Tobia e l'arcangelo Raphael

di Ciuffettina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «Ma perché io?» ***
Capitolo 2: *** «Non c’è niente di divertente!» ***
Capitolo 3: *** «Finalmente si parte!» ***
Capitolo 4: *** «Quella bestia mi odia!» ***
Capitolo 5: *** «Voglio sposare Sara!» ***
Capitolo 6: *** «Ma che cosa vuoi che sia?» ***



Capitolo 1
*** «Ma perché io?» ***


«Ma perché io? Perché non mandi Gabriel?» La voce, leggermente isterica, di Raphael si sentiva anche fuori dall’ufficio di Metatron. «Ha più dimestichezza con gli umani, io non scendo sulla terra da quando i fratelli di Giuseppe l’hanno buttato in un pozzo.»
Metatron lo fissò da dietro la scrivania. «Rispondi a questa semplice domanda: che cosa significa il tuo nome?»
«Dio guarisce» sospirò l’arcangelo.
«Esatto, pertanto vista la natura della missione chi meglio di te?»
«E che fine ha fatto la regola “un angelo, una missione”?»
«Questa è un’unica missione: aiutare Tobia.»
«A me sembrano di più: guarigione, esorcismo…»
«Non. Mi. Contraddire» scandì lo scriba. «Ti è tutto chiaro?»
Raphael consultò gli appunti che si era fatto. «Sì: guarire Tobi dalla cecità, accompa…»
«No, no, no! Mi ascolti quando parlo? La guarigione di Tobi è l’ultimo punto!»
«Perché?» chiese Raphael, perplesso.
«Perché se Tobi riacquista subito la vista, parte lui o non parte per niente, Tobia resta a casa e l’intera operazione salta. Puoi andare ora.»
Raphael uscì dall’ufficio, riguardando gli appunti e facendosi una scaletta:
 
  1. Accompagnare Tobia a recuperare i soldi
  2. Portarlo dove abita Sara
  3. Annientare il demone
  4. Far sposare Tobia e Sara
  5. Guarire Tobi (ultimo punto!)

Stava ancora riflettendo sulla missione, quando incrociò la serafina Haniel(1): «Raphael, ho sentito che ti è stata affidata una missione importante.»
«E come l’hai saputo? È successo soltanto adesso.»
«Diciamo che non sono sorda, allora che cosa devi fare?»
«Devo accompagnare Tobia, figlio di Tobi, a recuperare del denaro da Gabael in Rage di Media, poi gli faccio fare una deviazione fino al suo parente Raguel, distruggo il demone che tormenta sua figlia Sara, la faccio sposare a Tobia, li riporto a casa e guarisco Tobi dalla cecità.»
Haniel si passò una mano fra i capelli rossi e replicò: «Dammi retta, se vuoi che i ragazzi si sposino e siano felici, dev’essere Tobia a scacciare il demone.»
«Dubito che sia in grado di farlo e poi che differenza fa?»
«In questo modo il tuo protetto acquisterà merito sia con la futura sposa sia con i suoi genitori e dalla gratitudine può sbocciare l’amore. Ti ricordi Davide? Gli abbiamo fornito l’aiuto necessario per sconfiggere Golia ma poi abbiamo lasciato che fosse lui a vibrare il colpo fatale.»
«Non per contraddirti ma vorrei ricordarti che è stato Cervill(2) a conficcare la pietra che aveva lanciato Davide nella fronte del gigante, il ragazzo aveva completamente sbagliato mira.»
«È proprio quello che intendevo: nessuno l’ha mai saputo e Davide è diventato un eroe per il suo popolo e poi re. Se avessero saputo la verità, avrebbero detto che sì, Davide era coraggioso ma che se non ci fosse stato l’intervento divino adesso sarebbero ancora sotto il giogo dei Filistei e magari avrebbero nominato un altro re. Potresti esorcizzare tu il demone ma fare in modo che sembri sia stato Tobia. Pensaci!» e si allontanò.
Probabilmente avrebbe dovuto redarguirla di non immischiarsi nelle missioni altrui, specialmente nelle sue, ma il consiglio aveva una sua validità. Il problema era che lui era bravo a pianificare ma se voleva darle retta, avrebbe dovuto improvvisare e non poco.

 
*****

Racconto ispirato a “Il libro di Tobia”
1) Secondo l’angelologia, arcangelo minore che presiede l’amore e che nella mia head canon ho deciso d’identificare con Anna Milton.
2) Facente parte dei Principati, si dice abbia aiutato Davide a combattere contro Golia.

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Capitolo 2
*** «Non c’è niente di divertente!» ***


