chiederai aiuto.
Anch’io sarò
pronto a darti suggerimenti e rivelarti qualcosa, se sarai in grado di
contattarmi con la Forza.
“Non
lo stiamo già facendo, adesso?”
No. È il tempio
che ti ha permesso di comunicare con me. Accrescendo il tuo equilibrio nella
Forza, potrai trovare il modo di parlarmi ovunque tu sia.
Adesso va.
“Un’ultima
cosa, soltanto. Chi sei? Qual è il tuo nome?”
Un tempo ero chiamato
MaceWindu.
Più
nulla. Solo altro silenzio.
D’improvviso
la stanza si fa più luminosa: è la luce che scende attraverso il vano della
scalinata.
È
ora di uscire. Risalgo le scale e trovo il giovane seduto a gambe incrociate e
occhi chiusi. Starà meditando?
Solleva
le palpebre, mi scruta, le sue labbra rimangono dure e serie.
“Sei
riuscita, allora. Buon per te. Seguimi.”
“Non
vuoi sapere che cosa mi è successo?”
“No.
Sono questioni personali e riguardano solo te.”
“Ah.
Perché vuoi che ti segua? Dove andiamo?”
“La
meta la scoprirai quando arriveremo. Mi devi seguire perché voglio tenerti
d’occhio ed evitare che ti prenda il lato Oscuro.”
“Lato
Oscuro?”
Era
praticato dai Sith.
“Esatto.
Di rado, noto anche come disequilibrio.”
“Ma
luce e oscurità non dovrebbero coesistere per avere un equilibrio tra di loro?”
Sono
un po’ confusa, ho letto molto al riguardo: decine e decine di teorie
discordanti.
“No.
La luce è equilibrio, l’Oscurità è follia, disordine, incapacità di
controllarsi, essere vittima delle proprie passioni, schiavitù. L’Oscurità è la
condizione della maggior parte degli esseri senzienti, chi più chi meno. Chi è
sensibile alla Forza ha accesso a un grande potere e deve esserne responsabile,
altrimenti finirà con il danneggiare sé stesso e gli altri in modi
catastrofici. Non ho intenzione di lasciare al Lato Oscuro altri sensibili alla
Forza, anche a costo di ucciderli. Pensa bene a quello che fai, dunque.”
“Mi
stai dicendo che sono obbligata a seguirti affinché tu possa controllarmi ed
eventualmente ammazzarmi?”
È
pazzo oppure serio? Certo la sua franchezza è disarmante.
“Vuoi
fare il riassunto di ogni cosa che dico? Comunque, farò del mio meglio per
tenerti nella luce.”
“Grazie.”
gli sorrido “Anche la voce nel tempio mi ha consigliato di rivolgermi a te.”
“Voce
… È già la seconda volta che ne parli. Hai capito di chi o cosa sia?”
“Ha
detto di essere stato MaceWindu.
Per quanto ne so, era il capo del Consiglio degli Jedi
quando la Repubblica è caduta e l’Imperatore l’ha incolpato di aver orchestrato
il complotto contro la democrazia, facendo pure pubblicare dei falsi diari per
avvalorare le accuse.”
Jacen non dà valore a
questo mio sfoggio di conoscenza di storia. Si volta e si incammina verso la
sua navetta.
“Il
Maestro Windu … Tu sei di Chalacta,
vero?”
“Sì.”
“…
e hai incontrato me. La Forza fa proprio le cose per bene, quando s’impegna.”
Jacen si è messo ai
comandi della nave e non mi ha più rivolto la parola. Potrebbe inserire il
pilota automatico, oppure lasciare la guida all’unità C1 che c’è a bordo, ma
evidentemente preferisce pilotare ed ignorarmi.
Che
strano tipo, non sembra molto socievole, eppure ha voluto che partissi con lui.
Beh, sì, l’ha fatto per precauzione, però …
Va
beh, avrò modo di conoscerlo.
Mi
chiedo, piuttosto, perché ho accettato così facilmente di seguirlo. Non so
niente di lui e io volevo esplorare la Galassia, invece mi ritrovo con uno
sconosciuto che dovrebbe aiutarmi a diventare una Jedi.
Voglio
diventarlo?
Boh!
Quanto è diverso da essere sacerdotessa? Erano guardiani di pace e giustizia,
ma c’erano molte differenze nell’Ordine, molti ruoli e specializzazioni
differenti. Mi ha sempre affascinata soprattutto la loro filosofia, meno la
parte più attiva, anche se le spade laser mi sono sempre piaciute. Non ne ho
mai vista una vera, ma una volta papà mi ha mostrato un ologramma in cui si
vedeva Skywalker maneggiarne una: meraviglioso!
Non
so se essere Jedi sia la mia vocazione, ma
effettivamente non credo che tutto ciò che mi è successo da quando ho
abbandonato casa sia semplice frutto del caso. Credo anch’io che sia stata la
Forza a portarmi fino a questo punto, quindi perché ignorare le sue
indicazioni?
Inoltre,
ho parlato con il … fantasma (sarà una parola adatta?) di uno dei migliori
Maestri Jedi dell’ultima generazione, sarebbe stupido
rifiutare questa chiamata.
Il
mio programma è completamente stravolto, ma penso che non sarò delusa da questo
nuovo cammino.
Usciti
dall’atmosfera, abbiamo viaggiato per alcune ore, senza saltare
nell’iperspazio: come pensavo, questa è una nave da trasporto senza iperguida.
Jacen continua a
tacere. Benché mi abbia praticamente costretta a seguirlo, non sembra affatto
contento di avermi qui. Credo che mi ritenga un peso o una responsabilità.
Non
mi piace, però, starmene qui ad aspettare senza far niente. Mi faccio avanti
nella zona di pilotaggio e provo a parlargli.
“Avevi
detto che, se fossi uscita viva dal tempio, avresti risposto alle mie domande.”
“L’ho
fatto.”
“Non
mi hai detto chi sei. Ho capito che ti chiami Jacen …
e poi? Sei uno Jedi? Come conosci Ohnaka?”
“Ti
fa così paura non sapere ogni cosa, non poterla controllare?”
“L’ignoranza
è fonte di tutti i mali. Inoltre, mio padre mi ha insegnato l’importanza delle
informazioni: la vita di una persona può dipendere da esse.”
“Chi
è tuo padre?”
“Non
mi dici nulla di te e pretendi che io ti riveli tutto ciò che chiedi?”
“Syndulla è il mio cognome. Cos’è cambiato, ora che lo sai?”
“Syndulla …”
È
un cognome che ho già sentito.
“Sei
parente di ChamSyndulla,
il grande patriota e difensore di Ryloth? E del
Generale Syndulla dell’Alleanza Ribelle?”
“Indovinato.”
dice senza entusiasmo, anzi quasi sarcastico “Sono mio nonno e mia madre.”
“Ma
tu sembri un umano … non hai nulla del retaggio Twi’lek … o sbaglio?”
È
una mia impressione o sono perseguitata da questa razza?
“Mio
padre era un umano, ho preso molto da lui. Dal ramo di mia madre ho ereditato
il colore dei capelli e qualcos’altro che di solito non si vede.”
Sbaglio
o sembrava un’allusione sessuale? Preferisco non indagare.
Papà
mi ha mai detto qualcosa sul compagno del Generale Syndulla?
Non che abbia mai raccontato molto di lei; già che non ama molto parlare della
propria militanza nell’Alleanza Ribelle.
Mi
sono spesso chiesta perché sia schivo su questo argomento, non credo che si
vergogni di quelle azioni, anzi ne parla con orgoglio. Penso piuttosto che
voglia in un certo senso proteggere me e mia madre, anche se non saprei da
cosa.
Uh,
ora ricordo: una volta papà aveva accennato al fatto che il Generale Syndulla, nei primi anni della Ribellione, fosse in
intimità con uno Jedi sopravvissuto all’Ordine 66;
poi ha cambiato bruscamente argomento.
Dev’essere lui il padre di Jacen. Gli Jedi, però, non
potevano avere relazioni, tanto meno figli.
“Tuo
padre era uno Jedi?”
Se
è possibile, sembra ancor più cupo di prima.
“Non
l’ho mai conosciuto, però sì, era KananJarrus, Cavaliere Jedi. Contenta,
adesso?”
“Non
era vietato per gli Jedi avere relazioni amorose?”
“Non
esisteva più un Ordine, a quei tempi. Inoltre, lui non si è mai lasciato
vincere dall’attaccamento, il Lato Oscuro non è mai riuscito a farlo avvicinare
a sé. Così almeno mi racconta mia madre.”
C’è
amarezza nella sua voce, con una punta di fierezza. Forse ho toccato un tasto
dolente.
“E tu sei uno Jedi?”
“Per
rispondere, dovremmo stabilire che cosa sia uno Jedi,
adesso. Prima che tu aggiunga altro: no, non ho intenzione di iniziare un
dibattito al riguardo in questo momento.”
Uffa,
perché deve fare il misterioso a tutti i costi? Ogni volta che sembra svelare
qualcosa, diventa invece più elusivo.
“Sei
stato addestrato?”
La
sua risposta suona più che altro come un mugugno ma dovrebbe sembrare un sì.
Azzardo
un’altra domanda: “Hai conosciuto Luke Skywalker?”
Tace.
“Siamo
arrivati. Devo iniziare l’atterraggio.”
Sposto
lo sguardo fuori dal parabrezza e solo adesso mi accorgo della grande sfera
grigia e azzurra davanti a noi. Un pianeta? Un satellite?
Iniziamo
a scendere nell’atmosfera, ci tuffiamo tra le nuvole e presto vedo anche il
suolo, molto più sotto di noi. In lontananza scorgo alcune torri grigie,
luccicanti per le vetrate a specchio, ci sono anche dei bunker.
Stiamo
entrando in uno spazio aereo protetto. Dalla radio si sente una voce: “Qui base
Phoenix, identificatevi.”
“Qui
Spectre 7, viaggio sul Fantasma. Richiedo permesso di
atterrare.”
“Affermativo.
La piazzola A33 ti aspetta come al solito. Ben tornato, J.”
“Grazie,
Zaq.”
“Ah,
ti consiglio di andare immediatamente dal Generale. Sei partito senza dirle
nulla, esige spiegazioni.”
“Andrò
subito, non ti preoccupare.”
“Bene,
perché non piace a nessuno, quando è alterata.”
Jacen soffoca una risata
in uno sbuffo. Sembra più divertito che seccato; questo generale deve avere un
bel caratterino.
La
navetta atterra in una piazzola occupata già in gran parte da un mercantile corelliano, il modello non lo so. Le navette non sono mai
state la mia passione, anche se mio padre ne parla spesso e ha un vero debole
per i mercantili di Corellia.
Prima
di scendere, Jacen lascia alcune istruzioni al
droide, poi si volta verso di me.
“Stammi
vicina e non perderti. La base è grandicella, gli uomini sospettosi e tu non
hai nessun identificativo, per ora. Se qualcuno ti beccasse a gironzolare da
sola, passeresti guai, quindi tieni il passo.”
Attraversiamo
l’hangar rapidamente, intravedo qualche pilota e meccanico, dediti alla
manutenzione di caccia e altre navicelle. Arriviamo davanti al bungalow più
grande, davanti alla porta ci sono due sentinelle che, amichevoli, salutano Jacen. Lui ricambia, sembra molto più rilassato e gentile
rispetto a prima. Si avvicina a una piccola tastiera incastonata nella parete e
digita un codice, passa una tessera in una fessura, si lascia scansionare la
retina e poi finalmente le ante della porta scorrono, nascondendosi nella
parete e lasciandoci passare.
Dopo
essere passati per alcuni corridoi su cui si aprono numerosi usci, raggiungiamo
un ascensore e saliamo fino in cima ad una delle torri che ho visto, prima di
atterrare.
Dopo
aver bussato, otteniamo il permesso di entrare in quello che mi pare possa
definirsi l’ufficio dell’alto comando: ci sono molti schermi appesi alle pareti
e un tavolo ovale al centro della stanza. Attorno ad esso diverse persone: una
donna di mezza età, stretta in un’armatura mandaloriana,
coi capelli color coda di pavone; un uomo più anziano con capelli e barba ormai
bianchi, solo il mento è rasato, molto robusto, dev’essere
un combattente sul campo e non un pilota; accanto a lui un bestione violaceo,
quasi uno wookie spelacchiato … forse un lasat. Infine, una Twi’lek col volto solcato da rughe, forse invecchiata un po’
precocemente, ma col cipiglio ancora fiero e combattivo. Dev’essere
il Generale Syndulla.
Appena
ci vede entrare, scocca un’occhiataccia a Jacen,
punta le mani sul tavolo, inspira profondamente ed esclama: “JacenCalebSyndulla,
dove sei stato?! Sei partito senza preavviso, non hai informato nessuno.”
