Non c'è trucco, non c'è inganno, questa è magia!

di hinata 92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prestigiatore... o mago? ***
Capitolo 2: *** Uno sguardo pieno di passione ***
Capitolo 3: *** Viaggi movimentati ***
Capitolo 4: *** Deja-vù ***
Capitolo 5: *** Una giornata da ricordare ***
Capitolo 6: *** Scherzi da veri Malandrini ***
Capitolo 7: *** Un Halloween da rimaner di sasso ***
Capitolo 8: *** Un favore di troppo ***
Capitolo 9: *** Un incantesimo facile facile ***
Capitolo 10: *** Polisucco? No, grazie! ***
Capitolo 11: *** Un San Valentino incompreso ***
Capitolo 12: *** Volare... oh... oh... ***
Capitolo 13: *** Notti di copertura ***
Capitolo 14: *** Le parole giuste al momento giusto ***
Capitolo 15: *** Chiamatemi pure... Lord Voldemort! ***
Capitolo 16: *** Per favore, mi lasciate andare a dormire? ***
Capitolo 17: *** Il mago di Oz ***
Capitolo 18: *** Problemi di memoria ***
Capitolo 19: *** Ricordi dolorosi ***
Capitolo 20: *** Nessuna risposta ***
Capitolo 21: *** Una notte di paura e di stranezze ***
Capitolo 22: *** Precipitare nel dolore ***
Capitolo 23: *** Un regalo maledetto ***
Capitolo 24: *** Uno strano ma inquietante Dissennatore ***
Capitolo 25: *** Un principiante all'opera ***
Capitolo 26: *** Lezioni serali ***
Capitolo 27: *** Atterraggio di (s)fortuna ***
Capitolo 28: *** Una DeLorean da taschino ***
Capitolo 29: *** Costantemente in bilico fra trucchi e segreti ***
Capitolo 30: *** Le regole del gioco ***
Capitolo 31: *** Un'infinita giornata d'attesa ***
Capitolo 32: *** La verità ***
Capitolo 33: *** Riappacificazioni e litigi ***
Capitolo 34: *** Ciò che non si dice ***
Capitolo 35: *** Una proposta inaspettata ***
Capitolo 36: *** S.O.S. Malandrini all’opera! ***
Capitolo 37: *** Furti e rapimenti su commissione ***
Capitolo 38: *** Lacrime nel pineto ***
Capitolo 39: *** Una festa Malandrina ***
Capitolo 40: *** Il mortale ritardo ***
Capitolo 41: *** I sosia ***
Capitolo 42: *** Incubi di botte di mezza estate ***
Capitolo 43: *** Infezione in corso ***
Capitolo 44: *** Scontro di opinioni ***



Capitolo 1
*** Prestigiatore... o mago? ***


Non c'è trucco, non c'è inganno, questa è magia!

 

 

Prestigiatore… o mago?

 

« Ehi, piccole! Dai, belle, che ho la pappa per voi! »

Tutte le colombe bianche all’interno della gabbia iniziarono a sbattere le ali.

Kaito sorrise: « Sembra che vi lasci digiune da mesi… cos’è tutta questa agitazione? »

Come ogni giorno, di ritorno da scuola, Kaito dava il becchime alle sue adorate colombe, indispensabili compagne di tante giochi di prestigio. Le trattava con molto rispetto e amore e loro lo ringraziavano aiutandolo in mille modi durante le sue piccole esibizioni.

« No, sul serio, non vi ho mai visto così agitate… cosa succede? »

Kaito si guardò intorno, alla ricerca del fattore di disturbo che stava facendo agitare le sue colombe. Sul davanzale della finestra, in effetti, vide qualcosa d’inusuale.

« Un gufo? Ah, adesso capisco, abbiamo compagnia… »

Il ragazzo si avvicinò divertito: « Ehi, bello, se cerchi becchime caschi male, qui ne ho solo per le mie ragazze… »

Kaito continuò a guardarlo incuriosito. Si era aspettato che il volatile scappasse non appena avesse fatto un passo nella sua direzione, invece il gufo dalle piume marroni e grigie aveva continuato a guardarlo fisso negli occhi, come se lo stesse aspettando. Il ragazzo provò persino ad allungare una mano per accarezzarlo, e sorprendentemente glielo lasciò fare.

« Ma guarda… siamo dei coccoloni, eh? E a quanto pare siamo anche addestrati, visto che non hai la minima paura di me… »

Fu allora che la notò, appesa a una zampa.

« … così addestrati da portare messaggi? Ehi, avevo sentito parlare dei piccioni viaggiatori, ma i gufi mi mancavano! È per me? »

Provò a prendere la busta, aspettandosi una beccata sulla mano. Il gufo non reagì.

« Devo prenderlo come un sì? »

Con un po’ di titubanza, Kaito staccò la busta dalla zampa.

« , chi tace acconsente… »

Ormai divorato dalla curiosità, il ragazzo aprì la busta senza nemmeno guardarne il destinatario o il mittente.

« Uhm… “Gentile Kaito Kuroba… ehi, gufetto, pare proprio che tu abbia azzeccato l’indirizzo! Dunque, dicevamo…Gentile Kaito Kuroba, con questa lettera la informiamo che lei ha diritto a un posto… »

Convinto di aver letto male, Kaito si strofinò gli occhi un paio di volte.

« … alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts ? Ma cos’è, uno scherzo? Non ho mai sentito di una scuola per prestigiatori con questo nome… »

Le colombe alle sue spalle iniziarono a tubare ancora più forte di prima. Kaito fece loro segno di tacere senza nemmeno alzare lo sguardo dal foglio.

« Un attimo di silenzio, per favore! Sto cercando di capire… »

Invece che calmarsi, gli uccelli si agitarono ancora di più.

« Ma insomma, cosa c’è? È entrato un altro gufo? »

« Veramente credo di essere io la causa della loro agitazione… »

Kaito si voltò. Alle sue spalle c’era qualcosa di decisamente più grosso di un gufo, ovvero un uomo alto, molto anziano, con un paio di occhiali posati sul naso aquilino e una lunga barba bianchissima, che emanava una aura di rispetto e magnificenza.

« E lei come ha fatto a entrare? Chi è? »

« Tu devi essere Kaito Kuroba, non è vero? Perdona la mia intrusione, il mio nome è Albus Silente, e sono il preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. »

Il ragazzo abbassò velocemente lo sguardo sulla lettera. Era lo stesso nome riportato nello strano invito.

L’uomo continuò: « Mi scuso fin da ora se il mio giapponese non è molto fluente, l’ho imparato tanti anni fa ma non ho più avuto occasione di metterlo in pratica e credo che la pronuncia ne abbia sofferto… »

Kaito rimase senza parole. Una parte di lui avrebbe voluto tempestarlo di domande su chi fosse, come fosse entrato e cosa c’entrasse lui con questa scuola. Tuttavia l’uomo gli trasmetteva una sensazione di serenità e tranquillità che non riusciva a spiegare a parole. Non era lì per fargli del male, non sapeva perché, ma ne era sicuro.

« Se… se preferisce parlare inglese, non c’è problema, lo conosco benissimo… basta che mi spieghi qualcosa! Piomba qui dal nulla con questo gufetto e questa strana lettera e… »

Silente sorrise: « Mi avevano detto che eri sveglio, e non mi avevano informato male. Ti è bastato pochissimo per capire che sono inglese! »

Kaito arrossì, senza saperne neppure lui il motivo. Quel vecchio lo metteva in tremenda soggezione.

Silente si pulì gli occhiali e continuò a parlare nella sua lingua madre: « Dunque, stavamo dicendo… che sono il preside di Hogwarts e che, come hai potuto leggere, nella mia scuola c’è un posto anche per te. »

« Perdoni la mia sfacciataggine, ma non credo di aver bisogno di una scuola di prestigiatori, ho imparato tutto quello che mi serve da mio padre. »

L’uomo rise: « Prestidigitazione? Oh no, ragazzo, credo ci sia un equivoco! Qui parliamo di magia, magia vera! »

Kaito sospirò: « Ma per favore, la magia vera non esiste, e se lo lasci dire da qualcuno che lavora nel settore! , non esattamente, in effetti una ragazza che conosco è una strega, ma lei è un caso a parte! »

« Ne sei sicuro, Kaito? Potresti essere della stessa pasta e non saperlo neppure! »

« Io non ho mai evocato il diavolo! »

L’uomo si portò una mano al mento: « Uhm… a quanto pare la tua amica dev’essere specializzata in Arti Oscure… ma quella non è certo l’unico tipo di magia esistente! »

L’anziano estrasse un bastoncino di legno e con un movimento elegante la puntò verso un mobile della stanza, che si sollevò da terra. Kaito, per nulla impressionato, iniziò a girare intorno all’armadio, guardandolo attentamente sopra, sotto e ai lati.

« Uhm… fili non ce ne sono, però è anche vero che è un trucco vecchiotto e superato… calamite non sembrano esserci… »

Silente ridacchiò. Con un altro gesto, l’armadio si contrasse fino a diventare un micetto nero. Kaito sbarrò gli occhi, sorpreso.

« Cavolo, questa mi mancava… »

Il gattino gli saltò fra le braccia miagolando. Il ragazzo l’accarezzò.

« E il mobile dov’è finito? »

Silente sorrise: « Ce l’hai fra le braccia… anzi, ti consiglio caldamente di posarlo a terra! »

Kaito ebbe a malapena il tempo di lasciare il gattino che questo cambiò forma, fino a tornare l’armadio di prima. Il ragazzo fissò il mobile ancora per un po’, poi, con un po’ di titubanza, ne aprì le ante aspettandosi di trovare il gattino, ma questo sembrava scomparso nel nulla. Non contento, entrò dentro il mobile, cercando disperatamente un trucco, un’accortezza, una qualsiasi cosa che potesse spiegargli il fenomeno. Non c’era nient’altro che i suoi soliti oggetti.

Sempre con la testa nell’armadio, Kaito commentò: « Se voleva stupirmi, le comunico che c’è riuscito! Diamine, questo gioco non l’avevo visto neanche da mio padre, e non riesco nemmeno a spiegarmelo, soprattutto visto che non ha potuto prepararlo prima… è disposto a fare uno scambio di trucchi? »

Silente gli sorrise: « Non c’è trucco e non c’è inganno… questa si chiama Trasfigurazione, ed è un tipo di magia che permette di trasformare un oggetto in qualcos’altro. È una delle tante cose che insegniamo a Hogwarts. »

Kaito uscì dall’armadio, e lo richiuse: « Ok. Fingiamo per un attimo che io creda a tutta questa storia della magia vera… perché proprio io? »

« Perché ce l’hai nel sangue, Kaito! Maghi non si diventa, si nasce! Ci sono persone che provengono da antiche famiglie di maghi, che hanno la magia che gli scorre nel sangue da generazioni e generazioni; altre che non hanno alcun potere magico, e che noi chiamiamo Babbani, che nulla sanno di noi e che nulla dovranno mai sapere. A volte ci sono unioni fra Maghi e Babbani, anche se non frequenti, e i loro figli possono essere dell’una o dell’altra categoria; altre volte capita che la magia nasca all’improvviso nel frutto d’amore fra due Babbani. »

Il ragazzo sospirò: « Da questo discorsone deduco che secondo lei io apparterrei all’ultima categoria… »

« Non è importante come nasca la magia, Kaito, l’importante è che questa esiste e che non può essere ignorata! Per questo esistono scuole come Hogwarts, che insegnano alle giovane generazioni a controllare la propria magia, prima che questa scateni fenomeni imprevedibili! È possibile che qualche volta sia già successo… »

« Si sbaglia, non ricordo nulla di simile! »

Silente sorrise intenerito: « Da quanto tempo fai trucchi di prestigio? »

La domanda spiazzò il ragazzo: « Bho… non saprei… mio padre ha iniziato a insegnarmeli quand’ero piccolissimo… »

Il preside si avvicinò al ragazzo, fissandolo con i suoi occhi azzurri e penetranti: « E tu sei sicuro, Kaito, sei pronto a giurarmi con assoluta certezza che fra mille magie finte non ne sia mai sfuggita una vera, per errore? Rispondimi sinceramente! »

Al ragazzo si seccò improvvisamente la bocca. Per un attimo gli erano tornati alla mente vecchi ricordi, di quando ancora poteva giocare con la sua mamma e il suo papà, e di quando mille e mille volte suo padre stesso gli aveva detto che era talmente bravo da sembrare un mago vero. Aveva pensato che fosse uno scherzo, un gioco, ma quante volte gli era stata ripetuta nel tempo quella frase, anche da prestigiatori professionisti, colpiti dalla sua abilità a una così giovane età?

« La prova è nella lettera che hai fra le mani… nessun Babbano ne ha mai ricevuta una, te l’assicuro! Anche se sembra che tu comunque sia vittima di un disguido nella consegna… »

Kaito tirò un sospiro di sollievo: « Ah, mi sembrava un po’ strano! Quindi non sono un mago! »

« No, no, tu sei sicuramente un mago! No, l’errore riguarda l’età… solitamente la busta arriva al compimento degli undici anni, e a quanto mi risulta tu ne hai sedici… »

« Infatti. »

« Ogni paese ha una propria scuola di magia, ma pare che attualmente in quella giapponese ci siano dei problemi… e dato che devo un favore al preside Nabe mi sono offerto di occuparmi della tua istruzione! »

Kaito scosse la testa: « No, adesso basta, quando è troppo è troppo! Guardi, la ringrazio per la gentile offerta, ma declino l’invito. E adesso, se vuole scusarmi, dovrei dare da mangiare alle mie colombe! »

« Non puoi rifiutare. Nel nostro mondo, come in quello magico, c’è l’obbligo d’istruzione. »

« Non mi interessano le regole di un mondo in cui non credo l’esistenza. »

« Oh, lo so benissimo che sei un po’ allergico alle regole… ma ti avverto fin d’ora che certi comportamenti come furti o scippi a Hogwarts non saranno tollerati, nemmeno se restituisci la refurtiva subito dopo! E Akzaban, la prigione del mondo magico, non è nemmeno paragonabile a quella babbana… non pensare di fuggire con qualche tecnica alla Arsenio Lupin, anche se ne sei considerato la versione giapponese! »

Kaito impallidì: « Non… non credo di aver compreso bene… »

Silente sospirò: « Hai capito benissimo, signor Kaito Kid. Sono certo che hai i tuoi buoni motivi per comportarti così, e non sono qui per discuterne ora… »

« … ma immagino che se non le darò ascolto, lei andrà alla polizia a denunciarmi, giusto? »

L’uomo lo guardò con occhi severi: « Questo è ciò che credi tu. »

« Non so come chiami lei questa cosa, nel mondo “babbano” la chiamiamo ricatto! »

« Non sono un ricattatore, ti ho solo detto quello che so. La scelta è tua. »

Kaito sospirò: « E va bene, anche se non so spiegarle l’esatto motivo, lei mi ispira fiducia e ho deciso di concederle una possibilità, una sola! Ha una possibilità per convincermi dell’esistenza di questo mondo magico. Se ci riuscirà, io verrò a Hogwarts senza fare storie, altrimenti amici come prima, e se vorrà di tanto in tanto tornare qui a bersi un tè e a discutere di trucchi magici non le chiuderò la porta in faccia. Affare fatto? »

Albus guardò divertito la mano che il ragazzo stava porgendogli: « Affare fatto! Ecco qui! »

Kaito si ritrovò in mano un biglietto aereo per l’Inghilterra.

« Appuntamento fra due giorni all’aeroporto, dove un mio fidato collaboratore ti porterà a comprare il materiale necessario per poter frequentare le lezioni. Credo che il modo migliore per convincerti sia farti immergere direttamente nel mondo magico, e Diagon Alley è il posto migliore per farlo! »

Kaito sorrise: « , una gita pagata non si rifiuta mai! E poi amo il rischio, dovrebbe saperlo! »

« Lo so. Hagrid ti aspetterà all’aeroporto. Non credo avrai problemi a riconoscerlo, è un tipo che si fa notare abbastanza facilmente! E ti consiglio di portarti dietro un po’ di yen da cambiare per le spese. »

« Dà già per scontato che verrò alla sua scuola, vero? »

Silente sorrise in modo quasi paterno: « Sì, Kaito, ne sono praticamente certo. »

Il preside guardò l’orologio: « Oh, mi spiace, ma si è fatto tardi! Ci vediamo a Hogwarts il primo di settembre, ok? A presto, Kaito Kuroba! »

Il ragazzo cercò di fermarlo o di aggiungere ancora qualcosa, ma l’uomo fece una giravolta su se stesso e scomparve nel nulla. Kaito rimase fermo, incapace di pensare nulla di veramente concreto e ragionevole. Poi lo sguardo cadde sul biglietto aereo.

« Ma guarda tu in che razza di situazione mi sono cacciato… »

Poco lontano da lì, Silente sorrise intenerito nel vedere le reazioni del ragazzo. Era perfettamente normale e comprensibile che Kaito avesse fatto molta più resistenza degli altri, dopotutto i normali studenti ricevevano la notizia a undici anni, mentre lui ne aveva sedici, ed era già pienamente integrato nel mondo babbano. Era una situazione più che anomala, ma non aveva avuto altra scelta, visto il Voto Infrangibile che aveva stretto tanto tempo prima.

« Da una parte avrei voluto che questo momento non giungesse mai, Kaito Kuroba… ma non posso negare di essere contento di averti rivisto! »

E, con un altro giro su se stesso, si smaterializzò nuovamente.

 

 

Ciao a tutti! Questa è la mia prima fan fiction in questo fandom, e ho voluto cimentarmi con questa piccola follia! Le idee non mi mancano, e i colpi di scena saranno tantissimi, ve l’assicuro! La mia specialità è stupire il lettore, e spero di riuscirci anche questa volta!

Che dire, spero che l’idea v’incuriosisca e che abbiate voglia di farmi sapere cosa ne pensate! Vi aspetto al prossimo capitolo… Kaito e Hagrid in giro per Diagon Alley!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 2
*** Uno sguardo pieno di passione ***


Uno sguardo pieno di passione

 

Con un po’ di titubanza, Kaito scese dall’aereo. Non era molto sicuro dell’avventura in cui si stava imbarcando, e allo stesso tempo era eccitato dalla novità.

Abbassando gli occhiali scuri, iniziò a guardarsi attorno. Silente gli aveva assicurato che questo Hagrid sarebbe stato molto riconoscibile, ma non aveva idea di cosa intendesse.

« Kaito Kuroba! Kaito Kuroba! Oh, scusi, non l’ho vista! Kaito Kuroba!!! »

Il ragazzo si voltò e solo l’irrinunciabile faccia da poker insegnatagli dal padre gli impedì di gridare alla vista di un uomo enorme e peloso che lo chiamava a squarciagola.

« Credo di aver capito cosa intendesse il vecchio… »

Con un po’ di titubanza, si avvicinò all’omone, che era talmente alto da sfiorare il soffitto dell’aereoporto.

« Lei… è il signor Hagrid? »

Il volto dell’uomo si aprì in un sorriso che sarebbe stato meraviglioso, se non fosse stato inglobato in quella gigantesca barba nera: « Oh, Kaito, eccoti finalmente! E non osare mai più chiamarmi signore, chiaro? Sono Rubeus Hagrid, custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts! »

Kaito lo guardò perplesso: « Ma avete tutti dei titoli così lunghi? »

Di tutta risposta Kaito ricevette una botta sulla schiena con la quale dovette dire addio a un paio di costole a cui era particolarmente affezionato.

« Nonostante il titolone, sono solo il guardiacaccia! E mi puoi chiamare tranquillamente Hagrid, come fanno tutti! Il professor Silente mi ha parlato molto bene di te, mi ha detto che sei uno in gamba… »

« Mi fa piacere! »

« … e che devo convincerti dell’esistenza della magia portandoti a Diagon Alley, altrimenti non verrai a Hogwarts! È una grossa responsabilità, ma io sono l’uomo di fiducia del preside e non mi tiro indietro! Avanti, allora, andiamo! »

Kaito si voltò indietro: « Aspetta, devo prendere la valigia… »

Hagrid sbatté violentemente una mano su una borsa dall’aria familiare: « È tutto qui! Rilassati, è tutto sotto controllo! »

Kaito deglutì, preferendo non sapere in che condizioni fossero le sue cose dopo una botta del genere, e si limitò a seguire docilmente il suo accompagnatore.

 

Kaito si lasciò guidare da Hagrid per le vie di Londra, chiedendosi come facessero a non attirare così tanto l’attenzione. Dopotutto era felice del viaggio imprevisto, e il suo accompagnatore, per quanto irruento, era sicuramente di buon cuore.

« Di qua, Kaito, seguimi! »

Il ragazzo si voltò, notando un localino talmente piccolo e malfamato che sicuramente se Hagrid non glielo avesse indicato avrebbe tranquillamente ignorato.

Incuriosito, alzò lo sguardo all’insegna: « Il Paiolo Magico? Un nome adatto all’occasione, senza alcun dubbio… ehi! »

Senza farsi troppi complimenti,il guardiacaccia l’aveva afferrato e trascinato all’interno. L’atmosfera del locale era effettivamente molto diversa dai negozi che lo circondavano, e per un attimo Kaito si chiese se era finito in una locanda medievale.

« Ehilà, Hagrid! Il solito? »

« No, oggi no, Tom, sono in servizio per Hogwarts! »

Il barista allungò un po’ il collo, notando il ragazzo: « Ehi, ma stai di nuovo accompagnando Potter a fare spese come l’anno scorso? »

Kaito chiese: « Chi? »

Hagrid rise, mettendo un braccio intorno al collo del malcapitato prestigiatore: « Oh, no, stavolta ho cambiato! Ti presento Kaito Kuroba, futuro studente di Hogwarts! »

Tom lo fissò perplesso: « Non è un po’ grande per essere al primo anno? »

Kaito stava per rispondere, ma il guardiacaccia lo interruppe all’istante: « Oh, è solo un po’ più alto dei suoi compagni! Se non ti dispiace ora dovremmo andare! A più tardi, Tom! »

« Ciao, Hagrid! »

Con nonchalance il guardiacaccia spinse Kaito verso l’uscita secondaria del negozio.

« Silente si è raccomandato di non far sapere che hai sedici anni invece che undici… attireresti troppo l’attenzione, e tu non sai ancora se verrai a Hogwarts o no, giusto? »

Kaito annuì: « Nessun problema, ma… si può sapere che ci facciamo qui? »

Di fronte a loro, infatti, c’era solo un muro di mattoni.

Hagrid lo guardò come se fosse la cosa più ovvia del mondo: « Questo è l’ingresso per Diagon Alley! »

Kaito mise una mano sui mattoni, poco convinto. Non vedendo porte mimetizzate, si appoggiò al muro con la schiena e fissò il suo accompagnatore con aria scettica e con le braccia incrociate: « Questo? »

Hagrid prese da una tasca della sua palandrana un curioso ombrellino rosa e batté sui mattoni seguendo un ordine preciso: « Questo. »

Non appena ebbe finito, i mattoni iniziarono a muoversi, e Kaito perse l’equilibrio, cadendo all’indietro. Seduto per terra, si voltò indietro per capire come un solido muro di mattoni avesse potuto cedere tanto all’improvviso.

Solo che il muro non c’era più. Al suo posto era comparsa una strada colorata e piena di vita.

Hagrid lo indicò con la mano, con un gesto e una frase che aveva già collaudato l’anno precedente: « Benvenuto, Kaito, a Diagon Alley! »

Il ragazzo si guardò intorno stupefatto. Se era tutta scena era sicuramente il miglior allestimento teatrale che avesse mai visto, e ne aveva visti tanti!

Un sacco di persone di ogni età si aggirava affaccendata per una strada selciata tutte curve e talmente piena di negozi da ricordare a Kaito un outlet “babbano” in periodo di saldi. Le persone avevano vestiti dalla foggia curiosa, con forte prevalenza di colori scuri e di lunghi mantelli neri. Ridacchiò nel vedere anche qualcuno con dei cappelli a punta.

Hagrid gli disse qualcosa mentre lo sollevava di peso dal terreno, ma Kaito era troppo rapito dallo straordinario ambiente per farci caso. Si limitò a seguire il guardiacaccia senza smettere un istante di guardarsi intorno per cogliere nuovi particolari. I negozi erano i più strani e curiosi, sicuramente corrispondenti alle esigenze delle streghe dei  più classici stereotipi: calderoni, ingredienti assurdi per chissà quali intrugli, persino scope su cui volare, a cui era dedicata un’intera vetrina su cui molti ragazzini tenevano gli occhi incollati.

Hagrid guardò il volto del ragazzo e rise: « Sei rimasto senza parole, eh? »

Per quanto gli scocciasse ammetterlo, Kaito dovette dargli ragione. Se si trattava di una candid camera era sicuramente la migliore mai architettata!

Il gigantesco guardiacaccia indicò un edificio: « Prima di fare qualsiasi cosa, una capatina alla Gringott è d’obbligo! »

« Gringott? »

« La banca dei maghi! Avete qualcosa di simile anche nel mondo babbano, no? Dobbiamo cambiare i tuoi soldi per fare gli acquisti per la scuola! »

L’edificio indicato da Hagrid era ancora più appariscente degli altri: alto, imponente e bianco come la neve, di una tonalità che a Kaito non poteva non piacere. Anche all’interno della banca c’era movimento, ma quello che attirò di più l’attenzione del prestigiatore fu un esserino con una divisa scarlatta e oro posto all’ingresso.

« Cos’è quel… coso? »

« Quale? »

Kaito si rese conto di essere stato un po’ generico e cercò le parole migliori per definirlo: « Quella sorta di ET in divisa d’ordinanza sulla porta! »

Hagrid guardò un po’ di storto il ragazzo e l’ingresso della Gringott, cercando di capire cosa potesse aver impressionato Kaito, soprattutto perché non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere un ET.

« Ah… aspetta… non dirmelo: ho dimenticato di avvertirti dei folletti, vero? »

« Folletti??? »

« Sì, sono le creature che si occupano dei soldi dei maghi. Sono degli ottimi custodi, ti assicuro che la Gringott è uno dei posti più sicuri al mondo. »

Kaito annuì e passò davanti al folletto cercando di sfoggiare la sua faccia da poker. Una volta entrati si ritrovarono davanti una seconda porta con una curiosa scritta:

 

Straniero, entra, ma tieni in gran conto

Quel che ti aspetta se sarai ingordo

Perché chi prende ma non guadagna

Pagherà cara la magagna

Quindi se cerchi nel sotterraneo

Un tesoro che ti è estraneo

Ladro avvisato mezzo salvato:

Più del tesoro non va cercato.

 

Kaito sorrise. Un avvertimento che sembrava scritto proprio per Kaito Kid! Ma potevano stare tranquilli, il ladro della luna piena non era interessato ai tesori della Gringott, almeno per il momento.

Hagrid lo condusse per un immenso salone pieno di porte: « Di solito mi tocca scendere nei sotterranei, ma visto che tu non hai un conto qui e dobbiamo solo cambiare, pare che almeno per questa volta mi risparmierò un giro su quei dannati carrelli! »

« Carrelli? Interessante… mi piacerebbe proprio farci un giro! »

« Se ci tieni al tuo stomaco te lo sconsiglio! L’unica cosa interessante nei sotterranei della Gringott sono i draghi di sorveglianza, ma preferirei non incontrarli da vicino, sono addestrati per incenerire chiunque si avvicini alle camere senza un folletto! »

« Draghi di sorveglianza? »

Hagrid lo guardò come se fosse la cosa più naturale del mondo e Kaito sospirò: « Non ho dubbi che ottengano migliori risultati intimidatori dei comuni rottweiler…  »

Il folletto allo sportello li squadrò dall’alto con aria di superiorità: « I signori desiderano? »

Kaito non sapeva bene cosa dire, ma ci pensò Hagrid a toglierlo dall’imbarazzo: « Il signor Kuroba dovrebbe cambiare denaro babbano con quello magico. »

Il folletto annuì: « Da quale valuta? »

Kaito presentò delle banconote. L’esserino le guardò con aria interessata.

« Yen? Non se ne vedono molti da queste parti… è fortunato, signor Kuroba, gli yen hanno un cambio molto conveniente! »

Il ragazzo si ritrovò fra le mani un mucchio di monetine di varie forme e dimensioni.

« Ehm… ok, grazie… ma non potrei avere qualche banconota? Non so se mi entrano tutte queste nel portafoglio… »

Il folletto lo fulminò con lo sguardo e Hagrid, ringraziando, prese sia i soldi che Kaito e li trascinò fuori dalla banca.

« Ehi, ma che ho detto di male? »

« I folletti sono molto suscettibili su questo punto… dicono che le banconote sono solo una follia babbana! Non concepiscono come la comune carta, ancora meno pregiata della pergamena, possa avere lo stesso valore dei metalli preziosi… se quel folletto fosse stato di cattivo umore avrebbe anche potuto portarti a conoscere di persona il drago di cui parlavamo prima! »

Kaito sospirò: « Saranno una follia babbana, ma le banconote ti permettono di non portarti dietro duecento chili di metallo! Non so dove metterle, mi bucheranno il borsellino e le tasche! »

Hagrid sorrise: « Se il problema è solo quello, lo si risolve in fretta! »

Il guardiacaccia entrò in un negozietto e ne uscì pochi minuti dopo: « Metti qui tutti i tuoi soldi! »

Kaito si vide mettere fra le mani un borsellino nero. Un po’ dubbioso, scaricò tutte le monete dalle tasche e dal portafoglio.

« Ehi, ci stanno tutte! E il borsellino è più leggero di quanto mi aspettassi… »

Hagrid lo guardò con orgoglio: « Monete magiche hanno bisogno di un borsellino magico! Consideralo un regalo da parte mia, mi stai simpatico, ragazzo! »

Kaito sorrise: « Bè… grazie mille, allora! Meglio del gonnellino di Eta Beta!  »

« Di nulla… ah, e ricordati: diciassette falci d’argento fanno un galeone d’oro e ventinove zellini di bronzo fanno un falci! Facile, no? »

Il ragazzo guardò perplesso l’interno del borsellino: « Più o meno… credo proprio che mi cucerò un biglietto sulla fodera per ricordarmelo! Dunque, dove vuoi trascinarmi ora?  »

« Abbiamo una lista da seguire, ma tanto per cominciare ti porterò in un negozio molto speciale… dobbiamo comprare ciò che rende un mago davvero degno di questo nome! »

« Un cappello a punta? »

« No… meglio questo! »

Kaito alzò lo sguardo. Si trovavano davanti a una bottega con un’insegna eloquente: “Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.”.

« Avanti Cristo? Addirittura? »

Kaito si fermò qualche secondo a guardare la vetrina. Fu inutile, l’interno era completamente oscurato. Si chiese se la bacchetta fosse così importante per un mago, poi si ricordò che anche quel vecchio pazzo ne aveva usata una per trasformargli l’armadio in un gatto.

« Coraggio, entra! Io ti aspetto qui! »

« Non… non vieni? »

Hagrid sorrise: « Ho già salutato il vecchio Olivander l’anno scorso… e credo la scelta della bacchetta sia un’esperienza importante nella vita di un mago. Per te, che non credi nella magia, forse è meglio non essere accompagnato da un vecchio brontolone come me! Ti aspetterò qua fuori, vai tranquillo! »

Kaito lo guardò sorpreso. Mise una mano sulla maniglia e suo malgrado si ritrovò a deglutire rumorosamente. Hagrid gli aveva messo addosso un po’ d’ansia. Diede ancora un ultimo sguardo al suo accompagnatore e il ragazzo si decise ad entrare.

 

Il locale era più spoglio e buio di quanto Kaito si fosse aspettato. All’interno del locale c’erano solo una sedia, un bancone e un’infinità di scatoline lunghe e strette. Per un attimo il prestigiatore fu tentato di contarle, poi, ricordandosi dell’incanto del borsellino che aveva in tasca, decise di lasciar perdere.

« Salve! »

Kaito si guardò intorno. Non era riuscito a individuare la fonte del saluto.

« Sono qui! »

Dai meandri del negozio comparve un uomo anziano, dagli occhi di un grigio straordinario, quasi d’argento, che sembravano brillare nel buio. Non avendolo visto arrivare, Kaito si convinse ancora di più che il locale fosse truccato, che si trattasse di magia vera o meno.

« Non ci siamo mai incontrati, vero? Mi chiamo Olivander, fabbrico bacchette magiche da una vita intera. »

Il ragazzo strinse educatamente la mano: « P-piacere, Kaito Kuroba! »

Olivander gli sorrise, comprensivo: « Capisco… lei è spaventato da tutte queste novità improvvise, vero? »

« Scusi? »

« Oh, il suo scombussolamento è più che comprensibile: uno straniero come lei, custode di un grande segreto, che si ritrova catapultato nel mondo magico nel giro di qualche giorno… lei è ancora combattuto se accettare tutto questo o continuare a combatterlo con la logica babbana… »

Kaito lo guardò stupefatto: « E lei come… »

L’uomo andò a prendere qualcosa dietro al bancone: « I miei vecchi occhi hanno visto molte cose e hanno imparato ad andare oltre le apparenze… tutti i maghi prima o poi passano di qui, a farsi scegliere dalle mie bambine… »

« Ma è un negozio o un’agenzia matrimoniale? »

Olivander rise: « Sei un ragazzo di spirito! Le mie bambine sono le mie creature, le mie bacchette… le creo con così tanto amore che dopo un po’ finisco per sentirle un pochino come figlie mie… »

Kaito sorrise intenerito. L’uomo gli sembrava un po’ rimbambito, ma innocuo.

« Dunque, passiamo alle cose serie! Con che mano avrebbe intenzione di usare la bacchetta? »

« Sono ambidestro… »

L’uomo guardò per un momento le mani di Kaito: « Non fatico a crederlo, queste sono mani ben allenate a fare ogni sorta di movimento! Va bene, allora misurerò entrambe le braccia… »

Il prestigiatore si ritrovò a guardare l’oggetto che il vecchio aveva tirato fuori dal bancone poco prima, un metro a nastro dalle tacche d’argento, muoversi da solo e iniziargli a prendere le misure delle braccia dalle spalle fino alle punte delle dita, poi dai polsi ai gomiti, poi dalle spalle a terra, dalle ginocchia alle ascelle e anche la circonferenza della testa, oltre la distanza fra le narici, cosa che provocò a Kaito un forte starnuto.

Olivander osservò per un po’ a braccia incrociate, memorizzando tutte le misure, mentre ripeteva un discorso che nel corso degli anni aveva ormai imparato a memoria: « Ogni bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto di una potente sostanza magica, signor Kuroba. Usiamo peli di unicorno, penne della coda della fenice e corde del cuore dei draghi. Non esistono due bacchette costruite da Olivander che siano uguali, così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago. »

« Tutto chiaro, ma io come faccio a sceglierne una? Ne indico una a caso, lasciandomi guidare dalla sorte? »

Olivander ridacchiò, mentre si allontanava verso la miriade di scatolette: « Oh no, signor Kuroba! Vede, in realtà non è il mago a scegliere la bacchetta… è la bacchetta stessa a scegliere il proprio mago! »

Kaito si guardò intorno con aria molto scettica: « E come dovrebbe fare? Mi vede e mi indica? »

Il vecchio tornò con una scatola: « Quando sarà il momento lo capirà! Intanto, inizi a prendere in mano questa: legno di faggio e corde di cuore di drago. Nove pollici. Bella flessibile. »

Un po’ dubbioso, Kaito prese quello che per lui era un bastoncino di legno marrone, ma quasi immediatamente Olivander gliela strappò dalle mani.

« Tentiamo un altro classico: ebano e peli di unicorno. Otto pollici e mezzo. Elastica. »

Di nuovo Kaito prese la bacchetta nera e nuovamente gli venne strappata dalle mani.

« Dal cognome lei dev’essere giapponese… in onore al suo paese, ciliegio e piume di fenice. Otto pollici. Rigida. »

La scena si ripeté uguale, e così per un’altra ventina di bacchette almeno. Kaito non capì il senso di tutta questa pantomima all’inizio, ma non poté fare a meno di notare che, bacchetta dopo bacchetta, lo sguardo del vecchio s’illuminava sempre di più di una nuova luce, di una vitalità inattesa. Il fatto di continuare a passargli una bacchetta dopo l’altra non sembrava deprimerlo, anzi, lo considerava evidentemente un’entusiasmante sfida, in grado di togliere dal suo volto stanco almeno trent’anni di vecchiaia. Kaito lo vedeva volteggiare con un’agilità insospettabile su una grossa scala da biblioteca, avanti e indietro per il negozio, alla ricerca della scatola più nascosta e più segreta, e quando anche l’ennesima bacchetta sembrava non dare i risultati sperati, senza dire una parola ripartiva con più energie e più entusiasmo di prima.

Kaito sapeva come si chiamava: passione, amore puro e semplice per il proprio lavoro. Aveva visto quello stesso sguardo negli occhi di suo padre ogni volta che aveva dovuto salire su un palco, lo vedeva negli occhi dell’ispettore Nakamori quando lo inseguiva nei panni di Kaito Kid, era quasi certo di averlo sfoderato anche lui ogni qualvolta le sue mani creavano un nuovo gioco di prestigio. Aveva dovuto mettersi spesso nei panni di altre persone, ma quello sguardo così carico di passione non era mai riuscito a imitarlo in modo davvero convincente. Per esperienza, era certo che non fosse possibile recitare una parte conservando quello sguardo forte e puro. Quell’uomo era davvero convinto che le sue bacchette potessero aiutare le persone a sfoderare la propria magia. E questo, più di tutti gli incantesimi di Silente, più di tutti i giri di Hagrid, lo convinse della veridicità del mondo magico e di tutto ciò che lo circondava.

Olivander riemerse di nuovo, con i capelli un po’ impolverati: « Mi sono ricordato di questa! Era in un angolo sperduto del negozio, tutta impolverata, poverina, mi ero praticamente scordato di lei… »

Il vecchio soffiò sulla scatola, sollevando una nuvola di polvere che avrebbe probabilmente ucciso una persona allergica.

« Oh, ci avevo lavorato molto a questa! La sua particolarità è tutta nel legno… proviene dalle tundre siberiane, ed è rimasto talmente a contatto con la neve che pare che essa sia penetrata nelle fibre del legno, donando alla bacchetta questo colore così particolare… »

Olivander la tirò fuori dalla scatola e Kaito sbarrò gli occhi. Fino ad allora tutte le bacchette che gli erano state fatte provare erano state o marroni o nere. Quella invece era bianca, completamente candida. Come il costume di Kaito Kid.

« Abete e peli di unicorno, candidi come questo legno. Dieci pollici. Estremamente flessibile. »

Per qualche misterioso motivo, il cuore di Kaito accelerò nei pochi istanti che gli ci vollero per afferrarla. Fu allora che, a differenza delle bacchette precedenti, il ragazzo avvertì un calore alle dita, dolce e intenso come quello della cioccolata calda del bar vicino alla scuola che beveva con Aoko quando nevicava. Trattenendo il respiro, guidato da un istinto quasi atavico, Kaito la mosse nell’aria disegnando scie di scintille bianche, azzurre e argento. Il ragazzo ebbe la netta impressione che il suo braccio fosse nato apposta per quel momento, per quel movimento. Per un meraviglioso istante braccio, mano e bacchetta sembravano diventate un tutt’uno.

Olivander sospirò sollevato: « Finalmente! »

Kaito guardò la bacchetta con gli occhi sbarrati dalla meraviglia: « È… è stato… indescrivibile! »

Olivander gli sorrise: « Oh sì, in qualche caso la scelta della bacchetta può portare queste sensazioni, per di più a una persona che come lei prima d’ora non era mai entrata veramente in contatto con la magia. Sembra proprio che quella bacchetta sia in particolare sintonia con la sua magia… meno male, è un doppio sollievo! »

Quasi con riluttanza, Kaito riconsegnò la sua bacchetta all’artigiano per impacchettarla: « Doppio? »

Olivander rimise la bacchetta nella scatola e iniziò a comporre un elegante pacchetto: « Prima di tutto, per lei; in secondo luogo anche per la bacchetta stessa. Sa, l’avevo costruita su ordinazione per un signore… sì, adesso che ci penso bene, un signore asiatico come lei! Non mi disse il suo nome, ma me lo ricordo bene perché fu lui stesso a portarmi il legno… di solito mi procuro personalmente gli ingredienti, ma quel particolare tipo di legno mi aveva affascinato ed eccezionalmente accettai l’incarico. »

Kaito fu colto da un dubbio: « Ma allora il suo cliente non se la prenderà se vende a me questa bacchetta? »

L’uomo sospirò: « Non è mai stata ritirata. Sono passati molti anni da quando quell’uomo varcò per la prima e ultima volta la soglia del mio negozio… »

Il ragazzo ipotizzò: « Forse aveva cambiato idea. »

L’anziano scosse la testa, sorridendo dell’ingenuità del suo giovane cliente: « No, purtroppo no. Dopo qualche mese venne da me Silente, il preside di Hogwarts, ad annunciarmi la morte del mio committente. »

« Oh… mi scusi, non immaginavo… »

« Mi disse anche di tenerla in negozio, perché conoscendo la persona era certo che gli avrebbe fatto piacere se qualcuno, prima o poi, avesse potuto utilizzarla. Ai morti questi oggetti straordinari sono completamente inutili… ma ora basta con questi piagnistei, lei è giovane e di queste cose non deve preoccuparsi! »

Kaito annuì e Olivander gli sorrise porgendo il pacchetto: « Sono sette galeoni! »

Il ragazzo aprì il borsellino e ne guardò il contenuto perplesso: « Ok… il problema qui è capire quali siano questi benedetti galeoni… »

« Sono le monete d’oro. »

Chiarito il problema, Kaito pagò, prese la sua bacchetta, salutò con molta gentilezza e uscì dal negozio.

L’artigiano, rimasto solo, si appoggiò pesantemente sul bancone: « Silente, Silente… perché ho la netta impressione che mi abbia di nuovo coinvolto mio malgrado in qualcosa di grosso? »

 

Hagrid lo stava aspettando fuori dal negozio tutto pimpante: « Ehi, sei stato là dentro così tanto che credevo che Olivander ti avesse assunto come apprendista! »

Kaito rise: « No, ma mi avrebbe fatto piacere, quell’uomo mi affascina molto! »

« Allora, com’è questa bacchetta? »

Il ragazzo la tirò fuori dalla scatola con aria evidentemente orgogliosa: « Abete e peli di unicorno, dieci pollici, estremamente flessibile! »

Hagrid la prese e la guardò ammirato: « Non ne avevo mai viste di questo colore… »

« Una bacchetta rara per una rara matricola di sedici anni! Dunque, che altro c’è su quella lista? »

Hagrid notò subito che l’atteggiamento tanto critico di Kaito si era improvvisamente addolcito, ma non glielo fece notare e continuò come se nulla fosse, intimamente fiero di essere riuscito nel compito affidatogli dal preside.

 

Dopo aver superato miracolosamente i controlli bagagli all’aeroporto, Kaito si voltò per salutare Hagrid.

Il guardiaccia lo scrutò dall’alto: « E dunque? Alla fine verrai? »

Il ragazzo sospirò: « Sì, penso proprio di sì! »

« E allora perché stai tornando indietro? Fra quattro giorni inizia la scuola! »

« Non posso sparire dieci mesi nel nulla senza avvertire nessuno! Dammi il tempo di sistemare qualche faccenda e poi tornerò qui per entrare a Hogwarts, va bene? »

Hagrid gli consegnò un biglietto del treno, ma Kaito storse il naso: « Treno? Non c’è un volo aereo? Dal Giappone farei decisamente prima… »

Hagrid rise: « L’unico modo per arrivare alla scuola è prendere quel treno, in quella stazione e a quell’ora precisa! »

« E va bene, mi farò questa trafila! »

« Allora a presto, Kaito! Ti aspetto nella mia baracca per un tè, mi raccomando! »

« Non mancherò! »

Kaito s’accomodò sul sedile, chiedendosi se Hagrid lo stesse ancora guardando dall’interno dell’aeroporto o se se ne fosse già andato. Poi gli venne in mente che avrebbe dovuto inventarsi una marea di scuse per giustificare a sua madre e a Aoko la sua partenza e tutti quegli strani bagagli.

« Temo che partire sarà ancora più difficile che frequentare questa scuola assurda… »

 

Ciao a tutti! In un momento di pura ispirazione ho scritto il secondo capitolo molto prima di quanto io stessa mi aspettassi! Non prendeteci l’abitudine, però, non credo che il prossimo aggiornamento sarà altrettanto rapido! Intanto ne approfitto per ringraziare MeiyoMakoto e darkroxas92 per aver commentato e aver deciso di continuare a seguire questa storia.

Mi permetto solo una nota. Amo questa serie di libri, e in questo come nei prossimi capitoli cercherò mi mantenermi il più possibile fedele ai libri, a volte copiandone dei pezzi, ma sempre (o quasi sempre) dal punto di vista dissacrante di Kaito, che credetemi, non risparmierà niente e nessuno! Prossimo capitolo: l’espresso per Hogwarts, con tante vecchie conoscenze, una certa Ford volante e i primi dettagli che inizieranno a cambiare… uno come Kaito non può esimersi dal scombinare un po’ le carte in tavola, no?

A presto!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

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Capitolo 3
*** Viaggi movimentati ***


Viaggi movimentati

 

« E rieccomi di nuovo qui… »

Kaito uscì dall’aeroporto trascinandosi il suo ingombrante baule e chiamò un taxi.

« Stazione di King’s Cross, per favore. »

Il ragazzo si accomodò sul sedile dell’auto, ripensando a tutto quello che era accaduto nei giorni precedenti a casa sua, in Giappone.

 

« Ma sei sicura che ti vada bene? »

« La scelta è tua, Kaito. Non posso dire che mi faccia piacere che tu vada via per così tanto tempo, ma è una decisione che rispetto. »

Kaito sorrise: « Grazie, mamma! Anche per avermi creduto, pensavo che mi avresti preso per pazzo! »

La donna scompigliò i capelli del figlio: « Tua madre è una donna più aperta di quanto credi! Manterrò il tuo segreto, tranquillo, e ti farò avere tutte le lettere e le notizie da casa… »

« Ti adoro. »

« Adesso, però, come spiegherai la cosa a tutti gli altri? Hogwarts ti ha dato il permesso di parlarne solo a me, perché sono tua madre… »

Kaito sorrise: « Oh, qualcosa m’inventerò! La fantasia non mi manca di certo… »

Qualcuno suonò alla porta.

« Anzi, ecco il primo! E cominciamo con le bugie… tanto ci sono abituato… »

Non appena il ragazzo aprì la porta, venne immediatamente travolto da un signore anziano: « Signorino Kaito!!! »

« Ehilà, Jii! Non ti pare di esagerare con le manifestazioni di affetto? »

L’uomo lo guardò con i lucciconi agli occhi: « Signorino, è vero che parte? »

« Sì, Jii. Mi è stata offerta una grossa occasione, di quelle che capitano una volta nella vita! »

« Non sarà mica legato a… »

Jii iniziò a fargli degli occhiolini a ritmo frenetico. Kaito capì subito a cosa si stesse riferendo: dopotutto, l’anziano uomo era sempre stato l’aiutante di Kaito Kid fin dai tempi di suo padre.

« No, non riguarda quello, tranquillo! Ma chissà, magari mi arriverà qualche notizia interessante! Mi raccomando, non mancare di mandarmi notizie! Scrivimi delle lettere e dalle a mia madre, lei saprà dove inviarle! »

Jii avrebbe voluto chiedere più informazioni, ma con la coda dell’occhio vide una persona più che familiare e capì che era meglio farsi da parte con la scusa di entrare in casa per salutare la madre di Kaito.

Dall’altra parte della strada, appoggiata con la schiena al tronco di un albero, c’era Aoko che lo guardava con occhi tristi. Il ragazzo sorrise allegro e la raggiunse.

Senza nemmeno salutarlo, la ragazza gli chiese direttamente: « È vera questa storia? »

« Sì. »

« Quindi te ne vai davvero in un college inglese? »

Kaito le fece un occhiolino e con un sorriso furbetto fece apparire un fiore: « Un college molto speciale, Aoko, riservato esclusivamente ai migliori aspiranti prestigiatori del mondo! Mi hanno scelto fra un sacco di ragazzi, è un’occasione unica. E poi tornerò qui per le vacanze di Natale, di Pasqua e per tutta l’estate! »

La ragazza prese il fiore con aria un po’ triste: « Le lezioni saranno molto più noiose senza di te… »

Kaito iniziò a passeggiare e Aoko gli andò dietro: « Oh, senza dubbio! Però la prof di mate tirerà un sospiro di sollievo, almeno d’ora in poi riuscirà a spiegare qualcosa senza che io e te ci rincorriamo per la classe mentre parla! »

La ragazza alzò gli occhi al cielo: « Spero per te che non alzerai la gonna a tutte le compagne! Se lo vengo a scoprire prendo un aereo e t’inseguo con la scopa fino in capo al mondo se necessario! »

Kaito rise al vedere la linguaccia che l’amica gli rivolse: « Chissà, in un momento di nostalgia potrebbe venirmi anche la tentazione! »

« Ma che nostalgia e nostalgia, ho intenzione di chiamarti molto spesso! »

Kaito si guardò intorno imbarazzato: « Veramente… credo che non sarà così facile! »

« Perché? »

« Il college è in una zona isolata, i cellulari non prendono… »

« Capisco… c’è internet? »

« No. In alcune zone della vecchia Europa non possono mettere i ripetitori per vincoli ambientali e paesaggistici. Sai com’è, non vogliono rovinare le verdi colline del Galles… »

Kaito ringraziò la sua buona, vecchia, allenata faccia da poker per non essere ancora scoppiato a ridere per la serie di assurde panzane che stava sparando a Aoko, che si limitò a  sbuffare: « Uffa, quindi non posso mandarti nemmeno delle mail? E allora come faccio a tenermi in contatto? »

Con uno sbuffo di fumo, Kaito fece comparire un pezzo di carta e una penna: « Lettere, mia cara, alla vecchia maniera! Saprai ancora come si scrive, no? »

La ragazza gli fece di nuovo una linguaccia: « Chissà se tu sarai ancora capace di leggere il giapponese dopo mesi di inglese forzato! »

« E allora vedi di scrivermi spesso, così mi manterrò in esercizio! E dai tutte le lettere a mia madre, così mi spedisce tutto insieme! »

Aoko annuì, poi sbuffò: « Ma che periodo deprimente, la gente non fa altro che partire… persino Kaito Kid ha mandato un avviso al mio babbo che per un po’ di mesi non si farà vivo! »

Kaito si trattenne a fatica dal ridere pensando alla faccia dell’ispettore Nakamori alla vista del canonico bigliettino autografato.

La ragazza lo guardò dritto dritto negli occhi, come per fissarsi ogni particolare del suo viso nella memoria: « Mi raccomando, voglio sapere tutto di questo college! »

Kaito arrossì leggermente, senza sapere nemmeno lui se per l’imbarazzo della situazione o se per lo sguardo penetrante di Aoko: « Farò il possibile… »

« E quando tornerai voglio proprio vedere cosa ti avranno insegnato in Inghilterra! Mi aspetto dei trucchi fantastici! »

« Li avrai, saprò stupirti ancora più di adesso! Ma adesso scusami, domani devo prendere l’aereo e devo ancora finire di sistemare il baule… »

« Il baule? »

Kaito si morse la lingua: « Massì, certo, il baule nuovo! Altrimenti come faccio a esercitarmi nel numero della donna tagliata in due senza un baule dove farla coricare? »

« Sono molto curiosa di vederlo, vengo a darti una mano! »

« NO!!! »

Dalla faccia di Aoko, Kaito si rese conto di essere stato troppo brusco: « Prima regola di un buon prestigiatore: mai mostrare gli attrezzi del mestiere! »

Aoko lo guardò poco convinta: « Capisco… allora in bocca al lupo, Kaito! »

Il ragazzo si rese conto che stava per arrossire più di quanto non avrebbe dovuto, e per non farsi vedere iniziò a correre verso casa: « Crepi! Ci sentiamo presto! Ciao! »

Non notò gli occhi lucidi di Aoko mentre, stringendo il fiore che le aveva dato poco prima, gli sussurrava: « Ciao Kaito… mi mancherai! »

 

Il taxi era rimasto imbottigliato nel traffico. Poco male, aveva ancora due ore di tempo prima che partisse il treno.

 

Kaito non aveva fatto in tempo a raggiungere la porta di casa, quando una voce alle sue spalle lo fece trasalire: « E così siamo quasi colleghi, eh? »

Il ragazzo si voltò: « Cosa dici, Akako? »

« Non fare il finto tonto con me, sai benissimo di cosa sto parlando! La storia del college inglese per prestigiatori non me la dà a bere nessuno, nemmeno tu… tanto più che a Hogwarts di trucchi di prestigio non te ne insegneranno di sicuro! »

« Conosci Hogwarts? »

La ragazza sorrise: « Chi non conosce Hogwarts nel mondo magico? Piuttosto mi stupisce che ti abbiano iscritto lì e non nella scuola giapponese! »

Kaito la guardò sconvolta: « Abbiamo una scuola di magia giapponese??? »

« Ovvio. Io ho studiato lì! È diversa da Hogwarts, la si frequenta mentre gli altri bambini fanno le elementari e ci si specializza in una sola disciplina… »

« … e tu hai scelto Arti Oscure, giusto? »

Akako si avvicinò con aria suadente: « Già… e sappi che non ti basterà cambiare continente per liberarti di me, Kaito Kuroba… un giorno tu sarai mio, come tutti gli uomini della Terra! »

Kaito salutò con la mano entrando in casa: « Libera di continuare a provarci, ma non ho intenzione di arrendermi tanto facilmente al tuo fascino diabolico! »

Akako sorrise: « Arrivederci, mio caro Kaito… avrai presto mie notizie! »

La strega non vide la faccia terrorizzata del ragazzo mentre chiudeva la porta. L’ultima frase era decisamente una minaccia, e nel corso di molte sfide, sia nei panni dello studente liceale che in quelli del ladro prestigiatore, Akako aveva dimostrato con mille magie di avere nei suoi confronti sentimenti di amore e odio… e di essere tremendamente lunatica, passando da un giorno all’altro dai filtri d’amore ai tentativi di ucciderlo perché non riusciva a farlo innamorare di lei! Ma la verità era che il suo cuore era già occupato…

Stava già per tirare un sospiro di sollievo, credendo di aver finito le persone da avvertire, quando gli squillò il cellulare.

« Pronto? »

« Non è carino, Kuroba, venire dalle mie parti e non avvertire neppure! »

« S-Saguru? »

Kaito si sbatté una mano sulla fronte. Ci mancava solo il detective liceale impiccione!

« Sai benissimo che vivo per la maggior parte del tempo in Inghilterra… e sai una cosa? »

« No, ma scommetto che m’informerai subito! »

« Ho fatto un paio di ricerche e non esistono college dedicati alla prestidigitazione in questo Stato… e per di più non risulti iscritto in nessuna scuola, mio caro Kaito Kid! »

Già, Saguru Hakuba sospettava da tempo la sua doppia identità, ma Kaito era sempre stato sufficientemente furbo da non dargli mai delle vere e proprie prove che potessero valere in tribunale.

« Ancora con questa storia? »

Anche se non poteva vederlo, era certo che Saguru stesse sorridendo: « Scoprirò perché vuoi venire in Inghilterra a tutti i costi! Dopotutto, gioco in casa… »

« Chissà, forse stavolta potrebbe essere troppo difficile persino per te! Ah, non cercare più di telefonarmi, lascerò il cellulare a casa! Ci vediamo, Saguru! »

Il ragazzo gli chiuse il telefono in faccia.

« E stavolta dovrei aver finito davvero! »

 

Il taxi era finalmente arrivato in stazione. Dopo aver pagato la corsa, Kaito caricò faticosamente il baule su un carrello e si avviò all’internò dell’edificio. Ma gli bastarono pochi passi per rendersi conto che una ruota del carrello era bloccata e che gli toccava impiegare il doppio della forza per tenere la traiettoria diritta.

« Oh, fantastico! Cominciamo bene… »

Con parecchio sforzo, Kaito spinse il carrello per un po’, poi si rese conto che non aveva controllato il binario. Prese il biglietto e trasalì.

« Come sarebbe a dire binario 9 e 3/4??? Sarò straniero, d’accordo, ma sono sicuro che non esiste un binario del genere! »

Per togliersi ogni ragionevole dubbio, Kaito andò a controllare l’elenco degli arrivi e delle partenze, ma come immaginava del misterioso binario non c’era traccia.

« Dunque, ragioniamo: devo prendere un treno di maghi per una scuola segretissima di cui la gente comune non deve venire a conoscenza… quindi posso escludere tutti i treni comuni. Se io fossi un mago e dovessi nascondere un treno, dove lo metterei? In una stazione in mezzo agli altri treni, d’accordo, e fino a qui ci sono, ma dove di preciso? L’unico indizio è questo 9 e 3/4… fra il binario 9 e il 10, almeno matematicamente parlando… »

Kaito si avviò verso i due binari, sperando di trovare una porta, una scala, un ascensore o qualcosa del genere. Fra i due binari c’era solo un muro, che Kaito fissò attentamente.

« E se fosse come a Diagon Alley? »

Il ragazzo provò a bussare su qualche mattone, ma non accadde nulla. Provò a ripensare esattamente a quello che aveva fatto Hagrid: lui aveva toccato i mattoni con un ombrello rosa…

Kaito ne estrasse uno dalla borsa: « Spero vada bene anche se è blu e pieghevole… »

Provò a dare qualche botta, ma il muro non diede segni di vita. No, non funzionava neanche così. Probabilmente stava ragionando nel modo sbagliato, continuava a pensare con la logica babbana… con cosa avrebbe colpito il muro un mago?

La risposta gli venne spontanea. Kaito afferrò saldamente la bacchetta bianca e riprovò. Non accadde di nuovo nulla.

Il ragazzo stava seriamente pensando di tirare un pugno al muro, quando una voce alle sue spalle lo fece trasalire.

« È solo troppo presto, il varco si aprirà fra qualche minuto… »

Kaito si voltò. A parlare con quel tono di voce saccente era stata una ragazzina più piccola di lui di qualche anno, con i capelli castani un po’ scompigliati e un grosso baule proprio come il suo.

« Devi andare anche a tu a Hogwarts? »

La ragazza annuì e gli porse la mano: « Hermione Granger, secondo anno! »

Il prestigiatore la strinse con delicatezza e le fece il baciamano: « Kaito Kuroba, primo anno… »

Hermione lo guardò sorpresa: « Davvero? Avrei detto che fossi almeno del quinto, a vederti! Pensavo fossi solo un po’ impaziente di andare al treno, invece non sai proprio come arrivarci! »

Kaito allargò le braccia: « Sono un mago da meno di una settimana, non ho ancora capito bene come funziona tutta questa stramberia magica… »

La ragazza sorrise comprensiva: « Ti capisco, anch’io vengo da una famiglia babbana e mi sono trovata molto in difficoltà all’inizio… per cercare di capire tutto mi sono buttata su un sacco di libri. »

« Non credo che sia un metodo adatto a me… diciamo che io sono un tipo un po’ più pratico… »

Hermione guardò l’orologio: « Direi che possiamo andare, adesso! Pronto? »

« Per cosa? »

« Seguimi! »

E senza un attimo di esitazione la ragazza spinse il carrello verso il muro, da cui venne inghiottita. Kaito trasalì e per poco non gridò.

« Ok… coraggio… non sarà peggiore di un inseguimento dell’ispettore Nakamori… »

E, maledicendo il carrello che se andava per i fatti suoi, Kaito si buttò nel muro aspettandosi la peggior botta della sua vita.

Non accadde nulla.

Con un po’ di titubanza il ragazzo aprì gli occhi. Era su un binario completamente diverso da quelli della stazione, e davanti a lui c’era un treno nero a vapore d’inizio secolo, bello fumante.

« Ma che… »

Hermione gli sorrise: « Binario 9 e 3/4, come richiesto! Che te ne pare? »

Kaito si guardò intorno stupito, chiedendosi se e quando si sarebbe abituato a tutte quelle stranezze: « Che di sicuro sapete come nascondere le cose… »

Hermione rise: « Dai, andiamo a mettere i bagagli sul treno! »

Il ragazzo la seguì distrattamente: « Arrivo… »

Mentre caricava sul treno il pesante baule e aiutava Hermione a fare altrettanto, Kaito ebbe modo di notare la folla che andava accalcandosi sul binario. Famigliole vestite spesso in maniera stramba, con abiti babbani messi un po’ a casaccio, salutavano i loro figli con abbracci, baci e mille raccomandazioni. Sì, decisamente tutto il mondo era paese, compreso quello magico.

« Hermione? »

« Sì? »

« Ma i tuoi genitori non ti hanno accompagnata? »

« Alla stazione sì, ma loro sono babbani e non possono oltrepassare il muro. Del resto neanche i tuoi hanno potuto, no? »

« Mia mamma non l’ho nemmeno fatta venire. Era un po’ scomodo per lei, dal Giappone… »

« Giappone? »

Kaito le sorrise comprensivo: « Sì, sono giapponese, non si capiva dal nome e dai lineamenti? »

« , sì… ma pensavo fossi nato in Inghilterra! Altrimenti perché saresti iscritto a Hogwarts? »

Il ragazzo si affacciò al finestrino: « Non lo so, non l’ho capito nemmeno io… so solo che da quanto mi hanno spiegato il gufo-postino ha perso la strada e comincio con cinque anni di ritardo… »

« Ah, allora non era una mia idea che fossi un po’ alto per avere undici anni! Sei decisamente un tipo fuori dal comune, Kaito… »

Kaito rise: « Detto da una strega, poi… »

Hermione rise a sua volta e si affacciò al finestrino: « Oh, ecco i Weasley! Temevo che non arrivassero più, sono quasi le undici… »

« Chi? »

« Sono una famiglia molto numerosa, a cui appartiene un mio amico… li vedi? Sono tutti quelli con i capelli rossi. »

« Cavoli, ma quanti sono? »

Hermione sorrise: « Un bel po’ e pensa che Bill e Charlie hanno già finito di studiare! Però quest’anno dovrebbe esserci Ginny, la più piccola e l’unica sorella del gruppo… »

Kaito fece una smorfia: « Poveraccia, se quelli sono tutti suoi fratelli non la invidio! »

Hermione cercò di sporgersi: « Però non vedo Ron e Harry… dove sono andati a cacciarsi? Non possono essersi messi nei guai ancora prima di entrare a Hogwarts… almeno spero… »

Kaito non ebbe modo di approfondire, visto che una marea di studenti piena di bagagli invase il treno ed Hermione trovò un sacco di persone da salutare. Stava iniziando a sentirsi in imbarazzo, quando il treno fischiò e iniziò a muoversi. La folla dalla banchina si sbracciò ancora di più, i ragazzini si buttarono sui finestrini e Kaito lasciò loro il posto, sospirando e aspettando che la situazione si calmasse. Ormai era in ballo, non poteva più tornare indietro.

 

« Si può? »

Un ragazzo dai capelli rossi che Kaito identificò come un Weasley si affacciò alla porta.

Hermione s’illuminò: « Ciao, Fred! »

Immediatamente un altro ragazzo, identico in tutto e per tutto al primo, si affacciò affianco a lui: « No, io sono Fred, lui è George! Non è vero, George? »

« Giusto, Fred! Ehi, chi è l’asiatico? »

Hermione cercò di rispondere, ma Kaito l’anticipò prontamente: « Mi chiamo Kaito Kuroba! »

Hermione completò le presentazioni: « E loro sono i gemelli Fred e George Weasley! »

George aprì del tutto la porta dello scomparto: « A proposito di facce nuove, conoscete già nostra sorella Ginny? »

Una ragazzina dai capelli rossi almeno quanto la faccia si affacciò timidamente. Per farle un po’ di coraggio, Kaito fece comparire un fiore e glielo offrì. Ginny ringraziò con un cenno della testa e il ragazzo le rivolse un bel sorriso.

Fred continuò: « Possiamo lasciarla un po’ in tua compagnia, Hermione? È timida, non è facile farle fare amicizia e di te almeno ha sentito molto parlare da Ron… »

La ragazza sorrise: « Ma certo! Scusate, dove sono Harry e Ron? »

Ginny balbettò: « N…non sono qui con voi? »

Hermione scosse la testa: « No, non li ho ancora visti. »

George rifletté ad alta voce: « Li ho persi di vista da quando abbiamo passato la barriera a King Cross… ma non c’è di che preoccuparsi, prima o poi salteranno fuori! Senti, Kaito, non mi ricordo proprio di te, di che casa sei? »

La domanda spiazzò il prestigiatore, che pensò di ricordare male la grammatica inglese: « Ehm… in Giappone vivo in una villetta… ehi, che c’è da ridere? »

Infatti tutti erano preda a uno scoppio d’ilarità, compresa Hermione, che cercava di mantenere un po’ di contegno: « Ragazzi, non ho fatto in tempo a dirvi che Kaito, nonostante l’età, è al primo anno… »

« Hai almeno la nostra età e sei una matricola? »

Fred completò la frase del gemello: « Che cosa strana… »

George tirò una pacca sulle spalle a Kaito: « Tranquillo, durante il viaggio abbiamo il tempo d’insegnarti l’ABC di Hogwarts! »

« Grazie mille! »

I due gemelli sollevarono Kaito di peso dalla sedia: « Hermione, vi lasciamo da sole e ce lo prendiamo. Scommetto che con noi si divertirà molto di più! »

« Non ho dubbi, ci vediamo dopo! Ah, se vedete Ron e Harry da qualche parte mandatemeli, per favore! »

« Va bene, a dopo! »

I due fratelli chiusero la porta e presero Kaito a braccetto, ognuno da un lato: « Niente male il trucchetto del fiore con Ginny! »

« Grazie! »

« Ma scusa, come hai fatto a fare quella magia se sei una matricola? »

Kaito vi voltò verso l’ultimo fratello ad aver parlato. Difficile seguire la discussione con i due gemelli che discutevano in surround intorno a lui: « Non si tratta di magia. È un trucco babbano. »

George (o Fred?) lo guardò sorpreso: « I babbani sanno fare queste cose? »

Kaito sorrise facendo comparire carte e fazzoletti colorati: « Si chiama prestidigitazione, ed è la versione babbana delle vostre magie. Nient’altro che abili trucchetti per stupire il pubblico, ma molto d’effetto… fino a pochi giorni fa, l’unico tipo di magia che conoscevo! »

I due gemelli si guardarono con aria complice: « E saresti disposto a insegnarcene qualcuno, in cambio di un rapido corso sul mondo magico? »

Kaito fece spallucce: « Perché no? Sarà un modo come un altro per passare il tempo prima di arrivare… »

Fred guardò il ragazzo ammirato: « Fratello, credo che questo sia l’inizio di una lunga e proficua amicizia… »

 

Era passata un’ora e Kaito aveva insegnato a Fred e George qualche semplice trucchetto con le carte, mentre i due ragazzi gli avevano spiegato il sistema delle Case. Decisamente il trio andava molto d’accordo, tutti e tre amavano fare scherzi e i gemelli si erano subito resi conto delle infinite possibilità di tiri mancini che avrebbero potuto combinare a Hogwarts unendo le loro conoscenze magiche agli abili trucchi babbani di prestidigitazione di Kaito.

Mentre Fred cercava di estrarre qualche fazzoletto dalla manica, un ragazzo rotondetto aprì la porta dello scompartimento.

« Ehi, Neville! »

« Scusate, avete visto Ron e Harry? »

« Non si sono ancora fatti vivi? Strano, tra un po’ siamo arrivati… »

I due gemelli s’alzarono in piedi: « Senti, Kaito, ti dispiace se ti lasciamo di nuovo con Ginny e Hermione per un po’? Ron è nostro fratello, iniziamo a essere preoccupati… »

« No, nessun problema. »

Kaito rientrò nello scompartimento delle due ragazze. Ginny era molto agitata e Hermione non era da meno, per quanto cercasse di celare l’ansia.

Kaito scompigliò i capelli rossi alla più piccola: « Stai tranquilla, li troveranno! »

« Ma c’è Harry… e se… Colui Che Non Deve Essere Nominato… »

« Chi? »

Hermione tagliò corto: « Lascia stare, è un po’ complicato da spiegare. Comunque cerchiamo di non farci prendere dal panico: Harry e Ron sono bravissimi a cacciarsi nei guai anche senza tirare in ballo le forze oscure… »

Kaito sospirò. Non ci stava capendo niente, ma iniziava a farci l’abitudine. Spalancò il finestrino, ci si affacciò con aria svogliata, appoggiandosi con la schiena al parapetto e alzò lo sguardo verso il cielo, azzurro come i suoi occhi e velato da mille nuvole bianche, mentre l’aria gli scompigliava i capelli scuri. Strinse gli occhi: si stava sbagliando o c’era qualcosa di strano, di scuro, che volava nel cielo?

« Scusate, ma fra tutte le stramberie del mondo magico è normale che ci siano… vecchie auto volanti che scortano il treno dall’alto? »

Hermione lo guardò perplessa: « Eh? »

Ginny sbiancò: « Che… che auto è? »

Kaito riguardò con calma: « Direi una Ford azzurra, ma potrei sbagliarmi, non m’intendo molto di auto europee… viaggia a bassa quota e a bordo ci sono… qualcuno con i capelli rossi e qualcuno con i capelli neri… »

Le due ragazze esclamarono in coro: « Harry e Ron! »

Ginny aggiunse: « Ma cosa ci fanno sull’auto di papà? »

Hermione la fulminò: « Quell’auto è del signor Weasley? Ma è illegale e… »

Kaito tagliò corto: « Un problema per volta. Da quel che vedo non mi pare che se la stiano passando molto bene, lassù… e c’è anche un edificio in lontananza, potrebbero andare a sbatterci contro! »

Hermione fece una smorfia: « Oh no, siamo quasi arrivati a Hogwarts. Che facciamo? Forse, se chiedo a Fred e George di prestarci i loro manici di scopa… »

Ginny squittì: « Non c’è tempo, potrebbero essere ovunque su questo treno! »

Kaito s’inumidì un dito, saggiò la direzione del vento e sospirando mise un piede sul finestrino.

« Kaito, che stai facendo? »

« Cerco di salvare i vostri amici… ma voi dovrete rimanere al finestrino per aiutarmi e promettermi solennemente che non direte mai a nessuno quello che sto per fare, va bene? »

« Ma che… »

« PROMETTETEMELO! »

Le due ragazze annuirono perplesse e Kaito sospirò. Non avrebbe voluto tirare fuori il costume tanto presto, ma dopotutto al di fuori del Giappone nessuno conosceva il ladro gentiluomo Kaito Kid e forse poteva passarla liscia…

Si buttò senza esitazione, seguitò dai gridolini acuti delle due ragazze. Un filo di fumo l’avvolse e dopo un paio di secondi ne riemerse completamente vestito di bianco, con un cilindro in testa e un monocolo sull’occhio. Al posto del mantello d’ordinanza, però, aveva allargato il fido compagno di mille avventure, il deltaplano bianco, con cui, guidato dalle brezze, raggiunse la macchina volante. L’impresa era tutt’altro che facile, ma Kaito Kid amava le sfide!

All’interno della Ford due ragazzini dal volto pallido cercavano di mantenere il controllo dell’auto. Quello con i capelli scuri e gli occhiali fece un cenno all’altro, che dopo un attimo di spavento abbassò il finestrino.

« Siete Ron e Harry? »

« Sì, ma tu chi… »

« Non c’è tempo, vi porto a terra! Avanti! »

Il ragazzo con i capelli rossi si rivolse all’amico: « Harry, vai prima tu! Se non assicuro la macchina in qualche modo precipiterà sul treno… »

Con un po’ di fatica, Kaito riuscì a passare dal lato opposto della macchina, dove Harry aveva aperto la portiera e si stava sganciando la cintura di sicurezza.

« Spero che tu non soffra di vertigini, è un po’ altino… »

« No, tranquillo, sono abituato, ma quel coso regge tutti e due? »

Kaito sorrise: « Fidati, è più che collaudato! »

« Allora spero abbia passato la revisione… »

Il prestigiatore rise, prese Harry e lentamente planò a terra, dirigendosi verso i capelli rossi di Ginny, la cui testa fuori dal finestrino spiccava nettamente sull’espresso nero.

« Prendetelo, vado a recuperare l’altro! »

Harry fu scaricato malamente all’interno, trattato alla stregua di un pacco postale, mentre Kaito, dandosi la spinta con le gambe contro il metallo del treno, spiccava il volo una seconda volta verso la macchina volante.

Ron stava ancora armeggiando con i pedali e Kaito dovette attirare la sua attenzione battendo sulla portiera.

« Ci sei? Non potrò rimanere qui ancora a lungo, il vento mi spinge via! »

« Eccomi, eccomi… ho bloccato il pedale dell’acceleratore con la bacchetta, non ho trovato altro… »

« Va bene, ma ora esci da lì! »

Ron spalancò la portiera, che per poco non prese il naso di Kaito, e si lanciò nelle braccia del ragazzo.

« Preso! »

Kaito planò faticosamente verso il treno e Ron indicò la testa rossa affacciata al finestrino.

« Quella è Ginny! »

« Sì, e se non ti sbracci troppo la raggiungiamo anche! »

Con uno sforzo non indifferente, il prestigiatore riuscì ad affiancarsi al treno e a scaricare anche Ron. Harry rimase sporto con più di metà corpo per acchiappare al volo anche il suo salvatore e per permettergli di risalire a bordo. Kaito dovette sudare parecchio prima di riuscirci, ma alla fine anche i suoi piedi toccarono di nuovo il pavimento dello scompartimento.

Il giapponese si accasciò per terra col fiatone: « Anf… anf… non credevo… anf… di farcela davvero… »

Harry, Ron e Hermione cercarono il modo di ringraziarlo, ma Ginny stupì tutti abbracciandolo al collo e rischiando quasi di soffocarlo. Kaito sorrise e le scompigliò i capelli.

Alla fine Ron trovò il coraggio di parlare: « Grazie mille dell’aiuto, amico! Non sapevamo più come scendere! »

Il ragazzo orientale sorrise stancamente: « Di nulla… »

Ron continuò: « A proposito, che razza di manico di scopa hai usato? »

« Non so cosa sia un manico di scopa, a meno che non parliate dell’attrezzo con cui pulire i pavimenti… io ho usato un semplice deltaplano! »

Hermione lo interruppe, squadrando i suoi compagni di classe con aria inviperita: « Si può sapere cosa diavolo avete combinato voi due per finire in quel trabiccolo volante? Il treno era troppo normale per due celebrità come voi? »

Ron protestò: « Ehi, non è colpa nostra se la barriera di King Cross si è chiusa prima delle undici! Dovevamo pur raggiungervi in qualche modo, no? »

La ragazza lo fissò dritto negli occhi, con le mani sui fianchi: « Violando almeno quindici leggi sullo Statuto di segretezza per i babbani? »

Ron deglutì rumorosamente e Harry, per cercare di cambiare argomento prima che Hermione incenerisse entrambi, porse una mano al suo salvatore e lo aiutò a mettersi in piedi: « Hai un vestito molto… originale! »

Kaito sorrise: « Oh, è normale avere un costume appariscente… »

Il ragazzo batté la punta delle scarpe per terra e, coprendosi con il mantello bianco, girò su se stesso, ricomparendo vestito di tutto punto con la divisa di Hogwarts.

« … se sei un prestigiatore! »

Ron lo guardò sconvolto: « Un che? »

Hermione spiegò velocemente: « Babbani che fingono di essere maghi stupendo il pubblico con abili trucchi. »

Kaito sorrise e porse la mano ai due ragazzi: « Già, fino a quando non ho scoperto di poterle fare davvero, le magie… Kaito Kuroba, primo anno! E prima che me lo chiediate, sì, ho qualche anno di ritardo, ma non per colpa mia! »

I due ragazzi ricambiarono la stretta: « Ron Weasley. »

« Harry Potter. »

Una voce risuonò per tutto il treno: « Tre cinque minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente. »

Ron sbiancò: « I bagagli! Abbiamo lasciato i bauli nel bagagliaio dell’auto! »

Harry fece una smorfia: « E tra poco dovremo scendere in divisa… »

Kaito ritirò fuori il mantello bianco, apparentemente dal nulla: « A questo posso pensare io! Uno, due e… »

Harry e Ron si ritrovarono avvolti dalla stoffa bianca.

« … voilà! »

Non appena Kaito ritirò il mantello, i due amici si scoprirono vestiti di tutto punto. Ginny applaudì e il ragazzo accennò un inchino, da attore consumato.

« A proposito, gradirei che non diceste nulla agli altri del costume che avete visto… avevo promesso che non l’avrei usato… »

« Stai tranquillo, ti dobbiamo tutti un favore! Credo che noi primini dobbiamo scendere separatamente dagli altri… ci vediamo dopo! Kaito, vieni con me? »

« Arrivo. »

Non appena la porta dello scompartimento si chiuse, Ron si guardò gli abiti stupefatto: « Cavolo, non immaginavo che si potessero fare certe cose senza usare la magia! Chissà cosa potrà fare Kaito ora che inizia i corsi… »

Hermione lo guardò con quell’aria saccente che riusciva bene solo a lei: « Se ti riferisci al fatto che ti ha vestito in un lampo non è niente di straordinario, ci sono molti babbani in grado di farlo. Si chiamano trasformisti. »

« Trasformista o no, c’è qualcosa di strano. »

Hermione e Ron si voltarono: « Cosa intendi dire, Harry? »

« Ron, non trovi che questi vestiti ci stiano fin troppo bene? »

« Non capisco cosa vuoi dire… »

« Ho pensato che ci avesse prestato un paio delle sue divise, ma con la differenza di statura ci saremmo ritrovati come minimo dei risvolti ai pantaloni… invece sono perfetti! Quasi come se fossero esattamente della nostra taglia, anzi… »

Harry mostrò l’interno della mantella: « … come se fossero i nostri! »

Ron li guardò sconvolto l’etichetta che riportava fedelmente il nome dell’amico e controllò la propria: « Ma come ha fatto? Non può averli presi dai bauli, non ne ha avuto materialmente il tempo! »

Harry scosse la testa: « Non lo so… ma questo, unito a quello strano costume, mi rende un po’ sospettoso nei suoi confronti… »

Hermione fece spallucce: « Io non vedo cosa ci sia di strano. Ha usato la magia, no? Prima di entrare a Hogwarts tutti noi abbiamo fatto delle magie fuori da qualsiasi controllo… vi ha salvato tutti e due da una punizione certa, no? Credo che questo basti e avanzi per fidarvi di lui! Su, scendiamo! »

Ron diede una gomitata ad Harry: « Nota che Hermione si preoccupa più della punizione che non delle nostre vite… »

Harry ridacchiò e seguì Ron. Sì, dopotutto forse la sua amica aveva ragione. Lui era l’ultima persona che aveva il diritto di parlare di magia fuori controllo, visto cosa aveva combinato fino all’anno prima con capelli, maglioni e vetri allo zoo. E poi, che motivo avrebbe avuto un seguace di Voldemort di salvargli la vita? Forse era solo lui che dopo il tradimento di Raptor dell’anno precedente e le strane visite notturne di Dobby si era fatto troppo sospettoso… ma ancora non sapeva spiegarsi perché la barriera di King Cross avesse impedito a lui e a Ron di raggiungere l’Espresso per Hogwarts.

 

Salve a tutti! Sì, lo so, sono in un ritardo pazzesco, ho avuto un po’ di casini con l’università e con l’influenza che mi hanno tenuto volente o nolente lontano dalla tastiera… ma credo con questo mega capitoline di essermi fatta perdonare!

Il primo pezzo è dedicato completamente a un raccordo con il manga originale di Kaito Kid, se non l’avete capito consiglio di farvi un giretto qui per chiarirvi le idee. Volevo sottolineare inoltre che, per non interferire troppo con le trama originale (credo che la vicenda di Harry Potter bene o male la conosciamo tutti) mi divertirò parecchio a muovermi nelle zone “ombra” dei libri (non sapevamo nulla del viaggio in treno del secondo libro, no?). E anticipo una risposta a una possibile domanda: perché partire proprio dal secondo libro, invece che dal primo? Perché sarebbe stato troppo scontato partire da lì, ovvio, e amo stupire il lettore, se mi è possibile! Inoltre voglio che questa sia la storia di Kaito, che sarà sì inevitabilmente collegata a quella di Harry, come si è visto, ma che non ruberà mai pezzi di trama che sono suoi di diritto (se stavate pensando a uno scontro Kaito vs Voldemort finale… , ve lo potete scordare fin d’ora!).

Chiarito qualche concetto di fondo, passo subito a ringraziare darkroxas92 e MeiyoMakoto per i graditissimi commenti e Queen of the Night per averla messa fra le preferite (darkroxas l’avevo già ringraziato).

Vi aspetto tutti al prossimo capitolo… lo smistamento di Kaito e Ginny e l’inevitabile punizione di Harry e Ron! Secondo voi la Anglia, anche senza autista, dove è andata a schiantarsi? XD

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

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Capitolo 4
*** Deja-vù ***


Deja-vù

 

Kaito seguì la ragazzina dai capelli rossi giù dal treno. Sulla banchina c’era molta confusione, una marea di studenti che si avviava in molte direzioni, ma su di tutti svettava indubbiamente quel gigante di Hagrid, che non faceva altro che agitare una grossa lampada gridando: « Primo anno! Primo anno! Gli studenti del primo anno di qua, per piacere! Primo anno! »

Era difficile farsi largo fra la folla, ma presto Kaito si rese conto che farsi notare dal guardiacaccia non sarebbe stato poi così complicato. Infatti, calcolando che i suoi futuri compagni erano più piccoli di lui di cinque anni e che i più alti gli arrivavano sì e no alle spalle, era praticamente impossibile non notarlo.

Ad Hagrid il ragazzo non sfuggì e gli appioppò una bella manata di saluto alle spalle. Ginny non poté fare a meno di notare la smorfia di dolore di Kaito e rise. Il ragazzo ridacchiò di risposta. Si chiese cosa il guardiacaccia potesse fare ai suoi nemici, visto come trattava gli amici.

I ragazzi vennero indirizzati a delle barchette che galleggiavano su un lago molto grande e profondo. Lo sguardo di Kaito s’indirizzò per un attimo alle carrozze su cui stavano salendo Hermione, Harry e Ron, fissandole con un pizzico d’invidia. Salendo sull’imbarcazione, si sforzò di non guardare l’acqua, poi, non riuscendoci, chiuse gli occhi e strinse i pugni con tutta la sua forza. Preferì non chiedere a Ginny se in quello specchio d’acqua ci fossero dei pesci. Sì, si vergognava da sempre di quella fobia così bizzarra già negli specchi d’acqua normali, e in posto come Hogwarts era molto probabile che la fauna marina fosse molto più originale che in qualunque altro posto… dal suo punto di vista, quelle acque potevano contenere i suoi peggiori incubi e anche qualcosa in più; ma quando un mormorio di stupore si diffuse fra le matricole, Kaito trovò il coraggio di sbirciare con un occhio.

Era uno spettacolo. Kaito non si aspettava certamente un castello antico come edificio scolastico, per di più in un panorama mozzafiato come quello del lago, dove le acque riflettevano l’antico maniero…

Il ragazzo deglutì. Si era sbagliato o il riflesso nell’acqua si era mosso come se qualcosa stesse nuotando nelle acque del lago?

Kaito serrò nuovamente gli occhi e i pugni, giurando a se stesso di non riaprirli nemmeno se davanti a loro si fosse presentato un drago in carne e ossa.

Ginny lo guardò un po’ preoccupata: « Tutto bene? »

Il ragazzo, pallido come un cencio, annuì lentamente: « Se vuoi una risposta sinceramente affermativa, richiedimelo quando saremo sulla terraferma e ad almeno cento metri dal lago… »

 

Kaito si calmò totalmente solo quando fu al sicuro all’interno dell’edificio.

Il gruppetto di matricole venne accolto da una donna dall’aria severa, persino un po’ arcigna, che li accompagnò in un enorme ingresso dalle pareti di pietra illuminate da torce fiammeggianti. Tutti ammirarono l’enorme scalinata in marmo che conduceva ai piani superiori e Kaito, che da buon ladro non riusciva a perdere il vizio di cercare vie di fuga ovunque andasse, si stupì del’altezza del soffitto. Non era certo che il suo rampino a ventosa fosse abbastanza lungo da potercisi agganciare.

La donna superò un grosso portone e li guidò in una piccola saletta, prima di prendere la parola.

« Benvenuti a Hogwarts. Io sono la professoressa McGranitt, l’insegnante di trasfigurazione, nonché vicepreside di questo istituto. Tra poco avrà inizio il banchetto per l’inizio dell’anno scolastico, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui ad Hogwarts, la vostra Casa sarà un po’ come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo della vostra Casa. »

Kaito trattenne a fatica uno sbuffo. Quel regolamento gli stava decisamente stretto, non gli piaceva l’idea che la sua vita scolastica fosse così rigidamente controllata. Inoltre l’ultima parte del discorso gli sembrava molto scorretta in un ambiente scolastico: detta così sembrava che fosse vietato fare amicizia con persone di altre Case!

La McGranitt continuò: « Le quattro Case si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna ha la sua nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e streghe di prim’ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere. »

Kaito per un attimo provò pena per la povera Casa a cui sarebbe stato assegnato. Calcolando il suo carattere ben poco ligio alle norme, era probabile che le avrebbe fatto perdere una marea di punti… chissà se nel conteggio valevano anche i numeri negativi…

« Alla fine dell’anno, la Casa che avrà totalizzato più punti verrà premiata con una coppa, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro alla Casa cui verrà destinato. »

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. Dell’onore non gli importava un granché, ma alla prima occasione si ripromise di dare un’occhiata alla coppa. Chissà, forse era tempestata di gioielli… magari di grossi gioielli, come quello che cercava da molto tempo…

« La Cerimonia dello Smistamento inizierà fra pochi minuti, davanti a tutti gli altri studenti. Nell’attesa, vi suggerisco di farvi più belli che potete. Tornerò non appena saremo pronti per la cerimonia. Vi prego di attendere in silenzio. »

La professoressa uscì e Ginny si rivolse a Kaito con aria preoccupata: « Secondo te cosa ci faranno? Fred e George me ne hanno dette di tutti i colori, ma non so quanto mi conviene fidarmi di loro… »

Il ragazzo sospirò: « Lo credo anch’io. »

« Tu sai in cosa consiste? »

Il ragazzo sorrise: « Sei tu l’esperta di magia, mica io! »

Ginny rise: « Hai paura? »

Kaito buttò un occhio fuori dalla finestra: « L’unica cosa che poteva spaventarmi l’abbiamo già affrontata… »

Ginny lo guardò di storto: « Hai paura dell’acqua? »

Il ragazzo fu risparmiato dall’imbarazzante risposta dal provvidenziale ritorno della McGranitt: « Siamo pronti. Mettetevi in fila e seguitemi. »

Kaito di mise alle spalle di Ginny e seguì la fila docilmente verso il grosso portone che prima avevano oltrepassato. Una volta entrati tutti, Kaito compreso, rimasero a bocca aperta.

La Sala era illuminata da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz’aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d’oro scintillante, per i quali ladri meno onesti di Kaito Kid avrebbero sicuramente fatto carte false. In fondo alla sala c’era un altro lungo tavolo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti. Tuttavia il ragazzo ci badò poco; il suo sguardo era rapito in modo irresistibile dal soffitto nero tempestato di stelle. Avvertì un groppo alla gola e allo stomaco. Non sapeva nemmeno lui spiegarsi perché fosse tanto emozionato.

Distratto dal soffitto andò a sbattere contro Ginny, visto che la fila si era fermata davanti agli studenti, dando le spalle agli insegnanti. Immediatamente si scusò con la ragazza, che però ci fece a malapena caso. Ginny era imbarazzata e infastidita dagli innumerevoli sguardi che la fissavano, mentre a Kaito, abituato a un pubblico numeroso, non diedero il minimo fastidio, benché con la sua altezza fosse sicuramente quello che attirava di più l’attenzione.

La professoressa McGranitt, senza fare il minimo rumore, collocò uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra lo sgabello mise quello che Kaito identificò inizialmente con uno straccio nero piuttosto malridotto. Stava giusto chiedendosi di cosa si trattasse, quando questo prese vita, alzandosi fino ad assumere la forma di un cappello a punta e iniziando persino a cantare:

 

 

Benvenuti fra di noi,

nuovi allievi di valore!

La vostra vita, d’ora in poi,

sarà piena di stupore,

di meraviglie e d’incanti,

di magie meravigliose

di studi interessanti

e di cose curiose.

Io sono il Cappello Parlante,

non spaventatevi del mio aspetto;

il mio compito è importante,

sono io che a posto vi metto.

Indossatemi e presto saprete

quale sarà il vostro destino;

qual è la Casa a cui apparterrete

dove condurrà il vostro cammino.

Forse la vostra via è Grifondoro,

la Casa dei valorosi;

l’audacia sincera è il loro tesoro,

vi entrano solo i più coraggiosi.

Oppure andrete a Tassorosso,

posto di virtù e di giustizia;

qui tutto dall’impegno è mosso,

giammai dalla mestizia.

O magari a Corvonero,

sagace luogo d’intelligenza;

poterci entrare vuol dire davvero

diventare uomini di sapienza.

O ancora a Serpeverde,

sede dei uomini di valore;

non di buon grado è visto chi perde

ma chi vince è coperto di gloria e onore.

Non mi sono concessi sbagli o errori,

leggo anche ciò che a voi stessi celate

nelle vostre menti, nei vostri cuori,

ogni segreto che voi custodiate.

Dalla mia bocca però solo un nome,

quello della Casa che vi è destinata:

sedete dunque e scoprirete come

la vostra avventura verrà cominciata.

 

 

Gli altri studenti applaudirono, ma Kaito continuò a fissare il cappello con aria seria. La sua doppia identità era a rischio, il Cappello aveva detto chiaramente che non gli sarebbe stato possibile nascondere alcun segreto. Come si sarebbe comportato quando avrebbe capito di avere a che fare con un ladro?

La McGranitt avanzò con una pergamena in mano: « Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati. »

La donna iniziò un lungo elenco, ma preso dalle sue preoccupazioni Kaito ci fece a malapena caso. Anche Ginny era visibilmente agitata e continuava a tirargli gomitate per sussurrargli le sue preoccupazioni, seppure intervallate da lunghe pause.

« E se finisco a Serpeverde? »

Kaito cercò di risponderle senza farsi notare: « Qual è il problema? Una non vale l’altra? »

« Benedicta Helen. »

Ginny fece una smorfia, ignorando la McGranitt: « Più o meno… i Serpeverde diventano spesso dei maghi malvagi. »

« Canon Colin. »

« Ah. »

Il ragazzo notò che qualcuno li stava guardando male e le fece segno di tacere, ma Ginny riprese poco dopo.

« Corgeus Alexander. »

« E poi tutta la mia famiglia è sempre finita a Grifondoro… che figura ci faccio se invece vengo smistata da un’altra parte? »

« Grifondoro è la casa dei coraggiosi, a quanto ho capito… »

« Esatto. »

Il ragazzo le fece l’occhiolino: « E allora se sei così agitata non parti col piede giusto! Calmati e vedrai che andrà tutto bene. »

Ginny cercò di sorridere, ma le uscì una smorfia.

« Farmet Iulius. »

« Grazie. »

Kaito annuì: « Dovere. »

Ginny aspettò un po’ prima di riprendere la parola.

« E tu? Non hai paura? »

« Non so nemmeno come funzionino bene queste Case, una vale l’altra. »

« Kuroba Kaito. »

Il ragazzo trasalì. Non si era minimamente accorto che fossero già arrivati alla lettera K!

S’avvio verso lo sgabello con un sospiro. Ginny gli augurò in bocca al lupo sillabando, mentre tutti, dai tavoli, cercavano di osservarlo meglio: il nome, l’aspetto asiatico e la sua età decisamente non l’aiutavano a passare inosservato. Kaito si sedette sullo sgabello e l’insegnante gli mise sul capo lo strano cappello, dalla falda così larga che gli cadde sugli occhi, isolandolo dal mondo esterno.

Era solo con il suo destino.

 

Buio.

Quasi come se fosse entrato in punta di piedi in un altro mondo. La sala si era zittita, o forse la magia del cappello impediva ai suoni di entrare. Kaito non sapeva dirlo, ma iniziò ad avvertire una leggera agitazione.

« Oh-oh! Interessante! Benarrivato, Kaito Kuroba-kun! »

Il ragazzo trasalii: « Tu… parli giapponese? »

« Io leggo la mente e il cuore di chi m’indossa, per cui se tu sai il giapponese, io so il giapponese. Se preferisci, passo all’inglese… »

« No, no, il giapponese va benissimo! »

« Bene, Kaito Kuroba-kun. Ti consiglierei di rilassarti, ho detto chiaramente nella mia canzone che tutto quello che diremo rimarrà fra noi. »

Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.

« Il mio compito è solo quello di smistare gli allievi… e nel tuo cuore io vedo… molto dolore per chi non c’è più… sensi di colpa per ciò che non si conosceva… per quello che si sarebbe potuto salvare se solo si fosse saputo… La conoscenza è un grande dono, Kaito Kuroba-kun, un dono per il quale bisogna essere pronti… e un bambino non avrebbe comunque potuto salvare suo padre dai suoi assassini. Eppure questa consapevolezza non ti basta, solo l’agire in qualche modo può darti pace, Kaito Kid. Il mio compito non è giudicare le scelte e le azioni ma… comprendo ciò che ti spinge a rubare. »

« Grazie. »

« Ora torniamo a noi. Per quanto la tua mente sia interessante e tu avessi bisogno di rassicurazioni, il tempo a mia disposizione è limitato e ho un compito da portare a termine. Sei sicuramente un po’ presuntuoso ed egocentrico, ma direi non abbastanza da poter entrare a Serpeverde… la lealtà ai compagni, e soprattutto ai tuoi doveri, abbonda, e credo che a Tassorosso saresti a tuo agio… e anche a Corvonero, l’astuzia, la fantasia e l’intelligenza abbondano in questa testolina, visti tutti i trucchi che hai creato… »

Kaito non ci stava capendo niente: sarebbe finito a Tassorosso o a Corvonero?

« Ma alla fine credo che la qualità che prevalga in te sia il coraggio. Il coraggio per portare a termine giochi di prestigio pericolosi. Il coraggio di continuare su una strada molto difficile come quella che hai deciso di percorrere senza dubbi né tentennamenti. Il coraggio di buttarsi in un mondo completamente diverso dal tuo come quello magico senza guide e senza sapere nulla di quello che ti aspetta. Valutato tutto questo, direi che l’unica Casa veramente adatta a te sia GRIFONDORO!!! »

Un urlo si levò da un tavolo. Prima che potesse dire qualcosa, il Cappello Parlante venne violentemente tolto dalla testa di Kaito dalla professoressa e il ragazzo fu costretto ad alzarsi e raggiungere il tavolo, dove già era stato fatto un posto per lui sulla panca, fra Hermione e Fred (o George?).

« Bravo Kaito! »

« Benvenuto fra noi! »

« Ti troverai bene! »

Kaito sorrise. Forse era destino, dopotutto la maggior parte delle persone che aveva incontrato fino a quel momento appartenevano a quella Casa.

Harry, Ron e Hermione gli sorrisero e gli diedero il benvenuto, e Kaito fu quasi sicuro di aver visto i due gemelli sfregarsi le mani all’idea di tutti gli scherzi che avrebbero potuto combinare da lì in poi, beccandosi un’occhiataccia da un ragazzo più grande e dall’aria tremendamente seria che dai capelli rossi era facile identificare come l’ennesimo Weasley. Kaito passò in rassegna i nomi di quasi tutto il tavolo, sicuro che tanto non li avrebbe mai ricordati tutti, senza però mai spostare del tutto l’attenzione dalla voce della McGranitt, in attesa di uno degli ultimi nomi dell’elenco.

« Ginevra Molly Weasley. »

La ragazzina guardò il tavolo dei Grifondoro con aria spaventata. Sarebbe riuscita a raggiungerli?

« GRIFONDORO! »

Ginny tirò un visibile sospiro di sollievo e con lei tutti i Weasley. Anche Kaito ne fu felice, dopotutto si stava affezionando a quella ragazzina. Tutta felice, Ginny si accomodò al tavolo che aveva agognato da tanti anni, ricevendo il benvenuto da tutti i suoi nuovi compagni di Casa e un paio di sonore pacche sulle schiena da parte dei gemelli.

Quella atmosfera idilliaca, però, s’interruppe con un colpo di tosse alle spalle di Harry e Ron. Un uomo dai capelli neri e unticci e l’aria severa li invitò con malagrazia a seguirlo ed Hermione, Ginny e Kaito si guardarono preoccupati: evidentemente la loro bravata era stata scoperta. Il ragazzo cercò di parlare di nascosto con le due compagne, ma venne distratto da una voce familiare proveniente dal tavolo dei professori ed amplificata probabilmente dall’ennesima magia, vista la totale assenza di microfoni e altoparlanti.

« Benvenuti a un nuovo anno ad Hogwarts! »

Kaito si girò verso il tavolo da cui troneggiava il preside e sussurrò sorridendo: « Ehilà, chi si rivede… la controfigura di Gandalf! »

Il ragazzo ricevette un calcione da Hermione, cha da brava babbana aveva ben capito il riferimento, e il preside continuò imperterrito: « Ci sarebbero tante cosa da dire, ma cominciamo dalle più urgenti: quest’anno abbiamo un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, il professor Gilderoy Allock! »

Una applauso da buona parte delle ragazze in sala si levò per osannare il signorotto strafottente che si alzò facendo inchini a destra e a manca e mandando bacetti con la mano alle ragazze. Solo al vederlo Kaito ebbe un moto di repulsione: nemmeno un prestigiatore dopo uno spettacolo faceva tante smancerie al pubblico!

Silente continuò: « Dovrei dire tante di quelle cose, ma per quest’anno il mio discorso sarà ridotto. Godetevi questa cena e preparatevi al nuovo ed entusiasmante anno che ci aspetta. Buon proseguimento a tutti. »

Fred e George si tirarono una gomitata: « Ehi, quando mai Silente è stato così breve e sensato in un unico discorso? »

Il Weasley più grande (che se Kaito ben ricordava pareva chiamarsi Percy) scosse la testa: « Non so ma la cosa è grave, visto che se ne sta andando insieme alla McGranitt… temo che sia collegato al sequestro di Ron ed Harry da parte di Piton… »

Kaito impallidì leggermente. I due ragazzi avrebbero mantenuto la parola evitando di coinvolgerlo?

Hermione gli toccò un braccio: « Inutile pensarci adesso, più di quello che abbiamo fatto per aiutarli non potevamo fare. Vuoi un po’ di pudding? »

« Di che… ehi, da dove è spuntato tutto questo cibo? Non si è avvicinato nessun cameriere e poco fa la tavola era vuota! »

Ginny gli fece l’occhiolino: « Magia! »

Il ragazzo sorrise imbarazzato e iniziò a servirsi, chiedendosi se e quando si sarebbe abituato a tutte quelle stranezze.

Nonostante le famose maldicenze sul cibo inglese, trovò la cena molto buona, tuttavia spesso non poteva trattenersi dall’alzare lo sguardo verso il soffitto, anzi, verso il cielo stellato. Era bellissimo, con quelle candele sospese…

« Non è il cielo reale… ti assicuro che il soffitto c’è, è solo un incantesimo che lo fa sembrare tale. »

Kaito impiegò qualche secondo a rispondere ad Hermione: « L’ho immaginato, ma non è per quello che sono tanto sorpreso… è solo che io l’ho già visto… »

« Cosa? »

Il ragazzo si rese conto di aver attirato l’attenzione delle persone intorno a lui e, lievemente imbarazzato, cercò di spiegarsi: « È come una sensazione di deja-vù… quando ero piccolo sognavo spesso qualcosa del genere, al punto che una volta mio padre mi fece una sorpresa e mi dipinse il soffitto della camera da letto come se fosse un cielo stellato e con una serie di fili mi sollevò un paio di candele, proprio come in questa sala… credo che gli sarebbe piaciuto entrare qui. »

Kaito non approfondì, non rivelando che suo padre era morto da anni e che quel soffitto l’aveva mantenuto così com’era nel corso degli anni, rinfrescandolo ogni estate per mantenerlo in tutto il suo splendore. Non avrebbe mai potuto lasciare andare in rovina uno degli ultimi regali di suo padre…

Tuttavia non ebbe modo di ripensarci a lungo, perché il tavolo di Grifondoro iniziò ad agitarsi per la prolungata assenza di Harry e Ron. Cominciarono a diffondersi voci sul fatto che una Ford azzurra senza autista si fosse schiantata su un albero incantato. Ginny sbiancò sempre più visibilmente, Hermione si morse la lingua un paio di volte, Kaito manteneva la sua solita faccia da poker, così come suo padre gli aveva insegnato. Non venne ben chiarita la sorte dei compagni di Casa, l’unica certezza fu che non si ripresentarono al tavolo per tutta la serata e che non si unirono alla compagnia nemmeno quando Percy, che evidentemente aveva un qualche ruolo di comando, radunò tutti i presenti, i primini davanti a tutta la fila, per condurli al loro dormitorio.

Perso nei suoi pensieri e intontito dalla stanchezza per la giornata lunga e pesante, cominciata con un lungo viaggio in aereo e conclusasi con lo Smistamento e la cena, Kaito non fece neppure caso alla strada percorsa per arrivare al dormitorio, né fece caso alle stranezze lungo il percorso. Solo quando tutti si fermarono davanti a un quadro iniziò a farsi qualche domanda.

Percy si schiarì la voce: « Questo è l’ingresso per la torre di Grifondoro, la nostra sala comune… »

Fred, dal fondo della fila, gridò: « Taglia, Percy, questo discorso lo fai tutti gli anni, ormai lo sappiamo a memoria! »

Il fratello rincarò la dose: « Dicci la parola d’ordine e facciamola finita! »

« Voi lo saprete a memoria, ma ci sono persone che non lo sanno. »

« E allora fai un riassunto! »

Il prefetto arrossì: « Non mettertici anche tu, Lee Jordan! Dicevo, la Signora Grassa è la nostra guardiana e custode e a lei dovrete comunicare la parola d’ordine che sto per rivelarvi. Senza la parola d’ordine non potrete entrare. »

Kaito iniziò a guardarsi intorno: « Ehm… dov’è questa signora? Non la vedo… »

« Proprio davanti ai tuoi occhi, spilungone! »

Kaito trasalì. Il quadro alle spalle di Percy non solo si era mosso, ma si era anche messo a parlare!

La Signora Grassa si rivolse a Percy: « Parola d’ordine? »

Il ragazzo scandì bene e a voce alta in modo che tutti lo potessero udire: « Colibrì. »

Il quadro si spostò lasciando spazio a un’apertura. Kaito la oltrepassò un po’ titubante, appuntandosi mentalmente di ricontrollare quel quadro. Forse scopriva che era un semplice televisore a cristalli liquidi…

La sala comune era molto interessante e accogliente, in puro stile inglese, con tanto di caminetto acceso e sfrigolante e poltrone decorate alla scozzese, tuttavia Kaito era decisamente più interessato a scoprire l’ubicazione di un letto o di un suo eventuale corrispettivo magico. Iniziava davvero ad essere esausto. Seguì i suoi futuri compagni di classe in una stanza e finalmente entrò nell’agognata camera da letto, dove un cuscino posto su un letto a baldacchino più grande degli altri, evidentemente studiato per la sua altezza, lo chiamava come le sirene con Ulisse. Il ragazzo, ignorando lo stupore e l’eccitazione degli altri, aprì il baule e iniziò a cercare il suo pigiama.

Uno dei ragazzini gli rivolse la parola: « Kaito, ma non sei eccitato da tutto questo? »

Il ragazzo gli sorrise stancamente: « Sì, ma in questo momento prevalgono in me la stanchezza per le cinque ore di viaggio in aereo e il fuso orario… »

Il ragazzo con la macchina fotografica appesa al collo gli restituì un sorriso comprensivo: « Capisco… buonanotte, allora! Noi andiamo ancora un po’ sotto con gli altri… »

Kaito salutò i compagni con la mano e continuò a rovistare nel baule. Ma dove diavolo aveva cacciato il pigiama? Eccolo, proprio sotto le divise di riserva…

Kaito sollevò un sopracciglio. C’era qualcosa che non andava.

Uscì un attimo dalla stanza, andando proprio a sbattere contro una delle persone che stava cercando.

« Ah, Harry! »

« Ciao, Kaito! »

« Com’è andata? »

Il ragazzo sospirò: « Calcolando cosa abbiamo combinato, direi di lusso. Nessuna penalità alla Casa, solo una punizione personale a me e a Ron e una lettera alle nostre famiglie… ci hanno anche recuperato i bagagli, solo che l’auto del signor Weasley sembra essere scappata dopo essere stata picchiata dal Platano Picchiatore e Ron si è ritrovato con la bacchetta con cui aveva bloccato i pedali spezzata in due nello schianto… e dubito che i suoi genitori gliene compreranno un’altra dopo quello che abbiamo combinato! Spero solo che funzioni ancora… »

« Capisco… a proposito, dov’è Ron?  »

« Di sotto, a godersi la celebrità della nostra grande impresa… comunque tranquillo, non abbiamo ti nominato, abbiamo detto di essere scesi da soli sul tetto del treno e che Hermione e Ginny ci hanno tirato dentro per impedirci di schiantarci al suolo. »

« Ah, grazie… »

Harry fece per dirigersi verso la camera degli allievi del secondo anno, quando Kaito lo bloccò nuovamente.

« Ah, Harry? »

« Sì? »

« Non è che per caso mi avete già restituito le divise che vi ho prestato? »

« Le divise? »

« Sì, ti ricordi quando ti ho cambiato d’abito? Vi ho dato un paio delle mie divise, ma ora le ho ritrovate perfettamente piegate nel baule… »

Il ragazzo lo guardò un po’ stupito, poi scoppiò a ridere: « Allora Hermione aveva proprio ragione! »

« Riguardo a cosa? »

« Questa è la divisa che mi hai dato. Guarda il nome sull’etichetta… »

« Harry Potter? Ma come… »

« Credo che tu abbia usato la magia senza nemmeno rendertene conto per prendere i nostri abiti dai bauli… »

Kaito si guardò le mani stupito: « Io… avrei usato la magia? Magia vera? »

Harry gli mise una mano sulla spalla: « Benvenuto a Hogwarts, Kaito. Se ancora avevi dei dubbi, ora sai che questo è davvero il posto giusto per te. »

E lo lasciò così, incredulo su quello che si era appena reso conto di aver fatto, sulla prima vera prova che forse Silente non era un pazzo scatenato e che forse non si era del tutto sbagliato sul suo conto.

 

Argh!!! Maledetta università, mi fai fare queste figure, pubblicare un capitolo a distanza di quasi due mesi! Vergognati, Hinata, quando mai hai fatto queste cose? Ok, mi dispiace tantissimo per il mega-ritardo… ma l’importante è avercela fatta! Spero che questo non influisca sulla trama del capitolo… e sulla filastrocca del Cappello Parlante! Ci ho messo tre giorni, ma sono soddisfatta! Sapeste che fatica trovare una rima con Serpeverde (salvo le parolacce, ma il Cappello dev’essere imparziale…)…

Dunque, anticipo una possibile domanda: perché ho messo Kaito nei Grifondoro? Voi avrete pensato che fosse una scelta scontata, ma io ci ho riflettuto molto… per quanto avrebbe causato qualche problema, non ci avrei pensato due volte a inserirlo in un’altra Casa se fossi stata convinta che fosse stata più adatta a lui, ma Kaito Kid si caratterizza anche per il coraggio, oltre per un pizzico di follia… ma la Casa dei folli non c’è, altrimenti ne avrei un posto prenotato da anni! XD

Ringrazio quindi darkroxas92, Meiyo Makoto e Sweet Witch per aver recensito, e quest’ultima anche per aver inserito la storia fra le ricordate… oltre a un nutrito gruppo di amici che seguono questa storia pur non essendo iscritti a questo forum! Grazie anche a voi!

Prossimo capitolo: la prima lezione di tutte le materie scolastiche del primo anno, grazie alle quali faremo conoscenza della classe di Kaito (ci saranno sicuramente Ginny e Colin, ma per gli altri posso dare libero sfogo alla fantasia!) e delle classi di primini delle altre Case.

Annuncio anche che, per chi mi segue anche in quel fandom, che presto (università permettendo) inizierò anche una nuova fanfic su Paperinik, come avevo annunciato.

Grazie a tutti, al prossimo capitolo!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

                                                                                                         

 

 

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Capitolo 5
*** Una giornata da ricordare ***


Una giornata da ricordare

 

« Ah! »

Kaito alzò le braccia nel tentativo di proteggersi il viso dalla miriade di uccelli che piombò sul tavolo del Grifondoro durante la prima colazione.

Hermione lo rassicurò: « Tranquillo, è solo la posta del mattino… »

Il ragazzo si guardò intorno un po’ stranito. Uno stormo di gufi e civette che piombava sul tavolo dove stavano mangiando non gli sembrava proprio il massimo dell’igiene. Chissà se erano anche addestrate a fare i bisogni in voliera o se qualcuno insieme alla colazione rischiava di mangiare anche…

Il ragazzo scosse la testa schifato, ma si tenne i suoi dubbi per sé.

Un ragazzo dai capelli color sabbia indicò un volatile bianco: « Ehi, Harry, c’è posta per te! »

Il ragazzo con gli occhiali alzò lo sguardo perplesso: « Sicuro? A me quella non sembra Edvige… anzi, non mi sembra neppure una civetta! »

Kaito alzò un dito e il volatile bianco si poggiò con molta delicatezza.

« E infatti è per me! Brava bella, ottimo lavoro… sarai stanca, vero? »

Il prestigiatore accarezzò il collo bianco dell’animale, mentre Ginny l’osservava, curiosa: « Una… colomba? »

Kaito alzò le spalle: « Le avevo già addestrate per i miei spettacoli di prestidigitazione, perché dover ripetere il lavoro con un gufo? Esistono i piccioni viaggiatori, allora perché non una colomba? »

L’uccello, di tutta risposta, tubò felice.

Ginny l’accarezzò: « E come si chiama? »

Kaito arrossì impercettilmente: « Aoko… »

« È un nome giapponese, vero? Cosa significa? »

Kaito stava per rispondere, quando la voce di Ron allarmò gran parte del tavolo dei Grifondoro.

« Errol! »

Il ragazzo dai capelli rossi tirò fuori per una zampa il minuscolo gufo che era atterrato direttamente nella tazza di latte di Hermione. Errol, svenuto, ricadde pesantemente sul tavolo, con le zampe in aria e una busta rossa tutta bagnata stretta nel becco.

Ron esclamò con fiato mozzo: « Oh no! »

Hermione cercò di stuzzicare garbatamente il gufo con la punta del dito: « Non ti preoccupare, è ancora vivo. »

« Non sono preoccupato per questo… ma per quella! »

Ron indicò la busta rossa. A Kaito, Harry e tutti i ragazzi di origine babbana non sembrava altro che una busta qualunque, ma tutti i compagni di Casa provenienti da una famiglia magica più Hermione, che sicuramente aveva letto qualcosa a proposito su qualche libro, si rifugiarono sotto il tavolo tappandosi le orecchie. Kaito li guardò perplessi, fino a quando Ginny gli tirò una manica e non gli fece segno di scendere anche lui.

« Ma cos’è, un pacco bomba? »

« Quasi… muoviti, prima che la Strillettera faccia il suo dovere! »

Kaito era ancora scettico, ma seguì il consiglio quando la busta cominciò a emettere fumo dagli angoli, sotto lo sguardo spaventato di Ron.

Neville, sempre da sotto il tavolo, sussurrò: « Aprila, Ron! Sarà peggio se non lo fai. Una volta mia nonna me ne ha mandata una e io ho fatto finta di niente e… è stato orribile. Se non ti muovi sarà troppo tardi… »

Ron allungò una mano tremante, mentre Harry, rimasto al suo fianco sulla panca, gli stringeva il braccio in segno di vicinanza, non sapendo esattamente cosa li aspettasse. Quando l’aprì, tutti si rintanarono sotto il tavolo tappandosi le orecchie con le dita. Dopo una frazione di secondo Harry e Kaito capirono il perché. Per un attimo pensarono che la lettera fosse esplosa ; un ruggito riempì l’immensa sala facendo cadere la polvere dai soffitti.

« … RUBARE LA MACCHINA! NON MI AVREBBE SORPRESO SE TI AVESSERO ESPULSO! ASPETTA CHE TI PRENDA! NON HAI PENSATO NEANCHE PER UN ISTENTE A QUEL CHE ABBIAMO PASSATO TUO PADRE E IO QUANDO ABBIAMO VISTO CHE NON C’ERA PIÙ… »

Le urla di mamma Weasley, cento volte più acute del normale, fecero tremare piatti e cucchiai sul tavolo e rimbombarono assordanti fra le mura di pietra. Tutti i ragazzi nella sala si voltarono per vedere chi aveva ricevuto la Strillettera e Ron sprofondò nella sedia, così che si vedeva solo la sua fronte paonazza, ormai indistinguibile dai capelli.

« …UNA LETTERA DA SILENTE IERI SERA! HO CREDUTO CHE TUO PADRE SAREBBE MORTO PER LA VERGOGNA! NON TI ABBIAMO ALLEVATO PERCHÉ TU TI COMPORTASSI IN QUESTO MODO! TU E HARRY POTEVATE MORIRE… »

Harry si stava giusto chiedendo quando sarebbe saltato fuori il suo nome. Da sotto il tavolo, Kaito ammirò la compostezza del ragazzo, che continuava a mangiare come se non udisse la voce che sicuramente gli stava rompendo i timpani più che a loro sotto il tavolo, che già credevano d’impazzire.

« …ASSOLUTAMENTE DISGUSTATA! IN UFFICIO TUO PADRE VERRÀ SOTTOPOSTO A UN’INCHIESTA! È TUTTA COLPA TUA, E SE PROVI A FARE UN ALTRO PASSO FALSO TI RIPORTIAMO DRITTO FILATO A CASA! »

Cadde un silenzio assoluto. La busta rossa, caduta dalla mano di Ron, prese fuoco e si contorse fino a ridursi in cenere. Harry e Ron sedevano attoniti, come se fosse passata sopra di loro l’onda di un maremoto. Alcuni dagli altri tavoli risero e si levò di nuovo un brusio di voci.

Hermione si rimise al suo posto, seguita da tutti gli altri Grifondoro: « , non so cosa ti aspettassi, Ron, ma… »

« Non dirmi che me lo sono meritato. »

Mentre si risedeva, Kaito notò che Harry stava allontanando il suo porridge. Molto probabilmente gli era passata la fame.

Solo a quel punto si ricordò della sua posta. C’era una lettera e il classico giornale giapponese che leggeva ogni mattina. Anche se si trovava dall’altra parte del pianeta, non voleva perdere le notizie del suo mondo. Aprì la busta.

 

Ciao, Kaito.

Allora, com’è il mondo magico? Qui la vita scorre come sempre… più o meno, ovviamente tu non ci sei, quindi non è proprio tutto come al solito…

Stamattina è passata Aoko. Mi ha chiesto se era tutto a posto, se avevo bisogno di qualcosa. È una ragazza fin troppo buona per te, sappilo! Mi ha detto che mi porterà qualcosa per te stasera, lo riceverai domani. Per oggi accontentati del giornale, conoscendoti non saresti stato tranquillo senza.

Non strafare.

Mamma

 

Kaito sorrise. Eh sì, la mamma è sempre la mamma…

Notò allora che c’era un’altra busta, uguale a quella che ogni ragazzo stava guardando. L’aprì, scoprendo che era il suo orario delle lezioni. George, al suo fianco, allungò il collo per sbirciare.

« Mannaggia, che giornatina che vi aspetta! »

Per Kaito la maggior parte di quelle parole era priva di significato: « Trasfigurazione, Pozioni, Volo, Storia della magia e Difesa contro le Arti Oscure… »

Fred mise una mano sulla spalla della sorella: « Auguri, vi attende proprio una giornataccia! »

Dopo aver finito la colazione, Kaito si aggregò a Ginny e a Colin, il ragazzo con la macchina fotografica sempre appesa al collo, e li seguì nell’aula di Trasfigurazione.

Lì, in una piccola stanza piena di banchetti di legno dove già erano seduti alcuni Tassorosso, un gatto grigio seduto sulla cattedra li guardava con aria severa. Kaito ci si avvicinò e iniziò a fargli le carezze sul collo.

« Ehi, piccolo, e tu da chi sei scappato? Ma quanto sei carino… »

Ginny lo guardò con aria inorridita: « Kaito… se quello che ho sentito da Fred e George è vero, quello non è un gatto »

Kaito si voltò verso di lei, senza smettere di accarezzare l’animale: « Non dirmelo, è un altro armadio… »

« Non esattamente, signor Kuroba. »

Kaito sussultò, poi sorrise: « Ok, bello scherzo, chi è il ventriloquo? Complimenti, sembrava proprio la voce della… della vicepreside, prima o poi imparo il nome! »

« Il mio nome è Minerva McGranitt, signor Kuroba, e sarebbe meglio che lo imparasse in fretta. »

Con un balzo il felino riassunse il suo aspetto umano. Kaito credette di avere un infarto. Accarezzare una prof poteva costargli l’espulsione già al primo giorno?

« Mi… mi scusi… io non pensavo… »

La McGranitt lo guardò con aria severa: « Immagino. Per sua informazione, signor Kuroba, alcuni maghi come me sviluppano la capacità di trasformarsi in animali. Queste persone, dette Animagus, sono registrate al Ministero della magia e sottoposti a periodici controlli. »

Poi spostò lo sguardo sul resto della classe: « , non prendete appunti? Questa è lezione, signori. »

Ci fu un momento di panico alla ricerca di pergamene e inchiostro, durante il quale Kaito andò a sedersi al suo posto.

« Ah, signor Kuroba. »

« Sì? »

« Visto che è il primo giorno, la sua punizione per questa volta consterà di un solo punto in meno a Grifondoro. Giusto per ammonirla di fare molta attenzione a ciò che tocca nel mondo magico. »

Kaito sospirò. Non aveva iniziato esattamente col piede giusto. Si voltò un attimo per osservare la sua classe: erano in sette Grifondoro (quattro maschi e tre femmine) e sei Tassorosso (quasi tutti maschi, salvo due ragazze). Della sua Casa c’erano lui, Ginny, Colin Canon, una ragazza dai capelli scalatissimi neri come l’ebano e un’aria perennemente arrabbiata, un ragazzo con gli occhiali e i capelli color sabbia, un altro con il volto completamente ricoperto di lentiggini e i capelli biondi e l’ultima ragazza con i capelli castani legati in una coda.

La McGranitt li mise a lavorare su un fiammifero da trasformare in un ago, ma nessuno ottenne grandi risultati ad esclusione del Grifondoro con gli occhiali, che perlomeno riuscì a renderlo sensibile a una calamita.

Tutto il gruppo si spostò poi nei sotterranei, per assistere alla lezione di Pozioni con i compagni di Corvonero.

Il professore dal naso a punta, i capelli neri unticci e l’aria tremendamente antipatica entrò sbattendo la porta. Molti degli alunni sussultarono, con intima soddisfazione di Piton. Kaito rimase indifferente, guardandolo con quella che il professore identificò come un’aria di sfida.

« Sono il vostro professore di Pozioni, Severus Piton. Da voi mi aspetto la massima ubbidienza. Qualunque critica o osservazione sulle mie lezioni non dovrà arrivare alle mie orecchie e, per il vostro benessere psicologico, non starò a dirvi il perché. »

Kaito alzò gli occhi al cielo. Una presentazione da vero dittatore, nulla da ridire. Si stava giusto chiedendo fra sé e sé come sarebbe stato con un paio di baffetti simili a un certo dittatore tedesco del Novecento, quando Piton si appoggiò giusto sul suo banco.

« Grifondoro, la lezione è qui, non sul soffitto! E visto che sei così alto, gradirei che per le prossime lezioni ti piazzassi in fondo alla classe. »

A Kaito non sfuggì il tono da insulto con cui aveva pronunciato alcune parole.

« Se è per permettere ai miei compagni di vedere meglio la lavagna, lo farò volentieri. »

Piton lo guardò con aria di sfida: « No, la verità è che mi copri i tuoi compagni dietro e a me piace avere la situazione sotto controllo. »

Kaito si alzò per spostarsi: «Questo l’avevo capito anche da solo… comunque, ho un nome. Come io le porto rispetto in quanto mio professore, gradirei che lo usasse. »

Ginny si sbatté una mano sugli occhi. Ma allora i guai quel ragazzo se li andava proprio a cercare!

Piton lo guardò, a metà fra l’arrabbiato e il sorpreso. Non rispose alla provocazione, con generale sorpresa della classe, e iniziò a fare l’appello. Non appena arrivò alla lettera K si fermò con un sorrisino. Kaito se lo aspettava e non gli staccò gli occhi di dosso, guardandolo con un’espressione molto simile. Non aveva mai temuto le sfide, né nei panni di studente né tantomeno in quelli di ladro prestigiatore.

Piton lo guardò soddisfatto: « Devo dedurre che il tuo nome sia Kuroba. È l’unico del registro dalla chiara origine orientale. »

« Corretto. »

« Bene, adesso che lo so vedrò di usarlo. Starà al tuo comportamento stabilire in quali occasioni e con che tono. »

« Terrò ben a mente. »

A quel punto, fra lo stupore generale, Piton non tolse alcun punto a Grifondoro e continuò l’appello e la lezione come se nulla fosse. Non appena finì la lezione, Ginny e Colin si affrettarono a portare via Kaito prima che Piton potesse fermarlo e magari fargliela pagare per la brutta figura di prima. Nessuno, Kaito in primis, poteva immaginare che il professore di Pozioni avesse invece apprezzato il focoso comportamento del ragazzo.

« Peccato solo che sia un Grifondoro, con un carattere deciso come quello se si fosse trattato di un Serpeverde l’avrei proposto come prefetto fra un paio d’anni… »

 

« Tu sei pazzo. Prima ne avevo solo il sospetto, ora è una certezza. Sfidare Piton in quel modo alla prima lezione… »

Kaito rise: « Via, Ginny, non esagerare! Cosa poteva farmi? »

Colin, che ormai si era appiccicato a loro in pianta stabile, aggiunse: « Ho sentito che per molto meno c’è gente che si è ritrovata in punizione per settimane! »

Il ragazzo alzò le spalle: « Non l’ho offeso. Ho solo detto quel che pensavo. »

Colin lo guardò, ancora sconvolto: « Pretendere rispetto da Piton… più facile fare una foto a Silente nella vasca da bagno! »

Kaito fece una smorfia: « Se mai riuscirai in tale scoop, ti prego, non mostrarmi la foto dopo pranzo… e magari neanche prima… »

La ragazza continuò: « Aspetta che lo vengano a sapere Fred e George e ti faranno un monumento, poco ma sicuro! »

« Un monumento forse è esagerato, ma di sicuro sai il fatto tuo. »

Il trio si voltò. A parlare era stata una loro compagna di Grifondoro, quella con i capelli scalati.

Kaito le sorrise: « Ti ringrazio. »

La ragazza gli fece un cenno e li superò.