Se si parlava d’improvvisare, l’unico che poteva dargli qualche consiglio era Gabriel, insomma dopo secoli ancora si chiedevano come fosse riuscito a infilare della pece nel fodero della spada di Michael, visto che l’arcistratega l’aveva perennemente al suo fianco…
Bussò alla sua porta, sperando che non fosse sulla Terra in missione o a ingozzarsi come un umano.
«Avanti!» rispose una voce all’interno.
«Gabriel, devi aiutarmi» esordì, mettendo la testa dentro.
«Entra pure, Raphi, vuoi assaggiare? Si chiamano focaccine al miele e sono un’autentica delizia» gli disse, allungandogli una cosa schiacciata e giallina. Ecco, appunto.
«Gli angeli non hanno bisogno di mangiare» gli ricordò, guardandolo male, e gli spiegò in breve in che cosa consistesse la missione che gli aveva affidato Metatron e il suggerimento di Haniel.
«E che fine ha fatto la regola: un angelo, una missione?» chiese Gabriel, leccandosi le dita.
«Metatron sostiene che questa è un’unica missione, comunque ho preso degli appunti.»
«La verità è che s’è reso conto che gli incarichi spesso sono più complicati del previsto ma piuttosto che ammettere che ha torto, si farebbe strappare un’ala, in più da quando nostro Padre gli ha permesso, unico fra tutte le schiere celesti, di potersi sedere al Suo cospetto, credo che si sia montato la testa. Ricordi la faccia che ha fatto Michael? Lui, che è stato creato per primo, in piedi e Metatron che è stato creato per… boh, chi se lo ricorda più, dopo di noi senz’altro, bello e spaparanzato sullo scranno…» ridacchiò. «Dai, fammi vedere gli appunti…» Balzò sul letto a pancia sotto e i piedi per aria, studiando la pergamena.
Gli angeli non dormono ma Gabriel sosteneva che il letto gli serviva per far riposare le ali dopo le missioni.
«Più che enochiano sembrano zampe di gallina… Tobiel il nonno, Tobi il padre, Tobia il figlio… han proprio fantasia per i nomi… No, scusa ho decifrato male io o sul serio Tobi è diventato cieco perché degli uccelli gli hanno… gli hanno…» Cercò di trattenersi, coprendosi la bocca con una mano ma poi scoppiò a ridere.
«Gabriel! Quell’uomo si era addormentato sotto il muro del cortile, ignorando che sopra di lui stavano dei passeri. Non c’è niente di divertente!»
«Scu… scusa, hai ragione» rispose Gabriel, asciugandosi gli occhi con una mano, «ma ammetterai che come incidente è talmente… bizzarro.»
Raphael sospirò, guardando in alto, forse aveva commesso un errore a chiedergli aiuto, suo fratello non riusciva a prendere niente sul serio.
«Asmodeus? Sei sicuro?» chiese Gabriel, con tono insolitamente grave, mentre leggeva ancora gli appunti. «Questo rende il tutto ancora più difficile.»
«Ma perché? Quello è un demone minore ed io sono un arcangelo!» replicò Raphael, spalancando le ali color smeraldo con le punte turchesi.
«Perché dovrai… improvvisare!» rispose Gabriel, scoppiando di nuovo a ridere.
«Grazie tante! Perché pensi che sia qui a chiederti un consiglio?» esclamò Raphael, seccato.
«Guarda che l’arte dell’improvvisazione non si può insegnare… è come avere sei ali.» Lanciò un’occhiata compiaciuta alle sue. «Per quanto possa spiegare ai miei sottoposti quanto sia bello averne sei, non gliene spunteranno altre quattro… a meno che nostro Padre non li promuova.»
«Sapevo che venendo qua avrei solo perso tempo» replicò Raphael stizzito e si girò per andarsene.
«Aspetta, aspetta! Fammi pensare un attimo…» Gabriel si sedette e si pose un indice sulle labbra, guardando in alto. «Ci sono!» esclamò dopo qualche minuto e saltando giù dal letto. «Puoi sfruttare le superstizioni umane, ce ne sarà qualcuna sui demoni che potresti utilizzare.» Andò verso uno scaffale pieno di pergamene. «To’, studiatela» disse, lanciandogliene una.
Raphael la prese al volo, schifato, quelle nozioni erano da idolatri! «E tu leggi queste blasfemie?»
«Per forza! Sono sulla Terra un giorno sì e l’altro pure per annunciazioni, messaggi, profezie… e devo sapere che cosa pensano gli umani… Hai intenzione di recuperare prima i soldi?»
«Beh, sì… ma che differenza fa?» Ma perché tutti dovevano mettere becco nella sua missione?
«Assolutamente no, Sara deve avere la priorità poiché sta pensando seriamente al suicidio, capirai con Asmodeus che le ammazza tutti i mariti… Le ho affiancato Geniel(1) affinché la tenga d’occhio. Un ultimo consiglio: non dire che sei un angelo, casomai solo a Tobia a missione conclusa.»
«A questo c’ero arrivato anch’io, grazie tante.» Uscì dalla stanza.
«Raphael, le aliii!!!»
«Che cos’hanno che non va?» chiese Raphael, rimettendo la testa dentro.
«Stavolta rendile invisibili!(2)»

*****

Questo capitolo spiega perché abbia messo l’OCC, in quanto non ce lo vedo Raphael a chiedere consigli a chichessia.
1) Secondo l’angelologia collabora con l’arcangelo Gabriel ed è portatore di un avvenire migliore.
2) Allusione a quanto è successo in “Sodoma nonché Gomorra”

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Capitolo 3
*** «Finalmente si parte!» ***


Raphael si trovava fuori dalla casa di Tobi e ogni tanto appoggiava l’orecchio alla porta. “Ma non ha ancora finito di dar consigli al figlio?

