Brr... Elfi...

di _Phobos_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuti nel mondo di... oh mamma, una Kitsune! ***
Capitolo 2: *** Indovina chi Succ'ombe ***



Capitolo 1
*** Benvenuti nel mondo di... oh mamma, una Kitsune! ***


*Grazie per aver cliccato su questo capitolo iniziale!
Prima di farvi iniziare la lettura ci tengo a precisare che questa FF è dedicata solo alla route di Ezarel.
Come già anticipato, la trama rimarrà totalmente fedele a quella degli episodi e sarà riportata per ogni capitolo ma verranno principlamente riportati i miei pensieri in base ai contesti nei quali la protagonista si trova.
Vi lascio immergere nel mio mare di parole, buona lettura!*



Adoro fare brevi passeggiate mattutine nei dintorni della foresta. Non ho iniziato a fare quelle camminate per un motivo preciso, semplicemente sono sempre stata troppo pigra per fare altro e al tempo stesso ne approfitto per schiarirmi un po’ le idee.
Uscire di giorno mi fa stare maggiormente serena in quanto posso osservare e scrutare cosa il bosco nasconde al suo interno. L’idea di attraversarlo per non riuscire più ad uscirvi o, peggio, se per assurdo mi fossi imbattuta in qualche creatura mitologica sarei stramazzata al suolo nel giro di un paio di secondi.
Il periodo in cui mi trovavo era uno dei più significativi siccome ben presto avrei finito gli studi e avrei potuto dedicarmi pienamente al mondo del lavoro, gioivo al solo pensiero di avere una mia autonomia! Eppure l’idea di separarmi da molti amici mi faceva sentire male…
Sbuffai pensando che se i rapporti con loro si fossero rotti sarebbe stato per un valido motivo, o almeno così doveva essere.
La mia mente riuscì a liberarsi di quell’ipotesi grazie ad un insolito fenomeno che l’aveva catturata: posto in mezzo ad alcuni alberi, un singolare cerchio formato da oggetti bianchi era baciato dal Sole.
Non potei fare a meno di domandarmi chi avesse messo quegli affari lì per terra, a che scopo poi?
Mi sorpresi nel provare sentimenti così contrastanti: da un lato volevo spingermi oltre le mie paure ed osservare più da vicino il cerchio, dall’altro la mia prudenza stava gridando di proseguire
Andiamo, che mi può succedere?” pensai tentando di farmi coraggio.
Staccai il piede destro dal terreno ancora tentennante, prendendo un po’ più di sicurezza passo dopo passo. Per tutto il corto tragitto venni perennemente scossa da piccoli brividi di paura: quella foresta aveva un che di sinistro e non mi piaceva affatto. Non mi sarebbe mai piaciuta, ecco qual era la realtà.
Se spuntasse all’improvviso uno di quei… cosi?
Lanciai qualche occhiata scrutatrice tra i tronchi contorti degli antichi alberi. Rassicurata dal fatto che nulla si mosse, prestai più attenzione a quei strani sassi bianchi rimanendo ancora più sconcertata: erano funghi.
Perplessa mi chiesi cosa ci potesse fare un perfetto cerchio di funghi in una zona boscosa non molto importante come quella, giunsi alla conclusione che potesse essere stata una bravata ideata da qualche gruppo di ragazzini burloni.
E se invece li avessero messi in quella disposizione loro?” rabbrividii.
Mossi la testa scuotendola velocemente per dissipare in fretta quella idea: nel movimento goffo mi trovai a perdere leggermente l’equilibrio e finii, nel cercare un nuovo appoggio, per mettere un piede dentro la strana forma assunta dai funghi.
Rapidamente, un numero impressionante di lucciole si manifestò intorno a me svolazzando in una danza ipnotica. Pian piano le piccole luci che erano solite avere nel loro corpo si fecero sempre più intense fino a diventare fastidiosamente accecanti, coprendomi del tutto la visuale.
Scossi le braccia nel vano tentativo di cacciarle e , fortunatamente, non ci volle molto prima che queste mi lasciassero stare. Ben presto scoprii che, però, non ero più nei dintorni del bosco che tanto non sopportavo ma ero finita inspiegabilmente in una grande sala che non avevo mai visto.
Come ho fatto a finire qui?” pensai angosciata.
Girai su me stessa più volte in modo da studiare in modo più minuzioso l’ambiente che mi circondava: era una stanza circolare molto illuminata, il soffitto era decorato da graziosi movimenti geometrici tuttavia ciò che era davvero degno di nota lo avevo davanti.
Un grosso blocco formato da un cristallo dalla colorazione azzurra , avvolto da un’insolita luce azzurrina, mi lasciò con la bocca aperta.
Provai subito l’impulso di toccarlo, sarebbe stato un peccato non approfittare di quell’occasione. Sorrisi pensando alla tranquillità che mi aveva fatto provare quella pietra, normalmente non avrei abbassato i sensi di guardia, eppure qualcosa mi diceva che potevo fidarmi.
Allungai lentamente la mano pensando a quali altre sensazioni mi avrebbe fatto provare quell’oggetto inanimato, ignara di tutto ciò che la sorte aveva in serbo per me.



