And it hurts like hell

di _astronaut_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** And it hurts like hell ***
Capitolo 2: *** Recover ***
Capitolo 3: *** Echo ***
Capitolo 4: *** Glory ***
Capitolo 5: *** Freedom ***
Capitolo 6: *** Believer ***
Capitolo 7: *** River ***
Capitolo 8: *** Brother ***
Capitolo 9: *** Whispers ***
Capitolo 10: *** Warriors ***
Capitolo 11: *** Avviso ***
Capitolo 12: *** Dream ***
Capitolo 13: *** Natural ***
Capitolo 14: *** It goes on ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** And it hurts like hell ***


ATTENZIONE! SPOILERS DI Avengers: Infinity War
Canzone consigliata: Fleurie – Hurts like hell

"And it hurts like hell"

Dicono che ciò che non ti uccide ti renda più forte. 
Non so se però funziona davvero così: solo pensare a chi ho visto morire, oggi, mi fa sprofondare in una profonda agitazione che, se non fossi oramai abituato a gestire la mia respirazione, sfocerebbe nel giro di qualche secondo in un attacco di panico.
Non esistono parole per esprimere quello che in questo momento si sta agitando nella mia anima inquieta, nella mia mente stanca, nel mio cuore spezzato, nel mio fisico stremato e ferito. Mi siedo - probabilmente tra pochi minuti darò di stomaco e vomiterò tutto il dolore che non riesco a esternare -, chiudo gli occhi.
Penso, o meglio, cerco di capire ciò che mi ha detto Strange prima di dissolversi come tutti gli altri che erano con noi: “Tony… Non c’era altro modo”.

Non c’era altro modo per cosa?

Strange non ci aveva detto nulla riguardo alla sua visione, aveva solo detto che dovevamo combattere, e aveva approvato appieno il piano di Star Lord. Forse aveva qualcosa in mente? 

O forse… forse voleva solo darci speranza. 

Quell’uomo ed io eravamo molto simili, per non dire uguali, avrei fatto lo stesso al suo posto. Di sicuro, non avrei gettato nella più nera disperazione i miei compagni: piuttosto, avrei dato loro coraggio e avrei accettato le conseguenze.
Forse, il fatto che esistesse un futuro in cui noi uscivamo dallo scontro vincitori, era una bugia. 

Ma allora… quelli che sono morti, sono morti invano?

Sono solo, solo come nei miei incubi peggiori: Peter, che ormai avevo a cuore come un figlio, era morto, sparito nel nulla, polvere impotente dinnanzi al vento della morte. E Pepper? Se n’era andata anche lei? Steve, Nat, Bruce, Rhodes… Thor? Erano morti anche loro?
Guardo le ceneri di Peter, Quill, Drax, Mantis e Strange ai miei piedi, e tutto ciò che riesco a pensare è una sola, semplice, domanda: Perché? 
Perché non io, al posto di Peter? Era solo un ragazzo, cosa aveva fatto di male?

Mi dispiace, Peter, mi dispiace così tanto…

Sento gli occhi pizzicare per far uscire delle lacrime che, a ben guardare, sono più per un dolore psicologico che per un dolore fisico: la ferita al fianco? Bazzecole, si sta già rigenerando.
Vorrei, in questo momento, non aver creato un’armatura così potente in grado di curarmi così efficacemente: se la morte sopraggiungesse, adesso, e mi portasse con sé, probabilmente non opporrei alcuna resistenza.
E invece no, nonostante tutto, nel giro di qualche ora avrò bisogno di qualche garza per asciugare una ferita sanguinolenta e abbastanza profonda ma non mortale, che grazie alle giuste cure, sarà solo il ricordo di una brutta avventura nel giro di qualche giorno. 

Brutta avventura è un eufemismo. E’ un incubo.

Il vero dolore è davanti ai miei occhi. Il vero dolore è vedere la cenere sulle mie mani e sentire, incredibilmente, l’odore di Peter: un misto di sapone e cenere, unico resto di ciò che poco fa era un ragazzo pieno di coraggio, vitalità e speranze.
Tutte cose che gli ho portato via accettando che venisse con me e Strange. 

Avrei dovuto rispedirti a casa senza nemmeno ascoltarti… E invece no, che io sia maledetto!

Ma forse è già una maledizione essere sopravvissuto per caso alla morte: quale criterio c’è, dietro tutto ciò che è accaduto? La logica avrebbe voluto che fossi io a morire, sono ormai un uomo sulla cinquantina, ho scampato la morte un bel po’ di volte… Perché stroncare la vita di un ragazzo?
Stringo nel pugno le ceneri di Peter, attaccate alla mia mano bagnata di sangue e sudore.

Ti vendicherò.

Giuro questo nella mia mente, e sugello la mia promessa con delle lacrime salate che mi bruciano il viso pieno di graffi.
Non sono bravo a mantenere le promesse, questo Pepper lo sa bene. A lei avevo promesso che non ci sarebbero state sorprese, questa sera saremmo dovuti andare a mangiare assieme… E invece no, sono su un pianeta sperduto chissà dove nell’Universo, la navicella è… 
“Integra” la voce di Nebula mi giunge distante, un po’ metallica, per niente famigliare e per niente consolante. Come me, ha il dolore negli occhi e il senso di colpa nel cuore. 
La guardo, e capisco cosa le sue parole vogliano dire: Strange, alla fine, ci ha salvati. 
Lo stregone sapeva che qualcuno sarebbe sopravvissuto, e aveva messo al sicuro la navicella in un universo alternativo, che l’avrebbe protetta sino al momento della sua morte per poi farla riapparire su Titano quando – e se - Strange fosse sparito. Prendo una manciata di ceneri di Peter e di Strange, le metto in una piccola pietra spezzata e cava che ha assunto la forma di una scodella.

Ora posso tornare a casa. 

“Riesci ad alzarti?” mi domanda, offrendomi un braccio per potermi rialzare. 
Prendo la sua mano e lascio che mi sostenga, che mi conduca fino alla nave spaziale e che mi domandi dove io voglia andare, sulla Terra.
“Portami a casa” mormoro, dandole istintivamente le coordinate del complesso Avengers, dove io e Pepper ci eravamo stabiliti assieme a Rhodes.
“Ci vorrà un’ora. Fortunatamente non siamo distanti dai portali Galattici”
Annuisco. “Grazie”
Sorride mestamente. “Mi dispiace per tutti i tuoi amici”
“Mi dispiace per tua sorella” rispondo piano, guardando fuori dall’oblò della nave.
Non parliamo per tutto il viaggio, cercando di processare il dolore che, come un virus, sta velocemente prendendo il possesso del nostro corpo: non riesco nemmeno a godermi il panorama attorno a me, e siamo a livelli di film di fantascienza, con la differenza che tutto ciò che vedo è reale.

Sicuramente Peter apprezzerebbe molto.

Non dormo, non voglio chiudere occhio: ho troppa paura che i miei incubi diventino realtà, è appena successo, non voglio che riaccada.
Atterriamo sulla pista di atterraggio di fronte al Complesso prima di quanto pensi. 
“Quanto tempo hai intenzione di metterci?” domanda Nebula con finta indifferenza.
“Poco” rispondo “Devo solo…”

Devo solo prendere Pepper tra le braccia e trovare un modo di contattare gli altri, sempre che gli altri ci siano ancora.

Nella mia testa corre velocemente questo pensiero, ma mi limito a dire: “Devo solo cambiare armatura e cercare di risalire al luogo dove posso trovare aiuto, dammi qualche minuto”
Nebula nemmeno spreca fiato per dirmi “Okay”, annuisce soltanto e si volta, chiaro segnale che non ha più nulla da dirmi e che vuole stare sola.
Esco zoppicante e dolorante dalla navicella, ma inizio a urlare come un forsennato appena entro nel Complesso: un nome, sei lettere, un universo di emozioni, una sola preoccupazione.
“Pepper!” urlo, la voce roca “PEPPER!” ripeto, la gola in fiamme. Cammino fino alla sala comune, trovo sul tavolo un bigliettino e uno strumento bianco e allungato che avevo tanto temuto di vedere fino a qualche anno fa. Sul divano, cenere. 
Accendo lo strumento: sul piccolo schermo appare Due settimane.
Con il fiato corto e il cuore che minaccia di cedere, prendo con mani tremanti il foglietto che era stato scritto da Pepper: lettere chiare, calligrafia minuta ma sicura, leggera e dolce, come lei.
Prendo un grande respiro, cercando di far sì che le lacrime smettano di sgorgare dai miei occhi come se fossi un rubinetto gocciolante, ma senza risultato.
Tra un singhiozzo e l’altro, conscio di ciò che ho perso, inizio a leggere il biglietto, nel naso il profumo di Pepper, nel cuore i suoi baci, negli occhi il suo sorriso.

Mio Tony, 
non so dove tu sia stato, o cosa tu abbia fatto, ma sono fiera di te, amore, so che hai fatto il bene dell’umanità. Come al solito vorrai qualche premio per la tua eroica impresa finita a buon fine… La ricompensa stavolta è già qua: spero che tu stia bene, che non sia troppo stanco, e che tu sia tornato a casa, stavolta, per restare per sempre… Non tanto per me, quanto più per la piccola creatura che sta crescendo dentro di me e che porterà il tuo cognome.
Dopo il sogno che mi hai raccontato poche ore fa, ho deciso di verificare se dovessi effettivamente ritenerti un profeta, oltre che il mio uomo, oltre che il mio amore: e a quanto pare, a “genio, miliardario, playboy, filantropo”, dovrai aggiungere anche “padre”.
Oh, Tony, sono così felice! 
Sento che tutto andrà bene: non può essere altrimenti, tu sei sempre tornato a casa, qualunque cosa ti fosse successa; sei passato attraverso il varco inter dimensionale di New York, figuriamoci se non riesci a tornare a casa con una navicella spaziale!
Forse quando tornerai da noi saremo addormentati, quindi… Ecco qualcosa da leggere prima che mi svegli a causa dei baci che mi darai con quelle labbra che amo. Già mi immagino il solletico che mi farà la tua barba quando strofinerai il tuo naso contro il mio collo.
Il tuo sogno si è avverato, e Dio, ti amo così tanto, Tony. 
Ma ora, ti prego, svegliami, non vedo l’ora di stringerti a me. O forse è meglio dire “A noi”?
Bentornato, amore mio. Ci sei mancato

Urlo. Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, straziato dal dolore, poggio la testa sui cuscini del divano dove ora c’è solo un mucchio di cenere, ma non piango, no: la rabbia è troppo forte, mi riempie il corpo, mi pervade le vene, pompa in ogni cellula, sostituisce l’ossigeno e il sangue.
Vedo nero.
“MALEDETTO!” grido, la voce ridotta a un rauco suono, ombra di ciò che era stata, un po’ come io sono ormai l’ombra di ciò che un tempo ero stato. “IO TI TROVERO’ E TI UCCIDERO’, FOSSE L’ULTIMA COSA CHE FACCIO IN QUESTA MIA CAZZO DI VITA!” l’urlo diventa un sussurro, quasi una preghiera, mischiato ai nomi di Pepper e di Peter.

Pepper era incinta. Portava in grembo una vita, era innocente. Era innocente!

“Mi dispiace, Pepper, mi dispiace” mormoro scuotendo la testa “Mi dispiace, perdonatemi, volevo difendervi, non ce l’ho fatta… Ho fallito… perdonatemi…”
La mia testa sembra esplodere, ma non so come, trovo il coraggio di accendere Friday, che mi dà le coordinate di Visione: aveva acceso il suo localizzatore, oggi: si trova in Wakanda.

E’ morto, però. Sicuramente. Se fosse stato ancora vivo, la gemma della mente sarebbe stata ancora con lui e Thanos non avrebbe ucciso metà della popolazione.

Mi segno le coordinate, vado nel mio laboratorio, prendo una piccola scatola di metallo dove raccolgo le ceneri di Pepper e Peter, e un’altra dove rovescio delicatamente i granelli di Strange, chiudo il tutto, lo metto in uno zaino assieme a qualche vestito e al mio portafoglio, levo l’armatura, installo il nuovo reattore sul mio petto e aziono quella nuova – funziona perfettamente-, per poi richiuderla e vedere brillare, come al solito, il mio cuore di una luce azzurra e rassicurante a cui tanto mi sono affezionato in tutti gli anni che sono passati.
Mi sento pesante, pesante come non mai.
Faccio un respiro profondo, non mi guardo nemmeno allo specchio quando vado in bagno, mi lavo le mani, ma sono così piene di sangue, polvere e terra, che non si lavano completamente.
Non m’importa. Prendo della frutta da offrire a Nebula, nel caso non avesse lo stomaco chiuso come il sottoscritto, poi esco e chiudo il complesso degli Avengers. 

Vietato l’accesso a tutte le persone non autorizzate.

Il viaggio sulla navicella dura poco: ciò che vedo sotto i miei occhi sembra così placido e normale, che mi fa dubitare di aver sognato tutto.
Quando arrivo in Wakanda, però, la distruzione della guerra mi appare impietosa davanti agli occhi. Ci arriva un messaggio da terra, e davanti a me compare il viso stravolto di una guerriera dallo sguardo profondamente triste e pieno di rabbia.
“Chi sei, straniero, e cosa vuoi?”
“Sono Tony Stark” rispondo “Non voglio uccidere nessuno, chiedo asilo. Voglio parlare con il vostro re”
“Il nostro re non c’è più” gli occhi della donna si riempiono di lacrime “La pace non esiste più. Ma ti conosciamo, e quindi sei autorizzato ad atterrare, ma fai una mossa falsa, e ti perforerò il cervello con la mia lancia”
“Mi faresti solo un favore” mormoro quando la comunicazione si spegne. 
Nebula sospira. “Siamo tutti in lutto”
“Sì. Lo so” rispondo acidamente prima di uscire dal portellone e atterrare sul suolo Wakandiano.
Vedo la stessa donna che mi aveva parlato pochi secondi prima, poi vedo tutte le persone che per anni erano state la mia famiglia. 
Bruce sorride a trentadue denti, ma il suo sguardo si spegne quando mi vede cadere in ginocchio e guardare negli occhi Steve, che dal canto suo si avvicina a me, in silenzio, le labbra serrate e gli occhi fissi nei miei.
Si inginocchia, mi guarda, inclina un po’ il viso, pensando probabilmente a come non farmi esplodere davanti a tutti. Lo conosco quello sguardo, quel ragazzone mi conosce meglio di quanto sia disposto ad ammettere. Sa che la minima parola potrebbe farmi spezzare come un fuscello, in questo momento.
Non dice niente. Mi da la mano, sporca ancora come la mia, nonostante siano passate ore da quando i nostri cari si sono volatilizzati, noto i suoi occhi guizzare verso il fianco sinistro, dove ancora esce del sangue. Tace. 
“Vieni in pace?” domanda la donna sconosciuta a Nebula.
“Vengo per vendetta nei confronti del mostro che ha ucciso mia sorella” risponde la ragazza con rabbia.
“Benvenuta in Wakanda” la donna le fa cenno di seguirla, poi si rivolge a Steve: “I vostri alloggi sono nella torre ovest. La regina Shuri sarà impegnata per i funerali solenni di tutti i nostri caduti. Per qualsiasi cosa, sapete benissimo dove si trova tutto. Siete liberi di andare e venire, previa conoscenza di noi guardie. Capitano”
Se ne va, senza lasciare il tempo a Steve di rispondere, e nel giro di qualche secondo siamo solo io, Steve, Nat, Bruce, Thor, Rhodes, e un… procione? Capisce la situazione, quest’ultimo, dice qualcosa a Thor, che annuisce, e se ne va via, chissà dove. Riporto l’attenzione sui miei amici.
“Mi…” provo a dire, ma Steve mi interruppe.
“Non dire niente, Tony” mormora Steve “Non serve”
“Ma…” tento ancora, ma Steve mi abbraccia. E’ qualcosa di così inaspettato, così sincero, così pregno di parole non dette e così… desiderato, che mi sciolgo come un bambino in un pianto disperato.
Piango tutte le lacrime che ancora non ho avuto il coraggio di versare, e sono costretto a inginocchiarmi perché tutta la tensione emotiva e tutta la stanchezza post-battaglia mi è piombata addosso tutta in un momento. Qualcuno è rimasto. Non sono solo.
Steve trema contro di me, il suo petto sussulta contro il mio. Sento il tocco famigliare di Natasha sul capo, la stretta fraterna di Rhodes, l’abbraccio poderoso di Thor, la presenza discreta di Bruce, tutti stretti in un abbraccio che cerca di ricucire delle ferite così profonde che forse non guariranno mai.
Non so quanto tempo passiamo tutti stretti fra noi, so solo che a un certo punto Thor urla, e ciò che dice risuona nel silenzio surreale che si è creato: “Maledetto, hai sterminato il mio popolo, hai pugnalato il mio migliore amico, hai ucciso mio fratello!” fa una breve pausa, trattenendo un gemito “Io ti ucciderò!”
Singhiozzo. 
“Maledetto!” urla Steve “Hai ucciso T’Challa, Sam, hai ucciso Wanda e Visione, hai ucciso… Hai ucciso Bucky” singhiozza “Io ti ucciderò, fosse l’ultima cosa che faccio!”
Tremo. 
Queste cose le ho già giurate dentro di me, non le ho esternate; so che toccherebbe a me parlare, so che quello che stanno urlando coloro che hanno perso di più è una promessa di vendetta comune, condivisa anche da coloro che tacciono, so perfettamente che dovrei parlare anche io, ma non riesco a farlo.  
Non ce la faccio, l’angoscia mi blocca la gola. 

Ho bisogno di aria.

“Tony, dillo. Dillo chi hai perso” mi mormora Nat a qualche centimetro dal mio viso, ma io mi stacco, coprendomi gli occhi con le mani, dondolandomi su me stesso.
“Peter” indovina Rhodes, e io non posso fare a meno di annuire mentre il mio pianto si intensifica.
“Stephen Strange, lo stregone più coraggioso che io abbia mai conosciuto” riesco a dire “E…” mi blocco.
“Oh, Dio, no. No, no, no. Non può essere… E Pepper?” mormora Bruce.
Annuisco, singhiozzando. “Anche lei. Era incinta” aggiungo.
Cala il silenzio, rotto da un’imprecazione poco usuale da parte di Bruce, tanto da strappare l’ombra di un sorriso dal volto di tutti i presenti, ma ben presto la realtà dei fatti torna a opprimere tutti noi.
Steve si avvicina a me e mi abbraccia, cullandomi con una dolcezza inaudita, quasi avesse paura di rompere la mia anima in altri mille pezzi con la sua, a sua volta distrutta.

E’ questo che sono: un morto che cammina. 

Bruce stringe a sé Natasha, che a sua volta si lascia andare al pianto, lei che prima era riuscita a trattenere le lacrime assieme a Rhodes e Bruce. 
Nemmeno qualcosa da stringere al cuore è rimasto, questa è la beffa: delle persone che amavamo, ci rimangono solo ricordi e granelli di cenere.
“Siamo i Vendicatori” ringhia Steve, tremante di rabbia “E questo faremo: vendicheremo”

I loved and I loved and I lost you, and it hurts like hell



Angolino disagiato
Ebbene sì, Infinity War mi ha distrutto il cuoricino. Ho pianto in sala, non so se rendo l’idea. Contando il fatto che sono una persona molto sensibile, dire che ho scritto questa fic con le lacrime agli occhi è dire poco.
Insomma, spero di non avervi fatto piangere troppo… (Anzi no, in realtà l’intento era proprio quello MUAHAHAHAHAHAHAHAHAH).
Non so se tenere questa one shot come qualcosa a sé stante o farla diventare il primo capitolo di una storia più lunga, immaginandomi un futuro che ancora non riesco a delineare nitidamente… voi che dite? 
Qualsiasi parere o critica sono ben accetti, nessuno è perfetto! Fatemi sapere, intanto grazie a chi ha letto fino qui! 
Besoss

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Capitolo 2
*** Recover ***


Recover
Canzone consigliata: Ruelle – Recover

STEVE

 
 “Di cosa hai paura?”
Da ragazzo, a questa domanda, avrei risposto: “Di nulla”.
Accanto a me avevo Bucky, che cosa avrei dovuto temere?
Ora invece potrei rispondere solo ed unicamente col silenzio: ho troppe paure da esprimere, così tante e così terribili, che se fossero colori, si ricomporrebbero nel nero, ma un nero più nero degli occhi della notte più scura.
 
Di cosa ho paura?
 
Non lo so nemmeno io con precisione.
So di aver paura di perdere tutto quel poco che mi è rimasto.
So di aver paura di non riuscire ad alzarmi, non questa volta.
So di aver paura di chiudere gli occhi e di addormentarmi, perché il viso di coloro che ho perso si sgretolerebbe all’infinito davanti a miei occhi.
So di aver paura di essere inutile, in caso di un nuovo scontro, di fronte a un titano come Thanos – odio dirlo, so che suono superbo, ma perdere non è mai stato nel mio stile.
Ma soprattutto, so di aver paura di vedere Tony morire dissanguato sotto i miei occhi.
Il mio cuore non è in grado di reggere altre perdite. Non oggi, non domani, non tra una settimana.
 
Pietà!
 
Nat, Bruce, Rhodes e Thor si sono appena ritirati nel palazzo di T’Challa, e ora nel grande piazzale, deserto e solcato da profonde crepe, siamo rimasti solo io e Tony, i nostri respiri rotti a rompere il silenzio, mentre tutto intorno a noi si tinge di meravigliose tinte rosse, gialle e arancio – come se nulla fosse cambiato -.
 
E invece è cambiato tutto.
 
Tony alza gli occhi per incontrare i miei, e vederlo così devastato non fa che farmi sentire ancora più debole di quanto io sia disposto ad ammettere.
“Tony” sussurro il suo nome, che assume un sapore e un significato tutto nuovo: sa di affetto e amicizia, nostalgia e pentimento, dolore e preoccupazione “Te la senti di alzarti?”
“Steve” mormora in rimando, il viso contratto in una smorfia di dolore “Mi sento svenire”
 
Non ci provare nemmeno. Ti voglio bene, ma non ho intenzione di portarti in camera in stile principe azzurro!
 
“Capitan Ghiacciolo” sorrido a quello stupido nomignolo datomi anni fa “Sarei comunque una bellissima principessa” dice con l’ombra di un sorriso sul suo volto stanco.
Non riesco a non ridere sommessamente mentre lo aiuto ad alzarsi, cercando di non far trapelare la preoccupazione che quella ferita mi fa provare.
 
E’ impressionante quanto ancora riesca a leggermi nel pensiero, nonostante tutto.
 
Lo conduco alla camera vicino alla mia, ancora vuota, e tiro fuori da un armadietto l’occorrente necessario a medicarlo.
Lui mi guarda profondamente mentre, seduto sul letto, cerca di far passare il senso di nausea che lo pervade per lo sforzo e per il calo di pressione che in questo momento sta avendo.
“Sei in versione crocerossina?” domanda mentre si leva faticosamente la giacca della tuta incrostata di sangue.
Non so cosa rispondergli, non voglio che si chiuda a riccio. Voglio davvero solo aiutarlo.
“Se non vuoi” dico con la voce un po’ tesa preventivando il suo rifiuto – odia farsi vedere debole e ammettere di avere bisogno di aiuto – “Basta che tu non me lo dica. Non ho alcuna intenzione di darti fastidio”.
Sto già per andarmene, quando lui mi chiama: “Steve” dice a mezza voce “Cristo, Steve” sospira “Non ho detto che non voglio il tuo aiuto” si passa nervosamente una mano sul viso “Solo… Voglio prima lavarmi e magari mangiare qualcosa. Tu… torna pure, ma… Ho un attimo bisogno di stare solo, per piacere”
Non riesco a spiegarmi tutta questa gentilezza, ma annuisco, poi me ne torno in camera.
Mentre mi spoglio dell’uniforme incrostata di sangue, riaprendo dei tagli sulle mie braccia che stavano per richiudersi, mi viene la spiegazione al comportamento di Tony, e scuoto la testa, pensando che inconsciamente ci stiamo tutti comportando come lui: ogni nostra parola potrebbe essere l’ultima che i nostri cari ci sentono dire, e non vogliamo entrare in contrasto con nessuno perché ciò di cui abbiamo bisogno è sapere di avere qualcuno di reale accanto, e chi ha la forza di litigare con i pochi amici che – incredibilmente – sono rimasti vivi? L’affetto, ora e, probabilmente, per sempre, prevale sull’orgoglio.
Apro il getto d’acqua, che mi colpisce gelido per poi diventare tiepido, e infine caldo.
Inorridisco guardando l’acqua ai miei piedi tingersi di un rosa acceso, merito delle mie ferite e del sangue altrui, mentre nel bagno si diffonde un forte odore di sangue e polvere.
Pensando che la mia sia solo una forma di soggezione, prendo a strofinarmi energicamente testa e corpo con shampoo e bagnoschiuma per tre volte, ma respirare diventa sempre più difficile.

Mi manca l’aria.
 
Serro gli occhi e vedo Sam che ride sereno, Wanda e Visione che si tengono per mano.
Spengo il getto dell’acqua, ansimando, esco in fretta e furia dalla doccia, mi avvolgo un candido asciugamano in vita, apro in fretta e furia la finestra, inspiro aria pulita, ma l’odore è ancora lì.
Ma la cosa che più mi ha spezzato, è stato vedere davanti a me Bucky che mi abbracciava, sorridendo della sorte che lo aveva visto di nuovo combattere a mio fianco, solo poche ore fa. Un sorriso sornione, anche un po’ sbruffone, ma un sorriso sincero e, in un certo senso, felice.
L’odore di cenere si mischia a quello che ho sempre ricollegato a Bucky – profumo di casa -, e ciò provoca in me un forte senso di nausea: combatto contro un calo di pressione terrificante, riesco a stento a mettermi intimo e pantaloni prima di dovermi accucciare sul wc e, preda di dolorosi crampi, cominciare a dare di stomaco mentre dal dolore – fisico o mentale? – i miei occhi stillano lacrime salate che mi scivolano sul viso.
 
Ho fallito, Buck.
 
E ammetterlo fa male, fa molto, molto male.
Fa male come aver visto Bucky cadere giù dal treno negli anni ’40.
Fa male come averlo visto in crisi quando, pochi anni fa, l’ho risvegliato dalla sua condizione di trance assassina.
Fa male come averlo visto buttarsi in acqua per salvarmi la vita e poi andarsene.
Fa male come averlo visto ammanettato su una sedia in una cellula di sicurezza, che alla fine, non era servita a niente.
Fa male come averlo visto riaddormentarsi nella culla criogenica in Wakanda.
 
Fa male, fa male e basta.
 
“Oh, merda, Steve” la voce di Nat giunge ovattata alle mie orecchie, e mi giro appena per vederla accucciarsi accanto a me, un bicchiere d’acqua del rubinetto in mano.
Lo accetto pronunciando un flebile “Grazie” e mi sciacquo la bocca, poi mi infilo la maglietta – mi imbarazza che qualcuno veda il mio corpo – e lascio che Nat mi aiuti a rialzarmi in piedi.
“Ehi, ragazzone” cerca di farmi sorridere “Sei più pesante di quanto ricordassi, levati un po’ di muscoli”
Sorrido, ma subito il mio viso tradisce una smorfia di disgusto: sento ancora quell’orribile odore.
“Portami da Tony” le ordino con gentilezza.
“Ma stai male, sudi freddo!” protesta spalancando i suoi grandi occhi verdi.
“Nat” sospiro “Per piacere”
Natasha alza gli occhi al cielo, poi mi sostiene per quei pochi metri che devo percorrere per andare da Tony: lo trovo disteso a petto nudo sul letto, il viso concentrato mentre guardava il notiziario, la bocca serrata per la tensione, la ferita aperta in bella vista.
Si gira verso di noi, facendo scorrere velocemente lo sguardo da me a Nat e viceversa, poi, come suo solito, ironizza: “Debole di stomaco, Cap?”
 
Non mentirmi, Tony, non ne sei capace: sei stato male anche tu.
 
“Smettila di fare lo splendido” lo redarguisce Rhodes facendo capolino dal bagno “Anche tu stavi avendo un incontro ravvicinato del terzo tipo con il wc”
Una risata sommessa pervade la stanza.
 
E’ tutto così normale da far male.
 
“Alzi la mano chi non è stato male” si difende Tony con un sorriso amaro poco dopo.
Il silenzio cala velocemente nella stanza, e con una scusa Nat e Rhodes scompaiono dalla nostra vista.
Senza attendere altro tempo, prendo garze, fasce e disinfettante e mi siedo sul letto di Stark.
“La puzza di sangue e di cenere. E’ vomitevole. La sento ancora”
Annuisco. “Sono stato male anche io per lo stesso motivo. Ah, Tony… farà male” dico mentre esamino la sua ferita e versando su una garza il disinfettante.
“Me lo merito, dai, per tutte le cose che ho fatto” ridacchia amaramente, poi aggiunge “Credo di soffrire della < sindrome da sopravvissuto >, ed è la cosa più brutta che mi sia mai capitata. Non oso pensare a come tu stia, Steve. E’ la seconda volta che ti capita”
Mi mordo il labbro, gemendo per il dolore: è spaccato e, scioccamente, me ne sono dimenticato. Mi passo una garza sul labbro, tamponandolo, temporeggio. Non so come rispondere a ciò che Tony ha detto perché di nuovo, ha colto nel segno.
Sindrome del sopravvissuto.
 