Colin rise: « A quanto pare hai già delle ammiratrici! »

Kaito sorrise. Come Kid ci era abituato: « A proposito, come si chiama? »

Ginny ci pensò su: « Non me lo ricordo bene, ma mi pare che avesse a che fare con della frutta… o della verdura… »

Parlando di questo e di altro, il trio aveva raggiunto il campo da Quidditch, dove Madama Bumb li stava aspettando insieme, nuovamente, ai Tassorosso. Kaito guardò curioso lo strano campo con gli spalti, le torrette da gioco e le scope sul terreno.

Un Tassorosso esclamò: « Uao, non credevo che ci facessero allenare direttamente nel campo da Quidditch! »

Kaito si appuntò mentalmente un altro argomento da approfondire, mentre la professoressa si apprestò a rispondere: « Ho preferito venire direttamente qui, visto che l’anno scorso un vostro compagno di Grifondoro aveva avuto parecchi problemi… anche se quell’incidente, dopotutto, ha permesso alla sua Casa di trovarsi un nuovo Cercatore, a dimostrazione che non tutti i mali vengono per nuocere. »

Kaito non ci aveva capito nulla, come al solito.

La professoressa sbatté le mani: « Allora, siamo qui per una chiacchierata davanti a tè e pasticcini o per fare lezione? Avanti, avvicinatevi tutti a un manico di scopa! Veloci! »

Tutti obbedirono compreso Kaito, che in quella scopa abbandonata sul terreno non riusciva a vedere nient’altro che un attrezzo per le pulizie. Ma davvero si poteva volare su un aggeggio del genere?

Si rispose da solo ricordandosi di quella volta che Akako si era fatto passare per lui entrando in scena a bordo di una scopa.

Sospirò al ricordo. Sarà anche stato il mezzo dei maghi, ma trovava meno imbarazzante prendere il volo con il suo amato deltaplano!

Madama Bumb continuò: « Adesso allungate una mano sulla vostra scopa e dite: “SU”! »

Kaito la guardò sorpreso: « Tutto qui? »

« Perché preferivi un poema in sancrito antico con terzine dantesche in rima per volare? Se preferisci fai pure, ma non garantisco risultati! »

Il ragazzo si guardò intorno. Qualcuno, come Ginny, ci era riuscito al primo tentativo, qualcun altro osservava perplesso la sua scopa rotolare per terra. Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo. Ancora non riusciva ad abituarsi a quelle stranezze magiche, a prevalere in lui era ancora il senso comune babbano, che continuava a ripetergli che quello che gli era stato chiesto di fare era una cosa estremamente stupida, che una scopa era solo un attrezzo per le pulizie in coppia con una paletta e che l’unica al mondo a potersi permettere di usarla come mezzo di trasporto era la befana al sei di gennaio.

Vergognandosi da morire, Kaito tirò su la manica, allungò la mano destra e, sospirando con gli occhi chiusi, sussurrò rosso come un peperone: « Su. »

La scopa balzò come indemoniata nella sua mano, con una potenza tale che il ragazzo si ritrovò con i piedi per aria, mentre la scopa continuava imperterrita la sua salita. Istintivamente Kaito la strinse con tutte le sue forze, mentre lo sguardo spaventato andava al terreno che si allontanava sempre più.

« EHI! COSA FAI? GIÙ, GIÙ, VAI GIÙ!!! »

Da terra Madama Bumb gli gridò: « KUROBA, COSA STAI FACENDO? »

« E IO CHE NE SO??? HO FATTO SOLO QUELLO CHE HA DETTO LEI! »

La professoressa sospirò: « Ma perché ogni anno i Grifondoro mi devono dare problemi? »

Intanto Kaito aveva faticosamente afferrato la scopa anche con la mano sinistra, ma l’aggeggio infernale non aveva intenzione di rallentare la sua velocissima ascesa. Il ragazzo deglutì: non aveva portato con sé il deltaplano e una caduta da quella altezza sarebbe risultata fatale anche a Kaito Kid. La scopa si sarebbe fermata prima della stratosfera?

Kaito scosse la testa: « E no, non mi farò uccidere da un mucchio di saggina al primo giorno di scuola! »

Con uno sforzo non indifferente, riuscì faticosamente a issarsi sulla scopa, con tanta violenza che ebbe qualche problema con i gioielli di famiglia. I compagni di sesso maschile a terra fecero sentite smorfie di dolore. Dopo qualche secondo di doveroso raccoglimento, ritornò a concentrarsi sul problema principale.

« E fino a qui ci sono… e ora? »

Provò a inclinare leggermente il manico verso il basso e la scopa invertì il senso di marcia, ma non diminuì la velocità.

« Ok, la buona notizia, Kaito, è che non stai più salendo in modo incontrollato… ora stai precipitando in modo incontrollato! PROF, DOVE SONO I FRENI SU QUESTA DIAVOLERIA??? O ALMENO MI DICA COME SCALARE LA MARCIA!!! »

Madama Bumb era salita su un manico di scopa per recuperare lo studente malcapitato, mentre tutti i compagni guardavano la scena con il naso all’insù.

Kaito cercò di non andare completamente nel panico. Dopotutto non era mica la prima volta che precipitava nel vuoto. Solo che di solito aveva con sé tutta l’attrezzatura da prestigiatore, che il quel momento giaceva placidamente nel baule in camera, e non stava per schiantarsi dritto dritto su un castello. I riflessi, però, li aveva sempre con sé. Con la coda dell’occhio vide un possibile appiglio. Prese un profondo respiro e si mise in piedi sulla scopa, con lo straordinario senso dell’equilibrio che aveva appreso per le mille acrobazie di Kaito Kid. I compagni a terra trattennero il fiato, Madama Bumb non sapeva se insultarlo per la sconsideratezza o incoraggiarlo. Prima che potesse fare una delle due cose, Kaito si lanciò, afferrando al volo uno dei gargoyles del castello e rimanendo appeso lì. La scopa continuò la sua discesa fino a schiantarsi per terra, a poca distanza dalle serre di Erbologia della professoressa Sprite che, a causa della velocità, si ritrovò affianco alle sue aule un cratere di atterraggio da fare invidia a un piccolo meteorite. Kaito non poté non tirare un sospiro di sollievo per essere ancora vivo e per non aver rotto nulla.

« E adesso speriamo solo che questo gargoyle non sia come quelli del Gobbo di Notre Dame della Disney o se mi buttano giù da questa altezza son dolori… »

La professoressa lo raggiunse e lo riportò a terra. Ginny e tutti i Grifondoro gli corsero incontro per controllare il suo stato di salute. Kaito non aveva nemmeno un graffio e non sembrava nemmeno troppo scosso per l’accaduto, quindi la professoressa ne approfittò per una spiegazione teorica su tutto quello che era sconsigliabile fare su un manico di scopa.

Kaito l’ascoltò di sfuggita, borbottando fra sé: « Potrà dirmi tutto quello che le pare, ma dopo questa esperienza io continuerò a usare il mio babbanissimo deltaplano, poco ma sicuro… almeno quello non s’imbizzarrisce in volo! »

 

A pranzo Kaito non si presentò in Sala Grande. Aveva lo stomaco troppo sottosopra per mangiare. Le voci sulle sue prodezze sulla scopa, però, stavano facendo il giro della scuola e qualche Serpeverde iniziò a vociferare sul fatto che “il nuovo spilungone orientale di Grifondoro” si vergognasse così tanto da non presentarsi in pubblico. Kaito era invece semplicemente stanco. Neville lo trovò infatti abbandonato su una poltrona nella Sala Comune della Casa.

« Ciao. »

Il ragazzo sussultò: « Oh, ciao… scusa, puoi ripetermi il tuo nome? »

« Neville. Neville Paciok. E io e te abbiamo una cosa in comune. »

« Davvero? »

« Sono io il Grifondoro che l’anno scorso ha avuto parecchi problemi con la prima lezione di volo… so che Madama Bumb lo racconta spesso ai primini. »

Kaito sbarrò gli occhi: « E allora sì, abbiamo decisamente qualcosa in comune! »

Neville lo guardò preoccupato: « Non sei venuto a pranzo perché ti vergognavi? »

Il ragazzo lo guardò sorpreso: « Ma figurati! No, ero solo stanco… cercare di non precipitare da una scopa imbizzarrita è una di quelle cose che ti fanno venire un po’ di sonnolenza dopo, tu dovresti saperlo! »

Neville rise: « Meno male, sentivo i Serpeverde che sparlavano e… »

« Non ho mai avuto paura delle critiche, puoi stare tranquillo. »

« Meglio così. Però ti voglio dare questa. »

Neville porse a Kaito una sferetta contenente del fumo bianco.

« È una Ricordella. Se la stringi fra le mani ti segnala se hai dimenticato qualcosa diventando rossa. »

Il giapponese la guardò perplessa. Non capiva il nesso fra quello strano oggetto e la lezione di volo.

« Quando la mia scopa s’imbizzarrì mi cadde di tasca e scatenò una sfida fra Harry e Malfoy, un Serpeverde. Grazie a questa, Harry dimostrò il suo valore e venne preso nella squadra di Quidditch. Spero che porti la stessa fortuna anche a te. »

« Grazie… ma a te non serve? »

Neville fece spallucce: « Non mi ricordavo mai di usarla. E poi mi sa che hai davvero un bisogno urgente di fortuna. »

« Perché? »

« Perché a quanto mi ha detto la sorella di Ron, la tua prossima lezione è proprio con i Serpeverde. »

 

Continuando a giocherellare con la Ricordella in tasca, Kaito trovò l’aula del professor Rüf molto più facilmente di quanto credesse. Quando entrò molti ragazzi erano già seduti e anche lui si accomodò vicino alla compagna di Casa che gli aveva fatto i complimenti dopo la lezione di Piton, ignorando altamente i Serpeverde che lo guardavano di sottecchi e ridacchiavano.

La ragazza gli sorrise: « Nonostante tutto, mettersi in piedi su una scopa in discesa libera non è cosa da tutti. Hai ancora il mio rispetto, e bada bene che non lo concedo a molti. Vedi di continuare a meritartelo. »

« Doppiamente grazie, allora. »

Gli porse la mano: « Sheridan. »

Kaito aspettò un secondo a stringerla, aspettandosi anche il cognome. Sheridan se ne accorse.

« Sheridan e basta. »

Il ragazzo fece un mezzo inchino con la testa: « E allora per te sono Kaito e basta. »

« Sta bene. Ma ora piantiamola, che è arrivato il prof. »

« Eh? Ma se la porta non si è aperta! »

Sheridan sorrise della sua ingenuità: « Lui non ne ha bisogno. E anche se volesse non potrebbe farlo. »

Kaito ebbe la risposta alle sue enigmatiche parole quando il professore attraversò la cattedra. Kaito sbiancò.

« Ti prego, dimmi che è un ologramma… »

Sheridan sorrise alzando un sopracciglio: « A Hogwarts i fantasmi sono la norma. »

« Quindi lui è… morto? »

La ragazza annuì.

« E insegna ancora? »

Sheridan annuì di nuovo, intimamente soddisfatta dell’aria sconvolta di Kaito.

« E pensare che c’è gente che farebbe carte false per andare in pensione… »

La lezione si dimostrò meno tremenda di quanto Neville gli avesse prospettato. Rüf era talmente soporifero che persino i Serpeverde che avevano pensato di combinare a Kaito qualche brutto tiro si ritrovarono troppo anestetizzati per dire o compiere qualunque cosa, e il prestigiatore ebbe il tempo di osservare meglio i suoi compagni di classe.

Una cosa che lo incuriosiva molto era la pettinatura di Sheridan, che ora poteva osservare da vicino: la nuca era quasi rasata sulla base, mentre il resto dei capelli era stato tagliato in modo esageratamente scalato, al punto che i ciuffi davanti erano più lunghi delle spalle. Gli altri compagni erano più ordinari nell’aspetto, e ne ripassò i nomi: oltre a Ginny e a Colin Canon, c’era il ragazzo con gli occhiali e i capelli color sabbia, che si chiamava Thomas Rourke; quello biondo e lentigginoso di nome Stephen Thompson; e l’ultima ragazza rimasta, Nicole Barden. Gli restava solo il dubbio sul cognome di Sheridan, ma gli sarebbe bastato prestare attenzione all’appello della prossima lezione.

Dopo questo ripasso mentale, Kaito ripiombò beatamente nell’apatia. Nonostante tutto fu soddisfatto della lezione di relax, finalmente. La classica quiete prima della tempesta, si ritrovò a pensare.

Non sapeva ancora quanto aveva ragione.

 

I Grifondoro uscirono dall’aula sbadigliando e stiracchiandosi.

« Che abbiamo, ancora? »

Colin prese il programma: « Difesa contro le Arti Oscure. »

Kaito sospirò: « Dimmi che è l’ultima, ti prego, non ne posso più… »

Stephen gli sorrise: « Sì, tranquillo. A proposito, tutto bene dopo Volo? »

« Benissimo, grazie! Ho solo un po’ fame… ah, scusate, chi è il prof di quest’ultima materia? »

Rispose Nicole, con aria sognante: « Gilderoy Allock… è tutto il giorno che aspetto questo momento! »

Colin Thomas sussurrò a Kaito, visibilmente perplesso: « Il belloccio che ha presentato ieri Silente. Tutte le streghe impazziscono per lui! »

Il prestigiatore alzò gli occhi al cielo. Gli era stato sufficientemente antipatico dopo averlo visto per venti secondi, non era sicuro di sopportarlo per un’ora intera.

Entrarono compatti nell’aula insieme ai Corvonero, che per fortuna non era coperta di gigantografie del professore come aveva temuto Kaito. Ma forse era solo perché non aveva avuto abbastanza tempo, si ritrovò a pensare.

Allock era già lì, ad analizzare gli studenti uno per uno. Kaito ne incrociò lo sguardo per un secondo. Antipatia a pelle, ne era certo. Forse anche reciproca, ma non ne era sicuro. Mentre si sedeva affianco a Colin, il professore si schiarì la voce rumorosamente attirando l’attenzione. Una tecnica evidentemente studiata e collaudata.

Allock prese una copia di uno dei suoi libri dalla cattedra e mostrò il proprio ritratto ammiccante sulla copertina: « Io, Gilderoy Allock, Ordine di Merlino, Terza Classe, Membro Onorario della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure e cinque volte vincitore del premio per il Sorriso più Seducente promosso dal Settimanale delle Streghe, do il benvenuto a voi, giovani matricole, a questo nuovo ed entusiasmante corso! »

Gran parte delle ragazzine lo guardò con aria sognante, i maschi ridacchiarono o sbuffarono. Kaito mantenne la sua faccia da poker.

« Ma immagino che voi non siate venuti per ascoltare i miei meriti… dopotutto non mi sono certo liberato della strega Bandon facendole un sorriso! »

Eccola, la battutaccia riciclata chissà quante volte e per nulla divertente. Kaito trovò quell’uomo tremendamente scontato, il classico tizio che cerca di comportarsi come uomo di spettacolo senza averne le capacità.

« Bene, diamo un’occhiata all’elenco, visto che siete tutti nuovi, così impariamo a conoscerci… anche se probabilmente tutti conoscete già me! »

Kaito rischiò d’incrinare la sua faccia da poker, pur essendo ben allenato. Per una frazione di secondo ebbe la tentazione di mettersi in costume e saltare sul banco pur di non lasciargli la scena, ma si trattenne. Intanto Allock prese in mano il registro.

« Dunque, per quanto riguarda i Grifondoro… Bardon, Canon, Kuroba… oh, che cosa curiosa… »

Kaito sentì un rumore alle sue spalle. Sheridan aveva appena spezzato in due una matita e guardava Allock con occhi di brace.

« Chi sarebbe Pumpkin? »

Al nome, pronunciato con voluta e studiata enfasi, qualcuno fece qualche risolino, Sheridan divenne completamente rossa. Kaito non capiva il motivo di tanta ilarità, fino a quando non gli venne un flash. Sulle confezioni di dolci nel periodo di ottobre ricordava a volte di aver letto “Halloween Pumpkin”… zucca di Halloween! Ecco perché ridevano!

« Allora? »

Sheridan si alzò in piedi urlando: « SONO IO! E ALLORA? »

« È solo che hai un cognome molto divertente… via, via, non è il caso di prendersela tanto… »

La frase era innocente, ma a Sheridan fece più male di uno schiaffo in viso: « E IL SUO, ALLORA? LEI È PROPRIO UN ALLOCCO, DI NOME E DI FATTO! »

Allock s’alzò in piedi a sua volta, visibilmente irritato: « Come ti permetti d’insultare un professore? Dieci punti in meno a Grifondoro, e ringrazia che sono generoso e comprensivo! »

« Mica tanto… del resto, ha cominciato lei… »

La classe si zittì di colpo. Il professore iniziò ad assumere lo stesso colorito di Sheridan. Imperterrito, Kaito continuò: « Trovo ingiusto che se un alunno prende in giro il cognome del professore perda punti, mentre se a farlo è un’insegnante non accada nulla… lei è un adulto, ha a che fare in questo momento con dei ragazzini quasi tutti di undici anni, non dovrebbe essere più responsabile? »

Allock perse completamente la sua sicurezza: « SILENZIO! »

Kaito gli diede il colpo di grazia: « O non sarà mica che il ragazzino qui dentro è lei? »

« KUROBA! ALTRI VENTI PUNTI IN MENO A GRIFONDORO! E PARLERÓ CON LA MCGRANITT PERCHÉ TI SIA DATA UNA PUNIZIONE ESEMPLARE! Per oggi andate, tutto questo nervoso fa male ai miei poveri riccioli… »

La faccia da poker di Kaito ebbe il crollo definitivo. Aprì la bocca per dire ancora qualcosa, ma tutti i Grifondoro lo presero e lo portarono fuori dalla classe di peso per non fargli peggiorare la sua situazione. I Corvonero li seguirono e almeno a loro Kaito riuscì a chiedere di scusarsi con Sheridan per aver riso del suo nome.

La ragazza accettò le scuse di malavoglia, poi chiese a Kaito di potergli parlare a quattr’occhi.

« Di solito non perdono chi mi deride, ma visto quello che hai fatto per me mi sembrava ingiusto non assecondare la tua richiesta. »

Kaito sorrise: « Quindi il favore me lo avresti fatto tu? »

Sheridan lo guardò seria: « No. Sono scontrosa, ma non fino a questo punto. Oggi ti sei davvero guadagnato il mio rispetto. »

« In compenso credo di aver perso quella della Casa, con questo ho perso… 21 punti solo al primo giorno di scuola! »

« Io altri 10. Credo che Grifondoro non abbia fatto un buon affare con noi due… »

Entrambi ridacchiarono.

« Grazie, Kaito. »

« Non c’è di che, anche se la tua reazione mi è sembrata esagerata… »

Sheridan s’avviò verso la Sala Comune: « Chissà, forse un giorno ti spiegherò… »

Kaito sospirò: « Ha già gli atteggiamenti da gran donna di Akako, e ha solo undici anni! Temo cosa possa accadere se quelle due s’incontrassero… »

 

Sulla porta della Sala Grande Hermione guardava sconvolta le enorme clessidre segnapunti: « Ma come? Che fine hanno fatto tutti i punti che ho guadagnato oggi? »

Kaito s’inchinò in segno di scusa: « Temo di averteli bruciati io con Allock… mi dispiace… »

Una mano sulla spalla la face trasalire: « A questo proposito, Kuroba, avrei bisogno di parlare con te prima di cena. »

« Professoressa McGranitt! Mi ha fatto prendere un colpo! »

L’insegnante lo squadrò serio: « Vorrei sentire da te una versione dei fatti. Quella del professor Allock era un po’ confusa, a mio parere. »

Kaito raccontò nel modo più oggettivo possibile l’accaduto.

La McGranitt annuì: « Capisco. Non posso dire di non capire la tua presa di posizione, Kuroba, ma non posso nemmeno ignorare la diretta richiesta di un’insegnante… la tua punizione consisterà nella lettura approfondita di un libro del professor Allock a tua scelta, su cui quest’ultimo potrà poi interrogarti fra quattro giorni. Il voto non farà media, ma credo che la lettura di uno di quei libri sia per te una punizione sufficiente, senza contare che ti avvantaggerà durante l’anno scolastico. »

Kaito la guardò sorpreso: « Davvero? Grazie! »

« Sono stata molto buona con te, Kuroba, quest’oggi, ma non prenderla come un’abitudine. I Grifondoro si distinguono per il coraggio, è vero, ma dovrai imparare presto che al coraggio bisogna dare moderazione… »

Ancora incredulo per essere stato praticamente graziato dalla McGranitt, Kaito entrò nella Sala Grande venendo accolto praticamente come un eroe da Fred e George.

« 21 punti in meno e una punizione il primo giorno di scuola! Avevamo intuito che avessi talento, ragazzo, ma ci hai piacevolmente sorpreso! »

« Nemmeno noi eravamo giunti a tanto! »

Percy alzò un sopracciglio: « Ma se il primo giorno avete fatto perdere a Grifondoro ben 40 punti in un colpo solo! Ho scoperto solo allora che le clessidre contano anche i numeri negativi… »

Fred gli fece un occhiolino: « Appunto: 40 punti, ovvero 20 a testa… Kaito ci ha battuto di un punto! »

Il prestigiatore rise: « E la punizione? »

I gemelli rabbrividirono: « Una settimana ad accudire Miss Purr, il gatto di Gazza il custode… un esperienza che non auguriamo a nessuno! »

George aggiunse: « Per di più ci è giunta voce delle tue imprese: hai accarezzato la McGranitt, risposto a Piton, domato una scopa imbizzarrita, zittito Allock e sei ancora qui a fare cena… è una giornata da ricordare, direi al pari di quando abbiamo chiuso Gazza nel suo ufficio con la colla magica e rasato il gatto! »

Percy si mise le mani nei capelli: « Fai finta di non aver sentito, Percy, o il tuo ruolo di prefetto t’imporrebbe di far qualcosa… »

Uno dei gemelli fece spallucce: « Tanto ormai i nostri crimini sono caduti in prescrizione… »

Tutti risero, compreso Kaito, compresa Hermione, compreso persino Percy stesso. L’unica che non si unì alla risata collettiva fu Sheridan, che però non si era persa una parola del discorso dei gemelli. Ma alla fine anche lei si lasciò andare ad un sorriso.

 

Era stata una giornata tosta, senza alcun dubbio, e se fosse stato per Kaito sarebbe andato subito sotto le coperte. Ma aveva ancora una cosa da fare…

Prese pergamena e calamaio e si mise a scrivere nel caos della Sala Comune, sicuro che se anche qualcuno avesse provato a farsi gli affari suoi non avrebbe capito nulla con la scrittura in caratteri giapponesi.

 

Ciao mamma!

Non hai la più pallida idea di come sia la vita qui! Proverò a raccontarti qualcosa, ma sono stanchissimo e non sono sicuro di finire tutto di stasera…

Stamattina, per esempio, ho visto come fanno le mamme dei maghi a sgridare i loro figli, un’esperienza che non auguro a nessuno…

 

Di nuovo due mesi… odio riuscire ad aggiornare così di rado, non è da me! Uffa… non mi resta che scusarmi, sono stata presa dai troppi impegni universitari… ma spero di farmi perdonare con la lunghezza!

Una giornatina pesante eh? Tranquilli, i prossimi capitoli non analizzeranno tutte le giornate scolastiche di Kaito, serviva solo a introdurne la quotidianità!

Ringrazio darkroxas92 per aver commentato la storia e v’invito tutti al prossimo capitolo, dove scopriremo qualcosa in più sulla scontrosa Sheridan, mentre Fred e George ne combineranno una delle loro!

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

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Capitolo 6
*** Scherzi da veri Malandrini ***


Scherzi da veri Malandrini

 

« Ehm… Hermione? »

La ragazza si voltò curiosa: « Dimmi, Colin. Cosa c’è? »

« Ehm… potresti aiutarmi un attimo? Kaito ha di nuovo avuto una discussione con i Serpeverde… »

Hermione si passò una mano sugli occhi sospirando: « Quel ragazzo dovrebbe piantarla di attaccare briga finché non sarà in grado di difendersi dalla magia! Che gli hanno combinato stavolta? »

Colin indicò la Signora Grassa: « Dovresti uscire un attimo della Sala Comune per vederlo… »

La ragazza lo seguì sospirando. Una volta nel corridoio, però, si stupì nel trovarlo deserto.

« Colibrì! »

La Signora Grassa li guardò sorpresa: « Ma… di nuovo? Ragazzi, siete voi a farmi questo scherzo? Continuo a sentire la parola d’ordine, ma non vedo nessuno a cui aprire… »

Colin alzò l’indice verso l’alto e una voce sopra le loro teste rispose: « Questo perché i quadri non possono guardare in alto! E lei è così veloce a richiudersi che non riesco ad entrare in queste condizioni! »

Hermione alzò lo sguardo: « Kaito? »

Il ragazzo incrociò le braccia. Era perfettamente in piedi sul soffitto, con la testa in giù come i pipistrelli.

« Se becco quello stupido Serpeverde che mi ha invertito il senso di gravità, non so cosa gli faccio! Non riesco nemmeno ad entrare nella Sala Comune, il pezzo di parete che mi separa dal quadro per me è troppo alto per superarlo con un balzo nel poco tempo che la Signora Grassa rimane aperta! »

Hermione sospirò, per poi fargli il contro incantesimo: « Gravitatus normalis! »

« Eh? Ah! »

Kaito si ritrovò in caduta libera, ma Hermione prontamente lo sollevò in aria con l’incantesimo di levitazione e lo accompagnò delicatamente a terra.

« Fiù… grazie, Hermione, non riuscivo più a scendere! »

« Cos’hai combinato stavolta? »

« Io? Niente! E stavolta Colin mi è testimone, vero Colin? »

Il ragazzo annuì e Kaito continuò: « Stavamo andando in biblioteca a studiare, quando un gruppo di Serpeverde ha iniziato a dirmi una serie di insulti, ma senza motivo, io a loro non ho detto nulla! Ho capito solo la parte dove mi davano dell’immigrato cinese venuto a rubare i posti a scuola agli “onesti cittadini magici inglesi”… a parte il fatto che sono giapponese e non cinese, hanno poi aggiunto qualcosa sul fatto che devo essere un mago davvero scarso se il mondo magico si è accorto di me con cinque anni di ritardo e mi hanno fatto quella magia e mi sono ritrovato a pendere dal soffitto, mentre quelli mi sfidavano a scendere, se ne fossi stato in grado… »

Colin aggiunse: « Per essere precisi mentre se ne andavano hanno aggiunto biascicando una frase che né io né lui abbiamo capito… un qualcosa come “sangue smorto”… o “sporto”… »

Hermione scosse la testa: « Non ne ho idea. È normale che i Serpeverde tendano al bullismo e direi che in te hanno trovato l’incarnazione dello stereotipo di tutto quello che odiano… non avrai intenzione di vendicarti? »

Kaito sospirò: « No, ma non ho nemmeno intenzione di passare tutta la mia carriera scolastica appeso al soffitto! Devo imparare un po’ di contro incantesimi, o meglio ancora, qualcosa che possa fermarli senza fargli male… in una scuola babbana saprei come fare, ma con la magia mi trovo un po’ spiazzato… »

Hermione lo incoraggiò: « Devi solo imparare qualche trucco del mestiere. »

Kaito sorrise: « Allora farò in fretta, i trucchi sono la mia specialità! »

Per Kaito la questione era risolta, ma non immaginava che qualcuno, silenziosamente, aveva assistito a tutta la discussione…

 

 

Fred e George scesero dalla scalinata principale ridendo: « No, sul serio? E cosa hai fatto, a quel punto? »

Kaito rispose: « Niente di particolare. Allock mi ha interrogato in modo spietato su quel libro che mi ha assegnato la McGranitt, ma ho risposto a tutte le sue domande. Certo non sono fiero di sapere vita, morte e miracoli di quell’essere… ma almeno se mi attacca ancora saprò dove colpirlo! A meno che non conosciate un incantesimo per dimenticare quella schifezza di libro… »

I trio si diresse verso la Sala Grande per la prima colazione.

« Ci sarebbe l’Oblivion, ma… »

George si ritrovò improvvisamente buttato a terra da Lee Jordan e da parecchi altri ragazzi.

Fred lo aiutò ad alzarsi: « Cos’è tutta questa agitazione? »

Ron gli rispose: « Venite a vedere, è una cosa degna di voi due! »

I tre ragazzi si guardarono perplessi e risalirono la scalinata seguendo la fiumana di gente che rideva, e solo quando riuscirono ad affacciarsi a una finestra capirono il motivo di tanta ilarità.

Sette Serpeverde di vari anni e un Corvonero dell’ultimo anno si trovavano all’esterno dell’edificio, appesi ai pennoni o ai gargoyles del quinto piano e vestiti di sola biancheria intima. A parte la temperatura tutt’altro che mite del periodo, era una situazione pericolosissima, perché la loro posizione era precaria e infatti i professori tentavano di tirarli giù il più in fretta possibile.

Fred li guardò stupefatto: « Chi li ha messi lì? »

Percy osservò i fratelli con sguardo indagatore: « Non voi, spero! »

George si ritenne offeso: « Assolutamente no! Facciamo scherzi, è vero, ma mai così pericolosi! Se cadono da lì senza un manico di scopa o una bacchetta si sfracellano, non siamo così crudeli! »

Il fratello maggiore annuì: « Lo so, è quello che ho detto ai professori quando provavano a ipotizzare chi potesse essere stato… il pensiero è andato a voi perché siete dei maestri delle burle e nessuno di quel gruppo si è accorto di niente… »

Kaito intervenne: « Come sarebbe a dire? »

« Sarebbe a dire che questa mattina si sono ritrovati appesi lì per le mutande, senza sapere come ci sono arrivati… chiunque sia stato dev’essere davvero in gamba, ma non riusciamo a capire cosa possano avere in comune, sono persino di case diverse! »

Kaito ne osservò bene i visi. Era sicuro di averli già visti tutti e otto. Improvvisamente sbarrò gli occhi e si allontanò dal gruppo senza farsi notare. Sì, forse aveva trovato il legame fra le vittime di quello scherzo un po’ troppo pesante… e sapeva anche dove trovarlo.

 

« Tu non sei venuta a vedere lo spettacolo, Sheridan? »

La ragazza era tranquillamente e placidamente seduta nella deserta Sala Grande a fare colazione: « Non m’interessano degli scemi appesi per le mutande… »

« Non t’interessano perché li hai già visti quando li hai appesi, vero? »

Sheridan rimase con la tazzina a mezz’aria.

Kaito continuò: « Li ho riconosciuti tutti: il Corvonero e quattro dei Serpeverde ti hanno presa in giro nei giorni scorsi per il tuo cognome… e gli ultimi tre sono quelli che mi hanno fatto camminare sul soffitto! »

Sheridan riprese a mangiare: « Ti dovevo ancora un favore per la prima lezione con Allock… »

« Questo non lo chiamerei esattamente un favore. »

« Ah, preferivi che continuassero a maltrattarti? »

« Pensi davvero che così smetteranno? È possibile che cerchino di vendicarsi a loro volta, non voglio innescare una faida! Non ci hai pensato? »

« Io i problemi li risolvo così. »

« Oh, complimenti, allora, un modo molto maturo! »

« Parla il Matusalemme del primo anno… »

Kaito la guardò sempre più serio: « Non sono in vena di scherzare, Sheridan. Quello che hai fatto è grave e tu non te ne rendi nemmeno conto! È questo che mi fa arrabbiare! »

Sheridan si alzò: « Ma tu cosa ne vuoi sapere degli affari miei? »

« Appunto perché non so niente degli affari tuoi che mi preoccupo! Ma che cavolo ti hanno fatto per farti reagire così ogni volta che qualcuno nomina il tuo cognome? »

Sheridan abbassò lo sguardo: « Non sono affari tuoi. »

Kaito sospirò: « E riecco la reazione da adolescente asociale. Così non andiamo da nessuna parte… »

La ragazza s’avviò verso l’uscita: « Farai la spia, dunque? »

« Solo se qualcun altro verrà accusato e rischierà di pagare al posto tuo. Spero che confesserai prima di allora. »

« Cosa farò saranno solo affari miei. »

« Bene, allora arrangiati! »

« Lo farò. E lo stesso vale per te. »

Kaito stava per scoppiare. Si sedette sulla panca con la testa fra le mani. Non sapeva cosa l’avesse trattenuto dal prenderla a schiaffi. Forse perché dopotutto era una bambina ai suoi occhi. Ma anche ai bambini si danno le sculacciate quando sbagliano. Cosa poteva fare?

Rimase lì a rimuginare sulla discussione anche quando iniziarono ad entrare altri studenti. Solo una mano sulla spalla riuscì a farlo trasalire.

« Professoressa McGranitt! »

« Puoi seguirmi un attimo, Kuroba? »

Il ragazzo annuì e si alzò. Non si era assolutamente accorto che due persone ben nascoste avevano assistito a tutta la discussione fra lui e Sheridan.

« Quando l’ho visto ondare via così abbiamo intuito che aveva capito qualcosa. A quanto pare avevamo ragione. »

« Cosa ne pensi? »

« Che se quella ragazza ha davvero fatto tutto quel casino da sola e senza beccare, ha talento eccome! »

« E su Kaito non abbiamo dubbi, no? »

« Assolutamente no. Forse quello che avevamo in mente potrebbe risolvere anche i loro problemi… »

« Dunque, glielo proponiamo? »

« Io dico di sì. »

Una figura guardò di sottecchi un pezzo pergamena logoro che teneva in tasca: « Noi, Kaito e Sheridan… così saremo in quattro, proprio come loro… »

 

 

La professoressa accompagnò Kaito poco lontano, in una stanza sullo stesso piano: « Il signor Gazza è stato così gentile da permettermi di utilizzare il suo studio, che è il più vicino… »

Kaito si guardò intorno. Che quella stanza non fosse della McGranitt era evidente: era un locale squallido e privo di finestre, illuminato da un’unica lampada a petrolio che pendeva dal soffitto, così basso che Kaito lo sfiorava con la testa. Su tutto, aleggiava un vago odore di pesce fritto, che ricordò al ragazzo che in tutto quel caos lui non aveva ancora fatto colazione. Lungo le pareti erano appoggiati degli armadi da archivio di legno, con delle etichette con nomi degli studenti. Dato che Fred e George Weasley avevano un cassetto tutto per loro, a Kaito venne il dubbio che non si trattassero di tutti gli studenti puniti in qualche modo dal non molto socievole guardiano. Appesa sulla parete dietro alla scrivania, faceva mostra di sé una collezione lustra e smagliante di catene e manette. Kaito rabbrividì: non era per caso che l’insegnante aveva deciso di accusare lui dello scherzo di cattivo gusto di Sheridan e avesse intenzione di punirlo con quelle?

Tuttavia fu un’altra cosa ad attirare di più la sua attenzione, l’unica cosa bianca della stanza.

« Posso chiedere cosa ci fa qui la mia colomba? »

La McGranitt fece per sedersi sulla sedia, poi, notando una macchia scura non identificabile sul tessuto dell’imbottitura, decise di stare in piedi.

« Vedi, Kuroba, noi effettuiamo dei controlli sulla posta in arrivo agli studenti… niente a scopo censorio nei contenuti, sia chiaro, servono solo a garantire la sicurezza fisica e psicologica degli alunni. »

Kaito la guardò perplesso: « Insomma, controllate che non arrivino pacchi bomba o lettere con proiettili e polvere da sparo… »

« Sostanzialmente sì, ma la corrispondenza fra maghi può contenere pericoli più grossi di quelli che hai elencato. »

« Tutto chiaro e condivisibile negli intenti, ma ancora non capisco perché mi abbia convocato. »

« Vedi, Kuroba, nelle ultime due settimane ci siamo visti costretti a requisire una parte della tua corrispondenza, tutta proveniente dallo stesso mittente… »

La professoressa estrasse dalle tasche del mantello cinque buste uguali. Una sesta era ancora legata alla zampa della colomba, insieme a due giornali e a un’altra lettera.

« Vorrei tanto capire in che rapporti sei con questa persona, Kuroba… conosci una certa signorina Koizumi Akako? »

Kaito sospirò: « Sì, è una vecchia conoscenza… »

La professoressa alzò un sopracciglio: « E allora forse saprai spiegarmi perché questa signorina t’invia alternativamente lettere contenenti incanti d’amore o di morte… »

Il ragazzo cercò di giustificarsi: « È una lunga storia… ma comunque è tutto nella norma, gliel’assicuro, è sempre stata un po’… un po’… »

Kaito cercava disperatamente un sinonimo accettabile di “pazza psicopatica”, ma la McGranitt lo tolse dal momento d’imbarazzo: « Abbiamo provveduto a mandare alla signorina Koizumi una missiva da parte dell’istituto dove la informiamo che se le lettere non sono prive di incanti diretti alla lesione degli studenti, queste vengono sequestrate prima che il diretto destinatario ne sia a conoscenza, e quindi se intende intraprendere una corrispondenza con te sarà costretta ad adeguarsi e a inviare buste normali… »

Kaito annuì e la professoressa, dopo aver ripreso le buste maledette, si avviò verso la porta.

« Ah, Kuroba? »

« Sì? »

« Se questa signorina continua a importunarti, mi sentirei di consigliarti una bella denuncia di stolking al Ministero della Magia… se serve posso indicarti l’indirizzo e le modalità. »

Kaito fece ricorso alla sua faccia da poker per non riderle in faccia: « Grazie, ci penserò… ma sinceramente spero basti la vostra lettera! »

« Lo spero anch’io… non toccare nulla ed esci in fretta da qui, o il signor Gazza potrebbe risentirne… »

Kaito annuì e seguì immediatamente dopo aver preso la sua piccola Aoko sul braccio. Gli mancava ancora che il custode lo sgridasse, di quella mattina.

Dopo essere rientrato in Sala Grande per la tanto sospirata colazione, Kaito si affrettò a togliere alla povera colomba tutto il peso: il quotidiano giapponese, la Gazzetta del Profeta (a cui si era recentemente abbonato per imparare qualcosa in più sul mondo dei maghi) e la classica lettera di Aoko. Ormai aveva capito che le persone a lui più care facevano a turni per mandargli le lettere: il lunedì, giovedì e sabato era il turno di Aoko, che gli parlava di tutto quello che facevano a scuola; il mercoledì era di Jii, principalmente per esporgli sviluppi sulla questione Kaito Kid; il martedì, il venerdì e la domenica era sua madre, a cui potevano essere allegate eventuali altre lettere extra da ex compagni di classe o amici.

Aprì la busta con un pizzico di nostalgia. A Hogwarts c’era solo pergamena, l’unico modo per vedere della carta babbana erano proprio le lettere da casa. E in quei momenti, immergendosi nei caratteri della sua madre lingua e in quella normalità babbana a cui non aveva mai il tempo di pensare fra una lezione e l’altra, Kaito si sentiva un bambino a cui mancava tremendamente casa.

 

Ciao Kaito!

Allora, che ti stanno insegnando di bello? Qualche trucco che ancora non conoscevi? Spero proprio di sì, anche se mi sembra assurdo che possano esistere trucchi che tu non conosca. Secondo me al primo anno stanno ripassando tutti i trucchetti di base e tu ti stai annoiando da morire! Sarai sicuramente il più bravo della classe, conoscendoti,

 

Kaito ridacchiò. Magari fosse stato così! Era tutto fuor che il più il bravo…

 

e anche il più molesto, non starai fermo un attimo e attaccherai briga con tutti, professori compresi.

 

Questo sì, doveva ammetterlo. Allock ancora stava cercando un modo per vendicarsi!

 

La nostra classe, senza di te, è un mortorio. Pensa, la prof di mate riesce persino a fare una lezione dall’inizio alla fine! Un miracolo, ma se alle prime lezioni sembrava contenta, dopo un po’ mi è sembrata un po’ abbattuta; ogni tanto alza lo sguardo come se si aspettasse (o se sperasse) che qualcuno la interrompa da un momento all’altro con qualche idiozia. Secondo me le manchi. A me, di sicuro.

 

Kaito sorrise. E sì, gli mancava un po’ la sua vecchia classe… un bel po’, a dirla tutta.

 

Raccontami un  po’ cosa fate… i trucchi con le carte? Quelli con i fazzoletti? O sei già riuscito ad usare quel baule di cui mi hai parlato prima della partenza?

Scrivimi presto!

Ciao!

Aoko

 

Kaito mise la lettera in tasca e si affrettò a finire la colazione, immaginando una possibile risposta sensata per Aoko. Di certo non poteva scrivergli che negli ultimi giorni aveva passato le lezioni ad agitare una bacchetta in teoria magica, ma che nelle sua mani sembrava non voler funzionare. Nelle lezioni dove non c’era da usarla se la cavava, ma ormai tutti i suoi compagni riuscivano a fare piccoli incantesimi o trasfigurazioni, mentre per lui la cosa risultava impossibile. Era quasi tentato di portare la bacchetta indietro da Olivander e chiedere se fosse ancora in garanzia, ma in fondo sapeva che non era colpa sua. E gli dava ancora più fastidio non poter parlare di tutto questo con nessuno del suo vecchio mondo. Almeno nelle questioni di Kaito Kid c’era Jii con cui sfogarsi…

« Quant’è dura la vita del mago, cara Aoko, tu non ne hai idea… per fortuna! »

Kaito scosse la testa. Era solo giù di morale per la litigata con Sheridan, ma non poteva buttarsi giù. Aveva tutta una giornata di fronte, e quello non era stato che l’inizio.

« E se il buongiorno si vede dal mattino, non oso leggere il mio oroscopo per oggi sul giornale, babbano o magico che sia… »

 

 

Kaito si buttò sulla poltrona, stanco morto. Era stata una giornata pesante, e soprattutto, non aveva idea che non era ancora finita. Lo capì solo quando Fred lo prese quasi di peso e, senza dargli spiegazioni, lo trascinò fuori dalla Sala Comune.

Kaito lo interrogava sussurrando, cercando di capirci qualcosa: « Fred, lo sai vero che di notte non dovremmo essere nei corridoi, vero? »

« Certo che lo so, sono qui da più tempo di te! Per te è un problema? »

« Assolutamente no, se non lo è per te… »

Fred gli esibì un sorrisone: « Era quello che speravo di sentirti dire. Forza, entra! »

Kaito venne spinto a forza in un’aula. All’interno lo stavano aspettando due persone familiari.

« Ok, adesso ci siamo proprio tutti! »

Kaito salutò: « Ciao, George! Ciao… »

Sheridan non lo guardò nemmeno. Sì, era ancora decisamente offesa con lui.

Il prestigiatore sospirò: « Ok… dunque, perché tutta questa segretezza? »

I gemelli si guardarono complici, iniziando un monologo che si rimpallava tra loro.

« Kaito, Sheridan… »

« … voi due siete più simili di quanto pensiate. »

Le due matricole li guardarono perplessi.

« Avete entrambi dei problemi con gli altri studenti… »

« … e ad entrambi piacciono gli scherzi, giusto? »

Kaito e Sheridan, sempre più perplessi, lentamente annuirono.

« Anche a noi piacciono gli scherzi. Siamo dei veri specialisti, in questa scuola siamo quasi delle leggende, o perlomeno l’incubo di Gazza. »

« Abbiamo notato il vostro talento e vi chiediamo… »

I due fratelli si guardarono ancora una volta, per poi chiedere in coro: « … vi andrebbe di unirvi a noi? »

Sheridan li guardò sorpresa: « Cosa? »

« Vi offriamo la nostra collaborazione. Noi vi aiuteremo a vendicarvi dei torti che subirete dai Serpeverde e voi ci aiuterete con idee e trucchi per nuovi scherzi. Kaito conosce la magia babbana e tu Sheridan hai molto da insegnarci se sei riuscita ad appendere otto persone per le mutande senza che nessuno, nemmeno le vittime, si accorgesse di nulla! »

« Un gran bella bravata, ma più pericolosa che divertente. Noi possiamo insegnarti molti altri modi per dare a quella gente una lezione senza che rischino la vita. »

« E a te Kaito possiamo far vedere molti contro incantesimi. Cosa ne pensate? »

Kaito sorrise: « Sembra divertente, perché no? »

Anche Sheridan, dopo qualche secondo in cui tenne il broncio pensierosa, finì per cedere: « E va bene. Dopotutto, avevo finito i pennoni sui quali appendere la gente… »

I due gemelli si diedero il cinque: « Evvai! I quattro Malandrini sono tornati! »

« I quattro Malandrini? »

Fred tirò fuori dalla tasca della divisa un rotolo di pergamena molto vecchio e consunto.

« Ciò che stiamo per farvi vedere è un segreto. Mostrarvelo è il nostro modo per riporre la nostra fiducia in voi. Traditeci su questo punto e rimpiangerete il gruppetto di stamattina, chiaro? »

I due ragazzi annuirono e George sfiorò il rotolo con la bacchetta.

« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. »

Sulla pergamena iniziò ad apparire, prima in modo sbiadito, poi sempre più nitido, una scritta:

 

I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso
Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori
sono fieri di presentarvi
La Mappa del Malandrino

 

Sotto gli occhi sbarrati di Sheridan e Kaito, andò a comporsi una perfetta cartina di Hogwarts, completa di ogni dettaglio, che riportava fedelmente persino i passaggi segreti e le persone che giravano in ogni stanza.

Sheridan sussurrò a mezza voce: « Uao… »

Fred annuì: « Uno dei segreti delle nostre imprese. L’abbiamo rubata a Gazza il primo anno, giusto, George? »

« Bei tempi, Fred. Non avete idea di quante ore ci abbiamo passato sopra prima di capirne il funzionamento… »

Kaito la guardò incuriosito. Se avesse avuto anche lui a disposizione una cartina del genere il suo lavoro di ladro sarebbe stato sicuramente molto più facile!

« Ma chi sono questi… Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso? »

I gemelli alzarono le spalle: « Non ne abbiamo idea. Noi li chiamiamo i Malandrini. »

« Ma sono i nostri mentori e maestri, gli ispiratori delle nostre bravate. Insomma, gli dobbiamo molto. »

« E quindi vorreste rifondare il gruppo con noi, giusto? L’idea mi sembra buona… »

Sheridan guardò la carta con attenzione: « Usaremo gli stessi nomi? A me piacerebbe Ramoso… »

Kaito ridacchiò: « Dovendo scegliere, opterei senza dubbio per Lunastorta. Io e la luna abbiamo un… rapporto particolare! »

Fred lo guardò spaventato: « Sei forse un lupo mannaro? »

« Ma che… ma no, ma figurati! Perché, esistono davvero? »

George scosse la testa: « No, l’idea di darci dei nomi in codice mi piace, ma non i loro. Prima di tutto io e Fred non ci ritroviamo assolutamente in Codaliscia e Felpato, e poi loro sono i nostri maestri e noi non siamo loro. »

Il gemello annuì: « Nuova generazione di Malandrini, nuovi nomi. Ehi, per renderli ancora più incomprensibili per gli altri, perché non li creiamo in una lingua straniera? Magari, Kaito, tu puoi aiutarci a creare dei nomi in giapponese! »

Il ragazzo ci pensò su: « Si può fare… fatemi pensare… Sheridan, tu avevi detto che ti piaceva Ramoso, giusto? »

La ragazza arrossì leggermente: « Sì, mi piacciono le piante… »

« Fiore preferito? »

« Pesco. »

« Allora che ne dici di Momoka? Significa ramo di pesco… »

La ragazza annuì e Fred esultò: « E uno è andato! Per noi cosa proponi? »

« Uhm… siete gemelli… potrei usare due sinonimi di questa parola… Futago e Soseiji? »

I fratelli si guardarono complici: « Me gusta. »

« Anche a me. Allora, Fred, tu ti prendi Futago e io Soseiji, va bene? »

Kaito li guardò imbarazzato: « Ehm… forse dovreste migliorare un po’ la pronuncia… »

« Ma chi se ne frega, tanto mica dobbiamo dichiararli all’imperatore del Sol Levante, basta che ci capiamo tra noi! »

« Avete ragione. E per me… visto che con Sheridan ho riadattato Ramoso, potrei modificare anche Lunastorta… che ne dite di Mangetsu, luna piena? »

« Vedo che la luna ti piace proprio, eh? Sarai forte in Astronomia, allora! »

Kaito sorrise e ripassò i nuovi soprannomi: « Futago? »

Fred mise una mano al centro del cerchio che avevano creato: « Ci sono. »

« Soseiji? »

George mise la mano sopra quella del fratello: « Ci sono. »

« Momoka? »

Sheridan aggiunse la propria: « Ci sono. »

Kaito concluse con la sua mano: « Mangetsu. Ci sono. »

Il gruppo alzò le mani e Fred aggiunse: « E allora i Malandrini sono tornati. »

Sheridan continuò quello che ormai era un vero e proprio giuramento: « Per riaggiustare i torti con una risata. »

George aggiunse: « Per ridare il sorriso a chi piange. »

Kaito concluse: « Per ora e per sempre, sostenendoci a vicenda senza tradimento alcuno. »

« E ora torniamo a letto. Per stasera mi sembra che abbiamo fatto abbastanza. »

I gemelli sorrisero: « Voi andate, noi vi raggiungiamo subito. »

 

 

Kaito e Sheridan si ritrovarono da soli nella Sala Comune.

« Domani andrò dalla McGranitt a confessare. »

« Bene. »

« Mi sembra giusto dopo il patto di stasera. »

Kaito annuì e fece per salire le scale, ma Sheridan continuò a parlare con le braccia incrociate e abbassando di tanto in tanto lo sguardo.

« Tu vieni da una famiglia completamente babbana, giusto? »

« Sì. »

« Anch’io sono cresciuta in una famiglia babbana. Mamma strega e papà babbano. Sono andata a scuola fra i babbani, ma sapevo dell’esistenza della magia. »

« Buon per te, io ci sto ancora facendo i conti oggi! »

Sheridan ridacchiò: « Buon per me? Buon per me? Ti sembra buono sapere una cosa gigantesca che nessuno può capire e che non puoi spiegare per legge? Ti sembra buono dover mentire a tutti i tuoi amici? Ti sembra buono essere a cavallo fra due mondi e non appartenere veramente a nessuno dei due? »

Kaito non rispose. Conosceva bene quella situazione.

« E per di più c’era la magia involontaria… »

« Magia involontaria? »

« Massì, la magia che i bambini magici usano senza rendersene conto… tutti i maghi e le streghe hanno avuto a che fare con strani fenomeni durante l’infanzia! »

Kaito sospirò: « Mi sto sempre più convincendo di essere un mago anomalo, perché io non ricordo nessun fenomeno di magia involontaria… a parte un mese fa, quando ho preso le divise di Harry e Ron senza toccarle. »

« A me invece partivano attacchi di magia ogni volta che mi sentivo in imbarazzo… in particolare ogni volta che gli altri bambini ridevano sentendo il mio cognome. »

« Ah. »

« Loro ridevano e succedevano cosa strane. Ridevano ancora e le cose strane peggioravano e così via… fino a quando le risate non sono diventate scherzi. Scherzi pesanti. Ho imparato da loro a farli. »

« Bullismo, direi, a questo punto. »

Sheridan si prese una ciocca di capelli: « Sai perché ho questa pettinatura così strana, rasata sulla nuca? Non è ribellione adolescenziale, no, anzi, prima di entrare a Hogwarts avevo i capelli lunghi. Solo che pochi giorni prima di venire qui ho subito l’ultima bravata di quei bulli. Mi hanno circondato, immobilizzato e incendiato la treccia con l’accendino. »

« Accidenti! Questo non è più uno scherzo! »

« Ho lasciato queste ciocche lunghe come ricordo di ciò che ero e su di esse ho giurato che qui la storia non si sarebbe ripetuta, che mi sarei fatta rispettare con quello che avevo imparato da loro. »

« Ti aiuteremo a difenderti senza arrivare a tanto, te lo prometto. »

« Ne sono felice, a dirla tutta quei metodi non piacevano molto neanche a me. A domani, Kaito, ora è tardi e inizio ad essere stanca. »

« Buonanotte, Sheridan. »

Kaito si sedette su una poltrona: « E adesso che questa questione è risolta, vediamo di inventarci una risposta decente per Aoko… dunque, cara Aoko »

 

 

Fred sfiorò la mappa con la bacchetta: « Fatto il misfatto. »

George si appoggiò al muro, osservando il fratello riporre al sicuro il loro prezioso trofeo: « Mi pare che sia andato tutto bene. Così Kaito non sarà più vittima dei bulli e Sheridan si darà una calmata prima di diventare troppo pericolosa. »

« Senza contare che due complici in più in gamba come loro ci saranno molto utili! »

George si aspettava una replica dal fratello, ma la voce che udì non era la sua. Ed era tremendamente familiare.

« Sì, mi sembra che dopotutto abbiate fatto un buon affare… »

I due gemelli impallidirono e si voltarono a scatti: « P…Professor Silente? »

« Buonasera, fratelli Weasley. È un po’ tardi per gironzolare per i corridoi, non credete? »

I gemelli si guardarono spaventati. Quanto aveva sentito del loro discorso di prima con Kaito e Sheridan?

Silente fece un paio di passi: « Rifondare i Malandrini per aiutare due compagni del primo anno è un atto lodevole da parte vostra, degno dei Malandrini originari, che dopotutto nacquero per lo stesso motivo… »

Fred lo guardò sorpreso: « Lei conosceva i Malandrini originali? »

George gli tirò una gomitata. Dopo quella dichiarazione, tanto valeva consegnargli subito la mappa.

Silente sorrise: « Ne ho sentito parlare. E state tranquilli, dopo il bel giuramento che ho sentito prima non ho intenzione di farvi sciogliere subito il gruppo… purché ovviamente mantenga fede alle vostre parole e aiuti davvero chi subisce qualche torto senza mettere a rischio nessuno con scherzi esagerati come quello di oggi della signorina Pumpkin. Però non avrete favoritismi, se il signor Gazza o i professori troveranno prove contro di voi subirete una punizione come chiunque altro. Vedremo se sarete così abili da superare i professori in furbizia. »

I gemelli si guardarono sorpresi: i nuovi Malandrini avevano persino la benedizione di Silente, cosa potevano desiderare di più?

« In cambio però dovrete promettermi due cose. »

« Ma certo, spari… voglio dire, dica pure. »

Silente alzò l’indice: « Dovrete proteggere e aiutare la signorina Pumpkin e il signor Kuroba… hanno bisogno di aiuto, in modo diverso, un aiuto che da solo non posso dar loro. »

I fratelli sbatterono un pugno sul petto: « Conti su di noi. L’avremo fatto comunque! »

Il preside alzò anche il dito medio: « Bene. La seconda cosa è più semplice… dovrete promettermi che non porterete mai il signor Kuroba nella Stanza delle Necessità. Almeno per il momento. »

George lo guardò perplesso: « Va bene, nessun problema… ma perché? »

Silente si strinse la mano destra: « È ancora troppo presto per lui… e per me. Sono sicuro che conoscete molti altri posti dove i nuovi Malandrini potranno riunirsi al riparo da orecchie indiscrete e vi assicuro che non interverrò più in alcun modo nelle vostre discussioni. Ora però dovrete scusarmi, è mezzanotte passata e un vecchio come me deve andare a dormire. Consiglierei anche a voi di fare lo stesso, dopotutto domani avete lezioni e anche se direte di aver passato la serata con il preside non sarete esonerati dai vostri doveri di studenti. Buonanotte ad entrambi. »

« B-buonanotte… »

I gemelli rimasero lì, discutere fra loro dell’accaduto, mentre Silente si avviava verso il suo ufficio stringendosi con forza il polso destro.

« Quanta fatica deve fare un povero vecchio come me per mantenere questa vecchia promessa… »

 

 

Ciao a tutti! Dai, stavolta sono stata decisamente più veloce nell’aggiornare! Non so quanto vi aspettavate questa novità assoluta, ma è un modo come un altro per movimentare un po’ la storia originale… vi assicuro che i nuovi Malandrini faranno impazzire Gazza come si deve!

In realtà in questo capitolo ho voluto anche inserire due citazioni a due autori che mi piacciono molto. Il primo è Don Rosa, famoso autore della Saga di Zio Paperone; infatti lo scherzo che subisce Kaito a inizio capitolo è ripreso pari pari da una sua storia, “Una questione di estrema gravità”, dove Amelia incanta allo stesso modo Paperone e Paperino. La seconda citazione è invece a Giovanni Del Ponte, autore di una serie per ragazzi intitolata “Gli Invisibili”,  i cui membri dell’omonimo gruppo per ripetono spesso il loro nome seguito dalla frase: “Ci sono.”

E dopo questa ovviamente devo ringraziare i miei due fedeli commentatori, darkroxas92 e Meiyo Makoto.

Prossimo capitolo? Halloween, con tutte le conseguenze che ne derivano… tremate, nemici di Serpeverde, l’erede sta per tornare! XD

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 7
*** Un Halloween da rimaner di sasso ***


Un Halloween da rimaner di sasso

 

Arrivò ottobre, che stese una coltre di freddo umido sui campi e nel castello. In infermeria, Madama Chips ebbe il suo daffare a curare un’improvvisa epidemia di raffreddore che aveva colpito professori e studenti. Il suo decotto Tiramisù aveva un effetto immediato, anche se lasciava con le orecchie fumanti per molte ore. Ginny Weasley, che aveva anche lei un aria smunta, fu costretta da Percy a berne un po’. E col fumo che le usciva da sotto i capelli rosso fuoco sembrava proprio che avesse la testa in fiamme.

Per giorni e giorni, gocce di pioggia grosse come pallottole picchiarono sulle finestre del castello; il livello del lago salì, le aiuole divennero rigagnoli fangosi e le zucche di Hagrid raggiunsero le dimensioni di capanni da giardino. Ma l’entusiasmo di Colin Canon nel chiedere foto e autografi a un Harry Potter malridotto dopo gli estenuanti allenamenti di Oliver Baston non venne meno.

Kaito guardò sospirando il compagno tornare a sedersi deluso vicino a lui dopo l’ennesimo rifiuto: « Sai, se ti conoscessi solo nei momenti in cui fai il lecchino dietro a Harry, credo proprio che ti troverei estremamente antipatico. »

Colin arrossì: « È che Harry è il mio mito e quando mi trovo di fronte a lui sono così in imbarazzo che… »

« Ma si può sapere che ha fatto di così eccezionale da… »

La Signora Grassa si aprì lasciando entrare un Ron infuriato, ma piegato in due, sostenuto da Hermione: « Ma se becco Malfoy, io… »

Il ragazzo si mise una mano sulla bocca per trattenere un conato. Ginny si affrettò a portare un contenitore, ma quando vide cosa stava sputando il fratello esclamò schifata: « Lumache? Ma che cavolo è successo? »

Hermione spiegò per Ron: « Ha cercato di difendermi da un insulto che mi ha fatto Malfoy, ma la sua bacchetta rotta gli ha ritorto contro l’incantesimo… ah, a proposito, Kaito, Colin, finalmente ho capito che cosa vi avevano detto un po’ di tempo fa quei Serpeverde… non era magari “sangue sporco”? »

A quelle parole molti trasalirono.

Colin ci pensò su: « Sì, poteva essere, in effetti… »

Kaito si guardò intorno, notando molte facce sconvolte: « ? Qual è il problema? I Serpeverde dicono frasi senza senso ogni tre per due, non è una novità! »

Fred rispose: « Sì, ma sangue sporco è un insulto davvero molto pesante per il mondo dei maghi… etichettare i maghi nati da babbani come impuri, come se non fossero degni di esistere… c’è gente che è stata denunciata per diffamazione per queste parole. Ron, hai fatto bene a reagire… »

Ron, pallido come un cencio, annuì: « È quello che mi ha detto Hagrid, ma avrei preferito non ridurmi così… e fra poco devo andare a fare la punizione con Gazza… »

Harry si mise le mani nei capelli: « E io con Allock… »

Kaito sbuffò: « Un altro buono, quello! Tiragli un pugno sul naso da parte mia… »

Hermione e gran parte delle ragazze presenti, ad esclusione ovviamente di Sheridan, s’indignò a queste parole: « Ma Kaito, cosa dici? »

Sheridan, intuendo la possibile aria di tempesta, trascinò via il ragazzo prima che potesse rispondere: « Lascia perdere, abbiamo altro da fare. Su, avanti, ricominciamo: agitare e colpire, agitare e colpire »

Il prestigiatore bofonchiò: « Agitare e colpire come se servisse a qualcosa… »

 

In effetti Kaito risultava avere più di un problema con le lezioni, a parte Volo, ovviamente. Fino a quando si trattava di materie come Astronomia, Pozioni o Erbologia non aveva alcun problema, anzi, era uno dei più bravi della classe. Ma quando si trattava di prendere in mano la bacchetta, lì iniziavano i guai. Gli avevano spiegato che all’inizio era normale, che l’anno precedente Seamus Finnigan era famoso per incendiare qualunque cosa e Neville Paciok aveva problemi anche quell’anno. Quando glielo ricordavano, Kaito si limitava a sospirare. Già, ma anche se facevano danni, almeno le loro bacchette davano segni di vita… la sua invece sembrava un normale pezzo di legno. Normale no, perché nessuno oltre a lui aveva una bacchetta bianca, ma di sicuro non magico.

« Chissà se vale la formula babbana… »

Ginny si avvicinò incuriosita: « Perché, anche i babbani usano formule? »

« Più di quanto non credi, soprattutto in ambito commerciale… »

« E quale sarebbe quella che vorresti usare? »

« Soddisfatti o rimborsati »

Kaito aprì la scatola dove poco più di un mese prima Olivander gli aveva consegnato la bacchetta: « Trovassi almeno il tagliando della garanzia… varràlo due anni anche nel mondo magico? »

Ginny rise e il ragazzo le rispose con un sorriso amaro. Non era colpa della bacchetta, lo sapeva, ma proprio non capiva perché con lui non funzionasse… che Olivander si fosse sbagliato e quella non fosse la bacchetta adatta a lui?

 

« Oggi riproveremo nuovamente il Wingardium Leviosa”, l’incantesimo di levitazione. Non dimenticate quel bel movimento di polso che abbiamo provato, agitare e colpire e Kuroba, almeno questa volta, evita quei fili trasparenti! I trucchi babbani li conosco anch’io e alla quindicesima volta non ci casco più! »

Kaito sorrise: « Ma se alle prime due c’era cascato con tutte le scarpe… »

Qualche Serpeverde lo guardò ridacchiando, ma il ragazzo li ignorò deliberatamente.

Vitius batté le mani allegramente: « Pronti? Cominciamo! Agitare e colpire, agitare e colpire, avanti, agitare e colpire »

Un borbottio di bofonchiati “Wingardium Leviosa”, detti con lo stesso tono di un rosario, si diffuse per la classe; qualche piuma si sollevò persino, generando qualche urletto d’entusiasmo. Ma quella di Kaito rimase inchiodata al banco come se fosse stata di marmo. Il ragazzo la prese in mano e la ricontrollò per essere sicuro che qualche Serpeverde non gli stesse facendo uno scherzo, ma in quel momento Vitius gli arrivò alle spalle facendolo trasalire: « Allora, come andiamo qui, Kuroba? Si solleva qualcosa? »

« Giudichi lei… Wingardium Leviosa! »

La piuma rimase immobile, beffarda.

Il professore lo guardò con occhio critico: « Uhm… il movimento e la pronuncia erano corretti… secondo me hai tutte le potenzialità per essere un ottimo mago! »

Kaito sospirò esasperato: « E allora perché non si muove? »

« A cosa stai pensando, Kuroba? Sinceramente? »

Il ragazzo lo guardò sorpreso: « Al perché questa cavolo di piuma sembra fatta di piombo! »

Vitius scosse la testa: « Non solo. Ragazzo mio, tu pensi troppo! La magia è fatta non solo di razionalità, ma anche d’istinto… in questo momento stai traducendo simultaneamente dall’inglese al giapponese ogni mia parola, quindi stai cercando di capire a cosa serve l’incantesimo, qual è la formula da pronunciare e come muovere la bacchetta in modo corretto, stai pensando a quanto ti senti in imbarazzo a muovere un pezzo di legno per aria senza che succeda nulla, stai immaginando cosa ti diranno i professori e i compagni quando non ci riuscirai e solo alla fine ti stai chiedendo perché la piuma non si muove. »

Kaito lo guardò meravigliato. Ma per fargli un’analisi così dettagliata e precisa in così poco tempo gli aveva fatto un incantesimo per leggergli nella mente o era potenzialmente il miglior psicanalista che avesse mai incontrato? Anche se a giudicare dagli anni che dimostrava poteva aver preso lezioni direttamente da Freud in persona, in verità…

Visto che Vitius non reagì all’ultimo pensiero, Kaito si sentì di escludere l’incantesimo.

« Devi usare meno razionalità babbana e più istinto magico, Kuroba, e allora vedrai che nessun incantesimo avrà più segreti per te! »

« Se do veramente retta all’istinto, butto direttamente piuma e bacchetta dalla finestra… »

Tuttavia Kaito rimase a rimuginare su quelle parole fino a fine lezione, senza più provare l’incantesimo. Una volta tornato in Sala Comune, si sedette con le gambe incrociate e le mani in posizione da meditazione zen e imitò Rafiki del Re Leone della Disney: « Dunque… guarda oltre ciò che vedi, Kuroba… devi usare meno razionalità babbana e più istinto magico e allora vedrai che nessun incantesimo avrà più segreti per te! Come se fosse semplice… non ho mica un interruttore con cui disattivare il cervello quando non lo uso! »

Tutti quelli del primo anno risero: « Dai, Kaito, vedrai che ce la farai! »

Il ragazzo li guardò dubbioso, ma Colin aggiunse: « Non ci pensare! Pensa piuttosto alla festa di Halloween di stasera! »

A quelle parole Sheridan s’irrigidì e se ne andò nel dormitorio sbattendo la porta. Colin ci rimase male: « Ma che ho detto di male? »

Kaito sospirò. Era un periodo pesante per la ragazza, le battutacce sul suo cognome si moltiplicavano in vista del 31 di ottobre e i neonati Malandrini dovevano davvero mettercela tutta per tenerla calma. In compenso la grande festa di Halloween sembrava davvero promettente. Una sbirciatina con Fred e George nella blindatissima Sala Grande aveva rivelato una decorazione con pipistrelli vivi, le colossali zucche di Hagrid svuotate e trasformate in lanterne tanto grandi da ospitare tre uomini seduti e si vociferava inoltre che Silente avesse ingaggiato una compagnia di scheletri danzanti per uno spettacolo. Kaito era rimasto impressionato, ma poi si era detto che, dopotutto, dove se non ad Hogwarts si doveva festeggiare in grande stile una festa dedicata alla magia e all’occulto?

Quando lo raccontò a Ron, invece che trovarlo entusiasta come si sarebbe aspettato, lo vide molto depresso.

« Uhm… forse nelle famiglie magiche è normale dopotutto, per me è il primo anno e mi sembra tutto così strano… »

Il ragazzo scosse la testa: « No, i festeggiamenti di Hogwarts sono sempre fenomenali… e infatti sono triste pensando a ciò che sto per perdermi! »

« Perché, tu dove vai? »

« Alla festa di Complemorte di Nick-Quasi-Senza-Testa… »

« Il fantasma di Grifondoro, giusto? »

Ron annuì: « Ha invitato Harry, me ed Hermione… io sinceramente non vorrei andare, ma non conviene rifiutare l’invito di un fantasma… anche se non credo sia il tipo, Nick potrebbe sempre chiedere a Pix un aiuto per vendicarsi se non ci presentiamo… »

Pix, un altro tipetto simpatico. Kaito non avrebbe saputo dire se Gazza odiasse di più quel poltergeist o i gemelli Weasley. Per quel che ne sapeva, poteva anche essere il fantasma di uno dei Malandrini originali.

« Se vuoi posso portarti qualcosa dalla Sala Grande… oppure organizzare qualche festeggiamento per quando tornate! Sono bravo in queste cose! Basta che non mi chiediate di usare la bacchetta, che non riesco nemmeno a fare il Wingardium Leviosa… »

Ron ridacchiò tristemente: « Oh, guarda, un modo sicuro per riuscire a fare quell’incantesimo è trovarsi in un bagno con un troll di montagna armato di clava! »

Kaito lo guardò perplesso, trovando il metodo decisamente poco applicabile nel suo caso, ma per quanto riguardava la sua proposta del festino Ron sembrò risollevarsi il morale e il prestigiatore iniziò a pensare a qualche trucchetto rigorosamente babbano per festeggiare degnamente Halloween dopo i due ricevimenti, distraendosi finalmente dal pensiero della sua bacchetta non funzionante.

 

Quando i primini entrarono in Sala Grande quella sera, poco ci mancò che Colin avesse un collasso rendendosi conto di non avere dietro abbastanza rullini per poter fotografare tutto. Ogni angolo era fonte di stupore e meraviglia, persino per Kaito che aveva già dato una sbirciatina. I pipistrelli sembravano essersi moltiplicati, causando attacchi di panico fra le fanciulle con i capelli lunghi ogni volta che planavano sui tavoli e un accesso di risate da parte dei ragazzi per le loro urla isteriche, le zucche diffondevano una luce tenue ma sufficiente a vedere perfettamente in sala e il cielo del soffitto, stellato come sempre, aveva però qualcosa d’insolito…

Kaito lo indicò perplesso: « Ma lì non dovrebbe esserci la costellazione del Sagittario? »

George rise: « Trick or treat, dolcetto o scherzetto, Kaito… guarda meglio… »

Concentrandosi meglio, in effetti, Kaito riuscì a leggere la scritta formata dalle stelle, ovvero “Buon Halloween”. E non fu l’unico scherzetto della serata.

Alcune portate della tavola esplosero fuochi d’artificio quando le si infilzava con troppa violenza; il succo di zucca nelle brocche si esibì in fontanelle colorate e Silente stesso sembrò dirigere il volo dei pipistrelli con la bacchetta. Ovviamente non mancarono gli scherzi degli studenti. Ignorando quelli di cattivo gusto dei Serpeverde, che si divertirono a trasfigurare bicchieri e posate di Sheridan in piccole zucche, il più memorabile fu sicuramente quello dei fratelli Weasley, in cui venne coinvolto anche Kaito. I tre burloni riuscirono infatti ad entrare senza farsi notare in una delle zucche di Hagrid,a cambiarne l’illuminazione trasformandola in una luce stereoscopica colorata da discoteca babbana e stavano cercando di travestirsi da mostri quando la McGranitt li trovò e li rispedì al tavolo. Non contento, quando i famosi scheletri danzanti iniziarono la loro esibizione, Kaito tirò fuori una piccola marionetta raffigurante proprio uno scheletro e iniziò a riprodurre fedelmente in piccolo il balletto in tempo reale, con grande ilarità del tavolo di Grifondoro. In tutta quella confusione Sheridan riuscì a rubare un po’ di cibo dal tavolo per Ron, Harry ed Hermione, vincendo addirittura la sua avversione per qualunque portata contenente zucca, ovvero circa tre quarti del menù della serata, che fino a quel momento non aveva voluto nemmeno toccare.

Fu proprio mentre stava prendendo alcuni dolcetti a forma di osso che Sheridan diede una gomitata alla brocca di succo di zucca, rischiando d’infrangerla a terra.

« Wingardium Leviosa! »

Kaito rimase sconvolto. Non si era nemmeno reso conto di aver impugnato la bacchetta e solo quando aveva udito la sua stessa voce gridare l’incantesimo si era accorto di quel che stava davvero facendo. I compagni del primo anno lo guardarono ammirati e il ragazzo rimase immobile, quasi come se fosse stato pietrificato, a fissare la brocca, ben più pesante della piuma di quella mattina, galleggiare per aria come se fosse stata nient’altro che un palloncino riempito di elio. Anche il succo galleggiava in piccole gocce arancioni.

Kaito sussurrò: « Sono… sono stato io? Sono stato davvero io? »

Fred e George gli tirarono pacche sulla spalla e tutti lo riempirono di complimenti, ma Kaito non riusciva a staccare gli occhi dal suo primo incantesimo riuscito. Persino il professor Vitius, dal tavolo dei professori, applaudì sonoramente gridando con la sua vocetta acuta: « Che ti avevo detto, Kuroba? Solo questione d’istinto! »

Il ragazzo deglutì a vuoto un paio di volte, visibilmente emozionato.

Sheridan gli sorrise: « Che dici, la tiriamo giù adesso? O vuoi rimanere ad ammirarla estasiato per tutta la serata? »

Kaito trasalì, rendendosi conto solo in quel momento di quanto tempo era rimasto fermo immobile ad ammirare la brocca: « Eh? Ah, sì, certo… se ci riesco, però! »

« Tu non ci pensare, posala solo sul tavolo! »                                                               

Sforzandosi di mantenere la mente vuota, il ragazzo mosse lentamente la bacchetta verso il basso e la brocca seguì il movimento. Persino il succo rientrò al suo interno, senza versarne nemmeno una goccia sulla tovaglia.

« Uao… troppa grazia per un incantesimo solo! Sta a vedere che ora non mi verrà mai più! »

Ginny gli diede una gomitata: « Non dire così, sono sicura che d’ora in poi riuscirai a fare tutti gli incantesimi di questo mondo! »

Kaito dubitava seriamente che fosse un processo così semplice e immediato, ma non poté fare a meno di guardare la sua bacchetta meravigliato e di esibire un sorrisone soddisfatto per tutto il resto della serata.

Quando tutti furono satolli, i pipistrelli trovarono una comoda posizione per dormire e persino gli scheletri si stancarono di danzare, Silente annunciò la fine della festa e tutti si alzarono dal tavolo per tornare alle proprie Sale Comuni. Percy si mise alla guida del gruppo di Grifondoro e iniziò a guidarlo su per le scale, accompagnato da un chiacchiericcio  di fondo, ma al secondo piano la fila si arrestò di colpo per ammirare un raccapricciante spettacolo che non faceva parte dei festeggiamenti di Halloween.

Sulla parete fra le due finestre era stata dipinta una scritta a lettere cubitali che luccicava alla luce delle torce.

 

La camera dei segreti è stata aperta

Temete, nemici dell’erede

 

Al di sotto dell’inquietante graffito, una figura scura e indefinita pendeva sopra uno specchio d’acqua. Kaito impiegò un po’ a identificarla, ma alla fine fu chiaro anche a lui che si trattava di Mrs Purr, la gatta del custode, appesa per la coda, che pendeva come uno stoccafisso, con gli occhi vacui sbarrati. Non si muoveva, come se fosse stata di pietra. Non sembrava neppure respirare. A fissarla sconvolti c’erano Harry, Ron ed Hermione.

Un silenzio di tomba cadde sul gruppo. Kaito guardò Fred e George, che scossero la testa. Non era opera loro. Non che avesse dubbi, in verità, non era il loro stile.

Poi, nel silenzio, qualcuno gridò.

« Temete, Nemici dell’Erede! La prossima volta tocca a voi, mezzosangue! »

Era Draco Malfoy. Nonostante non dovesse trovarsi lì ma nei sotterranei, nella sua Sala Comune, in qualche modo era venuto a sapere istantaneamente della notizia e si era aperto un varco tra la folla arrivando proprio di fronte al trio di Grifondoro trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato; i suoi occhi gelidi brillavano e il suo viso di solito esangue era in fiamme, mentre ghignava alla vista della gatta inerme.

« Che cosa succede qua? Che cosa succede? »

Certamente attirato dal grido di Malfoy, Gazza arrivò facendosi largo a spallate tra la folla. Poi vide Mrs Purr e cadde all’indietro, coprendosi il viso per l’orrore.

« La mia gatta! La mia gatta! Cos’è successo a Mrs Purr? » gridava.

I suoi occhi sbarrati si posarono su Harry e iniziò a gridare: « Tu! Tu! Sei stato tu a uccidere la mia gatta. Sei stato tu a ucciderla! Io ti ammazzo! Io… »

« Gazza! »

Silente era giunto sulla scena del delitto, seguito da molti altri insegnanti. Superò velocemente Harry, Ron e Hermione e in un attimo staccò Mrs Purr dal braccio della torcia dov’era appesa. Poi disse al custode: « Seguimi, Gazza. E anche voi, signor Potter, signor Weasley e signorina Granger. »

« Il mio ufficio è il più vicino, signor Preside… qui al piano di sopra… la prego di fare come se fosse a casa sua… »

Silente annuì: « Grazie, Gilderoy. »

La folla ammutolita indietreggiò per lasciarli passare. Allock, infervorato e dandosi arie di grande importanza, si affrettò dietro a Silente, seguito dalla McGranitt e da Piton.

Kaito dovette ringraziare l’intero gruppo del primo anno se era riuscito a non insultare il professore ad alta voce durante l’intera scena. Non appena l’avevano visto, infatti, gli erano tutti saltati addosso per tappargli la bocca e tenerlo fermo, e in qualche modo ci erano riusciti. Però non poterono impedirgli di sfogarsi una volta tornati in Sala Comune.

« Ma l’avete visto che faccia di bronzo? È incredibile, approfitta davvero di tutto per mettersi in mostra! »

Thomas scosse la testa: « Ci mancava ancora che ti facessi mettere in punizione da Allock, stasera! »

Kaito fece un segno di stizza con la mano: « Sai quanto mi fanno paura le sue punizioni! Al massimo finisco come Harry a scrivere gli indirizzi sulle lettere per i fan… piuttosto, voi cosa ne pensate di quello che è successo alla gatta? »

Tutti scossero la testa con facce perplesse. A loro si unirono anche molti studenti più grandi, compresi Fred, George e Percy.

« Nemmeno voi lo sapete? »

Il prefetto rispose: « Mai visto nulla del genere. Se era uno scherzo di Halloween, oltre che essere di pessimo gusto, dev’essere stato fatto uso di potente magia oscura. »

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo: « E io che speravo in un semplice bagno in acqua e molto amido… comunque quest’anno sembra che i gatti mi tormentino… »

Nicole iniziò a mangiarsi l‘unghia del pollice: « Secondo voi quei tre del secondo anno c’entrano qualcosa? »

Molti iniziarono a ridere, compreso Kaito. George sbottò: « Ma per favore! Harry, Ron ed Hermione non sono tipi da scherzi, per di più così pesanti! E poi quella è magia troppo avanzata persino per noi! »

Nick-Quasi-Senza-Testa entrò in quel momento nella stanza attraversando una parete: « Harry Potter e i suoi amici sono innocenti, erano con noi fantasmi alla mia festa di Complemorte fino a poco prima, non può averne avuto materialmente il tempo! »

Fred annuì: « Visto? Che vi avevamo detto? »

Nicole insistette: « E perché dopo non sono venuti in Sala Grande? Dovevano pur mangiare, no? »

Kaito prese un fazzoletto, si avvicinò al tavolino, lo coprì per un paio di secondi e poi lo rese nuovamente visibile, completamente imbandito col cibo che avevano mangiato fino a poco prima: « Eravamo d’accordo che gli avrei procurato qualcosa per cena. Allora, la chiudiamo qui o continuiamo il processo dell’Inquisizione? Mi sembra di essere tornato nella mia vecchia classe, con le indagini di Saguru… ci sono altri aspriranti detective, qui? No, giusto per sapere… »

Quasi tutti risero e Nicole si scusò: « Hai ragione. Direi di andare tutti a dormire, a questo punto. Buonanotte! »

Molti seguirono il consiglio e s’incamminarono per i rispettivi dormitori. Kaito salutò tutti e rimase solo in Sala ad aggiungere un biglietto per il trio sotto interrogatorio.

 

Non so se abbiate ancora fame dopo tutto quel che è successo, ma nel caso qui c’è qualcosa del banchetto della Sala Grande. Vi avevo preparato anche la replica dello spettacolo degli schetri danzanti con una marionetta, ma direi che non è più il caso. Spero che i professori non vi abbiano strapazzato troppo, sono certo che non c’entriate nulla. Buonanotte.

Kaito

 

Stava quasi per risalire in camera, quando in un attimo di ispirazione, tirò fuori la bacchetta.

« Wingardium Leviosa! »

La brocca d’acqua rimase immobile. Non contento, Kaito insistette.

« Wingardium Leviosa! »

Niente. Il ragazzo serrò gli occhi, cercando il più possibile di non pensare a nulla.

« Wingardium Leviosa! »

E finalmente la brocca si alzò. Kaito sorrise.

« Ok! Già meglil, al terzo tentativo! Niente male, dopotutto, stamattina non ci riuscivo nemmeno al centesimo! »

E, una volta risalito in camera e messosi in pigiama, stracciò la lettera che aveva iniziato quel pomeriggio e di mise a riscriverla da zero con una babbanissima penna a sfera, decisamente più comoda per scrivere a letto che non piume d’uccello e calamaio.

 

Ciao Jii, come va?

Sai, stavo per scriverti che in questa scuola non mi trovavo per niente e che stavo seriamente pensando di tornarmene a casa, ma questa sera ho recuperato un po’ di fiducia… penso che farò ancora qualche tentativo. Dopotutto… non sarebbe degno di Kaito Kid arrendersi alla prima difficoltà, no?

 

 

Ciao a tutti! Sono in vacanza e ho più tempo per scrivere, quindi ecco qua il nuovo capitolo! E finalmente entriamo nel clou della trama del secondo libro… spero vi sia piaciuta la festa di Halloween!

Come al solito ringrazio i commentatori, che questa volta sono più del solito, ovvero Liberty89, DC_otaku, darkroxas92 e Meiyo Makoto. Spero di rivedervi tutti al prossimo capitolo, che parlerà di compiti extra, Quidditch, un certo professore imbranato, una notte in infermeria e… sapete già dove andrò a parare vero? E voi direte “dove sarebbe la novità in tutto questo? L’ha già scritto la Rowling!”, ma tranquilli, avrete anche stavolta qualcosa da scoprire…

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

 

P.s. mini sondaggio scemo: credete che debba diminuire i punti esclamativi o eliminarli proprio? Sono una mia caratteristica, firmo così fin dal 2008 e ci sono affezionata, però nell’altra fanfic mi sono arrivate lamentele… voi cosa ne pensate?

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Capitolo 8
*** Un favore di troppo ***


Un favore di troppo

 

Per alcuni giorni, a scuola, non si parlò d’altro che dell’attentato a Mrs Purr. Ci pensava Gazza a tenerne desto il ricordo, pattugliando il corridoio dov’era avvenuto il misfatto, come se pensasse che il colpevole sarebbe tornato sulla scena del delitto. Molti lo avevano visto darsi da fare con il Solvente Magico di Nonna Acetonella per Ogni Tipo di Sporcizia, per cancellare il messaggio scritto sulla parete, ma invano. Le lettere continuavano a luccicare sulla pietra, imperterrite. Quando Gazza non montava la guardia al luogo del misfatto si appiattava nei corridoi con gli occhi iniettati di sangue e poi saltava fuori all’improvviso davanti agli studenti ignari, pretendendo di punirli accusandoli di “respirare rumorosamente” oppure “di avere l’aria felice”.

Ginny Weasley sembrava molto sconvolta per la sorte toccata a Mrs Purr. A detta di Ron, amava molto i gatti.

Ron cercò di rincuorarla: « Ma in fondo tu non l’hai neanche conosciuta. Te l’assicuro, senza di lei stiamo tutti molto meglio. »

A Ginny tremarono le labbra.

Il fratello la rassicurò: « Cose di questo genere non capitano spesso ad Hogwarts. Vedrai che acciufferanno quel matto che l’ha aggredita e lo sbatteranno fuori in un batter d’occhio. Spero solo che prima di venire espulso ce la faccia a pietrificare Gazza. »

Ginny sbiancò come un cencio.

« Sto scherzando… »

Ma oltre a Ginny, parecchi primini erano agitati. L’unico che aveva tutt’altro per la testa era Kaito, che dopo aver finalmente capito come fare funzionare la sua bacchetta, cercava disperatamente di recuperare la miriade di brutti voti accumulati fino a quel momento. Certo, ogni volta doveva ripetere la formula un bel po’ di volte prima che accadesse effettivamente qualcosa, ma ormai era certo che entro il ventesimo tentativo l’incantesimo avrebbe funzionato. I professori apprezzarono l’impegno e gli diedero molte occasioni per rimediare la sua media disastrosa. Quando finalmente Kaito esibì tutto orgoglioso il suo stuzzicadenti trasformato in ago, ignorando che i suoi compagni c’erano riusciti più di un mese prima, la McGranitt, invece che lodarlo, gli presentò un grosso vasetto pieno di scarafaggi neri e brulicanti.

« Mentre eri impegnato con lo stuzzicadenti, Kuroba, i tuoi compagni hanno fatto pratica con questi. »

Kaito osservò interessato gli insetti: « In cosa dovremmo trasformarli? »

« In bottoni. Visto il tuo recente miglioramento ti offro una grossa opportunità: se entro domani mattina riuscirai in questa trasfigurazione, non terrò conto dei brutti voti che hai preso finora nella media di fine anno. »

Kaito s’illuminò speranzoso: « Davvero? »

« Non amo scherzare, Kuroba. »

Il ragazzo prese il vasetto entusiasta: « Fantastico! Non la deluderò! »

« Lo vedremo domani mattina, Kuroba. Ora vai, abbiamo tutti un impegno, adesso. »

Kaito non capì la frase, ma ci pensò Ginny a spiegargliela non appena lo intercettò fuori dall’aula: « Dove stai andando? »

« In Sala Comune, a esercitarmi in Trasfigurazione. »

La ragazza guardò sospettosa il vasetto: « Posa quello e muoviti, c’è la partita di Quidditch, Grifondoro contro Serpeverde! »

Kaito fece una smorfia: « Devo proprio venire? Non ci capisco niente e avrei questo compito… »

Ginny lo guardò furiosa: « Giocano Fred, George ed Harry! Non vuoi venire nemmeno per fare il tifo per loro? »

Kaito sospirò: « Per loro tre e per dare contro ai Serpeverde, ogni occasione è buona! Il tempo di posare questo vaso e arrivo subito! »

 

Il prestigiatore iniziava ad avere un principio di mal di testa: « Ok, Ron, rispiegami le regole dall’inizio, mi sono perso qualcosa… »

E mentre riascoltava per la terza volta tutto lo spiegone, Kaito si rese conto che quello strambo sport non faceva per lui. Se Saguru l’avesse scoperto, avrebbe potuto aggiungerlo alla sua famosa lista delle attività sportive in cui era negato, oltre al pattinaggio. Il motivo era ovviamente uno solo, l’indispensabile presenza dei manici di scopa, classificati ormai come nemici giurati. Ron, Ginny e tutti gli altri invece erano infervorati, mentre Colin non faceva che scattare foto a raffica.

Kaito sospirò: « Sei incredibile! Non è ancora cominciata! Poi rimani senza rullini a metà partita! »

Finalmente le squadre entrarono in campo, i Grifondoro con le divise rosse, i Serpeverde con quelle verdi. Almeno avrebbe distinto bene i giocatori in volo, si disse Kaito. Madama Bumb fischiò e tutti volarono via a bordo delle scope. Due palle in particolare schizzavano per aria come impazzite, attirando l’attenzione del prestigiatore.

« Quelli sono i Bolidi, giusto? »

Ron s’illuminò, lieto che Kaito avesse finalmente assorbito qualcosa della sua interminabile lezione: « Sì, bravo Kaito! »

« E devono buttare giù i giocatori che prendono il cosino d’oro come Harry, giusto? »

« Boccino d’oro, semmai! Ma i Bolidi devono buttare giù tutti i giocatori, e non solo i Cercatori. Come ti è venuta questa idea? »

Il ragazzo indicò il cielo: « Perché quello ce l’ha decisamente con Harry! »

Ron osservò la scena per un paio di minuti: « Diavolo, hai ragione! Quel Bolide è truccato! »

Hermione sospirò, con le mani a coprirsi la faccia: « Ma ogni anno ce n’è una! E l’anno scorso il manico di scopa imbizzarrito… »

« Quello non è poi un imprevisto così insolito! »

Ginny fece una smorfia: « Veramente certi imprevisti sono normali solo per te, Kaito. »

Colin iniziò a disperarsi: « Sta iniziando a piovere! Le foto verranno malissimo, ora… »

Ginny gli diede una botta sul braccio: « E ai giocatori non pensi? Non è mica facile giocare con questa pioggia… e Harry deve vedersela anche con il Bolide truccato… »

Ron si sporse: « Hanno indetto una pausa, vediamo se capiamo qualcosa… »

I giocatori della squadra di Grifondoro discussero in modo molto animato ma quando la partita riprese il gruppetto di spettatori si agitò ancora di più.

« Ehi, ma dove vanno Fred e George? Harry è dall’altra parte! »

« Ma lo mollano da solo? Sono pazzi? Chi l’ha deciso? »

Ron agitò un pugno: « Se becco Baston io… »

Hermione sospirò: « Conoscendolo potrebbe essere stato proprio Harry a proporlo. »

Kaito alzò gli occhi al cielo: « E allora il pazzo è lui. A proposito, che sta facendo con quel giocatore Serpeverde? Sembra quasi che… »

Una smorfia fulminò i volti di tutti gli spettatori Grifondoro.

« Quello deve fare male! »

« Ma perché diavolo si è fermato? Così il Bolide l’ha colpito! »

« E ora cosa fa lì impalato? Prende il tè con Malfoy? »

« Perché, quello è Malfoy? Con questa pioggia sembrano tutti uguali… »

« Ma quello che gli brilla sull’orecchio non è il Boccino? »

« E Harry scatta e… »

Un grido di gioia si diffuse fra gli spalti.

« È FATTA! È FINITA! ABBIAMO VINTO, ABBIAMO VINTO! »

« HARRY! »

L’ultimo grido però non era di gioia, ma di terrore. Infatti il Cercatore di Grifondoro era scivolato dalla scopa cadendo malamente a terra. Un mormorio di preoccupazione aleggiò sugli spettatori, mentre Colin scattava in piedi e correva verso il terreno di gioco.

Kaito gli corse dietro: « Ma dove vai? Cosa vuoi fare? Colin! »

Il ragazzino con la macchina fotografica giunse da Harry insieme a Gilderoy Allock. Quando il ragazzo con gli occhiali aprì lentamente gli occhi la prima cosa che vide fu il sorriso smagliante e inconfondibile del professore di Difesa contro le Arti Oscure e gemette: « Oh, no, lui no! »

Allock commentò a voce alta ai preoccupati giocatori del Grifondoro radunati attorno a lui: « Non sa quel che dice. Niente paura, Harry, adesso ti rimetto a posto il braccio. »

Harry disse: « No! Grazie, me lo tengo così… »

Kaito provò a intervenire: « C’è Madama Chips in infermeria, può farlo lei… »

Il Cercatore cercò di mettersi seduto, ma il dolore era terribile. Lì vicino, sentì un clic che gli era familiare.

« Non voglio una foto in questo stato, Colin. »

Kaito colse l’occasione al volo per strappare la macchina fotografica al compagno. Dopotutto i furti erano la sua specialità.

« Ehi! »

« Sequestrata fino a nuovo ordine. Quando è troppo, è troppo, Colin! »

Kaito ridacchiò vedendo le proteste del ragazzino. E quando mai gli capitava di fare lui la parte del poliziotto?

Allock ignorò la scena e si rivolse ad Harry in modo suadente: « Stenditi, Harry. È una magia semplicissima. L’ho usata un’infinità di volte. »

Harry rispose a denti stretti: « Perché non posso andare semplicemente in infermeria? »

Kaito alzò gli occhi al cielo: « E io che ho detto fino ad ora? »

Baston si avvicinò. Era tutto sporco di fango e non riusciva a non sorridere, anche se il suo Cercatore era rimasto ferito: « Davvero, hanno ragione, professore. Gran colpo, Harry, veramente spettacolare, direi il migliore finora. »

Il discorso di lode venne interrotto solo dalle imprecazioni di Fred e George Weasley che cercavano di cacciare il Bolide impazzito in una scatola, ma quello opponeva ancora una fiera resistenza.

Allock si rimboccò le maniche dell’abito verde giada: « State indietro! »

Harry protestò debolmente: « No… la prego, no… »

Ma Allock stava già facendo roteare la bacchetta magica e un attimo dopo la puntò sul braccio del ragazzo. Harry fece una smorfia e stringendo gli occhi girò il viso dall’altra parte. Tutti i presenti trattennero il fiato.

Fu Kaito a spezzare il silenzio, non riuscendo più a trattenersi: « Lei è un emerito incompetente! »

Allock rispose con la sua vocina acuta irrigidendosi tutto: « Come ti permetti? »

« Mi permetto eccome, e ringrazi che mi sono trattenuto e non le ho detto di peggio! Guardi che ha fatto! »

Approfittando della discussione, Colin era riuscito a riappropriarsi della sua macchina fotografica e aveva iniziato a scattare foto all’impazzata.

Allock mostrò un leggero imbarazzo rendendosi conto del guaio che aveva combinato: « Ah! Sì, a volte può succedere. Ma l’importante è che le ossa non sono più rotte. Questo è quel che bisogna tenere presente. Perciò Harry, vai in infermeria e… signor Weasley, signorina Granger, visto che siete arrivati, vorreste accompagnarlo? Vedrai che Madama Chips sarà in grado di… ehm… rimetterti un po’ in sesto. »

Mentre Harry finalmente si rendeva conto di avere un braccio gommoso, e il prestigiatore riprendeva la macchina fotografica a Colin, Allock si voltò furioso verso Kaito: « Quanto a te, Kuroba, questa volta non la passi liscia! Avrai una punizione per domani, una punizione vera! Un tema di un metro e mezzo sul mio “In vacanza con i Troll”. Per domani mattina alle otto in punto sulla mia cattedra! »

« Un metro e mezzo? Ma è quasi più del libro stesso! »

« Affari tuoi! A domani mattina, Kuroba! »

Mentre Harry si allontanava con Ron ed Hermione, Kaito riuscì ad urlare: « Non preoccuparti, Harry, verrò a trovarti stasera! »

« Ci conto! »

Kaito sospirò: « Bene, e adesso vediamo di risolvere un problema per volta… »

 

Quella sera Kaito era a dir poco disperato e per risparmiare tempo saltò anche la cena. Doveva imparare a trasfigurare degli scarafaggi in bottoni, doveva fare il tema per Allock e andare a trovare Harry in infermeria.

« Troppe cose in troppo poco tempo… nemmeno i trucchi di Kaito Kid possono aiutarmi questa volta! Nessuno ha una DeLorean da prestarmi, vero? »

Ginny e Sheridan rientrarono in Sala Comune con del cibo. Ginny porse il piatto a Kaito e quest’ultimo addentò qualcosa senza nemmeno guardare cosa stesse mettendo in bocca, bofonchiando un ringraziamento, mentre tutto sporco d’inchiostro e con un metro da sartoria appeso al collo continuava a scrivere il suo tema.

Sheridan sbirciò il rotolo di pergamena: « A che punto sei? »

« Settantacinque centimetri. Posso farcela, devo solo mettere insieme abbastanza sciocchezze da riempire questo foglio. Il problema serio sarà Trasfigurazione. »

« Posso aiutarti, se vuoi, in queste cose me la cavo. »

« Grazie mille! »

Ginny sbadigliò:  « Scusatemi, ma io andrei a dormire, troppe emozioni per oggi. Buonanotte a tutti. »

« Buonanotte! Dunque, vediamo… ehi, niente male questo coso che mi avete portato! Non m’intendo molto di cibo inglese, che cos’è? »

Sheridan sbirciò nel piatto con scarso interesse: « Credo sia pesce spada affumicato… »

Il volto di Kaito assunse improvvisamente un colore verdastro e Sheridan si preoccupò: « Ehi, Mangetsu, che hai? Che ti succede? »

« P-Pesce? »

« Spada, sì. Cos’è quella faccia? Credevo che in Giappone viveste praticamente di sushi! »

Kaito cercò di mantenere il più a lungo possibile la sua faccia da poker, ma il disgusto fu troppo e con uno scatto fulmineo gettò tutto nel camino. Sheridan non disse nulla, si limitò a guardarlo con una faccia perplessa.

Il ragazzo cercò di recuperare la calma: « Sai, Momoka, anch’io ho avuto qualche shock, non sei mica l’unica. »

« Hai problemi con il pesce? »

Kaito le fece un occhiolino: « Diciamo che preferirei mangiarmi gli scarafaggi della McGranitt! Come mi dicesti tu un po’ di tempo fa, forse un giorno ti spiegherò. Dai, dammi una ventina di minuti per finire il poema e poi ci mettiamo sotto con Trasfigurazione, ok? »

Ma per giungere ai tanto sospirati centocinquanta centimetri di tema ci volle molto più tempo del previsto. Quando finalmente mise via piuma e calamaio erano quasi le undici di sera e dovette svegliare Sheridan che si era appisolata sulla poltrona. La ragazza si svegliò con uno sbadiglio, si stiracchiò e dopo qualche secondo si ricordò perché si era appisolata lì e non nel suo letto. Soprattutto perché Kaito le sventolò sotto il naso l’ormai celeberrimo vasetto.

« Allora, cominciamo? »

I primi tentativi non andarono affatto bene. Una decina di scarafaggi finirono schiacciati prima di essere trasfigurati. Kaito ripeté l’incantesimo un centinaio di volte e Sheridan gli corresse il movimento della bacchetta. Nessuno dei due, preso dal compito, fece caso a chi entrasse o uscisse dalla Sala Comune. L’unico di cui si accorsero fu Colin, che entrò nella stanza alla mezza passata trovando un vasetto ancora brulicante d’insetti, Kaito con la bacchetta ancora a mezz’aria e Sheridan fortemente indecisa se ripetergli per la ventesima volta di tenere il gomito più basso o se prenderlo a testate. Ovviamente era più propensa per la seconda.

« Scusate il disturbo… Kaito, potrei riavere la mia macchina fotografica? »

« Eh? Ah, sì, è dietro la poltrona, prendila pure. Te l’ho sequestrata solo perché con Harry stavi davvero esagerando e… »

Il prestigiatore si sbatté una mano sulla fronte: « Diavolo, Harry!!! Me n’ero completamente scordato… che ora è? »

« Quasi l’una… »

Kaito si mise le mani nei capelli: « Cavoli, gli avevo promesso che sarei andato a trovarlo in infermeria! Ma non ce la farò mai… »

Colin sorrise entusiasta: « Posso aiutarti io! Dopotutto devo farmi perdonare per la brutta figura che ho fatto oggi! »

Kaito s’illuminò: « Sei in grado d’insegnarmi Trasfigurazione? »

Il ragazzino sorrise: « No, ma posso andare da Harry al posto tuo! Niente foto, promesso, con il flash Madama Chips mi scoprirebbe subito. »

Sheridan alzò gli occhi al cielo: « Ah, mi pareva. »

« E poi se mi beccano rischio di meno, tu hai già parecchi problemi con Allock! »

Kaito lo guardò un po’ dubbioso, ma poi annuì: « E va bene, vai tu. Però scusami con Harry, ok? »

Colin sorrise e d’avviò verso la Signora Grassa: « Tranquillo, ci penso io! Ah, ti prendo un grappolo d’uva dal tuo avanzo di cena, va bene? »

Sheridan ridacchia: « Fai pure, credo che a Kaito sia passata la fame per stasera… »

« Ah-ah, molto divertente! Fai attenzione, ok? »

Colin salutò con la mano, tutto sorridente: « Certo, a dopo! »

« E niente foto a Harry, sia chiaro! »

Arrivò un borbottio che entrambi interpretarono come un “Sì, tranquillo”.

Kaito sospirò: « E anche questa è risolta. Chissà se capirò mai perché è così fissato con Harry… ma che avrà mai fatto questo ragazzo di così speciale? »

« Una volta o l’altra te lo spiegherò. »

« Ah, ma allora tu sai qualcosa! Sputa il rospo, Momoka! »

« È una storia lunga e adesso abbiamo poco tempo o sbaglio? »

« Giusto, torniamo a queste blatte… »

 « L’ultimo è più rigido, ma gli si muovono ancora le antenne. »

Kaito si rimboccò le maniche: « Prima di domani mattina mi verrà! Avanti, continuiamo! »

 

Quella mattina Kaito si risvegliò sulla poltrona alle sette del mattino. Impiegò un po’ per ricordare perché si trovasse lì, fino a che non si accorse di essersi addormentato con il braccio alzato e la bacchetta ancora stretta nel pugno. Abbassò lo sguardo. Il barattolo era vuoto e sul tavolo c’erano una ventina di bottoni veri, più un’altra trentina che si muovevano leggermente o che avevano le antenne. Kaito sorrise soddisfatto: un risultato più che soddisfacente in una sola notte. Sì, sentiva di potercela fare. Era un po’ stanco, ma allegro e soddisfatto.

Scese dalle scale rigirando fra le mani la bacchetta e ripetendosi l’incantesimo molte volte. Poteva farcela, ne era certo. Continuò a incoraggiarsi mentalmente mentre entrava nella Sala Grande e si sedeva al tavolo. Doveva solo fare una solida colazione per ricompensare la scarsa cena della sera prima e poi sarebbe entrato in aula di Trasfigurazione e avrebbe dimostrato alla McGranitt quanto valeva.

Solo le facce da funerale di tutto il tavolo di Grifondoro lo risollevarono dal suo training autogeno: « ? Che c’è? »

Fred lo guardò sorpreso: « Come, non hai saputo? »

Kaito si servì con i cereali: « Guarda, ho passato la nottata a trasfigurare insetti, qualunque notizia esuli da ciò non mi è giunta all’orecchio. Sheridan, mi passeresti il latte? Sheridan? »

Ma la ragazza era pallidissima e non alzò lo sguardo dalla tovaglia.

Kaito osservò meglio il tavolo e iniziò a sentire una stretta alla bocca dello stomaco: « Cosa è successo? »

George sospirò: « Si tratta di Colin Canon »

 

Kaito uscì dalla Sala Grande senza aver toccato cibo e senza dire una parola. Era rimasto impassibile, aveva mantenuto la sua faccia da poker alla notizia, ma quando aveva sentito il nome del compagno il suo cuore aveva perso un battito. Lentamente, come se si trovasse in un sogno, anzi, in un incubo, risalì le scale verso la torre di Grifondoro. C’erano studenti in ritardo che scendevano freneticamente le scale per la colazione, ma lui andava controcorrente, perso nei suoi pensieri e in un crescente senso di colpa. Perché era colpa sua se Colin era stato pietrificato, non c’erano dubbi. Ad ogni passo stringeva il corrimano molto più del necessario. Doveva essere lui a uscire di nascosto per andare a trovare Harry, doveva essere lui quello pietrificato. E invece aveva permesso a un ragazzino di undici anni di prendere il suo posto. Doveva vergognarsi, solo vergognarsi, gli aveva scaricato un suo impegno solo perché lui era troppo preso dai mille compiti. Ah, già, a proposito, il tema di Allock… si fermò un attimo al piano e posò il tema davanti alla porta chiusa. No, non aveva proprio voglia di entrare nell’ufficio e rischiare di trovarsi davanti quella faccia di bronzo, non era dell’umore giusto per litigare. Non era dell’umore giusto per niente, a dirla tutta. Cosa doveva fare? Cosa poteva fare per Colin?

« Kaito! »

Il ragazzo si voltò. Sheridan l’aveva rincorso. Lei era l’unica ad aver assistito alla discussione fra lui e Colin, lei era l’unica che poteva capire davvero perché fosse d’umore così nero.

« Se sei venuta a dirmi che sono un egoista e che è tutta colpa mia, hai perfettamente ragione. »

La ragazza lo guardò con le braccia incrociate e lo sguardo serio: « No. Al contrario. Ho immaginato che stessi pensando qualcosa del genere e sono venuta a dirti l’esatto opposto. Non è colpa tua. »

« Sono io che l’ho mandato fuori all’una di notte, Sheridan! »

« Io c’ero. Non sei stato tu ad obbligarlo, è stato lui a proporsi di andare. »

« Ma io dovevo dirgli di no! »

« Moriva dalla voglia di andare, molto probabilmente sarebbe uscito comunque! Tu gli hai offerto un’occasione, è vero, ma chi ti dice che Colin non sarebbe sgattaiolato lo stesso? »

Kaito si morse un labbro. Probabilmente Sheridan aveva ragione, conoscendo la testardaggine di Colin.

« Non sei stato tu a pietrificarlo, Kaito. Togliti quest’idea dalla testa. Lui non l’accetterebbe e tu lo sai. E poi non è morto, troveranno il modo di riportarlo alla normalità in fretta! »

Kaito abbassò lo sguardo: « Bene. I professori s’impegnino in questo, che io intanto cercherò di trovare il colpevole… »

« Kaito… »

Il prestigiatore tirò un pugno al muro: « No, Sheridan, glielo devo! Qui non si tratta più di una ragazzata, qui è grave, molto più grave di quando hai appeso quella gente per le mutande! Passi il gatto, ma un essere umano no, non posso accettarlo! »

La ragazza lo guardò preoccupata: « Cosa hai mente di fare? »

Lo sguardo di Kaito non lasciava spazio a repliche: « Ancora non lo so, adesso sono troppo arrabbiato per pensarci. Per adesso mi limiterò ad andare dalla McGranitt e a trasfigurarle quelle maledette blatte, ma poi qualcosa m’inventerò… »

« Ottimo! Direi che questo è lavoro per i Malandrini, a occhio e croce… »

« Fred! George! »

I gemelli li guardarono comprensivi: « Eravamo venuti a chiedervi se vi andava di fare qualcosa per il piccolo Canon, ma vedo che siete già d’accordo! »

Kaito e Sheridan annuirono e il gruppo si mise d’accordo per discuterne la sera stessa, per poi dirigersi ognuno nella propria classe.

 

« Te lo prometto, Colin, troverò chi ti ha fatto questo, parola di Kaito Kuroba! »

 

Buongiorno a tutti! Passato bene le vacanze? Io le ho passate a scrivere, visto che ho fatto ben tre capitoli di questa fanfic…

Cosa ne pensate di quel che vi ho combinato in questo capitolo? Spero vi piaccia.

Intanto ringrazio Liberty89, darkroxas92 e DC_otaku per le recensioni.

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

P.s. il sondaggio ha deciso che i punti esclamativi rimarranno così…

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Capitolo 9
*** Un incantesimo facile facile ***


Un incantesimo facile facile

 

Dopo che Kaito superò il compito della McGranitt, seguirono giorni pieni di tensione, soprattutto per i Grifondoro. Tutti i compagni di classe di Colin erano agitatissimi per quello che era successo al compagno e non sapevano cosa fare per poterlo aiutare. Almeno fino a quando Stephen si presentò correndo in Sala Comune mentre il resto della classe stava facendo i compiti di Astronomia.

« Ragazzi, ragazzi, ho avuto un’ideona! »

Thomas lo guardò preoccupato: « L’ultima volta che hai detto così mi sono ritrovato a pulire un paiolo di chissà quale pozione che avevi fatto esplodere sulla parete… »

« Niente miscugli strani, stavolta, tranquillo! Stavo cercando nel baule di Colin se c’era qualcosa che potevo portargli in infermeria… »

Nicole lo guardò male: « Non si fruga nelle cose altrui! »

Ginny annuì: « E poi cosa dovremmo portargli? È pietrificato, non si accorgerebbe di nulla! »

Stephen esibì un sorrisone: « Ci ho pensato anch’io, anche perché ho trovato qualcosa di meglio… che ne dite di questa? »

Il ragazzo mostrò una macchina fotografica: « Colin la teneva di riserva, ma potremmo usarla noi! »

Nicole lo guardò perplessa: « E per farci cosa? »

Kaito afferrò l’idea: « Non vuoi che Colin si senta escluso quando tornerà a lezione… »

« Esatto! Diamoci da fare, fotografiamo tutto quello che possiamo e creiamo un album da mostrargli quando uscirà dall’infermeria! »

Thomas lo guardò interessato: « Conoscendo Colin, è un regalo che potrebbe piacergli, in effetti… chi è d’accordo? »

Tutti alzarono le mani.

Sheridan sorrise: « E allora cosa stiamo aspettando? »

 

L’idea riscosse molto successo. La maggioranza dei professori si mostrarono collaborativi e diedero ai ragazzi il permesso di fotografare parte delle lezioni. Tutti i Grifondoro di tutti gli anni provenienti da famiglie magiche fecero una colletta per procurarsi tantissimi rullini magici, mentre quelli di origine babbana fornirono una pila di album. Si scoprì con grande sorpresa di tutti che Baston, oltre ad essere un fanatico del Quidditch, era anche un discreto fotografo (a suo dire, usava la macchina fotografica solo per documentare gli allenamenti e trovare nuove strategie, ma tutti, gemelli Weasley in primis, si convinsero che lo diceva solo per mantenere un contegno) e il ragazzo si offrì volentieri di sviluppare le foto scattate dalle matricole perché si muovessero, così come piacevano a Colin. E le fotografie furono le più varie e disparate, che tutti i Grifondoro aiutarono a dividere negli album per argomento: le lezioni di Trasfigurazione, di Incantesimi, di Astronomia, di Erbologia, di Volo, persino qualcuna scattata di straforo durante Pozioni, poiché com’era prevedibile Piton era stato l’unico professore a non aver dato loro il permesso di usare la macchina fotografica nella sua aula. C’era un album dedicato ai pomeriggi di studio in biblioteca o in Sala Comune, uno per i pranzi e le cene in Sala Grande, uno per i momenti di svago. E uno ovviamente per le scene memorabili, che i primini sfogliavano ridendo come matti alla sera, davanti al camino, e che spesso sbirciavano interessati anche i più grandi. C’era una foto di Thomas sommerso letteralmente da una montagna di libri in biblioteca, riconoscibile solo dalla mano che spuntava da sotto il mucchio di pagine reggendo disperatamente gli occhiali per non romperli; c’era Stephen davanti a un paiolo e, visto che per la disperazione di Piton il ragazzo aveva il raro dono di rendere esplosiva qualunque pozione, era completamente ricoperto di melma verde e viola; c’era una magnifica foto di Ginny che svolazzava tranquillamente a bordo del suo manico di scopa mentre pochi metri più in basso Kaito sbatteva contro un albero; Sheridan che inciampava sulle scale addosso a Nicole e via così, mille piccole scene comiche che ridavano un sorriso alle spaventate matricole. C’era anche una foto con Kaito mentre guardava terrorizzato una lettera di Akako  che aveva ricevuto durante la colazione. Nessuno ne aveva capito il senso, essendo ovviamente scritta in giapponese, ma il volto spaventato di Kaito nel leggere il mittente era stato abbastanza eloquente.

 

Buongiorno, mio caro Kaito, come va?

Pare che quei buonisti di insegnanti di Hogwarts non ti recapitino la mia posta se ci allego qualche “regalino”… che peccato, ti assicuro che erano davvero con il botto…

E così mi tocca una banalissima lettera… pazienza… tanto lo sai che non mi arrendo per così poco, vero? Ho tutto il tempo del mondo… e prima o poi sarai mio, non dimenticarlo mai.

Sappi che sei sempre nei miei pensieri.

Akako

 

Kaito rabbrividì all’ultima frase. Conoscendola, poteva essere tranquillamente una minaccia.

Nonostante tutto le indagini dei Malandrini non si erano mai fermate, ma senza successo. Kaito non poteva non sentirsi in parte responsabile della pietrificazione di Colin e si dava da fare in ogni modo, tuttavia non avevano indizi a cui aggrapparsi. Kaito passava delle ore a chiedersi cosa avrebbero fatto al suo posto tutti gli aspiranti detective con cui aveva a che fare come Kaito Kid. Come si sarebbero mossi a quel punto di stallo Saguru, Hattori o il piccolo Conan Edogawa? Non lo sapeva, non riusciva a vederseli in un ambiente così poco logico come quello di Hogwarts. Probabilmente si sarebbero adattati, avrebbero trovato una logica anche lì, ma lui non ci riusciva.

I Malandrini però non rimanevano certo con le mani in mano. Per distrarre alunni e professori dai brutti pensieri il quartetto organizzava piccoli scherzi di ogni tipo che non risparmiavano quasi nessuno. Quasi, perché su insistenza di Kaito e Sheridan la vittima preferita di Fred e George, Gazza, viveva un piccolo periodo di tregua. Secondo le due matricole, cuori troppo teneri per i gemelli, era già abbastanza sconvolto a causa di Mrs Purr per subire altri dispetti. Tuttavia non risparmiavano gli altri: la McGranitt si era ritrovata l’aula piena di bolle di sapone colorate che non volevano saperne di scoppiare, avevano convinto un paio di classi a fingere di non vedere Vitius, per cui il piccolo professore aveva avuto una crisi d’identità e aveva dovuto passare il pomeriggio da Madama Chips per un consulto psicologico e, come se non bastasse, avevano messo sottosopra tutte le mappe di Astronomia. Tuttavia la nuova vittima preferita dei Malandrini era sicuramente Allock, che tormentavano sempre con lo stesso scherzo, semplice quanto efficace e dagli effetti sempre nuovi e imprevedibili. Niente di complicato, in realtà, si limitavano semplicemente ad aprire appena potevano la serratura della gabbia di quei teneri e dispettosi Folletti della Cornovaglia che il professore si ostinava a tenere in aula o, meglio ancora, nel suo ufficio. Un Alohomora, oppure un veloce scassinamento da parte di Kaito quando nessuno guardava, et voilà, una ventina di piccole pesti color blu elettrico provvedevano a distruggere la stanza meglio di quanto avrebbero potuto mai fare loro. Dei Malandrini naturali, li definì Sheridan. Fred propose anche di adottarne un paio come mascotte del gruppo, ma gli altri bocciarono l’idea. Perché togliere alcuni aguzzini al professore? In fondo, nessuno di loro avrebbe rinunciato al meraviglioso spettacolo di Allock tirato per i suoi adorati riccioli biondi.

 

Fu solo quando comparve l’annuncio della fondazione del Club dei Duellanti che le cose cambiarono.

I primini si dimostrarono entusiasti della proposta, con l’eccezione di Kaito.

« Ma perché, credete davvero che il mostro dell’erede di Serpeverde, se davvero esiste, si metta a duellare lealmente prima di pietrificarti? »

Stephen alzò le spalle: « No, ma qualcosa di utile potrebbe saltar fuori. Che abbiamo da perderci? »

Così tutto il gruppo del primo anno di Grifondoro si presentò compatto, come ormai usavano muoversi, in Sala Grande alle otto in punto, con la canonica macchina fotografica d’ordinanza appesa al collo di Ginny. Gli immensi tavoli da pranzo erano scomparsi e lungo una parete era apparso un palcoscenico d’oro, illuminato da migliaia di candele sospese in aria. Sotto la magica volta del soffitto, di un nero vellutato, sembravano essersi dati convegno quasi tutti, armati di bacchette magiche e di molta eccitazione.

Kaito fece una smorfia: « Con un impianto così scenografico ho un bruttissimo presentimento su chi sia l’organizzatore dell’evento… »

E come conferma ai suoi peggiori timori in quel momento Gilderoy Allock comparve sul palcoscenico.

Il prestigiatore ebbe un momento di sconforto, ma decise di ironizzare la situazione: « Ora inizia la passerella, mostrandoci la moda magica autunno-inverno di quest’anno… ammirate lo splendido abito color prugna scuro che il nostro modello c’illustra dall’alto dei suoi tacchi dodici… mentre ecco un altro abito classico, nero, che c’illustra un altro modello d’eccezione… »

Sheridan, Stephen e Thomas ridacchiarono vedendo salire anche Piton. No, decisamente lui non aveva l’aria da passerella d’alta moda.

Allock chiese il silenzio con un gesto: « Avvicinatevi! Avvicinatevi! Mi vedete tutti? Mi sentite tutti? »

Kaito sussurrò a denti stretti a Sheridan: « Purtroppo è impossibile non farlo… io ti avverto, se esagera me ne vado subito! »

L’insegnante continuò: « Molto bene! Il professor Silente mi ha dato il permesso di fondare questo piccolo Club dei Duellanti perché possiate allenarvi, nel caso doveste avere bisogno di difendervi, come è capitato a me innumerevoli volte. Per ulteriori particolari, si vedano i lavori da me pubblicati. »

Kaito tirò un sospiro di sollievo. Per un attimo aveva temuto che cominciasse a raccontare un’altra delle sue assurde storie.

« Permettete che vi presenti il mio assistente, il professor Piton. Mi dice di intendersi un po’ dell’arte del duello e molto sportivamente ha accettato di collaborare per una breve dimostrazione, prima di iniziare. Niente paura, ragazzi… quando avrò finito avrete ancora il vostro insegnante di Pozioni tutto intero, non temete! »

Kaito alzò un sopracciglio: « Oh, non credo proprio che Piton rischi qualcosa… piuttosto, se riesce a mandare Allock in infermeria per almeno un mese lo eleggo a mio insegnante preferito! »

Piton probabilmente stava pensando qualcosa di simile, a giudicare dalla strana piega assunta dal suo labbro superiore. Allock, da vero incosciente, invece di notarlo continuava a distribuire sorrisi a trentadue denti a chiunque si trovasse nelle vicinanze.

I due professori si misero uno di fronte all’altro e s’inchinarono; o per lo meno, Allock fece un inchino tutto svolazzi, mentre Piton piegò leggermente il capo con un movimento che tradiva la sua irritazione. Poi sguainarono le bacchette a mo’ di spade.

Allock commentò per la folla che assisteva in silenzio: « Come potete vedere, stiamo tenendo le bacchette nella posizione regolare di combattimento. Al tre, ci lanceremo i primi incantesimi. Nessuno dei due mirerà ad uccidere l’altro, naturalmente. Uno… due… tre… »

Entrambi sollevarono la bacchetta in alto puntandola poi sulla spalla dell’altro.

Piton gridò: « Expelliarmus! »

Ci fu un accecante bagliore di luce scarlatta e Allock fu scaraventato a gambe all’aria: volò all’indietro giù dal palco e sbatté contro la parete, su cui si accasciò finendo a terra.

Alcuni Serpeverde applaudirono, Kaito si trattenne per un soffio dall’unirsi a loro. Molte ragazze cercavano di vedere come stesse l’insegnante, ma Allock si stava già rialzando da terra con gambe malferme. Il cappello gli era caduto e i capelli ondulati gli si erano drizzati in testa. Tornò sul palco barcollando: « Ecco fatto! Questo era un incantesimo di Disarmo… come potete vedere, ho perso la bacchetta magica… ah, grazie signorina Brown. Sì, ottima idea davvero, mostrargli questo, professor Piton, ma non se la prenda se le dico che le sue intenzioni erano molto evidenti. Avrei potuto fermarla in qualsiasi momento. Ma ho pensato che fosse più istruttivo che i ragazzi vedessero… »

Kaito sospirò: « La più grossa balla della storia! È un pessimo attore! »

A giudicare dallo sguardo assassino che Piton rivolse ad Allock, anche il professore di Pozioni stava pensando qualcosa di simile. Subito l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure soggiunse: « Basta con le dimostrazioni! Ora io passo in mezzo a voi e formerò delle coppie. Professor Piton, se vuole aiutarmi… »

Così fecero. Ginny e Nicole si ritrovarono in coppia a due coetanei di Tassorosso, mentre Thomas e Stephen si scoprirono avversari. Allock ebbe la geniale idea di abbinare Sheridan a una ragazzina di Serpeverde dall’aria molto isterica e inviperita, mentre Piton accoppiò Kaito a una ragazzina di Corvonero.

Il prestigiatore fece un piccolo inchino con la testa: « Posso sapere chi ho l’onore di sfidare? »

« Luna Lovegood, primo anno. »

« Molto piacere, Kaito Kuroba, primo anno anch’io. »

La ragazza lo squadrò curiosa: « Sei molto alto… forse a causa di tutti quei Gorgosprizzi che ti girano attorno… »

« I cosa? »

Ma non ebbe il tempo di approfondire l’argomento che Allock gridò: « Tutti uno di fronte all’altro e inchinatevi! »

Kaito fece un profondo ed elegante inchino in puro stile ladro gentiluomo, a cui Luna rispose incrociando le gambe e piegando le ginocchia, mentre con le mani stendeva i lembi della divisa. Più che a un duello, sembrava che si stessero invitando a un ballo d’altri tempi.

« Bacchette in posizione! Al mio “tre” lanciate l’incantesimo di Disarmo al vostro avversario… soltanto per disarmarlo, naturalmente… non vogliamo incidenti. Uno… due… tre… »

Né Kaito né Luna ebbero il tempo di fare niente. Qualcuno aveva lanciato incantesimi diversi da quello di Disarmo prima del “tre” e si era scatenato il finimondo. Kaito si guardò intorno e prese una rapida decisione: « Scusami, Luna, vorrei solo evitare che i miei compagni si feriscano, ti dispiace? »

« Assolutamente no, vai pure. Odio la violenza. »

Il ragazzo le fece un occhiolino: « Ti devo un favore. »

Saettando da un parte all’alta della Sala, disturbato da un fumo verdastro proveniente da chissà dove, Kaito individuò subito Thomas e Stephen che stavano per essere coinvolti loro malgrado da una vera e propria rissa  senza bacchette tra Hermione e una voluminosa Serpeverde e li afferrò entrambi di peso trascinandoli verso il muro. Lo stesso fece con Ginny e Nicole, e già si stava ributtando nel parapiglia per la terza volta quando Piton tuonò: « Finite Incantatem! »

La situazione si calmò, ma l’ambientazione era ancora da guerriglia, soprattutto grazie a Hermione e alla sua compagna che ancora continuavano la loro lotta greco romana strillando, imitate da Sheridan e dall’altra Serpeverde, che continuava a ripetere battute di cattivo gusto sul cognome della Grifondoro facendola infuriare sempre di più. Harry atterrò l’avversaria di Hermione, mentre Kaito immobilizzò Sheridan, aiutato da Fred e George che placcarono l’altra contendente con una mossa degna di una partita di football americano.

Il prestigiatore faticò non poco a trattenere la compagna: « Ehilà, calmati, calmati, sono io! Buona… è finita… è finita… »

Sheridan agitò ancora un pugno: « Io ti spacco il naso! »

L’altra le rispose: « Solo da provarci, zucca marcia! »

Kaito la tenne più stretta e le sussurrò all’orecchio: « Buona, Momoka, ricordati il patto dei Malandrini… »

La ragazza si calmò, ma era ancora livida di rabbia: « Sì, sì… me lo ricordo, Mangetsu… ma quanto è difficile! »

Ron intanto sembrava sconvolto dal comportamento di Hermione: « Ma che diavolo ti è preso per metterti contro Millicent Bulstrode? »

La ragazza non sembrava intenzionata a parlare e gli fece segno che gli avrebbe risposto più tardi. Kaito sorrise comprensivo a Sheridan e allentò la presa, mentre Allock svolazzò fra la folla agitato contemplando le conseguenze provocate dal duello: « Oh santo cielo! Su, in piedi, Macmillian… attenta là, signorina Fawcett… stringi forte, Boot, e vedrai che in un attimo smetterà di sanguinare… forse sarà meglio che v’insegni a bloccare gli incantesimi ostili. »

Gettò un occhiata a Piton, che lo stava fulminando con gli occhi, e subito distolse lo sguardo.