“Mamma,
ho 33 anni, non devo comunicarti ogni volta che esco, smettila di trattarmi
come un ragazzino.”
“Irresponsabile!
Siamo in una base militare, ci sono procedure da seguire. Nessuno, nemmeno io,
può partire senza aver depositato il piano di volo e aver ottenuto
l’autorizzazione. Siamo l’Intelligence segreta della Resistenza, dobbiamo
tenere la massima disciplina, rispettare i protocolli per la sicurezza. Come se
non bastasse, hai condotto qui un’estranea: per quale motivo la ritieni degna
di fiducia al punto da portarla qui?”
“Hai
finito?” replica Jacen, impassibile alla sfuriata “Se
vuoi degradarmi per insubordinazione, fallo pure ma …”
“Non
tentarmi.” lo zittisce Hera “Questo è per quanto
riguarda disciplina e sicurezza. Ora, visto che so che agisci solo con attente
motivazioni, ti lascio cinque minuti per giustificare le tue azioni.”
Il
giovane racconta in poche ed essenziali parole quel che è accaduto al tempio.
Il
Generale non risponde subito, si sofferma a riflettere per interminabili momenti.
Infine annuisce e ammette: “Sì, non sei stato avventato e le circostanze
richiedevano tempestività. La prossima volta, però, manda un messaggio mentre
sei in volo. Ci siamo molto preoccupati: non avevamo notizie di te e abbiamo
avuto paura ti fossi recato da solo su Alpinn …”
“Che
sta succedendo su Alpinn?” la interrompe, brusco, il
figlio.
“Se
non avessi saltato la riunione di stamattina, lo sapresti. La comunicazione ci
è arrivata nella notte dalla nostra vedetta. Abbiamo pensato che tu l’avessi
ascoltata anzitempo e fossi partito per una missione solitaria.”
“Che
sta succedendo su Alpinn?” ribadisce Jacen, rimasto ancora senza risposta.
“Kallus, fa partire la registrazione, per favore.”
L’umano
dai capelli candidi preme un paio di bottoni su una console appoggiata sul
tavolo e compare un ologramma. È di un giovane Mon
Calamari.
“Qui
capitano UtryanAckbar, di
vedetta ad Alpinn. I nostri sospetti sono stati
confermati. Due ore fa è entrata nell’atmosfera una nave del Primo Ordine. Ho
inviato un droide-sonda per raccogliere dati ma sono state distrutte. L’unica
cosa che è riuscito a trasmettere è l’immagine di un Cavaliere di Ren, atterrato nella zona del campo archeologico. Non
sappiamo ancora che cosa cerchino per l’esattezza. Sto preparando il mio caccia
per una ricognizione, vi aggiornerò non appena ci saranno nuove informazioni.
Chiudo.”
“C’è
altro?” chiede Jacen con un filo di speranza nella
voce tremante.
Kallus scuote la testa
e risponde: “Non abbiamo ricevuto ulteriori comunicazioni e tutti i miei tentativi
di mettermi in contatto con il capitano, sono falliti.”
Il
giovane stringe i pugni e lo sento soffocare un ringhio. Scrolla le spalle,
pare rilassarsi.
La
sua voce è ferma e irremovibile, quando dice: “Preparo lo Spettro è parto.”
“Con
quale equipaggio?” domanda il Generale con un sorrisetto che par di sfida.
“Vado
da solo.” replica lui a denti stretti.
“È
fuori discussione, ti proibisco di fare ancora una volta il lupo solitario.”
“C’è
almeno un cavaliere di Ren e di solito non viaggiano
da soli.” ribatte Jacen con veemenza “Non rischierò
la vita di qualcuno, portandolo in una missione contro di loro.”
“Preoccupati
per te e lascia correre rischi agli altri.” lo ammonisce la mandaloriana
“Non sei immortale e la sottoscritta ha salvato diverse volte anche tuo padre,
ai tempi dell’Impero. Non credere di potertela cavare da solo, anche gli Jedi hanno bisogno di aiuto.”
Jacen sbuffa,
arrendendosi: “Va bene, organizzerò una squadra. Contenti? La squadra servirà
per cercare Utryan e interverrà contro i soldati del
Primo ordine, se necessario. Io mi occuperò del Cavaliere di Ren, altri non si avvicineranno a lui … o loro.”
“Va
bene, è già un buon compromesso.” accetta Hera
“Sabine, vuoi andare tu o hai qualcuno in mente delle forze mandaloriane?”
“Credevo
di sceglierla io, la mia squadra.” borbotta Jacen,
senza essere ascoltato.
“Mia
nipote Qyrin, la figlia minore di Tristan,
è stanca di aspettare, un po’ di azione le farà bene.”
Jacen solleva gli
occhi al cielo e commenta, sarcastico: “Una principiante, ottimo! Certo è
l’occasione migliore per farla iniziare.”
“Qyrin è stata addestrata nella guardia di elitè di Mandalore.” specifica
Sabine “Ha partecipato a diverse missioni della Nuova Repubblica. È solo nella
Resistenza che non ha ancora avuto occasione di dimostrare le proprie abilità.”
“Bene.
Qualcun altro?” domanda Jacen.
“Mi
offro io.” annuncia Kallus “Utryan
è un mio allievo, dopotutto, ho promesso all’Ammiraglio Ackbar
che mi sarei preso cura di lui, quindi mi sembra doveroso partecipare.”
“Questo
è giusto. Posso scegliere da solo gli altri membri? Direi un altro paio,
probabilmente Fyel eZorh-a, e siamo a posto.”
Il
Generale annuisce, poi sposta lo sguardo su di me e aggiunge: “Porta anche lei.
Hai deciso di accoglierla e di seguire la sua formazione, quindi è tua
responsabilità portarla anche in missioni.”
Sono
una sua responsabilità? Cielo, sembra
che Jacen abbia portato a casa un animaletto
abbandonato e non una persona.
“Si
sta appena approcciando alla Forza, non mi pare il caso di portarla faccia a
faccia con i Cavalieri di Ren.”
Questa
volta il suo tono è diverso, non mi pare seccato, anzi lascia trapelare sincera
preoccupazione. Credo che davvero non voglia mettermi in pericolo.
La
Twi’lek continua a
scrutarmi e chiede con voce dolce: “Questo testone ha ragione nel dire che i
Cavalieri di Ren sono avversari temibili anche per
chi non è in missione per la prima volta. La mia esperienza, però, mi ha
insegnato che l’unico modo per imparare è affrontare le sfide, perché quando si
è alle prime armi, qualsiasi missione è difficoltosa … senza contare che anche
la più semplice si può complicare. Abituarsi ad agire al di fuori delle proprie
aree di sicurezza è la sola via per migliorare ed è necessario per non essere
d’intralcio alla Resistenza. Quindi non ti dico di seguire mio figlio contro i
Cavalieri di Ren (detto tra noi, preferirei che anche
lui non li sfidasse apertamente) ma potresti aiutare il resto della squadra.
Che cosa ne pensi?”
Wow,
chiedono addirittura la mia opinione!
Era
anche ora.
A
quanto pare sono stata arruolata nella Resistenza. Se volevo fare esperienze
nuove, eccomi accontentata.
Voglio
davvero rischiare la vita per contribuire alla causa?
Papà
mi ha parlato del Primo Ordine e del pericolo che costituisce: è come l’Impero
se non peggio.
L’Impero
non ha avuto alcun riguardo per le culture, la storia e le arti; le ha sempre
spazzate via, se necessario per le sue industrie, non ha mai voluto conservare
il passato e l’individualità dei popoli.
Non
credo che questi del Primo Ordine abbiano maggior rispetto di tradizioni e
arti.
Se
voglio avere ancora culture da scoprire e studiare, converrà che aiuti la
Resistenza.
In
più mi pare sia stato nominato un campo archeologico, dev’essere
interessante.
“Non
ho mai combattuto per davvero, solo in addestramento … e comunque non un
addestramento militare. Mi metto però volentieri a disposizione per questa
missione e per altre future. Farò del mio meglio e spero di non creare
problemi.”
“La
buona volontà non basta e non è sufficiente fare del proprio meglio, si deve
sempre cercare di fare di più.” dice la mandaloriana
“Contano i fatti, non le belle parole. Quindi ti auguro buona fortuna per
questa prima prova. Hai una tua arma o fai un salto all’arsenale con me?”
“Sì,
ho decisamente bisogno di una vibrosaber.”
“Ottimo.”
conclude il Generale “Jacen, completa il tuo
equipaggio e prepara lo Spettro.
Sabine, verrò anch’io all’armeria, voglio scambiare qualche parola in più con
la nuova recluta e conoscerla un poco meglio.”
Così
ci dividiamo, Jacen torna verso l’hangar, mentre io
seguo la mandaloriana e la Twi’lek.
C’è
un bunker interamente adibito ad arsenale, le armi sono divise per tipologie.
Non sono un’esperta, ma ho l’impressione che siano piuttosto ben forniti,
almeno per quanto riguarda la varietà, per i numeri non saprei, visto che non
ho idea di quanti soldati ci siano qua.
Durante
il tragitto, il generale Syndulla mi ha fatto diverse
domande sulla mia versione dei fatti circa come sono arrivata al tempio e
l’incontro con Jacen, ho dato risposte cortesi ed
esaustive. Mi ha poi chiesto di me e delle mie origini e su quest’ultimo punto
sono stata un po’ evasiva. Mi dispiace in parte, non vorrei mentire, ma nemmeno
essere rispedita su Chalacta.
Intanto
Sabine mi strafacendo vedere e provare alcune spade: lunghe a due mani, con
doppia lama, corte, standard, seghettate …
C’è
davvero un’ampia scelta. Alla fine opto per una vibrosaber
che può essere utilizzata sia ad una che a due mani e un disco che può andare
bene sia come arma da lancio, sia per la mischia.
La
mandaloriana decide poi di fermarsi nell’arsenale per
dei controlli o qualcosa del genere, mentre il generale mi riaccompagna verso
la piazzola di atterraggio.
“Sono
contenta della tua adesione alla Resistenza.” mi dice infine.
“Immagino
che due braccia in più siano sempre gradite. Vi ringrazio per l’accoglienza
benevola e la fiducia accordatami.”
“Qui
nessuno è solo un paio di braccia. Siamo convinti che tutti abbiano delle
specialità che lo rendono unico e non rimpiazzabile. Ti chiedo il favore di
essere paziente con Jacen: da alcuni anni è diventato
più chiuso e scontroso; ha le sue buone ragioni, certo, ma a volte è davvero
difficile trattare con lui. Fatico io che sono sua madre, non oso immaginare
come potrà essere per te.”
“Non
preoccupatevi, generale. Mi è sembrato un bravo giovane, nonostante le maniere.
Non me la prenderò.”
“Lo
spero. Se ti aiuterà nel cammino della Forza, come si è detto intenzionato,
trascorrerete molto tempo assieme … quindi forse ti servirà tanta pazienza.”
Non
so bene come rispondere, per fortuna lei continua a parlare.
“Credo
sia un bene questa sua iniziativa … Mi sembra che sia la sua prima vera
reazione da diversi anni a questa parte. Spero che lo aiuti a tornare come era
una volta.”
Ah,
quindi non è sempre stato scorbutico.
Scorbutico
forse è una parola grossa; rude e sbrigativo forse sono più adatte.
Chissà
com’era prima … chissà che gli è successo.
Vorrei
chiederlo ma forse è presto per sapere qualcosa di così personale, non vorrei
sembrare invadente. Se riterranno giusto parlarmene, lo faranno.
“Non
immaginavo che la mia presenza potesse essere così … positiva? Auspico di non
deludere.”
Hera trattiene una
risatina e poi mi rassicura: “Non essere nervosa, non ce n’è bisogno … Anzi,
forse sono io che mi creo aspettative per poco, il fatto è che … vorrei tanto
che ritrovasse la sua serenità. Via, non voglio aggiungere altro peso sulle tue
spalle, non ci pensare.”
“Come
preferite.”
Siamo
ormai nell’hangar e passiamo attraverso le piazzole.
Non
so bene cosa dire. Meglio smorzare questa tensione. È con spensieratezza che
dico: “Beh, io sono qui per imparare e mi adatterò.”
La
Twi’lek si ferma, come se
un pensiero o un’intuizione le balenasse nella mente in questo istante. Il suo
sguardo indugia qualche istante su di me, poi commenta: “Mi ricordi qualcuno …
ma non saprei chi.”
Se
le ricordo mio padre, è un problema.
Scuoto
le spalle e replico: “La Galassia è grande, ci sono così tante persone che è
facile trovare similitudini. Siamo arrivate alla piazzola, giusto?”
Sì,
mi pare proprio che sia questa, anche se non vedo la navetta con cui sono
arrivata ma solo il mercantile corelliano. Un
momento! La navetta è agganciata al tetto del mercantile. Quindi le prendiamo
entrambe?