-Hey!- il grido si levò per tutta la stanza –Chi sei tu e come sei arrivata fin qui?- trillò preoccupata.
Ritrassi immediatamente la mano, sobbalzando spaesata.
Portai le braccia in alto, nemmeno fossi un ladro colto in un sostanzioso furto, e con molta lentezza mi voltai verso la donna che era appena entrata nella sala.
Gli occhi mi si illuminarono appena vidi la sua coda folta e meravigliosa dal colore blu notte con delicati riflessi blu, come le orecchie, e giudicando il modo il cui si muoveva non c’erano dubbi sul fatto che mi trovavo davanti ad una creatura della mitologia giapponese.
-Ti ho fatto una domanda, rispondi! Ti mandano i Templari, per caso? O i massoni?- chiese con un tono aggressivo.
Mi ricomposi in fretta, ancora meravigliata dalla vista dell’essere del quale avevo tanto letto sui libri. Tentai di far scemare il sorriso che si era come bloccato sulla mia bocca senza successo siccome alla ragazza-volpe non sfuggì ed un’espressione minacciosa, in risposta al mio comportamento, non tardò ad arrivare.
-Non so di cosa stai parlando, ma sei una Kitsune non è vero?- la adulai.
La sua faccia si contorse in una smorfia di disapprovazione e, non riuscii a spiegarmi come, dalla lanterna che teneva ben salda in mano, fece fuoriuscire una potente fiammata dal color ghiaccio. Sorprendentemente non rimasi scioccata, piuttosto meravigliata da quello che la ragazza-volpe sapeva fare.
-Rispondi!- tuonò nervosa.
Tornai alla realtà, smettendo di fantasticare su quali altre capacità avesse, sbrigandomi a rispondere alla sua insistente richiesta. Indubbiamente ammiravo quella creatura però non ci tenevo ad avere ustioni sul corpo.
-C’era un cerchio di funghi nella foresta, per sbaglio ho messo un piede dentro e…-
Un rumore bloccò la fine del mio racconto.
Entrambe ci trovammo a sussultare non capendo cosa potesse aver causato il tonfo e da che parte il botto provenisse.
-Ora che altro sta succedendo?- chiese spazientita.
Alzai le spalle in quanto non sapevo che risposta darle, speranzosa di vedere un altro dei suoi poteri in azione per individuare seduta stante il problema.
Sospirò affranta e…
-Jamon! Conosci la procedura, io vado a vedere da cosa è stato causato quel rumore- cinguettò stizzita.
Inclinai leggermente la testa non riuscendo a capire con chi ce l’avesse e soprattutto di quale procedura stesse parlando, ma ben presto i miei occhi iniziarono nuovamente a luccicare per la vista di un’altra creatura: Jamon, colui che la giovane aveva appena tirato in causa.
-Di che procedura parli?- provai a chiedere un po’ intimorita dalla stazza della creatura appena palesata.
La Kitsune mi ignorò completamente, preferendo muoversi ad uscire dalla stanza per andare chissà dove: restai sola con quello che aveva l’aspetto di essere un orco.
Senza dirmi niente mi agguantò il braccio ed iniziò, non molto galantemente, a trascinarmi verso la direzione dalla quale si era volatilizzata la donna. Non opposi alcuna resistenza siccome ero divertita dalla situazione in cui ero capitata.
Fin da bambina sognavo di poter incontrare fate, sirene, orchi, insomma tutti questi personaggi!
Eccetto… loro.
Scossi la testa e cercai di pensare ad altro, concentrandomi sul buffo ciuffo rosso in testa a Jamon che dava un tocco vivace al suo colorito marrone.
-Di un po’- provai ad instaurare un dialogo –Per caso ci sono più razze di orchi? Non ricordo che Shrek avesse il viso simile al tuo- conclusi.
Mi guardò di sbieco lanciandomi un’occhiata interrogativa, probabilmente non aveva capito a chi mi riferissi e il suo grugnito di disapprovazione me lo fece capire chiaro e tondo.
 