« Proviamo con una coppia di volontari… Paciok e Finch-Fletchley, vi va? »

Kaito si batté una mano sulla fronte: « Ma se li propone lui che razza di volontari sono? Mi proporrei io, ma per principio non partecipo a qualcosa proposto da quel… quell’essere! »

Piton si mosse silenzioso come un grosso e sinistro pipistrello: « Pessima idea, professor Allock. Paciok fa guai anche con gli incantesimi più semplici. Vogliamo mandare dritti in infermeria i resti di Finch-Fletchley dentro una scatola di fiammiferi? Che ne dice di Malfoy e Potter? »

Allock gesticolò in direzione di Harry e Malfoy esclamando: « Ottima idea! »

Fred si morse un labbro: « Pessima idea, quei due sono nemici giurati e Malfoy ama giocare sporco… »

George annuì: « Senza contare che ce l’avrà ancora con Harry per la partita di Quidditch… »

La coppia si trovava al centro della sala e la folla indietreggiò per fare largo a entrambi. Allock bisbigliò qualcosa a Harry, facendo poi cadere la bacchetta a terra. Anche Piton suggerì qualcosa a Malfoy. Poi entrambi i contendenti si misero l’uno di fronte all’altro. Probabilmente si dissero qualcosa, ma Kaito era troppo lontano per sentirli chiaramente.

Allock gridò: « Tre… due… uno… via! »

Malfoy sollevò rapido la bacchetta magica e gridò: « Serpensortia! »

La punta della sua bacchetta esplose e un lungo serpente nero ne veniva letteralmente sparato fuori, cadeva pesantemente a terra e si rizzava, pronto a colpire. La folla arretrò rapidamente gridando.

Piton si avvicinò: « Non ti muovere, Potter. Ci penso io a mandarlo via… »

Allock lo spinse via esclamando: « Mi consenta! »

Kaito si mise le mani nei capelli: « No, no, no! Lasci fare a Piton! Con il cognome che si ritrova saprà come fare, no? »

Fred aggiunse: « Senza contare che è il direttore della Casa di Serpeverde… »

L’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure brandì la sua bacchetta contro il rettile. Ci fu un boato; anziché scomparire, il serpente volò a tre metri di altezza e poi ricadde a terra con un gran tonfo.

« Ecco, lo sapevo… »

Inferocito, sibilando furiosamente, il rettile strisciò verso Justin Finch-Fletchley, si eresse un’altra volta, a zanne scoperte, pronto a colpire. Kaito tirò fuori la sua pistola spara carte, pronto a colpirlo, ma Harry lo anticipò, sibilando qualcosa al serpente, che si allontanò.

Justin, spaventato, prima di correre via, gridò: « A che gioco stai giocando? »

Ron trascinò via Harry mentre Piton faceva sparire il serpente. Tutti erano molto agitati e Kaito pensò bene di ritirare la sua pistola prima che venisse notata troppo e di trascinare la sua classe nei corridoi, seguiti a ruota da Fred e George.

« Ma che diavolo è successo? »

« Ma hai sentito come parlava Harry Potter? »

« Non credevo che fosse un Rettilofono! Proprio lui, poi… »

Kaito li guardò di storto: « Un che? »

Fred sospirò: « Rettilofono. Sono i maghi che sanno parlare con i serpenti. È un’abilità naturale rarissima che di solito appartiene ai maghi oscuri… »

George annuì: « Gran bel guaio per Harry averlo mostrato così, davanti a tutti... »

I ragazzini si guardarono perplessi e spaventati. Un mago oscuro proprio nel loro dormitorio, a pochi passi dai loro letti?

Inaspettatamente, Kaito scoppiò a ridere: « Ma che andate a pensare? Un’abilità ereditaria non può essere buona o cattiva di per sé, tutto dipende dall’uso che se ne fa! E se Harry continua ad allontanare i serpenti infuriati come gli ho visto fare stasera, sono ben felice che sia un Rettilofono! »

Nicole protestò: « E chi ti dice che invece non lo stesse aizzando? Sei anche tu un Rettilofono, hai capito cosa ha detto? »

« Assolutamente no, io guardo i fatti. Il serpente ha smesso di attaccare appena Harry ha aperto bocca e tanto mi basta. »

I ragazzi sembrarono più tranquilli entrando nella Sala Comune. Harry, Ron ed Hermione parlottavano in un angolo. Kaito prese la sua bacchetta e si mise a gesticolare alzando volutamente la voce per distrarre l’attenzione da loro.

« Ma vogliamo piuttosto parlare della magrissima figura che ha fatto Allock questa sera? Non ne ha imbroccata una, si è persino lasciato sfuggire la bacchetta! E poi avete visto che disastro con quell’incantesimo di Disarmo? Un miracolo che Madama Chips non si sia vista invadere l’infermeria! Come se bastasse dire un Expelliarmus per… »

Non aveva ancora completato la frase che vide qualcosa proveniente dalle sue spalle sfrecciare vicino ad un orecchio. Con uno scatto l’afferrò al volo.

« Una… bacchetta? »

Fred gli diede una pacca sulle spalle: « La mia bacchetta, per la precisione! Complimenti, un incantesimo di Disarmo perfetto, criticone che non sei altro! »

Il ragazzo lo guardò perplesso: « Io? Ti sbagli, sarà stato un caso. Non l’avevo mai provato prima e nessun incantesimo mi viene mai al primo colpo… »

George lo sfidò: « Davvero? E allora avanti, dimostralo, prova a disarmarmi… anzi, a non disarmarmi! »

Kaito sospirò e puntando la propria bacchetta verso il ragazzo disse con poca convinzione: « Expelliarmus! »

La bacchetta scivolò dalle mani di George come attirata magneticamente da Kaito, che l’afferrò al volo stupefatto con la stessa mano in cui teneva ancora quella dell’altro gemello. La guardò meravigliato per qualche secondo, poi il suo viso si allargò in un sorriso ebete.

« Expelliarmus! »

Anche le bacchette di Thomas e Stephen gli volarono incontro.

« Ehi, che fai? Ridaccele! »

« Venitele a prendere, se ci riuscite! »

Kaito iniziò a far girare le bacchette sopra la sua testa come un abile giocoliere da circo, mentre i quattro ragazzi cercavano di riprendersele. L’album dei momenti memorabili di Colin si arricchì quindi, oltre che alle foto scattate al Club dei Duellanti, anche di numerose foto di Kaito che schizzava da una parte all’altra della Sala Comune con le bacchette, fra l’ilarità di tutti, persino di Harry, che non aveva poi molta voglia di ridere. Ma era difficile resistere all’immagine del ragazzo che ballava sullo schienale della poltrona la tipica danza russa a gambe piegate continuando a fare il giocoliere con le bacchette e facendo impazzire Fred, George, Thomas e Stephen. Almeno fino a quando il gruppo non gli tolse la poltrona da sotto i piedi facendolo cascare a terra. Ma nemmeno allora Kaito perse il suo sorriso.

 

Quella notte Kaito non aveva proprio sonno. Dopo settimane passate a tormentarsi con i sensi di colpa, era il primo momento in cui si sentiva veramente felice dalla pietrificazione di Colin. Troppo eccitato per rimanere a letto, il ragazzo scese in Sala Comune, trovandosi però la poltrona davanti al caminetto già occupata da un ragazzino magro con i capelli neri e spettinati, un grosso paio di occhiali e una curiosa cicatrice sulla fronte. Se ne stava tutto raggomitolato, abbracciandosi le gambe e fissando tristemente le fiamme.

« Stai ancora a rimuginarci su? »

Harry sussultò: « Kaito! »

Il prestigiatore avvicinò un’altra poltrona: « Non so cosa ti abbiano detto, ma per me non è così grave che tu sia un… »

« … Rettilofono. »

« Scommetto che fino a poco fa neanche sapevi cosa significava e vivevi bene lo stesso! »

Harry arrossì: « In effetti è così… non pensavo fosse una cosa negativa… »

« Cosa hai detto al serpente? »

« Di lasciare andare Justin. »

Kaito sorrise: « E cosa c’è di negativo in questo? »

Harry fece una piccola smorfia che voleva essere un sorriso: « Hai ragione, anch’io la penso così. Ma la gente non lo capirà mai… proprio io, poi… »

« Ma me la togli una curiosità? Che hai fatto per essere così famoso? »

Harry lo guardò sorpreso: « Come, non lo sai? »

Kaito scosse la testa e il ragazzino s’indicò la cicatrice: « Non hai mai sentito parlare del Bambino che è sopravvissuto? »

« Assolutamente no. »

« E nemmeno di un mago di nome Voldemort? Oppure di Tu-Sai-Chi o Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato o qualche definizione del genere? »

« Mai sentito. Dovrei? »

Per poco Harry non scoppiò a ridere di gusto: « Sei la prima persona che non sappia di me prima ancora che io mi presenti! Non sai quanto questo mi renda felice! Io proprio non vorrei essere una celebrità, anche perché io in realtà non ho fatto nulla… »

E gli raccontò degli anni oscuri del potere di Voldemort, dell’uccisione dei suoi genitori e di come fosse l’unico sopravvissuto nella storia magica all’incantesimo di morte, per la prima volta nella vita libero di dire veramente la sua versione dei fatti senza che l’interlocutore fosse influenzato da preconoscenze vere o inventate.

Il ragazzo concluse: « Per questo sono così famoso, per questo ho questa strana cicatrice, per questo non potrò mai avere una vita tranquilla. Per una notte di cui ricordo a malapena un’accecante luce verde. »

Kaito cercò di rimettere ordine nella miriade d’informazioni che aveva appena ricevuto: « Dunque, vediamo se ho capito: l’Hitler del mondo maghi, che qui si chiama Voldemort… »

« Forse dovresti chiamarlo come fanno tutti Tu-Sai-Chi, che io sappia solo io e Silente osiamo pronunciarne il nome, gli altri hanno troppa paura… »

Kaito alzò le spalle: « Perché dovrei avere paura di un nome che per me non significa nulla? »

« Giusto. Per la cronaca, dopo la notte in cui uccise i miei genitori si allontanò più morto che vivo in Albania e non se ne ebbero più notizie fino all’anno scorso. »

« Perché, l’anno scorso che è successo? »

Harry fece spallucce, parlando come se fosse la cosa più normale del mondo: « Ha cercato di ritornare in forze infiltrandosi ad Hogwarts, ma l’abbiamo fermato io, Ron ed Hermione. »

Kaito fece un piccolo fischio: « Però, complimenti! Tre ragazzini che battono un potente mago oscuro da soli! »

Harry arrossì: « Solo perché era indebolito. »

« Sarà, ma di tutta questa storia c’è una cosa che di sicuro ho capito. »

« Ovvero? »

« Che io e te abbiamo decisamente qualcosa in comune. »

Harry lo guardò perplesso e tentò di ironizzare: « Non vedo cicatrici sulla tua fronte. »

« No, ma anche mio padre è stato ucciso. »

Il ragazzino tornò subito serio: « Davvero? »

« Sì, e io sto cercando i suoi assassini con ogni mezzo a mia disposizione. »

Harry sospirò: « Né io né te abbiamo vita facile, eh? »

Kaito gli sorrise gentilmente: « No, ma sappi che se ti serve aiuto io sono qui. Non credo e non crederò mai che tu abbia qualcosa a che vedere con la storia dell’erede di Serpeverde. »

« E lo stesso vale per me. Se ti servisse qualcosa ti aiuterò volentieri, ma da quel che ti ho visto fare dubito che ti servirà mai il mio aiuto! »

Harry sbadigliò e Kaito s’alzò: « Vai a dormire, Harry. La giornata è stata lunga e domani lo sarà ancora di più. Ma qualunque cosa ti possano dire non ti arrendere, c’è gente che crede in te! »

« Grazie della chiacchierata, Kaito. A domani. »

Harry salì verso il dormitorio, ma il prestigiatore non lo seguì subito. Quella sera si sentiva decisamente più sollevato, e non solo per la chiacchierata con Harry. Non sapeva nemmeno lui come spiegarselo, ma aveva l’impressione che fosse stato tolto un blocco di sicurezza alla sua bacchetta. Si sentiva in grado di fare qualunque incantesimo. Per provarselo si voltò di colpo puntando la bacchetta alle sue spalle.

« Wingardium Leviosa! »

A quel sussurro la poltrona su cui poco prima era seduto Harry si sollevò di un buon metro. La riabbassò senza sforzo e se ne tornò a letto fiero di se stesso.

Sì, la situazione stava decisamente volgendo a suo favore.

 

 

Buonasera!

E voi direte: “Ma come, ha già aggiornato di nuovo?”. Eh sì, ho fatto in fretta, perché, piangete per questo? Cooomunque come vedete la storia si evolve e va avanti, e nel prossimo capitolo, sappiatelo, vi aspettano ben venti pagine di avventura natalizia, con tanto di regali, colombe, trucchi, pozioni Polisucco e strani appuntamenti…

Ordunque, devo ringraziare DC_otaku, darkroxas92, Meiyo Makoto e anche Liberty89, che se non ha commentato la perdono perché aveva l’esame. Spero dunque di vedervi tutti al prossimo capitolo!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 10
*** Polisucco? No, grazie! ***


Polisucco? No, grazie!

 

« Come sarebbe a dire che non posso tornare a casa per Natale? Che storia è questa? È uno scherzo di cattivo gusto? »

Finalmente il trimestre si chiuse e sul castello scese un silenzio profondo, come quello che regnava sui campi bianchi di neve. Tranne ovviamente che nell’ufficio della McGranitt, dove Kaito aveva appena ricevuto una notizia tutt’altro che allegra.

« Non amo scherzare e dovresti averlo capito da un pezzo, Kuroba. »

« Ma che significa che non posso tornare? Gli altri sì, sono sicuro, perché quest’eccezione per me? »

La professoressa lo guardò seria e per un attimo Kaito temette che dipendesse dai numerosi scherzi ai danni di Allock. Forse invece che dargli nuove punizioni l’insegnante aveva chiesto e ottenuto che gli venisse negato il permesso natalizio. Ma la McGranitt sembrava più dispiaciuta che arrabbiata: « Non è un problema che dipende né da noi né da te. Purtroppo sul Giappone è in corso una bufera di neve molto violenta che sembra durerà parecchio sia secondo le previsioni meteorologiche babbane che secondo i nostri metodi divinatori magici. L’aeroplano non sarebbe in grado di atterrare, purtroppo, e infatti sono stati annullati tutti i voli internazionali sia in partenza che in arrivo e ci sono problemi anche con quelli nazionali. Mi rendo conto che per te sia dura rinunciare all’unica occasione durante l’anno di rivedere amici e parenti, ma temo non ci sia altra scelta. L’istituto ti ospiterà volentieri senza alcun obbligo da parte tua. È il massimo che possiamo fare per te. »

Kaito sospirò profondamente. Capiva la situazione, ma la notizia non aiutò certo a risollevargli il morale già abbastanza a terra dopo la doppia pietrificazione di Justin Finch-Fletchley e Nick-Quasi-Senza-Testa. A quanto pare i maghi non erano poi così superiori ai babbani se rimanevano anche loro bloccati dal tempo atmosferico. Uscì dalla stanza senza protestare, ma quando raccontò l’accaduto a Fred e a George furono loro a rimanere perplessi.

« Ma che storia è questa? C’erano molti altri modi per farti arrivare in Giappone! »

« Potevano darti una Passaporta, farti usare la Polvere Volante, potevano persino portarti fino ad Hosmegade e lì farti Smaterializzare da qualcuno! »

« Non ho capito una parola di quello che hai detto. »

Sheridan sospirò: « Forse pensare al teletrasporto ti viene più facile… Fred si è limitato ad elencarti tutti i possibili modi magici. »

Sì, decisamente gli veniva più facile. Per un attimo gli tornarono in mente i pomeriggi passati a guardare alla televisione le repliche di Star Trek con i compagni di classe e gli tornò il magone.

Fred gli tirò una manata sulla spalla: « Dai, che rimaniamo tutti qui a divertirci come pazzi, non ti faremo sentire nostalgia di casa! »

George invece andò a stuzzicare Sheridan: « Tutti no, la nostra Momoka se ne torna a casuccia da mamma e papà, lasciandoci qui soli soletti… »

« Molto spiritoso, Soseiji! Da quel che so, rimarranno qui tutti i Weasley più Harry ed Hermione, quindi non sarai solo, Kaito. »

« Sì, ma loro hanno scelto di rimanere, non sono stati obbligati dalle previsioni meteo! »

Fred sorrise: « Non preoccupare Mangetsu, pensiamo a tutto noi! Ma quando torneremo dalla gita ad Hosmegade! »

Kaito scattò: « Aspetta, Futago, c’è qualcosa che potete fare per me anche lì! »

I gemelli si guardarono complici: « Dicci tutto! »

 

Quando i gemelli tornarono, più di metà dell’istituto era già vuoto e sia Harry che Kaito erano in Sala Comune a fare i compiti con aria depressa. L’umore di Harry non era più migliorato da quando tutta la scuola pensava che fosse stato lui a pietrificare tutti, ma era felice di aver accanto per Natale solo le persone più care.

Fred si avvicinò a Kaito e gli consegnò un pacchetto: « Missione compiuta! Purtroppo di singolo non c’era niente, c’era solo questo set… »

Kaito aprì il pacchetto e s’illuminò: « È perfetto, così sono a posto per un po’… quanto vi devo? »

« Tre galeoni e cinque falci. »

Kaito prese il borsellino che gli aveva regalato Hagrid qualche mese prima e cercò la somma richiesta: « Benissimo, in proporzione in un negozio babbano avrei speso molto di più… a proposito, non hanno alcun tipo di magia, vero? »

George lo rassicurò: « Tranquillo, li abbiamo presi in un negozio poco conosciuto di Hosmegade dove vendono articoli da incantare… però sono molto predisposti alla magia, quindi se volessi farci tu qualche incantesimo dovrebbe essere più semplice per te! »

Il ragazzo scosse la testa: « No, no, meglio di no, non ne sono in grado. »

Fred si offrì: « Se vuoi possiamo farlo noi per te! Conosciamo un bellissimo incantesimo per far cambiar loro colore a intervalli regolari, per esempio… »

« Vi ringrazio, ma è meglio di no. Devono essere esattamente di questo colore. »

« Perché proprio blu? »

« Perché nella mia lingua il suo nome significa Bambina Blu »

I gemelli si guardarono complici: « Ah-ah! Conosciamo quello sguardo, quelli non sono mica per tua madre! Avevamo ragione, c’è una ragazza di mezzo! »

« Chi è? È babbana o strega? Come si chiama? »

Kaito si mise un dito sulle labbra: « Da me non saprete una parola. Grazie dell’aiuto, ragazzi! »

I gemelli lo presero in giro: « Non finisce qui, prima o poi scopriremo tutto! Non puoi chiedere il nostro aiuto e poi lasciarci così senza risposte! »

Il prestigiatore rispose con una linguaccia: « Quando imparerete il giapponese capirete che vi ho già dato tutti gli indizi necessari! Buona fortuna, aspiranti detective dei miei stivali, ma sappiate che nessun investigatore mi frega così facilmente! »

E mentre i gemelli protestavano ancora, il ragazzo mise la scatola in tasca e salì le scale del dormitorio. Nella sua camera ormai deserta l’aspettava la sua colomba, pronta ad avvertire sua madre che non sarebbe potuto tornare a casa per Natale. La lettera era già quasi pronta, ma aspettò ancora ad inviarla. Prese un altro pezzo di carta e iniziò a scrivere un biglietto d’auguri da allegare al regalo, poi aprì la scatola. Cinque piccoli gioielli brillavano nell’anonima confezione di cartone e in ognuno era incastonata una pietra, che a seconda della luce passava da un blu intenso a un azzurro chiarissimo. Erano piccoli zaffiri, un tipo di pietra che Kaito trovava da sempre molto affascinante. Dopo un attimo di riflessione prese il meno impegnativo: un portachiavi molto elegante, a cui volendo si poteva facilmente staccare l’anello per trasformarlo in un ciondolo.

Indeciso se aggiungere ancora qualcosa alla lettera per la madre, Kaito scese di sotto. Harry se n’era andato, ma c’erano Ginny, completamente intenta a scrivere su un quadernino nero, e Ron, che sistemava accuratamente i pezzi su una scacchiera.

« Non sapevo che giocassi a scacchi! »

Ron arrossì leggermente mentre sua sorella rispose per lui, senza alzare lo sguardo dal quadernetto: « Non lo ammetterebbe mai, ma è un campione! »

Kaito lo guardò con aria divertita: « Ah sì? Posso sfidarti, allora? »

Ron lo invitò a sedersi con un gesto della mano e iniziarono la partita. Quando due ore dopo Hermione ed Harry tornarono dalla biblioteca, li trovarono intenti nelle fasi finali, mentre tutti i fratelli Weasley assistevano incuriositi.

« Che succede? Aspettiamo Ron in biblioteca da più di mezz’ora! »

Percy cercò di calmare Hermione: « Credo che non si sia accorto del tempo che passava, questa volta Ronald ha trovato pane per i suoi denti… sono due ore che Kaito gli sta dando filo da torcere! »

Harry li guardò stupito: « Due ore? Ma nemmeno l’anno scorso per la Pietra ci ha messo così tanto! »

Ron esibì un sorrisone muovendo la torre: « E finalmente… scacco matto! »

Kaito guardò la scacchiera deluso: « Riconosco la sconfitta. Sei davvero bravo come dicono, Ron! »

Il ragazzo sorrise: « Tu non sei da meno, Kaito. »

Fred gli si avvicinò di spalle: « Non scherza, sei il primo che riesce a far durare così a lungo una partita con lui! »

Hermione batté le mani: « Mi fa piacere, ma adesso abbiamo i compiti da fare, Ron! »

« Ma Hermione, siamo in vacanza… »

La ragazza lanciò a Ron uno sguardo a dir poco inviperito e il ragazzo fece un’espressione che a Kaito non sfuggì, come se avesse capito solo allora cosa la ragazza volesse veramente dire: « Ah… sì, i compiti, è vero, te l’avevo promesso… sistemo la scacchiera e arrivo! »

« Muoviti! »

Harry aiutò l’amico di sempre a ritirare: « Scusala, sai che è un po’ nervosa… »

Ron sbuffò: « Sì, lo so, lo so… comunque grazie per la bella partita, Kaito! »

« Sappi che voglio la rivincita! »

« Quando vuoi! »

Ron, Harry ed Hermione uscirono dalla Sala Comune insieme a Percy, mentre Fred e George si misero a parlottare davanti al caminetto e Ginny ricominciò a scrivere su quello che aveva proprio l’aria di essere un diario segreto. Kaito sospirò: tipico delle ragazzine, ma in fondo Ginny era proprio nell’età giusta per questo genere di cose.

Osservandoli, a Kaito venne un’idea. Salì di nuovo nel dormitorio e aggiunse un paio di righe alla lettera che stava scrivendo.

 

Scusa, mamma, oltre a consegnare quel regalo ad Aoko, potresti procurarmi un paio di cosette?

 

 

 

 

Arrivò Natale. Il castello era completamente ricoperto dalla neve e anche Kaito fu svegliato da qualcosa di morbido e bianco. Solo che si trattava di un cuscino.

« SVEGLIA, MANGETSU, È NATALE! »

Kaito aprì gli occhi intontito: « Ho capito, Futago, ma non è il caso di reagire così… »

Di tutta risposta ricevette altre due cuscinate, a cui il prestigiatore rispose senza esitazioni, ormai completamente sveglio. Dato che il dormitorio del primo anno era desolatamente vuoto, Fred e George gli avevano proposto di trasferirsi momentaneamente nel loro. Lo stesso aveva fatto Ginny andando da Hermione; gli unici ad essere rimasti al loro posto erano Harry e Ron, già normalmente insieme, e Percy, che aveva detto di preferire rimanere solo. Come un orso bruno nella sua tana, avevano aggiunto non del tutto a torto i gemelli.

Erano quindi già tre notti che Kaito dormiva nel dormitorio del quarto anno, scherzando con i Weasley fino a tarda notte, per poi dormire di più al mattino. Ma c’era un motivo importantissimo che li aveva spinti ad alzarsi prima del solito.

« I regali! »

Fred si gettò sul mucchietto di pacchetti vicino al suo letto seguito a ruota da George. Anche Kaito aveva un discreto numero di regali. Stava per aprire il primo, quando un rumore proveniente dalla finestra gli fece alzare lo sguardo.

Soseiji guardò stupito il vetro: « Ma quella non è la tua colomba? »

Kaito sorrise e aprì la finestra, solo che invece di un candido uccello ne entrarono ben sei, portando un grosso pacco.

Futago le guardò sorpreso, contandole col dito: « S… sei Aoko? »

Kaito invece fece un sorrisone e allargò le braccia, dove le colombe si accomodarono, tre da una parte e tre dall’altra: « Andromeda! Bess! Ginevra! Lucilla! Serenity! Zelda! Siete riuscite a raggiungermi nonostante il tempaccio che c’è a casa? Bravissime! »

« Riesci a distinguerle a occhio nudo? »

« E soprattutto… quante ne hai? Pensavamo ci fosse solo Aoko! »

Kaito rise: « Le ho addestrate personalmente, quindi le so distinguere benissimo! Comunque in caso di dubbio ognuna ha un cartellino appeso alla zampa con il proprio nome… di solito non mi sbaglio, ma con una ventina di colombelle qualche volta può capitare! »

I gemelli si guardarono perplessi: « Venti colombe? E che te ne fai, un allevamento? »

« Ma no! I numeri con le colombe sono un classico dei prestigiatori, o dei maghi babbani come vi ostinate a chiamarci voi! Alcune colombe vengono addestrate a fare un certo tipo di esercizi, altre dei numeri diversi e così via, in modo che possano aiutarmi al meglio. C’è un rapporto di reciproca fiducia fra noi… adesso però, piccole mie, sarete esauste! Andate in voliera, c’è Aoko che vi aspetta e potrete riposarvi! Grazie di tutto! »

Le colombe tubarono felici riprendendo il volo e Kaito si concentrò sul pacco. Erano regali di Natale da casa. Il ragazzo notò lo sguardo trepidante dei gemelli e decise di dargli la precedenza. La prima cosa che saltò all’occhio fu una busta posta sopra a tutto.

 

Buon Natale, Kaito!

Nonostante la fatica che avevo fatto per farti avere quanto mi avevi chiesto, ho deciso di riprovare a spedirti un altro pacco perché i tuoi amici mi avevano intasato la casa di regali per te. Ovviamente c’è anche il mio, che spero attenuerà la tua nostalgia di casa, insieme a una scorta di carta normale e di biro, che a quanto mi avevi detto stavi esaurendo. Non dimenticare di ringraziare tutti per i doni!

Divertiti e non preoccuparti per noi, qui va tutto bene.

Mamma

P.s. : attento, il mio regalo è fragile, non scuoterlo!

 

Kaito sorrise e iniziò a prendere in mano qualche pacchetto. Decise di iniziare da quello fragile, per non rischiare di romperlo.

I gemelli iniziarono a sbirciare: « Allora? »

« Cos’è? Cos’è? »

Kaito lo aprì e sorrise: « Oh, mamma… »

Nella scatola c’era un set per il tè in puro stile tradizionale giapponese, con una grossa confezione di tè verde in foglie.

Fred guardò il tutto perplesso: « Ti porti avanti con il lavoro? Lettura delle foglie di tè si fa dal terzo anno! »

Kaito sorrise: « No, credo che mia mamma volesse farmi sentire meno nostalgia del Giappone… anche se non abbiamo un orario preciso, non siamo meno fissati di voi inglesi con il tè, credimi! »

George sbirciò nel resto del pacco: « E il resto cos’è? »

Kaito continuò a rovistare. I suoi vecchi compagni di classe gli avevano mandato una ventina di mazzi di carte da gioco per i suoi numeri, ben sapendo che ne usava sempre una quantità industriale; Aoko gli aveva mandato una lettera piena di ringraziamenti per il portachiavi a cui aveva allegato un pacco contenente quindici foulard vivacemente colorati, altro elemento indispensabile per un prestigiatore; Saguro si era limitato a una lettera in cui gli annunciava che non aveva ancora perso le speranze di scoprire le sue vere attività in Inghilterra, perché ormai ne era certo, scuole per prestigiatori lì non ce n’erano; Jii gli mandò una cravatta rossa nuova di zecca e tutta l’attrezzatura per tenere pulito il monocolo del costume di Kaito Kid, dono totalmente incomprensibile per i gemelli che non l’avevano mai visto nei panni del ladro prestigiatore e che continuarono a chiedersi per un bel po’ cosa se ne dovesse fare, non portando occhiali. Ma il regalo che gli causò più preoccupazioni fu l’ultimo. C’era sopra un bigliettino attaccato con lo scotch:

 

Forse così riuscirò a fartelo avere. Buon Natale.

Akako

 

Kaito rabbrividì e si rifiutò persino di toccarlo, preferendo sollevarlo con il Wingardium Leviosa. Era una sfera di cristallo di piccole dimensioni.

« Visti gli ultimi scherzi che mi hai combinato, ragazza, te lo scordi che lo tocchi a mani nude senza prima averlo fatto controllare! »

I gemelli lo guardarono perplesso e Kaito ridacchiò: « Invece di curiosare fra i miei regali, avete aperto il mio? »

I fratelli ubbidirono subito. Erano identici, due pacchetti rettangolari che si rivelarono essere…

« … set per prestigiatori dilettanti? »

« Forte! »

Kaito sorrise: « Lieto che vi piacciano. Mi chiedete sempre d’insegnarvi qualche trucco, così… »

« E tu hai aperto il nostro? »

« Ho quasi paura a farlo, in realtà, conoscendovi… »

Ridacchiando aprì il sacchetto, rovesciandosi addosso una serie di oggetti per lui incomprensibili. I gemelli sorrisero: « Fuochi d’artificio Filibuster e una selezione dei migliori scherzi magici direttamente da Zonko! »

« Per starci dietro con i Malandrini ti converrà imparare a usarli! »

Kaito sospirò: « In pratica abbiamo avuto la stessa idea! »

I gemelli annuirono e, dopo aver guardato gli altri regali, Kaito scese tenendo sempre ben sollevata la sfera di Akako: « Porto solo questa dalla McGranitt e torno a festeggiare! »

 

Kaito arrivò in Sala Grande per il pranzo di Natale dopo aver fatto anche un salto in infermeria. Sì, aveva voluto fare gli auguri anche a Colin e lasciargli il suo regalo, un porta rullini. Prima o poi si sarebbe svegliato, ne era certo. Ma il velo di malinconia lasciò subito spazio allo stupore.

La Sala Grande era uno splendore. Non solo era addobbata con una dozzina di alberi di Natale coperti di ghiaccio e con grossi festoni di agrifoglio e di vischio che andavano da un parte all’altra del soffitto, ma dall’alto fioccava anche neve magica, calda e asciutta. Kaito si sedette al tavolo dei Grifondoro scrollandosene un po’ dalle spalle, mentre tutti lo salutavano e gli facevano gli auguri, ringraziandolo per i regali.

Ginny indicò il fermaglio per i capelli che il prestigiatore le aveva donato, così che il ciuffo rosso le smettesse di andare sugli occhi mentre scriveva: « Grazie mille, è molto bello! Ti è piaciuto il mio portapenne? »

« Molto! Così almeno smetterò di perderle tutte in giro! Non ero attrezzato per le piume di uccello, avevo solo un portapenne babbano… ci ho già messo la penna che mi ha regalato Hermione! »

Harry finse di protestare: « Ehi, quindi non l’avevi regalata solo a me! »

Il tavolo rise e la ragazza chiese: « E che te ne pare del libro che ci ho allegato? »

« “Guida completa al mondo magico per maghi dilettanti”? Molto utile, grazie del pensiero! E il mio sull’alchimia giapponese? »

« Gli ho dato un’occhiata e sembra davvero interessante! »

Ron intervenne: « Non ho ben capito quello che hai regalato a me, a dire il vero, le istruzioni sono in giapponese stretto… »

Kaito sorrise imbarazzato: « Chiedo scusa, mia madre non è riuscita a trovarne una con le istruzioni in inglese… comunque è una scacchiera di shogi, la versione nipponica degli scacchi. Poi t’insegnerò a giocarci… grazie a te, piuttosto, per i pezzi degli scacchi che si muovono! »

Ron arrossì e borbottò qualcosa sul fatto che non era paragonabile agli shogi perché erano usati e che non aveva avuto abbastanza soldi per prendere anche la scacchiera, ma Kaito lo rassicurò: « Tranquillo, è un regalo bellissimo … e poi ci ha pensato Harry a regalarmela, insieme a dei dolci magici che non ho ancora capito cosa siano e come si mangino… »

Ron guardò il suo migliore amico con l’espressione più sorpresa del suo repertorio e Harry sorrise: « Tanto non sapevo cosa prenderti… e grazie mille per la sciarpa di Grifondoro! »

« Visto gli allenamenti che Baston ti fa fare anche sotto la neve, forse così non ti verrà un’influenza da record! »

L’ultimo ringraziamento arrivò via gufo. Era da parte di Sheridan, che sembrava molto entusiasta dei semi e del libro su come coltivare i bonsai. In allegato c’era un elegante mazzo di tarocchi che, anche se non erano le carte da gioco che maneggiava di solito, Kaito apprezzò parecchio, più che altro per l‘aspetto artistico.

Dopo tutti i ringraziamenti, Silente diresse il canto corale di alcune delle sue carole preferite, mentre Hagrid, man mano che tracannava grog, batteva il tempo sempre più freneticamente. Distratto dai numeri di prestigio con cui Kaito intratteneva il tavolo, Percy non si era accorto che Fred aveva fatto un incantesimo al suo cartellino di Prefetto, su cui ora si leggeva “Perfetto” e continuava a chiedere che avessero tanto da ridere. Dalla tavola dei Serpeverde, Draco Malfoy, con voce stentorea, faceva commenti maligni sul maglione nuovo di Harry, ma lui sembrava ignorarlo.

Dopo un po’ lui, Ron ed Hermione uscirono dalla Sala Grande, mentre Kaito rimase a esibirsi in un piccolo spettacolo per compagni e anche per qualche professore, visto che Silente, Hagrid, la McGranitt, Vitius e persino Piton, da lontano, guardarono interessati carte, foulard e colombe apparire e scomparire senza l’uso di alcuna magia, come il ragazzo dimostrò lasciando la sua bacchetta in bella vista sul tavolo e sfidando chiunque a controllare; solo alla fine dell’esibizione il ragazzo lasciò la Sala ormai praticamente deserta stiracchiandosi ben bene. Aveva fatto tardi perché si era trattenuto per un bel po’ a discutere con Vitius dei trucchi babbani di prestidigitazione, ma nonostante tutto si era divertito, doveva ammetterlo. Il sorriso però scomparve dal suo volto nel vedere di spalle Tiger e Goyle cadere a terra e, soprattutto, Harry e Ron cercare faticosamente di nasconderli in un armadio.

« Ehi, che diavolo state facendo? »

I due ragazzi si paralizzarono di colpo. Ron si voltò verso Kaito con un colorito terreo cercando una scusa, una giustificazione plausibile, ma sembrava che avesse perso la capacità di formulare una frase comprensibile.

Il prestigiatore li squadrò seri dall’alto al basso: « Ragazzi, odio fare il poliziotto, credetemi, ma se non mi date una spiegazione decente per quest’aggressione non mi date altra scelta che chiamare Percy. »

Ron recuperò improvvisamente la parola, anche se gli uscì una voce molto strozzata: « No, Percy no! »

« E allora ditemi perché avete picchiato quei due! »

Harry guardò Ron negli occhi: « Non li abbiamo picchiati. Sono solo narcotizzati. »

« Ah , di bene in meglio. In effetti a pensarci non sareste riusciti a picchiarli con la stazza che si ritrovano questi gorilla! Cos’è, dovete fare una rapina? »

Ron rispose: « No! Cioè sì! Cioè, non proprio… è complicato da spiegare! »

Kaito li guardò entrambi con uno sguardo molto furbo: « Mettetemi alla prova, sono uno più aperto di quanto crediate! »

 

Poco tempo dopo Kaito si ritrovò ad entrare con i due ragazzini nel bagno delle ragazze al secondo piano. Non si vedeva quasi nulla a causa del denso fumo nero che usciva da gabinetto dove Hermione stava preparando la Pozione.

Harry bussò discretamente alla porta: « Hermione? »

Udirono stridere il chiavistello, e la ragazza uscì, la faccia lucida e lo sguardo ansioso. Dietro di lei, si sentiva il blop blop dalla pozione che sobbolliva. Sul sedile della tazza erano pronti tre bicchieri di vetro.

Hermione chiese in un soffio: « Li avete presi? »

Ron fece una smorfia: « Ci hanno presi, vorrai dire! »

Kaito si sporse dalla porta del gabinetto: « Salve! Questi due mi hanno raccontato una storia molto interessante… »

Hermione impallidì di colpo, per poi arrossire con altrettanta velocità.

« Non ti arrabbiare con loro, li ho costretti io a dirmi tutto. Davvero un’impresa niente male per tre del secondo anno prendere un libro dalla Sezione Proibita con l’inganno e preparare una pozione complicatissima di nascosto da tutti, per di più rubando gli ingredienti a Piton. Ragazzi, i miei complimenti! »

Hermione lo guardò sorpresa: « Non ci denuncerai? »

« No, il motivo per cui lo state facendo sta a cuore anche a me. Ma non è detto che ve lo faccia fare. »

I ragazzi si guardarono spaventati. Tanta fatica per nulla?

« Se risponderai a una domanda, Hermione, e se lo farai sinceramente, non vi ostacolerò. »

Kaito la fissò dritto dritto negli occhi: « Sei sicura di aver fatto tutto a dovere? Che non ci saranno effetti collaterali di alcun tipo? »

Hermione sostenne lo sguardo: « Sicurissima. »

Kaito si appoggiò alla parete incrociando le braccia: « Allora fate pure. Ma rimarrò qui a controllare che fili tutto liscio. Al primo accenno di malessere vi trascino tutti in infermeria indipendentemente dalle conseguenze, ok? »

I tre ragazzi annuirono e Hermione tirò fuori un sacchetto: « Ho trafugato questi abiti di ricambio dalla lavanderia. Una volta che sarete diventati Tiger e Goyle, avrete bisogno di taglie più grandi. »

Tutti e quattro guardarono dentro al calderone. Vista da vicino, la pozione sembrava una fanghiglia densa e scura.

Hermione scorse ancora una volta la pagina impataccata del De Potentissimis Potionibus: « Mi sembra che il libro dica che… dopo averla bevuta, avremo esattamente un’ora prima di riprendere le nostre sembianze. »

Kaito fece un rapido conto mentale: « Dovrete essere particolarmente rapidi. Vi consiglio di sincronizzare gli orologi. Anzi, forse non vi conviene nemmeno prenderla tutti insieme… se avrete qualche minuto di scarto, l’uno coprirà l’altro in caso di fuga rapida. »

Hermione annuì: « Mi pare una proposta ragionevole. Io la berrò qualche minuto dopo e vi raggiungerò, va bene? »

Ron guardava il paiolo come se fosse una bomba atomica: « E ora che si fa? »

« La versiamo nei bicchieri e poi ci mettiamo i capelli dentro. »

Hermione versò alcune cucchiaiate in ogni bicchiere e nel primo, con mano tremante, lasciò cadere il suo capello.

Dalla pozione venne un sibilo come di un bollitore, poi si formò una schiuma abbondante. Un attimo dopo, l’intruglio aveva assunto un color giallo-vomito.

Kaito guardò il bicchiere con una smorfia: « Se non sapessi che c’è dentro, con tutta quella schiuma direi che è la peggior birra che abbia mai visto! »

Ron aggiunse: « Puah… essenza di Millicent Bulstrode. Scommetto che è disgustosa! »

Il prestigiatore lo guardò preoccupato: « Dubito che quella di Tiger e Goyle abbia un aspetto migliore… »

Hermione esortò i compagni: « Su, mettete dentro i capelli. »

Harry lasciò cadere il pelo di Goyle nel bicchiere di mezzo e Ron il capello di Tiger nell’ultimo. In entrambi, la pozione cominciò a sibilare e schiumare: quella di Goyle assunse il color cachi, tipico dei fantasmi, mentre quella di Tiger divenne marrone scuro.

Ron ed Hermione allungarono la mano verso i loro bicchieri, ma Harry li fermò: « Aspettate un attimo. È meglio che non la beviamo qua dentro: appena ci saremo trasformati non ci staremo più. E anche se non ti trasformerai subito con noi, Hermione, Millicent Bulstrode non è un cosino da niente. »

Ron aprì la porta: « Ben detto. Andiamo ognuno in un gabinetto. »

Tutti uscirono. Harry e Ron s’infilarono in due bagni, mentre Kaito ed Hermione aspettarono di fronte ai lavandini, lei stringendo con molta attenzione il suo bicchiere.

Si udì la voce di Harry: « Pronto? »

Ron rispose: « Pronto. »

« Uno… due… tre… »

Kaito ed Hermione attesero, con l’ansia che saliva ogni secondo di più. Probabilmente passarono solo un paio di minuti, ma a loro sembrarono secoli. Finalmente la porta di Harry si aprì e ne uscì Goyle.

Kaito lo guardò sorpreso: « Diavolo, ha funzionato davvero! »

Harry-Goyle li guardò un po’ imbarazzato, poi si rivolse a Ron con voce bassa e gracchiante: « Tutto bene, Ron? »

Un grugnito gli rispose: « Sì. »

Anche Ron uscì. A parte il pallore e l’aria stravolta, era indistinguibile da Tiger.

« È incredibile. Incredibile! »

Harry-Goyle si allentò il cinturino dell’orologio: « È meglio che ci avviamo. Dobbiamo ancora scoprire dov’è la sala di ritrovo dei Serpeverde. Speriamo soltanto di incontrare qualcuno da seguire… »

Ron-Tiger scoppiò a ridere: « Non sai quanto sia strano vedere Goyle che pensa. »

Hermione li esortò ad andare: « Cominciate a scoprire dov’è la Sala, io vi raggiungerò appena ho fatto. Tanto sappiamo che sono nei sotterranei, vi troverò in fretta! »

Kaito annuì: « Io rimango con lei, muovetevi, avete già perso cinque dei vostri preziosi minuti! »

Ron-Tiger annuì: « Non entreremo senza di te, tranquilla! »

I due ragazzi s’avviarono. Hermione guardò un attimo Kaito prima di entrare nel bagno: « Sei sicuro di voler rimanere? Hai visto che la Pozione Polisucco ha funzionato con loro! »

« Sì, ma tu avrai una fifa matta di bere quella roba da sola! »

La ragazza sorrise: « Grazie. »

Hermione entrò nel bagno e bevve. Kaito attese pazientemente, ma i due minuti passarono senza che Hermione desse notizie.

« Ehi, tutto bene? »

Gli rispose una vocetta stridula, che male si accordava ai ricordi di Kaito su Millicent Bulstrode: « Per niente! È un disastro! »

Kaito, in barba a tutte le norme della galanteria, si arrampicò sulla porta del bagno e sbirciò dall’alto: « Oh cavolo! »

La faccia di Hermione era tutta coperta di pelo nero. Gli occhi erano diventati gialli e tra i capelli facevano capolino due orecchie a punta.

« E-era un p-pelo di g-gatto! M-Millicent B-Bulstrode deve avere un gatto! E la p-pozione non può essere usata per trasformarsi in un animale! »

Kaito fece una smorfia. Voleva chiederle dove aveva trovato quel capello, ma Hermione scoppiò in lacrime: « E-e Harry e Ron mi aspetteranno nei sotterranei p-per niente! Mesi di l-lavoro buttato all’aria! »

Il ragazzo sospirò: « Forse no! Sei disposta ad aspettare qui per un’ora prima di andare in infermeria? »

Hermione si asciugò le lacrime con il palmo della mano, ormai peloso: « S-sì… ma non c’è più pozione, cosa vuoi… »

« Passami gli abiti di Millicent Bulstrode e non preoccuparti, sono molto bravo a travestirmi… »

Senza lasciarle il tempo di replicare, Kaito afferrò gli abiti ed entrò nel bagno affianco. Trenta secondi dopo ne uscì una copia praticamente perfetta della Serpeverde, di poco inferiore a quella che ne sarebbe potuta uscire da una Pozione Polisucco riuscita.

« Guardami. Che te ne pare? »

Hermione aprì il chiavistello e lo guardò stupita: « Sei perfetto! »

Kaito-Bulstrode sorrise: « Se me lo aveste detto avrei potuto truccarvi io senza che faceste tutta questa fatica, ma tant’è… aspetta qui, raggiungo Harry e Ron e li avverto! »

Hermione annuì e Kaito uscì correndo dal bagno. La ragazza si sedette affranta e preoccupata. Poi improvvisamente trasalì.

« Ma come farà con la voce? »

 

Per fortuna quando Hermione e Millicent si erano accapigliate al Club dei Duellanti, la Serpeverde aveva gridato molto forte e Kaito ne aveva potuto sentire bene la voce. Come Kaito Kid il ragazzo era abituato a imitare qualunque voce senza sforzo e non ebbe alcun problema. In un lampo raggiunse i sotterranei, dove Harry e Ron si aggiravano un po’ smarriti.

Ron-Tiger grugnì: « Hermione, finalmente! »

« Non sono Hermione. »

Harry-Goyle trasalì, temendo che la vera Millicent Bulstrode fosse tornata e li avesse scoperti. Poi si rese conto che la voce era decisamente maschile.

« Kaito? »

« Hermione ha avuto problemi. »

Ron lo guardò stupefatto: « Kaito? Ma come… »

« Ne parliamo dopo, voi avete il tempo contato! Cosa avete scoperto? »

« Un bel niente! »

In quel momento Draco Malfoy li sorprese nel corridoio: « Ah, eccovi! Siete stati tutto questo tempo a rimpinzarvi nella Sala Grande? Vi ho cercato dappertutto! »

I due gorilla trasalirono, ma Draco non ci fece caso: « Bulstrode? Non eri tornata a casa? »

Kaito rispose in una perfetta imitazione della ragazza che sorprese non poco Harry e Ron: « I miei sono tremendamente noiosi. Qua ci si diverte di più. »

Draco la guardò con una strana luce negli occhi: « Ne sono molto felice. Davvero. »

Poi si rivolse a Tiger e Goyle: « Voglio farvi vedere una cosa buffa. Vieni anche tu, Bulstrode! »

Il gruppo seguì Draco nel corridoio, per poi fermarsi davanti a un tratto di muro di pietra squallido e umido.

Malfoy chiese a Goyle: « Qual è la nuova parola d’ordine? »

Harry si trovò spiazzato: « Ehm… »

Kaito gli diede una piccola botta in testa: « Idiota! Non ricordi mai nulla! Ma entra ogni tanto qualcosa in quel cervello o ce l’hai solo di decorazione? »

Harry e Ron lo guardarono sorpresi. L’imitazione dei movimenti, della voce e la scelta delle parole erano stati così convincenti che per un attimo avevano creduto entrambi di trovarsi davanti alla vera Millicent Bulstrode.

Kaito li ignorò e continuò a parlare con Draco, perfettamente calato nella parte benché l’avesse vista solo di sfuggita: « A volte mi chiedo perché li tieni. »

« Perché sono forti e fedeli. »

« Con due cani mastini otterresti lo stesso risultato. »

« Sì, ti devo dare ragione, a volte lo penso anch’io. »

« Io non so la parola d’ordine, devono averla cambiata mentre ero via. »

« Ah, sì… purosangue! »

Una porta di pietra scorrevole, nascosta nella parete, si aprì. Malfoy e Kaito-Bulstrode la superarono subito, seguiti a ruota da Harry-Goyle e Ron-Tiger.

La sala comune dei Serpeverde era un sotterraneo lungo e basso con le pareti e il soffitto di pietra, da cui, appese a delle catene, pendevano lampade rotonde e verdastre. Di fronte a loro, in un camino dalle sculture elaborate, scoppiettava un fuoco contro cui si stagliava il profilo di molti ragazzi, seduti tutt’intorno su sedie scolpite.

Malfoy spinse i tre verso delle sedie vuote, lontane dal fuoco: « Aspettatemi qui. Vado a prenderlo… mio padre me l‘ha appena mandato… »

Il ragazzo sparì, mentre Kaito si accomodò. Harry e Ron si guardavano attorno smarriti. Quell’ambiente era davvero molto diverso rispetto alla sala di ritrovo di Grifondoro.

La falsa Millicent Bulstrode sussurrò con la sua vera voce: « Sedetevi! Ricordatevi che siete Serpeverde, siete perfettamente abituati a tutto questo! »

Subito si misero a sedere, appena in tempo perché un attimo dopo Malfoy fu di ritorno con un ritaglio di giornale. Lo mise sotto il naso di Ron.

« Questo ti piacerà. »

Ron sbarrò gli occhi. Lesse velocemente, scoppiò in una risata molto forzata e passò il trafiletto a Harry, da cui sbirciò anche Kaito.

Era stato ritagliato dalla Gazzetta del Profeta e diceva così:

 

 

Inchiesta al ministero della magia

 

Arthur Weasley, Direttore dell’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani, ha ricevuto oggi una multa di cinquanta Galeoni per aver stregato un’automobile dei Babbani.

Lucius Malfoy, membro del Consiglio di amministrazione della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dove l’automobile stregata si è schiantata all’inizio di quest’anno, ha chiesto le dimissioni del signor Weasley.

« Weasley ha gettato il discredito sul Ministero » ha detto il signor Malfoy al nostro inviato. « È evidente che egli non è la persona adatta a far rispettare le nostre leggi e il suo ridicolo progetto di Legge per la Protezione dei Babbani va immediatamente accantonato ».

Non siamo riusciti a raccogliere il commento del signor Weasley, ma sua moglie ha intimato ai giornalisti di togliersi dai piedi minacciando di sguinzagliare il fantasma di famiglia.

 

 

Alla fine della lettura Kaito-Bullstrode scoppiò in quella che sembrava davvero un sincero accesso di risate: « Gli sta proprio bene! »

Harry si unì in modo meno convincente, mentre Draco rise in modo sincero. Ron mandò uno sguardo furioso a Kaito, che si limitò a fargli l’occhiolino. Se dovevano recitare dovevano farlo bene, fino in fondo.

Malfoy commentò con tono sprezzante: « Arthur Weasley ama talmente tanto quegli idioti dei Babbani che dovrebbe buttare alle ortiche la sua bacchetta magica e andarsene a vivere con loro. Da come si comportano, non si direbbe mai che i Weasley siano dei purosangue. »

La faccia di Ron – o meglio, di Tiger – era contratta per la rabbia.

Malfoy sbottò: « Che ti prende, Tiger? »

« Mal di stomaco. »

«Be', vattene in infermeria, e dai un calcio da parte mia a tutti quei mezzosangue. Strano che La Gazzetta del Profeta non abbia ancora dato notizia di tutti questi attentati. Immagino che Silente stia cercando di mettere tutto a tacere. Se la cosa non finisce presto, gli daranno il benservito. Mio padre dice sempre che Silente è la peggior disgrazia che sia mai capitata a questo posto, perché adora i figli dei Babbani. Un preside decente non avrebbe mai dovuto ammettere un rifiuto della società come quel Canon. »

A quel nome la faccia da poker di Kaito ebbe quasi un cedimento. Malfoy cominciò a scattare foto con un’immaginaria macchina fotografica, in una replica di Colin crudele ma perfetta: « Potter, posso avere una tua foto, Potter? Mi fai un autografo? Per favore, posso leccarti le scarpe, Potter? »

La tentazione di gridargli che Colin non era affatto solo un disperato paparazzo di Harry fu fortissima, ma Kaito si trattenne e iniziò ad applaudire con aria soddisfatta. Ad ogni battito di mani si sentiva sempre più in colpa nei confronti del compagno, ma mise a tacere la sua coscienza col pensiero che dopotutto stava facendo quella messinscena solo per il suo bene. Solo a quel punto Harry e Ron, che sapevano quanto Kaito fosse legato a Colin, capirono la sua difficoltà e la sua abilità di attore e cercarono d’impegnarsi di più nella loro risata forzata. Anche se giunse in ritardo, Malfoy sembrò soddisfatto; magari Tiger e Goyle non erano di quelli che capivano al volo.

Draco continuò la sua commedia scandendo lentamente: « San Potter, l’amico dei mezzosangue. Lui è un altro che non ha una vera sensibilità da mago, altrimenti non se ne andrebbe sempre in giro con quella presuntuosa Babbanastra della Granger. E pensare che la gente crede che l’erede di Serpeverde sia lui! »

Harry, Ron e Kaito rimasero in attesa, trattenendo il fiato: di certo, Malfoy stava per dirgli che l’erede di Serpeverde era lui.

E invece…

« Quanto mi piacerebbe sapere chi è. Potrei dargli una mano. Anzi, credo che sarebbe ben lieta di collaborare con lui gran parte della nostra Casa, non è vero, Bulstrode? »

Kaito represse un brivido per lo sguardo che Draco gli lanciò: « Certamente. »

Davanti all’aria petulante di Malfoy, Ron-Tiger fece afflosciare la mascella così tanto che la sua faccia sembrò ancora più ebete del solito. Per fortuna Malfoy non ci fece caso, apparentemente distratto da Kaito-Bulstrode, e Harry-Goyle, cercando di farsi venire in mente qualcosa, disse: « Ma tu avrai sicuramente un’idea di chi c’è dietro a tutto questo… »

Troppo diretto, pensò Kaito. E soprattutto, domanda formulata con una proprietà di linguaggio troppo elevata per quella mente semplice di Goyle.

Malfoy infatti sbottò: « Lo sai che non ce l’ho, Goyle, quante volte te lo devo ripetere? E mio padre non vuole dirmi niente sull’ultima volta che la Camera è stata aperta. Certo, è successo cinquant’anni fa, e quindi prima che lui fosse a Hogwarts, ma conosce la storia nei minimi particolari e dice che fu messo tutto a tacere; per cui, se io sapessi troppo apparirebbe sospetto. Una cosa, però, la so: l’ultima volta che la Camera dei Segreti è stata aperta è morto un mezzosangue. Perciò scommetto che è soltanto una questione di tempo: anche questa volta uno di loro ci rimetterà la pelle… spero proprio che sia quel buffone esibizionista troppo cresciuto del primo anno di Grifondoro. Oppure, meglio ancora, direttamente la Granger. »

Kaito si morse un labbro. Hermione, se l’era completamente dimenticata! Chissà se stava ancora piangendo nel bagno… magari i segni avevano iniziato a sparire…

Ron-Tiger stringeva i pungi giganteschi. Rendendosi conto che se avesse mollato un cazzotto a Malfoy si sarebbero immancabilmente traditi, Harry fulminò l’amico con un’occhiata e chiese: « Ma quello che aprì la Camera… l’hanno preso? »

« Oh, sì… chiunque sia stato fu espulso. Probabilmente è ancora ad Azkaban. »

Harry ripeté perplesso: « Azkaban? »

Malfoy lo fissò incredulo: « Sì, Azkaban… la prigione dei maghi, Goyle! Parola mia, se tu fossi appena un po’ più lento andresti all’indietro! »

Kaito finse di lasciarsi sfuggire una risatina, a cui Malfoy rispose con un sorriso prima di continuare: « Mio padre mi dice di non immischiarmi e di lasciare che l’erede di Serpeverde prosegua il suo lavoro. Dice che la scuola deve essere liberata da tutti quegli sporchi mezzosangue, ma che io non me ne devo impicciare. »

Però, pensò Kaito, avevano proprio dei consiglieri  scolastici che badavano al benessere degli alunni. Doveva tenerlo presente, essendo anche lui nato Babbano.

Malfoy continuò: « Naturalmente in questo momento lui ha ben altro da fare. Lo sapete che il Ministero della Magia ha perquisito il nostro Castello, la settimana scorsa? »

Harry-Goyle cercò di fare assumere al suo viso ebete un’espressione preoccupata. Kaito fece lo stesso, ma Ron-Tiger sembrò semplicemente incuriosito. Probabilmente perché lo era.

« Proprio così… per fortuna non hanno trovato granché. Mio padre possiede alcune preziose sostanze per le Arti Oscure. Ma per fortuna anche noi abbiamo la nostra camera segreta, sotto il pavimento del salotto… »

Ron-Tiger esclamò: « Aha! »

Malfoy lo fissò e altrettanto fecero Harry e Kaito. Ron arrossì. Anche i capelli gli stavano tornando rossi. E anche il naso, pian piano, gli si stava allungando. L’ora era scaduta. Ron stava ridiventando Ron e dall’occhiata inorridita che lanciò a Harry, anche a lui stava capitando la stessa cosa.

Kaito prese in mano la situazione, piantandosi davanti a Malfoy e chiedendogli con aria interessata: « Di quali sostanze si tratta? Sono curiosa… »

Malfoy la guardò con quello sguardo che al ragazzo dava i brividi: « Oh, niente di che… sono tutte cose che sicuramente ha anche Piton… »

Tiger e Goyle scattarono in piedi: « Presto, una medicina per il mal di stomaco! »

Kaito li osservò attraversare di corsa la sala comune dei Serpeverde e gli urlò dietro: « Bravi, maiali, andate al bagno a rimettere ciò che avete ingurgitato a pranzo! E poi al massimo filate dopo in infermeria! Non date disonore ai Serpeverde… »

Sperò che avessero colto il messaggio e che andassero immediatamente ad aiutare Hermione. Almeno loro erano fuori pericolo. Ora doveva solo impedire a Malfoy di seguirli e uscire anche lui di lì prima di farsi scoprire.

« Ben detto, Millicent, ben detto… »

Kaito rimase a pensare per un secondo. Si era sbagliato o l’aveva appena chiamato per nome? Fino a quel momento si era limitato al Bulstrode…

Il ragazzo ripensò allo sguardo che gli aveva diretto e che gli aveva dato i brividi. Uno sguardo stranamente dolce, per i suoi standard. Un dubbio lo fulminò.

No. Non poteva essere.

Draco gli si avvicinò ancora: « Sai che oggi sei più bella del solito? Hai un qualcosa di diverso, non so… »

Kaito dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non avere reazioni inconsulte. Andava tutto bene, si ripeté mentalmente. Malfoy gli stava solo facendo delle avances. Tutto bene…

Tutto bene un corno! Non era psicologicamente preparato a subire un corteggiamento da uno che se avesse saputo davvero chi aveva davanti l’avrebbe ucciso sul posto!

Trattenendo il senso di nausea, Kaito continuò la recita: « Sarà la luce… »

« Sì, forse. Chissà se succede lo stesso anche all’aperto… ti va di controllare? Io e te a passeggiare sotto la neve… »

Il prestigiatore rabbrividì al pensiero di una passeggiata romantica con Malfoy. Questo era ben oltre quello a cui si sarebbe sottoposta Hermione, figuriamoci lui! Ormai Harry e Ron dovevano essere arrivati almeno al bagno. Avrebbe voluto trattenere Draco fino a che non fossero giunti in infermeria, ma ora era lui ad essere in una situazione di emergenza! Doveva uscire di lì, subito, prima che la situazione precipitasse!

Per trovare il coraggio di pronunciare l’ultima frase s’immaginò di essere nei panni di Kaito Kid e di dover estorcere un’informazione sugli allarmi di qualche bel gioiello fingendosi una donna avvenente. Una cosa che aveva già fatto, del resto. Doveva essere assolutamente professionale, senza pensare a chi aveva davanti.

« Va bene, Draco, dammi solo il tempo di andare in bagno ad aggiustarmi e di mettermi qualcosa di più… adatto all’occasione… »

Il ragazzo la guardò con gli occhi spalancati, immaginando chissà cosa. Kaito-Bulstrode s’alzò con calcolata lentezza e finse di avviarsi verso i dormitori, per poi fermarsi: « Oh, per colpa di quei due idioti che mi hanno distratto ho lasciato il mantello in Sala Grande! Vado a prenderlo e torno, ok? »

Malfoy le sorrise: « Ti aspetto qui. »

« Bene. Torno subito. »

Aspetta e spera, pensò il ragazzo mentre usciva con calma dalla sala comune di Serpeverde e si nascondeva in un angolo per togliersi tutta la bardatura e ritornare ad essere Kaito Kuroba. L’aveva scampata bella, non c’erano dubbi. Ora doveva solo raggiungere gli altri in infermeria e…

« Cosa ci fai nei sotterranei, Kuroba? »

Ecco, ci mancava giusto solo Piton!

« Buon Natale, professore! Stavo solo cercando se per caso Pumpkin avesse lasciato da queste parti il rotolo di pergamena dove aveva appuntato la lezione di Trasfigurazione mentre venivamo da lei per Pozioni. Mi ha chiesto via gufo di aiutarla a cercarlo… »

L’insegnante scosse la testa: « Non ho trovato nulla del genere, ma se capitasse glielo farò avere. »

Kaito fece un cenno con la testa: « La ringrazio. Allora provo da qualche altra parte. Con il suo permesso… »

Piton gli fece un cenno con la mano e il ragazzo si allontanò. Era stato rapido a mimetizzare il sacchetto con la divisa di Millicent Bulstrode e apparentemente il professore non l’aveva notato.

« Kuroba? »

Ecco, pure la McGranitt! Ma ce l’avevano tutti con lui?

« Ho controllato quella sfera e in effetti aveva un incantesimo di localizzazione. Evidentemente ha cercato di scoprire dove si trovi Hogwarts di preciso, ma le andata male, la scuola è schermata contro questi trucchi. Comunque ora l’ho tolto e puoi venire a ritirare la sfera quando vuoi. »

« La ringrazio davvero. »

« Se ti arrivano altri oggetti da questa persona non temere di disturbarmi, portameli subito. »

Il ragazzo annuì e subito corse in infermeria, dove Ron ed Harry lo stavano aspettando.

« Come sta? »

I ragazzi si guardarono preoccupati: « Da quel che dice Madama Chips, ne avrà per un bel po’… forse anche dei mesi! »

« Cavolo… »

Ron tirò un calcio al muro: « E l’unica cosa utile che abbiamo saputo è che i Malfoy nascondono materiale illegale sotto il salotto… be', questo però potrei scriverlo a mio padre! »

Kaito gli mise una mano sulla spalla: « Ma il mistero sull’erede rimane tale. »

Harry sospirò: « Non proprio. Almeno abbiamo scoperto che la Camera dei Segreti è già stata aperta. Con qualche altra indagine e un po’ di fortuna, magari scopriamo da chi e come. »

Il prestigiatore annuì: « Giusto. Tenetemi informato, va bene? Io continuerò a indagare anche per conto mio, e il primo che scopre qualcosa informa l’altro, va bene? »

Harry e Ron annuirono e quest’ultimo aggiunse: « Ma poi come te la sei cavata con Malfoy? »

Kaito rabbrividì: « Un’esperienza che non augurerei al mio peggior nemico! »

Harry si preoccupò: « Ti ha scoperto? »

Ron lo incalzò: « Ti ha fatto fare qualche magia oscura? »

Kaito scosse la testa con aria schifata: « Peggio, molto peggio. Mi ha chiesto un appuntamento. »

 

 

Ciao! Come va? Credo che questo sarà l’ultimo capitolo che riuscirò a pubblicare prima di ricominciare l’università… questo è ancora l’ultimo residuo di quello che avevo scritto in montagna, e a dalla lunghezza potete dedurre quanto mi annoiassi… XD Spero che vi sia piaciuto quanto io mi sono divertita a scriverlo.

Ringrazio MeiyoMakoto, Liberty89 e darkroxas92 per le loro fedelissime recensioni e vi aspetto tutti al prossimo capitolo, dove saremo tutti alle prese con San Valentino… che, se non lo sapete, varia leggermente da un paese all’altro! Ma come, direte voi, è la festa degli innamorati, no? Ma le sfumature possono cambiare, come Kaito imparerà presto a sue spese… e anche voi!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 11
*** Un San Valentino incompreso ***


01

Un San Valentino incompreso

 

Hermione rimase in infermeria per diverse settimane. Quando gli studenti tornarono dalle vacanze di Natale corsero varie voci sulla sua scomparsa, perché naturalmente tutti pensarono che fosse l’ennesima vittima. Erano talmente tanti gli studenti che facevano la fila fuori dall’infermeria per farle visita che Madama Chips tirò fuori le famose tende e le appese tutt’attorno al letto, per risparmiarle la vergogna di farsi vedere con la faccia pelosa. Harry, Ron e Kaito andarono a trovarla tutte le sere fino ai primi di febbraio, quando Hermione lasciò l’infermeria.

Per il resto, la situazione rimase invariata. Niente novità sull’erede di Serpeverde, nessuna novità per pietrificati, solo una marea di compiti, qualche dispetto ad Allock e relative punizioni, ma niente di più. Anche Akako non si fece più sentire via lettera. Un periodo tranquillo, quasi noioso. Almeno fino al quattordici di febbraio.

 

Kaito corse giù per le scale: « Diavolo, sono in ritardo! Ieri sera ho fatto troppo tardi con i Malandrini… »

Non era del tutto vero. Si era attardato nel letto cercando di riafferrare un sogno che gli sembrato degno di nota, ma che non ricordava nei dettagli. Le uniche immagini che gli erano rimaste in mente erano un’aula di Hogwarts, delle aluccie bianche e una macchia blu…

Perso nei suoi pensieri, il ragazzo continuò a saltare i gradini per recuperare il tempo perduto fino a quando non sentì il vuoto sotto di lui.

« Eh? Cos… »

« ATTENTO! »

La scala aveva deciso di spostarsi proprio mentre Kaito stava per appoggiare il piede sul corridoio. Per fortuna l’equilibrio non gli mancava. Istintivamente si sporse in avanti, afferrò il bordo del corridoio e si tirò su con una manovra acrobatica grazie alla quale ricevette applausi dai ragazzi di passaggio.

« Fiù! Me la sono vista brutta! »

« Ma dove avevi la testa? »

Kaito sorrise a Thomas, che gli porgeva la mano per aiutarlo ad alzarsi: « Ah, non lo so, non sono domande che mi faccio alle otto del mattino! »

« Non hai sentito la scala tremare? »

« Eh? Non so, non ci ho fatto attenzione… »

I due ragazzi si avviarono verso la Sala Grande per la colazione.

« Dovresti, è il segnale che usano le scale per avvertire che si stanno per spostare! »

Kaito rise imbarazzato: « Ah, ecco… vedi, noi giapponesi siamo abituati ai piccoli terremoti, non ci facciamo quasi caso… »

Thomas rise e Kaito continuò a parlare: « In effetti mi chiedevo se nessuno è mai precipitato da qui… la caduta è proprio brutta, soprattutto dagli ultimi piani… »

« C’è un incantesimo che frena la caduta in caso d’incidente. E al massimo c’è sempre Madama Chips! »

« Santa donna, secondo me non la pagano abbastanza per il lavoro che fa qui dentro! »

Attraversarono l’ingresso e varcarono il portone, rimanendo allibiti.

« Thomas… dimmi che la scala si è spostata una volta di troppo e abbiamo sbagliato stanza… »

« Vorrei dirtelo… ma è l’unica sala così grande qui dentro, che io sappia… »

Le pareti erano coperti di grossi fiori rosa acceso. Come se non bastasse, dal soffitto color azzurro pallido piovevano coriandoli a forma di cuore.

« Succede tutti gli anni a San Valentino? »

« Non saprei! »

I primini andarono a sedersi al tavolo di Grifondoro, dove i maschi si dividevano fra attacchi di nausea e ilarità, mentre le femmine sembravano entusiaste e divertite. Con le dovute eccezioni, ovviamente.

« Ma che schifo è? »

Kaito commentò: « Ecco a voi Miss Femminilità Grifondorese in tutto il suo splendore… », continuando a osservare Sheridan che, cercando di salvare la sua scodella di porridge dai coriandoli, era tutto fuorché entusiasta. Con lei, stranamente, c’era anche Ginny, che in quei giorni sembrava preda di un incantesimo ammutolente e aveva sempre l’aria triste, però il prestigiatore era convinto che in condizioni normali avrebbe quasi sicuramente gradito l’atmosfera.

Alla domanda di Sheridan, Ron si limitò a indicare con aria disgustata il tavolo degli insegnanti. Allock, che indossava un abito dello stesso colore rosa acceso delle decorazioni, stava agitando le braccia per chiedere silenzio. Gli insegnanti che sedevano al suo fianco erano impassibili, come se avessero incontrato il mostro di Serpeverde e ne fossero stati pietrificati. O forse si erano davvero sostituiti con delle statue, un po’ stile ninja.

Allock esclamò: « Buon San Valentino! E il mio grazie alle quarantasei persone che mi hanno mandato una cartolina d’auguri! Sì, mi sono preso la libertà di farvi una piccola sorpresa… e non finisce qui! »

Kaito lo guardò terrorizzato: « Perché, quell’uomo può ancora fare qualcosa di peggio di questo? »

Il professore batté le mani e dalle porte della Sala d’Ingresso entrarono una dozzina di nani dall’aria arcigna. Ma non erano nani qualsiasi. Allock li aveva dotati tutti di ali dorate e di un’arpa.

Gilderoy annunciò raggiante: « I miei amici cupidi, postini d’amore! Oggi andranno in giro per tutta la scuola, consegnando i vostri auguri di San Valentino! E il bello non finisce qui! Sono sicuro che i miei colleghi vorranno condividere lo spirito della festa! Perché non chiedete al professor Piton di mostrarvi in quattro e quattr’otto come si prepara una Pozione d’Amore? E già che ci siamo, il professor Vitius, quel vecchio furbacchione, di Incantesimi Incantevoli ne sa più di qualsiasi mago io abbia conosciuto! »

Il professor Vitius si nascose la faccia fra le mani. Quanto a Piton, la prima persona che si fosse azzardata a chiedergli una Pozione d’Amore rischiava l’avvelenamento.

Nicole guardò Allock con aria sognante: « Oh, è valsa la pena mandargli quel biglietto! »

Stephen la guardò orripilato: « Tu sei fra quei quarantasei? Questo rischia di far calare molto la mia stima nei tuoi confronti… »

« Come se l’avessi mai avuta… »

I due iniziarono un rumoroso battibecco, mentre Thomas, sospirando, prese la macchina fotografica e scattò di malavoglia una foto alla Sala e a un cupido.

Kaito continuava a guardare quelle creaturine con un misto di disgusto e pietà: « Ma non c’è una legge di maltrattamento verso quei cosi? Dalla loro faccia dubito che si sarebbero sottoposti volontariamente a un’umiliazione del genere! »

Il ragazzo con gli occhiali fece spallucce: « Non so, ma forse Colin si farà due risate vedendoli… »

« Oppure avrà gli incubi notturni… »

I gufi arrivarono a interrompere quella scena. Aoko si presentò sul tavolo con una lettera e una scatolina. Kaito aprì la busta.

 

Si sente parlare molto della cucina inglese, e quasi mai bene… nel caso oggi ti arrivi della cioccolata cattiva, puoi rifarti la bocca con questa nostrana. Ma non farti strane idee, eh? Non voglio solo che tu rimanga avvelenato, altrimenti quella santa donna di tua madre ne soffrirebbe troppo!

Fammi poi sapere se ti è arrivato qualcosa da qualche compagna. Avrai più successo lì che da noi? Buon San Valentino!

 

Aoko

 

Il volto di Kaito s’illuminò in un modo che non passò inosservato a Fred e George.

« Ehilà! La tua misteriosa ragazza si è fatta viva, eh? »

Ginny sembrò riprendersi un attimo dalla sua crisi di mutismo: « Misteriosa ragazza? »

George annuì: « Sospettiamo che il nostro Kaito abbia una fidanzata in patria, ma non ne abbiamo la conferma, visto che lui non parla e si scambiano lettere solo in giapponese stretto… »

Fred guardò il fratello con aria complice: « Ma sappiamo che le tiene tutte da parte… »

Kaito li guardò sconvolto: « Cosa??? »

« Ti abbiamo visto, hai una scatola di latta con tutte le lettere da casa sotto il letto, e quelle con questa calligrafia le tieni in una busta a parte! Allora, che ti ha scritto? »

Kaito divenne rosso come un peperone: « Ma… cosa ve ne importa? E chi vi ha dato il permesso di frugare sotto il mio letto? »

Fred approfittò del momento d’imbarazzo per strappargli la lettera di mano: « Oh-oh, abbiamo ragione, ammirate quindi come l’impassibile Kaito s’imbarazza quando si parla di lei! Dunque, dunque, dunque… incomprensibile come sempre, ma magari riusciamo a farcela tradurre da Cho Chang… »

Il prestigiatore cercò di riprendersela: « Ma per favore, Cho Chang è cinese! »

I gemelli continuarono a passarsi di mano la busta, mentre Kaito li lasciava fare e fingeva di prendersela, divertito da quel gioco. Se davvero avesse voluto, avrebbe potuto esibire la sua mitica faccia da poker e nessuno si sarebbe accorto di nulla, ma in realtà era un modo come un altro per non farsi prendere dalla pressante nostalgia di casa. Nessuno, tranne Thomas che fotografava la scena e che riuscì a immortalare la ragazza per errore, si accorse che Ginny aveva lasciato la Sala. Ma nemmeno l’obiettivo riuscì a vedere la ragazzina dai capelli rossi prendere una lettera e strapparla in mille pezzi.

« Dovevo immaginarlo, Kaito è molto più grande di me… ma almeno questo risolve il dubbio che avevo. Così almeno non avrò più l’impressione di tradire Harry… »

 

« Benissimo, Kuroba, controllerò anche questo. »

« La ringrazio, professoressa. »

« Ma non potrò andare avanti così per i prossimi sei anni, prima o poi dovrai risolvere la situazione in qualche modo! »

« Ha ragione, spero di riuscire a parlarle a quattr’occhi quando la vedrò. »

Kaito uscì dall’ufficio della McGranitt dopo aver consegnato l’ennesimo pacco di Akako e per poco non andò a sbattere contro un nanetto. Per tutto il giorno non avevano fatto altro che fare irruzione nelle aule per consegnare gli auguri di San Valentino, con grande disappunto degli insegnanti. Erano già quattro quelli che avevano placcato Kaito, sempre in modi abbastanza imbarazzanti, e ogni volta il ragazzo meditava profonda vendetta, progettando di prenderli tutti, legarli e gettarli nel letto di Allock. Proprio il cupido che aveva urtato iniziò a correre per i corridoi gridando: « Harry Potter, Harry Potter! »

Kaito sospirò: « Poveraccio, chissà cosa lo aspetta… spero solo che non sia troppo imbarazzante… »

 

« Occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia… »

« … capelli neri e lucidi come di corvo in volo… »

Speranza vana. Kaito si mise le mani nei capelli nel vedere i gemelli in piedi su due poltrone declamare in modo esagerato, con le mani sul cuore, l’imbarazzante poesiola.

« … vorrei che fosse mio — quale divina gioia! — … »

« … l'eroe che ha sgominato del Mago Oscuro il dolo. »

Ginny corse su nei dormitori con il volto fra le mani, probabilmente in lacrime. Harry era già sparito dalla circolazione da un pezzo. L’ultima volta che lo si era visto aveva in mano un quaderno nero.

Sheridan la guardò preoccupata sparire dietro la porta: « Ragazzi, io credo che potreste anche smetterla, mi pare che Ginny abbia capito che la poesia non è il suo campo! »

Fred la guardò divertito: « Dici? Io invece non ne sono così sicuro… Occhi verdi e… »

Kaito gli mise una mano sulla bocca: « Fred, basta. »

George protestò: « Ma è nostra sorella, abbiamo il diritto di prenderla un po’ in giro! »

« Credo che per stasera abbiate usufruito del vostro diritto a sufficienza. »

Fred e George volevano aggiungere ancora qualcosa, ma Sheridan chiuse di botto il libro che stava leggendo e li aggredì: « Ma avete gli occhi foderati di prosciutto? Non vedete che in questi giorni ha qualcosa che non va? Non parla, se risponde lo fa amonosillabi… quella non è la Ginny di inizio anno! Ne sembra solo un’ombra! »

Fred sembrò improvvisamente interessato: « È normale che sia muta o quasi in presenza di Harry… ne ha una cotta! »

Sheridan sembrò ancora più furiosa: « Sì, in presenza di Harry, ma quando siamo in dormitorio, prima, io, lei e Nicole passavamo ore a parlare di tutto e di più… ora non ci augura quasi nemmeno più la buonanotte! E piange per nulla, pure nel sonno… »

I gemelli si guardarono sinceramente preoccupati. Evidentemente non immaginavano che la situazione fosse così seria.

Kaito sospirò: « Hai provato a parlarci? »

« Molte volte, ma finge di non ascoltarmi o dice di essere solo raffreddata… c’è qualcosa che non va, credetemi! »

Il prestigiatore annuì: « Passa i pomeriggi sui libri e poi nelle interrogazioni va male… credo che abbia qualche pensiero serio che non le permetta di concentrarsi sullo studio… né su qualunque altra cosa… »

George si scrocchiò le dita: « Bene, scopriremo cosa preoccupa Ginny e la tireremo su! Se non riusciamo nemmeno in questo non possiamo certamente pretendere di capire chi ha pietrificato Colin! »

I gemelli si strinsero ancora più vicini. Evidentemente erano entrati in modalità Malandrini e non volevano che altri sentissero.

« A proposito, ci sono novità? »

Kaito scosse la testa. Non aveva detto nulla agli altri della Pozione Polisucco perché Hermione gli aveva fatto giurare il silenzio assoluto sull’argomento.

« Ve l’ho detto, ho solo sentito dei Serpeverde dire che secondo loro la Camera è già stata aperta in passato, ma non ho altre notizie. »

Momoka rifletté ad alta voce: « I Serpeverde non sono sempre affidabili. Questa notizia è da prendere con le pinze, potrebbero anche essersi accorti che li ascoltavi e aver inventato una panzana sul momento. »

Kaito non poteva replicare. L’osservazione era corretta e certo non poteva rivelare come aveva ottenuto quell’informazione, a meno di rivelare che si era travestito da Millicent Bulstrode e che aveva rischiato di dover uscire con Malfoy. No, una notizia del genere in mano ai gemelli era quantomeno pericolosa.

Futago sospirò: « Mesi di indagine e non abbiamo cavato un ragno dal buco… comincio a essere demoralizzato, ragazzi! »

Soseiji annuì: « A chi lo dici… »

Mangetsu si alzò dalla poltrona esclamando: « Ah no! Non possiamo arrenderci ora! Non pensate a Colin, Justin e Nick-Quasi-Senza-Testa? »

« Ehm… Kaito… »

Il prestigiatore abbassò lo sguardo. In quello scatto aveva rovesciato da boccetta dell’inchiostro sui fogli che stava compilando.

« Oh diavolo, che disastro… ecco perché preferisco le penne babbane! »

Fred sospirò prendendo la bacchetta: « Evanesco. »

L’inchiostro scomparve, lasciando la pergamena intatta.

« Si può sapere che stavi facendo? »

« Segnavo chi mi ha dato qualcosa oggi, sai, per il White Day… »

I tre ragazzi si guardarono perplessi: « White Day? »

Kaito guardava la lista concentrato: « Massì, il 14 marzo… dovrò procurarmi un po’ di dolci, già… »

« Ma di che stai parlando? »

Kaito era preso dai suoi calcoli, poi sembrò avere una folgorazione: « Del… aspetta un attimo! Volete dire che qui non c’è il White Day? »

Tutti gli altri Malandrini scossero la testa perplessi.

« Ma siete sicuri? Dal nome avrei giurato che fosse una tradizione anglosassone… oh, uffa, accidenti alla malsana passione giapponese per le lingue straniere! »

Sheridan lo guardò divertita: « Sì può sapere che cavolo è questo White Day? »

Il prestigiatore sospirò: « Allora, in Giappone a San Valentino le ragazze regalano cioccolatini, spesso fatti in casa, alla persona di cui sono innamorati oppure che vogliono ringraziare per qualche motivo… e un mese dopo sono i maschi che per ringraziare devono dare un pensiero a chi ha regalato loro qualcosa, spesso oggetti di colore bianco. Qui non funziona così? »

I gemelli si guardarono curiosi: « , no… da noi a San Valentino ci si dichiara e se regala qualcosa sono tipo anelli e lo fanno sia maschi che femmine e solo alle persone che si amano… »

Kaito riguardò la lista da una nuova prospettiva: « Vuoi dire che tutte queste ragazze hanno una cotta per me? Tutte quante? »

« Sì… »

Il prestigiatore si grattò una guancia: « Oh-oh… io pensavo che fosse per riconoscenza, come da noi! Però questo spiega perché alcune mi sembrava di non averle mai viste… e perché molti erano bigliettini e non cioccolatini… »

Sheridan ridacchiò per l’ingenuità del compagno: « Scusa, ma mi togli una curiosità? Come fate a distinguere se chi vi dà un pensiero è perché è veramente innamorato? »

Kaito rispose distrattamente: « Di solito è il regalo più grosso… molto spesso per riconoscenza viene dato anche solo un pacchetto di caramelle o due cioccolatini… »

La ragazza sorrise: « Allora credo dovrai chiarire un paio di cosette con tutte quelle ragazze… e con una certa persona che ti ha mandato il pacco di cioccolatini stamattina! »

« Perché? »

« Se in Giappone si calcola il bene che si vuole a una persona per la dimensione della scatola di cioccolatini, direi che la ragazza di stamattina te ne vuole parecchio, visto che la sua è risultato essere il regalo più grande della giornata… buonanotte a tutti, ragazzi, io vado da Ginny e vedo se riesco a scoprire qualcosa su di lei! »

« B…Buonanotte, Sheridan… »

I tre ragazzi la guardarono sconvolti salire le scale del dormitorio.

« In tre secondi ha capito più cose lei che non noi in due mesi di pressing su Kaito, fratello… »

« Se non riesce a capire lei cos’ha la nostra sorellina, credo che noi non abbiamo speranze… »

Il prestigiatore ridacchiò. Probabilmente Sheridan aveva il talento della detective, chissà se sarebbe potuta andare d’accordo con Conan… o forse era quello che chiamavano intuito femminile, chissà… di sicuro l’avrebbe vista bene come psicologa.

Quando anche i gemelli andarono a dormire, Kaito rimase ancora un attimo a pensare.

Perché Aoko gli aveva chiesto nella lettera di dirle quante ragazze gli avevano dato dei regali? Di solito era lei ad aiutarlo a trovare dei pensierini adatti all’occasione, era una loro tradizione, sì, ma era improbabile che Aoko non sapesse o non si fosse informata che il White Day in Inghilterra non era praticato. E allora perché…

Kaito sorrise. L’aveva sospettato, forse l’aveva anche sperato, ma ora ne aveva la prova definitiva. Probabilmente si sentiva così Saguru quando trovava la prova regina per incastrare un sospettato… o forse no…

Qualunque fosse la verità, tutti videro Kaito salire in camera canticchiando allegramente in giapponese. Nessuno però capì ovviamente cosa stesse dicendo.

« È gelosa, è gelosa… non lo dice ma è gelosa… »

 

Ciao a tutti! Capitolo più breve del solito, lo so, ma l’altra volta era molto lungo, dovevo compensare! E poi adesso ricomincio l’università, quindi le possibilità sono due: o aggiornerò molto di meno per mancanza di tempo, oppure molto di più se riesco a portarmi dietro il pc per scrivere nelle pause. Comunque, a parte tutto, spero che la storia continui a piacervi e ringrazio darkroxas92 e Liberty89 per i commenti.

Prossimo capitolo? Tutto da ridere, con Kaito che cercherà di andare su una scopa… se vi ricordate com’era finita la prima volta, sappiate che qui sarà molto, molto peggio! Un capitolo leggero per poi addentrarci senza pause né scuse negli orrori della Camera…

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 

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Capitolo 12
*** Volare... oh... oh... ***


Volare… oh… oh…

 

Erano circa quattro mesi che Justin e Nick-Quasi-Senza-Testa erano stati pietrificati e quasi tutti sembravano dell'idea che l'aggressore, chiunque fosse, avesse rinunciato una volta per tutte. Pix si era finalmente stancato di canticchiare È Potter canaglia che infuria e si scaglia”, ma l’umore di Ginny non era mai migliorato molto da San Valentino, a parte quando Allock si era ritrovato chissà come una decina dei suoi cupidi legati nell’armadio, furiosi per il trattamento riservatogli. La situazione cambiò solo quando si diffuse nella Casa la voce che c’era stato un furto nel dormitorio del secondo anno. I primini si mostrarono preoccupati.

Nicole continuava a ripetere: « Ma chi può essere? »

Thomas sospirò: « Un Grifondoro, senza dubbio. Nessun altro potrebbe entrare senza la parola d’ordine! »

Stephen allargò le braccia: « Ma almeno voi avete capito a chi hanno rubato? E che cosa? »

Kaito stette ben in silenzio. Aveva fortissimi sospetti che il derubato fosse Harry, forse per ripicca di qualcuno che non aveva ancora rinunciato all’idea che fosse lui l’Erede di Serpeverde. Prima o poi ne avrebbe parlato con lui, si ripromise. Ma la sua attenzione venne presto distratta da un annuncio sconvolgente.

 

« Esami di riparazione? Cosa significa esami di riparazione? »

Madama Bumb lo guardò con mani sui fianchi: « Credevo che fossi abbastanza bravo con l’inglese da capirlo… o in Giappone non esistono? »

« No, esistono… ma perché? »

« Perché a volare con la scopa sei una frana, Kuroba! In tanti anni di servizio non ho mai incontrato uno più imbranato di te… »

Kaito la guardò perplesso: « Grazie per tutti i complimenti… sono quasi commosso… »

« Pochi scherzi, Kuroba! Il prossimo anno Volo non c’è e io non posso permetterti di passare il semestre se non riesci nemmeno a tenerti su un manico di scopa! »

« Ma no, quello ora ce la faccio… »

« Intendo senza quella sorta di stramba imbracatura con le cinghie che ti sei fatto, Kuroba. »

« Ah, , senza le cinture di sicurezza, in effetti… »

« Io con te me ne lavo le mani. Hai una settimana di tempo, fatti aiutare da chi vuoi, ma dimostrami che sei in grado di stare su una scopa, altrimenti non ti farò passare al secondo anno. »

« Suona quasi come una minaccia… »

« Perché lo è, Kuroba. Una settimana, ricorda. »

« Ma come faccio a imparare da solo in una settimana se non c’è riuscita nemmeno lei a insegnarmi? »

« Non lo so, Kuroba, non lo so… »

L’insegnante lo lasciò con queste parole. Kaito rimase immobile per qualche istante, poi risalì al settimo piano con aria decisa, attraversò la Sala Comune senza dire una parola ed entrò in camera. Preoccupati per la strana reazione, i compagni lo seguirono, trovandolo seduto a terra a riempire il baule con tutte le sue cose.

Thomas si avvicinò dubbioso: « Ehm… Kaito, che fai? »

Il prestigiatore gli rispose scontroso: « Non lo vedi? Faccio i bagagli. »

Sheridan lo guardò preoccupata: « Hai fatto qualche scherzo ad Allock e lui è riuscito a farti espellere? »

« Che? No, no, quello no, per fortuna! Andarmene a causa sua non l’avrei ritenuto sopportabile, mi avreste visto fare a pezzi il baule in quel caso! No, visto che tanto verrò bocciato, ho deciso di tornarmene subito a casa e di riprovare direttamente l’anno prossimo. »

Stephen lo guardò sconvolto: « E perché? »

Kaito chiuse di scatto il coperchio del baule voltandosi verso i compagni: « Voi credete davvero che io possa imparare ad andare su una scopa in una settimana? »

Tutti gli altri si scambiarono sguardi fra il perplesso e l’imbarazzato. Kaito continuò: « Perché Madama Bumb è stata molto chiara su questo punto. O ci riesco o mi bocciano. »

Nicole gli mandò uno sguardo compassionevole: « Dai, adesso calmati, troveremo una soluzione… »

Kaito sospirò e uscì dalla stanza. Non era da lui arrendersi alla prima difficoltà, solo che quello non era proprio un ostacolo da nulla. Si sedette sulla poltrona davanti al caminetto con le testa fra le mani, poi, incapace di stare fermo, si alzò e iniziò a gironzolare per la stanza come un’anima in pena. Molti l’osservarono interessati, in attesa, fino a quando il ragazzo non appoggiò la sua candida bacchetta sul tavolino e continuò a passeggiare. Era il segnale che ormai tutti avevano imparato a riconoscere e che attendevano con ansia. Una voce, prima sussurrata, poi anche gridata, si diffuse nel dormitorio.

« Ehi, venite, Kaito sta riflettendo! »

« Wow, arrivo! »

L’entusiasmo non era dato dall’evento in sé, ma dal fatto che ormai tutti sapevano che quando il ragazzo era preoccupato, o troppo concentrato nello studio, le sue mani iniziavano a muoversi da sole, a creare mille e mille trucchi di prestigio quasi senza che nemmeno il ragazzo se ne accorgesse. Lo aiutava a concentrarsi, diceva. In poco tempo tutti i Grifondoro di tutti gli anni erano attorno a lui, a fissare in silenzio quello spettacolo involontario, mentre Kaito, che era talmente immerso nei suoi pensieri da non allontanarli come faceva di solito, rifletteva. Cosa poteva fare per evitare di essere bocciato?

Le sue mani tirarono fuori dalle maniche quattro assi, che con un rapido movimento vennero sostituite dai re, e poi ancora dalle regine e dai fanti, fino a che le quattro carte non divennero due, due jolly... il tutto nel giro di una decina di secondi, forse meno. I ragazzi guardavano con il fiato sospeso. Erano ammirati dalla sua abilità, perché quella non era magia, lo sapevano, la sua bacchetta era lì, sotto gli occhi di tutti. E intanto Kaito rifletteva.

C’era una partita di Quidditch imminente, ne era stranamente a conoscenza perché Fred e George si lamentavano in continuazione degli estenuanti allenamenti di Baston. Ma se il campo era sempre occupato da loro o dai Tassorosso, lui quando si poteva esercitare? Dubitava di potersi mettere a volare, pardon, cadere dalla scopa nei corridoi, Gazza avrebbe probabilmente ucciso quel poco che sarebbe rimasto di lui dopo la prima caduta…

Intanto i due jolly erano stati lanciati in aria, ricadendo sotto forma di dadi bianchi, che vennero girati in mano un paio di volte per poi emettere un piccolo fumo e trasformarsi in una colomba… no, non era una colomba, era solo sembrato per un attimo, in realtà erano tre foulard bianchi che il ragazzo aveva mosso per far sembrare delle ali in movimento… un gesto e i tre foulard erano annodati, per poi passare dentro un anello spuntato da chissà dove e diventare colorati e moltiplicarsi… da tre divennero quattro, cinque, sei… di ogni colore dell’arcobaleno… Kaito non guardava nemmeno quello che stava facendo, lo sguardo fisso di fronte a sé, mentre camminava avanti e indietro…

E poi cosa contava di fare, da solo? Il massimo che era riuscito a fare era stato costruirsi delle cinture di sicurezza sul modello delle macchine babbane, che sì, gli avevano impedito di cadere dalla scopa, ma gli erano costate parecchie sgridate di Madama Bumb e una grande ilarità da parte di tutti. Ma se l’insegnante si rifiutava di continuare a ripetergli le solite istruzioni che ormai Kaito conosceva a memoria e che si ripeteva come un mantra quando impugnava una delle scope della scuola, chi altro era abbastanza abile e disposto ad aiutarlo?

I foulard furono annodati tutti insieme, a formare un cerchio colorato che girava sempre più veloce, fino a che i colori non scomparvero e rimase solo un cerchio bianco a vorticare, che non era causato dall’effetto ottico, era proprio un unico pezzo di stoffa bianco arrotolato su se stesso, che il ragazzo stese come se fosse una tovaglia… lo voltò una volta, due, tre… e da bianco divenne nero… ci passò una mano sopra e comparvero, quasi come se le avesse attaccate lui una per una alla velocità della luce, delle stelle d’argento...

Che poi proprio non capiva cosa sbagliasse. Non era un problema di equilibrio, come Kaito Kid aveva fatto ben di peggio, e sempre senza alcun supporto magico. Era come se la scopa lo rifiutasse, quasi come se sentisse che non era per niente entusiasta di volare su di lei, quasi come se fosse gelosa del deltaplano che custodiva gelosamente ripiegato nel baule… non ne aveva mai parlato con altri perché aveva l’impressione che fosse un’idea stupida… ma magari nel mondo magico non era poi così assurdo…

Posò il manto stellato sul tavolino gemello di quello su cui aveva appoggiato la sua bacchetta e lo sollevò senza sforzo, portandoselo in giro e guidandolo solo con i lembi della tovaglia, come delle redini, senza assolutamente sfiorare il mobile…

E se…

« E INSOMMA, BASTA! »

Tutti, Kaito compreso, trasalirono. La squadra di Quidditch al gran completo era rientrata nella Sala Comune, faticando non poco a farsi strada per l’affollamento che si era creato. Fred e George si erano messi a urlare perché tutti li sentissero.

« VOI, AVANTI, SCIÓ, LO SPETTACOLO È FINITO! »

« E tu, Kaito, piantala di fare magia babbana, che così mi rincretinisci tutti! Poi lo spieghi tu ai prof che nessuno ha fatto i compiti perché erano troppo presi a guardare te che ti friggi il cervello… »

Kaito li guardò perplesso, per poi scoppiare a ridere. Solo in quel momento si era reso pienamente conto di avere per le mani il tavolino e lo riposò sul pavimento.

Fred sbuffò guardando il gruppo allontanarsi e borbottando contro di loro: « E invece di darti una mano a risolvere i tuoi problemi, stanno tutti qui a guardarti, beata innocenza… »

George annuì: « Ma anche tu, Kaito, non hai modi meno scenografici per pensare? »

Il ragazzo ridacchiò: « Scusate, è che così ho l’impressione di ragionare meglio… »

« Sì, ci ricordiamo quando il mese scorso dovevi trovare l’idea per finire la relazione di Piton… sei andato avanti per quaranta minuti buoni con quelle carte! Sai la fatica per scollare la gente da te? »

« E il bello è che tu non te ne accorgi, continui a fare trucchetti fregandotene di tutto e di tutti… non so se ammirarti per la sfacciataggine o se in quei momenti diventi sordo e cieco e in tal caso sollevarti di peso e trascinarti da Madama Chips… »

« Però se stavolta sei andato oltre carte e foulard, il problema dev’essere serio. Che è successo? »

Il quel momento l’ultimo membro di Malandrini li raggiunse: « Kaito, tutti in classe ti ringraziano, hanno fatto tante belle foto per Colin… e ti dicono che se possono aiutarti in qualche modo lo faranno. »

Kaito sospirò: « Grazie del pensiero… ma sapessi come! »

Sheridan lo guardò stupita: « Non ti è venuto in mente nulla nemmeno dopo tutto lo spettacolino? Di solito ti viene l’illuminazione alle carte, al massimo ai foulard, non eri mai andato avanti così a lungo! »

Kaito sorrise: « E due. Cominciate a conoscermi un po’ troppo bene, voi Malandrini… »

Fred e George scoppiarono in coro: « Ma insomma, si può sapere qual è il problema? »

« Madama Bumb ha minacciato di bocciarmi perché non so volare su un manico di scopa e Volo il prossimo anno non c’è. »

I gemelli si guardarono pensierosi: « Uhm… in effetti il problema è serio… »

« A pensarci bene, noi non ti abbiamo mai visto volare… Sheridan, dicci la verità, è davvero così malmesso come dicono le voci in giro? »

« No. »

Kaito tirò quasi un sospiro di sollievo, ma la ragazza continuò a parlare prima che potesse finirlo.

« È molto peggio. »

Kaito rimase con il fiato mozzo per qualche secondo: « Ehi, grazie! »

La ragazza fece spallucce: « Mi hanno chiesto la verità. »

Il prestigiatore sbuffò: « Ma questo non risolve il mio problema… »

Fred sospirò: « E va bene. Se sei giunto a questo livello di disperazione possiamo provare a fare un tentativo… »

Kaito s’illuminò. Non si sarebbe mai osato chiederlo.

George annuì: « Dopotutto siamo pur sempre giocatori della squadra di Quidditch, e se siamo abbastanza robusti da spedire via i Bolidi dovremmo riuscire anche a sostenere te durante un paio di cadute… »

Sheridan alzò gli occhi al cielo: « Un paio? Ottimisti… »

Una voce alle loro spalle ridacchiò: « Così però non lo incoraggi mica. »

Si voltarono. Harry era davanti a loro, ancora con la Nimbus 2000 in mano.

« Ti darò volentieri una mano anch’io. Loro sono più robusti, ma io sono più veloce. »

Kaito li guardò commosso: « Troppa grazia, non mi aspettavo tanto… »

Fred e George sorrisero: « Aspetta a dirlo, come insegnanti saremo inflessibili! »

« Non mi aspetto niente di meno. »

Harry annuì: « Allora ci vediamo domani pomeriggio al campo, con il manico di scopa… »

Sheridan aggiunse con tono divertito: « … e senza le cinture di sicurezza! »

Kaito risalì in camera fingendosi offeso con la ragazza: « Sì, sì… »

In realtà scoppiava di gioia. Aveva ancora una piccola speranza.

 

« Kaito Kuroba! »

« Presente! »

Fred e George erano davanti a Kaito con aspetto marziale. Non si capiva quanto fossero seri e quanto scherzassero. Kaito per rimanere in tema aveva risposto con il saluto marziale. Harry, più o meno del solito umore, era dietro di loro e sospirava.

I gemelli s’improvvisarono in un’imitazione abbastanza ben riuscita di Madama Bumb: « Bene, cominciamo! In sella! »

Kaito annuì e appoggiò la scopa a terra.

Harry lo guardò perplesso. Cosa stava facendo? Ma quando vide allungare una mano capì.

« SU! »

Fred si sbatté una mano sulla fronte: « Siamo ancora a quel livello? A posto, allora… »

La scopa infatti non era affatto salita, ma aveva preferito rotolarsi a terra. Kaito si rese conto di essere ridicolo e preso dal nervoso e dalla consapevolezza di avere poco tempo le tirò un calcio. George lo afferrò alle spalle immobilizzandolo.

« Ehi, che fai? Quella scopa non è tua, è di proprietà della scuola! »

Kaito sbottò: « Non mi ascolta mai, fa sempre quello che vuole! »

Fred cercò di calmarlo: « Non esagerare, hai avuto problemi anche con la bacchetta all’inizio, no? »

Il ragazzo era tutto rosso e agitato, così tanto che George non se la sentì di mollare ancora la presa: « Era diverso! La bacchetta ha fatto nulla per un mese e mezzo, questo schifoso ammasso di saggina mi fa dispetti! È gelosa! »

I gemelli si guardarono perplessi: « Gelosa di cosa? Della bacchetta? »

Harry, che fino a quel momento era stato zitto, improvvisamente ebbe l’illuminazione, che sussurrò lentamente: « Del deltaplano. »

Kaito arrossì e di colpo smise di divincolarsi. Fred e George si guardarono sempre più confusi.

« Del cosa? »

« Che c’entrano le lettere greche adesso? »

Harry scosse la testa: « Non ho detto delta, ma deltaplano. Kaito, tu sai volare col deltaplano, giusto? »

Il ragazzo annuì.

« E quindi pensi che la scopa sia gelosa… del tuo deltaplano? »

Harry scoppiò a ridere, una risata sincera e spontanea dopo mesi di stress e nervosismo. Kaito non aveva ancora capito se Harry lo stesse prendendo in giro per la sua ingenuità o se rideva perché aveva compreso come aiutarlo. I gemelli semplicemente non ci capivano più nulla.

« Ma si può sapere di che state parlando? »

Harry smise di ridere e guardò Kaito, che rispose al suo sguardo scuotendo la testa. Il Cercatore annuì e rispose a George: « È un mezzo babbano per volare. Una volta Kaito mi ha detto che sa usarlo e che è anche molto bravo. »

Il ragazzo lo ringraziò con lo sguardo. Non gli sembrava ancora il momento di svelare tutte le sue carte, anche se Harry l’aveva già visto in costume.

Fred stava riflettendo: « Ma papà ci dice sempre che i babbani volano sugli aroclani »

Kaito corresse distrattamente: « Aeroplani. »

Harry cercò di spiegarsi: « Sì, quello è il modo più sicuro, perché dotato di motore, si può dirigere con più sicurezza e si possono attraversare tratti più lunghi, ma esistono altri modi, spesso usati come sport o per divertimento. Il deltaplano è uno di questi. »

Il prestigiatore cercò di essere più specifico: « Grazie a un’intelaiatura e a un tessuto resistente si può lasciarsi condurre dal vento e planare a terra più o meno velocemente… certo, non è proprio una passeggiata, non si può frenare a mezz’aria né risalire di quota ed è facile rimanere in balia delle brezze… senza contare che non è facile atterrare con precisione… però è molto divertente! »

I gemelli lo guardarono incuriositi: « Ti vediamo spesso spiazzato qui dentro, ma nel mondo babbano a quanto pare fai cose molto curiose e pericolose… »

Kaito ridacchiò imbarazzato. E ancora non sapevano quanto!

Fred lo guardò come ne stesse stimando il prezzo: « Tempo un anno che impara le basi del mondo magico e questo diventa peggio di noi, fratello! »

Harry li ignorò e tornò a rivolgersi a Kaito: « La scopa non è tuo nemico, va bene? Solo perché sei più abituato ad altri mezzi, non significa che non puoi volare anche con un manico di scopa. Ti piace volare con il deltaplano? »

« Direi di sì. »

« E allora prima di dire “Su” pensa solo a quello che provi quando voli, indipendentemente dal mezzo. La scopa vuole volare quanto te, non siete diversi, devi solo capire che avete lo stesso obiettivo e che potete raggiungerlo con gli stessi mezzi. »

Fred applaudì fintamente commosso: « Vogliamo Potter in politica! Sei bravo con i discorsi, se ti candidi credo che hai già i voti di me, George e di tutti i Weasley! »

George si unì al fratello: « Che calcolando quanti siamo ritieniti praticamente eletto, Harry! »

Kaito rise: « Mettici anche il mio, anche se non so se posso votare per il vostro parlamento… »

Harry li guardò ridacchiando: « Dubito che mi butterò mai in politica, ma grazie del sostegno… »

Kaito sospirò e tornò a mettere la mano sulla scopa. Chiuse gli occhi e cercò di immaginarsi sul tetto di qualche edificio, vestito da Kaito Kid, pronto a una fuga dopo una rapina. Il vento lo chiamava a sé, veloce, per evitare che Nakamori lo prendesse…

« SU! »

E dopo un paio di secondi di esitazione, il manico di scopa tremò e salì nella mano di Kaito. Il ragazzo spalancò gli occhi sorpreso.

« Ce l’ho fatta! »

George gli mise una mano sulla spalla: « Frena l’entusiasmo, ragazzo! Anche se ora hai una scopa in mano, siamo ben lontani dal volare! »

Fred aggiunse: « Ok, adesso inforcala e… »

Un gruppo di Serpeverde si avvicinò al campo urlando: « Kuroba, scappa! Un Mezzosangue come te non dovrebbe stare vicino all’Erede! »

« È Potter canaglia che infuria e si scaglia… »

Harry sospirò: « Meglio che me ne vada. »

I gemelli protestarono: « Non puoi dargliela vinta! Se non vuoi tu, ci pensiamo noi a… »

Il ragazzo alzò le mani: « A me i loro commenti non fanno né caldo né freddo, ma se resto disturberanno Kaito, che ora ha bisogno di tutta  la sua concentrazione… mi porto quei rompiscatole via con me, voi continuate. In bocca al lupo, Kaito! »

« Harry… »

Il prestigiatore rimase ad osservare Harry che si allontanava seguito, come aveva previsto, da tutti i Serpeverde che continuavano a canzonarlo. Non era vero che non soffriva per i loro commenti, era chiaro come il sole… eppure si stava sacrificando per lui e questo lo faceva sentire in colpa…

« Bene, allora… ricominciamo! In sella, Kaito! »

Il ragazzo mise a tacere i rimorsi di coscienza e ubbidì. Se non si fosse impegnato avrebbe reso inutile lo sforzo di Harry. Affianco a lui si posizionarono anche i gemelli, uno da una parte e uno dall’altra.

« Adesso… »

« … metti le mani così… »

« … poi pieghi le ginocchia… »

« … e… »

« …e AAAAAALT!!! »

I gemelli guardarono Kaito e dissero in coro: « Che c’è? »

« La volete piantare di parlare in surround? A forza di girare la testa da una parte e dall’altra mi farete venire il torcicollo!!! »

I fratelli si guardarono e arrossirono contemporaneamente: « Scusa… »

« Vabbè, ricominciamo, non credo di poter stare con le ginocchia piegate ancora molto a lungo… »

I gemelli si rimisero in posizione: « E adesso ti dai una spinta e vai… »

Fred si sollevò in aria di un paio di metri.

« Ok, vai Kaito! »

Il ragazzo, concentratissimo, si diede la spinta… per poi cadere malamente a terra dopo un saltino di quaranta centimetri circa.

George si sbatté una mano sulla fronte. Kaito stava attraversando il campo di Quidditch a saltelli come una ranocchia, tentando inutilmente di prendere il volo.

« Imbarazzante è dir poco… »

Fred annuì: « E dall’alto è anche peggio, credimi… »

George gridò a Kaito che si era allontanato di un bel pezzo: « EHI, CANGURO! SMETTILA DI SALTELLARE E TORNA QUA! »

Il prestigiatore riprese la sua scopa a mano e tornò indietro camminando, rosso come un peperone.

Fred atterrò: « Ok, così non ha funzionato… proviamo a cambiare metodo. Kaito, vieni qui sulla mia scopa. »

« Ma ci stiamo in due? »

« Per quello che dobbiamo fare, sì. Mettiti davanti a me. »

Kaito ubbidì.

« E adesso guarda bene quel che faccio io. »

Il ragazzo osservò con attenzione Fred ripetere la manovra e si sollevarono di un metro, per poi ridiscendere a terra.

« Ok… riprova ora. »

Kaito sospirò e cercò di ripetere esattamente quello che aveva fatto Fred, anche se al momento della spinta chiuse gli occhi. I piedi si sollevarono leggermente da terra e Kaito s’emozionò.

« Ci sono? Funziona? »

« Diciamo di sì… ma prima di esaltarti troppo, apri gli occhi e guarda da te. »

Il ragazzo aprì gli occhi, scoprendo con sua somma delusione che in realtà si era sollevato solo di una ventina di centimetri.

« Bè… è un inizio! »

George ridacchiò: « Il bello di te è che sei ottimista. »

Fred aggiunse: « Bisogna vedere quanto lo saremo noi per insegnarti il resto… »

Kaito sorrise e cercò di accelerare.

Fred lo guardò interessato: « Forse ce la fa… ce la fa… ce la fa… »

Una forte botta annunciò che Kaito si era appena schiantato contro una delle tribune.

George sospirò: « No, non ce la fa. Vieni, aiutami a disincastrarlo… »

 

Quando Sheridan vide il trio tornare alla Sala Comune, si stupì di come facessero a stare in piedi. Avevano tutti un’aria stravolta e distrutta.

« Non sono sicura di voler chiedere come è andata… »

Fred si buttò su una poltrona: « Indubbiamente l’esperienza più traumatizzante della mia vita! »

George si unì al fratello: « Oggi abbiamo visto manovre che non avevamo mai osato neppure immaginare… »

Sheridan sospirò: « Vediamo se riuscite a stupirmi… »

Fred iniziò ad elencare gli episodi contandoli sulle dita: « Dunque… si è incastrato nelle tribune… »

La ragazza lo interruppe subito: « Con o senza la scopa? »

« Con la scopa, non era riuscito a frenare… »

« Meno male, l’altra volta c’era riuscito senza »

I gemelli si guardarono sconvolti: « Credevamo che nulla riuscisse più a stupirci… ma ci sbagliavamo… »

« … e di grosso, fratello… »

Sheridan sorrise: « Poi? »

« Ha fatto cinque giri della morte consecutivi atterrando di faccia dopo aver perso la presa dalla scopa; non è riuscito a fermarsi per atterrare e ha scavato una buca sottoterra di ben un metro di profondità, che sembrava più una talpa che un essere umano… »

« … è uscito dal campo di Quidditch per schiantarsi quasi in braccio alla Sprite che passava di lì per caso… »

Sheridan non ce la fece più e scoppiò a ridere. Poi, notando che fino a quel momento Kaito non aveva detto una parola, si voltò verso di lui. Il ragazzo era crollato sulla poltrona davanti al fuoco e si era addormentato di botto, stanco morto e ancora tutto sporco di terra. I Malandrini sorrisero inteneriti.

« Facciamolo riposare un pochino, poi lo mandiamo di filato a fare una doccia e a letto. Gli portiamo noi qualcosina da mangiare dalla Sala Grande. »

Sheridan annuì: « Sì, ma niente pesce, mi raccomando. Per oggi ne ha già avute abbastanza. »

Fred e George iniziarono ad avviarsi verso i dormitori per cambiarsi, ma la ragazza li bloccò ancora una volta: « Ma almeno è riuscito ad imparare qualcosa? »

I gemelli sospirarono: « Per i suoi standard ha fatto miracoli. Ormai è in grado di alzarsi in volo e tenersi sul manico per un paio di minuti se vola lentamente e a non più di tre metri dal suolo. »

« Dobbiamo ancora migliorare l’atterraggio. Per il momento l’unica tecnica che ha provato è stata lanciarsi dal manico di scopa e rotolare a terra… dice che nei film babbani gli attori scappano così dalle auto in fiamme… io dico che sono dei pazzi… »

La ragazza rise: « Capisco. Comunque è già più di quanto non sia mai stato in grado di fare da solo. Bel lavoro, Futago e Soseiji! »

George le fece l’occhiolino: « Non disperiamo di aiutarlo ancora un po’, ma domani abbiamo gli ultimi allenamenti e dopodomani la partita! Vedremo cosa riusciremo a fare ancora dopo. »

« In bocca al lupo a tutti e tre, allora! »

Dalla poltrona di Kaito giunse un rumore di motosega. Gli altri Malandrini risero.

« Lo prenderò per un “crepi”, Kaito! »

E tutti ritornarono alle loro normali attività, lasciando Kaito al suo meritato riposo.

 

Anf… anf… mamma che corsa! Questo capitolo ho proprio faticato a pubblicarlo, con tutti i casini universitari! Tranquilli, non mi sono dimenticata di voi! Tanto per cominciare, ringrazio Liberty89, darkroxas92 e Meiyo Makoto per la recensione. Spero che questo capitolo vi diverta tanto quanto mi sono divertita io a scriverlo. Intanto approfitto per tranquillizzare chi seguisse altre mie storie, non ho dimenticato che devo aggiornare l’ultimo capitolo di “Strega”, e anzi vi annuncio che sto preparando e studiando il sequel di “Polvere Incantata”, che sarà una bella sorpresa. E a proposito di sorprese, forse ne metto una anche al prossimo capitolo, che parlerà delle ultime vittime del’Erede… ma andrà tutto come ricordate o ci sarà qualche sorpresa? Non dimenticate che c’è Kaito di mezzo, e con lui nulla è da dare per scontato!

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

 

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Capitolo 13
*** Notti di copertura ***


Notti di copertura

 

Sheridan si precipitò in Sala Comune, dove era certa di trovare Kaito. E infatti era lì, davanti al caminetto, intento a preparare un tè con la teiera che gli aveva inviato a Natale sua madre.

Sheridan lo guardò sconvolta: « Che fai? »

Kaito rispose con tono ironico: « Preparo un veleno per sistemare il mostro di Serpeverde appena lo incontrerò… secondo te? »

« E la partita di Quidditch? »

« Quale partita? Ah, già, la partita quella per cui Fred e George si stavano allenando… »

Sheridan impallidì di botto e Kaito iniziò a preoccuparsi: « Che c’è? È normale, io scordo sempre le partite di Quidditch! Dammi un momento, prendo la sciarpa da tifo e… »

« E nessuno è venuto ad avvertirti? »

« No, altrimenti non avrei messo su la teiera, non ti pare? »

« Tu… non hai proprio più visto Ginny? »

« Non dopo la colazione… e in effetti se c’è una partita di Quidditch è strano, perché lei è sempre eccitata in queste occasioni… e sapendo che non mi piace molto è sempre lì a ricordarmelo… »

Sheridan s’avviò verso la Signora Grassa: « Vado a cercarla. Aveva detto che veniva ad avvertirti più di un’ora fa! »

« Vengo con te. »

Sheridan scosse la testa: « No, vai al campo, altrimenti gli altri si preoccupano. Tienici i posti, torneremo subito, va bene? »

Kaito la fissò preoccupato: « Sicura? »

Sheridan gli sorrise: « Sicurissima! A dopo! »

Kaito si morse un labbro. Ginny era sempre più strana ultimamente, ma scordarsi del Quidditch era decisamente poco da lei. Sospirando, tolse la teiera dal fuoco, prese la sciarpa del Grifondoro e raggiunse gli spalti, dove i compagni lo attendevano ansiosi. Nella fila dietro di loro, Kaito notò Ron sbuffare al fianco di un posto vuoto, probabilmente per Hermione, anche lei assente.

Stephen sbuffò: « Eccoti, finalmente! »

Nicole si sporse dalla sedia: « E dove sono Sheridan e Ginny? »

Kaito si sedette: « Ginny non so, ma Sheridan è andata a cercarla… »

Thomas pulì l’obiettivo dell’immancabile macchina fotografica di Colin: « Spero che si sbrighino, la partita sta per cominciare! »

E infatti in quel momento le squadre entrarono in campo tra uno scrosciare di applausi.

Oliver Baston decollò per un volo di riscaldamento intorno ai pali delle porte, Madama Bumb mise in campo le palle. I Tassorosso, che giocavano in tuta giallo canarino, riuniti a capannello, stavano terminando le consultazioni sulla tattica di gioco. Kaito non smetteva un attimo di guardare se vedeva arrivare Sheridan o Ginny. Ma proprio mentre Thomas si preparò a scattare una fotografia a Harry che stava per montare sulla sua scopa, la McGranitt entrò in campo quasi di corsa, con in mano un enorme megafono viola.

La McGranitt annunciò, rivolta allo stadio gremito: « La partita è stata annullata! »

Si udirono fischi e grida. Oliver Baston, sconvolto, planò a terra e si precipitò verso la McGranitt senza neanche scendere dalla scopa gridando così forte che tutti lo udirono anche senza microfoni né megafoni: « Ma professoressa, noi dobbiamo giocare... la coppa... il Grifondoro... »

Lei lo ignorò e continuò a parlare al megafono: «Tutti gli studenti tornino nelle sale comuni delle rispettive Case, dove i Responsabili forniranno ulteriori informazioni. Più in fretta possibile, per favore! »

Poi abbassò il megafono e fece cenno a Harry di raggiungerla.

Ron s’alzò con tanta foga che diede una ginocchiata a Nicole, seduta nella fila davanti: « Ah, no, non vorranno ancora accusare Harry! Stavolta non può aver fatto nulla, è stato tutto il tempo con me prima della partita! »

Kaito lo seguì di corsa. Non sapeva spiegarne il motivo ma aveva un brutto presentimento.

Quando raggiunsero di corsa Harry e la McGranitt che già si erano incamminati verso il castello, stranamente la professoressa non li sgridò per non aver seguito il suo ordine tassativo.

« Sì, forse è meglio che veniate anche voi, Weasley e Kuroba. »

Tra gli studenti che passavano loro accanto, alcuni si lamentavano che la partita fosse stata annullata, altri avevano l'aria preoccupata. Harry, Ron e Kaito seguirono in silenzio la professoressa dentro la scuola e poi su per la scalinata di marmo. Stavano per raggiungere l'infermeria quando la professoressa McGranitt disse con voce stranamente dolce: « Avrete un grande shock. C'è stato un altro attentato... duplice questa volta »

Il cervello di Kaito partì in quarta. Duplice? Non saranno state mica…

La professoressa McGranitt spalancò la porta. Madama Chips era china su qualcuno, ma nel letto affianco c’era, chiaramente riconoscibile…

« Hermione! » gemette Ron.

La ragazza giaceva immobile, gli occhi spalancati e vitrei.

La McGranitt disse: « Le hanno trovate vicino alla biblioteca. Sapreste spiegarmi che cos'è questo? Era per terra, vicino a loro... »

E così dicendo mostrò ai ragazzi uno specchietto circolare. Harry e Ron scossero il capo, entrambi incapaci di spostare lo sguardo da Hermione. L’attenzione di Kaito invece fu richiamata dalla persona da cui Madama Chips si era appena sollevata.

« Oh, no, Sheridan… »

Era proprio lei, immobile, in una posizione ancora più curiosa di quella di Hermione, il volto concentrato, quasi risoluto. Harry e Ron le si avvicinarono e con loro la McGranitt, che mise una mano sulla spalla di Kaito.

« L’abbiamo trovata così, affianco alla signorina Granger. Dimmi, Kuroba, è normale che la signorina Pumpkin avesse delle penne babbane con sé? »

Kaito annuì: « Sono mie. Sheridan me ne aveva chieste in prestito un paio, una rossa e una blu, per… »

Le parole gli morirono in gola. Non poteva dire alla McGranitt che gliele aveva prestate per scrivere più velocemente sul taccuino gli eventuali indizi sulla Camera dei Segreti che cercavano da mesi come Malandrini. La professoressa non s’insospettì di nulla, attribuendo la pausa all’emozione.

In quel momento Vitius spalancò la porta agitatissimo. Teneva la bacchetta puntata dietro di sé.

« Minerva! Minerva! Oh, meno male che sei qui… ce n’è un’altra! »

« Un'altra cosa? »

Ma il professore non rispose, limitandosi a portare dentro la stanza un corpo rigido, tenuto sollevato con il Wingardium Leviosa. Era una studentessa di Corvonero che Kaito non conosceva. Stringeva ancora fra le mani una sfera di cristallo.

La McGranitt impallidì: « Penelope Light… oh, povera ragazza… evidentemente stava tornando da Divinazione… »

Mentre sistemavano l’ultima pietrificata nel letto, Kaito approfittò della distrazione di tutti per osservare ancora con attenzione la curiosa posizione di Sheridan. Aveva ancora nella mano destra la biro rossa con cui aveva tentato di scrivere qualcosa sull’altra mano. Il ragazzo si sporse a sufficienza per intravvederne la scritta:

 

attenti a c

 

Kaito si morse un labbro, concentratissimo. L’insegnante si accorse di cosa aveva attirato l’attenzione del ragazzo e lo tirò via, e già che c’era li spinse poi tutti e tre fuori dall’infermeria con aria cupa: « Vi scorterò fino alla Torre del Grifondoro. In ogni caso, devo fare alcune comunicazioni agli studenti. »

 

« D'ora in avanti, tutti gli studenti rientreranno nelle sale comuni entro le sei di sera. Nessuno di loro dovrà lasciare il dormitorio dopo quell'ora. Un insegnante vi scorterà alle lezioni. Nessuno studente deve usare il bagno se non è accompagnato da un insegnante. Tutti gli allenamenti e le partite di Quidditch dovranno essere rinviati. Le attività serali sono soppresse. »

I Grifondoro, tutti stipati nella sala comune, la ascoltavano in silenzio. La McGranitt riavvolse il rotolo di pergamena che aveva appena letto e disse con voce soffocata: « Inutile dire che raramente ho provato tanta angoscia. È probabile che la scuola verrà chiusa, a meno che il responsabile di tutti questi attentati non venga preso. Raccomando a chiunque pensi di sapere qualcosa al riguardo di farsi avanti. »

Usci a fatica dal buco del ritratto e subito tra i Grifondoro si accese un'animata conversazione a cui Kaito prestò veramente poca attenzione. Il panico era aumentato fra gli studenti, perché fra gli ultimi aggrediti c’era Sheridan, che aveva solo un genitore babbano e non entrambi com’era accaduto fino a quel momento, e questo metteva in pericolo un numero esponenzialmente più alto di studenti.

Lee Jordan, l'amico dei gemelli Weasley, commentò contando sulla punta delle dita: « E con questo i Grifondoro colpiti sono tre, senza contare un fantasma del Grifondoro, una Corvonero e un Tassorosso. Nessuno degli insegnanti ha notato che i Serpeverde sono tutti incolumi? Non è evidente che all'origine di tutta questa storia c'è Serpeverde? L'erede di Serpeverde, il mostro di Serpeverde... perché non li buttano fuori tutti? »

Molti risposero con cenni di assenso e sporadici applausi, ma Percy Weasley sedeva su una sedia dietro a Lee e per una volta non sembrava ansioso di far conoscere il suo parere. Era pallido e stralunato.

George commentò parlando a bassa voce: « Percy è sotto shock. Quella ragazza Corvonero...  Penelope Light... è anche lei un Prefetto. Non credo si aspettasse che il mostro avrebbe osato aggredire un Prefetto. »

« E mi sa che noi non potremo continuare i nostri allenamenti, con queste restrizioni… povera Sheridan, se l’avessimo saputo non l’avremmo mai fatta andare da sola, pensavamo non corresse rischi non essendo completamente nata babbana… »

Per un po’ Fred e George continuarono a commentare la situazione con Kaito, visibilmente preoccupati per l’aggressione a un membro dei Malandrini, ma smisero presto quando notarono che il ragazzo non li stava nemmeno a sentire, preso dai suoi pensieri. Kaito rifletteva velocemente su quello che Sheridan aveva scritto sulla mano, mentre pasticciava distrattamente con alcuni dei foulard che gli aveva regalato Aoko a Natale, cercando di non farsi sopraffare nuovamente dai sensi di colpa. Un’altra vittima del mostro della Camera che avrebbe potuto fermare… tuttavia, se la ragazza aveva rischiato di farsi pietrificare pur di comunicare loro quel messaggio, doveva trattarsi di qualcosa di veramente importante, poco ma sicuro, più importante di qualsiasi suo senso di colpa. Ma a cosa dovevano stare attenti? A un qualcosa o magari a un qualcuno che iniziava con la lettera c ? Sempre che quella fosse davvero una c e non magari una o o una g incomplete…

Anche se preso dai suoi pensieri, notò subito che Ginny era rispuntata fuori praticamente dal nulla senza una vera e propria spiegazione plausibile per la sua prolungata assenza, mentre veniva sottoposta da Nicole, Thomas e Stephen, sempre più spaventati per la classe ormai decimata, a un serrato interrogatorio a cui rispondeva come sempre a monosillabi. Avrebbe avuto una gran voglia di sgridarla per lo spavento che gli aveva fatto prendere, di gridarle in faccia che quando la McGranitt gli aveva annunciato il duplice attentato il pensiero era corso immediatamente a lei, ma spostò poi la sua attenzione a un paio di persone che stavano per conto loro, separati dagli altri. Si avvicinò a loro senza farsi notare per sentire un frammento della loro conversazione.

« Che cosa facciamo? Pensi che sospettino di Hagrid? »

« Dobbiamo parlargli. Non posso credere che questa volta sia lui, ma se l'ultima volta ha liberato il mostro, saprà bene come entrare nella Camera dei Segreti. Intanto cominciamo da questo. »

« Ma la McGranitt ha detto che quando non siamo in classe dobbiamo restare nelle nostre torri... »

« Io dico che è ora di ritirare fuori il vecchio mantello di mio padre. »

« Ma bene! »

Ron ed Harry trasalirono, ma Kaito continuò arrabbiato: « Non avevamo un patto, noi? Il primo che trovava informazioni sulla Camera li riferiva all’altro… e queste mi sembrano un bel po’ di notizie nuove! Hagrid non era mai saltato fuori a Natale! »

Harry abbassò lo sguardo: « Non sono informazioni sicure, per questo non ti abbiamo detto nulla… »

« Non m’importa, a questo punto non m’importa. Che cosa avete scoperto? »

Ron sospirò guardando l’amico, che alla fine iniziò a confessare: « È partito tutto da un diario… »

Kaito stette a sentire tutta la storia a braccia incrociate, senza commentare. Nessuno li disturbò, tutti sapevano che erano stati gli ultimi a vedere Hermione e Sheridan prima della loro pietrificazione e, pensando che stessero sfogandosi a vicenda, tutti pensarono di lasciare loro un po’ di privacy.