“Bene,
finalmente ci siamo tutti.” ci accoglie Jacen,
appoggiato con la schiena alla parete in cima alla rampa d’accesso.
Hera ci guarda tutti
quanti, sorride e ci augura: “Che la Forza sia con voi.”
È
ora di partire! Corro per salire a bordo. Eccomi qua, assieme al resto
dell’equipaggio: una ragazza più giovane di me in armatura mandaloriana,
il signor Kallus già visto in precedenza, due kalleran e l’astromeccanico
bianco e arancione.
Si
parte. La nave si solleva in volo, lasciamo l’atmosfera. Il segnale di
allacciare le cinture di sicurezza. Mi siedo, mi lego, sollevo lo sguardo fuori
dal vetro. Le stelle si allungano e da puntini diventano strisce bianche:
l’iperspazio!
Il
viaggio non è stato lungo, ma ho avuto la possibilità di scambiare qualche
parola più o meno con tutti i miei compagni di missione.
Caspita!
Sono tutti militanti provetti con molte esperienze di guerra o battaglia alle spalle.
Non so se sentirmi più al sicuro o in imbarazzo. Qyrin
ha combattuto innumerevoli volte su Mandalore, per
via di lotte per il potere tra i clan. Fyel e Zorh-a, i kalleran, sono stati
contrabbandieri per svariati anni, prima di decidere di dedicarsi alla causa
della Resistenza; non ho avuto modo di approfondire le ragioni di questo cambio
di vita, ma è assai probabile c’entri il fatto che il loro pianeta sia stato
occupato dal Primo Ordine.
Infine
c’è Kallus, il veterano, mi stupisco di come sia pronto
a partecipare ad una missione sul campo. Non doveva essere giovanissimo ai
tempi dell’Alleanza Ribelle, infatti mi pare abbia superato i settant’anni,
eppure eccolo qui, pronto a combattere. Che coraggio e che ardimento!
Potrebbe
rimanersene in sala comando e nessuno lo riproverebbe, invece preferisce
esporsi in prima persona. Dovrebbe essere preso ad esempio da molti.
Mi
ha parlato a lungo, dandomi qualche indicazione su come comportarmi, quando si
arriverà allo scontro: come appostarmi per un agguato di sorpresa, come
ripararmi dietro ad un angolo in caso di sparatoria e come controllare la
situazione senza essere colpita, cose di questo genere.
“Ad
ogni modo” ha aggiunto infine “Tu sta dietro di me, per sicurezza.”
Lo
ringrazio e per l’ennesima volta dico che farò del mio meglio. Mi sembra di
essere un pappagallo, ormai, ma davvero non so che altro dire. Posso solo
aspettare di avere l’occasione di mettermi alla prova e scoprire assieme agli
altri quale sia il mio meglio.
Usciti
dall’iperspazio, ci troviamo in orbita attorno ad Alpinn:
è bianchissimo e luminoso, merito della sua superficie di cristalli.
Per
nostra sfortuna, non siamo soli qui: c’è anche un incrociatore con le insegne
del primo ordine.
“Almeno
non è uno Star Destroyer.” commenta Zorh-a, con una punta di ironia.
“Dai,
è pure piccolino.” gli fa eco Fyel, cercando di
infondere ottimismo.
“Appena
ci rileveranno, ci invieranno contro una squadra di TIE e noi siamo senza
caccia.” borbotta Qyrin ma pare star già pensando ad
una strategia.
“Intanto
occulto la nostra presenza.” annuncia Fyel che sta
già premendo tasti alla console.
“Non
è una nave dell’esercito del Primo Ordine, anche se ne porta le insegne.”
constata Kallus, osservando attentamente la nave
nemica “Ha anche il simbolo dei Cavalieri di Ren,
deve appartenere a loro. Jacen, percepisci qualcosa?”
“Nulla
di particolare, solo un leggero disturbo, ma probabilmente non è nulla di
importante. Il o i cavalieri devono essere sul pianeta, mentre a bordo sono
stati lasciati solo soldati. Credo che Utryan sia
tenuto prigioniero lì.”
“Speriamo”
replica Qyrin, dubbiosa “Il Primo Ordine tende a
uccidere non fare prigionieri.”
Kallus le risponde:
“Riteniamo che il giovane Ackbar possa essere
torturato per ottenere informazioni, per questo abbiamo organizzato una squadra
di salvataggio.”
“Quindi
qual è il piano?” chiede Zorh-a, continuando a
guardare, nervoso, l’incrociatore.
“Io
prendo il Fantasma” spiega Jacen “Faccio un po’ di confusione e li distraggo. Quando saranno
usciti allo scoperto un po’ di TIE, interverrete voi: abbattete qualche caccia,
se ne avete l’opportunità, ma il vostro obbiettivo deve essere penetrare
nell’hangar, quindi dovrete far saltare i cannoni che proteggono l’ingresso. So
che Zorh-a non mi deluderà come tiratore scelto. Una
volta che sarete a bordo, dovete prendere il controllo della nave, oppure
mandare qualcuno a liberare Utryan mentre altri
difendono lo Spettro. Date la
possibilità a Chopper di inserirsi nel sistema computerizzato e vi dirà con
precisione quanti soldati ci sono a bordo e il livello di sicurezza. Per quella
che è la mia esperienza, ritengo che l’equipaggio sia poco numeroso: la nave è
stata scelta non per trasportare molti soldati ma per avere spazio per
imbarcare quel che sono venuti a cercare. Per fortuna, non lo hanno ancora
trovato, altrimenti l’incrociatore non rimarrebbe in attesa in orbita.
Liberatomi dei caccia, andrò a terra per la mia missione.”
Ormai
sono curiosa, quindi chiedo: “Che cosa c’è di così interessante e di valore nel
campo archeologico di Alpinn? Che cos’è che cercano i
Cavalieri di Ren?”
Che
poi non so nemmeno esattamente che cosa siano questi Cavalieri di Ren.
Le
fonti antiche e gli annali del passato non li hanno mai nominati, ergo devono
essere nuovi. Ne ho sentito parlare negli ultimi anni, origliando i discorsi
dei piloti allo spazioporto; in alcune occasioni, alcuni diplomatici o militari
(non ricordo) ne hanno fatto cenno a mia madre, descrivendoli come una
minaccia, dei soldati eccezionali al servizio del Primo Ordine. Il loro capo
dovrebbe chiamarsi KyloRen
e si dice maneggi una spada laser rossa. Ch’io sappia è un’arma dei Sith, quindi forse lo è anche lui … o forse ha solo copiato
la spada.
“Credi
davvero sia il momento di approfondimenti culturali?” mi chiede Jacen, guardandomi storto.
Abbasso
lo sguardo e non aggiungo nulla. Credo proprio che non mi sopporti.
Non
si perde altro tempo. Syndulla esce dalla cabina di
pilotaggio, prende il Fantasma e si
allontana. Kallus è ai comandi dello Spettro e lo dirige dalla parte opposta
per restare il più possibile nascosti. Fyel continua
ad assicurarsi che la nostra nave non sia captata dai radar del Primo Ordine. Zorh-a è andato nella torretta al cannone dorsale, mentre Qyrin ha preso il controllo delle bocche da fuoco sistemate
sotto la cabina di pilotaggio.
Io
sono in piedi e guardo. Che tristezza!
Vediamo
dei colpi di laser sferzare lo scafo dell’incrociatore: Jacendev’essere entrato in azione.
Una
voce dal comunicatore: “Qui Specter 7, vi ho eliminato uno degli ostacoli, adesso …
Eccoli, già tre caccia mi inseguono … Chiudo.”
Dopo
pochi istanti, vediamo i TIE sfrecciare poco lontano dall’incrociatore,
inseguendo il nostro amico. Il Fantasma volteggia
e piroetta, evitando i laser del Primo Ordine, quando inverte la rotta
bersaglia gli avversari che esplodono.
Sembra
proprio che provi gusto a innervosirli e poi farsi inseguire.
“È
il momento.” annuncia Kallus, riavviando i motori.
Sfrecciamo
rapidi, rapidi verso l’hangar aperto, per arrivare prima che possano notarci.
Ci
ritroviamo davanti due caccia che stanno uscendo all’inseguimento. Fyel e Qyrin sparano senza
esitare e vedo i due TIE andare in pezzi. Seguono altri colpi di laser, questa
volta dai cannoni a difesa dell’hangar, per fortuna gli scudi deflettori
resistono, Kallus ha aumentato al massimo l’energia
su quelli anteriori. I nostri tiratori non perdono tempo e, in men che non si dica, le torrette di protezione sono saltate
per aria e noi possiamo atterrare nell’hangar. Continuiamo a fare fuoco per
distruggere i TIE ancora parcheggiati ed eliminare i soldati presenti. Non
possiamo però evitare che sia dato l’allarme.
Sgomberato
l’hangar, per il momento, Kallus affida la nave ai
due kalleran e ordina a me, la mandaloriana
e il droide di seguirlo.
Ecco,
è il momento anche per me di darmi da fare.
Scendiamo
a terra e subito Chopper si connette al computer di bordo. Dopo poco ci
comunica che il Mon Calamari che stiamo cercando è
tenuto prigioniero al livello inferiore.
Kallus mi pare
nervoso: è stupito che altre teste a secchio non abbiano già fatto irruzione.
Decide, comunque, di andare dritto all’obbiettivo. Ci dirigiamo ad un ascensore
e scendiamo al piano di sotto. Facciamo appena in tempo ad imboccare un
corridoio che ci troviamo davanti una pattuglia che comincia a sparare. Un
colpo di blaster mi passa accanto all’orecchio. Balzo
dietro a un angolo, sento il cuore che mi batte all’impazzata. Che fare? Qui si
rischia di morire!
È
come se me ne rendessi conto solamente ora.
Il
rumore dei blaster continua a rimbombare attorno, Kallus e Qyrin tengono la
posizione, ma non riusciamo ad avanzare.
Ho
un’idea: forse è il momento di usare la Forza.
Mi
concentro, cerco di sentire la presenza dei soldati. Finora attingere al potere
di Kalki mi è sempre venuto naturale, ma lo
utilizzavo per cose differenti. Adesso è più strano, non devo distrarmi e devo
percepire gli altri nella Forza … almeno così dicevano i libri.
Avverto
qualcosa. Provo ad imprimere una spinta, magari riesco a farli cadere.
Il
risultato è più misero di quanto mi aspettassi: ho a malapena fatto barcollare
un soldato.
È
stato però utile: le teste a secchio si sono distratte e Qyrin
e Kallus hanno potuto colpirle senza problemi.
“Resta
qui a coprirci la fuga.” ordina l’uomo alla mandaloriana
che annuisce e sceglie con cura il posto migliore per presidiare il passaggio e
tenerlo libero da soldati.
Io
segui Kallus, il mio fiato è corto, non solo perché
correre non è nelle mie abitudini, ma anche perché sono ancora piuttosto
spaventata per la sparatoria. Come può essere vita ordinaria per loro?
Siamo
già nell’area di detenzione, Chopper si ferma davanti alla cella e un attimo
dopo apre la porta. Entriamo e vedo un giovane Mon
Calamari semi-incosciente, sospeso a mezzo metro da terra in una colonna a
campo di forza.
Kallus si avvicina e
lo guarda con compassione. Scommetto che si sta domandando quanto sia stato
torturato.
Il
droide, intanto, disattiva la colonna. Utryan cade in
avanti, ma per fortuna c’è l’uomo pronto a prenderlo e tenerlo in piedi.
“Che
ti hanno fatto? Come stai? Riesci a camminare?” si preoccupa l’uomo.
Lo
sguardo del Mon Calamari è vacuo e solo con un filo
di voce riesce a mormorare: “È una trappola.”
Si
sentono dei colpi di blaster, poi una figura
ammantata di nero compare sulla soglia.
Lo
squadro: è un Nikto, inconfondibile per la spessa e
grinzosa pelle tra il rossastro e il marrone e le corna-zanne che spuntano da
più parti del suo volto.
È
fulmineo nel sollevare il blaster e … NO! … sparare
due colpi contro Kallus e Utryan.
Ma
non sono partiti colpi rossi bensì cerchi blu, quindi li ha solo storditi …
meno male!
Accidenti,
adesso mi ritrovo da sola: che fare?
Accendo
la vibrosaber e mi scaglio contro di lui.
Il
nikto estrae una spada laser e con un solo colpo
taglia a metà la mia arma. Uffa, però, così non vale!
Non
posso arrendermi, devo salvare i miei compagni, non ci sono altre possibilità
eccetto che lasciarmi catturare. No, non accadrà.
Tento
di nuovo di usare la Forza, sperando che vada meglio.