Quella notte, tramite un sogno, gli aveva fatto tornare in mente che il cugino Gabael gli doveva dei soldi e che era venuto il momento di riscuotere.
Il giorno prima aveva studiato la pergamena che gli aveva prestato Gabriel, prendendo appunti e trattenendosi a stento dall’incendiare quel cumulo di sciocchezze: da interiora di pesce da bruciare a specchi da non spaccare, da ciotole da tenere rovesciate a sale da non rovesciare sembrava che l’idiozia umana non avesse limiti!
Spero solo d’incappare in un sistema per eliminare Asmodeus senza farmi scoprire. Forse la cosa più saggia sarebbe lasciar perdere il suggerimento di Haniel.
Alla fine aveva deciso: se non avesse avuto ispirazioni, l’avrebbe eliminato davanti a tutti.

Riappoggiò l’orecchio alla porta: “Ma ha intenzione o no di dirgli dei soldi?
Sembrava che Tobi, in più di 16 anni, non avesse mai insegnato al figlio come dovesse comportarsi un buon devoto e che stesse rimediando in quel momento: «Poni attenzione, in quanto fai e sii sempre beneducato…»
Che cosa doveva fare? Restare visibile o no? Se restava visibile, qualcuno avrebbe potuto vederlo origliare, se si rendeva invisibile, c’era il rischio che Tobia uscisse di casa prima che riuscisse a ricomparire in tempo ma dal tono lento e monotono del padre sembrò che quelle raccomandazioni sarebbero durate ancora un bel po’, perciò si rese invisibile.
Raphael sentì che gli occhi gli si stavano chiudendo. “Ma è assurdo! Gli angeli non dormono!” pensò, scrollando la testa. “Un quarto d’ora sulla terra e già son soggetto a cose umane. Non c’è da stupirsi se Gabriel è così strano.
Finalmente sentì: «Devi sapere che 20 anni fa ho depositato 10 talenti d’argento presso mio cugino Gabael figlio di Gabri, a Rage di Media. Non temere se siamo diventati poveri. Avrai una grande ricchezza se avrai il timor di Dio e rifuggirai da ogni peccato.»
Tobia rispose: «Farò quanto mi hai comandato, padre. Ma come potrò riprendere la somma, poiché lui non conosce me, né io conosco lui? Che segno posso dargli, perché mi creda e mi consegni il denaro? Inoltre non sono pratico delle strade della Media per andarvi.»
Rispose Tobi: «Mi ha dato un documento scritto e anch’io gliene ho consegnato uno; li divisi in due e ne prendemmo ciascuno una parte. Cerca un uomo di fiducia che ti faccia da guida. Lo pagheremo per tutto il tempo fino al tuo ritorno.»
È ora di tornare visibili!
Finalmente Tobia uscì e si trovò davanti Raphael che cercava di aver l’aria di uno che passava di lì per caso. Gli chiese: «Di dove sei?»
Rispose: «Sono un israelita, venuto a cercare lavoro.»
Riprese Tobia: «Conosci la strada per andare nella Media?»
Replicò: «Certo, parecchie volte sono stato là e conosco bene tutte le strade. Spesso mi recai nella Media e alloggiai presso Gabael, che abita a Rage di Media. Ci sono due giorni di cammino da Ecbàtana a Rage. Entrambe le città si trovano in montagna.»
Tobia gli disse: «Aspetta che vado ad avvertire mio padre. Ho bisogno che tu venga con me. Ti pagherò!.»
Gli rispose: «Ti attendo; soltanto non tardare.»
Tobia andò a informare suo padre: «Ho trovato un uomo tra i nostri fratelli Israeliti.»
Gli rispose: «Chiamalo, perché io sappia a che famiglia e a che tribù appartiene, e se è persona fidata per venire con te.»
Tobia uscì a chiamarlo: «Mio padre ti chiama.»
Entrò da lui. Tobi lo salutò per primo e Raphael gli disse: «Possa tu avere molta gioia!»
Tobi rispose: «Che gioia posso mai avere? Sono cieco; non vedo la luce del cielo!»
Gli rispose Raphael: «Fatti coraggio, Dio non tarderà a guarirti!»
«Mio figlio Tobia vuole andare nella Media. Non potresti accompagnarlo? Ti pagherò!»
Rispose: «Certo; conosco tutte le strade. Mi sono recato spesso nella Media. Ho attraversato tutte le sue pianure e i suoi monti e ne conosco tutte le strade.»
Tobi gli domandò: «Di che famiglia e di che tribù sei?»
Ma non gli basta sapere che conosco le strade?” «Che ti serve la famiglia e la tribù? Cerchi una famiglia e una tribù o un mercenario che accompagni tuo figlio nel viaggio?»
L’altro replicò: «Voglio sapere di chi sei figlio e come ti chiami.»
Raphael non poteva certo dirgli la verità. Pensò in fretta. «Sono Azaria, figlio di Anania il grande.»
Gli disse Tobi: «Non avertene a male se ho voluto sapere la verità sulla tua famiglia. Conoscevo Anania e Natan, i due figli di Semeia il grande. Venivano con me a Gerusalemme e pregavamo insieme. I tuoi fratelli sono brava gente; sei di buona radice: sii il benvenuto! Ti darò una dramma il giorno, oltre quello che occorre a te e a mio figlio insieme.»
Gli disse: «Farò il viaggio con lui. Non temere; partiremo e ritorneremo sani, perché la strada è sicura.» “Potessi sfoderare le ali…
Tobi gli disse: «Sia con te la benedizione!» Si rivolse poi al figlio: «Figlio, prepara quanto occorre per il viaggio e parti con questo tuo fratello. Dio, che è nei cieli, vi conservi e vi restituisca sani e salvi; il suo angelo vi accompagni con la sua protezione!»
Già fatto!
Finalmente l’operazione Tobi-Tobia poteva avere inizio!