Continuammo a camminare per diverse altre stanze fino ad arrivare in una dall’apparenza più tetra che conduceva, purtroppo, a delle scale dall’aspetto poco rassicurante. Erano immerse in un ambiente più scuro rispetto ai precedenti, prive di finestre che avrebbero potuto illuminare i gradini ripidi.
Non feci storie nello scendere la scalinata infernale per il semplice timore che mi potesse far rotolare giù, non curandosi affatto della mia salute.
-Dove stiamo andando?- chiesi preoccupata.
Un grugnito riecheggiò nella sua gola e di nuovo Jamon non si degnò di rivolgermi la parola, troppo preso dal portare a termine la famosa procedura che la ragazza-volpe aveva dettato.
Sperai con tutto il cuore di arrivare il prima possibile alla fine di quelle scale tremende: le mie gambe iniziarono a reclamare il troppo moto alle quali erano costrette, non essendo abituate.
Mi lasciai andare in un sospiro di sollievo quando, finalmente, toccai di nuovo il terreno ma ben preso il sollievo lasciò posto all’inquietudine.
Senza darmi il tempo di osservare bene il nuovo scenario in cui mi aveva condotta, l’orco mi spintonò in una cella ammonendomi di non muovermi come se, quel piccolo gabbiotto, mi lasciasse ampie possibilità di movimento.
-Miiko dire tu no muovere!- ordinò cercando di assumere la stessa aria minacciosa della donna.
Un sorriso divertito mi scappò dalla bocca vista l’espressione poco convincente della mastodontica creatura e, forse indispettito dalla mia reazione, mi voltò le spalle recandosi verso la scalinata a chiocciola pronto a risalire nelle stanze più confortevoli.
Appena realizzai di trovarmi completamente sola in un luogo nel quale non riuscivo bene a riconoscere cosa ci fosse effettivamente, il panico mi pervase.
-Non è leale! Non puoi lasciarmi qui da sola! Hey!- urlai facendo quanto più baccano possibile.
Non attirai di certo la sua di attenzione, ma catturai quella di una creatura dai lineamenti distorti che emerse dall’acqua verdognola dello stagno situato non molto lontano dalla gabbia nella quale mi trovavo.
Balzai indietro, spaventata dalla sola idea dell’aspetto che poteva avere l’essere che mi fissava con un ghigno malvagio quasi volesse mettermi in guardia sulla sorte alla quale sarei andata incontro.
Inaspettatamente quella cosa si rituffò nell’acqua stagnate. Mi ritrovai a ringraziare tutte le divinità di cui ricordavo il nome per avermi risparmiata, ma inizia sul serio a chiedermi quanto tempo sarei durata lì dentro. Sarebbero stati così clementi da portarmi del cibo o anche solo di assicurarsi che stessi bene?
Stanca di tutto quello che mi era capitato mi appoggiai con le spalle alle fredde sbarre che mi circondavano, lasciandomi cadere sul suolo con il sedere: tanto valeva riposarsi un po’ invece di sprecare energie inutilmente.
Quel posto non mi piaceva proprio, era addirittura peggio della foresta che mi trasse in inganno, ma avevo ancora un briciolo di speranza e mi aggrappai a quella per ritrovare positività: avevo visto dal vivo una Kitsune ed un orco, perché mai non sarebbe dovuta spuntare dal nulla una Fata Madrina che mi avrebbe tratta in salvo?
Speriamo sia una fata e un elfo terrificante…” mi trovai a pensare in un attimo.