Solo alla fine del lungo racconto, Kaito aprì bocca: « Quindi l’oggetto che ti è stato rubato è proprio questo fantomatico diario… peccato, un’occhiatina ce l’avrei data volentieri. Ma almeno avete un’idea di chi possa averlo preso? »

Harry scosse la testa e Kaito per un attimo s’incupì. Se solo avessero saputo chi avevano davanti i sospetti si sarebbero immediatamente concentrati su di lui, visti i suoi precedenti. Purtroppo non era un abile investigatore come Saguru, altrimenti avrebbe potuto dare lui la caccia al ladro.

« Cosa volete fare, a questo punto? »

« Andare da Hagrid e chiedergli quanto è coinvolto in questa faccenda. »

Kaito fece una smorfia: « Io non me lo vedo scatenare un fantomatico mostro nel castello per aggredire studenti ignari… e poi, dai, pensate davvero che potrebbe fare del male a Hermione? »

Harry scoppiò, come se potesse finalmente esprimere un pensiero che si teneva dentro da un pezzo: « LO SO! Lo so… ma non abbiamo altri indizi. L’unico che sembra poter sapere qualcosa è Hagrid e dopo quello che è successo oggi non mi farò problemi a chiedergli chiaro e tondo se è stato lui ad aprire la Camera cinquant’anni fa. L’ultimo dei miei problemi è offenderlo, ora come ora… »

« E come intendete andargli a parlare? Gli insegnanti sorvegliano il castello e non credo che basterà chiedere alla McGranitt il permesso di fare due chiacchiere con il guardiacaccia… »

Ron guardò Harry, che annuì, e gli rispose: « Harry ha un mantello che ci renderebbe invisibili. Con quello possiamo sgattaiolare da Hagrid senza i professori ci notino. L’abbiamo già fatto. »

Il prestigiatore li guardò pensieroso: « Ma dovreste nascondere la vostra assenza… e come farete a rientrare? Se la Signora Grassa vi vede potrebbe avvertire i professori… »

Ron guardò Harry, timoroso e malinconico: « Di solito era Hermione ad aprirci… »

Harry alzò le spalle: « In qualche modo faremo. Adesso fingiamo di andare a dormire e più tardi… »

Kaito sorrise: « Volete nascondervi per poi agire? Secondo me sbagliate… credetemi, il miglior modo di nascondere qualcosa è metterlo sotto gli occhi di tutti! »

« E come… »

Il ragazzo fece loro l’occhiolino: « Vi fidate di me? Voi fate quello che dovete, al resto penso io! »

Harry lo guardò preoccupato: « Non puoi truccarti come noi due, sei una persona sola! E a quel punto noterebbero la tua di assenza! »

« E chi ha parlato di travestimenti? Non vi preoccupate, una buona dose di prestidigitazione e un pizzico di magia possono fare miracoli! »

 

Altro che un pizzico, pensò Kaito. Il Wingardium Leviosa non era difficile, era vero, ma farlo in continuazione e di nascosto gli stava facendo venire una discreta emicrania. Però l’idea stava funzionando come previsto: Harry e Ron erano sgattaiolati via senza farsi vedere, mentre lui se ne stava in un angolo della Sala Comune, ufficialmente a giocare a scacchi con Ron mentre Harry si limitava a guardarli. In realtà il ragazzo stava giocando da solo con due manichini perfettamente truccati, muovendo la mano del pupazzo e i pezzi della scacchiera un po’ con l’incantesimo di levitazione e un po’ con qualche filo. Da lontano non si vedeva la bacchetta ben nascosta nella manica, e aveva chiesto a Fred e George di tenere la gente lontana, dicendo loro che Ron e Harry avevano bisogno di un po’ di quiete. Gli era dispiaciuto da morire mentire ai suoi colleghi Malandrini, ma quello che stavano facendo era importante, più importante di tutto. Probabilmente era l’unico modo per riavere Sheridan e ricomporre il gruppo. Ma si era fatto promettere da Harry e Ron che se il piano fosse fallito avrebbero raccontato loro tutto.

Fino a quel momento, però, era filato tutto liscio. Pian piano la Sala si era svuotata e lui era rimasto solo. Ormai non muoveva più i pezzi, si limitava a stare in allerta, aspettando il segnale convenuto. Ogni tanto buttava un occhio all’orologio. Ma quanto ci mettevano?

Tre colpi alla parete, ben udibili. Finalmente! Kaito scattò verso il ritratto.

« Ehm… Signora Grassa? »

« Mi dispiace, non posso farti uscire, ordini della McGranitt. »

« Lo so perfettamente, ma non ha sentito quei rumori prima? »

La Signora Grassa non rispose, ma sicuramente li aveva sentiti anche lei.

Kaito continuò: « È sicura che non ci sia nulla lì fuori? »

« Io non vedo niente. »

« Sarà, ma io non riesco a dormire… mi fa controllare di persona? Le prometto che non metterò un piede all’esterno della Casa… per favore, sono così spaventato dopo quello che è successo oggi che… »

Il ritratto scattò: « Va bene, ma solo una sbirciatina. Allora, c’è qualcosa? »

Kaito si sporse, e mentre guardava a destra e a sinistra qualcosa lo toccò a un braccio.

« No, ha ragione. Non c’è niente, meno male… »

« Allora torna a dormire, ragazzo. »

« Grazie… buonanotte, Signora Grassa! »

« Buonanotte! »

Kaito rientrò sorridendo, trovando ad attenderlo come previsto Harry e Ron, agitatissimi.

« Cos’è successo? »

Ron era rosso dall’agitazione: « Hanno arrestato Hagrid! »

« Cosa? »

Harry fece segno a entrambi di abbassare la voce. Kaito si morse la lingua. Dalla sorpresa gli era uscita una voce più acuta di quello che avrebbe voluto.

« Come è successo? Perché? »

Harry sospirò: « Hanno detto che aveva già dei precedenti preoccupanti. È venuto a prenderlo direttamente il Ministro della Magia in persona. E come se non bastasse il padre di Malfoy ha fatto in modo di allontanare Silente. »

« Cosa? »

Di nuovo sia Ron che Harry fecero segno di stare in silenzio.

Kaito si morse un labbro: « Quindi non siete riusciti a parlarci? »

« Non direttamente. Ma Hagrid è riuscito a farci trapelare un indizio… »

Ron ripeté con aria schifata: « Chi ha voglia di trovare qualcosa, deve seguire i ragni. Ragni, capite? Con tutto quello che poteva dire… »

Harry spiegò: « Ron ha il terrore dei ragni. »

Kaito provò un’improvvisa empatia per il ragazzo con i capelli rossi. Lui aveva lo stesso problema con i pesci.

« Capisco… e adesso che si fa? »

Il ragazzo con la cicatrice sospirò: « Saresti disposto a coprirci un’altra volta? »

Kaito annuì facendo l’occhiolino: « Ditemi solo quando. »

 

Nel parco intorno al castello si sentiva il profumo dell'estate; il cielo e il lago erano di un blu pervinca e fiori grossi come cavoli sbocciavano nelle serre. Ma a molti lo scenario non sembrava quello giusto; e certo non era meglio dell'atmosfera che si respirava al castello, dove le cose andavano tragicamente storte.

Insieme a Ron e Harry, Kaito aveva tentato di andare a trovare Colin, Hermione e Sheridan, ma ora l'accesso all'infermeria era vietato ai visitatori.

Madama Chips, severa, parlò loro attraverso una fessura della porta: « Non vogliamo più correre rischi. »

Kaito protestò: « Ma quali rischi e rischi, sono mesi che vengo a trovare Colin e non ho mai dato alcun tipo di problema! Sa benissimo che non farei del male a una mosca! »

« No, mi dispiace, ma il rischio che l'aggressore si rifaccia vivo per dare il colpo di grazia a queste persone è troppo grosso... »

E con suo grande disappunto, Kaito si vide chiudere in faccia lo spiraglio della porta dell’infermeria.

« E se qualcuno sta male, come fa a entrare in infermeria per farsi curare con questo sbarramento??? Madama Chips! Madama Chips!!! Mi risponda, la prego!!! »

Anche sbattendo i pugni sulla porta, non ottenne alcuna risposta. Kaito sospirò incamminandosi mestamente. Con l'allontanamento di Silente la paura era dilagata come mai prima di allora e per quanto il sole intiepidisse le mura del castello sembrava non riuscisse a varcare le finestre. Non c'era sguardo, a scuola, che non apparisse preoccupato e teso, e se per i corridoi si udiva una risata questa risuonava stridula e innaturale e veniva soffocata rapidamente. L’unica buona notizia era che con l’aggressione a Hermione i sospetti su Harry si erano completamente dissipati. Kaito cercava di tenere il più possibile calmi i suoi compagni, ma era un’impresa più facile a dirsi che a farsi. Attendeva disperatamente il segnale da parte di Harry su quando avrebbe dovuto nuovamente coprire la loro fuga. E il segnale venne durante pranzo, una semplice parola sussurrata all’orecchio.

« Stanotte. »

Kaito annuì in modo che i due compagni potessero vederlo. Era pronto.

 

In quei giorni, dato che dalle sei di sera in poi gli studenti non potevano andare da nessun'altra parte, la sala comune dei Grifondoro era sempre molto affollata. E poi avevano molto di che parlare, con il risultato che spesso la sala non si svuotava fino a dopo mezzanotte. Un problema non trascurabile per chi stava per infrangere tutte le regole per una tranquilla passeggiatina notturna nella Foresta Proibita.

Harry andò a prendere il Mantello dell'Invisibilità nel suo baule e trascorse la serata seduto sopra il tessuto, in attesa che tutti se ne andassero. Fred e George sfidarono Harry e Ron a qualche partita di Spara Schiocco e Ginny si sedette a guardarli, molto abbattuta, sulla sedia occupata di solito da Hermione. Kaito finse di esercitarsi con qualche incantesimo e ogni tanto intervenne nella partita dei ragazzi, ma in generale tenne un profilo basso, cercando di non attirare l’attenzione. Harry e Ron, dotati di meno sangue freddo di lui, cominciarono a perdere di proposito e a volte in modo esageratamente palese cercando di finire rapidamente le partite, ma anche così quando Fred, George e Ginny si decisero ad andare a letto, la mezzanotte era passata da un pezzo.

Prima di prendere il mantello e gettarselo addosso per passare nel buco del ritratto, Harry e Ron aspettarono di sentire chiudersi in lontananza le porte dei dormitori. Kaito li guardò preoccupato: « Andate. Se qualcuno viene ci penso io, fidatevi di me. Ma voi non mettetevi nei guai, se la cosa inizia a farsi pericolosa, tornate indietro a dirmelo e andiamo insieme, ok? »

I ragazzi annuirono e si allontanarono. Kaito rimase in allerta, ma per lui la serata si rivelò piuttosto noiosa. Nessuno si mosse dalla camera di Harry e Ron, nessun professore venne a controllare, niente di niente.

« Chissà se anche a Harry e Ron le cose stanno filando così lisce… »

 

« Seguite i ragni. Questa non gliela perdono, a Hagrid. Siamo vivi per miracolo. »

Ron era pallido come un lenzuolo, sembrava che avesse appena rimesso. Nonostante questo parlava a macchinetta: « Scommetto che deve aver pensato che Aragog non avrebbe mai fatto del male ai suoi amici. »

Kaito li guardò di storto: « Aragog? E chi sarebbe? »

Ron continuò a sfogarsi: « Un ragno gigante che ha messo su una famiglia numerosa nel bel mezzo della Foresta Proibita, ecco chi sarebbe!!! »

Una venuccia sulla tempia di Kaito iniziò a pulsare pericolosamente, mentre Harry si sbatteva una mano sulla fronte: « Ron… cosa ci eravamo detti prima? »

Ron non colse il messaggio di Harry, né la pericolosità del compagno del primo anno e continuò il suo sfogo: « Questo è esattamente il problema di Hagrid. Lui pensa sempre che i mostri non siano cattivi come li si dipinge, ma guarda questo dove l'ha portato! In una cella ad Azkaban! E invece se stasera non era per la macchina, eravamo già la cenetta di quei cosi brulicanti e… »

Solo a quel punto Ron notò che Kaito li stava fissando con un’espressione tremendamente simile a quella di sua madre quando Fred e George ne combinavano qualcuna delle loro.

« Ops… mi sa che nella foga mi sono lasciato sfuggire una parola di troppo… »

Harry lo guardò male: « Solo una? »

Kaito prese fiato, mentre Harry si spremeva il cervello per ricordare la formula dell’incantesimo di insonorizzazione che a volte usava Hermione. Per fortuna riuscì a lanciarlo appena prima che si scatenasse.

« QUALE PARTE DELLA FRASE “non mettetevi nei guai, se la cosa inizia a farsi pericolosa, tornate indietro a dirmelo e andiamo insieme” NON VI È ARRIVATA??? SE LA CHIAMANO FORESTA PROIBITA CI SARÀ UN MOTIVO, NO? E VOI TORNATE QUI E MI PARLATE DI MOSTRI, DI RAGNI GIGANTI, DI COSI BRULICANTI, DI AUTO E… »

Harry alzò la mano: « Kaito? Se devi sgridarci va bene, ma puoi farlo tutto in una sola lingua? Stai parlando metà in inglese e metà in giapponese, fatichiamo a starti dietro… »

Ron sorrise imbarazzato: « Ma il tono era comunque chiarissimo, Harry… di sicuro non si stava complimentando per la fortuna sfacciata che abbiamo avuto stasera… »

Kaito respirò profondamente: « No, mi limitavo a complimentarmi per la vostra idiozia… e vabbè, ormai è fatta, ora ci mettiamo qui e mi raccontate tutto per filo e per segno, vero? Senza alcun tipo di piccole omissioni quali foreste proibite et similia… »

Lo sguardo assassino che rivolse ai compagni li convinse a fare esattamente come aveva detto e Kaito li lasciò parlare, con aria sempre più concentrata. Per fortuna di Harry e Ron era più interessato a capire cosa avevano scoperto che a continuare a sgridarli per la loro piccola bravata.

Alla fine di tutto sospirò: « Ok, tutto più chiaro. Però potevate avvertirmi prima di entrare nella Foresta Proibita! Siete pur sempre due dodicenni, poteva finire molto male… ho già sulla coscienza Colin e Sheridan, ci mancate solo voi due… »

Harry e Ron borbottarono un qualcosa che Kaito interpretò come delle scuse.

« Ma in fondo non so nemmeno io a quanto sarei servito, del resto è vero che ho sedici anni, ma so solo le magie del primo anno, e neanche tutte… ma torniamo a noi e a quello che abbiamo ricavato da questa avventura. »

Ron sbottò: « Non abbiamo ricavato un bel niente! A che cosa è servito mandarci fin lì? Che cosa abbiamo scoperto? Mi piacerebbe proprio saperlo! »

Harry rispose: « Che Hagrid non ha mai aperto la Camera dei Segreti. Che era innocente. »

Kaito sospirò: « Ma questo non ci aiuterà a tirarlo fuori dal carcere. E nemmeno ad aiutare Colin, Hermione e Sheridan e gli altri pietrificati in infermeria. »

Harry strinse i pugni: « E ora a chi chiediamo? Riddle ha preso la persona sbagliata, l'erede di Serpeverde di cinquant’anni fa se l'è svignata, e nessuno è in grado di dire se questa volta è stata la stessa persona o qualcun altro ad aprire la Camera. Abbiamo solo la parola di un ragno gigantesco che tratta questa misteriosa creatura alle stregue di Voldemort… »

Ron ebbe un brivido: « Non dirlo, Harry! Non dire quel nome! »

Kaito si ritrovò a concordare con l’analisi di Harry: « E a questo punto che facciamo, una seduta spiritica e invochiamo lo spirito della ragazza morta in bagno cinquant’anni fa? »

Ron lo guardò di storto: « Una seduta cosa? »

Harry invece lo guardava con gli occhi sbarrati.

« Harry? »

Il ragazzo si alzò dalla poltrona di scatto, come se fosse stato appena folgorato: « Kaito, sei un genio! »

Il prestigiatore lo guardò perplesso: « Per la seduta spiritica? Ma io scherzavo… perché, si può fare? »

Harry scosse la testa: « Lascia perdere lo spiritismo e ascoltate! Aragog ha detto che la ragazza uccisa fu trovata in un gabinetto. E se non fosse mai uscita dal bagno? E se fosse ancora là? »

Kaito continuò a guardarlo senza capirci nulla, ma Ron iniziò ad agitarsi: « Stai pensando… a Mirtilla? Mirtilla Malcontenta? »

Harry annuì: « Potrebbe anche essere lei, sappiamo che è sempre rimasta nel bagno del secondo piano… »

Kaito fece segno di timeout con le mani: « Fermi tutti! E adesso chi sarebbe questa Mirtilla? »

Ron si sbatté una mano sulla fronte: « È vero, a Natale tu non l’hai vista, avevamo litigato perché le stavamo occupando il bagno per la Pozione Polisucco! Comunque è il fantasma che infesta il bagno delle ragazze del secondo piano. E ha l’aspetto di una studentessa di Hogwarts. »

Kaito ci pensò su: « In effetti potrebbe essere una possibilità… »

Ron fece una smorfia: « Ma come facciamo a parlarci? L’ultima volta non ci voleva più vedere ed è talmente permalosa… »

Il prestigiatore fece un sorriso furbetto: « Vediamo un po’ se riesco fare conoscenza con questa Mirtilla… »

Harry lo guardò preoccupato: « Sei sicuro? Quella ragazza fantasma è un po’… »

Ron completò la frase per lui: « È una pazza scatenata e isterica! Qualunque cosa dici o fai le fa ricordare il fatto di essere morta e si arrabbia! »

Il ragazzo sorrise: « Voi non ci sapete fare con le ragazze, eh? Lasciatemi fare due chiacchiere con lei… »

Harry e Ron si lasciarono convincere facilmente, troppo stanchi per replicare davvero. Kaito sospirò. Anche se era un po’ fuori allenamento, era giunto il momento di sfoderare nuovamente il famoso fascino del ladro gentiluomo.

 

 

Buon anno nuovo!

Ehm… ho un ritardo stratosferico, lo so, ma davvero l’università non mi ha lasciato un attimo di respiro! Ma almeno vi avevo lasciato in un punto non troppo da cardiopalma, quindi ho un po’ meno sensi di colpa.

Immagino che il fatto che Sheridan sia rimasta pietrificata sia stato un buon colpo di scena, ma tranquilli, non l’ho fatto solo per mettere in mezzo i miei personaggi, ma perché ho voluto creare una nuova opportunità che approfondirò nei prossimi capitoli.

Dunque,cosa vi attende prossimamente? Mirtilla Malcontenta e la discesa verso la Camera!

Spero davvero di non essermi persa tutti i lettori per strada (e ringrazio come sempre Liberty89, Darkroxas92 e Meiyo Makoto per i commenti) e vi aspetto al prossimo capitolo… che, tranquilli, sarà entro il 2014! XD

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 14
*** Le parole giuste al momento giusto ***


Le parole giuste al momento giusto

 

Kaito dovette rendersi conto di averla fatta troppo facile, perché la sorveglianza era davvero strettissima. Aveva chiesto in prestito a Harry il suo mantello in attesa del momento giusto in cui sgattaiolare via e lo teneva sempre con sé, ma non era ancora riuscito a trovare il momento ideale. Intanto un’altra notizia lo sorprese, e con lui tutta la sua classe e gran parte della scuola.

« Scusi, penso di non aver capito, può ripetere? »

Vitius saltellò sulla sua poltrona, mentre Kaito riabbassava la mano molto lentamente: « Certo, Kuroba. Ho detto che fra una settimana avrete gli esami di fine anno. So che per voi sono i primi, ma sono comunque importanti e… »

Kaito si lasciò prendere dal panico. Esami? Con tutto quel caos si parlava ancora di esami? Improvvisamente gli tornò in mente la minaccia di Madama Bumb e gli sfuggì un gemito. Non aveva più potuto esercitarsi con la scopa, come avrebbe fatto? Forse poteva tentare un’esercitazione d’emergenza in Sala Comune… uccidendo certamente qualche compagno di Casa, però, e non voleva avere altre persone sulla coscienza…

« Sono morto… totalmente morto… addio Ginny, è stato bello averti come compagna di classe, ma d’ora in poi dovrai fare a meno di me… »

La ragazza non lo guardò neppure, impassibile, come se avesse la testa da un’altra parte.

« Ginny? Ginny? »

La ragazza continuò a starsene per conto suo, ignorandolo.

« Riuscissi a capire che ti passa per la testa, ragazza mia… »

Kaito sospirò e solo a quel punto Ginny si accorse che parlava con lei.

« Oh, scusa, stavi dicendo? »

Il ragazzo la guardò preoccupato: « Niente Ginny, niente piuttosto, stai bene? »

La ragazza scattò sulla sedia come se l’avesse punta qualcuno e rispose con una vocina innaturalmente stridula: « Io? Bene, benissimo! Perché, sembra che abbia qualcosa che non va? »

« Ma no, figurati »

Ginny non si accorse del tono ironico con cui il prestigiatore pronunciò l’ultima parola e sembrò calmarsi. Kaito sospirò, ritrovandosi a pensare a Sheridan con una punta di malinconia. Forse solo lei avrebbe capito cosa passava per la testa a Ginny… ma ora non c’era e toccava a lui occuparsene. Se solo avesse saputo come…

 

Mancavano tre giorni alla prima prova d'esame quando, a colazione, la professoressa McGranitt fece un altro annuncio.

« Ho buone notizie. »

Nella Sala Grande non solo non si fece silenzio, ma ci fu uno scoppio di gioia.

Molti gridarono felici: « Torna Silente! »

Una ragazza al tavolo dei Tassorosso squittì: « Avete preso l'Erede di Serpeverde! »

Baston saltò in piedi sulla sedia: « Ricominciano le partite di Quidditch! »

Fred e George si sbatterono una mano sulla fronte contemporaneamente, commentando in coro: « Quello è malato, ma malato forte… ha in testa solo il Quidditch… »

Quando il baccano si fu placato la professoressa McGranitt disse: « La collega Sprite mi ha informato che le mandragole sono finalmente pronte per essere raccolte. Stanotte saremo in grado di rianimare le persone che sono state pietrificate. Inutile ricordarvi che una di loro potrebbe essere in grado di dirci chi, o che cosa, li ha aggrediti. Ho la speranza che quest'anno tremendo si concluderà con la cattura del colpevole. »

Ci fu un'esplosione di applausi. Kaito si guardava intorno con aria sorpresa e smarrita, anche se un piccola parte di lui si ritrovò a pensare che probabilmente il riferimento della McGranitt era rivolto a Sheridan e alla sua misteriosa scritta sulla mano; Harry lanciò un'occhiata al tavolo dei Serpeverde e non sembrò affatto sorpreso nel constatare che Draco Malfoy non si era unito al tripudio; Ron, invece, sembrava felice come non lo si vedeva da molti giorni e sussurrò a Harry e Kaito: « Allora non importa se non abbiamo mai interrogato Mirtilla! Quando la risveglieranno, Hermione avrà probabilmente tutte le risposte. Tieni presente che quando scoprirà che fra tre giorni ci sono gli esami le prenderà una crisi di nervi. Non ha fatto il ripasso. Forse sarebbe più gentile lasciarla dov'è fino a che non finiscono. »

Kaito sorrise divertito, ma proprio in quel momento, Ginny Weasley si avvicinò e andò a sedersi accanto a Ron. Aveva l'aria tesa e nervosa, e Harry notò che si tormentava le mani in grembo.

Ron, servendosi un'altra porzione di porridge, chiese: « Che succede? »

Ginny non rispose, ma passò in rassegna tutta la tavolata dei Grifondoro con uno sguardo spaventatissimo.

Il fratello continuò ad incalzarla: « Sputa il rospo. »

Ginny balbettò, ben attenta a non guardare Harry: « D-devo dirvi una cosa »

Kaito si voltò verso di lei: « Di che si tratta? »

Il prestigiatore continuò a osservarla incuriosito. Sembrava che la ragazzina non riuscisse a trovare le parole giuste.

Ron la guardava spazientito: « Allora? »

Ginny aprì bocca, ma non ne uscì alcun suono. Harry si piegò in avanti e parlò sottovoce, in modo che solo Ginny, Kaito e Ron potessero udirlo: « È qualcosa che riguarda la Camera dei Segreti? Hai visto qualcosa? O qualcuno che si comportava in maniera strana? »

Ginny fece un respiro profondo ma proprio in quel momento apparve Percy Weasley, pallido e stanco.

« Se hai finito di mangiare mi siedo al tuo posto, Ginny. Sto morendo di fame. Ho appena terminato il mio turno di sorveglianza »

Ginny saltò su come se nella sedia fosse passata la corrente elettrica, lanciò di sfuggita a Percy un'occhiata spaventata e se la diede a gambe. Percy si sedette e prese una tazza dal centro del tavolo.

Ron s’arrabbiò:  « Percy! Stava per dirci qualcosa di importante! »

A Percy andò di traverso un sorso di tè.

« Che genere di cosa? »

« Le avevo appena chiesto se aveva visto niente di strano e lei aveva cominciato a dire... »

« Oh... quello... quello non ha niente a che fare con la Camera dei Segreti. »

Kaito guardò male il ragazzo. Risposta un po’ troppo pronta per non essere sospetta.

Ron continuò con piglio da vero detective « E tu che ne sai? »

« Be'... ehm... se proprio volete saperlo, Ginny... ehm... è entrata mentre io stavo... be', fa niente... il fatto è che mi ha visto mentre stavo facendo una cosa e io... ehm... le ho chiesto di non dirlo a nessuno. Devo dire che pensavo che avrebbe mantenuto la parola. In realtà non è niente, preferirei... »

Harry non aveva mai visto Percy così a disagio.

Ron lo punzecchiò sorridendo in modo pericolosamente simile a quello di Fred e George quando progettavano qualcuna delle loro: « Che cosa stavi facendo, Percy? Dai, diccelo, ti prometto che non rideremo. »

Percy non ricambiò il sorriso.

« Passami quei panini, Harry, sto morendo di fame! »

Kaito non riusciva totalmente a rilassarsi. Sì, sarebbe bastato aspettare per sapere, ma era disposto a farlo? Chissà, forse se avesse continuato a non avere occasioni per andare da Mirtilla…

 

Contro ogni aspettativa e speranza, l’occasione venne poche ore dopo. La sua classe, accompagnata da Vitius ad Astronomia, andò a incrociarsi in un corridoio molto stretto con una di Corvonero del terzo anno accompagnata da Allock. I due professori, non riuscendo a passare, iniziarono una lunga e animata discussione sulle precedenze, fomentati dal fatto che avevano entrambi passato la notte insonne per fare sorveglianza ed erano più nervosi del solito, e Kaito, al fondo della fila, seppe che non avrebbe mai più avuto un’occasione così ghiotta.

« Ginny? »

« Sì? »

« Se il professore chiede dove sono, digli che sono al bagno. »

Che non è nemmeno una bugia, aggiunse il ragazzo mentalmente. La ragazza lo guardò con gli occhi sbarrati, lo spavento chiaramente leggibile nello sguardo: « Ma Kaito! Non puoi allontanarti senza permesso! »

Il ragazzo le prese le mani e la guardò serio negli occhi: « È per il bene di Sheridan e Colin, ti prego! »

A quelle parole Ginny sbiancò ancora di più, ma Kaito non attese una risposta. Davanti alla coda sembrava infatti che i professori stessero arrivando a un punto d’accordo.

« Grazie e scusa. »

E senza lasciarle il tempo di dire o fare qualcosa, il ragazzo voltò l’angolo e indossò il mantello. Per un attimo rimase senza fiato. Era incredibile, era invisibile davvero, non era un gioco di specchi o altro! Una piccola parte egoistica dentro di lui gongolò: se avesse avuto quel mantello durante qualche impresa di Kaito Kid…

Il ragazzo scosse la testa. Ma per favore, lui era il ladro prestigiatore, faceva già tutto quello che voleva senza magia, a cosa gli sarebbe servito? E poi aveva altro a cui pensare! Muovendosi senza far rumore, Kaito attraversò i corridoi fino a giungere al secondo piano, al bagno delle ragazze. Si guardò intorno e quando vide il corridoio libero, si sfilò il mantello e in un secondo fu dentro.

Sì, senza il fumo verdastro della Pozione Polisucco l’ambiente era un po’ meno lugubre, ma neanche poi tanto. Sotto un grosso specchio rotto e macchiato c'era una fila di lavandini in pietra sbreccati. Il pavimento era bagnaticcio e rifletteva la luce fioca di alcuni mozziconi di candela; le porte di legno dei gabinetti erano graffiate e scorticate e una ciondolava fuori dai cardini. L’incubo di una signora delle pulizie.

Il ragazzo respirò profondamente. Era il momento di sfoderare tutta la sua abilità da attore.

« Oh, cavolo… qualcosa mi dice che questo non è l’ufficio di Vitius… e adesso che faccio? »

Una testolina fece capolino letteralmente attraverso una porta di un bagno: « Sbaglio o ho sentito una voce maschile? »

Tutto il resto della figura sbucò fuori protestando: « Questo è il bagno delle ragazze! »

Ed eccola, finalmente, la famosa Mirtilla Malcontenta. Aveva una corporatura tarchiata, il volto seminascosto dai capelli dritti come spinaci e da un paio di spessi occhiali perlati. Quel poco che si vedeva di lei aveva un’aria incredibilmente malinconica.

Kaito sussultò, fintamente spaventato dall’improvvisa apparizione: « Oh! Scusami, non volevo… è solo che mi sono perso… »

La ragazza rispose in tono annoiato: « L’ufficio di Vitius è al piano di sopra, al fondo del corridoio… »

Kaito le sorrise: « Ti ringrazio davvero. Qui dentro è proprio un labirinto e ogni tanto ci si perde qualcosa… come te, per esempio. »

« Eh? »

« Non ti ho mai vista con gli altri fantasmi… Kaito Kuroba, primo anno! Posso sapere il tuo nome? »

Mirtilla sembrò improvvisamente imbarazzata dell’attenzione rivoltale: « Mirtilla… ma tutti aggiungono anche Malcontenta. »

Kaito esitò un secondo. Di solito a quel punto avrebbe osato un baciamano, con cui nei panni del ladro gentiluomo stendeva le ultime difese delle sue vittime appartenenti al gentil sesso, ma trattandosi di un fantasma e ricordandosi degli avvertimenti di Ron si limitò a farle un inchino. Tentare di prenderle una mano incorporea poteva ricordare alla ragazza il fatto di non avere un corpo e causarle una crisi isterica, l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.

« Piacere di conoscerti! E come mai una bella fanciulla come te se ne sta tutta sola in un bagno? »

Mirtilla parve apprezzare il gesto e l’attenzione rivoltale. Kaito avrebbe persino giurato di aver visto una pallida ombra di colore argenteo comparire sulle sue guance.

« Io… vedi, è questo il mio posto… io sono morta qui… »

« E sei qui da allora? »

Mirtilla annuì: « Sì, da circa cinquant’anni… »

Kaito annuì. E la prima conferma alle loro ipotesi l’aveva ottenuta senza grosse difficoltà.

« E come è successo, se non sono indiscreto? »

In un attimo il volto di Mirtilla si trasfigurò. Era come se nessuno le avesse mai chiesto una cosa del genere e ne era lusingata: « Ooooh, è stato orribile! È successo proprio qui dentro. Sono morta in questo cubicolo. Me lo ricordo così bene! Mi ero nascosta perché Olive Hornby mi stava prendendo in giro per via degli occhiali. La porta era chiusa a chiave e io stavo piangendo, quando ho sentito qualcuno entrare. Diceva cose strane. Credo che parlasse un'altra lingua. Era la voce di un ragazzo... e questo mi ha tratto in inganno. E cosi ho aperto la porta per dirgli di andare nel bagno dei maschi e subito dopo... »

Mirtilla fece una pausa d’effetto, mentre il suo volto diventava raggiante: « ... sono morta. »

Kaito la guardò sorpreso e perplesso: « Eh? E come? »

Mirtilla assunse un tono confidenziale: «Non ne ho la più pallida idea. Ricordo solo di aver visto due immensi occhi gialli. È stato come se tutto il mio corpo si fermasse e poi svanisse galleggiando... e poi sono tornata. Ero decisa a perseguitare Olive Hornby sotto forma di fantasma, capisci? L'ho fatta pentire di avermi preso in giro per gli occhiali! »

Il cervello di Kaito intanto aveva ingranato la quarta. Il racconto di Mirtilla era strano e illuminante allo stesso tempo: doveva essere successo qualcosa di davvero insolito in qual bagno se la ragazza, pur avendo avuto cinquanta anni di tempo per pensarci, non aveva ancora capito esattamente come fosse deceduta.

Il prestigiatore sospirò: « Perdonami, rimarrei volentieri a chiacchierare con te, ma devo davvero trovare il professor Vitius. »

La ragazza gli sorrise: « Capisco, non ti preoccupare, sono stata studentessa anch’io, se non si notasse dalla divisa. »

« Che Casa? »

« Tassorosso. Ma qualche volta torna a trovarmi, eh? Mi piace chiacchierare con te. »

Il ragazzo sorrise in modo complice e furbetto, un sorriso che sfoderava spesso nei panni di Kaito Kid e che faceva sempre il suo effetto: « Contaci. Au revoir, Mirtilla! »

Chiuse la porta del bagno mentre vide che con la coda dell’occhio il fantasma lo salutava con la mano. Ce l’aveva fatta, ora doveva solo riuscire a parlare con Harry e Ron e…

« … e si parla del diavolo e ne spuntano le corna! Ciao ragazzi, stavo giusto pensando a voi! Come siete riusciti a liberarvi? »

Harry e Ron arrivarono davanti alla porta del bagno con il fiatone, segno che avevano corso nei corridoi: « Allock… »

Kaito sospirò: « Quell’uomo… a volte non so se ucciderlo o fargli un monumento per la sua idiozia! »

Ron riprese a respirare quasi normalmente: « Volevamo approfittare dell’occasione per venire qua e interrogare Mirtilla al posto tuo, ma a quanto pare sei riuscito a precederci. Allora, ce l’hai fatta? »

Prima che il ragazzo potesse rispondere, una voce severa e familiare li fece trasalire tutti e tre.

« Potter! Weasley! Kuroba! Che cosa state facendo? »

Era la professoressa McGranitt e le sue labbra erano sottili e taglienti come non mai.

Ron iniziò a balbettare:  « Stavamo... stavamo... stavamo andando... a trovare... »

« ...a trovare Hermione! »

Ron e la McGranitt fissarono Harry sorpresi. Kaito afferrò l’idea e si affrettò a svilupparla in modo più coerente e credibile.

« Già, vede… io prima andavo a trovare Colin Canon almeno una volta alla settimana, ma da quando Madama Chips ha chiuso l’infermeria con i lucchetti non sono più riuscito nemmeno ad avvicinarmici… e adesso lì dentro ci sono anche Sheridan Pumpkin ed Hermione Granger… e anche Harry e Ron ne sentivano la mancanza, soprattutto di Hermione, così ho proposto loro d’incontrarci e tentare una sortita per vederli… per dire loro che la pozione è quasi pronta e che non hanno più niente da temere… »

La McGranitt continuava a fissarli, e per un istante il trio pensò che era sul punto di esplodere; ma quando parlò la sua voce aveva una strana tonalità gutturale, mentre nei suoi piccoli occhi lucenti spuntò un’inaspettata lacrimuccia di commozione.

« Ma certo, certo, mi rendo conto che chi ha sofferto di più sono gli amici dei ragazzi che sono stati... capisco benissimo. Sì, certo che potete andare a trovare i vostri amici. Lo dirò io ai professori Rüf e Sprite. Dite a Madama Chips che il permesso ve l'ho dato io. Anzi, visto che probabilmente non vi crederebbe, è meglio che vi ci accompagni di persona. »

Seguendo l’insegnante, Harry, Ron  e Kaito si guardarono in silenzio, non osando ancora credere di avere scampato una punizione. Quando ebbero girato l'angolo udirono distintamente la McGranitt davanti a loro soffiarsi il naso e sorrisero divertiti.

Dopo che la McGranitt convinse una riluttante Madama Chips a farli entrare per poi tornare alle sue lezioni, Ron sussurrò all’orecchio di Harry: « È la panzana migliore che potevi inventarti, complimenti! »

Harry rispose: « È anche merito di Kaito, se non mi avesse aiutato non so se l’avrei mai convinta. »

Ora però si ritrovavano bloccati in infermeria, controllati a vista dall’infermiera e con poche o nulla possibilità di parlare liberamente di quanto Kaito avesse scoperto.

Mentre il prestigiatore si avvicinò a Colin e iniziò a parlargli, sentì distintamente Ron commentare: « In realtà non ha senso parlare a una persona pietrificata. »

Probabilmente aveva ragione. Era chiaro che i ragazzi non avevano il minimo sentore che qualcuno fosse venuto a trovarli e che se avessero detto al comodino di non preoccuparsi sarebbe stata la stessa cosa.

Harry osservò Hermione in silenzio, mentre Ron chiese, fissando tristemente il volto rigido della ragazza: « Chissà se hanno visto chi li ha aggrediti? Perché se si è avvicinato a tutti di soppiatto, nessuno saprà mai... »

Kaito rispose serio: « Almeno una persona l’ha visto di sicuro. E ha anche cercato di dircelo. »

Indicò a due ragazzi la mano di Sheridan. Harry rimase a fissarla per un bel po’ chiedendosene il vero significato, poi il suo sguardo si fermò sulla mano di Hermione, nel letto affianco.

« E forse non è stata l’unica. »

Il trio si chinò sul pugno serrato della ragazza che giaceva sopra le coperte. Si riusciva faticosamente a scorgere un pezzetto di carta appallottolato nella mano.

Ron sussurrò guardandosi intorno: « Cerca di sfilarglielo di mano, che noi teniamo d’occhio Madama Chips. »

Non fu facile. La mano di Hermione era talmente serrata attorno a quel bigliettino che a un certo punto Harry temette di strapparlo. Mentre Ron e Kaito montavano la guardia, Harry tirò e spinse finché, dopo parecchi minuti di tensione, riuscì a estrarlo.

Era una pagina strappata da un vecchio volume della biblioteca. Eccitato, Harry la lisciò e gli altri due ragazzi si avvicinarono per leggere a loro volta, in silenzio.

 

Dei molti, spaventosi animali e mostri che popolano la nostra terra, nessuno è più insolito e micidiale del Basilisco, noto anche come il Re dei Serpenti. Questo serpente, che può raggiungere dimensioni gigantesche e che vive molte centinaia di anni, nasce da un uovo di gallina covato da un rospo. Esso uccide in modo portentoso: oltre alle zanne, che contengono un potente veleno, anche lo sguardo del Basilisco provoca morte istantanea. I ragni fuggono davanti al Basilisco, perché è il loro nemico mortale e il Basilisco fugge solo quando ode il canto del gallo, che gli è fatale.

 

                                                                                          Tubazioni.

 

L’ultima parola in calce era scritta a mano, con una calligrafia che Harry riconobbe per quella di Hermione. E improvvisamente al ragazzo tutto fu chiaro. Con un cenno Harry fece segno agli altri di uscire dall’infermeria per poter discutere più liberamente, e solo quando furono nel corridoio, da soli, cercò di spiegare cosa aveva capito.

« Ecco quello che cercavamo. Questa è la risposta. Il mostro nella Camera è un Basilisco... un serpente gigante. Ecco perché sentivo quella voce dappertutto e nessun altro poteva udirla. È perché io capisco il Serpentese. »

Kaito annuì: « Ok, ha un senso ed è coerente con quanto mi ha detto Mirtilla, che della sua morte ricorda solo un paio di occhi gialli… ma allora perché stavolta… »

Harry lo interruppe, eccitato: « Perché nessuno l'ha guardato dritto negli occhi! Colin lo ha visto attraverso l'obbiettivo della macchina fotografica. Lo sguardo del Basilisco gli ha bruciato la pellicola, l’ho vista quando ero ricoverato per il braccio, ma Colin è rimasto soltanto pietrificato! Justin... Justin deve aver visto il Basilisco attraverso Nick-Quasi-Senza-Testa! Nick ne è stato investito in pieno, ma non poteva mica morire di nuovo... e accanto a Hermione e a Sheridan è stato trovato uno specchio. Hermione aveva capito che il mostro era un Basilisco. Sono pronto a scommettere che ha avvertito la prima persona che ha incontrato di non girare un angolo senza prima averci guardato dietro con uno specchio! Così... »

Kaito completò per lui: « Così come la ragazza prefetto di Corvonero, che aveva la sfera di Divinazione in mano! Un’incredibile e fortuita serie di coincidenze… sembra quasi fatto apposta… »

Ron se ne stava lì a bocca aperta a fissarli, fino a che non trovò il fiato per sussurrare: « E Mrs Purr? »

Kaito non aveva una risposta per la gatta, ma Harry rimase a lungo soprappensiero, cercando di figurarsi la scena della notte di Halloween.

«L'acqua... l'acqua che veniva giù dal gabinetto di Mirtilla Malcontenta. Scommetto che Mrs Purr ha visto soltanto il riflesso... »

Kaito alzò gli occhi al cielo: « Mirtilla in questa storia è onnipresente… se non fosse morta oserei quasi pensare che sia lei l’Erede… »

Harry lo ignorò e rilesse con foga la pagina che aveva in mano. Più la guardava, più capiva: « Il canto del gallo gli è fatale… I galli di Hagrid sono stati uccisi! »

Kaito rimase lì: « Davvero? Non lo sapevo… »

Harry annuì: « Una volta aperta la Camera, l'Erede di Serpeverde non ne voleva vedere neanche uno intorno al castello! I ragni fuggono davanti a lui! Torna tutto! »

Kaito sospirò: « Quella ragazza è un genio… ricordatemi di fare un grosso regalo a Hermione appena si sveglierà… »

Ron li interruppe: « Ma come ha fatto il Basilisco ad arrivare fin qui? Un orrendo serpente gigante... qualcuno avrebbe potuto vederlo... »

Ma Harry indicò la parola che Hermione aveva scarabocchiato in fondo alla pagina.

« Tubazioni Hermione deve averci pensato e la sua risposta è stata tubazioni... ma certo! Ron, ha usato l'impianto idraulico! La sua voce io l'ho sentita dentro i muri, tu c’eri... »

Tutt'a un tratto, Ron afferrò Harry per un braccio: « L'ingresso alla Camera dei Segreti! E se fosse in un gabinetto? Se fosse nel... »

Harry e Kaito completarono in coro: « ...nel gabinetto di Mirtilla Malcontenta. »

Rimasero lì a guardarsi, percorsi da un fremito di emozione, quasi increduli.

Harry alla fine trovò il coraggio di parlare: « Ciò significa che qui a scuola io non sono l'unico Rettilofono. Anche l'Erede di Serpeverde lo è. Ecco come ha tenuto sotto controllo il Basilisco. »

« E adesso cosa facciamo? »

Ron rispose alla domanda di Kaito con gli occhi lucenti di eccitazione: « Andiamo difilato a dirlo alla McGranitt? »

Harry annuì: « Andiamo nella sala dei professori. Lei ci sarà fra una decina di minuti. È quasi l'ora della ricreazione. »

Fecero le scale di corsa. Poiché non volevano essere scoperti a bighellonare in un altro corridoio, s'infilarono direttamente nella sala dei professori, che era deserta. Era una stanza grande, rivestita di legno, piena di sedie, anch'esse di legno scuro. Harry, Ron e Kaito passeggiarono avanti e indietro, tutti troppo eccitati per sedersi.

Ma la campanella della ricreazione non suonò mai.

Al suo posto si udì la voce della professoressa McGranitt rimbombare per tutti i corridoi, amplificata per magia.

«Tutti gli studenti tornino immediatamente nei loro dormitori. Tutti gli insegnanti tornino nella sala professori. Immediatamente, per favore. »

Harry si girò a guardare Ron esclamando con voce isterica: « Non mi dire che c'è stato un altro attentato. Non ora! »

Il compagno chiese atterrito: «Che cosa facciamo? Torniamo al dormitorio?»

Kaito esclamò: « Eh no, arrivati a questo punto te lo sogni! Entriamo là dentro, sentiamo di che cosa si tratta e poi diremo quello che abbiamo scoperto. »

Si nascosero quindi in un brutto armadio, dove erano appesi i mantelli degli insegnanti; sopra la loro testa sentirono il trambusto di centinaia di piedi; poi la porta della sala venne spalancata. Spiando attraverso le pieghe ammuffite dei mantelli, i tre ragazzi videro entrare gli insegnanti. Alcuni avevano l'aria perplessa, altri apparivano decisamente spaventati. Infine arrivò la professoressa McGranitt.

« È accaduto l'inevitabile. Una studentessa è stata rapita. Il mostro l'ha portata direttamente nella Camera. »

Il professor Vitious si lasciò sfuggire un grido soffocato. La professoressa Sprite si serrò le mani contro la bocca. Piton afferrò lo schienale di una sedia e chiese: « Come fai a esserne tanto sicura? »

La professoressa rispose pallidissima: « L'Erede dei Serpeverde ha lasciato un altro messaggio, proprio sotto al primo. Il suo scheletro giacerà nella Camera, per sempre. »

Il professor Vitious scoppiò in lacrime.

A Madama Bumb le si erano piegate le ginocchia e si era accasciata su una sedia: « Di chi si tratta? Chi è la ragazza? »

« Ginny Weasley. »

All’annuncio serafico dell’insegnante, Ron s’afflosciò lungo la parete dell'armadio, Harry sembrò pietrificato a sua volta e Kaito rimase per qualche secondo col fiato mozzo dalla sorpresa.

La McGranitt sospirò, cercando di riprendere il controllo di sé: « Domani dovremo rimandare a casa tutti gli studenti. Questo segna la fine di Hogwarts. Silente ha sempre detto... »

Non seppero mai le parole di Silente, perché la porta della sala professori si spalancò un'altra volta. Per un folle momento, Harry fu certo che fosse Silente. E invece era Allock, raggiante.

« Scusate tanto... mi ero addormentato... che cosa mi sono perso? »

Non si accorse nemmeno che gli altri lo squadravano quasi con odio. Di certo non poté fare caso a Kaito che, furioso, stava per aprire la porta dell’armadio a calci per tirargli un pungo sui denti; cosa che non avvenne solo grazie a Harry che lo trattenne, facendogli notare che così facendo avrebbe fatto saltare la loro copertura.

Piton si fece avanti esclamando con finta partecipazione: «Lupus in fabula! Ecco la persona giusta. Una ragazza è stata rapita dal mostro, Allock, ed è stata portata proprio nella Camera dei Segreti. Finalmente è venuto il tuo momento. »

Allock impallidì. Kaito pensò seriamente un’altra volta di uscire dall’armadio, solo per dare un bacio sulla fronte a Piton.

La professoressa Sprite intervenne: « È giusto, Gilderoy! Non sei tu che ieri sera dicevi di avere sempre saputo quale fosse l'ingresso alla Camera dei Segreti? »

Allock farfugliò: « Io... be'... io... »

Vitious saltò su con tono cantilenante: « Sì, proprio tu. Non eri tu che dicevi di sapere cosa c'è dentro? »

« Ah, sì? Non ricordo... »

Kaito provò un improvviso moto di simpatia per l’intero corpo docente, mentre Piton diede il colpo di grazia: « Io ricordo con certezza che hai detto che ti dispiaceva di non aver potuto dare una lezione al mostro prima che Hagrid venisse arrestato. Non sei stato tu a dire che si era fatta molta confusione e che avrebbero dovuto darti carta bianca fin dall'inizio? »

Allock guardò a uno a uno i volti inespressivi dei suoi colleghi.

« Ma io... io non ho mai... veramente... Forse avete capito male... »

La professoressa McGranitt annuì con convinzione: « Lasciamo la cosa nelle tue mani, Gilderoy. Stanotte sarà il momento ideale per intervenire. Provvederemo a che nessuno ti intralci. Potrai affrontare il mostro tutto da solo. Carta bianca, finalmente! »

Allock volse attorno a sé uno sguardo disperato, ma nessuno gli venne in aiuto. Delle sue belle sembianze non restava che un'ombra stravolta. Gli tremavano le labbra, e senza il suo solito sorriso tutto denti sembrava smunto e sparuto.

« Mo-molto bene. Va-vado nel mio studio a... a pre-e-pararmi »

E uscì dalla stanza.

La McGranitt sorrise con aria evidentemente soddisfatta: « Bene! E con questo ce lo siamo levato dai piedi. »

Nonostante il momento, Kaito non riuscì a trattenere un risolino. Finalmente Allock era stato ridicolizzato davanti a tutti come si meritava! Ma il momento d’ilarità non durò che un paio di secondi, solo fino a quando al McGranitt non riprese a parlare.

« I responsabili devono informare gli studenti dell'accaduto. Dite loro che l'Espresso di Hogwarts li riporterà a casa domani al più presto. Gli altri, sono pregati di accertarsi che nessuno studente sia rimasto fuori del proprio dormitorio. »

Kaito diede una gomitata a Harry: « Credo che stiano parlando di noi. Sarà meglio cercare di avviarci verso il dormitorio. »

 

Per Kaito quello fu forse uno dei giorni peggiori della sua vita. Al suo ritorno alla Sala Comune venne aggredito da tutti quelli rimasti del primo anno.

Nicole era furiosa: « È COLPA TUA! È TUTTA COLPA TUA! È SEMPRE COLPA TUA! »

Kaito la guardò perplesso, mentre Stephen cercava di calmare la ragazza e Thomas provò a spiegargli: « Ginny è stata rapita da… »

« Questo lo so, ma perché sarebbe colpa mia? »

Il ragazzo si pulì gli occhiali nervosamente: « Ecco vedi… Ginny si è allontanata da noi dicendo che non vedendoti più tornare andava a cercarti che non correva rischi, perché era purosangue, mentre tu »

Le ginocchia di Kaito cedettero e il ragazzo si ritrovò seduto a terra. Se Thomas aggiunse altro il cervello del ragazzo non lo registrò. Anche Ginny… anche lei… non solo pietrificata, addirittura rapita! Tre compagni di classe che a causa sua… poteva fermarli tutti e tre e non aveva fatto nulla…

Gli altri tre compagni di classe non gli dissero più nulla. Probabilmente lo pensavano anche loro, ma vedendo al reazione di Kaito pensarono bene che lasciarlo crogiolare nei suoi sensi di colpa fosse una punizione più che sufficiente senza che loro ci aggiungessero alcunché. Insieme a Harry, Ron, Fred e George se ne rimase seduto per ore in un angolo della sala comune dei Grifondoro; i cinque ragazzi non riuscirono a scambiarsi neanche una parola, che per Kaito fu insieme un tormento e un sollievo. Non era certo di voler sapere se anche i fratelli Weasley pensavano che il rapimento di Ginny fosse colpa sua. Percy si era assentato. Era andato a spedire un gufo ai signori Weasley e poi si era chiuso nella sua stanza.

Quel pomeriggio sembrò eterno, mai la torre dei Grifondoro era stata tanto affollata e al tempo stesso tanto silenziosa. Al tramonto, Fred e George se ne andarono a letto, incapaci di rimanere lì seduti un attimo di più.

Solo a quel punto Ron aprì bocca per la prima volta da quando si erano infilati nell'armadio della sala dei professori: « Lei sapeva qualcosa. Per questo è stata rapita. Non si trattava neanche lontanamente di Percy: aveva scoperto qualcosa sulla Camera dei Segreti. Deve essere questo il motivo per cui è stata... »

Si strofinò energicamente gli occhi prima di continuare: « Voglio dire, lei era una purosangue. Non può esserci altra ragione. »

Kaito si morse un labbro: « Potrebbe esserci. Se invece fosse venuta a cercare me… »

Ron gli strinse un polso con tutte le sue forze: « Kaito, guardami. Io non penso che sia colpa tua. Al massimo la colpa è nostra, che ti abbiamo chiesto di andare da Mirtilla. E tu, dovendo avvertire qualcuno della tua assenza, hai fatto la scelta più logica scegliendo Ginny, che eri sicuro fosse purosangue. Né io né i miei fratelli abbiamo mai pensato di accusarti. E se qualcuno l’ha fatto gli ricaccerò il pensiero a pugni! Non che ci voglia molto, in questo momento prenderei a pugni qualsiasi cosa, Basilisco compreso… »

Kaito si sentì infinitamente più sollevato. C’era ancora qualcuno che non lo odiava. Harry non era intervenuto, continuando a  guardare il sole rosso sangue sparire lentamente all'orizzonte. Probabilmente nessuno di loro si era mai sentito così infelice. Se solo avessero potuto fare qualcosa. Qualsiasi cosa.

Dopo qualche secondo di silenzio, Ron parlò ancora: « Pensate che ci sia qualche probabilità che Ginny non sia... avete capito, no...? »

Harry non sapeva cosa rispondergli. Non vedeva come Ginny potesse essere ancora viva. Kaito invece continuava a sperare con tutto cuore di sì.

Ron continuò, senza attendere risposta: « Sapete una cosa? Credo che dovremmo scendere da Allock. Dirgli quel che sappiamo. Lui sta per entrare nella Camera. Possiamo dirgli dove crediamo che si trovi e che dentro c'è un Basilisco. »

Kaito sospirò: « D’accordo che odio quell’uomo, ma farlo ammazzare da un Basilisco senza alcuna difesa è troppo anche per me… senza contare che forse questo potrà salvare Ginny! Io sono con te, Ron. Harry? »

Siccome Harry non riuscì a pensare a niente di meglio e voleva disperatamente avere qualcosa da fare, acconsentì. Intorno a loro, gli altri Grifondoro erano così tristi e sconsolati e talmente dispiaciuti per i Weasley che nessuno cercò di fermarli quando si alzarono, attraversarono la sala e uscirono passando per il buco del ritratto.

Scendeva il buio mentre si avviavano verso l'ufficio di Allock. Da fuori si sentiva un grande affaccendarsi. I ragazzi udirono stropiccii, colpi e un frettoloso andirivieni.

Quando Harry bussò, all'interno cadde un improvviso silenzio. Poi la porta venne socchiusa di pochi millimetri e i tre ragazzi videro uno degli occhi di Allock che sbirciava attraverso la fessura, per poi aprire un po’ di più.

«Oh... signor Potter... signor Weasley… signor Kuroba… in questo momento sono piuttosto indaffarato. Se volete fare in fretta... »

Harry annunciò: «Professore, abbiamo alcune informazioni da darle. Pensiamo che potrebbero esserle utili. »

Allock sembrò tremendamente a disagio: « Ehm... be'... non è proprio tanto.. voglio dire... be'... e va bene».

Aprì la porta e i ragazzi entrarono.

Il suo ufficio era quasi del tutto smantellato. Per terra c'erano due grossi bauli spalancati. In uno, ripiegati in fretta, c'erano abiti di tutti i colori: verde giada, lilla, blu notte. Nell'altro erano ammonticchiati alla rinfusa dei libri. Le fotografie che avevano ricoperto le pareti erano stipate dentro alcune scatole appoggiate sulla scrivania.

« Sta andando da qualche parte? »

Allock staccò da dietro la porta un poster che lo raffigurava a grandezza naturale e cominciò ad arrotolarlo « Ehm... be'... sì. Una chiamata urgente... improrogabile... devo andare.. .»

Ron chiese brusco: « E mia sorella? »

Allock evitò di guardarlo negli occhi aprendo con uno strattone un cassetto e rivoltandone il contenuto in una borsa: « Ah, sì... una vera disgrazia. Nessuno se ne rammarica più di me... »

A Kaito iniziò a montare la rabbia. Il suo volto iniziò a farsi rosso come un peperone. Ne era certo, ancora un parola di quell’uomo e sarebbe scoppiato.

Intanto Harry esclamò: « Ma lei è l'insegnante di Difesa contro le Arti Oscure! Non può andarsene ora! Non con tutti questi fatti di magia nera che stanno accadendo! »

«Be', devo ammettere... quando ho accettato l'incarico... nel mansionario non c'era proprio niente che... non mi aspettavo di...»

« Intende dire che ha intenzione di squagliarsela? »

Ma Kaito non diede al professore il tempo di rispondere alla domanda di Harry. Con una mossa fulminea lo spinse sulla poltrona e lo ammanettò nel tempo di un respiro. Prima che Allock potesse anche solo protestare o tentare una reazione, il prestigiatore gli gridò contro con tutto il fiato che aveva in corpo, spettinandogli addirittura i riccioli: « LEI È LA PERSONA PIÙ SCHIFOSA CHE ABBIA MAI INCONTRATO IN VITA MIA!!! E PENSARE CHE SIAMO VENUTI QUI PER CERCARE DI SALVARLE LA VITA!!! MA LEI NON SE LO MERITA TANTO RISPETTO… QUESTO RAGAZZO… »

E indicò Ron.

« … STA CERCANDO DI FARE DI TUTTO PER RIPORTARE A CASA SUA SORELLA, VIENE DA LEI ALLA RICERCA DI AIUTO, CONVINTO DI POTERSI FIDARE DI UN INSEGNANTE, E LEI COSA FA? GLI DICE DI ARRANGIARSI! LEI È SOLO UNO SPORCO, SCHIFOSO, MALEDETTO »

Harry gli toccò un braccio: « Kaito, calmati, stai di nuovo parlando metà in giapponese e metà in inglese… »

Kaito cercò di abbassare il tono di voce, ma non di calmarsi: « Non me ne frega niente! Questo… individuo, non farmi dire altro, dopo tutto quello che ha scritto… »

« I libri possono portare fuori strada. »

Kaito lo indicò furioso: « Vedi? Lo ammette pure, non ha neppure la decenza di provare a inventarsi una scusa! »

Harry provò ad aggiungere: « Ma i libri che ha scritto… »

Il prestigiatore lo bloccò subito: « E non ti mettere a fare l’avvocato del diavolo, che quest’essere non se lo merita! »

Allock sospirò guardando Harry: « Mio caro ragazzo, un po' di buon senso. I miei libri non avrebbero venduto neanche la metà se la gente non avesse pensato che a fare tutte quelle cose ero stato io. A nessuno piace leggere le imprese di un mago armeno brutto e vecchio, anche se ha salvato un intero paese dai lupi mannari. La sua immagine in copertina avrebbe veramente sfigurato! Non aveva nessun gusto nel vestirsi. Quanto poi alla maga che ha messo in fuga l'anima in pena della strega Bandon, aveva il labbro leporino. Insomma, cerca di capire...  »

Harry chiese, sempre più incredulo: « E così lei si è preso il merito di quel che altri hanno fatto? »

Kaito si scrocchiò le dita, furioso. Quel tipo non gli era mai piaciuto, ora sapeva perché. Anche a lui era capitato di dover truffare qualcuno nei panni di Kaito Kid, ma non si era mai preso i meriti di qualcun altro, né tantomeno ci si era costruito una carriera.

Allock scosse la testa con impazienza: « Harry, Harry. Non è così semplice. Non ho mica lavorato poco, sai? Ho dovuto andare a scovare queste persone. Chiedergli come erano riuscite a compiere le loro imprese. Poi ho dovuto fargli un Incantesimo di Memoria perché non ricordassero più quel che avevano fatto. Se c'è una cosa di cui vado fiero è proprio il mio Incantesimo di Memoria. No, davvero, il lavoro da fare è stato tanto, Harry. Non basta firmare autografi sui libri e distribuire foto pubblicitarie, sai? Se vuoi la fama devi essere pronto a faticare, con costanza. »

Kaito non seppe quale santo lo stesse trattenendo dal tirargli un pugno sul naso: « E quello lo chiama lavorare? Non è nemmeno un buon truffatore! Lei è… è… »

Allock sorrise in un modo che a Harry non piacque per nulla: « Non ho intenzione di farmi insultare da uno studente. E dopotutto tra poco non ricorderai nemmeno più cosa volevi dire… se vi lascio andare in giro a spiattellare tutti i miei segreti, non venderò più neanche una copia… »

In quel momento i ragazzi si accorsero che il professore era riuscito ad impugnare la bacchetta e Harry e Kaito agirono contemporaneamente.

 « Expelliarmus! »

Allock fu scaraventato all'indietro con poltrona e tutto e cadde riverso sopra i bauli. La sua bacchetta magica piroettò in aria; Ron l'afferrò al volo e la fece volare fuori della finestra, nel giardino.

Kaito gli sorrise: « Metodo radicale, ma efficace! »

Harry si rivolse furibondo ad Allock: « Non avrebbe dovuto permettere che il professor Piton ci insegnasse questo incantesimo. »

L’insegnante levò lo sguardo su di lui, sempre più pallido e ansioso. Harry lo teneva sempre sotto tiro.

« Che cosa volete che faccia? Io ignoro dove si trovi la Camera dei Segreti. Non posso fare niente. »

Il ragazzo con la cicatrice gli sorrise soddisfatto: « Lei è fortunato. Noi pensiamo di sapere dove si trova. E anche quel che c'è dentro. Andiamo! »

Allock provò a muovere i polsi: « E come… »

Harry sospirò: « Kaito, liberalo! Ma non perdiamolo mai di vista… »

Il prestigiatore rivolse all’insegnante uno sguardo malefico: « Con immenso piacere… »

Spinsero Allock fuori dall'ufficio, e poi giù per la più vicina rampa di scale e lungo il corridoio dove erano esposti i messaggi fino alla porta del gabinetto di Mirtillla Malcontenta.

Lo fecero entrare per primo. Harry e Kaito notarono con piacere che stava tremando.

Mirtilla era seduta sulla cassetta dello scarico dell'ultimo gabinetto.

« Oh, sei tu! Che cosa vuoi, questa volta? »

« Chiederti esattamente dove hai visto quegli occhi quando sei morta. »

Il fantasma lo fissò sorpresa: « E tu come… »

Solo in quel momento notò Kaito.

« Capisco… »

Il prestigiatore sospirò al tono gelido e deluso del fantasma: « Perdonami, Mirtilla, ma era davvero un caso di emergenza. Per favore, diccelo… dove hai visto quegli occhi? »

Mirtilla impiegò qualche secondo a rispondere, poi indicò vagamente verso lo scarico di fronte al suo gabinetto: « Da quella parte. Ma spero che il motivo fosse davvero così importante per mentirmi e lusingarmi in quel modo… »

Ron le rispose al volo: « Stiamo cercando di impedire a mia sorella di fare la tua stessa fine, ti sembra abbastanza? »

Mirtilla li guardò impressionata, poi annuì, rendendosi conto di aver esagerato. Intanto Harry e Ron si precipitarono nel luogo indicato, mentre Allock si teneva indietro con un'espressione di terrore indicibile, sorvegliato a vista da Kaito.

Sembrava uno scarico qualunque. Lo esaminarono centimetro per centimetro, dentro e fuori, compresi i tubi sottostanti. Poi, d'un tratto, Harry lo vide: inciso su uno dei rubinetti di rame c'era un piccolo serpente.

Mirtilla commentò in tono nuovamente vivace mentre lui cercava di aprirlo: « Quel rubinetto non ha mai funzionato. »

 Ron suggerì: « Harry, di' qualcosa in Serpentese. »

« Ma... »

Harry sembrava molto dubbioso. Continuava a guardare il serpente come se cercasse l’ispirazione, poi, sospirando, disse tutto d’un fiato: « Apriti! »

Ron scosse la testa: « Niente. »

Harry continuò a fissare la piccola incisione: « Non so come fare, le uniche volte che ci sono riuscito avevo davanti un serpente vero… »

Kaito sorrise: « E allora basterà fare in modo che questo lo sia! »

« Eh? »

Con un gesto fece comparire nelle sue mani una candela, che accese grazie ai mozziconi presenti nel bagno; poi, una volta che la tenue fiammella si ergeva lunga e fiera, la mise proprio sotto all’incisione.

« Guardala, Harry. Guarda il serpente attraverso la fiamma della candela… e lascia fare tutto al tuo istinto… »

Il ragazzo con la cicatrice fissò l’incisione per qualche secondo, poi aprì nuovamente le labbra, ma questa volta quello che ne uscì fu uno strano sibilo, lungo e penetrante. A quell’incomprensibile ordine in Serpentese il rubinetto brillò di una vivida luce bianca e prese a girare, mentre il lavandino cominciò a muoversi. Sprofondò e scomparve alla vista lasciando scoperto un grosso tubo, un tubo largo abbastanza da lasciar passare un uomo.

Ron trattenne il fiato, Harry guardò stupefatto il risultato del suo ordine e Kaito fece un fischio.

« Peeerò… pensa se gli ordinavi una ristrutturazione totale! Comunque direi che ha funzionato… meno male, posso evitare il piano B! »

Ron gli rispose senza sollevare gli occhi dal tubo: « E quale sarebbe stato il piano B? »

« Serpente di gomma mosso coi fili. »

Il ragazzo lo guardò perplesso e Kaito alzò un sopracciglio: «Be', che pretendevi? Sono un prestigiatore, non un incantatore di serpenti indiano! Mi hai mai visto trafficare con un flauto? L’unica cosa che addestro sono colombe… »

Harry rimase serio: « Io mi ci calo dentro. »

Ron annuì: « Vengo con te. »

Kaito sorrise: « Perché, pensavate di lasciarmi qua? »

Allock che aveva recuperato un'ombra del suo antico sorriso: «Be', mi sembra proprio che di me non ci sia bisogno. Quasi quasi io...»

Fece per poggiare la mano sulla maniglia della porta, ma Ron, Kaito e Harry gli puntarono contro la bacchetta magica.

Ron ringhiò: « No, lei entra per primo! »

Pallido come un cencio e senza bacchetta, Allock si avvicinò all'apertura, dicendo con un filo di voce: « Ma ragazzi, ragazzi, a che cosa vi servirà tutto questo? »

Harry lo pungolò da dietro con la bacchetta. Allock infilò le gambe nel tubo.

« Non credo proprio... »

Ma prima che potesse finire, Ron gli diede uno spintone e Allock sparì. Harry lo seguì rapido. Si calò lentamente nel tubo e lasciò la presa. Per ultimo si avvicinò Kaito.

« Mirtilla, se non ci vedi tornare entro… diciamo un’ora e mezza, avverti qualcuno! »

« E chi ti dice che lo farò? Mi hai fatto un brutto scherzetto poco fa… »

Il prestigiatore le fece l’occhiolino: « Non so, chiamiamolo istinto… ma qualcosa nel tuo sguardo mi dice che non ci lascerai nei guai. A dopo, Mirtilla! »

E si lasciò andare. Fu come scivolare lungo una pista viscida e senza fondo. Vide altri tubi diramarsi in tutte le direzioni, ma nessuno era grosso come il loro, ripido, tutto curve e giravolte. Capì che stavano sprofondando sotto il livello della scuola, addirittura oltre quello dei sotterranei. Davanti a lui sentiva qualche rumore soffocato.

Poi, quando già cominciava a preoccuparsi di quel che sarebbe accaduto se avessero toccato terra, il tubo tornò in piano e lui fu catapultato fuori con uno splash, atterrando sul pavimento bagnato di un buio tunnel di pietra, abbastanza spazioso da permettergli di stare in piedi. Un po' più in là, Allock si stava rialzando, coperto di melma e pallido come un cencio. Harry e Ron si guardavano intorno.

Kaito si rimise in piedi: « Fiù… vi dirò, preferisco lo scivolo della piscina… »

L’eco gli rispose immediatamente, ma subito si aggiunse la voce di Harry e relativo rimbombo: « Dobbiamo trovarci a centinaia di metri sotto la scuola. »

Ron guardò schifato le pareti nere e viscide: « Probabilmente siamo sotto il lago. »

Kaito s’immaginò una miriade di pesci che nuotava sopra la sua testa e rabbrividì, ma subito tutti e quattro si voltarono a scrutare l'oscurità che si spalancava davanti a loro.

« Lumos! »

Il prestigiatore guardò stupito la bacchetta di Harry, ora illuminata: « Ehi, utile questo! Lumos! »

E anche sulla punta della sua bacchetta apparve una tenue lucina. Ron guardò indeciso alla sua, che gli aveva già dato qualche problema durante l’anno e decise di tenerla nella tasca della divisa.

« Andiamo »

Si avviarono. I loro passi rimbombavano secchi sul pavimento bagnato, ma se c’era acqua non potevano vederla; il tunnel era infatti così buio che riuscivano a vedere soltanto a pochi metri dal naso. Alla flebile luce delle bacchette le loro ombre sulle pareti gocciolanti assumevano forme mostruose e inquietanti, che una fantasia vivace come quella di Kaito interpretava in mille modi.

Harry procedeva con circospezione: « Appena sentite qualcosa muoversi, ricordatevi di chiudere immediatamente gli occhi... »

Ma nel tunnel regnava un silenzio di tomba e il primo rumore inatteso che li fece sobbalzare fu un sonoro scricchiolio, perché Ron aveva pestato qualcosa che poi risultò essere il teschio di un topo; oltre che la relativa e vivace imprecazione che ne seguì, ovviamente.

Harry abbassò la bacchetta per ispezionare il pavimento, dove vide una miriade di piccole ossa di animali. Kaito invece mantenne la luce sul percorso. Chissà se anche Ginny era al buio…

« Ragazzi, più avanti c'è qualcosa... »

La voce soffocata di Ron non aiutò ad alleggerire la visione raggelante che seguì. Era un qualcosa di immenso, tutto spire, steso di traverso nel tunnel. Era immobile.

Kaito cercò di mantenersi calmo: « Dite che è lui? »

Ron rispose con un sussurro isterico: « Quante cose così grosse credi che girino qua sotto? »

« Forse dorme. »

Allock si era coperto gli occhi con le mani. Harry si voltò di nuovo verso la cosa e, molto lentamente, tenendo gli occhi aperti solo quel tanto che gli consentisse di vederci, avanzò tenendo la bacchetta magica sollevata.

La luce si posò su una gigantesca pelle di serpente di un vivido color verde fiele che giaceva arrotolata e vuota sul pavimento. La creatura che l'aveva abbandonata doveva essere lunga almeno sei metri.

Ron esclamò con un filo di voce: « Per la miseria! »

Dietro di loro qualcuno si mosse all'improvviso facendoli trasalire: a Gilderoy Allock si erano piegate le ginocchia.

Kaito gli intimò aspro, puntandogli contro la bacchetta magica: « In piedi! »

Allock si rialzò... e poi si lanciò su Ron, ancora distratto dalla visione della pelle di serpente, scaraventandolo a terra.

Harry balzò in avanti, ma troppo tardi. Allock si stava raddrizzando, tutto ansimante. In mano aveva la bacchetta di Ron e sul viso gli era ricomparso un sorriso smagliante.

« Qui si conclude l'avventura, ragazzi! Porterò su a scuola un pezzetto di questa pelle, dirò che sono arrivato troppo tardi per salvare la ragazza e che voi tre avete tragicamente perso il senno alla vista del suo corpo straziato. Dite addio ai vostri ricordi! »

Kaito imprecò mentalmente. Istintivamente pensò di disarmarlo, ma si ricordò che quella che impugnava era una bacchetta rotta e difettosa. Non sapeva quali potessero essere gli effetti, per quel che riusciva immaginare poteva anche scoppiare tutto, e l’idea di una qualunque reazione imprevista all’interno di un ambiente così chiuso non lo entusiasmava per niente.

Allock sollevò in aria la bacchetta rattoppata di Ron e Kaito sentì ogni nervo del suo corpo tendersi, in allerta. Non sapeva ancora cosa avrebbe fatto, ma lui era pronto.

Prima che il professore finisse di pronunciare l‘incantesimo, prima che la caverna iniziasse a crollare, prima ancora che potesse davvero pensare a cosa stesse facendo, le gambe del ragazzo erano scattate e si era ritrovato ad afferrare Harry, che gli era più vicino, e a trascinarlo con sé lontano dalla frana. Quando davvero riuscì a rendersi conto della cosa, di fronte a lui c’era solo più un muro di detriti.

Kaito riprese fiato: « Per un pelo… »

Harry sbiancò: « E Ron? »

Il prestigiatore scosse la testa e Harry iniziò a gridare: « Ron! Stai bene? Ron! »

Dall’altra parte del muro giunse una voce soffocata: « Sono qui! Io sto bene, ma questo verme no... la bacchetta gli ha fatto fare un bel volo. E voi? »

« Tutto a posto… »

Di tutta risposta si udì un tonfo sordo e un sonoro “Ahi!”, come se Ron avesse mollato ad Allock un calcio sugli stinchi. Dopo quel piccolo sfogo, il ragazzo riprese con tono disperato: « E ora che cosa facciamo? Non possiamo passare. Ci vorrebbero secoli... »

Harry alzò lo sguardo sul soffitto del tunnel, dove si erano aperte crepe enormi. Non aveva mai provato a usare la magia per spaccare in due cose grosse quanto quei macigni e adesso non gli sembrava il momento più opportuno per provarci... e se tutta la volta del tunnel avesse ceduto?

« Kaito, hai idee? »

« Poche, ma tutte molto lunghe da attuare e niente affatto sicure. Non so quanto ci convenga metterle in pratica, Ginny si trova nella Camera dei Segreti da molte ore e perderemmo solo altro tempo. »

Da dietro le macerie si udì un altro tonfo e un altro “Ahi!”. Harry capì che c'era una sola cosa da fare. Guardò Kaito e annuì, per poi rivolgersi a Ron: « Tu aspetta qui. Resta con Allock. Noi proseguiamo. Se non siamo di ritorno fra un'ora... »

Ci fu una pausa carica di tensione.

Ron non continuò la frase, ma la sua voce tramava leggermente: « Io, intanto, cercherò di spostare un po' di massi. Così potrete... potrete trovare un varco quando tornate. E... Kaito… Harry... »

Harry cercò di dare alla sua voce tremante un tono fiducioso: « Ci vediamo tra poco. »

Kaito toccò un masso: « Stai tranquillo e occupati di quello là… noi ce la caveremo. »

E si avviarono da soli, oltrepassando la pelle del serpente gigante.

Kaito era pensieroso. Sia Harry che Ron avevano cercato di non mostrare la loro agitazione. La sua faccia da poker che sempre suo padre gli aveva predicato, la prima regola di un buon prestigiatore che lui aveva sempre rispettato e onorato… dove era finita? Prima, con Allock, aveva decisamente perso il controllo. Non poteva più permetterselo. Doveva tornare professionale, doveva recuperare un po’ dello spirito di Kaito Kid che in quei mesi ad Hogwarts doveva essersi decisamente assopito per avere gli scatti che aveva mostrato nelle ultime settimane. Qualche mese prima avrebbe sicuramente mantenuto il sangue freddo anche in quelle situazioni, ma tante novità e troppi stress gli avevano decisamente logorato i nervi. Questa volta, però, doveva davvero ritornare in sé, perché il rischio era reale e il sangue freddo poteva salvare la pelle a lui e a Harry.

Ben presto non si sentì più il rumore dei massi spostati da Ron. Superarono un'altra curva e poi un'altra ancora. Non si erano più scambiati una parola e l’ansia continuava a salire in modo decisamente sgradevole. Entrambi non vedevano l'ora di arrivare alla fine del tunnel, eppure avevano paura di quel che avrebbero trovato in fondo. Poi, dopo un'ennesima curva si trovarono di fronte una parete su cui erano scolpiti due serpenti attorcigliati che al posto degli occhi avevano due grandi smeraldi scintillanti.

Harry si avvicinò: « Di nuovo? »

Kaito lo guardò pensieroso: « Stesso problema, eh? »

« Già. »

« E allora lascia provare me! »

Harry lo guardò sorpreso: « Sei anche tu un rettilofono? »

« No, semplicemente un buon imitatore! Vediamo se riesco a rifare quello che hai fatto prima… »

Kaito si concentrò ed emise un sibilo contorto. La porta rimase immobile, ma alle sue spalle, Harry cercava di soffocare malamente una risata.

« Che c’è? »

Harry cercò di riprendere fiato: « Scusa, è che hai appena ordinato alla porta… di scoppiare a ridere! »

Anche il prestigiatore rise: « , tu mi hai obbedito, è già qualcosa! Fammelo riascoltare ancora un paio di volte e vedrai che piegherò anche questa porta ai miei voleri! »

Harry sorrise: « Grazie. Iniziavo davvero ad avere un po’ troppa paura. »

« Figurati. Allora, vuoi davvero un aiutino o pensi di farcela? »

Harry fissò la porta e i suoi occhi di smeraldo ebbero un fremito. Si schiarì la gola ed emise un sibilo debole e soffocato.

I serpenti si sciolsero dal loro groviglio e la parete cominciò a spalancarsi, dividendosi in due metà.

« Bravo, Harry. Stai migliorando. »

Harry annuì. Era visibilmente terrorizzato, tremava dalla testa ai piedi. Nonostante questo, fece per avviarsi all’interno della Camera dei Segreti, ma Kaito lo fermò con una mano sulla spalla.

« Fammi fare ancora una cosa, per favore. »

Il prestigiatore si girò su se stesso, ricomparendo negli abiti di Kaito Kid. Gli mancava solo il monocolo, ma l’aveva volutamente tolto per evitare di romperlo. In fondo non aveva bisogno di nascondere il volto con Harry.

« Così mi sento più a mio agio! »

Harry sorrise: « Una volta o l’altra mi devi spiegare la storia di questo costume… »

« Chissà… ma un prestigiatore non svela mai tutti i suoi trucchi, ricordatelo. »

Harry non sapeva più cosa aggiungere, ma era grato a quel ragazzo che si stava impegnando al massimo per tranquillizzarlo.

Kaito lo guardò, improvvisamente serio: « Pronto? »

« Sì. Sei con me? »

« Indietro non posso tornare e te lo sogni che ti lascio entrare qua da solo. »

« E allora andiamo. »

 

 

Ciao! Rieccomi qua, finalmente ho finito gli esami e posso rimettermi a scrivere! Sììì! Ed è quasi un anno che pubblico questa storia…

Intanto ringrazio Tsuki no Sasuke, DC_otaku, darkroxas92 e sorellina_dolce per i commenti. Intanto preparatevi, perché nel prossimo capitolo ci sarà lo scontro che tutti aspettavate… ma forse sarà un po’ più divertente di come ricordate!

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 15
*** Chiamatemi pure... Lord Voldemort! ***


Chiamatemi pure… Lord Voldemort!

 

La ragazza si fermò a riprendere fiato e a ragionare. Dove diavolo poteva essersi cacciata la sua compagna? Era quasi mezz’ora che la cercava e aveva ormai esaurito tutti i posti che le erano venuti in mente. Sbuffò.

« Uffa… »

La sua voce rimbombò nel corridoio in modo innaturale. Ma dopotutto la scuola era deserta, perché tutti erano fuori, dove avrebbe dovuto essere anche lei. Ma era preoccupata per la sua amica e non avrebbe raggiunto i compagni prima di averla trovata, perché erano giorni, anzi, settimane, se non mesi, che quella ragazza si comportava in modo davvero strano. Continuò a camminare, a salire le scale, piano dopo piano. Prima o poi l’avrebbe trovata, era solo questione di tempo, non poteva essere scomparsa!

Finalmente udì qualcosa, un rumore strano proveniente dal corridoio di fronte a lei e si avvicinò. Che strano, pensò, sembrava un sibilo o…

La ragazza rimase immobile dallo stupore, a guardare la scena con gli occhi sbarrati, incredula di quello che vedevano i suoi occhi e, soprattutto, di quello che udivano le sue orecchie.

La compagna che aveva cercato fino a quel momento era lì, di fronte a lei. Le dava le spalle, ma era chiaramente visibile l’enorme serpente che l’ascoltava a occhi chiusi muovendo la testa come se annuisse alle sue parole. Sì, perché lei gli stava parlando con una serie di sibili soffocati e prolungati, in quello che, come aveva imparato grazie a Harry Potter durante il Club del Duellanti, poteva identificare chiaramente come Serpentese. Ripassò mentalmente quello che le avevano detto quella sera. Il Serpentese era un’abilità naturale ed ereditaria… ma non aveva senso, lei non poteva averla, conosceva benissimo i suoi fratelli ed era certa che loro non fossero Rettilofoni, erano rimasti sconvolti quanto lei quella sera!

Poi, ancora più grave, un’altra consapevolezza si fece largo nella sua mente. Sì, un serpente gigante poteva essere considerato a buon diritto un mostro degno dell’erede di Serpeverde. E dunque era lei che aveva aggredito Colin? No, non poteva crederci, non la sua amica, non l’allegra ragazzina coraggiosa con cui aveva parlato per ore e ore in dormitorio, che l’aveva aiutata durante i compiti in classe… e che era diventata sempre più strana col passare dei mesi…

La ragazza si fece coraggio. Doveva muoversi da lì, doveva avvertire qualcuno. Certo, le faceva male tradire un’amica, ma se questa andava in giro a pietrificare la gente…

Il grosso serpente fece per girarsi, ma improvvisamente emise un sibilo a sua volta. La ragazza dai capelli rossi si girò di scatto e vide la sua compagna che aveva assistito a tutta la scena. Quest’ultima sentì le gambe cederle: invece dei suoi soliti occhi scuri la sua compagna esibì delle iridi rosse e strette, e in quel momento seppe che quella che aveva davanti non era sicuramente Ginny Weasley.

Si udì ancora un sibilo violento, che anche senza essere Rettilofona la ragazza non ebbe problemi a capire grazie al dito che le venne puntato contro. Iniziò a scappare. Non aveva idea di dove andare, ma doveva muoversi, di questo era certa. Sentiva il serpente strisciare dietro di lei, più veloce, più veloce, sempre più veloce…

Ansimava profondamente. Quanto poteva correre una ragazza di undici anni prima che le cedesse il cuore? Si spostò rapidamente il ciuffo di capelli neri di fronte agli occhi imponendosi di pensare. Dove poteva andare in modo che il serpente non la seguisse?

Deviò rapidamente verso le scale, sperando che il serpente avesse qualche difficoltà sui gradini. Inutile, scoprì poco dopo voltandosi, poteva vedere chiaramente le sue squame seguirla. Si morse un labbro. Se solo Fred e George le avessero rivelato qualche passaggio segreto nei dintorni… magari con un’entrata stretta, così che quel bestione non potesse seguirla… ma non l’avevano fatto e lei doveva arrangiarsi da sola. Doveva andare più veloce.

« Se ce la fa Kaito quando è in ritardo alle lezioni… »

Si sedette sul corrimano e iniziò a scivolare giù. Il serpente accelerò ancora. Alla prima uscita in un corridoio scese di scatto ed attraversò la porta, con il cuore in gola. Era al quarto piano. Non sentiva più il serpente alle sue spalle, ma non se la sentiva di rallentare. Doveva correre ancora, doveva…

Dopo aver voltato l’angolo, andò a sbattere contro qualcuno.

« Ehi! Ma cosa… »

« Hermione!!! Hermione, scappa!!! C’è… anf… il mostro di Serpeverde dietro… anf… di me!!! È… »

La ragazza la guardò con una strana luce negli occhi: « … un serpente gigante, giusto? »

La ragazza annuì sconvolta: « Sì… ma come… »

Hermione esultò: « Sì!!! Lo sapevo che era un Basilisco!!! »

La ragazza era incredula: « Ma, Hermione, hai capito cosa ti ho detto? C’È UN SERPENTE GIGANTE CHE M’INSEGUE! E tu che fai, esulti? »

« Scusa… ma ti sta inseguendo, hai detto? »

« SÍÍÍÍ!!! LO VUOI CAPIRE??? »

« Allora è inutile scappare, ti troverà subito grazie all’odore… anzi, aspetta. Hai detto che hai visto un serpente? »

« Sì, è fino ad adesso che te lo dico! »

« NON negli occhi, vero? »

« No… ho visto solo le squame… »

« Meno male, altrimenti saresti morta… »

« Se ero morta non potevi nemmeno farmela questa domanda, non credi? »

« … e se non ci muoviamo rischi comunque! »

« E me lo dici così? E cosa pensi di trovare nella borsa per salvarmi? »

« Per salvarCI, vorrai dire, sono anch’io nata babbana, ricordatelo. E comunque la mia arma segreta è questa! »

La ragazza la guardò di storto: « E cosa vuoi fare con uno specchietto? »

« Farci pietrificare. »

« COSA? »

« L’altra opzione è morire. »

« Credo che rivaluterò l’opzione della pietrificazione… »

« Bene, perché non c’è più tempo. È qui. »

La ragazza deglutì. Doveva avvertirli, doveva fare in fretta. Prese le penne che le aveva prestato Kaito. Una era blu, ma la buttò via. Quella rossa poteva essere un ulteriore indizio. Fece scattare la punta e iniziò a scrivere sulla mano, passando velocemente lo sguardo dal palmo allo specchio nelle mani di Hermione.

« Hermione, dov’è? Hermione? »

Il cuore iniziò a batterle più velocemente. La sua compagna di sventura era già stata pietrificata, e se a lei non era ancora toccata quella fine era solo per la diversa angolatura. Pochi secondi e avrebbe visto anche lei gli occhi maledetti. Aveva poco tempo per scrivere il suo avvertimento…

 

Attenti a

 

Iniziò a scrivere la parte più importante, ma prima di poter finire vide l’ombra di un occhio giallo…

 

 

Sheridan riprese fiato come se fosse appena uscita da una piscina. Continuò ciò che stava facendo qualche tempo prima, finendo la lettera G e continuando a scrivere il nome. Solo a quel punto si rese conto che davanti a lei non c’era più Hermione con il suo specchietto, ma Madama Chips che cercava di visitarla in ogni modo. Fissò la mano con la scritta incompleta e si morse un labbro. Evidentemente non aveva fatto in tempo.

Solo a quel punto si accorse della presenza della McGranitt.

« Come stai, Pumpkin? »

La ragazza sbarrò gli occhi e si mise a urlare: « PROFESSORESSA! IO L’HO VISTA, DOVETE FERMARLA! »

« Chi? »

Sheridan prese fiato e urlò: « ERA LEI! ERA… »

 

 

« GINNY!!! »

Harry si precipitò verso la ragazzina coricata a terra, con così tanta enfasi che nel chinarsi lasciò cadere la bacchetta a terra.

« Ginny! Dimmi che non sei morta! Ti prego, dimmi che non sei morta! »

Kaito lo raggiunse subito. I capelli rossi della ragazza erano l’unica nota di colore di quella sala molto lunga, debolmente illuminata. Pilastri di pietra torreggianti, formati da altri serpenti avvinghiati, si levavano fino al soffitto, perdendosi nel buio e gettando lunghe ombre nere nella strana oscurità verdastra che avvolgeva il luogo. Il tutto era troneggiato da un’enorme statua alta fino al soffitto, il volto antico e scimmiesco di un vecchio mago, con una lunga barba rada che gli arrivava quasi fino all'orlo della veste scolpita, lunga fino a terra, e due enormi piedi grigi che poggiavano sul pavimento levigato della stanza. Proprio lì era distesa Ginny, con il volto a terra.

Kaito la voltò, afferrandola per le spalle. Aveva il volto bianco e freddo come l'alabastro ma gli occhi erano chiusi.

« Non è pietrificata. »

Harry chiese con voce strozzata: « Ma allora è… »

Kaito mise una mano sotto la divisa: « Non è nemmeno morta, stai tranquillo. Ma non sta bene, il battito è debole… »

Harry prese la ragazza e la scosse: « Ginny, ti prego, svegliati! »

La sua testa ciondolò inerte e Harry stava per riprovare, quando una voce sconosciuta ma suadente riecheggiò nella sala.

« Non si sveglierà. »

I ragazzi sobbalzarono e si voltarono.

Al pilastro più vicino era appoggiato un ragazzo alto dai capelli neri. I contorni della sua figura erano stranamente sfocati, come se lo vedessero attraverso una finestra appannata. Ma come poteva Harry non riconoscerlo?

« Tom... Tom Riddle? »

Riddle annuì, senza levare gli occhi da Harry.

Kaito lo guardò stupito: « Tom Riddle? Quel Tom Riddle? Quello del diario? Assurdo… non così giovane, perlomeno… »

Harry lo ignorò: « Che cosa significa che non si sveglierà? Non è ancora... non sarà mica...? »

« È ancora viva. Ma per poco. »

Kaito era incredulo. Da quel che gli aveva detto Harry, Tom Riddle aveva studiato a Hogwarts cinquant'anni prima, eppure eccolo lì, avvolto in un'aura misteriosa e opalescente: non poteva avere più di sedici anni. Kaito si morse un labbro. Ma se il tempo per lui non era passato…

« Sei un fantasma? »

Riddle rispose abbassando la voce: « Un ricordo. Un ricordo conservato in un diario per cinquant'anni. »

« I libri non sputano fuori persone a raccontare la loro storia, nemmeno quelli magici, altrimenti non ci sarebbe bisogno del Professor Rüf. Tu non me la racconti giusta. »

Riddle non rispose all’osservazione di Kaito, si limitò ad indicare il pavimento, in direzione dei piedi giganteschi della statua. Lì accanto, aperto, c'era il piccolo diario nero che Harry aveva trovato nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Per un attimo, i ragazzi si chiesero come avesse fatto ad arrivare fin lì, ma c'erano questioni più urgenti da affrontare.

Harry sollevò di nuovo il capo di Ginny: « Devi aiutarci, Tom, dobbiamo portarla fuori di qui. C'è un Basilisco... non sappiamo dove si trovi, ma potrebbe arrivare da un momento all'altro. Ti prego, aiutaci! »

Riddle non si mosse. Kaito non gli tolse gli occhi di dosso. C’era qualcosa che non andava, lo sentiva, ma Harry sembrava non accorgersene. Quest’ultimo, madido di sudore, cercò di sollevare Ginny da terra; poi si chinò di nuovo a raccogliere la bacchetta magica.

Ma la bacchetta era sparita.

« Avete mica visto la mia bacchetta? »

Kaito si guardò intorno: « Era lì per terra un attimo fa… »

Riddle li stava ancora fissando, senza parlare. In quel momento si resero conto che tra le sue lunghe dita rigirava la bacchetta magica di Harry.

Harry allungò una mano per prenderla: « Grazie. »

Un sorriso increspò le labbra di Riddle che non staccava gli occhi da Harry e continuava pigramente a giocherellare con la bacchetta. Kaito si morse un labbro. Quella figura era abbastanza solida da poter afferrare un oggetto? Brutto segno, si disse, soprattutto perché ora aveva un’arma pericolosa che sapeva usare sicuramente meglio di loro, a giudicare dall’età che dimostrava.

Harry persisteva nella sua ingenuità: « Senti, dobbiamo andarcene di qui! Se arriva il Basilisco... »

« Non verrà, a meno che non lo si chiami. »

Kaito sbuffò: « Senti, non abbiamo intenzione di suonargli il campanello, vogliamo solo andarcene di qui con Ginny! »

« Non ci sarà bisogno di muoversi. »

Harry iniziò ad agitarsi, posando nuovamente Ginny a terra, incapace di tenerla in braccio più a lungo: « Cosa intendi dire? Dai, rendimi la bacchetta, potrebbe servirmi. »

Il sorriso si allargò sul volto di Riddle.

« Non avrai bisogno nemmeno di quella. »

Harry lo fissò sconvolto e incredulo: « Che cosa significa che non ne...? »

« Era tanto che aspettavo questo momento, Harry Potter. Il momento di incontrarti. Di parlarti. »

Harry stava per perdere la pazienza: « Senti, non credo che tu abbia capito la situazione. Siamo nella Camera dei Segreti. Parleremo dopo. »

Riddle fece un largo sorriso, infilandosi in tasca la bacchetta di Harry.

Kaito lo fissò preoccupato: « Non credo fosse una proposta amichevole. »

Harry sembrò rendersi conto solo in quel momento della situazione: « Come ha fatto Ginny a ridursi in questo stato? »

Riddle rispose con tono amabile: « Questa sì che è una domanda interessante, ed è anche una storia molto lunga. Suppongo che la principale ragione dello stato in cui si trova Ginny è che ha aperto il suo cuore a un estraneo invisibile, rivelandogli tutti i suoi segreti. »

«Ma di che cosa stai parlando?»

« Quale estraneo invisibile? »

«Il diario, il mio diario. Sono mesi che la piccola Ginny ci scrive fiumi di parole, raccontandomi tutte le sue lacrimevoli preoccupazioni e angosce: che i suoi fratelli la prendono in giro, che è dovuta venire a scuola con abiti e libri di seconda mano, che non pensava di riuscire mai a piacere al famoso, al bravo, al grande Harry Potter... e nemmeno a Kaito Kuroba. »

Il prestigiatore lo guardò sorpreso: « Io? »

Finalmente Riddle si rivolse verso di lui. Durante tutto il discorso, infatti, i suoi occhi non avevano mai abbandonato quelli di Harry. Ma anche così manteneva uno sguardo quasi famelico.

« Proprio tu. Ma davvero credi che un sedicenne straniero e misterioso, tanto abile da cavarsela in tutte le situazioni anche senza magia, in grado d’impressionare chiunque con i suoi trucchetti di “magia babbana” non possa fare colpo su una stupida ragazzina di undici anni? Sciocca ragazzina, è andata avanti per mesi a ripetermi che non sapeva che fare, che le piacevate tutte e due e che sapeva che non era giusto… poi, a San Valentino, ha scoperto da Fred e George che avevi già una ragazza in Giappone… da una parte è stato un brutto colpo, sai, aveva scritto una poesia anche per te che ha stracciato subito… ma dall’altra si è sentita più libera di tornare “dal suo primo amore”… stucchevole, davvero… »

Kaito divenne tutto rosso, non sapeva neanche lui se dalla rabbia per la vocina stridula con cui Tom Riddle imitava Ginny o per la vergogna, per non essersi reso conto dei sentimenti della ragazza… forse, se avesse chiarito subito tutto…

La figura continuò: « È una gran noia dover stare a sentire gli sciocchi, piccoli turbamenti di una ragazzina di undici anni, ma sono stato paziente. Le ho risposto, sono stato comprensivo, sono stato gentile. E adesso lei mi adora. Nessuno mi ha mai capito come te, Tom... Sono così felice di avere questo diario a cui confidarmi... è come avere un amico da portare sempre con me in tasca… »

Rise: una risata stridula, fredda, che non gli si addiceva affatto, e che fece rizzare i capelli in testa a Harry.

« Modestia a parte, ho sempre avuto il dono di affascinare le persone di cui avevo bisogno. Così, Ginny mi ha schiuso la sua anima e la sua anima era esattamente quella che io volevo. Mi sono alimentato delle sue paure più profonde, dei suoi segreti più oscuri, che mi hanno reso sempre più forte. Sono diventato potente, molto più potente della piccola Ginny Weasley. Abbastanza da cominciare a raccontarle qualcuno dei miei segreti, da cominciare a riversare un po' della mia anima nella sua... »

Harry chiese con la bocca secca: « Cosa vuoi dire? »

Riddle rispose con dolcezza: « Non hai ancora capito, Harry Potter? È stata Ginny Weasley ad aprire la Camera dei Segreti. È stata lei a strangolare i galli e a scrivere messaggi minacciosi sulle pareti. Lei ad aizzare il Serpente di Serpeverde contro i cinque mezzosangue oltre che contro la gatta di Gazza. »

« No… »

«E invece sì. Naturalmente all'inizio lei non sapeva quel che stava facendo. Era molto divertente. Quanto vorrei che tu avessi potuto leggere le annotazioni che scriveva via via sul diario... Col tempo, sono diventate sempre più interessanti... »

Poi, facendo di nuovo quella vocina stridula, iniziò a recitare a memoria: «Caro Tom, credo di star perdendo la memoria. Mi trovo attaccate ai vestiti penne di gallo e non so come ci siano arrivate. Caro Tom, non mi ricordo quel che ho fatto la notte di Halloween, ma un gatto è stato aggredito e io sono tutta sporca di vernice. Caro Tom, Percy continua a ripetermi che sono pallida e che non sembro più io, penso che sospetti di me... Oggi c'è stata un'altra aggressione, e io non so dove mi trovavo. Tom, che cosa devo fare? Forse sto impazzendo... Credo di essere io quella che aggredisce tutti, Tom! »

Harry serrò i pugni tanto che le unghie gli affondarono nella carne. Kaito s’impose la faccia da poker per nascondere il suo orrore e la voglia sempre più forte di tirargli un pugno in faccia.

« C'è voluto molto tempo perché la piccola, stupida Ginny smettesse di fidarsi del suo diario, ma alla fine ha cominciato ad avere dei sospetti e ha cercato di disfarsene. Ed ecco dove entri in scena tu, Harry. Tu l'hai trovato, e io sono andato in brodo di giuggiole. Fra tutti quelli che avrebbero potuto venirne in possesso, quello che più desideravo incontrare eri tu... »

Harry lo guardò con furia repressa: « E perché volevi incontrarmi? »

Riddle posò gli occhi sulla cicatrice a forma di saetta e la sua espressione divenne ancor più famelica: « Vedi, Ginny mi ha raccontato tutto di te, Harry, tutta la tua affascinante storia. Sapevo di dover scoprire altre cose sul tuo conto, di doverti parlare, incontrarti, se potevo. Per questo ho deciso di mostrarti l'episodio della mia famosa cattura di quel gran sempliciotto di Hagrid: per conquistarmi la tua fiducia. »

Questa volta la voce di Harry tremò: « Ma Hagrid è mio amico! E tu l'hai incastrato, non è così? Io credevo che tu avessi commesso un errore, ma... »

Riddle scoppiò ancora una volta in quella sua risata stridula.

« Era la mia parola contro quella di Hagrid. Be', puoi immaginare da te com'è rimasto il vecchio Armando Dippet. Da una parte Tom Riddle, povero in canna ma brillante, orfano ma così coraggioso, Prefetto della scuola, studente modello; dall'altra quel gran pasticcione confusionario di Hagrid, che si metteva nei guai una settimana sì e una no, che tentava di allevare cuccioli di lupi mannari sotto il letto, che sgattaiolava nella foresta proibita per combattere i troll. Ma devo ammettere che persino io sono rimasto sorpreso della riuscita del mio piano. Pensavo che qualcuno si sarebbe reso conto che l'Erede di Serpeverde non poteva assolutamente essere Hagrid. C'erano voluti a me cinque anni interi per scoprire quel che c'era da sapere sulla Camera dei Segreti e trovarne l'ingresso... figuriamoci se Hagrid poteva avere il cervello o il potere per farlo! Soltanto Silente, l'insegnante di Trasfigurazione, sembrava persuaso dell'innocenza di Hagrid. Convinse Dippet a tenerlo e a istruirlo come guardiacaccia. Si, credo che Silente avesse indovinato. Silente non mi ha mai apprezzato quanto gli altri insegnanti... »

Kaito sospirò: « Chissà perché la cosa non mi sorprende… »

Harry digrignò i denti: « Scommetto che Silente ti ha inquadrato subito. »

Riddle commentò con indifferenza: « Be', certo, dopo l'espulsione di Hagrid non mi ha mai perso d'occhio, e la cosa era molto seccante. Sapevo che riaprire la Camera mentre ero ancora a scuola non era prudente. Ma non avevo certo intenzione di buttare al vento tutti gli anni che avevo passato a cercarla. Decisi allora di lasciare un diario che conservasse tra le sue pagine la memoria di quel che io ero a sedici anni; in questo modo, con un po' di fortuna, sarei riuscito a istruire qualcuno abbastanza per seguire le mie orme e a portare a compimento la nobile opera di Salazar Serpeverde. »

Harry lo guardò con aria di trionfo: « Be', non è il caso che tu canti vittoria. Questa volta non è morto nessuno, neanche il gatto. Fra qualche ora sarà pronta la pozione di mandragola e tutti quelli che sono stati pietrificati torneranno normali. »

Riddle abbassò la voce: « Forse non ti ho ancora detto che non mi interessa più ammazzare i mezzosangue. Da molti mesi a questa parte, il mio nuovo bersaglio… sei tu. »

Harry lo fissò sconvolto: « Eh? »

Kaito alzò gli occhi: « È proprio l’incarnazione dello stereotipo del cattivo… pure le pause ad effetto… »

Tom Riddle lo ignorò: « Immagina la mia rabbia quando ho scoperto che chi aveva riaperto il diario per scrivermi non eri tu, ma Ginny. Lei te l'ha visto in mano ed è stata presa dal panico. Cosa sarebbe successo se tu avessi scoperto come funzionava e se io ti avessi spiattellato tutti i suoi segreti? O se - peggio ancora - io ti avessi detto chi era stato a strangolare i galli? Cosi, quella stupida mocciosa ha aspettato che nel tuo dormitorio non ci fosse nessuno e ha trafugato il diario. Ma io sapevo cosa fare. Ormai mi era chiaro che tu eri sulle tracce dell'Erede di Serpeverde. Da tutto quel che Ginny mi aveva detto di te, sapevo che avresti risolto il mistero a ogni costo, specie poi se a essere aggredita fosse stata una delle tue migliori amiche. E Ginny mi aveva detto che a scuola aveva suscitato un grande scalpore il fatto che tu parlassi il Serpentese... perciò, ho convinto Ginny a scrivere un addio sul muro, a venire quaggiù e ad aspettare. Lei ha pianto, si è dimenata, ed è diventata davvero noiosa. Ma in lei non è rimasta più tanta vita: ha messo troppo di sé nel diario, dentro di me. Abbastanza, comunque, da permettermi di abbandonare finalmente quelle pagine. Da quando siamo quaggiù non ho fatto che aspettare il tuo arrivo. Sapevo che saresti venuto. Ho molte domande da farti, Harry Potter. »

Kaito incrociò le braccia: « Domande così importanti da fare tutto questo casino per porle? »

Riddle sorrise amabilmente: « Oh, sì… come è potuto accadere che un neonato senza alcun particolare talento magico sia riuscito a sconfiggere il più grande mago di tutti i tempi? Come hai fatto a cavartela solo con una cicatrice, mentre i poteri di Lord Voldemort sono andati distrutti? »

Nei suoi occhi famelici brillava ora un sinistro bagliore rossastro. Kaito represse un brivido. Perché era così interessato all’assassino dei genitori di Harry? E soprattutto… perché lo aveva chiamato Lord Voldemort? Ginny non lo avrebbe mai chiamato così, probabilmente non si sarebbe mai osata neppure scrivere il suo nome.

Harry chiese lentamente: « Perché ti importa tanto di sapere come ho fatto a cavarmela? Voldemort è vissuto dopo di te. »

Riddle disse piano: « Voldemort è il mio passato, il mio presente e il mio futuro. »

Kaito lo guardò impaziente: « Non avremmo tutto questo tempo per prendere il tè con i pasticcini, per cui ti spieghi da solo o dobbiamo cercarci i sottotitoli con la parafrasi? »

Tom gli sorrise divertito: « Se sono i sottotitoli quello che vuoi, Kaito Kuroba, posso anche accontentarti… »

Tirò fuori dalla tasca la bacchetta magica di Harry e cominciò a rotearla in aria, tracciando tre parole scintillanti:

 

TOM ORVOLOSON RIDDLE

 

Poi la agitò di nuovo, e le lettere del suo nome si disposero in un ordine diverso:

 

SON IO LORD VOLDEMORT

 

Harry guardò la scritta con gli occhi sbarrati: « No… non è possibile… »

Kaito mantenne con molta fatica la sua faccia da poker, questa volta: « Però… prima di entrare a Hogwarts doveva essere già un mago… dell’enigmistica, però… »

« Vedo che non perdi occasione per fare battute, Kaito Kuroba… dopotutto sei nato fra i babbani, non pretendo che tu capisca chi sia e cosa ho fatto… »

« Guarda, per il momento so che sei uno schifoso manipolatore tronfio ed egocentrico e tanto mi basta. »

Tom Riddle divenne serio improvvisamente. Poi sorrise in modo poco rassicurante: « Credo che tu abbia appena firmato la tua condanna… anzi, per usare le tue stesse parole, credo che tu abbia appena suonato il campanello »

La figura si allontanò e si fermò fra le due immense colonne, guardando in alto, verso il volto di pietra di Serpeverde, che lo sovrastava nella semioscurità. Riddle spalancò la bocca, e ne uscì un sibilo.

Kaito sussurrò al compagno di disavventura: « Harry? Traduzione simultanea, please! »

« Uhm… più o meno… Parlami, Serpeverde, tu che sei il più grande dei Quattro di Hogwarts. »

« E che senso ha? »

Kaito ebbe la sua risposta quando il gigantesco volto di pietra di Serpeverde si mosse, spalancando la sua bocca sempre più fino a diventare un immenso buco nero.

E dentro la bocca qualcosa si mosse. Qualcosa risaliva strisciando dalle profondità delle sue viscere di pietra.

E poi ancora un ordine, chiaro solo alle orecchie di Harry: « Uccidi quello strambo vestito di bianco. L’altro è la mia preda… »

Harry si voltò verso Kaito: « ATTENTO, CE L’HA CON TE! »

Ma il prestigiatore si stava già bendando gli occhi con uno dei foulard blu regalatigli da Aoko a Natale: « Con tutto quello che gli ho detto, mi sarei stupito del contrario… a dopo, Harry, credo che per un po’ avrò altro da fare! »

E iniziò la sua specialità.

La fuga.

 

Kaito iniziò a correre, l’orecchio teso al minimo rumore per individuare l’enorme serpente che lo inseguiva. Di tanto in tanto gli arrivava qualche parola del discorso fra Harry e Tom ma si sforzava d’ignorarle, di lasciarle come sottofondo in un angolo della sua mente. Il Basilisco era alle sue spalle e ogni rumore poteva essere la differenza fra la vita e la morte. Kaito s’azzardò a sollevare leggermente la benda e a buttare un occhio all’ambiente intorno, per poi prendere la sua fedele pistola spara-carte e lanciare due assi a due statue ai lati opposti della sala.

« Perfetto. I preparativi sono conclusi. »

Il Basilisco era sempre dietro di lui, sibilando in modo quasi assordante. Per un attimo Kaito si chiese se Harry avrebbe potuto tradurgli cosa gli stesse dicendo, ma il ragazzo era già abbastanza occupato e probabilmente il messaggio sarebbe stato qualcosa di pericolosamente simile a “E stai un po’ fermo, spuntino!”. Perché il prestigiatore stava tutto fuorché fermo, continuando a saltare da una parte all’altra della stanza, schivando buche e statue e pregando di non inciampare. Ma per quanto avrebbe potuto continuare?

La voce di Harry a un certo punto gridò: « Non credere che se ne sia andato come pensi! »

« Bravo, cantagliele quattro! »

In realtà non è che contasse molto sulle parole di Harry, ma non sapeva come cavarsi d’impiccio, questa volta. Fino a che da qualche parte risuonò una musica, sempre più forte. Aveva un che di misterioso, di ultraterreno, faceva correre i brividi lungo la schiena; Kaito sentì rizzarsi i capelli in testa e il cuore allargarsi come se fosse raddoppiato di volume. Poi la musica raggiunse un volume cosi alto che se la sentì vibrare dentro la cassa toracica; fu allora che sentì un tonfo e la voce di Riddle che commentava: « È una fenice... »

« Fanny? »

Kaito sospirò. Bene, così ora avevamo una fenice e un Basilisco. Ma era la Camera dei Segreti di Hogwarts o quella dello zoo del mondo magico? E poi, come faceva Harry a conoscere anche la fenice? Parlava pure con gli uccelli? Era un mago o l’incarnazione magica del Dottor Dolittle?

Riddle continuò: « E quello è il vecchio Cappello Parlante. »

Cosa? Kaito fu tentato di fermarsi ad ascoltare la discussione, ma aveva un Basilisco che gli incombeva alle spalle e fu costretto a riconcentrarsi sulla sua fuga alla cieca. Alle sue spalle Kaito sentiva Harry e Riddle continuare a discutere, così concitatamente che un paio di volte fu tentato di gridare loro di fare silenzio, perché non sentiva più il Basilisco. Poi delle urla concitate da parte di Riddle in Serpentese lo convinsero a rischiare una sbirciatina dalla benda. Il serpente dal lucente corpo verde fiele, grosso come il tronco di una quercia, si era rizzato e la sua grossa testa massiccia ondeggiava fra le colonne, come se fosse ubriaco. Un uccello vermiglio delle dimensioni di un cigno, con una coda d'oro scintillante lunga quanto quella di un pavone e due artigli, anche quelli d'oro lucente, gli volteggiava sopra la testa, e il Basilisco cercava furiosamente di addentarlo con le zanne lunghe e sottili come sciabole.

Quella che doveva essere Fanny scese in picchiata. Il suo lungo becco d'oro scomparve e un attimo dopo un torrente di sangue nero schizzò sul pavimento. Il serpente menava colpi con la coda; mancò di poco Harry, e prima che il ragazzo facesse in tempo a chiudere gli occhi si voltò. Kaito si morse un labbro. Harry era…

No, era ancora in piedi. Ma come…

« Kaito, togliti la benda, Fanny l’ha accecato! »

Mentre Kaito si levava il foulard con un elegante gesto, il serpente accecato si dimenò, confuso, ma ancora micidiale. Fanny gli volteggiava sopra la testa: aveva ripreso a cantare la sua arcana melodia, colpendo il naso squamoso del mostro che continuava a sanguinare dagli occhi trafitti. Harry era proprio sotto di loro e mormorava disperato: « Aiutatemi, aiutatemi! Qualcuno mi aiuti! »

In quel momento Kaito lanciò un pallone gonfiabile da spiaggia: « EHI! STAVI INSEGUENDO ME, TI SEI DIMENTICATO? FATTI UNA CURA DI FOSFORO, TUBO DA INNAFFIATORE AMBULANTE! »

Quando il Basilisco si voltò verso di lui sibilando e con tutti i canini in bella vista, il prestigiatore fu sicuro di aver attirato la sua attenzione.

« Bene… ma almeno stavolta vedo cosa faccio. È tempo dello show! Vieni verso di me, serpentello, che ho una sorpresuccia per te… »

Come se gli avesse dato un ordine in Serpentese, il Basilisco scattò verso di lui, ma dalla tasca interna della giacca Kaito tirò fuori un pollo di gomma. Il Basilisco rimase indifferente.

« No, eh? A quanto pare se non è vivo non funziona… e vabbè, piano B! »

Con rapida e fulminea mossa Kaito fece un balzo e…

« Non è possibile! »

Harry per la prima volta concordò con Tom Riddle: « Assurdo… sta… »

« … sta camminando a mezz’aria??? »

Kaito sorrise, intimamente soddisfatto. Aveva già fatto un numero del genere davanti a mezza Tokio, ma vuoi mettere la soddisfazione di stupire dei maghi? Se solo Madama Bumb lo avesse visto in quel momento, probabilmente lo avrebbe promosso all’istante.

Il Basilisco rimase per un attimo confuso, non aspettandosi che la sua preda potesse togliersi dalla traiettoria a quella velocità, ma grazie al suo fiuto sviluppato lo individuò quasi subito e cercò di morderlo. A quel punto Kaito si chinò e si lanciò verso una delle statue, mentre il serpente rimaneva spiazzato per un paio di secondi, non aspettandosi quella pur debole resistenza.

« Piaciuto il filo trasparente, amico? L’ho lanciato prima con le carte… e sono un ottimo equilibrista. »

Il serpente spezzò il filo in un istante, ma Tom Riddle diede ordine al Basilisco di fermarsi, mentre recuperava la sua innata sicurezza e spavalderia: « Ah, era solo un banale trucchetto babbano, dovevo immaginarlo… ma non basterà un filo a fermare il Basilisco. Tra poco il tuo amico verrà mangiato, Harry Potter… quanto a te… »

La figura tirò fuori la bacchetta di Harry: « … avrò l’onore di finirti con le mie mani! Avad »

« Expelliarmus! »

La bacchetta schizzò dalle mani di Riddle per finire dritta in quelle di Kaito.

« Quest’incantesimo fa miracoli, oggi. »

Il giovane Voldemort si affrettò verso Ginny, ma Kaito lo richiamò dall’alto della statua esibendo i suoi trofei: « Inutile… la bacchetta di Ginny ce l’ho io. Sei disarmato, mio caro… »

« Quando… »

« Quando ho controllato il suo battito cardiaco. Un prestigiatore dev’essere svelto di mano... »

e un ladro ancora di più, aggiunse mentalmente. Ma questo era meglio non dirlo, per il bene della sua fedina penale. Mentre Tom tramava probabilmente crudeli tecniche di omicidio nei confronti di Kaito, alle sue spalle Harry si era infilato in testa il Cappello Parlante. Il prestigiatore non ebbe il tempo di chiedersi il motivo del suo strano gesto che il Basilisco, per ordine del suo padrone, gli si avventò contro nuovamente. Con un salto da fare invidia a un’atleta di ginnastica artistica olimpionico, Kaito balzò giù e riprese a correre disperatamente. Anche se non poteva più ucciderlo con lo sguardo, il serpente aveva dalla sua parte ancora le zanne avvelenate e, soprattutto, Tom Riddle che in serpentese continuava probabilmente a dargli indicazioni sulla sua posizione. Che poteva fare? Avrebbe potuto distrarlo con una delle sue colombe, ma non gli piaceva l’idea di sacrificarle. Di sicuro non poteva ancora tentare idiozie come la palla da spiaggia. Certo, discorso diverso se avesse avuto a disposizione la cintura spara palloni di Conan Edogawa e, soprattutto, le sue scarpe dopanti; in tal caso avrebbe potuto fargli saltare qualche zanna, ma l’unica cosa che aveva a disposizione era la sua attrezzatura da prestigiatore, di certo non ideata per affrontare un serpente di quelle dimensioni. E, certo, la bacchetta, anzi, tre bacchette per la precisione, con le quali però non sapeva lanciare incantesimi in grado di fermare quel mostro. A meno che…

Kaito si voltò di colpo verso il suo avversario, brandendo tutte e tre le bacchette.

« Se una non basta… »

Lanciò la bacchetta di Ginny in aria e impugnando le altre due gridò: « Expelliarmus! »

L’incantesimo partì con una potenza raddoppiata, mentre nel giro di un secondo, forse meno, Kaito riafferrò la terza bacchetta e la rimise in tasca. I due incantesimi combinati sbalzarono leggermente indietro la creatura, ma non abbastanza da fermarla del tutto.

Tom Riddle sorrise: « Sei coraggioso e audace, lo ammetto, Kaito Kuroba… non tutti avrebbero tentato un incantesimo con più bacchette per duplicarne l’effetto… per di più credevo fossi destrimane… »

« Come dissi a Olivander, sono ambidestro… usare la bacchetta con una mano o con l’altra mi è assolutamente indifferente. »

« Ma questo non ti salverà dal mio Basilisco… vedi, queste straordinarie creature sono molto resistenti alla magia… se l’incantesimo di disarmo è il più potente che conosci… »

« Scusa tanto se al primo anno la cosa più utile che t’insegnano è il Wingardium Leviosa… »

« Sì, lo ammetto, se fossi stato più esperto avresti potuto mettermi in difficoltà, ma così è la vita… finiscilo, Basilisco! »

Kaito fece una smorfia: « Credo di aver capito anche quest’ultima senza traduttore… se mi bocciano a Hogwarts è la volta buona che mi do a qualche corso universitario tipo “Lingue magiche e sovrannaturali”… »

Il prestigiatore riprese a correre, mentre Riddle tornava a rivolgersi a Harry e a sbeffeggiarlo per la spada che aveva appena tirato fuori dal Cappello Parlante.

« Hai deciso di darti anche tu alla prestidigitazione? »

« E anche se fosse? »

Riddle indicò Kaito: « Allora staresti per fare la fine del tuo amico… »

Già, Kaito si era ritrovato spalle al muro, con l’enorme serpente che incombeva su di lui. Harry lo guardò spaventato. Cosa poteva fare per salvarlo?

« Guardalo, Harry, guardalo morir… ma cosa… »

Sotto gli occhi sorpresi di Harry e Tom, Kaito scattò in avanti, verso il Basilisco, proprio mentre allargava le sue fauci… e un istante dopo s’alzò del fumo e videro il ragazzo vicino alla sua coda, che scappava a gambe levate.

Il ragazzo con la cicatrice lo guardò stupefatto: « Ma come ha fatto? È stato velocissimo! »

Riddle sorrise malignamente. Quel ragazzo poteva essere più interessante del previsto se riusciva a portarlo dalla sua parte… e se il Basilisco non se lo sgranocchiava prima per merenda…

Kaito intanto correva, ormai quasi senza fiato. Non ce la faceva davvero più, era peggio di qualunque inseguimento di Nakamori. La stanchezza gli annebbiava la vista più del fumogeno che aveva lanciato. L’ultimo fumogeno, a dir la verità, che aveva usato per distrarre il serpente dal suo odore. Aveva giusto guadagnato qualche metro. Bene, e a quel punto cosa poteva inventarsi per…

Quasi non si accorse di star cadendo. La fitta alla caviglia fu così intensa da accecarlo per un secondo e fu per puro istinto di sopravvivenza che mise avanti le mani per arrestare la caduta. Una buca, una stupida buca in quel pavimento marcio dal tempo. Kaito imprecò nella sua lingua madre quando provò a muovere il piede. Era davvero un pessimo momento per prendersi una storta. Con una smorfia di dolore, il ragazzo provò a rimettersi in piedi. Sì, la caviglia reggeva il suo peso, ma poteva dire addio alle corse e ai salti che gli avevano salvato la pelle fino a quel momento. Per di più quell’imprevisto gli aveva fatto perdere tutto il vantaggio che aveva accumulato. Rendendosi improvvisamente conto della cosa, si voltò. Il Basilisco era proprio su di lui, con le fauci aperte. Non aveva il tempo di scappare. Non aveva il tempo né le energie per rotolare di lato. Forse aveva il tempo di sparare una carta, ma sarebbe stato abbastanza inutile.

Cosa doveva fare? Cosa? Cosa?

 

« Cosa… »

 

Non l’aveva neanche visto, era stata solo un’ombra scura passatagli davanti. Solo ora che era lì, immobile di fronte a lui, Kaito identificò Harry. Con una spada in mano affondata fino all’elsa nella gola del Basilisco. Con una zanna di quest’ultimo nel braccio.

Il Basilisco si rovesciò sul fianco e ricadde a terra con uno spasimo, mentre Harry si afflosciava lungo la parete e cadeva insieme alla spada. Afferrò la zanna che gli spargeva il veleno nel corpo e se la strappò dal braccio. Ma era tardi, lo sapeva lui come lo sapeva Kaito. Mentre Harry lasciava cadere il frammento di zanna e guardava il suo stesso sangue inzuppargli i vestiti, Kaito non riusciva nemmeno a pensare.

« Harry… no… perché… »

Il ragazzo rispose con voce impastata: « Non so… l’ho fatto e basta… »

Tom lo guardò trionfante: « Alla fine sei mio. Mi sei costato un Basilisco, ma nessun prezzo è troppo caro per saperti morto… sei spacciato, Potter, spacciato… »

La fenice atterrò affianco a Harry, che l’accarezzò con aria stanca, mentre le diceva con voce impastata: « Fanny? Sei stata bravissima, Fanny... »

Riddle continuò a sbeffeggiarlo: « Ora mi siedo qui e ti guardo morire, Harry Potter. Fai con comodo. Io non ho fretta. »

« Ma io sì. »

Harry cercò stancamente di fermarlo: « No, Kaito, non farlo… »

Il prestigiatore si era alzato in piedi a fatica, brandendo la spada che Harry aveva tirato fuori dal Cappello Parlante poco prima.

« Scusate, ma ho un amico da salvare prima che finisca avvelenato. Quindi, se non ti spiace, ora ti affetto e poi lo porto su. »

Il ragazzo ridacchiò: « Cosa vuoi fare? Non ti reggi nemmeno in piedi! »

« Non sottovalutare la forza della disperazione. »

Kaito si avventò su di lui, ma la lama attraversò la figura. Tom rise.

« É inutile. Non sono abbastanza reale perché tu possa colpirmi. E quando sarò tangibile significherà che Ginny è morta. »

« STAI ZITTO! »

Kaito continuava a menare fendenti con entrambe le mani. Stanco, dolorante, preda dei sensi di colpa, non ragionava più in modo molto logico. Sapeva solo che se avesse lasciato uscire quel mostro da lì sarebbero stati guai per tutti e che l’unico ancora in grado di affrontarlo era lui. Si sentiva schiacciato da un tremendo senso di responsabilità: da lui dipendeva la vita di Harry, quella di Ginny e, appena fuori dalla Camera, quella di Ron e Allock e di tutti gli studenti della scuola…

« Arrenditi, Kaito Kuroba, tu non puoi fare nulla per fermarmi… ma potresti unirti a me… »

Il ragazzo, facendo perno sulla caviglia sana, ruotò su se stesso puntando direttamente la spada al suo collo.

« MAI!!! »

E per la prima volta Tom Riddle schivò il colpo. Kaito trovò ancora la forza di sorridere.

« Parli, parli, ma a quanto pare ora ti posso fare a sushi… »

Tom stava per ribattere, ma si bloccò di colpo, con gli occhi sbarrati.

« Tu… maledetto… »

Kaito non capì il sussurro. A cosa si riferiva? Non l’aveva ancora colpito!

D’istinto si voltò. Alle sue spalle c’era Harry, di nuovo in piedi, fra le mani il diario, zuppo d’inchiostro, colpito a morte dalla stessa zanna che l’aveva avvelenato poco prima.

Tom Riddle attirò nuovamente l’attenzione su di sé con un grido prolungato, terribile, penetrante. L'inchiostro continuò a sgorgare dal diario a fiotti, sulle mani di Harry, inondando il pavimento. Riddle si dimenava e si contorceva, urlando e dibattendosi, e poi...

Era sparito. Il diario cadde dalle mani di Harry insieme alla zanna a terra poi fu il silenzio. Silenzio, salvo il gocciolio continuo dell'inchiostro che trasudava ancora dalle pagine. Il veleno del Basilisco, attraversandole, le aveva bruciate, producendo un buco che ancora sfrigolava. Era finita.

Kaito sentì le ginocchia cedergli con l’allentarsi della tensione. Piantò la spada a terra e ci si appoggiò. Harry era tremante ma a occhio e croce sembrava stare meglio di lui.

Kaito chiese, con voce roca: « Tutto a posto? »

Il ragazzo annuì: « Sembra che le lacrime di Fanny mi abbiano guarito dal veleno del Basilisco. E tu? »

« A parte una storta e una stanchezza che non ti dico, sto bene. Vai a buttare un occhio a Ginny, mentre cerco di rimettermi in piedi… »

Harry annuì e si diresse verso la ragazzina dall’altra parte della Camera. Kaito udì un lamento flebile e vide Ginny muoversi. Harry le fu subito accanto e lei si mise seduta. I suoi occhi stupefatti andavano dalla grossa sagoma della testa del Basilisco morto a Harry e ai suoi abiti tutti insanguinati, a Kaito vestito di bianco e poggiato sulla spada, e poi al diario che il ragazzo teneva in mano. Sospirò profondamente e rabbrividì; poi le lacrime cominciarono a rigarle il viso.

«Harry... oh, Harry... ho cercato di dirvelo a colazione, ma non potevo farlo davanti a Percy. Sono stata io, Harry, Kaito... ma... v-vi g-giuro che n-non volevo. È stato R-Riddle... n-non ce l'ho f-fatta a d-dirgli di n-no... e... come avete fatto ad ammazzare quel coso? D-dovRiddle? L'ultimo ricordo che ho è di lui che saltava fuori dal diario...»