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Capitolo 4
*** «Quella bestia mi odia!» ***


Odio essere un umano!” Raphael era giunto a quell’amara ammissione dopo neanche mezz’ora che erano partiti. Maledizione! Lui era un angelo, anzi un arcangelo con tanto di sei ali e avrebbe potuto trasportare quel moccioso a Gabe in pochi minuti, invece gli toccava camminare su sentieri sassosi, ritrovandosi così la tunica e i calzari tutti impolverati, in più quel sacco di pulci, che Tobia si era portato dietro, continuava a ringhiargli contro.
Camminarono insieme finché li sorprese la prima sera; allora si fermarono a passare la notte sul fiume Tigri.
Tobia scese nel fiume per rinfrescarsi un po’, quando un grosso pesce balzò dall'acqua e gli morse un piede, al che si mise a strillare.
Quanti strepiti! Neanche lo stesse divorando uno squalo!” pensò Raphael scocciato. «Afferralo e…» stava per dire «Scaraventalo lontano da te» quando gli venne in mente qualcosa che aveva letto su quella pergamena «… non lasciarlo fuggire» disse invece.
Il ragazzo riuscì ad afferrare il pesce e a tirarlo a riva. «Lo mangiamo? Ma come si fa a pulirlo? Ci pensava sempre la mamma…»
Oh Padre!” Avrebbe potuto schioccare le dita e il pesce sarebbe stato cotto in un secondo e invece… «Aprilo e togline il fiele, il cuore e il fegato e mettili in disparte perché possono essere utili medicamenti e getta via invece gli intestini.»
Tobia squartò il pesce e fece quanto indicato ma, non essendo abituato a maneggiare il coltello, si ferì alla mano.
«Vai a sciacquarla nel fiume» gli disse l’angelo, sbuffando irritato. “Prima il piede, adesso la mano… Mai visto un umano più inetto!
Mentre il ragazzo si accovacciava sull’argine, Raphael dispose dei rametti per terra e sopra ci mise delle foglie secche e, accertandosi che quel moccioso fosse ancora girato, schioccò le dita per accendere il fuoco.
«Wow!» esclamò Tobia ammirato, quando tornò. «Come hai fatto ad accenderlo così velocemente?»
«Bisogna saperlo fare» rispose scrollando le spalle.
Tobia infilzò il pesce su un rametto e lo arrostì, ne mangiò una parte e offrì l’altra a Raphael che rispose: «Gli ang… ehm… i pesci non mi piacciono, finiscilo pure tu.»
«Sicuro che non lo vuoi?» chiese Tobia e lo lanciò al cane. «Azaria, che rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e nel fiele del pesce?»
Cercando di ricordare le sciocchezze scritte sulla pergamena, Raphael rispose: «Far respirare il fumo del cuore e del fegato a una persona, uomo o donna, posseduta da un demone, la libera dalla possessione. Il fiele, invece, si può spalmare sugli occhi di uno affetto da albugine; si soffia sulle macchie e gli occhi guariscono.»
Finito di mangiare stesero i loro mantelli per dormire, o meglio, dormì soltanto Tobia, perché Raphael, appena si accorse che l’altro si era addormentato, ne approfittò per farsi un voletto e sgranchirsi le ali. Quando atterrò, il cane, come al solito, gli ringhiò contro.
«Sparisci!» gli sibilò spalancando all’improvviso le ali al che l’animale scappò uggiolando.

Il mattino dopo Raphael avrebbe voluto rimettersi subito in viaggio ma Tobia non era dello stesso avviso: «Caleb! Caleb è sparito! Dobbiamo trovarlo! Chissà perché è scappato… Dividiamoci, così lo troveremo prima!» Corse in una direzione, chiamando a gran voce il suo cane.
Maledizione! Ora gli toccava anche cercare quel dannato botolo… “Ma dove si sarà cacciato?” pensò incamminandosi nella direzione opposta.
«Ehi, Raphi, serve un’ala?» chiese una voce ironica dietro di lui.
«Gabriel, non vedi che sono molto occu…?» replicò Raphael girandosi ma s’interruppe quando vide il fratello seduto per terra con il cane di Tobia che gli leccava la faccia, mentre lui lo grattava dietro le orecchie. «Dove l’hai trovato?» gli domandò Raphael schifato.
«Preso paura, eh?» ridacchiò Gabriel. «Ero curioso di vedere come avresti gestito questa missione, perciò ti osservavo dall’alto e beh…» esitò un attimo, scuotendo la testa, «vorrei ricordarti che Tobia considera questo cane il suo miglior amico, perciò non è stata una cosa molto carina averlo cacciato via, no, no, no…» disse agitando l’indice con enfasi.
«Quell’animale mi odia! E tirati su da terra! Non hai un minimo di dignità! Sei un arcangelo, che cosa direbbero i tuoi sottoposti se ti vedessero così?» lo redarguì con le braccia incrociate.
«Ti odia, eh? Chissà poi perché…» Si alzò, si spolverò la tunica e si chinò ad accarezzare ancora Caleb: «Sei proprio simpatico, non come certe mie conoscenze…» Scoccò un’occhiata in direzione del fratello. «Se fossi un umano, ne vorrei uno anch’io… magari un po’ più piccolo, se ce ne fossero(1)… Torna dal tuo protetto» disse rivolto all’altro arcangelo, «prima che qualche coccodrillo decida di usarlo come spuntino.» Spalancò le ali e volò via.
Raphael afferrò il cane per la collottola e s’involò nella direzione in cui aveva visto dirigersi Tobia, atterrò un po’ lontano e mollò l’animale che si mise a correre verso il ragazzo.
Finalmente poterono riprendere il viaggio!