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Capitolo 2
*** Indovina chi Succ'ombe ***


Feci un enorme sforzo per trattenere un potente starnuto che, se fosse esploso, avrebbe reso vani i miei sforzi nel preparare un impasto commestibile per… quell’idiota di un elfo.
Avevo rinunciato alle mie razioni di cibo per qualche giorno ed ora mi ritrovavo con un fame incredibile, alla quale doveva essere sommata la mia insolita capacità culinaria.
-Andiamo che mi prende? Tra l’altro ho sempre avuto paura degli elfi!- sbottai.
Osservai quel triste preparato emettendo un sonoro sbuffo.
Mi sarei dovuta fare una doccia al più presto considerando che mi ero completamente ricoperta di farina. Stavo iniziando a chiedermi se davvero fossi riuscita a ripulirmi in tempo per presentarmi in modo decente ad Ezarel.
Smisi di badare ai minuti che stavo sprecando riuscendo, in compenso, ad ultimare il dolce e ad inserirlo nel forno posto in mensa.
Impiegai diverso tempo a decidere se formare un cuore con la pasta oppure no. Preferii mandare al diavolo tutti i dubbi che mi avevano assalita dandole quella forma romantica: sapevo benissimo che mi avrebbe presa in giro qualunque scelta avessi preso.
Aprii il forno inserendo l’impasto ripieno di scaglie di cioccolato che, se fosse andato tutto per il verso giusto, si sarebbero sciolte rendendolo ancora più appetibile di quanto non dovesse essere.
Mi lasciai cadere pesantemente sulla sedia, soddisfatta di aver finalmente terminato l’agognato dolce. Gli sarebbe piaciuto?
L’avrei saputo tra qualche ora la massimo.
 
A disturbare il mio momento di riposo fu l’aggressiva imprecazione lanciata dalla tranquilla Eweleïn. Mi alzai dalla seggiola sbuffando: la curiosità era troppa per restarsene lì a bighellonare, anche se in cuor mio speravo si trattasse di una questione da poco conto.
Un bel pisolino nella mia camera personalizzata, con gusto devo dire, da Ezarel me lo sarei fatta volentieri!
Trascinando i piedi giunsi all’Albero di Ciliegio che, forse stupito, era spettatore di uno scenario da far accapponare la pelle per qualche istante.
La crocerossina del Quartier Generale se ne stava in disparte ad osservare una creatura dalle corna caprine, coda ed ali scure da dragone ed un terrificante sguardo demoniaco.
-È una Succube!- esclamai stupida.
Possibile che esistessero anche queste creature mitologiche ad Eldarya e possibile che potessero andare a zonzo senza nessuna restrizione? Dai libri che avevo letto appresi che non erano esseri docili e collaborativi, anzi…
Con ripugno osservai che stava parlando mielosamente con Nevra, Valkyon e… Ezarel. Ero sorpresa e disgustata dal loro comportamento: restavano lì imbambolati a lasciarsi incantare dalle zuccherose attenzioni che la creatura stava dando loro.
Che stava succedendo a quei tre?
-Ez’ che stai facendo…?- la frase mi morì in gola mentre mi avvicinavo.
Non era lui. Non poteva essere lui.
Un sorrisetto da ebete si era impadronito della sua solita espressione un po’ burlona e un po’ investigativa, per non parlare di quell’insolita nuvoletta rosa che lo circondava.
Solo in quel momento mi resi conto di aver puntati su di me gli occhi rabbiosi dell’essere proveniente da chissà quale mondo.
-Chi sei Succube? Lascia in pace i miei amici!- attaccai accigliata.
Ricevetti all’istante un’occhiata superba con annessa una smorfia sfottente che mi fecero tentennare per un attimo.
Era chiaro che l’elfo era sotto il controllo dell’arpia e l’ultima cosa che avrei voluto sarebbe stato finire come lui. Come avrei potuto aiutarlo se fossi stata nelle sue stesse condizioni?
 
-Sono la grande e potente Akire!- tuonò allargando le braccia.
Indietreggiai di un passo, intimorita dalla lunga lingua biforcuta che le sgusciò fuori dalla bocca tra una parola e l’altra.
-C-Che cosa hai intenzione di fare con loro?- balbettai insicura.
Mi intimò brutalmente di non metterle il bastone tra le ruote, per poi spintonarmi a terra in segno di trionfo.