Harry sollevò il piccolo volume e mostrando a Ginny il buco prodotto dalla zanna: « Non ti preoccupare. Riddle è finito. Guarda! Lui e il Basilisco: sono finiti. Vieni, Ginny, usciamo di qui... »

« Ehi, non dimenticatemi qua! »

Harry sorrise: « Ma ti pare? Tranquillo, mettiti pure in piedi con calma, ormai non ci corre più dietro nessuno… »

« Meno male, per oggi ho fatto jogging a sufficienza… »

Kaito si rimise in piedi, ma la caviglia non lo reggeva, per cui il ragazzo tirò fuori la spada da dove l’aveva incastrata e la usò come appoggio per camminare.

Harry lo guardò preoccupato: « Ehm… Kaito? Hai intenzione di usarla come stampella? »

« Preferisci che usi una zanna di Basilisco? No, perché qua dentro non c’è molto altro… »

« Preferisco che ti appoggi a noi. Possiamo aiutarti. »

Prima che Kaito potesse replicare, Harry e Ginny si misero al suo fianco a sostenerlo. La ragazza vedendo più da vicino com’era conciato ebbe un’altra crisi isterica: « Scusami, Kaito, i-io ho detto che v-venivo a cercarti e invece… e invece mi cacceranno dalla scuola! E pensare che non vedevo l'ora di venire a Hogwarts fin da quando c'era Bill, e ora dovrò andarmene... c-che cosa diranno papà e mamma? »

Kaito non le disse nulla. Si limitò a stringerle con più forza il braccio e a seguire Fanny che li stava aspettando all'ingresso della Camera, volteggiando in aria. Nell'oscurità che risuonava di echi, scavalcarono le spire inanimate del Basilisco morto e poi ripercorsero il tunnel. Harry udì la porta di pietra richiudersi alle loro spalle con un lieve sibilo. Kaito si chiese se era la Camera che diceva loro addio.

Percorrevano ormai da qualche minuto la galleria avvolta nell'oscurità quando sentirono in lontananza un rumore di massi spostati lentamente.

Harry lasciò il bracciò di Kaito e gridò affrettando il passo: « Ron! Ginny sta bene! È qui con noi! »

Gli rispose il grido soffocato dell'amico e dopo l'ultima curva scorsero la sua faccia ansiosa scrutare attraverso il grosso varco che era riuscito ad aprire nel mucchio di massi.

Ron allungò un braccio attraverso il varco per aiutarla a passare per prima: « Ginny! Sei viva! Non riesco a crederci! Cos'è successo? »

Cercò di abbracciarla, ma Ginny lo tenne a distanza, sempre singhiozzando.

Ron la osservò raggiante: « Ma stai benone, Ginny. È tutto finito, è... e quell'uccello da dove viene? »

Fanny aveva seguito Ginny attraversando il varco.

Harry spiegò facendosi piccolo piccolo per sgusciare dall'apertura: « È di Silente. »

Poi allungò la mano per aiutare Kaito, ancora più in difficoltà di lui per la stazza e per la storta. Ron lo guardò preoccupato: « Cosa ti è successo, Kaito? E come mai hai una spada? »

Harry lanciò un'occhiata a Ginny e a Kaito: « Te lo spiegherò quando saremo usciti da qui. »

« Ma... »

Harry decise di tagliar corto. Non gli pareva una buona idea dire a Ron chi aveva aperto la Camera, perlomeno non davanti a Ginny: « Più tardi. E Allock dov'è? »

Ron indicò sorridendo col capo la parte superiore della galleria, in direzione delle condutture: « Là dentro, in condizioni pietose. Venite a vedere. »

Guidati da Fanny, le cui ali illuminavano di un tenue bagliore dorato l'oscurità, rifecero il percorso fino all'imboccatura del tubo. Lì stava seduto Gilderoy Allock, canticchiando placidamente fra sé e sé.

Kaito lo guardò perplesso: « L’umidità gli ha dato più alla testa del solito? »

Ron spiegò: « L'Incantesimo di Memoria ha avuto un effetto boomerang. Ha colpito lui, anziché noi. Non ha la più pallida idea di chi sia, di dove si trovi, o di chi siamo noi. Gliel'ho detto io di aspettare qui. È un pericolo per se stesso. »

Kaito alzò gli occhi al cielo: « Se è per questo lo era anche prima… non tutti terrebbero per mesi dei folletti impazziti in classe… »

Allock li guardò tutti con aria amabile.

« Salve. Strano posto, non vi pare? E voi, abitate qui? »

Ron guardò gli altri sollevando le sopracciglia: « No. »

Kaito sussurrò: « Diavolo, è inquietante… sembra uno di quei pazzi dei film horror che prima ti sorridono amabilmente e poi cercano di ucciderti! Non so se lo preferisco così o com’era prima… il che è tutto dire… »

Harry pensò bene di troncare la discussione e guardò su per il tubo lungo e buio, chiedendo a Ron: « Hai pensato come facciamo a risalire? »

Ron scosse la testa, ma Kaito si fece avanti: « Ho un rampino. Se riesco ad agganciarlo a qualcosa che sia più solido di Mirtilla Malcontenta posso tirarci su senza problemi… solo che reggerà al massimo due persone per volta. Oppure… »

In quel momento la fenice aveva superò tutti e mosse le ali davanti a loro con gli occhi che brillavano nell'oscurità e agitando le lunghe penne dorate della coda. Harry la guardò incerto.

« … oppure ricorriamo all’ascensore a fenice, come preferite. Io penso sempre in modo troppo babbano, evidentemente… »

Ron fissò l’uccello con aria perplessa: « Sembra proprio volerti dire di afferrarla, Harry, ma sei troppo pesante perché un uccello riesca a portarti fin lassù. Per non parlare di tutti noi. »

Harry sorrise: « Fanny non è un uccello qualunque. »

Kaito annuì: « Poco ma sicuro. »

« Dobbiamo aggrapparci formando una catena. Ginny, dai la mano a Ron. Professor Allock, lei... »

Ron si rivolse aspro ad Allock: « Ehi, dice a lei! »

« ...lei prenda Ginny per l'altra mano; Kaito, tu chiudi la fila come prima. »

Il prestigiatore si portò una mano alla fronte: « Roger, capitano. »

Il ragazzo con la cicatrice lo fermò un attimo: « A proposito… ma sei sicuro che un rampino faccia parte del normale equipaggiamento di un prestigiatore? Io nei film l’ho visto sempre solo usare dai ladri… »

Kaito mantenne la sua faccia da poker: « Hai mai visto film che parlano dei segreti di un prestigiatore? »

« No. »

« E allora che ne sai dell’attrezzatura per la prestidigitazione? E se speri che ti dica a cosa serve te lo puoi anche scordare, un mago non rivela mai i suoi trucchi. Ora, vogliamo andare o vuoi farmi una perquisizione? »

« Ok, chiudiamola qui, in effetti non è il posto né il momento adatto per queste discussioni. »

« Appunto. Andiamo? »

Harry si fissò alla cintura la spada e il Cappello Parlante. Ron si mise dietro di lui e lo afferrò per gli abiti, mentre Harry si afferrò alle piume della coda di Fanny che erano stranamente bollenti. Il professore rimase lì un po’ inebetito, mentre Kaito dava controvoglia la mano all’insegnante, indeciso se spaccargli la mano con la presa o se dare retta al senso di pietà che gli suscitava in quello stato e lasciarlo in pace.

Il corpo dell'uccello si librò con una straordinaria leggerezza e un attimo dopo, con un sibilo, ecco che risalivano in volo la tubatura. Harry sentì Allock esclamare: « Straordinario! Straordinario! Sembra un'autentica magia! », seguito poco dopo da Kaito che chiedeva a Ginny di tappargli la bocca in qualunque modo perché era la volta buona che lo strozzava. Ron sorrise divertito. L'aria frizzante sferzava i capelli di tutti, ma non avevano fatto in tempo a godersi l'ascensore che era già finita. Tutti e cinque capitombolarono sul pavimento bagnato del gabinetto di Mirtilla Malcontenta, e mentre Allock si raddrizzava il cappello e Kaito si lamentava per essere atterrato proprio sulla caviglia già malridotta, il sifone che nascondeva la tubatura tornò al suo posto.

Mirtilla strabuzzò gli occhi e disse con voce inespressiva: « Siete vivi. »

Harry rispose cupo, ripulendo gli occhiali delle macchie di sangue e di fango: « Non c'è bisogno che ti mostri tanto delusa. »

Kaito cercò di evitare che la discussione degenerasse: « Dai, non cominciamo… »

Inaspettatamente Mirtilla rispose, inargentandosi per l'imbarazzo: « Oh, be'... stavo giusto pensando. Se voi due foste morti, sarei stata lieta di ospitarvi nel mio gabinetto. »

Kaito fece appello a tutto il suo self control per non rispondere sinceramente alla proposta di Mirtilla, preferendo rinchiudersi in un bagno per cambiarsi d’abito, ma si ritrovò a concordare con Ron quando uscirono dal gabinetto e si incamminavano lungo il corridoio buio e deserto: « Bleah! Kaito, Harry! Credo che Mirtilla sia innamorata di voi! Ginny, per quanto riguarda Harry hai una concorrente! »

Ma il volto della ragazzina era ancora rigato da lacrime silenziose.

Ron le lanciò un'occhiata trepidante: « Che cosa c'è adesso? »

Harry gli fece segno di lasciarla tranquilla e Kaito annuì.

Fanny apriva la fila e illuminava il corridoio di una luce dorata. Il piccolo drappello la seguì e poco dopo si ritrovarono tutti fuori dell'ufficio della professoressa McGranitt.

Harry bussò e poi aprì la porta.

 

 

Dovrei cominciare con lo scusarmi per tutti questi mesi di assenza, causa università e problemi di salute vari… e invece, dato che sarebbe inutile, perché ormai il danno è fatto e non posso rimediare.

Vorrei invece concentrarmi sul perché ho scelto di fare questo capitolo in modo così esageratamente comico. Tranquilli, sarà un’eccezione, ma l’ho fatto per un motivo ben specifico. Secondo me questo capitolo è il più assurdo dell’intera trama. Perché? Perché qui Harry è un po’ stupidotto e Voldemort è stupido. Scusate, ma secondo voi, pur avendo un’amica stesa a terra che non sta bene, ti trovi davanti un ragazzino di cinquant’anni prima e non ti chiedi che ci faccia lì? E caro Tom, hai una bacchetta, puoi usarla perché hai fatto la scritta di fuoco, che ti cosata ucciderlo con quella? O almeno usala per immobilizzarlo così che il Basilisco possa finire il lavoro!

Ecco, tutte queste cosa che mi hanno sempre lasciato perplessa, ho voluto criticarle e smontarle grazie all’elemento imprevisto di Kaito. Non so se questo capitolo vi piacerà o meno, ma dal prossimo torniamo al solito stile, tranquilli.

Intanto approfitto ancora per ringraziare Giorgia_Weasley, Meiyo Makoto, Bumbix, Darkroxas92 e Tsuki no Sasuke per le recensioni, sperando di averne ancora qualcuna per questo capitolo.

Dunque, nel prossimo i nostri eroi scopriranno qualcosa in più su Tom Riddle… niente di nuovo? Forse… c’è un personaggio che non sa proprio tutta la vicenda…

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 16
*** Per favore, mi lasciate andare a dormire? ***


Per favore, mi lasciate andare a dormire???

 

Per un attimo regnò il silenzio, mentre Harry, Ron, Kaito, Ginny e Allock restarono sulla soglia, tutti sporchi, infangati, doloranti (come Kaito) e (come nel caso di Harry) insanguinati. Si udì un grido.

« Ginny! »

Era mamma Weasley, che per tutto quel tempo era rimasta seduta, in lacrime, davanti al camino. Balzò in piedi, seguita dal marito, e insieme si precipitarono verso la figlia.

Ma gli altri guardavano oltre. Silente era in piedi accanto al camino, chino sulla professoressa McGranitt che ansimava premendosi il petto. Fanny si alzò in volo sfiorando l'orecchio di Harry e andò ad appollaiarsi sulla spalla di Silente; in quello stesso istante, Harry, Ron e Kaito si ritrovarono tra le braccia di mamma Weasley.

Kaito rimase soffocato dalla stretta e stava per chiederle di mollare la presa, ma la signora iniziò a gridare: « Voi me l'avete salvata! Voi me l'avete salvata! Come avete fatto? »

La McGranitt disse con un filo di voce: « Credo che tutti noi vorremmo saperlo. »

Mamma Weasley lasciò andare Kaito e Harry, che per un attimo esitò, poi si avvicinò alla scrivania, dove posò il Cappello Parlante e quel che rimaneva del diario di Riddle; Kaito fece lo stesso con la spada ornata di rubini, su cui si era appoggiato fino a quel momento, andandosi poi a sedere su una sedia.

Poi Harry cominciò a raccontare. Per circa un quarto d'ora parlò, circondato da un silenzio assorto: raccontò della voce incorporea, di come alla fine Hermione avesse capito che si trattava della voce di un Basilisco, di come lui e Ron avessero seguito i ragni nella foresta mentre Kaito li copriva nella Sala Comune; raccontò di Aragog, che gli aveva detto dove era morta l'ultima vittima del Basilisco; di come avevano indovinato che la vittima era Mirtilla Malcontenta, dell’interrogatorio che le aveva fatto Kaito e di come avevano capito che l'ingresso della Camera dei Segreti avrebbe potuto essere nel suo gabinetto...

Quando lui si interruppe la McGranitt lo incalzò: « Va bene, avete scoperto dove era l'ingresso... dovrei aggiungere, infrangendo almeno un centinaio di regole della scuola! Ma come diavolo siete riusciti a venirne fuori vivi? »

Fu così che Harry, aiutato da Kaito perché iniziava ad avere la voce rauca per il gran parlare, raccontò delle acrobazie di Kaito nel suo candido costume, del tempestivo arrivo di Fanny e del Cappello Parlante, che gli aveva consegnato la spada. Ma poi esitò. Fino a quel momento aveva evitato di parlare del diario di Riddle... o di Ginny. La ragazzina stava in piedi, con la testa appoggiata alla spalla di mamma Weasley e con le guance ancora rigate di lacrime. Kaito indovinò i pensieri di Harry, e ne condivise le preoccupazioni. Il diario di Riddle non funzionava più... come avrebbero potuto dimostrare che era stato lui a indurla a fare tutto?

Istintivamente Harry guardò Silente, che ricambiò lo sguardo con un lieve sorriso, dietro alle lenti dei suoi occhiali a mezzaluna su cui si riflettevano i bagliori del fuoco.

Il preside a quel punto disse con dolcezza: « Quel che più mi interessa è come ha fatto Voldemort a incantare Ginny, quando, dalle mie fonti, risulta che vive nascosto nelle foreste dell'Albania. »

Sollievo... un caldo, travolgente, meraviglioso sollievo inondò il cuore di Harry e Kaito.

Il signor Weasley chiese sbigottito: « C-chi è stato?Voi-sapete-chi? Incantare Ginny? Ma Ginny non è... Ginny non è stata... oppure sì? »

Harry prese in mano il libretto e lo mostrò a Silente: « È stato questo diario. Riddle lo ha scritto quando aveva sedici anni. »

Silente lo prese dalle mani di Harry e, dall'alto del suo lungo naso adunco, ne scrutò le pagine bruciacchiate e zuppe.

« Eccezionale. Certo, fu forse l'allievo più brillante che sia mai passato a Hogwarts. » Si girò verso i Weasley, che avevano un'aria assolutamente attonita.

« Pochi sanno che una volta Voldemort si chiamava Tom Riddle. Io stesso sono stato uno dei suoi insegnanti, cinquant'anni fa, qui a Hogwarts. Dopo che ebbe lasciato la scuola scomparve... viaggiò per ogni dove... si immerse profondamente nelle Arti Oscure, si alleò con i peggiori della nostra specie, subì tali e tante trasformazioni pericolose e magiche, che quando ricomparve come Lord Voldemort era quasi irriconoscibile. Quasi nessuno lo collegò al ragazzo brillante e avvenente che un tempo era stato Caposcuola qui. »

Mamma Weasley era sconvolta: « Ma, Ginny? Che cosa c'entra Ginny con... con lui? »

Ginny singhiozzò: « Il suo d-diario! Per tutto l'anno io ci ho scritto su i miei segreti, e lui ha continuato a rispondermi... »

Il signor Weasley esclamò esterrefatto « Ginny! Ma allora io non ti ho insegnato proprio niente? Che cosa ti ho sempre detto? Non ti fidare mai di niente che pensi da solo se non riesci a capire dove ha il cervello. Perché non hai mostrato il diario a me o a tua madre? Un oggetto tanto sospetto, era chiaro che fosse strapieno di magia nera! »

« I-io n-non lo sapevo. L'ho trovato dentro uno dei libri che mi ha comprato mamma. Io pe-pensavo che qualcuno ce lo avesse lasciato e poi l'avesse dimenticato... »

Silente interruppe con voce ferma: « La signorina Weasley dovrebbe salire immediatamente in infermeria. È stata una prova terribile per lei. Non ci saranno punizioni. Maghi più vecchi e saggi di lei sono stati messi nel sacco da Voldemort. » Avanzò verso la porta e l'aprì, aggiungendo con una garbata strizzatina d'occhi: « Riposo a letto e, perché no?, una grossa tazza di cioccolata bollente. A me fa tornare sempre il buonumore. Vedrai che Madama Chips è ancora sveglia. Sta distribuendo la pozione di mandragola... credo che le vittime del Basilisco stiano per svegliarsi da un momento all'altro, se non l’hanno già fatto. »

Ron chiese animatamente: « Allora Hermione sta bene? »

Kaito s’aggiunse: « E Sheridan e Colin? »

« Non ci sono stati danni irreversibili. »

Mentre Kaito si concedeva un sospiro di sollievo, Mamma Weasley accompagnò Ginny fuori, seguita dal marito che appariva ancora profondamente scosso.

Silente aggiunse pensieroso rivolgendosi alla McGranitt: « Sai Minerva, credo proprio che dopo tutta questa vicenda ci voglia un bel banchetto. Posso chiederti di scendere ad avvisare le cucine? »

« Senz'altro. La lascio solo a vedersela con Potter, Weasley e Kuroba, va bene? »

« Ma certo. »

La McGranitt lasciò la stanza, e Harry, Ron e Kaito levarono sul preside uno sguardo perplesso. Che cosa aveva voluto intendere, la professoressa McGranitt, dicendo che Silente doveva vedersela con loro? Non che dovevano essere puniti! Oppure sì?

« Potter, Weasley, per quanto riguarda voi due mi sembra di ricordare di avervi avvertito che se aveste infranto un'altra volta le regole della scuola avrei dovuto espellervi. E anche tu, Kuroba, prima di cominciare l’anno mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro sul fatto che non volevo che ti mettessi… troppo in mostra, se ci siamo intesi. »

Ron spalancò la bocca inorridito. Kaito mantenne lo sguardo serio e la sua faccia da poker.

Silente a quel punto sorrise: « Il che sta a dimostrare che anche i migliori fra noi, a volte, sono costretti a rimangiarsi quel che dicono. Riceverete tutti un Encomio Speciale per i Servigi resi alla scuola e poi... vediamo un po'... sì, duecento punti ciascuno per il Grifondoro. »

Ron diventò di un rosa acceso molto simile ai fiori di Allock per San Valentino e chiuse la bocca. Kaito sorrise.

« Ma c'è uno fra noi che ha le labbra cucite e a quanto pare non vuol parlare del suo ruolo in questa pericolosa avventura. A che dobbiamo tanta modestia, Gilderoy? »

Harry sussultò. Si erano completamente dimenticati di Allock. Si voltarono e videro che era rimasto in piedi in un angolo della stanza; sul volto gli aleggiava ancora quel vago sorriso. Quando Silente gli rivolse la parola, lui si guardò alle spalle per vedere con chi stesse parlando.

Ron spiegò velocemente: « Professor Silente, c'è stato un incidente, giù nella Camera dei Segreti. Il professor Allock... »

L’uomo di dimostrò vagamente sorpreso: « Ah, sono un professore? Santo cielo, sono proprio un disastro, non è vero? »

Kaito annuì: « Ha proprio ragione. »

Harry gli diede una gomitata: « Ma lascialo un po’ in pace, almeno ora! »

« Lui ha lasciato in pace me durante l’anno? No. E allora... »

Ron li ignorò e continuò a spiegare, abbassando la voce con un po’ di vergogna: « Ha cercato di fare un Incantesimo di Memoria e la bacchetta glielo ha ritorto contro. »

Silente scosse il capo e facendo fremere i lunghi baffi d'argento esclamò: «Mamma mia! È rimasto infilzato sulla sua stessa spada, Gilderoy! »

Allock rispose in tono vago: « Spada? Io non ho una spada. Però ce l'hanno i ragazzi. Loro ve la potranno senz'altro prestare. »

Silente si rivolse a Ron: « Ti spiace accompagnare anche il professor Allock in infermeria? Vorrei scambiare ancora due parole con Harry e Kaito... »

Allock si avviò verso l'uscita. Mentre richiudeva la porta Ron gettò un'occhiata incuriosita a Silente e agli amici.

Silente si avvicinò a una delle sedie accanto al fuoco: « Siediti anche tu, Harry. »

Il ragazzo obbedì, mostrando un evidente nervosismo.

Silente li guardò con occhi di nuovo brillanti: « Prima di tutto, Harry, Kaito, voglio ringraziarvi. Dovete avermi dimostrato una vera lealtà, giù nella Camera. Soltanto quella può avere indotto Fanny ad avvicinarsi a voi. »

Kaito sorrise: « In realtà ha fatto tutto Harry. Io ero leggermente impegnato con un Basilisco. »

Il preside accarezzò la fenice, che si era accovacciata sulle sue ginocchia. Harry sorrise imbarazzato mentre Silente lo guardava.

« E così avete conosciuto Tom Riddle. Immagino che fosse molto interessato a te, Harry... »

Tutt'a un tratto, la cosa che tormentava Harry gli uscì di getto dalle labbra: « Professor Silente... Riddle ha detto che io sono come lui. Strane somiglianze, ha detto... »

Silente guardò pensieroso il ragazzo da sotto le folte sopracciglia d'argento: « Ah sì? Ma davvero? E tu che ne pensi, Harry? »

Kaito si sentì improvvisamente di troppo nella discussione.

Harry rispose con voce più alta del normale: « Io non credo di essere come lui! Voglio dire, io sono... io appartengo al Grifondoro, io sono... »

Ma poi tacque per qualche istante, come se cercasse il coraggio di continuare.

« Professore, il Cappello Parlante mi disse che io... che... sarei stato bene fra i Serpeverde. Per un po' tutti hanno pensato che fossi io l'erede di Serpeverde... perché parlo il Serpentese... »

Il preside gli rispose con molta tranquillità: « Harry, tu parli il Serpentese, perché Voldemort - che è l'ultimo discendente rimasto di Salazar Serpeverde - parla il Serpentese. A meno che io non mi sbagli di grosso, la notte in cui ti ha lasciato quella cicatrice ti ha trasmesso alcuni dei suoi poteri. Anche se di certo non ne aveva intenzione... »

« Voldemort ha messo un pezzetto di sé dentro di me? »

« Si direbbe proprio di sì. »

Kaito bisbigliò al ragazzo: « Io ti consiglierei di farti pagare l’affitto, hai già un bel po’ di anni di arretrati… »

Silente sorrise divertito, ma Harry sembrava disperato: « Allora è vero che dovrei stare con i Serpeverde! Il Cappello Parlante ha visto in me il potere di Serpeverde e... »

« Ti ha assegnato al Grifondoro. »

Harry rimase sorpreso dall’interruzione del preside, ma a quel punto intervenne Kaito: « Harry, il Cappello Parlante non tiene conto di tutto quel che vede. Anche con me era davvero molto indeciso su dove mettermi… e se avesse dovuto a badare a tutto quello che aveva visto nella mia testa, credimi, sarebbe ancora lì a pensare! »

Silente continuò, sempre calmo: « Ascoltami bene, Harry. Si dà il caso che tu abbia molte qualità che Salazar Serpeverde apprezzava nei suoi alunni, che selezionava accuratamente. Il dono molto raro del Serpentese... intraprendenza...determinazione... un certo disprezzo per le regole…  ma di certo non sei l’unico. Credimi, anche Kaito ha molte di queste caratteristiche… »

Kaito sorrise leggermente imbarazzato alla penetrante occhiata complice del preside.

« E tuttavia, il Cappello Parlante ti ha assegnato al Grifondoro. Tu sai perché. Pensaci. »

Harry rispose deluso: « Lo ha fatto perché gli ho chiesto io di non andare fra i Serpeverde... »

Silente lo guardò ancora una volta tutto raggiante: « Appunto. Il che ti rende assai diverso da Tom Riddle. Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità. Ma se proprio vuoi una prova che appartieni al Grifondoro, ti consiglio di dare un'occhiata più da vicino a questa. »

Così dicendo, si avvicinò alla scrivania della McGranitt, prese la spada d'argento macchiata di sangue e gliela porse. Kaito si sporse leggermente per osservare meglio, mentre Harry, come inebetito, la rivoltò; i rubini mandavano bagliori luminosi alla luce del fuoco. Fu allora che vide il nome inciso proprio sotto l'elsa.

Godric Grifondoro.

« Soltanto un vero Grifondoro avrebbe potuto estrarla dal cappello, Harry. »

Kaito si limitò a dargli una pacca sulla spalla, poi Silente si rivolse proprio a lui.

« Kaito, se non sbaglio io ti avevo chiesto di non mostrare quel costume. »

Il ragazzo rispose: « Ehi, dovevo affrontare un serpente gigante, avevo bisogno di tutta la mia attrezzatura! Non vado a farmi ammazzare così facilmente senza nemmeno sfoderare tutti miei assi nella manica! »

« Comprendo, quindi per questa volta passi. Ma sai bene che non è per me che lo dico, ma per te. »

Harry non capì molto del loro discorso, ma si ricordò improvvisamente di una cosa: « A proposito, Kaito, volevo chiederti una cosa. »

« Dimmi. »

« Prima, nella Camera, quando hai lanciato quel fumogeno per sfuggire al Basilisco… come hai fatto a spostarti così velocemente? Un attimo prima eri vicino alla testa e un attimo dopo eri alla coda… »

Concentrando la sua attenzione su Harry, al prestigiatore sfuggì lo sguardo del preside, che per un momento s’illuminò come se avesse scoperto qualcosa d’importante e atteso a lungo. Ma durò meno di un istante e nessuno se ne accorse.

Kaito sorrise imbarazzato: « Corro molto veloce. Ho avuto modo di fare… allenamento, diciamo così. »

Silente gli sorrise in modo complice, con aria soddisfatta.

« Bene, Kaito, direi che dovresti andare da Madama Chips a farti curare quella brutta storta. Puoi aiutarti con questa. »

Con un gesto della bacchetta fece comparire una stampella, che Kaito afferrò e con cui s’avviò zoppicando verso l’infermeria lasciando Harry e Silente da soli, facendo ben attenzione a schivare un uomo dai capelli biondo platino dall’aria molto arrabbiata e un esserino contorto e marrone avvolto in stracci.

« Muoviti, Dobby! »

Kaito si voltò un attimo: « Dobby? Ma non era quell’elfo che Harry… vabbè, va, lasciamo stare, per stasera sono troppo stanco. »

 

« AHI! »

« La tua caviglia è a posto, Kuroba. Puoi andare al banchetto. »

Il ragazzo sbadigliò rumorosamente: « Ma che banchetto e banchetto, io me ne vado a dormire. »

Madama Chips lo spinse fuori praticamente di peso: « Niente storie, il banchetto è obbligatorio. E adesso fuori, che devo risvegliare ancora un bel po’ di pietrificati! »

« Giusto! Colin e Sheridan? »

« Fuori, ho detto! Li vedrai dopo! »

Il prestigiatore si ritrovò solo nel corridoio. Ebbe la forte tentazione di ignorare l’ordine e di filare subito a dormire, ma a metà della scalinata fu letteralmente placcato dai tre rimasti della sua classe, tutti in pigiama.

Nicole gridò con voce acuta: « Kaito! Sei vivo! »

« Per fortuna direi di sì. »

Stephen lo guardò sorpreso: « Ci avevano detto che eri stato preso anche tu dall’erede di Serpeverde! »

« Non è proprio così… »

Nicole lo afferrò per un braccio e iniziò a trascinarlo giù per la scalinata: « Ce lo racconterai al banchetto, andiamo! »

Kaito fece una smorfia: « No, dai, lasciatemi andare a dormire, sono stanco morto… »

Thomas lo spinse: « Niente da fare, verrai con noi e non accettiamo scuse. Scompari un attimo e succede di tutto, te lo sogni che ti perdiamo nuovamente di vista! »

Il ragazzo sospirò disperato: « Sigh… »

 

Kaito aveva partecipato a molti banchetti a Hogwarts, ma nessuno poteva essere paragonato a quello. Tutti indossavano il pigiama e nonostante fosse organizzato all’ultimo secondo era tutto perfetto.

Nicole sorrise entusiasta: « Non è fantastico, Kaito? Kaito? »

Il ragazzo non le rispose nemmeno. Si era appisolato sul tavolo, con testa appoggiata al piatto d’oro ancora vuoto.

Thomas lo guardò sorpreso: « Accidenti, allora non scherzava quando diceva di essere stanco morto! »

Stephen prese la macchina di Colin: « Proviamo a svegliarlo così! »

Ma neanche il flash sembrò ottenere i risultati sperati. A quel punto però i compagni notarono due ombre minacciose che incombevano sul prestigiatore.

Un boato vicino al suo orecchio sinistro fece saltare Kaito di un buon metro sulla panca: « EH? CHI, COSA, COME, BASTA BASILISCHI!!! »

Dopo un attimo di comprensibile smarrimento, Kaito si voltò notando i gemelli Weasley con i resti di due petardi Filibuster in mano.

George gli sussurrò a un orecchio: « Così impari a lasciarci fuori dai piani, Mangetsu! »

Fred fece lo stesso nell’altro: « Soprattutto quando riguardano nostra sorella e un membro dei Malandrini… »

« M-messaggio  ricevuto, ragazzi… »

Nicole rise: « Ti sei svegliato, Kaito? »

« Direi di sì… se non mi sono partite due coronarie… »

I gemelli si diedero il cinque alle sue spalle.

Kaito sospirò: « Basta emozioni per staser… »

Non ebbe il tempo di finire la frase che le porte della Sala si aprirono facendo entrare alla spicciolata i pietrificati.

Hermione corse incontro a Harry gridando: « Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta! »

Harry impiegò un po’ a rispondere: « Hermione… il collo… lasciami… »

Ron fece il finto offeso: « Ehi, neanche una parola di ringraziamento per me? »

« Oh, se vuoi farti strozzare un po’, prego, ti lascio il posto! »

Kaito sorrise nel vedere il trio riunito che rideva.

« Ehi, quella non è la mia macchina fotografica? »

« COLIN!!! »

Il ragazzino venne assalito da tutta la sua classe.

« Sei tornato, sei tornato! »

« Sì, se non mi uccidete ora… »

Una voce femminile l’interruppe: « C’è un posticino anche per me? Vorrei salutarlo anch’io… »

« SHERIDAN! »

Ginny sbiancò facendo un passo indietro. Proprio quel gesto attirò l’attenzione della compagna su di lei.

« TU… MALEDETTA, SEI STATA TU! »

Kaito impiegò un paio di secondi a fare due più due: « Oh-oh… “attenti a… non dirmi che lei ha visto… »

Sheridan fece un balzo sulla compagna: « SEI STATA TU A PIETRIFICARE TUTTI!!! MA ORA IO TI… »

« AAAAAHHH!!! »

Ginny riuscì a divincolarsi e a nascondersi sotto la tavolata di Grifondoro, mentre Sheridan disperatamente cercava di prenderla. La Weasley, a carponi sotto la tavolata, schivando tutti i piedi, salmodiava quelle che sembravano preghiere in aramaico, mentre tutti i Grifondoro tentavano di trattenere Sheridan di peso.

« TU MI HAI PIETRIFICATA PERCHÉ TI AVEVO VISTA! E ADESSO MI SPIEGATE PERCHÉ STATE BLOCCANDO ME AL POSTO SUO? SE APRE BOCCA E SI RIMETTE A PARLARE IN SERPENTESE SIAMO TUTTI SPACCIATI! IO… »

« Pietrificus Totalus. »

Sheridan si ritrovò immobilizzata, mentre Fred sospirava, ancora con la bacchetta puntata: « Deduco che non ti abbiano informata degli ultimi aggiornamenti, eh? »

George si unì al fratello: « Mettiti comoda, che ora ci pensiamo noi… ah, già, in questo momento non hai molta altra scelta… »

E mentre i gemelli illustravano la situazione a Sheridan, Ginny si rifugiò dietro Kaito, osservando la compagna con timidezza, sperando probabilmente di intuire cosa le passasse per la testa solo dal movimento degli occhi. Kaito stava in piedi per disperazione, visto che Morfeo continuava a tentarlo anche grazie all’aiuto dei gemelli, che con la loro voce monotona sembrava gli stessero raccontando la fiaba della buonanotte, e riuscì a tenersi sveglio solo concentrandosi su dettagli intorno a lui come, per esempio, Justin che, alzandosi dal tavolo dei Tassorosso per stringere la mano ad Harry, non la finiva più di chiedergli scusa per avere sospettato di lui.

« Allora, tutto chiaro Sheridan? Adesso ti spietrifichiamo e tu non assalterai più nostra sorella con intenti omicidi, va bene? »

« Uno, due… tre. »

I gemelli sciolsero l’incantesimo e si prepararono a placcare la Malandrina in caso di reazioni scomposte. Sheridan impiegò qualche secondo per recuperare la mobilità, poi guardò seria Ginny, o almeno il ciuffo di capelli rossi che s’intravvedeva dietro la schiena di Kaito, e sospirando disse: « Dai, esci di lì. Non ti uccido. »

Ginny squittì: « Sicura? »

Sheridan sorrise: « Sicura. Sapevo che non eri in te. »

Ginny sbirciò la compagna con gli occhi lucidi: « D-davvero? »

La ragazza dai capelli scuri l’abbracciò: « Bentornata Ginny. Ma vedi di non farmi più scherzi del genere o la prossima volta non te la caverai con così poco! »

Sì, era sicura, quella era la vera Ginny. Ripensò un attimo agli occhi rossi che l’avevano attaccata. Non avevano nulla a che fare con quelli che sgorgavano lacrime sulla sua spalla.

Sheridan allontanò l’amica di colpo: « Ehi, smettila di piangere, che mi bagni tutta la divisa! E voi due… »

La ragazza tirò un calcio ai gemelli: « Non potevate fermarmi in un altro modo? Ero stata pietrificata fino ad ora! »

I Grifondoro scoppiarono a ridere, fino a che la McGranitt cercò di attirare l’attenzione della Sala battendo un cucchiaio sul calice.

« Volevo approfittare della lieta occasione per annunciare il vincitore della Coppa delle Case. »

Il silenzio calò sulla Sala Grande come un manto di neve.

« Grazie ai seicento punti guadagnati questa sera, la casa vincitrice è… Grifondoro! »

Un boato si alzò dal tavolo corrispondente. Molti abbracciarono Harry, Ron e Kaito.

« E inoltre come regalo della scuola, tutti gli esami di fine anno sono annullati. »

Due voci in coro esclamarono a gran voce: « OH, NO! »

I gemelli si voltarono verso Kaito: « No, scusa, capisco Hermione, ma tu di che ti lamenti? »

Kaito crollò con la testa sul tavolo: « Cioè, ho passato tutto l’anno ad allenarmi ad andare su quella maledetta scopa e ora passo d’ufficio l’esame? »

Tutto il tavolo scoppiò in una sincera risata. Adesso che anche Hagrid, tornato alle tre e mezza del mattino giusto in tempo per dare ad Harry e Ron una pacca sulla spalla così poderosa da mandarli con la faccia dentro al piatto di zuppa inglese, era di nuovo al suo posto sì, ora era tutto finito.

 

Gli ultimi giorni trascorsero in un trionfo di sole. Hogwarts era tornata alla normalità con pochi piccoli cambiamenti: le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure erano state annullate (« Tanto, abbiamo fatto un bel po' di esercizio. » aveva commentato Ron con Hermione, contrariata per la notizia) e Lucius Malfoy era stato licenziato dal suo incarico di amministratore della scuola. Draco non se ne andava più in giro tutto tronfio come se fosse il padrone del posto. Al contrario, aveva un'aria risentita e imbronciata. Infine Ginny Weasley era tornata la ragazzina felice che era sempre stata.

Poi, un bel giorno, i loro guardaroba si svuotarono di colpo, i bauli si riempirono e a tutti gli studenti vennero distribuiti avvisi scritti di non usare la magia durante le vacanze. A tutti, tranne a Kaito, che invece della lettera prestampata, si trovò un biglietto manoscritto del preside.

 

Caro Kaito, noterai subito che questa lettera è diversa da quella dei tuoi compagni. La differenza è in realtà molto semplice e intuitiva e riguarda la vostra differenza d’età. Tra pochi giorni compirai infatti diciassette anni e per il mondo magico raggiungerai la maggiore età; dunque io non posso vietarti ufficialmente di usare la magia. Tuttavia mi permetto di chiedertelo come favore personale: sarai d’accordo anche tu che dopo solo un anno di studio è molto facile che l’uso della magia ti possa risultare potenzialmente problematico.

Sperando che tu possa lasciare la tua bacchetta nel cassetto per tre mesi senza particolari rimpianti, ti auguro buone vacanze e, in anticipo, un buon compleanno.

Albus Silente

 

Kaito sorrise. Ma non c’era neanche bisogno di dirlo, non aveva alcuna intenzione di mettersi nei guai d’estate con la magia. Aveva altri modi per farlo.

 

Il giorno del rientro a casa con l'Espresso di Hogwarts giunse fin troppo presto. Harry, Ron, Hermione, Fred, George, Ginny, Kaito e Sheridan occuparono uno scompartimento tutto per loro. Sfruttarono al massimo le ultime ore che gli restavano per sparare magie all'impazzata prima delle vacanze. Giocarono a Spara Schiocco, fecero scoppiare gli ultimi fuochi d'artificio Filibuster di Fred e George e si esercitarono a disarmarsi a vicenda con incantesimi vari. Harry e Kaito stavano diventando dei campioni in questa specialità.

Erano quasi arrivati alla stazione di King's Cross quando Harry si ricordò di una cosa.

« Ginny... che cosa hai visto fare a Percy che lui non voleva tu raccontassi a nessuno? »

Ginny fece una risatina « Ah, sì! Be'... È che Percy ha una ragazza. »

Per lo stupore, Fred fece cadere una pila di libri sulla testa di George.

« Cosa? »

« È il Prefetto dei Corvonero, Penelope Light. Ecco a chi scriveva l'estate scorsa. Per tutto l'anno scolastico si sono incontrati in segreto. Un giorno li ho visti che si baciavano in una classe vuota. Lui era così sconvolto quando lei... be'... quando lei è stata aggredita. Non lo prenderete in giro, vero? »

« Non ce lo sogniamo neanche. » disse Fred che aveva l'aria di chi ha scoperto che il suo compleanno è arrivato prima del tempo.

« Certo che no! » confermò George sforzandosi di non ridere.

L'Espresso di Hogwarts rallentò e infine si fermò. Tutti scesero sulla banchina.

Kaito sospirò: « , è arrivato il momento di salutarci! Scusate se non mi tratterrò a lungo, ma fra non tanto ho l’aereo… »

George si batté una mano sulla fronte: « Oh, giusto, tu non sei mica ancora arrivato! »

« Assolutamente no, ho ancora da attraversare mezzo globo. »

« E allora fatti salutare come si deve! »

Senza alcun preavviso, i gemelli placcarono il prestigiatore di peso.

« Stacci bene, Mangetsu! »

« E ricordati che i Malandrini non vanno in vacanza, quindi vedi di tenere in allenamento Aoko, che dobbiamo spedirti un po’ di lettere! »

Kaito sorrise: « Sarà fatto, non perderemo i contatti! E tranquilli, la mia colomba è già in viaggio verso casa! »

« Bravo! »

« E grazie ancora per aver aiutato Ginny. »

« Dovere di compagno, di amico e di Malandrino. »

E dopo aver salutato tutti per bene, Kaito s’avviò verso i taxi che attendevano i clienti fuori dalla stazione di King Cross.

 

« KAITO!!! »

Il ragazzo salutò con la mano con cui non stava spingendo il carrello con i bagagli la ragazza che gli stava correndo incontro.

« Aoko! Sei venuta a prendermi all’aeroporto? »

La ragazza l’abbracciò: « Dopo tutti questi mesi d’attesa era il minimo! »

Kaito sorrise. Non gliel’avrebbe mai ammesso, ma era davvero molto felice di vederla.

« Hai l’aria stravolta! Stai bene? »

« Un po’ di jet leg, ma nulla di più. »

Aoko lo guardò con aria furbetta: « E… hai impegni quest’estate? »

« A parte i classici compiti delle vacanze, direi di no, perché? »

Aoko sorrise e gli rifilò un plico di fogli: « Perché abbiamo bisogno di te. »

Kaito la guardò perplesso: « Eh? »

La ragazza sorrise senza dargli spiegazioni e il prestigiatore si limitò a sospirare. Evidentemente non avrebbe avuto pace nemmeno durante le vacanze estive.

 

 

 

Buonasera a tutti! E con questo abbiamo finito il secondo libro della serie! Come vedete mi sto impegnando per tornare in carreggiata per i miei lettori… che a giudicare dai commenti si sono un po’ diradati…

Per intanto, ringrazio Giorgia_Weasley e Darkroxas92 per le recensioni.

Il prossimo capitolo è un regalo per chi non conosce il personaggio di Kaito Kid originale… perché no, neanche le vacanze di Kaito saranno tranquille!

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 17
*** Il mago di Oz ***


Il mago di Oz

 

«Il mago di Oz

Aoko annuì: «Esatto. È la storia di…»

Kaito la fermò: «Conosco la storia del mago di Oz, non è questo il punto! Ma perché l’altro giorno mi hai dato un copione teatrale sul mago di Oz

La ragazza sbuffò: «La nostra classe, quella che frequentavi anche tu prima di andartene a spasso per il mondo, se ancora ti ricordi…»

«Certo che mi ricordo, non sono mica così smemorato! Se credete davvero che vi possa essere scordato di voi solo perché sono andato a studiare all’estero siete davvero…»

«Appunto perché tutti pensiamo che fai e farai sempre parte della classe volevamo coinvolgerti in questa recita di beneficienza, per di più visto che c’è un ruolo che sembra fatto apposta per te.»

Kaito guardò interessato il plico: «Oz… che se non sbaglio era proprio un prestigiatore…»

«Appunto! T’immagini quanto sarebbe bello se Oz facesse davvero dei trucchi di prestigio? Con tutto quello che avrai imparato poi in Inghilterra…»

Il ragazzo sorrise: «Quei trucchi li tengo solo per le grandi occasioni, è meglio… per questo spettacolo direi di optare per qualcosa di più tradizionale… ma comunque d’effetto scenico.»

Aoko s’illuminò: «Quindi ci aiuterai?»

«Oz ha poche battute, non è così faticoso. E poi ho voglia di rivedere gli altri.»

«Grazie!»

«Quando sarebbe lo spettacolo?»

«Giovedì prossimo.»

Kaito ricorse alla sua faccia da poker per nascondere il disappunto: «Ah, proprio giovedì? Accidenti…»

Aoko lo guardò delusissima: «Non puoi?»

Il ragazzo imprecò mentalmente. E no, non poteva fargli subito gli occhioni da cerbiatto abbandonato, non era più allenato!

«Avevo promesso ai miei cugini di andare a far loro una visita, ma magari riesco a coordinare gli orari, ora vediamo…»

«Quindi è un sì?»

«Diciamo che non è un no, per il momento accontentati.»

Aoko esultò: «Evviva! Vado a dirlo agli altri!»

Kaito sorrise: «Dimmi solo quando ci sono le prove…»

La ragazza prese la giacca e si avviò verso l’uscita: «Certo! A dopo!»

«Ciao, Aoko

Non appena la ragazza chiuse la porta, dalla stanza affianco uscì un signore anziano vestito di tutto punto.

«Giovedì? Ma signorino Kaito, giovedì…»

Il ragazzo si voltò verso di lui: «Non mi sono dimenticato dei “cugini”, tranquillo…»

Jii sorrise: «Quelli che vengono solo giovedì?»

«Esatto. Tira fuori la cartina, Jii, che è ora che Kaito Kid ritorni in azione.»

L’uomo tirò fuori un rotolo e lo srotolò sul tavolo, mentre Kaito prendeva alcune foto.

«La rosa di Baghdad. Davvero un gran bel rubino, un pezzo di grande valore.»

«Sarà quello Pandora, la pietra in grado di donare l’immortalità?»

«Non lo so, Jii, l’unico modo per scoprirlo è guardarlo alla luce della luna piena… ma se questa volta sarà il gioiello che stiamo cercando, stai tranquillo che lo distruggerò per impedire agli uomini che hanno ucciso mio padre di metterci sopra le loro sporche manacce insanguinate. Altrimenti lo restituirò come sempre, dopotutto Kaito Kid è un ladro gentiluomo.»

«La luna piena è proprio il nostro problema, signorino…»

Kaito osservò con attenzione la foto del museo: «Già… questo bel gioiello è in esposizione in Giappone proprio fino a giovedì pomeriggio, poi verrà trasferito altrove. E giovedì c’è la prima notte di luna piena… Jii, dobbiamo prenderlo per forza quella sera, mentre lo stanno trasportando, o perderemo la nostra occasione.»

L’uomo e il ragazzo rimasero a discutere per un’oretta abbondante, poi a Kaito squillò il cellulare.

«È Aoko per le prove, devo andare… ma direi che è tutto a posto. Tu pensa a mandare il biglietto d’avviso, al resto penso io.»

«Ma signorino Kaito, come farà a recitare e a rubare alla stessa ora?»

Il ragazzo s’avviò verso l’uscita facendo l’occhiolino: «Mi basterà interpretare Oz fino in fondo! A dopo Jii

L’anziano assistente lo guardò allontanarsi: «A volte mi chiedo se fa così perché è giovane o perché è un genio… oh, signor Toichi, vegli lei su quello scapestrato!»

 

«Accidenti, vi siete davvero dati da fare!»

«Kaito!»

In pochi minuti il prestigiatore fu letteralmente assaltato dai suoi ex compagni di classe, che lo salutarono, abbracciarono, tempestarono di domande. Il ragazzo sorridente rispose a tutti, felice di quell’accoglienza così calorosa. Quando finalmente gli lasciarono un po’ di respiro, si avvicinò al palco dove stavano preparando l’allestimento scenico.

«Davvero molto bello. Avete già preparato la scenografia per il mio ingresso in scena?»

Una ragazza con gli occhiali scosse la testa: «No. Nel libro Oz compariva con una grossa sfera verde in cui era riflesso il suo volto e con un vocione spaventoso, non siamo ancora riusciti a preparare quel pezzo, eravamo occupati dalla casa di Dorothy e dalla tromba d’aria… senza contare la strada dei mattoni gialli…»

«Allora se non vi dispiace ci penso io. Così potrò prepararmi anche l’attrezzatura per i trucchi da usare dopo, va bene?»

«Oh, ma certo, ci risparmi un lavoro!»

«Ottimo.»

Una voce sibilante alle spalle del ragazzo lo fece trasalire: «Se sei un vero mago non dovresti usare attrezzature…»

Per un secondo la mente di Kaito andò a Tom Riddle, poi, rendendosi conto di aver compreso perfettamente le parole, si voltò e si trovò davanti una persona decisamente più familiare, per quanto altrettanto terrorizzante.

«Akako

«Bentornato in patria, Kaito.»

«Accidenti, con il trucco verde non ti avevo riconosciuta!»

Akako fece una smorfia: «In regia hanno voluto ispirarsi al film degli anni ‘30…»

«Quindi a te tocca la strega cattiva, eh? Un ruolo che ti si addice…»

«Mai quanto il tuo. Il prestigiatore imbroglione sembra disegnato su misura per te…»

Kaito ridacchiò, ma la ragazza gli sussurrò all’orecchio: «Come pensi di fare con il furto in contemporanea, mio caro Kaito Kid? Ti ricordo che giovedì sarai ancora per tre giorni minorenne per il mondo magico inglese e ti è vietata la magia…»

Kaito non si stupì nemmeno di come facesse Akako a sapere della rapina. Più di una volta quella ragazza gli aveva dimostrato di sapere più di quanto avrebbe dovuto.

«Smettila di vedermi solo come mago. Kaito Kid può fare miracoli anche senza usare la bacchetta, e l’ha già dimostrato più di una volta.»

Akako sorrise: «Vedremo…»

La ragazza fece per allontanarsi, ma Kaito, notando un particolare, la fermò: «Ehi, quella scopa è vera?»

«Ti sembra finta?»

«Non avrai intenzione di usare un vero manico di scopa per…»

«Io sono una strega, Oz, non un imbroglione da quattro soldi come te. Se devo usare la magia, la uso.»

«E se ti scoprono?»

«Io ho finito la scuola da un pezzo, posso usare la magia come e quanto mi piace. E se qualcuno mi chiederà qualcosa, posso sempre dire che ti ho chiesto una mano per farmi tirare su con i fili.»

Kaito sorrise: «Sarò anche un imbroglione, ma ogni tanto servo a salvarti la faccia, eh?»

Akako lo fulminò con lo sguardo: «Non provocarmi, Kaito Kuroba. Non sono un avversario alla tua portata.»

«Scommettiamo?»

Akako si allontanò: «Ti pentirai di avermi sfidato.»

«Vedremo.»

«Vedremo cosa?»

Kaito trasalì un’altra volta: «Ah, Aoko! Ma cos’è, oggi volete farmi venire tutte un infarto? E… oh, cavolo, ma come ti sei conciata?»

Aoko strinse il peluche che aveva in mano: «È il costume di Dorothy. Non prendertela con me, che non l’ho cucito io!»

«A me sembra più quello di Alice nel paese delle meraviglie della Disney! E quel peluche striminzito al guinzaglio dovrebbe essere Toto?»

«Se hai un cucciolo vero hai solo da prestarcelo!»

Un compagno di classe gridò loro: «Ehi, Kaito è tornato da mezza giornata e già iniziate a fare i piccioncini?»

Kaito e Aoko riposero insieme: «Fatti gli affari tuoi!»

I due ragazzi si guardarono e scoppiarono a ridere.

«Niente da fare, mi mancavano questi battibecchi, Kaito.»

«Anche a me, Aoko

«Mentre a noi mancavi tu, mia cara Dorothy, per iniziare le prove. Sei in ritardo di diciotto minuti e ventisette secondi.»

«Oh, scusa, Saguru

Kaito si voltò verso il compagno e gli scoppiò a ridere in faccia: «Ma come ti hanno conciato? State facendo “Il mago di Oz” o “Hansel e Gretel”? No, perché con tutta quella carta d’alluminio sembra che ti debbano cuocere in forno!»

Il ragazzo biondo rimase impassibile: «Se hai suggerimenti migliori su come travestirmi da uomo di latta, ti prego di segnalarli al reparto costumi.»

«Uomo di latta, eh? Ti si addice, hai la sua stessa vitalità.»

«Non accolgo le tue insinuazioni, Kuroba. Nakamori, come mai questo ritardo?»

«Colpa del mio babbo. Doveva accompagnarmi lui in auto, poi però gli hanno telefonato dal commissariato che Kaito Kid ha mandato un biglietto di sfida e… sapete com’è il mio babbo, buono e caro ma toccategli Kaito Kid e…»

Saguru sembrò improvvisamente interessato: «Kaito Kid, hai detto? Dopo tutti questi… mesi di assenza? »

Aoko sembrò improvvisamente abbattuta: «Già, e proprio nel giorno e nell’ora dello spettacolo, così il mio babbo non potrà vedermi…»

Un coro di voci femminili espresse il suo disappunto alla notizia: «Nooo, nemmeno noi potremo andarlo a vedere! Che sfortuna, dopo tanti mesi…»

Aoko si diresse verso di loro con aria inviperita: «Sempre a difenderlo, voi! È un ladro!»

«Ma è Kaito Kid!»

«Il ladro prestigiatore!»

«È così affascinante…»

Aoko sbuffò: «E voi siete delle oche… l’unico lato positivo di questa storia è che Kid colpirà senza il suo fan club…»

Le compagne la guardarono delusa: «Nooo… ma non possiamo rimandare lo spettacolo? Almeno un pochino?»

«Neanche per sogno! Non cambieremo i nostri piani per un ladruncolo da quattro soldi che si diverte soltanto a prendere in giro la polizia!»

Saguru si rivolse a Kaito, rimasto in un angolo a ridacchiare alla scenetta: «Nakamori non sembra avere una grande considerazione di te…»

«Non accolgo le tue insinuazioni.»

«Comunque è una cattiveria, Kid, sfidare la polizia contemporaneamente allo spettacolo. Dovrai dare buca a uno dei due Nakamori… deluderai il padre o la figlia?»

«Non so di cosa tu stia parlando, Hakuba…»

«Attento Kaito Kid, anche se questa volta non potrò esserci, prima o poi ti metterò il sale sulla coda.»

«Continuo a non capire, ma va bene. Ora scusa, ma ho un po’ di attrezzatura da preparare.»

«Per il furto o per lo spettacolo?»

Kaito lo salutò con la mano e si avviò verso l’uscita: «Per quello che preferisci, tanto non mi credi mai quando parlo.»

Saguru lo guardò con aria di sfida: «Non si può credere alle parole di un imbroglione.»

 

Kaito si specchiò e sorrise. Per fortuna con lui le costumiste erano state più clementi, gli avevano solo rifilato un vecchio frac volutamente sgualcito e un po’ malridotto. Il ragazzo aveva storto un po’ il naso: d’accordo che Oz nel libro era un vecchietto, ma credeva che nel corso di tutti gli anni passati in quel regno incantato poteva anche farsi un abito nuovo… o almeno farsi aggiustare quello vecchio!

In fondo però, non aveva molta importanza. Era decisamente più fondamentale per la buona riuscita del suo piano il calcolo dei tempi.

«Signorino Kaito!»

«Jii, eccoti, finalmente. Hai trovato un posto per lo spettacolo?»

«Sì, ma lei è sicuro di farcela? I tempi sono ristrettissimi!»

Kaito alzò le spalle: «Non è la prima volta che lo faccio. Se ti ricordi un po’ di tempo fa feci un furto nel tempo di un film e Aoko non se ne accorse nemmeno.»

L’uomo si mostrò sempre molto agitato: «Sì, ma lì doveva ingannare una sola persona, qui una platea intera, più tutta la gente dietro le quinte!»

«Uno o molti, per un prestigiatore non ha importanza. Adesso vai, che stiamo per cominciare.»

L’uomo lo guardò preoccupato: «In bocca al lupo, signorino.»

«Crepi.»

 

L’inizio dello spettacolo filò liscio come l’olio, a parte il peluche di Toto andatosi a incastrare in un albero della scenografia e che aveva fatto penare non poco Aoko per disincastrarlo di lì tirando solo il guinzaglio. Il ragazzo attese impazientemente il suo turno per entrare in scena, senza mai perdere d’occhio l’orologio. Un qualsiasi imprevisto poteva essere fatale per la riuscita del suo piano.

 

«Grande mago di Oz? C’è nessuno?»

Aoko, con indosso l’abito di Dorothy, attraversò il palco con aria smarrita.

«Mago di Oz

Una nuvola di fumo avvolse il palco.

«CHI OSA DISTURBARE IL GRANDE OZ???»

Una ragazza che si occupava della scenografia diede una gomitata a Kaito: «Bella idea quella del ghiaccio secco!»

Kaito ridacchiò, tenendo il megafono a distanza.

Aoko si mostrò spaventata: «S-sono Dorothy.»

Il prestigiatore fece un segnale e subito il fumo s’intensificò, mentre il ragazzo spingeva fuori quello che assomigliava a un enorme smeraldo sferico, in cui il suo volto ingrandito sbraitava: «DOROTHY, EH? COSA VUOI DAL GRANDE E POTENTE OZ?»

Il pubblico trasalì, ma Kaito rimase impassibile. Un semplice gioco di specchi, sempre efficace.

«V-volevo chiedere come tornare a casa, nel Kansas.»

Kaito impugnò nuovamente il megafono: «MI HANNO DETTO CHE HAI UCCISO LA STREGA DELL’EST. FAI LO STESSO CON QUELLA DELL’OVEST E AVRAI CIÒ CHE CHIEDI.»

«Ma è stato un incidente! La mia casa le è caduta addosso e…»

«SILENZIO! IL GRANDE OZ HA PARLATO. FARAI QUELLO CHE TI HO CHIESTO O NON TI RIPRESENTERAI PIÙ IN QUESTA SALA. ADDIO.»

Kaito ritrascinò dietro le quinte la sua ambientazione e richiuse il sipario. Da quel momento iniziava la sua missione.

«Ragazzi, io vado al bagno, tanto ho un po’ di pausa. Se non mi vedete tornare subito, mi fareste la cortesia di spingere voi lo smeraldo di Oz sul palco? Tranquilli, torno subito!»

Il ragazzo chiuse la porta del bagno, si cambiò d’abito e fece partire il cronometro all’orologio da polso. Da quel momento ogni secondo era prezioso.

 

 

Lì, nell’aria fresca della sera, a bordo del suo adorato deltaplano, Kaito Kid si sentì nuovamente al suo posto. Gli era mancata quella sensazione di libertà in tutti i mesi passati ad Hogwarts! Ma non doveva distrarsi, aveva il tempo misuratissimo e una missione da compiere.

Con l’auricolare teneva sotto controllo lo spettacolo sul palco, mentre attraversava i cieli di Tokyo alla ricerca del suo obiettivo. Eccolo, finalmente, il camion blindato che trasportava i gioielli della mostra!

«Uhm… ci saranno quindici volanti intorno… cos’hai inventato per me, Nakamori

Con un colpo secco, Kaito Kid invertì la rotta del deltaplano. Troppa appariscenza, sembrava fatto apposta. Probabilmente là dentro c’erano solo poliziotti pronti a catturarlo. Doveva trovare Nakamori, era pronto a scommettere il monocolo che la Rosa di Baghdad era in mano sua. Dove si poteva nascondere il poliziotto? Non troppo lontano, il gioiello doveva partire per forza con l’aereo delle dieci…

… o era quello che volevano fargli credere?

Ripensò per un attimo al piano dei voli che si era studiato prima di salire sul palco. C’era un altro volo utile, che aveva ignorato… ma doveva muoversi.

Kaito accese l’auricolare. A che punto erano con lo spettacolo?

 

«Andate a fermare la bambina e i suoi compagni!»

«Sì, nostra padrona.»

 

Ok, aveva tempo, erano solo alla scena del rapimento con le scimmie volanti. Poteva farcela.

Il vento lo guidò verso l’aeroporto. Eccolo, il suo volo utile! Un piccolo elicottero privato, venti minuti prima del volo ufficiale. Furbo, Nakamori… eccolo là, che stava salendo la scaletta! Voleva partire col gioiello prima dell’ora del furto annunciato, eh?

Con una mossa rapida, planò verso l’ispettore e gli prese al volo il cappello.

«EHI!»

Kaito gli urlò dietro, mentre già si allontanava: «SE IMBROGLIATE, COSTRINGETE ANCHE ME A NON RISPETTARE I PATTI… SCUSI L’ANTICIPO, NAKAMORI!»

«KID, MALEDETTO!»

Il ragazzo sorrise. Sapeva bene che il padre di Aoko odiava i cappelli, se ne aveva indossato uno, voleva dire che il gioiello…

Kaito ruppe la fodera: «Bingo!»

Eccola lì, la Rosa di Baghdad! Ed era quella autentica, senza dubbio. Senza indugio rivolse il rubino alla luce della luna, con un attimo di suspense.

Niente. Neanche stavolta aveva brillato il cuore rosso che gli avrebbe confermato la presenza di Pandora.

«Pazienza… se l’ispettore darà retta al mio consiglio riavrà il suo gioiello prima di quanto pensa…»

A proposito, a che punto erano con lo spettacolo?

 

«Ora basta!»

«AAAAAAHHHH!!!»

 

Kaito si morse un labbro. Erano già all’uccisione della strega cattiva con la secchiata d’acqua? Ci aveva messo decisamente più tempo di quanto avesse previsto! Ma in fondo non aveva programmato la gita fino all’aeroporto…

«Accidenti, non posso fare a meno del piano d’emergenza! E forse non basterà nemmeno… devo muovermi davvero!»

Poteva solo sperare che il vento non lo tradisse in quel momento…

 

 

Sul palco, Aoko rientrò in scena titubante: «Signor mago di Oz

La sfera verde venne spinta sul palco e la voce di Kaito risuonò sul palco: «ANCORA TU, BAMBINA?»

Dorothy arretrò spaventata: «Sì, mago…»

Il volto di Kaito apparve ingrandito nella sfera: «TI AVEVO DETTO DI NON TORNARE…»

 

 

Kaito imprecò mentalmente. Per fortuna il proiettore all’interno della sfera funzionava alla perfezione. Jii l’aveva attivato a distanza con il telecomando, ma la registrazione durava poco meno di due minuti. Doveva muoversi, doveva…

 

 

Sul palco il leone fece segno allo spaventapasseri e all’uomo di latta di seguirlo. Mentre Dorothy continuava a parlare con il mago, il trio si avvicinò a una tenda del sipario, facendosi segno a vicenda di stare in silenzio. Jii congiunse le mani in una muta preghiera. Se il signorino Kaito non era riuscito a tornare in tempo…

Con un gesto deciso, l’uomo di latta scostò la tenda. L’anziano assistente temette per un attimo che il suo vecchio cuore non avrebbe retto la tensione. Se…

«E QUINDI TU AVRESTI UCCISO LA STREGA DELL’OVEST?»

Saguru si lasciò sfuggire un gesto di stizza, ma quasi nessuno del pubblico lo notò, attirato maggiormente dall’urlo del leone: «E tu chi saresti?»

Il mago di Oz saltò sullo sgabello: «Chi, io? Nessuno… e ridammi la tenda!»

Kaito tirò nuovamente la tenda, come prevedeva il copione. Aveva ancora un paio di secondi per finire di cambiarsi il costume, perché sì, era riuscito a tornare, ma non a cambiarsi la camicia e la cravatta, che erano ancora del costume di Kaito Kid. Doveva approfittare dei pochi istanti in cui Aoko attraversava il palco, raggiungeva il punto in cui era seduto e scostava nuovamente il sipario.

Dorothy si affacciò: «Mago di Oz

Kaito s’alzò in piedi ed entrò sul palco, calato perfettamente nei panni del mago di Oz: «Ebbene sì, avete scoperto il mio segreto.»

In platea, Jii tirò un lungo sospiro di sollievo scivolando sulla poltrona. Quel ragazzo l’avrebbe fatto morire prima o poi, oh sì!

«Sono solo un prestigiatore, un mago che incanta le persone con abili trucchi, ma nulla di più!»

Dietro le quinte il regista sbuffò: «Perché ha cambiato la battuta?»

Un compagno ridacchiò: «Immagino che definire un prestigiatore “un ciarlatano imbroglione da quattro soldi” fosse chiedergli un po’ troppo…»

In quel momento un’ovazione dal pubblicò annunciò ai due ragazzi che Kaito aveva iniziato la dimostrazione pratica e si sporsero dal sipario per vedere. Anche loro rimasero a bocca aperta nel vedere il ragazzo circondato di piccoli fuochi artificiali e fumo mentre con facilità impressionante faceva il giocoliere con un intero mazzo di carte da gioco, che un secondo dopo erano già diventate palline, e poi mele, e poi birilli, e poi…

«Sì, decisamente non è un ciarlatano da quattro soldi.»

 

Kaito e Aoko salutarono il pubblico all’interno di un cestone a cui erano legati una cinquantina di palloncini coperti da un telo a formare una mongolfiera.

Il ragazzo sussurrò: «Pronta?»

Aoko era agitatissima: «Non trovo il peluche! È fondamentale in questa scena!»

Kaito glielo porse: «Parli forse del piccolo Toto?»

«Per fortuna… allora io vado.»

La ragazza lanciò il peluche, che cadde più vicino del previsto.

«Oh, Toto! Aspetta, dove vai?»

Aoko scavalcò il bordo della cesta e con nonchalance tirò un calcio al peluche allontanandolo ancora un po’: «Torna qua, Toto!»

Intanto, dietro le quinte, i compagni di classe iniziarono a tirare la cesta con delle corde, mentre Kaito gridava: «Non posso fermarmi, il vento mi spinge via! Addio, Dorothy!»

Aoko raccolse il peluche: «Mago, aspetta!»

«Addio, addio!»

Quando la cesta arrivò dietro le quinte, Kaito sorrise ai compagni: «Ottimo lavoro, ragazzi!»

«E meno male che il cibo inglese non è buono… hai messo su qualche chilo, Kaito?»

«Il cibo non sarà un granché, ma l’ospitalità è ottima, mi obbligano sempre a fare il bis. Se non sembrasse assurdo, giurerei che i piatti si riempiano da soli quando non guardo!»

Kaito ridacchiò e si mise da parte ad attendere la fine dello spettacolo.

 

Gimzo Nakamori aprì la porta del teatro di colpo, mentre sul palco sua figlia e i suoi compagni stavano inchinandosi al pubblico che li applaudiva. In mano stringeva un biglietto che Kaito Kid gli aveva attaccato in testa quando gli aveva preso il cappello.

 

«Maledetto Kid… come fa a sapere sempre tutto?»

«Babbo!»

L’uomo si voltò: «Ciao, Aoko…»

La ragazza guardò il padre: «Ti è sfuggito un’altra volta, eh?»

«Ma prima o poi lo prenderò, vedrai! Non può sfuggirmi per sempre! Un giorno riuscirò a mettergli le manette ai polsi e a trascinarmelo in centrale…»

«Ne sono sicura.»

«Piuttosto, come è andato lo spettacolo?»

«Oh, direi molto bene! Ho avuto solo problemi con questo peluche… prima si incastrava nella scenografia, poi sul finale è diventato improvvisamente più pesante…»

L’ispettore s’irrigidì: «Più… pesante?»

Aoko continuò a rigirarsi il pupazzo fra le mani: «Sì… avrei dovuto lanciarlo lontano dalla mongolfiera, ma mi è toccato tirargli un calcio perché era davvero finito troppo vicino e…»

L’ispettore prese dalle mani della figlia il cagnolino: «Non ci credo…»

«Babbo! Cosa…»

C’era un punto scucito. Nakamori lo aprì del tutto e nelle sue mani scivolò…

«La Rosa di Baghdad!»

«Ma com’è possibile? L’ho avuto in mano tutto lo spettacolo…»

Nakamori, furente di rabbia, stritolò il cagnolino di peluche: «Kid… perché devi sempre sbeffeggiarmi così?»

 

«Perché è molto più divertente, ispettore.»

«Tutto bene, signorino Kaito?»

«Sì, Jii, stai tranquillo. Ma neanche stavolta abbiamo individuato Pandora.»

«Oh, che peccato.»

Kaito sospirò: «Ci riproveremo. Intanto… direi che posso anche godermi un po’ di riposo, no? In fondo fra tre giorni è il mio compleanno…»

L’anziano sorrise: «Pensavo che in tutto questo trambusto se lo fosse scordato!»

Il ragazzo sorrise divertito: «Ehi, non sono ancora così smemorato!»

 

Una figura che li osservava di nascosto sorrise: «Non contarci, mio caro Kaito… Kid… non contarci…»

 

Buongiorno a tutti! Sto cercando di ritornare più regolare con gli aggiornamenti, ma l’università non mi lascia tregua... però tranquilli, non mi dimentico di voi!

Come avevo annunciato, questo era un capitolo un po’ a sé, per aiutare chi non conosce bene il personaggio di Kaito Kid, o per chi l’abbia incontrato solo in questa fan fiction, a conoscere meglio il suo stile al di fuori di Hogwarts. La storia era completamente inventata, ma sulla falsariga delle avventure di Kaito nel manga a lui dedicato. Nel testo ho infatti nascosto una miriade di citazioni a questa e ad altre serie, se volete divertitevi a trovarle!

Nel prossimo capitolo saremo ancora in vacanza, ma con un tocco di magia in più... come se la caverà il nostro Kaito?

Ne approfitto ancora per ringraziare il nuovo recensore James Sherlock Kudo e i fedelissimi Giorgia_Weasley e darkroxas92.

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 18
*** Problemi di memoria ***


Problemi di memoria

 

Kaito spalancò la finestra, lasciando entrare il calore del sole di luglio nella sua camera. Si fermò per un attimo a guardare fuori: in quei momenti sembrava che gli ultimi mesi fossero stati solo un sogno e che la sua vita non fosse affatto cambiata. Poi però gli bastava buttare un occhio alla sua camera per rendersi conto che le cose non stavano affatto come un anno prima: un baule aperto con tutto l’armamentario magico sparso sul pavimento, i regali di compleanno dei suoi amici di Hogwarts ben nascosti, i compiti di Storia della Magia sulla scrivania scritti su pergamena… tutte cose che poco avevano a che fare con uno studente del liceo.

Kaito, però, non si pentiva di nulla dell’anno passato. Salvo forse…

«KAITO!!!»

Salvo lei.

«SCENDO!!!»

Kaito si precipitò sulle scale, preoccupandosi di chiudere bene la porta della camera. Non era il caso che Aoko notasse il caos che andava ben oltre quello di un classico adolescente.

«Ciao!»

«Ciao! Come va?»

«Tutto bene… e tu?»

Discorsi normali, che però a Kaito erano mancati da morire nei mesi precedenti.

Aoko sorrise: «Tutto ok! Senti, avrei bisogno di un favore…»

Kaito si scostò: «Se posso aiutarti, volentieri! Entra!»

La ragazza si avviò a passo sicuro verso il salotto. Avevano la casa tutta per loro e nessuno li avrebbe disturbat…

Le ultime parole famose vennero interrotte dal campanello.

Kaito sospirò: «Scusa un attimo… ARRIVO!!!»

Il ragazzo si avviò scocciato alla porta e l’aprì di scatto.

«Akako

«Ciao, Kaito…»

Il prestigiatore la guardò sconvolto: «Akako, che ci fai qua? Cioè, voglio dire, non sei mai venuta a casa mia…»

La strega lo guardò con sguardo ammaliatore: «E oggi ho deciso di farti un’improvvisata. Posso entrare?»

Kaito si sentì improvvisamente in imbarazzo: «Ecco… io…»

Aoko fece improvvisamente capolino dal salotto: «Chi è?»

Akako sorrise: «Oh, ci sei anche tu?»

La ragazza la salutò, ma la strega la ignorò: «Non eri prevista, ma così sarà anche più divertente…»

Kaito non capì di che stesse parlando, fino a che non la vide sollevare una bacchetta.

«No, Akako! Fermati, che fai?»

«Oblivion Absonum!»

Kaito e Aoko rimasero per qualche secondo confusi, poi si ripresero.

«Che… che ha detto?»

Kaito si morse un labbro. L’ultima cosa che avrebbe voluto che accadesse era un incantesimo in presenza di Aoko.

«Akako, cosa ci hai fatto?»

La ragazza sorrise: «E perché togliervi il divertimento di scoprirlo da soli?»

Aoko non ci stava capendo niente, mentre il cervello di Kaito aveva ingranato la quarta. Oblivion… cos’era l’Oblivion? Gli suonava familiare… se lo capiva sarebbe già a buon punto, avrebbe potuto salire di sopra, prendere il libro e cercare un contro incantesimo.

Akako li guardò divertita: «Vediamo se capirete cosa vi ho fatto… in ogni caso vi toccherà uscire, Aoko e Kaito, dalla porta per potermi interrogare più a fondo… sempre che ci riusciate… au revoir

E mentre la strega richiuse l’uscio alle sue spalle, Kaito rimase sconvolto e immobile.

«Come… come ha fatto?»

Aoko lo guardò preoccupata: «A fare cosa?»

Il ragazzo la guardò sconvolto: «A… a uscire di qua!»

«Eh?»

«Non so… ha usato… com’era quella parola strana, Aoko? Porta?»

La ragazza rimase un po’ sovrappensiero: «Ora ce mi ci fai pensare… non lo so più neanche io! Ma quando me lo hai chiesto prima… lo sapevo…»

Kaito respirò profondamente: «Ok… ragioniamo. In qualche modo deve essere uscita di qui, no? Non ha attraversato la parete come Ruf…»

Aoko lo guardò di storto: «Come chi?»

Kaito sbiancò: «Niente!»

Faccia da poker, continuò a ripetersi mentalmente Kaito, aveva bisogno della sua faccia da poker. Aveva perso un attimo la calma perché terrorizzato dall’idea che Akako potesse aver davvero pronunciato un incantesimo di fronte ad Aoko, ma andare fuori di testa non avrebbe risolto il problema. Doveva riflettere razionalmente.

Doveva esserci un modo per uscire dalla casa. L’aveva sempre fatto. E se ora non sapeva più come fare, c’era sicuramente lo zampino di Akako.

«Ok, piano B! Scavalchiamo una finestra!»

«Come dei ladri?»

«È casa mia, se mi dicono qualcosa mostro le chiavi!»

«Le chiavi della finestra?»

«Ma certo che no! Quelle del… del… dove le usavo queste chiavi?»

Aoko sospirò: «Sei strano oggi, Kaito

Kaito le fece una smorfia mentre con un gesto atletico scavalcava la finestra: «E tu lo sei sempre, Aoko!»

Lei rispose qualcosa, ma il ragazzo non l’ascoltò. Controllò di avere in tasca sia qualche attrezzo da Kaito Kid che, soprattutto, la bacchetta. Avrebbe preferito non usarla, ma se c’era di mezzo la magia, era meglio averla con sé.

Aoko gli mise una mano sulla spalla e il ragazzo sussultò. Solo a quel punto si rese pienamente conto di avere un altro problema, molto più grande dei precedenti. Come avrebbe dovuto contrastare una magia con una babbana al suo fianco senza passare noie legali? E non con una babbana qualunque, ma con la figlia dell’ispettore Nakamori!

«Che strada prendiamo?»

Il ragazzo la guardò un po’ confuso: «Eh? Puoi ripetere?»

Aoko gli restituì lo sguardo stranito: «Cos’è che dovrei fare?»

Il prestigiatore la guardò preoccupata: «Ok, qui qualcosa decisamente non va. Ti ho solo chiesto di ripetere la frase che mi hai appena detto.»

Aoko continuò a guardarlo come se avesse appena parlato in aramaico e al ragazzo sorse il dubbio di aver usato involontariamente in inglese: «In che lingua ti sto parlando?»

«Giapponese… perché?»

«Bene, se mi capisci allora perché non puoi dirmi di nuovo quel che hai detto prima?»

La ragazza respirò sollevata: «Ah, era quello che mi dicevi! Ti ho chiesto che strada dobbiamo prendere per arrivare da Akako

Kaito si grattò una guancia: «Allora mi sa che è il mio giapponese ad essere arrugginito… non ho capito una parola… str… com’era?»

Aoko sbottò: «Da che parte andiamo?»

«Ah! A sinistra, Akako abita di là!»

Kaito s’avviò mordendosi un labbro. Perché improvvisamente non riuscivano più a capirsi? Forse l’incantesimo di Akako influenzava la comunicazione…

Akako era effettivamente vicino a casa sua, ma iniziò ad allontanarsi come se niente fosse. Kaito e Aoko le andarono dietro.

«Attento, Kaito, il semaforo è rosso!»

Il ragazzo mise un piede sulle strisce: «Cos’è che è rosso?»

«Attento!»

Aoko lo afferrò per un braccio e lo trascinò sul marciapiede appena prima che venisse investito. Kaito guardò l’auto stupito: «Stupido automobilista! Se vedi un pedone che attraversa fermati, no?»

«Veramente sei tu in torto… il semaforo era rosso.»

«Il che? L’unica cosa rossa che vedo è la lucina di quel coso… cos’è, un albero di Natale? A luglio?»

Aoko scosse la testa: «No, aspetta… i semafori li hanno anche in Inghilterra, non puoi esserti scordato anche questo!»

Kaito rimase sovrappensiero. Scordare… dimenticare…

 

«A meno che non conosciate un incantesimo per dimenticare quella schifezza di libro…»

«Ci sarebbe l’Oblivion, ma…»

 

Il prestigiatore si sbatté una mano sulla fronte. Ecco cos’era, un incantesimo di memoria! Fred e George gliene avevano parlato e probabilmente era quello che Allock aveva lanciato contro lui, Harry e Ron nella Camera, ma Akako aveva aggiunto una parola che probabilmente aveva cambiato qualcosa. In fondo lui e Aoko non avevano scordato tutto, solo qualcosa… una sorta di amnesia selettiva… ma doveva pur esserci un criterio per scegliere cosa dimenticare, non poteva essere del tutto casuale… anche se fino a quel momento sembravano aver scordato le cose più assurde…

Kaito si sedette su una panchina: «Ok, Aoko, siediti e ragioniamo.»

La ragazza rimase in piedi, mordendosi un labbro.

«Cosa c’è?»

Aoko deglutì rumorosamente: «Io… non ci riesco.»

«A fare cosa?»

«Non… non riesco a sedermi. Non… non ricordo più come si fa.»

Kaito sembrò illuminarsi: «Allora ho capito! Forse ci sono!»

La ragazza lo guardò perplessa: «Non so cosa tu abbia capito… ma dovrò stare in piedi tutta la vita?»

Con nonchalance Kaito le fece una mossa di karate e la costrinse a piegare le ginocchia e a mettersi seduta, senza smettere di ragionare ad alta voce: «Dimentichiamo parole comunissime apparentemente a caso, ma c’è una logica. Non scordiamo quasi mai la stessa cosa… ricapitoliamo: quali parole secondo te avrei dimenticato?»

«Strada e semaforo…»

«Che sono due parole comuni che prima conoscevo, giusto?»

«Giusto.»

«Sicura?»

«Ma certo che sì, le conoscono persino i bambini dell’asilo!»

«E tu hai scordato ripetere e sedersi… ed eri in grado di farlo… fino a che non te l’ho chiesto esplicitamente.»

Aoko sbuffò: «Vuoi dire che scordiamo il significato di ogni parola che sentiamo?»

Kaito continuò il suo ragionamento, con un piglio quasi da detective: «Eh no, a quest’ora avremmo perso metà del vocabolario e non riusciremmo a comunicare! C’è ancora qualcosa… qualcosa che mi sfugge…»

La ragazza ci pensò un po’ su, poi di decise a fare la domanda che la tormentava da un po’: «Ma cos’è poi che ci avrebbe fatto Akako? Cioè, anche se tu avessi ragione… come? Come può costringerci a dimenticare?»

Eccola, la domanda che Kaito temeva più di tutte.

«Credo che sia una qualche forma d’ipnosi… »

«E allora raggiungiamola e facciamoci disipnotizzare, no?»

Kaito armeggiò in tasca con la sua bacchetta: «Non credo che sia così facile, Aoko Akako è testarda, lo sai.»

«Chi?»

Kaito sbiancò: «Non ti ricordi più di lei… e l’hai nominata dieci secondi fa…»

Cosa aveva pronunciato di particolare negli ultimi dieci secondi? Quale parola aveva ripetuto più volte?

E la risposta gli arrivò improvvisa come un ceffone in pieno viso.

«I nomi… sono i nostri nomi! Scordiamo quello che sentiamo subito dopo i nostri nomi! Ho nominato Akako subito dopo averti chiamato! E probabilmente anche prima…»

Aoko s’illuminò: «Quindi se nessuno pronuncia i nostri nomi siamo a posto, no?»

Kaito sorrise: «Basterà fare un po’ di attenzione. Ma intanto dobbiamo recuperare ciò che abbiamo perso… su, andiamo!»

Il sorriso della ragazza divenne una smorfia imbarazzata: «Ci sarebbe solo un problemino… come faccio ad alzarmi?»

Kaito si paralizzò: «Oh, giusto… se non sai come sederti, immagino che non sai neanche alzarti… ok, adesso ti tiro su io e…»

«KAITO!!!»

Aoko lo tirò per un braccio, giusto in tempo per evitare di essere investito da una bicicletta che passava sul marciapiede.

Il ragazzo gli gridò dietro: «PIRATA DELLA STRADA! LE BICI DEVONO ANDARE SULLA CARREGGIATA!!!»

Aoko, invece, rimase immobile, con le mani sulla bocca.

«Cosa… oh, giusto. Hai detto il mio nome.»

La ragazza lo guardò con occhi sbarrati, ma Kaito cercò di sorriderle per rassicurarla.

«Non è una tragedia! Avanti, dì una parola qualunque, magari una poco usata, così ci togliamo il pensiero.»

Aoko lo guardò preoccupata, poi sorrise tristemente. Aveva in mente la parola perfetta per non rallentarlo ulteriormente, anche se le sarebbe costato molto pronunciarla.

Kaito l’incalzò: «Avanti, coraggio! Dì qualcosa!»

 

«Aoko…»

 

Un sussurro. Un lieve sussurro che giunse a malapena alle orecchie del ragazzo, giusto quel tanto che bastava. Per una frazione di secondo, Kaito rimase stupito, imbambolato. Se avesse avuto più tempo, probabilmente le avrebbe urlato che era una stupida. Ma l’incantesimo, implacabile e beffardo, non gli diede il tempo di realizzare tutte le implicazioni di quella parola e in meno di un secondo si ritrovò a fissare una ragazza sconosciuta, seduta su una panchina, che lo guardava con aria malinconica.

«Che…»

Che ci faceva lì? Non doveva perdere tempo, doveva raggiungere Akako e farsi dare il contro incantesimo! Fece per voltarsi e andarsene, ma la ragazza gli afferrò un braccio.

Kaito la fissò arrabbiato: «Scusa, ma, davvero, ho fretta! Se devi farmi sondaggi o pubblicità, io…»

«Quando hai finito, tornerai a prendermi, vero?»

«Eh?»

«Quando questa storia sarà finita e ricorderai tutto, verrai a prendermi. Io ti aspetterò qui.»

Kaito cercò di divincolarsi: «Ma chi ti conosce! Lasciami, per favore che devo…»

«PROMETTIMELO!»

Il ragazzo sussultò. Non aveva idea di chi fosse quella ragazza così determinata e insistente, però qualcosa non quadrava. Lei sapeva che stava perdendo la memoria. E se si fosse davvero scordato di lei come di tutto il resto? Non poteva saperlo e non poteva perdere tempo prezioso per scoprirlo.

«D’accordo. Tornerò.»

La ragazza annuì: «Io sarò qui ad attenderti. Buona fortuna.»

Kaito riuscì finalmente a divincolarsi dalla presa e iniziò a correre verso casa di Akako. Non sapendo neanche lui il motivo, si voltò ancora una volta a fissare la ragazza seduta sulla panca.

«Non muoverti, che poi torno!»

Lei sorrise e lo salutò con la mano da lontano, poi l’abbassò sospirando.

«E dove vuoi che vada, Kaito… non posso neanche alzarmi! E non so nemmeno più chi dobbiamo cercare, sarei stata solo un peso… è giusto così…»

Ma non riusciva a togliersi dalla mente lo sguardo di Kaito, che la fissava come se non l’avesse mai vista prima, mentre un groppo alla gola le annunciava che stava per scoppiare a piangere contro la sua volontà. E mentre affondava il volto in un fazzoletto per riprendersi, nella sua tasca, nascosto alla vista, qualcosa s’illuminò per un istante, per poi tornare normale.

Poteva solo pregare che Kaito tornasse presto a riprenderla.

 

Il prestigiatore correva, bacchetta alla mano, pronto a tutto. Non pensava più alla ragazza senza nome seduta ad attenderlo su una panchina, tutte le sue preoccupazioni erano per la strega e per il suo beffardo e implacabile incantesimo. Non poteva scordare tutta la sua vita solo per un suo stupido dispetto!

«Kaito»

Il ragazzo si voltò. Akako era dietro di lui, con quell’atteggiamento sensuale e beffardo che probabilmente avrebbe dovuto renderla affascinante, ma in quel momento gli pareva soltanto tremendamente odioso.

La strega sorrise: «La bacchetta non ti servirà, e tu lo sai. Non puoi opporti a me con quella, non sai quasi neanche come si usa.»

Kaito la guardò stranito: «Come si usa cosa? »

«Appunto. Raggiungimi sulla cima della Tokyo Tower. Lì ti dirò ciò che vuoi sapere.»

Akako girò su se stessa e scomparve. Kaito si precipitò sul punto del marciapiede dove fino a un istante prima la strega lo aveva beffeggiato, ma non trovò nulla, nulla di apparentemente magico o che avesse a che fare con la prestidigitazione.

Il ragazzo alzò lo sguardo al monumento rosso, dall’altra parte della città: «La Tokyo Tower, eh? Cosa avrai in mente, Akako

Solo a quel punto si rese conto di avere in mano un bastoncino bianco. Non capendo perché lo avesse raccolto, lo lanciò per terra e andò a prendere il pullman che lo avrebbe condotto alla sua meta.

 

La Tokyo Tower era deserta. Opera di Akako, senza alcun dubbio. Aveva tutta l’aria di essere una trappola, ma non aveva scelta. Controllò di avere in tasca un po’ dell’armamentario di Kid e salì sull’ascensore. All’ultimo piano raggiungibile l’attendeva la strega, vestita come al suo solito, di nero con un mantello rosso.

«Ti aspettavo, Kaito

Il ragazzo la fissò, serissimo: «Anch’io ti aspettavo, Akako. Piantiamola qui, il gioco è bello finché dura poco. Anche i trucchi di un prestigiatore non durano mai a lungo.»

La ragazza lo guardò beffarda: «La prestidigitazione, dici? Cosa potrà mai contro di me?»

Kaito le restituì il sorriso beffardo: «Magari questo!»

Fu un attimo. Il ragazzo estrasse la pistola spara carte di Kaito Kid e lanciò un paio di colpi; quasi contemporaneamente Akako prese la bacchetta e disse qualcosa che il ragazzo non capì. Seppe solo che la pistola gli volò via dalle mani, giù dalla torre, irraggiungibile.

«E così hai capito il trucco, eh? Ti senti tanto furbo, tanto intelligente, mio prestigiatore da quattro soldi? Peccato che ti conosca un pochino, Kaito, e so che non sei affatto stupido… Accio tappi! »

«NO!»

Kaito non poté fare nulla per impedire al cotone che aveva nelle orecchie di volare nelle mani di Akako.

«… sei solo un po’ ingenuo. Pietrificus Totalus!»

Il ragazzo non riuscì più a muovere un muscolo. Era in balia di quella strega.

Akako iniziò a girargli attorno: «Hai letto il labiale senza ascoltare, per essere immune al mio incantesimo… bella mossa, ma inutile. Ora sei mio, Kaito, e né trucchi, Kaito, né magia alcuna, Kaito, né acrobazie alla Kid ti potranno salvare… oh, giusto, ma tu sai chi sia, Kaito, Kid? »

Akako fissò soddisfatta gli occhi sbarrati di Kaito. Ormai non era che un bambolotto alla sua mercé. Sciolse l’incantesimo e lo guardò soddisfatta alzarsi barcollando.

«Ora sei mio.»

Il ragazzo si allontanò, confuso. Si avvicinò alla ringhiera e la strinse con forza. Akako non avrebbe saputo dire cosa gli passasse per la testa in quel momento, se la vedesse come un essere umano o come una dea, ma gli si avvicinò.

Kaito, dopo un attimo di titubanza, si voltò verso di lei: «Fammi capire bene… tu mi hai cancellato tutta la memoria… in cambio di cosa?»

«Di te.»

«Capisco… ma vedi… avrai cancellato i miei ricordi e le mie abilità…»

Akako non capiva dove volesse andare a parare.

Kaito sorrise un po’ tristemente: «… ma non il mio orgoglio.»

«NOOO!!!»

 

Fu un istante, forse anche meno. Il ragazzo scavalcò la ringhiera e si lanciò nel vuoto. Akako si sporse subito dopo. No, non avrebbe mai pensato che quel pazzo, folle ragazzo, pur di non cedere al suo ricatto, si sarebbe lanciato nel vuoto. Poteva, doveva ancora salvarlo! Ma dove…

In un attimo Akako si ritrovò ammanettata alla ringhiera.

«Eh?»

«E ora vediamo di finire i giochi.»

La ragazza si voltò sconvolta: «Kaito?»

Sì, era proprio lui, lì, di fronte a lei.

«Ma come…»

Il ragazzo la zittì infervorato: «No, come lo dico io! Come si scioglie questa maledetta magia? Come? Non posso lasciare ancora per molto Aoko su quella panchina da sola e spaventata…»

Akako sorrise tristemente: «Sì è già sciolta… durava solo un paio d’ore…»

Kaito la guardò sorpreso: «Eh?»

La ragazza sospirò, sfinita: «Volevo farti bere un filtro d’amore prima di quel limite… ma a quanto pare non ho fatto in tempo… vai, Kaito, per oggi basta così. Mi arrendo, sono stanca.»

Il ragazzo la fissò severamente: «Bene. Spero che non farai più giochi così pericolosi. Ci abbiamo quasi rimesso la pelle.»

Kaito fece per allontanarsi, ma Akako lo fermò ancora una volta: «A proposito, come hai fatto a salvarti da quella caduta?»

«Eh? Ma non sei stata tu?»

«No… pensavo che con qualche trucco…»

Kaito scosse la testa: «Non avevo con me tutta quella attrezzatura. E con la magia non avrei saputo come fare… oh cavolo! La bacchetta! L’ho lanciata in giro quando non sapevo cosa fosse!»

Akako alzò la sua: «Accio bacchetta di Kaito!»

In un attimo un bastoncino bianco arrivò nelle mani della strega, che lo lanciò al ragazzo.

«Grazie!»

Akako ridacchiò: «Hai ancora il coraggio di ringraziarmi?»

Kaito mise in tasca la bacchetta e si avviò verso l’ascensore: «Sono pur sempre un gentiluomo… e tu non sei poi così cattiva.»

Akako, rimasta sola, si accasciò sul pavimento. Con un colpo di bacchetta, si liberò dalle manette e si massaggiò il polso. Maledetto Kaito, l’aveva sconfitta su tutta la linea. Come poteva non piacerle un ragazzo così?

Ma un dubbio le era rimasto. Osservò ancora una volta giù. Come aveva fatto a salvarsi?

 

Kaito corse per le strade di Tokyo. Dov’era, dove…

Eccola, finalmente. Aoko era lì, seduta sulla stessa panchina dove l’aveva lasciata, che lo salutava con la mano. Il ragazzo corse verso di lei, pronto ad alzarla di peso, ma lei, con grazia, lo fece da sola.

«Aoko! Sei…»

La ragazza annuì: «Anche tu.»

Kaito tirò un profondo sorriso di sollievo. Era finita.

Solo quando furono di nuovo a casa di Kaito, davanti a una tazza di tè i due ragazzi iniziarono finalmente a rilassarsi.

«Scusa, ma tu non eri venuta per chiedermi un favore?»

Aoko si sbatté una mano sulla fronte: «Giusto! Volevo chiederti se mi potevi prestare una foto!»

«Una foto?»

«Sì, mia cugina non crede che ho conosciuto il famoso prestigiatore Toichi Kuroba, ma non trovo più la foto che avevamo scattato insieme a tuo padre quand’eravamo piccoli…»

Kaito sorrise: «Nessun problema, te la prendo subito!»

«Grazie, sei molto gentile!»

«Figurati, per così poco.»

Il prestigiatore accompagnò l’amica nel salotto e prese un album di fotografie, estraendone una.

«È questa che volevi, no?»

Aoko s’illuminò: «Grazie mille, te la riporterò al più presto.»

Kaito sorrise e l’accompagnò alla porta. Poi, prima di riporre l’album al suo posto, quasi senza accorgersene iniziò a sfogliarlo. Quel giorno i ricordi avevano proprio deciso di tormentarlo, eh?

Una pagina dopo l’altra, mentre la nostalgia per un attimo lo assaliva, Kaito divorava le immagini con gli occhi. Fino a circa metà album.

«Ma… e questa?»

 

Buongiorno a tutti!

Cominciamo con un paio di note a questo capitolo: la trama è liberamente tratta dalla storia “Zio Paperone in: Un problema di memoria” di Don Rosa, dove Amelia lancia questo incantesimo su Paperone e Paperino, con effetti tragicomici, che in parte ho ripetuto, e da cui in parte mi sono discostata. Avete notato che c’è un apparente errore? C’era anche nell’originale, ma vedrete che qui le cose non sono come sembrano...

Detto questo, mi spargo il capo di cenere e mi scuso con darkroxas92, autore del bigliettino dello scorso capitolo, che non ho citato. E vi annuncio che finalmente sono in vacanza anch’io e che avrò più tempo per scrivere (per la vostra disperazione o gioia, a voi la scelta). E che sto mettendo le mani anche su altri progettini lasciati in sospeso da fin troppo tempo...

Dunque, ringrazio ancora Bumbix, Giorgia_Weasley, darkroxas92 e i nuovi arrivati zeze3000 e Cicci12 per le recensioni.

Prossimo capitolo? Il ritorno a Hogwarts, ovviamente! Ma filerà tutto liscio?

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

 

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Capitolo 19
*** Ricordi dolorosi ***


Ricordi dolorosi

 

Il treno fischiava già nell’aria ancora tiepida di settembre. Molti ragazzini stavano abbracciando e salutando i genitori sulla banchina, ma Kaito osservava tutto con aria spenta e distratta. Era molto grato ai signori Weasley che gentilmente gli avevano comprato il materiale a Diagon Alley risparmiandogli il viaggio, ma si rese conto che forse non li aveva ringraziati con il sufficiente calore. Non era colpa loro, era lui che aveva la testa da un’altra parte. Con un po’ di fortuna, però, ancora per poco.

«Ehi, Mangetsu! Che è quel muso lungo?»

«Ciao, Fred.»

Kaito aveva trovato uno scomparto libero verso il fondo del treno e l’aveva occupato per tutti i Malandrini. Avrebbe voluto salutare anche Harry, Ron ed Hermione, ma sembravano troppo occupati fra loro, e li aveva lasciati avanzare ancora. Probabilmente i Weasley avevano iniziato ad aprire tutti gli scomparti per cercarlo, perché  l’altro gemello uscì subito da dietro l’angolo: «Ti sbagli, io sono Fred, lui è George!»

Kaito sospirò: «E allora scusa, George…»

I gemelli sorrisero: «Ti abbiamo fregato, io sono Fred!»

I due fratelli batterono il cinque, mentre Kaito li osservava con un mezzo sorriso malinconico. Sheridan entrò nello scomparto e lo guardò preoccupata.

«Cos’hai, Kaito? È da quando siamo saliti che non fai altro che sospirare!»

La mano del prestigiatore indugiò un attimo sulla tasca della giacca: «Nulla… un piccolo pasticcio familiare.»

Sheridan e i gemelli si guardarono preoccupati. Kaito se ne rese conto e si sforzò di fare un sorriso: «Ehi, tranquilli! Non è morto nessuno! Datemi un pochino di tempo per rientrare nella logica magica e vedrete che mi passa subito!»

Fred e George lo strattonarono: «Giusto! Così si fa! Di musi lunghi in giro in questi giorni ne abbiamo visti anche troppi!»

Kaito si risollevò: «Perché? È successo qualcosa?»

Sheridan lo guardò perplessa: «Come “è successo qualcosa”? È su tutti i giornali! Ma dove vivi?»

«In Giappone.»

Dopo un attimo di imbarazzo, tutti i Malandrini scoppiarono a ridere.

«Hai ragione, scusa, finisco sempre per dimenticarmene. Pare sia scappato un pericoloso criminale da Azkaban e che sia latitante.»

Kaito li guardò perplessi: «Az…»

Fred si affrettò a precisare: «Azkaban, la prigione dei maghi.»

Il prestigiatore cercò di metabolizzare l’informazione: «Uhm… ha un senso, sì. In fondo a un mago con la bacchetta basta usare l’Alohomora per aprire la cella…»

La pioggia iniziò a picchiettare contro il vetro.

Sheridan annuì: «Si chiama Sirius Black ed era un sorvegliato speciale. È la prima volta che qualcuno riesce a scappare, ci sono avvisi di taglia ovunque!»

Kaito ascoltò in silenzio. Quindi oltre alla prigione normale, rischiava di finire anche in quella magica. E doveva essere anche particolarmente brutta, da come ne parlavano. Un ladro come lui doveva prestarci attenzione.

In quel momento Ginny spalancò la porta dello scompartimento, scura in volto.

«Ron è un idiota. Mi ha cacciato dallo scompartimento senza motivo.»

Kaito sorrise, tirando fuori un mazzo di carte: «Qui c’è posto per tutti! Che dite, giochiamo?»

 

Per un po’ il tempo scorse tranquillo. All’una passata, però, Ginny si rese conto che il suo pranzo l’aveva Ron ed uscì dallo scompartimento per recuperarlo. Neanche un minuto dopo nel treno scese l’oscurità più nera.

«Ehi!»

«Cosa…»

Kaito chiuse gli occhi un attimo, per poi riaprirli. Non vedeva al buio, ma era allenato a muoversi nell’oscurità. Toccò il ginocchio a tutti gli amici.

«Tutto bene?»

George illuminò la sua bacchetta, imitato subito dal fratello. Una luce flebile e spettrale si diffuse nello scomparto: «Sì, tutto bene. Ma che succede?»

Kaito alzò le spalle: «Un black out?»

Sheridan gli rifilò un’occhiataccia: «In un treno magico?»

«Giusto. Poi, sbaglio o ci siamo fermati?»

«Allora forse siamo arrivati!»

«No, è troppo presto!»

«Una stazione intermedia?»

«Kaito, se ci fosse una stazione intermedia perché ci farebbero radunare tutti a King Cross?»

Il ragazzo incrociò le braccia: «Perché mi trattate sempre male se applico un po’ di logica babbana, di tanto in tanto?»

Fred scosse la testa: «Non ricordo che ci siano mai state soste nel viaggio verso Hogwarts… tu, George?»

«Nemmeno io.»

Sheridan provò ad alzarsi: «Ginny si sarà fatta male?»

I gemelli risero: «Figurati! Se le fosse capitato qualcosa l’avreste sentita urlare come un’aquila… a casa lo fa sempre!»

Un po’ più tranquilla, la ragazza si risedette, per poi rabbrividire.

«Sbaglio o la temperatura è calata di botto?»

George annuì: «S-sì, fa proprio freddo!»

«E prima la luce, poi il riscaldamento… quest’anno il viaggio fa proprio schifo, eh, Kaito? Kaito?»

Persino alla flebile luce delle bacchette, i ragazzi poterono notare che il compagno stava tremando visibilmente.

«Kaito, hai freddo? Kaito?»

Sheridan cercò di toccarlo, ma ritrasse immediatamente la mano: «Ragazzi, non sta tremando! Ha proprio degli spasmi!»

I gemelli sussultarono: «Cosa? Kaito! Kaito! Rispondi, Kaito!»

Fred appoggiò la bacchetta sul sedile e mise le mani sulle spalle del ragazzo, per cercare di tenerlo fermo. Kaito sembrava non reagire né ai richiami né al contatto, ma continuava a muoversi come se il suo corpo fosse attraversato da continue scariche elettriche. Poi, all’improvviso, spalancò gli occhi, col volto trasfigurato dal terrore, e iniziò a gridare disperatamente.

«TASUKETE KURE! HI GA BUTAI WO MOYASE!!! OTOUSAN GA, OTOUSAN GA ANO BUTAI NI IRU! TASUKETE KURE!!!»

Fred cercò di tenerlo fermo: «Kaito!»

George andò a dare manforte al fratello: «Che gli prende? Cosa dice?»

Kaito tentò di divincolarsi, ma era quasi come se non li vedesse: «TASUKETE KURE! OTOUSAN GA ANO BUTAI NI IRU! TASUKETE KURE!! OTOUSAN!!!»

Sheridan era terrorizzata e gridò anche lei con voce isterica: «KAITO!!! SE NON PARLI IN INGLESE NON TI CAPIAMO!!»

Fred gridò a sua volta: «SHERIDAN, NON METTERTICI ANCHE TU! VAI A CHIAMARE AIUTO!»

Kaito non sembrava udirli né vederli. Continuava ad agitarsi, gli occhi spalancati ma vitrei, quasi ciechi. Non aveva smesso un attimo di tremare e di strillare frasi incomprensibili alle orecchie dei gemelli, che cercavano di tenerlo fermo e di chiamarlo con voce calma, per tranquillizzarlo, ma invano. Il ritorno della luce non migliorò la situazione, anzi, servì solo a spaventare di più i gemelli, che ora potevano vedere chiaramente il volto dell’amico, pallido, contratto, sudato, in preda al terrore più puro. Ormai non urlava più, ma non aveva smesso di parlare e sussurrare sempre la stessa, incomprensibile frase.

«Tasukete kure… Hi ga butai wo moyaseOtousan ga, otousan ga ano butai ni iru… Tasukete kure…»

I gemelli si guardarono preoccupati: «Kaito, per favore…»

La porta dello scomparto si aprì di botto ed entrò Malfoy, spaventatissimo, che George buttò fuori subito, senza dargli tempo di notare lo stato di Kaito. Poco dopo la porta si aprì di nuovo lasciando vedere un uomo sconosciuto. Indossava un completo da mago molto consunto, rammendato in più punti e aveva l'aria stanca e malata. Benché fosse piuttosto giovane, i suoi capelli castano chiaro erano striati di grigio.

«Chi è che sta male?»

Non appena vide la situazione, non disse più nulla. Allontanò i gemelli e si avvicinò al ragazzo, che continuava a ripetere, come indemoniato, la stessa frase.

«Come si chiama?»

«Kaito Kuroba.»

L’uomo rimase a guardarli per qualche secondo, come se non avesse capito il nome, e Fred si affrettò ad aggiungere: «È giapponese. Credo stia parlando in quella lingua, ma non lo capiamo…»

Il signore si limitò ad annuire, poi, con molta gentilezza, prese la mano di Kaito e gliela strinse forte, come per trasmettergli calore: «Kaito, Kaito… mi senti? Non so cosa tu stia rivivendo in questo momento, ma è finito. È tutto finito. Calmati, ora.»

Il ragazzo sembrò calmarsi un pochino, smise di parlare e tremò un po’ di meno.

«Bravo, Kaito… ragazzina, per favore, prendimi la tavoletta di cioccolato nella tasca. Credo ce ne sia una ancora intera…»

Sheridan ubbidì e lo sconosciuto imboccò il prestigiatore con un pezzo di cioccolato: «Ecco, prendi questo… vedrai che ora starai meglio…»

Kaito inghiottì il dolce e smise di tremare. Di colpo strizzò gli occhi, come se gli bruciassero, e li riaprì, con aria confusa.

« Otousan… eh? No, aspetta… cosa…»

Sheridan lo guardò ansiosa: «Kaito!»

Il ragazzo si passò una mano sugli occhi: «Presente, ma non urlare, che ho un cerchio alla testa… cosa… cosa mi è successo?»

Fred sbottò: «Vorremmo saperlo noi cos’è successo! Un secondo prima eri lì tranquillo e un secondo dopo sembravi un epilettico pazzo che gridava frasi isteriche in giapponese!»

Kaito lo guardò più confuso di prima: «Eh?»

Il signore gli porse un altro pezzo di cioccolato: «Mangiane ancora, vedrai che andrà meglio.»

«Grazie… ma lei chi è?»

«Mi chiamo Lupin, e sono l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.»

George alzò gli occhi al cielo: «Alleluia, uno bravo, finalmente!»

Lupin lo ignorò per tornare a concentrarsi su Kaito: «Credo che tu abbia avuto una reazione alla salita sul treno dei Dissenatori

Sheridan sussultò: «Quelli di Azkaban

L’insegnante annuì: «Sì, ma stai tranquilla, li ho allontanati. La loro presenza può causare sensazioni come freddo, la sensazione di non poter essere più felici…»

I gemelli si guardarono. Anche se l’avevano provata, la preoccupazione per l’amico l’aveva fatta passare in secondo piano.

«… e in qualche caso, se la persona ha vissuto esperienze particolarmente drammatiche, svenimenti o crisi allucinatorie. Kaito, cosa hai visto in quel momento?»

Il ragazzo impiegò qualche secondo a rispondere, non trovando mai il coraggio di staccare gli occhi dal pezzo di cioccolato che aveva in mano: «… la morte di mio padre.»

Lupin annuì: «Direi evento traumatico in piena regola. Bene, se stai meglio tornerei a vedere come sta l’altro ragazzo che è svenuto… torno più tardi, va bene?»

Kaito annuì e il professore uscì dallo scompartimento.

Kaito rimase in silenzio per un po’, poi trovò il coraggio di chiedere: «Dissennatori?»

George annuì: «I guardiani di Azkaban. Sono creature che ti succhiano tutta la felicità e…»

Kaito annuì e il gemello si fermò.

Sheridan aggiunse ancora: «Saranno qua per Sirius Black…»

Il ragazzo annuì ancora e i Malandrini non ebbero più il coraggio di dire una parola. Rimasero lì, seduti vicini, in silenzio. Non c’era bisogno di dire nulla, l’importante era sapere di non essere soli.

 

L’aria fresca che investì Kaito scendendo dal treno servì a svegliarlo totalmente. Solo in quel momento si rese davvero conto di essersi destato dall’incubo di prima.

Continuava a ripetersi mentalmente che qualunque cosa fosse era finita, e che aveva di meglio a cui pensare. Insomma, era pur sempre tornato ad Hogwarts!

Con un certo sforzo il prestigiatore si concentrò sul caos che lo circondava: i gufi tubavano, i gatti miagolavano e il rospo di Neville gracidava da sotto il berretto del suo padrone. Sulla stretta banchina si gelava; scrosciava infatti una pioggia ghiacciata.

Kaito si stava giusto chiedendo se si era portato dietro un ombrello (e quanto l’avrebbero preso in giro se l’avesse aperto), quando Sheridan gli diede una gomitata.

«Dove vai?»

«Alle barche, no?»

«Quelle sono solo per le matricole…»

Kaito fece un’espressione strana: «Quindi… niente barche?»

«No.»

«E di conseguenza niente lago…»

La ragazza lo guardò sempre più perplessa: «No…»

Il ragazzo esultò alzando le braccia: «Deo gratias, niente lago!»

Sheridan lo guardò per qualche secondo: «… tu hai la fobia dei pesci, giusto?»

«Già.»

La ragazza sorrise, visibilmente più sollevata: «Me l’ero dimenticata, sai?»

«Beata te, vorrei riuscirci anch’io…»

Sheridan sospirò. Per un attimo aveva temuto che Kaito avesse un’altra crisi, ma un urlo di Fred e George attirò l’attenzione di entrambi su una serie di carrozze, alla cui vista Kaito trasalì. Erano trainate da delle specie di cavalli mischiati con dei rettili o qualcosa di simile.  Erano completamente privi di carne, i manti neri aderivano allo scheletro, di cui era visibile ogni osso. Avevano teste di drago, con occhi senza pupille bianchi e sgranati. Dal garrese spuntavano vaste ali nere della consistenza del cuoio, come di pipistrelli giganti. Immobili e tranquille nell'oscurità, le creature avevano un aspetto misterioso e sinistro.

«Che sono quelli?»

Sheridan lo guardò preoccupata: «Carrozze, direi. A meno che non ti riferissi a Fred e George, in tal caso ti direi due gemelli idioti.»

Kaito scosse la testa, ignorando volutamente lo stizzito “ehi” di protesta dei Weasley: «Ma no, parlo di quelle specie di… cavalli o draghi o cosa cavolo sono che trainano le carrozze!»

Sheridan e i gemelli lo fissarono preoccupati: «Kaito… non c’è nulla che traina le carrozze!»

Il ragazzo indicò quella che ai Malandrini sembrò aria: «Ma certo che c’è! Lo vedo!»

All’imbarazzante silenzio che ne seguì, il ragazzo si apprestò ad aggiungere: «Non sono pazzo! Non ho allucinazioni! Quei cosi sono lì!»

Fred annuì con una falsità da attore consumato: «Ceeerto, Kaito, li vedo anch’io i gattini blu alati che trainano le carrozze… sei ancora nel mondo dei sogni, ragazzo?»

Il gemello gli mise un braccio intorno al collo: «Ok, puoi dircelo, manterremo il segreto. Cosa hai fatto veramente questa estate?»

Kaito si liberò dalla presa: «Non ho fatto nulla e piantatela di trattarmi come se fossi ubriaco, drogato o pazzo! Sto bene!»

Al limite del nervoso, il ragazzo andò a sedersi nella carrozza odorante di muffa e paglia  a braccia incrociate e con aria offesa, dove anche gli altri, dopo essersi scambiati uno sguardo preoccupato, lo seguirono.

Dalla carrozza affianco, senza essere notata, Luna Lovegood sorrise.

Kaito non disse una parola durante l’intero tragitto. Non era arrabbiato con il resto dei Malandrini, capiva la loro preoccupazione, solo non capiva cosa stesse succedendo e perché, improvvisamente, si ritrovava in una tale imbarazzante situazione. Se continuava così l’avrebbero rinchiuso in un manicomio. Sempre che i maghi l’avessero un manicomio… però, se avevano la prigione…

Strinse la mano sulla tasca interna della divisa. Forse tutta quell’ansia dipendeva anche da…

Un altro brivido lo attraversò da testa a piedi. Sheridan gli prese immediatamente le mani come aveva visto fare a Lupin sul treno e i gemelli tirarono fuori una cioccorana. Kaito era rigidissimo e teneva lo sguardo fuori dal finestrino. Stavolta li aveva intravvisti: ai lati di una maestosa cancellata in ferro battuto, affiancata da colonne di pietra sormontate da cinghiali alati, c’erano due figure torreggianti e incappucciate vestite completamente di nero. Dovevano essere i tanto decantati Dissennatori. La carrozza era sfrecciata vicinissima a loro e il cuore di Kaito era sobbalzato stringendosi in una morsa. Senza dire nulla, il prestigiatore prese la cioccorana che gli veniva offerta, la mise in bocca e chiuse gli occhi stringendo forte le mani di Sheridan, cercando di tenersi legato alla realtà con tutte le sue forze e chiedendosi se avrebbe retto un anno intero in quelle condizioni.

 

Kaito entrò nel castello con il volto pallido e tirato e le gambe tremanti. Troppe emozioni in poche ore, si disse. Non vedeva l’ora di allontanarsi da quelle “cose”, umane o animali che fossero, e mettersi a dormire. Non aveva quasi degnato di saluto i compagni di classe e sentiva su di lui gli sguardi ansiosi degli amici Malandrini.

Che beffa, pensò, e pensare che lui aveva aspettato tutta l’estate quel momento per…

«Kuroba!»

Il ragazzo sobbalzò. Alle sue spalle c’erano Harry, Hermione e, soprattutto, la professoressa McGranitt, vestita esattamente come l’anno prima e con la sua solita pettinatura a chignon.

«Vieni anche tu nel mio ufficio.»

Il prestigiatore annuì: «Devo giusto parlarle anch’io.»

«Bene.»

Il gruppo si avviò nei corridoi. Kaito provò a chiedere sottovoce a Harry cosa fosse accaduto, ma il ragazzo sembrava chiuso in una crisi di mutismo e Hermione gli fece cenno di non insistere. In un pesante silenzio, dunque, attraversarono la Sala d'Ingresso, salirono le scale e si incamminarono lungo un corridoio.

Giunti nel suo ufficio, una stanzetta con un gran camino acceso, la professoressa McGranitt fece segno agli studenti di sedersi. Anche lei si accomodò dietro la scrivania ed esordì senza preamboli:

«Il professor Lupin ha mandato un gufo per avvertire che siete stati male in treno.»

Harry la guardò sorpreso: «Eh? Non ero solo io?»

Kaito gli restituì lo sguardo stupito: «Anche voi?»

Hermione scosse la testa: «No, io no.»

Prima che Harry potesse replicare, qualcuno bussò piano alla porta e Madama Chips, l'infermiera, entrò con aria affaccendata.

«Chi sono i malati?»

Harry e Kaito non dissero nulla, ci pensarono la McGranitt ed Hermione a indicarli.

Madama Chips senza battere ciglio: «Bene. Si tratta di voi. Fatemi indovinare: tu stavi facendo di nuovo qualcosa di pericoloso…»

Harry la guardò con aria quasi offesa.

«… e tu ti stavi facendo notare in qualche modo.»

Kaito protestò: «Ehi!»

L’infermiera fece spallucce: «Impossibile non notarti, ragazzo, da quando l’anno scorso hai passato settimane nella mia infermeria…»

La McGranitt interruppe sul nascere qualsiasi tipo di discussione: «È stato un Dissennatore, Chips

Le due donne si scambiarono uno sguardo torvo. Madama Chips fece un verso di disapprovazione e spinse indietro i capelli di Harry e Kaito per sentir loro la fronte, mormorando: «Mettere tutti quei Dissennatori attorno alla scuola… sì, sono tutti appiccicosi. Sono terrificanti, davvero, e l'effetto che fanno su persone che sono già di per sé cagionevoli...»

Harry e Kaito protestarono in coro: «Io non sono cagionevole!»

Madama Chips rispose distrattamente, mentre sentiva loro il polso: «Ma certo che no. Ok, chi di voi è svenuto?»

Harry non aprì bocca, ma il colore del suo volto improvvisamente tendente al rubino fu una risposta più che sufficiente.

L’infermiera si rivolse a Kaito: «Bene, e quindi tu sei quello che ha avuto crisi allucinatorie con grida e perdita di contatto con la realtà.»

Harry lo guardò preoccupato e Kaito rispose sorridendo tristemente: «A quanto pare tu almeno sei riuscito ad essere più discreto di me…»

La McGranitt chiese asciutta: «Di cosa hanno bisogno? Riposo? È meglio se stanotte dormono in infermeria?»

Harry balzò in piedi: «Sto bene!»

Kaito non ne era sicuro al cento per cento, per cui rimase zitto al suo posto.

Madama Chips, scrutò i ragazzi negli occhi: «Be', come minimo dovrebbero mangiare un po' di cioccolato. »

Harry rispose prontamente: «Ne ho già mangiato un po'. Me l'ha dato il professor Lupin. L'ha dato a tutti.»

Kaito confermò: «L’ha dato anche a me. E Fred e George mi hanno dato anche una cioccorana supplementare.»

Madama Chips esclamò in tono d'approvazione: «Davvero? Vuol dire che finalmente abbiamo un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure che conosce il suo mestiere?»

La McGranitt aggiunse, senza l’ombra di un sorriso: «Mi stupisce di più che i gemelli Weasley siano improvvisamente diventati responsabili… comunque, siete sicuri di stare bene, voi due?»

Harry rispose immediatamente di sì, Kaito si limitò ad annuire.

«Molto bene. Per favore aspettate qui fuori mentre scambio due parole con la signorina Granger sui suoi orari, poi andremo insieme al banchetto».

Kaito protestò: «Dovrei parlarle anch’io…»

«Ti chiedo scusa, Kuroba, lo faremo domani. Ora, per favore, uscite.»

Harry e Kaito tornarono in corridoio con Madama Chips, che si avviò verso l'infermeria parlottando tra sé.

Harry si voltò verso Kaito: «Tu volevi andare in infermeria, eh?»

Il prestigiatore lo guardò comprensivo: «Più che altro non so che mi succede.»

Harry sospirò: «Non sta iniziando molto bene, eh?»

Kaito annuì: «Decisamente no.»

«Appena ho visto quei Dissenatori sono crollato come una pera cotta.»

«Almeno tu sei solo svenuto. Adesso il mondo mi considera un pazzo visionario… e i Dissennatori io non li ho neanche visti!»

«Almeno tu non rischi che il ricercato di Azkaban venga a cercarti.»

Almeno tu non rischi che la polizia faccia irruzione da un secondo all’altro per arrestarti, ribatté mentalmente Kaito, ma proprio in quel momento Hermione uscì con l'aria molto soddisfatta, seguita dalla professoressa McGranitt, e il terzetto ridiscese le scale fino alla Sala Grande.

Era un mare di cappelli neri a punta; ognuna delle tavolate era affollata di studenti, i visi illuminati dalle fiammelle di migliaia di candele che galleggiavano a mezz'aria sui tavoli. Il professor Vitious, un piccolo mago con un gran ciuffo di capelli bianchi, stava portando via un cappello antico e uno sgabello a tre piedi.

Hermione protestò sottovoce: «Oh, ci siamo persi lo Smistamento!»

La professoressa McGranitt si avviò verso il suo posto al tavolo degli insegnanti, mentre Harry, Hermione e Kaito si dirigevano, cercando di non farsi notare, verso il tavolo dei Grifondoro. Tutti si voltarono a guardarli mentre strisciavano lungo il muro della sala, e alcuni li indicarono. Mentre Harry e Hermione si sedevano ai due lati di Ron, Kaito andò ad accomodarsi vicino a Sheridan e a Ginny.

«Dov’eri finito? Cos’è successo?»

Kaito non fece in tempo a rispondere, perché Silente si alzò in piedi e iniziò il suo discorso inaugurale.

«Benvenuti! Benvenuti a un altro anno a Hogwarts! Devo dirvi solo poche cose, e siccome sono tutte molto serie, credo che sia meglio toglierci il pensiero prima che finiate frastornati dal nostro ottimo banchetto...»

Silente si schiarì la voce e riprese: «Come ormai tutti saprete dopo la perquisizione dell'Espresso di Hogwarts, la nostra scuola attualmente ospita alcuni dei Dissennatori di Azkaban, che sono qui in missione per conto del Ministero della Magia. Sono di guardia a tutti gli ingressi, e finché rimarranno con noi, voglio che sia chiaro che nessuno deve allontanarsi da scuola senza permesso. I Dissennatori non devono essere presi in giro con trucchi o travestimenti, né tantomeno coi Mantelli dell'Invisibilità.»

Kaito mandò una veloce occhiata a Harry, che stava guardando Ron con uno sguardo più che eloquente. La frecciatina sui trucchi e travestimenti probabilmente era rivolta a lui.

Silente continuò: «Non fa parte della natura di un Dissennatore comprendere eventuali scuse o suppliche. Di conseguenza vi metto in guardia tutti quanti: non date loro motivo di farvi del male. Conto sui Prefetti, e sui nuovi Capiscuola, perché facciano in modo che nessuno entri in conflitto con i Dissennatori.»

Percy, che era seduto poco distante da Harry, spinse di nuovo il petto in fuori lanciando occhiate autoritarie tutto intorno. Silente tacque di nuovo; fece scorrere uno sguardo molto serio sulla sala, e tutti rimasero immobili, in silenzio.

«Per passare a un argomento più allegro, sono lieto di dare il benvenuto a due nuovi insegnanti. Innanzitutto al professor Lupin, che ha gentilmente accettato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure».

Risuonò qualche applauso sparso e poco entusiasta. Solo i ragazzi che si erano trovati nello scompartimento di Lupin e in quello dei Malandrini batterono forte le mani. Il professor Lupin aveva l'aria particolarmente trasandata accanto agli altri insegnanti, che indossavano i loro abiti migliori.

Silente riprese, mentre il tiepido applauso per il professor Lupin si spegneva: «Quanto alla nostra seconda nuova nomina, sono spiacente di dovervi dire che il professor Kettleburn, il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche, è andato in pensione alla fine dell'anno scorso per godersi gli anni, nonché le membra, che gli restano. Comunque sono lieto di annunciarvi che il suo posto verrà preso nientemeno che da Rubeus Hagrid, che ha accettato di assumere il ruolo di insegnante in aggiunta al suo compito di guardiacaccia».

Dopo un attimo di stupore partì un applauso, che fu fragoroso soprattutto alla tavola dei Grifondoro. Hagrid era di un rosso paonazzo, si fissava le manone, con un gran sorriso nascosto nel groviglio della barba nera e, mentre il professor Silente riprendeva a parlare, lo videro che si asciugava gli occhi con la tovaglia.

Silente concluse: «Bene, credo di avervi detto tutte le cose importanti. Che la festa cominci!»

Fu un banchetto delizioso; la sala risuonava di chiacchiere, risate e del tintinnio di coltelli e forchette e Kaito riuscì finalmente a distrarsi da tutti i suoi pensieri. Poi, quando gli ultimi bocconi di torta di zucca furono spariti dai piatti d'oro, Silente annunciò che era ora di andare a dormire e Kaito ne fu molto felice.

Percorsero altri corridoi e salivano altre scale fino all'ingresso nascosto alla Torre di Grifondoro. Un grande ritratto di una signora grassa vestita di rosa chiese loro: «Parola d'ordine?»

Percy si rivolse alla folla «Entrate, entrate! La nuova parola d'ordine è Fortuna Maior

Neville Paciock mormorò sconsolato: «Oh, no.»

Per lui tenere a mente la parola d'ordine era sempre stato un problema e i compagni lo sapevano bene.

Dopo aver oltrepassato l'ingresso e la sala comune, i ragazzi e le ragazze si separarono; Kaito risalì la scalinata e si buttò sul letto vestito. La stanchezza prevalse su ogni incubo e ogni preoccupazione e il ragazzo scivolò in un sonno senza sogni.

 

 

E rieccomi! Questo capitolo dovrebbe tranquillizzare tutti coloro che avevano ancora dei dubbi sulla continuazione della storia... continua, continua, tranquilli!

Adesso arriverà una valanga di lettere via gufo (stile primo libro) per chiedermi cosa significa la frase in giapponese. Non mi sono dimenticata di mettere la traduzione, è solo che la scena era dal punto di vista dei gemelli e di Sheridan, per cui doveva essere incomprensibile. Fra un po’ ne vedrete anche la traduzione, e a questo proposito ringrazio ancora la mia amica Noemi per avermi fatto la traduzione (altro che Google Translate, questa è giusta di sicuro!).

Intanto ringrazio Cicci 12 e i nottambuli Tsuki no Sasuke, darkroxas92 e Lunaby per le entusiaste recensioni, mi fate sempre tantissimo piacere e mi donate sempre un sorriso.

Prossimo capitolo? Kaito risolverà una questione rimasta in sospeso... o forse no...

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 20
*** Nessuna risposta ***


Nessuna risposta

 

Stephen si affacciò alla porta del dormitorio: «Kaito! Sei ancora lì a rimirarti allo specchio?»

Il prestigiatore rispose con un mugugno, mentre cercava disperatamente di lisciarsi la divisa: «Promemoria, Kaito: mai dormire con i vestiti! E qua non c’è nemmeno un ferro da stiro… me lo insegneranno un incantesimo per stirare? Perché non c’è un corso di economia domestica magica?»

Dopo aver litigato ancora un po’ con la divisa, il ragazzo si decise a scendere per la colazione, dove ritrovò tutti i suoi compagni di classe, a cui la sera prima aveva prestato davvero poca attenzione.

Erano cambiati più di quanto Kaito si aspettasse, ma in fondo era normale, erano in piena fase di crescita: tutti erano più alti e con i capelli più lunghi, ad esclusione di Stephen, che aveva optato per un taglio quasi a zero che a Kaito non piaceva per niente. Persino Sheridan aveva iniziato a farsi crescere i capelli in un taglio più normale. La cosa che però lo rese più felice fu scoprire che Colin era ancora con loro: dato che si era perso metà anno causa pietrificazione, aveva temuto l’avessero bocciato.