Perché non io?
 
Mi stringe la mano, trasmettendomi comprensione: non è il tipo che parla in maniera serena dei suoi sentimenti senza nascondersi dietro l’ironia, preferisce parlare coi fatti. Sospiro, limitandomi ad annuire e a ricambiando la stretta con decisione e gentilezza.
So anche cosa essa voglia dire; è una richiesta, che comprendo senza bisogno che la esterni: “Fa che il dolore dell’alcool sulla ferita allevi, almeno per un momento, il dolore mentale che sto provando”, sembra dirmi, ma dice anche: “Mi fido di te”.
Obbedisco, medico Tony il più delicatamente possibile, ma il bruciore è davvero intenso e doloroso, lo sento irrigidirsi e aspirare aria dai denti pur di non urlare mentre le sue mani stringono le lenzuola con forza.
“Scusami” mormoro quando ho finito di fasciarlo “Ho finito”
Si rilassa, lasciandosi andare a un gemito di sollievo.
“Grazie” risponde tornando a guardarmi. Poi, dopo qualche secondo, aggiunge: “E’ bello averti di nuovo accanto”
Sorrido davvero. “Lo stesso vale per me, Tony”
 
Can we recover? Can we get over this?
 
 
 
Angolino disagiato
Uhm, salve! So che rispetto a “And it hurts like hell” è più corta, però ecco, credo non scenderò mai sotto le tre pagine di Word, sennò non ha nemmeno senso consigliarvi una canzone da ascoltare in sottofondo!
Ve lo confesso, non ho resistito, e ho pensato: “Proviamo con un < What If? > !” Cercherò di inventarmi qualcosa che possa assomigliare almeno vagamente a ciò che potrebbe accadere nel prossimo film.
“And it hurts like hell” diventerà quindi il titolo di una storia più lunga, che proverò a scrivere al meglio delle mie capacità; analizzare tutti i personaggi sarà complicato, ma di sicuro i POV di Steve, Tony e altri – che non vi spoilero perché sennò vi tolgo il gusto della sorpresa – ci saranno! Mi importa poi che vi sia anche una certa attenzione nel cambiamento dei rapporti tra i vari personaggi: un’esperienza come quella che hanno vissuto li segnerà per sempre, giusto?
Grazie a tutti coloro che hanno letto fino a qui, grazie a tutti coloro che hanno messo “And it hurts like hell” (la One-Shot che ha dato inizio a questa storia) tra le storie preferite, ricordate o seguite: davvero, mi scaldate il cuore!
Grazie anche a coloro che hanno letto “Cold Water” e che l’hanno messa tra le preferite, ricordate o seguite: thank you very much! E grazie mille anche ai lettori silenziosi, voglio bene anche a voi.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se volete e se ne avete voglia, ogni feedback è per me importante!
Proverò ad aggiornare ogni due settimane (scusatemi, so che è tanto tempo, ma la scuola prosciuga tutte le mie energie… Prometto però che, se mai dovessi riuscirci, aggiornerò ogni settimana!).
Nel dubbio, domenica sera verso quest’ora, provate a controllare, così vi potrò augurare anche la buonanotte e un buon inizio settimana.
Per ora quindi vi abbraccio, a presto!
_astronaut_

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Capitolo 3
*** Echo ***


"Echo"
Canzone consigliata: Jason Walker - Echo

THOR

 
Il silenzio attorno a me è assordante.
Il dolore si può tagliare a fette, mentre la rabbia serpeggia silenziosa tra tutti i presenti ai funerali di Stato.
Shuri è bella e temibile, seria e imponente nella sua nascosta fragilità, mentre termina l’elenco dei deceduti con i nomi di Bucky Barnes – Steve singhiozza al sentire il nome dell’amico - e di suo fratello T’Challa.
E’ proprio l’ultimo nome che pronuncia che fa spezzare la sua maschera di regale tranquillità e compostezza: davanti a me vedo solo una ragazza che vorrebbe portare indietro il tempo, non più la regina che tutti – perfino lei stessa – finge di riuscire a vedere.
E tutto ciò che vorrei fare, se potessi, è abbracciarla: perdere un fratello è un dolore atroce, brucia l’anima nel profondo, prosciuga le energie vitali, fa esaurire le lacrime.
Sono passate solo quarantotto ore da quando quel maledetto ha schioccato le dita, ma bene o male tutti i superstiti hanno trovato un modo per sopportare il dolore che pervade i loro animi.
Ognuno dei presenti ha – non mi capacito ancora di come ciò sia possibile – trovato qualcosa per cui vivere, combattere, andare avanti, sollevare lo sguardo e dire: “Mi avrai anche tolto tutto, ma non hai vinto. Non ancora”
 
E finché ci sarà respiro nei miei polmoni, io troverò un modo di vendicare tutti coloro che hai ucciso
 
Tutti i Wakandiani ora stanno cantando gli inni delle loro tribù, e nella pianura in cui siamo, disperdono al vento le ceneri dei loro caduti.
A vedere l’aria riempirsi di polvere grigia, un sospiro mi esce spontaneo dal petto in uno strenuo tentativo di trattenere le lacrime: Rocket invece non ce la fa, è scosso da forti singhiozzi, mentre Nebula trattiene a stento le lacrime, stringendo i pugni e guardando fisso davanti a sé.
Nessuno di noi ha nulla da poter disperdere, e la cenere nel vento stuzzica – come se non bastasse il nostro dolore a far nascere le lacrime – gli occhi di tutti.
Non sono mai stato un uomo particolarmente sentimentale, ma non riesco a fare a meno di evitare che due grosse lacrime scendano dai miei occhi nel vedere Steve e Tony in ginocchio piangere come bambini, sotto lo sguardo lucido di Rhodes e Bruce, che a sua volta stringe amorevolmente Natasha, la quale trema, preda di un freddo intimo che comincio a sentire pure io.
“YBAMBE!” urla improvvisamente Shuri a pieni polmoni.
“YBAMBE!” rispondono tutti, Steve, Nat, Bruce e Rhodes compresi.
“YBAMBE!” ripete la ragazza con voce graffiante.
“YBAMBE!” partecipo anche io all’urlo collettivo assieme a Tony, Rocket e Nebula.
“YBAMBE!” la voce di Shuri si spezza all’ultima vocale.
“YBAMBE!” la pianura risuona l’urlo dei superstiti.
Ho i brividi.
 
E’ ora di agire, fratello
Strabuzzo gli occhi e mi giro, pronto a mandare a quel paese Loki e dopo stringerlo a me come se il mondo non importasse più, ma dietro di me trovo un albero spezzato, le cui fronde prive di vita si muovono solo per merito del vento, che solleva le ceneri che sono appena state lanciate in aria.
E’ come vedere me: anche io sono spezzato e senza vita, sono un fantasma inerte, preda delle correnti d’aria che mi conducono verso un futuro ignoto senza che io possa opporre resistenza.
Forse perché non voglio.
Forse perché uno scopo in realtà ce l’ho già, ma faccio fatica a concentrarmi.
Ed è il senso di impotenza che più mi fa male, è la consapevolezza che tutto questo è accaduto perché io ho conficcato Stormbreaker nel cuore e non nel cervello – bacato e corrotto - di Thanos.
Aveva ragione Loki: sono solo uno stupido, troppo impulsivo e poco riflessivo, non posso pensare di averla sempre vinta se sono in grado di agire solo tramite l’utilizzo della forza bruta.
 
Non essere così duro con te stesso, sei più saggio di quanto credi
Un grosso nodo si forma nella mia gola, e mi trovo in ginocchio, il viso tra le mani.
“Sei un pessimo fratello, Loki. Smettila di ingannarmi anche da morto” sussurro disperato mentre dal buio compare la sua figura.
Sorride, lui, scuotendo la testa, mentre i suoi occhi smeraldini mi guardano con affetto.
E’ stato bello sentirmi amato, prima di morire. Non te l’ho mai detto, Thor, ma… sei stato l’unico amico che io abbia mai avuto. Mi dispiace averti fatto soffrire, sono stato uno sciocco
“Finiscila!” mormoro stringendomi i capelli fino a farmi male “Mi manchi, mi manchi da far male, ti prego, esci dalla mia testa”
Il sole splenderà ancora su di noi, fratello.
 
Una piccola zampa si appoggia sulla mia spalla, e sento la voce di Rocket riscuotermi dal mio incubo personale. “Dobbiamo reagire” mi dice con tono grave.
“Fallo smettere” dico a Rocket, senza rendermi davvero conto che le parole che pronuncio siano udibili, quasi fossi ancora in trance “Ti prego, fallo smettere”
Rocket mi guarda compassionevolmente, il muso umido di lacrime. “Io non posso fare nulla per far smettere qualunque cosa ti stia facendo soffrire. Devi riuscirci da solo”
Sospiro, scuotendo la testa, poi gli accarezzo la testa. I suoi occhi si riempiono di nuovo di lacrime, mentre sussurra: “Ti prego, non farlo. Non fare come Drax. Io non… non riesco a…” scoppia a piangere e si stringe al mio petto.
“Va tutto bene, coniglio. Va tutto bene” mormoro, stringendolo come se fosse uno dei tanti peluche che ho avuto da bambino, mentre una serie di ricordi prende ad affollarmi la testa.
 
“Thor!” Loki ride mentre lo rincorro “Sei lento perché sei grosso e pesante!”
“Taci!” lo rimbecco “Ti sbatto nelle segrete se lo dici ancora”
Lui sghignazza, inciampa e cade, sbucciandosi un ginocchio.
“Loki!” lo raggiungo in poche falcate “Tutto okay? Oh, per gli dei, ti esce sangue!”
“Mi fa male” si lamenta con le lacrime agli occhi
“Caspita, devi stare più attento!” lo rimprovero, mentre gli porgo la mano per aiutarlo.
Non riesce a camminare, per questo me lo carico sulla schiena, come un koala, e correndo vado da mamma Frigga, che subito lo medica con delicatezza.
Sorridiamo entrambi, complici come non mai, poi ce ne andiamo a giocare a scacchi.
Eravamo così sereni, da bambini…
 
Vincevo sempre io
Accanto ai bambini che vedo nei miei ricordi, compare di nuovo Loki, che li guarda con estrema nostalgia e rimpianto. Stavolta non cerco di cacciarlo, anzi mi avvicino a lui, e tendo una mano verso la sua spalla.
E’ inconsistente. La mia mano lo trapassa.
“Non sai cosa darei per tornare indietro e passare solo altri cinque minuti con te” mormora la proiezione di me stesso nella mia testa.
Piacerebbe anche a me, confessa lui guardandomi con affetto.
“Non potrò più riaverti indietro, vero? Niente risurrezioni, stavolta” abbasso lo sguardo per vedere le mie lacrime volare veloci verso terra.
Io sarò sempre accanto a te, fratello, ricordatelo sorride, lasciandomi una carezza che non percepisco se non grazie alla piccola elettricità che pare provenire dal suo spirito.
La cosa preoccupante è che tutto ciò sta accadendo nella mia testa.
Non vuol dire che non sia reale, mi fa l’occhiolino e scompare, mentre tutto attorno a me torna nero e mi ritrovo nuovamente nella realtà.
La cerimonia funebre è appena finita e tutti, lentamente, se ne stanno andando.
Okoye e Shuri invece si stanno dirigendo verso di noi.
“Avengers” ci chiama Shuri cercando di darsi un certo contegno, pur non volendo in alcun modo nascondere i segni delle lacrime sul suo viso giovane cresciuto troppo in fretta “Mi sento in dovere di ringraziarvi per tutto ciò che avete fatto per tentare di proteggere il Wakanda e il mondo intero. Chiedetemi qualunque cosa, e vedrò di accontentarvi”
“Non abbiamo il diritto di chiedere nulla” mormora Natasha “Abbiamo fallito”
Shuri serra le labbra, disapprovando la severità con cui Natasha considera le proprie – le nostre - azioni. “Ho deciso di darvi la cittadinanza onorifica del Wakanda. I vostri dati sono stati immessi nel database della barriera, avete libero accesso anche senza che io sappia nulla. Vi chiedo solo una cosa” respira profondamente “Se mai doveste trovare Thanos, uccidetelo. E fatelo soffrire più che potete”
“Ci puoi contare” ringhia Nebula, rimasta in disparte tutto il tempo “Lo ucciderò con le mie mani”
Okoye annuisce. “Tu saresti un’ottima Guardia”
Nebula abbozza un sorriso. “Magari, quando tutto questo sarà finito, se sarò ancora viva, potrò davvero farci un pensiero”
Tutti sorridiamo un po’.
“Il jet con cui siete arrivati ieri, Capitano” dice Shuri rivolgendosi a Steve che si è alzato e cerca di ricomporsi “E’ stato sistemato e migliorato, ed è pronto a partire in ogni momento”
“Grazie, Shuri” sorride Steve, gli occhi rossi e il viso pallido “Molto gentile da parte tua. Sarò per sempre in debito con te, per tutto quello che hai fatto”
La ragazza arrossisce, poi si rivolge a Stark: “Signor Stark” inizia “Vorrei venisse nel mio laboratorio, tra due ore esatte. Se non sa dove è, si faccia accompagnare dal capitano Rogers. Ho delle cose da farle vedere”
Stark annuisce e ringrazia, poi torna a guardarsi in giro, visibilmente a disagio.
Shuri se ne va, abbracciando brevemente Natasha, che ricambia un po’ sorpresa l’abbraccio.
Rimaniamo noi, all’ombra degli alberi che ci offrono riparo dalla calura di quel giorno di fine aprile.
In un muto accordo, ci sediamo tutti in cerchio.
Non c’è nessuno che non abbia gli occhi rossi, ma dentro lo sguardo di tutti riesco a notare che la scintilla di rabbia sta cominciando a divampare in un incendio estremamente grande e pericoloso per chiunque osi mettersi sul nostro cammino.
“Dobbiamo pensare a un piano per trovarlo” dice Steve incrociando le ginocchia al petto.
“Posso controllare se i radar di Milano funzionano ancora, magari scopro qualcosa di interessante” propone Rocket grattandosi il mento.
“Posso darti una mano” si aggrega Nebula “Non sono particolarmente brava a organizzare piani”
Rocket la guarda un po’ sospettoso. “Non mi vuoi fare arrosto, vero?”
Ridiamo tutti, eccetto il coniglio, che davvero non sembra affatto in vena di scherzare.
“No, Rocket” sospira Nebula “Non ne ho alcun motivo. Siamo dalla stessa parte”
“Bene” dice Steve con un sorriso sghembo “Andate pure e stasera a cena sulla terrazza ci troviamo per aggiornarci”
“Io non prendo ordini da te” protesta però Rocket “Li prendo solo dal ragazzone biondo qua accanto” e mi indica con eloquenza.
“Si dà il caso però che lui gli dia retta, quando parla, quindi credo proprio che tu debba obbedire” si intromette Rhodes storcendo un po’ il naso dinnanzi all’idea di aver appena parlato con un procione.
Rocket ringhia. “E’ vero?” mi domanda sospettoso.
“Sì” ammetto “Ascolta il Capitano. E’ più in gamba di quanto pensi”
“Non dire così” Nat mi dà un leggero schiaffetto sulla spalla “Che poi Steve si gasa”
Il diretto interessato alza gli occhi al cielo, ma non serve che dica niente: Rocket e Nebula si alzano e vanno a controllare la Milano.
“Okay” si schiarisce la voce Bruce “Ora cosa facciamo?” domanda
“Davvero un’ottima domanda, Dottor Banner” brontola Tony allungando le gambe e appoggiandosi sui gomiti, semidisteso sul prato verde.
Cominciamo a proporre qualche piano d’azione mentre il tempo passa senza che ce ne accorgiamo, ma nessuna idea pare degna della fiducia di tutti.
 
Stark, ti prego, salta fuori con una delle tue geniali proposte, sto perdendo la pazienza
 
A un tratto, Nat, che è stata in silenzio tutto il tempo, si dà una manata spaventosamente forte sulla fronte, tanto che la pelle delicata rimane rossa appena toglie la mano.
“Capisco che ci siano le zanzare” scherza Tony “Però non mi pare un valido motivo per farti uscire il cervello dal naso, Romanoff”
Nat però non lo ascolta, ha gli occhi spalancati e mi pare di vedere il suo cervello lavorare così velocemente da non riuscire a farla parlare.
“Il piano Marvel!” sbotta all’improvviso “Ma certo, ma certo!”
Di fronte agli occhi interrogativi di tutti, non sa fare altro che risponderci: “Devo mettermi in contatto con Clint”
“E se fosse morto?”
“Non è un’opzione che ho intenzione di prendere in considerazione” risponde parlando velocemente
“Nat, calmati e ragiona, non stiamo capendo niente di ciò che ci stai dicendo” cerca di placarla Banner, ma lei si alza velocemente mentre si allaccia gli anfibi.
“Non importa. Devo fare una telefonata” e muove i primi passi di corsa.
“Natasha!” la richiama Steve, e solo allora si ferma.
 
E’ incredibile quanto ancora la sua sola voce riesca a rimetterci tutti in riga.
 
“Preparate il jet. Domattina dobbiamo partire” dice, poi si volta e ricomincia a correre, veloce come il vento, silenziosa come un predatore.
 
Ma cosa ha in mente?
 
Stark la guarda stranito, poi si massaggia la testa. “Okay, allora, io tra… mezz’ora devo essere dalla regina, e Cap, mi dovrai accompagnare, perché non ho la minima idea di come quel palazzo sia fatto. Rocket e Nebula finiranno entro stasera di eseguire il controllo della navicella di Quill. Thor, sai dirci altro riguardo alle Gemme dell’Infinito?”
“Dovrei avere un attimo di tranquillità per richiamare alla memoria tutto ciò che potrebbe tornarci utile”
“Ti do due ore” interviene il Capitano dandomi una pacca sulla spalla prima di aiutare Stark a rialzarsi in piedi, non senza un po’ di orgogliosa resistenza da parte di quest’ultimo.
Ti darò una mano io, sorride Loki, e non posso fare a meno di sorridergli di rimando, in quello che sembra essere una sorta di palazzo mentale. Quello ferrato nello studio e nei libri era sempre stato lui, quindi, perché rifiutare un aiuto?
“Basteranno?” domanda Bruce con delicatezza.
Vedo Loki sorridermi con sguardo furbo. “Sì, basteranno” rispondo a Bruce pieno di fiducia.
“Bruce, vedi di risolvere il tuo problema con il tuo amico verde. Potrebbe servirci in un futuro non troppo lontano” prosegue Stark, voce pacata e sicura.
“S-sì” balbetta il dottore.
“Rhodes, Cap, con me. Andiamo a preparare il jet per la partenza”
Tony non è affatto abituato a dare ordini, né noi siamo abituati a prenderli da lui, ma nessuno oppone resistenza e, in men che non si dica, le armature ricoprono Stark e Rhodey.
“Cap, spero tu non soffra eccessivamente di vertigini” scherza Tony mentre lo tira a sé e spicca il volo.
Lo sento ridere di un’imprecazione poco usuale di Steve, poi li perdo di vista.
“E’… strano vederli così rilassati l’uno con l’altro” riflette Bruce ad alta voce.
Annuisco. “E’ un bene che non si stuzzichino più come una volta. Probabilmente non avremmo concluso nulla, se tutto questo fosse successo ai tempi di Ultron”
Bruce sospira. “Finalmente si comportano da adulti. Io… Devo… Meglio che vada in un luogo tranquillo a cercare di parlare con Hulk”
Strabuzzo gli occhi quando vedo la sua faccia tingersi di verde e vedo Hulk urlare un “NUOH! HULK NON PARLA!” per poi tornare al suo posto e lasciar spazio a Bruce.
“Avanti, Hulk, dobbiamo risolvere questa situazione!” implora Banner guardandomi in cerca di aiuto.
“Huuulk!” chiamo allora “Dove sei? Il tuo compagno Revenger vuole parlarti!”
Ed ecco che Hulk appare di nuovo.
 
Oh, dei, datemi la forza
 
“Amico!” mi saluta con un sorriso storto “Hai di nuovo due occhi!”
“Sì, a quanto pare… E tu come te la passi?”
“Hulk è stato sconfitto. Hulk non vale niente” dice pieno di tristezza.
“Ma cosa te lo fa pensare?” lo consolo “Tu, Hulk, sei fortissimo! Thanos…”
“AAAAARGH! THANOS BRUTTO!”
“Sì, sì. Brutto, davvero, davvero brutto. Ma ti ha battuto solo perché aveva due gemme dell’Infinito! Lo avresti battuto tranquillamente, se non avesse avuto quel vantaggio!”
Hulk mette il broncio. “Hulk è ancora il più forte?”
“Certo che sì!” annuisco convinto.
Hulk sospira, poi dice: “Allora Hulk tornerà. Quando ci sarà bisogno. Banner debole. Ora Hulk deve riposare”
Sorrido. “Riposa, maschione. Il sole sta calando”
Annuisce, sorride, poi si ritira in Banner, che dopo un momento di shock mi abbraccia. “Non avrei mai pensato che mi sarebbe mancato, ma… è bello sapere di poter contare di nuovo sul “Codice Verde”, dico davvero. Grazie, Thor”
Gli do una energica pacca sulla spalla. E’ bello sapere di essere utile, almeno in qualcosa.
“Vado a Palazzo. Magari i ragazzi hanno bisogno di aiuto” annuncia congedandosi con un sorriso mite.
Bruce si incammina e mi lascia solo. Appoggio la testa sul tronco dell’albero spezzato, stendendomi come se fossi su un letto, perdendomi per un po’ nei riflessi dorati e smeraldini delle foglie del boschetto in cui mi trovo.
Sono immerso nel silenzio, rotto solo dal canto di qualche uccello e dal fruscio dei cespugli mossi dalla brezza calda che mi scompiglia i capelli.
 
Pronto a ragionare, fratello?
 
 
I don’t wanna be an island, I just wanna feel alive and get to see your face again
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Ooookay, le cose cominciano a movimentarsi -  non solo per quanto riguarda l’azione (non staranno con le mani in mano per sempre, no?), ma anche per quanto riguarda i nostri personaggi (non sono i tipi da piangersi troppo addosso, o sbaglio?) -.
Ovviamente CREDITS alla J.K.Rowling per la frase di Loki. Ci stava troppo, scusatemi.
Da ora in avanti anche le canzoni cominceranno ad essere un po’ meno tristi, quindi… Allacciate le cinture, si parte!
Alla prossima (spero) domenica! In caso contrario, ci si becca tra due settimane!
Un abbraccio e buona settimana,
_astronaut_

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Capitolo 4
*** Glory ***


Glory
Canzone consigliata: Jamie n Commons – Glory

NATASHA

 
La terra scorre veloce sotto i miei piedi, salto buche, massi, alberi sradicati, non mi curo del mal di gambe che ancora si fa sentire dopo la battaglia, non mi curo della gola e dei polmoni in fiamme, non mi curo del dolore alla milza che, sempre più insistente, mi consiglia di rallentare.
Corro, più veloce che posso, come se macinando metri su metri potessi lasciare dietro le mie spalle tutto il dolore che ho provato, da bambina fino a oggi.
Resilienza è la capacità che un individuo ha di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, ma anche la capacità di un materiale che, nonostante un urto, non si rompe in quanto lo assorbe.
Assorbire. Superare. Vendicare.
Tre parole d’ordine.
Tutte da onorare.
Salgo veloce le scale del palazzo, entro in camera, prendo il telefono. Devo prendere due grosse boccate d’aria prima che riesca a comporre – vedo tutto un po’ sfuocato, maledetto fiatone e maledetto caldo! – il numero del cellulare privato di Clint.
Avanti, Clint, rispondimi, ti prego…
 
“Chi è?” la voce di Clint è roca e profonda, come se non volesse farsi sentire da nessuno mentre risponde al telefono.
“Clint, sono Natasha” rispondo piena di sollievo “Stai bene?”
“Nat!” esclama “Per Dio, che sollievo sapere che sei viva!”
“Ho bisogno di parlarti. Io e gli altri siamo assieme, domattina partiamo per New York. Non c’è più tempo per i segreti, dobbiamo vederci al più presto”
Non cito a cosa mi sto riferendo, so che lui ha già capito.
“Gli altri?” domanda, un po’ incredulo “Intendi Sam e Cap? Stanno bene, vero?”
Sospiro. “Sam è stato incenerito. Barnes pure. Con “altri” intendo il resto del gruppo” dico cautamente.
“Stark?!” domanda incredulo “Intendi Stark?!”
“Sì” rispondo un po’ infastidita, a dir la verità, dal tono di voce che usa, a metà tra l’arrabbiato, l’incredulo e il derisorio “E anche Thor e Bruce”
“Wanda? Visione?” incalza “Non li hai citati, è stata una svista, o…?”
“Sono morti, Clint, mi dispiace più di quanto trapeli dalla mia voce” mormoro, cercando di parlare il meno possibile delle persone che ho perso “Mi mandi le tue coordinate?”
“Sai già dove sono, Nat, non c’è alcun bisogno che te lo dica” risponde con una voce piena d’ affetto.
Un sorriso dolce fa capolino sul mio viso. “La tua famiglia come sta?” domando.
 
Se mi risponde, vuol dire che anche la sua famiglia è viva. Se è a casa, anche tutti gli altri stanno bene
 
“Mia moglie e i miei due figli grandi sono spariti” risponde in un sussurro “Nate invece è in giardino che gioca”
Trattengo il fiato qualche secondo.
 
Dannazione!
 
“Mi… mi dispiace, Clint”
Lo sento ridere dall’altro capo del telefono. “E’ così che va la vita, no?”
Odio quella risata. E’ la più falsa che potrebbe fare, trabocca d’odio, di tristezza, di desiderio di vendetta. Sento il cuore stringersi al pensiero di Clint, da solo, a crescere Nate senza i suoi due fratellini e, soprattutto, senza una madre.
 
No, Clint. La vita non va così. Non sparisci nel nulla solo perché uno psicopatico ha schioccato le sue gigantesche dita viola.
 
Il mio silenzio quindi parla da sé.
Clint sospira. “Ci vediamo domani, Nat. Ti voglio bene. Stai attenta”
“Anche tu. A domani, Clint. Dai un bacio a Nate”
Le mie mani tremano di rabbia quando appoggio il telefono al comodino.
Con la faccia livida di nervoso, comincio a preparare il borsone con tutti i miei – pochi – averi, lasciando fuori la tuta e le armi che indosserò domani.
I miei movimenti sono veloci, secchi e precisi, come mi è stato insegnato quando ero bambina.
 
“Veloci, o vi sparo su quelle mani minuscole che vi ritrovate!” latra l’istruttore “Se qualcuno volesse uccidervi e doveste scappare? Se la polizia vi intercettasse? Eh?! Sareste così lente? Morireste di sicuro! Muovetevi!”
Avevo stabilito un tempo record, quel giorno, mossa dalla rabbia per la sorte che era toccata alla mia vicina di letto, nonché amica: Viviane non voleva uccidere il coniglietto che le avevano dato da accudire per un mese intero, nemmeno sotto la minaccia di una pistola, e così, il proiettile, era finito nella sua testa invece che in quella dell’animale.
 
Scuola di danza un bel paio di palle!
 
Mi raccolgo i capelli in una piccola coda e mi dedico, una volta finito di riempire il borsone, alla pulizia meticolosa di tutte le mie armi. Su di esse vi sono ancora i segni del sangue alieno, che pare non volersi togliere per nessuna ragione al mondo. Prendo una tovaglia sporca e inizio a grattare con forza, in testa una sola parola: Vendetta.
 