Accarezzò un’ultima volta il viso dei tre giovani prima di spiccare il volo per andare chissà dove ed a studiare chissà quale subdola strategia.
-Si può sapere da dove è uscita fuori?- trillai lasciandomi andare.
Avevo ancora lo sguardo rivolto all’insù quando avvertii una forte presa al braccio. Mi voltai in modo aggressivo, pronta ad affrontare la nuova minaccia che mi aveva agguantata sbollendo subito nel riconoscere il volto preoccupato di Eweleïn.
-Phobos quella è una…-
Non le feci finire la frase.
Sapevo con assoluta certezza cosa fosse quella creatura e, al tempo stesso, ero perplessa riguardo al fatto che nessuno mi avesse mai parlato di tutti gli esseri pericolosi che si potevano annidare ad Eldarya.
-So chi è e non c’è tempo da perdere- borbottai –Dobbiamo risvegliarli dal suo incantesimo, io mi occupo di Ezarel!- annunciai frettolosamente.
Ero consapevole della cotta che la ragazza aveva per il giovane elfo, ma per una volta ascoltai solamente i miei sentimenti: mi stavano egoisticamente spingendo a prendermi cura del ragazzo.
 
Corsi il più velocemente possibile verso di lui, non osai toccarlo né tanto meno girarlo verso di me per paura che potesse dargli più fastidio del previsto.
-Vieni via da qui Ez’, hai bisogno di aiuto- affermai con tono deciso.
Si voltò di scatto verso di me e, con timore crescente, potei riconoscere in lui lo stesso identico sguardo iracondo dell’essere malvagio.
-Come osi contrastare i piani della mia compagna?- ruggì.
Sgranai gli occhi non sicura di aver appreso tutte le parole di quella semplice frase.
-Che idiozie stai dicendo? Nemmeno la conosci, non è lei la tua ragazza!- mi lascia trasportare dalla gelosia.
Non ero in me, non mi sarei permessa di urlargli in faccia in quel modo. Eppure qualcosa, forse nel suo sguardo, mutò leggermente.
-Certo che sì. Vattene prima che io rivendichi l’offesa che hai commesso nei confronti della mia… promessa-
Il tono con cui parlò era più calmo, confuso, tant’è che si portò una mano alla testa per poi lanciarmi un’occhiata supplichevole.
 
Quel barlume del suo vero essere fu subito messo a tacere da quella dannata nuvola rosa, tornata a palesarsi più violentemente di prima.
Smisi di contenermi: se essere più rudi sarebbe servito a qualcosa avrei continuato ad esserlo.
Lo strattonai per un braccio attirandolo più vicino a me.
-Ezarel riprenditi!- alzai di poco la voce.
Mi allontanò bruscamente, scrollandosi energicamente dalla mia presa.
-Lasciami in pace!- ringhiò malevolo.
Di arrendersi non se ne parlava minimamente. Rispettai il suo volere, sempre ammesso che lo fosse, evitando di stargli troppo vicino ma continuando a parlargli.
Era davvero l’unico modo per tenerlo costantemente concentrato, lontano dal volere di quella diavolo di Succube.
-Almeno ascoltami, ti prego…-
Riuscii di nuovo ad intravedere il suo vero Io nello sguardo ed era una cosa assolutamente positiva: stava combattendo il volere dell’animalaccio uscito male.
-Phobos… Cosa stai…?- balbettò non sapendo cosa dire.
Avrei voluto stringerlo per un momento tra le mie braccia, rassicurarlo dicendogli che sarebbe andato tutto bene, che io e gli eravamo pronti a sottrarlo dall’infame incantesimo quando piombò di nuovo Akire.
 
Un urlo richiamò la mia attenzione: Kabuto mi stava cercando ed era anche abbastanza infervorato.
A malincuore mi separai dall’elfo. Mi stupii di non provare poi chissà quale ripudio nei suoi confronti. Forse la mia reazione alla sua vista è stata fin da subito esagerata…
Il fauno mi destò completamente dai miei pensieri, aggredendomi con una tagliente pioggia di parole contenenti diversi “Se non ci fossi stato io che avresti fatto?”, “Ecco come siete voi giovani!” e commenti simili.
Solo quando vidi la mia torta tra le sue mani capii il perché di quella strigliata: mi ero completamente scordata di andarla a controllare, rischiando di farla bruciarla.
Non potei fare a meno di ringraziarlo più volte: non aveva solo evitato che mandassi all’aria il mio stesso lavoro, ma anche di dover sacrificare altre porzioni di cibo per fare una nuova torta al giovane dell’ego smisurato.
Mi divincolai velocemente siccome avevo premura di controllare che la Succube non giocasse di nuovo sporco. Ma la torta?
Gli occhi mi si illuminarono quando scorsi la figura di Chrome aggirarsi per la hall del Q.G.
-Hey piccolo, me la reggeresti un attimo?- gli mollai non molto gentilmente la torta –Grazie mille, ti devo un favore!-
 