«Mi è toccato studiare tutta l’estate, ma ora sono di nuovo in pari con voi!»

Nicole gli sorrise: «Ne siamo felici, credimi! Giusto, ragazzi?»

Thomas sospirò: «Almeno finalmente possiamo smettere di andare in giro con la macchina fotografica...»

Di tutta risposta Colin gli scattò una foto col flash, accecandolo. Mentre il gruppo del secondo anno rideva, il ragazzo si sfilò gli occhiali e sfregandosi gli occhi commentò: «Ma dovrò riabituarmi al più presto alla tua tendenza da paparazzo incallito…»

Kaito rise e Sheridan lo guardò più sollevata.

Stephen prese l’orario: «Allora, che ci tocca stamattina? Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Pozioni…»

Kaito drizzò le orecchie: «Trasfigurazione, hai detto?»

Il biondino lo guardò sorpreso: «Sì…»

Il prestigiatore mise la mano sulla tasca e ne strinse forte il contenuto: «Finalmente.»

Thomas si rimise gli occhiali: «Non credevo ti piacesse così tanto…»

«Vestes Ironing.»

Sotto lo sguardo stupito di Kaito, i suoi abiti tornarono a posto ed Hermione sorrise: «Scusa, ma sembravi finito sotto un camion…»

Il prestigiatore la ringraziò: «Me lo potresti insegnare?»

«Certo.»

Fred e George, dall’altra parte del tavolo, intercettarono Harry, decisamente di cattivo umore.

George gli passò dei fogli: «I nuovi orari del terzo anno. Che cosa ti succede, Harry?»

Ron si limitò a sedersi dall'altro lato di George e a lanciare un'occhiata al tavolo dei Serpeverde: «Malfoy.»

George alzò gli occhi giusto in tempo per vedere Malfoy che fingeva un'altra volta di svenire.

«Quel piccolo idiota! Non era così tronfio ieri sera quando i Dissennatori sono saliti sul treno. È entrato di corsa nel nostro scompartimento, vero, Fred?»

Fred annuì, scoccando a Malfoy uno sguardo sprezzante: «Quasi se la faceva addosso.»

George disse: «Non ero tanto contento nemmeno io. Sono tremendi, questi Dissennatori...»

I tre Malandrini si lanciarono uno sguardo preoccupato da un parte all’altra del tavolo, per poi osservare Kaito parlottare con Hermione. Non avrebbero dimenticato tanto facilmente quel viaggio in treno e c’era solo da ringraziare che Malfoy non avesse capito cosa stava accadendo nello scompartimento quando ci era entrato per errore.

Preso dalla discussione con Hermione sugli incantesimi utili, Kaito non sentì quasi nulla della discussione. L’unica cosa di cui si era preoccupato era che i suoi compagni non capissero perché era così interessato alla lezione di Trasfigurazione.

Dopotutto, di quello, non poteva proprio parlare con loro.

 

I ragazzi di Grifondoro e Corvonero entrarono in aula molto eccitati, curiosi di conoscere il nuovo insegnante.

«Le lezioni saranno più interessanti che non con Allock?»

Kaito commentò: «Ah, quello poco ma sicuro! Non ci vuole niente ad essere più interessanti di Allock.»

Ginny sospirò: «Chissà che fine ha fatto?»

Non si ebbe il tempo di fare ipotesi, perché in quel momento Lupin entrò in aula. Era trasandato come sempre, ma aveva l'aria più sana che non sul treno, l'aria di uno che ha consumato qualche pasto come si deve.

L’insegnante li accolse con un sorriso: «Buongiorno, ragazzi! Sono felice di cominciare la mia carriera qui ad Hogwarts con voi. Scusatemi se oggi sarò magari più insistente su qualche dettaglio, ma è il primo giorno per me come per voi e vorrei cercare di capire bene cosa avete fatto e cosa no per poter partire con il piede giusto.»

Kaito sorrise: questo sì che aveva l’aria di essere un insegnante come si deve!

Lupin fece l’appello, poi si sedette e con aria curiosa chiese: «Allora, ditemi… cosa avete fatto l’anno scorso? Ditemi tutto quello vi ricordate: come facevate lezione, di cosa avete parlato… parlate pure!»

Un silenzio imbarazzato calò sulla classe. Kaito venne fulminato da tutti i compagni Grifondoro, con l’implicito messaggio di stare buono e non farsi notare subito. Dopo un po’, un ragazzo di Corvonero si decise a prendere la parola: «Leggevamo i libri. E qualche volta li interpretavamo.»

Lupin fece una piccola smorfia: «Ok… la teoria è importante e una simulazione può aiutare in caso di vera emergenza… e di cosa avete parlato?»

Il silenzio si fece più imbarazzato. Tutti avevano approfittato delle vacanze per dimenticare le orribili lezioni di Allock.

Luna sorridendo disse: «Non abbiamo mai parlato dei Gorgosprizzi

Qualcuno ridacchiò, ma Lupin non si scompose: «Ne terrò conto. Altro?»

Dopo altri due minuti d’imbarazzo Kaito scoppiò: «L’anno scorso era un disastro. L’unica cosa utile che abbiamo imparato è stato l’incantesimo Expelliarmus, e solo perché il prof ha fatto da cavia!»

Risatine, cenni di assenso e mani sugli occhi seguirono la confessione del ragazzo. Sheridan alzò gli occhi al cielo e Ginny gli fece segno che lo avrebbe strozzato appena possibile.

Lupin cercò di riottenere il silenzio: «Va bene, va bene. Ti ringrazio, Kaito, per la sincerità e la spontaneità, anche se ti pregherei di non parlare più male del mio predecessore.»

Kaito fece spallucce: «Male? È solo perché non mi ha sentito l’anno scorso…»

«… e farai bene a non farti sentire neanche quest’anno, o mi costringerai a toglierti dei punti. La sincerità è un grande dono, Kaito, e gradirei continuassi a usarla anche con me. Se nella mia lezione ci fosse qualcosa che non va, dimmelo con questa stessa sincerità, va bene?»

Sheridan sorrise: «Non si preoccupi, qui non abbiamo problemi di peli sulla lingua, come ha potuto notare.»

Lupin annuì: «Bene. Mi sono fatto un’idea su come regolare le prossime lezioni. Inizio ad anticiparvi che con me non ci saranno… interpretazioni letterarie, chiamiamole così. Questo non significa che non faremo teoria, ma direi di alternarle anche con qualcosa di pratico.»

Un applauso sancì la proposta.

«Purtroppo, questi momenti di riflessione silenziosa non ci hanno lasciato il tempo di iniziare subito, ma dalla prossima lezione cominceremo sul serio. Grazie per la vostra collaborazione, potete andare.»

I ragazzi si alzarono, ma Lupin parlò ancora una volta: «Kaito, potresti fermarti un momento?»

Il prestigiatore tornò sui suoi passi: «Purché non ci metta troppo, altrimenti la McGranitt mi toglie punti e vorrei evitare di ripetere la performance del primo giorno dell’anno scorso…»

Il professore sorrise: «Di quanti punti parliamo?»

«Ventuno.»

«Però! Mi ricordi tanto un mio vecchio amico di quando frequentavo io Hogwarts… penso che sareste andati d’accordo.»

«Se era ai miei livelli, probabilmente avremmo demolito il castello!»

Lupin rise: «Oh, vi ci vedo benissimo, tu e James, a far impazzire Gazza! Senti, a parte gli scherzi… stai bene?»

Kaito annuì, ma Lupin insistette: «Non hai più avuto problemi con i Dissennatori?»

«Se loro stanno ben lontani da me, io non mi avvicino, poco ma sicuro.»

«Va bene, Kaito. Se avessi qualunque tipo di problema, però, vieni a parlarmene, ok?»

Il ragazzo iniziò ad avviarsi verso la porta: «Intesi, professore. Ora mi scusi, ma se non vado la McGranitt mi lincia davvero!»

«Va bene. Buona giornata, allora!»

«Anche a lei!»

Kaito chiuse la porta e Lupin rimase per un po’ ad osservarla, sovrappensiero. Dopo un minuto scosse la testa. Non poteva lasciarsi prendere dai pensieri e dai ricordi, aveva un’altra classe che sarebbe entrata a momenti e lui avrebbe dovuto essere pronto.

 

«Siete tutti pregati di studiare le pagine undici, dodici, tredici e quattordici e di preparare la relazione. È tutto.»

Non appena la McGranitt finì di parlare, tutti gli studenti del secondo anno raccolsero le loro cose e si prepararono per avviarsi alla lezione successiva. Tutti tranne uno.

Sheridan, non vedendolo muoversi, si fermò: «Kaito?»

Il ragazzo le sorrise: «Devo solo dire una cosa alla McGranitt, tu inizia pure ad andare.»

«Sicuro? Va tutto bene?»

«Tutto benissimo, tranquilla! Ti raggiungo subito!»

Poco convinta dallo strano comportamento del ragazzo, Sheridan uscì dalla classe. Kaito, con una mano in tasca, si avvicinò all’insegnante sfoggiando la sua faccia da poker per nascondere il nervosismo. Aveva aspettato quel momento tutta l’estate.

«Professoressa? Ha un minuto? Dovrei parlarle.»

«Dimmi, Kuroba. Qualche problema con i compiti?»

Il ragazzo le restituì uno sguardo molto serio: «Avrei bisogno di lei in quanto vicepreside.»

La McGranitt cambiò atteggiamento: «Cosa succede? Riguarda forse ciò che è accaduto ieri?»

«No. Volevo chiederle come ottenere un colloquio col preside.»

La McGranitt lo fissò dritto negli occhi, come se volesse leggergli il pensiero: «Non è il caso di disturbare il preside per cose di poco conto, Kuroba. Sei davvero sicuro che non possa aiutarti io?»

Il ragazzo sospirò: «Professoressa, io in lei ho la massima fiducia e la massima stima. Se avessi problemi con i miei compagni o di qualunque altra ragione, mi rivolgerei a lei senza esitazione, come responsabile della mia Casa e come vicepreside. Ma, la prego di credermi, è una questione personale riguardo alla quale, purtroppo, lei non è in grado di rispondermi.»

La professoressa lo guardò sempre con i suoi occhi taglienti: «Va bene, Kuroba. Non ti assicuro niente, ma proverò a farti ottenere un colloquio. Avrai al più presto notizie.»

Kaito piegò il capo: «La ringrazio.»

Il prestigiatore uscì dall’aula tirando un grosso sospiro di sollievo. Mise ancora una volta la mano in tasca.

Ne valeva la pena?

Strinse forte la fodera della divisa, facendo attenzione a non rovinare ciò che nella tasca era contenuto.

Sì, ne valeva pena.

 

Per un paio di giorni, la vita trascorse come la normale routine di Hogwarts imponeva.

Poi, una mattina, un barbagianni marrone recapitò a Kaito una lettera.

 

La McGranitt mi ha comunicato la tua richiesta d’incontrarmi.

Ti aspetto questa sera nella Sala Professori alle 21.30. Porta con te questa lettera, nel caso il signor Gazza ti fermi, così non ci saranno problemi.

A questa sera.

Albus Silente

 

Kaito sorrise e infilò la lettera in tasca. Finalmente era giunto il momento della verità.

 

Il rumore dei cardini che cigolavano fece sfuggire a Kaito un’imprecazione nella sua lingua natale. Si era presentato puntuale all’appuntamento con il preside, dopo aver cercato inutilmente di schivare il custode, che puntualmente l’aveva intercettato. Solo la firma di Silente l’aveva salvato da una punizione certa.

Il prestigiatore si guardò intorno. Era entrato là dentro qualche mese prima, ma ricordava ogni centimetro di quella stanza: mentre aspettavano la McGranitt lui, Harry e Ron l’avevano percorsa in lungo e in largo in preda all’ansia. Ricordava piuttosto bene anche l’armadio in cui si erano nascosti. Però sotto la luce tenue della luna piena tutto aveva un’aria decisamente più spettrale. Sembrava quasi di sentire dei colpi provenire dall’armadio…

«Buonasera, Kaito.»

Il prestigiatore sussultò: «B-buonasera professore!»

La barba del preside sembrava quasi risplendere al buio: «Tutto bene?»

«Sì, mi ha solo spaventato!»

L’anziano ridacchiò: «Ho sorpreso Kaito Kid, non male per un vecchietto come me!»

«La presenterò a Nakamori, allora.»

Silente tornò serio: «Allora, cosa può fare il preside di questa scuola per te che la McGranitt non può fare?»

Kaito tirò fuori dalla tasca quello che aveva custodito gelosamente per mesi: «Guardare con molta attenzione questa fotografia.»

L’uomo si sistemò meglio gli occhiali e, facendo luce con la bacchetta, prese la foto che il ragazzo gli porgeva con cipiglio quasi da detective.

«Quella foto ritrae gli spettatori di uno degli ultimi spettacoli di mio padre. In prima fila ci siamo io e una mia cara amica. Ora, mi spiega cosa ci faceva uno dei più grandi maghi del mondo a uno spettacolo di prestidigitazione? Per di più seduto proprio dietro di me? E non lo neghi, quella barba è piuttosto inconfondibile…»

Silente sospirò: «Non ho intenzione di negare l’ovvio. Sì, Kaito, quello seduto dietro il tuo posto ero proprio io.»

Kaito sputò fuori il dubbio che aveva da tempo: «Mi stava forse sorvegliando già da allora? C’entra qualcosa il fatto che sia arrivato qui con cinque anni di ritardo? Perché, sinceramente, la storia del gufo in ritardo fa acqua da tutte le parti…»

«Hai l’atteggiamento del detective, sai?»

Kaito sorrise: «Ne ho frequentati fin troppi…»

Il preside gli restituì la foto: «Mi dispiace, ma non posso dirti di più.»

«E perché?»

Il preside lo fissò dritto negli occhi, come se volesse leggergli l’anima: «Sai cos’è un Voto Infrangibile?»

Kaito sostenne a fatica quell’azzurro sguardo indagatore: «Una… scheda elettorale che non si può strappare?»

«No. È una promessa fra maghi. Un tipo di patto siglato con la magia, impossibile da infrangere, pena la morte. Io ne ho siglato uno che m’impedisce di spiegarti perché sia presente in quella foto e perché ti abbia convocato ad Hogwarts così tardi fino a quando tu non abbia raggiunto la maggiore età…»

Kaito esultò: «A posto, allora! Ho diciassette anni!»

Silente sorrise divertito: «… nel mondo babbano

Il ragazzo rimase con la bocca spalancata per un paio di secondi, preso in contropiede: «… ehi, ma così non vale! Non si possono cambiare i termini del contratto? Non mi va di aspettare fino ai vent’anni!»

«Mi dispiace, Kaito, non è una condizione che ho posto io… scusa, perché vent’anni?»

«L’età in cui si diventa maggiorenni… in Giappone è così.»

«In Inghilterra sono solo diciotto.»

Kaito lo guardò sollevato: «Oh, allora va già meglio!»

«Dipendesse da me ti direi tutto ora, ma purtroppo non posso. Potrei anche cominciare a rivelarti qualcosa, ma morirei prima di concludere e tu perderesti la tua unica fonte d’informazioni. Ti chiedo solo un anno di pazienza. Un anno ancora e ti prometto che risponderò ad ogni tua domanda. Sono disposto a siglare con te un altro Voto Infrangibile.»

Il ragazzo sospirò, un po’ deluso: «No, lasci stare, mi pare che lei ne abbia stretta fin troppa di quella roba e non voglio averla sulla coscienza. Mi fido della sua parola e le concedo un anno. Poi, se non risponderà, potrebbe ricevere una visita dal ladro gentiluomo…»

«Non ce ne sarà bisogno. Preferisco avere a che fare con Kaito Kuroba.»

Kaito si avvicinò all’armadio dove custodivano i mantelli dei professori: «Con lei devo sempre aspettare un anno per sapere qualcosa… poco più di un anno fa lei aveva trasfigurato l’armadio della mia cam…»

Non ebbe il tempo di finire la frase. Di colpo l’armadio si spalancò e uscirono dalle sue ante un centinaio di pesci di tutte le specie, che circondarono Kaito e iniziarono a girargli intorno, in un’ombra scura tanto simile a un mantello di un Dissennatore. Il ragazzo non urlò, non disse nulla, si limitò a irrigidirsi e a trattenere il respiro.

Silente tirò subito fuori la bacchetta: «Indietro, Kaito!»

Il ragazzo riuscì a malapena a tirare fuori un filo di voce: «E come? Sono circondato…»

Il preside ruggì: «Riddiculus!»

I pesci arretrarono e sembrarono rivolgere a lui la sua attenzione. In pochi secondi si riunirono a formare una figura umana. Sì, era una bambina, magra e dall’aspetto etereo, ma con il volto molto serio. Puntava un dito verso Silente in modo accusatorio.

L’uomo sorrise tristemente: «Avresti tutte le ragioni del mondo, Ariana… se solo fossi tu.»

Un altro colpo di bacchetta e Ariana, o qualunque cosa fosse, si ritirò nuovamente nell’armadio, che iniziò a tremare, come se qualcuno all’interno stesse cercando di liberarsi. Con un leggero movimento del polso Silente fece comparire un solido lucchetto.

Il preside sospirò, per poi voltarsi verso Kaito, ancora paralizzato dal terrore: «Tutto bene?»

Il ragazzo era bagnato fradicio di sudore: «Che…»

«Un Molliccio. Sono creature che si nascondono nei luoghi bui e che allontanano gli aggressori mostrando loro le peggiori paure.»

«Ah, per un attimo ho pensato si volesse vendicare per averla fatta venire qui stasera…»

Silente scosse la testa: «Al contrario, Kaito. Sono felice di aver parlato con te, ma penso che per stasera abbiamo avuto entrambi un po’ troppe emozioni. Torna nel dormitorio, domani mattina avvertirò il professor Lupin di questo piccolo ospite indesiderato, così potrà sbarazzarsene… o costruirci sopra una lezione.»

«Spero sinceramente non con noi, una volta mi è bastato e avanzato. Buonanotte, professore, e non dimentichi la sua promessa.»

«Non lo farò.»

Il ragazzo uscì dalla stanza e risalì le scale sovrappensiero. Perché la più grande paura di Silente risultava essere una ragazzina? Se aveva paura degli adolescenti, mettersi a capo di un istituto scolastico non gli sembrava una gran pensata. Ma soprattutto, chi poteva aver mai fatto un simile patto con Silente, al punto da costringerlo a mettere in gioco la sua vita? Cosa c’entrava lui in tutto questo?

Silente rimase nella sala insegnanti ancora a lungo, con l’unica compagnia del Molliccio che si agitava nell’armadio.

Si strinse ancora una volta il polso: «Ho mantenuto la mia parola, vecchio mio, e non parlerò per un anno ancora… però nulla del nostro patto mi vieta di controllare se la nostra supposizione era corretta, vero? Non voglio credere che tu sia morto invano…»

 

 

Buongiorno a tutti! Ecco qua il nuovo capitolo, che dice tutto e dice niente, lo so, ma vi dà una meta... fra un anno (spero non in tempo reale) saprete anche voi la verità!

Intanto, come al solito, ne approfitto per ringraziare Lunaby, Cicci 12, darkroxas92 e Tsuki no Sasuke per le loro entusiastiche recensioni.

Prossimo capitolo? Faremo un piccolo salto temporale e passeremo direttamente ad Halloween. La prima parte dell’anno scorrerà più veloce rispetto all’anno precedente, ma vedrete che la seconda vi ricompenserà... o almeno spero!

Al prossimo capitolo!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 21
*** Una notte di paura e di stranezze ***


Una notte di paura e di stranezze

 

 

 

Il bambino è felice. Sa che nulla potrà toccarlo, lì, fra le braccia del padre.

Allunga le mani verso il cielo, un cielo ricoperto di stelle, così vicine che sembra quasi di poterle toccare, e di candele sospese a mezz’aria.

Il bambino ride e sposta lo sguardo verso il padre, aspettandosi di vederlo sorridere.

Ma il volto dell’uomo è fin troppo serio.

«Papà?»

Improvvisamente il corpo del padre sembra farsi trasparente, la stretta sul bambino diminuisce sempre più, fino a sparire.

«Papà!»

Le braccia intangibili non sono più in grado di sostenere il peso del bambino, che inizia a cadere.

Anzi, a precipitare.

«PAPÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀ!!!»

E cade, cade, sempre più giù, mentre quel volto triste continua a guardarlo dal bordo del baratro dentro cui sta precipitando.

E cade, cade, sempre più giù, mentre si rende conto che il suo corpo non è più quello di un bambino, ma quello di un ragazzo.

E cade, cade, sempre più giù, mentre viene circondato da striscioni in fiamme, da carte, foulard e colombe, tutto ricoperto e consumato inesorabilmente dal fuoco.

E cade, cade, sempre più giù, mentre quelle stelle che prima ammirava lo osservano dall’alto, indifferenti, e le fiamme delle candele si spengono in un soffio.

E cade, cade, sempre più giù, mentre si rende conto che sotto di lui lo aspetta un inferno di fiamme, pronto ad arderlo fino alle ossa, fino a consumarne persino il ricordo.

E cade, cade, sempre più giù, mentre, disperato, non può fare altro che gridare ciò che grida da sempre...

 

 

 

Kaito si svegliò urlando. Impiegò qualche secondo a rendersi conto di essere sveglio e seduto sul suo letto. Si spostò i capelli madidi di sudore dalla fronte. Solo a quel punto si rese conto di essere osservato.

«Ops...»

 

Sheridan osservò i suoi compagni di classe scendere dalla scala del dormitorio con delle facce sconvolte e delle occhiaie profonde.

«Non ditemelo, l’ha fatto di nuovo.»

Thomas, Stephen e Colin si limitarono a commentare a una sola voce: «Già...»

Dietro di loro, Kaito era imbarazzatissimo: «Scusate ancora... non lo faccio apposta...»

Thomas lo guardò di storto: «Hai provato a mangiare leggero prima di andare a dormire?»

Kaito sospirò: «Ho provato anche a saltarla, la cena, ma niente, continuo a fare questi incubi...»

Stephen scese le scale verso la Sala Grande quasi in trance: «Incubi che non solo non fanno dormire te, ma neanche noi, visto che urli come un disperato ogni volta... e urli in giapponese, per di più!»

«Davvero? E cosa dico?»

Colin sospirò: «E che ne so, mica lo sappiamo noi il giapponese! È un qualcosa come “Tasukure, ivaor moetiru...»

Kaito l’adattò sovrappensiero: «Tasukete, hi wa ore wo moete iru»

«Esatto, era così! Che significa?»

«Più o meno: ”Aiuto, al fuoco, sto bruciando”.»

I compagni rimasero interdetti a quella risposta così cruda. Kaito sorrise tristemente: «Che è più o meno quello che sogno sempre da due mesi a questa parte...»

Stephen entrò nella Sala Grande sconvolto: «E ci credo che urli come un disperato ogni volta...»

Thomas s’intromise: «Hai studiato troppo Storia della Magia? Magari, con Guendalina la Guercia...»

Kaito alzò le spalle: «Non credo di essere un tipo così impressionabile, ma con tutti questi Dissennatori intorno, chi può dirlo?»

Al tavolo dei Grifondoro erano già sedute Nicole e Ginny, che sventolava una lettera: «Kaito, sei in ritardo, è già passata Aoko!»

Il prestigiatore rispose distrattamente: «Ah, sì? Grazie...»

Nicole diede una gomitata a Sheridan: «Ma che hanno tutti, stamattina?»

Kaito aprì la lettera della madre, mentre metteva in bocca una fetta biscottata.

 

Caro Kaito,

spero che vada tutto bene. Qui sembra tutto normale, a parte che non troverai in allegato come al solito la lettera di Aoko.

Non so perché, ma quando le ho parlato di te, mi ha guardato in modo strano... avete forse litigato?

 

Kaito sembrò risvegliarsi per un attimo dai suoi pensieri. Litigato con Aoko? No, non che gli risultasse... poteva averle scritto qualcosa di sbagliato? Fece una smorfia. Aoko non era certo il tipo da mandare a dire le cose, se si fosse offesa glielo avrebbe detto in faccia. E allora cosa...

«Buongiorno, Kaito!»

Il ragazzo trasalì sulla panca: «Fred! George! Mi avete fatto prendere un colpo!»

«Da quando sei così impressionabile?»

Colin rispose per lui: «Da quando non dorme la notte.»

I gemelli si guardarono un po’ preoccupati: «Ah...»

Kaito se ne accorse: «Tranquilli, sto bene. Mi cercavate?»

Fred gli sussurrò all’orecchio: «Ti va di preparare qualcosa per stasera?»

«Stasera?»

George si avvicinò all’altro orecchio: «Sveglia! Oggi è il trentuno di ottobre!»

Kaito esclamò: «Ah, Ha...»

Il suo sguardo si soffermò per un attimo su Sheridan, che guardava irritata dei compagni di Grifondoro scambiarsi bigliettini a forma di zucca: «...lloween...»

Fred annuì: «Appunto. Dobbiamo pensare a qualcosa per tenerla buona.»

Kaito sospirò: «Ci penserò. E la terrò d’occhio, oggi.»

«Bravo!»

Il prestigiatore mise in tasca la lettera della madre. Ci avrebbe pensato sicuramente, ma ora era più urgente Sheridan.

 

Lupin chiuse il libro: «E per oggi è tutto, ragazzi. Ci vediamo la prossima settimana!»

I ragazzi uscirono di corsa dall’aula per godersi il pomeriggio libero. Fred e George, prima di andare ad Hosmegade, riuscirono ad avvicinare Kaito.

«Allora, come va?»

Il prestigiatore sospirò: «Come sempre. Fa finta di nulla, ma l’argomento le rode ancora. Non so come abbia fatto a resistere alla tentazione di maledire un Serpeverde che a Erbologia le ha fatto crescere una zucca vicino alla mandragola...»

George osservò da lontano Sheridan parlare con Ginny: «Per andar bene bisognerebbe che le zucche non esistessero...»

Kaito s’illuminò: «Giusto!»

I gemelli lo guardarono perplesso: «Giusto cosa?»

«Forse ho l’idea che potrebbe risolvere la situazione, fornendo a Sheridan la sua piccola vendetta e senza essere troppo esagerata. Ma avrò bisogno di aiuto.»

Fred e George si guardarono complici: «Dicci tutto, che se serve materiale ce lo procuriamo in quattro e quattr’otto da Zonko...»

 

«Sei sicuro di quel che dici?»

Kaito rise: «Insomma, Malandrina! Non vorrai mica farmi credere che hai paura?»

Sheridan lo fulminò con lo sguardo: «Ti pare?»

«E non verrai a dirmi che l’idea non ti piace...»

«Certo che no! Ma... è possibile?»

Kaito le fece l’occhiolino mentre entravano nella Sala Grande: «Tutto è possibile con un pizzico di magia e di prestidigitazione!»

Era stata decorata con centinaia e centinaia di zucche piene di candele accese, un nugolo di pipistrelli veri svolazzanti e tantissime stelle filanti di un color arancione fiammeggiante, che guizzavano pigramente lungo il soffitto coperto di nuvole come luminosi serpenti d'acqua.

«Abbiamo poco tempo, dovremo essere veloci e precisi.»

Sheridan annuì: «Sei sicuro dell’incantesimo?»

«L’ho chiesto a Hermione con la scusa di evitare di svegliare tutti quando urlo per gli incubi. Il che non è nemmeno del tutto una bugia.»

La ragazza sorrise: «Mi spiace solo un po’ per Hagrid...»

«Dolcetto o scherzetto, no?»

George entrò nella Sala, armato di bacchetta: «Fred è di sotto che sta aggiustando la cena. Tutti pronti?»

Kaito annuì: «Ok, questo è il piano: io mi occupo dell’incantesimo “speciale” e di sistemare un paio di cosette in puro stile babbano, voi preoccupatevi di fare quelle Trasfigurazioni.»

Momoka e Soseiji partirono in missione. Oh sì, i Malandrini stavano per combinare un gran bello scherzetto di Halloween...

 

La McGranitt spalancò le porte della Sala Grande: «Oh, vedrà, professor Silente, quest’anno abbiamo un...»

La sorpresa la lasciò senza parole per qualche secondo: «Ma cosa...»

Il preside entrò e si guardò intorno, ridendo divertito: «Decorazioni originali senza dubbio, Minerva. Di chi è stata l’idea?»

La professoressa era esterrefatta: «Ma chi... chi ha osato sostituire le... ... ...»

Silente rise di nuovo: «Oh, chiunque sia stato ha fatto un lavoro di fino. A quanto pare ha impedito anche di pronunciare la parola.»

La McGranitt divenne rossa per un attimo: «Inizio ad avere un sospetto su chi possa essere stato... se ne trovo le prove...»

Il preside le mise una mano sulla spalla: «Su, su, è Halloween! E chiunque sia stato, bisogna dargli merito, ha fatto un gran bel lavoro. E ora sediamoci, io personalmente sto morendo di fame.»

La professoressa sospirò: «Lei è troppo buono...»

 

Kaito dovette esibire la sua faccia da poker per non ridere di fronte alla marea di studenti che entrarono in Sala Grande aspettandosi di trovare le solite, enormi zucche di Hagrid, e che invece si trovarono davanti... angurie, meloni, zucchine, melanzane... qualunque tipo di cucurbitacea tranne la tanto decantata zucca! E che non potevano neanche lamentarsene, perché all’interno della Sala era impossibile pronunciarne la parola.

Sheridan osservò un gruppo di Corvonero indicare incuriosito un cocomero decorato con il classico sorrisone intagliato e Kaito le sussurrò all’orecchio: «Soddisfatta?»

«Oh, non sai quanto!»

Molti presero la novità sul ridere, a parte un gruppo tradizionalista di Serpeverde e Hagrid, che aveva visto scomparire le sue zucche proprio poco prima della festa, ma per il resto fu come sempre una serata molto divertente. Anche senza la presenza della verdura proibita, il cibo era delizioso; anche chi era pieno da scoppiare di caramelle di Mielandia si servì una seconda porzione di tutto. Il banchetto si concluse con uno spettacolo offerto dagli spettri di Hogwarts. Balzarono fuori dai muri e su dai tavoli per fare un numero di volo in formazione; Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma di Grifondoro, riscosse un grande successo reinterpretando la scena della propria maldestra decapitazione, con le ovazioni di tutto il tavolo della sua Casa.

Solo a fine serata, tutti belli satolli e con ancora il riso sulle labbra, i Grifondoro si decisero a seguire il consueto percorso fino alla torre, ma quando raggiunsero il ritratto della Signora Grassa lo trovarono lacerato, con tanta violenza che il pavimento era coperto di strisce di tela; grossi pezzi erano stati strappati via.

«Eh? Cos’è, un altro scherzo di Halloween?»

Fred e George alzarono le mani: «Noi non c’entriamo!»

Sheridan mandò un’occhiata a Kaito, che fece di no con la testa. I Malandrini non avrebbero mai fatto un danno così serio. Mentre si cercava ancora di capire se i graffi fossero veri o falsi, l’ennesima figura dai capelli rossi cercò di farsi largo nella calca con aria d'importanza: « Fatemi passare, per favore. Che cos'è questo ingorgo? Non è possibile che abbiate dimenticato la parola d'ordine tutti quanti... scusate, sono il Caposcuola...»

E poi il silenzio cadde sulla folla, a partire da chi era davanti, così che una corrente gelata parve dilagare per il corridoio. Percy disse, con voce improvvisamente aspra: «Qualcuno vada a chiamare il professor Silente. Subito».

E a quel punto fu subito chiaro che quello non era uno scherzo.

Poco dopo, ecco il professor Silente avanzare verso il ritratto. I Grifondoro si fecero da parte per lasciarlo passare. Il preside diede una rapida occhiata al quadro distrutto e si voltò, incupito, mentre i professori McGranitt, Lupin e Piton lo raggiungevano di corsa.

Silente disse: «Dobbiamo trovarla. Professoressa McGranitt, la prego di andare da Mastro Gazza e di dirgli di cercare la Signora Grassa in tutti i quadri del castello».

Una voce ghignante gli rispose: «Buona fortuna!»

Era Pix il Poltergeist, che fluttuava sopra la folla, soddisfattissimo, come sempre quando qualcosa non andava per il verso giusto.

Silente chiese con calma: «Che cosa vuoi dire, Pix?», e il ghigno di Pix si attenuò: non osava farsi beffe di Silente. Invece mise fuori una vocetta untuosa, non più gradevole della sua risatina beffarda.

Il Poltergeist disse allegramente: «Si vergogna, signor Capo, signore. Non vuole farsi vedere. È un vero disastro. L'ho vista correre dentro il paesaggio al quarto piano, signore, e nascondersi dietro gli alberi. Urlava qualcosa di terribile. Poverina...»

Silente, ignorando l’ultimo commento detto con tono per nulla convincente, continuò con la stessa calma: «Ha detto chi è stato?»

Pix rispose con l'aria di uno che culla una bomba: «Oh, sì, Capodirettore, signore. Sa, si è arrabbiato moltissimo quando lei non l'ha lasciato entrare.»

Pix fece una capriola e rivolse un ghigno a Silente di sotto in su, con la testa che spuntava tra le gambe: «Che caratteraccio, quel Sirius Black

 

Il professor Silente rispedì tutti i ragazzi del Grifondoro nella Sala Grande, dove dieci minuti più tardi li raggiunsero gli studenti di Tassorosso, Corvonero e Serpeverde, tutti estremamente confusi.

Silente, mentre i professori McGranitt e Vitious chiudevano tutte le porte della sala, annunciò: «Io e gli insegnanti dobbiamo perquisire il castello. Temo che per la vostra sicurezza dovrete passare la notte qui. Voglio che i Prefetti facciano la guardia agli ingressi. Affido la responsabilità ai Capiscuola. Ogni anomalia deve essermi riferita immediatamente. Comunicate via fantasma.»

Il professor Silente tacque, fece per andarsene, poi disse: «Oh, sì, avrete bisogno di...»

Un cenno casuale della mano e i lunghi tavoli si addossarono alle pareti; un altro cenno, e il pavimento si coprì di centinaia di soffici sacchi a pelo violetti.

Il professor Silente fece un cenno con la testa chiudendosi la porta alle spalle: «Buonanotte.»

La Sala si riempì in un attimo di mormorii eccitati; i Grifondoro raccontarono l'accaduto al resto della scuola.

Percy esclamò: «Tutti nei sacchi a pelo! Forza, basta con le chiacchiere! Fra dieci minuti luci spente!»

Kaito afferrò uno dei sacchi a pelo e si unì ai suoi compagni. Avrebbe voluto scambiare ancora due chiacchiere con Fred e George, ma Percy era stato categorico: ognuno vicino a quelli del proprio anno. Nicole era terrorizzata dall’idea che nel castello potesse ancora aggirarsi Sirius Black, e Stephen l’abbracciava come poteva. Colin sembrava lamentarsi dell’aver perso l’occasione di fargli una foto, era convinto, non del tutto a torto, che gliel’avrebbero pagata a peso d’oro alla Gazzetta del Profeta se ci fosse riuscito, ma Ginny lo zittì quasi subito per non spaventare ancora di più la compagna.

Intanto Kaito ascoltava i chiacchiericci dei ragazzi del terzo anno.

Un Corvonero vicino a loro disse: «Forse è capace di Materializzarsi. Sa apparire dal nulla, insomma.»

Un Tassorosso del quinto anno s’intromise: «Probabilmente si è travestito.»

Dean Thomas azzardò: «Potrebbe essere entrato volando.»

Hermione si lamentò stizzita: «Ma insomma, io sono l'unica che si è presa la briga di leggere Storia di Hogwarts

Ron le rispose: «È probabile. Perché?»

«Perché il castello è protetto da qualcosa di più che dalle mura. Ci sono incantesimi di ogni sorta per impedire alla gente di entrare di soppiatto. Non ci si può Materializzare e basta, qui. Mi piacerebbe vedere il travestimento in grado di ingannare i Dissennatori. Sorvegliano ogni singolo ingresso. Se fosse venuto in volo, lo avrebbero visto. E Gazza conosce tutti i passaggi segreti, immagino che siano sorvegliati anche quelli...»

Fred tossì nervosamente, all’ultima frase, ma quasi nessuno lo notò, perché Percy iniziò a gridare: «Si spengono le luci! Tutti nei sacchi a pelo e silenzio assoluto!»

Le candele si spensero tutte in una volta. L'unica luce residua emanava dai fantasmi argentati che fluttuavano parlando in tono serio con i Prefetti, e dal soffitto incantato, che, come il cielo fuori dalle finestre, era trapunto di stelle.

Kaito era sovrappensiero. Come si poteva entrare a Hogwarts senza farsi scoprire? Un enigma degno del ladro gentiluomo, senza dubbio. Ma Sheridan lo distrasse sussurrandogli all’orecchio: «Cerca di non urlare, stanotte.»

«Farò del mio meglio. Non ci tengo a farmi prendere in giro dai Serpeverde per tutta la vita.»

Nonostante ad ogni ora un insegnante tornasse nella sala per controllare che tutto fosse a posto, Kaito si addormentò senza problemi.

 

 

 

Kaito si volta ancora una volta, improvvisamente sveglio, e nota che tutti stanno dormendo della grossa, nel silenzio più totale. Non c'è nessuno in giro, né fantasmi né professori, né Caposcuola. Nessuno.

Un'idea gli balena in mente: chissà se usando qualche passaggio segreto poteva uscire di lì e scoprire come poteva essere entrato quel...

«Che sonno, aye...»

«Uh? Sheridan? Sei sveglia?»

«Sheridan, aye? Chi sarebbe?»

«Eh? Ma tu...»

Il sacco a pelo si muove, ma non ne esce la compagna, come si sarebbe aspettato. Esce la testa di un gatto. Un gatto blu.

Kaito sobbalza: «La McGranitt di nuovo?»

Il gatto si guarda intorno: «Dove, aye?! Questa volta non ho fatto nulla!»

«Tu... non sei la McGranitt?»

«Che cosa?! Ma certo che no! Sono un ragazzo, aye

Kaito lo guarda perplesso: «... ok, dopotutto in effetti la prof aveva un'altra voce... e un altro colore...»

«... è davvero così strano avere i capelli blu?»

Quali capelli?, si chiese per un secondo Kaito. Poi decise di far cadere la discussione. Aveva l'impressione di stare addentrandosi in un vicolo cieco.

Kaito sorrise intenerito. Quel gatto sembrava essere convinto di essere uno studente, e il prestigiatore decise di stare al gioco: «Di che Casa sei? Non mi pare di averti mai visto...»

«Grifondoro, no? Sono assieme agli altri del secondo anno... Tu piuttosto, perché hai un mantello bianco? Hanno sbagliato incantesimo in lavanderia, aye

Kaito si guardò il pigiama spaventato. Non aveva messo il costume per errore, no? No, tutto a posto. Il gatto probabilmente, alla faccia del luogo comune, doveva avere seri problemi di vista.

«No... sarà il lenzuolo...»

«Ma se siamo nei sacchi a pelo, aye

«... comincio a pensare che il buio faccia brutti scherzi alla vista... a entrambi...»

« O quello, o la stanchezza... Anche perché non mi ricordo di te... aye...»

«Nemmeno io... e da quel che hai detto dovremmo essere nella stessa classe...»

Kaito allunga la mano: «Nel dubbio, rifacciamo le presentazioni! Kaito Kuroba, Grifondoro, secondo anno!»

Il gatto tirò fuori dal sacco a pelo una minuscola zampina: «Happy Dragonil, anch'io di Grifondoro del secondo anno! Studente straniero, aye...»

«Pure io. Giappone! E tu?»

«Eh... temo di non poter rispondere... è un segreto, aye... Erza e Harry mi farebbero male...»

«Harry?»

«Sì, Harry. Quando vuole sa far paura... aye...»

«... mi sa che parliamo di un Harry diverso. Non importa! Allora, che ne pensi di questa storia? La Signora Grassa scappata... Sirius Black...»

«Sirius Black? Ma non era stato uno studente?»

«Guarda, se è stato uno studente, è stato un dolcetto o scherzetto davvero pesante! Se lo becco...»

«Dovrai metterti in lista, aye. Harry e gli altri hanno già prenotato il suo pestaggio, aye! Gajil in primis…»

«Oh, ma io e altri tre... bricconcelli saremmo felici di unirci, nel caso!»

«Oh! Siete molto forti, aye? Quanti edifici avete distrutto?»

Kaito scuote la testa: «Temo di aver capito male, come al solito... devo decidermi a cercare in biblioteca qualche incantesimo di traduzione decente, ogni tanto capisco fischi per fiaschi... piuttosto... hai visto Sheridan?»

Happy inclina la testa di lato: «Sheridan? Di che anno è? Non mi pare di averla mai sentita nominare...»

«Sheridan Pumpkin... secondo anno, Grifondoro... pettinatura assurda e leggera irritabilità... impossibile non notarla, credimi!»

«Per irritabilità... beh, ho in mente Erza, e in parte ora anche Hermione... Però no, la pettinatura più strana che mi viene in mente è quella di mio... fratello, aye...»

Kaito è sempre più confuso: «Hermione l'ho vista irritabile solo sotto esami... comunque, veramente, ora vado a cercare il registro di classe, non possiamo continuare a perdere studenti per strada! Oppure è Allock che si sta vendicando per l'incantesimo di memoria dell'anno scorso...»

«Allock? Oh, sì, me lo ricordo... era davvero in uno stato pietoso, quando è uscito dalla Camera... fortuna che adesso c'è il professor Lupin, aye

«Già!»

Kaito si alza in piedi: «Non vedo Percy in giro... ti va di venire con me?»

Happy sguscia fuori dal sacco a pelo, a quattro zampe: «Uhm... beh, ormai non credo più di riuscire ad addormentarmi... e non vorrei mai che Crosta venga da me! Ho una paura matta dei topi...»

Kaito esibisce prontamente la sua faccia da poker. Un gatto che ha paura dei topi? Una stranezza dietro l'altra...

«Soprattutto quelli volanti, aye...»

«Devo davvero abituarmi alla fauna magica... comunque non ho più sonno neanch'io e inizio ad essere davvero preoccupato per Sheridan. Sirius o studente che sia, non vorrei si fosse messa nei guai.»

«Beh, non so chi sia, ma un mago di Fairy Tail non può abbandonare qualcuno in difficoltà, aye

Kaito lo guarda perplesso: «Mago di coda fatata? , in effetti la coda ce l'hai... allora andiamo, Happy!»

Alla prima parte della frase il gatto sussulta e sembra voler girare in tondo. Poi si mette in piedi su due zampe e segue Kaito, che lo guarda stupito.

«Cavolo, devo davvero portarti a un paio dei miei spettacoli... faremmo un figurone, credimi!»

«Spettacoli? In effetti ho già recitato qualche volta in passato... ma mi hanno sempre scelto per il ruolo di animale selvaggio, aye... non è giusto!»

Kaito ride: «Più che il teatro, intendevo uno spettacolo di prestidigitazione...»

«Prestidiche?!»

A quel punto Kaito si rende conto di una stranezza. Camminano già da un po’ ma la porta non si avvicina mai.

«Hanno aggiunto incantesimi alla Sala Grande?»

«In effetti, non me la ricordavo così grande, aye...»

«Non dirmelo: questi professori malfidenti hanno fatto qualche incantesimo stile labirinto che ci riporta al punto di partenza...»

«Sempre meglio di un palazzo che si trasforma in una specie di guerriero gigante, aye...»

Il prestigiatore alza gli occhi al cielo: «Tu guardi troppi anime, ragazzo.»

Kaito sospira: «Volevi sapere cos'è la prestidigitazione?»

Happy si porta una zampa dietro la testa, facendo un sorriso imbarazzato: «Ehm... sì... scusa, ma non ho mai sentito quella parola prima, aye...»

Il prestigiatore sorride: «Tranquillo, fra i maghi è normale... sono i trucchi che usano i babbani per fingersi maghi... cosa che per esempio mi permette di fare questo senza la magia!»

Con uno sbuffo di fumo Kaito fa apparire un gomitolo: «Per te.»

Happy lo guarda sorpreso, prendendo il gomitolo tra le mani: «Oh... ehm... grazie... in effetti, non è una cosa che si vede spesso... e hai detto senza magia?»

«Neanche un briciolo. Solo abilità manuale.»

«Oh... e dire che io per fare questo devo usare un minimo di energia magica.»

Il ragazzo ride: «Energia? E che è, vai a pile?»

«Pile? Non conosco neppure quella parola, aye. Però ecco, un regalo per te!»

E detto ciò Happy tira fuori dal nulla un enorme pesce, che porge a Kaito.

Kaito sussulta: «P-p-p-pesce!!!»

«Perché? Non ti piace? E pure vivo! Bello fresco!»

Kaito risponde con gli occhi sbarrati: «Mettilo via, mettilo via, mettilo VIA!»

 

 

 

Kaito riaprì gli occhi di scatto, ancora con l'ultima parola sulle labbra. Era di nuovo nella Sala Grande, nel suo sacco a pelo, e nulla sembrava successo. Per scrupolo controllò nel sacco a pelo al suo fianco. Sheridan era lì, che lo fissava.

«Altro incubo?»

«Perché, ho urlato?»

«Non stavolta, ma eri tutto agitato. Che hai sognato?»

«Che al tuo posto c'era un gatto blu che diceva di essere in classe con noi e che mi offriva un pesce. Vivo.»

Sheridan fece una smorfia: «Immagino che non sia stato piacevole, per te...»

«Guarda, quasi quasi preferivo l'incubo sull'incendio...»

«Tu devi farti vedere da uno psicanalista. E di corsa.»

Kaito sorrise però, fra sé e sé. Doveva essere in astinenza da anime, perché un gatto blu parlante era una cosa che sembrava essere uscita da un cartone animato. Però, peccato, da una parte, perché prima di tirare fuori quel pesce quell'Happy sembrava davvero simpatico... fosse stato reale avrebbero potuto davvero essere amici...

Si voltò dall'altra parte e riprese a dormire.

 

Ciao a tutti!

Prima di tutto, tranquillizzo i lettori: prima di scrivere l’ultima parte non mi ero ubriacata con niente. Dato che è il capitolo di Halloween, me lo permettete uno scherzetto? È stato un gioco fra me e darkroxas92, che sta scrivendo un crossover fra Harry Potter e Fairy Tail, che quando la lessi m’ispirò per creare questa storia. Happy, il gattino blu di Fairy Tail, non dovrebbe più apparire e non è importante nella trama. È solo una citazione che mi sono divertita a fare. Se vi volete divertire, potete andare a vedere la sua storia “Harry Potter e la magia di Fairy Tail”, dove, comparirà lo stesso sogno al capitolo 55... dal punto di vista di Happy!

Tornando a noi, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio darkroxas92, Giorgia_Weasley, Cicci12 e Tsuki no Sasuke per le recensioni.

Prossimo capitolo? Sarà un susseguirsi di emozioni per il povero Kaito, perché i Dissennatori torneranno a colpire... e forse finalmente si capirà qualcosa di più...

Al prossimo capitolo!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 22
*** Precipitare nel dolore ***


Precipitare nel dolore

 

Nei giorni seguenti, a scuola non si parlò d'altro che di Sirius Black. Le teorie su come era riuscito a penetrare nel castello diventarono sempre più improbabili; Nicole Barden di Grifondoro trascorse gran parte della lezione di Incantesimi dicendo a tutti che Black era così abile da essere capace di nascondersi letteralmente sotto la barba di Silente causando l’ilarità collettiva ai compagni di classe che s’immaginarono la scena.

La tela strappata della Signora Grassa era stata staccata dalla parete e sostituita con il ritratto di Sir Cadogan e del suo grasso pony grigio. Nessuno ne fu felice. Sir Cadogan passava metà del tempo a sfidare la gente a duello, e il resto a inventare complicate parole d'ordine che cambiava almeno due volte al giorno.

Seamus Finnigan un giorno disse a Percy: «È completamente pazzo. Non potremmo avere qualcun altro come guardiano?»

Il Caposcuola rispose: «Nessuno degli altri quadri ha accettato il compito. Hanno paura di quello che è successo alla Signora Grassa. Sir Cadogan è stato l'unico ad avere il coraggio di farsi avanti».

O l’idiozia, come pensò Kaito, che aveva assistito allo scambio di battute mentre passava nel corridoio. Il ragazzo sospirò, stanco, molto stanco, troppo stanco. Gli incubi che faceva ormai quasi ogni notte lo avevano spossato, e si aggirava nei corridoi con aria sempre più pallida e stanca. Aveva preso l’abitudine di portarsi dietro alcune Cioccorane, in caso di incontri imprevisti con i Dissennatori, che ai suoi occhi sembravano essersi fatti sempre più presenti e minacciosi. La spossatezza iniziava a notarsi anche dai suoi voti, che cominciarono a precipitare per mancanza di concentrazione e tutte le persone che lo circondavano erano sempre più preoccupate per lui, situazione che se da una parte lo rassicurava, dall’altra lo infastidiva.

Finché Ginny, una mattina, non propose il suo solito rimedio a tutto.

«Quidditch? Con questo tempo?»

Ginny sorrise orgogliosa: «Il Quidditch non si ferma, con il sole o con la pioggia!»

Kaito sbirciò fuori dalla finestra: «Spero che i nostri giocatori abbiano le branchie, allora...»

La ragazzina l’afferrò per un braccio: «E dai, vieni!»

«Mi prenderei solo un raffreddore e non vedrei nulla.»

«Per il raffreddore c’è Madama Chips! Su, dai...»

A suon di spinte, suppliche e incoraggiamenti, Kaito si ritrovò fuori, a tremare di freddo e lanciare occhiatacce a Ginny: «Sappi che tu sei una gran testarda.»

«Lo so. E ne sono fiera!»

Kaito sospirò. L’ombrello sembrava sul punto di rompersi, e anche se la partita era appena cominciata, era molto difficile seguirla. Si chiese come facessero i giocatori a vederci, in tutto quel caos, anche dopo la pausa.

Stava giusto chiedendosi chi fosse il tizio giallo che era partito giù in picchiata, quando i brividi di freddo lo assalirono. Brividi familiari.

«Oh no... di nuovo non... Gin...»

Il ragazzo cercò di afferrare la divisa della ragazza, ma la mano gli scivolò, e la sua coscienza con essa.

 

 

 

«Kaito! Non correre!»

Il bambino sbuffa: «Mamma, sei lenta! Papà sta per cominciare!»

Kaito è entusiasta. Ha perso lo spettacolo precedente di suo padre perché aveva la febbre, ma a questo non avrebbe rinunciato per nulla al mondo! Anche a costo di andarci senza Aoko, la sua amica del cuore. Oggi doveva andare dalle cuginette, che peccato...

Kaito si siede in prima fila, mentre sua madre, con calma, arriva e si accomoda alla sua destra, preparando la macchina fotografica. Kaito adora il chiacchiericcio del pubblico in attesa. Loro non sanno cosa sta per accadere. Lui sì. Cioè, più o meno, papà aggiunge sempre qualcosa a sua insaputa, sa sempre come sorprenderlo. Quanti trucchi conosce il suo papà? Milioni, forse miliardi, non lo sa. Sa solo che li vuole imparare tutti anche lui, che da grande vuole essere un bravissimo prestigiatore, di quelli che fanno credere alla gente che la magia esiste davvero...

Kaito tira fuori dalla tasca un paio di carte, ma la mamma, con calma ma con fermezza, gli mette una mano sopra le sue.

«Tesoro, per favore mettile via.»

«Perché?»

«Perché siamo qui per lo spettacolo di papà, non per il tuo, no?»

Kaito mette il broncio, ma ubbidisce: «Voglio salire anch’io sul palco con papà.»

La mamma sorride: «Un giorno lo farai. Ma non ancora, devi diventare ancora più bravo.»

Kaito sorride appena. Gli dicono tutti che è bravissimo, anche se ha solo sei anni. Ma gli fa piacere che ci sia qualcuno che pensa che possa ancora migliorare.

«Signore e signori, buonasera.»

Gli occhi di Kaito s’illuminano. Eccolo lì, il suo papà!

E per mezz’ora non esiste più nulla se non le sue mani, che si muovono e fanno apparire e scomparire di tutto. Anche Kaito rimane col fiato sospeso quando il prestigiatore tira fuori dalla manica un peluche gigantesco. Come aveva fatto?

Il prestigiatore distribuisce sorrisi mentre le sue mani creano colombe, foulard, palloncini, carte e altre cose che da un prestigiatore non ci si aspetterebbe. In fondo, lui non è un prestigiatore qualunque, è Toichi Kuroba, uno dei più bravi e riconosciuti specialisti del settore. Ma questo Kaito non lo sa e non gli interessa. È il suo papà e per lui è e sarà sempre il più bravo del mondo.

Con l’ennesimo sorriso, l’uomo si avvicina a un grosso oggetto coperto da un telo: «E ora, signori, vi proporrò un numero molto famoso!»

E tolse il lenzuolo, lasciando una parte del pubblico con il fiato sospeso.

«Vedo che qualcuno di voi l’ha già riconosciuto. È un numero portato tristemente agli onori delle cronache da Henry Houdinì. Ora io mi farò chiudere all’interno di questa teca, immobilizzato da manette e lucchetti, dopodiché la vasca verrà riempita d’acqua e starà a me uscirne in tempo. Vi va, dunque, di partecipare con me a questa scommessa?»

Il pubblico applaude, e con lui anche Kaito. Sorriderebbe così se sapesse che il signor Houdinì nominato prima è morto nel tentativo di compiere questo numero? Ma il bambino non lo sa, e continua ad applaudire.

Come annunciato, il prestigiatore si fa legare, invitando persone del pubblico a controllare che non ci siano trucchi; poi la vasca viene riempita e, poco prima che la teca sia coperta con un telo, Kaito ride all’occhiolino rivoltogli dal padre.

Non sa che sarà l’ultima volta che vedrà il suo volto.

Kaito aspetta, fiducioso. La mamma guarda l’orologio, sempre più ansiosa.

«Mamma?»

La donna ignora il bambino: «Che sta facendo? Dovrebbe essere già fuori...»

E poi è un attimo.

Non si capisce cosa sia successo, ma il palco ha preso fuoco. Il sipario è in fiamme e il pubblico, approfittando che lo spettacolo è tenuto all’aperto, inizia a darsela gambe. La madre di Kaito cerca di correre verso il palco e il bambino tenta di inseguirla, ma uno striscione in fiamme cade loro davanti, bloccando il passaggio.

Qualcuno, non sa chi, afferra Kaito alle spalle e lo trascina via.

Kaito non vuole andare. Deve salvare il suo papà.

«Aiutatemi! Il palco sta bruciando! Mio papà, mio papà è sopra quel palcoscenico! Aiutatemi!»

Ma il suo grido rimane inascoltato. Kaito è trascinato via, mentre suo padre annega fra le fiamme.

«Aiutatemi! Il palco sta bruciando! Mio papà, mio papà è sopra quel palcoscenico! Aiutatemi!»

E a lui non rimane altro che gridare ancora.

 

 

 

«Tasukete kure… Hi ga butai wo moyaseOtousan ga, otousan ga ano butai ni iru… Tasukete kure…»

«Kaito!»

Il ragazzo sbatté le palpebre più volte. Era tornato dal suo personale inferno.

Con voce impastata, disse: «Cosa...»

I suoi occhi appannati misero a fuoco una familiare testa rossa e una figura scura sopra di lui. A quanto pare era coricato a terra.

«Riesci a sentirmi, Kuroba?»

«Professor Piton...»

L’insegnante gli toccò la fronte: «A quanto pare sei tornato fra noi.»

Ginny alle sue spalle squittì: «Kaito!»

Kaito sorrise tristemente: «Tranquilla, Ginny, sto bene...»

Un sospiro gli fece alzare lo sguardo.

«Io non direi proprio. Ti sei messo di nuovo a tremare e urlare come un pazzo.»

Il prestigiatore rispose: «A quanto pare sta diventando più abituale di quanto vorrei...  Sheridan?»

Solo in quel momento, infatti, il ragazzo si era accorto di chi aveva parlato. La Malandrina lo guardò con le braccia incrociate: « , sì. C'era la partita, cosa dovevo fare, starmene in biblioteca a studiare?»

Il ragazzo annuì. Si sentiva spossato. Era certo che le gambe non lo avrebbero retto, sentiva come se la forza di gravità lo stesse premendo contro l’erba. Non riusciva neanche a mettersi seduto. Probabilmente la stanchezza di quelle settimane si stava manifestando tutta insieme.

«Professore, perché lei...»

«Perché ero il più vicino e perché il professor Lupin è momentaneamente indisposto. Hai qualcosa in contrario?»

Kaito sorrise: «Niente affatto. Mi stupiva solo che fosse nel nostro settore e non in quello dei Serpeverde.»

Con un gesto della bacchetta, Piton lo sollevò.

«Non affaticarti, Kuroba. Penso che Grifondoro stasera avrà due letti liberi.»

Kaito borbottò: «Due?»

«Temo che ti sia perso anche il finale della partita.»

«Perché, che è successo?»

 

 

Harry, quando i tutti i suoi compagni di squadra si allontanarono, pensò di essere rimasto solo.

«Ehi!»

Il ragazzo con la cicatrice si voltò a sinistra: «Kaito! Ma cosa...»

«A quanto pare io e te facciamo coppia fissa!»

«Già. Che ci fai qui? Non ti avevo visto...»

Il prestigiatore rispose: « Mi è venuta un’altra... crisi Dissenatoria delle mie, definiamola così. Mi ha portato qui Piton poco dopo di te. Il che mi ha un po’ sorpreso, in realtà... non credevo che sapesse cosa fare con dei Dissennatori.»

Harry sorrise tristemente: «Neanche poi tanto, dopotutto sono anni che punta alla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure.»

«Davvero? In effetti me lo vedo, con quel mantellone scuro e la faccia serissima... no, sinceramente, l’hai mai visto ridere una volta?»

Harry rise, ma Kaito rimase serio e sospirò.

«Io sarò bloccato qui per un paio di giorni. Madama Chips ha scoperto che sono settimane che non dormo, credo mi darà un sonnifero stanotte.»

Harry lo guardò preoccupato: «Non dormi?»

«Già... e finalmente ho capito cosa sogno.»

«Cosa?»

Kaito guardò il soffitto: «Di morire come mio padre.»

Harry non disse più nulla. Nessuno lo poteva capire quanto lui.

 

«Allora, ci siamo chiariti?»

Kaito annuì, un po’ scocciato: «Al primo accenno di incubi prendo la pozione.»

Madama Chips gli puntò un dito contro: «E guai a te se vengo a sapere che passi ancora settimane in bianco!»

Il ragazzo uscì dall’infermeria mettendo la boccetta in tasca. Non era ancora convinto che un sonnifero potesse risolvere tutti i suoi problemi. E se gli si avvicinava ancora un Dissennatore che faceva, gli tirava la pozione, sperando che ronfasse e che lo lasciasse in pace? Senza contare che stavolta non aveva avuto la privacy della prima volta, e che quasi sicuramente i Serpeverde non lo avrebbero lasciato in pace. , almeno non si sarebbero concentrati solo su Harry.

«Posso parlarti, Kaito?»

Il ragazzo si voltò: «Professor Lupin! Si è ripreso?»

L’uomo sorrise: «Diciamo di sì.»

Aveva proprio l'aria di chi è stato malato. Il suo vecchio mantello penzolava più largo e c'erano ombre scure sotto i suoi occhi. Nonostante questo, l’uomo si preoccupò subito per il suo allievo: «Piuttosto, ho saputo che ci sei ricascato.»

«Così dicono.»

Lupin lo guardò comprensivo: «E tu cosa dici?»

«Che non capisco perché proprio a me. Sono davvero così... sensibile?»

«Non ha niente a che vedere con la sensibilità. I Dissennatori tormentano te più degli altri perché nel tuo passato ci sono cose terribili che gli altri non hanno vissuto. I Dissennatori sono le creature più disgustose della terra. Infestano i luoghi più cupi e sporchi, esultano nella decadenza e nella disperazione, svuotano di pace, speranza e felicità l'aria che li circonda. Perfino i Babbani avvertono la loro presenza, anche se non li vedono. Se ti avvicini troppo a un Dissennatore, ogni sensazione piacevole, ogni bel ricordo ti verrà succhiato via. Appena può, il Dissennatore si nutrirà di te abbastanza a lungo da farti diventare simile a lui... malvagio e senz'anima. Non ti rimarranno altro che le peggiori esperienze della tua vita.  E da quel che ho capito, tu ne hai vissuta una particolarmente pesante, che ancora ti tormenta.»

Kaito fece un mezzo sorriso: «Bel discorso, prof. L’ha provato?»

Lupin rise: «In effetti poco fa l’ho fatto anche a Harry. Anzi... potresti unirti a noi.»

«Per fondare un bel comitato “Abbasso i Dissennatori, mandiamoli a casa”?»

«Per alcune lezioni serali extra per imparare a difendersi da loro.»

Lo sguardo di Kaito s’illuminò: «Si può fare?»

«Non è semplice, ma sì, ci sono dei modi per difendersi. Anche se ti avverto, ho già dei dubbi che ci possa riuscire Harry, e tu sei un anno indietro.»

Kaito sorrise, per la prima volta sinceramente dall’incontro col Dissennatore: «Mi creda, le sfide non mi spaventano affatto!»

«Allora ti farò sapere. Buona giornata, Kaito.»

«Buona giornata, professore!»

Sì, con una speranza di risolvere il problema, la sua giornata sarebbe stata decisamente migliore.

 

 

Buongiorno a tutti! Dai, per questa volta ho deciso di aggiornare un po’ prima di quanto avevo previsto... so bene che questo capitolo è un po’ più corto, ma mi sembrava sufficientemente pesante da non dover aggiungere altro. Adesso vi è chiara la famosa frase in giapponese che non avevo tradotto tre capitoli fa? Come vedete, piano piano, le risposte arrivano tutte... insieme con altre domande, lo so, ma altrimenti che gusto ci sarebbe? Un ringraziamento ancora grosso come una casa a Noemi per il supporto per il giapponese!

E, per rimanere in tema, come al solito ringrazio Lunaby, Tsuki no Sasuke, Giorgia_Weasley e darkroxas92 per le recensioni, sempre graditissime!

Prossimo capitolo? Sarà di nuovo Natale, e saranno di nuovo guai per Kaito Kid... o forse, per stavolta, sarà Kaito Kuroba ad avere le sue beghe?

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 23
*** Un regalo maledetto ***


Un regalo maledetto

 

Kaito guardò l’insegnante con lo sguardo serio e le braccia incrociate.

«No. Se sta per dirmi che anche quest’anno mi tocca saltare le vacanze natalizie a casa, io...»

La McGranitt rimase impassibile: «Non è per questo che ti ho chiamato, Kuroba, stai tranquillo.»

Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo: «Meno male, questa volta avevo proprio un motivo importante per tornare...»

«Il professor Silente mi ha chiesto di riferirti che ti autorizza ad accedere ai corsi di Smaterializzazione.»

«Di che?»

L’insegnante assunse quel tono squisitamente da spiegazione in classe: «La Smaterializzazione è una magia che permette a chi la usa di spostarsi in luoghi diversi in pochi secondi.»

Kaito rifletté per un paio di secondi: «Un teletrasporto, più o meno. Non sarebbe niente male...»

La McGranitt continuò: «Per il Ministero l’unica clausola prevista è il compimento della maggiore età, perché di solito a quel punto si ha un livello d’istruzione sufficiente per poterla apprendere, ma il tuo è un caso particolare...»

«Conosco la solfa, professoressa. Vada avanti.»

«Il preside ha deciso, nonostante il mio parere contrario, di farti comunque accedere al corso che inizierà nella seconda parte dell’anno. Chiaramente, il tuo obiettivo non sarà passare l’esame al primo colpo e prendere immediatamente la licenza, ma... cos’hai da ridere, Kuroba?»

Il ragazzo ridacchiò: «Mi scusi, ma mi ricorda molto la trafila burocratica per poter prendere una patente babbana per l’automobile... vada pure avanti, la prego.»

L’insegnante lo guardò da sopra gli occhiali: «È una cosa seria, Kuroba, non c’è nulla da ridere. Una Smaterializzazione mal riuscita può avere conseguenze gravissime, ed è l’unico motivo per cui ritengo che il corso possa servirti, per avere ben chiari i rischi. Nessuno si aspetta che tu riesca a ottenere la licenza quest’anno, quindi vedi di non demoralizzarti se non ci riuscirai subito; se già ci riuscissi per il prossimo anno o per quello dopo ancora sarebbe un obiettivo più che ragguardevole. Dopotutto, di solito ci si Smaterializza solo al settimo anno.»

Kaito alzò le spalle: «Infatti non sarebbe male. La ringrazio allora per la notizia e per la possibilità che mi date.»

Il ragazzo uscì dall’aula di Trasfigurazione più tranquillo. Doveva darsi una mossa, Fred e George avevano indetto una riunione straordinaria dei Malandrini.

Camminando verso il luogo di ritrovo, riprese fra le mani la lettera che gli era giunta quella mattina.

Già, questa volta doveva assolutamente tornare a casa...

 

Se c’era una cosa che Kaito odiava di quella situazione erano i viaggi in aereo intercontinentali e il conseguente fuso orario. Impiegava sempre un bel po’ a recuperare i ritmi di sonno abituali, e visti già tutti i problemi che aveva avuto durante l’anno... però, da una parte, era felice di potersi allontanare un po’ da quei maledetti Dissennatori. Avrebbe mantenuto i contatti con gli amici e i compagni via gufo e, per chi poteva, via telefono. Meno male che aveva cercato una tariffa conveniente per le telefonate all’estero...

Quasi senza rendersene conto, mentre seguiva questi pensieri, Kaito si addormentò.

 

 

Kaito apre gli occhi. È su una superficie trasparente, forse ghiaccio, o uno specchio, non sa dirlo. Sa solo che si estende fino a perdita d’occhio, e che riflette perfettamente la sua immagine. È a quel punto che si rende conto di un problema.

Cosa ci fa lì? E soprattutto perché è in pigiama?

Il ragazzo si alza in piedi. E a quel punto la nota.

È una strana figura quella che si sta avvicinando a lui. Ha un lungo abito blu scuro, una curiosa via di mezzo fra un kimono e un abito da mago; cammina a piedi scalzi, e la superficie attorno a lei s’increspa con segni circolari, quasi stesse camminando sull’acqua. Il suo volto è completamente coperto da un vecchio e consunto cappello a punta, non si riesce nemmeno a capire se sia maschio o femmina.

La figura cammina lenta, con passo solenne, portando fra le braccia un enorme scettro, il cui bastone sembra essere lungo quanto lei, con un enorme zaffiro incastonato nella decorazione a raggiera.

Kaito è senza parole. Cosa dovrebbe fare? Scappare? Andarle incontro?

Non lo sa, e intanto la figura avanza, seppur lentamente, e lo raggiunge.

Kaito prova a spiaccicare qualche parola, ma prima che possa formulare una frase, la persona gli porge lo scettro, facendo segno di prenderlo. Kaito, timidamente e un po’ confuso, allunga le mani, ma a quel punto il cappello si muove, uno strappo si apre e una voce familiare gli ripete ciò che gli era stato detto più di un anno prima.

«La conoscenza è un grande dono, Kaito Kuroba-kun, un dono per il quale bisogna essere pronti…»

Dallo spavento, Kaito sobbalza e arretra.

«Tu lo sei?»

 

 

Kaito si svegliò di soprassalto, facendo prendere un colpo al suo vicino di posto. Dopo essersi scusato, il ragazzo si accasciò nuovamente sul sedile. No, a quanto pareva allontanarsi dai Dissennatori non bastava per poter dormire dei sonni tranquilli. Poteva consolarsi, però, almeno il Cappello Parlante era una variazione sul tema, non gli era ancora capitato.

«Cos’altro devo fare per poter di nuovo dormire tranquillo?»

 

«Signorino Kaito!»

Il ragazzo sospirò: «Non ora, Jii...»

«Ma... il furto...»

Kaito sbatté la porta violentemente: «HO DETTO NON ORA, JII!!!»

Il prestigiatore scivolò a terra, prendendosi la testa fra le mani. I mesi quasi insonni avevano lentamente eroso i suoi nervi e la sua faccia da poker, lasciando un ragazzo stanco delle mille preoccupazioni e dei mille rimorsi. Per una volta, Kaito Kid avrebbe dovuto cedere il passo a Kaito Kuroba, e il motivo aveva un nome e un cognome. E una frase che continuava a rimbombargli nel cervello, tormentandolo forse più dei Dissennatori.

«E tu chi sei?»

Non aveva voluto prestare importanza agli avvertimenti di sua madre.

«E tu chi sei?»

Non aveva voluto notare la mancanza delle lettere di chi gli aveva sempre scritto.

«E tu chi sei?»

Non aveva voluto rinunciare alla rassicurante idea di qualcuno pronto ad aspettarlo a casa.

«E tu chi sei?»

Non aveva voluto crederci, e si era presentato di fronte alla sua porta, come se nulla fosse.

«E tu chi sei?»

Non aveva voluto crederci, finché non aveva udito quella frase.

«E tu chi sei?»

Ancora non voleva crederci, ma doveva. Doveva accettare quello sguardo smarrito, quella porta chiusa in faccia e, soprattutto, quella domanda.

«E tu chi sei?»

Jii avrebbe aspettato, qualunque furto sarebbe passato in secondo piano, perché dopo tanti mesi in cui aveva preferito ignorare i segnali e gli indizi, era giunto il momento di affrontare la questione.

Qualcuno lo aveva rubato dalla vita di Aoko. E questo non poteva accettarlo.

Dopo quel momento di smarrimento, Kaito si schiaffeggiò. Doveva reagire, non abbattersi! Doveva capire cosa era successo e darsi da fare per rimediare, perché, poco ma sicuro, l’amnesia di Aoko non era naturale. Non ci si dimentica completamente di una persona, e solo di quella, così, quasi fosse una…

Kaito chiuse gli occhi ridacchiando. Ecco cos’era. Una magia. E c’era solo una persona che poteva aver fatto qualcosa del genere.

 

«Bentornato a casa, Kaito!»

Il ragazzo non le rispose, continuò solo a guardarla serio: «Cosa hai fatto ad Aoko?»

Akako, ferma sull’uscio della sua casa, lo guardò perplessa: «Eh?»

Kaito non cambiò espressione: «Non negare, puoi averlo fatto solo tu.»

«Fatto cosa?»

«Quei giochetti sulla memoria. L’hai fatto di nuovo mentre non c’ero.»

La ragazza lo guardò quasi offesa: «E perché avrei dovuto?»

Il prestigiatore mantenne la sua faccia da poker, mentre una gran rabbia gli montava dentro: «Perché se Aoko non si ricorda di me, tu hai campo libero… semplice, no?»

Akako lo guardò perplessa: «Nakamori non si ricorda più di te? Ne sei sicuro?»

«Presentarsi alla sua porta e ricevere come saluto un bel “E tu chi sei?” mi pare una risposta abbastanza esplicita, non credi?»

Akako rimase sovrappensiero: «Ecco perché ultimamente faceva così…»

Per la prima volta, Kaito cambiò espressione: «Così come?»

La ragazza si scostò: «Entra. Ne parleremo con calma.»

Dopo un attimo di tentennamento, Kaito la seguì.

Non era mai entrato in casa di Akako. A parte un ingresso e un salotto dall’aria normale e ordinaria, dove evidentemente accoglieva di solito gli ospiti, il resto della casa sembrava davvero l’antro di una strega: oggetti magici e ingredienti per pozioni sparsi un po’ ovunque, libroni grossi e dall’aria antica in ogni dove e un grosso calderone, da fare concorrenza a quello di Piton in aula, sul caminetto. Kaito si guardò intorno un po’ smarrito: erano tutte così le case dei maghi o era solo Akako ad essere così eccentrica?

La ragazza lo invitò a sedersi su una vecchia poltrona, mentre lei, con pochi gesti di bacchetta, metteva un bollitore sul fuoco: «C’era qualcosa che non andava con Nakamori, l’ho notato da tempo, ma di certo non immaginavo fosse questo il problema… stupida io a non pensarci…»

Kaito rimase serio: «Cosa è successo?»

Akako si sedette a sua volta, mentre il bollitore serviva acqua bollente in due tazze apparse apparentemente dal nulla: «Niente di particolare, in realtà. Si è comportata sempre come al solito… però, l’anno scorso, ogni tanto mi capitava di vederla sospirare, o comunque un po’ malinconica… oppure di scoprirla a scriverti delle lettere durante la lezione. Quest’anno niente di tutto questo. Un paio di volte ho provato a chiederle se aveva tue notizie: la prima volta ci ha messo un po’ a capire di cosa stessi parlando, ma poi mi ha risposto che voleva scriverti appena finito il periodo di verifiche; la seconda, invece, sembrava proprio non conoscerti… ho pensato aveste litigato e che fosse offesa con te, non nascondo che avevo anche pensato di approfittarne, ma io non le ho fatto nulla. Sono disposta a bere il Veritaserum per confermartelo, o farti fare il Prior Incantatio sulla mia bacchetta per farti controllare gli ultimi incantesimi che ho lanciato.»

Kaito guardò le foglioline di tè cadere nella tazza e andare in infusione. Non immaginava che senza di lui in classe, Aoko e Akako potessero anche essere amiche. Ma, in effetti, non le aveva mai viste litigare, anzi…

Sospirando, rispose: «Non so cosa tu mi abbia proposto, ma non ce n’è bisogno, ti credo. Non sei una che mente se fa cose del genere… se fossi stata tu te ne saresti vantata!»

Akako sorrise leggermente: «A questo punto, però, non so però chi possa avere fatto l’Oblivion a Nakamori

Il ragazzo bevve un sorso: «Che tu sappia ci sono altri maghi fra le persone che conosciamo?»

La strega scosse la testa: «No.»

Kaito guardò la tazza serissimo: «E allora dovrò indagare da solo.»

Akako rise, sinceramente divertita dalla frase: «Tu? Indagare? Da solo?»

Kaito a guardò di sorto: «Sì, e allora? Cosa c’è di divertente?»            

«Tu non sei un investigatore, Kaito. Sei un ladro. E per di più vorresti investigare su una magia, quando sei un mago principiante alle primissime armi. Per individuare l’origine di misteri di questo tipo, qualunque Ministero impiega settimane di indagini, per di più quando c’è di mezzo un Babbano. Mi spiace dirtelo, ma per te è assolutamente impossibile.»

Kaito si era già alzato dalla sedia: «Hai altro da dirmi, oltre a demoralizzarmi?»

«Potrei aiutarti io.»

«Eh?»

«Sono una strega diplomata ed esperta, potrei aiutarti a vedere ciò che tu non potresti capire… e magari anche a risolvere il problema, chissà…»

Kaito la guardò serissimo: «Qual è il tuo prezzo?»

Akako sorrise soddisfatta: «Una pozione.»

Kaito ci pensò su: «Quella contro i foruncoli mi riesce piuttosto bene, Piton mi ha messo un buon voto le ultime volte…»

La ragazza scosse la testa: «Non voglio che la prepari. Voglio che tu la beva.»

«Immaginavo. Un filtro d’amore.»

«Esatto. Ti aiuterò a fare in modo che Nakamori si ricordi di te, ma subito dopo tu berrai quella pozione. E sarai mio.»

Kaito la guardò serio per un po’, mentre Akako aggiungeva: «Oh, poi potrai vedere Nakamori quando vorrai, non mi metterò in mezzo alla vostra lunga amicizia d’infanzia… purché il tuo cuore sia mio. Meglio averla amica che non averla affatto, giusto?»

Il ragazzo bevve ancora un sorso di tè, poi sospirò: «Non l’avrai fatto tu questo incantesimo, ma sei un’approfittatrice senza pari.»

Akako non rispose, si limitò a far ruotare la sua tazza un paio di volte e a fissarla.

«Accetto. Ma berrò solo quando Aoko sarà tornata alla normalità.»

La strega si avvicinò al ragazzo con aria sensuale: «Hai fatto un buon affare, Kaito, non te ne pentirai…»

Kaito alzò gli occhi al cielo: «Me ne sto già pentendo.»

La ragazza gli prese la tazza dalle mani: «Fate Divinazione ad Hogwarts?»

«Se non sbaglio è una materia a scelta del prossimo anno…»

«Allora leggerò io per te le foglie di tè.»

Kaito fece una smorfia: «Non credo a queste cose.»

«Lo so.»

La ragazza fece girare per un po’ la tazza, poi osservò con attenzione: «Secondo questa tazza, presto scoprirai qualcosa di totalmente inaspettato, per te e soprattutto per gli altri.»

Il prestigiatore alzò gli occhi al cielo: «Ci sono anche i numeri della lotteria là dentro?»

Akako si alzò: «Smettila di fare lo spiritoso e andiamo. Abbiamo del lavoro da fare.»

Kaito indicò la tazza rimasta sul tavolo: «E nella tua che c’era scritto?»

La strega si mise un dito sulla bocca: «A secret makes a woman woman

Il ragazzo tradusse alzando gli occhi al cielo: «Un segreto rende una donna più affascinante… sarà, ma è una gran scocciatura per gli uomini…»

Poi, sospirando, seguì Akako in un’altra stanza.

 

Aoko corse verso la porta e l’aprì.

«Akako! Chiyo! Benvenute! Prego, entrate pure.»

«Grazie.»

Akako e Kaito varcarono la porta. La strega gli aveva offerto una Pozione Polisucco per assumere l’aspetto di una loro compagna di classe, ma Kaito aveva categoricamente rifiutato. Brutte esperienze l’anno precedente, a suo dire. E poi, indubbiamente, un travestimento alla Kaito Kid non aveva il fastidioso limite di tempo di un’ora.

Aoko chiuse la porta a chiave, e accompagnò i suoi ospiti verso la sua camera. Fu a quel punto che Kaito notò che qualcosa emetteva una flebile luce attraverso la fodera dei pantaloni della ragazza.

Con tono curioso, le chiese: «Che cos’è quello?»

Aoko si voltò: «Quello cosa?»

«Quello che hai in tasca.»

La ragazza sorrise mostrandogli in contenuto: «Le chiavi, no?»

E allora sia Kaito che Akako lo notarono e si fecero un cenno d’intesa.

Non appena Aoko si allontanò per un attimo, i due maghi si misero a confabulare.

«L’hai visto? È il portachiavi! A quanto pare è maledetto…»

Kaito scosse la testa: «Impossibile! Lo escludo categoricamente.»

«Ma sei cieco? L’hai visto anche tu come risplendeva, è segno che c’è qualche magia sopra… una magia molto malfatta, in verità, di solito si evita di lasciare tracce così grossolane…»

«Quel portachiavi non dovrebbe avere nulla di magico!»

«Come fai ad esserne così sicuro?»

Kaito sbottò: «Perché glielo ho regalato io lo scorso Natale, accidenti! E io non ci ho messo sopra un bel niente, non avrei nemmeno saputo come incantarlo!»

Akako lo guardò serio: «O qualcuno l’ha incantato successivamente, o qualcosa è andato storto. Dove l’hai preso?»

Il ragazzo ci pensò su un momento, poi ebbe l’illuminazione: «Non l’ho preso io! Me l’avevano comprato Fred e George in gita insieme agli altri!»

«Dobbiamo saperne qualcosa di più! Manda loro un gufo, presto! Io distrarrò Aoko.»

Kaito sorrise: «A volte i metodi babbani sono più veloci, sai?»

 

«Arrivo, arrivo!»

La ragazza prese il cellulare, svogliata: «Pronto?»

«I Malandrini non vanno mai in vacanza, Momoka

Sheridan sussultò: «Kaito! Ma mi stai chiamando dal Giappone?»

Kaito rispose ironicamente: «No, guarda, da Malibù! Secondo te?»

«Ma ti costerà un sacco di soldi! Non mi hai già mandato la colomba per farmi gli auguri di Natale?»

«E infatti non ti chiamo per quello, e visto che sai i costi non farmi perdere tempo e ascoltami, che è un’emergenza!»

«Dimmi tutto.»

Kaito disse tutto d’un fiato: «Ho bisogno di mettermi in contatto immediatamente con Fred e George. Temo che abbiamo combinato un pasticcio.»

«Non potete risolverlo quando tornerete?»

«Ci sta finendo di mezzo una Babbana, Sheridan. No, non posso aspettare, devo risolverlo ora. E un gufo intercontinentale ci metterebbe troppo.»

La ragazza si morse un labbro: «Ok, dammi una mezz’oretta.»

«Ma se non ti ho nemmeno detto cosa scrivere loro!»

«Tranquillo, ho un piano. Ti richiamo!»

«Ma…»

Sheridan buttò giù il telefono sospirando. Aveva promesso alla mamma che non avrebbe toccato nulla delle sue cose… ma un’emergenza è un’emergenza, no? E poi non aveva mai sentito Kaito così preoccupato…

 

Kaito, appena fuori dalla casa di Aoko, con il cellulare in mano, continuava a camminare ansiosamente avanti e indietro. Akako sarebbe tornata tra poco… che fine aveva fatto Sheridan?

Uno squillo e la mano del ragazzo scattò: «Pronto?»

«Buonasera, Kaito!»

«O buongiorno… che ora è da te?»

Il ragazzo sussultò: «Fred? George?»

In lontananza udì uno dei due gemelli esclamare: «È vero, ci sente e ci risponde in tempo reale! Che forza questi cellulofoni! Ne chiediamo uno anche noi a papà per Natale?»

Kaito ridacchiò, mentre Sheridan riprendeva possesso del suo telefono: «Più in fretta di così non si poteva, ho dovuto rubare di nascosto la Polvere Volante della mamma per raggiungerli a casa loro… almeno fai la domanda a loro direttamente!»

«Aspetta, starai spendendo un capitale, ti richiamo…»

«Non preoccuparti, i miei hanno vinto con un concorso babbano un tour dell’Asia e ho dovuto fare una tariffa agevolata per l’estero… il Giappone è ancora in Asia o l’hanno spostato dall’ultima volta che ho fatto geografia?»

Il ragazzo sorrise scuotendo la testa: «Siete fenomenali.»

«Aspetta che metto il vivavoce… ok, vai.»

«Allora, ho bisogno di sapere…»

Il prestigiatore venne interrotto dai mormorii eccitati dei gemelli: «Uao, lo sentiamo senza metterci con l’orecchio attaccato!»

Kaito gridò: «FUTAGO, SOSEIJI! Capisco che siate eccitati dalle novità babbane, ma qui ho bisogno di voi!»

«Scusa… dicci tutto.»

«Cosa avete fatto ai gioielli che mi avevate comprato l’anno scorso per fare i regali di Natale?»

Dopo un attimo di silenzio, uno dei due (impossibile distinguerli al telefono) rispose: «Nulla, te li abbiamo dati così come li abbiamo comprati. Perché, cos’è successo?»

«È successo che la persona a cui li ho regalati si è completamente scordata della mia esistenza, e che la causa sembra essere il portachiavi di quel set.»

«Un attimo… li hai regalati alla tua ragazza babbana

«La ragazza delle lettere che conservi sotto il letto?»

Kaito arrossì: «Sì, e ora come risolvo questo pasticcio?»

I gemelli ci pensarono un attimo: «Ti avevamo chiesto se volevi che li incantassimo, ricordi?»

«Ma tu hai rifiutato… quindi non siamo stati noi. E poi non ti faremmo mai uno scherzo così crudele.»

Kaito sospirò: «Non ho mai pensato che potesse essere così, ragazzi, sto solo cercando di capire cosa è successo per poi capire come rimediare!»

«Tutto quello che possiamo dirti è che erano gioielli predisposti ad essere incantati, e quindi più sensibili alla magia del normale.»

Kaito annuì: «Va bene, va bene… ah, ancora una cosa, ragazzi…»

 

«Capisco…»

Il prestigiatore guardò la strega con aria seria: «Davvero? E allora spiegami qualcosa, perché io sinceramente ne so quanto prima, anzi, forse ancora meno!»

«Probabilmente dopotutto avevi ragione. A quanto pare sono stata davvero io a maledire Nakamori, anche se involontariamente…»

«Eh?»

La strega lo guardò seria: «Se le hai regalato un oggetto predisposto ad essere incantato, questo deve aver reagito con la prima magia con cui è venuto in contatto… ovvero quella che vi ho fatto quest’estate.»

Kaito cercò di entrare nel ragionamento: «Sì, ma se fosse così avrebbe dovuto continuare a dimenticare ogni parola udita dopo il suo nome… perché invece si è scordata solo di me?»

Akako fece una smorfia, cercando di ricordare: «Possibile che la primissima parola che abbia udito fosse stata il tuo nome? In fondo anche tu ti eri scordato di lei a un certo punto, no?»

«Sì, ma subito, non a distanza di mesi!»

«Il portachiavi potrebbe aver “assorbito” il mio incantesimo, e poi averlo rilasciato lentamente, perché di solito in quel tipo di oggetti vengono messi incantesimi di protezione o maledizioni che devono durare a lungo… deve aver assorbito il riferimento a te e averle fatto dimenticare la tua esistenza un po' alla volta, finché non se ne è scordata totalmente…»

Kaito sospirò: «Ok, è una teoria che potrebbe avere un senso… la domanda ora è: come risolviamo il problema?»

La strega guardò la casa della compagna: «Tanto per cominciare, dovremmo prendere il portachiavi incriminato.»

Il ragazzo rise, sventolandole le chiavi di Aoko di fronte al naso: «Ti pare che per me sia un problema?»

La ragazza lo guardò sorpresa: «Ma sei impazzito? Non sapevamo ancora come funzionasse la maledizione, poteva colpire anche te al solo contatto!»

Il ragazzo scosse la testa: «L’ispettore Nakamori dimentica spesso le chiavi e prende quelle di Aoko, lo conosco fin troppo bene… avrebbe dovuto avere anche lui dei problemi. E poi amo il rischio, dovresti saperlo!»

«Già, giusto… qualche volta  penso a te solo come mago e rischio di dimenticarmi la tua prima, vera identità.»

La strega prese il ciondolo e lo puntò con la bacchetta: «Finite Incantatem.»

Kaito la guardò perplesso: «Tutto qui?»

«Questo impedisce solo al ciondolo di continuare quello che stava facendo. Per riportare Aoko alla normalità dovremmo farlo anche a lei.»

«È facile, allora! Le suono il campanello, le punto la bacchetta e…»

Akako lo guardò con le braccia incrociate: «… e ti metti nei guai con il Ministero della Magia, Giapponese e Inglese! Violazione dell'articolo 13 dello Statuto di Segretezza della Confederazione Internazionale dei Maghi»

Kaito la guardò di storto: «Ma scusa, e allora tutte le magie che hai fatto di fronte a me prima che scoprissimo che anch’io fossi un mago?»

La ragazza le fece l’occhiolino sorridendo tristemente: «E perché credi che sia così informata sulla legge? Ho passato anche io i miei guai…»

Kaito scosse la testa: «Bene, se le cose stanno così, credo di sapere come fare… ma avrò comunque ancora bisogno del tuo aiuto.»

«Cos’hai in mente?»

«Prima regola di un buon prestigiatore: se devi nascondere qualcosa, fallo nel modo più semplice, anche se è scontato.»

 

Aoko sorrise: «Dove mi stai portando, Koizumi

La ragazza sorrise: «Al parco. C’è un mago itinerante bravissimo e ho pensato che potesse interessarti. A te piacciono quegli spettacoli, giusto?»

«Oh sì! Ne ho visti un sacco da piccola.»

Akako sorrise, un po’ tristemente: «Davvero? E come mai?»

«In che senso?»

«Perché ci andavi così spesso?»

Aoko la guardò confusa: «Io… io…»

Una voce la distrasse dai suoi pensieri: «Signore e signori, ladies and gentlemen, benvenuti a questo fantastico magic show!»

Una piccola folla accolse il giovane prestigiatore, che in pochi secondi fece apparire quattro colombe, che lanciò verso il cielo. E poi via, per una mezz’oretta fu un susseguirsi senza pause di piccole meraviglie, che Aoko guardò con gli occhi sbarrati, sotto lo sguardo interessato di Akako. Poi, a un certo punto, una colomba scese dal cielo direttamente sulla spalla del prestigiatore che, dopo averla accarezzata, si rivolse ai bambini accorsi allo spettacolo.

«Ragazzi, ho bisogno della vostra collaborazione per l’ultimo numero. Mi aiuterete?»

Un coro di sì entusiasti confermò la volontà dei più piccoli di partecipare allo show.

Il ragazzo tirò fuori una bacchetta bianca: «Ho preparato tutto, ma non ricordo più la formula magica per evocare l’ultima sorpresa… cosa mi suggerite?»

Le voci iniziarono a susseguirsi e a sovrapporsi.

«Abracadabra!»

Il prestigiatore mosse la bacchetta verso il pubblico: «Proviamo… Abracadabra! No, niente… altri suggerimenti?»

«Ocus Pocus

«Proviamo anche questa… Ocus Pocus! Ancora nulla… altro?»

Akako lasciò che Kaito tentasse altre tre o quattro parole, poi gridò: «Finite Incantatem

Il ragazzo fece un inchino: «E accettiamo anche il suggerimento della signorina lì in fondo!»

Aoko vide il prestigiatore puntare la candida bacchetta verso di loro: «Finite Incantatem!»

E a quelle parole decine di palloncini spuntarono fuori e salirono verso l’alto, attirando lo sguardo del pubblico, ma non quello della ragazza. Per Aoko fu come se si fosse svegliata da un sogno, o da un incubo. Perché ora gli era chiaro, lampante, chi fosse quel ragazzo così bravo in mezzo a mille palloncini colorati.

«KAITO!!!»

Il sorriso di Kaito, già smagliante, si allargò ancora di più nell’udire quel dolce suono. Ce l’aveva fatta. Aoko, la sua Aoko, era tornata da lui.

In fondo, lo Statuto di Segretezza prevedeva solo che i babbani non si accorgessero se veniva lanciato un incantesimo, e quale metodo migliore per celare una magia vera se non nasconderla in mezzo a molte altre false?

Il cuore gli batté forte dall’emozione nel vedere la ragazza corrergli incontro e gettarglisi al collo, ma cercò, con molto sforzo, di recuperare un minimo di faccia da poker: «Ehilà, che entusiasmo!»

Aoko guardò stupita i palloncini: «Ma cosa... perché?»

Kaito alzò le spalle: «Oh, un compito per le vacanze... per imparare ad affrontare il pubblico. Non che ne avessi davvero bisogno, ma se non lo facevo, poi, chi li sentiva i prof?»

Aoko rise: «Non so perché, ma è quasi come se in questi mesi non ti avessi mai pensato... non ti ho nemmeno più scritto, mi sento in colpa...»

Kaito le diede un buffetto sulla guancia: «Non devi. Può capitare di essere presi da mille impegni, ma sono sicurissimo che mi hai pensato ogni singolo giorno.»

Dopo aver finito di salutare il pubblico, Kaito si allontanò con Aoko, che ora che aveva recuperato la memoria, sembrava non volersi più allontanare da lui.

«Allora, ci sarai alla mia festa di Natale?»

«Uhm... mi concedi un margine di ritardo?»

La ragazza lo guardò scandalizzata: «Di nuovo? L’anno scorso non sei proprio venuto, l’anno prima pure...»

Kaito le fece l’occhiolino: «Ma i fuochi artificiali che ti ho fatto per scusarmi erano belli, no?»

Aoko divenne leggermente rossa: «Già...»

Da lontano Akako sorrise leggermente. Che si godesse pure quell’attimo d’intimità con lei. Dopotutto era l’ultimo, poi sarebbe stato suo. Tutto suo. Definitivamente suo.

 

Il rumore del campanello distrasse Aoko dai suoi invitati: «Arrivo!»

La ragazza aprì la porta, trovandosi davanti l’invitato che attendeva con più ansia: «Buon Natale, Aoko!»

La ragazza lo fece entrare: «Kaito! Stavolta sei venuto davvero!»

Il prestigiatore le fece l’occhiolino: «Te l’avevo detto che avrei fatto solo un po’ di ritardo, no? Scusami, ma c’erano altre persone ansiose di vedermi...»

 

 

«KID!!!»

L’ispettore Nakamori sbraitava come un pazzo mentre cercava di liberarsi dalla trappola in cui era finito.

«TI PRENDERÒ KID, FOSSE L’ULTIMA COSA CHE FACCIO!!!»

Poco lontano, Jii rigirava per le mani un piccolo diamante, con un piccolo biglietto scribacchiato velocemente.

 

Che ti avevo detto, Jii? Non c’era nulla di cui preoccuparsi, Kid è e sarà sempre all’opera fino alla fine della sua missione!

Buon Natale.

P.s.: puoi restituire tu questa volta il diamante? Neanche stavolta era quello giusto e avrei un impegno urgente...

 

 

Già, ma l’impegno urgente non era stato Aoko e la sua festa, tutt’altro.

 

 

Akako, con aria soddisfatta, gli porse un bicchiere fumante: «Ecco qua. Come promesso.»

Kaito l’osservò tranquillo: «Come promesso.»

Senza alcun indugio, il ragazzo afferrò il boccale e ne bevve il contenuto tutto d’un fiato, sotto lo sguardo soddisfatto della strega.

Quando il prestigiatore lo posò sul tavolo, Akako si avvicinò sensuale: «Bene, e ora…»

«… ora vado da Aoko, che sono già in ritardo!»

«Eh? Ma… il filtro…»

Il ragazzo sorrise e tirò fuori la lingua.

 

«…conoscete un modo per disintossicarmi da un filtro d’amore? Potrei essere costretto a berne uno tra non molto…»

I gemelli risposero in coro senza esitazione: «Bezoar.»

«Bezoar?»

Fred rispose: «Un classico. Piton lo spiega sempre alla prima lezione del primo anno.»

Kaito ridacchiò: «E perché io non me lo ricordo assolutamente?»

Sheridan sospirò: «Perché alla prima lezione tu eri troppo impegnato a sfidarlo per prestare attenzione a tutto quello che diceva.»

«Giusto.»

George aggiunse: «Vai tranquillo, un pezzetto di Bezoar in bocca e sei sicuro da qualunque cosa, veleni compresi. Fidati, è sperimentato.»

Kaito e Fred chiesero in coro: «Davvero?»

George rise rivolgendosi al gemello: «Sai quanti di quei filtri d’amore diretti a me e a te mi sono scolato? Ti dirò, sono molto buoni, mi diverto persino a bere quelli degli altri con questo trucchetto…»

Kaito ridacchiò nel sentire le proteste imbarazzate di uno gemelli, poi però aggiunse: «Sì, d’accordo, sarà efficace quanto volete, ma io non ho un Bezoar! E non saprei nemmeno come procurarmelo, qui in Giappone!»

Sheridan sorrise: «Tranquillo, abbiamo qui Aoko per mandarti i biglietti d’auguri, no?»

 

Akako guardò stupita il sassolino che Kaito sputò sul tavolo: «Un… Bezoar?»

«Sarò principiante, ma sono pur sempre un mago anch’io!»

«E dove te lo saresti procurato?»

«È bello avere degli amici disposti a darti una mano quando non sai come uscire da certe situazioni. Anzi, ad essere precisi, mi è stato recapitato proprio sotto i tuoi occhi.»

Akako ripensò a tutta la giornata, poi esclamò: «La colomba allo spettacolo…»

Kaito le sorrise, mentre si avviò verso la porta: «Dopotutto, sono o non sono Kaito Kid?»

La strega protestò: «Tu mi hai imbrogliato! Non hai mantenuto la promessa!»

«La promessa prevedeva che io bevessi la tua pozione. Non c’era nessuna clausola che m’impedisse di prendere delle precauzioni contro i suoi effetti.»

Akako lo guardò serio: «Non potrai scapparmi per sempre. Un giorno sarai mio, Kaito.»

Kaito si limitò a salutarla con la mano: « Buon Natale, Akako

Non appena il ragazzo chiuse la porta, la strega sospirò. La tazza aveva avuto ragione ancora una volta. Dopotutto, quando si trattava di Kaito, le compariva sempre la stessa risposta. Anche questa volta il suo piano era fallito. Come previsto. Ma un giorno o l’altro avrebbe fregato quelle foglie di tè, non potevano averla vinta sempre loro!

 

 

Kaito sorrise, salutando tutti gli amici e i vecchi compagni di classe presenti alla festa. In un vivace scambio di regali fra gli invitati, il prestigiatore riuscì a passare ad Aoko un piccolo pacchetto contenente il secondo pezzo del set, accuratamente preparato con un piccolo incantesimo di protezione, per non correre più rischi.

Aoko sorrise alla vista della spilla con zaffiro: «È bellissima, Kaito! Io ti ho preso solo una cravatta…»

«Che mi sarà utilissima per gli spettacoli! Buon Natale, Aoko.»

A proposito di regali, pensò Kaito, chissà se i gemelli, come d’accordo, avevano dato la Mappa del Malandrino a Harry... dopotutto, ormai i passaggi li sapevano a memoria, e fare le loro marachelle senza sapere chi avrebbero incontrato sarebbe stato più eccitante.

Alla visione dei suoi amici sorridenti, e in particolare di Aoko, anche il volto di Kaito si sciolse.

Per una volta, stava filando tutto liscio.

 

 

«Tesoro, siamo tornati!»

Sheridan corse verso i genitori: «Mamma, papà!»

Il signor Pumpkin abbracciò la figlia: «Buon Natale, cara!»

«È andato tutto bene, in nostra assenza?»

Sheridan cercò di nascondere l’imbarazzo: «Tutto benissimo! E voi, come state?»

«Jet lag a parte, tutto a posto, stai tranquilla.»

La ragazza afferrò curiosa il quotidiano che il padre aveva appoggiato sul divano e storse il naso: «Perché avete preso un giornale straniero?»

«L’aereo ha fatto ritardo, ci annoiavamo e al negozio dentro l’aeroporto abbiamo preso qualcosa da leggere... per errore invece del Times abbiamo preso anche un quotidiano giapponese, ma abbiamo deciso di tenerlo come souvenir.»

Sheridan lo sfogliò curiosa. In prima pagina c’era la foto di una figura di spalle in fuga, con il mantello e il cilindro bianchi; quello che però attirò la sua attenzione fu un disegnino, riportato al fondo dell’articolo su quello che sembrava un biglietto da visita, una sorta di piccola caricatura.

La ragazza sorrise: «Che strano... questo gliel’ho visto scarabocchiare a Kaito qualche volta, in classe...»

«SHERIDAN!»

«ARRIVO!»

Con un’alzata di spalle, la ragazza richiuse il giornale ed andò da sua madre ad aiutarla a smontare le valigie.

Un modo diverso per passare il Natale.

 

 

Ciao a tutti! E mentre tutti tornano a scuola... Kaito si prende una vacanza! C’est la vie...

Allora, avete capito qual’era l’errore del capitolo delle vacanze estive? Se no, rileggetevelo...

Intanto ringrazio darkroxas92, Lunaby, Tsuki no Sasuke per le recensioni.

Prossimo capitolo? Gli allenamenti di Harry e Kaito contro i Dissennatori. E ci sarà da ridere...

Alla prossima!

 

Hinata 92

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Capitolo 24
*** Uno strano ma inquietante Dissennatore ***


Uno strano ma inquietante Dissennatore

 

«Quindi tutto a posto con la tua ragazza?»

Kaito sospirò: «Sì, tranquilli. E comunque non è la mia ragazza.»

Fred e George si tirarono gomitate: «Ceeerto, e noi non siamo i fratelli Weasley, solo due Mollicci nelle vicinanze di Gazza...»

Sheridan ridacchiò, guardando fuori dal finestrino. Entro pochi minuti sarebbero ritornati ad Hogwarts. Osservò con la coda dell’occhio Kaito sbadigliare profondamente. Poverino, in due settimane aveva dovuto subirsi ben due jet lag, non lo invidiava proprio...

La ragazza si sbatté una mano sulla fronte: «Ah, già, Kaito! Volevo chiederti una cosa!»

«Dimmi tutto.»

La ragazza gli porse un giornale: «I miei hanno portato questo dal loro ultimo viaggio. Queste foto mi hanno incuriosito, ma non capisco di che parla l’articolo. Puoi tradurmelo, per favore?»

Il ragazzo prese il foglio che l’amica gli porgeva e dovette immediatamente fare ricorso alla sua faccia da poker.

Sheridan continuò: «Sembrerebbe dalle foto la pubblicità di qualche spettacolo, ma era nelle prime pagine... di solito non dovrebbe esserci la cronaca?»

Il cervello di Kaito ingranò la quinta. Doveva mentire? Inventarsi lì per lì una balla colossale?

«È un articolo su un ladro molto famoso in Giappone. Posso tradurre il suo nome in inglese come “Il ladro ragazzino”.»

Fred sbirciò la foto: «Un ladro ragazzino molto appariscente. Non so come funzioni da voi, ma qui i ladri si vestono di nero, no? O almeno, così dice papà sui ladri Babbani…»

Kaito sorrise: «In effetti non ha paura di farsi notare. Anzi, molti dei suoi furti si basano su questo principio.»

«E il disegnino qua in basso?»

«Da quel che so, è la sua firma.»

Sheridan gli mandò un’occhiataccia: «E perché te l’ho vista disegnare spesso durante le lezioni di Rüf

Kaito alzò le spalle: «In Giappone è una moda. E per tenermi sveglio durante Storia della Magia faccio un po’ di tutto.»

La ragazza sembrò sufficientemente soddisfatta della spiegazione e cambiò argomento. Intimamente, Kaito tirò un profondo sospiro di sollievo. Non poteva sfruttare con loro il sottile cambiamento di pronuncia fra il suo nome e la parola “ladro” in giapponese. Alle loro orecchie sarebbe suonato sempre come “Kaito” e avrebbero potuto fare due più due. Per fortuna a casa sua il giochino invece reggeva.

«Piuttosto, parlando di cose serie… hai dormito, mentre eri a casa?»

Kaito fece una smorfia: «Dormito… sì, quello sì.»

I gemelli lo guardarono di storto: «Ma? Perché con quel tono c’è un ma in arrivo.»

Il ragazzo sospirò: «Non riesco a smettere di fare assurdi sogni ricorrenti.»

Sheridan cercò di essere incoraggiante: «Dai, forse dopo un po’ di vacanze perlomeno non urlerai più nel sonno…»

 

«TASUKETE, HI WA ORE WO MOETE IRU!»

Colin balzò a sedere sul letto con aria decisamente irritata: «Ora. Basta.»

Stephen guardò il compagno preoccupato: «Ehm… Colin?»

Il ragazzo si alzò con espressione assassina: «Non è possibile che ogni santa notte quello là urli! Io voglio dormire!!!»

Thomas lo vide alzarsi e chinarsi sotto il letto: «Cosa vuoi fare?»

Colin ridacchiò nervosamente: «Sogna di andare a fuoco, eh? E allora…»

« TASUKETE, HI WA ORE WO … AH!!! MA CHE CAVOLO…»

Kaito si ritrovò improvvisamente sveglio e grondante d’acqua: «Colin! Che cosa…»

Il ragazzo lo guardò per un po’ soddisfatto, ancora con il secchio in mano: «Semplicemente ho spento il tuo incendio! Così non brucerai più, no?»

Il ragazzo lo guardò perplesso per qualche secondo, poi scoppiò a ridere. Rise così tanto da rimanere senza fiato.

Thomas diede una gomitata a Colin: «Sicuro che in quel secchio ci fosse solo acqua e non anche Burrobirra

Kaito scosse la testa mentre riprendeva fiato: «No, semplicemente vi adoro per come riuscite sempre ad aiutarmi, anche quando cercate di punirmi. Dai, vado ad asciugarmi e torno a dormire. Credo proprio che una doccia fredda del genere mi ci voleva.»

 

La cura d’urto di Colin funzionò, forse per lo shock, forse per aver esorcizzato le sue paure con una bella risata, come con un Molliccio. Kaito faceva ancora sempre gli stessi sogni, ma per lo meno non urlava più, per la gioia delle orecchie dei suoi compagni di stanza. Il ragazzo ne fu molto felice: non aveva ancora risolto esattamente i suoi problemi, ma per lo meno non aveva più i sensi di colpa per l’insonnia dei suoi compagni. Per il resto, continuava segretamente a sperare nelle lezioni anti-Dissennatore che gli aveva promesso Lupin. Dopotutto era da quando quegli esseri giravano intorno alla scuola che i suoi problemi erano cominciati. Forse, se avesse capito come combatterli si sarebbe calmato anche il suo inconscio…

Finalmente, alla fine della seconda lezione di Difesa contro le Arti Oscure dopo la sosta natalizia, l’insegnante gli chiese di fermarsi ancora un attimo.

Kaito lo guardò entusiasta: «Allora, cominciamo queste lezioni?»

Lupin annuì: «Sì, mi sono già messo d’accordo anche con Harry. Ci vedremo giovedì sera alle otto, nella classe di Storia della Magia. Certo, sempre se trovo quello che mi serve per permettervi di esercitarvi…»

«È perfetto, professore!»

L’insegnante lo guardò serio, ancora più accentuato da quell’aria decisamente malaticcia che lo contraddistingueva di tanto in tanto: «Non sarà una cosa semplice, Kaito, soprattutto per te. Se dopo aver provato non te la sentirai di continuare non ci saranno problemi.»

«Non mi conosce ancora abbastanza bene, professore. Non sono uno che si arrende al primo imprevisto.»

Lupin sorrise tristemente mentre guardava il ragazzo allontanarsi dall’aula: «È proprio questo che mi preoccupa…»

 

Messisi d’accordo per andare insieme all’appuntamento, alle otto di giovedì sera Harry e Kaito uscirono dalla Torre dei Grifondoro e si diressero verso la classe di Storia della Magia. Era buia e vuota quando arrivarono, ma accesero le lanterne con la bacchetta magica e dopo soli cinque minuti apparve il professor Lupin con una grossa cassa da imballaggio, che posò sulla scrivania del professor Rüf.

Harry chiese: «Che cos'è?»

Lupin si tolse il mantello: «Una creatura che tu conosci già, mentre per Kaito è nuova. Vedete, qua dentro c’è un Molliccio.»

Kaito sussultò: «I cosi che diventano le nostre paure? Di nuovo?»

Lupin lo guardò incuriosito: «Ne hai già incontrato uno? Eppure non ve l’ho mostrato durante le nostre lezioni…»

«Ho avuto un incontro ravvicinato con uno di quei cosi nell’armadio nella Sala Insegnanti.»

Lupin ridacchiò: «Non lo sapevo. Allora ecco chi ha trovato quello che abbiamo usato nelle nostre lezioni! Questo invece l'ho trovato nascosto nello schedario di Mastro Gazza, dopo un lungo setacciamento iniziato martedì scorso. È la cosa più simile a un Dissennatore che abbiamo, almeno quando si avvicinerà ad Harry, e quindi potremo esercitarci con lui. Quando non lo usiamo posso tenerlo nel mio ufficio, sotto la scrivania c'è un armadietto che gli piacerà.»

Harry rispose: «D'accordo.»

Kaito annuì: «Sempre meglio che trovarcene davanti uno vero anche per le prime lezioni… che si fa, allora?»

Il professor Lupin estrasse la bacchetta, subito imitato dai suoi allievi: «Quanta impazienza! Allora... l'incantesimo che cercherò di insegnarvi è magia molto avanzata, molto al di sopra del Fattucchiere Ordinario. Si chiama Incanto Patronus.»

Harry chiese nervosamente: «Come funziona?»

Come se fossero in una qualsiasi lezione, Lupin iniziò a spiegare: «Be', quando funziona correttamente, evoca un Patronus, che è una specie di Anti-Dissennatore. Un guardiano che fa da schermo fra voi e il Dissennatore. Il Patronus è una forza positiva, una proiezione delle cose di cui si alimenta il Dissennatore: la speranza, la felicità, il desiderio di sopravvivere. Ma non può provare la disperazione come i veri esseri umani, quindi i Dissennatori non sono in grado di fargli del male. Devo però avvertirvi, ragazzi, che l'incantesimo potrebbe essere troppo avanzato per voi. Molti maghi qualificati incontrano serie difficoltà.»

Harry chiese curioso: «Che aspetto ha un Patronus

«Ciascuno è unico per il mago che lo evoca.»

Kaito iniziò a preoccuparsi un pochino: e se fosse apparso qualcosa che lo avesse ricondotto inequivocabilmente alla sua seconda identità?

Harry continuò: «E come si fa a evocarlo?»

«Con un incantesimo che funziona soltanto se ti concentri con tutte le tue forze su un solo ricordo molto felice.»

Kaito ripeté, pensieroso: «Un ricordo felice…»

Cosa poteva fare al caso suo?

Dopo un po’ di riflessioni, scelse di ripensare al primo furto nei panni di Kid.

Lupin, dopo un paio di minuti, chiese: «Ci siete? Ce l’avete ben vivido nella mente?»

Kaito, ad occhi chiusi, annuì. Sì, gli sembrava davvero di sentire svolazzare il mantello alle sue spalle, riprovava esattamente la stessa sensazione d’intima soddisfazione nei suoi gesti, in ogni singolo trucco portato a buon fine… e poi, quel volo in deltaplano…

«Ci sono.»

Harry aggiunse: «Va bene.»

Lupin si schiarì la voce: «L'incantesimo è questo: Expecto Patronum!»

Harry sottovoce ripeté quelle parole diverse volte: «Expecto Patronum, Expecto Patronum.»

Dopo un momento di esitazione, Kaito chiuse gli occhi, in silenzio, cercando di rendere il più vivido possibile quel ricordo, quell’emozione.

Lupin li osservò con attenzione: «Vi state concentrando bene sul vostro ricordo felice?»

Harry rispose senza esitazione: « Oh... sì... Expecto patrono... no, Patronum... mi scusi... Expecto Patronum, Expecto Patronum...»

Kaito stava usando una tecnica diversa. Non ripeteva nessun mantra, ma cercava di isolarsi, in modo da poter ripercorrere, momento per momento, quell’esperienza felice. E poi, quando nei suoi ricordi si stava buttando da quel tetto, con la pietra ben stretta nel pugno…

«Expecto Patronum!»

Il ragazzo aprì gli occhi di scatto. Dalla sua bacchetta era uscito qualcosa d’argenteo e indefinito. Al suo fianco anche Harry stava fissando con stupore la sua nebbiolina.

«Avete visto? È successo qualcosa!»

Kaito mosse dubbioso la sua bacchetta: «Sarà, ma a meno che non possa intossicarli con il fumo come le api, non vedo come questa cosa mi possa aiutare contro un vero Dissennatore…»

Lupin sorrise: «Molto bene. E tu non preoccuparti, Kaito, già quello qualcosa può fare. Ora... siete pronti a provarci con un Dissennatore?»

Kaito alzò le spalle, poco convinto, mentre Harry rispose risoluto: «Sì.»

Il ragazzo con la cicatrice strinse forte la bacchetta e si spostò al centro della classe deserta, con aria concentrata. Kaito fece qualche passo indietro per lasciargli spazio.

Dopo qualche secondo, Lupin afferrò il coperchio della cassa e lo tolse.

Un Dissennatore si levò lentamente, il viso incappucciato rivolto verso Harry, una mano spettrale e coperta di croste che tratteneva il mantello. Le lanterne tutto intorno guizzarono e si spensero. Il Dissennatore uscì dalla cassa e prese ad avanzare in silenzio verso Harry, traendo respiri rotti e profondi. Kaito osservò la scena con il fiato mozzo, ma senza provare i soliti malori. Forse era perché il Molliccio era concentrato su Harry e non su di lui.

Harry gridò: «Expecto Patronum! Expecto Patronum! Expecto...»

In un attimo il ragazzo crollò a terra.

Kaito si precipitò verso di lui cercando di aiutarlo a riprendere i sensi: «Harry!»

Prontamente Lupin rinchiuse nuovamente il Molliccio e riaccese le luci. Poco dopo anche Harry riaprì gli occhi.

Il ragazzo borbottò, alzandosi a sedere: «Mi dispiace.»

Lupin gli chiese: «Stai bene?»

Harry rispose affermativamente, ma Kaito lo guardò dubbioso mentre si appoggiava a un banco per rialzarsi. No, quel ragazzo sembrava star tutto fuorché bene.

Lupin gli porse una Cioccorana: «Ecco... mangiala prima di riprovare. Non mi aspettavo che ce la facessi la prima volta. In effetti mi sarei stupito se ti fosse riuscito.»

Harry mormorò, staccando la testa della rana con un morso: «Sta peggiorando. Questa volta l'ho sentita più forte... e lui... Voldemort...»

Lupin era più pallido del solito.

«Harry, se vuoi che smettiamo ti capisco benissimo...»

Harry esclamò deciso, ficcandosi in bocca il resto della Cioccorana: «Continuiamo! Devo farlo! E se i Dissennatori si presentano alla partita contro i Corvonero? Non posso permettermi di cadere di nuovo. Se perdiamo quell'incontro perderemo la Coppa del Quidditch!»

Kaito sospirò: «Guarda, non so se farti i complimenti per la determinazione o insultarti per l’idiozia…»

Lupin annuì: «Allora va bene... forse vuoi scegliere un altro ricordo, un ricordo felice, voglio dire, su cui concentrarti... quello a quanto pare non era abbastanza intenso... mentre ci pensi su, facciamo provare Kaito, che ne dici?»

Harry annuì e lasciò il posto al prestigiatore in mezzo all’aula.

Lupin si accostò al baule: «Pronto, Kaito?»

Il ragazzo prese un respiro profondo, cercando di fare come poco prima e di rivivere il ricordo del suo primo furto: «Vada.»

Lupin spalancò il coperchio nuovamente, ma quello che ne uscì lasciò di stucco tutti.

Harry esclamò: «Un… Dissennatore fatto di pesci?»

Il professore osservò la scena concentrato: «A quanto pare Kaito ha condensato due sue paure in una sola immagine…»

Il prestigiatore deglutì. Per quanto il suo Dissennatore taroccato fosse fatto di pesci neri, gli effetti su di lui erano tremendamente simili a quello di uno originale. Cercando con tutte le sue forze di mantenere i suoi pensieri sul suo primo furto e non sulla morte di suo padre, dopo molti secondi di esitazione Kaito esclamò con tutta la voce che aveva in corpo: «EXPECTO… PATR…»

Prima che potesse completare l’incantesimo, la bacchetta gli scivolò dalle mani ricoperte di sudore freddo e il ragazzo cadde in ginocchio, con lo sguardo sbarrato, mentre tutti i pesci lo circondarono in una morsa scura e stretta… sempre più stretta… mentre nelle orecchie gli rimbombava il brusio degli spettatori che iniziavano ad applaudire nuovamente per l’inizio dello spettacolo di Toichi Kuroba

«Kaito!»

Il prestigiatore impiegò un po’ a rendersi conto di essere di nuovo nell’aula di Storia della Magia. Sospirò.

«Non ci sono riuscito neanch’io, eh?»

Harry scosse la testa: «No.»

Kaito si rimise in piedi barcollando: «Ho urlato anche stavolta? Non mi pare di aver rivissuto di nuovo tutta la solita scena…»

Lupin porse anche a lui una Cioccorana: «No, questa volta no. Probabilmente anche perché non era un Dissennatore vero…»

Il ragazzo ridacchiò: «Già, a quanto pare il mio era contraffatto…»

«Non siamo qui per giudicare le nostre paure, ma per affrontarle. A te fa effetto come un Dissennatore vero, giusto?»

Il ragazzo annuì, lasciando di nuovo il posto a Harry.

Lupin si riavvicinò alla cassa: «Tu intanto pensa a un altro ricordo, ancora più felice. Pronto, Harry?»

Harry brandì di nuovo la bacchetta con forza, riprendendo il posto al centro della classe: «Pronto.»

Lupin sollevò il coperchio: «Vai!»

La stanza diventò di nuovo gelida e buia. Il Dissennatore avanzò rantolando; una mano in putrefazione si tese verso Harry...

«Expecto Patronum! Expecto Patronum! Expecto Pat...»

«E di nuovo… Harry!»

Kaito corse verso l’amico, ma Lupin fu più veloce. Con pochi colpi di bacchetta ricacciò indietro il Molliccio e riaccese le luci.

«Harry! Harry... svegliati...»

Kaito fece una smorfia: «Senza offesa, ma queste lezioni stanno diventando monotone… se continua così le finiremo la scorta di Cioccorane

Lupin continuò a schiaffeggiare Harry: «Quello non ha importanza. Sono più preoccupato per la vostra salute.»

Finalmente il ragazzo aprì gli occhi. Confuso, mormorò piangendo: «Ho sentito mio padre. È la prima volta che lo sento... ha cercato di affrontare Voldemort per dare a mia madre il tempo di fuggire...»

Mentre Harry cercava malamente di non farsi vedere mentre si asciugava le lacrime, Lupin gli chiese, con voce incrinata: «Hai sentito James?»

«Si... perché... lei non conosceva mio padre, vero?»

«Io... sì, in realtà eravamo amici a Hogwarts. Ascolta, Harry... forse per questa sera dovremmo lasciar perdere. Questo incantesimo è troppo avanzato... non dovevo nemmeno proporti di provarci...»

Harry si rialzò deciso: «No! Proverò un'altra volta! Non penso a cose abbastanza felici, ecco cos'è... aspetti...»

Kaito lo fermò: «No, ora aspetti tu. Se permetti, questo è il mio turno. Avanti, professore.»

Lupin sospirò: «Hai il tuo ricordo felice?»

Il prestigiatore, ad occhi chiusi annuì. Il primo trucco di prestigio che gli era riuscito. Quale gioia più grande per un prestigiatore?

Lupin spalancò di nuovo la cassa e di nuovo il Dissennatore dal mantello di pesci andò verso di lui per avvolgerlo.

«EXPECTO PATRONUM!»

Quello che uscì dalla bocca di Kaito fu più un ruggito che un grido, mentre cercava di rivivere con più intensità possibile la piacevole sensazione di soddisfazione che lo aveva pervaso più di tredici anni prima, quando era riuscito a far sparire quella piccola pallina, che a malapena stava nel palmo della sua mano di bambino. Ed ecco, la nebbiolina argentea di prima uscì dalla bacchetta e si frappose fra lui e la creatura, che però non voleva saperne di allontanarsi da lui. Rimaneva lì, immobile, mentre Kaito si convinceva che quello che stava uscendo dalla sua bacchetta non era un Patronus, ma la sua stessa forza vitale, perché sentiva le gambe diventargli sempre più molli… mentre si ricordava che ad applaudirlo per quel suo primo, piccolo successo c’era suo padre… il padre dal cui ricordo della morte stava cercando disperatamente di scappare…

Quando riprese i sensi, le prime parole di Kaito furono: «Sono scemo.»

Harry lo guardò perplesso: «Perché?»

«Perché non ho pensato che nel ricordo felice che avevo scelto c’era anche papà… e ovviamente ho fatto l’associazione mentale con la sua morte…»

Lupin gli porse l’ennesima Cioccorana: «Incidenti che possono capitare. Però sei stato bravo, qualcosa è uscito, sei sulla strada giusta. Dovresti cercare un ricordo della stessa intensità, ma possibilmente che non riguardi tuo padre…»

Kaito annuì: «Penso di aver capito. E forse so anche quale.»

«Bene. Harry, sei sicuro di voler tentare un’altra volta?»

«Certo.»

Lupin aveva l'aria di agire contro ogni buonsenso: «Pronto? Ti sei concentrato? D'accordo... vai!»

Alzò il coperchio della cassa per la terza volta, e il Dissennatore ne uscì; la stanza divenne fredda e buia...

«EXPECTO PATRONUM! EXPECTO PATRONUM! EXPECTO PATRONUM!»

Harry fece una smorfia di concentrazione, come se stesse lottando contro la sua stessa mente; poi, finalmente, il Dissennatore si fermò, bloccato da una grande ombra argentea esplosa dalla punta della bacchetta di Harry, che si alzò fluttuando tra il ragazzo e la creatura. Harry barcollava e sembrava sul punto di cedere da un secondo all’altro, ma resisteva strenuamente, fino a che Lupin fece un balzo in avanti.

«Riddikulus!»

Qualcosa si spezzò sonoramente, e il Patronus nebuloso di Harry sparì assieme al Dissennatore; Harry si lasciò cadere su una sedia, esausto come se avesse appena corso per un miglio, le gambe tremanti. Kaito gli si avvicinò, mentre il professor Lupin a colpi di bacchetta costringeva il Molliccio a rientrare nella cassa; era tornato di nuovo un globo argenteo.

Il prestigiatore lo guardò un po’ preoccupato: «Stai bene?»

Harry annuì: «S-sì… credo… stavolta credo di aver trovato il ricordo giusto…»

Il ragazzo sorrise: «Sei stato bravissimo.»

Lupin si avvicinò: «Eccellente! Eccellente, Harry! Davvero un buon inizio!»

«Posso provare ancora? Solo una volta?»

Il professore scosse la testa: «Per stasera basta, sei troppo stanco. Hai fatto già molto, credimi.»

Kaito si fece avanti: «E io? Posso riprovarci?»

Lupin lo guardò serio: «Una volta sola, Kaito. Anche per te è molto pesante un allenamento del genere.»

«Va bene.»

Mentre l’uomo si riavvicinò al baule, Kaito si diresse nella stanza un’ultima volta, ad occhi chiusi. Nella sua mente si rivide bambino, davanti al vecchio campanile, mentre si avvicinava a un’altra bambina dagli occhi tristi…

«Vai!»

Il solito, strano, inquietante Dissennatore gli andò incontro. Kaito cercò di riportare alla mente in modo ancora più vivido il ricordo di quando aveva conosciuto Aoko, ma gli venne più spontanea un’altra memoria, più recente, più vivida, più gioiosa…

«Expecto Patronum.»

Questa volta non aveva urlato, l’aveva detto con calma e sicurezza, tenendo ben salda la bacchetta. Sì, questa volta era sicuro, quando Aoko poche settimane prima lo aveva riconosciuto dopo l’Oblivion malriuscito era stata una grande gioia, ed era sufficientemente recente per poterla rivivere nel modo migliore.

Il Dissennatore arretrò, apparentemente spaventato dalla nebbia argentea, che però stava cominciando ad aggregarsi in una forma più omogenea…

Kaito esultò ad alta voce: «Vattene, schifoso, non ho più paura di te!»

Ce la stava facendo, non si sentiva neanche più tanto debole, ora che…

Improvvisamente il Dissennatore sembrò sciogliersi su se stesso, sotto lo sguardo stupito del ragazzo: «Eh? Cos’è, ho fatto un Patronus troppo potente?»

Fu un attimo. Il Molliccio si ricompose immediatamente sotto forma di un banco di pesci argentati che lo avvolse e lo strinse in una morsa sempre più stretta. Il suo piccolo Patronus scomparve, ormai divenuto inutile, mentre la gioia di Kaito svampò in un istante, sostituita da una morsa di paura che gli serrava la gola e i polmoni, impedendogli di respirare…

«Che… che…»

Lupin cercò di farsi avanti: «Pensa a qualcosa di divertente, Kaito. Pensa a come rendere quei pesci divertenti! Quello che sconfigge un Molliccio sono le risate! E poi gli urli Riddikulus!»

Ma il ragazzo era troppo stanco e sorpreso per poter reagire. L’insegnante si fece avanti e rimise il Molliccio al suo posto.