“Non sei obbligata a eseguire gli ordini” Clint mi porge la mano, tranquillo “Dammi la pistola, avanti”
“Sì, invece” ringhio puntando la pistola contro la sua fronte “Ed è per questo che ti ucciderò. E la cosa bella sai qual è? Non me ne importerà nulla. Sei solo un’altra macchia rossa sulla mia fedina penale”
“Perché vuoi per forza renderla peggiore di quanto già non sia?” domanda, guardandomi negli occhi.
“Non ho scelta” rispondo tentennando.
“Sì, invece” ribatte “Ce l’hai. Vieni con me. Entra nello SHIELD. La tua fedina penale potrà essere – almeno formalmente – ripulita, avrai una nuova identità, e nessuno verrà mai a sapere cosa ti è successo”
“Pensi che non mi cercheranno?” domando ironica “Sei un povero ingenuo”
Sorride. “Eri un’esca. Pensavano di scovare Fury, ma si sono traditi. I tuoi capi e quelli che mi stavano seguendo in questo momento hanno appena ricevuto un proiettile in testa e i tuoi documenti ora sono sotto la nostra custodia; sei vuoi, sei libera”
“Non sono libera se mi lego a te o a qualsiasi altra organizzazione” ribatto “E comunque, chi mi dice che tu non stia mentendo?”
Scuote la testa, guardando verso il basso. “Sei perfettamente in grado di capire quando una persona mente, Natalia Romanovna. Se ti stessi mentendo, mi avresti già sparato”
Mi mordo il labbro. “Sono un’assassina, una spia, una macchina da guerra parlante. A cosa servo, se non a compiere altri crimini?”
“A evitare che se ne compiano di peggiori” risponde, prendendo la pistola dalle mie mani senza che io opponga più alcuna resistenza.
“Se mi hai mentito, se solo finisco in qualche prigione, o schiava di altre organizzazioni criminali, giuro, verrò a cercarti e ti ucciderò, dopo aver ucciso di fronte ai tuoi occhi tutti i tuoi cari. Chiaro?”
Mette la pistola in tasca e mi porge la sua mano. “Mi chiamo Clint Barton. Chiamami Clint”
 
Uccidere i suoi cari? Non ne sarei stata capace, non dopo averlo conosciuto meglio dopo quel primo incontro. Clint è il fratello che non avevo mai avuto, la famiglia che avevo sempre desiderato. Saperlo incarcerato prima, agli arresti domiciliari dopo, poi ingaggiato da Fury, e infine, solo a crescere un bambino di pochi anni, mi riempie di rabbia.
Rabbia che sono così concentrata a scaricare sulle cose che getto sul letto per ordinarle nella borsa, che nemmeno mi accorgo di Bruce che entra in camera dopo aver chiuso la porta, e che mi stringe a sé da dietro.
Inizialmente mi irrigidisco, ma poi il suo profumo giunge alle mie narici, e non posso fare a meno di lasciarmi andare contro il suo petto.
Lui posa le mani sui miei fianchi e mi lascia un bacio sul collo, facendo sì che il mio corpo si riempia di pelle d’oca in risposta al contatto con lui.
“Hai bisogno di rilassarti un po’, Natasha” sussurra a un centimetro dalla mia pelle.
“Bruce…” mormoro inclinando il collo lasciandogli libertà di movimento mentre incrocio le nostre mani all’altezza della mia pancia.
“Dimmi, sono qui” sorride sulla mia pelle lasciandomi piccoli altri baci sulla spalla scoperta.
“Non andartene più” mi giro lentamente e lo bacio, troppo a lungo ho desiderato averlo a mio fianco, troppo tempo ho passato a sognare le mie labbra nuovamente sulle sue, troppa gioia ho provato appena l’ho rivisto, alla Base Avengers.
Si stacca solo per guardarmi e accarezzarmi delicatamente il viso, e non posso che perdermi nei suoi occhi così dolci e innocenti, che mi osservano come se fossi l’essere più bello di tutto l’Universo.
 
Che non mi fanno sentire un mostro
 
“Te lo prometto” risponde, poi torna a baciarmi e per un momento, un bellissimo, eterno momento, siamo finalmente io e lui, soli.
Il resto, almeno adesso, non importa.
Non facciamo nulla, se non stenderci sul mio letto e coccolarci un po’.
“Clint come sta?” domanda sfiorandomi i capelli con le sue labbra.
Sospiro. “Gli è rimasto solo Nate. Ma sa che io so che lui sa, quindi domani ci dirà tutto ciò che è necessario sapere perché Thanos possa essere sconfitto”
“Può… può essere sconfitto?” domanda incredulo.
“Sì. Forse sì” sorrido, e mi accoccolo sul suo petto chiudendo serenamente gli occhi.
Passano minuti, ore, prima che un sonoro GONG risuoni in tutto il palazzo: è ora di cena, dobbiamo trovarci assieme a tutti gli altri per fare il punto della situazione.
Non vorrei staccarmi dalle braccia di Bruce, ma per forza di cose mi alzo dal letto e, tenendolo per mano, mi incammino verso la terrazza.
Solo Rhodey, Tony e Cap sono già lì, e infatti ci salutano subito con cordialità.
“Finita la cena dobbiamo scendere in armeria. Shuri ha delle sorpresine per tutti voi” gongola Tony felice come un bambino mentre tamburella con le dita sul reattore, che emana una rassicurante luce azzurra.
Steve guarda cupo verso il tramonto, perso in chissà quali pensieri, dai quali viene riscosso solo dal tocco gentile della mia mano che, da due anni ormai, gli si appoggia su una spalla per strapparlo ai suoi demoni ogni volta che l’azzurro delle sue iridi diventa blu notte.
“Steve” lo chiamo “Sei con noi?”
Lui annuisce distrattamente. “Stanno arrivando Thor, Nebula e Rocket, speriamo abbiano buone notizie”
Qualche secondo dopo, i tre appena citati, atterrano sulla terrazza e leggo nei loro occhi una gioia che, a dirla tutta, non riesco a spiegarmi a fondo.
“Buone notizie?” domanda Rhodes, abile lettore di espressioni.
“Milano ha captato onde gamma di frequenza pari a quella delle Gemme dell’Infinito (a bordo ne abbiamo già avuta una) quindi… sappiamo dove si trovano” annuncia Rocket “Quando partiamo per lo spazio?”
“Abbiamo delle cose da sbrigare sulla Terra, prima” dice Steve “Ma nel giro di 48 ore massimo dovremmo essere in grado di partire”
Il procione annuisce.
“Le gemme dell’infinito possono essere recuperate, e il guanto è fatto di un materiale in grado di adattarsi alla grandezza della mano di chi lo indossa, dunque non serve nessun gigante o mostro” parla Nebula con fare pratico “Bisogna solo capire chi di noi è abbastanza degno. Il rischio è che l’individuo bruci, se cerca di impugnarlo e non è abbastanza nobile”
“Mi suona famigliare” ironizza Tony sfidando Thor con lo sguardo, al ché tutti noi ridacchiamo un po’ al ricordo dei bei tempi passati.
“Possiamo recuperarle, ma alcune necessitano di una prova per essere prese, parlo in particolare della Gemma dell’Anima e della Gemma del Tempo, delle altre non sono sicuro” annuncia Thor.
“In cosa consistono queste prove?” domanda Bruce “Una corsa a ostacoli tra detriti cosmici, una gara di apnea nel vuoto dell’universo… Cosa?”
“Non mi è dato di saperlo, purtroppo” ammette il dio “Ma almeno sappiamo qualcosa”
“Quella dell’Anima richiede un sacrificio” sussurra Nebula “Uno di noi si dovrà sacrificare”
“Non baratto uomini” ringhia Steve.
“Si tratta di salvare l’Universo!” protesta Bruce “Mi sacrificherò io”
“Non se ne parla” sibila Cap “Né tu, né nessun altro di voi, chiaro? Troveremo un modo”
“Non penso ci sia” Nebula storce il naso “Anche perché il sacrificio che intendete voi non è quello che intendo io”
“Miss Ottimismo” sbuffa Tony “Mangiamo?”
Nebula lo prende per il colletto della camicia nera che indossa e lo sbatte contro il muro. “Non osare prendermi in giro, umano”
 
Dio, Tony, perché non riesci ancora a tenere a freno la lingua?
 
“Okay, cyborg, placati. Non era mia intenzione offenderti, okay? Era per sdrammatizzare”
Rhodes poggia una mano sul braccio di Nebula pronto a sferrare un pugno per niente amichevole sul naso di Stark. “Nebula, il mio amico non è bravo con le parole, ma è sincero. Perdonalo”
Nebula lo guarda malissimo, poi sposta lo sguardo verso Stark, e infine si stacca. “Mangiamo”
Io e Rhodey ci guardiamo pieni d’allarme: se cominciamo a litigare ancora prima di partire, come pensiamo di portare a termine la missione più importante e difficile della nostra vita?
“Ah, comunque” dice Rhodey per rompere il silenzio appena ci sediamo a tavola “Ho trovato un pulsante che, se premuto, effettua l’upgrade del jet, lo fa trasformare in una astronave, quindi… possiamo dividerci in due gruppi, così da alleggerire il peso e in caso di necessità avere una navicella di soccorso”
Tutti annuiscono, è sicuramente un’ottima idea.
E così spendiamo il tempo a tavola per decidere i gruppi delle navicelle: sulla Milano andranno, ovviamente, Thor, Rocket, Nebula e Bruce. Sul jet andremo io, Tony, Steve e Rhodey, e devo dire siamo bilanciati.
Su entrambe c’è un assassino provetto (me e Nebula), un cervellone (Tony e Bruce), una persona in grado di pilotare (Rhodey e Rocket) e un super-uomo (Steve e Thor).
Finita la cena ci dirigiamo verso l’armeria, e sembra essersi creato un clima di tranquilla e reciproca fiducia e cordialità – è bastato che Nebula, Rocket, Tony e Steve prendessero rispettivamente le misure gli uni con gli altri – e ciò non può che riempirmi di gioia e sì, perché no? Speranza.
Mi si illuminano gli occhi quando nella grande sala piena di fucili, pugnali, coltelli, pistole, granate, e chi più ne ha più ne metta, vedo Shuri e Okoye attenderci a braccia aperte.
“Vi stavo aspettando” ci saluta la regina “Ho dei regali per voi”
Si aprono degli armadi a muro, dove su dei manichini vediamo tute personalizzate per ognuno di noi, interamente fatte di lega di vibranio, come la tuta di T’Challa.
“Spero vi possano essere utili” sorride “Prendete anche tutte le armi che ritenete necessarie”
Rocket saltella come un pazzo e opta per un fucile molto simile a quello che avevo visto in mano a Bucky, vedo Steve prendere deciso delle pistole e delle munizioni, coltelli e pugnali, e stessa cosa facciamo io e tutti coloro che, di norma, non hanno alcuna armatura o pelle verdastra a difenderli.
“Quante volte ancora dovremo dirti grazie?” le domando con un sorriso che, di eroico, ha ben poco.
Sorride, dolcemente. “Siete miei amici, avete combattuto a fianco del mio popolo. Ho a cuore la vostra vita, Natasha. Ringraziare non è affatto necessario”
La abbraccio, e lei ricambia. Non mi importa dello sguardo furioso che Okoye mi sta rivolgendo, Shuri ha bisogno di affetto. Ha bisogno di sapere che non è sola. E se solo posso fare qualcosa per renderla consapevole di ciò, la faccio, che la sua Guardia voglia o meno.
“A che ora partite?” domanda Shuri quando tutti abbiamo riposto in voluminosi borsoni tutte le nostre armi e ci stiamo per congedare.
“Domattina” rispondo.
“Verremo a salutarvi” annuncia la giovane regina.
“Porta una bottiglia di spumante da spaccare contro il jet e contro l’astronave” scherza Tony “Si sa mai che porti bene”
 
Lead me out beyond my sorrows
Lead me out where I can’t see
 
 
 
                                   
 
 
Angolino disagiato
Cari miei, la maturità si avvicina sempre più velocemente, e credo davvero che l’ansia prenderà il possesso del mio corpo tra 3,2,1… AAAAAAAAAAAH, PANICO. Un “Buona fortuna” me lo mandate, please?
Okay, gli scritti iniziano il 20, ma… Anche se in anticipo, un “In bocca al lupo!”è sempre ben accetto!
Inutile dirvi che non so quando riuscirò ad aggiornare, durante questo mese, dato che queste settimane saranno dedicate giorno e notte a ore di studio matto e disperatissimo (Ohhhh, Leopardi, smettila di perseguitarmi!).
Tornando a noi… I motori cominciano finalmente a scaldarsi! Fatemi sapere cosa ne pensate, siete importanti!
 (Un super grazie a tutti voi che avete letto fino a qui, a tutti coloro che hanno messo la storia tra le ricordate/seguite/preferite, e a chi, molto gentilmente, ha lasciato una recensione: fantastici, vi voglio bene!).
A presto (sperando che i libri non assorbano tutta la mia voglia di vivere…)!
Un abbraccio, e buona estate a voi fortunati, o buona fortuna ai/alle - se ci sono - colleghi/e maturandi/e
 
_astronaut_
 

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Capitolo 5
*** Freedom ***


Freedom
Canzone consigliata: Freedom – Anthony Hamilton

CLINT

 
“Papi, dove è la mamma?” domanda Nate ancora assonnato mentre con la piccola manina si stropiccia gli occhietti ancora impastati.
“E’ dovuta andare via, ma tornerà, fidati” sussurro dandogli un bacio sulla guancia paffuta e liscia.
“Voglio la mamma” frigna lui “Dove è la mamma?”
“Non è qui, ci sono solo io adesso. Ma non ti preoccupare, okay? Ti va un po’ di latte per addormentarti, piccolo?”
“Mamma” ripete, triste.
 
Mi dispiace, tesoro. Mi dispiace…
 
Sospiro, stringendolo al petto. Tre anni. Ha solo tre anni. Non merita di soffrire.
All’improvviso sento dei rumori fuori, quindi lo appoggio sul divano e gli dico di stare fermo e zitto. Prendo il mio arco e sbircio da dietro le imposte, per capire chi è venuto a turbare la tranquillità mia e di mio figlio a notte inoltrata. Un’ipotesi già l’ho fatta, e la risposta non mi spaventa, ma coi tempi che corrono, è sempre meglio pensarci due volte prima di aprire la porta di casa a notte fonda.
Da due jet giganteschi, uno dei quali molto più simile a una astronave, vedo fare capolino una ad una le figure a cui ho sempre associato la parola “amici”, cui si sommano altri individui dei quali, tuttavia, non so nulla.
Un sospiro di sollievo mi esce istintivamente dalle labbra.
“Nate, vieni” mi raggiunge con piccoli passi di corsa e mi stringe l’indice con la sua mano minuscola, gli occhi pieni di vivace curiosità.
“Chi c’è?” domanda alzandosi in punta di piedi per tentare di vedere oltre la linea del davanzale, senza successo.
“Zia Nat” rispondo in un sussurro “Te la ricordi?”
Lui annuisce. “Mi ha portato una pistola!” esclama felice mentre apre eccitatissimo la porta, senza prestare ascolto al mio, un po’ codardo: “Aspetta!”.
Tempo qualche secondo, ed eccolo che corre tra le braccia di Nat con un urletto felice.
Natasha lo solleva senza sforzo – è stanca psicologicamente, si vede lontano un miglio, ma come al solito, fa finta di niente – e lo strapazza in un abbraccio pieno di affetto.
“Ciao Nathaniel” lo saluta carezzandogli la testa bionda “Come sei cresciuto!”
“Ciao zia Nat!” risponde mio figlio con un gran sorriso “Chi sono questi signori? E lui parla? Ciao procione!”
“Oh, per gli dei, quanto è… minuscolo!” esclama Thor sciogliendosi in un sorriso “Ciao, Barton, è bello vederti!”
Sorrido, ricambiando l’abbraccio che sia lui sia Bruce mi danno, stringo la mano a Cap, poi mi concentro su Tony, che appena incontra i miei occhi stringe la mascella.
E’ letteralmente a pezzi, lo vedo cercare Rogers con gli occhi, non sa cosa fare, non sa cosa dirmi.
Non gli do tempo di parlare: il mio pugno va più veloce del mio raziocinio, e lo colpisco sullo zigomo, approfittando del fatto che Nate si sia messo a parlare con il procione bipede armato più di un soldato.
“Immagino di essermelo meritato” dice Stark tra i denti portandosi il palmo della mano al viso. So di non avergli rotto nulla, ma suppongo che gli rimarrà un bel livido per un po’. E non me ne pento.
“Sì, te lo sei meritato” ringhio “E la cosa che più mi da fastidio, è essere in fondo contento di rivedervi tutti, persino te, Stark”
“Clint” mi ammonisce Rhodey “Siamo tutti dalla stessa parte, ora. Mettete da parte personali odi e antipatie, abbiamo questioni più importanti da gestire”
Sospiro, penso a mia moglie e ai miei due figli scomparsi, poi annuisco.
“Suppongo che ora siamo pari. Io ti ho rovinato la vita e tu mi hai fatto chiaramente capire che ti devo almeno delle scuse” Tony mi porge la mano con un sorriso mesto.
Ci penso qualche istante, in cui vedo tutte le sue certezze e le sue speranze sgretolarsi senza che lui possa fare nulla per impedirlo, ed è proprio questo che mi spinge a prendere la sua mano e a stringerla.
Tony per me è sempre stato un libro chiuso: ora, invece, è come se la sua maschera si fosse incrinata, e la cosa mi fa preoccupare non poco.
“Entrate. Abbiamo di che parlare”
Faccio strada, presentandomi poi ai due sconosciuti, Nebula e Rocket, e be’, quei due non sono affatto male, anzi, sanno il fatto loro. Anche se il procione avrebbe bisogno di un’iniezione di camomilla ogni tre per due.
 
Una ragazza-robot e un procione parlante sono al di fuori di tutto ciò che la mia povera mente si sarebbe mai potuta immaginare
 
Rocket si sente un po’ a disagio a causa delle attenzioni che Nate continua a dargli, ma fortunatamente il tutto dura poco: una volta dopo essersi accoccolato tra le braccia di Steve, con il quale è entrato in confidenza quelle volte in cui lui, Sam e Nat erano venuti a trovarci, cade in un sonno sereno.
I lineamenti tanto squadrati di Steve si addolciscono notevolmente, e si perde ad accarezzargli la testolina ricciuta mentre guarda incantato il corpicino che tiene tra le sue braccia.
Noto lo sguardo di Tony diventare lucido al guardare Steve, tanto che è costretto a distogliere lo sguardo.
 
Perché Tony Stark si commuove dinnanzi a una scena del genere?
 
“Per Dio, Clint, hai un gancio che fa impressione” dice per deviare l’attenzione mentre chiude gli occhi al contatto con il ghiaccio che gli porgo.
“Lo prendo come un complimento” mi siedo accanto a lui sul divano mentre attendo che il the sia pronto.
“Forse è meglio che Nate vada a letto” mormora Steve alzandosi in piedi per porgermi il bambino “Portalo pure in camera, ti aspettiamo qui”.
Sospiro, prendo Nate tra le braccia, lo porto a letto, gli rimbocco le coperte, socchiudo la porta, accendo il microfono per riuscire a sentire il suo respiro, e raggiungo gli altri in salotto.
“Allora, il progetto Marvel” esordisce Rocket “In cosa consiste?”
Porto il the in salotto assieme a dei biscotti, poi mi rimetto accanto a Tony e, dopo aver sorseggiato la bevanda calda, inizio la lunga spiegazione che avrebbe chiarito tutti i loro dubbi.
“Carol Denvers è una ottima aviatrice, fa parte di una task force scelta dal nuovo SHIELD. Ma è speciale, come penso abbiate tutti capito. E’ stata esposta durante una missione a radiazioni di alta intensità, ma grazie a delle particolari caratteristiche del suo DNA, forse pura fortuna, non è morta, anzi, il suo corpo si è notevolmente potenziato. Sa volare, assorbire energia, espellerla, sollevare oltre cento tonnellate, manipolare materia cosmica, manipolare materia a bassi livelli, e potrebbe essere l’unico essere in grado di maneggiare una gemma dell’infinito, oltre, forse, a Thor, che essendo un dio dovrebbe esserne in grado, ma non ne siamo sicuri. Potremmo, in un certo senso, farla assomigliare a un misto di Visione e Wanda”
“Dove è?” domanda Bruce “Dobbiamo assolutamente andare da lei”
“Non lo so, ma so che Fury ha premuto il pulsante sul dispositivo che solo io, lui, Maria Hill, Scott Lang e Carol possediamo. Ha l’ordine di raggiungermi non appena riceve il segnale, quindi, a meno che sia scomparsa anche lei, dovrebbe raggiungermi tra qualche ora. So che era in missione in Australia, pur sapendo volare molto velocemente e teletrasportarsi per brevi tratti, ha dei tempi tecnici che non si possono eliminare”
Si crea un silenzio surreale.
“Quindi, dobbiamo aspettare che Miss Denvers ci degni di una sua visita” sbuffa Nebula “Non mi piace aspettare, lo reputo una perdita di tempo”
“Potreste invece riposarvi” propongo “Ho abbastanza letti per tutti. I due divani che ci sono qua sono entrambi divani letto, ho un matrimoniale in camera, e una stanza degli ospiti da potervi preparare”
“Non c’è problema. Io e Nebula andiamo nella Milano, facciamo la guardia e cerchiamo di scoprire qualcosa di più sulle Gemme e sui portali intergalattici che ci porterebbero da loro”
“Siete sicuri?” domando “Non mi costa nulla”
Il procione scuote la testa, mentre la ragazza robotica mi sorride appena. “Va bene così. Illuminiamo a giorno la casa se individuiamo soggetti sospetti attorno al perimetro del radar a corto raggio, così vi svegliamo”
Si leva un coro di “Grazie”, in seguito al quale i due si alzano e se ne vanno.
“Sono le due di notte. Io qualche ora devo dormire” mormoro “Scusatemi”
Natasha guarda Bruce, che le sorride incoraggiante e tranquillo, poi mi accompagna in camera, chiudendo la porta dietro di sé e stendendosi sul letto accanto a me.
 
Sembra sia passato così poco da quando l’ho salvata…
 
“Avanti, butta fuori tutto” mormora accarezzandomi il viso con dolcezza.
“E tu?” domando stringendola a me “Hai buttato fuori tutto?”
“No” risponde con sincerità “Aspettavo la persona giusta”
“Avevi Bruce e Steve” le carezzo la testa sentendola tremare tra le mie braccia.
“Hanno un piccolo difetto: non sono te” mormora.
 
Oh, Nat… E’ il nostro destino salvarci continuamente a vicenda?
 
Non ricordo quanto tempo passa prima che entrambi riusciamo a sfogare tutto quello che abbiamo tenuto sopito dentro di noi, so solo che mi addormento senza nemmeno rendermene conto, confortato dal corpo caldo di Natasha che, come in tante missioni del passato, è accoccolato al mio, quasi come se di quel calore tra noi ne andasse della vita di entrambi.
Una mano gentile mi riscuote dal sonno profondo in cui sono riuscito a piombare dopo tempo immemore, e davanti a me vedo gli occhi blu elettrici di Thor, che mi guarda con un misto di aspettativa e preoccupazione.
“Che c’è?” biascico “Dov’è Nate?”
“E’ arrivata Carol Danvers. Venite”
 
E’ stata decisamente molto veloce
 
Mi volto per svegliare Natasha, ma trovo già i suoi occhi verdi rispondere al mio sguardo. Sorrido, e in un muto accordo ci alziamo entrambi per raggiungere il resto della truppa.
Carol è vestita con abiti civili, una normalissima ragazza di venticinque anni, bella e in salute come me la ricordavo, gli occhi marroni caldi e socievoli, i capelli biondi che le solleticano le spalle.
“Carol” la saluto tendendole la mano.
“Ciao, Clint” risponde con un sorriso “Noto che anche qua in America la situazione non è delle migliori”
C’è qualche istante di silenzio, durante il quale tutti i presenti guardano la nuova arrivata.
“Sono Carol Danvers, detta anche Captain Marvel in seguito al progetto di task force ideato da Fury, che a quanto ne so appartiene alla schiera dei dissolti in cenere. Sono qui per aiutarvi”
“Ehi Cap, mi sa che dovrai abituarti ad avere una collega” ironizza Tony.
Steve alza gli occhi al cielo, poi tende la mano verso Carol. “Steve Rogers”
“E’ un onore, Capitano”
Le presentazioni sono abbastanza noiose, forse perché comincio ad aver fame, dato che sono ormai le sette del mattino, e credo che tutti sentano un certo languorino, quindi li faccio accomodare in cucina.
“Cercate di non fare troppo rumore” dice Bruce “Il piccolino dorme ancora”
“Eccolo qua, il piccolo agente Barton” sorride Tony verso la porta “Temo sia troppo tardi, Bruce”
Nate guarda Stark con un cipiglio tipico di Laura, alza un sopracciglio, poi si avvicina a lui.
“Io non sono piccolo” protesta cercando di salire sullo sgabello arrampicandosi come una scimmietta, facendo ridacchiare tutti.
“E’ un po’ irritabile la mattina” cerco di scusarmi “Tutto la zia”
Natasha caccia fuori la lingua.
Tony da una mano a mio figlio, che lo ringrazia anche se con un piccolo broncio.
“Fate troppo rumore voi grandi” si lamenta “Papi, mi dai del latte per piacere?”
Dopo aver terminato la colazione, Nate sparisce dopo poco in camera sua, giusto il tempo per lasciarci decidere cosa fare.
“Credo che tu debba restare a Terra, Clint, e con te anche Rhodes” dice Steve.
“Cosa?!”
“Ti trasferirai al complesso Avengers, è dotato di ogni comodità e sicurezza. Potrete coordinarci da Terra e tenerci informati su cosa accade quaggiù” aggiunge Tony “Al posto di Rhodes verrà Carol”
Rhodes storce la bocca, ma non dice niente.
 
Non è una cattiva idea, in fondo. Un po’ di aiuto non mi fa male certo male
 
“E Scott?” domanda Carol appoggiandosi allo stipite della porta “L’ho sentito, lui e la sua famiglia stanno bene”
“Ha una figlia a cui deve badare. Lasciamolo a Terra come asso nella manica, assieme alla Vespa possono costituire una spiacevole sorpresa per chiunque voglia prenderci alla sprovvista” risponde Steve.
Si crea un certo silenzio.
“Quindi… partiamo?” domanda Bruce con un po’ di imbarazzo.
“Sarebbe anche ora” mugugna Rocket “Non che siate antipatici, ma voglio affondare gli artigli nelle palle di…”
“Rocket! Linguaggio!” protesta Steve “Il bambino potrebbe sentirti!”
“Oh, caz…spita!” si corregge in extremis “Hai ragione. Scusa, non sono un procione educato”
“Datemi mezz’ora” sospiro “Nat, puoi preparare una valigia per Nate, per piacere?”
Nat annuisce, si alza e si dirige verso la camera di Nate, da cui il piccolo esce con il suo peluche preferito – un koala gigantesco – e cammina buffamente fino alla cucina, dove vedo Steve prenderlo in braccio e farlo ridere assieme a Thor, che come un mago crea piccoli fulmini sulla sua mano.
“Ancora, ancora zio del tuono! Ancora, per piacere!” sento gridare mio figlio eccitatissimo.
Ridacchio. Metto in una grande valigia tutto ciò che mi può servire, armi e soldi compresi, e infine, sopra a tutto, metto la foto di famiglia che abbiamo scattato un anno fa.
 
Era tutto così tranquillo e perfetto…
 
Una lacrima scorre veloce sul mio viso, che mi affretto ad asciugare.
E’ tempo di partire, prendo le chiavi di casa, e una volta fuori chiudo la porta. Tutti sono già fuori, Nate compreso, che mi guarda con gli occhietti pieni di domande inespresse.
“Torneremo qui, vero?”
“Ma certo che sì, campione” sorrido “E’ solo per un po’ di tempo, vedrai che tra qualche giorno saremo di nuovo qui a giocare nel prato”
Lui annuisce, poi, il koala in una mano, il mio dito stretto nell’altra, mi guida verso il jet che non attende altro che saliamo a bordo.
Il viaggio verso la Base è tranquillo, Nate è il centro dell’attenzione di tutti, e non sembra affatto aver paura di intraprendere, almeno temporaneamente, una nuova vita. Almeno questo è consolante.
L’atterraggio si completa in una sola manovra, io e Rhodes scendiamo dopo aver salutato tutti, ma Tony ci segue.
“Qualche problema, Tony?” domanda Rhodes.
“Sì. Devo prendere una cosa”
Apre la Avengers Facility, reimposta con qualche semplice comando le impostazioni di sicurezza, corre dentro ed esce, poco dopo, con uno scudo che ben conosco in mano.
Sorrido.
“Tornate tutti interi, okay?”
“Faremo del nostro meglio” risponde con ironia “Grazie di tutto, Clint”
Gli stringo la spalla. “Grazie a te”
Tony abbraccia anche Rhodes. “Mi raccomando, Rhodes”
War Machine scuote la testa. “Non romperti la testa, Tony. Non ho intenzione di farti il funerale, e la stessa cosa vale per gli altri, chiaro?”
“Limpido, anzi, trasparente” la voce di Tony si spezza un po’.
“Qualunque cosa, mettetevi in contatto con noi”
“Anche voi” rispondiamo in coro io e Rhodes.
Tony si abbassa all’altezza di Nate, carezzandogli dolcemente la testa. “Tieni d’occhio il tuo papà e Rhodey, senza di te combinano certo guai”
Nate annuisce, serio. “Ci penso io a fargli fare i bravi”
Stark gli carezza il viso, poi si alza, ci sorride, e se ne va via a passo svelto, gli occhi lucidi.
 
Di nuovo?
 
“Nel caso te lo stessi domandando” mormora Rhodes “Pepper era incinta”
Mi pietrifico.
E in quel momento, solo una cosa mi viene in mente, solo una semplice parola, ripensando a ciò che hanno deciso Tony e Steve sul destino mio e di Scott.
Grazie. Grazie per averci concesso di stare vicino alle nostre famiglie.
 
 
 
I know all too well it don’t come easy
The chains of the world they seem to movin' tight
I try to walk around if I’m stumbling so come
Tryin' to get up but the doubt is so strong
There’s gotta be a winning in my bones
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Eccomiiii! Estate, ARRIVOOOO!!!
Non mi ha pienamente soddisfatta questo capitolo – gli esami non hanno aiutato –, quindi spero di rifarmi con il prossimo, che posterò questa domenica e che sto cercando di rendere il più entusiasmante possibile.
Fatevi vivi, anche solo per scrivermi che, come io stessa temo, questo capitolo non vi è piaciuto; il vostro silenzio mi allarma un po’…
A prestissimo,
 
_astronaut_

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Capitolo 6
*** Believer ***


Believer
Canzone consigliata: Imagine Dragons – Believer

TONY

 
Non sono certo un uomo che si potrebbe definire sentimentale o nostalgico, anzi a dire la verità, non lo sono affatto.
Però sinceramente mi disturba vedere Steve con quei polsini – polsini? E’ un eufemismo! – in vibranio al posto del suo scudo.
Sì, lo scudo è suo, non mio o di mio padre come avevo infantilmente sostenuto in Siberia.
Io l’ho tenuto, e sì, ho sempre sperato che un giorno, per un qualsiasi motivo, potessi rivedere Steve con quello scudo sulle spalle camminare nuovamente accanto a me.
E forse perché è bello riavere tutti nuovamente vicini, forse perché so che questa seconda possibilità non può essere sprecata, forse perché so che potrei anche non tornare vivo – non stavolta -, che voglio che tutto sia come avrebbe sempre dovuto essere: Steve di quello scudo non si sarebbe mai dovuto sbarazzare, ma soprattutto, non avrei mai dovuto dirgli io di abbandonarlo.
 