Sì,
questa volta mi sento un po’ più sicura, sento una grande energia nello
spingere all’indietro l’aggressore.
Il
nikto arretra di qualche passo: il suo volto è
sorpreso.
Si
riprende subito dallo stupore, dissipa il mio tentativo e …
Mi
sento travolta da un colpo di Forza, sono sbalzata all’indietro di qualche
metro, sbatto contro al muro. Non ho i piedi a terra, ho le braccia aperte,
cerco di muoverle ma è inutile.
Mi
sta tenendo bloccata alla parete? È con la Forza che ci riesce? Chi è costui?
Mi
si avvicina, abbozza un sorriso che non ha nulla di rassicurante e chiede:
“Scommetto che tu sei la padawan di Syndulla?”
Scoppia
a ridere.
Io
lo guardo esterrefatta e borbotto: “No, veramente …”
Sento
mancarmi il fiato, non posso continuare a parlare. È sempre opera sua? Quant’è
potente questo nikto? Dev’essere
uno dei Cavalieri di Ren.
“È
inutile mentire.” mi ammonisce “So che il tuo maestro sta cercando la mia
compagna giù al campo archeologico. Scommetto che, invece, lui non sapeva di
me, qua: noi riusciamo a nasconderci nella Forza, l’oscurità ci protegge. Non
ti preoccupare, li raggiungeremo presto.”
Detto
ciò, prende un paio di manette e mi lega i polsi. Pochi istanti dopo, entrano
un paio di ufficiali e dei soldati che tengono prigionieri Fyel
e Zorh-a … Dannazione, allora hanno preso anche la
nave.
“Ottimo
lavoro, comandante.” si congratula il nikto
“Chiudeteli in una cella assieme agli altri due e rimanete anche voi con una
postazione per trasmettere ologrammi. Io raggiungerò Lady Shidé
sulla superficie, attendete che ci mettiamo in contatto con voi.”
Che
sta succedendo? Che cosa vuole fare? Se sanno che Jacen
sta andando sul pianeta e questa era una trappola, probabilmente l’obbiettivo
di tutto ciò era lui. Le cose si mettono molto male.
Il
nikto mi porta su una navetta e partiamo. Impieghiamo
pochi minuti ad attraversare l’atmosfera e ritrovarci sul suolo ricoperto di
cristalli di Alpinn.
Anche
se il colore prevalente è il bianco, i riflessi e la rifrazione della luce
formano giochi di colore stupendi. Non posso non ammirarli, nonostante la
pessima situazione!
C’è
un’altra nave parcheggiata qui vicino e non è il Fantasma: Jacen deve essere atterrato più
lontano per precauzione.
Il
nikto mi fa scendere e poco dopo, da dietro alcune
rocce, fa capolino un’altra persona.
È
una togruta, i suoi occhi sono gialli e indossa abiti
che … beh non si addicono proprio ad un campo archeologico, né a un
combattimento … diciamo che sono piuttosto succinti e sarebbero più adatti a
una spiaggia o qualcosa del genere.
“Kumar, che cosa mi hai portato?” chiede lei avvicinandosi
con una camminata da modella, facendo dondolare la spada laser appesa al suo
fianco tondo che segue una vita strettissima.
“È
la padawan di Syndulla, ho
pensato di usarla per farlo uscire allo scoperto. Non si è ancora fatto vedere,
scommetto.”
“Già,
il meticcio è un codardo. Ho avvertito la sua presenza nei dintorni, ma si
nasconde. E dire che ci eravamo organizzati per bene per accoglierlo.”
Il
suo tono è canzonatorio.
“Si
farà vivo, ne sono certo. Scommetto che far assaggiare alla sua padawan la potenza del Lato Oscuro lo convincerà a farsi
avanti.”
Alza
la voce e guarda verso l’orizzonte per aggiungere: “Hai sentito Syndulla? Friggeremo per bene la tua allieva, se non ti fai
vivo entro una manciata di minuti. Shidé ha già
pronti i fulmini.”
“Ehi,
ehi, state commettendo un errore!” esclamo.
Qui,
se non mi do una mossa, finisco male.
Cerco
di spiegare: “Io non sono studente di Jacen. Lo
conosco da poche ore, non credo di essergli simpatica e dubito che rischierà la
vita per salvarmi. Non sono io l’ostaggio adatto per lo scopo.”
“Inutile
mentire.” insiste Kumar “Anche se stessero così le
cose, verrebbe a salvarti. È uno Jedi” pronuncia con
disprezzo questa parola e sputa a terra “E quelli non possono resistere agli
atti eroici. Su Shidé, mi sono stancato di aspettare,
comincia tu.”
No,
no, no!
La
togruta sogghigna, ondeggia un poco su se stessa,
facendo ballonzolare il suo enorme seno in gran parte scoperto. L’aria attorno
alla sua mano comincia a crepitare e si formano piccole scintille elettriche.
Solleva
la mano e poi dice a gran voce, sempre per essere certa di essere sentita:
“Forse questa apprendista apprezzerà il Lato Oscuro e deciderà di votarsi a
noi.”
Pare
conoscere bene i timori di Jacen.
Aaaa! Aaaaaaaaaa!
Due
scariche elettriche, una breve, l’altra più lunga mi hanno attraversato il
corpo. Sono caduta a terra: le ginocchia non mi hanno retto. Un male tremendo,
non so nemmeno a cosa paragonarlo … un tremore ustionante, accompagnato da
migliaia di spilli acuminati che mi infilzavano in ogni millimetro del mio
corpo.
Orribile!
Il
dolore scema lentamente, il mio respiro è corto come dopo una lunga corsa e mi
sento affaticata.
Sono
ancora in ginocchio, vedo la togruta sorridermi con
disprezzo, solleva appena la mano per minacciare un’altra scarica elettrica:
vuole vedere se ne ho paura.
Non
vorrei darle questa soddisfazione, ma credo sia istintivo lasciarmi sfuggire
una smorfia … o forse sono ancora troppo stordita dalla prima scossa per
riuscire a muovere i muscoli della faccia.
“Allora
Syndulla” grida Kumar “Non
ti sei ancora deciso a strisciare fuori? Dobbiamo davvero continuare ad
infierire su di lei? Dov’è la tanto professata nobiltà d’animo di voi Jedi?”
Senza
attendere oltre, questa volta è lui a scaricare fulmini contro di me.
Non
ce la faccio … finisco riversa al suolo e mi contorco per il dolore. Come se
non bastasse, il suolo di cristallo mi graffia.
“Va
bene, smettetela!”
È
la voce di Jacen che ha spezzato le mie urla.
Kumar ha interrotto
quasi subito la scossa.
È
stata molto dura, devo riprendere fiato, la vista è un poco annebbiata: vedo
solo bianco in lontananza e a stento distinguo le sagome più vicine.
L’udito,
però, funziona ancora bene.
“Oh,
finalmente, ti piace fare la prima donna e lasciarti attendere?” domanda il nikto.
Shidé è più diretta:
“Consegnaci la tua spada e poi avanza.”
Alzo
la testa per provare a guardare qualcosa e vedo un tubo la spada volare nelle
mani della togruta che, appena la tocca, provvede a
distruggerla, scomponendola in decine di pezzi e disperdendoli, tenendo con sé
solo un cristallo … dev’essere un kyber.
Mi risulta che su Alpinn ce ne siano, anche se non
sono paragonabili per quantità e dimensioni a quelli che un tempo si trovavano
su Jedha, Ilum o Christophoris.
Dannazione,
sono ostaggio di due sottospecie di Sith che hanno
appena disarmato l’unico che potrebbe fronteggiarli, e mi perdo a pensare alla
geografia produttiva.
Ecco,
però, che vedo avvicinarsi Jacen, tiene le mani
alzate. Il nikto gli ordina di mettersi inginocchio,
poi con la Forza fa fluttuare un paio di manette fin dietro la schiena del
giovane che capisce di dover tenere le braccia dietro la schiena. Appena le
posiziona, i suoi polsi vengono ben legati.
“Bene,
bene, ora possiamo scambiare due chiacchiere. Ci attende un lungo viaggio: il
maestro KyloRen attende
con impazienza di rivederti.”
Un’ombra
attraversa il volto di Jacen, mi pare dispiacere e
non timore.
“Lasciate
andare la ragazza.” chiede il giovane “Avete me, come volevate; lei non vi
serve più.”
“Quando
abbiamo concordato che lei sarebbe mai stata libera di andarsene?” replica Kumar, divertito.
“Non
ve ne fate nulla di lei, è solo una ragazzina con la testa fra le nuvole, non
ha idea di cosa sia la Forza.”
Non
mi arrabbio solo perché spero lo abbia detto solo per risultare persuasivo.
“Meglio
così.” ribatte Shidé, accarezzandomi la spalla con la
punta del piede “Sarà più facile portarla la Lato Oscuro: i Cavalieri di Ren sono sempre alla ricerca di nuovi adepti. E, nel caso
non volesse unirsi a noi, potrà essere un’ottima offerta per gli spettri delle
Sorelle della Notte.”
“Il
rituale!” esclama Jacen, sbalordito e preoccupato “Lo
avete trovato?”
“Non
siamo venuti fin qui solo per te.” risponde Kumar
come se lo stesse rimproverando “Ne abbiamo approfittato per prendere due Sakya con una gorra.
Mostraglielo, Shidé.”
La
togruta sbuffa seccata. È evidente che lei sia la più
pragmatica tra i due. Comunque obbedisce, solleva la mano e poco dopo dalla sua
nave esce fluttuando una lastra di pietra grande come un tavolo da otto. È
ricoperta da iscrizioni ma da qui non le vedo bene.
“L’avete
già decifrata?” chiede ancora Jacen.
“No,
ma alle Sorelle della Notte piacevano parecchio i sacrifici.” spiega Kumar “Scommetto che ci sarà spazio per immolare uno di voi
od entrambi.”
Sorelle
della Notte? Si riferiscono alle streghe di Dathomir?
Improbabile, sono estinte da tempo, porre loro fine è stata forse l’unica
azione giusta dell’Imperatore. I loro rituali, però, possono essere replicati
in effetti.
Le
sacerdotesse di Kalki non hanno mai nascosto la loro
avversione per quelle streghe e i loro poteri oscuri e mefitici. Qualunque cosa
questi due tizi stiano organizzando, dev’essere un
pericolo per molti.
Devo
saperne di più.
“Di
che rituale parlano? E come mai conosci queste persone?” chiedo a Jacen.
“Come,
come, come?” si intromette il nikto, fingendosi
offeso “Non hai parlato alla tua allieva dei tuoi vecchi amici? Non si fa così,
Syndulla, dopo tutto il tempo passato assieme!
Scommetto che Kylo se ne rattristerà parecchio. Guarda,
mi hai veramente deluso.”
Altri
fulmini partono dalla mano del Cavaliere di Ren ma
questa volta colpiscono Jacen. Lo vedo digrignare i
denti e stringere gli occhi, cercando di controllare il dolore.
“Non
lo rovinare.” lo rimprovera Shidé “Il Maestro lo
vuole sano … finché non gli avrà parlato e deciderà che cosa farne di lui.”
“Perché?
Non ha già deciso?” domanda il giovane, provocatorio “Vuole addirittura fingere
un processo?”
I
due Cavalieri hanno lo sguardo fisso su di lui. Io sento che le manette ai miei
polsi si aprono. È stato lui con la Forza?
“Sai
meglio di noi com’è fatto.” ribatté Kumar, divertito
“In fondo ha un buon cuore e nutre speranza anche per te.”
“Peccato
non avrà la possibilità di parlarmi … certo, se ci tenesse davvero, non invierebbe
voi due imbecilli.”
La
coppia di Ren è perplessa per qualche secondo, il
tempo sufficiente per Jacen di scattare in piedi,
mostrare le braccia appena liberate e ricomporre con la Forza i pezzi della sua
spada.
Non
ci credo che l’abbia fatto davvero … e in una manciata di secondi!
Shidé, però, stringe
ancora il suo cristallo, non ha intenzione di lasciarlo: senza di quello la
spada è inutilizzabile.
Qualcosa
sfreccia nell’aria e va ad inserirsi proprio nell’apposito spazio. Cos’è stato?
Un cristallo, forse, ma mosso da chi?
Jacen preme un
pulsante ed ecco comparire la lama: viola.
Wow!
Non avevo mai visto una spada laser accesa: che emozione!
Shidé ha già acceso
la sua arma e si sta slanciando verso il giovane. Kumar
sta per fare altrettanto.
Devo
agire. Faccio scivolare via le manette, afferro il vibropugnale
che tenevo nascosto e che per fortuna il nikto non ha
notato. Lo conficco dritto dritto nella coscia di Kumar che mi dà le spalle.
Si
volta, il suo sguardo è stupito e colmo d’odio, sta per abbattere la sua lama
su di me.