Erano entrati nella Media ed erano vicini a Ecbàtana, quando Raphael disse al ragazzo: «Tobia, questa notte alloggeremo presso Raguel, che è un tuo parente. Ha un’unica figlia chiamata Sara. Tu, come il parente più stretto, hai il diritto di sposarla più di chiunque altro. È una ragazza seria, coraggiosa, molto graziosa e suo padre è una brava persona. Ascoltami, parlerò al padre questa sera, perché acconsenta al fidanzamento. Quando torneremo da Rage, faremo il matrimonio, la prenderemo e la condurremo con noi a casa tua.»
«Azaria, non mi sembra una buona idea» replicò Tobia a disagio. «Ho sentito dire che ella è già stata data in moglie a sette uomini e sono tutti morti nella stanza nuziale la notte stessa in cui avrebbero dovuto unirsi a lei! C’è un demone che è geloso di lei, a lei non fa del male, ma se qualcuno le si vuole accostare, lo uccide. Ho paura perché sono l’unico figlio dei miei genitori: se morissi, non avrebbero nessuno che li seppellirebbe.»
Avresti fifa, anche se i tuoi avessero venti figli e tutti becchini!” «Hai forse dimenticato i moniti di tuo padre, che ti ha raccomandato di prendere in moglie una donna del tuo casato?»
«E tu come lo sai?»
Eh già, come lo sapeva? Avrebbe dovuto ammettere che era stato fuori a origliare? «Tuo padre mi è sembrato una persona molto devota, pertanto sicuramente ti avrà esortato a sposare una donna del tuo casato, come fecero Abramo, Isacco e Giacobbe, o sbaglio? Ascoltami, dunque: non preoccuparti di questo demone e sposala. Quando entrerai nella camera nuziale, devi mettere il cuore e il fegato del pesce sulla brace degli incensi. L’odore si spanderà e il demone, annusandolo, fuggirà e non comparirà mai più. Poi, prima di unirti a lei, alzatevi entrambi e pregate. Supplicate il Signore affinché venga su di voi la Sua grazia e la Sua salvezza. Non temere: ella ti è stata destinata fin dall’inizio dei tempi. Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che da lei avrai figli. Non stare in pensiero.»
A quel punto, Tobia non riuscì più a distogliere il cuore e il pensiero dalla bella Sara…

 
*****

All’epoca i cani erano abbastanza grossi, in quanto servivano per la guardia, per custodire i greggi o addirittura per la guerra… Non c’era ancora l’idea del “cane da compagnia” o, come li chiamo io, “da grembo”. È abbastanza probabile che il cane di Tobia, veramente presente nella Bibbia, sia stato un Canaan Dog, decisamente più grosso di un Jack Russel ;-D
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Capitolo 5
*** «Voglio sposare Sara!» ***


Appena arrivarono a Ecbàtana, Tobia e Raphael andarono alla casa di Raguel, che trovarono seduto presso la porta del cortile.
Lo salutarono per primi ed egli rispose: «Salute fratelli, siate i benvenuti!» Li fece entrare in casa e disse alla moglie Edna: «Quanto somiglia questo giovane a mio fratello Tobi!»
Tobia rispose: «Per forza! Tobi è mio padre.»
Raguel allora l’abbracciò e pianse. Poi gli disse: «Sii benedetto, figliolo! Sei il figlio di un ottimo padre. Ho saputo che è diventato cieco, che sventura per un uomo così giusto e largo di elemosine!» Si gettò al collo del nipote e pianse. Pianse anche la moglie Edna, pianse anche la loro figlia Sara e pianse anche Tobia.
Raphael, irritato da quel fiume di lacrime, si tenne debitamente alla larga prima che a qualcuno venisse la bella idea di piangere anche addosso a lui.
Poi Raguel fece macellare un montone del gregge e ordinò ai servi di preparare un lauto pranzo.