Sai fare altro, Tony, oltre ad arrecar danno a tutti coloro a cui tieni?
 
Io, il figlio di Howard, l’amico che gli aveva regalato lo scudo e che lo aveva aiutato a diventare ciò che era, l’amico che prima di tutti, persino prima di Peggy, aveva creduto in lui; io non avevo alcun diritto di reclamare quel pezzo del suo passato.
Io, che ero stato, nonostante le divergenze, il suo amico più caro dei giorni moderni prima che ritrovasse Barnes, non avrei dovuto mancargli di fiducia e di rispetto in quel modo.
Lui era fedele a Bucky, ma anche a me, e fino alla fine aveva cercato di farmi capire che non voleva affatto che ci scontrassimo: se Bucky mi avesse attaccato di sua sponte, Steve mi avrebbe difeso, il suo sguardo me lo aveva detto chiaramente.
 
Ma io ero troppo accecato dalla rabbia, e ho rovinato tutto.
 
Avrei dovuto chiamarlo con quel dannato cellulare appena avevo aperto il pacco che mi aveva inviato perché, in fondo, avevo già capito che tutto ciò che era successo era perché Steve aveva dimostrato di non essere infallibile, o privo di paura: aveva dimostrato di essere umano.
 
E forse è proprio questo che mi ha destabilizzato più di tutto: rendermi conto che Steve non è il cavaliere senza macchia e senza paura che sempre ho pensato che fosse
 
Quando rientro nel jet e il portellone si chiude alle mie spalle, i suoi occhi azzurri si spalancano alla vista del vecchio scudo e dalle sue labbra esce solo uno strozzato: “Tony…”
“Penso ti appartenga, e comunque come soprammobile non mi garba affatto, quindi riprendilo e vedi di trattarlo bene, Cap”
Carol e Natasha ci guardano intensamente, in attesa che uno dei due faccia qualcosa.
Steve ride piano, incredulo, e prende tra le sue mani lo scudo, maneggiandolo con una delicatezza tale da far pensare che in mano abbia in del vetro soffiato, e non la lega più dura al mondo.
“Carol, mettiamoci in contatto radio con gli altri, si parte” dice Natasha senza riuscire a trattenere un sorriso, che contagia anche me.
Carol annuisce, optando per non proferire alcuna parola riguardo a ciò che è appena successo, accende la strumentazione, e ci alziamo in volo.
“Mi ricevete?” domanda Rocket con fare pratico
“Forte e chiaro” risponde Carol “Passateci la mappatura delle onde gamma che la nave ha captato”
Sulla plancia del copilota compare una dettagliata mappa stellare su cui individuiamo anche la Terra.
“Impressionante” sussurra Natasha “Ci sono dei portali intergalattici più vicini alla Terra di quanto pensassi”
Mi soffermo ad analizzare con attenzione la mappa e noto che c’è un puntino di onde gamma più grosso di altri.
“Andiamo dove le onde sono più forti” dico a un tratto “E’ probabile che lì ci siano due o più gemme”
“Intendi che dobbiamo andare su… uhm… Vormir?” domanda Bruce dall’altra nave.
“Esattamente” dico “Carol, tu cosa ne pensi?”
“Penso anch’io sia la scelta giusta. Se trovassimo la Gemma dello Spazio ci faciliterebbe di molto il lavoro”
“Allora andiamo. Quanto ci vorrà?” domanda Steve
“Un po’” sentiamo risponderci da Nebula “Seguiteci, c’è un portale non troppo distante da qua se mettiamo i motori al massimo, credo che anche la vostra navicella terrestre sia in grado di stare al passo”
Ci sediamo quindi sui sedili del jet, da cui posso godermi il meraviglioso paesaggio attorno a me e posso per un attimo mettere a tacere i miei pensieri, lasciando che il mio sguardo vaghi placidamente tra le miriadi di stelle che, come acqua lucente, circondano il jet.
E senza che nemmeno me ne accorga, i miei occhi si chiudono per la prima volta dopo giorni.
“Tony” Steve mi riscuote dal mio momento di pace facendomi un po’ sobbalzare “Siamo atterrati”
 
Mi sono addormentato.
 
La consapevolezza di ciò che è appena successo mi investe come una secchiata d’acqua gelida, e cerco di rimettermi operativo al più presto.
“Quanto tempo è passato?” domando stropicciandomi gli occhi.
“Non poco” ammette Steve “Ma se ti sei addormentato significa che ne avevi bisogno”
Annuisco. “Non sono stato molto di compagnia”
“Steve” Natasha si alza dal sedile, stiracchiandosi “Tony, pronti a scendere?”
“Sì” rispondo “Carol, tutto okay?”
La ragazza preme qualche pulsante ancora sulla plancia, poi con un solo tocco al suo braccio si ricopre di una tuta da combattimento, gli occhi da marroni diventano color ametista, il suo corpo assume un non so che di potente e intimidatorio.
“Wow” riesco solo a dire “Lo prendo come un sì”
Lei sorride, un po’ imbarazzata. “Indossa l’armatura, Stark. Non voglio rischiare di perdere un uomo ancor prima di aver mosso i primi passi su un pianeta sconosciuto”
Apro la bocca per dire qualcosa, ma non ce la faccio.
“Sicuri di non essere parenti?” ridacchia Natasha cogliendo appieno il punto del mio improvviso mutismo, dando una spallata a Rogers.
“Non penso proprio” nega Steve aprendo il portellone “Ora, andiamo”
Premo il mio reattore e nel giro di poco vengo ricoperto dalla mia armatura potenziata da Shuri, poi mi avvio al seguito di Steve e Carol, Nat accanto a me.
Vedere Steve con le spalle coperte dallo scudo ha su di me un effetto calmante non indifferente, e pieno di ottimismo metto piede sul suolo di Vormir.
Spicca una montagna particolarmente alta, poco lontana da dove siamo atterrati, davanti alla quale si estende un lago gigantesco.
L’atmosfera è respirabile, tutto attorno a noi ha tinte che vanno dall’arancio al rosa e in cielo vediamo due, anzi tre lune.
 
Pazzesco
 
“Chi sta di guardia?” domanda Nebula
“Io” dice Bruce.
“Negativo. Tu vieni con noi, Hulk potrebbe servirci” mi oppongo.
“Serve qualcuno di guardia!” protesta Rocket “Se ci rubano le navicelle siamo fregati, idioti!”
“Starò io” propone Natasha “Ma serve qualcuno anche della Milano che mi possa aiutare”
“Ripeto, sto io” dice Bruce, rincuorato dal fatto che Nat stia con lui “Non abbiamo tempo di discutere, diamoci un tempo, se non tornate entro un’ora, vengo a cercarvi”
“Là” Carol indica la montagna con una mano “Sento… sento che dobbiamo andare là”
Thor annuisce. “Sento anche io una forte energia provenire da lì, la direzione è certamente quella giusta”
In silenzio, circospetti, ci muoviamo verso i piedi della montagna e cominciamo a scalarla.
L’aria si fa sempre più pungente e mi riempio di brividi.
“Signore” Friday mi fa sobbalzare “Rilevo fonte di calore a pochi metri da qui”
“Cosa è?” domando a microfono spento per non farmi sentire dagli altri così da non allarmarli.
“Non riesco a identificarlo” risponde l’A.I.
“Si muove?” sento l’adrenalina salire e comincio ad attivare le mie armi.
Gli altri capiscono che qualcosa si mette male perché l’aria attorno a noi comincia a diventare fumosa e non si riesce più a distinguere più nulla che sia più distante di cinque metri da noi.
“Sì, sta venendo verso di voi, ma la nebbia che vi avvolge non ha nulla a che fare con quello che sto rilevando”
“Aggiornami appena riesci a sapere qualcosa di più” sull’interfaccia mi compare la massa fluttuante e punto verso di lei i miei razzi.
“Chiunque tu sia, mostrati!” ordina Steve con voce ferma, lo scudo davanti a sé, lo sguardo tagliente, la pistola carica pronta a sparare un colpo e puntata esattamente verso il centro di massa di quello strano essere “Non abbiamo intenzione di ucciderti, a meno che tu ci attacchi senza un motivo”
Ciò che accade dopo va oltre ogni spiegazione razionale.
“Molto divertente, Capitano Rogers” ride la voce dal vago accento tedesco “E’ proprio vero che la storia si ripete e che il tempo è circolare”
 
Come diamine è possibile che Steve conosca persone dall’altra parte dell’Universo?!
 
Vedo il volto di Cap perdere quel poco colore che aveva e nei suoi occhi mi trovo a notare una scintilla di pura incredulità e… odio?!
“Basta giochetti” ringhia Thor “Dirada questa nebbia, o lo farò io, e non ti farà piacere”
“La forza bruta non funziona, dovresti saperlo, figlio di Odino…”
 
Rogers, cosa stai facendo?!
 
Vedo Cap scattare fulmineamente verso la massa indistinta e, incredibilmente, prenderla per il collo e sbatterla contro una parete di pietra. Allora è un… uomo? Uno spirito corporeo? Una via di mezzo?
“Tu…” ringhia Steve, il volto trasfigurato dalla rabbia “Tu, brutto essere schifoso e corrotto! Tu! Tu dovresti essere morto!”
Mille voci si sovrappongono in un’accozzaglia di esclamazioni allarmate.
“Da che pulpito viene la voce, mi risulta che anche tu sia un po’ fuori tempo, Steven Grant Rogers” rantola la massa guardando Cap “Sono passati più di settant’anni…”
 “Steve!” lo chiamo, togliendomi la maschera e cercando di raggiungerlo.
“Stai lì, Tony!” ruggisce lui “Stai lì, o giuro, giuro che è la volta buona che uccido un uomo per pura e semplice vendetta personale!”
 “Uomo?” domanda Rocket quasi sovrapponendo la sua voce a quella dello strano essere “Quello è un teschio vivente!”
“Ironia della sorte, sulla Terra ero conosciuto come “Teschio Rosso”, sorprendente, davvero sorprendente”
“Taci!” urla Steve, la voce spezzata di rabbia “Hai la minima idea di cosa tu e la tua divisione scientifica del cazzo abbiate fatto al mondo?! Hai la minima idea di quanto dolore abbiate causato, voi e le vostre idee malate?!”
 
Teschio Rosso… Teschio Rosso… Divisione scientifica… Accento tedesco… Rogers lo conosce…
 
“Un momento!” esclamo quando tutto, all’improvviso, mi si fa chiaro “Tu sei Johann Schmidt, il primo generale dell’HYDRA, dato per morto nel 1945!”
“Era più brillante il tuo fastidiosissimo padre, sai, Stark? Sei lento nel ragionare, una vera delusione”
“Non azzardarti” ansima Steve a due centimetri dal suo volto “Non azzardarti a parlare così di Howard, e non permetterti minimamente di parlare a Tony! Con che coraggio osi guardarlo in faccia?!”
“Quanto astio! Forse perché l’HYDRA ha ucciso il suo adorato paparino e la sua mammina mentre tu eri ibernato in Alaska e non hai potuto fare niente per impedirlo? Non credo che in fondo al tuo amico sia spiaciuto molto, o sbaglio?”
Ringhio. “Lurido bastardo, sai tutto”
“Certo che so tutto” sospira con sufficienza “E’ la mia maledizione, ma ora lasc…”
Steve stringe la presa, i suoi occhi hanno assunto un preoccupante colore blu scuro e trasmettono solo un sentimento, che mai avrei pensato di poter vedere in lui: odio, ma per davvero. Se prima era solo un’impressione, ora era una certezza. Steve Rogers provava odio.
“Oh, già” ironizza Teschio Rosso “Anche Barnes era particolarmente irritante, ha dato un bel po’ di problemi ai miei colleghi, eppure, è stato uno dei migliori esperimenti dell’HYDRA. Un vero peccato si sia risvegliato dallo stato in cui erano riusciti a incate…”
Il pugno di Steve impatta con violenza inaudita sul viso di Schmidt, che lascia andare un grugnito di sincero dolore e sorpresa.
“Mi pareva di ricordare che non fossi una persona incline alla violenza, se non necessaria, Capitano” ironizza Schmidt.
“Ho come l’impressione che invece necessario lo sia, eccome” interviene Thor, che ha fatto due conti e ha capito chi questo uomo sia “Ma non ti senti nemmeno un po’ in colpa per quello che hai fatto? Sei un mostro!”
“Meriteresti di morire, sei vivo solo perché ti sta risparmiando, dacci la gemma di cui sei il detentore, o ti uccideremo!” rincara la dose Nebula.
Schmidt ride sguaiatamente e vedo Steve irrigidirsi ancora di più, mi rendo conto del fatto che stia per crollare. Emotivamente parlando, è un colpo troppo forte per lui.
Si dice che i fantasmi del passato non se ne vadano mai del tutto, ma il fatto è che stavolta la metafora è realtà, e non c’è cosa più destabilizzante.
E nessuno riesce più a parlare perché quella risata ci ha spiazzati, ma ancora di più ci spiazza Steve che si stacca da Schmidt per fronteggiarlo.
“Penso di avere un conto in sospeso con te. Eravamo rimasti al punto in cui ti stavo per uccidere, o sbaglio?” domanda Steve con voce ironica, in un tono che non gli si addice affatto, gelido e paurosamente determinato.
“Credo che quello che alla fine è morto sia stato tu, con tutte le persone che hai perso. Ah, i sentimenti, una vera droga per l’umanità”
“Dovresti solo avere la decenza di tacere” sibila Steve “Avete rovinato la vita a Tony, a…”
“Gli abbiamo fatto un piacere” ribatte Schmidt insofferente.
“Avete rovinato la vita a Bucky!” continua imperterrito Steve
“L'abbiamo migliorato, gli abbiamo salvato la vita” alza le spalle, sul viso un sorrisetto soddisfatto che mi fa davvero venir voglia di incenerirlo. “E poi, non mi pare che tu ti sia mai lamentato” risponde laconico Schmidt “Anzi, eri ben contento di riavere Barnes a tuo fianco, tanto da litigare con tutti i tuoi carissimi amici pur di tenerlo al sicuro”
“Ora basta” intervengo notando il tentennamento di Steve “Hai decisamente parlato troppo. E la tua presenza è diventata più che molesta, dacci la Gemma dell’Infinito e sparisci o i miei razzi e i pugni di Steve saranno l’ultima cosa che vedrai”
“Non all’americano che mi ha spedito quassù con la sua insopportabile insistenza, e non al figlio del mio più grande rivale in campo scientifico, scordatevelo. Non siete degni”
“Non parlare di dignità, umano” interviene Thor “Non ne hai il diritto”
“Si vede che non sapete trattare affatto” sogghigna Teschio Rosso “Sbaglio, Carol Danvers?”
Carol, che fino a quel momento è stata in silenzio, si mette al mio fianco, prende un respiro, guarda Schmidt direttamente negli occhi e dice: “Johann Schmidt, io so di te solo ciò di cui ho letto sui libri di storia. Non sono venuta qui per vendetta, non sono venuta qui per risolvere un conto in sospeso. Sono venuta qui perché voglio che la perdita subita dalla popolazione umana venga colmata. Il mio compito è salvaguardare il bene dell’umanità, proteggendola e aiutandola a muoversi nella direzione giusta. Tu puoi leggere nell’animo delle persone, puoi vedere perfettamente che io sono colei che la gemma ti ha mostrato quando l’hai presa in mano, ottant’anni or sono. Il tuo tempo ormai è finito. Posso porre fine alla tua maledizione e finalmente potrai morire, abbandonando questo stato di limbo tra vita e morte. Fai una azione buona di tua spontanea volontà per redimerti: dai a me la gemma, sai che a questo punto non serve più alcun sacrificio, ne hai il potere e il dovere. Compi il tuo destino ora, Guardiano”
Teschio Rosso chiude gli occhi, annuisce soddisfatto, dimentico di me e Steve, e in una grande aura di luce compare il guanto, ove incastonata c’è la gemma dell’anima, che risplende di una piacevole luce dorata.
Carol si avvicina a lui, prende le sue mani, priva di ogni ribrezzo, e pronuncia delle parole che nessuno di noi riesce a comprendere.
“Lei vi attende” dice Schmidt in un sussurro mentre il suo viso torna, incredibilmente, quello che doveva essere prima che il Male e la follia prendessero il sopravvento su di lui: i lineamenti si addolciscono, e, in un turbine di luce rossa, comincia a scomparire.
“Mi dispiace” mormora guardando me e Steve, privo di ogni cattiveria o ironia, prima che anche il suo viso venga avvolto dai raggi di luce.
Mi dirigo velocemente verso Steve che è crollato a terra, in ginocchio, il viso tra le mani.
Trema dallo shock, lo scudo abbandonato a terra.
Carol prende da terra il guanto, che si modella sulla sua mano e, con sguardo calmo e deciso, da chi sa perfettamente cosa è successo, ci guarda negli occhi.
“Giustizia è stata fatta. Ora” si rivolge a me, che sto stringendo Steve cercando di trattenere le lacrime “tocca a voi trovare la pace nella vostra anima. Voi altri, seguitemi. Il nostro compito non è finito”
Senza opporre alcuna forma di resistenza, tutti si avviano al seguito della giovane e lasciano me e Steve soli a medicarci le ferite.
Singhiozza contro il mio petto, lui, rotto nel profondo.
 
Di nuovo. Poveretto, lasciategli un po’ di pace.
 
“Ehi, Cap” lo stringo amichevolmente a me “Se n’è andato per sempre. Non tornerà più”
“Sapeva tutto” ringhia “E ci ha riso in faccia. Ha riso del mio dolore, del tuo, di quello di Bucky… Dovevo ucciderlo di botte, come avrei dovuto fare ancora ottant’anni fa!”
“Steven” gli prendo le spalle e lo scuoto “La persona che più hai odiato nella tua vita è morta. Odiare ancora non ha senso, okay? Era un folle, penso che non fosse nemmeno pienamente conscio della cattiveria delle sue parole quando ti rispondeva, poco fa. Ora, basta, Capitano, hai finito. La tua guerra personale l’hai vinta. Riposati, è durata fin troppo.”
Rogers appoggia la fronte alla mia spalla, aggrappandosi a me come se ne andasse della sua stessa vita.
“Grazie, Tony” mormora rilassandosi quando gli do un’impacciata pacca sulle spalle.
Sorrido. “Di niente, ragazzone”
 
 
Singing from heartache from the pain
Taking my message from the veins
Speaking my lesson from the brain
Seeing the beauty through the pain
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Uh.
Devo respirare un attimo perché i miei feels in questo momento sono un po’ scombussolati.
E’ stato faticoso – dico davvero – scrivere la parte del contrasto tra Teschio Rosso e Steve, perché la scena che avevo in mente era davvero un sovrapporsi di voci e battute concitate… Non so se sono riuscita a rendere l’idea.
Avrei voluto metterci un po’ più di salsa piccante, far riempire un po’ di botte Schmidt dal nostro Steven, ma sarei andata fuori rating, quindi ho optato per tenere un “profilo basso”. Spero che comunque il capitolo sia stato di vostro gradimento... Fatemi sapere, se volete! A domenica prossima!
Un abbraccio,
 
_astronaut_

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Capitolo 7
*** River ***


River
Canzone consigliata: Ed Sheeran ft. Eminem – River
 

NEBULA

 
Le acque del lago alla base della montagna ribollono pericolosamente, quasi come se stesse per emergere un vulcano dalle profondità di quel pianeta dimenticato chissà dove nell’Universo.
L’esperienza mi ha insegnato a non fidarmi affatto di eventi naturali al di fuori della normalità, per questo dentro di me sento un inconscio desiderio di scappare, di mettere in salvo la pelle mia e di tutti gli altri, ma qualcosa di più forte, qualcosa che non mi so spiegare, mi spinge a indagare.
Mi avvicino perciò alla sponda e quasi svengo come una femminuccia.
Tante volte in passato avrei voluto spaccare la faccia alla persona che ora miracolosamente ho davanti, ma adesso il sentimento che mi pervade è uno solo, ed è sollievo.
 
Non sono più sola.
 
“Venite!” urlo istericamente “Veloci!”
In acqua c’è lei.
La parte di me che, nonostante tutto, mi sono resa conto di avere a cuore quanto la mia stessa vita, nonostante tutto il dolore che ho patito a causa…
 
No, non è stato a causa sua.
 
E’ stato a causa di Thanos: lei, come me, era nata per lottare, e il suo era puro istinto di sopravvivenza. Non potevo fargliene una colpa, se era stata sempre più forte di me.
Realizzarlo non è stato affatto semplice, forse perché sono una donna che ha sempre cercato in tutti i modi di non legarsi ad alcuna persona, in maniera tale da non avere alcun freno inibitore durante le missioni che richiedevano particolare concentrazione: i sentimenti non potevano, non dovevano, offuscare il mio giudizio, o non sarei stata l’arma perfetta che mio padre aveva tanto a lungo cercato di creare (fallendo miseramente, ma dettagli).
Io non sono un robot – almeno, non nel cervello – e alla fine le emozioni in passato avevano avuto il sopravvento su di me: provavo odio, invidia e gelosia nei confronti di Gamora, solo perché lei era riuscita a controllarsi meglio di me e a essere perfetta.
 
Se solo me ne fossi resa conto prima… Forse tutto questo non sarebbe successo, forse, insieme, avremmo potuto fermarlo, ucciderlo prima che acquisisse così tanto potere… Avremmo potuto evitare una strage…
 
La tiro fuori dall’acqua, contando sul fatto che lei si svegli, dato il baccano che ho fatto, ma i suoi occhi non si aprono come vorrei e il suo corpo rimane inerte e abbandonato.
“Perché non si sveglia?!” domanda Rocket appoggiando le sue orecchie sul cuore di Gamora “Non batte! Il suo cuore non batte!”
Carol, viso pallido di tensione, prende in mano la situazione e comincia a farle un massaggio cardiaco, in seguito al quale dalla bocca di Gamora esce un rivolo d’acqua, che, però, non fa altro se non farla sembrare ancora più morta di quanto già non sia.
“No, ti prego, ci deve essere un modo!” dico a Carol, che però non riesce a darmi una spiegazione, è paralizzata in una maschera di insicurezza.
“Non… non so fare altro, mi dispiace” sussurra “Non so usare il guanto, ancora”
“Qualcuno faccia qualcosa!” grida Rocket prendendo a pugni il petto di Gamora cercando di farle ripartire il cuore, senza risultato.
“Se solo ci fosse un defibrillatore…” mormora Carol, poi il suo sguardo si ravviva e si volta verso Thor, che guarda desolato la scena.
“Rimettetela in acqua” ordina, e come se fossimo automi, io e Rocket le obbediamo; faremmo di tutto pur di riportare in vita Gamora, persino obbedire all’ultima arrivata del gruppo.
 “Thor, scarica un fulmine in acqua, solo così possiamo sperare di rianimarla” prosegue Carol puntando i suoi occhi ametista in quelli blu elettrico di Thor.
“La ucciderei!” si oppone Thor “La brucerei!”
“Fallo!” incalza “Fidati di me”
Thor alza le spalle, si immerge in acqua e prende in braccio Gamora, chiede il permesso a me e Rocket che, con riluttanza, gli diamo un cenno affermativo.
 
Ma riportala in vita, ti supplico.
 
Immediatamente sopra di noi si condensano nuvole nere, attraversate da fulmini temporaleschi inquietanti e rumorosissimi.
Gli occhi di Thor diventano bianchi e il suo corpo viene avvolto da scariche elettriche. Il dio attira verso di sé tutti i fulmini e, in un rombo assordante, tutti si scaricano sul suo corpo.
Urla, incanalando l’energia necessaria nel corpo di Gamora fino al momento in cui i suoi occhi si spalancano.
Thor allora si ferma e le nubi si diradano: attorno a noi torna tutto come prima.
“Cosa… Cosa è successo?” domanda Gamora stringendosi a Thor che, tenendola in braccio, esce dall’acqua.
“Sei tornata in vita” risponde con voce roca.
“Abbiamo vinto?” chiede con incredulità e gioia mentre si stringe un po’ al suo corpo per cercare un po’ di calore dato che ha tutte le vesti bagnate e umide.
Thor scuote la testa. “No, Gamora. Non abbiamo vinto”
“E… Thanos?” la sua voce si riempie di preoccupazione, si agita visibilmente, ma Thor la calma con un solo sguardo. “Stiamo lavorando per toglierlo dai piedi, Gamora. Ma credo che tu ora ti debba concentrare su due persone che hanno sentito molto la tua mancanza, non su Thanos”
Gamora gira il volto verso di noi, seguendo la direzione dello sguardo di Thor, e non c’è cosa più bella del vederla sorridere di cuore.
 
Vederla sorridere di cuore a me
 
Con passi un po’ incerti, corre verso me e Rocket e ci abbraccia con impeto, trema tra le nostre braccia: parole di gioia pregne d’affetto le escono dalle labbra e, per la prima volta, non provo alcun ribrezzo all’idea di avere un contatto fisico con una persona.
Affondo il viso nell’incavo del suo collo e respiro a fondo per evitare di piangere. Odio piangere.
“Quill? Drax? Mantis? Groot?” domanda lei ancora raggiante “Dove sono? Chissà le facce che faranno…”
Il silenzio gelido che si crea non appena pronuncia i nomi dei suoi amici dissolti al vento fa scomparire il sorriso che le si era stampato in faccia nel giro di un nanosecondo.
“Non… non sono qui?” domanda “Sono… Sono…”
“Cenere” rispondo amaramente “Dissolti come polvere, come se non fossero mai esistiti”
Il suo labbro trema.
 
No, non ce la faccio a vederti piangere, Gamora
 
Quasi come se avesse sentito i miei pensieri, riacquista l’autocontrollo di sempre, stringendo a sé Rocket e prendendomi la mano mentre mi guarda profondamente negli occhi.
 
Ti fidi di me?
 
Annuisce stringendo le labbra, negli occhi la determinazione che ero solita vedere ogni volta che si trattava di portare a termine una missione.
“Troviamo nostro padre. Lui deve pagare” ringhia.
Annuisco. “Ora torniamo alle navicelle. Dobbiamo andare a recuperare le altre gemme dell’Infinito”
“Un momento” mormora Thor “Qui c’è ancora qualcosa”
Alle nostre spalle arrivano Stark e Rogers, in mano una piccola sfera con strane incisioni al suo esterno.
“Deve esservi scappato questo” esordisce Stark “L’ha lasciato Schmidt dopo aver tolto – finalmente – il disturbo”
Carol si avvicina e con un sonoro CLACK fa scattare il meccanismo di chiusura della sfera, che mostra al suo interno una gemma viola.
Carol la prende e la incastona nel guanto e per un brevissimo momento viene avvolta da una luce color lilla, e per un terribile momento temo che scompaia come Teschio Rosso, ma Carol rimane lì, grazie al cielo.
Sorride, anche se non riesce a nascondere un po’ di stanchezza.
“Ragazzi, la terra sta tremando” avvisa Rocket “Torniamo alla nave e andiamocene da qui”
 
Come mai ho così freddo?
 