Porto
in avanti le mani, come se potessero proteggermi dal laser. Il nikto viene sbalzato via ad alcuni metri di distanza.
Sono
stata io?
Jacen sta combattendo
con la togruta, quindi credo proprio di aver usato la
Forza per difendermi.
Che
faccio adesso? Il nikto sembra doversi un attimo
riprendere, non so se dalla sorpresa o perché ha sbattuto la testa nello
sbalzo.
Meglio
aiutare il mio compagno.
Appena
muovo qualche passo verso i duellanti, però, mi sento però bloccare. Qualcuno
sta usando la Forza per trattenermi.
È
Jacen! Con una mano sta reggendo la spada con cui
combatte e con l’altra mi impedisce di muovermi. Perché?
Dopo
qualche istante ho la risposta, infatti mi dice: “Questi non sono avversari per
te. Prendi quella lastra e raggiungi il Fantasma.
Aspettami a bordo.”
“Ma
…” provo a replicare.
“Vai.
Me la caverò meglio senza dover badare a te.”
Annuisco.
Mi volto per prendere la tavola di pietra. Accidenti, è piuttosto grande, come
posso sollevarla?
Ah
sì, giusto, devo usare la Forza. Dai, ce la posso fare, non è la prima volta
che sposto oggetti grazie al potere di Kalki, anche
se non ho mai mosso cose così grandi.
Mi
concentro, sento l’energia sottesa al tutto, percepisco la pietra. Sento che
lentamente si sta sollevando e posso spostarla.
Kumar, però, si è
ripreso e sta tornando verso di noi. Sul suo volto non c’è rabbia o
preoccupazione, ma solo un sogghigno.
Esclama:
“Ehi, Syndulla, non puoi difendere i tuoi amici che
non sono qui. Ho imprigionato il resto del tuo insulso equipaggio e basta una
mia parola per farli uccidere all’istante. Guarda.”
Preme
alcuni bottoni su uno strano aggeggio elettronico che ha al polso ed ecco che
viene proiettato un ologramma. Dovremmo vedere Kallus
e i kelleran in cella, assieme ai due ufficiali che
li sorvegliano … invece, con sorpresa, vediamo ilvolto di Qyrin,
sorridente, che annuncia: “Situazione sottocontrollo, Spectre
7, abbiamo preso il controllo dell’incrociatore, puoi stare tranquillo.”
Kumar è sbalordito e
pieno di furore, dalle sua mani partono fulmini che si disperdono in ogni
direzione: è troppo adirato per riuscire a prendere la mira.
Jacen ne approfitta
per fargli cadere in testa un grosso cristallo e stordirlo; evita il colpo di
spada con cui Shidé ha appena tentato di trafiggerlo
e riprende a combattere.
Basta,
devo raggiungere la navetta.
Procedo
per alcuni minuti, non so nemmeno se sono nella direzione giusta ma qualcosa
dentro di me mi dice che è di qua.
Ecco,
ecco il Fantasma, posso salire.
Mi
siedo nella cabina di pilotaggio ad aspettare, con me tengo la lastra: non
voglio perderla di vista.
Guardo
in direzione della battaglia per controllare quando arriverà Jacen.
Due
grandi esplosioni da là.
Che
cosa sarà successo? Un’ultima follia dei Cavalieri di Ren?
Un gesto estremo di Kumar? Jacen starà bene?
Due
boati, due bagliori accecanti, due colonne di fumo hanno squarciato l’aria
proprio là dove ero fino a pochi minuti fa.
Devono
essere esplose le navette dei Cavalieri di Ren, non
c’era altro che potesse detonare.
Spero
che Jacen stia bene, anche perché non ho idea di come
far volare il Fantasma e non voglio
rimanere bloccata qua.
Non
che non me ne importi di lui, anzi, so di dover essergli grata per avermi
salvata, però …
Eccolo!
Sì, è proprio lui, ne sono certa!
Sta
correndo verso la navetta, ogni tanto volta il capo, probabilmente vuole
accertarsi di non essere inseguito.
Con
un balzo sale sul veicolo.
“Perché
non è già in moto?” chiede, dirigendosi verso i comandi.
“Non
so come funziona.”
“Bah”
si limita a borbottare, mettendo in moto la navetta.
Ci
leviamo in aria e presto raggiungiamo le parti più alte dell’atmosfera.
Mi
sento di poter tirare un sospiro di sollievo.
Jacen si mette in
contatto con Kallus e gli ordina di rientrare alla
base con l’incrociatore come bottino per la Resistenza, mentre noi riporteremo
il Fantasma allo Spettro e viaggeremo sul mercantile.
Non
dico una parola per tutto il tempo del trasferimento da una nave all’altra e
fino al salto nell’iperspazio.
Jacen si volta a
guardare la lastra. Non mi pare sappia leggerla, ma la guarda con viva
attenzione.
Provo
a parlare: “È in trimegistico, una lingua molto
antica e riservata a rituali …”
“Lo
so.” mi interrompe il giovane “La Sorelle della Notte utilizzavano un sistema
linguistico comune a molte correnti di praticanti la magia. Il problema è
decifrarlo.”
“Perché?”
“Perché
solo l’iniziazione a determinati Misteri permette di conoscere questa lingua,
quindi non è facile tradurla.”
“No,
intendevo dire perché lo vuoi decifrare? Se è un rituale oscuro che non deve
essere praticato, non c’è motivo di tradurlo.”
In
realtà sono un sacco curiosa di sapere che cosa contiene il testo. Lo so che è
qualcosa di malvagio (da Dathomir non viene nulla di
buono) però poter conoscere qualcosa e non farlo, mi pare ingiusto, uno spreco!
Insomma,
mica si deve per forza mettere in pratica quello che c’è scritto, ma non c’è
nulla di sbagliato nel leggerlo giusto per completezza d’informazione, per
scopi culturali, no?
Jacen intanto mi
spiega: “Abbiamo saputo che KyloRen,
il leader dei Cavalieri di Ren, sta cercando un
rituale delle Sorelle della Notte. Non sappiamo però quale sia la funzione di
tale rito, quindi ignoriamo a che cosa Kylo aneli.
Tradurre la lastra ci aiuterà a capire meglio i suoi piani e forse quelli del
Primo Ordine.”
“Ti
posso aiutare, allora.”
“Tu
credi?”
Non
è per nulla convinto, anzi pare sarcastico. Uffa, potrebbe avere un briciolo di
fiducia e non partire prevenuto!
“Certo.”
ribatto “Le sacerdotesse di Kalki, nei secoli
passati, hanno spesso dovuto affrontare le Sorelle della Notte e quindi hanno
cercato di imparare il trimegistico per riuscire a
decodificare i messaggi e i riti a disposizioni delle loro avversarie, per
poterle combattere al meglio. È un sapere che è tutt’ora tramandato e anch’io
ho appreso in parte questa antica lingua.”
Meglio
evitare di dire che ho seguito solo il corso base e che quello avanzato lo
avrei affrontato se non fossi scappata.
“Potrei
farmi inviare dal Generale Organa il suo droide protocollare che conosce oltre
6 milioni di forme di comunicazione.” replica lui.
Uh,
questo qui mi fa proprio perdere la pazienza!
“E
fattelo mandare da lei, allora.” rispondo brusca, incrociando le braccia al
petto.
Jacen mi osserva per qualche
istante, poi si mette a ridere. Dopo di ché dice: “No, C3PO ha già tanto da
fare per la Resistenza e serve altrove. Ci faremo bastare te.”
Grazie
mille, eh, grazie mille proprio. Bello sapere di essere la seconda scelta.
Oh,
è anche vero che sono stata arruolata un po’ controvoglia appena poche ore fa:
non posso pretendere che conosca le mie capacità e si fidi di me.
A
proposito, sono stanchissima, ormai. Da quante ore sono sveglia? Ho perso il
conto, qui nello spazio il tempo passa in una maniera strana. Ad ogni modo, mi
sembra di essere in piedi da oltre un giorno. In effetti di cose ne sono
successe.
Beh,
visto che Jacen in questo momento mi pare più loquace
del solito, provo a porgli qualche domanda.
“Hai
ucciso i due …?”
Non
mi lascia finire che già risponde: “No; andavo di fretta. Di certo rimarranno
bloccati lì per un po’ di tempo.”
“Senti,
ma … tu davvero conoscevi già quei Cavalieri di Ren?
Perché uno ha detto che siete vecchi amici?”
“Perché
lo eravamo, anni addietro. Poi la gente cambia. Fine della storia.”
È
stato anche lui un Cavaliere di Ren? No, mi pare
impossibile.
“Chi
è cambiato?” domando ancora.
“Loro.
Non ha importanza, appartiene al passato. Il presente è tutto ciò che conta,
bisogna essere concentrati sul momento e basta.”
È
tornato ad essere parecchio cupo.
“A
me pare che il passato sia importante per te: te lo porti ancora dietro e gli
permetti di condizionarti.”
Avrò
esagerato?
Dopo
qualche momento di silenzio, si limita a dire: “Non sai niente.”
“Spiegamelo
allora.”
“Tu
non hai alcun diritto di sapere il mio passato. Io non conosco te e tu non
conosci me; non abbiamo confidenza tra di noi e non ci tengo a crearla.”
“Capisco
che tu non sia entusiasta della mia presenza, così come io avrei preferito
essere altrove. Sei stato tu, però, a costringermi a seguirti quindi potremmo
cercare di conoscerci, anziché fare gli estranei per sempre. Inoltre mi era
stato detto che tu mi avresti insegnato …”
“Eh,
spesso i Maestri sono una delusione.” mi zittisce.
Jacen si allontana,
lo intravedo tirare fuori una bottiglia di liquore. Meglio lasciarlo in pace.
Più
tardi atterriamo nella piazzola A-33 della base della Resistenza. Anche
l’incrociatore è arrivato, portando grande gioia nei combattenti che presto lo
dipingeranno con nuovi colori.
Ci
ricongiungiamo con il resto della squadra e siamo pronti per andare a fare
rapporto. Jacen e Kallus,
però, ricevono un messaggio da Hera che dice che vuol
vedere solo suo figlio e me.
Il
giovane sembra sorpreso e seccato, ma non protesta.
Torniamo
nella sala dell’alto comando e ci troviamo davanti il Generale, il lasat e la mandaloriana.
“Cos’è
questa novità nel fare rapporto? Non senti tutta la squadra?” domanda Jacen.
“Il
resoconto della missione verrà dopo.” la voce di Hera
è molto grave “Adesso dobbiamo affrontare un’altra questione. Poco dopo la
vostra partenza, abbiamo ricevuto un messaggio. Questo.”
Compare
un ologramma: un uomo di più di sessant’anni portati bene, carnagione scura,
baffi bianchi e inconfondibili, un mantello pende dalle sue spalle.
È
mio padre!
Possibile
che mi abbia già trovata?!
L’immagine
comincia a muoversi e parlare.
“Qui
è il Generale Calrissian, mi duole disturbarti, cara Hera, ma devo chiederti un favore. Ieri è scomparsa da Chalacta una giovane di 24 anni, il suo nome è Sadhaka. Vi mando in allegato alcune foto e ulteriori dati
per identificarla. Nel caso doveste imbattervi in lei o avere sue notizie,
comunicatemelo al più presto. Vi ringrazio per l’aiuto.”
Subito
dopo compare il file informativo e la mia faccia nella foto campeggia grande,
grossa e riconoscibile.
Mi
hanno scoperta, ormai.
Hera riprende a
parlare: “Non mi piace che mi si menta.”
“Non
ho detto bugie … ho solo attenuato alcuni dettagli e taciuto altri.” provo a
minimizzare.
Il
Generale preme il pulsante di un comunicatore e dice: “Lando, entra, per
favore.”
Una
porta si apre ed ecco che fa il suo ingresso mio padre.
Non
l’ho mai visto così accigliato, dev’essere furioso.
Abbasso lo sguardo.
“Sì,
è lei. Hera, se non ti dispiace, posso parlare in
privato con mia figlia?”
Jacen mi fissa
sbalordito: non se lo aspettava.
Gli
altri non sembrano stupiti, probabilmente perché papà ha già detto loro la
verità. Solo il lasat mi osserva come se stesse
cercando di cogliere qualche somiglianza tra me e il mio genitore.
La
Twi’lek accorda a mio padre
il permesso e quindi lo seguo in una stanzetta attigua.
“Sei
sempre stata una ragazza matura e responsabile; com’è potuto venirti in mente
di fuggire? Perché, poi? Mi sei sempre parsa felice, che ragione avevi di
andartene?”
“Volevo
vedere la galassia, conoscere posti nuovi, visitare pianeti.”
“Perché
non me lo hai detto, allora? Ti avrei portata io in giro, in maniera sicura. Ti
rendi conto di quanto sei stata fortunata? Non è da tutti imbarcarsi con Ohnaka e uscirne vivi e liberi.”