Harry si avvicinò all’amico: «Cos’è successo?»

Lupin sorrise comprensivo: «L’avevo detto che Kaito aveva condensato insieme due paure… quando si è esaltato per aver evocato il Patronus, il Molliccio ha capito che doveva cambiare tattica per spaventarlo.»

Il prestigiatore, ancora con i capelli dritti in testa, deglutì a vuoto un paio di volte: «E ci è riuscito in pieno. Mi ha preso completamente di sorpresa!»

«Non importa, sei stato bravissimo. Per una sola sera basta così. Ecco...»

E porse a Harry e Kaito una grossa tavoletta del migliore cioccolato di Mielandia.

«Mangiatelo tutto, o Madama Chips mi farà a pezzi. Ci vediamo la prossima settimana alla stessa ora?»

Entrambi risposero in coro: «Ok.»

Dopo aver dato un morso al cioccolato, Kaito si avviò verso la porta, ma vide Harry fermarsi.

«Professor Lupin, se conosceva mio padre, allora deve aver conosciuto anche Sirius Black».

Lupin si voltò in fretta e Kaito capì di trovarsi in mezzo a una conversazione privata, per cui uscì dalla porta e aspettò lì fuori l’amico, continuando ad addentare la sua tavoletta. Quando Harry uscì dalla stanza, non gli chiese nulla e tornarono nella Torre così, in silenzio. Erano entrambi esausti, mentalmente e fisicamente. Ma almeno forse così Kaito non avrebbe avuto incubi per quella notte.

 

 

Ciao a tutti!

So che vi ho fatto aspettare tantissimo, ma problemi universitari, impegni di vario tipo e problemi di salute mi hanno impedito di mettermi alla tastiera.

Ringrazio cicci12, darkroxas92, mergana e lunabay e l’ultimo arrivato larosa.

Prossimo capitolo? Nelle mie intenzioni dovrebbe essere uno dei più importanti e allo stesso tempo uno dei più divertenti di tutta la storia, e credetemi, vi ho detto più che a sufficienza!

Ultima nota di servizio: sono perfettamente a conoscenza dei nuovi sviluppi della trama di Kaito Kid (sia anime che manga), ma valuterò se inserirli a seconda di come evolverà la trama. Insomma, sono due anni che lavoro a questa storia, non cambio tutto solo perché Gosho dopo vent’anni si è svegliato!

Al prossimo capitolo, sperando di riuscire a pubblicare con più frequenza!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata92

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Capitolo 25
*** Un principiante all'opera ***


Un principiante all’opera

 

Stephen, subito dopo cena, cercò Kaito per tutta la Torre di Grifondoro: «Kaito! Kaito!»

Il ragazzo, che stava giocando a scacchi magici con Ron, rispose: «Sono qui!»

Il compagno con gli occhiali lo guardò ammirato: «È vero che domani inizierai i corsi di Materializzazione?»

Ron rise: «Ma va là! È il solito scherzo idiota di Fred e George…»

Kaito sorrise, muovendo la torre: «E invece è tutto vero. Domani sono atteso in Sala Grande per la prima lezione insieme ai ragazzi del sesto anno.»

Ron saltò sulla sedia, metà fra l’eccitato e lo scandalizzato: «Ma come? Tu sei solo del secondo anno!»

«Già, ma sono maggiorenne e a quanto pare per il Ministero è sufficiente.»

«Che invidia…»

Il prestigiatore ridacchiò: «Scherzi? Dal mio punto di vista sono solo altri compiti in più da gestire! Tanto la McGranitt è stata chiara, non ci riuscirò mai quest’anno…»

Stephen dissentì: «Ma è comunque un’opportunità enorme! Sarai l’orgoglio della nostra classe, Kaito!»

Il prestigiatore gli fece l’occhiolino: «Per ora mi accontento di battere questo Weasley al suo stesso gioco… scacco matto, mon amì

Ron sbuffò: «Non vale, mi sono distratto con questa storia della Materializzazione! Pretendo la rivincita!»

«Domani, domani… ora è meglio che vada a dormire, si preannuncia una giornata pesante. Buonanotte a tutti.»

 

Kaito apre gli occhi. È di nuovo sulla solita superficie trasparente, in pigiama, come quasi ogni notte da un mese a quella parte.

Il ragazzo si alza in piedi. Anche senza sollevare lo sguardo, sa benissimo che la solita figura misteriosa con lo scettro sta avanzando verso di lui, camminando sull’acqua.

Come sempre il suo volto è indecifrabile, completamente coperto da quello che ormai conosce essere il Cappello Parlante.

Kaito ormai lo sa, è inutile scappare o andarle incontro. Prima o poi lei arriva comunque. Non ha modo in realtà di dire che sia davvero una donna, ma lui ha deciso d’immaginarsela così. Ha un modo di camminare troppo elegante e spontaneo, a suo dire, per essere un uomo.

Come sempre, la figura lo raggiunge e gli porge lo scettro.

Come sempre, Kaito tenta di afferrarlo, sicuro che come al solito non riuscirà a prenderlo. E invece questa volta le sue dita si avvolgono intorno al bastone e lo sollevano, sotto lo sguardo stupito del ragazzo.

Come sempre, il Cappello Parlante presta la sua voce alla muta figura.

«La conoscenza è un grande dono, Kaito Kuroba-kun, un dono per il quale bisogna essere pronti…»

Kaito continua a rimirare meravigliato lo scettro che stringe fra le mani.

«Che tu sia pronto o no, il momento è giunto.»

Il ragazzo vorrebbe chiedere delucidazioni, ma la sua bocca è muta. Solleva quasi istintivamente lo scettro, e la pietra sul puntale inizia a risplendere, sempre più forte, sempre più forte, così forte che la strana figura con il Cappello Parlante sembra sparire avvolta da quella luce azzurrina e diafana come la pietra che lo emana.

E Kaito rimane lì, avvolto da una luce che non lo abbaglia, finché tutto non scompare…

 

Kaito aprì gli occhi, completamente sveglio. Non era spaventato o agitato come dopo uno dei suoi soliti incubi, ma era comunque eccitato, come se avesse fatto una scoperta fenomenale.

Sì, ma cosa aveva scoperto?

Non sapeva rispondersi e rimase lì, seduto sul letto, incapace di riprendere sonno fino al mattino.

 

Sheridan bisbigliò: «E dopo che hai preso lo scettro?»

Kaito rispose sempre sottovoce: «Il Cappello mi ha ripetuto quello che mi dice sempre…»

«Kuroba!»

Il ragazzo era talmente preso dal resoconto del sogno che non si accorse nemmeno di essere stato chiamato: «… però ha aggiunto che questa volta il momento è giunto, che sia pronto o no.»

«Kuroba!»

«Ma il momento per cosa? Sono ore che ci penso e non riesco a capire… lo so, è solo uno stupido sogno, ma non riesco a togliermi la sensazione che sia importante e…»

La McGranitt sbatté un pugno sul tavolo: «KUROBA!»

Il ragazzo trasalì: «Sì?»

«È la terza volta che ti chiamo, Kuroba. Quello che stava dicendo con tanto fervore alla signorina Pumpkin ha attinenza con la mia lezione?»

«Non esattamente…»

La professoressa gli rivolse uno sguardo glaciale: «Esattamente per questo motivo toglierò dieci punti a Grifondoro e ti assegnerò un tema sulla trasfigurazione inversa da consegnarmi per domani mattina.»

Kaito sembrò tornare in sé: «Domani? Ma professoressa, io oggi ho…»

La McGranitt si voltò verso la lavagna, chiudendo la discussione: «Non sono questioni che mi riguardano, Kuroba. Avevi solo da stare attento.»

Il ragazzo fece appello alla sua faccia da poker e a tutta la sua dose di pazienza per non rispondere malamente. Si limitò a ringraziare mentalmente il Cappello Parlante dei suoi sogni: ecco a cosa doveva essere pronto, alle punizioni impreviste!

Sheridan gli sussurrò: «E come farai con la lezione di oggi, Kaito?»

«Prevedo un’altra bella notte in bianco… come se non ne facessi già abbastanza…»

 

Puntuale, alle quattro del pomeriggio, Kaito si presentò in Sala Grande brandendo la bacchetta sotto ai vestiti. Gli avevano spiegato che di solito i corsi di Materializzazione si tenevano all’aperto, ma a causa della stretta sulla sorveglianza per il ricercato, il tutto era stato trasferito nella stanza più spaziosa del castello, sorvegliata a vista dai suoi cari amici Dissennatori. Il prestigiatore strinse la sua candida bacchetta con tutte le sue forze. Era vero, il suo Patrono era incompleto, ma forse gli avrebbe dato il tempo di correre all’interno della Sala senza perdere i sensi. Si mise preventivamente una Cioccorana in bocca e cercò di passare davanti alle creature il più velocemente possibile. Nell’istante in cui dovette passar loro affianco, sentì rimbombare nel cervello le voci del pubblico e quella di sua madre, ma riuscì faticosamente a mantenere il contatto con la realtà.

Una volta dentro sospirò di sollievo. Forse le lezioni di Lupin non gli avrebbero permesso di evocare un Patrono decente, ma gli stavano consentendo di fare una discreta dose di esercizio di resistenza alle sue visioni.

Kaito rivolse finalmente la sua attenzione alla Sala. Le tavole erano scomparse, e di fonte a uno sparuto gruppetto di suoi coetanei di tutte le Case, c’era un omino curioso. Era stranamente incolore, con ciglia trasparenti, capelli a ciuffi e un'aria eterea, come se un solo sbuffo di vento potesse soffiarlo via. Era in compagnia di Lupin, che cercava di riportare il silenzio e la calma nella Sala.

«Buongiorno. Mi chiamo Wilkie Twycross e sarò il vostro Istruttore Ministeriale di Materializzazione per le prossime dodici settimane. Di solito sono accompagnato dai Direttori delle Case, ma oggi erano impegnati in un collegio docenti e ad assistermi ci saranno il Professor Lupin e i Dissennatori al di fuori delle porte. Spero in questo periodo di riuscire a prepararvi così che molti di voi possano affrontare l'esame. Come saprete, di solito è impossibile Materializzarsi o Smaterializzarsi…»

Bla, bla, bla. Un discorso preparato a tavolino e ripetuto chissà quante volte, ne aveva riconosciuto lo stile. Kaito smise quasi automaticamente di ascoltare. Oltre ad essere distratto da un brusio di sottofondo nel suo cervello causato dai Dissennatori troppo vicini, si ritrovò a pensare a cose più urgenti, tipo cosa potesse scrivere nel tema richiestogli dalla McGranitt. La pappardella introduttiva del professore aveva l’aria di essere molto lunga e dubitava che per quel giorno potessero iniziare ad esercitarsi per davvero. Invece la McGranitt voleva quel tema subito. E doveva ancora finire i compiti di Vitius! Dunque cosa sapeva a riguardo della trasfigurazione inversa?

«… e solo quando vi do l'ordine... girate sul posto, cercando di entrare nel nulla, muovendovi con decisione! Non dimenticate le tre D!»

Kaito si risvegliò dai suoi pensieri. Aveva già finito di fare l’introduzione? E quando? E che cavolo erano le tre D?

« Al mio ordine... uno...»

Al suo ordine cosa? Kaito si guardò intorno in preda al panico. Quando erano comparsi quei cerchi a terra?

«… due… tre!»

I ragazzi intorno a lui iniziarono a fare delle piroette su se stessi, ad occhi chiusi. Trattenendosi dallo scoppiare al ridere al buffo show, Kaito osservò Lupin e l’insegnante ministeriale rimanere indifferenti allo spettacolo.

Twycross, che evidentemente non si era aspettato niente di meglio, commentò asciutto: «Non importa, non importa! Sistemate i cerchi, per favore, e tornate nella posizione iniziale...»

Il ragazzo sospirò. Almeno ora aveva capito cosa si aspettassero da lui. Se bastava girare un po’ in tondo per farli contenti, era facile. Poteva continuare a pensare al suo compito in pace.

Twycross riprese a contare: «Uno… due…»

Il prestigiatore si preparò pigramente alla giravolta. Dunque, la trasfigurazione inversa…

«… tre!»

Kaito, a occhi chiusi, si voltò su se stesso e sentì un fortissimo schiocco nelle orecchie che lo fece trasalire.

«Eh?»

Cos’era stato? Una bomba? Un petardo? Un…

Il ragazzo sentì di stare perdendo l’equilibrio e sbatté violentemente la schiena su una superficie rigida.

«AHIA! Accidenti, che male…»

Che diavolo era successo?

«Kuroba?»

Il ragazzo aprì un occhio, perplesso. Si stava sbagliando o quella voce…

«Che… AH!»

Il ragazzo trasalì e per un pelo non gridò per lo spavento. Di fronte a lui c’era una figura umanoide che lo fissava insistentemente. La sua pelle era verde e spugnosa e i suoi capelli erano fermati da vistosi e ingombranti bigodini. Ma il tono della voce e lo sguardo penetrante erano inconfondibili.

«P-professoressa McGranitt?»

Gli era uscito giusto un filo di voce stridulo, ma la donna sembrò non farci caso. Continuava a restituirgli il suo stesso sguardo stupefatto: «Kuroba! Come… come ci sei arrivato qui?»

«Qui dove?»

Solo a quel punto Kaito si rese conto di essere sdraiato di schiena su una scrivania. Un po’ confuso, si rialzò e si guardò intorno, riconoscendo la stanza.

«Ma questo è il suo ufficio! Come ci sono arrivato qui?»

La professoressa era agitatissima e sembrava aver perso in uno sbuffo tutto il suo proverbiale sangue freddo: «Sono io che ti faccio questa domanda!»

Kaito fissò la professoressa. Dovette fare appello ad ogni singola goccia della sua faccia da poker per non scoppiare a riderle in faccia per quello che, probabilmente, doveva essere il suo trattamento di bellezza: «M-mi scusi, devo aver sbagliato qualcosina, dovevo stare più attento… ora torno in Sala Grande e…»

La professoressa lo fissò ancora più allibita: «Tu… eri in Sala Grande?»

Il prestigiatore non capì il suo stupore: «Certo, è stata lei a dirmi che potevo frequentare il corso di Materializzazione! Se sta pensando al suo tema, lo farò appena avrò finito, non si preoccupi!»

L’insegnante scosse la testa: «Ma chi se ne importa del mio tema!»

Questa volta fu Kaito a guardarla allibito: «Eh?»

Ok, una frase del genere, pronunciata dalla McGranitt era tutto fuorché normale. A questo punto gli stava sorgendo un dubbio: erano forse Fred, George e Sheridan che gli stavano facendo uno scherzo? Se era così, stava riuscendo davvero benissimo!

«Kuroba… tu mi stai dicendo… che ti sei materializzato nel mio ufficio… dalla Sala Grande?»

Il ragazzo era sempre più confuso: «C-credo di sì… almeno, un secondo prima ero lì e un attimo dopo… ero sulla sua scrivania…»

L’insegnante non sbatteva nemmeno più le palpebre, senza parole. Kaito iniziò a pensare di averla combinata davvero grossa. Altro che tema di punizione, gli venne il tremendo sospetto che vedere i trattamenti di bellezza della propria insegnante potesse costargli espulsione! Oltre che l’infarto…

«M-mi scuso se ho invaso la sua privacy, non volevo interrompere la sua… ehm… pausa.  Devo solo aver sbagliato le coordinate di atterraggio, era il mio primo tentativo… le prometto che farò molto esercizio ben lontano dalle sue stanze, in futuro…»

«Tu… mi stai dicendo… che al primo tentativo… ti sei smaterializzato qui dentro?»

«Gliel’ho detto, è stato un incidente! Per favore, non mi espella, non dirò nulla sui suoi bigodini…»

A quelle parole la McGranitt sembrò recuperare un po’ di autocontrollo: «Ma certo che non ti espello, Kuroba! E i miei bigodini non hanno alcuna importanza!»

«Ok… mi fa piacere… allora…»

Con un colpo di bacchetta l’insegnante fece sparire bigodini e maschera verde, tornando ad assumere l’aspetto a cui Kaito era abituato.

«Vieni con me.»

Il ragazzo annuì e la seguì, massaggiandosi la schiena dolorante, sempre più confuso e perplesso. Si aspettava di venire trascinato nell’ufficio di Silente, ma la McGranitt si limitò a riportarlo in Sala Grande.

Twycross accolse il loro ingresso agitatissimo: «Professoressa! L’ha trovato lei, per fortuna!»

La McGranitt assunse il suo tono più impassibile: «Cos’è successo?»

L’insegnante ministeriale scosse la testa: «Non l’abbiamo capito! Un attimo prima questo ragazzo era qui, e un attimo dopo… puff! Scomparso! Abbiamo rivoltato la Sala da cima a fondo per cercarlo, stavamo per fare entrare i Dissennatori… abbiamo persino pensato che Black lo avesse rapito!»

«Lasci stare i ricercati, il ragazzo è comparso sulla scrivania del mio ufficio.»

«Eh?»

Lupin ridacchiò. A Kaito parve di averlo sentito bisbigliare un qualcosa di simile a un “Ma come, di nuovo?”, ma non ne era sicurissimo.

Twycross sembrò farsi ancora più trasparente: «Ma come è possibile?»

La McGranitt lo guardò come era solita fulminare in classe uno studente in ritardo: «Speravo me lo potesse spiegare lei. È lei l’esperto!»

Ma l’esperto sembrava avere le idee ancora più confuse della McGranitt: «Io… io…»

Lupin intervenne per sedare gli animi: «Sentite, faccio una proposta: che ne direste di concludere la lezione per gli altri studenti e poi magari fare una prova?»

Twycross annuì e si diresse di nuovo verso il centro della Sala borbottando: «Sì, sì, mi sembra ragionevole… ma non mi spiego ancora…»

L’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure sorrise a Kaito in modo rassicurante: «Per favore, rimani qui fino alla fine della lezione e osserva attentamente. Dopo riparleremo di quanto è successo, va bene?»

Kaito non ebbe molta altra scelta che obbedire. Si sedette su una panca, tenendosi le mani occupate con piccoli giochetti con i foulard, mentre la McGranitt al suo fianco, non lo perdeva un attimo di vista, quasi come se temesse che il ragazzo potesse svanire un’altra volta sotto i suoi occhi. Il suo istinto di Kaito Kid era un po’ disturbato da quella stretta sorveglianza, ma rimase tranquillo. Ancora non capiva che cosa avesse fatto di male. Un errore poteva capitare a tutti, o no? C’erano persone che stavano andando molto peggio di lui, a occhio e croce: la maggior parte rimaneva immobile al suo posto, limitandosi a girare in tondo in buffe piroette da danza classica; qualcuno lasciò qualche arto al punto di partenza, causando grida di panico e un infarto al prestigiatore.

Alla fine la lezione si concluse e tutti i ragazzi lasciarono la Sala Grande. Qualcuno adocchiò il ragazzo rimasto seduto tutto il tempo sulla panca e sorvegliato a vista, immaginandosi chissà cosa. La verità era che Kaito non ci aveva capito ancora assolutamente nulla. Sapeva solo che aveva evidentemente fatto un pasticcio, che in camera aveva ancora un tema di punizione da concludere e che iniziava ad avvertire un discreto languorino, nonostante la Cioccorana di prima.

Twycross e Lupin si avvicinarono a lui, chiedendogli di alzarsi. Kaito ubbidì.

«Per favore, Kaito, potresti provare a rifare quello che hai fatto prima?»

Il prestigiatore sorrise a Lupin: «Intende il tentativo di Smaterializzazione?»

«Esatto.»

«Ok, ci provo… ma non sono sicuro di azzeccare le coordinate di atterraggio dentro il cerchio…»

Lupin sorrise, mentre gli altri due rimasero impassibili ad osservarlo. Kaito fece un passo avanti e sospirò. Sperava solo di non incontrare Madama Chips mentre si faceva la manicure, questa volta… e di finire in fretta, che aveva fame e molti compiti da finire che lo attendevano in dormitorio.

Sotto gli occhi attentissimi degli insegnanti, che non osarono nemmeno sbattere le palpebre per non perdersi un movimento, il ragazzo chiuse gli occhi, fece un mezzo giro su se stesso con la gamba destra tesa e, con un fortissimo schiocco, scomparve.

Twycross si precipitò sul punto fino a dove poco prima c’era il ragazzo, come per assicurarsi che fosse davvero sparito: «Ma… dov’è?»

La McGranitt si guardò intorno: «Non nel cerchio, poco ma sicuro! Kuroba! Kuroba, dove sei? Se sei in questa Sala fatti vedere!»

Lupin sorrise, stranamente tranquillo: «Quella era una Smaterializzazione in piena regola, o sbaglio?»

Twycross era agitatissimo: «Non sbaglia! Ma è impossibile! Non ai primi tentativi! E soprattutto, non…»

La McGranitt si diresse decisa verso il portone: «Le considerazioni a dopo, ora dobbiamo trovarlo! Quel ragazzo evidentemente non ha alcun controllo sulla destinazione, potrebbe essere ovunque…»

«Sono qui…»

«Kuroba! Mi hai fatto prendere un colpo! Ma cosa…»

Il ragazzo aprì la porta, imbarazzatissimo e bagnato fradicio dalla testa ai piedi di un liquido che colava sul pavimento immacolato, formando una pozzanghera verdognola.

La professoressa lo guardò spaventata: «Kuroba! Dove…»

Kaito era completamente rosso in volto: «Mi scusi, devo aver di nuovo sbagliato l’atterraggio… credo di essere finito in cucina… nel pentolone della zuppa di verdure… e credo anche di essermi ustionato, era bollente…»

La donna si mise una mano sulla bocca, forse per lo stupore o per non scoppiare a ridere, mentre il ragazzo cercava ancora di scusarsi: «Gli elfi di sotto sono stati molto carini e gentili, non si sono neanche arrabbiati per la mia improvvisa apparizione, ma credo che la cena verrà servita con un po’ di ritardo… devono rifare tutto… mi scuso ancora…»

La donna lo prese per una manica: «Io lo accompagno in infermeria, a farsi vedere le ustioni e la schiena…»

Il ragazzo si portò una mano sulla colonna vertebrale: «Si vedeva così tanto?»

«Andiamo. Dopo discuteremo del resto.»

«Va bene…»

Nella Sala rimasero giusto Lupin e Twycross.

«È assurdo! Inconcepibile! In…»

Il professore interruppe lo sfogo del collega ministeriale: «Mi scusi, signor Twycross, converrà con me che quel ragazzo non può fare lezione con il resto del gruppo.»

«Certo che no, certo che no…»

«Non potrebbe dare l’esame di Smaterializzazione da privatista?»

«Da privatista? Ma da solo…»

«Non ho detto che studierà da solo. Mi offro di dargli io delle lezioni private per… rimetterlo in carreggiata, diciamo così.»

Twycross lo guardò scandalizzato: «Ma professor Lupin! Quel ragazzo…»

«… è molto confuso, al momento. Non è ancora possibile dire nulla dopo un solo esperimento. Mi prenderò io la responsabilità su di lui, e l’avvertirò in caso di altri… strani fenomeni. La prego.»

L’uomo sospirò: «Silente si fida di lei, quindi io farò lo stesso. Ma mi dovrà tenere informato.»

Lupin annuì: «Certo.»

L’uomo uscì dalla stanza ancora nervoso: «E si ricordi di far mettere di nuovo gli incantesimi su questa Sala!»

Il professore, rimasto solo, sospirò. Dopotutto, anche questa volta, quell’uomo aveva avuto ragione…

 

I Malandrini entrarono nel dormitorio con un po’ di cibarie nascoste sotto i vestiti. Kaito non si era presentato a cena, e si aspettavano di trovarselo chino sui libri, a preparare il compito di punizione. Rimasero sorpresi quando invece lo trovarono seduto a terra, sul tappeto, a fissare il caminetto pensieroso.

«Kaito?»

«Sei in pausa dallo studio?»

Il ragazzo sussultò: «Eh? No, non esattamente. Non ho proprio fatto il tema, in verità.»

Fred lo guardò sorpreso: «E che aspetti? La McGranitt lo vuole per domani!»

«Non più. Me l’ha annullato.»

I gemelli dalla sorpresa lasciarono cadere a terra una bottiglia di succo di zucca celata sotto gli abiti: «COSA???»

Sheridan lo guardò preoccupata: «Cos’è successo?»

«Ah, guardate, sto ancora cercando di capirlo! So solo che non posso più andare ai corsi di Smaterializzazione, e che invece avrò lezioni private da Lupin.»

«Lezioni private da Lupin?»

Kaito sospirò: «Solo perché ho sbagliato un paio di volte l’atterraggio… mica l’ho fatto apposta a finire nell’ufficio della McGranitt! Mi sono anche fatto un male alla schiena che non vi dico, Madama Chips ci ha messo più di un’ora a rimettermi in sesto. Per non parlare delle ustioni che mi sono beccato atterrando nel pentolone del minestrone in cucina… a proposito, spero non l’abbiate preso, a cena, non sono mica sicuro che gli elfi l’abbiano rifatto… se penso che qualcuno potrebbe essersi mangiato un brodo del sottoscritto per cena…»

Kaito rabbrividì, per poi notare le facce sconvolte degli amici. Sbuffò: «Anche voi mi guardate così? È tutto il pomeriggio che vengo osservato come un fenomeno da baraccone! Si può sapere che ho detto?»

George deglutì a vuoto: «Kaito… tu… ti sei smaterializzato… in giro per il castello?»

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo: «Sì, quante volte devo dirlo? Dovevo entrare in un cerchio a un paio di centimetri dai miei piedi, e invece mi sono ritrovato prima sulla scrivania della McGranitt e poi nelle cucine… che, tra l’altro, sono enormi! Ci siete mai entrati? Saranno quasi tre volte la…»

Fred lo afferrò per le spalle: «Kaito, ma ti stai rendendo conto di cosa ci stai dicendo?»

Il prestigiatore lo guardò perplesso: «A quanto pare no…»

Sheridan sospirò: «Hogwarts ha molti incantesimi di protezione. Tra questi c’è un sistema che impedisce a chiunque di Materializzarsi o Smaterializzarsi all’interno dei confini.»

Kaito era confuso: «Ok… d’accordo, ma non sono mica stato l’unico a fare il corso oggi. Ci sono altre persone che…»

George spiegò: «Oggi, per farvi fare il corso, il preside ha annullato l’incantesimo giusto nella Sala Grande. Era possibile Smaterializzarsi solo lì dentro...»

Fred si allontanò dal ragazzo e lo squadrò, serio: «La domanda quindi è… come diavolo hai fatto ad andartene in giro tranquillamente per il castello, Kaito, se teoricamente è impossibile per chiunque, Silente compreso?»

Kaito impiegò qualche secondo a metabolizzare tutte quelle informazioni. Ecco perché gli insegnanti erano rimasti così sorpresi… e spaventati…

Dopo quasi un minuto d’imbarazzante silenzio, il prestigiatore sbottò: «E io che ne so? L’ho detto e ripetuto, sono un principiante sull’argomento!»

I Malandrini si guardarono preoccupati.

«Se questo è il tuo livello principiante… non osiamo immaginare cosa potrai fare quando sarai un esperto…»

 

 

Argh! Stavolta non sono in ritardo, di più! Stavolta però non è dipeso da me, ma da un incidente che mi ha bloccato la spalla per due mesi e solo adesso inizio a recuperare un filo di mobilità (poca, eh!), quindi abbiate pazienza e non uccidetemi per stavolta.

Penso comunque di aver iniziato l’anno con un gran bel capitolo, uno dei miei preferiti finora, l’ammetto, e allo stesso tempo uno dei più importanti della trama, che pian piano si stacca sempre più dall’originale e percorre strade parallele. Perché aggiungere questa capacità a Kaito? Perché nel manga (e nelle sue rare apparizioni nell’anime di Conan) a volte sparisce davvero e non si capisca come abbia fatto ad uscire dagli edifici in un paio di secondi... e poi nei libri lo ripetevano talmente alla nausea che “non ci si può Materializzare e Smaterializzare all’interno di Hogwarts” che alla prima lettura pensavo davvero che alla fine avrebbero trovato un modo per farlo.

Bene, detto questo, ringrazio i lettori e soprattutto Lunaby, Cicci12, mergana, Tsuki no Sasuke e darkroxas92 per i commenti, e per la nuova lettrice che si è fatta viva al primo capitolo (forza che prima o poi arriverai fin qua!), ovvero GiulpuHatake.

Prossimo capitolo? Tante lezioni extra per il povero Kaito, come se non bastassero quelle giornaliere...

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 26
*** Lezioni serali ***


Lezioni serali

 

«Avanti.»

Kaito entrò nell’ufficio di Lupin: «Buonasera, professore.»

L’insegnante gli sorrise: «Ti stavo aspettando.»

Il ragazzo chiuse la porta di quella stanza che ormai conosceva fin troppo bene. Non solo più le lezioni anti-Dissennatore del giovedì, da quella sera avrebbe dovuto frequentarla anche il lunedì per le lezioni private di Smaterializzazione.

Un po’ in imbarazzo, Kaito si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania dell’insegnante.

«Hai capito ora perché hai causato tanto scompiglio, l’altro giorno?»

Il ragazzo annuì: «Non ci si può Smaterializzare dentro Hogwarts.»

«Però tu l’hai fatto.»

Kaito fece una smorfia: «Prima che me lo chieda, no, non ho la più pallida idea di come abbia fatto.»

Il professore scosse la testa: «Questo mi era chiaro, e non era la domanda che stavo per porti.»

«Davvero? La McGranitt me l’avrà chiesto almeno dieci volte...»

Lupin sorrise, con una strana luce giocosa negli occhi: «La mia domanda invece è... pensi di poterlo rifare?»

Kaito lo guardò sorpreso: «Non ne ho idea... non ci ho più provato...»

L’uomo si alzò: «E allora questa mi sembra una buona occasione. Avanti!»

Il prestigiatore si alzò a sua volta, un po’ insicuro: «Ehm... ok... deve togliere incantesimi o...»

Lupin scosse la testa: «Vediamo se quello dell’altro giorno è stato un caso oppure no. Cerca di Smaterializzarti... vediamo... davanti al caminetto!»

Kaito fece una smorfia: «Ehm... allora è meglio che lo spenga... visto com’è finito col pentolone...»

Lupin sorrise: «Hai ragione. Cambiamo, allora. Davanti alla porta.»

«E se finisco per errore da altre parti?»

«Ti aspetterò. Torna pure qui a piedi.»

Il ragazzo sospirò profondamente, poi chiuse gli occhi e ruotò su se stesso. Lupin rimase tranquillo quando lo vide sparire. Per essere sicuro, aprì la porta del suo ufficio, trovando il corridoio deserto. Se l’era aspettato. Sospirando, tornò a sedersi e attese per un quarto d’ora, quando finalmente sentì bussare alla porta.

«Avanti.»

Kaito rientrò nell’ufficio imbarazzato: «Mi sa un po’ di deja-vù...»

«Dove sei finito?»

«In voliera. Ci ho messo un pochino a tornare indietro...»

Lupin lo guardò divertito: «Bene. Almeno ora abbiamo qualche dato in più.»

«A me è sembrato solo un fiasco…»

L’uomo fece segno a Kaito di sedersi e continuò a parlare: «Abbiamo capito che a quanto pare riesci a ignorare gli incantesimi anti-Smaterializzazione senza alcuno sforzo particolare, che non hai problemi a Materializzarti a grandi distanze e, soprattutto, che sei molto, ma molto distratto.»

«Eh?»

«A che stavi pensando prima di Smaterializzarti?»

Kaito ci pensò su: «Alla porta.»

«E…»

Il ragazzo sospirò: «… e che ho dimenticato di spedire una lettera a mia madre.»

Lupin annuì soddisfatto: «Quindi, immediatamente, ti sei ritrovato in voliera, come se dovessi spedirle il gufo. Fammi indovinare: l’altro giorno avevi fame…»

«… e mi sono ritrovato in cucina. E quando mi sono Materializzato dalla McGranitt era perché avevo in mente il suo compito di punizione…»

«Hai afferrato il concetto. Devi svuotare la mente durante la Smaterializzazione, o rischi di fare errori piuttosto grossolani.»

Kaito annuì: «Più semplice a dirsi che a farsi, ma ok, ho capito il problema…»

«Come ha detto Twycross la scorsa lezione, i problemi si presentano al momento in cui si svanisce, nello stabilire la destinazione e nell’istante in cui si ricompare. Evidentemente non hai alcun problema con la prima parte, ti sei Smaterializzato subito e senza lasciare pezzi indietro.»

Il ragazzo ribatté: «Veramente a me non è sembrato così difficile, non mi ero nemmeno concentrato un granché, la prima volta… volevo solo fare una piroetta, non pensavo nemmeno di poter svanire…»

Lupin sorrise in modo amichevole: «Però la maggioranza dei tuoi compagni non è riuscita nemmeno a fare quello, l’hai notato?»

«Sì… ma non capisco la loro difficoltà. Non so… è quasi come se l’avessi sempre fatto.»

L’insegnante continuò: «Il tuo vero scoglio è riuscire a controllare la destinazione… e per questo non c’è che una soluzione: provare e riprovare.»

Kaito sospirò: «Non mi pare di avere molta altra scelta. Anche per il Patrono non facciamo altro, dopotutto»

Lupin si alzò in piedi: «Avanti, di nuovo! Prova a Smaterializzarti davanti alla porta!»

Il prestigiatore fece qualche passo per avere lo spazio di girare su se stesso, poi chiuse gli occhi e fece la piroetta. Quando li riaprì, si ritrovò nel corridoio, davanti a una porta.

«Be', è un passo avanti! Almeno stavolta la porta c’è…»

Fu con orrore che il ragazzo si accorse però che il corridoio era quello sbagliato e che la porta davanti a cui si era Materializzato era quella dell’ufficio di…

«Gazza! Se mi becca qui non sentirà scuse!»

Più d’istinto che per vero ragionamento, Kaito si Smaterializzò nuovamente, senza più nemmeno ruotare su se stesso, ritrovandosi a precipitare.

«Ahi!»

Un po’ confuso, si guardò intorno. Non era riuscito a tornare da Lupin, ma almeno era nel luogo più sicuro da Gazza, la Torre di Grifondoro. Era atterrato malamente e a testa in giù su una poltrona di fronte al caminetto. Sospirò di sollievo, per poi raddrizzarsi e rimettersi in piedi. A quanto pare alla fine era riuscito ad accontentare il professore, era arrivato davanti a un caminetto. Solo a quello sbagliato. Gli era già andata di lusso, per lo meno non era finito sulle braci come aveva pronosticato…

Respirò profondamente un paio di volte per rilassarsi e chiuse nuovamente gli occhi, cercando di pensare solo al professore di Difesa contro le Arti Oscure. Doveva tornare da lui, nel suo ufficio.

«Uno… due…»

Iniziò a ruotare: «… tre! AH!»

Si sentì nuovamente cadere e chiuse gli occhi, per poi…

«Ehm… buonasera professore! Ha visto? Sono tornato!»

Lupin lo guardò divertito per la faccia tosta dell’allievo: «La mia schiena avrebbe preferito non proprio fra le mie braccia, ma va bene, è un passo avanti. Ora puoi scendere, però? Pesi…»

Kaito balzò giù dalle braccia dell’insegnante: «Scusi, non volevo Materializzarmi addosso a lei…»

Il professore ridacchiò: «Immagino. Allora direi che fra i punti da migliorare aggiungiamo anche l’atterraggio.»

«In effetti finora sono riuscito a ricomparire in piedi solo una volta…»

Continuarono così ancora per un’oretta, ma con scarsi miglioramenti. Kaito riappariva in luoghi sempre diversi, e per tornare nell’ufficio di Lupin impiegava sempre almeno un paio di tentativi. L’unico lato positivo era che, a differenza delle lezioni per l’evocazione del Patrono, non si sentiva affatto stanco. Fu il professore a chiedere d’interrompere, una volta visto l’orario.

Kaito annuì: «Direi che non è il caso che provi a tornare nel mio letto teletrasportandomi, eh?»

Lupin rise: «Non ti sei ancora stancato?»

«In realtà no, non più che se avessi fatto una piccola passeggiata, almeno.»

Il professore, invece, aveva un’aria molto stanca: «Buon per te allora, ma per stasera forse è meglio che continui a usare i piedi.»

Era arrivato il momento del congedo, ma Kaito aveva ancora una domanda che lo rodeva da un po’: «Professore?»

«Sì?»

«Perché? Perché riesco a Smaterializzarmi dove dovrebbe essere impossibile?»

Lupin sospirò, fissandolo con occhi improvvisamente ammantati da malinconia: «Di preciso non so risponderti, Kaito. A prima vista sembra che tu abbia le stesse capacità di Smaterializzazione di un elfo domestico. Anche loro possono apparire ovunque nonostante i nostri incantesimi.»

Kaito rifletté. In effetti Harry, quando l’anno prima l’aveva messo alle strette dopo la pietrificazione di Hermione e Sheridan, gli aveva raccontato che Dobby era apparso in infermeria…

«Vuole forse dirmi che sono imparentato con un elfo?»

Lupin rise di gusto: «No, non credo proprio! Sai, mi piace pensare che ognuno di noi abbia un talento. Pensa ai tuoi amici: Colin ha fiuto per le notizie; Ginny capisce subito quando qualcosa non va; Harry è fenomenale a giocare a Quidditch. E a mettersi nei guai.»

«Oh, quel talento ce l’ho anch’io, non si preoccupi! È più diffuso di quanto s’immagini!»

«Perché tu non potresti avere un forte talento per la Smaterializzazione?»

Kaito lo guardò dubbioso: «Comparso così, dal nulla? Be', a pensarci bene sarebbe anche adatto, però…»

Il professore lo guardò stanco ma con aria complice: «Ne sei sicuro? Sei certo di non esserti mai Smaterializzato prima d’ora? Tu stesso mi hai detto che ti sembrava di farlo da sempre… forse finora non te ne sei solo mai reso conto. Ora scusami, ma sono davvero stanco, riprenderemo questo discorso la prossima volta. Buonanotte.»

«Buonanotte.»

 

Le ultime parole del professore tormentarono i pensieri di Kaito per tutto il giorno successivo. Possibile che si fosse già Smaterializzato? E quando?

Il prestigiatore sospirò, appoggiandosi al muro. Fred e George erano in ritardo, e lui era lì, in cima alla Torre Nord dove li stava aspettando, solo con i suoi pensieri. Ma dove si erano cacciati quei due?

Quasi senza pensarci, Kaito prese la sua bacchetta e iniziò a giocherellarci, osservandola. Perché lui doveva sempre avere qualcosa di strano? Ora la Smaterializzazione, prima quella bacchetta...

«... bianca?»

«Uh?»

Kaito alzò lo sguardo. Davanti a lui c’era la donna dall’aspetto più curioso che avesse mai visto ad Hogwarts: il suo corpo magrissimo era avvolto in uno scialle leggero, tutto ricamato di perline, mentre innumerevoli catene e collane le pendevano dal collo esile, così come le mani e le braccia erano cariche di braccialetti e anelli. Aveva uno sguardo sbarrato, forse ancora più esasperato dagli spessi occhiali che sembravano renderle gli occhi molto più grandi del normale.

Kaito le restituì uno sguardo perplesso: «Scusi... ce l’ha con me?»

La donna non staccava i suoi occhi dalla sua bacchetta: «È bianca... è bianca!»

Il ragazzo riguardò di nuovo la sua bacchetta: «Lo so...»

Ma la strana signora era già scappata nel corridoio urlando come un’isterica: «È bianca! È bianca! È il segno, è giunta la guerra, la guerra!»

Kaito la guardò sconvolto sparire nel corridoio: «Ma che le ho fatto?»

Fred e George giunsero in quel momento: «Che le è preso alla Cooman? Urlava correndo come una pazza uscita dal manicomio...»

«Più del solito...»

Il prestigiatore alzò le mani in segno di resa: «Non lo so, ve l’assicuro, ero qui ad aspettarvi, mi ha visto ed è scappata!»

Fred alzò le spalle: «Oh , la Cooman è matta, lo sanno tutti.»

George ridacchiò: «Si sarà fumata il cervello con tutto quell’incenso... a proposito, Kaito che ci fai qui?»

«Io e Sheridan volevamo chiedervi un favore.»

George lo guardò divertito: «Un favore da Malandrini?»

«No, una volta tanto un favore da semplici studenti.»

«D’accordo, allora. Sheridan è in Sala Comune?»

Kaito annuì, staccandosi dalla parte e incamminandosi dietro i gemelli: «Certo... uh?»

Fred si voltò verso l’amico: «Che c’è?»

«Che strano... non mi ero accorto di essermi appoggiato a una porta... avrei giurato che fino a poco fa non ci fosse...»

Kaito guardò perplesso l’ingresso che non aveva notato. Non sapeva perché, ma provava l’irresistibile impulso di aprirla. Curiosità? No, non esattamente... aveva quasi l’impressione di sentirsi chiamato...

Quasi senza rendersene conto, allungò una mano verso la maniglia, ma quasi subito venne trascinato via di peso da Fred e George.

«Su, su, andiamo!»

«Non vorrai mica far arrabbiare Sheridan, no?»

Kaito, un po’ scombussolato, annuì senza insistere, attribuendo la strana sensazione alla stanchezza e non notando invece lo sbiancamento sui volti di Fred e George, che si scambiarono un’occhiata ansiosa. Dopotutto Silente era stato chiaro: se volevano che i Malandrini continuassero ad esistere, Kaito non poteva entrare nella Stanza delle Necessità.

 

«Alla buon ora!»

I gemelli sorrisero alla ragazza: «Scusa il ritardo, ci hanno trattenuti.»

I Malandrini si sedettero intorno a un tavolino nelle comode poltrone della Sala Comune.

Fred disse: «Dunque... in cosa possiamo aiutarvi?»

Kaito e Sheridan tirarono fuori un plico di fogli: «Questi.»

George li riconobbe al volo: «Ah, è giunto anche per voi il momento, dunque!»

Kaito sorrise: «Già... dunque, ci consigliate qualcosa per scegliere le materie del prossimo anno?»

«Ma certo! Chiedete pure!»

Sheridan sfogliò alcune pagine: «Dunque... a che serve Antiche Rune? Io continuo a non capirlo...»

«T’insegnano a capire le rune, che c’è da capire?»

La ragazza insistette: «Ma queste rune, poi, servono a qualcosa? C’è ancora qualcuno che le usa?»

«No... se studi testi antichi ti servono, però.»

Kaito fece una smorfia: «Allora passo.»

«Mi sa che ti seguo... la prossima è Aritmanzia...»

Fred commentò: «Non la seguiamo, è una cosa complicata... praticamente associano lettere e numeri, per intuire il carattere di una persona o prevedere il futuro. Se non sbaglio dicono di poter capire molte cose di una persona a partire dai numeri della data di nascita o roba simile.»

Kaito guardò la descrizione con aria interessata: «A me matematica è sempre piaciuta... potrei farci un pensierino... non m’interessa prevedere il futuro, però suona interessante...»

Sheridan invece sembrava poco entusiasta: «Se lo dici tu...»

Il ragazzo fece un piccolo sorrisino. Nessuno di loro poteva capire la sua estrema necessità di capire le persone tramite i numeri... soprattutto quando i numeri in questione erano quelli delle casseforti da svaligiare...

La ragazza scorse l’elenco: «Dunque... Babbanologia

I gemelli alzarono gli occhi al cielo: «La materia preferita di papà!»

Poi, notati gli sguardi perplessi degli amici, specificarono: «Studiano tutti i metodi che i Babbani hanno trovato per fare a meno della magia.»

Lo sguardo di Kaito s’illuminò: «Mia!»

«Eh?»

«Ma Kaito, tu vieni da una famiglia babbana...»

«Appunto! Voti facili! Già che nelle altre materie non sono proprio una cima, almeno con questa potrei risollevare la media!»

I gemelli lo guardarono perplessi: «Contento tu... papà ne sarà felice. La prossima?»

«Poi abbiamo... Cura delle creature magiche.»

George rise: «Ah, l’anno scorso era noiosa, ma da quest’anno che c’è Hagrid è uno spasso!»

«Non che ci voglia molto a battere Kettleburn...»

Kaito sorrise: «Allora questa la prendo! E poi visti gli animali strambi che girano qui intorno, non si sa mai, può sempre servire...»

«Questa volta ti seguo. Dunque, cos’è rimasto... Divinazione! Questa m’incuriosiva parecchio...»

Kaito alzò gli occhi al cielo: «No, grazie! Se c’è una cosa a cui proprio non credo, è la possibilità di prevedere le cose. Il mio futuro me lo costruisco con le mie mani...»

I gemelli guardarono l’amico e scoppiarono a ridere: «Meno male che la pensi così, Kaito... perché l’insegnante è quella che abbiamo incontrato prima.»

Il prestigiatore sbarrò gli occhi: «La pazza furiosa? Motivo in più per non andarci!»

«Noi la seguiamo per divertirci... le sue lezioni sono una barzelletta.»

Kaito finì di completare il modulo: «Dunque, alla fine farò... Aritmanzia, Babbanologia e Cura delle Creature magiche.»

Sheridan controllò il suo foglio: «E io Cura delle Creature magiche e Divinazione.»

«Perfetto, ora possiamo andare a mangiare, che io dopo ho di nuovo lezione con Lupin.»

George si alzò dalla poltrona: «Ancora Smaterializzazione?»

«No, è giovedì... oggi tocca al Patrono!»

 

«Expecto Patronus

Kaito si concentrò al massimo sul suo Patrono, ma ancora non riusciva a dargli una forma stabile come avrebbe voluto. Sembrava oscillare fra più aspetti diversi, per poi dissolversi dopo pochi secondi. Non che a Harry le cose andassero meglio, in verità.

Il patrono svanì di nuovo e Kaito sbuffò nervoso: «Uffa... c’ero quasi!»

Lupin li guardò con aria severa: «Pretendete troppo da voi stessi. Per dei maghi così giovani, anche un Patronus confuso è un gran risultato. E poi non perdete più conoscenza, no?»

Kaito fece una smorfia: «Sì... anche se sento ancora le voci...»

Harry sospirò scoraggiato: «Credevo che un Patronus... schiacciasse i Dissennatori, o roba del genere. Che li facesse sparire...»

Lupin rispose: «Un vero Patronus lo fa. Ma tu hai fatto grandi progressi in pochissimo tempo. Se i Dissennatori si fanno vedere alla prossima partita di Quidditch, sarai in grado di tenerli a bada abbastanza a lungo da riuscire a tornare a terra».

«Ha detto che è più difficile se sono in tanti.»

Lupin sorrise: «Ho la massima fiducia in voi. Ecco... vi siete meritati una bibita... arriva dai Tre Manici di Scopa... non credo che voi l'abbiate mai assaggiata...»

Estrasse due bottiglie dalla valigia.

Harry esclamò: «Burrobirra! Sì, mi piace quella roba!»

Lupin alzò un sopracciglio.

Kaito ridacchiò alzando le mani: «Ah, per me non c’è problema, sono maggiorenne e posso anche bere alcolici... almeno, in questo Stato. Poi però non ditelo a mia madre a casa...»

Il professore continuò a guardare Harry sospettoso: «La Burrobirra non è alcolica... però, Harry, quando l’avresti bevuta?»

Il ragazzo mentì malamente: «Oh... Ron e Hermione me ne hanno portata un po' quando sono andati a Hogsmeade

Lupin commentò sospettoso: «Capisco. Be'... beviamo alla vittoria di Grifondoro contro Corvonero! Anche se io non dovrei tenere per nessuno, essendo un insegnante...»

Kaito assaggiò un po’ della strana bevanda: «Uhm... non male!»

Bevvero la Burrobirra in silenzio, finché Harry non decise di chiedere qualcosa a cui pensava da un po'.

«Che cosa c'è sotto il cappuccio dei Dissennatori?»

Il professor Lupin abbassò la bottiglia, pensieroso.

«Mmm... be', i soli a saperlo non sono in grado di raccontarcelo. Vedi, il Dissennatore abbassa il cappuccio solo per usare la sua arma estrema, la peggiore».

Kaito ridacchiò: «Che cos'è, l’alito?»

Lupin fece un sorriso un po' obliquo: «Lo chiamano il Bacio del Dissennatore.»

Il prestigiatore fece una smorfia: «Non mi farei baciare da quei cosi neanche se sotto il cappuccio ci fosse la ragazza più bella del mondo... »

L’insegnante lo guardò malinconico, per poi riprendere: «I Dissennatori lo fanno quando vogliono distruggere completamente qualcuno. Immagino che ci siano delle fauci lì sotto, perché le stringono sulla bocca della vittima e... le succhiano l'anima».

A Kaito andò un sorso di traverso dalla sorpresa e iniziò a tossire, mentre Harry sputò un po' di Burrobirra.

«Cosa... uccidono...?»

«Oh, no, è molto peggio. Puoi esistere anche senza l'anima, sai, purché il cuore e il cervello funzionino ancora. Ma non avrai più nessuna idea di te stesso, nessun ricordo... nulla. Non è possibile guarire. Esisti e basta. Come un guscio vuoto. E la tua anima se n'è andata per sempre... è perduta».

Kaito riprese a respirare normalmente: «Alla faccia del bacio fatale...»

Lupin prese un altro sorso di Burrobirra e poi disse: «È la sorte che attende Sirius Black. C'era scritto stamattina sulla Gazzetta del Profeta. Il Ministero ha dato ai Dissennatori il permesso di procedere se lo trovano.»

Kaito si ripromise mentalmente di farsi arrestare solo dalla polizia babbana.

Harry invece disse all'improvviso. «Se lo merita.»

Lupin gli chiese quasi casualmente: «Lo credi davvero? Credi davvero che qualcuno possa meritare una cosa del genere?»

Harry rispose in tono di sfida: «Sì. Per... per certe cose...»

Kaito alzò le spalle: «Se lo dici tu...»

Il ragazzo con la cicatrice finì la sua Burrobirra e si alzò: «La ringrazio professore, ma ora è meglio che vada a dormire.»

Lupin annuì: «Certo, certo... ah, Kaito, puoi rimanere ancora un attimo?»

Il prestigiatore alzò le spalle: «Non ho altri impegni per la serata... buonanotte, Harry!»

La risposta giunse appena alle orecchie di Kaito, che appena rimase da solo con l’insegnante non riuscì a trattenersi dal commentare: «Chissà che gli è preso... non è da lui parlare in quel modo...»

Il professore assunse di nuovo quell’aria malinconica: «Ognuno di noi ha le sue ombre e i suoi fantasmi... ma torniamo a noi. Volevo solo avvertirti che questo lunedì non potrò seguirti nella lezione di Smaterializzazione.»

Kaito si alzò per sgranchirsi le gambe e si stiracchiò, ancora con la bottiglia in mano: «Oh, non c’è problema, non si preoccupi!»

«Non metterti ad esercitarti da solo.»

Il ragazzo sorrise: «Naaa, non mi va di farmi beccare da Gazza in qualche assurda situazione...»

Kaito si voltò verso la finestra e commentò: «La luna è quasi piena...»

Rimase ad osservare il panorama, con un pizzico di malinconia, per poi ridacchiare: «Sa, fino a prima di entrare in questa scuola, aspettavo la luna piena con ansia, ogni mese.»

«Davvero?»

«Sì... era sempre un momento... speciale per me.»

Già, prima di entrare ad Hogwarts, ogni mese allo spuntar della luna piena era il momento d’indossare i panni di Kaito Kid e controllare alla luce dell’astro se i gioielli rubati contenessero o meno Pandora, la pietra della vita eterna.

Finì l’ultimo sorso: «Ma ormai è acqua passata. Ora sono qui e...»

In quel momento si accorse di non avere più la bottiglia in mano. Si voltò, notando il professore che la stava buttando via. Rise.

«Accidenti! Non mi ero nemmeno accorto che l’avesse presa! Cos’è, un erede di Arsenio Lupin? Uhm... a pensarci bene, avete lo stesso cognome...»

Il professore gli restituì un sorriso un po’ forzato, quasi fosse in imbarazzo: «No, non credo proprio. Non ho origini francesi e la pronuncia è decisamente diversa. Forse è ora anche per noi di andare a dormire. Buonanotte, Kaito.»

«Buonanotte, professore!»

Lupin aspettò che il ragazzo chiudesse la porta, per poi accasciarsi sulla poltrona, quasi senza forze.

La luna piena... possibile che anche lui fosse...

Scosse la testa. No, mancavano gli altri sintomi. Probabilmente non era nulla e lui aveva sentito ciò che aveva voluto sentire. Ma nel dubbio, il giorno successivo, avrebbe fatto una chiacchierata con il preside.

 

 

 

 

Saaalve... sono in un ritardo mostruoso, lo so... abbiate pazienza, ve l’avevo detto che mi ero fatta male, no? E poi ho dovuto recuperare tutto quello che non ho fatto in due mesi d’immobilità forzata... spero che non ci siano più imprevisti e di poter riprendere il solito ritmo, anche perché ho in serbo per voi delle belle sorprese...

Ne approfitto per ringraziare per i commenti Lunaby, darkroxas92, Giorgia_Weasley, Elelali_chan (che se l’ultima volta si stava mangiando le mani in attesa dell’aggiornamento, ora come minimo sarà arrivata alla spalla...) e mergana.

Prossimo capitolo? Potrebbe fare la sua apparizione un certo ricercato... ma di chi stiamo parlando?

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 27
*** Atterraggio di (s)fortuna ***


Atterraggio di (s)fortuna

 

«Dunque, Malandrini... che si fa?»

Fred, spaparanzato su un banco, propose: «Un bel tiro mancino a Gazza?»

Sheridan alzò gli occhi al cielo e George insistette: «Dai, è una vita che non gliene facciamo! L’anno scorso voi cuori teneri ci avete convinto a lasciarlo in pace per via di Mrs Purr, ma quest’anno non ci sono scuse!»

«Tanto più che ci rimane poco tempo, è già quasi...»

Fred non fece in tempo a finire la frase che la porta dell’aula in disuso si spalancò di colpo, facendo entrare un trafelato Lupin che si guardò intorno ripetendo con fiato mozzo: «Kaito... dov’è Kaito?»

L’interpellato, un po’ perplesso, si alzò in piedi: «Sono qui... che succede?»

L’insegnante cercò di riprendere fiato: «Ho... ho bisogno di aiuto... e me lo puoi dare... solo tu...»

Fred si mise seduto: «Un attimo, come...»

Lo sguardo dei gemelli si soffermò per un attimo sul pezzo di pergamena logoro che il professore stringeva in una mano.

«La Mappa del Malandrino?»

Lupin si voltò sorpreso verso i gemelli che come al solito avevano parlato in coro: «Sì... la conoscete?»

«Lei sa usarla?»

Il professore fece un gesto d’impazienza con la mano: «Certo che sì, l’ho creata! Ma di questo ne parliamo dopo. Kaito, ho bisogno del tuo aiuto, ora.»

Il prestigiatore lo guardò serio, cercando d’ignorare i Weasley che balbettavano frasi sconnesse dallo shock per la scoperta: «Cosa dovrei fare?»

«Smaterializzarmi con te nella Stamberga Strillante, subito.»

Kaito lo guardò sorpreso: «Professore, lei sa meglio di me che non riesco a decidere la meta di atterraggio! E non so nemmeno dove sia questa Soffitta Urlante!»

Il professore lo afferrò per le spalle e lo fissò negli occhi con una determinazione che non aveva mai dimostrato: «Tu. Puoi. Farlo. Davanti ai miei occhi ti sei Smaterializzato nelle cucine, e non le avevi mai viste. Ti descriverò il luogo nei minimi dettagli, ma devi provarci! Se la Mappa ha ragione, Harry, Ron ed Hermione sono in pericolo!»

Il ragazzo annuì: «D’accordo, d’accordo... ci posso provare.»

Gli altri Malandrini rimasero in religioso silenzio, mentre Lupin, tenendo una mano sulla spalla di Kaito, descriveva con precisione millimetrica una stanza in cui in teoria nessuno entrava da secoli. Kaito cercò di concentrarsi, ma dopo pochi secondi zittì l’insegnante.

«Così mi distrae invece di aiutarmi.»

E sulla stanza calò un silenzio di tomba. Il ragazzo respirò profondamente un paio di volte, cercando di pensare solo alla sua destinazione... a chi doveva raggiungere... Harry, Ron, Hermione...

In uno schiocco i due scomparvero nel nulla. Sheridan, Fred e George, che non avevano mai visto Kaito all’opera, si guardarono meravigliati.

«Per la barba di Merlino! L’ha fatto davvero!»

«Una cosa è sapere che può Smaterializzarsi... un’altra cosa è vederlo!»

Sheridan fece una smorfia: «Ok... ma sarà arrivato al posto giusto?»

 

Con un fortissimo schiocco, Kaito e Lupin si ritrovarono a mezz’aria, a precipitare.

«AAAAAAAAHHH!!!»

Non appena toccò terra, il prestigiatore tirò un sospiro di sollievo: «Ok... dai, non sono ancora riuscito ad atterrare in piedi, professore, ma almeno non ci siamo fatti male, no? Atterraggio morbido, è un miglioramento!»

Lupin non rispose, si limitò a guardare in basso con aria inorridita. Kaito seguì il suo esempio, scoprendo sotto di lui un mantello nero, e sotto il mantello nero...

«OH CAVOLO, PITON!»

Il prestigiatore scattò in piedi, mettendosi le mani nei capelli: «Ho ammazzato un insegnante, per di più Piton! Oh, altro che la McGranitt e i suoi bigodini, questa è la volta buona che mi espellono davvero...»

Lupin si mise in piedi e controllò lo stato di salute del collega: «Tranquillo, è solo svenuto... e ti ringrazio, perché sei stato bravo e mi hai portato a destinazione...»

Solo in quel momento Kaito si guardò intorno.

Si trovavano in una stanza con uno splendido letto a baldacchino dalle cortine polverose, come tutto il resto. La carta da parati si scollava dai muri, il pavimento era tutto macchiato, ogni mobile era rotto come se qualcuno lo avesse preso a randellate e le finestre erano chiuse da tavole inchiodate. Di fronte a loro c’erano un gatto rosso, Ron seduto a terra con una gamba posizionata in modo innaturale che teneva il suo topo disperatamente, Harry che puntava contro di loro la bacchetta sorpreso, Hermione che lo indicava balbettando frasi sconnesse probabilmente riguardanti la sua improvvisa Smaterializzazione e, soprattutto, un uomo dall’aspetto di un cadavere, con la pelle cerea tirata sulle ossa del viso, una massa di sudici capelli aggrovigliati lunghi fino alle spalle, i denti gialli e una luce strana negli occhi. Non lo aveva mai incontrato di persona, ma ricordava di aver visto la sua foto segnaletica sul giornale.

Sirius Black, il ricercato.

Quasi senza pensare, nel timore che l’uomo potesse fare del male agli amici, Kaito prese la sua bacchetta: «Expelliarmus!»

Black però non era armato, così le uniche bacchette che volarono via furono quelle di Harry e Lupin.

Lupin avanzò. Kaito si aspettava che gli chiedesse di restituirgli la bacchetta, ma non lo fece. Si limitò a porre un'unica domanda, con voce molto alterata, una voce che vibrava di un'emozione repressa.

 «Dov'è, Sirius

Black era privo di espressione. Per qualche secondo non si mosse. Poi, molto lentamente, alzò la mano e indicò Ron, che aveva l'aria completamente inebetita.

Lupin guardò Black così intensamente che sembrava volesse leggergli nella mente: «Ma allora... perché non si è mai rivelato finora? A meno che...»

Gli occhi di Lupin si allargarono all'improvviso, come se vedesse qualcosa al di là di Black, qualcosa che nessun altro poteva vedere: «A meno che non fosse lui... a meno che non vi siate scambiati... senza dirmelo?»

Molto lentamente, senza levare quegli occhi infossati dal viso di Lupin, Black annuì.

Harry intervenne ad alta voce: «Professore, che cosa...?»

Ma non finì mai la domanda, perché Lupin corse verso Black lo abbracciò come un fratello.

Kaito li guardò perplesso: «Ok... solo io ho l’impressione di essermi perso un pezzo?»

Hermione quasi non lo lasciò finire e gridò: «NON CI CREDO!»

Lupin lasciò andare Black e si voltò verso di lei. Lo stava indicando con sguardo febbrile: «Lei... lei...»

«Hermione...»

«... lei e lui!»

«Hermione, calmati...»

La ragazza strillò: «Non l'ho detto a nessuno! Le ho parato le spalle...»

Lupin gridò a sua volta: «Hermione, ascoltami, ti prego! Posso spiegare...»

Harry intervenne con voce tremante di rabbia: « Io le credevo! E lei è sempre stato suo amico!»

Lupin rispose con un tono di voce normale: «Ti sbagli. Per dodici anni non sono stato amico di Sirius, ma ora lo sono... lascia che ti spieghi...»

Hermione gridò ancora: «No! Harry, non credergli, ha aiutato Black a entrare nel castello, anche lui ti vuole morto... è un Lupo Mannaro!»

Scese un silenzio carico di tensione. Kaito, che aveva impugnato la sua bacchetta con l’intenzione d’intervenire per calmare gli animi, rimase paralizzato. Gli occhi di tutti erano fissi su Lupin, che sembrava straordinariamente calmo, anche se era piuttosto pallido.

«Questa volta non sei all'altezza di te stessa, Hermione. Ne hai azzeccata una su tre, temo. Non ho aiutato Sirius a entrare nel castello e di sicuro non voglio vedere Harry morto... ma non negherò che sono un Lupo Mannaro.»

Kaito rimase immobile, con la testa vuota. Lupo Mannaro? Davvero? Li aveva sempre creduti roba da qualche film horror di serie Z... e invece ci aveva passato giornate (e serate) intere? Era molto difficile da accettare e comprendere, come l’intero discorso, a dirla tutta.

Poco più in là Ron fece un eroico sforzo per rialzarsi, ma ricadde con un gemito di dolore. Lupin gli si avvicinò preoccupato, ma Ron disse, respirando affannosamente:

«Lontano da me, Lupo Mannaro!»

Lupin si fermò di colpo. Poi, con evidente fatica, si voltò verso Hermione e disse:

«Da quanto tempo lo sai?»

La ragazza sussurrò: «Da un secolo. Da quando ho fatto il tema per il professor Piton...»

Lupin mandò uno sguardo freddo al collega steso a terra: «Ne sarà felice. Ha assegnato quel tema nella speranza che qualcuno capisse che cosa significassero i miei sintomi. Hai controllato il calendario lunare e hai capito che ero sempre ammalato quando c'era la luna piena? O hai capito che il Molliccio si trasformava nella luna quando mi vedeva?»

«Tutt'e due le cose.»

Lupin scoppiò in una risatina forzata.

«Per la tua età, sei la strega più brillante che abbia mai conosciuto, Hermione.»

«No. Se fossi stata un po' più sveglia, avrei detto a tutti che cosa è lei!»

Lupin rispose con una disarmante tranquillità: «Ma lo sanno già. Almeno, i miei colleghi lo sanno».

Ron esclamò sbalordito: «Silente l'ha assunta anche se sapeva che era un Lupo Mannaro? Ma è matto?»

«Alcuni colleghi erano di questo avviso. Ha dovuto faticare parecchio per convincere certi insegnanti che sono affidabile...»

Harry urlò indicando Black: «E SI SBAGLIAVA! LEI LO HA SEMPRE AIUTATO!»

Il ricercato all'improvviso andò verso il letto e vi sprofondò, il volto nascosto da una mano tremante. Grattastinchi gli balzò accanto e gli si piazzò in grembo, facendo le fusa. Ron si ritrasse da entrambi, trascinando la gamba.

Lupin rispose: «Non ho aiutato Sirius. Se me ne date la possibilità, vi spiegherò. Non posso, anzi, non possiamo farvi del male neanche volendo, Kaito mi ha fatto volare via la bacchetta. Ora volete ascoltare?»

Nella stanza calò un silenzio imbarazzato, rotto solo da una domanda di Harry.

«Se non l'ha aiutato, come faceva a sapere che era qui?»

Kaito rispose indicando con la bacchetta un pezzo di pergamena che spuntava dalla tasca dell’insegnante: «Ha la Mappa del Malandrino. E sa usarla.»

Harry lo guardò scandalizzato: «Cosa?»

Lupin intervenne, agitando la mano con impazienza: : «So come farla funzionare perché io ho dato una mano a disegnarla. Io sono Lunastorta: i miei amici mi chiamavano cosi, a scuola.»

«Lei l'ha disegnata...?»

«La cosa importante è che stasera la stavo guardando attentamente, perché sospettavo che tu, Ron e Hermione avreste cercato di sgattaiolare fuori dal castello per andare da Hagrid prima dell'esecuzione del suo Ippogrifo. E avevo ragione, vero?»

Aveva cominciato a camminare avanti e indietro, guardandoli. Nuvolette di polvere si alzavano ai suoi piedi.

«Era probabile che avresti usato il vecchio Mantello di tuo padre, Harry...»

«Come fa a sapere del Mantello?»

Lupin ripeté il gesto impaziente con la mano: «Non sai quante volte ho visto James sparire lì sotto... il fatto è che sulla Mappa del Malandrino ti si vede anche se indossi un Mantello dell'Invisibilità. Vi ho visto attraversare il parco ed entrare nella capanna di Hagrid. Venti minuti dopo, vi siete congedati da Hagrid e siete tornati al castello. Ma con voi c'era qualcun altro».

Harry esclamò: «Cosa? No, non è vero!»

Lupin non smise di camminare avanti e indietro, ignorando l'interruzione: «Non riuscivo a credere ai miei occhi. Credevo che la mappa fosse difettosa. Come poteva trovarsi con voi?»

«Non c'era nessuno con noi!»

«E poi ho visto un altro puntino che si spostava in fretta verso di voi, e sotto c'era scritto Sirius Black... l'ho visto scontrarsi con voi, ho visto che trascinava due di voi dentro il Platano Picchiatore...»

Ron puntualizzò rabbioso: «Uno di noi!»

Gli occhi di Lupin brillarono: «No, Ron. Due.»

Si era fermato, gli occhi puntati su Ron.

«Credi che potrei dare un'occhiata al tuo topo?»

«Cosa? Che cosa c'entra Crosta?»

«Tutto. Posso vederlo, per favore?»

Ron esitò, poi s'infilò una mano sotto gli abiti. Ne emerse Crosta, che si divincolava disperatamente; Ron dovette afferrarlo per la lunga coda pelata per impedirgli di fuggire. Grattastinchi alzò la testa e soffiò. Lupin si avvicinò a Ron. Parve trattenere il respiro mentre studiava Crosta con grande attenzione.

Ron si tenne vicino Crosta, con aria spaventata: «Cosa? Che cosa c'entra il mio topo con tutto il resto?»

Sirius Black sbottò all'improvviso: «Quello non è un topo.»

Ron esclamò: «Che cosa vuol dire... ma certo che è un topo...»

Lupin disse piano: «No che non lo è. È un mago.»

Black finì la frase per lui: «Un Animagus che si chiama Peter Minus

Ci volle qualche secondo prima che l'assurdità dell'affermazione colpisse nel segno.

Poi Ron disse ad alta voce: «Siete pazzi, tutti e due.»

Hermione aggiunse debolmente: «È ridicolo!»

Kaito li guardò di storto: «E perché? Anche la McGranitt diventa un gatto, no?»

Harry gli rispose: «Perché Peter Minus è morto! L'ha ucciso lui dodici anni fa!»

Indicò Black, il cui viso si contorse in una smorfia.

Il prestigiatore sospirò: «Ok, decisamente mi mancava questo dettaglio...»

Il ricercato borbottò scoprendo i denti: «Avrei voluto, ma il piccolo Peter se l'è cavata... non questa volta, però!»

E Grattastinchi finì sul pavimento mentre Black si scagliava contro Crosta. Ron urlò di dolore quando Black finì con tutto il suo peso sulla gamba rotta.

Lupin scattò in avanti e allontanando di nuovo Black da Ron: «Sirius, NO! ASPETTA! Non puoi farlo così... devono capire... dobbiamo spiegare...»

«Possiamo spiegarglielo dopo!»

Black cercò in ogni modo di liberarsi da Lupin, una mano che ghermiva l'aria cercando di afferrare Crosta, che strillava come un porcellino e graffiava il viso e il collo di Ron nel tentativo di fuggire.

Lupin ansimò, trattenendo Black: «Hanno... il... diritto... di... sapere... tutto! Era l'animaletto di Ron! Ci sono dettagli che non capisco nemmeno io! E Harry... a Harry devi la verità, Sirius

Black cessò di lottare, anche se i suoi occhi infossati rimasero puntati su Crosta, che era ben stretto tra le mani morsicate, graffiate e sanguinanti di Ron.

Black non distolse lo sguardo dal topo: «Allora d'accordo. Digli quello che vuoi. Ma fai in fretta, Remus. Voglio commettere l'assassinio per il quale sono stato condannato...»

Ron, tremando, cercò con lo sguardo il sostegno di Harry, Hermione e Kaito: «Siete pazzi, tutti e due. Ne ho abbastanza. Me ne vado.»

Cercò di puntellarsi sulla gamba sana, ma Lupin riuscì a prendere la bacchetta di Kaito con una mossa talmente improvvisa da lasciare il prestigiatore basito.

«Ma allora lei è davvero l’erede di Arsenio Lupin, altro che storie!»

Lupin puntò la bacchetta bianca verso Crosta: «Ora mi ascolterai fino alla fine, Ron. Ricordati solo di tenere stretto Peter mentre parlo.»

«NON È PETER, È CROSTA!»

Ron cercò di ricacciare il topo nella tasca davanti, ma Crosta si agitava troppo; Ron barcollò e perse l'equilibrio, e Harry lo afferrò e lo risospinse sul letto.

In tutto questo Kaito si limitò a prendere una delle bacchette che aveva lanciato prima sul pavimento con l’Expelliarmus e a puntarla al collo di Lupin: «Io gradirei davvero una spiegazione su quello che sta succedendo, ma l’avverto: una mossa falsa, di qualunque tipo, e non esiterò a fermarla, con o senza magia. Mi creda, ne sono in grado. E non mi piace che mi si rubi la bacchetta.»

Lupin si limitò a fissarlo, tranquillamente: «Lo so. Non sottovaluterò la tua minaccia.»

Harry si voltò verso il professore: «C'erano dei testimoni che hanno visto Minus morire. Una strada intera...»

Black esclamò con violenza, continuando a fissare Crosta che si divincolava tra le mani di Ron: «Non hanno visto quello che credevano di vedere!»

Lupin spiegò:  «Tutti hanno creduto che Sirius avesse ucciso Peter. Io stesso ne ero convinto... finché stasera non ho visto la mappa. Perché la Mappa del Malandrino non mente mai... Peter è vivo. Ce l'ha in mano Ron, Harry.»

Kaito non sapeva cosa pensare. Si fidava di Lupin, si era fidato tutto l’anno e nonostante le scioccanti rivelazioni di quella sera non riusciva a smettere di farlo. Non poteva certo essere prevenuto, poi, nei confronti di un ricercato, almeno per coerenza professionale. La loro, per essere una follia come la definivano Harry, Ron ed Hermione, era fin troppo lucida.

La ragazza parlò, cercando di controllare la voce tremula, come per tentare di convincere Lupin a essere ragionevole: «Ma professor Lupin... Crosta non può essere Minus... non può essere vero, lo sa che non è possibile...»

Lupin la guardò tranquillamente, come se fossero in classe a discutere di un compito: «Perché non può essere vero?»

«Perché... perché lo saprebbero tutti se Peter Minus fosse stato un Animagus. Abbiamo studiato gli Animagi al corso della professoressa McGranitt. E sono andata a fare una ricerca in biblioteca quando ho dovuto fare i compiti... il Ministero tiene sotto sorveglianza i maghi e le streghe che sanno trasformarsi in animali; c'è un registro in cui c'è scritto che animale diventano, e i loro segni particolari... sono andata a cercare la professoressa McGranitt sul registro, e ho scoperto che esistono solo sette Animagi in questo secolo, e Minus non era sulla lista...»

Lupin scoppiò a ridere: «Hai ragione un'altra volta, Hermione! Ma il Ministero non ha mai saputo che esistevano tre Animagi non classificati che si aggiravano a Hogwarts.»

Black ringhiò, continuando a studiare tutte le mosse disperate di Crosta: «Se hai intenzione di raccontargli tutta la storia, stringi, Remus. Ho aspettato dodici anni e non ho intenzione di aspettare ancora a lungo.»

«Va bene... ma dovrai darmi una mano, Sirius. Io so solo com'è cominciata...»

Il professore sospirò, si scostò dagli occhi i capelli ingrigiti, rifletté un attimo per poi cominciare a parlare come quando era in classe.

«Il luogo dove ci troviamo, la Stamberga Strillante, non è mai stata stregata... le urla e gli ululati che sentivano gli abitanti del villaggio erano opera mia. Comincia tutto da qui... da quando sono diventato un Lupo Mannaro. Niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato morso... e se non fossi stato così sconsiderato...»

Aveva l'aria seria e stanca. Ron stava per interromperlo, ma Hermione gli fece eloquentemente segno di tacere e Lupin continuò.

«Ero un bambino quando fui morso. I miei genitori le provarono tutte, ma a quei tempi non c'erano cure. La pozione che mi prepara il professor Piton è un ritrovato molto recente. Mi rende innocuo, sapete. Se la prendo la settimana prima della luna piena, riesco a mantenere il controllo quando mi trasformo... mi rannicchio nel mio studio, come un normalissimo lupo, e aspetto che la luna tramonti. Prima che la Pozione Antilupo venisse scoperta, comunque, una volta al mese diventavo un mostro a tutti gli effetti. Sembrava impossibile che riuscissi a frequentare Hogwarts. Gli altri genitori non avrebbero voluto che i loro figli entrassero in contatto con me. Ma poi Silente diventò Preside, e trovò la soluzione. Disse che se prendevamo alcune precauzioni non c'era motivo per cui io non potessi venire a scuola...»

Lupin sospirò e guardò apertamente Harry. «Qualche mese fa ti ho detto che il Platano Picchiatore fu piantato l'anno che sono arrivato a Hogwarts. La verità è che fu piantato perché sono arrivato a Hogwarts. Questa casa, e il tunnel che porta qui... furono costruiti per me. Una volta al mese mi facevano uscire di nascosto dal castello e venivo qui a trasformarmi. L'albero fu messo all'entrata del tunnel per impedire a chiunque di incrociarmi quando ero pericoloso.»

C’era un silenzio incredibile. L'unico rumore, oltre alla voce di Lupin, era lo squittio spaventato di Crosta.

«Le mie trasformazioni in quei giorni erano... erano terribili. È molto doloroso trasformarsi in un Lupo Mannaro. Non avevo intorno degli umani da mordere, cosi mordevo e graffiavo me stesso. Gli abitanti del villaggio udivano il rumore e le urla e credettero che si trattasse di spiriti particolarmente violenti. Silente incoraggiò le dicerie... anche adesso che la casa è silenziosa da anni, gli abitanti di qui non osano avvicinarsi... ma trasformazioni a parte, ero più felice di quanto non fossi mai stato. Per la prima volta avevo degli amici, tre grandi amici. Sirius Black... Peter Minus... e naturalmente tuo padre, Harry, James Potter. Ora, i miei tre amici non poterono fare a meno di notare che una volta al mese sparivo. Inventai ogni genere di storie. Dissi loro che mia madre era ammalata e che dovevo andare a casa a trovarla... Temevo che mi abbandonassero, una volta scoperto chi ero. Ma naturalmente loro scoprirono la verità, come te, Hermione... e non mi abbandonarono affatto. Anzi, fecero per me una cosa che non solo rese le mie trasformazioni sopportabili, ma le mutò nei momenti più belli della mia vita. Diventarono Animagi

Harry chiese, stupefatto: «Anche mio padre?»

«Sì, certo. Gli ci vollero quasi tre anni per capire come fare. Tuo padre e Sirius erano gli studenti più brillanti della scuola, e per fortuna, perché la trasformazione in Animagus può finire molto male: ecco perché il Ministero tiene sotto stretta sorveglianza chi cerca di compierla. Peter ebbe bisogno di tutto l'aiuto di James e Sirius per farcela. Alla fine, il quinto anno di scuola, ci riuscirono. Furono in grado di trasformarsi ciascuno in un animale diverso, a loro piacimento.»

Hermione chiese perplessa: «Ma come facevano ad aiutarla?»

«Non potevano farmi compagnia da umani, e così mi facevano compagnia da animali. Un Lupo Mannaro è un pericolo solo per le persone. Ogni mese sgattaiolavano fuori dal castello sotto il Mantello dell'Invisibilità di James. Si trasformavano... Peter, che era il più piccolo, riusciva a scivolare sotto i rami aggressivi del Platano e premeva il nodo che lo blocca. Poi si calavano nel tunnel e mi raggiungevano. Sotto il loro influsso, diventai meno pericoloso. Il mio corpo era ancora lupesco, ma la mia mente lo era molto meno quando stavo con loro.»

Black non aveva smesso un attimo di fissare Crosta con orribile avidità: «Sbrigati, Remus

«Ci sto arrivando, Sirius, ci sto arrivando... be', ora che potevamo trasformarci tutti e quattro ci si aprirono davanti parecchie eccitanti opportunità. Ben presto di notte prendemmo ad abbandonare la Stamberga Strillante e a vagare per i prati del castello e per il villaggio. Sirius e James si trasformavano in animali così grossi che erano più che in grado di tener testa a un Lupo Mannaro. Dubito che qualche altro studente di Hogwarts abbia mai scoperto più cose sul parco e su Hogsmeade... e fu così che finimmo per disegnare la Mappa del Malandrino e firmarla con i nostri soprannomi. Sirius è Felpato. Peter è Codaliscia. James era Ramoso.»

Harry esordì: «Che genere di animale...»

Hermione lo interruppe: «Ma era sempre molto pericoloso! Andare in giro nella notte con un Lupo Mannaro! E se non fosse rimasto con gli altri e avesse morso qualcuno?»

«Un pensiero che mi perseguita ancora.  E ci andammo vicino, molto spesso. Dopo, ne ridevamo. Eravamo giovani, spensierati... ci facevamo trascinare dalla nostra abilità. A volte mi sento in colpa per aver tradito la fiducia di Silente, è chiaro... mi aveva ammesso a Hogwarts quando nessun altro Preside avrebbe fatto una cosa del genere, e non aveva idea che io infrangessi le regole che aveva stabilito per la mia sicurezza e quella degli altri. Non seppe mai che avevo indotto tre compagni a diventare Animagi illegalmente. Ma riuscivo sempre a dimenticare i miei sensi di colpa quando sedevamo insieme, noi quattro, a progettare l'avventura del prossimo mese. E non sono cambiato...»

Il volto di Lupin si era indurito, e nella sua voce c'era scarsa stima di sé: «Per tutto quest'anno ho combattuto con me stesso, chiedendomi se dovevo dire a Silente che Sirius era un Animagus. Ma non l'ho fatto. Perché? Perché ero troppo vigliacco. Avrebbe significato ammettere che avevo tradito la sua fiducia quando ero qui a scuola, ammettere che avevo coinvolto altre persone... E la fiducia di Silente ha significato tutto per me. Mi ha fatto entrare a Hogwarts da ragazzo, e mi ha dato un lavoro, quando tutti mi hanno sempre sfuggito in tutta la mia vita di adulto, e non sono mai riuscito a trovare un lavoro vero a causa di quello che sono. E così mi convinsi che Sirius cercasse di entrare a scuola servendosi di arti oscure apprese da Voldemort, che il fatto di essere un Animagus non c'entrava nulla... quindi, in un certo senso, Piton ha sempre avuto ragione sul mio conto.»

Black distolse lo sguardo da Crosta per la prima volta dopo parecchio tempo e fissò il professore ancora svenuto a terra: «A proposito di Piton, che ci fa qui ad Hogwarts?»

«C’insegna, Sirius, come me.»

Black ridacchiò: «Lui? Professore? Ficcanaso com’era, pensavo che avesse preso il posto di Gazza, al massimo...»

Lupin sorrise divertito: «Gazza c’è ancora...»

Il ricercato sbarrò gli occhi con aria scandalizzata: «Cosa? Come fantasma, spero, dopo tutti questi anni... se non fossi riuscito a farlo morire d’infarto da studente lo riterrei una macchia indelebile sul mio curriculum...»

«Vivo, vegeto e in attività esattamente come una volta...»

«Mannaggia...»

Lupin alzò un sopracciglio, accennando all’insegnante a terra: «Piuttosto... che ci fa lui qui?»

Black alzò gli occhi al cielo: «Non parlarmene! È piombato qua dentro con il mantello di James dicendo di avermi visto da un corridoio trascinare il rosso...»

«Ron! Mi chiamo Ron!»

«... quel che è... qua dentro e ci ha seguito. Ci aveva preso di sorpresa e straparlava di chiamare i Dissennatori, fino a che non lo avete... ehm... atterrato.»

Kaito si lasciò sfuggire un gemito, ma Lupin continuò, rispondendo agli sguardi interrogativi dei ragazzi presenti nella stanza.

«Il professor Piton era a scuola con noi. Si è battuto molto perché non mi venisse affidata la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. È tutto l'anno che ripete a Silente che non bisogna fidarsi di me. Ha le sue ragioni... vedete, Sirius gli fece uno scherzo che quasi lo uccise, uno scherzo che coinvolse me...»

Black se ne uscì con una risatina di scherno: «Se l'era meritato. Sempre in giro a ficcare il naso dappertutto, a cercare di scoprire che cosa facevamo... sperando di riuscire a farci espellere...»

Lupin sospirò: «Severus era molto curioso di sapere dove andavo tutti i mesi. Eravamo nello stesso anno, sapete, e non... ehm... non ci amavamo molto. Quello che gli piaceva meno di tutti era James. Era geloso, credo, del talento di James sul campo di Quidditch... comunque, Piton mi aveva visto attraversare il parco con Madama Chips una sera mentre mi accompagnava al Platano Picchiatore per trasformarmi. Sirius pensò che sarebbe stato... ehm... divertente dire a Piton che bastava premere il nodo sul tronco con un lungo bastone e avrebbe potuto seguirmi. Be', naturalmente Piton lo fece... se fosse riuscito ad arrivare fin qui, avrebbe incontrato un Lupo Mannaro completamente sviluppato... ma tuo padre, che aveva scoperto cosa aveva fatto Sirius, seguì Piton e lo fece tornare indietro, mettendo a repentaglio la propria vita... Piton però riuscì a vedermi, alla fine del tunnel. Silente gli proibì di raccontare agli altri che cosa aveva visto, ma da allora seppe che cos'ero...»

Harry disse lentamente: «Allora è per questo che lei non piace a Piton... perché credeva che lei fosse complice dello scherzo?»

Black decise di tagliare corto: «Ok, abbiamo informato il mondo della nostra vicenda. Ora... tu, ragazzo... dammi Crosta. Adesso.»

Ron strinse Crosta più forte al petto.

«Andiamo, sta cercando di dire che è fuggito da Azkaban solo per mettere le mani su Crosta? Insomma... d'accordo, diciamo che Minus sapeva trasformarsi in un topo... ci sono milioni di topi al mondo... come fa a sapere qual è quello che cercava se è rimasto chiuso ad Azkaban

Lupin si voltò verso l’amico: «Sai, Sirius, è una domanda intelligente.»

Ron sbuffò: «Non è che Hermione ha l’esclusiva...»

Per tutta risposta Black infilò una delle mani simili ad artigli sotto il vestito ed estrasse un foglio di carta stropicciato, che distese e mostrò agli altri.

Era la fotografia di Ron e della sua famiglia che Kaito ricordava di aver visto sulla Gazzetta del Profeta l'estate prima, e lì, sulla spalla di Ron, c'era Crosta.

Lupin guardò Black, interdetto: «Come l'hai avuta?»

«Da Caramell, quando è venuto per l'ispezione ad Azkaban l'anno scorso, mi ha dato il suo giornale. E in prima pagina c'era Peter... sulla spalla del ragazzo... l'ho riconosciuto subito... quante volte l'ho visto trasformarsi? E la didascalia diceva che il ragazzo sarebbe tornato a Hogwarts... dove c'era Harry...»

Lupin fissò prima Crosta, poi il giornale, poi di nuovo Crosta: «Mio Dio... la zampa...»

Ron chiese in tono di sfida: «Che cos'ha che non va?»

Il ricercato rispose freddamente: «Gli manca un dito.»

Lupin aveva gli occhi che brillavano, in un’espressione che a Kaito ricordò molto i suoi cari “amici detective” quando intuivano chi fosse l’assassino: «Ma certo... è così semplice... così astuto... se l'è tagliato da solo?»

Black annuì: «Appena prima di trasformarsi. Quando l'ho stanato, ha urlato che avevo tradito Lily e James, per farsi sentire da tutta la strada. Poi, prima che potessi scagliargli una maledizione, ha fatto saltare la strada tenendo la bacchetta dietro la schiena, ha ucciso tutti nel raggio di sei metri ed è filato via nelle fogne insieme agli altri topi...»

Lupin fece un sorriso storto: «Non lo sapevi, Ron? La parte più grossa di Peter che fu ritrovata fu un suo dito.»

«Senta, probabilmente Crosta si è azzuffato con un altro topo. È nella mia famiglia da secoli...»

«Da dodici anni, in effetti. Non ti sei mai chiesto come mai è vissuto così a lungo?»

Il ragazzo iniziò a mostrarsi a disagio: «Noi... noi lo trattiamo bene!»

«Però al momento non ha l'aria molto sana, vero? Scommetto che sta perdendo peso da quando ha sentito dire che Sirius era tornato in libertà...»

Ron indicò con la testa Grattastinchi, che continuava a fare le fusa sul letto: «Ha paura di quel gatto pazzo!»

Black tese una mano ossuta ad accarezzare la testa soffice di Grattastinchi: «Questo gatto non è pazzo. È l'esemplare più intelligente della sua specie che io abbia mai incontrato. Ha riconosciuto subito Peter per quello che era. E quando ha incontrato me, ha capito che non ero un cane. Ci ha messo un po' a fidarsi... alla fine, sono riuscito a spiegargli chi stavo cercando, e mi ha aiutato...»

«Che cosa intende dire?»

«Ha cercato di portarmi Peter, ma non ce l'ha fatta... così ha rubato per me le parole d'ordine per la Torre di Grifondoro... Per quello che ho capito, le ha prese dal comodino di un ragazzo...»

Kaito alzò un sopracciglio: «Sapevo che i gatti sono intelligenti, ma non pensavo fino a questo punto...»

«Ma Peter ha intuito che cosa stava succedendo ed è scappato... questo gatto... come lo avete chiamato, Grattastinchi?... mi ha detto che Peter aveva lasciato del sangue sulle lenzuola... immagino che si sia morsicato... be', fingere la propria morte aveva già funzionato una volta...»

Kaito si mise una mano fra i capelli. Harry parlava coi serpenti, il ricercato con i gatti... chissà se prima della fine della scuola avrebbe scoperto di poter parlare anche lui con qualche animale...

Harry, che fino a quel momento era stato in silenzio, sbottò di colpo: «E perché ha finto di essere morto? Perché sapeva che lei stava per ucciderlo come aveva ucciso i miei genitori!»

Lupin lo guardò con aria mortificata: «No, Harry...»

«E ora lei è venuto a finirlo!»

Black, guardò Crosta con odio: «È vero.»

«Avrei dovuto lasciare che Piton la portasse via!»

Il professore iniziò a parlare più velocemente del normale, con tono concitato: «Harry, non capisci? Per tutto questo tempo abbiamo creduto che Sirius avesse tradito i tuoi genitori e Peter lo avesse scoperto... ma era il contrario, non capisci? Peter ha tradito tuo padre e tua madre... Sirius ha scoperto Peter...»

Il ragazzo indicò il ricercato: «NON È VERO! ERA IL LORO CUSTODE SEGRETO! L'HA DETTO PRIMA CHE ARRIVASSE LEI! HA DETTO CHE LI HA UCCISI!»

Kaito non sapeva cosa fosse un custode segreto, ma vide Black scuotere la testa lentamente, con gli occhi improvvisamente molto lucidi.

«Harry... è come se li avessi uccisi. Io ho convinto Lily e James a scegliere Peter al mio posto all'ultimo momento, li ho convinti a scegliere lui come Custode Segreto invece di me... è colpa mia, lo so... la notte in cui morirono, avevo deciso di andare da Peter, per assicurarmi che stesse bene, ma quando sono arrivato al suo nascondiglio, non c'era più. Eppure non c'erano segni di lotta. Qualcosa non andava. Mi sono spaventato. Ho deciso di andare subito dai tuoi genitori. E quando ho visto la loro casa distrutta e i loro corpi... ho capito quello che doveva aver fatto Peter. Quello che io avevo fatto.»

La voce gli si spezzò. Black si voltò.

Lupin fece un passo avanti, con un’espressione dura che strideva parecchio con l’immagine che Kaito aveva dell’insegnante: «Basta così. C'è un modo sicuro per provare quello che è veramente successo. Ron, dammi quel topo.»

Ron strinse a sé il topolino, tesissimo: «Che cosa gli farà se glielo do?»

«Lo costringerò a mostrarsi. Se è davvero un topo, non gli succederà niente.»

Il ragazzo esitò, ma alla fine tese Crosta e Lupin lo prese. Crosta cominciò a squittire ininterrottamente, agitandosi e contorcendosi, gli occhietti neri sporgenti. Kaito non seppe dire se la sua agitazione fosse davvero una prova a favore della loro strana storia: qualunque animale avrebbe probabilmente percepito una sensazione di pericolo in quella situazione.

Sirius fece per prendere la bacchetta di Piton, ma Kaito s’intromise.

«Cosa vuole fare?»

Lupin intervenne: «Bisogna essere in due per fare questo incantesimo.»

Kaito mantenne la sua fida faccia da poker: «E va bene. Ma alla prima mossa falsa vi disarmo entrambi.»

I due vecchi amici annuirono, per poi guardarsi negli occhi.

«Sei pronto, Sirius

Gli occhi umidi di Black, all'improvviso parvero bruciare: «Insieme?»

Lupin annuì, tenendo Crosta ben stretto in una mano e la bacchetta nell'altra: «Direi di sì. Al tre. Uno... due... TRE!»

Un lampo di luce blu e bianca sprizzò da tutte e due le bacchette; per un attimo, Crosta rimase paralizzato a mezz'aria, una piccola sagoma nera che si contorceva follemente. Ron urlò. Il topo cadde per terra; ci fu un altro lampo di luce accecante e poi...

Fu come vedere la ripresa accelerata di un albero in crescita. Dal suolo si levò una testa; spuntarono braccia e gambe; un attimo dopo, nel punto in cui era caduto Crosta comparve un uomo che cercava di farsi piccolo piccolo e si torceva le mani. Grattastinchi soffiava e sibilava sul letto, col pelo ritto sulla schiena.

Era un ometto molto basso, poco più alto di Harry e Hermione. I suoi sottili capelli incolori erano in disordine e in mezzo alla testa aveva una larga chiazza calva. Aveva l'aspetto raggrinzito di un uomo grasso che avesse perso molto peso in poco tempo. La sua pelle sembrava sporca e malaticcia, come il pelo di Crosta, e qualcosa del topo era rimasto attorno al naso puntuto, agli occhietti acquosi. Si guardò intorno, il respiro rapido e irregolare.

Lupin gli rivolse un mezzo sorriso freddo, come se gli capitasse spesso di vedere un topo trasformarsi in un vecchio compagno di scuola: «Be', ciao, Peter. È tanto che non ci si vede.»

«S... Sirius... R... Remus...»

Kaito pensò subito che rimanere in forma animale per dodici anni doveva avere dei brutti effetti collaterali, perché la voce di Minus era uguale in tutto e per tutto a uno squittio da topo. I suoi occhi sembravano cercare continuamente vie di fuga, esattamente come avrebbe fatto un sorcio.

«I miei amici... I miei vecchi amici...»

La mano di Black, quella armata di bacchetta, si alzò, ma Lupin lo trattenne per il polso, gli scoccò uno sguardo di avvertimento e si rivolse di nuovo a Minus in tono leggero e disinvolto.

«Stavamo facendo una chiacchierata, Peter, su ciò che accadde la notte in cui Lily e James morirono. Può darsi che tu ti sia perso i momenti più interessanti mentre eri lì che squittivi sul letto...»

«Remus! Non credergli, ti prego... ha cercato di uccidermi, Remus...»

Lupin divenne ancora più freddo: «Lo abbiamo sentito dire. Vorrei chiarire una o due questioni con te, Peter, se sei così gentile da...»

Minus indicò Black con il dito medio, essendo sprovvisto di indice: «È venuto a cercare di uccidermi un'altra volta! Ha ucciso Lily e James e ora ucciderà anche me... devi aiutarmi, Remus...»

Il viso di Black era più che mai simile a un teschio mentre fissava Minus con quegli occhi impenetrabili.

Lupin lo riassicurò: «Nessuno cercherà di ucciderti finché non avremo chiarito un po' di cose.»

«Chiarire? Sapevo che sarebbe venuto a cercarmi! Sapevo che sarebbe tornato per me! Sono dodici anni che aspetto!»

Lupin aggrottò la fronte: «Sapevi che Sirius sarebbe fuggito da Azkaban? Quando nessuno c'era mai riuscito?»

«Possiede poteri oscuri che tutti noi possiamo solo sognarci! Come ha fatto altrimenti a uscire di là? Immagino che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato gli abbia insegnato qualche trucchetto

Black scoppiò a ridere, un'orribile risata senza gioia che riempì l'intera stanza: «Voldemort insegnarmi dei trucchetti

Minus si ritrasse come se Black avesse brandito una frusta contro di lui.

«Cos'è, hai paura di sentire il nome del tuo vecchio padrone? Non ti biasimo, Peter. I suoi seguaci non sono molto soddisfatti di te, vero?»

Minus aveva il respiro più affannoso che mai e il volto luccicante di sudore: «Non so... cosa intendi dire, Sirius...»

«Non sono dodici anni che ti nascondi da me. Tu ti nascondi dagli antichi sostenitori di Voldemort. Ho sentito delle voci ad Azkaban, Peter... credono tutti che tu sia morto, perché altrimenti dovresti spiegare molte cose... li ho sentiti gridare nel sonno. Sembrano convinti che il doppiogiochista abbia fatto il doppio gioco anche con loro. Voldemort è arrivato ai Potter seguendo le tue informazioni... e Voldemort là è caduto. E non tutti i suoi sostenitori sono finiti ad Azkaban, vero? Ce ne sono ancora molti liberi, che aspettano la loro occasione, fingendo di aver capito l'errore commesso... se mai venissero a sapere che sei ancora vivo, Peter...»

Minus si asciugò il viso sulla manica: «Non so... di che cosa parli... tu non puoi credere a questa... a questa follia, Remus...»

«Devo ammettere, Peter, che ho qualche difficoltà a capire perché un uomo innocente voglia passare dodici anni da topo.»

«Innocente, ma spaventato! Se i seguaci di Voldemort mi davano la caccia, era perché ho fatto rinchiudere ad Azkaban uno dei loro uomini migliori: la spia, Sirius Black

Il volto di Black si contorse: «Come osi? Io, la spia di Voldemort? Quando mai ho strisciato attorno a persone più forti e potenti di me? Ma tu, Peter... non capirò mai come ho fatto a non vedere che la spia fin dall'inizio eri tu. Ti è sempre piaciuto avere dei grandi amici che ti proteggessero, vero? Eravamo noi... io e Remus... e James...»

Minus si asciugò di nuovo il viso, ormai quasi boccheggiava: «Io, una spia... devi essere impazzito... mai... non so come fai a dire una cosa...»

Black ringhiò in tono così velenoso che Minus fece un passo indietro: «Lily e James ti hanno scelto come Custode Segreto solo perché gliel'ho detto io. Credevo che fosse un piano perfetto... un inganno... Voldemort avrebbe di certo dato la caccia a me, non avrebbe mai immaginato che avessero scelto una creatura debole e ottusa come te... dev'essere stato il momento più bello della tua misera vita, dire a Voldemort che potevi consegnargli i Potter.»

Minus continuava a borbottare, ma quello che a Kaito fu chiaro era la messinscena che stava mettendo su. Conosceva anche lui quelle tattiche, era tutto un diversivo per crearsi una via di fuga, che non aveva mai smesso di cercare con gli occhi.

Hermione intervenne timidamente: «Professor Lupin, posso... posso dire una cosa?»

«Certo, Hermione.»

«Be'... Crosta... voglio dire, questo... quest'uomo... sono tre anni che vive nel dormitorio di Harry. Se lavora per Lei-Sa-Chi, perché non ha mai cercato di fare del male a Harry prima d'ora?»

«Ecco! Grazie! Vedi, Remus? Non ho mai torto un capello a Harry! Perché dovrei?»

Black lo guardò furioso: «Te lo dico io perché! Perché non hai mai fatto niente per nessuno se non hai il tuo tornaconto. Voldemort si nasconde da dodici anni, dicono che sia mezzo morto. Non avevi intenzione di commettere un assassinio proprio sotto il naso di Albus Silente per un mago in rovina, uno che ha perso tutto il suo potere, vero? Volevi essere sicuro che fosse il più forte di tutti prima di tornare da lui, vero? Altrimenti perché ti saresti trovato una famiglia di maghi? Per tenere le orecchie bene aperte, vero, Peter? Così, se il tuo vecchio protettore riconquistava la sua forza ed era possibile riunirsi a lui...»

Minus aprì e richiuse la bocca parecchie volte. Sembrava aver perso la parola.

Kaito scosse la testa: «Ma io invece avrei un’altra domanda: come diavolo ha fatto a scappare dalla prigione di massima sicurezza migliore del mondo magico?»

Minus non gli lasciò nemmeno il tempo di rispondere: «Grazie! Proprio così! Proprio quello che...»

Ma Lupin lo zittì con uno sguardo. Black guardò Kaito appena rabbuiato, ma non come se fosse arrabbiato con lui. Sembrava piuttosto soppesare la risposta.

«Non so come ho fatto. Immagino che l'unico motivo per cui non sono impazzito è che sapevo di essere innocente. Non era un bel pensiero, quindi i Dissennatori non sono riusciti a portarmelo via... ma mi ha conservato il senno, e non ho perso me stesso... mi ha aiutato a mantenere i miei poteri... così quando tutto è diventato... troppo... sono riuscito a trasformarmi nella mia cella... sono diventato un cane. I Dissennatori, sapete, non ci vedono... vanno a tentoni verso le persone captando le loro emozioni... capivano che le mie emozioni erano meno... meno umane, meno complesse quando ero un cane... ma naturalmente hanno pensato che stessi perdendo la testa come tutti gli altri là dentro, e non si sono preoccupati. Ma ero debole, molto debole, e non avevo alcuna speranza di allontanarli da me senza una bacchetta magica... ma poi ho visto Peter in quella foto... Ho capito che era a Hogwarts con Harry... nelle condizioni ideali per agire, se gli fosse giunta voce che il Lato Oscuro stava riprendendo potere... pronto a colpire nel momento in cui fosse stato sicuro di avere degli alleati... pronto a consegnare loro l'ultimo Potter. Se avesse dato loro Harry, chi avrebbe osato dire che aveva tradito Voldemort? Sarebbe stato riaccolto con grandi onori... quindi, vedete, dovevo fare qualcosa. Ero l'unico a sapere che Peter era ancora vivo... era come se qualcuno mi avesse acceso un fuoco nella testa, e i Dissennatori non potevano spegnerlo... non era una sensazione piacevole... era un'ossessione... ma mi diede forza, mi snebbiò la mente. Così, una sera, quando aprirono la porta della mia cella per portarmi il cibo, scivolai alle loro spalle in forma di cane... è molto più difficile per loro avvertire le emozioni di un animale, è difficile tanto da confonderli... io ero magro, abbastanza magro da passare attraverso le sbarre... da cane nuotai fino alla terraferma e da allora ho vissuto nella foresta... tranne quando sono venuto a vedere la partita di Quidditch, naturalmente... voli bene come tuo padre, Harry...»

Guardò Harry, che non distolse lo sguardo.

«Credimi, credimi, Harry. Non ho mai tradito James e Lily; sarei morto piuttosto che tradirli.»

Harry rimase a fissarlo per un tempo che parve infinito. Poi, lentamente, annuì.

«No!»

Minus era caduto in ginocchio con le mani giunte.

«Sirius... sono io... sono Peter... il tuo amico... tu non...»

Black gli sferrò un calcio e Minus si ritrasse.

«I miei vestiti sono già abbastanza sporchi senza che li tocchi tu.»

Minus si voltò verso Lupin, contorcendosi supplichevole davanti a lui: «Remus! Tu non ci credi... Sirius non ti avrebbe detto che avevano cambiato programma?»

«Non se avesse pensato che fossi io la spia, Peter. Suppongo che tu non me l'abbia detto per questo, vero, Sirius

«Perdonami, Remus

Lupin si rimboccò le maniche: «Di nulla, Felpato, vecchio mio. E tu, in cambio, perdonerai me per aver creduto che tu fossi la spia?»

Black ripeté il gesto dell’amico: «Ma certo! Lo uccidiamo insieme?»

«Sì, direi di sì.»

«Voi non... voi...»

Minus strisciò di nuovo verso Ron: «Ron... non sono stato un buon amico... un bravo animaletto? Non lascerai che mi uccidano, Ron, vero... stai dalla mia parte, vero?»

Ma Ron lo guardò con sommo disgusto: «Ti ho lasciato dormire nel mio letto!»

«Bravo ragazzo... bravo padrone... non glielo permetterai... ero il tuo topo... ero un bravo animaletto...»

Black fece una smorfia di disgusto: «Se sei stato migliore da topo che da umano, non c'è molto di cui andar fieri, Peter.»

Ron, sempre più pallido per il dolore, trascinò la gamba rotta fuori dalla portata di Minus. L’uomo si voltò sulle ginocchia, inciampò in avanti e afferrò l'orlo dell'abito di Hermione.

«Dolce ragazzina... brava ragazzina... tu... non lascerai che... aiutami...»

Hermione strappò l'abito dalla presa di Minus e arretrò contro il muro con aria orripilata. Si voltò verso Kaito.

«Ragazzo...»

Il prestigiatore lo guardò dall’alto, impassibile: «Hai una discreta faccia tosta a rivolgerti a me, che c’entro poco o nulla con questa storia... mi dispiace solo che tu stia infangando con la tua esistenza l’intelligente razza dei topi, credimi.»

Minus si chinò, tremando in maniera incontrollabile, e voltò lentamente il capo verso Harry.

«Harry... Harry... assomigli tanto a tuo padre... sei come lui...»

Black non ci vide più: «COME OSI RIVOLGERTI A HARRY? COME OSI GUARDARLO? COME OSI PARLARE DI JAMES DAVANTI A LUI?»

Minus, avanzando verso il ragazzo con le mani tese: «Harry, Harry, James non mi avrebbe voluto morto... James avrebbe capito, Harry... avrebbe avuto pietà di me...»

Black e Lupin fecero un passo avanti, afferrarono Minus per le spalle e lo ributtarono a terra. Rimase lì seduto, contorcendosi dal terrore, a guardarli.

«Tu hai venduto Lily e James a Voldemort. Lo neghi?»

Minus scoppiò a piangere. Era orribile a vedersi, un enorme bambino calvo rannicchiato per terra.

«Sirius, Sirius, che cosa potevo fare? Il Signore Oscuro... non avete idea... possiede armi che non immaginate... ero spaventato, Sirius, non sono mai stato coraggioso come te e Remus e James. Non volevo che succedesse... Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato mi ha costretto...»

«NON MENTIRE! GLI PASSAVI INFORMAZIONI DA UN ANNO QUANDO LILY E JAMES SONO MORTI! ERI LA SUA SPIA!»

«Lui... lui stava conquistando tutto! Che... che cosa c'era da guadagnare a dirgli di no?»

Kaito si sentì assalire da un profondo disgusto. Anche il peggiore dei ladri aveva una morale migliore di quell’individuo.

Il volto di Black era stravolto da un'ira terribile: «Che cosa c'era da guadagnare a combattere il mago più malvagio che sia mai esistito? Solo vite innocenti, Peter!»

«Tu non capisci! Mi avrebbe ucciso, Sirius

«E ALLORA SARESTI DOVUTO MORIRE! MEGLIO MORIRE CHE TRADIRE I TUOI AMICI! NOI PER TE LO AVREMMO FATTO!»

Black e Lupin si disposero fianco a fianco, le bacchette levate.

Lupin scosse la testa, lentamente: «Avresti dovuto capirlo. Se Voldemort non ti avesse ucciso, l'avremmo fatto noi. Addio, Peter.»

Hermione si coprì il viso con le mani e si voltò verso il muro. Kaito fece un passo avanti, come per intervenire, ma venne anticipato da Harry, che corse davanti a Minus, di fronte alle bacchette.

«No! Non potete ucciderlo. Non potete.»

Black e Lupin erano stupefatti.

Il ricercato rispose: «Harry, questa feccia è il motivo per cui sei orfano. Questo viscido sudicio essere ti avrebbe guardato morire senza battere ciglio. L'hai sentito. La sua pelle schifosa per lui contava più di tutta la tua famiglia.»

«Lo so. Lo porteremo al castello. Lo consegneremo ai Dissennatori. Può andare ad Azkaban... ma non uccidetelo.»

Minus gli abbracciò le ginocchia: «Harry! Tu... grazie... è più di quello che merito... grazie...»

Harry lo guardò sprezzante, allontanando da sé le mani di Minus con una smorfia di disgusto: «Stammi lontano. Non lo faccio per te. Lo faccio perché... non credo che mio padre avrebbe voluto che loro... diventassero assassini... solo per colpa tua.»

Nessuno si mosse né fece un rumore tranne Minus, che aveva il respiro affannoso e le mani che annaspavano sul petto. Black e Lupin si guardarono. Poi, con un solo gesto, abbassarono le bacchette magiche.

Il ricercato sospirò: «Sei il solo ad avere il diritto di decidere, Harry. Ma pensa... pensa a quello che ha fatto...»

«Può andare ad Azkaban. Se c'è qualcuno che merita di stare laggiù, è proprio lui...»

Minus continuava ad ansimare alle sue spalle.

Il professore annuì: «Molto bene. Spostati, Harry.»

Harry esitò.

«Voglio legarlo. Tutto qui, lo giuro.»

Harry si tolse di mezzo. Funi sottili scattarono questa volta dalla bacchetta, e un attimo dopo Minus si contorceva per terra, legato e imbavagliato.

Black puntò a sua volta la bacchetta verso l’Animagus: «Ma se ti trasformi, Peter, allora ti uccideremo. D'accordo, Harry?»

Harry guardò la misera figura sul pavimento e annuì in modo che Minus potesse vederlo.

Lupin tornò improvvisamente a comportarsi da insegnante, come se nulla fosse accaduto: «Bene. Ron, io non so aggiustare le ossa bene come Madama Chips, quindi è meglio se per adesso ci limitiamo a immobilizzarti la gamba finché non potremo accompagnarti in infermeria.»

Si avvicinò a Ron, si chinò, batté la gamba rotta con la bacchetta e mormorò: «Ferula.»

Delle bende si avvolsero attorno alla gamba di Ron, legandola stretta a una stecca. Lupin lo aiutò ad alzarsi; il ragazzo spostò cautamente il peso sulla gamba, senza una smorfia.

«Va meglio, grazie.»

Hermione guardò Piton lungo disteso per terra e chiese con una vocina sottile: «E il professor Piton

Kaito cercò di fare finta di nulla, come se non fosse stata colpa sua.

Lupin si curvò su di lui e tastandogli il polso: «Non ha niente di grave. È ancora privo di sensi. Kaito ha solo un po'... sbagliato mira, ecco...»

Il prestigiatore protestò: «Ehi, un attimo! Non sapevo nemmeno esattamente dove mi dovevo Materializzare, sono andato alla cieca! Calcolando i miei precedenti, ringrazi già di non essere finito direttamente sul Platano Picchiatore o su Harry, Ron ed Hermione, visto che stavo pensando a loro... che ne sapevo che di fronte a questi “fantastici tre” c’era il professore?»

Hermione gli picchiettò una spalla: «Scusa... tu ti sei davvero Smaterializzato da dentro Hogwarts???»

Kaito fece una smorfia: «Ehm... sì... storia lunga... molto lunga...»

La ragazza sbarrò gli occhi scandalizzata: «Ma è contro ogni regola! Su Storia di Hogwarts  è scritto chiaramente che...»

Lupin sorrise amaramente: «Ne riparliamo più tardi, va bene, Hermione? Ora pensiamo al professor Piton... forse è meglio non rianimarlo finché non siamo al sicuro nel castello. Possiamo portarlo così...»

Mormorò: «Mobilicorpus.»

Come se una serie di fili invisibili fossero stati legati ai suoi polsi, al collo e alle ginocchia, Piton si rizzò in piedi, la testa ciondolante simile a quella di una grottesca marionetta. Rimase sospeso a pochi centimetri da terra, con i piedi che pendevano flosci. Lupin raccolse il Mantello dell'Invisibilità e se lo infilò al sicuro in tasca.

Black diede un colpetto a Minus con la punta del piede: «E due di noi dovrebbero incatenarsi a questo qui. Per sicurezza.»

Lupin alzò una mano: «Ci penso io.»

Ron zoppicò in avanti rabbioso: «Anch'io.»

Kaito lo respinse indietro: «No, tu no, a malapena stai in piedi. Se permetti ci penso io. Anche se l’idea delle manette, a dirla tutta, non è che mi piaccia molto, ma se così dev’essere...»

Con un paio di eleganti gesti il prestigiatore fece apparire, sotto lo sguardo stupito di Black e Minus, due paia di manette. Presto Minus fu di nuovo in piedi, il braccio sinistro incatenato al destro di Lupin, il destro al sinistro di Kaito, che, ripresa la propria bacchetta, seguiva il corteo più strano di cui avesse mai fatto parte.

Grattastinchi apriva la strada giù per le scale; seguivano Lupin, Minus e Kaito, simili a concorrenti di una gara a tre gambe. Poi veniva il professor Piton, aleggiando sinistramente a mezz'aria, le punte dei piedi che urtavano ogni gradino mentre scendeva, sorretto dalla sua stessa bacchetta che Black gli puntava contro. Harry e Hermione chiudevano il corteo, aiutando Ron che arrancava alle prese con la sua gamba rotta.

Il tunnel era decisamente piccolo e stretto. Kaito, Lupin e Minus dovettero mettersi di lato per passare. Il ragazzo non riusciva a stare tranquillo, non tanto per essere in compagnia di assassini e ricercati, visto che anche lui faceva in realtà parte della seconda categoria, ma perché aveva la netta impressione di stare scordando qualcosa d’importante. I suoi piedi, tuttavia, continuarono ad avanzare, un passo dopo l’altro, fino a giungere alla fine del tunnel.

Grattastinchi balzò fuori per primo ed evidentemente doveva aver premuto il nodo del tronco, perché i rami rimasero fermi e riuscirono a uscire tutti senza problemi.

I prati erano immersi nell'oscurità. L'unica luce proveniva dalle lontane finestre del castello. Si avviarono senza dire una parola. Minus continuava ad ansimare e ogni tanto piagnucolava. Risalirono i prati in silenzio, mentre le luci del castello si facevano sempre più grandi. E poi...

Una nuvola passò. All'improvviso sul suolo si allungarono tenui ombre. Il gruppo fu bagnato dalla luce della luna. Fu a quel punto che Kaito si rese conto con orrore di un minuscolo dettaglio, probabilmente quello che gli era sfuggito fino a poco prima.

Era piena.

E lui era ammanettato a un Lupo Mannaro.

Con orrore il ragazzo si voltò verso il suo insegnante. Lupin era completamente rigido, mentre braccia e gambe cominciavano a tremare.

Alle sue spalle Hermione esclamò con il fiato mozzo: «Oh, cielo! Questa sera Piton ha detto di non avergli portato la pozione! Non è innocuo!»

Kaito sussurrò appena: «La prende per una settimana e se salta un giorno non funziona? Che razza di fregatura è?»

Black esclamò: «Correte. Correte! Ora!»

Ma Kaito non poteva obbedirgli. Era incatenato a Minus e a Lupin. I suoi sensi da ladro gentiluomo gli stavano gridando di darsi una mossa, ma era paralizzato dal terrore. La sua faccia da poker non era mai stata testata contro un Lupo Mannaro e stava decisamente fallendo la prova.

Udì ancora Black urlare qualcosa, ma l’attenzione del ragazzo era ormai tutta sulla metamorfosi di Lupin. Con un terribile ringhio, la sua testa e il suo corpo si allungarono. Le spalle gli si incurvarono. I peli spuntarono a vista d'occhio sul viso e sulle mani, che si trasformarono in zampe artigliate.

Kaito sentì il sangue gelarglisi nelle vene quando il Lupo Mannaro alzò la testa, si voltò nella sua direzione e fece scattare le lunghe zanne. Era ovvio che rivolgesse a lui la sua attenzione, era il più vicino. Lo guardò negli occhi, alla disperata e insensata ricerca del professore dolce e gentile con cui aveva passato le lezioni e due sere alla settimana per mesi interi. Vide solo un mostro assetato di sangue.

Era la fine del Ladro della Luna Piena, ormai ne era certo. Avrebbe passato tutte le sue prossime notti a ululare all’astro d’argento in compagnia del suo caro professore mannaro. Ridacchiò isterico. Perché non si muoveva? Perché non ci riusciva? Doveva muoversi, ora! Ma il suo cervello sembrava aver perso i contatti con il resto del suo corpo, perché non riuscì a muovere un muscolo. Istintivamente il ragazzo alzò le braccia e chiuse gli occhi per parare il colpo.

E poi...

E poi non accadde nulla.

Kaito riaprì gli occhi e abbassò le braccia. Era in piedi, esattamente nella stessa posizione di poco prima, ma si trovava di nuovo nella Stamberga Strillante. Evidentemente doveva essersi Smaterializzato d’istinto. La tensione lo lasciò tutto d’un colpo e il ragazzo si ritrovò seduto sul pavimento. Era salvo.

Quasi d’istinto tolse la mano dalla manetta. Ora che non aveva più un Lupo Mannaro alle calcagna poteva ragionare più razionalmente. Minus era scappato non appena ne aveva avuto la possibilità, altrimenti se lo sarebbe portato dietro. A pensarci bene, era già scappato quando Lupin si stava trasformando, perché si era ritrovato faccia a faccia con il mostro.

Sospirò. La tentazione di rimanersene là dentro al sicuro era forte, ma dopo pochi secondi stava già correndo per il tunnel, con la bacchetta ben stretta in mano. Una cosa del genere l’avrebbe fatta Peter Minus, non Kaito Kuroba. I suoi amici erano là fuori e non poteva lasciarli a combattere da soli contro un Lupo Mannaro.

Ebbe una tremenda sensazione di deja : l’anno prima gli era toccato il Basilisco, quest’anno il Lupo Mannaro... e ogni volta li aveva dovuti affrontare praticamente disarmato. Scosse la testa. Non si sarebbe fermato per così poco, avrebbe affrontato il suo destino. A costo di rallentare la bestia a colpi di carte ed Expelliarmus.

Kaito uscì dal tunnel trafelato. Cos’era successo in sua assenza? Di Lupin non c’era traccia, ma Piton stava ancora galleggiando a mezz’aria e Ron era a terra. Il ragazzo si precipitò verso l’amico e cercò di rianimarlo, invano. Rabbrividì. Poi sentì le voci di Harry e Hermione e decise di raggiungerli. Forse sarebbe potuto servire almeno a loro. Strinse la bacchetta con tutte le sue forze mentre correva verso il luogo che forse lo spaventava di più in tutta Hogwarts, il lago. Là vide i suoi amici andare verso Black, che era in ginocchio con le mani sopra la testa.

«Nooo... nooo... per favore...»

Di nuovo un brivido lo assalì. E poi un brusio, leggero ma infido, si fece largo nelle sue orecchie. E Kaito capì.

«Dissennatori.»

Era così. Dissennatori, almeno un centinaio, che scivolavano in una massa nera attorno al lago, verso di loro e altri ancora ne apparivano dall'oscurità, da tutte le parti. Li stavano accerchiando... come faceva l’ispettore Nakamori quando cercava di prenderlo... ma lui non poteva farsi prendere. Non da lui. Non da loro. Era una questione di principio. Era una questione di sopravvivenza.

Harry urlò: «Hermione, pensa a qualcosa di allegro!»

Giusto. Era il momento di agire. Sapeva cosa fare, si era allenato per mesi.

«Expecto Patronum!»

Dalla sua candida bacchetta apparve il suo Patrono. Come sempre, non era ancora ben definito, sembrava quasi un Molliccio indeciso. Ma pur sempre qualcosa in più della nebbiolina argentea che aveva evocato Harry. Indietreggiò, avvicinandosi agli amici.

Harry continuava ad incoraggiare Hermione: «Expecto Patronum! Hermione, aiutami! Expecto Patronum

Con un filo di voce la ragazza sussurrò: «Expecto... expecto... expecto...»

Kaito scosse la testa e si parò di fronte a lei. Per quanto quella ragazzina fosse un genio, non potevano pretendere all’istante da lei un incantesimo che loro stessi non riuscivano a padroneggiare ancora dopo mesi e mesi di allenamento. E poi erano troppi.

I Dissennatori si stavano avvicinando, ormai erano a poco più di tre metri. Formavano una muraglia, ed erano sempre più vicini...

Kaito si rese conto che davanti ai suoi occhi si stavano sovrapponendo due realtà: vedeva già il palco, lo striscione e le file di sedie... ma vedeva anche le figure nere che si avvicinavano verso di loro; sentiva gli applausi, ma anche Harry, che non smetteva un attimo di gridare: «EXPECTO PATRONUM! EXPECTO PATRONUM!»

Kaito era infinitamente grato alla voce del ragazzo, che sovrastava quella illusoria di sua madre e lo teneva ancorato alla realtà. Una realtà orrenda, ma pur sempre realtà.

Un tonfo annunciò che Hermione non ce l’aveva fatta. Kaito e Harry indietreggiarono ancora. Si ritrovarono schiena contro schiena, ed entrambi ringraziarono di essere in due, di essere insieme, a sostenersi a vicenda, come avevano fatto per tutto il semestre. Era come un allenamento del giovedì sera, si ripetevano... solo che Lupin non c’era, quelli che avevano davanti non erano una miriade di Mollicci, tutti i loro amici erano a terra svenuti e dipendevano da loro. Giusto per non sentire addosso la pressione.

Le ginocchia di Harry cedettero, il suo incantesimo divenne un sussurro appena udibile, ma la sua nebbiolina argentea resisteva. I Dissennatori si avvicinarono ancora, e davanti agli occhi di Kaito le illusioni si sovrapposero alla realtà, i colori dei ricordi al buio del presente.

Un Dissennatore si fermò davanti al prestigiatore. Kaito ansimava, esausto.

«Avanti... avanti, bello, non li toccherai... non mi fai paura.. »

Non aveva paura. Era terrorizzato. Mentiva per farsi coraggio, cercando di mantenere la sua faccia da poker, sperando che il vecchio consiglio paterno potesse aiutarlo anche in quella disperata occasione.

«Sono... sono più testardo di te, sai?»

Una viscida mano morta scivolò fuori da sotto il mantello. Fece un gesto come per spingere da parte il Patronus, ma quello resistette. Kaito riuscì a fare un mezzo sorriso.

«Visto?»

Poteva farcela, doveva farcela. Uno per volta, li avrebbe fermati, nonostante il nastro dei ricordi andasse avanti di fronte ai suoi occhi... suo padre era già salito sul palco... il pubblico applaudiva... anche lì c’era un pubblico... di Dissennatori... che lo osservava... mormorava... forse applaudivano anche loro al suo coraggio... o deridevano la sua stupidità, una delle due...

Il Dissennatore più vicino alzò entrambe le mani e abbassò il cappuccio.

Dove avrebbero dovuto esserci gli occhi c'era solo pelle sottile, grigia, butterata, tesa su orbite vuote. Ma c'era la bocca, un buco informe che si spalancava e risucchiava l'aria in un rantolo. Kaito non seppe dire se quello che aveva davanti lo stesse spaventando più o meno della metamorfosi di Lupin, ma in quel momento fu certo che non avrebbe scordato mai più quella serata. Non avrebbe distolto lo sguardo, o sapeva sarebbe stata davvero la fine. Sbarrò ancora di più gli occhi mentre il suo Patrono svaniva, e con lui parte della sua coscienza.

Suo padre aveva iniziato lo spettacolo... no, non era vero, suo padre non c’era, c’era solo un mucchio di Dissennatori pronti a baciarlo... ecco i foulard, ecco le carte... ecco, si avvicinavano... gli applausi... i rantolii... l’eccitazione... il terrore... i colori... il buio... la meraviglia... la disperazione... Bravo, bravo papà!... Expecto Patrum, doveva dirlo ancora, doveva muoversi a far ricomparire il Patrono, prima che tutto svanisse per sempre... le illusioni e la realtà... le belle illusioni, che tanto lo attiravano... ma che sapeva essere meno idilliache di quanto sembrassero... e l’orrida realtà in cui doveva agire per rimanere vivo... per sperare di vivere ancora qualcosa di bello...

Due mani robuste e appiccicose all'improvviso si strinsero attorno al suo collo, costringendo il suo viso a voltarsi verso l'alto... avvertì l'alito putrido dell'essere... mentre a quel volto orrendo si sovrapponeva quello sorridente del padre... il Dissennatore l’avrebbe baciato... suo padre l’avrebbe baciato... e non voleva nient’altro, in fondo... solo smettere di soffrire... e rimanere con il suo papà per sempre...

All’improvviso  qualcosa fendette il suo viso e una luce argentea, che nulla aveva a che vedere con lo spettacolo di undici anni prima, illuminò tutto e fece svanire le illusioni.

Le mani lo lasciarono andare, le ginocchia gli cedettero e cadde in avanti sull'erba, ancora con gli occhi sbarrati, ancora aggrappato alla realtà, con tutte le sue forze. La luce accecante illuminava l'erba attorno a lui... qualcosa stava respingendo i Dissennatori... girava attorno a lui, a Harry, a Black e a Hermione... i rantolii e i risucchi dei Dissennatori svanirono. Se ne stavano andando... l'aria era di nuovo tiepida...

Facendo appello alle sue ultime forze, Kaito allungò la mano verso un oggetto bianco, lo strinse e si puntellò sui gomiti per guardare verso il lago. Qualcosa d’argenteo lo stava attraversando a gran velocità, camminando sulle acque, per tornare verso qualcuno... una figura nera... e un’altra... no... no... non poteva... non poteva essere... erano solo illusioni... erano i Dissennatori che tornavano, forse, ma non poteva... non poteva...

E svenne, ancora con gli occhi sbarrati, ancora con quelle due parole che si ripetevano continuamente nel suo cervello, senza sosta, ancora e ancora.

Non poteva.

 

E rieccomi, finalmente! Vi ho fatto aspettare un pochino, ma il capitolo era abbastanza lungo da farmi perdonare, spero. Adesso finalmente ho finito un po’ di esami, quindi potrò darmi alla scrittura e a qualche altro progettino che aspetta da mesi...

Intanto, non posso non ringraziare chi mi segue fedelmente, in particolare i commentatori. Ne abbiamo persi alcuni per strada, ma nel scorso capitolo c’è stato il boom di new entry! Quindi, ringrazio i fedelissimi Elali_chan, Lunaby, darkroxas92 e mergana e i nuovi arrivati _SayayMagicSuicune_, Crystal25396 e KING KURAMA.