Steve fa solo in tempo a sostenere Carol: le gambe le cedono e il suo costume lascia spazio gli abiti civili con cui si era presentata a casa di Barton, trema incontrollatamente.
“Carol, ehi” la scuote appena, cerca di toglierle il guanto, ma quest’ultimo scotta “Carol, non chiudere gli occhi!”
“Capitano” dice Carol con voce flebile “Il pianeta sta implodendo, dobbiamo scappare”
Vedo le sue labbra diventare blu e in un attimo capisco cosa le stia succedendo: percepisce i cambiamenti di materia prima di tutti noi, e sta per andare in ipotermia; la temperatura del pianeta si sta abbassando, e questo certamente non può tradursi in nulla di buono per noi poveri disgraziati.
“Sta andando in ipotermia, portiamola immediatamente nel jet!” mi precede Steve
Stark senza dire una parola la prende in braccio e si alza in volo verso l’astronave; sento nell’interfono di cui tutti ci siamo dotati la sua voce dire a Natasha di accendere il riscaldamento nel jet e di mettere in moto.
Gamora è troppo debole per riuscire a correre, ma basta uno sguardo per far sì che Thor capisca ciò che deve fare: Rocket si arrampica sulla sua spalla mentre lui prende nuovamente in braccio mia sorella, e dopo poco si alza in volo.
“Se non fosse una situazione tragica, mi divertirei anche a fare una gara di corsa” ironizzo guardando Steve, l’unico assieme a me rimasto “a piedi”.
“Quando tutto questo sarà finito, non ti dirò di no. Pensa ad arrivare viva al jet e a non congelarti nella corsa” sorride appena, poi in un secondo ci mettiamo entrambi a correre più veloci che possiamo mentre la terra sotto i nostri piedi comincia a creparsi pericolosamente.
E’ proprio quando sento i polmoni in fiamme e le gambe in procinto di cedere che vedo Thor e Stark dirigersi verso di noi più veloci di quanto pensavo fosse possibile.
“Nebula, Steve, saltate al mio tre!” urla Stark “Uno, due…”
 
Tre
 
Saltiamo in contemporanea, e veniamo presi al volo dai due, che ripartono a tutta velocità verso il jet e l’astronave, già sollevati da terra, pronti a scappare dal pianeta in procinto di implodere e trascinarci con sé nella sua disastrosa fine.
Senza nemmeno attendere che il portellone si richiuda del tutto, partiamo a tutta velocità con i propulsori roboanti in maniera assordante e mi rendo conto, una volta usciti dall’orbita, che se solo avessimo perso qualche secondo di troppo, saremmo morti tutti.
“Thor” lo chiamo “Tutto okay?”
I suoi muscoli guizzano, prede di crampi che, a occhio, sembrano alquanto dolorosi.
“Sì” mente “Ho solo… Forzato un po’. Meno male avevo un po’ di energia di riserva ancora da tutti quei fulmini che mi sono caduti addosso”
Si stende sul pavimento e respira affannosamente. “Facciamo in modo che non ci sia più bisogno di azioni del genere, okay?” prega.
Gamora, che nel frattempo è andata a indossare una delle sue vecchie uniformi rimaste a bordo della Milano, si accuccia accanto a Thor e comincia a massaggiare i suoi muscoli.
“Se Quill fosse qui sarebbe molto molto geloso” la rimprovera giocosamente l’uomo.
Gamora sorride amaramente. “Sto solo aiutando un amico che mi ha appena salvata, l’avrebbe capito anche lui”
“Ma Quill è lento di comprendonio” ridacchia Rocket affiancando Banner ai comandi della Milano “Lascia fare a me adesso, grazie di tutto Banner”
Bruce sorride, poi da una mano a Gamora per sciogliere i muscoli contratti di Thor.
“Banner!” la voce di Tony risuona nell’abitacolo “Bruce, abbiamo un’emergenza medica a bordo”
“Tony!” risponde immediatamente Bruce “Qual è il problema?”
Il sangue mi si gela nelle vene. Percepisco la tensione crescere notevolmente nel giro di mezzo secondo: tutti siamo prede di un silenzio pesante e carico di ansia.
“Carol è svenuta e non riusciamo a rianimarla” il tono di Stark tradisce tutte le emozioni che cerca di mantenere celate, e immediatamente ci agitiamo tutti.
“Il cuore batte?” domanda Bruce
Proprio quando Tony sta per rispondere sentiamo Steve, in lontananza, dire: “Sia ringraziato il cielo, Carol!”
Un sospiro di sollievo si spande in entrambe le navicelle: incredibile quanto un obiettivo comune ci abbia legati tutti, nonostante ci conosciamo solo da qualche giorno nei casi più fortunati.
“Tony” dico “Teneteci aggiornati a intervalli regolari, okay?”
“Ricevuto” risponde serio “Ora dove andiamo?”
“Già, qual è la prossima meta?” chiede Gamora alzandosi in piedi e affiancando Rocket come co-pilota.
“C’è una gemma vicino a una stazione di rifornimento carburante, non so voi ma noi siamo a secco” risponde Rocket “Potremmo andare lì”
“Noi non abbiamo problemi di carburante” dice Tony “La miscela di vibranio si autoalimenta, possiamo occuparci di un’altra gemma”
“Non sapete muovervi attraverso i portali” obietta Thor “Non corriamo rischi inutilmente, Stark”
“Spiegateci come muoverci, allora. Ci tengo a tornare sulla Terra il più presto possibile” incalza Tony
“Entrate in un portale e contate i portali che dovete saltare prima di entrare in quello giusto”
“Se perdessimo il conto?” domanda Natasha.
“Non è detto che riusciamo a rintracciarvi col radar, già l’ultima gemma è al limite del suo raggio d’azione”
Natasha sospira. “La più vicina a qua dove è?”
“Siete sicuri?” domanda Thor “E’ pericoloso, Natasha, e poi senza Carol non possiamo fare niente, solo lei può prendere in mano le gemme”
“Faremo presto” dice Steve “Guardando la mappa, se prendiamo tutti i portali giusti, riusciamo a raggiungervi in tempo”
Rocket, convinto dalle parole degli altri, da le coordinate e le indicazioni precise, e dopo un sincero e vicendevole “In bocca al lupo” le nostre strade si dividono.
“Spero solo di non dover andare a raccogliere i loro resti sparsi nello spazio” commento con un po’ di acidità, nascondendo un po’ di ammirazione verso il loro spregiudicato coraggio “Sono sempre così incoscienti?”
Thor sorride. “Hai parlato con uno che si è lanciato in un portale intergalattico con un missile attaccato alla schiena pur di salvare il suo pianeta, facendo esplodere la nave aliena che stava per riuscire a invadere la Terra. Ha sacrificato se stesso pur di salvare i suoi cari. Non li definirei incoscienti, solo…”
“Terribilmente coraggiosi” completa la frase Gamora
Rocket sbuffa. “E anche un po’ idioti, ma quello lo siete tutti”
 
All my sins need holy water, feel it washing over me
Well, little one, I don't want to admit to something
If all it's gonna cause is pain
Truth and my lies right now are falling like the rain
So let the river run
 
 
 
 
Angolino disagiato
Helloooo! Mi è spiaciuto troppo vedere Gamora morire, in Infinity War, quindi eccola di nuovo tra noi!
Volevo ringraziare tutti quelli che in queste settimane hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite… Wow, grazie, grazie davvero! Mi fa piacere che vi stia piacendo. Sentitevi tutti/e liberi/e di dirmi se qualcosa a vostro parere andrebbe migliorato, le critiche sono sempre costruttive e di conseguenza ben accette!
Venerdì parto per il mare (dopo la maturità ci sta un po’ di relax, no?) però cercherò comunque di aggiornare regolarmente. In caso contrario, vi lascerò una comunicazione.
Grazie a chi ha letto fin qui, la vostra pazienza merita una statua.
A domenica prossima e buona settimana!
Un abbraccio,
 
_astronaut_

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Capitolo 8
*** Brother ***


Brother

Canzone consgiliata: Kodaline – Brother (SCUSATE PER IL FORMATO BRUTTISSIMO, DAL TELEFONO NON SONO CAPACE O.O)

LOKI

Non c’è sensazione più strana di quella di vedere tuo padre sorriderti mentre ti chiede di scegliere quale strada intraprendere, se morire e finire tra le costellazioni dei grandi Asgardiani, date le mie ultime valorosissime gesta, o rimanere in attesa che tuo fratello venga a riscattare la tua vita con un sacrificio, immolandoti come custode della gemma del tempo.

Non avrei potuto scegliere la terza opzione, ovvero, prenderlo a male parole una volta per tutte? A quanto pare no. Peccato. Davvero, davvero peccato. Mi sarei tolto un bel paio di sassolini dalla scarpa.

Inutile dire cosa io abbia scelto, mentirei se dicessi il contrario, non mi sento ancora pronto per morire veramente: e poi, Thor ha bisogno di me, ha perso tutto, ha perso il suo popolo, ha perso il suo migliore amico… Ha perso me, proprio quando avevamo finalmente ricucito tutte le nostre ferite lasciate troppo tempo a marcire.

Odino mi sorride.

“Sono fiero di te, Loki” mi dice con gli occhi azzurri pieni di quello che – dèi! – sembra proprio affetto “Sono fiero di voi”

Annuisco, rabbrividendo per un secondo al contatto così intimo, così disperatamente agognato quando eravamo entrambi in vita, poi mi lascio andare a un sorriso malinconico.

“Era necessario che morissi per dirmelo, padre?” domando senza riuscire a nascondere un po’ di astio, frenato nella mia manifestazione di insofferenza dallo sguardo dolce di Frigga.

Lui sospira. “Mi dispiace, Loki. Ho sbagliato molto, non ho saputo cogliere la tua sensibilità, non ti ho dato l’affetto di cui necessitavi… Perdonami”

“Ho sbagliato anch’io…” provo a dire, suonando più dispiaciuto di quanto avrei voluto lasciare trapelare.

Frigga mi sorride lasciandomi una carezza affettuosa. “Torna da tuo fratello, figlio mio. Veglia su di lui” 

Però, insomma, se solo Thor si svegliasse a raggiungermi, mi farebbe un gran favore. Sono sempre stato pronto ad aiutarlo, da morto, alla stregua di quelli che i Midgardiani chiamano “Angelo custode”, ma è da un po’ che non riesco a entrare nella sua mente, non so se sta bene o meno, e la cosa mi riempie di…

Oh, per carità, sto davvero provando angoscia?

I miei occhi vagano distrattamente sulle miriadi di stelle che mi circondano, totalmente sconosciute e anonime alla mia conoscenza, e mi trovo a pensare che, in fondo, il ciarlare a volte logorroico di Thor non mi dispiace affatto.

All’improvviso sento lo spazio attorno a me perturbarsi facendo comparire dal nulla una navicella rossa, che atterra poco distante da dove mi sono seduto, e istintivamente stringo nel mio palmo la gemma del tempo incastonata nel medaglione dal nome “Occhio di Agamotto”.

Vediamo con che razza di idioti dovrò rapportarmi, adesso…

“Loki!” una voce che ben conosco mi chiama, e alzando gli occhi incontro due grandi pozzi azzurri traboccanti di gioia e incredulità. Non lo ammetterò mai, ma il mio cuore fa una capriola di felicità.

“Fratello” sorrido “Era ora, cominciavo ad annoiarmi”
Lui scuote la testa e fa per toccarmi, ma la sua mano, con suo sommo disappunto, mi trapassa.

“E’… E’ una mia illusione? Una tua magia? Sei vivo?” domanda a raffica.
“No, Thor, è la realtà. Solo un sacrificio di sangue potrà ridare corporeità alla mia anima, al momento sono in una situazione intermedia tra la vita e la morte. Devo ammettere, è una situazione alquanto fastidiosa” 

Il silenzio che segue è agghiacciante.

“Uno di noi deve morire?” domanda quella che sembra la sorella di Hulk guardandomi storto.

Chiudo gli occhi. “Thor”

Mio fratello sgrana gli occhi, poi li abbassa sulla gemma e infine torna a incontrare il mio sguardo. “Devo morire?”

Dipende

Sospiro. “Lasciateci soli”

I presenti si allontanano, muti, rivolgendo uno sguardo pieno d’angoscia a Thor, e si dirigono verso i serbatoi di carburante, mentre io e Thor ci incamminiamo in direzione opposta per avere un po’ più di privacy.

“Come stai?” gli domando, cauto.

“Sono stanco” ammette “Ma non perdiamo tempo, Thanos va eliminato e se questo significa dare in cambio la mia vita per quella di metà universo, sono disposto a farlo”

Sorrido appena. “Senza di te sono un pericolo ambulante, e mi annoierei da solo, sicuro di volermi lasciare in giro da solo? Sulla tua adorata Midgard, oltretutto?” 

“No, non sei un pericolo” ribatte lui “Ti conosco, Loki. Sei cambiato. E in meglio. Non sarai solo, ci saranno gli Avengers con te”

“Davvero una grande consolazione, l’unico che sembra non odiarmi particolarmente è Bruce Banner” ironizzo pacatamente.

“Diciamo che gli altri hanno delle buone ragioni per non apprezzare più di tanto la tua presenza” 

E’ davvero un bene essere più “umano”? Emozioni quali affetto, paura, angoscia, non si addicono a una mente calcolatrice come la mia… Eppure è proprio quello che sento… Questi sentimenti… Per gli dèi, basta!

“A cosa stai pensando?” mi domanda Thor inclinando un po’ il viso di lato, squadrandomi, in una posa che mi ricorda in maniera impressionante quella che assumeva da bambino quando non capiva qualcosa di lingua Groot.

“Io sono Groot” ripete scocciato il bimbo biondo di fronte a me “Che differenza c’è rispetto a: “Io sono Groot”?” 

“E’ l’intonazione, Thor” sospiro “E’ diversa, senti…”

“Niente” rispondo – molto, troppo velocemente, scacciando dalla mia testa l’immagine di un piccolo Thor in difficoltà - “Solo… prendi la tua ascia”

“Sarai tu a uccidermi?” domanda rassegnato “E va bene… Posso accettarlo, ora”

“Smettila di fare domande, fratello” gli ordino con finto fastidio “Mi distrai”

“Pensavo ti mancasse la mia presenza, eri così felice poco fa…” allude, avendo compreso che in realtà sto solo cercando di non fargli male più del necessario.

“Non è reciproco?” ribatto con un sorrisetto, godendomi il suo aprire e chiudere la bocca in cerca di una risposta alla mia domanda.

Zittito!

Ridacchio piano. “Ora, chiudi gli occhi e ripeti con me”

“Dimmi che non è lingua Groot…” supplica.

“E’ asgardiano antico. Non so quanto sia meglio” gli confesso “Se ricordi, il nostro precettore aveva perso le speranze con te… ”

“Sarà anche stata una lingua difficile – molto difficile – ma almeno non è tutto uguale come il Groot” borbotta “Okay. Cominciamo”

Indugio un attimo, guardando il suo viso serio, ascoltando il suo respiro forzatamente regolare e rilassato, i suoi occhi serrati, la mano destra che tiene in mano Strombreaker, la sinistra che trema un po’.

“Thor” tossicchio “Ti… ti voglio bene” sputo fuori quasi con disgusto quelle tre piccole semplici parole, causando un piccolo sobbalzo al corpo di mio fratello, che mi sorride dopo aver riaperto gli occhi.

“Dovrei morire più spesso. Finalmente te lo sento dire”

“Tu non me l’hai mai detto!” protesto senza riuscire a fare a meno di arrossire di imbarazzo.

“Te l’ho dimostrato più volte, mi pare. E poi lo stupido sarei io?”

“Sì, testone” borbotto.

“Te ne voglio anche io, Loki” sorride “Peccato sia andata così”

Magari avremmo potuto davvero vivere come due normali fratelli… Quanto tempo abbiamo sprecato? 

Prendo un respiro e sul suo braccio incido il disegno che in ogni momento di pausa fa capolino nella mia testa; come più volte ho sognato, Thor inizia a perdere molto sangue, devo fare in fretta. 

La mia mano evanescente si poggia sul braccio di Thor e piano piano sento la mia presa farsi sempre più reale, fino a quando riacquisto tutta la sensibilità.

Sento finalmente il mio cuore riprendere a battere, sento finalmente l’odore di terra – prima non sentivo niente -, sento l’odore del sangue di Thor che mi sta ridando vita a discapito della sua.

Sento un forte calore propagarsi in tutto il mio corpo, e capisco che finalmente sono tornato completamente nel mondo dei vivi: ora è questione di attimi, devo salvare mio fratello.

“Sei qui” sussurra felice “E’… bello”

“Shhh” gli rispondo cercando di tenere a freno le lacrime “Non sforzarti, taci, una buona volta”

Lui ridacchia, poi obbedisce, chiudendo gli occhi.

“Sai, è bello di là. Ma tu hai ancora un po’ di cose da sistemare, quaggiù, quindi non ti azzardare a raggiungere Odino e Frigga, chiaro? Resta con me”
Sussurro un sacco di incantesimi, e solo quando vedo il sangue fermarsi e la ferita cominciare a cicatrizzarsi mi azzardo a fermare il flusso continuo di parole che fino a ora è uscito dalle mie labbra.

Thor si è assopito, spossato dalla perdita di sangue: sono riuscito a salvarlo, ma anche le mie energie al momento sono a terra.

“Ehi, laggiù!” una figura si muove verso di noi “E’ morto?”
“L’ ho salvato” rispondo con fastidio “E’ solo addormentato” alzo gli occhi verso colui che si è rivolto a me e quasi mi escono gli occhi dalle orbite “Oh, ciao, Bruce”

“L-Loki. Ciao. Ehm… Non… Non vuoi, ecco…”

La gemma pulsa nella mia mano, ne percepisco il peso, e non vedo l’ora di togliermi la responsabilità della sua custodia. Sorrido rassicurante. “No, Bruce, nessun piano di conquista folle o omicidi vari”

“Oh, grazie al cielo”

“Dove sono i vostri compagni?” domando “E questa a chi la devo dare?”

“I nostri compagni ci raggiungeranno tra poco” mi risponde la ragazza-robot che nel frattempo ci ha raggiunti assieme a tutti gli altri “Tu chi sei?”

“Sono suo fratello” indico Thor “Mi chiamo Loki”

“Il Dio delle Malefatte” mugugna il procione “Mi dai l’idea di essere un doppiogiochista”

Zitto e incassa, in passato lo sei stato.

Bruce trattiene il fiato, gli occhi spalancati, pronto a intervenire se per caso dovessi tirar fuori dal fodero che casualmente si trova appeso alla mia coscia un pugnale che guarda caso, potrebbe rivelarsi mortale per l’impertinente animale che mi trovo davanti.

Nulla di tutto ciò che vedo passare attraverso gli occhi di Banner si avvera. 

Insomma, non ho mica scelto io di essere stato un pazzo sociopatico in passato!

“Vedo che hai qualche nozione di mitologia norrena, sono piacevolmente sorpreso” ironizzo pesantemente per mascherare il mio fastidio “Sorprendimi ulteriormente, procione, e potrei persino trovarti simpatico”

“Sei con noi?” domanda la sorella di Hulk guardandomi con sospetto e diffidenza palesi.

“Seguo lui” alludo a Thor “Quindi, se lui è con voi, sì”

“Bene. E’ tutto ciò che mi basta sapere. Sono Gamora”

“Rocket” si aggiunge il procione, secco nel pronunciare il suo nome e sfuggente nel guardarmi negli occhi.

“Sono Nebula” conclude l’altra ragazza.

“Sono morto?” domanda Thor con un filo di voce riaprendo faticosamente gli occhi.

“No, no” gli rispondo pieno di sollievo “Sei vivo”

“Macché morto” scherza Bruce “Sei Thor”

Oh, dèi, l’ha detto seriamente? Non posso crederci… BANNER! Ti credevo un uomo così intelligente… Esser stato Hulk per così tanto tempo deve averti un po’ rincitrullito.

“Ho sete” borbotta mio fratello “Mi sento debole”

“Lo sei sempre stato” scherzo, facendolo sorridere “Adesso ti procuro un bicchiere d’acqua. Stai fermo però, okay?”

E’ inutile negarlo, il mio cuore trabocca di sollievo, e da un distributore vicino alle pompe di carburante prendo una bottiglia di acqua fresca, sperando di poter aiutare Thor a stare meglio.

Proprio in quel momento sulla grande stazione di rifornimento carburante atterra una navicella che presenta segni non indifferenti di un passaggio attraverso portali intergalattici.

Sospettoso, mi dirigo verso gli altri, avvertendoli del pericolo che potremmo correre, ma loro non sono affatto del mio stesso avviso, anzi, li vedo tranquilli e sollevati.

“Chi sono?” domando curioso mentre attendo che i portelloni si aprano.

“Gli eroi più forti della terra” trilla una voce che ben conosco “E allontanati da Thor, Shakespeare in love”

“Tony Stark” ghigno alzandomi in piedi “Perché non pensi prima di parlare?”

“Loki…” mi redarguisce Thor “Non essere odioso”

“Ha cominciato lui!” protesto “Nemmeno un… Eeehi, Natasha Romanoff, quanto tempo”

La Vedova non mi degna nemmeno di uno sguardo e si dirige verso Thor e Banner, che la salutano con un gran sorriso.

“Ce l’avete fatta?” domanda una voce da dietro le forti spalle del Capitano “A prendere la gemma, intendo”

Thor risponde affermativamente, indicandomi.

“Voi?” chiede Gamora con un po’ di apprensione “La navicella è un po’… come dire, provata”

“Abbiamo fatto qualche salto più in là del dovuto, ma alla fine ci siamo riusciti” risponde Tony con una palese nota d’orgoglio nella voce.

“Ma tu, esattamente, che parte fai?” mi domanda Rogers un po’ smarrito “Sei diverso, in un certo senso”

“Tu dici? A me pare esattamente lo stesso insopportabile arr…” si intromette Stark, ma non lo lascio finire di parlare.

“La simpatia è reciproca, Stark” ribatto freddamente, sentendomi perforato dai grandi occhi castani della sconosciuta “E comunque, Capitano Rogers, credo che la mia parte sia quella di un cattivo redento”

“Dov’è la gemma, Loki?” domanda Carol avvicinandosi a me come se fossi un animale selvatico da non impaurire.

“Qui” rispondo immediatamente “E prima la prendete, meglio mi sento” 

Carol sorride dolcemente, prendendo tra le sue mani la mia, che tiene stretta la piccola gemma verde; sento propagarsi, a partire dalle dita, un dolce calore lungo tutto il mio braccio. Sorrido appena: è un contatto piacevole. “Possiamo fidarci di lui, Avengers e non” dice la ragazza “La gemma del tempo sceglie un custode buono”

Mi ha appena fatto un complimento?

“Loki deve unirsi a noi” dice Thor alzandosi in piedi, sostenuto dalla Vedova e da Bruce “Non è più la stessa persona che avete conosciuto anni fa”

Tony storce il naso, incrociando le braccia al petto, scrutandomi con occhi indagatori. Non abbasso lo sguardo fino al momento in cui lui alza gli occhi al cielo, sbuffando.

“E va bene” dice infine guardando Bruce che gli sorride incoraggiante “Per me puoi salire”

Ci pensa Natasha a dar voce ai suoi pensieri: “Ma azzardati a provare a ingannarci e a fare il doppiogiochista, che ti lancio nello spazio e lì ti lascio morire di asfissia”

“Patti chiari, amicizia lunga” ironizzo “Capisco che dati i precedenti non vi fidiate di me, ma non ho alcun motivo che mi potrebbe far cambiare schieramento, e di conseguenza nessun motivo di tradirvi o di ingannarvi”

Rogers sospira. “Andiamo. Mancano solo due gemme, Realtà e Spazio, poi finalmente potremo vendicare la Terra”

“Ah, quindi siete riusciti a prendere l’altra gemma?” domanda stupito Rocket, come se non avesse ascoltato nulla dei discorsi precedenti. 

Ma questo è ritardato? Stark ha appena detto di sì, dove era lui con la testa?! 

Carol annuisce, lo sguardo fiero e un po’ impertinente. “Avevi dubbi?”

Rocket fa per aprire bocca e rispondere a tono, ma poi cambia idea e scuote la testa. “Bravi” dice poco dopo. 

“Idiota…” borbotto poco dopo, sicurissimo di non essere sentito da nessuno, ma a quanto pare la giovane mi ha sentito e ridacchia il più silenziosamente possibile al mio fianco. Abbozzo un sorriso.

“Bene!” esclama Gamora “Rotta per Titano, incontreremo per strada una gemma, con molte probabilità è dispersa nello spazio”

“Loki, dovresti salire con noi” dice Carol con gentilezza “Cerchiamo di rimanere equilibrati, sulla Milano in caso contrario sareste due più di noi…”

“Sì, va bene” rispondo pacatamente “Se ai tuoi compagni non crea troppo disturbo la mia presenza”

Il suo sorriso benevolo e la sua mano piccola sulla mia spalla mentre mi conduce a bordo della navicella mi scaldano il cuore, e poco dopo, sotto lo sguardo attento del Capitano mi appresto a sedermi sulla poltroncina a fianco di quella del pilota.

E’ un’opportunità, questa, per ricominciare da zero. 

Carol non sembra avere paura di me, quindi perché non partire da lei? E’ tempo di non essere più il freddo e calcolatore dio degli inganni, è ora di abbracciare le mie debolezze, non di rinnegarle.

E’ ora di smetterla di odiare, di smetterla di cercare il diavolo negli occhi degli altri. 

Carol si siede accanto a me, allaccia la cintura e si volta a guardarmi. Le mie labbra si muovono appena all’insù, regalandole un sorriso accennato, che viene ricambiato con naturalezza.

E va bene, Carol Danvers. Non deluderò la tua fiducia.

If I was dying on my knees

You would be the one to rescue me



Angolino disagiato

Sento una ship dentro la conchiglia, estate, l’infinità è uno schiocco di dita! – scusa Jovanotti, non volevo.

Povero Loki, quante volte è morto e resuscitato? Ho perso il conto, ma comunque, una volta in più non guasta. 

Poverino, sono tutti dei veri e propri idioti. Meno male che c’è Carol che gli dà un po’ di fiducia, sulla navicella del Wakanda, sennò mi sa che si darebbe di nuovo a omicidi e folli piani di conquista. 

Questa aria di mare mi ha fatto bene, mi ha fatto aggiungere un po’ di ignoranza con qualche battuta – pessima, okay, quella del “Sono morto? No, sei Thor!”, era pessima, ve lo concedo – e qualche pensiero impertinente di Loki, che diciamocelo, ci volevano, sennò che tristezza. Spero di avervi strappato un sorriso, o almeno avervi fatto pensare la stessa cosa che ha pensato Loki quando Bruce ha tentato di alleggerire la tensione… Chissà perché, ma mi dà l’idea di essere colui che, nel gruppo, fa le battute peggiori. 

Stuzzica anche voi il rapporto tra Carol e Loki? Fatemi sapere!

Un abbraccio, a presto, e scusate ancora per il formato di questo capitolo!

_astronaut_

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Capitolo 9
*** Whispers ***


Whispers

Canzone consigliata: Whispers – Passenger (scusate sempre il formato T.T sarà così finché sarò via)

CAROL

Percepisco un clima di leggera tensione tra i passeggeri del jet wakandiano, dopo quelle che oramai sono due ore di viaggio, e credo che la causa sia proprio il dio che al momento è seduto di fronte a me e sembra volermi leggere nel pensiero.

Non ho paura di lui, nel suo sguardo non vedo la vena di follia da cui Fury, Coulson e Barton mi avevano messo in guardia: davanti a me vedo solo due grandi laghi verdi pieni di piccole pagliuzze dorate, che mi scrutano con interesse. Le labbra dell’uomo, sottili, sono tese in un sorrisetto ironico, e i capelli neri e lunghi sono tirati dietro le orecchie, sfiorano i vestiti blu scuro che Loki indossa.

“Sei una Midgardiana interessante” dice a un tratto quando Tony, Natasha e Steve si sono appartati lontano da noi.

Bel modo di iniziare una conversazione penso con un pizzico di divertimento.

“Grazie” ridacchio lievemente, non sapendo gestire il velato complimento che mi è appena stato fatto.

“È la verità” ammette con un sorriso che mi fa arrossire – ahimè "Tu non hai paura"

"Dovrei averne?" domando, calma, mostrandogli la gemma del tempo ben incastonata nel guanto che indosso.

Lui non risponde, mi scruta.

"Non mi conosci" dice dopo un po'.

"Si può rimediare" sorrido, poi sento il mio cuore battere pericolosamente forte quando noto i suoi occhi illuminarsi di quella che, a mio parere, sembra proprio gioia mista a speranza.

Chiamo Natasha, chiedendole di darmi il cambio, in maniera tale da riuscire a ricompormi un attimo. Che effetto mi sta facendo, Loki? Il mio cuore palpita pericolosamente nel mio petto, e guardandomi allo specchio della toilette vedo le mie pupille dilatate di interesse, le mie gote arrossate, le mie mani un po’ sudate.

Autocontrollo! Hai una missione da portare a termine!

Esco poco dopo e, sguardo a terra, mi dirigo nuovamente verso la sala comandi, persa nei miei pensieri, guardando distrattamente il pavimento di metallo che scorre velocemente sotto i miei piedi.

Neanche a farlo apposta, vado a sbattere contro un corpo – Tony? Steve? No, diamine, Loki! – che per evitare che cada mi prende al volo stringendomi a sé. Il suo corpo è un po’ freddo, decisamente più freddo dei normali corpi terrestri.

“Sei stanca. Dovresti dormire" mormora a voce bassa, gentile. 

“Non sono stanca” ribatto staccandomi, conscia di risultare poco credibile anche alle mie stesse orecchie “E occhio a dove vai! Hai rischiato di far cadere una donzella!" lo rimprovero bonariamente.

“Okay, Carol” ghigna furbescamente “Ma per me dovresti comunque concederti qualche ora di sonno, non mi hai nemmeno visto arrivare”

“Avevo lo sguardo a terra, ovvio che non ti ho visto” replico imbarazzata.

“Non mi hai nemmeno sentito” incalza con un sorrisetto divertito.

“Ero persa nei miei pensieri!” balbetto “E tu perché stai venendo di qua?” riparto alla carica.

Lui ridacchia. “Devo andare in bagno”

Non posso fare a meno di venire contagiata dal suono musicale della sua risata, poi mi ricompongo.

“E’ la prima porta a destra” lo informo.

“Vedrò di non perdermi” ammicca e si allontana, lasciando dietro di sé un lieve profumo di pino e di neve.

Scuoto la testa, sorridendo un po’, poi mi rimetto ai comandi senza dire una parola.

E’ simpatico

“Potrei dirti qualcosa” inizia Natasha con sguardo malizioso e un po’ diffidente “Ma non ho intenzione di influenzare il tuo giudizio sulla sua persona, dato che per ora, non hai mai sbagliato. Tu non conosci nessuno di noi, eppure ti fidi. Siamo persone molto diverse tra loro, e…”

“Siete anche diverse da come eravate in passato” mormoro “Quindi perché questo non dovrebbe essere successo anche a lui? So cosa ha fatto a New York, Barton mi ha informata… Ma perché non dargli una seconda possibilità?”