Mi
avrebbe portata in giro lui? Non ci crede nessuno. Adesso mi sente. È ora che
qualcuno mi ascolti, dannazione.
“Mamma
mi vorrebbe confinata tra le mura del tempio e non capisce il mio desiderio di
viaggiare. Tu sei sempre stato felice che io fossi bloccata a Chalacta, ripetendo in continuazione che la galassia è un
posto pericoloso tra banditi, Primo Ordine e altro ancora. Da piccola ti
chiedevo sempre di portarmi con te, quando ripartivi, dopo aver passato qualche
settimana con noi. Ogni volta mi dicevi che era presto, che dovevo aspettare di
crescere … ma non ero mai abbastanza grande, né a 15, né a 18 e nemmeno 20
anni. Mi sono stufata di sentirti usare sempre la stessa scusa e ho smesso di
chiedere. Sapevo che se fossi voluta andarmene, avrei dovuto fare da sola.”
“Sei
andata da sola e in due giorni ti sei ritrovata di fronte a pirati della
peggior specie e i Cavalieri di Ren. Chissà a cosa
saresti andata incontro domani, se non ti avessi trovata.”
“Io
a casa non ci torno. Non mi importa dei pericoli: devo correre dei rischi per
poter vivere davvero. Non ha senso per me una vita passata tra quattro mura a
recitare inni e avere come massima idea dello straordinario la processione
annuale.”
Non
vorrei essere sembrata troppo brusca, ma le cose devono essere messe in chiaro
una volta per tutte.
Lo
sguardo di mio padre è severo, ma poi i suoi lineamenti si inteneriscono, la
fronte si distende, gli occhi sospirano, le sue labbra si muovono in un dolce e
amaro sorriso.
“Sono
stato protettivo in una maniera sbagliata che poteva andare bene finché eri una
bambina ma che devo cambiare ora che sei adulta. Mi dispiace se ti sei sentita
tarpare le ali ma l’ho fatto solo per impedire che ti fosse fatto del male. Ho
fatto tantissime cose nel corso degli anni, ho posseduto decine di cose e di
luoghi, lune subtropicali, miniere, raffinerie, navi … tutte cose che sono
state nella mia vita per qualche mese o anno e poi se ne sono andate,
sostituite da altre. Tutto ciò che ho avuto è sempre stato per poco e sempre
mutevole. Avevo paura accadesse anche con te e non potevo permetterlo. Non
posso sopportare l’idea di perderti, che tu sia solo temporanea. No.”
“Lo
capisco, papà, ma non mi puoi tenere dentro una teca o in cassaforte.”
“Lo
so, lo so … anche se mi sono ostinato a credere di poterlo fare, per questo ho
sempre appoggiato tua madre nelle scelte di indirizzarti al tempio e alla vita
da sacerdotessa. Sei libera di scegliere la tua strada, io sarò protettivo in
altro modo.”
“Per
esempio?”
“Ti
insegnerò a usare il blaster, tanto per cominciare.”
annuncia, sorridendo, mostrando candidi denti perlacei “Inoltre, vorrei che ti
facessi addestrare da Jacen nell’uso della Forza:
ormai i Cavalieri di Ren sanno che esisti, quindi è
bene che tu sia preparata al meglio per quando ti ritroverai di nuovo viso a
viso con loro.”
“A
me va bene, ma non credo che Jacen voglia
insegnarmi.”
“Sciocchezze.
Ad ogni modo, gli parlerò subito: se glielo chiedo io, non dirà certo di no.”
“Perché?”
“Lo
conosco da quando aveva quattro anni, era arrivato anche a chiamarmi zio. Dai,
andiamo.”
Torniamo
nella sala dell’alto comando, sono rimasti solo Hera
e suo figlio
“Allora,
vi siete chiariti?” domanda il generale.
“Sì,
sì. Ci siamo confrontati e siamo arrivati alla conclusione che può rimanere
nella Resistenza, se lo desidera, ma voglio sincerarmi che il suo addestramento
sia adeguato. Appunto per questo vorrei chiedere a te, Jacen,
di insegnarle ad essere una Jedi.”
Il
giovane strabuzza gli occhi e lo guarda di sbieco, poi ritorna corrucciato,
scuote la testa e dice: “No. Io non sono un Maestro, io sono un combattente e
non farò altro che evitare che lei si avvicini troppo al Lato Oscuro, nulla di
più.”
“Suvvia,
Jacen, si tratta di mia figlia, ne ha bisogno e so
che, anche se ci fossero altre opzioni, non potrei affidarla a mani migliori
delle tue! Mi fido di te.”
L’uomo
solleva un sopracciglio verde e poi borbotta: “Ti fidi così tanto che ho
scoperto solo oggi che hai una figlia.”
“Già,
questa è una storia che vorrei capire anch’io.” si aggiunge Hera.
Mio
padre sorride con imbarazzo, poi si passa una mano fra i capelli e prova a
spiegare: “Beh, sapete che io sono un grande amante delle donne e che mi
piacciono i flirt e le avventure … beh, ecco, con sua madre è stato diverso. È
una sacerdotessa su Chalacta e, benché non abbia
messo su casa con lei, ho sempre il desiderio di tornare da lei e trascorrere
qualche settimana o mese, prima di tornare a dedicarmi al lavoro. Preferisco
tenere i miei affari ben separati dalla famiglia. Quando Sadhaka
è nata, la Nuova Repubblica aveva già dieci anni e io avevo visto le difficoltà
che Han e Leia avevano dovuto affrontare con la
nascita di Ben. Chi odiava il nuovo governo e ciò che già c’era del Primo
Ordine minacciavano costantemente la vita di quel bambino! Le pressioni della
vita al centro della politica, il peso di essere figlio di due eroi della
Ribellione, hanno schiacciato quel povero ragazzo. Jacen,
anche tu ti sei ritrovato più volte in pericolo per il fatto che tua madre è stata
un pilastro nell’Alleanza Ribelle; il fatto che Luke ti abbia preso presto
sotto la sua ala è stata la tua salvezza per molti aspetti. Io ho fatto molto
meno di Hera, o di Leia e
Han, ma sono ugualmente detestato dai nostalgici, anzi forse mi odiano ancor di
più perché ho guidato l’attacco alla seconda Morte Nera e l’ho fatta esplodere
e molti ritengono che l’Imperatore e Vader siano
morti a causa di ciò. Quando ho scoperto di stare per diventare padre, mi sono
soffermato a lungo a riflettere e ho pensato che il modo migliore per
proteggere mia figlia fosse di tenerla segreta, anche ai miei più cari amici.
La mia intenzione era davvero quella di rivelare la verità quando fosse stata
grandicella, magari attorno ai quindi o sedici anni, ma poi Ben è diventato Kylo, ha fatto strage degli allievi di Luke e … sono stato
solo contento della mia decisione di non rivelare a nessuno l’esistenza di Sadhaka. In quel momento ho pensato di non doverne parlare
proprio mai.”
“Messa
in questa maniera, ha senso.” è il solo e secco commento di Jacen.
“Per
favore, te lo chiedo come amico, puoi aiutarla a scoprire i segreti della
Forza?”
Il
giovane non pare affatto convinto. Meglio intervenire.
“La
voce, nel tempio, mi ha detto che mi avresti aiutata.”
“Lo
so.” replica lui, lapidario.
Porta
una mano sulla spada ma senza intenzioni aggressive, volge lo sguardo verso sua
madre per qualche istante, poi sospira e si decide: “D’accordo. Sapevo che
primo o poi sarebbe successo. Ne riparliamo più tardi, ora devo riposare e
schiarirmi le idee.”
Non
aggiunge altro, non lascia il tempo di rispondere, si volta ed esce.
Hera sembra tirare
un sospiro di sollievo, poi mi guarda e chiede: “Allora, come ti dobbiamo
chiamare? Devagiri o Sadhaka?”
“È
uguale, uno è il mio nome da iniziata al sacerdozio di Kalki,
l’altro è quello che ho dalla nascita.”
“Vogliate
scusarmi” interviene mio padre “Visto che a situazione si è risolta, devo fare
alcune chiamate per interrompere le ricerche e così via. A più tardi.”
Anche
papà esce e io rimango sola con la Twi’lek. Me ne andrei volentieri nella mia stanza, se solo ne
avessi una. Il silenzio attuale è un po’ imbarazzante.
Ci
pensa Hera a dire qualcosa: “Lo dicevo che mi
ricordavi qualcuno. Non avevo però pensato a Lando. Hai però ereditato da lui
l’attitudine al mentire e ingannare.”
“Come?”
Sì,
so che papà è solito manipolare e mistificare i fatti con le parole per volgere
le situazioni a proprio favore ma … questo non è il commento che mi sarei
aspettata da una sua vecchia compagna di lotta.
“Ti
ha mai raccontato come avvenne il nostro primo incontro?” mi chiede il
Generale.
“No.”
“Fu
ben 7 anni prima che si unisse alla Ribellione. Noi dello Spettro eravamo una cellula isolata, solo io avevo contatti con Fulcrum che era l’unico elemento comune a tutte le cellule.
Operavamo su Lothal, rubando all’Impero: le casse di
cibo le donavamo agli sfollati, le armi le rivendevamo per mantenere noi stessi
e la nave. Un giorno, Zeb, il lasat
che hai visto qui, giocò a Saabac con uno straniero,
tuo padre, e perse Chopper. Lando allora promise che ce lo avrebbe restituito
se lo avessimo aiutato a contrabbandare una cosa su Lothal.
Accettammo e lo accompagnammo alla nave del suo venditore che gli consegnò un
porco-palla … peccato che non aveva i crediti per pagarlo e quindi gli diede in
cambio me. Nemmeno mi aveva avvertita che quello era il suo piano! Per fortuna
mi aveva lasciato intuire che avrei dovuto abbandonare la nave a bordo di un
guscio di salvataggio e mi avrebbero recuperata. Successivamente abbiamo avuto
solo sporadici contatti, poi lui fece carriera come imprenditore e io fui
sempre più dentro l’Alleanza Ribelle. Fu con enorme sorpresa che lo rividi
sulla nave Ammiraglia, poco prima della battaglia di Endor,
già col rango di Generale. In quel momento ero furiosa: io mi ero impegnata
anima e corpo per anni, avevo combatutto molte
battaglie e avevo preso parte a molte missioni per ottenere il grado di
Generale, mentre lui era stato nominato tale appena arrivato. Ammetto, però,
che svolse un ottimo lavoro nel condurre l’attacco alla seconda Morte Nera.
L’Ammiraglio Akbar avrebbe voluto ritrarsi non appena
ci si accorse che gli scudi erano ancora attivi, ma Lando ha tenuto duro e ha
saputo gestire bene la situazione.”
È
la prima volta che sento qualcuno parlare di mio padre … chissà quante storie
si raccontano su di lui.
“In
seguito, combattemmo assieme diverse battaglie contro gli ultimi ufficiali
dell’impero e imparai ad apprezzarlo, riconoscendo che non era solo un
furfante. Non voglio annoiarti con vecchie storie, va pure, se vuoi.”
“Dove?
Non ho un alloggio, né altro …”
“Uh,
che sbadata! Scusami, ma qui devo stare dietro sempre a parecchie cose. Dirò a Kallus di trovarti una stanza e di fornirti codici
identificativi e d’accesso. Intanto, fa pure un giro della base così puoi
iniziare ad orientarti.”
Sorrido
e ringrazio, dopo di ché esco. Sono curiosa di vedere l’insediamento dall’alto,
così posso farmi anche un’idea di come sia la pianta e come muovermi. Salgo
dunque le scale che portano sul tetto piatto a terrazza di questa torre. Mi
avvicino all’orlo, appoggio i palmi sul parapetto e guardo in giù. A parte gli
hangar e le piazzole d’atterraggio, fatico a riconoscere le funzioni dei vari
edifici che appaiono tutti simili. Individuo più o meno dove dovrebbe essere
l’armeria in cui sono stata. Vedo poi anche un giardino ricco di piante e con
un laghetto (dev’essere il posticino ideale per una
pausa e rilassarsi) ed è distinguibile anche un campo in cui mi sembra siano in
atto delle esercitazioni.
Non
c’è che dire, si tratta di una struttura complessa.
Mi
volto per tornare indietro e … Ah!
Ma
quello è Jacen, seduto a terra, schiena appoggiata al
muro accanto alla porta da cui sono uscita: non mi ero accorta di lui.
Meglio
non disturbare. Vado verso l’uscio con l’intenzione di andarmene ma, quando gli
passo accanto, lo noto estremamente pensieroso: tra l’indice e il pollice
sinistri stringe il cristallo kyber viola e lo scruta
come se lo stesse interrogando, mentre con la destra stesa lungo il fianco
tiene la spada.