Mentre la famiglia di Sara preparava la tavola per accogliere degnamente i due ospiti, Raphael si defilò per parlare con Geniel, l’angelo custode della ragazza.
«Era ora che intervenisse qualcuno» disse contento l’angelo. «Sara è sempre più depressa e purtroppo, se tentasse di uccidersi, non potrei fare nulla per impedirglielo ma dovrei rispettare il suo Libero Arbitrio» sospirò, «per fortuna, finora sono riuscito a dissuaderla.»
«È nostro Padre che decide quando bisogna intervenire, non tu» gli disse l’arcangelo severamente. «Come l’hai dissuasa? Non le sarai apparso, per caso?»
«Certo che no! Conosco gli ordini. All’inizio cercavo d’infonderle pensieri positivi ma vedendo che era inutile, le feci venire in mente che la gente l’avrebbe giudicata ancor più negativamente dopo il suo gesto e lei ha desistito ma non so quanto può durare.»
«Bene. Ora ci sono io, puoi andare, il tuo compito è finito» replicò l’arcangelo agitando una mano con aria annoiata.
Geniel esitò un attimo poi disse: «Io sono qui per ordine di Gabriel… Soltanto lui può dirmi se la mia missione è finita oppure no…»
Raphael lo fissò freddamente con i suoi occhi color onice. «Ti ho ordinato che puoi andartene!» sibilò.
Non era molto salutare per un semplice angelo mettersi a discutere con un arcangelo, specialmente se si voleva rimanere interi… Prima di andarsene, Geniel notò che la tunica e i calzari di Raphael erano impolverati come se avesse percorso l’intero tragitto da Ninive a Ecbàtana a piedi. Il pensiero del potente e arrogante arcangelo, costretto a camminare lungo sentieri sassosi e polverosi, lo fece sorridere poi tornò in Paradiso a fare rapporto.

Quando si furono messi a tavola, Tobia sussurrò a Raphael: «Azaria, domanda a Raguel che mi dia in moglie mia cugina Sara.»
«Ma non puoi domandarglielo da solo?» replicò Raphael esasperato. Già era seccato perché doveva far sparire il cibo che i servi continuavano a mettergli davanti senza che gli altri commensali se ne accorgessero, doveva fare anche da portavoce a quell’essere inetto?
Raguel notò quello scambio di battute e domandò: «Tobia vuole il sale?»
«No, vuole sposare tua figlia Sara» rispose Raphael.
Sulla tavolata calò un silenzio di tomba.
Raguel si schiarì la voce e disse al giovane: «Tobia, voglio dirti con franchezza la verità. L’ho data a sette mariti e tutti sono morti la notte stessa delle nozze. Ora mangia, bevi, sta’ allegro e non ci pensare.»
Ma Tobia, spingendo il piatto lontano da sé, disse: «Non mangerò e non berrò, finché non prenderai una decisione a questo riguardo.»
Rispose Raguel: «E sia! Ti viene data secondo il decreto del libro di Mosè e come dal cielo è stato stabilito. Prendi dunque tua cugina. Ti viene concessa da oggi per sempre. Il Signore vi assista questa notte, figlio mio, e vi conceda la Sua misericordia e la Sua pace». Fece alzare Sara, la prese per mano e l’affidò a Tobia con queste parole: «Prendila; secondo la legge e il decreto scritto nel libro di Mosè ti viene concessa in moglie. Conducila sana e salva da tuo padre. Dio vi assista con la Sua pace.» Dopo di ciò ricominciarono a mangiare e a bere.
Poi Raguel chiamò la moglie Edna e le disse: «Prepara l’altra camera e conducila dentro.»
Ella andò a preparare il letto della camera e vi condusse la figlia. Pianse con lei, poi si asciugò le lacrime e disse: «Coraggio, figlia, il Signore cambi in gioia il tuo dolore.» Uscì.

Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella stanza da letto.
Tobia allora si ricordò delle parole di Raphael: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce, li pose sulla brace dell’incenso e disse a Sara: «Ora metto questo nel braciere e poi preghiamo.» ma subito si sprigionò un fumo nerastro e il tanfo del pesce in putrefazione era talmente nauseabondo che i ragazzi crollarono sul letto.
L’idea di Raphael era di restare invisibile e quando il demone fosse comparso per uccidere Tobia, avrebbe emesso un raggio di energia bianca dal palmo della propria mano per distruggerlo ma vedendo i due ragazzi esanimi, si preoccupò, non tanto per loro, quanto per la pessima figura che avrebbe fatto tornando in Paradiso. «Sta a vedere che sono morti» brontolò. Controllò i loro segni vitali. No, per fortuna erano soltanto svenuti ma Asmodeus, percependo un’altra entità, approfittò di quell’istante di distrazione per scappare sotto forma di nuvola nera e rendersi irreperibile.

Nel frattempo Raguel aveva chiamato i servi e ordinò loro di scavare una fossa in giardino. «Se Tobia è morto, non voglio che la gente ricominci a spettegolare.»
Quando ebbero terminato di scavare la tomba, Raguel tornò in casa; chiamò la moglie e le disse: «Manda in camera una delle serve a vedere se Tobia è già morto, così lo seppelliremo senza che nessuno lo sappia.»
La serva accese la lampada, aprì la porta ed entrò. “Dio mio che puzza! Ma che cosa è successo?” pensò. Vide i due giovani riversi sul letto che dormivano insieme, immersi in un sonno profondo. Tappandosi il naso, andò a spalancare le finestre, buttò fuori il braciere, poi uscì di corsa e riferì alla padrona che, a parte una puzza infernale, Tobia era vivo e che non era successo nulla di male.
A quel punto, Raguel ordinò ai servi di ricoprire la fossa prima che si facesse giorno.