Non gli diedi nemmeno il tempo di protestare o di farmi qualche domanda, semplicemente scappai verso l’Albero di Ciliegio dove avevo lasciato Ezarel.
Lo trovai peggiorato in quei dieci minuti di assenza… Camminava come uno zombie, anzi, sembrava esserlo diventato in tutto e per tutto.
Provai una stretta la cuore: perché tutto questo stava accadendo proprio oggi?
Sospirai avvicinandomi senza compiere movimenti bruschi, mi misi davanti a lui piantando il mio sguardo nel suo, totalmente assente.
Gli presi il suo pallido volto tra le mani, dolcemente, triste per quello che stava passando.
-Ezarel guardami- sorrisi.
Sorprendentemente ricevetti una reazione da parte sua: di nuovo gli occhi, prima rosati, tornarono a mostrare orgogliosi il colore verde smeraldo. Il viso si tinse leggermente di rosso e tentò di spostarsi, senza però fare troppe storie.
-Che cos’è che… Phobos…-
-Bravissimo! Ti prego continua a parlarmi, dimmi qualsiasi cosa!- lo incentivai felice.
Un’espressione stanca si impadronì del suo vito, facendolo incupire.
-Io non riesco più a controllarmi… ti prego sparisci-
Mi guardò un’ultima volta, prima di allontanarsi da solo. Rimasi sconvolta nel vedere, incastrate nei suoi occhi vivaci, abbozzi di lacrime.
Non avrei mai pensato di vederlo piangere.
 
Avvertii un tonfo poco dietro di me. Mi voltai non capendo da cosa potesse venire.
Il sangue mi si gelò nelle vene: Ezarel era steso per terra.
-Dio mio Ez’!- mormorai.
Mi chinai verso di lui per sorreggergli la testa. Con tutti gli abitanti di Eel perché doveva prendersela proprio con lui?
-Phobos sei tu?- chiese aprendo di poco gli occhi –Questa Succube mi ha costretto… aiutami ti prego, cosa mi succede?- chiese desideroso di spiegazioni.
Arrossii immediatamente.
Ero consapevole che spesso questi esseri erano soliti avere rapporti con le loro vittime, Ezarel mi stava forse dicendo che Akire lo aveva costretto a…
-Eccolo è lui!-
Un ragazzo con un occhio nero si avvicinò aggressivamente a noi assieme ad altri due individui. Non ci volle molto a capire che, evidentemente, l’elfo si era scagliato su di lui senza nessun buon motivo e ora la vittima voleva la sua rivincita.
“Si riferiva a questo” mi ritrovai a pensare sollevata.
Ci misi un po’ a fargli capire che il capo della Guardia d’Assenzio non era in lui, per fortuna tutto si concluse nel verso giusto.
Non per quel ragazzo almeno…
-Diamine, è merito suo vero?-
Mi guardò sconvolto: era stanco della situazione in cui versava. Quelle poche ore sotto l’effetto dell’arpia l’avevano reso uno straccio.
-Phobos… io… io non riesco più a controllarmi, io… la sua voce! Lei…-
Gli accarezzai amorevolmente il volto.
-Ez’ sono qui, concentrati sulla mia di voce- parlai lentamente.
Distolse lo sguardo, ammettendo a se stesso di non farcela.
-Non ci riesco-
-Andiamo! Devi reagire, dov’è finito il tuo lato rompipalle?- sbottai.
Stava per replicare quando un piccolo lupetto indignato ci si parò davanti. Il broncio che aveva mi fece ridere e dimenticare, per un attimo, che Ezarel aveva bisogno di aiuto.
Anche lui mi sgridò dicendomi che sarebbe stato ufficialmente l’ultimo favore che mi avrebbe mai fatto.
Prima di andarsene posò poco garbatamente la torta sul grembo dell’elfo che, per tutto il tempo, rimase a guardarci sbalordito dall’atteggiamento troppo permaloso di Chrome.
-Non l’avrai avvelenata spero!- stuzzicò.
 