“Sei
turbato?” mi azzardo a chiedere.
Lui
distoglie appena lo sguardo. È indeciso poi forse pensa che la mia presenza non
sia casuale e parla: “Sta accadendo qualcosa. La Forza sta attuando qualche
progetto che non riesco ancora a capire.”
“Come
mai hai questa sensazione?”
“Questo
cristallo è viola e la Forza l’ha portato nelle mie mani nel momento in cui ne
avevo bisogno. Ch’io sappia, un solo Jedi ha avuto
questo cristallo prima d’ora: MaceWindu. Lo stesso che dovrebbe averti parlato nel tempio.
Colui che addestrò DepaBillaba,
una chalactiana come te, la quale fu la maestra di
mio padre. Ora io mi trovo a dover trasmettere a te ciò che ho imparato. Mi
sembra che tutto sia strettamente connesso che ci sia un motivo in tutto ciò
ancora da svelare.”
“Forse
non è ancora il momento di capire e la Forza ci indicherà la risposta più
avanti.”
“Lo
spero ma la Forza bisogna sapere ascoltarla ed interpretarla, non aspettarsi
che renda tutto ovvio e palese.”
“Ma
che cos’è che ti turba così tanto in tutto ciò.”
Distoglie
lo sguardo, sembra provare vergogna.
“Forse
mi prenderai per uno sciocco nostalgico ma non importa: sono il tuo maestro,
dovrai rispettarmi lo stesso. Nella mia spada ho usato il cristallo kyber di mio padre … sono riuscito a riprenderlo dalle mani
di Shidé … solo che adesso non so che fare, non so se
usare quello blu che ho sempre avuto con me e che mi fa sentire più vicino a
mio padre, oppure se accettare questo che la Forza ha scelto per me. Da una
parte non vorrei separarmi dal mio vecchio cristallo, dall’altra mi parrebbe di
rifiutare la missione che a Forza mi sta affidando.
“Gli
Jedi non sono contrari all’attaccamento?”
“Lo
so e so anche che è stupido illudersi di avere mio padre accanto, solo per la
presenza di quel cristallo, però … beh posso portalo con me, anche senza usarlo
come arma.”
Detto
ciò ripone il cristallo viola dentro la spada e pone l’altro in un taschino del
giaccone.
Da
tre settimane, ormai, mi trovo in questa base della Resistenza. I giorni mi
sembrano volati!
Non
ho un momento libero, papà mi addestra nell’uso del blaster
per un’ora o due ogni pomeriggio e devo dire che sono migliorata. Jacen mi sta facendo seguire un allenamento intensivo di
tipo militare: percorsi ad ostacoli, corse, flessioni, addominali ed esercizi
disparati per essere pronta ad affrontare qualsiasi tipo di missione.
A
turni mi hanno affiancata in queste esercitazioni sia Qyrin
che i due kalleran e pure Utryan.
Sono simpatici: Zorh-a e Fyel
hanno sempre voglia di scherzare e sono molto allegri, mentre il Mon Calamari mi pare un poco più timido e sognatore,
sebbene lo stesso socievole. Con la giovane mandaloriana,
invece, non ho ancora capito bene come rapportarmi, è molto seria, concentrata
sul da farsi, non ama perdere tempo, tuttavia non è né antipatica né scontrosa
… almeno secondo questa mia prima impressione.
In
più, Jacen mi sta anche insegnando ad entrare
maggiormente in contatto con la Forza, soprattutto tramite la meditazione.
Qualche volta mi fa applicare l’uso della Forza agli esercizi ginnici e allora
riesco a fare salti incredibili, a gettarmi da un’altezza di due o tre metri e
attenuare la caduta (non si fida ancora a farmelo fare da maggior altezze).
Sono molto soddisfatta dei risultati che sto ottenendo e, in generale, mi piace
cimentarmi in qualcosa di nuovo.
Nel
tempo che mi rimane, sto lavorando alla traduzione della stele in trimegistico. Non è semplice anche perché usa un linguaggio
figurato ed è più difficoltoso capire il senso delle parole e rendermi conto se
la traduzione è corretta oppure no.
Finora
quel che ho chiarito è che l’oggetto principale del testo sia il Bogan, ossia l’oscurità, il Lato Oscuro della Forza. È
nominata anche la luce, Ashla, ma in via secondaria.
Per adesso sembra che si tratti di un rituale per far emergere il Bogan, azzarderei dire che è un modo anche per tramutare la
luce in oscurità ma non solo. È come se l’obbiettivo fosse sprigionare il Bogan soggiacente in ogni essere vivente e nell’universo
stesso.
Un’idea
che non stupisce provenire dalle Sorelle della Notte.
Pare
si tratti proprio di questo, il difficile è comprendere i passaggi effettivi
del rituale.
La
stele è custodita in una stanza con un alto livello di sicurezza, per
proteggerla nel caso i Cavalieri di Ren volessero
tentare di rubarla di nuovo. È lì dentro che mi dedico alla traduzione. Nella
stanza che mi è stata affidata ci trascorro giusto il tempo per dormire, mentre
i pasti si svolgono nella mensa comune.
Stamani,
a colazione, Jacen mi ha detto che non avremo potuto
cominciare l’allenamento al solito orario ma comunque avrei dovuto iniziare da
sola con la ginnastica di riscaldamento e i primi esercizi con gli altri
soldati, in attesa del suo arrivo.
Sono
intenta nella pratica del corpo a corpo con Fyel che
mi sta insegnando qualche trucchetto sporco che spesso gli è tornato utile da
contrabbandiere, quando una voce richiama la mia attenzione.
È
mio padre che mi sta chiamando, si avvicina a passi svelti e assieme a lui c’è
anche Jacen.
Io
e il kalleran ci fermiamo e attendiamo di sapere che
cosa accade.
Arrivato
vicino a me, papà dice: “Leila ha convocato una riunione per questa sera al
quartier generale della Resistenza. Tutto l’Alto Comando è invitato a
partecipare, preferisce avere la nostra presenza fisica anziché in ologramma.
Io, Hera, Kallus e Jacen parteciperemo e mi farebbe piacere fossi presente
anche tu: ho amici di vecchia data a cui è ora io ti faccia conoscere. Dubito che
potrai partecipare alla riunione, ma penso sia giusto presentarti alla
Principessa.”
“Generale
Organa” borbotta Jacen “Lei lo preferisce.”
“Per
me resterà sempre una Principessa e il suo posto non smetterà mai di essere che
tra le nuvole. Allora, Sadhaka, vuoi venire?”
“Certo!”
esclamo con un grande sorriso.
Mio
padre vuole portarmi a una super riunione della Resistenza! Wow! Non mi sembra
vero.
Sì,
sì, ha detto che non sa se assisterò al Consiglio, ma intanto conoscerò altri
eroi della Ribellione e colleghi della Resistenza … e poi vedrò un nuovo
pianeta!
Va
beh, non potrò esplorarlo, sarò limitata alla base militare ma pazienza: è pur
sempre un nuovo sistema in cui sarò stata.
Passo
il resto della giornata a contare con frenesia i minuti che mi separano dalla
partenza.
Jacen se n’è accorto
e non ha mancato di rimproverarmi: “Devi essere concentrata sul qui ed ora. È
vero che non deve mancare un occhio al futuro, soprattutto perché le nostre
azioni nel presente hanno ripercussioni nell’avvenire, ma il pensiero di ciò
che avverrà non deve distrarti dall’adesso. Sei tanto intenta a pensare al dopo
che non vivi il presente … poi magari nemmeno ci arrivi al dopo e muori prima.
Non puoi permettere che la tua vita sia un insieme di pochi eventi e
dell’attesa di essi. Il futuro arriverà al proprio momento, per ora godi e
partecipa del presente, non permettere che un solo istante della tua vita sia
sprecato nell’aspettare: riempi l’attesa con tanti altri eventi.”
Syndulla è un bravo
maestro. Le sue parole sono piene di saggezza.
Grazie
a lui mi sono resa conto che io (e forse anche altri) do per scontati molti
concetti e modi di prendere la vita, li credo talmente ovvi che finisco per non
accorgermi che non li pratico affatto. Lui mi ha fatto riscoprire molti di
essi, me li ha ricordati, a volte me li ha fatti vivere sotto una luce e una
consapevolezza differenti.
Questa
cosa del tempo, ad esempio, è un concetto che a noi sacerdotesse è sempre stato
insegnato: anche se attendiamo l’arrivo di Kalki per
l’ultima grande battaglia di Ashla contro Bogan, noi non dobbiamo dimenticare che viviamo nel
presente e che è nostro preciso compito difendere e diffondere la Luce in ogni
momento. Viviamo in un eterno presente, ogni attimo è morte del precedente … Da
quanto non ci pensavo? E ora Jacen me lo ha
rammentato.
È
bravo, ha molto da trasmettere, però si vede che non è abituato a farlo: a
volte è un po’ impacciato, più spesso molto severo ed esigente, non ha perso la
fredda corazza che lo ammanta.
L’ho
osservato a lungo in questi giorni, anche se con i commilitoni sembra più
affabile che con me, resta sempre un po’ distaccato, non è mai totalmente coinvolto
in ciò che lo circonda.
Potrei
fargli notare che questa è una contraddizione con il concetto secondo cui uno Jedi debba essere sempre presente al luogo e tempo in cui
si trova … ma credo che otterrei solo un’occhiataccia o al più una risposta
oscura che mi susciterà più domande, anziché darmi chiarimenti.
Partiamo
con lo Spettro e la Perla di Mahabali,
la nave di mio padre.
Mahabali è il nome della
città in cui sono cresciuta, mentre Perla è il nome reverenziale con cui molti si
riferiscono a mia madre. Sono sempre stata felice che papà abbia voluto
chiamare la sua nave con l’epiteto di mamma, mi ha sempre dato la sensazione
che il suo amore per lei sia immenso e sincero e che voglia sentirla accanto a
sé anche quando sono distanti anni luce.
La
nave, poi, è molto particolare: da un lato è fornita di ogni comfort
(dall’angolo bar alla poltrona massaggiante) e con eleganza (ci sono stoffe di Naboo pregiatissime!), dall’altro è una micidiale macchina
da guerra, fornita di numerosi cannoni e con potenti scudi.
Papà
la guida con grande disinvoltura. Io sono salita a bordo con lui, ma non gli
faccio da copilota (ecco una parte dell’addestramento che non ho ancora
iniziato), ad aiutarlo c’è Lobot, suo devoto amico da
tempo immemore.
Lui
è il solo che sapeva della mia esistenza fin dalla mia nascita … era pressoché
impossibile che rivelasse il segreto a qualcuno … a meno che non gli avessero
staccato il computer impiantato attorno alla sua testa. Poveretto, non dev’essere facile lottare ogni istante contro
un’intelligenza artificiale che prova a conquistare il tuo cervello.
Compiamo
diversi salti nell’iperspazio prima di arrivare a destinazione: una cautela per
confondere e seminare eventuali spie e sensori del Primo Ordine.
Ad
accoglierci alle piazzole di atterraggio c’è il Generale Organa in persona,
assieme ad un droide protocollare col oro, eccetto per il braccio sinistro che
è rosso, e una giovane ufficiale con i capelli biondi acconciati in due
chignon.
La
Principessa è diversa da come l’avevo immaginata: è più bassa e il suo volto è
estremamente dolce, tra le rughe che l’hanno segnato anzitempo. Io me la
figuravo alta e fiera, con un corpo ancora snello e tonico per le battaglie,
con un cipiglio duro e risoluto; invece riesce a ispirare autorevolezza
nonostante l’aspetto mite e sereno.
Adesso
che ci penso, lei dovrebbe avere almeno una decina d’anni in meno di Hera. Mamma mia che differenza! Sembra invece più vecchia.
La Twi’lek ha ancora la
pelle tonica e solo qualche leggera linea le solca la fronte e appena, appena
il tratto di guancia tra il naso e la bocca. Il resto del fisico, poi, sarebbe
capace di stuzzicare ancora un uomo, se non fosse coperto da larghi e pratici
vestiti adatti ad un pilota e capo militare.
Leila
saluta con rispetto e amicizia i tre ufficiali scesi dallo Spettro, addirittura abbraccia Jacen,
seppur rapidamente.
Noi
intanto li raggiungiamo ed ecco la Principessa stringere forte tra le braccia
mio padre, gli appoggia addirittura la testa sul petto … è come se cercasse
conforto da lui.
Papà
le sorride e la guarda come se le volesse ricordare la donna forte che è e
tutte le battaglie vinte e le traversie affrontate.
Infine
lei si stacca lentamente e, con un lieve bagliore di speranza, chiede
sommessamente: “Hai notizie di Han?”
Cosa?!
Il Generale Solo non è qui?