Natasha sorride appena. “Stavo appunto per dirti questo. Io, Steve e Tony non ci fidiamo di lui, anche se tu, Thor e Bruce sì. Abbbiamo bisogno di tempo, suppongo. Ma se mai aveste ragione… Be’, vi offrirò un caffè”

Ridacchio. “Macchiato, con due cucchiaini di zucchero”

“Meglio sulla Terra” dice Natasha “Qui nello spazio non penso siano particolarmente bravi a farlo”

Annuisco, concentrandomi di nuovo sulla guida del nostro super jet.

“Se vuoi ancora un cambio, dimmelo” mi dice la Vedova “So tenere testa a Loki"

Sorrido pacatamente “Semmai più tardi. Grazie, Nat”
Lei sorride, poi se ne va di nuovo nella piccola stanza assieme a Steve e Tony.

“Non dai ascolto nemmeno a Romanoff?” domanda una voce alle mie spalle.

Senza che possa impormi di non farlo, sobbalzo. “Non comparirmi alle spalle. Mi fai spaventare!”

Lui ride, sereno, e si risiede comodamente. “Non è fantastico?” domanda poco dopo.

Lo guardo con la coda dell’occhio: seduto un po’ scomposto, ma preservando comunque un non so che di raffinato ed elegante, guarda fuori dai grandi vetri del jet il paesaggio che scorre attorno a noi, stelle, piccoli asteroidi, detriti di astronavi distrutte da chissà quanto tempo. 

I suoi occhi riflettono mille puntini luminosi mentre il suo viso viene baciato dalla luce cosmica, che delinea sui suoi zigomi alti ombre che non fanno altro che esaltarne i lineamenti affilati ed eleganti.

“Sì. Meraviglioso”

Il paesaggio, ovviamente

Lui fa per prendere parola, ma si ferma. Riprova, si blocca nuovamente. Sbuffa spazientito.

“Non ho paura di te, Loki, né ho intenzione di giudicarti. Se vuoi dirmi qualcosa, puoi dirmela senza farti alcun problema”

Sorride. “No. E’ che…” inspira “Niente”

Alzo le spalle, sorridendo tranquillamente, percependo il suo fastidio nel non riuscire a intavolare una conversazione senza farmi scappare a gambe levate. Non deve avere avuto un passato facile, con le persone, se ora faceva fatica ad aprirsi con una persona che - oggettivamente - di inquietante aveva ben poco e che non lo guardava con diffideza, ovvero me. “Riposati, il viaggio è ancora lungo”

“Non ti lascio da sola a pilotare, anche perché gli altri si sono appena addormentati”

“Come lo sai?” domando curiosa.

“Ascolta” sussurra chiudendo gli occhi.

E io gli obbedisco. Non sento più il chiacchiericcio sommesso dei tre, sento solo un profondo silenzio, interrotto solamente dal respiro pesante dei due uomini che, probabilmente spossati dopo la battaglia avuta con degli alieni a tre teste per accaparrarci la gemma, finalmente hanno trovato un po’ di pace in un posto che, sapevano, era sicuro.

“Se solo non fossi adulta e non stessi guidando un jet a velocità impressionanti” inizio “Andrei a fargli qualche scherzetto”

“Potrei farlo per te” propone con uno sguardo vivace, da bambino, che mi fa sentire un esercito di farfalle nello stomaco. È bello vederlo sorridere,

“Meglio di no. Potrebbe arrivarti un gancio da parte di Rogers che ti farebbe passare la voglia di scherzare per i prossimi cent’anni”

“Oh, nulla di cui preoccuparsi, sono un dio” sdrammatizza incrociando le gambe sulla poltroncina.

“Che è morto più di una volta” incalzo con un sorrisetto.

“Per questo nulla mi spaventa più” risponde beffardo.

Sorrido. “Proprio niente?”

Passa un po’ di tempo prima che lui, in un sussurro, ammetta la sua più grande paura. “Essere lasciato solo”

Lo guardo con dolcezza, spiazzata dalla sua confessione, distogliendo per qualche istante lo sguardo dalla immaginaria strada da seguire, notando il viso contratto in una smorfia di fastidio in seguito a ciò che si è appena reso conto di aver fatto “Ma a te non interessa, giustamente” muove la mano in aria, quasi a scacciare una mosca, quasi a riempire quella piccola crepa che inconsciamente sono riuscita ad aprire nel muro che si è costruito attorno al cuore.

Scuoto la testa, per niente d’accordo con la sua affermazione, trovandomi poi a pensare che Loki sia, definitivamente, bello.

Bello di una bellezza sfuggente, complicata, tanto palese quanto celata, bello come un raggio di sole dopo un temporale, complicato come un’equazione di traiettoria, intrigante come un messaggio criptato, complesso come un puzzle da mille pezzi, sfaccettato e affilato quanto un diamante grezzo, ma non per questo meno aggraziato di un gatto che si acciambella con un movimento fluido sulla pancia della padrona, meno leggero di un bacio dato a fior di labbra…

“Sbagli” mormoro, impedendo ai miei pensieri di andare alla deriva, poi mi metto in contatto personale con la cabina di pilotaggio della Milano, per non disturbare i tre Vendicatori appisolati.

“Qui Wakanda 1, tutto va bene. Voi?”

“Tutto regolare” risponde Nebula “Mancano cinque ore a destinazione, il tragitto è tutto dritto”

“Imposto pilota automatico?” domando aprendo lo schermo per le coordinate

“Sì” dice, e mi detta una sfilza di numeri “Accoppia la navicella alla nostra con i sensori di posizione, così non ci allontaniamo e in caso di deviazione di rotta, o di corpi estranei in avvicinamento, parte l’allarme”

“Ricevuto” eseguo tutto ciò che mi dice con precisione fino a quando mi arriva un suo stanco: “Tutto calibrato perfettamente. Appuntamento radio tra due ore. Noi ora riposiamo un po’, siamo tutti stanchi”

Annuisco. “A dopo”

Tolgo l’auricolare e mi stropiccio gli occhi, sbadigliando subito dopo.

“Qualche problema?” domanda Loki con premura girando la poltroncina verso di me.

“No. Possiamo dormire due ore senza timore che accada nulla di male” dico sgranchendomi le gambe dopo essermi sganciata la cintura.

“Avete delle cabine?” chiede alzandosi a sua volta.

Annuisco. “Sì, sono di là, le tre cabine chiuse sono quelle di Romanoff, Rogers e Stark”

“Vai, allora” mi appoggia una mano sulla spalla, ritirandola poco dopo, quasi si fosse scottato “Qua ci penso io, tranquilla”

Lo guardo profondamente. “Sai pilotare una navicella?”

“Per chi mi hai preso?” domanda fingendosi scandalizzato “Voi umani siete secoli indietro rispetto alla nostra tecnologia!”

Io mi risiedo sulla mia poltroncina e mi giro verso di lui, interessata. “Dimmi allora, com’era Asgard?” domando con un sorriso curioso.

Lui sorride di rimando. “Fantastica. Penso ti sarebbe piaciuta, sai?” volta lo sguardo verso l’Universo “C’era tanta vegetazione, era circondata da cascate, Heimdall la proteggeva con i suoi occhi che potevano vedere tutto… E poi c’era il palazzo, interamente decorato d’oro e di metalli che voi sulla Terra non possedete…” sospira, perso per un secondo in pensieri un po’ tristi.

“E’ un peccato che sia stata distrutta” mormoro, cogliendo la vena di nostalgia nella sua voce sommessa e calma “Tu e Thor avete perso tutto”

Sospira. “Non tutto, sai. L’uno ha ancora l’altro. E questo per il momento ci basta”

Allungo istintivamente una mano verso la sua e la stringo, incurante della freddezza della sua pelle; Loki mi guarda profondamente, quasi ad ammonirmi di non toccarlo più senza il suo consenso.

Intimorita, faccio per interrompere il contatto, ma lui aumenta la presa, sorridendomi.

“Non fraintendere il mio sguardo, Carol Danvers” mormora, quasi mi abbia letto nel pensiero “Non ricordo cosa significhi ricevere gesti d’affetto”, ed ecco un altro piccolo pezzo di Loki che, senza forse accorgersene, si è fatto scappare dal controllo della sua brillante mente.

“Non…” balbetto “Non fa niente. Imparerò a capirti” sorrido, ricambiando la stretta, e non voglio affrettare i tempi o bruciare le tappe, ma per un momento, un bellissimo momento, mi sento una normalissima ragazza di 25 anni, non un super agente che deve evitare ogni coinvolgimento emotivo durante una missione. 

Anche perché Loki è così… come dire? Attraente? Sì, decisamente. Ma non solo a livello fisico, anche a livello intellettuale e della personalità, non riesco a essere distaccata. E’ qualcosa di strano, qualcosa che non riesco a comandare, ad avere sotto controllo, ma le carezze lievi che sta facendo al dorso della mia mano, mi avvolgono in un piacevole tepore. E non sento di avere la forza, in questo momento, di allontanarlo, o di non lasciarmi andare, di non essere semplicemente Carol.

E’ da un po’ di tempo che non mi concedo un po’ di leggerezza 

Lui sorride, sincero, e mentre giocherella distrattamente con le mie dita, continua a descrivermi Asgard, le stanze da ballo, il salone d’ingresso, e cullata dalla sua voce profonda e sognante, non mi rendo neanche conto di aver chiuso gli occhi, e mi sveglio solo quando sento un suono diverso da quelli che avevo imparato a riconoscere.

Spalanco gli occhi. E’ passata un’ora e mezza circa da quando sono caduta tra le braccia di Morfeo, e Loki si è appena alzato dalla sedia per cercare di rispondere a quella che, a tutti gli effetti, è una chiamata.

Dalla Terra, maledizione!

“Facility a Wakanda 1, mi sentite?” sento poco dopo la voce di Barton “Ripeto: Facil…”

“Vi sentiamo forte e chiaro!” rispondo piena d’angoscia “Cosa succede?”
“Carol!” sento Barton sospirare di sollievo “State bene?”

“Sì, sì, stiamo bene. Che è successo?”
“Dei terremoti stanno scuotendo New York, non sappiamo l’origine, Friday ci avverte, ma non riusciamo ad evacuare in tempo le zone. L’ultimo ha raso al suolo metà del Queens”

In quel momento fanno capolino nella stanza Stark, Rogers e Romanoff, svegliati dal frastuono. 

Il più scosso è proprio Stark, che si mette subito a interrogare Clint.

“Sopravvissuti?” domanda Tony, il respiro spezzato.

“Nessuno. Hanno estratto solo cadaveri, per il momento. Tony, penso che l’invasione aliena e lo sconvolgimento operato da Thanos stiano avendo effetti collaterali”

“Voi state bene?” domanda Natasha “Nate? Rhodes?”

“Tutto okay” risponde Clint senza nascondere il sollievo “Grazie al cielo”

“Scott Lang?” domando io “Sua figlia? La Vespa?”

In quel momento la voce di Gamora si sovrappone a quella di Clint, e capisco che qualcosa sta andando storto.

Molto storto

“Fascio di asteroidi in avvicinamento!” urla Gamora “Sganciatevi immediatamente o verremo travolti!”

Cause all I need is a whisper, in a world that always shouts



Angolino disagiato
Essscusate, non riuscivo a non scrivere qualcosa su Carol e Loki. E’ un po’ fluff, ma un po’ di tenerezza quel birbante se la merita. PEEEEERO’, sono malvagia quindi la prossima gemma è ben protetta da uno spesso fascio di asteroidi che minerà la nostra – più o meno allegra – compagnia.
Sarà che mi sento come i nostri eroi, la sera, quando sciami di zanzare fanno un banchetto sulle mie gambe, ma l’idea di un bello slalom tra grossi massi mi è subito piaciuta. E poi, ricordate Bruce? “Una corsa a ostacoli fra detriti cosmici?", qualche capitolo fa? Be’, che dire, è stato accontentato. 
Grazie a chi ha letto fin qui e chi ha recensito, grazie anche ai lettori silenziosi.
Sentitevi sempre liberi di farmi sapere cosa ne pensate, la vostra opinione è importante!
A domenica prossima!

_astronaut_

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Capitolo 10
*** Warriors ***


Warriors

Canzone consigliata:Warriors - Imagine Dragons

ROCKET

“Maledizione!” urlo, furioso “Tutti assicurati alle vostre poltroncine?”
“Non preoccupartene. Vira!” urla Gamora dal mio fianco 

“Oh, dio, Bruce, non vomitare, adesso!” implora Nebula.

“Perché?” domanda lui, la voce ridotta a un filo.

“Perché sto per compiere un avvitamento, dannazione!” urlo prima di sterzare violentemente “E se dai di stomaco ora ci riempi tutti della tua bile, idiota!”

“Rocket, calmati!” urla Nebula che frantuma un masso con un laser ad alta potenza “Le tue urla mi mandano in confusione!”

“Calmatevi tutti!” protesta Gamora “Bruce sta diventando verde!”

“E che c’è di male? Tu di che colore sei?!” sbotto lanciando un razzo “Tenetevi!”

Ed ecco che un urlo disumano mi fa strabuzzare gli occhi, ma non oso guardare dietro. Ho da fare per evitare di venire sfracellato contro un masso gigantesco, non posso permettermi alcuna distrazione.

“BASTA URLARE! HULK ARRABBIATO!” dice una voce che non conosco affatto.

“Shh, Hulk, va bene, adesso smettiamo" lo tranquillizza Thor.

“Vi prego, state calmi o mi agitate, e non voglio distruggere questa navicella” implora Bruce “Hulk è un tipo un po’ irascibile”

“S-sì” conviene Nebula “Ho n-notato”

Non è per niente simpatica, la situazione in cui ci siamo cacciati. Manca poco alla Gemma, siamo più vicini di quanto pensassi, ma - diamine - questo fascio di asteroidi non ci voleva proprio.

"Ehi Thor, non è che hai qualche asso nella manica per poterci aiutare?" domanda Gamora.

"Mi dispiace, ma non posso fare niente" risponde Thor con una voce estremamente tesa.

Mi manca Quill, mi manca ogni giorno di più. Nebula non è male come vice, ma Quill... Peter era qualcosa di fantastico, pilotava davvero divinamente.

Lui avrebbe saputo cosa fare. Lui avrebbe potuto tirarci tutti fuori dai guai con uno slalom perfetto tra questi giganteschi detriti, e in un batter d'occhio saremmo stati tutti in salvo.

Ora quel compito tocca a me - e forse non ne sono all'altezza.

"Rocket!" nella Milano risuona la voce tesa e concentrata di Carol "Come diavolo ne usciamo?"

"Continua a evitarli!" rispondo con un ringhio "Ma non sparate, se in questo momento cercate di disintegrare qualcosa rischiate di colpire noi, siamo sulla vostra scia"

"Va bene. Cosa dici, Loki?"

"Loki ti prego non agire d'impulso!" si intromette Thor con voce fraternamente preoccupata e un pizzico di esasperazione nella voce.

"No, invece ha senso!" esclama Carol "Natasha, vieni a sostituirmi, Steve, prendi il posto di Loki, veloce!"

"Cosa state facendo?!" domanda Gamora esasperata "Non è il momento di giocare!"

"Vi sembra che abbiamo intenzione di giocare?" domanda Natasha con la voce di un'ottava più alta del solito.

"Hanno un'idea, penso c'entri qualcosa la magia, ma non ne sono sicuro!" risponde Rogers con un ansito, segno che ha precipitosamente preso il posto di Loki, obbedendo a Carol.

"Posso dirvi che è l'idea più malsana a cui abbia mai dato retta?" sento Tony protestare di sottofondo, per niente entusiasta all'idea di supportare ciò che Carol e Loki stanno per fare.

"Okay Rocket, seguiteci con estrema precisione" dice Steve con voce terribilmente calma "Vediamo di uscirne tutti vivi, stateci appiccicati"

Sono perplesso. Sono decisamente perplesso, e nel mentre mi preparo al peggio. Sarò anche un procione, ma non sono affatto scemo. E lì per lì mi sembra di avere una allucinazione quando vedo due grossi aloni verdi circondare un gruppo di massi e spostarli, ai lati della navicella terrestre, aprendo un varco abbastanza grande da poterci fare passare in sicurezza.

Il tempo sembra rallentare e le astronavi passano in un canale creato, probabilmente, dalla ragazza bionda e dal fratello di Thor, e mi sembra un sogno vedere, finalmente, dopo quella che mi pare un'eternità, la fine di questo orrendo fascio di asteroidi.

"Miseriaccia" sospiro quando usciamo da quell'incubo mortale "Quei due sono in gamba"

"Wakanda 1 a Milano, tutto okay?"domanda Rogers con tono sollevato ma pieno di apprensione.

"Tutto okay" risponde Gamora "Grazie"

"Oh, mio dio, mi viene da star male" si lamenta Bruce tenendosi la pancia mentre Thor lo sostiene amichevolmente.

"Ti accompagno in bagno, dottor Banner" il Dio lo stringe a sè e si incamminano verso la toilette. 

"Quanto manca alla Gemma?" domanda il Capitano con un sospiro stanco.

"Non troppo, dato che mancano 300 km o poco più. Il radar al momento non segnala alcun fenomeno strano o potenzialmente pericoloso, possiamo impostare di nuovo il pilota automatico" comunica Nebula, visibilmente sollevata.

"Oh, no, questo proprio no, spiacente" si oppone Tony, che deve aver sostituito Natasha dato che lo sento in maniera molto più chiara "Niente pilota automatico, staremo svegli"

Uomo di poca fede

"Possiamo andare avanti noi, se preferite" propone Gamora "Così vi rilassate un attimo"

Sentiamo uno sbuffo ironico. "Sì, ci fareste un gran favore, dato che al momento gli unici sani qua sopra siamo io e il Capitano"

"Cosa intendi?" domanda Thor "Cosa è successo a Loki, Carol e Natasha?"

"Stanno intasando lo scarico della navicella con la loro bile" ci informa Tony con del pesante sarcasmo "Se anche io e Steve dovessimo sentire il bisogno di socializzare con il wc, potrebbe essere un problema"

Arriccio il naso, inorridito all'idea di una navicella piena di gente debole di stomaco.

"Accodatevi" dico "E vedete di non perdere troppe energie, mi servite vivi"

Thor è pallido - ma che dico, più bianco di un lenzuolo! - di tensione e di preoccupazione per Loki. Se solo potesse, probabilmente farebbe irruzione nella navicella umana solo per accertarsi delle condizioni di salute di suo fratello.

"Stark" dice quando Nebula, capendo le sue esigenze, gli ha ceduto il posto "Loki come sta?"

"Al momento è seduto calmo e tranquillo" comunica Tony "È più pallido del solito, ma penso sia normale. E al momento mi sta fissando a occhi socchiusi, forse sta meditando di uccidermi"

Essendo anche io collegato a ciò che dicono i due piloti di Wakanda 1, non posso fare a meno di ridacchiare, beccandomi però un'occhiataccia da parte di Thor.

"Fammi parlare con lui"

"Non penso sia una buona idea" si oppone il moro 

Oh oh.

Le mani di Thor vengono avvolte da piccoli fulmini e lo vedo prendere un gran respiro prima di ripetere, con calma glaciale e con un tono che non ammette repliche, da generale - da re - di farlo parlare con suo fratello.

"Okay, Tony. Basta così, cedi il posto e vai a controllare Nat e Carol, qui a pilotare ci penso io"

"Grazie, Capitano" borbotta Thor rilassandosi un po'.

"Fratello?" una voce tagliente giunge alle mie orecchie. Vorrei mettere in silenzioso, ma non è possibile, e la navicella va pilotata in due, quindi mi rassegno all'idea di assistere a una conversazione alla quale farei volentieri a meno di prendere parte.

"Cosa avete fatto?" domanda Thor "E come ti senti?"

"Io ho spostato i massi e Carol ha rallentato il tempo" spiega Loki con ovvietà "Solo che la mortale ha avuto un po' di problemi a reggere la potenza della gemma, che, sommati alla tensione, non le hanno fatto un bell'effetto"

No beh, tutto normale, no? Chi non sposta i massi con la forza del pensiero, al giorno d'oggi?

"E io sto bene. Un po' stanco, ma sto bene" aggiunge, in tono appena meno duro di prima.

"Stark ti importuna?" domanda Thor.

"Nulla che non sia sopportabile. Alla fine è anche divertente avere a che fare con una persona di sarcasmo pari al mio" 

Sento Rogers nell'altro interfono ridacchiare sommessamente. "Lo terrò a bada io, se dovesse essere necessario"

"Sì, direi che ha bisogno di una balia" gli risponde Loki con ironia, ma senza troppa cattiveria.

"Non ti dirà mai "Grazie", ma a nome di tutti, te lo dico io" continua Rogers, serio "Ci avete salvato la vita, tu e Carol"

Sento Loki trattenere appena il fiato. Deve essere successo qualcosa di davvero, davvero grosso, tra gli eroi terrestri e il dio in questione.

"Be', magari adesso la smetterete di guardarmi come se stessi continuamente tramando contro di voi" risponde tagliente il dio.

Rogers sospira. "Conosci un detto umano? "Dai tempo al tempo", Loki"

Thor sorride. "Il Dottor Strange sarebbe d'accordo"

Mi fa cenno di staccare la comunicazione, e torniamo a immergerci nel ciarlare leggero della Milano, in un clima molto più disteso di quanto ci sia sull'altra navicella. 

Passano alcuni minuti, durante i quali mi perdo nei miei pensieri, estraniandomi completamente da ciò che accade nell'abitacolo.

Groot. Quill. Drax. Mantis. Il tipo con il fucile fantastico e il braccio ancora più figo. Tutti spariti. 

Ma Groot.

Groot mi aveva chiamato "Papà".

Non ero riuscito a sfiorarlo, prima che se ne andasse. Nemmeno una carezza, una parola di conforto. 

Ciò che aveva visto, prima di morire, era stato solo il mio muso terrorizzato. 

Ciò che aveva udito, era stato solo un "No" ripetuto tre volte.

No, non chiamarmi così, mi spezzi il cuore.

No, non avere paura, sistemeremo tutto.

No, non sparire, sei ciò che ho di più caro al mondo, in questa schifo di vita.

"Ho bisogno di un cambio" dico, sentendo il sonno entrare prepotentemente nella mia mente mentre due calde lacrime mi bagnano il pelo delle guance.

Forse nei sogni potrò stare un po' con Groot.

Ma nessuno mi risponde, e mi agito, cerco di stare sveglio, di lanciare l'allarme per avvisare gli altri di ciò che sta accadendo sulla Milano, ma non riesco a fare nulla: scivolo inesorabilmete e profondamente in un sonno opaco.











Angolino disagiato

Saaaalve. Un po' di suspense ne abbiamo? Spero di sì.

Lo so, è un capitolo più corto degli altri, ma il prossimo necessitava di più attenzione, e non potevo unificarlo in questo, quindi perdonatemi se per questa settimana va così.

Finalmente vediamo Carol usare il guanto e Loki fare qualcosa di buono. Si sa mai che almeno Steve inizi a vederlo sotto una luce diversa.

Le vostre opinioni sono sempre ben accette!

Un abbraccio e a settimana prossima

_astronaut_

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Capitolo 11
*** Avviso ***


Ciao a tutti/e! Lo so, non è un aggiornamento, mi odierete per questo (e avete ragione, mi odio anch'io), ma lasciate che vi spieghi cosa è successo. Avevo deciso di proseguire la stesura dei capitoli sul mio tablet, che, anche se un po' vecchiotto, faceva ancora il suo dovere... Fino a sabato sera, quando di colpo si è spento (era carico, circa al 50%) e non si è più riacceso. In questi tre giorni le ho provate tutte, TUTTE, ma temo che sia irreparabilmente ko. Ho perso tutte le mie foto, le mie canzoni, il capitolo che avevo scritto... Tutto. E qua dove sono, un bel posto, eh, ma siamo sperduti in mezzo al mare, non c'è un centro assistenza specializzato. Sono disperata, ma penso che possiate capire. Fino al momento in cui non tornerò a casa e non avrò di nuovo il tablet funzionante, o almeno il mio pc (su cui riesco a scrivere molto meglio), non potrò fare aggiornamenti, dato che pure il mio telefono sta dando gli ultimi. Tutto questo per dire che vi do appuntamento a DOMENICA 2 SETTEMBRE con il capitolo che avevo finito di stendere con somma soddisfazione. Spero di riuscire a far resuscitare il tablet, così da darvi la versione "originale" del suddetto capitolo. Mi dispiace, davvero. Sono una ragazza sempre puntuale, proprio per questo sono davvero desolata. Spero mi perdonerete, vi chiedo un po' di pazienza T.T Per il momento vi abbraccio, a presto e buon proseguimento di vacanze a tutti/e! _astronaut_

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Capitolo 12
*** Dream ***


Dream
Canzone consigliata: Dream – Imagine Dragons
 
TONY
“Tony… Tony, tesoro, svegliati!”
E’ un sogno, è decisamente un sogno. Se così non fosse, come potrei sentire la voce di Pepper così dolorosamente vicina a me? Ma non fa niente, non m’importa. Sia anche un sogno, va bene lo stesso. Pepper è qui, con me, sento la pressione leggera delle sue mani sul mio petto, percepisco il suo delicato profumo di cannella e vaniglia, ed è inutile mentire, il mio essere chiama a gran voce il calore di quel corpo che da ormai tanto, tanto tempo, è divenuto parte integrante del mio.
I miei occhi si aprono lentamente, quasi rischiano di richiudersi, prede di un sonno impressionante – forse è l’età? Sto invecchiando davvero così male? -, ma ancora, non importa, perché tutte le mie congetture vengono spazzate via, come foglie secche in un ventoso mattino di metà autunno, dal caldo sorriso della donna che amo.
E sì, sì, è bella, bella come non lo è mai stata, sembra splendere di una luce eterea, la sua pelle bianca pare brillare di luce propria, e in questo momento, in questo preciso momento, sento che sarei pronto a morire, a lasciare indietro tutto e tutti, pur di potermi perdere per sempre nel bacio che ora lei mi sta dando, un tocco amorevole e caldo, unguento per le mie ferite, toccasana per la mia mente logorata.
“Sei qui… Siete qui… Cosa? Come?” balbetto, riuscendo per un attimo a riprendere il controllo della mia mente.
I suoi occhi si velano di tristezza, la sua mano va automaticamente al ventre, in un gesto antico quanto l’amore stesso, delicato e al contempo potente quanto l’esplosione di una supernova. Trattengo il fiato, estasiato, e sussurra, Pepper, sussurra flebile, mentre una lacrima cristallina le solca il viso angelico.
E il mio cuore in un battibaleno si gonfia di tristezza quando sento le sue parole.
 “Non lo so, Tony, non lo so. Non sono, anzi non siamo, vivi, ma nemmeno morti, non capisco, io… Salvaci, ti prego”
La stringo a me e inspirando a fondo la sua essenza, chiudo gli occhi. Mi sento inutile, ma un modo ci deve per forza essere, e nel caso in cui non ci fosse, lo creerei. Lo creerò. “Vi vengo a pren… Pepper!”
Cenere. Sto stringendo cenere. Di nuovo.
“Pepper, no! No, no, no!”
“Signor Stark? Signor Stark! E’ lei?”
“Peter!”
Eccolo, il mio ragazzo, il mio orgoglio, il mio piccolo grande Peter. Mi stringe forte, così forte da farmi mancare il fiato, e non posso non fare altrettanto, non posso non ricambiare quella stretta disperata, ma trema, tremiamo entrambi, di tensione, paura, incertezza. E il ricordo di ciò che è successo l’ultima volta che mi ha stretto così è una pugnalata al petto.
Singhiozza, e io lo stringo ancora più forte.
“Pepper… L’ho vista, prima, poi è svenuta, in realtà è tipo addormentata, ma penso stia bene… Signor Stark, cosa sta succedendo? Sono morto? Siamo morti? Non capisco più niente, ho… Ho paura”
Gli accarezzo piano la testa, cercando di calmare lui e al contempo di calmare me stesso.
“Vi salverò, Peter. Troverò un modo per portarvi indietro, tutti, dal primo all’ultimo. Chi altro c’è con te?”
“Oh, uhm, Bucky Barnes, poi Falcon, il Dottore…”
“Il Dottore?” le antenne mi si rizzano “E non posso parlare con lui?”
“Tony, potrei perfino emozionarmi” ironizza Strange comparendo all’improvviso davanti a me. Istintivamente stringo Peter, quasi a volerlo proteggere. Da chi, da cosa, non si sa. Istinto paterno?
“Doc, cosa sta succedendo?” domando direttamente, senza preamboli.
“Penso siate entrati nel raggio d’azione della gemma della realtà. Devi svegliarti, Tony, o rischi di rimanere intrappolato qui per sempre”
“Ma…” protesta Peter “Tornerà? Tornerà, vero, Signor Stark? Ma certo, che domande, certo che verrà, ci salverà tutti, lei è un eroe, è…”
Strange mi guarda profondamente, a metà tra il volermi incoraggiare e il minacciarmi, ma poi china il capo, sospirando. “Siete la nostra unica speranza, sconfiggete Thanos e forse ciò che ha fatto potrà essere cancellato. Siamo imprigionati in una sorta di dimensione-specchio su Titano, dovete romperla. E chiamare rinforzi per riportarci tutti a casa”
Annuisco, grave, poi stringo Peter a me un’ultima volta, scambiandomi nel frattempo uno sguardo d’intesa con Stephen. Ma prima che possa incontrare gli occhi di Peet, tutti e due tornano cenere, mentre il mio cuore torna a spezzarsi.
E io, d’altro canto, torno alla realtà.
 