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Capitolo 6
*** «Ma che cosa vuoi che sia?» ***


Il prossimo punto sulla lista era recuperare i soldi quindi per Raphael era ovvio che lui e Tobia si rimettessero subito in cammino portando con loro anche Sara ma Raguel fu di tutt’altro avviso. Ordinò a Edna di fare pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni; li fece macellare e ordinò di preparare un banchetto. Un altro! Poi chiamò Tobia e gli disse: «Per quattordici giorni non te ne andrai ma ti fermerai da me a mangiare e a bere e così allieterai l’anima già tanto afflitta di mia figlia. Quando mia moglie ed io saremo morti, tutto quello che possediamo sarà vostro.»
Come affrettare la propria dipartita” pensò Raphael, scocciato dall’idea di passare sulla Terra altre due settimane.
Tobia si voltò verso l’arcangelo e gli disse: «Azaria, prendi con te quattro servi e due cammelli e mettiti in viaggio per Rage. Va’ da Gabael, consegnagli il documento, riporta il denaro e conducilo con te alla festa nuziale.»
Nient’altro, padrone?” pensò sarcastico. «Se andassi da solo, farei prima.»
«No, no, fa’ come ti ho detto, ci sono troppi briganti sulle strade e potresti venire assalito.»
Dovrebbero soltanto provarci” pensò trattenendosi dall’aprire le ali.

Partì dunque Raphael per Rage di Media con i servi e i cammelli.
Quando arrivarono da Gabael, Raphael gli presentò il documento.
«Tu non sei Tobi» disse Gabael, squadrandolo sospettoso, «e di certo non sei suo figlio!»
«No, infatti mi chiamo… emh Azaria… e sono qui per incarico di Tobia, figlio di Tobi, che ha preso moglie e t’invita alle nozze.»
Gabael andò subito a prendere i sacchetti, ancora con i loro sigilli e li contò in sua presenza; poi li caricarono sui cammelli.

Partirono insieme di buon mattino per andare alle nozze.
Giunti da Raguel, trovarono Tobia seduto a tavola.
Saltò in piedi per salutarlo e Gabael pianse: «Benedetto Dio, poiché ho visto mio cugino Tobi, vedendo te che tanto gli somigli!»
Ma questi umani non sanno fare altro che piangere e mangiare?” pensò l’arcangelo defilandosi alla svelta.


Passati i 14 giorni delle feste nuziali, Tobia andò da Raguel che era ancora a banchettare e gli disse: «Lasciami partire. Sono certo che mio padre e mia madre non hanno più speranza di rivedermi. Ti prego dunque, di volermi congedare.»
Ma Raguel rispose: «Resta con me. Manderò messaggeri a tuo padre Tobi…»
Si sentì un ululato: «NOOO!!!»
Si voltarono stupiti a guardare Raphael.
«Sai come abbiamo lasciato tuo padre e tua madre sarà angosciata» disse l’arcangelo fissando severamente il ragazzo.
Anna, la madre di Tobia, era stata, a dir poco, esasperante: l’aveva afferrato per la tunica e gli aveva sbrodolato addosso: «Mio signore, ti prego, abbi cura di mio figlio. Non trascurarlo, se ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; non farlo camminare troppo a lungo; non lasciarlo bruciare sotto il sole; che non vada da solo per la strada; non negargli ciò che desidera, accontentalo ti prego, ti pagheremo bene…»
Ma tutte le madri sono così allarmiste?” si era domandato in quell’occasione, dando uno strattone alla tunica per liberarsi e provocando uno strappo.
Una cosa davvero irritante che aveva rallentato di molto la partenza e ora ci si metteva anche il suocero di Tobia a trattenerlo?
Il ragazzo disse: «Azaria ha ragione, devo proprio tornare a casa.»
Allora Raguel, alzatosi da tavola, chiamò Sara e le disse di prepararsi a partire poi si rivolse al genero: «Sta’ sano, Tobia, e fa’ buon viaggio! Il Signore del cielo assista te e Sara e possa io vedere i vostri figli prima di morire.» Poi abbracciò la figlia, che aveva deciso di portarsi dietro un po’ di servi, e disse: «Onora i tuoi suoceri, poiché da questo momento sono i tuoi genitori, come coloro che ti hanno dato la vita. Va’ in pace, figlia mia, e possa sentire buone notizie a tuo riguardo, finché sarò in vita».
Edna disse a Tobia: «Carissimo, il Signore ti riconduca a casa e possa io vedere i figli tuoi e di Sara prima di morire, per gioire davanti al Signore. Ti affido mia figlia in custodia. Non farla mai soffrire. Possiamo tutti insieme avere buona fortuna per tutti i giorni della nostra vita.» Li baciò entrambi.
Tobia rispose: «Possa io avere la fortuna di onorarvi tutti i giorni della vostra vita.»
Ma vogliamo partire o no?
Finalmente riuscirono a mettersi per strada cavalcando dei cammelli.