Sarà
via da poco, immagino, visto che papà non mi aveva mai fatto cenno ad una sua
partenza … eppure l’espressione della donna è la stessa di chi attende da tanto
tempo.
“Non
molte, purtroppo. So solo che si è messo a trafficare creature più o meno
pericolose, per dirne una: i rathtars. Pare anche che
si sia indebitato con qualche fazione; ho sentito che gli stanno dando la
caccia i Guavan Death e pure i Kanjiclub.
Non so se rischia più la vita con certe bestie o con certi furfanti. Mi
dispiace. Comunque, non temere, Han se l’è sempre cavata benissimo.”
Negli
occhi del Generale si fa largo tanta amarezza, per un attimo ho l’impressione
che le iridi diventino lucide e che stia per sgorgare qualche lacrima.
Un
moto interiore, però, le ricorda che non è il momento per immalinconirsi, tanto
meno per piangere, ricaccia via le emozioni che l’hanno agitata, fa un gran
sorriso e sposta l’attenzione su di me.
“Questa
è la figlia segreta di cui ti sei degnato di parlarmi solo di recente,
immagino. Come ti chiami?”
“I
documenti dicono Shadaka, ma Devagiri
è un nome altrettanto importante.”
“Capisco.
Spero tu abbia ereditato più cose da tua madre che da tuo padre: una vera
canaglia!” commenta Leila, ma si capisce che sta scherzando.
Mio
padre sta al gioco e si finge offeso: “Una canaglia io? Ma se sono un
rispettabilissimo uomo d’affari: un imprenditore galattico.”
“Forse
adesso puoi spacciarti per tale, ma una volta … Shadaka,
tuo padre ti ha mai detto cosa fece quando lo conobbi per la prima volta? Io,
Han e Chewbecca gli chiedemmo di poterci rifugiare a Bespin per riparare l’iperguida
del Falcon
lui accettò, ci accolse e dopo poche ore ci tradì, consegnandoci a Lord Vader, con cui aveva stretto un accordo poco prima del nostro
arrivo.”
Eh?!
Questa mi giunge nuova! In effetti papà non è mai sceso nei dettagli circa come
sia entrato nella Ribellione, ha fatto solo cenno che tutto iniziò con
l’occupazione di Bespin da parte dell’Impero e del
fatto che Han fosse finito congelato nella graffite e consegnato a Jabba the Hutt.
“All’epoca
ero furiosa con lui.” continua a raccontare la Principessa “Ma già dopo qualche
giorno mi resi conto che non dovevo avercela con lui. Lando era il Barone
Amministratore di un’intera città ed era responsabile dei suoi abitanti. Vader lo mise di fronte a una minaccia: o consegnare noi
tre, oppurevedere i soldati imperiali
massacrare gli abitanti di Bespin come rappresaglia.”
“Non
fu facile per me tradire un amico, anzi fu una scelta dolorosa.” aggiunge mio
padre con un tono assai serio “Feci di tutto per far soffrire lui e gli altri
il meno possibile ma non potevo mettere in pericolo le migliaia di persone che
si affidavano a me per la loro incolumità e vita.”
“Il
tuo errore è stato illuderti che l’Impero mantenesse gli accordi presi.”
conclude il Generale Organa.
Mi
presenta i due che l’accompagnano: Connix e C3PO. Poi
ci invita a seguirla: è prevista una cena, prima della riunione.
La
base è abbastanza simile a quella dove ho vissuto nelle ultime settimane ma è
più grande e popolata da centinaia di militanti.
Non
ci rechiamo nella mensa comune a mangiare, ma in una stanza a parte per gli
ufficiali, credo. Forse è così perché loro sono molto numerosi, oppure perché i
comandanti approfittano dei pasti per scambiarsi informazioni riservate e
consultarsi … oppure è solamente così per questa occasione.
Subito
papà mi presenta all’Ammiraglio Ackbar che pare molto
felice di conoscermi e mi ringrazia per aver preso parte alla missione di
salvataggio di suo nipote, poi per lo stesso motivo si rivolge anche a Jacen.
Mi
sono presentate decine di persone, alcune hanno nomi che ho già udito, altri
sono sconosciuti. Credo che farò fatica a ricordarli tutti, abbinandoli alle
giuste facce. Forse l’unico che non sbaglierò sarà Xurxu,
una specie di gorilla o scimpanzé.
“JACEN!”
sento esclamare da una voce maschile, colma di entusiasmo.
Chi
può essere? Mi volto a guardare e vedo un giovane che avrà più o meno la stessa
età del mio maestro, hai i capelli neri e un fisico allenato.
Lo
vedo correre incontro a Syndulla che, con mio grande
stupore, lo accoglie a braccia aperte e lo stringe a sé, mentre un sorriso di
felicità sincera gli illumina il viso.
Sembra
davvero contento: è la prima volta che lo vedo totalmente soddisfatto.
Devono
essere cari e stretti amici da parecchi anni.
Si
parlano con allegria e disinvoltura, sorseggiando non so che bevanda, ognuno
dal proprio bicchiere. Li osservo, ancora esterrefatta.
Devo
essere stata indiscreta, visto che lo sconosciuto si accorge di me. Non è né
arrabbiato né sospettoso e, anzi, molto gioviale mi domanda: “Ciao piccola, sei
nuova? Come ci sei finita qua? Dai, racconta.”
Prima
ch’io riesca a parlare, Jacen gli spiega: “È la
figlia di Lando e mia allieva.”
L’uomo
strabuzza gli occhi e domanda, meravigliato: “Allieva nel senso di allieva Jedi?”
“Proprio
così.” conferma Syndulla, tornando al consueto tono
semilugubre.
“Caspita!
Non credevo che … Beh, tanto meglio, complimenti, complimenti ad entrambi.” la
sua sorpresa sta permettendo al brio di ritornare “Allora mi presento: sono PoeDameron, Comandante nella
Resistenza.”
“Il
miglior pilota.” specifica Jacen.
“Diciamo
a pari merito con te. Io sono l’asso dei caccia, tu delle navi con equipaggio.”
Poe torna a rivolgersi a me: “Io e
il tuo maestro ci conosciamo da quando eravamo in fasce, a momenti. Entrambi
avevamo i genitori impegnati strenuamente nell’Alleanza Ribelle: la guerriglia
ce l’abbiamo nel sangue. Siamo cresciuti assieme, eravamo inseparabili, anche
dopo che Skywalker l’ha preso come padawan. Eravamo tre amici uniti come nessun altro. Ci
siamo dovuti separare quando Skywalker decise di
fondare un vero e proprio tempio … allora io ho deciso di arruolarmi
nell’esercito della Nuova Repubblica e dopo un po’ … eccomi qui.”
Incredibile
come abbia raccontato con tono così pimpante una vita trascorsa per gran parte
in mezzo alla guerra.
Un
momento! Lui ha detto tre amici. Tre.
Ma loro sono soltanto due … chi sarà il terzo? Che fine avrà fatto?
Poe, intanto, non riesce a smettere
di parlare e ora si sta rivolgendo a Jacen: “A
proposito di Skywalker, forse ormai siamo vicini a
trovarlo. So con certezza che Lor San Tekka risiede con una tribù su Jakku.
Parte della riunione di oggi riguarderà proprio il fatto che tra un paio di
giorni al massimo lo raggiungerò e mi farò consegnare la mappa. Sei contento?”
“Non
troppo.” replica Jacen, deludendo l’amico “Se Luke
vuole stare solo, forse è meglio non disturbarlo.”
“Sono
dieci anni che se n’è andato e la Resistenza ha bisogno di lui ora più che mai.
Perché lasciare una mappa se non per essere raggiunto?”
“Credi
che egli ignori quel che accade?” il tono di Syndulla
è secco e pieno di un’energia che mi ricorda ira e dolore “Luke s’è chiuso alla
Forza, altrimenti lo avrei trovato io stesso. Vuole stare solo, è fuggito e non
gli interessa né della Nuova Repubblica, né del Primo Ordine, né di sua sorella
e nemmeno di KyloRen.
Lasciamolo stare e impariamo a cavarcela senza di lui.”
Poe scuote il capo, amareggiato, e si
limita a commentare: “Tu non pensi quello che dici. Lo troveremo e sarai felice
di rivederlo anche tu.”
Luke
Skywalker scomparso? Anche questa mi giunge nuova.
Perché mio padre non me ne ha fatto parola? In dieci anni avrebbe senza dubbio
avuto l’occasione di raccontarlo, se avesse voluto farlo.
Ho
la sensazione che mi abbia deliberatamente voluto tenere all’oscuro.
Dev’essere successo qualcosa, dieci
anni fa, che ha portato Skywalker e Solo ad
allontanarsi dalla Resistenza.
Beh,
non so quando Han si sia allontanato, ma il mio intuito mi dice che è stato per
questa faccenda.
Faccenda
che forse coinvolge anche Jacen. Se fosse questo
l’evento misterioso che Hera ha detto aver cambiato
radicalmente l’atteggiamento del mio maestro?
Credo
proprio di sì, considerando le emozioni che ho percepito in lui, mentre parlava
di Luke … emozioni che non dovrebbero addirsi ad uno Jedi.
Finora, nonostante il suo carattere scorbutico, non avevo percepito in lui
nessuna traccia di oscurità. Poco fa, invece, si avvertiva nettamente Bogan in lui. Sofferenza e furia sono però durate solo il
tempo di quella frase, poi sono scivolate via e la calma è tornata nel suo
animo. Incredibile come una tempesta possa nascere e morire in pochi istanti
nello spirito di Syndulla.
Come
supposto da mio padre, non ho potuto prendere parte alla riunione. Ho
gironzolato per un po’ per la base ma poi mi sono stancata e mi sono seduta a
meditare.
La
curiosità per scoprire la verità su quanto accaduto un decennio fa mi stuzzica
la mente e mi agita. Il mio cervello ha elaborato numerosi scenari, durante la
cena.
Ho
pensato, però, che questo tipo di fantasticare non sia l’ideale. Ho deciso
quindi di meditare per calmare la mente e … chissà che non mi arrivi qualche
risposta.
“La
Forza è potente in te.”
Apro
gli occhi di scatto, spaventata da questa frase improvvisa. Davanti a me la
Principessa mi osserva divertita e il suo sorriso è benevolo.
“Ma
hai ancora molto da apprendere.” aggiunge “Quando mediti non puoi isolarti dal
mondo, altrimenti rischi di finire nei guai, senza accorgertene.”
“Grazie,
lo ricorderò … Ma anche lei sa usare la Forza?”
Il
Generale Organa è una Jedi?
“Sì,
anche se in maniera molto differente da mio fratello. Io non brandisco spade di
luce, ma mi affido alla Forza per guidare tutta questa gente, coordinarla in
battaglia, conoscere a fondo l’animo dei nemici e le loro astuzie e, perché no,
galvanizzare i miei soldati e scoraggiare gli avversari.”
“Fa
davvero tante cose ...”
Sono
sbalordita e non so che dire.
“Già
… ma il grande eroe sarà sempre Luke. Le persone hanno bisogno di simboli e lui
più di ogni altro rappresenta la speranza. Speranza che la pace e la giustizia
debbano sempre trionfare. Per questo mi sto impegnando tanto a ritrovarlo,
anche se Jacen non capisce. Mi dispiace vederlo così
turbato, so che non ha ancora perdonato mio fratello per quel che gli ha fatto,
ma la Resistenza ha bisogno di un eroe noto.”
“Perché
me lo sta raccontando?”
“Hera mi ha raccontato un po’ di cose sull’incontro tra te e
Jacen e di come abbia reagito all’idea di
addestrarti. Voglio rinnovarti l’invito che ti ha fatto anche lei ad essere
paziente con lui. È un bravo ragazzo, il suo cuore è buono ma è stato deluso e
non l’ha ancora superato.”
“Deluso
in che modo?”
“Questo
starà a lui raccontartelo, quando si sentirà pronto.”
E
ancora una volta resto senza risposte. Uffa!
Se
devo aspettare che Syndulla ritenga di confidarsi con
me, faccio in tempo ad avere i capelli bianchi.
Va
beh, pensiamo ad altro.
“La
riunione è quindi finita?”
“Sì.
Abbiamo deliberato alcune cose. Ce ne sono due che ti riguardano. Una in
maniera indiretta: abbiamo incaricato tuo padre di partire alla volta delle
regioni più remote della galassia alla ricerca di nuovi alleati. L’altra,
invece, ti coinvolge: tu e Jacen dovrete raggiungere Atollon, dove era collocata una delle prime basi
dell’Alleanza Ribelle. Dovrebbe essere abbandonata e quel poco che c’era essere
stato requisito già ai tempi dell’Impero, tuttavia da alcuni giorni riceviamo
strani e indecifrabili messaggi provenire proprio da lì. Voi dovrete indagare.”
“Grazie,
Generale Organa, faremo del nostro meglio.”