 
 
STEVE
Qualcuno mi sta scuotendo le spalle, in maniera tra l’altro non molto delicata, tuttavia non ostile, anzi, a dir la verità, molto familiare, come se questa azione fosse stata compiuta molte volte, in passato.
Se fosse stata mia mamma, l’avrei già riconosciuta: avrei percepito il suo profumo di bucato, avrei riconosciuto il suo tocco amorevole.
Questo contatto è forse ancora più intimo, più sicuro, più recente: sento profumo di prateria, erba fresca, cieli azzurri e tramonti mozzafiato, misti a un retrogusto perenne di pino. Bucky?
“Steve”
Basta solo il mio nome, pronunciato da quella voce, a farmi spalancare gli occhi e battere il cuore all’impazzata. Sì, non c’è dubbio.
“Buck!”
Lui sorride, annuisce, mi abbraccia, e la sensazione del suo corpo accanto al mio, dopo quello che è successo, mi fa entrare in uno stato di ebbra felicità e tranquillità.
E’ così reale, così vero, così… Casa. Sì, Bucky, per me, è casa.
Non saprei associargli alcun altro concetto, alcuna altra idea, o sensazione. Con lui mi sento al sicuro, so che qualsiasi cosa dovesse succedere lui ci sarebbe sempre, o a coprirmi le spalle, o a ridere con me, o a difendermi a costo della sua stessa vita.
Lo guardo bene, sembra sano. Eppure, c’è qualcosa che non va.
E’ qui, ma al contempo gli manca qualcosa. Come se fosse coperto da una sorta di velo che lo rende un po’ scintillante.
“Sei vivo? Tu, Sam, T’Challa, Wanda, Visione, siete davvero vivi?”
Lui scuote la testa. “No, non penso. Cioè… E’ complicato. Un tizio col mantello, di nome Strange, dice che siamo su Titano, in una sorta di dimensione-specchio. E’ un paradosso, siamo e non siamo nello stesso momento”
“Come sei riuscito a… Venire da me?” chiedo aggrottando le sopracciglia, preoccupato che si sia fatto del male.
Lui sorride dolcemente, stringendomi la spalla in un gesto che intimamente vorrei fosse ben di più. “Ci siamo sempre ritrovati, no?”
“Mi manchi, Bucky” mormoro abbassando gli occhi, impaurito da ciò che provo, impaurito da ciò che Bucky potrebbe capire dalle mie parole, e non comprendere, non ricambiare, non accettare…
“Steve, ti ricordi la scommessa?” domanda invece con un sorrisetto sornione, sollevandomi il viso verso il suo con tanta naturalezza da farmi imporporare le guance.
“Eravamo ragazzi, Buck, e io ero reduce da una devastante bronchite” borbotto pieno d’imbarazzo, sentendomi perforato dai suoi occhi color ghiaccio.
“Quel bacio non me l’hai più dato, comunque” prosegue imperterrito “Vedi di trovarmi e farmi tornare nel mondo dei veri vivi. Mi è salita una certa curiosità, chissà se hai fatto pratica senza di me, che ti rubavo da sotto il naso tutte le donzelle, Stevie
“Sei un cretino, Buchanan” sorrido sghembo, dandogli una amichevole pacca sul petto.
“Dai, Nat ha detto che baci bene, e io stesso ho baciato Nat, anni fa. Direi che il triangolo è da chiudere!” ridacchia lui scompigliandomi i capelli come quando eravamo bambini, poi torna serio, e mi prende le spalle con sicurezza e delicatezza al contempo. E so che il tempo degli scherzi, della serenità, è finito.
“Steve, trovaci. Tu e gli altri, insieme, uniti, ne siete in grado. Io ti aspetterò, ma ora svegliati, okay?”
“Svegliarmi? Da cosa? Questo è solo un sogno? Buck! No!”
Ed è cenere. Di nuovo.
Mi manca l’aria, sto male, e apro gli occhi ansimando; davanti a me, Tony ha il viso tra le mani.
I visi degli altri, allo stesso modo, sono stravolti.
Davanti a noi, silenziosa e brillante, fuori dalla navicella, volteggia la gemma della realtà.
“Cosa succede?” domando con un filo di voce.
“Abbiamo tutti sognato alcuni dei nostri morti” spiega Natasha con eccessiva freddezza, segno che sta facendo di tutto per dominare le sue emozioni “E mentre dormivi ci è giunto un aggiornamento da parte di Clint. E… la zia del ragazzino, quello del Queens…”
“Peter” ringhia Tony “Si chiama Peter, Nat” aggiunge con tono più calmo “Ed è Spider-Man. E non ha più alcun parente che lo possa adottare”
Nat annuisce gravemente e prima che possa continuare, ci pensa Loki a finire il discorso con un: “Sua zia è morta sotto le macerie, e dato che non ha parenti domani la cremeranno. Ordini del governo, i funerali di stato – anche senza salme - verranno fatti non appena la Terra si sarà assestata”
Sento una stretta al cuore. Povero ragazzo.
“Prendiamo la Gemma” dice Carol con voce lugubre “E andiamo a salvare metà popolazione”
 
 
 
ROCKET
“Io sono Groot”
No, non è possibile. Insomma, Groot è morto. E io in teoria – ripeto, in teoria – sono vivo.
Quindi, o sto avendo le allucinazioni, o sono morto, o è un sogno. O un incubo, dipende da come si sviluppa la situazione.
“Io sono Groooot!”
“Okay okay, mi sveglio, tranquillo, non urlare!” protesto aprendo gli occhi, appena in tempo per trovarmi circondato da tutti i Guardiani della Galassia. Eccetto Quill.
“Ma cosa succede?” domando frastornato “E’ un sogno, vero?”
“Falso” risponde Drax con voce lugubre “E’ tutto vero”
“Ma voi siete morti!” esclamo “Sono morto anch’io?”
“No, sei vivo vivissimo! E appunto per questo devi salvarci, sconfiggi Thanos e vieni su Titano! Dovete rompere la dimensione-specchio!” spiega Mantis con enfasi.
“Dovete spaccare i culi!” esclama Drax.
“Mi basta spaccarne uno, di culo” ringhio.
“I sono Groot!”
“Piano con le parole, giovanotto!” lo redarguisco “Ma Quill?”
“Era con noi, poco fa. Sta bene. Sta bene, giusto? Blatera cose che io non capisco, quindi sta bene” riflette Drax ad alta voce.
E’ tutto così normale da far male.
“Come faccio a raggiungervi?” chiedo “Dove devo andare?”
“Io sono Groot, io sono Groot, io sono Groot!” spiega Groot.
“Okay, tutto chiaro” sospiro “Voi… voi però statemi bene, okay? Non… Non morite. Aspettateci. Noi vi troveremo, e vi salveremo”
Mi stringono in un abbraccio di gruppo, in cui mi concedo di piangere un po’ del mio dolore, e chiudo gli occhi, abbandonandomi al battito del cuore dei miei amici.
Quando li riapro, sono di nuovo nella Milano. E in un attimo capisco: abbiamo raggiunto la gemma della realtà.
 
 
SHURI
Abbracciare mio fratello è sempre stato uno dei miei più grandi desideri, da quando è scomparso dissolvendosi in mille pezzettini di cenere.
Eppure, ora che lo vedo davanti a me, stento a muovere il mio corpo, le mie gambe si rifiutano di riempire con un passo la distanza che mi separa dalla persona a cui sono più affezionata al mondo.
“Shuri, sono io” sorride lui “Vieni qui”
“Tu sei morto” mormoro.
“Questo è un sogno che i nostri antenati ti stanno concedendo. E’ l’unico canale che mi è concesso per raggiungerti. Io, e tutti gli altri che si sono dissolti, non siamo realmente morti. Siamo in una dimensione parallela, una dimensione-specchio, che gli Avengers dovranno riuscire a rompere. Tu dovrai portare tutte le nostre navicelle su Titano, pianeta del quale gli Avengers ti daranno le coordinate. Ma devi chiamare aiuto, siamo in troppi. Mettiti in contatto con la navicella pilotata dal Capitano e dalla sua squadra, loro sapranno darti le risposte di cui hai bisogno”
Il labbro mi trema. “Non posso crederti, sei solo frutto della mia immaginazione, io non…”
Lui mi abbraccia, stringendomi forte a sé. Sento il suo profumo, sento le sue braccia forti, sento il battito del suo cuore, il suo respiro regolare, e per un momento torno bambina.
Torno a quando si addormentava con me per farmi passare la paura dei tuoni, torno a quando assisteva alla creazione dei miei piccoli primi progetti, torno a quando mi consolava perché volevo essere una guerriera e non una principessa.
E senza che nemmeno me ne accorga, scoppio in un fiume di lacrime, che finalmente trovano la strada per uscire dal mio cuore: la sua presa non si allenta, anzi, si rafforza, e lui comincia a cullarmi e a cantarmi una ninnananna in dialetto wakandiano, la stessa nenia che ci cantava nostra nonna.
“Come faccio a sapere che non è solo un sogno?” mormoro quando mi calmo, senza staccarmi da lui.
Lui si sfila la collana che porta al collo, a cui è appeso un dente di pantera, e la mette indosso a me.
“Quando ti sveglierai, la troverai” risponde lui con dolcezza, poi mi da un bacio sulla fronte.
“Ti voglio bene” sussurro.
“Anche io. Ma ora svegliati, sorellina. Il dovere ti chiama”
Se ne va, lentamente, cammina lontano da me, fino a sparire in una luce rosata poco dopo.
E in quel momento, mi sveglio di soprassalto: qualcuno ha spalancato la porta di camera mia.
“Shuri, è un’emergenza” si scusa Okoye con tono pratico “Hanno chiamato dalla nostra navicella. Chiedono di parlare con te”
 
 
We are all living in a dream
And live ain’t what it seems
And everything is a mess
 
 
Angolino disagiato
Piango. Tablet recuperabile, files no.
Quindi eccomi qui, a postare un capitolo il più simile possibile all’originale, sperando che vi sia piaciuto.
Non c’è molto da dire, se non che mi scuso per la tarda ora, ma ho avuto una giornatina bella intensa (per la metà spesa in treno).
Gli aggiornamenti riprenderanno regolarmente, ogni domenica, quindi ci becchiamo domenica 9 Settembre (giorno d’inizio del campionato mondiale di pallavolo maschile, tutti a tifare Italia, YEEEEEEE!!!).
Come già avrete capito, siamo alle battute finali. Ma non disperate, probabilmente per un altro mesetto vi terrò compagnia, dato che mancano all’incirca 3-4 (massimo 5) capitoli.
Anche se è da un sacco che non mi faccio sentire, sappiate che ho sempre piacere a ricevere il vostro parere!
Un abbraccio grande a tutti, e grazie immensamente per la pazienza che avete!
Buona notte e buona settimana,
 
_astronaut_

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Capitolo 13
*** Natural ***


Natural
Canzone consigliata: Natural – Imagine Dragons
 

CAROL

Sembra che all’interno dei nostri corpi viaggi elettricità, la quale si espande nell’abitacolo della navicella e permea l’ossigeno che respiriamo, rendendo tutto molto più frenetico.
Abbiamo avvisato Shuri, le abbiamo dato le coordinate di Titano (spedirà navicelle con medici qualificati nel minor tempo possibile) e le abbiamo spiegato come usare i portali, poi abbiamo contattato Barton e lo SHIELD, invieranno degli Helicarrier di ultima generazione.
E siamo anche un po’ ottimisti, anche se non è ancora detta l’ultima parola.
E’ inutile negarlo, tutti abbiamo paura che i nostri cari rimangano bloccati nella dimensione specchio, se solo dovessimo fallire. Sento Natasha parlare con Steve e Tony: Tony ha visto Pepper, Parker e Strange, Steve ha visto Bucky, Nat ha visto Wilson e Wanda Maximoff.
 
Loki, invece? Gli altri della Milano?
 
Non ci vuole molto prima che la mia curiosità venga soddisfatta: il dio dai capelli corvini confessa di aver sognato suo padre e Heimdall, assieme a suo fratello. Dall’altra navicella veniamo a sapere che Gamora ha sognato Quill, Rocket il resto dei Guardiani, Bruce ha visto invece Visione, che però non si è incenerito, e la cosa ci lascia perplessi: forse Visione non è morto? Forse Shuri lo sta salvando, ma per non darci false speranze evita di dircelo?
 Nebula nega di aver sognato qualcuno, tuttavia nessuno le crede, ma comunque non insistiamo. Alla fine, abbiamo le informazioni che ci servono, non ha senso obbligarla a parlare di qualcosa che, evidentemente, preferisce tenere per sé.
Guardo Loki di sottecchi: nei suoi occhi verdi vedo un velo di tristezza, dovuto al fatto che suo padre e Heimdall abbiano detto a lui e a Thor che nessun Asgardiano potrà essere salvato, non essendo alcuno di loro rimasto vittima di quel dannato schiocco di dita.
Sento gli occhi riempirsi di lacrime al pensiero di Maria Hill, il mentore, la mia salvatrice. Era come una sorella per me, severa, fredda, ma pur sempre una sorella sulla quale poter fare affidamento.
Fury, come sempre, ci aveva visto giusto: affidandomi a lei, sapeva che ci saremmo migliorate a vicenda.
Già, Fury. Aveva anche capito che io potevo essere una risorsa per l’umanità, e infatti, eccomi qui.
Prendere la gemma della realtà è stato relativamente semplice – se contiamo solo l’essere uscita dalla navicella e averla incastonata nel guanto, senza prestare attenzione allo slalom tra meteoriti e i sogni/visioni avuti una volta entrati nel raggio d’azione della gemma.
Ed ecco infatti che manca solo l’ultimo pallino, situato tra l’altro su Titano. Stiamo viaggiando con i motori al massimo, e non riesco a fare altro che pensare allo scontro imminente che ci attende contro Thanos. Perché è ovvio che lì ci sarà anche lui. E’ solo una sensazione, ma sarei disposta a metterci la mano sul fuoco da tanto sono convita della sua esattezza.
Sono chiusa in un mutismo per niente incoraggiante, non mi va nemmeno di ascoltare i discorsi che Tony, Steve, Natasha e Loki stanno facendo. Anzi, se solo non fossi così tesa, mi alzerei e me ne andrei in camera, ma so che mi farebbero delle domande alle quali, nervosa come sono, non risponderei affatto garbatamente. E non voglio rovinare il clima disteso che, almeno apparentemente, si sta creando. Nat e Steve stanno pilotando, partecipando attivamente alla discussione tra Loki e Tony per delineare una strategia da comunicare alla Milano. Abbiamo ancora sette ore di viaggio, di tempo ce n’è per inventarsi qualcosa di buono e giusto.
D’altro canto, io sto pensando a come sfruttare al meglio i poteri del guanto: un solo errore potrebbe vanificare gli sforzi di questi ultimi tempi e il dolore che tutti abbiamo provato, potrebbe condannare metà umanità a vivere in una situazione di essere-non essere.
Non posso concedermi incertezze, sbagli, paure, distrazioni. Come mi hanno insegnato Clint, Maria e Fury, devo focalizzare il mio obiettivo, lasciando al di fuori della traiettoria tutto ciò che potrebbe ostacolarmi e rendermi di conseguenza il compito più difficile, con il rischio di compromettere la mia missione.
Sospiro.
 
E’ difficile
 
Il mio sguardo corre distrattamente sulla figura di Loki, di spalle, che contempla il portale che dovremo attraversare nel giro di qualche minuto, e provo una piccola stretta al cuore. Non voglio che accada nulla di male né a lui né agli altri, né a tutte le persone che abbiamo intenzione di riportare in vita.
 
No stress, giusto?
 
“Carol” Loki mi si piazza davanti – a quanto pare la discussione è finita – e mi schiocca le dita davanti agli occhi “Sei con noi?” domanda scandagliandomi con i suoi occhi smeraldini.
“Sì” annuisco, non troppo convinta “Cosa avete deciso?”
Tony mi spiega brevemente la strategia – un’ottima strategia, a mio parere, ma bisogna vedere cosa ne pensano quelli della Milano -, poi sparisce in camera.
“Riposatevi un po’” propone Nat rivolgendosi a me e Loki “Veniamo a chiamarvi fra tre ore, così riposiamo tutti”
Annuisco, accettando la mano che Loki mi porge per aiutare ad alzarmi, seguendolo in silenzio nel corridoio delle cabine.
“Ehi, tutto okay?” domanda il dio prendendomi il polso prima che mi rintani nella mia camera.
“Sì” mento “Perché?” domando con finta tranquillità.
Loki sorride, furbo e gentile al contempo. “Perché non sei brava a dire le bugie, Danvers. Cosa ti turba?” domanda, aprendo la sua cabina e appoggiandosi allo stipite della porta.
Sospiro. “Tutto, Loki. Tutto mi turba. Vorrei solo che tutto questo finisse presto, ho paura, e non lo nego, ma non posso farmi influenzare dalle mie emozioni o rovinerò tutto. Un solo passo falso e siamo tutti morti”
Lui abbozza un sorriso, per niente malizioso o canzonatorio, e apre piano, titubante, le braccia, in un timido invito a rifugiarmici dentro.
Esito, ma poi riempio la distanza che ci separa, e mi appoggio al suo petto, lasciando che il battito lento del suo cuore metta a tacere, per un momento, i miei pensieri, sovrastandone il rumore con la sua melodia millenaria.
Ed è una bella sensazione, forse la più bella a cui potrei pensare, se dovessi riflettere sui miei anni di vita.
Inspiro a fondo il suo profumo, un misto tra ghiaccio e menta, e nel momento in cui lui mi accarezza piano i capelli, capisco che di quel profumo, di quel corpo, di quell’abbraccio, non potrei mai più farne a meno.
E’ così giusto, così naturale, così spontaneo, stendermi accanto a lui e addormentarmi al suo fianco, e solo quando lui mi sveglia scuotendomi con dolcezza mi rendo conto che tocca a me pilotare la navicella.
Mi alzo di malavoglia – mi pare persino di sentire freddo – e assieme a Loki do il cambio a Nat e Steve, che non vedono l’ora di coricarsi e dormire un po’ prima dello scontro finale.
La resa dei conti arriva prima di quanto sono disposta ad accettare, perché ecco che Titano è già in vista, ed ecco che la Milano arma i missili. Loki immette gli imput, e anche la nostra navicella assume l’assetto di guerra.
Siamo tutti molto tesi, silenziosi, ma il piano è stato approvato anche dalla Milano: ora basta solo agire, e sperare di avere la meglio. Individuiamo le coordinate precise della gemma, e proprio lì vicino vediamo Thanos, seduto, calmo, quasi come se ci stesse aspettando.
Ed ecco che la prima parte del piano è già da scartare: non possiamo lanciargli contro i missili, rischieremmo di distruggere la gemma.
Con il cuore pesante, atterriamo e scendiamo in formazione a V.
Lui, vedendoci, ride sonoramente. E già questo mi fa impazzire di rabbia, perché non ha il diritto di fare niente, niente. Nemmeno respirare, figuriamoci ridere.
Gamora è rimasta a bordo, dato che può essere la nostra ultima risorsa, il nostro asso nella manica, il nostro unico “fattore sorpresa”, dato che il primo è già stato indegnamente bruciato.
“Patetici. Siete davvero patetici” inizia lui alzandosi in piedi, quasi a rivendicare la sua grandezza in confronto alla nostra “Non sarà sufficiente la forza di nessuno di voi per sconfiggermi, se la vostra amichetta non sa usare il guanto”
“Vuoi vedere come lo sa usare? Sai dove te lo mette, il guanto, brutta melanzana gigante radioattiva?” sbraita Rocket.
“Dacci la gemma” ordina Stark “E potremmo persino ucciderti senza farti soffrire”
“Oh, io sono già morto, il mio cuore si è fermato quando ho ucciso mia figlia, ormai non ho nulla da temere” sorride pacifico, soffermando lo sguardo sulla figura di Nebula “Tua sorella mi era molto cara. Se solo avessi potuto, l’avrei risparmiata”
“Potevi, ma non l’hai fatto” ringhia Nebula “Quindi ora taci, Thanos, dacci la gemma e arrenditi”
Il titano sghignazza, incurante del fatto che, da qualche parte dietro le navicelle, il Dottor Banner si sia appena trasformato in Hulk, e Gamora stia imbevendo di veleno dieci pugnali con la punta di diamante, di cui è fornito anche Loki.
Io sto perdendo la pazienza, e le gemme lo percepiscono. Pulsano, vogliono essere usate, ma serve ancora tempo. Serve il segnale, ovvero l’urlo di Hulk, prima che io possa agire e immobilizzarlo.
Ma l’urlo di Hulk non arriva, ed ecco che Thanos, all’improvviso, ci attacca selvaggiamente, sbattendo Natasha a trenta metri di distanza da noi.
“Nat!” urla Steve, e fa per muoversi verso di lei, ma Thanos lo artiglia per una spalla, cercando di rompergliela. Ma c’è Tony, a coprirgli le spalle, e lancia una sfilza di proiettili contro il braccio di Thanos, facendolo mugghiare di dolore e allontanandolo da Steve, che, vedendo che Nat si sta rialzando, gli occhi fiammeggianti di rabbia, si lancia verso Thanos urlando selvaggiamente, seguito a ruota da tutti gli altri, che a turni alterni vengono sbattuti di qua e di là. Le ferite da guarire non mancheranno, se mai dovessimo riuscire a uscirne vivi.
Non ho tempo di aspettare, inizio a usare il guanto, e grazie all’aiuto delle gemme, lancio massi contro Thanos, gli rallento i movimenti, ma sento che sto solo temporeggiando. Dove sono finiti Bruce e Gamora?
Dopo quella che mi pare un’eternità, sentiamo un urlo disumano – sì, Hulk - e quindi Thor scarica un potentissimo fulmine su Thanos, che urla di dolore e si mette in ginocchio, ma non fa in tempo a riprendersi che ecco che arriva la prima pugnalata, opera di Loki.
“Questa è per Asgard, tiranno” ringhia Loki con furia, e fa giusto in tempo a spostarsi prima che Hulk lo travolga e sbatta Thanos a terra, facendo in modo che la gemma azzurra esca dalla sua tasca.
Natasha le da un calcio, e io la raccolgo al volo: sento il potere scorrere in ogni mia cellula, mi sento forte, invincibile, grande. E chiamo a raccolta tutto il potere delle gemme per annullare lo schiocco di dita di Thanos nel momento in cui il suo cuore smetterà di battere.
Lo immobilizzo, gli faccio scorrere - grazie anche all’aiuto di Loki – davanti agli occhi tutte le disgrazie che ha compiuto, fino all’ultimo atto di vera e propria follia: l’uccisione di sua figlia.
Il titano piange, ora, piegato in due dal dolore sia fisico (il veleno dei tre pugnali di Loki comincia a fare effetto) sia morale. Sento uno spostamento accanto a me, e vedo la figura di Gamora raggiungere quella di Thanos.
“Gamora… Figlia mia…” balbetta lui sputando sangue nero, segno evidente dello stadio avanzato della diffusione del veleno nel suo corpo.
“Ne è valsa la pena?” domanda Gamora “Ne è valsa la pena? Guarda cosa hai fatto. Guardati. Guardami!”
“Mi dispiace… Mi dispiace… Perdonami…”
“No” Gamora scuote la testa, le lacrime agli occhi “Non ti perdono” e in un attimo di fredda lucidità, lo pugnala al cuore. E poi al collo. E poi allo stomaco.
E alla fine, ci pensa Tony a finire l’opera, lanciandogli contro un raggio impressionante dal suo reattore ARC, azione che tra l’altro lo fa mettere in ginocchio. L’eroe umano è già pronto a rialzarsi, ma non c’è più nulla da temere: gli occhi di Thanos diventano vitrei, il suo corpo perde stabilità e vitalità, cade inerte, il suo cuore si ferma.
Ora vedo la dimensione-specchio, vedo l’alone giallo che la separa da noi, e vedo anche la crepa che si è aperta nel cielo sopra di noi. Thanos scivola in un burrone, si sfracella al suolo, e noi voliamo nel cielo di Titano: si vedono in lontananza gli Helicarrier e le navicelle del Wakanda, i nostri calcoli erano esatti: con i giusti portali e senza errori, ci avrebbero raggiunti un’ora dopo il nostro arrivo su Titano, e infatti, eccoli lì.
Riempiamo la dimensione specchio – tangibile grazie al potere del guanto sotto mio ordine – di proiettili fino a fracassarla. E finalmente li vediamo, un mare di formiche sotto di noi.
Uomini, donne, vecchi, bambini, amici, sconosciuti.
La metà dell’umanità dissoltasi in cenere, sono tutti lì, e guardano incantati e increduli verso di noi, i loro salvatori, a qualche chilometro più in alto di loro.
Abbiamo vinto.
 
 
You gotta be so strong
To make it in this world
 
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Inspiro, espiro, inspiro, espiro.
AHHHH E’ MORTO, MUAHAH *ballo da pazza*. Scusate. Piccolo sfogo. Perdonatemi, ma Thanos l’ho odiato davvero tanto.
Il prossimo capitolo, vi anticipo, è un gioiellino, ne vado davvero fiera; devo solo controllarlo e rifinirlo, ma è già praticamente pronto. Ci sarà il punto di vista di uno dei “dissolti”: si accettano scommesse! 😉
Stringete i denti, domenica prossima arriverà presto!
Sempre grazie per eventuali recensioni, pareri, consigli e osservazioni, se mai li lascerete.
Buona domenica, un abbraccio!
 
_astronaut_

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Capitolo 14
*** It goes on ***


It goes on
Canzone consigliata: It goes on – Sir Rosevelt
 

PETER

 
“Non voglio morire, non voglio morire, non voglio morire”
Ricordo la brutta sensazione di sentire il mio corpo dissolversi, ricordo la disperazione nella mia voce, ricordo lo sguardo pieno di terrore di Tony, ricordo le sue braccia stringermi a sé quasi come se potesse tenermi in vita…
 
Diamine, se solo fossi stato più veloce a togliere quel guanto maledetto, se solo fossi stato più forte…
 
Forte come l’abbraccio in cui Tony mi aveva stretto prima che sentissi le mie gambe dissolversi come sabbia al vento, forte come lo sguardo che teneva fisso sul mio viso per trasmettermi sicurezza, forte, come tutto ciò che riguardava Tony Stark.
Non era certo un maestro, lui, nel manifestare attaccamento alle persone, soprattutto a me, ma ci avevo fatto l’abitudine: in un certo senso, conoscendolo, si riuscivano a cogliere delle sfumature in tutto ciò che diceva, o che faceva, che tradivano l’affetto che provava per me.
 
“Che ci fai qui, ragazzo?” un pizzico di fastidio – preoccupazione – nella sua voce
“Gita scolastica”, mi dica cosa fare, pensavo, come posso aiutarLa a salvare il mondo
“Lasciati andare, Peet, ti prendo io!” e mi ero fidato, ciecamente. Come sempre, d’altronde.
 
Quando mi stava per prendere a ceffoni sulla ciambellona volante era affetto, puro affetto, e solo ora, col senno di poi, mi rendo conto che tutti i tentativi di non coinvolgermi in ciò che faceva erano volti ad un solo scopo: proteggermi.
 
Ma non ce l’hai fatta
 
E’ questo che sicuramente Tony si è rimproverato.
Il solo pensiero mi rende triste, e per lui provo una grande, profondissima pena.
 
Non sei un dio, non saresti mai riuscito a proteggere tutti…
 
Mi sembra ancora di poter percepire il suo abbraccio, così stretto da quasi togliermi il fiato; se solo avessi potuto guardarmi la tuta, probabilmente l’avrei vista macchiata del suo sangue.
E probabilmente, quella ferita è la cosa a causa della quale ha sofferto di meno: perdere tutti i suoi amici lo ha sicuramente ferito di più: Tony è così, è un finto duro. Basta avvicinarsi un po’ per poter scorgere, con un po’ di attenzione e prudenza, le crepe nella sua maschera da playboy miliardario che oramai si è stufato di indossare. Tony vuole la pace, una vita normale.
Vuole redenzione.
E cosa gli è stato dato, dopo tutto l’impegno che ha messo nell’organizzare le difese della Terra?
 
Che mal di testa…
 
Nella mia bocca sento uno spiacevole sapore di terra, sangue e polvere. Essere un Avenger significa questo?
 
“Bene, ragazzo, sei un Avenger adesso”, e inutile negarlo, i suoi occhi tradivano tutto l’orgoglio che provava in quel momento, misto a un nero terrore che non ce la facessi e alla fiducia nella Giustizia divina che, qualunque cosa brutta fosse dovuta accadere, nulla di male mi sarebbe successo.
 