Quando furono nei pressi di Charran, non lontano da Ninive, Raphael disse: «Sai in quale condizione abbiamo lasciato tuo padre. Corriamo avanti, prima di tua moglie, e prepariamo la casa, mentre gli altri vengono.»
Allora spronarono i cammelli per arrivare prima.
Arrivati davanti alla casa, Raphael gli disse: «Prendi il fiele e spalmalo sugli occhi di tuo padre. So che si apriranno. Il farmaco asporterà come scaglie le macchie bianche dagli occhi.»
Appena sentì il cane abbaiare, Anna corse fuori dalla casa e si gettò al collo di Tobia dicendogli: «Ti rivedo, o figlio. Ora posso morire!» e cominciò a singhiozzare.
Ma che diamine! Sempre a perdere acqua ‘sti umani!
Tobi si alzò e, incespicando, uscì dalla porta del cortile.
Tobia gli andò incontro, tenendo in mano il fiele e gli spiegò che cosa aveva intenzione di fare.
«Fai pure» rispose il padre. «Tanto peggio di così non può andare.»
Mentre Tobia spalmava il fiele sugli occhi di Tobi, Raphael, con la scusa di tenergli ferma la testa e sollevargli le palpebre, lo guarì grazie al suo tocco.
In quel mentre, arrivò anche Sara con il suo codazzo di servi e Tobia raccontò al padre come l’aveva sposata e gli fece anche vedere i soldi recuperati.
A quel punto l’arcangelo pensò che la sua missione fosse finita: aveva recuperato i soldi, eliminato il demone (beh a dire il vero, era scappato ma che importava? L’importante era che non desse più fastidio a Sara), fatto sposare Tobia e guarito Tobi. L’ultima cosa che mancava era trasmettere loro un messaggio da parte di Dio e sarebbe potuto tornare in Paradiso, invece non riusciva mai a riunirli tutti e quattro in un’unica stanza perché lo ascoltassero.
«Sì, Azaria, so già che vuoi parlare del tuo compenso ma ora non abbiamo tempo. Dobbiamo organizzare le feste nuziali.» Questa era grossomodo la frase (con qualche variante) che gli rivolgevano quando tentava d’intavolare il discorso.
Festeggiare il matrimonio? Ancora?
Sì ancora! Altri sette giorni durante i quali invitarono non solo tutto il parentado ma anche gli abitanti di Ninive per mostrare loro il miracolo accaduto a Tobi.
Altri sette giorni! Non ne posso più! Voglio tornare in Paradiso! Ne ho abbastanza di far sparire tutto questo cibo!” pensò Raphael esasperato, seduto a tavola non lontano da Tobia.
Vedendolo di malumore, il ragazzo ordinò ai servi di fare in modo che la sua coppa e il suo piatto fossero sempre pieni ma il malumore di Azaria rimase…


Finalmente, come il Padre volle, la settimana passò.
Tobia fece chiamare l’angelo e gli disse: «Ti sono molto grato per il tuo aiuto: mi hai condotto sano e salvo a casa, hai salvato mia moglie, sei andato a prendere il denaro al posto mio e infine hai guarito mio padre! Prendi come tuo salario la metà dei soldi che hai portato e va’ in pace. Mi dai il tuo indirizzo? Se Sara mi darà un figlio, vorrei invitarti per festeggiare la sua nascita, se sarà un maschio, lo chiameremo Tobias, poi pensavo…»
«Voglio parlare a tutti e voi quattro» lo interruppe Raphael.
Stupito, Tobia andò a chiamare i genitori e la moglie.
Quando furono tutti riuniti, Raphael disse loro: «Benedite Dio e proclamate davanti a tutti il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il Suo nome. Fate conoscere a tutti le opere di Dio, com’è giusto che sia, e non trascurate di ringraziarLo. È bene tener nascosto il segreto del re, ma è cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di Dio. Fate ciò che è bene e non vi colpirà alcun male. Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l’elemosina con la giustizia. Meglio il poco con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare l’elemosina che mettere da parte l’oro. L’elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l’elemosina godranno lunga vita. Coloro che peccano, sono nemici della propria vita. Vi voglio manifestare tutta la verità: sappiate dunque che sono stato inviato per guarire Tobi e Sara.»
Mentre “Azaria” parlava, gli umani si guardavano perplessi: ma che cosa stava dicendo? Voleva forse più soldi?
«Io sono l’arcangelo Raphael» esclamò orgogliosamente, spalancando le ali smeraldo con le punte turchesi, «uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della maestà del Signore.»
Al che gli umani si prostrarono a terra, terrorizzati.
Dopo un paio di minuti, l’arcangelo disse: «Non temete, la pace sia con voi. Non stavo con voi per mia iniziativa, ma per volontà di Dio: Lui dovete benedire sempre, a Lui cantare inni. Vi sembrava di vedermi mangiare ma era solo apparenza perché gli angeli non mangiano. Ora benedite il Signore e rendeteGli grazie. Ritorno da Chi mi ha mandato.» Si voltò e decollò.

Tornato (finalmente!) in Paradiso, andò a fare rapporto.
Dopo averlo strapazzato per bene, anche Metatron concordò sul fatto che, in fondo, Asmodeus non era poi così importante perché ci si preoccupasse troppo per la sua fuga.
L’unico che non fu d’accordo con quel clima di ottimismo fu Gabriel. «Forse non devo dirti io come gestire le tue missioni» disse a Raphael, quando riuscì a parlargli dopo le lodi mattutine, «ma perché hai mandato via Geniel in malo modo? Ti avrebbe aiutato a eliminare Asmodeus. Mai sentito parlare di gioco di squadra? Quel demone è ancora vivo, spero soltanto…»
«Hai ragione» lo interruppe Raphael, irritato al massimo per l’osservazione, «non sono affari tuoi! Asmodeus è soltanto un infimo demone, che danni vuoi che faccia? Se rialzerà la testa, lo schiaccerò!»

Nel frattempo, giù all’Inferno, Lucifer promuoveva Asmodeus Cavaliere Infernale…

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