Si mise seduto non staccando gli occhi dalla profumata pietanza.
Solo in quel momento il mio cuore si riempì di gioia: la fastidiosa nuvoletta rosata lo aveva abbandonato.
Per essere sicura al cento per cento che l’incantesimo della Succube si fosse dissolto definitivamente osai ancora, prendendogli di nuovo il volto tra le mani in modo da sprofondare nei suoi occhi… deliziosamente smeraldini.
-A saperlo prima te l’avrei fatta vedere subito la torta!- trillai separandomi da lui –Razza di cretino, mi hai fatto prendere un bello spavento-
Sbuffando mi stesi sul morbido prato, seguita a ruota dal bel giovane intento a cibarsi del mio dolcetto. Gli scappò un mormorio di apprezzamento, forse stupito della mia bravura in ambito culinario.
Lasciò stare un attimo il piatto con la torta per fissarmi in modo più serio e pronto a darmi delle spiegazioni.
-L’ho mangiata solo perché non ho ancora messo niente sotto i denti- esibì un sorriso sornione –Phobos… Non capisco cosa mi sia successo, ma tenevo a dirti che-
 
Un urlo disumano interruppe la frase di Ezarel.
Imprecai mentalmente nel riconoscere la gracchiante voce della Succube che, non contenta del fallimento del suo piano, decise di prendersela con un’altra vittima: Ashkore.
Rimanemmo stupiti di vederlo lì, nessuno di noi aveva avvertito la sua presenza. A giudicare dalla spada sguainata, era arrivato in nostro soccorso senza valutare come opzione di finire ostaggio di quell’essere.
Non a caso, infatti, lasciò crollare la sua arma ai piedi della donna demoniaca diventando un suo completo burattino.
-Oh mia dolce Akire, la mia arma è tua! Ti proteggerò a rischio della mia stessa vita!- annunciò valoroso.
Balzai in piedi sbuffando. Non si poteva certo dire che provassi simpatia o anche solo empatia per quell’individuo visto che nemmeno lo conoscevo, ma era giusto aiutarlo.
Mi chiesi se pure con lui sarebbe servito il dialogo o se fosse stato necessario donargli qualcosa, qualche cioccolatino per celebrare la festività odierna, ma qualcuno mi bloccò.
 
Assecondai il movimento girandomi e trovando l’elfo dai capelli azzurri visibilmente imbarazzato.
Una mano era nascosta dietro la nuca, mentre l’altra la utilizzò per prendere una polverina rossastra in mano.
-Non preoccuparti per lui, ci stanno pensando Miiko e gli altri- mi fece giustamente notare –Phobos ascolta…-
Impiegò qualche minuto per trovare il coraggio di continuare, mentre pazientemente aspettavo uscire dalla sua bocca qualsiasi parola.
Come mi ero ridotta a pendere dalle sue labbra in quel modo?
-C’è una cosa che avrei voluto darti questa mattina, ma credo che il momento più opportuno sia adesso-
Mormorò una sorta di formula magica e, con sorpresa, la polverina iniziò o schioppettare dando vita a un meraviglio Familio dalle fattezze volpine, adagiato su un’elegante rosa di un rosso passione acceso.
-Mio Dio Ez’- sussurrai.
Mi venne spontaneo coprirmi la bocca con la mano dallo stupore: era uno dei Famili più belli che avessi mai visto.



-Avete lo stesso caratterino, divertiti- disse canzonandomi.
Stavo quasi per cantargliene quattro quando, cogliendomi totalmente di sorpresa, mi donò il regalo più bello che potessi mai chiedergli: mi strinse forte al suo petto, non lasciandomi vie di fuga.
-La prossima volta che vedi una Succube vattene, non giocare a fare l’eroina- mi ammonì.
Era semplicemente il suo modo di dire “grazie” e lo accettai di buon grado.
Ne approfittai per ricambiare l’abbraccio, sperando che non decidesse subito di scioglierlo…
San Valentino era un giorno che detestavo abbastanza, sopportavo poco le coppie che si scambiano smancerie, eppure ora capivo quando contasse anche solo una frase premurosa.
-Buon San Valentino Ezarel-
-Buon San Valen… Ma cosa…?-
Prima che potesse finire la frase, l’animaletto decise bene di arrampicarsi su di lui mettendosi esattamente tra di noi. Mi fissò un po’ accigliato, quasi come fossi una sua rivale.
-Deve essere gelosa di te!- scoppiò a ridere il giovane.
 
Come avrei potuto mai scordarmi quella bizzarra giornata?

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