Tossisco e sputo il grumo di saliva che mi rende amara la bocca, poi mi azzardo ad aprire gli occhi e una forte luce mi ferisce le cornee, tanto da farmi scappare un gemito sofferente.
Mi sento toccare il braccio da una mano affusolata e gentile, anche se scossa da un lieve tremito, e si direbbe quasi abituata ad avere a che fare con persone moribonde; spinto dalla curiosità apro nuovamente gli occhi per mettere faticosamente a fuoco.
“Dottor Strange!” esclamo, pieno di sorpresa “Mi sono appisolato, state tutti bene?”
“Tutti” mi tranquillizza.
Scuoto la testa e cerco di mettermi seduto, ma un dolore lancinante al capo mi annebbia la vista.
“Quanto… quanto tempo è passato?” domando spaesato notando dietro le spalle di Strange non solo la signorina Potts, ma anche Bucky Barnes e Samuel Wilson, Wanda Maximoff, Peter Quill, re T’Challa, Drax e Mantis.
“Non ne ho idea” ammette Strange “Ci siamo svegliati tutti da pochi minuti”
“Ma tu sei uno stregone, dovresti…”
“I miei poteri non hanno effetto, a causa del fatto che mi sono dissolto” mi interrompe Strange, e noto il tremore alle sue mani essere più intenso di quanto ricordassi.
“Oh…” mormoro “Mi dispiace”
Strange alza le spalle, poi mi porge la mano alzandosi in piedi. “Te la senti di alzarti?”
“Mi gira un po’ la testa” ammetto “Forse un po’ d’acqua non mi farebbe male”
“Non c’è nulla” si intromette Bucky Barnes “Ancora prima che ci addormentassimo avevo controllato qui in giro, siamo senza acqua, su un pianeta sconosciuto, in una… dimensione parallela. Oh, Dio, perché non sono morto ancora nel 1945?”
Apro la bocca per dire qualcosa, ma non mi viene in mente nulla di intelligente da dire. Poveretto.
“Steve verrà a salvarci” lo consolano Sam e Wanda “Non lascia mai nulla di intentato”
“Assieme a Tony riuscirà a trovare la soluzione” si aggiunge Pepper.
Strange annuisce. “Facciamo tutti parte della sfera affettiva di persone tra loro emotivamente collegate, vedrete che li rivedremo tutti”
“Non c’è un modo per tornare a casa senza aspettarli?” domando in un sussurro.
Pepper mi sorride malinconicamente, accarezzandomi i capelli arruffati. “Tutto si risolverà, vedrai”
“Sembrerebbe quasi che vi siate messi d’accordo” gracchia un uomo dall’occhio bendato, alzandosi in piedi sostenuto da una giovane donna dallo sguardo tagliente “Guardate un po’ cosa sta arrivando”
Vedo il terreno su cui siamo seduti adombrarsi. Alzo gli occhi verso il cielo e rimango completamente spiazzato dalla vista di due astronavi gigantesche spaccare con dei raggi di luce multicolore lo schermo che racchiude il pianeta su cui siamo stati spediti.
“Ascoltatemi tutti” una voce metallica si sparge limpida e assordante nella pianura in cui ci siamo trovati “E’ Iron Man che vi parla. Al mio seguito stanno arrivando Helicarrier dello SHIELD e navicelle di ultima generazione Wakandiane, disponetevi ordinatamente e non spingete per salire, c’è posto per tutti, fidatevi di me. Fate come vi dico e nel giro di qualche ora sarete di nuovo sulla Terra”
Pepper, che ha trattenuto il fiato non appena ha riconosciuto la voce di Tony, ora sospira, e piange di gioia, una mano sul ventre e una sul cuore, Strange sorride e mi fa l’occhiolino, e con un urlo di gioia liberatorio io, Bucky Barnes e Sam Wilson diamo modo, sbracciandoci, di farci individuare da Tony e tutto il suo seguito.
Il cielo si frantuma, come se fosse una superficie d’acqua che viene attraversata da un sasso, e vedo in cielo quindici giganteschi Helicarrier e cento grosse navicelle Wakandiane che si disperdono lungo tutto il Pianeta su cui ci troviamo.
“Signor Stark!” urlo “Siamo qua! Siamo qua!”
Una navicella e un’astronave si dirigono verso di noi, atterrano a qualche metro di distanza e dopo che si aprono i portelloni, sento il cuore riempirsi di gioia pura: non penso a ciò che faccio, corro verso Tony, che privo di armatura, occhi stanchi, viso smunto e ferito, corre verso di me e mi abbraccia stretto, togliendomi il fiato, stringendo a sé poco dopo anche Pepper e lasciandosi andare a un pianto incredulo, felice e contagioso.
“Sono qui, sono qui” ripete a Pepper mentre la bacia sulle labbra “Non me ne andrò più”
Pepper scuote la testa, sorride e gli accarezza il viso con dolcezza, preferendo non dire niente. Per un momento, sento il bisogno di uscire da quell’abbraccio a tre, sentendomi di troppo, ma Tony mi tiene stretto, e per un momento, mi sembra che, tutto sommato, finché potrò sempre contare su Tony, non sarò mai solo.
 
Nessuno di noi sarà più solo.
 
Vedo Sam Wilson ammiccare verso una bionda in divisa dello SHIELD, che si lascia andare a una risata e lo abbraccia.
Vedo Clint Barton abbracciare sua moglie e i suoi due figli più grandi, lasciandosi finalmente andare a un pianto liberatorio; non mi stupirei se adesso si ritirasse per davvero dall’azione sul campo.
Vedo Bucky Barnes prendere il viso di Steve tra le sue mani e lasciargli un bacio sulle labbra piene di tagli, vedo di rimando Capitan America stringere a sé, privo di ogni vergogna, il corpo del Soldato d’Inverno, forse dopo tanti, troppi anni di attesa, dimentichi di tutto ciò che accade attorno a loro.
Vedo Strange stringere a sé una donna in divisa medica, pronta a dare una mano a eventuali feriti, che singhiozza contro il suo petto, vedo i suoi occhi diventare da gelidi e sfuggenti a lucidi e sereni.
Vedo Peter Quill abbracciare incredulo Gamora, che alla fine lo bacia con passione, tra gli applausi e le grida gioiose di tutti i Guardiani della Galassia.
E non posso fare a meno di sorridere, perché ciò che provo in questo momento è solo questo: pura e semplice felicità.
 
Ma… Zia May?
 
“S-Signor Stark…” inizio un po’ timidamente “Mia… Mia zia? Sta bene, vero?”
Gli occhi di Stark si rabbuiano, si morde il labbro.
“Signore?” incalzo “Non è… Non è morta, non può essere morta, si sarà dissolta, la…”
“Peter” sospira lui accarezzandomi la testa “Dobbiamo parlare” si schiarisce la voce “Un forte terremoto ha scosso New York, qualche giorno fa, e…”
 “E’ una bugia” lo interrompo “Non ci credo, non è vero, è… Non posso aver perso anche lei!” la mia voce si spezza.
“Peter, mi dispiace... Quando Friday ha registrato una anomalia nel movimento tellurico, Barton e Rhodes erano a Terra, hanno cercato di avvisare la protezione civile, ma… E’ successo troppo in fretta… mi dispiace, avrei dovuto… avrei potuto…” balbetta “Non sono stato pronto, nemmeno stavolta, non ce l’ho fatta, ho fallito, ho…”
In qualche secondo vedo l’uomo più forte del mondo, vedo il mio eroe crollare come un castello di sabbia di fronte al mio sguardo sconvolto. E lui si sta addossando, ancora una volta, colpe che non ha. Non può certo prevedere tutti i terremoti del mondo, nonostante la sua A.I. sia estremamente sviluppata, è stato un incidente, sarebbe potuto capitare in qualsiasi momento…
“Tony, no” lo blocca Pepper mettendogli una mano sulla spalla “Non è colpa tua”
 
Ecco, la signorina Potts sa come tranquillizzarlo… Meno male!
 
“Mi dispiace, Peter, mi dispiace” ripete lui “Anche per ciò che ti è successo, mi dispiace tanto, è colpa mia”
Qualcosa nella sua voce mi spezza il cuore, ed è così che do sfogo a tutto la paura e il dolore accumulato: piango stretto a lui, e non so quanto tempo passiamo abbracciati, lui che mi accarezza dolcemente i capelli, io che cerco di trarre forza dal contatto col suo corpo spossato e di dargliene a mia volta.
 
E ora?
 
“Cosa faccio, adesso, Signor Stark?” domando contro il suo petto, preda di tristi singhiozzi “Non ho dove andare…”
“Puoi venire a vivere con me e Pepper” butta fuori tutto d’un fiato, quasi abbia paura di non poter più trovare il coraggio di farmi questa proposta.
Spalanco gli occhi e mi stacco. “Ma io… non” balbetto “Insomma, non sono nessuno, avrò si e no i soldi che la zia stava tenendo da parte per mandarmi in Università, sarei di peso, e… Non sono certamente il figlio perfetto, sono disordinato, a volte mi chiudo in camera e passo le ore a fare calcoli improbabili, sono… Sono un problema”
Tony scuote la testa, guarda Pepper che gli sorride pazientemente e con accondiscendenza, poi mi dà una pacca sulla spalla. “Sono ben lungi dall’essere un padre perfetto, Peter”
“Non voglio deluderti” sussurro, passando inconsciamente a dargli del “tu”.
“Nemmeno io. L’ ho già fatto troppe volte” Tony sorride pacatamente, poi fa passare un braccio attorno alle spalle di Pepper e la stringe a sé “Allora, accetti, Bimbo-Ragno?”
Annuisco. D’altronde, non ho scelta. Ed è meglio andare in una casa in cui so di essere voluto, che essere affidato a chissà chi.
 
Ricominciare da zero… Ce la faremo? Come una famiglia?
 
“Andiamo a casa” mormora Pepper mentre mi accarezza i capelli con dolcezza inaudita e lo sguardo gentile.
“Sì, abbiamo tutti bisogno di una doccia” esclama Tony.
Annuisco. “Dici che puzziamo un po’ di cenere e polvere?”
Ci guardiamo tutti e tre per qualche secondo, poi ci lasciamo andare a una risata esasperata, fino a quando ci manca il fiato.
“Era pessima, Peet” ridacchia Tony “Era davvero pessima”
Ridacchio, e mi incammino verso la navicella da cui ho visto uscire Tony, notando da lontano tutti gli altri eroi velocizzare il più possibile le operazioni di salvataggio.
Tra coloro che sono stati inceneriti, i più impegnati sono Sam, Bucky, T’Challa e Strange: i primi tre stanno smistando le persone in base al Paese in cui vivono, mentre il terzo, finalmente ripreso possesso dei suoi poteri, apre dei portali magici – aiutato da una certa Carol e (ommioddio!) Loki – per far sì che man mano che le navicelle si riempiono possano tornare sulla Terra e riatterrare su Titano nel minor tempo possibile.
Già. Tempo.
Ci metterò del tempo, lo so, per digerire la dipartita di mia zia. Ma Tony e Pepper sapranno starmi vicino, ne sono certo. Ho fiducia in loro, ho fiducia in me, ho fiducia in noi.
Zia May sarebbe felice di sapere che ho trovato qualcuno disposto a starmi accanto non solo in un momento così buio e difficile, ma anche per la vita intera, e di sicuro non vorrebbe che io mi rovinassi l’esistenza per una cosa alla quale nessuno può porre rimedio. Nemmeno un supereroe.
Prometto che ce la farò, per lei e per tutto ciò che ha rappresentato in questi anni.
Sì, ce la farò.
Ce la faremo.
 
Digging through the sands of time to find my way back home
Your memory’s the thing that keeps me hanging on
To know I’m not alone, we’re stronger than the bonds of blood
Even on the darkest days together through the valley of the gun
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Ed ecco il mio piccolo gioiellino.
Ma non è ancora finita, quindi stay tuned!
Spero davvero che vi sia piaciuto (Peter Parker/Stark era ormai annunciato dal capitolo Dreams, ma spero che comunque il suo punto di vista vi abbia emozionati un po’), fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
Grazie sempre di tutto, a presto!
Buona domenica e buona settimana,
 
_astronaut_

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Nei nove mesi che separarono il ritorno alla normalità della vita sulla Terra e la nascita dell’erede Stark, Tony e Pepper avevano deciso di sposarsi; il bel pancione di sei mesi di Pepper spiccava in ogni foto del lieto evento, e dalle istantanee che erano state scattate, non si riusciva a capire chi, tra Tony e Pepper, fosse il più felice.
La cerimonia era stata molto intima – se con “intima” si intendono tutti gli Avengers (nuovi e vecchi) e i Guardiani della Galassia con eventuali famiglie/partner al seguito, Fury, Maria Hill, Coulson e Melinda May – e in poche parole, fantastica.
Ma la cosa davvero fantastica era la bambina di due anni che gli stava scuotendo la mano per attirare la sua attenzione al fine di farsi prendere in braccio, dato che era da un bel po’ che stavano camminando.
“Sei stanca, Sophie?” domandò retoricamente Peter abbassandosi al livello della piccola Stark.
“Sì. Andiamo a casa, Peet?” la bimba si lasciò tirare su e appoggiò la testolina bionda nell’incavo della spalla del fratello adottivo.
“Certo. La tua mamma avrà di sicuro preparato qualcosa di delizioso!” il ragazzo le diede un bacio sui capelli morbidi, inspirando a fondo suo dolce profumo di pesca.
“Ho fame!” esclamò infatti la piccola.
“Lo so, Sophie, anche io ho fame” ridacchiò il giovane “Sai contare fino a cento?”
La bambina lo guardò, offesa. “Certo che so contare fino a cento, perché me lo chiedi?”
Peter sorrise, incantato: quello scricciolo era un vero e proprio genio, probabilmente in un futuro non troppo lontano avrebbe superato i record di suo padre.
“Appena arrivi al cento siamo a casa” annunciò Peter “Te lo prometto”
Sophie annuì. “Ad alta voce?”
“Sì, sennò papà non ci crede che sai davvero contare fino a cento!” da dietro di loro fece capolino la raggiante figura di Tony, in un completo da civile sopra al quale era applicato un piccolo reattore ARC, piccola precauzione che lo rendeva più tranquillo e che persino Pepper aveva accettato.
“Papi!” urlò felice la piccola, sporgendosi per essere presa in braccio dall’uomo, che la accolse tra le sue braccia con una risata serena “Papipapipapi!”
“Ciao, bellissima. Ehi, Peet!” Tony scompigliò i capelli al figlio adottivo “Ti vedo un po’ stanco, muori anche tu di fame o sbaglio?”
Spider-Man sorrise, incamminandosi a fianco di Tony verso casa. “Andiamo a casa, papà”
Quella parola gli era uscita senza nemmeno che se ne accorgesse, e si rese conto solo dopo averla pronunciata del perché gli occhi di Tony si erano riempiti di piccole lacrime di commozione e del perché Tony si era bruscamente fermato.
“Scusa, scusa, non… Non era mia intenzione, non lo dico più, se…” balbettò Peter pieno di imbarazzo.
“Taci un po’, Peter. Va benissimo così” sorrise Tony, stringendolo a sé e camminando abbracciato a lui mentre con l’altro braccio sorreggeva il peso della piccola Sophie. Parker sorrise timidamente, stringendosi a Tony, senza rifiutare la sua presenza tanto rassicurante e famigliare.
La cosa più bella della Villa di Malibù era che erano lontani da ogni sguardo indiscreto e potevano fare lunghe passeggiate senza venire assaliti dai paparazzi, o dai giornalisti, quindi nessuno avrebbe mai fatto domande sul perché entrambi avevano gli occhi lucidi, quella sera di fine estate, al ritorno a casa.
Era bello tuttavia vivere anche a New York, durante il periodo autunnale e invernale, alla Stark Tower.
E infatti, quando a ottobre la famiglia Stark si trasferì alla Stark Tower, sia la piccola Sophie sia il giovane Peter (e sotto sotto, anche Tony) erano al settimo cielo: non vedevano l’ora di rivedere gli Avengers, tanto che una settimana dopo il loro arrivo, Tony organizzò una festa con tutti gli eroi che potevano presenziare.
Peccato che sia lui sia la piccola crollarono addormentati in un sonno profondissimo, tanto da non venire svegliati nemmeno dal suono dell’ascensore che si apriva.
Lo spettacolo quindi che si parò innanzi agli occhi increduli di Sam, Sharon, Nat, Bruce, Steve e Bucky fu qualcosa di così inusuale e raro, che Peter aveva già provveduto a immortalare con una fotografia.
Tony era steso sul divano, a pancia in su, una mano abbandonata a fianco che sfiorava il pavimento e l’altra sulla schiena di Sophie, che aveva la testa appoggiata al petto del padre, una mano sotto la testa e l’altra invece sul reattore. Entrambi sul viso avevano la stessa espressione serena, quasi come se uno fosse l’antidoto alle preoccupazioni dell’altro, e perfino i loro respiri erano sincronizzati.
“Mio Dio” mormorò Natasha “E’… incredibile, Tony Stark zitto, fermo, e sereno”
“Ho già provveduto a fare una foto” disse Peter a bassa voce “Non diteglielo, però!”
Steve si avvicinò silenziosamente al divano, incantato dalla scena che aveva davanti a suoi occhi, ma soprattutto dalla bellezza della bambina addormentata. “E’ stupenda”
“E’ figlia mia, ovvio che sia magnifica” rispose Tony a bassa voce “E per la cronaca, Peet, azzardati a far vedere a qualcuno quella foto, e giuro che ti chiudo in stanza con Ferro Vecchio per una settimana” lo minacciò l’uomo con un sorriso dolce quanto assassino.
Peter rise sommessamente, prendendo poi la piccola Stark dal petto di Tony per farla distendere nell’isola del divano, coprendola con una copertina leggera.
Sophie mugolò un po’, ma poi riprese tranquillamente il suo placido sonnellino.
Tony sorrise, guardando con dolcezza i suoi due figli: adorava Peter, amava Sophie, ed era contentissimo del legame che intercorreva tra i due.
“Cosa mi raccontate?” domandò Tony “Ehi, ma guarda un po’ chi c’è! Thor, Maria, prego! Carol, Loki, ciao!”
“I due novantenni hanno deciso di sposarsi, finalmente!” annunciò Natasha, beccandosi un’occhiataccia da Steve e Bucky, che avvamparono visibilmente.
“Oh, davvero? Congratulazioni, valorosi amici!” si complimentò Thor, lanciando subito dopo un timido sguardo a Maria, che ricambiò con evidente imbarazzo, tanto da non riuscire a evitare che le guance si tingessero di un rosa acceso. Allora anche il braccio destro di Fury aveva un cuore!
“Sì, be’, era ora” commentò Bruce facendo l’occhiolino ai due “vecchietti” mentre accarezzava una manina di Sophie.
“Tu e Nat dovreste solo stare zitti!” ridacchiò Sam, per poi lasciarsi sfuggire un gemito di protesta quando Sharon gli pestò il piede “Ahi, piccola, hai il piede delicato quanto quello di un rinoceronte!”
“Perdonatelo, sto ancora cercando di renderlo una persona civile” ironizzò Sharon schioccando un bacio sulla guancia di Sam, che suo malgrado arrossì.
“Non ti appendo al muro solo perché ciò che dici è vero, Wilson” celiò Natasha con un sorrisetto “Ma non giocare col fuoco, pennuto”
Sam rise, alzando le mani in segno di resa. “Ricevuto, signora”
“Caspita, guardate un po’ dove sono andati Wanda e Vis!” esclamò Peter “Sono in Finlandia! Che forza!”
“Quei due sono sempre in giro per il mondo, fanno quasi invidia a Clint e Laura!” scherzò Bucky.
“A proposito, sono tutti in Italia, assieme anche a Lang, sua figlia Cassie e Hope Pym” disse Bruce “Li abbiamo sentiti proprio ieri, si stanno divertendo un mondo, sia loro sia i loro pargoli”
“Tua figlia sembra un angioletto” Carol, rapita, stava accarezzando una guancia morbida di Sophie “Siete davvero fortunati”
“Non lo è, non lo è affatto!” ridacchiò Tony “Giusto ieri si è messa a maneggiare con dei cacciaviti e ha quasi mandato in cortocircuito Ferro Vecchio”
“La lasci entrare nel tuo laboratorio?!” Loki strabuzzò gli occhi smeraldini “Ma… Non temi si faccia male?”
Tony scosse la testa. “C’è un campo magnetico attorno a lei, appena entra in laboratorio, che impedisce che scariche elettriche, fuoco, o cose pesanti le vadano addosso. Non sono mica un incosciente, Pepper mi ucciderebbe!”
“E io le darei manforte” rincarò la dose Peter con un sorriso.
“Tony Stark!” esordì una voce profonda da dietro le loro spalle.
“Oh, no, Doc, se devi esordire così esci pure. Prima che Thanos mandasse tutto a catafascio hai esordito proprio in questo modo, spuntando fuori da un portale in un parco, se hai brutte notizie quindi sciò!”
Tutti risero di gusto, e Strange andò a stringergli la mano. “E’ un piacere rivederti, Pepper come sta?”
“Pepper è al funerale di una sua vecchia zia a cui non poteva mancare, ma vi saluta tutti con estremo affetto!” disse Tony “Ma guarda chi c’è, ciao, Will!”
Il figlio di Strange e Christine lo squadrò con i suoi occhi color ghiaccio, identici a quelli del padre, poi, incoraggiato dal sorriso caldo di Tony, sorrise a sua volta e lo salutò, la vocina pigolante e le guance rosse.
“Ti assomiglia molto” disse Maria, che da brava ex-agente SHIELD era abituata a notare le somiglianze.
Strange annuì, prendendo il bimbo in braccio e lasciandogli un piccolo bacio sui boccoli scuri. “E anche io ero molto timido, da bambino”
Tony si morse il labbro, un po’ a disagio. Quel bambino lo inquietava un po’, sembrava che gli stesse scandagliando l’anima, con quegli occhi chiarissimi.
A proposito di Sophie, giusto in quel momento la bimba si svegliò e si mise seduta, stropicciandosi gli occhi e cercando di capire chi fossero tutte quelle persone. La sua attenzione fu immediatamente catturata dal braccio di Barnes, tanto che, riconoscendo lo “zio” Steve e vedendo che teneva per mano l’uomo dal braccio di metallo, andò da Bucky, prendendo senza alcuna esitazione il suo indice di vibranio e tirandolo verso di sé.
“Mhm, lascia stare, Sophie” disse Tony, nella voce un po’ di tensione.
“Vibranio!” esclamò la bimba “Posso?” domandò a Bucky, che non sapeva più da che parte guardare e stringeva convulsamente la mano del suo compagno in cerca di aiuto.
“Certo che puoi” sorrise Steve “Se al tuo papà non dà fastidio”
Tony si morse l’interno della guancia, nervoso. “No, tranquilli, nessun problema”
Allora la piccola tese le braccia verso Bucky, che con un po’ di paura la prese in braccio, evitando di guardare Tony per non perdere il coraggio di stringerla tra le braccia. La scena aveva ammutolito per qualche istante tutti i presenti, soprattutto coloro che avevano partecipato alla Civil War, ma in particolare Steve e Tony, che si guardavano a vicenda per poi fissare Bucky e Sophie entrare sempre più in confidenza, merito del braccio impiantato da Shuri nella spalla del Soldato.
Grazie a Peter la conversazione riprese, e ben presto Bucky si trovò a giocare assieme a Nat con William e Sophie, che ridevano come matti di fronte alle facce buffe di Nat e i versi di Bucky.
“Grazie, Tony” mormorò Bucky, notando lo sguardo del moro seguire in ogni movimento tutto ciò che Thor e Sam facevano con i due piccoli, una volta che lui e la Vedova si erano allontanati.
Stark sorrise. “E’ tutto okay, Barnes, dico davvero. Sei guarito, e non fai più male a nessuno a meno che tu non voglia. Steve si fida di te, Nat anche. E io… Sì, anche io. E ti ho perdonato, quindi non avere paura di guardarmi in faccia, perché sei il futuro marito di uno dei miei più cari amici, siamo colleghi. E se vorrai potremo anche essere amici”
Bucky annuì, lusingato. “Non ti ho mai detto che mi dispiace”
Tony gli strinse la spalla sana. “Mettiamoci ufficialmente una pietra sopra, okay?”
Barnes annuì, stringendo la mano di Tony e sorridendo felice.
“Ma quei pazzi dei Guardiani che fine hanno fatto?” domandò Sharon “Mi stavano simpatici”
“Oh, sono in giro a riportare a casa gli ultimi dispersi dopo lo schiocco di dita” rispose Thor dopo aver fatto volteggiare William, che rideva a crepapelle “Torneranno verso Gennaio”
“Giusto in tempo per il nostro matrimonio! Arriveranno anche gli inviti, eh, però vi avvisiamo già in anticipo” esclamò Steve facendo passare un braccio attorno alle spalle di Bucky.
Gli Avengers (nuovi e vecchi) trascorsero insieme tutto il pomeriggio, e quando Pepper li raggiunse in sala tutti rivolsero a lei la loro attenzione.
E Tony, un po’ in disparte assieme a Strange, si trovò a sorridere alla vista di tanta tranquillità e serenità sui visi delle persone a cui teneva. Ma un ultimo dubbio, un’ultima domanda gli ronzava in testa da un bel po’ di tempo, e solo Stephen aveva il potere di mettergli l’anima in pace.
“Su Titano, prima di scomparire, mi avevi detto: “Non c’era altro modo”. Non c’era altro modo per cosa, Stephen?” chiese quindi l’inventore, riscuotendosi dal limbo in cui era inconsciamente messo per godersi tutta la gioia di quel momento.
Strange sorrise. “Non c’era altro modo per vincere e per far sì che la felicità potesse regnare nelle nostre vite. Era necessario perdere tutto, per poterne apprezzare appieno il valore e l’importanza”
“Tutti gli altri futuri?” incalzò Tony “Cosa mostravano?”
“Non importa” Stephen gli appoggiò una mano sulla spalla, stringendola appena “Carpe diem, Stark. Goditi il presente, non preoccuparti del futuro e non angustiarti per il passato. Vivi, Tony. Hai aspettato fin troppo tempo”.
 
 
 
Ha aspettato troppo tempo, Steve, che ora ride assieme a Bucky mentre le loro mani si stringono dolcemente.
Ha aspettato troppo tempo, Peter, per poter dire, per la prima volta, la parola “Papà”.
Ha aspettato troppo tempo, Natasha, che ora assieme a Bruce può finalmente essere sé stessa.
Ha aspettato troppo tempo, Thor, che ora assieme a Maria, Loki e Carol può ricostruire una famiglia.
Ha aspettato troppo tempo, Sam, che in Sharon ha trovato una compagna e in tutti gli altri gli amici che aveva sempre desiderato di avere.
Ha aspettato troppo tempo, Clint, che ora con la sua famiglia può finalmente vivere una vita normale.
Ha aspettato troppo tempo, Stephen, che ora, con una moglie e un figlio, finalmente si sente completo.
Ha aspettato troppo tempo Scott Lang, che ora finalmente può ricominciare da zero accanto a sua figlia e alla donna che ama.
Ha aspettato troppo tempo, Quill, che a bordo della Milano sta chiedendo a Gamora di sposarlo.
Ha aspettato troppo tempo, Drax, che a bordo della Milano ha trovato una famiglia in grado di accoglierlo e amarlo.
Ha aspettato troppo tempo, Mantis, che a bordo della Milano non si sente più un fenomeno da baraccone.
Ha aspettato troppo tempo, Nebula, che a bordo della Milano finalmente si sente benvoluta.
Ha aspettato troppo tempo, Rocket, che a bordo della Milano ha ritrovato la fiducia per la vita, oltre che un figlio da amare e da cui essere amato, Groot.
E sì.
Ha aspettato troppo, troppo tempo, Tony, per sorridere col cuore, per stringere a sé il ragazzo che gli ha dato il coraggio di reagire, la donna che ha sempre amato e la figlia che ha sempre desiderato.
Hanno aspettato tutti troppo, davvero troppo tempo, per essere felici.
Ora, è tempo di rimediare.
 
 
 
The End
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Sniff, qualche lacrimuccia è scesa anche a voi?
Siamo giunti alla fine, e ancora mi sembra incredibile esserci riuscita: è stata una vera e propria sfida, ma sono soddisfatta del risultato, e penso ne sia valsa la pena.
Spero che la storia vi sia piaciuta, e spero che continuerete a seguirmi, ho ancora un sacco di idee che mi frullano in testa, devo solo trovare il modo (e il tempo, dato che il mio primo anno da universitaria sta per iniziare) di scriverle!
Ma ora, basta parlare di me; è giunto il momento dei doverosi ringraziamenti, e questi vanno tutti, incondizionatamente e inesorabilmente, a voi.
Un grazie va in primis a tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, e anche se non ho avuto modo di conoscere molti/e di voi, ugualmente vi ringrazio dal profondo del mio cuore: Bradrich14, Ciski, Gleek97lovefinchel, Miss Marvel MJ, NecroMacro, Onorato898, Rachy_kuran22, Redmirrow, scforever, sony 97, sophmalfoy, Auroracastle, Erika Scat, lauratsukilidolme, nevermore72, Stella88_, thera, Altair312, Anonimadelirante, BlackSwan Hawthorne, Edward4ever96, Enzo98_, evarogers , Martina007, miss_Earthscale, queensan, Siria_sdentato, Titania.
Un grazie anche a coloro che molto gentilmente hanno recensito la storia: in primis BlackSwan Hawthorne e miss_Earthscale, a seguire sony97, queensan, Violet Girl e Ania_93.
Un grazie va anche a tutti i lettori silenziosi: anche le vostre visualizzazioni mi hanno spinta ad andare avanti (il primo capitolo ha superato le 1000 letture, wow!).
Che dire?  Spero di tornare presto, e grazie, grazie, e ancora grazie.
Un abbraccio,
 
_astronaut_

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