Prossimo capitolo? Ovviamente la Giratempo! Ma cosa avrà visto Kaito sull’altra riva del lago?

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

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Capitolo 28
*** Una DeLorean da taschino ***


Una DeLorean da taschino

 

 

Il ragazzo apre gli occhi.

Si trova in un posto strano, è tutto buio. Alza lo sguardo e riconosce la familiare apertura verso le stelle, con le candele galleggianti spente. Sembra essere finito al fondo del precipizio in cui cade ogni volta che sogna suo padre.

«Quindi c’è, un fondo...»

Cammina un pochino, per valutarne la grandezza, poi prova ad alzare lo sguardo. Ce la farebbe ad evadere da lì usando il rampino? Forse, ma il filo dovrebbe essere lungo... molto, lungo...

A un certo punto, come spinta dal vento, su quell’apertura compare la luna, piena ed enorme al punto da occupare tutta l’apertura, la cui luce quasi lo abbaglia. Che strano, non era mai comparsa, prima...

Istintivamente il ragazzo alza una mano per ripararsi gli occhi, e a quel punto lo nota.

Là, sul polso, nettamente visibile, c’è un’impronta di denti.

Sbarra gli occhi. Cos’è successo?

E in un attimo il flash: Minus, le manette, il professore, la luna, la metamorfosi...

E poi?

Poi cos’è successo?

Perché non lo ricorda?

Riguarda il braccio e nota con orrore che si sta ricoprendo di pelo.

«No, no...»

Controlla anche l’altro, ma la situazione non cambia.

«No...»

Gli occhi si chiudono per non fissare la luna; le mani, ora artigliate, finiscono velocemente a tappare le sue fauci, a trattenere con tutte le sue forze un ululato che sente nascergli in petto.

No.

Non poteva essere stato morso.

Non poteva essere diventato un Lupo Mannaro.

Non poteva.

Non poteva.

È a quel punto che si accorge che qualcosa, nell’ombra, si sta muovendo velocemente. Il ragazzo stringe gli occhi e riesce a distinguerli: sono i mantelli neri dei Dissennatori, solo i mantelli, senza i proprietari. Gli stanno girando attorno. Lo stanno accerchiando.

Il ragazzo inizia a scappare. A due, a quattro zampe, a questo punto non ha più importanza. La cosa fondamentale è solo sfuggire alle loro grinfie.

Un mantello gli sbarra la strada, il ragazzo inchioda di colpo, ma prima che possa voltarsi un altro mantello alle sue spalle lo agguanta al collo. Cerca di levarselo in ogni modo, sfilandolo, strappandolo, mordendolo persino, ma quello non molla la presa. Lo stringe, lo soffoca, gli toglie il respiro con quell’odore rancido che gli riempie le narici. E cerca di alzare il cappuccio. Il ragazzo lotta con tutte le sue forze, a lungo, ma alla fine il mantello vince.

Il cappuccio nero cala sui suoi occhi.

La paura scompare.

Tutto scompare.

Rimane solo il buio, il freddo e un gran vuoto nell’anima.

E la fame...

...fame di felicità altrui...

E l’eco di un ultimo pensiero.

 

Non poteva.

 

 

«NOOOOOOOOO!!!»

Kaito si risvegliò, trafelato. Impiegò qualche secondo a riconoscere i colori intorno a sé. Guardò la luna piena alla finestra, poi prese a tastarsi la testa, le braccia, le gambe. Niente pelo. Niente mantello. Non era un Lupo Mannaro. Non era un Dissennatore. Era Kaito Kuroba. Era ancora lui. Era salvo.

Si concesse un profondo sospiro di sollievo. Era stata indubbiamente una nottata pesante e non vedeva solo l’ora di poter dormire, possibilmente un sonno senza incubi.

«Kaito?»

Il ragazzo si voltò. Era in infermeria e nel letto affianco al suo c’era Hermione, che lo guardava preoccupata. Poco più in là c’erano anche Harry e Ron.

«Tutto a posto?»

«S-sì, certo...»

Era certo che il sudore sul suo volto lo stesse contraddicendo in pieno, ma in quel momento non gli importava molto della sua faccia da poker. I ricordi della serata gli scorrevano veloci davanti agli occhi, come se qualcuno avesse premuto il tasto dello avanzamento veloce.

Lupin. La mappa. La Smaterializzazione. Piton. La Stamberga Strillante. Sirius Black. Crosta, anzi, Peter Minus. La luna. Il lupo. La corsa. Il lago. I Dissennatori. I Patronus. E...

Harry fece segno di fare silenzio. Fuori dalla porta socchiusa dell’infermeria si sentivano alcune voci. Una era sconosciuta a Kaito, ma l’altra era indubbiamente quella di Piton.

 

«Quello che mi stupisce di più è il comportamento dei Dissennatori... davvero non ha idea di cosa li abbia costretti a ritirarsi, Piton?»

«No, Ministro... quando sono arrivato stavano già tornando alle loro postazioni vicino agli ingressi...»

«Straordinario. E Black, e Harry, e i ragazzi...»

«Quando li ho raggiunti erano tutti svenuti. Ho legato e imbavagliato Black, naturalmente, ho fatto apparire delle barelle e li ho riportati subito al castello. Potter, Weasley e Granger erano vittima di un incantesimo Confundus molto ben eseguito, Black è riuscito persino a farmeli rivoltare contro benché fosse evidente che ero lì per aiutarli... non ho idea invece della presenza di Kuroba al lago. Conoscendolo, è possibile che abbia visto gli amici in pericolo dalle finestre del castello e sia corso fuori nel tentativo di aiutarli... i Grifondoro sono fatti così, agiscono prima di pensare alle conseguenze...»

 

In quel momento Madama Chips percorse a rapidi passi la corsia buia fino al letto di Harry, che si voltò a guardarla. Portava il più grosso pezzo di cioccolato che avessero mai visto. Sembrava un piccolo macigno.

«Ah, siete svegli!»

Posò il cioccolato sul comodino di Harry e prese a farlo a pezzi con un martelletto.

Harry e Hermione chiesero in coro: «Come sta Ron?»

Madama Chips rispose, cupa: «Ce la farà. Quanto a voi tre... resterete qui finché non avrò deciso che... Potter, che cosa credi di fare?»

Harry si era seduto, si era rimesso gli occhiali e aveva afferrato la bacchetta.

«Devo vedere il Preside.»

Madama Chips cercò di calmarlo con tono suadente: «Potter, va tutto bene. Hanno preso Black. È rinchiuso di sopra. I Dissennatori eseguiranno il Bacio da un momento all'altro...»

«CHE COSA?»

Harry balzò fuori dal letto. Hermione lo seguì e anche Kaito si tolse il lenzuolo che lo copriva, ma il grido del ragazzo era echeggiato nel corridoio. Un attimo dopo, entrarono Piton e l’uomo sconosciuto, che subito si rivolse ad Harry come se fossero vecchi amici.

«Harry, Harry, che cosa c'è? Dovresti essere a letto... ha preso del cioccolato?»

Il ragazzo iniziò a parlare con ansia, senza quasi prendere fiato: «Ministro, mi ascolti! Sirius Black è innocente! Peter Minus ha solo fatto finta di morire! L'abbiamo visto stanotte! Non può permettere che i Dissennatori facciano quella cosa a Sirius, lui è...»

Ma l’uomo scosse la testa con un piccolo sorriso: «Harry, Harry, sei molto confuso, hai vissuto un'esperienza terribile, ora sdraiati di nuovo, è tutto sotto controllo...»

«NO! AVETE PRESO L'UOMO SBAGLIATO!»

Hermione intervenne fissando l’uomo con aria supplichevole: «Ministro, ci ascolti, la prego. L'ho visto anch'io, era il topo di Ron, è un Animagus, Minus, voglio dire, e...»

Piton intervenne: «Cosa le dicevo, Ministro? Sono Confusi, tutti e due... Black ha fatto proprio un bel lavoro...»

Harry ruggì: «NON SIAMO CONFUSI!»

Madama Chips l’interruppe con aria furiosa: «Ministro! Professore! Devo insistere perché ve ne andiate. Potter è un mio paziente, e non deve essere disturbato!»

«Macché disturbato, sto cercando di spiegargli che cosa è successo! Se solo mi ascoltassero...»

Ma Madama Chips gli ficcò a tradimento un grosso pezzo di cioccolato in bocca. Harry quasi soffocò, e lei ne approfittò per costringerlo a tornare a letto.

«Ora, la prego, Ministro, questi ragazzi hanno bisogno di cure. Per favore, andate via...»

La porta si aprì di nuovo. Era Silente. Harry inghiottì a fatica il boccone di cioccolato e si alzò di nuovo.

«Professor Silente, Sirius Black...»

Madama Chips alzò gli occhi al cielo con aria esasperata: «Per l'amor del cielo! Questa è un'infermeria o che cosa? Preside, devo insistere...»

Silente ribatté con tutta la calma del mondo: «Le mie scuse, Chips, ma ho bisogno di scambiare due parole con il signor Potter, la signorina Granger e il signor Kuroba. Ho appena parlato con Sirius Black...»

Piton sibilò: «Suppongo che le abbia raccontato la stessa favola che ha ficcato in testa a Potter. Qualcosa a proposito di un topo, e di Minus che sarebbe vivo...»

«In effetti, è proprio questa la versione di Black

«E la mia testimonianza non conta niente? Peter Minus non era nella Stamberga Strillante, e non c'era traccia di lui nel parco.»

Hermione intervenne: «Perché lei era privo di sensi, professore! Non è arrivato in tempo per sentire...»

«Signorina Granger, FRENI QUELLA LINGUA!»

Hermione si zittì di colpo e Kaito non seppe dire se lo fece a causa dell’autorità dell’insegnante o se perché sconvolta dal tono con cui le era stato ordinato.

Il Ministro, di qualunque cosa fosse, cercò di sedare gli animi: «Avanti, Piton, la signorina è sconvolta, dobbiamo essere pazienti...»

Silente ripeté in tono brusco: «Vorrei parlare con Harry, Hermione e Kaito da solo. Cornelius, Severus, Chips, per favore, lasciateci soli.»

L’infermiera farfugliò: «Preside! Hanno bisogno di cure e di riposo...»

«Non possiamo aspettare. Devo insistere».

Madama Chips, imbronciata, si diresse verso il suo ufficio all'altro capo della corsia e sbatté la porta. Il Ministro consultò il grosso orologio d'oro appeso al panciotto.

«I Dissennatori dovrebbero essere arrivati. Andrò loro incontro. Silente, ci

vediamo di sopra.»

Raggiunse la porta e la tenne aperta per Piton, ma lui non si mosse.

«Spero che non creda a una parola della storia di Black, vero?»

Silente ripeté per la terza volta: «Vorrei parlare con Harry, Hermione e Kaito da solo.»

Piton fece un passo verso di lui.

«Sirius Black ha dimostrato di essere capace di uccidere a sedici anni. Non se l'è dimenticato, Preside, vero? Non ha dimenticato che una volta ha tentato di uccidere me

«La mia memoria è buona come sempre, Severus

Piton girò sui tacchi e oltrepassò la porta che il Ministro teneva ancora aperta per lui e che si chiuse alle loro spalle. Silente si voltò verso i ragazzi. Harry e Hermione presero a parlare nello stesso momento.

«Professore, Black dice la verità... abbiamo visto Minus...»

«...è fuggito quando il professor Lupin si è trasformato in un Lupo Mannaro...»

«...è un topo...»

«...la zampa davanti, voglio dire, il dito, se l'è tagliato via...»

«...Minus ha aggredito Ron, non è stato Sirius...»

«... e tu, Kaito, perché te ne sei stato zitto?»

«Perché pensano che io nella Stamberga Strillante non ci sia mai entrato!»

«Ma forse il tuo intervento poteva salvare Sirius

«Oh certo, non credono alle parole di voi due perché pensano siate sotto incantesimo, ma cambiano idea nel sentire me dire le stesse cose... dai, Piton aveva una storia più credibile della nostra, inutile stare a discutere!»

Ma Silente alzò la mano per bloccare la raffica di spiegazioni e litigate.

«Ora tocca a voi ascoltare, e vi prego di non interrompermi, perché abbiamo pochissimo tempo. Kaito ha ragione, non c'è uno straccio di prova a sostegno della storia di Black, eccetto la vostra parola... e la parola di due maghi di tredici anni e di uno di diciassette non convincerà nessuno. Tantissimi testimoni, una strada intera, hanno giurato di aver visto Sirius uccidere Minus. Io stesso ho fornito al Ministero la prova che Sirius era il Custode Segreto dei Potter.»

Harry esclamò, senza riuscire a trattenersi: «Il professor Lupin può dirle...»

«Il professor Lupin al momento è nel cuore della foresta e non può dire niente a nessuno. Quando sarà tornato umano, sarà troppo tardi, Sirius sarà peggio che morto. Devo aggiungere che i Lupi Mannari godono di una così scarsa fiducia presso gran parte di noi che il suo sostegno conterà pochissimo... e il fatto che lui e Sirius siano vecchi amici...»

«Ma...»

«Ascoltami, Harry. È troppo tardi, mi capisci? Devi ammettere che la versione del professor Piton è molto più convincente della vostra.»

Hermione singhiozzò disperata: «Lui odia Sirius. E tutto per qualche stupido scherzo che Sirius gli ha fatto...»

«Sirius non si è comportato come una persona innocente. Ha aggredito la Signora Grassa, è entrato nella Torre di Grifondoro armato di pugnale... senza Minus, vivo o morto, non abbiamo alcuna possibilità di modificare la sorte di Sirius

Kaito guardò serio il preside negli occhi: «Ma lei crede a noi, o non starebbe qui a perdere tempo per discuterne.»

Silente sussurrò: «Sì, ma non ho il potere di costringere gli altri a vedere la verità, o di scavalcare il Ministero della Magia...»

Il prestigiatore si chiese dove il preside volesse andare a parare con quel discorso, soprattutto quando l’uomo concentrò la sua attenzione su Hermione.

«Quello che ci occorre, è più tempo.»

Harry fece una smorfia: «Ma come...»

Hermione invece sgranò gli occhi, come se avesse compreso tutto: «OH!»

Il Preside abbassò ulteriormente la voce e scandì bene le parole: «Ora, attenzione: Sirius è chiuso nell'ufficio del professor Vitious al settimo piano. La tredicesima finestra a destra della Torre Ovest. Se tutto va bene, riuscirete a salvare più di una vita innocente stanotte. Ma ricordate tutti e tre che non dovete farvi vedere. Signorina Granger, tu conosci la legge... sai qual è la posta in gioco... non-dovete-farvi-vedere.»

Harry e Kaito non avevano idea di che cosa stesse succedendo. Silente si voltò e guardò verso di loro mentre si avviava verso la porta.

«Vi chiuderò dentro. Ora...»

Si fermò a consultare l'orologio: «... è mezzanotte meno cinque. Signorina Granger, tre giri dovrebbero bastare. Buona fortuna.»

Mentre la porta si chiudeva dietro Silente, Harry sembrò andare nel panico: «Buona fortuna? Tre giri? Di che cosa sta parlando? Che cosa dovremmo fare?»

Ma Hermione non gli rispose, troppo occupata a trafficare con il colletto dell'abito, da cui estrasse una catena d'oro molto lunga e sottile.

«Harry, Kaito, venite qui, presto!»

I ragazzi avanzarono verso di lei, perplessi. Hermione teneva la catena tesa davanti a sé, da cui penzolava una piccola clessidra scintillante.

«State fermi...»

Hermione passò la catena anche attorno al loro collo, e Kaito si chiese come facesse ad essere così lunga senza che desse problemi ad indossarla. Probabilmente era truccata anche quella.

«Siete pronti?»

Kaito ridacchiò: «Se sapessi per cosa sarebbe più facile risponderti di sì...»

Harry era completamente smarrito «Che cosa succede?»

Ma invece che rispondere, Hermione fece girare la clessidra tre volte.

Il mondo intorno a loro cambiò.

Il buio si dissolse. Kaito pensò per un secondo di essere stato caricato su un razzo diretto all’indietro a una velocità assurda. Come se stesse guardando da un finestrino, infatti, un turbine velocissimo di colori e forme gli sfrecciò accanto, mentre le orecchie gli pulsavano in modo fastidioso, proprio come se avessero appena cercato di abbattere la barriera del suono.

E quando stava per urlare il nome di Hermione per chiederle qualcosa, tutto finì.

Il prestigiatore si guardò stupefatto intorno. Era nella Sala d'Ingresso, ancora legato a Harry e Hermione, e per un attimo si chiese se per errore non si fosse di nuovo Smaterializzato portandoli con sé.

Harry non tolse gli occhi da Hermione, stupefatto: «Hermione, che cosa...?»

Ma la ragazza non gli rispose, limitandosi ad afferrare entrambi i ragazzi per un braccio e a trascinarli verso la porta di un armadio per le scope.

Kaito, completamente paonazzo in volto, protestò: «Ferma, ferma, mi stai soffocando! Togli ‘sta cosa dai nostri colli!»

Hermione li spinse dentro tra secchi e stracci, poi chiuse bruscamente la porta alle loro spalle e solo allora si decise a sfilare la catena.

Il prestigiatore cercò di riprendere fiato, mentre Harry tempestava l’amica di domande.

«Cosa... come... Hermione, che cosa è successo?»

«Siamo tornati indietro nel tempo. Di tre ore...»

Kaito si lasciò sfuggire un urlo: «CHE???»

Ma Hermione gli mise una mano sulla bocca: «Sst! Ascolta! Viene qualcuno! Credo... credo che potremmo essere noi!»

Harry era sempre più confuso: «Ma noi siamo qui e...»

Senza troppi complimenti la ragazza mise l’altra mano sulla bocca anche a lui, mentre cercava di tenere l'orecchio il più possibile appoggiato alla porta dell'armadio: «Dei passi nell'ingresso... sì, siamo noi che andiamo da Hagrid!»

Kaito iniziava ad afferrare qualcosa di quel discorso, mentre Hermione continuava: «Sono sicura che siamo noi... non sembra che siano più di tre persone... e camminiamo piano perché siamo sotto il Mantello dell'Invisibilità...»

Tacque, restando in ascolto.

«Siamo scesi per i gradini... ok...»

Solo a quel punto si decise a lasciare andare gli amici e a sedersi su un secchio rovesciato con aria molto preoccupata.

Harry la guardò meravigliato: «Dove hai preso quella clessidra?»

«È una GiraTempo e me l'ha data la professoressa McGranitt il primo giorno di scuola quest'anno. È da allora che la uso per riuscire a frequentare tutte le lezioni. La professoressa McGranitt mi ha fatto giurare di non dirlo a nessuno. Ha dovuto scrivere un sacco di lettere al Ministero della Magia per farmene avere una. Ha dovuto spiegare che sono una studentessa modello, e che non l'avrei mai usata assolutamente per altro se non per lo studio... La giro e ho delle ore in più, è così che riesco a seguire tante lezioni contemporaneamente, capito?»

Kaito ridacchiò: «In pratica hai la macchina di Ritorno al futuro appesa al collo... comodo, almeno così non ci sono problemi di parcheggio! Mi sto abituando troppo a questo mondo, non riesco quasi più a stupirmi di nulla...»

Hermione gli sorrise tristemente, per poi riprendere a parlare: «Ma... non capisco che cosa Silente vuole che facciamo. Perché ci ha detto di tornare indietro di tre ore? Come possiamo aiutare Sirius

Il prestigiatore sospirò: «Più o meno a quest'ora dev'essere successo qualcosa che vuole che cambiamo... io ero con Fred, George e Sheridan a chiacchierare, mentre voi...»

Harry rispose: «... noi tre ore fa stavamo andando da Hagrid...»

La ragazza specificò: «Adesso sono tre ore fa, e noi stiamo andando da Hagrid! Ci siamo appena sentiti passare...»

I ragazzi si guardarono perplessi, poi decisero di lasciare perdere i casini temporali e di concentrarsi su cosa dovessero fare.

Harry aggrottò la fronte, quasi come se si stesse strizzando il cervello per capire: «Silente ha detto solo... ha detto solo che potevamo salvare più di una vita innocente... ma certo! Dobbiamo salvare Fierobecco

«Chi?»

Hermione ignorò la domanda: «Ma... servirà a Sirius

«Silente ha detto... ci ha detto qual è la finestra... la finestra dello studio di Vitious! Dove tengono chiuso Black! Dobbiamo far volare Fierobecco fino alla finestra e salvare Sirius! Sirius può fuggire con Fierobecco... possono fuggire insieme!»

Kaito rifletté ad alta voce: «Se qualunque cosa sia questo “Fierobecco” può volare, le possibilità di evasione aumentano considerevolmente...»

Hermione sembrava terrorizzata: «Se ci riusciamo senza farci vedere sarà un miracolo!»

Il ragazzo più grande sospirò: «E se non facciamo nulla sarà un disastro. Dai, cosa ci vorrà? In fondo siamo tutti dei maghi, no?»

La ragazza alzò un sopracciglio: «Anche tutti quelli che dobbiamo affrontare lo sono, e più esperti di noi...»

Harry sospirò avvicinandosi alla porta: «Be', dobbiamo provare, no?»

Ma non appena toccò la maniglia, voci concitate iniziarono a sentirsi nel corridoio.

«Sudiciume! Sozzeria! Avevo appena pulito qua! Appena pulito!»

Harry impallidì di botto sussurrando: «Gazza...»

Il bidello continuò il suo discorso con l’inseparabile Mrs Purr: «Te l’assicuro, avrò pulito meno di dieci minuti fa, e non ho visto nessuno passare dal mio ufficio...»

I tre ragazzi si guardarono preoccupati, mentre Gazza continuava: «Ah, ma lo so io chi è stato, sicuramente è colpa dei gemelli Weasley... e chi sennò? Ah, ma non mi fregano una seconda volta, ora piantono la zona e vedrai che li colgo sul fatto, Mrs Purr...»

Hermione aveva gli occhi sbarrati come non mai: «E ora? Non possiamo aspettare troppo!»

Kaito sospirò. L’idea non gli piaceva neanche un po’, ma non vide altra scelta.

«Datemi le mani. Non vi assicuro nulla sulla destinazione, ma dovrei essere in grado di portarci almeno fuori di qui.»

Harry obbedì, ma la ragazza protestò: «Kaito, dovresti saperlo, è impossibile Smaterializzarsi den...»

Ma come aveva fatto lei poco prima, il prestigiatore la ignorò, le afferrò la mano e chiuse gli occhi, concentratissimo. Non aveva molto spazio per girarsi, là dentro, e aveva due persone con sé. Doveva portarli vicino a casa di Hagrid, per ripercorrere gli eventi della serata... prima che cominciasse tutto...

Un forte schiocco e lo stanzino fu vuoto.

 

 

«... tro le mura di Hogwarts!»

Harry lasciò la mano di Kaito e barcollò un po’ scombussolato. Ci mise un pochino a capire di non essere più dov’erano fino a pochi secondi prima. Si trovavano in una radura, al di sotto di...

Si voltò verso Hermione, che con gli occhi sbarrati ancora più di prima si stava dando un pizzicotto: «Non... non ci credo...»

Harry gridò: «Spostiamoci! Siamo proprio sotto il Platano Picchiatore!»

La ragazza a quel urlo sembrò riprendersi: «Giusto! Kaito...»

Ma il ragazzo non poteva risponderle. Era inginocchiato a terra, con in volto un colorito terreo e sembrava respirare a fatica, con un fiatone da fare invidia a un corridore dopo il record mondiale di maratona.

«Kaito!»

Il prestigiatore non aveva fiato a sufficienza per rispondere e Harry lo prese per un braccio: «Hermione, aiutami a portarlo via! È pericoloso rimanere qui!»

Il ragazzo non ebbe altra scelta che farsi trascinare come un pacco postale. Non aveva capito bene cosa fosse successo, ma non si era mai sentito così esausto in vita sua. Forse aveva preteso troppo da se stesso, dopotutto non aveva mai provato a Smaterializzare tre persone, e non si era ancora ripreso del tutto dall’incontro con quei Dissennatori.

Harry e Hermione riuscirono quasi miracolosamente a trascinarlo via e a ripararsi indenni dietro un albero della Foresta Proibita. Solo a quel punto Kaito riuscì, a fatica, a spiccicare qualche parola.

«Gr...azie...»

Harry gli porse una Cioccorana: «Di nulla. Prova con questa, magari è come con i Dissennatori...»

Il prestigiatore annuì e si mise la cioccolata in bocca, cercando di non soffocarsi. Lentamente il suo respiro si calmò, il volto riprese colore e dopo qualche minuto il ragazzo si rimise in piedi.

«Scusatemi, non avevo mai provato a Smaterializzare così tante persone.»

Hermione provò a dire qualcosa, ma Kaito la zittì subito: «Dobbiamo subito correre a casa di Hagrid, o non faremo in tempo. Una volta lì parleremo di tutto, ok?»

Harry annuì e iniziò ad avviarsi, seguito dagli altri.

Si addentrarono in silenzio fra gli alberi, tenendosi ai bordi della foresta per non farsi vedere. Poi, di fronte alla capanna di Hagrid, si sporsero appena per spiare. L’omone, bianco e tremante, stava chiudendo in fretta la porta.

Hermione fece un profondo sospiro di sollievo: «Appena in tempo!»

Harry aveva una faccia a metà fra il divertito e lo sconvolto: «È la cosa più strana che ci sia mai successa.»

La ragazza mormorò: «Spostiamoci, dobbiamo avvicinarci di più a Fierobecco

Gli amici strisciarono fra gli alberi finché non giunsero in vista di quello che doveva essere l'Ippogrifo, legato a un albero nell'orto di zucche di Hagrid.

Aveva il corpo, le zampe posteriori e la coda da cavallo, le zampe anteriori, le ali e la testa di aquila gigante, becco feroce color dell'acciaio e grandi occhi di un arancione squillante. Gli artigli sulle zampe davanti erano lunghi più di quindici centimetri e avevano l'aria letale. Per di più l’essere scalpitava, nervoso.

Kaito ridacchiò: «Carino, Fierobecco

Hermione gli spiegò: «È un Ippogrifo.»

Il prestigiatore rispose ironicamente: «Ora che lo so mi sento molto meglio...»

Harry sussurrò: «Vado ora?»

Hermione esclamò: «No! Se lo portiamo via adesso, quelli del Comitato penseranno che sia stato Hagrid a liberarlo! Dobbiamo aspettare finché non avranno visto che è legato fuori!»

«Ci resteranno non più di sessanta secondi, è quasi impossibile!»

Kaito propose: «Se volete lo faccio io. Penso di poterci riuscire.»

Harry scosse la testa: «No, non sai come trattare un Ippogrifo, e quelli non scherzano se non gli vai a genio. E poi, secondo Hagrid, io sto simpatico a Fierobecco...»

In quel momento, dall'interno della capanna provenne un fragore di porcellana in frantumi.

Hermione sussurrò in un soffio: «È Hagrid che rompe il bricco del latte... fra un attimo troverò Crosta...»

E infatti qualche minuto dopo sentirono lo strillo sorpreso di Hermione.

Harry all'improvviso disse agitato: «E se... se corriamo là dentro, prendiamo Minus...»

Hermione rispose in un sussurro terrorizzato: «No! Non capisci? Stiamo infrangendo una delle leggi magiche più importanti! Nessuno dovrebbe cambiare il tempo, nessuno! Hai sentito Silente, se ci vedono...»

«Ma ci vedrebbero solo Hagrid e gli altri tre, insomma, noi stessi!»

«Harry, che cosa pensi che faresti se vedessi entrare te stesso in casa di Hagrid?»

«Credo... che penserei di essere impazzito... o che è in atto una Magia Oscura...»

«Proprio così! Non capiresti, e forse attaccheresti te stesso! Non capisci? La professoressa McGranitt mi ha raccontato le cose orribili che sono successe quando i maghi hanno interferito col tempo... tantissimi hanno finito per uccidere i loro sé passati o futuri per errore!»

Kaito intervenne: «E se invece lo facessi io? Non sono con voi là dentro, posso inventarmi una storia qualunque e non dovrei rischiare poi molto...»

Ma Hermione gli fece un cenno e indicò il castello. Silente, il Ministro e altre due persone stavano scendendo i gradini.

«È troppo tardi. E fra poco usciremo!»

 

E in effetti, qualche istante dopo, la porta sul retro della capanna di Hagrid si aprì, e Harry, Ron e Hermione uscirono con Hagrid.

Hagrid si avvicinò all’Ippogrifo: «Va tutto bene, Becco, tutto bene...»

Poi si voltò verso Harry, Ron e Hermione: «Andate. Andate.»

«Hagrid, non possiamo...»

«Diremo loro che cosa è successo veramente...»

«Non possono ucciderlo...»

«Andate! È già abbastanza brutto senza che finite tutti nei guai!»

Hermione, quella nell'orto delle zucche, gettò il Mantello dell'Invisibilità addosso a sé e a Ron.

«Andate, svelti. Non dovete sentire...»

Qualcuno bussò alla porta davanti. Il drappello d'esecuzione era arrivato. Hagrid si voltò e tornò nella capanna, lasciando socchiusa la porta sul retro. L'erba si appiattì a tratti attorno alla casupola e si udirono tre paia di piedi che si allontanavano. Harry, Ron e Hermione se n'erano andati.

 

Kaito aguzzò l’orecchio. Le voci provenienti dall’interno della capanna erano ovattate, ma ancora sufficientemente chiare.

«Dov'è la bestia?»

Hagrid mormorò: «Fuo... fuori»

Il trio si nascose mentre un volto appariva alla finestra di Hagrid e guardava Fierobecco. Poi udirono il Ministro.

«Noi... ehm... dobbiamo leggerti l'avviso di esecuzione, Hagrid. Farò in fretta. E poi tu e Macnair dovrete firmarlo. Macnair, anche lei deve ascoltare, è la procedura...»

Il volto dell’uomo chiamato Macnair sparì dalla finestra.

Kaito sussurrò a Harry: «Vai. Ora o mai più.»

Mentre il Ministro ricominciava a parlare, Harry scattò da dietro l'albero, saltò la staccionata in un balzo, atterrò nell'orto delle zucche e si avvicinò a Fierobecco.

«È stato stabilito dal Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose che l'esecuzione dell'Ippogrifo Fierobecco, d'ora in poi definito il condannato, abbia luogo il sei giugno al calar del sole...»

Kaito osservò Harry che, attento a non abbassare le palpebre, incrociò l'orgoglioso sguardo arancione di Fierobecco e s'inchinò. Non ebbe il tempo di chiedersi perché il ragazzo stesse perdendo tempo in salamelecchi che l’Ippogrifo cadde a sua volta sulle ginocchia squamose e poi si rialzò. Solo a quel punto Harry prese a trafficare con la corda che legava l’animale alla staccionata.

«...condannato a morte per decapitazione. La sentenza verrà eseguita dal boia nominato dal Comitato stesso. Walden Macnair davanti ai testimoni. Hagrid, firma qui...»

Harry tirò la corda con tutte le sue forze, ma Fierobecco aveva puntato le zampe davanti.

Una voce acuta dall’interno della casupola disse: «Be', facciamola finita. Hagrid, forse sarebbe meglio se restassi qui...»

«No, io... io voglio stare con lui... non voglio che da solo...»

Un suono di passi echeggiò dentro la capanna.

Harry iniziò a strattonare la corda attorno al collo dell'Ippogrifo, che prese a camminare, agitando le ali irritato. Erano ancora a tre metri dalla foresta, in piena vista dalla porta sul retro.

Silente esclamò di colpo: «Un momento, prego, Macnair. Deve firmare anche lei.»

I passi si arrestarono. Kaito e Hermione sospirarono di sollievo, mentre Harry tirò ancora la corda. Fierobecco fece schioccare il becco e avanzò un po' più velocemente.

Silente continuava a parlare dentro la capanna. Il ragazzo diede un altro strattone alla corda. L’Ippogrifo ruppe in un trotto riottoso. Ormai erano vicino agli alberi...

Kaito e Hermione scattarono da dietro l'albero, afferrando a loro volta la corda e tirando con Harry per costringere Fierobecco a muoversi più in fretta.

«Presto! Presto!»

Dopo un metro di faticosa tirata, i ragazzi guardarono indietro: ora era impossibile vederli da casa di Hagrid; il giardino del guardiacaccia non si vedeva più.

«Zitti, ora...»

La porta sul retro si era aperta con un tonfo. Harry, Hermione, Kaito e Fierobecco rimasero immobili; anche l'Ippogrifo sembrava in ascolto.

Silenzio... e poi...

 

«Dov'è? Dov'è la bestia?»

«Era legata laggiù! L'ho vista! Era lì!»

Silente, con una nota divertita nella voce, commentò: «Che cosa straordinaria.»

Hagrid borbottò: «Becco!»

Si udì un sibilo e il colpo di un'ascia. A quanto pareva, il boia l'aveva scagliata con rabbia contro la staccionata. E poi venne un ululato, così forte che per un attimo Kaito temette che Lupin avesse anticipato la trasformazione. Ma era solo Hagrid, che fra i singhiozzi ripeteva: «È scappato! È scappato! Benedetto il suo beccuccio, è scappato! Deve essersi liberato! Becco, bravo ragazzo!»

 

Fierobecco cominciò a tirare la corda, deciso a tornare da Hagrid. I ragazzi rafforzarono la presa puntando i piedi per terra per cercare di trattenerlo.

«Qualcuno l'ha slegato! Dobbiamo frugare il parco, la foresta...»

Silente, dalla voce, sembrava ancora più divertito: «Macnair, se Fierobecco è stato davvero portato via da qualcuno, crede che il ladro sia partito a piedi? Semmai frughi i cieli, se vuole... Hagrid, mi andrebbe una tazza di tè. O un bel bicchiere di brandy.»

Il guardiacaccia, invece, sembrava esausto dalla felicità: «Na... naturale, professore! Entri, entri...»

Passi, imprecazioni del boia, lo scattare della porta, e poi di nuovo silenzio.

 

A quel punto i tre ragazzi si concessero l’ennesimo, profondo sospiro di sollievo.

Kaito sorride: «E bravo Harry, a quanto pare hai talento come ladro... o sequestratore, dipende dai punti di vista.»

Il ragazzo gli rispose con un mezzo sorriso, per poi riassumere un’espressione preoccupata: «E adesso che si fa?»

Hermione rispose: «Dobbiamo restare qui nascosti e aspettare finché non tornano al castello. Poi aspettiamo il momento giusto per far volare Fierobecco fino alla finestra di Sirius. Mancano almeno un paio d'ore... oh... sarà difficile...»

La ragazza gettò uno sguardo nervoso oltre la propria spalla, verso il cuore della foresta. Il sole stava tramontando.

Harry decise: «Dobbiamo spostarci. Dovremo riuscire a vedere il Platano, altrimenti non sapremo che cosa succede.»

Hermione convenne: «D'accordo, ma dobbiamo fare in modo che non ci vedano, ricordatevelo...»

Kaito intervenne: «Harry, non hai più quel mantello?»

Il ragazzo scosse la testa: «No, l’ha preso Piton e temo che nella confusione sia rimasto nella Stamberga Strillante. E comunque Fierobecco non ci entrerebbe.»

«Giusto. , non ci rimane che essere particolarmente bravi a giocare a nascondino.»

Avanzarono lungo il limitare della foresta, ritornando verso il punto dove si erano Materializzati, mentre l'oscurità s'infittiva attorno a loro. Kaito era abituato ad agire nell’ombra per i suoi furti, ma dovette ammettere che anche Harry e Hermione non se la cavavano male, calcolando l’enorme Ippogrifo che erano costretti a trascinarsi dietro. Si nascosero dietro un ciuffo di alberi attraverso i quali si distingueva chiaramente il Platano.

Harry esclamò all'improvviso: «Ecco Ron!»

 

Una sagoma scura sfrecciò attraverso il prato e il suo grido echeggiò nell'aria immobile della sera.

«Vai via... vai via... Crosta, vieni qui...»

Altre due figure si materializzarono dal nulla. Harry e Hermione rincorsero Ron, che si  tuffò sul terreno.

«Preso! Vattene via, gattaccio puzzolente...»

La grossa sagoma di un cane era spuntata dalle radici del Platano. Lo videro far cadere Harry, poi afferrare Ron...

 

Harry diede una gomitata a Kaito: «Quello è Sirius

Kaito alzò un sopracciglio: «Accidenti, è davvero enorme come Animagus! E non vi sta certo trattando con i guanti di velluto...»

Il ragazzo con la cicatrice annuì, osservando il cane che spingeva Ron tra le radici: «Già... visto da qui sembra ancora peggio, vero? Ahia... guarda, l'albero mi ha appena colpito... e anche te, Hermione... è strano...»

 

Il Platano scricchiolava e assestava frustate con i rami più bassi; si videro sfrecciare da tutte le parti, nel tentativo di raggiungere il tronco. E poi l'albero si immobilizzò.

 

Il prestigiatore esclamò: «Ehi, si è fermato!»

Hermione spiegò: «Quello era Grattastinchi che ha premuto il nodo che ferma i rami.»

«Giusto! Perché non lo avete usato prima?»

«Non ne avevamo il tempo, e poi se fosse passato qualcuno e avesse notato i rami fermi...»

Harry indicò poco più in là: «E infatti... guardate!»

Qualche attimo dopo che le controparti passate di Harry e Hermione erano scomparse, sentirono dei passi vicini. Silente, Macnair, il Ministro e il vecchio dalla voce acuta risalivano verso il castello.

Hermione esclamò: «Appena dopo che siamo scesi nel passaggio! Se solo Silente fosse venuto con noi...»

Harry sospirò amaramente: «Sarebbero venuti anche Macnair e Caramell. Scommetto qualunque cosa che Caramell avrebbe ordinato a Macnair di uccidere Sirius immediatamente...»

Kaito fece una smorfia: «Questo Caramell può ordinare una cosa simile?»

Hermione spiegò: «È il Ministro della Magia. È come fosse il nostro Presidente.»

«Ah... questo spiega molte cose...»

Guardarono i quattro uomini salire le scale del castello e sparire. Per qualche minuto la scena rimase deserta.

Harry si morse un labbro: «Il Mantello... è lì per terra... Se corressi a prenderlo adesso, Piton non potrebbe mai impadronirsene e...»

Hermione ripeté per l’ennesima volta: «Harry, non dobbiamo farci vedere!»

«Come fai a sopportarlo? Come fai a star lì a guardare e basta? Vado a prendere il Mantello!»

La ragazza quasi strillò: «Harry, no

Ma Kaito lo prese per una manica: «Fermati e guarda.»

Proprio in quel momento sentirono una canzone. Era Hagrid che saliva al castello, cantando a squarciagola e barcollando un po'. Aveva con sé una grossa bottiglia.

Hermione sussurrò: «Visto? Visto che cosa sarebbe successo? Dobbiamo stare nascosti!»

Il prestigiatore guardò serio il ragazzo: «Dai ascolto all’esperta di viaggi temporali... rompe un po’, ma non ha tutti i torti...»

Ma la ragazza, invece che lamentarsi come Kaito si sarebbe aspettato, si mise a gridare: «No, Fierobecco

L'Ippogrifo stava cercando disperatamente di raggiungere Hagrid. Anche Harry e Kaito afferrarono la corda, sforzandosi di trattenere Fierobecco. Seguirono con lo sguardo il guardiacaccia che zigzagava verso il castello, un po' brillo. Fierobecco cessò di agitarsi e chinò il testone, malinconico.

Pochi minuti dopo, le porte del castello si riaprirono e Piton uscì di corsa, diretto al Platano.

Harry strinse i pugni mentre il professore si fermava vicino all'albero e gettava un'occhiata intorno. Poi Piton afferrò il Mantello e lo sollevò.

Harry sibilò sottovoce: «Giù quelle sudice mani...»

«Sst

Arrendendosi al coretto che lo zittiva, Harry assistette impotente alla scena di Piton che con un bastone premeva il nodo e spariva indossando il Mantello.

Hermione sospirò: «Ecco fatto, siamo tutti là sotto...»

Kaito ridacchiò: «Proprio tutti no... manchiamo io e Lupin... per la gioia di Piton...»

Hermione si voltò di colpo verso di lui: «Ecco, a proposito di questo, Kaito, volevo chiederti... come hai fatto a comparire dal nulla?»

Il prestigiatore le sorrise con aria furbetta: «Magia!»

La ragazza sembrò sul punto di fulminarlo sul posto con lo sguardo: «No, sul serio, non sono dell’umore di scherzare. Quale trucco di prestigio hai usato?»

«Nessun trucco, nessun inganno, pura magia! Siamo in una scuola che ce la insegna, no?»

Hermione scosse la testa sconvolta: «Ma no, no, questo non è possibile!»

«Sì, invece. È una magia che si chiama Smaterializzazione...»

«Lo so anch’io come si chiama e proprio per questo che ti dico che non è possibile! C’è scritto a chiare lettere in “Storia di Hogwarts”, è impossibile Smaterializzarsi all’interno delle mura della scuola!»

Harry provò a intervenire timidamente: «Forse era già in cortile...»

Kaito sorrise divertito: «No, no, ero in un’aula.»

Hermione era a metà fra l’incredulo e lo spazientito: «È scritto ovunque. Non. È. Possibile. Materializzarsi. O. Smaterializzarsi. Dentro. Hogwarts.»

«E a quanto pare io sono l’eccezione che conferma la regola! Ragiona un attimo, Hermione, e non basarti solo sui libri: lo sgabuzzino dal quale vi ho tirato fuori era dentro Hogwarts, no?»

E mentre la ragazza cercava di gestire il conflitto d’informazioni nel suo cervello, Harry chiese: «Ma i professori lo sanno?»

«Oh, Lupin sì, mi dà lezioni da mesi per migliorare l’atterraggio... e anche la McGranitt. Soprattutto la McGranitt. Credo che non se lo scorderà mai... e nemmeno io, a dirla tutta...»

Il prestigiatore rabbrividì al ricordo, per poi continuare: «Insomma, non so perché ci riesca quando dovrebbe essere impossibile, e non lo sanno neanche gli insegnanti, so solo che fatico sempre ad arrivare alla destinazione corretta e finisco sempre in situazioni problematiche o imbarazzanti. E dai, non fare quella faccia, Hermione! Anche i libri qualche volta sbagliano!»

La ragazza era ancora sconvolta: «Sì, ma questo è un errore madornale! Significa che volendo chiunque potrebbe entrare e uscire dalla scuola a suo piacimento!»

«Chiunque no, per ora solo io.»

«Già, per ora...»

La discussione si arenò per un bel po’ sul commento tutt’altro che ottimista di Hermione. Kaito non ci aveva mai riflettuto veramente sulle conseguenze della sua capacità: in effetti, nelle mani sbagliate poteva essere pericolosa. D’accordo, non era il massimo dell’onestà, ma non avrebbe mai fatto del male agli studenti e agli insegnanti. Se al suo posto invece ci fosse stato uno come Peter Minus...

Hermione, all’improvviso, si alzò, afferrò il capo della corda che legava Fierobecco e lo annodò con cura attorno all'albero più vicino, poi si risedette sul terreno asciutto e si abbracciò le gambe. Aveva l’aria di aver riflettuto a lungo per poter porre una domanda.

«C'è una cosa che non capisco... perché i Dissennatori non hanno preso Sirius? Ricordo che sono arrivati, e poi credo di essere svenuta... ce n'erano tanti...»

Harry e Kaito si guardarono, per poi cominciare a raccontare quello che avevano visto: come, mentre i Dissennatori più vicini si chinavano verso di loro, una grande sagoma d'argento era arrivata al galoppo attraverso il lago e aveva costretto tutti i Dissennatori alla fuga.

Hermione rimase a bocca aperta: «Ma che cos'era?»

Harry abbassò lo sguardo: «Poteva essere solo una cosa, per riuscire a mettere in fuga i Dissennatori: un vero Patronus. Uno potente.»

«Ma chi l'ha evocato? Non hai visto com'era? Era uno dei nostri insegnanti?»

Kaito rispose con sicurezza: «No, non era un insegnante.»

«Ma doveva essere un mago molto potente per far fuggire tutti quei Dissennatori... Se il Patronus brillava tanto, non era illuminato anche in faccia? Non avete visto...»

Harry rispose lentamente: «Sì, l'ho visto. Ma... forse me lo sono immaginato... ero confuso... sono svenuto subito dopo...»

La ragazza l’incalzò: «Chi credevi che fosse?»

Harry deglutì: «Credo... credo che fosse mio padre.»

Hermione lo guardava a bocca aperta con un misto di ansia e compassione.

«Harry, tuo padre è... be'... è morto.»

Il ragazzo ribatté in fretta: «Lo so.»

«Credi di aver visto il suo fantasma?»

«Non lo so... no... sembrava vero...»

«Ma allora...»

«Forse era solo una visione, ma da quello che ho visto... sembrava proprio lui... ho delle foto di lui...»

Hermione continuava a fissarlo come se fosse preoccupata per la sua salute mentale, al punto che Harry rispose in tono inespressivo: «Lo so che sembra una follia...»

«E se ti dicessi che l’ho visto anch’io?»

I due ragazzini si voltarono verso Kaito, che fino a quel momento era stato in silenzio.

Harry lo guardò incredulo: «Hai... hai visto anche tu mio padre?»

Il prestigiatore fece una smorfia: «Non saprei. Ho visto due figure dall’altra parte del lago. Non saprei dirti se una fosse tuo padre, ma sono abbastanza sicuro dell’altra.»

«E chi era?»

Kaito sospirò: «A costo di passare come mitomane... anch’io credo di aver visto mio padre.»

Harry sbarrò gli occhi, ma Hermione sembrava dubbiosa: «Non so... anche tuo padre saprebbe Smaterializzarsi fin qui?»

Il ragazzo scosse la testa: «Mio padre non era un mago. Solo un prestigiatore.»

Si voltò verso la ragazza: «Anche mio padre è morto, come quello di Harry.»

Hermione li guardò incredula: «State dicendo cose impossibili, lo sapete?»

Kaito sbottò: «E allora perché dall’altra parte del lago c’era uno con lo stesso costume di scena di mio padre, quello che indosso solo io? E non era un’allucinazione né un fantasma, ne ho le prove!»

Dalla tasca il ragazzo tirò fuori una carta. Era un asso di picche, piegato in due e stropicciato.

«Quando il Dissennatore mi stava per baciare, questa mi ha graffiato la guancia, distraendolo, giusto un attimo prima che il Patronus ci salvasse. È una carta di quelle che uso io, e che prima di me usava mio padre.»

Hermione prese la carta, incredula, e Kaito continuò: «Lo so che è assurdo, è da ore che mi ripeto che quello che credo di aver visto non poteva essere... ma allora? Qual è l’altra spiegazione?»

Nessuno di loro aveva una risposta e calò il silenzio.

Le foglie sopra le loro teste frusciarono appena nella brezza. La luna spariva e riappariva dietro le nuvole di passaggio. Hermione sedeva con il viso rivolto al Platano, in attesa, mentre Harry e Kaito sembravano persi nei loro pensieri, forse tanto simili.

E poi, alla fine, dopo più di un'ora...

«Eccoci!»

Kaito e Harry si alzarono. Fierobecco levò il capo. Videro Lupin, Kaito e Minus che uscivano barcollando dalla fessura tra le radici. Poi fu la volta di Piton, privo di sensi, che fluttuava stranamente. Poi arrivarono Black, Harry e Hermione trascinando Ron. Si misero tutti in cammino verso il castello. Da un momento all'altro la nuvola si sarebbe spostata rivelando la luna...

Hermione, come se sapesse esattamente che cosa passava per la testa dell'amico, mormorò: «Harry, dobbiamo stare tranquilli. Non dobbiamo farci vedere. Non possiamo fare niente...»

Il ragazzo sbottò: «Allora dobbiamo permettere che Minus fugga di nuovo...»

Kaito fece un sorriso rassegnato: «Come credi di riuscire a trovare un topo al buio?»

Hermione aggiunse: «Non possiamo farci niente! Siamo tornati indietro per aiutare Sirius, non dobbiamo fare altro!»

Harry a malincuore si arrese: «D'accordo!»

La luna spuntò da dietro la nuvola. Videro le piccole sagome nel prato fermarsi. Poi distinsero un movimento...

Hermione sussurrò: «Ecco Lupin. Si sta trasformando...»

Kaito sentì la bocca diventargli secca. Il ricordo di quegli attimi lo tormentava ancora, anche se sapeva di non correre alcun pericolo. In fondo se l’era cavata, si era Smaterializzato appena in tempo...

Harry esclamò all'improvviso: «Dobbiamo muoverci!»

La ragazza alzò gli occhi al cielo: «Non dobbiamo, ti ripeto...»

«No, non per intervenire! Lupin sta per correre nella foresta, dritto verso di noi!»

All’idea di ritrovarsi di nuovo davanti il prof Lupo Mannaro, le gambe di Kaito si fecero improvvisamente pesanti.

Hermione invece corse a slegare Fierobecco: «Presto, presto! Dove andremo? Dove ci nasconderemo? I Dissennatori stanno per arrivare...»

Harry prese il comando della situazione: «Da Hagrid! Ora non c'è nessuno... andiamo!»

Hermione e Harry iniziarono a correre il più veloce possibile, con Fierobecco che trottava dietro di loro. Kaito invece sembrava immobilizzato dal terrore. Non si riteneva una persona paurosa, ma il vedere una metamorfosi di un Lupo Mannaro a pochi centimetri da lui era stato probabilmente troppo anche per i nervi allenati di Kaito Kid. Il Lupo Mannaro ululò vicino, molto vicino, troppo vicino... e solo a quel punto Kaito sembrò risvegliarsi dal suo torpore e iniziò a correre con tutte le sue forze, come una preda braccata. Andò in una direzione a caso, fino a che non fu certo che Lupin non lo stesse seguendo. Solo a quel punto si diresse effettivamente verso la casupola di Hagrid, balzando all’interno da una finestra e facendo prendere un infarto a Harry e a Hermione, che lo stavano aspettando preoccupati alla porta.

«Tranquilli, ci sono!»

I due ragazzi lo guardarono visibilmente sollevati. Harry chiuse la porta col catenaccio, mentre Hermione si affrettò a grattare le orecchie di Thor per calmarlo, visto che all’intrusione di Kaito aveva iniziato ad abbaiare forte.

«Zitto, Thor, siamo noi!»

Kaito ridacchiò: «Vista la mia entrata in scena, mi avrà scambiato per un ladro...»

La ragazza sorrise: «C'è mancato poco!»

Harry guardò fuori dalla finestra: «Sì...»

Fierobecco parve molto felice di ritrovarsi in casa di Hagrid. Si sedette davanti al fuoco, ripiegò le ali con aria soddisfatta e si preparò a fare un bel sonnellino.

Harry riprese a parlare, senza staccare gli occhi dalla finestra: «Forse è meglio se esco... non vedo niente... così non riusciremo a capire quando è ora...»

Hermione lo guardò insospettita e il ragazzo, colto sul vivo, si affrettò ad aggiungere: «Non ho intenzione di fare nulla, ma se non vediamo che cosa succede, come faremo a sapere quando è ora di andare a liberare Sirius

La ragazza sembrava titubante, ma Kaito le mise una mano sulla spalla: «Vado anch’io con lui. Al primo cenno di pericolo Smaterializzo entrambi, va bene?»

«Sei sicuro di farcela? Prima...»

«Prima dovevo portare due persone, solo con una ce la faccio, tranquilla.»

«Be'... d'accordo, allora... io vi aspetto qui con Fierobecco... ma fate attenzione... là fuori c'è un Lupo Mannaro... e i Dissennatori...»

Kaito annuì e seguì Harry fuori dalla capanna.

«Stai pensando quello che sto pensando io?»

«Non lo so, Kaito, ho così tanti pensieri in questo momento...»

«Non vuoi sapere anche tu se erano davvero i nostri padri?»

Harry sospirò: «Sì, certo...»

«Questa è l’unica occasione che abbiamo per scoprirlo!»

«E se...»

Il ragazzo con la cicatrice non finì nemmeno la frase. Di cosa aveva paura? Di cambiare la storia? Della reazione di Hermione o di Silente se li avessero scoperti? O forse, se quello fosse stato davvero suo padre, di non avere poi la forza di lasciarlo andare?

«D’accordo.»

I due ragazzi iniziarono a correre verso il lago. Anche da lontano erano visibili i Dissennatori,  affioravano dall'oscurità da tutte le parti, scivolando in direzione della riva opposta del lago...

C'era un cespuglio vicinissimo all'acqua. Harry e Kaito vi si nascosero e spiarono con ansia tra le foglie.

«Se devono arrivare, saranno qui, a poca distanza da noi...»

«Senti, Kaito... non so come dirtelo... ma io tuo padre non l’ho proprio visto...»

«Normale, una figura bianca che fa da sfondo a una luce argentata di quella portata non è ben visibile, se non sai cosa guardare... ma io ho l’occhio allenato, sono i trucchi base di prestidigitazione... e conosco quel costume fin troppo bene, non posso sbagliare...»

Harry sorrise intenerito. Benché fosse più grande, Kaito si stava aggrappando a quella flebile speranza con persino più disperazione di lui.

«E poi c’è questa...»

Kaito strinse nel pugno l’asso di picche.

Harry non disse più nulla e si voltò a guardare. Sulla riva opposta vide dei minuscoli barlumi d'argento: i loro tentativi di Patronus...

Kaito si morse un labbro, con la tensione al massimo. Stava diventando dura mantenere la faccia da poker, ma doveva fare uno sforzo: se davvero si fosse trovato davanti suo padre, che figura avrebbe fatto altrimenti?

Sull'altra riva i barlumi d'argento si spensero all'improvviso.

«Ci siamo...»

I due ragazzi si guardarono intorno, all’erta, ma non venne nessuno. Eppure i Dissennatori dall'altra parte del lago si stavano abbassando il cappuccio...

Harry e Kaito si guardarono sconvolti e spaventati. Cosa sarebbe accaduto se nessuno...

E poi tutto fu chiaro a entrambi.

Kaito estrasse la pistola spara carte e mirò dritto verso il se stesso dall’altra parte del lago, mentre Harry uscì dal nascondiglio impugnando la bacchetta.

«Cosa aspetti?»

«Un attimo, mi manca qualcosa...»

Dal cespuglio uscì una familiare figura bianca, con mantello, monocolo e cilindro.

«Senza questo l’inganno non riesce.»

Poi, senza aggiungere altro, entrambi lanciarono con sicurezza l’incantesimo. Erano certi di poterci riuscire. L’avevano già fatto.

«EXPECTO PATRONUM

E dalla punta delle bacchette esplosero non nuvole di vapore informe, ma due accecanti, abbaglianti animali d'argento, uno di grandi dimensioni e uno decisamente più piccolo. Corsero lontani da loro, quasi al galoppo, attraverso la superficie nera del lago; li videro abbassare il capo e caricare i Dissennatori che sciamavano... ora inseguivano le ombre nere sul terreno, e i Dissennatori cadevano all'indietro, si disperdevano, si ritiravano nell'oscurità... erano spariti.

Kaito sospirò: «Fatto.»

I Patroni tornarono indietro verso di loro, sulla superficie immobile dell'acqua. Quello di Harry era sicuramente il più visibile, un cervo con il capo sormontato da grandi corna; quello di Kaito era molto più piccolo, ma non meno luminoso e potente. Era un camaleonte. Il ragazzo sorrise, quasi scoppiò in una risata. E quale animale migliore per lui, che aveva fatto del camuffamento e della mimetizzazione un’arte? Si chinò per accarezzarlo, ma questo, dopo aver tirato fuori quasi beffardamente la lingua, scomparve.

Il prestigiatore si voltò verso Harry, che aveva ancora la mano tesa verso il nulla e gli occhi lucidi: «Ramoso.»

Kaito sorrise, intenerito. Almeno uno dei due, in un certo senso, era riuscito a rivedere il proprio padre.

Un rumore alle loro spalle li obbligò a voltarsi: Hermione stava correndo verso di loro, trascinando Fierobecco.

«Che cos'avete fatto? Avevi detto che guardavi e basta! E tu, Kaito, non dovevi fermarlo?»

Harry sospirò: «Abbiamo appena salvato la vita a tutti noi...»

La ragazza li guardò sconvolti e Kaito le tirò gentilmente un braccio: «Mettiamoci lì, dietro quel cespuglio... adesso ti spieghiamo.»

Hermione ascoltò il racconto ancora una volta a bocca aperta. Il prestigiatore si chiese se prima della fine di quella storia a quella ragazza sarebbe venuta una paresi facciale.

«Ma vi ha visto qualcuno?»

Kaito sorrise: «Ma certo!»

Harry intervenne subito alla faccia inorridita di Hermione: «Ci siamo visti noi, scambiandoci per i nostri padri! Va tutto bene!»

«Non ci posso credere... avete evocato dei Patroni che hanno cacciato via tutti quei Dissennatori! Questa è magia molto, molto avanzata...»

Harry sorrise: «Questa volta sapevo che potevo farcela, perché l'avevo già fatto... Ha senso tutto questo?»

«Non so...»

Nel frattempo Kaito aveva smontato la sua pistola spara carte. Sorrise. La prossima carta ad essere sparata sarebbe stata un due di picche... e lui sapeva bene che fine aveva fatto l’asso...

La voce di Hermione attirò la sua attenzione: «Guardate Piton!»

Rimontando distrattamente l’arma, Kaito si unì agli altri nel spiare oltre il cespuglio, verso l'altra riva. Piton era tornato in sé. Aveva fatto apparire delle barelle e vi sistemava i corpi inanimati di Harry, Hermione e Black. Per un attimo fissò perplesso il corpo di Kaito, poi fece comparire una barella anche per lui, mentre una quinta, senza dubbio quella di Ron, fluttuava già al suo fianco. Poi, con la bacchetta tesa davanti a sé, le fece partire a mezz'aria in direzione del castello.

Hermione guardò tesa l'orologio: «Va bene, è quasi ora. Ci restano circa quarantacinque minuti prima che Silente chiuda la porta dell'infermeria. Dobbiamo salvare Sirius e rientrare prima che qualcuno si accorga che non ci siamo...»

Attesero, osservando le nuvole in viaggio riflesse nel lago, mentre il cespuglio accanto a loro sussurrava al vento. Fierobecco, annoiato, aveva ripreso a cercare vermi. Kaito guardò per un attimo il suo costume e la luna, poi sorrise. Anche questa volta aveva tenuto fede al suo titolo di “Ladro della luna piena”.

Harry chiese improvvisamente: «Credete che sia già lassù?»

Guardò verso il castello e prese a contare le finestre sulla destra della Torre Ovest.

Kaito lo distrasse quasi subito: «Qualcuno sta tornando indietro...»

L'uomo correva sul prato, verso uno degli ingressi. Qualcosa di lucente brillava alla sua cintura.

Harry esclamò: «Macnair! Il boia! Sta andando a chiamare i Dissennatori! Forza, dobbiamo andare...»

Harry e Kaito salirono sulla groppa di Fierobecco, aiutando Hermione a issarsi a sua volta. Harry, che era davanti, prese la corda che penzolava dal collo dell'animale e la legò dall'altra parte del collare, ottenendo un paio di redini.

«Pronti? Reggetevi forte!»

Sferrò un colpo di talloni nei fianchi di Fierobecco.

L'animale si levò dritto nel buio. Harry gli strinse i fianchi con le ginocchia, mentre le grandi ali si spalancavano potenti. Hermione, nonostante le rassicurazioni di Kaito alle sue spalle, si teneva molto stretta alla vita di Harry e sussurrava: «Oh, no... non mi piace... davvero, non mi piace...»

Harry incitò Fierobecco. Volarono lentamente verso i piani alti del castello... il ragazzo diede uno strattone alla corda, verso sinistra, e l’Ippogrifo piegò da quella parte.

Kaito intanto contava le finestre, fino a gridare al guidatore: «Ci siamo!»

Harry tirò le redini più che poté: «Whoa

Fierobecco rallentò e si ritrovarono immobili, a parte il fatto che continuavano ad andare su e giù mentre l'Ippogrifo agitava le ali per rimanere sospeso a mezz'aria.

«Eccolo!»

Kaito si tese in avanti e, quando le ali di Fierobecco si abbassarono, ne approfittò per bussare forte sul vetro. Black alzò gli occhi e rimase sbalordito. Balzò dalla sedia, corse alla finestra e cercò di aprirla, ma era bloccata. Kaito armeggiò in tasca per cercare i ferri del mestiere, ma fu preceduto da Hermione che, armata di bacchetta magica e reggendosi con la mano sinistra agli abiti di Harry, gridò: «Stai indietro! Alohomora!»

La finestra si spalancò e Black li guardò sconvolti: «Come... come...?»

Harry afferrò il collo sottile di Fierobecco per farlo star fermo: «Sali, non abbiamo molto tempo, devi andartene di qui. Stanno arrivando i Dissennatori. Macnair è andato a chiamarli.»

«Non posso, questa bestia non reggerà il peso di quattro persone!»

Kaito allargò il mantello: «Ti lascio il posto io, Sirius, ma ora muoviti!»

«E tu?»

«Sali! Io ho i miei mezzi!»

Il prestigiatore si buttò allargando il deltaplano, mentre Black si puntellava con le mani ai lati della finestra e si spingeva fuori. In un attimo riuscì a lanciare una gamba oltre il dorso di Fierobecco e a salire sull'Ippogrifo, dietro Hermione.

Harry agitò la corda: «Vai, Fierobecco, su, su alla torre... dài

Un solo battito delle ali possenti dell'Ippogrifo ed eccoli di nuovo in volo, all'altezza della cima della Torre Ovest. Kaito dovette fare attenzione che lo spostamento d’aria non lo sbilanciasse, ma alla fine riuscì ad atterrare insieme a Fierobecco. Harry e Hermione scivolarono immediatamente giù dal suo dorso.

Harry disse ansimando: «Sirius, è meglio se vai, presto. Saranno nello studio di Vitious da un momento all'altro e scopriranno la tua fuga.»

Fierobecco raspò le pietre con la zampa, agitando la testa.

Sirius chiese concitato: «Che cosa è successo all'altro ragazzo, Ron?»

Kaito tagliò corto: «Te lo spiego mentre siamo in volo, ora andiamo!»

«Siamo?»

«Ti accompagno per un pezzo, finché siamo sicuri che tu sia in salvo, poi torno!»

Hermione lo guardò preoccupata: «Ma l’ora...»

«Ce la farò! Andiamo, forza!»

Ma Black continuava a guardare Harry: «Non potrò mai ringraziarti...»

Harry e Hermione urlarono insieme: «VAI!»

Black fece voltare Fierobecco verso il cielo aperto e Kaito si mise sul bordo della torre.

«Ci rivedremo. Sei... davvero il figlio di tuo padre, Harry...»

Sirius colpì i fianchi di Fierobecco con i talloni; Harry e Hermione fecero un balzo indietro mentre le enormi ali si dispiegavano di nuovo e Kaito si gettava nel vuoto.

Alle loro spalle il castello e i loro occupanti si fecero sempre più piccoli.

Kaito sospirò: «Per quanto riguarda Ron, si rimetterà presto... è ancora privo di sensi, ma Madama Chips dice che lo farà star meglio.»

«Ne sono felice, è un bravo ragazzo e un buon amico di Harry, non volevo che ci finisse di mezzo.»

Seguì un attimo d’imbarazzato silenzio, poi Black ridacchiò: «Ma tu ti vesti sempre in modo così appariscente?»

«Solo se necessario.»

L’uomo si voltò a guardarlo: «Sei un ragazzo coraggioso... rimani vicino a Harry, per favore.»

«Lo farò.»

Sirius fece un cenno di ringraziamento con la testa: «Vedrai che un giorno o l’altro saprò sdebitarmi. Ora vai, torna indietro o finirai ancora più nei guai! Da qui in poi me la cavo da solo.»

Kaito annuì e si voltò indietro, allontanandosi: «Buona fortuna, Sirius

L’uomo guardò la figura bianca sparire inghiottita dalla notte: «Buona fortuna, Kuroba.»

 

Kaito guardò l’orologio: «Accidenti, tre minuti! Devo muovermi!»

Il ragazzo si lasciò sfuggire per un attimo un’espressione divertita. Gli ricordava quella volta che aveva dovuto tornare da Aoko prima della fine di un film, altrimenti lei avrebbe scoperto la sua seconda identità. Anche lì aveva dovuto contare i secondi. Solo che questa volta la posta in gioco era molto più alta.

Il castello si stava avvicinando ogni secondo di più. Per fortuna il vento era a suo favore, ma anche così non avrebbe fatto in tempo ad atterrare sul tetto e a correre per i corridoi per raggiungere l’infermeria. Era rischioso, ma non vedeva altra scelta, doveva tentare un’altra Smaterializzazione. In ogni caso, doveva atterrare.

 

«Uffa, ma quanto ci mette Kaito?»

Fred si affacciò alla finestra: «Saranno passate almeno due ore da quando è sparito con Lupin... che staranno facendo?»

«Una cosa molto lunga, poco ma sicuro...»

Sheridan sospirò: «Spero solo che stiano tutti bene, Lupin sembrava preoccupato... e ha parlato anche di Harry, Ron ed Hermione...»

George ridacchiò: «Però dai, avete visto che roba la Smaterializzazione di Kaito?»

Il gemello sorrise: «Già, fantastica! Una cosa è sapere che può farlo, un’altra cosa è vederlo!»

Il ragazzo si sfregò le mani: «Te lo immagini cosa potremmo fare una volta che l’avrà perfezionata?»

«Oh sì...»

Sheridan rise e Fred tornò a guardare fuori. C’era una bella luna piena... e una figura scura che si avvicinava a tutta velocità.

«Accidenti... qualcuno deve aver fatto qualche errore di Trasfigurazione con una cornacchia... ce n’è una enorme qua fuori che... ci sta venendo... addosso...»

George si avvicinò: «Eh? Ma sei daltonico? Non è una cornacchia... è bianca! Al massimo è un colombo!»

«Sbaglio o invece di starnazzare parla?»

Sheridan alzò gli occhi al cielo: «Seee, cos’è adesso, Batman bianco?»

«No, Fred, sembra anche a me. Dice qualcosa come...»

«...”tagliatevi...”»

«”... Dalì...”»

I due gemelli si guardarono perplessi: «”Tagliatevi da lì”?»

Sheridan li afferrò per le divise e li tirò indietro: «VIA!!!»

In un secondo ci fu un piccolo inferno: una pioggia di vetri cadde sui Malandrini, che si coprirono le teste con le braccia. Un’ombra bianca atterrò malamente all’interno buttando giù una parte della mobilia e facendo un gran fracasso.

Fred alzò la testa titubante. Di fronte a lui c’era, circondato dalla più completa devastazione, una figura bianca vestita con mantello e cilindro. Non fece in tempo a chiedersi chi fosse che questa si voltò e urlò loro in faccia: «MA SIETE IDIOTI? IN CHE LINGUA VE LO DOVEVO DIRE DI SPOSTARVI??? VI POTEVO AMMAZZARE, NON HO MICA I FRENI!!!»

Sheridan fissò sconvolta il ragazzo con il monocolo: «Kaito?»

Il ragazzo si tolse il cilindro e cercò di spazzolarsi via un po’ di vetri: «No, guarda, sono il Mago Merlino di ritorno dalle Hawaii... pensavo foste tornati al Dormitorio a quest’ora e che quest’aula fosse libera!»

La ragazza gli rispose: «Eri sparito nel nulla, ti abbiamo aspettato! E poi, questo costume...»

Kaito le mise il cilindro in mano e guardò l’orologio: «È tardissimo, non ce la farò mai! Sentite...»

Fece una giravolta su se stesso avvolgendosi nel mantello e in un attimo riebbe addosso la sua classica divisa scolastica: «... dopo vi spiego tutto! Aggiustate qua e andate a dormire, va bene? Poi vi spiego!»

«Ma...»

«POI. VI. SPIEGO!»

Un’altra giravolta e il ragazzo svanì.

I Malandrini rimasti si guardarono intorno smarriti, Sheridan ancora con il cappello in mano.

«Qualcuno di voi ci ha capito qualcosa?»

Sheridan sospirò, soppesando il copricapo: «Sì, che mi servirà il cappello di Topolino, una ventina di scope e una musica a tema...»

 

Kaito imprecò mentalmente. Sapeva che i suoi amici erano fedeli, ma davvero non avrebbe voluto farsi vedere nei panni di Kid. Non ancora, almeno. Ma non era riuscito a calibrare bene l’atterraggio e ormai il danno era fatto. Ora, per evitare di mandare a monte tutto il lavoro di quella sera, doveva riuscire a Materializzarsi in infermeria...

 

Silente chiuse la porta per la seconda volta, preoccupato. Un improvviso frastuono lo fece voltare: Kaito era comparso improvvisamente sopra un’armatura vicino all’infermeria, smontandola completamente.

Il ragazzo imprecò nella sua lingua natale: «Ma non è possibile! Ogni volta devo finire addosso a qualcuno?»

Il preside sorrise e con un colpo di bacchetta rimise in piedi il ragazzo e rimontò l’armatura: «Bentornato, Kaito. Iniziavamo ad essere preoccupati per te.»

«Grazie, anch’io iniziavo ad essere preoccupato per me.»

Silente s’indicò un occhio: «Hai dimenticato un pezzo.»

Il ragazzo si passò una mano sul viso e si accorse del monocolo: «Ops! La fretta...»

«Comprensibile. Ora entra, ti stanno aspettando.»

Kaito fece un paio di passi, poi fissò il preside negli occhi, serio: «Però da lei non me lo sarei aspettato.»

«Cosa?»

«Mandare tre ragazzini a fare il lavoro sporco al posto suo...»

Silente sorrise divertito: «Ma io non ho mandato tre ragazzini a fare il lavoro sporco.»

Kaito alzò un sopracciglio: «Ah no?»

«Io ho mandato due ragazzini e un ladro professionista esperto in evasioni

Il prestigiatore sospirò: «A parte che non mi hanno mai catturato... lei sa sempre rigirare la frittata a suo favore, vero?»

Silente aprì la porta: «Mi stanno aspettando, ora. Ne riparleremo.»

«Seee, come no...»

Il ragazzo entrò nella stanza, mentre la porta si chiudeva alle sue spalle.

«Kaito!»

Il prestigiatore sorrise ai suoi due compagni d’avventura mentre riprendeva il suo posto: «Tranquilli, va tutto bene.»

Harry sorrise, ma non poté dire molto di più perché in quel momento Madama Chips uscì a grandi passi dal suo ufficio.

«È uscito il Preside? Ora posso occuparmi dei miei pazienti?»

Era di pessimo umore. Harry, Hermione e Kaito pensarono bene di prendere il loro cioccolato senza opporsi. Madama Chips li sorvegliò per assicurarsi che lo mangiassero. Kaito esibì la sua faccia da poker, ma la tensione era nell’aria. Attesero, le orecchie tese, i nervi a fior di pelle... e poi, mentre tutti e tre prendevano il quarto pezzo di cioccolato, sentirono un lontano ruggito di rabbia echeggiare da un punto sopra di loro...

Madama Chips chiese allarmata: «Che cos'era?»

Risuonarono scoppi di voci irate, sempre più forti. Madama Chips fissò la porta.

«Ma insomma... sveglieranno tutti! Che cosa credono di fare?»

Le voci erano sempre più vicine, ormai si potevano distinguere le parole.

«Dev'essersi Smaterializzato, Severus, avremmo dovuto lasciare qualcuno di guardia nella stanza... quando si saprà...»

«NON SI È SMATERIALIZZATO! NON CI SI PUÒ MATERIALIZZARE O SMATERIALIZZARE IN QUESTO CASTELLO!»

Kaito sentì su di sé un paio di occhiate divertite, ma le ignorò e continuò a concentrarsi sullo sfogo di Piton.

«SONO - SICURO - CHE - C'ENTRA - POTTER!»

«Severus... sii ragionevole... Harry era sotto chiave...»

La porta dell'infermeria si aprì di colpo con un gran botto.

Caramell, Piton e Silente entrarono nella corsia. Solo il Preside sembrava tranquillo, anzi, sembrava che si stesse divertendo. Caramell pareva arrabbiato, ma Piton era fuori di sé.

«SPUTA IL ROSPO, POTTER! CHE COS'HAI FATTO?»

Madama Chips strillò: «Professor Piton! Si controlli!»

Caramell disse: «Andiamo, Piton, sia ragionevole... questa porta era chiusa a chiave, abbiamo appena visto...»

Il professore aveva la faccia deformata dalla rabbia e sputacchiava saliva dappertutto: «L'HANNO AIUTATO A FUGGIRE, LO SO!»

Il Ministro abbaiò: «Si calmi, amico! Sta dicendo delle sciocchezze!»

«LEI NON CONOSCE POTTER! È STATO LUI. LO SO CHE È STATO LUI...»

Silente disse con calma: «Basta così, Severus! Pensa a quello che dici. Questa porta è chiusa da quando sono uscito dall'infermeria, dieci minuti fa. Madama Chips, questi ragazzi si sono allontanati dai loro letti?»

L’infermiera esclamò incollerita: «Ma certo che no! Sono rimasta con loro da quando lei se n'è andato!»

«Visto, Severus? A meno che tu non stia insinuando che Harry e Hermione possono trovarsi in due luoghi diversi nello stesso momento, temo che sia assolutamente inutile turbarli più di cosi.»

Piton rimase lì, furibondo, lo sguardo che correva da Caramell, profondamente turbato dal suo comportamento, a Silente, i cui occhi scintillavano dietro gli occhiali. Il professore si voltò di scatto, con il mantello che frusciava alle sue spalle, e uscì rapido dall'infermeria.

Caramell commentò guardando nella sua direzione: «Il ragazzo sembra piuttosto instabile. Se fossi in lei, Silente, ci starei attento.»

«Oh, non è instabile. Ha solo subito una notevole delusione.»

Il Ministro sbuffò: «Non è il solo! La Gazzetta del Profeta avrà di che sbizzarrirsi! Avevamo Black sotto chiave e ci è scivolato fra le dita un'altra volta! Ora ci manca solo che trapeli la storia della fuga di quell'Ippogrifo e sarò lo zimbello di tutti! Be'... meglio che vada a informare il Ministero...»

«E i Dissennatori? Saranno allontanati dalla scuola, mi auguro...»

Caramell si passò distrattamente le dita fra i capelli: «Oh, sì, dovranno andarsene. Non avrei mai immaginato che avrebbero cercato di somministrare il Bacio a dei ragazzi innocenti... del tutto incontrollabili... no, li farò rispedire ad Azkaban questa notte stessa... forse dovremmo pensare a qualche drago per l'ingresso della scuola...»

Silente sorrise a Harry, Hermione e Kaito: «Hagrid lo apprezzerebbe di sicuro.»

Mentre lui e Caramell uscivano dall'infermeria, Madama Chips corse alla porta e la chiuse di nuovo a chiave. Borbottando furiosa fra sé, tornò nel suo ufficio.

Kaito fece un occhiolino: «Visto? Piton era talmente concentrato su di te, Harry, che si è completamente dimenticato della presenza mia e di Hermione!»

Harry fece per rispondere, ma dall'altro capo della corsia si levò un debole gemito. Ron si era svegliato. Lo videro alzarsi a sedere, massaggiarsi la testa e guardarsi intorno.

«Cosa... cosa è successo? Harry... perché siamo qui? Dov'è Black? Che cosa succede?»

Harry Hermione e Kaito si scambiarono un'occhiata. Il prestigiatore si accomodò e Harry prese un altro po' di cioccolato.

«Spiega tu, Hermione. Sei più brava in queste cose.»

 

E rieccoci qua! Spero proprio che anche questa vicenda vi sia piaciuta, questo capitolo era piuttosto impegnativo. Adesso avete capito perché, nello scorso capitolo, “non poteva”? Questa volta mi sono divertita a mettere un po’ di citazioni qua e là, facili facili… divertitevi a scoprirle!

Ne approfitto per ringraziare le molte persone che questa volta hanno commentato, davvero grazie: KING KURAMA, Lunaby, Giorgia_Weasley, mergana, Tsuki no Sasuke e darkroxas92.

Prossimo capitolo? Di tutto e di più! La fine del libro e le vacanze di Kaito… che non saranno leggere neanche questa volta!

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 29
*** Costantemente in bilico fra trucchi e segreti ***


Costantemente in bilico tra trucchi e segreti

 

Quando Harry, Ron, Hermione e Kaito uscirono dall'infermeria la mattina dopo a mezzogiorno, trovarono il castello semideserto. Grazie alla calura opprimente e alla fine degli esami molti si stavano godendo un'altra visita a Hogsmeade.

Kaito si staccò dal resto del gruppo, che probabilmente andò a farsi una passeggiata, e rifletté se tornare da Sheridan a tranquillizzarla e a riprendersi il cilindro. Tuttavia, a metà strada, fece dietrofront e si diresse verso l’ufficio di Lupin. Il professore doveva ancora spiegargli un paio di cose.

La porta dello studio di Lupin era aperta. L'acquario vuoto dell'Avvincino era vicino alla sua vecchia valigia consunta, che era aperta e quasi colma e l’uomo ci stava giusto aggiungendo le ultime cose.

«E così ci lascia, eh?»

Il professore sobbalzò sorpreso, poi sorrise: «Temo di sì, Kaito.»

Il prestigiatore sospirò: «Non che non me lo aspettassi, dopotutto Piton si è lasciato sfuggire Sirius, su qualcuno doveva pur prendersela...»

«Già, serviva un capro espiatorio... anzi, un lupo espiatorio...»

Kaito fece una smorfia: «Mi dispiace molto. Mi stavo affezionando a lei, dopo tutte le serate passate in sua compagnia.»

«Dispiace anche a me. Hogwarts è sempre stata la mia casa, il posto in cui mi sia sentito più sicuro e accolto. È stata una grande gioia tornarci ed è un grande dolore andarmene nuovamente.»

«Mi creda, la maggior parte degli studenti la rimpiangerà, una volta sbollita la sorpresa.»

Lupin sorrise tristemente: «Ormai non sono più un tuo insegnante, Kaito... dammi del tu. E per quanto riguarda quello che hai detto, non ne sono così convinto... già mi sorprende che tu sia venuto a salutarmi, dopo quello che è successo ieri notte...»

Kaito ridacchiò: «Mentirei se dicessi che nel momento in cui si è trasformato non abbia avuto paura... ero pure ammanettato! Mi sono Smaterializzato dallo spavento, addirittura, ma non basta una cosa così piccola per dimenticarmi quello che ha... pardon, che hai fatto per me.»

«Sei stato bravo a Smaterializzarti, stanotte, davvero. Ma mi devi promettere che non lo farai più senza qualcuno che ti controlli. Non sei ancora così abile, lo sai anche tu... se ti fai prendere da un momento di nostalgia, potresti ritrovarti in Giappone senza neanche accorgertene.»

«Uhm... non ci avevo pensato ma potrebbe essere interessante... con un po’ di allenamento mi risparmierei un bel po’ di soldi di trasporto aereo...»

Lupin sorrise divertito: «E non approfittatene troppo per combinare scherzi, tu, Sheridan e i gemelli! Va bene che siete i nostri eredi, ma...»

Kaito lo guardò sorpresissimo: «Ma... come...»

«Credi che non vi abbia visto complottare più di una volta? So riconoscere molto bene uno sguardo... malandrino...»

Kaito rise e il professore si appoggiò alla scrivania per scrivere qualcosa su un pezzo di pergamena: «A questo proposito... tieni, questo è il mio indirizzo. Potrebbe servirti per contattare Lunastorta o, con un po’ di fortuna, forse anche Felpato...»

Lo sguardo del ragazzo s’illuminò: «Grazie, professore!»

Lupin lo guardò malinconico: «Dovere, Kaito... penso che tra un po’ ne avrai bisogno...»

«Eh?»

Ma il professore non rispose, riprendendo a ritirare le sue cose: «Devo darmi una mossa, tra poco arriverà la carrozza e io sono ancora in alto mare...»

«Vuoi una mano?»

«So che ne saresti capace, ma preferisco fare da solo, così saprò ritrovare tutti i pezzi...»

«Capisco... allora... arrivederci, professore!»

«A presto, Kaito!»

Il ragazzo si avviò verso la porta, poi si fermò sulla porta: «Ah, e stai attento a Harry! Appena saprà la notizia penso che si precipiterà qui tutto agitato!»

Con la tranquillità che spesso lo caratterizzava, Lupin indicò sulla scrivania un pezzo di pergamena consunta: «Lo so, lo sto tenendo d’occhio.»

Kaito si limitò a sorridere ed uscì.

 

Il treno sferragliava veloce, diretto verso la stazione di King Cross. Kaito, approfittando proprio di quel rumore, aveva appena finito di svelare il suo segreto ai suoi compagni di malandrinate e ora giocherellava con il suo cilindro, appena restituitogli da Sheridan, estraendoci fazzoletti, carte e quant’altro per dare loro il tempo di elaborare la notizia.

«Quindi tu... sei un ladro?»

«Sì.»

Fred chiese: «Quindi, tutti quei trucchi...»

«In gran parte sono davvero trucchi da prestigiatori. Anche loro, a volte, devono saper scassinare serrature per poter dimostrare di poter uscire da trappole apparentemente impossibili... qualcosina l’ho dovuto imparare apposta, ma ben poco, in realtà.»

Sheridan cercò di riepilogare: «Dunque... usi il nome e i trucchi di tuo padre per rubare e attirare in trappola i suoi assassini, giusto?»

«Esatto, infatti non mi sono mai tenuto nulla per me... faccio colpi scenografici e prendo in giro la polizia solo per attirare l’attenzione, poi restituisco tutto ed è come se nulla fosse successo... a parte le scenate dell’ispettore Nakamori, quelle sono grandiose! Tengo tutti gli articoli con le sue foto dopo le mie esibizioni, adoro quell’aria infuriata...»

I Malandrini non dissero altro e Kaito sospirò: «Non è stato semplice per me rivelarvi tutto questo, ma ora sono costretto a chiedere la vostra discrezione, come la chiedeste a me quando mi mostraste la Mappa. Sul nome di Kaito Kid pende un mandato di cattura internazionale, potrebbero arrestarmi anche qui... forse i miei metodi non sono molto ortodossi, d’accordo, ma...»

«Ma stai scherzando?»

Kaito guardò i gemelli un po’ perplesso: «Eh?»

«È grandioso! Una storia fantastica!»

«Non siete... sconvolti/spaventati/inorriditi?»

«E di cosa? Ti sembriamo i tipi che si fanno problemi per qualche regola infranta?»

«E poi non fai del male a nessuno, no?»

«Anzi, ci fai tirare un sospiro di sollievo, credevamo che tutti i Babbani fossero così...»

Kaito li guardò con un sopracciglio alzato: «... così...?»

«... estrosi, ecco!»

«Vabbè, prendiamola per buona... e tu, Sheridan? Non hai ancora aperto bocca...»

La ragazza fece una smorfia: «Se ti aspetti che anche io mi metta a fare i salti di gioia come questi due sei fuori strada.»

«Veramente non mi aspettavo proprio i salti di gioia...»

«Parliamoci chiaramente, non mi piace il fatto che ci hai mentito per anni. Soprattutto le balle di qualche mese fa, caro il mio “ladro ragazzino”.»

«Ehm...»

Sheridan sospirò: «Massì, in fondo non sono cose che mi riguardano veramente... e ti concedo che il motivo è buono. Per cui va bene, terrò il segreto, ma non aspettarmi fra le fila delle tue fan girl.»

Kaito le sorrise: «Grazie.»

La ragazza alzò l’indice: «Ah-ah! Pensi che tutto questo sia senza prezzo? Ragazzo mio, mi conosci molto poco...»

Il prestigiatore sorrise: «Se mi chiedi di rubarti qualcosa sei la peggiore ipocrita della storia!»

«Niente furti... ma non sarà totalmente gratis...»

«E dai, basta suspense! Spara il tuo prezzo!»

Il sorriso furbetto di Sheridan di risposta fece venire un brivido a Kaito. Cosa aveva in mente quella Malandrina?

 

«Uao

Kaito alzò gli occhi al cielo ridacchiando nel vedere la reazione della ragazza. C’era voluta un po’ di organizzazione per accontentare la sua richiesta, ma dopo poco più di un mese ce l’aveva fatta.

Tossicchiando come un disperato, anche George uscì dal camino: «Mamma mia che fuliggine! Ma da quand’è che non lo puliscono?»

Akako, con un inglese non perfetto, ma ben supportato da occhiatacce più che eloquenti, rispose: «Da un mese, e non l’ho mai usato per robaccia come la Polvere Volante...»

Fred sussurrò a Kaito: «Simpatia portami via... però è davvero bellissima...»

Kaito gli diede una gomitata: «Non farti fregare, è una qualche sorta d’incantesimo che non ho mai capito bene...»

Il prestigiatore tossicchiò per attirare l’attenzione e alzò un braccio: «Signori, signora, benvenuti nella Terra del Sol Levante! Vi aspettano due giorni di esplorazione di Tokyo.»

I ragazzi si fecero accompagnare fuori e Kaito ne approfittò per fare un occhiolino ad Akako: «Grazie, a casa mia non c’è il camino.»

La ragazza sospirò: «Con il viaggio di ritorno dei tuoi amici siamo pari per quel pasticcio di Natale. Poi tornerà tutto come prima.»

«Terrò presente.»

 

Fred e George avevano sul volto un’identica espressione a dir poco stupefatta, con gli occhi sbarratissimi e pieni di meraviglia. Kaito rise. Per loro era già strana l’idea di fare una gita come dei comuni babbani, figuriamoci dall’altra parte del mondo! Non che Sheridan fosse da meno, dopotutto il viaggio l’aveva proposto lei.

Il prestigiatore sospirò divertito. A volte quando tornava a casa pensava che i mesi passati a Hogwarts non fossero altro che uno strano sogno, e in generale le sue due vite, quella babbana e quella magica, erano sempre talmente separate di netto che il camminare per Tokyo con i Malandrini non poteva che sembrargli qualcosa di irreale.

«Bene, eccoci arrivati. Benvenuti nella mia modesta dimora.»

Fred inclinò la testa perplesso: «Non è molto diversa da quella di Harry... sono fatte tutte così le case babbane

Sheridan sorrise e si affrettò ad aggiungere: «È una villetta molto carina.»

Kaito aprì la porta di casa: «Grazie! Venite, vi presento mia madre, poi potete lasciare qui le vostre cose e mangiare qualcosa. So per esperienza che i viaggi intercontinentali mettono fame!»

Timidamente il trio seguì il padrone di casa per il corridoio, fino a giungere in una spaziosa sala da pranzo già apparecchiata, dove trovarono una bella signora ben truccata e vestita elegantemente, con un grembiule cinto in vita, che li accolse con un inglese all’altezza di quello ben allenato di Kaito.

«Benvenuti in Giappone! Sono felice di conoscere gli amici di mio figlio!»

Kaito li presentò uno per uno: «Questi sono Fred e George Weasley e sono qualche anno più avanti di me anche se siamo nella stessa Casa; Sheridan Pumpkin invece è in classe con me.»

La donna fece un leggero inchino: «Piacere di conoscervi, chiamatemi pure Chikage. Prego, lasciate pure qui le borse e sedetevi a tavola, è quasi ora di pranzo!»

Fred alzò un sopracciglio: «Davvero? Io avevo appena fatto cena...»

Kaito rise: «Problemi del fuso orario!»

Gli ospiti si accomodarono, mentre George invece guardò perplesso la tavolata: «Certo che voi giapponesi usate degli stuzzicadenti davvero grossi...»

«Eh? Quali stuzzicadenti?»

George indicò a fianco del suo piatto e il ragazzo scoppiò a ridere fino quasi a diventare paonazzo: «Quelli non sono stuzzicadenti! Quelle sono bacchette e sono le nostre posate!»

George le prese in mano una coppia di bacchette e iniziò a guardarle da tutte le angolazioni: «Uh, dev’essere una di quelle cose babbane che piacciono tanto a papà, dobbiamo portargliene una altrimenti ci fa una testa così quando torniamo! Dov’è il pulsante per far uscire la forchetta?»

A quell’uscita Kaito collassò sul tavolo dal ridere, mentre Sheridan si limitò a sbattersi una mano sulla fronte.

«Che c’è? Che ho detto di sbagliato stavolta? I babbani fanno tutto con i pulsanti!»

Il padrone di casa riuscì a riprendere abbastanza fiato da urlare a sua madre: «Per favore, porta delle posate occidentali! Loro non sanno usare le bacchette!»

La donna tornò poco dopo imbarazzata: «Scusate, forza dell’abitudine...»

Dopo aver risolto il problema e ammirato l’abilità tipica dei giapponesi nel mangiare con due bacchette di legno, i commensali si servirono di takoyaki in abbondanza chiacchierando amabilmente di quel che avrebbero fatto in quei giorni.

Kaito indicò le borse dei gemelli: «A proposito... non per sfiducia, ma potrei vedere quali vestiti vi siete portati?»

Sheridan lo tranquillizzò: «Prima di venire qua sono andata da loro e ho controllato personalmente il loro guardaroba. In quelle borse non c’è nulla d’imbarazzante dal punto di vista babbano, al massimo saranno un pugno in un occhio per l’accostamento cromatico, ma direi che è il meno...»

Fred sorrise e tirò fuori delle banconote: «Ehi, ci siamo preparati! Abbiamo persino i soldi babbani

Kaito sollevò un sopracciglio: «Quelle sono sterline.»

Fred annuì: «Appunto, soldi babbani

Sheridan sospirò: «Colpa mia, a quello non avevo pensato...»

Il prestigiatore cercò di spiegare ai gemelli: «Le persone non magiche hanno soldi diversi in ogni Stato... le sterline valgono in Inghilterra, qua ci vogliono gli yen.»

Fred guardò perplesso le banconote che gli stava porgendo l’amico: «Certo che i babbani amano proprio complicarsi la vita...»

George fece una smorfia: «E dire che papà ci aveva anche dato un extra per comprargli qualcosa...»

«Tranquilli, nel caso anticipo io e poi mi risarcite in soldi magici. Dunque, se abbiamo finito, che ne direste di avviarci? La prima tappa del nostro tour giapponese ci sta aspettando!»

Dopo aver salutato la padrona di casa, il gruppetto dei Malandrini si diresse verso la metropolitana. Kaito distribuì a tutti dei biglietti: «Mi raccomando, non perdeteli! Senza di questi non possiamo usare la metro e non possiamo spostarci.»

«I babbani usano un metro da sarto per spostarsi? Non avevano le automobili?»

Kaito alzò gli occhi al cielo: «Ma ero anch’io così pedante quando sono arrivato a Hogwarts?»

«Sì!»

«Grazie, anche se non mi rispondevate tutti e tre in coro capivo lo stesso il concetto...»

Kaito e Sheridan s’impegnarono parecchio per spiegare a Fred e George perché i babbani avessero bisogno di viaggiare sottoterra e i gemelli rimasero sorpresi dalla velocità con cui un mezzo senza magia potesse viaggiare.

«Bene, la prossima fermata è la nostra.»

La ragazza chiese: «Ora si può sapere dove ci stai portando?»

Kaito sorrise: «In un posto che stupirà non poco Soseiji e Fugetsu e che penso non dispiacerà neanche a te. Solo, una raccomandazione per voi due: capisco che non siete abituati a quello che vedrete e che sarete stupiti, ma non esagerate, per favore. Ricordatevi che per tutte le persone che vi circondano siete dei babbani come tutti gli altri e che siete abituati a molto di quello che vedrete.»

Fred gli diede una gomitata: «Ragazzo, stai parlando con i gemelli Weasley! Il terrore di Gazza, l’incubo di quasi tutti i professori, la leggenda della scuola! Siamo noi a lasciare sempre tutti a bocca aperta, cosa vuoi che possa impressionarci?»

 

Sheridan guardò i gemelli. Avevano la bocca tanto spalancata che per un attimo temette si potesse staccare loro la mascella.

«Ma anche tu, portare due maghi nel quartiere con la più alta concentrazione di tecnologia di tutta Tokyo...»

Kaito ridacchiò: «Akihabara è uno dei luoghi turistici più famosi della città... e poi, dai, guardare le reazioni di quei due è uno spasso!»

Fred e George, con gli occhi sbarrati, continuavano a sbocconcellare frammenti di frasi quasi incomprensibili e a indicare tutte le vetrine e gli enormi schermi pubblicitari.

«Guarda! Ci sono dei ritratti giganteschi!»

«Che cambiano tantissimo!»

«Ma quanto tempo ci avranno messo a dipingerli?»

Kaito e Sheridan scossero la testa divertiti, poi la ragazza guardò qualche vetrina, anche lei incuriosita: «Certo però che qua c’è davvero di tutto...»

Kaito annuì: «E i prezzi sono molto bassi. C’è anche parecchia roba usata in ottime condizioni. Senti, devo fare una piccola commissione, mi guarderesti un attimo i due scalmanati?»

«E se ci chiedono qualcosa?»

«Tranquilli, da queste parti tutti parlano l’inglese.»

Dopo qualche minuto, tenendo un pacchetto sottomano, il prestigiatore tornò indietro dai suoi amici, che trovò ad ammirare il loro acquisto.

«Guarda, Kaito! Adesso abbiamo anche noi i cellulofoni! Gemelli, per di più!»

«E costavano pochissimo!»

Il ragazzo si sbatté una mano sulla fronte, mentre Sheridan alzava le mani in segno di resa: «Ho provato a spiegarglielo, ma non mi hanno dato retta...»

«Non per spegnere il vostro entusiasmo... ma quelli non sono cellulari, sono walkie talkie

«Ci si può parlare anche se si è lontani?»

«, sì, ma...»

«E allora sono cellulofoni

Kaito si arrese: «Lo scoprirete la prima volta che proverete a telefonarci... dai, andiamo? La prossima tappa penso vi piacerà...»

 

Fred inclinò la testa di lato: «Hanno cambiato colore alla Tour Eiffel?»

«Quasi. Benvenuti alla Tokyo Tower, il monumento più famoso di questa città!»

Sheridan fece una smorfia: «L’avevo notato, l’avete messa in ogni singolo souvenir che ho visto finora...»

Kaito le sorrise di rimando: «Oh, qua dentro ne trovi quanti ne vuoi, di quelli! Ma non vi ho portato qui per questo... se la signora e i signori hanno la bontà di seguirmi...»

Di tutta risposta il prestigiatore ricevette qualche risata e qualche pacca sulla spalla, mentre i Malandrini varcavano l’ingresso della Torre.

Il prestigiatore fece un cenno ai gemelli: «Allora, adesso non spaventatevi, entreremo in una piccola stanza che ci porterà...»

George lo interruppe: «Kaito, sappiamo cos’è un ascensore.»

«Ci saliamo da quando eravamo piccoli, quando andiamo a trovare papà in ufficio.»

Il ragazzo li guardò sorpresi: «Oh! Questa è una sorpresa! A Hogwarts vedo sempre e solo le scale mobili... dovrò informarmi esattamente sulla tecnologia magica...»

Fred salì sull’abitacolo con sicurezza: «Ehi, saremo un po’ digiuni di cultura babbana, ma non abitiamo nel medioevo...»

Kaito ridacchiò, mente l’ascensore saliva: «Non volevo offendervi! Su, ora mi farò perdonare... nessuno di voi soffre di vertigini, vero?»

Fred e George lo fulminarono con lo sguardo: «Siamo due giocatori di Quidditch, lo sai, vero?»

Anche Sheridan guardò l’amico di sottecchi: «E ti ricordo che la mia specialità è appendere la gente ai gargoyles...»

Le porte dell’ascensore si riaprirono: «Perfetto, quindi non dovrebbero esserci problemi... divertitevi!»

I ragazzi inglesi si ritrovarono ad appoggiare i piedi su una struttura circolare, che abbracciava  completamente la torre permettendo loro di osservare il panorama mozzafiato di tutta la città e anche oltre.

Sheridan, memore del viaggio dei genitori, indicò un vulcano in lontananza: «Il Monte Fuji, vero?»

«Esatto, siete fortunati, oggi è una bella giornata, spesso non si vede... ho preferito portarvi direttamente al secondo osservatorio, che è più alto.»

«Hai fatto bene. Ne approfitto e scatto qualche fotografia.»

«Prego.»

Kaito si appoggiò alla parete e attese pazientemente che gli amici finissero di scattare fotografie e di indicare qua e là, stupiti. Sorrise malinconicamente. Lui era abituato al panorama di Tokyo, dopotutto era la sua casa e sulla torre ci era salito un sacco di volte, tra gite scolastiche e private.

Quando uscirono dall’ascensore che li riportò al piano terra, Sheridan fece un sorrisino furbetto: «Sai, dalla Torre ho visto un posticino che mi piacerebbe un sacco visitare...»

Kaito alzò le spalle: «Si può anche fare. Cos’è?»

«Quell’enorme mercato del pesce qua dietro.»

I Malandrini non trattennero le loro risate nel vedere il volto del prestigiatore passare varie tonalità di colore, dal bianco al verde al violaceo per poi passare al rosso.

«SHERIDAN!!!»

Stava per aggiungere qualche altro improperio verso la sua compagna di classe, quando il cellulare iniziò a squillare.

«Salvata dal gong...»

Con un sospiro Kaito guardò lo schermo del telefono e il suo volto si fece subito serio.

«Pronto?»

«Scusi il disturbo, Signorino Kaito, lo so che mi aveva chiesto di non disturbarla in questi giorni, ma è proprio un’emergenza!»

«Dimmi, Jii

La voce dell’uomo si abbassò: «La Dama a cui intendeva fare visita ha anticipato la partenza nonostante l’avviso.»

Kaito sbarrò gli occhi dalla sorpresa: «Cosa?»

«Domani mattina lascerà il Paese. Mi dispiace, ma dobbiamo anticipare.»

Gli amici non avevano capito una parola del discorso, ma compresero che si trattava di una questione seria quando videro Kaito mettersi una mano sulla fronte e respirare profondamente.

«È troppo presto. Non abbiamo ancora finito l’organizzazione, la mia complice celeste non è ancora comparsa e per di più ho ospiti.»

«Lo so, Signorino, e sono enormemente dispiaciuto, ma se non lo facciamo stasera non avremo più l’occasione.»

Kaito si morse un labbro, poi sospirò: «E va bene. Mandami i file, al resto penserò io. In fondo, non siamo gli unici ad avere poco tempo per organizzarci, no?»

«Ero certo che avrebbe ragionato, Signorino! Allora ho fatto bene a inviare già l’avviso, vero?»

Il ragazzo scosse la testa, a metà fra il rassegnato e il divertito: «Sei sempre il solito... a dopo!»

Kaito chiuse la telefonata e rimase per un po’ a rimuginare, poi alzò lo sguardo verso i suoi amici.

«Mi dispiace, credetemi, mi dispiace davvero, ho fatto di tutto per evitarlo, ma temo che dovremo fare un piccolo cambio di programma per questa sera.»

Fred lo guardò preoccupato: «È successo qualcosa di grave?»

Il ragazzo si avviò, sorridendo fra sé e sé: «Improrogabili impegni di lavoro...»

Sheridan lo guardò di storto: «Tu lavori?»

Kaito la sbeffeggiò: «Sheridan, mi sorprendi. Mi sembrava di averti parlato piuttosto dettagliatamente del mio lavoretto estivo, no?»

La ragazza sbarrò gli occhi: «Non vorrai dirmi che...»

Il prestigiatore si limitò ad annuire, mentre oltrepassava i tornelli della metropolitana.

«Oh, no...»

«Oh, sì!»

Sheridan si voltò verso i gemelli, che avevano uno sguardo degno delle loro peggiori malandrinate.

«Ecco, lo sapevo.»

Kaito si accomodò sulla vettura: «Tranquilli, ora vi riporto a casa e...»

George lo interruppe: «Scherzi?»

«Vogliamo venire con te! Possiamo essere utili!»

Kaito li guardò impassibile: «No. Voi non potete essere utili, anzi, non dovete essere utili. Kid è un mago che agisce senza bacchetta. Così è stato e così sarà sempre. Non posso permettervi di aiutarmi con la magia in nessun modo. Se vorrete assistere come spettatori non mi opporrò, ma non come complici. Non avrete guai con la giustizia babbana per una faccenda nella quale non c’entrate nulla.»

I gemelli lo guardarono un po’ delusi, ma poi annuirono.

«Sheridan? Tu preferisci tornare a casa mia?»

La ragazza sospirò: «Non sono entusiasta del tuo “lavoretto estivo”, lo sai, ma se non rimango a sorvegliare questi due chissà che mi combinano. Tu però vedi di non farti beccare, non so come tornare indietro da sola.»

Kaito stava smanettando un po’ con il cellulare e con qualcosa nella borsa: «Tranquilla, non sono mai riusciti a mettermi le manette ai polsi, non ci cascherò proprio oggi che ho ospiti! Ecco, la prossima fermata è la nostra.»

I ragazzi scesero, ritrovandosi con loro grande sorpresa in un quartiere che assomigliava vagamente ad Akihabara per gli enormi schermi pubblicitari, ma che era popolato di ragazzi giovanissimi vestiti nei modi più strani, con trucchi, maschere e costumi ancora più bizzarri di quelli dei maghi quando cercavano di farsi passare per babbani.

«Ma che...»

Kaito sorrise: «Benvenuti nel quartiere più pazzo e modaiolo di Tokyo, Harajuku! Sede delle boutique di moda più famose e rinomate, soprattutto se internazionali, e ritrovo preferito dei giovani, in particolare cosplayer...»

George lo guardò male: «Cos... cosa?»

«Ragazzi che amano travestirsi come i loro eroi di fumetti, film, videogiochi e chi più ne ha più ne metta. Potete fotografarli, se volete, anzi, non vedono l’ora che qualcuno chieda loro di mettersi in posa!»

Fred guardò il gemello picchiettandosi una tempia: «Gente strana, questi giapponesi...»

Il prestigiatore rise e iniziò ad avviarsi. Sheridan si guardò intorno.

«Molti di questi negozi ci sono anche in Inghilterra.»

«È vero. Infatti sono qui proprio per questo.»

La ragazza chiese: «Cosa... ehi!»

Un ragazzino vestito di bianco le era andato a sbattere contro. Sheridan fece per arrabbiarsi, ma rimase sorpresa nel riconoscere il costume.

«Ma che...»

Kaito si mise un dito sulle labbra e le indicò uno degli schermi giganti, dove stavano trasmettendo un telegiornale. Alle spalle della giornalista c’era un’immagine sfocata di Kaito Kid.

«Te l’avevo detto che qui amano travestirsi come i loro eroi, no?»

La ragazza si guardò intorno con gli occhi sbarrati, constatando che il disattento di prima non era l’unico vestito come il ladro gentiluomo.

Kaito riprese a parlare di colpo, facendola trasalire: «Hanno appena annunciato che Kid ha inviato un avviso. Qui le notizie corrono veloci.»

Sheridan si voltò di colpo, ritrovandosi davanti l’amico già in ghingheri per la sua esibizione, con cilindro, monocolo e mantello: «E cosa c’è di meglio per me che mimetizzarmi fra i miei stessi fan?»

La ragazza lo guardò sconvolta, con la bocca aperta: «... te l’hanno mai detto che hai una faccia tosta incredibile?»

Il prestigiatore sorrise: «Più spesso di quanto immagini. Richiama Fred e George dalla concorrenza, così vi spiego ancora due cose prima di andare...»

Sheridan ridacchiò andando a recuperare i gemelli che, dopo aver fatto una foto con un gruppo di cosplayer di Lupin III e compagnia, si avvicinarono curiosi all’amico.

«In fondo a questa via c’è un’enorme e famosissima boutique straniera di abiti da sposa e cerimonia. Due giorni fa Kaito Kid ha mandato un biglietto dicendo che fra una settimana avrebbe fatto loro visita per rubare alla sposa che porta il Crimson Love il primo ballo e la sua dote.»

«Cos’è il Crimson Love?»

«È un enorme rubino intagliato a forma di cuore incastonato nella cintura di un abito da sposa esposto al primo piano di quel negozio.»

«Pensi che possa essere quella che stai cercando?»

Il ragazzo scosse la testa: «Non lo so, ma se non controllo non posso togliermi il dubbio. Per di più quel gioiello normalmente è esposto in Belgio, è un po’ fuori mano anche per me. Solo che dopo aver visto l’avviso, i proprietari hanno deciso di anticipare il rientro della pietra a domani mattina.»

Kaito ridacchiò: «Non posso certo pretendere che siano tutti come Suzuki, quel pazzo col cane che non vede l’ora di farsi derubare da me per cercare di prendermi...»

Fred lo guardò un po’ preoccupato: «Pensi di farcela?»

«Anche la polizia è stata colta di sorpresa, la sorveglianza non sarà così stretta. E poi...»

In quel momento il telefonino annunciò l’arrivo di un sms: «... il mio aiutante ha fatto i compiti a casa! Ecco qua le ultime informazioni che mi servivano, la conferma che ha ultimato i preparativi e a quanto pare ha anche informato la mamma che arriveremo tardi per cena! Direi che siamo a posto, no?»

Kaito li guardò serio: «Abbiate fiducia in me. Qualunque cosa accada, anche se mi dovessero arrestare, non-usate-la-magia. Rimanete in questa zona, tempo di sbrigare questa faccenda e torno a prendervi, va bene?»

I tre Malandrini annuirono.

«In bocca al lupo!»

«Crepi!»

E scivolò fra la folla sparendo alla vista.

 

L’ispettore Nakamori sbadigliò con la bocca completamente spalancata. Iniziava a farsi buio, ormai, ed era solo nella sala degli abiti da sposa. Normalmente avrebbe fatto in modo di avere alcuni agenti con sé, ma con il poco preavviso con cui gli avevano chiesto di preparare la sorveglianza aveva dovuto accontentarsi degli uomini in servizio, ed erano a malapena sufficienti a vigilare gli ingressi.

L’uomo si aggirava svogliato fra i manichini con gli abiti da sposa, chiedendosi fra sé e sé se mai ne avrebbe visto uno indosso alla sua Aoko e, soprattutto, con chi si sarebbe potuta sposare. Quel vicino sveglio ma scalmanato di Kaito Kuroba? Forse. Ma l’idea di un genero che si guadagnava da vivere con un lavoro così saltuario come quello del prestigiatore gli faceva un po’ arricciare il naso.

Alzò il suo sguardo dagli abiti ai manichini e rabbrividì. Non gli erano mai piaciuti quelli grigi, senza volto né capelli, bloccati in posizioni a volte un po’ innaturali. Il manichino che indossava l’abito che doveva sorvegliare, almeno, era in una posizione composta, con le mani al petto. La lunga gonna color avorio di seta era bombata, come se fosse retta da un’intelaiatura, e aveva nastri color cremisi. Il corpetto, decorato con perline che andavano dal bianco al rosso intenso, passando per tutte le tonalità di rosa possibili, era stretto in vita da una cintura d’argento con piccole pietre rosse e il Crimson Love, a forma di cuore, incastonato al centro. Non c’era velo né strascico, solo un diadema che riprendeva nella forma e nei colori la cintura. Nakamori lo guardò un po’ di storto. Non avrebbe mai veramente compreso la moda occidentale per gli abiti da sposa.

Mentre rifletteva su queste questioni, le luci nella sala si fecero soffuse.

«Uh?»

L’ispettore non ebbe il tempo di realizzare quello che stava accadendo che la stanza si riempì di fumo biancastro.

«KID!»

L’uomo tossì un paio di volte, con gli occhi che gli bruciavano leggermente. Solo quando con un gesto nervoso riuscì ad asciugarsi le lacrime con la manica della giacca vide la sua bianca nemesi di fronte a lui che...

... che...

... stava facendo il baciamano alla sposa, una vera sposa, non un manichino, che indossava l’abito compreso di Crimson Love???

«Cosa...»

Mentre Nakamori osservava la scena impietrito, Kid alzò il viso con dolcezza, incrociando lo sguardo azzurro di una giovane donna bionda, con i capelli a caschetto, il cui volto diafano era arrossito leggermente al gesto del ladro.

«Mia dolce signora, mi fareste l’onore di concedere a quest’umile ladro un ballo?»

La giovane sposa si guardò intorno nervosa, poi sorrise. A quel punto Kid schioccò rumorosamente le dita, facendo partire un valzer che risuonò fuori e dentro l’atelier. Solo allora il ladro prese dolcemente la mano che la ragazza teneva al petto e iniziò a ballare con lei, in un’atmosfera da sogno impreziosita dai rivoli di candido fumo che ancora aleggiavano nella stanza. L’ispettore rimase lì, imbambolato, a fissare il volto felice della ragazza là dove poco prima, era certo, c’era solo un manichino grigio senza vita. Era sconvolto: non aveva mai dubitato dell’abilità del suo avversario, ma possibile che fosse persino in grado di dare vita a oggetti inanimati?

La musica scemò mentre la coppia, alla fine del suo turbinare, si ritrovava esattamente nella posizione di partenza. A quel punto Kid, con il suo solito modo di fare, riprese la mano della fanciulla.

«Perdonate ancora il mio ardire, madamigella, oserei approfittare della vostra gentilezza per chiedervi un ultimo favore.»

La sposa lo guardò sorpresa, così il ladro riprese: «Vi chiederei di prestarmi, solo per qualche giorno, il gioiello che tenete in vita. Ve lo restituirò, è una promessa.»

La ragazza sembrò un po’ indecisa, ma dopo qualche istante sorrise.

«Vi ringrazio infinitamente.»

Solo quando vide Kid prendere la cintura alla vita della sposa, Nakamori sembrò riprendersi: «Ehi! Fermati, Kid!»

Il ladro si alzò lentamente e, abbassandosi il cilindro con una mano, mentre con l’altra teneva ancora la cintura, gli sorrise beffardamente: «Ispettore... e perché mai? Questo non è un furto, ha visto anche lei, ho l’autorizzazione della signorina, pardon, signora, si è appena sposata...»

L’uomo corse verso di lui: «Ma per favore, quello è un manichino!»

«La signora se la potrebbe anche prendere per questa sua definizione, sa? Ma in fondo è risaputo, la bellezza è negli occhi di chi la vuol guardare...»

E, avvolgendosi nuovamente nel fumo, Kid sembrò scomparire. Nakamori non si arrese, arrancò alla cieca nel vapore biancastro alla ricerca del ladro ed esultò quando finalmente lo afferrò.

«Ah-ah! Sei mio, Kid!»

Solo quando il fumo si diradò, poté notare che in realtà si era ritrovato ad abbracciare alla vita proprio il famoso manichino, tornato magicamente grigio e senza vita.

«Ma cosa...»

L’uomo sospirò profondamente, abbassando la testa: «Me l’ha fatta anche questa volta...»

 

Fred, George e Sheridan attendevano impazienti il ritorno del compagno. Non avevano ben compreso la situazione, quello che sapevano era che la gente intorno a loro era aumentata a dismisura e che persino le televisioni locali si accalcavano intorno all’atelier.

«Accidenti, quando avevo visto Kaito sul giornale non immaginavo neanche lontanamente la sua fama...»

«Ma neanche noi...»

Improvvisamente una musica si diffuse nell’aria.

«Ma... cos’è?»

Sheridan fece una smorfia: «Un valzer direi... o comunque un ballo lento...»

«Mica tanto lento, è già finito...»

In quel momento il telefono di Sheridan squillò e Fred e George andarono fuori di testa.

«Il cellulofono! Il cellulofono

«Buoni, voi due, è solo un sms da Kaito...»

«Un che?»

Sheridan l’ignorò e lesse a favore dei gemelli: «”Per permettervi di seguire meglio lo spettacolo, vi fornisco i sottotitoli...”»

La ragazza alzò lo sguardo dallo schermo perplessa: «Che diavolo ha in mente?»

La risposta venne quasi immediatamente: un faro sull’impalcatura del palazzo affianco in restauro si accese puntando sul tetto dell’atelier, illuminando una figura che tutti attendevano con apprensione.

La folla esultò: «KID! KID! KID!»

Il ladro allargò le braccia, mostrando in una mano la cintura, nella seconda un mazzo di calle bianche con una rosa rossa al centro. La sua voce, amplificata e distorta, così da non assomigliare neanche lontanamente a quella originale, fece un discorso che fu comprensibile a Sheridan, Fred e George solo grazie al messaggio arrivato poco prima: «Ladies and gentleman! Mi spiace non avervi potuto far assistere al magnifico valzer che la sposa mi ha gentilmente concesso, ma per scusarsi la signora vi manda il suo bouquet nuziale, con i migliori auguri per il vostro futuro.»

E mentre il pubblico veniva distratto dal lancio dei fiori, che si dispersero singolarmente sulla folla, il ladro scomparve senza che quasi nessuno ci facesse caso, talmente presi dalla calca con cui le fanciulle presenti tentavano di accaparrarsi l’unica rosa.

Sheridan e i gemelli rimasero allibiti, per poi trasalire quando una voce alle loro spalle disse: «Accidenti, non pensavo si sarebbero scannate così, altrimenti evitavo la rosa...»

«Kaito!»

Il ragazzo sorrise: «Et voilà, finito. Spero di non avervi fatto attendere troppo. Possiamo andare a mangiare, non so voi ma personalmente io sono molto affamato...»

Sheridan alzò un sopracciglio: «Fai quella scenata tutte le volte?»

Kaito alzò le spalle: «Mi limito a dare al pubblico quello che vuole, come ogni buon uomo di spettacolo.»

E girò loro le spalle cominciando ad avviarsi per costringerli a seguirlo, cosa che puntualmente fecero.

«Ma come hai fatto ad arrivare alle nostre spalle così velocemente?»

«Ti sei forse Smaterializzato?»

Kaito li guardò quasi offeso: «Ma se quando ci provo finisco sempre da un’altra parte! No, mi sono limitato a calarmi con un sistema di contrappesi dal palazzo affianco, dove ci sono dei lavori in corso...»

Il prestigiatore da quel momento in poi non disse più una parola sulla sua esibizione, lasciando gli amici a sfogarsi con le loro impressioni sul suo lavoro e ascoltandoli solo distrattamente. Era un pochino stanco, ma doveva ammettere che la faccia di Nakamori l’aveva ripagato della faticaccia. Certo, trovare una presa elettrica e sistemare al volo sulla metropolitana il tablet ultrasottile che aveva appena comprato a Akihabara caricando il filmato del volto della sposa, che per fortuna avevano preparato in anticipo lui e Jii, senza farsi notare da Fred e George, che sarebbero andati fuori di testa nel vedere quella meraviglia elettronica, aveva richiesto un po’ di abilità manuale. Invece era stato piuttosto semplice fissarlo al volto del manichino e nasconderne i bordi con la parrucca bionda. Il resto era stato un giochetto da ragazzi, non si era trattato d’altro che impiegare un po’ delle sue abilità da marionettista con il manichino per fingere di danzare, andare a tempo con la musica e con il filmato, e il resto l’avevano fatto il fumo e l’immaginazione adeguatamente sollecitata dell’ispettore, che quasi sicuramente gli aveva fatto vedere più di quel che in realtà era accaduto. Ora non gli rimaneva che attendere un paio di giorni, quando la luna piena sarebbe stata alta nel cielo e lui avrebbe potuto controllare la pietra prima di restituirla, se non si fosse trattato neanche quella volta di Pandora. Peccato solo per il tablet, doveva solo sperare che, avendolo maltrattato così subito dopo averlo appena comprato, riuscisse ancora ad usarlo anche fuori dai furti...

Sbadigliò spalancando tutta la bocca. Dopo una giornata del genere, però, era esausto. Fortuna che aveva tutta la notte per riprendersi, dormendo comodo nel suo lettino...

 

«Accidenti che faccia da zombie!»

Kaito si limitò a grugnire in direzione di Sheridan, mentre si sedeva al tavolo. Fred e George erano già alla terza porzione di toast e la ragazza stava versando del succo di arancia in un bicchiere.

«Sono solo un po’ stanco...»

Fred lo indicò con il coltello con cui stava spalmando il burro sulla fetta tostata: «Un po’? Sembra che tu sia appena uscito da una lezione di Rüf dopo quattro ore filate di Piton

Kaito sorrise debolmente, versandosi una generosa tazza di caffè: «Magari! No, è stata solo la serata pesante di ieri unita a una notte insonne...»

George lo fissò serio: «I soliti incubi?»

Il prestigiatore annuì, per poi appoggiare la testa sul tavolo: «Tre volte, stanotte... tre volte in cui ho sognato di bruciare... non ne posso più, speravo che tornando a casa la situazione si sarebbe risolta, invece sembra persino peggiorata...»

Il ragazzo buttò giù il caffè, poi prese una brioche e iniziò ad addentarla, proprio mentre il campanello suonò ripetutamente.

Chikage gridò dal corridoio: «VADO IO!»

Il ragazzo rispose bofonchiando con il boccone in bocca: «Ecco, va, grazie...»

Da lontano sentì la madre aprire la porta e dire qualcosa, per poi gridare: «KAITO! C’È AOKO ALLA PORTA!!!»

«Aoko???»

Il prestigiatore si soffocò con il boccone di brioche e iniziò a tossire disperatamente, tanto che Fred fu costretto a dargli una poderosa manata sulla schiena.

George guardò l’amico perplesso: «Aoko? La tua colomba può anche suonare il campanello?»

La faccia di Kaito sbiancò, per poi diventare tutta rossa.

Ah, già... c’era anche quel problemino...

Tuttavia non ebbe il tempo di pensare a spiegazioni credibili, perché la ragazza aveva già fatto irruzione nella stanza: «Buongiorno Kaito! E... buongiorno a tutta questa bella gente... scusa, non sapevo avessi ospiti...»

Il ragazzo sospirò, assumendo la solita aria scocciata che sfoderava sempre con lei e cercando d’ignorare le facce prima stupite e poi d’intesa dei gemelli: «Lo sapresti se ogni tanto chiamassi invece che fare irruzione in casa come farebbe tuo padre...»

Aoko gli rispose con una bella linguaccia, poi fece un inchino verso gli sconosciuti.

«Piacere di fare la vostra conoscenza, mi chiamo Nakamori Aoko.»

I ragazzi si guardarono perplessi, non avendo capito una parola di quello che si erano appena detti i ragazzi. Kaito sospirò, per poi cominciare a fare le presentazioni in doppia lingua.

«Vi presento Aoko Nakamori, una mia amica d’infanzia. Aoko, loro sono Fred, George e Sheridan, tre miei compagni di college che sono venuti a fare una vacanza in Giappone.»

Aoko li guardò sorpresissima: «College? Sono i tuoi compagni di classe inglese?»

«Esatto!»

«Oh, avevo notato che non erano giapponesi, non pensavo fossero tuoi compagni!»

La ragazza sembrò emozionatissima e cercò di ripresentarsi in un inglese un po’ stentato, ai quali i Malandrini risposero educatamente.

Aoko si accomodò al fianco di Sheridan e chiese a Kaito in giapponese: «Allora, dove li porti?»

«Pensavo di fare un salto al parco di Ueno, è carino per dei turisti...»

La ragazza sbarrò gli occhi: «Ueno? È una vita che non ci vado, vengo anch’io!»

Kaito dovette fare uno sforzo enorme per mantenere la sua faccia da poker: «Ma il parco ce l’hai sempre qui... e poi ti annoieresti, parleremo solo inglese...»

La ragazza si alzò dal tavolo: «Meglio, così faccio allenamento per la scuola! Vado a prendere il necessario per un qualche bento e arrivo, aspettatemi, eh!»

Prima che Kaito potesse replicare qualcosa, la ragazza era già corsa verso casa. Il prestigiatore sospirò.

«Bene, ulteriore cambio di programma, Aoko si è appena autoinvitata a venire con noi...»

Fred fece spallucce: «Va bene, che problema c’è?»

«Ci sono una marea di problemi, a parte quelli linguistici. Tanto per cominciare è una babbana, quindi voi due...»

E fissò bene negli occhi i gemelli.

«... dovrete stare assolutamente tranquilli, qualunque “stramberia babbana” vediate. Ricordatevi che dovete fingere di essere dei normali turisti.»

I due gemelli fecero il saluto militare ed esclamarono all’unisono: «Agli ordini! Saremo dei babbani perfetti!»

«Dissero quelli che si agitano appena vedono qualunque oggetto tecnologico... ah, e per favore piantatela con questa storia dei cellulofoni, va bene? E fate attenzione a come parlate, Aoko non è ai miei livelli d’inglese, d’accordo, ma capisce abbastanza da comprendere se facciamo discorsi sulla magia, ok?»

Kaito fece un ultimo sospiro: «Un’altra cosa... Aoko è convinta che frequentiamo un college per prestigiatori...»

Sheridan sbarrò gli occhi: «Io non so fare niente di prestidigitazione!»

George fece una smorfia: «Noi abbiamo giusto imparato l’estrazione dei fazzoletti dalla manica...»

«Lo so. Io cercherò di coprirvi per quanto possibile, voi due tenete quel trucchetto come ultimissima opzione... e speriamo bene...»

Fred guardò l’amico serissimo: «Comunque...»

Il volto dei gemelli si allargò in un sorrisone: «... non ti facevamo così romantico da dare il nome della tua ragazza alla tua colomba!»

Kaito si aggrappò con le unghie e con i denti alla sua faccia da poker: «Aoko non è la mia ragazza, siamo solo amici.»

«Parlò il ragazzo che ci fece comprare d’urgenza i regali di Natale per lei e che fece chiamate internazionali pur di aiutarla...»

«E piantatela, che probabilmente Aoko è già qui!»

«Visto? Visto?»

Kaito sospirò. La giornata sarebbe stata decisamente più lunga del previsto.

 

Il viaggio in metropolitana per Kaito fu un piccolo incubo. Aoko continuava, nel suo stentato inglese, a tempestare di domande i Malandrini sul celeberrimo college per prestigiatori, e i ragazzi erano sempre più imbarazzati nel rispondere. Il metodo migliore che trovarono per arginare il problema fu di parlare così velocemente da non far capire molto alla ragazza, che si trovava poi costretta a chiedere una traduzione a Kaito, permettendogli d’inventarsi quello che voleva. In ogni caso tutti gli studenti di Hogwarts tirarono un sospiro di sollievo quando finalmente giunsero alla fermata giusta.

Il gruppo, salendo da sottoterra, rimase per un attimo abbagliato dalla luce del sole, poi riuscì a vedere enormi prati verdi, contornati da panchine e da tantissime persone che si affollavano ad edifici e a tre grandi laghetti sovrastati da uccelli in volo.

Kaito sorrise: «Benvenuti al parco di Ueno, sede dello zoo di Tokyo e di molti musei. Scegliete pure il vostro itinerario.»

Sheridan indicò stupita un recinto: «Accidenti, ma quelli sono dei panda? Panda veri?»

Il prestigiatore annuì: «Direi che a te interessa di più lo zoo. Per voi va bene fare un giro a vedere gli animali?»

Fred e George alzarono le spalle dando la loro approvazione, così il gruppo iniziò a passeggiare fra i recinti e le gabbie degli animali.

Uno dei gemelli si lasciò sfuggire: «Non capisco perché tenere gli animali così... soffrono... Charlie se li vedesse darebbe di matto.»

Aoko chiese interessata: «È un animalista?»

«No, è in Romania ad allevare d...»

Gli sguardi fulminanti di Kaito e Sheridan alle spalle della ragazza che lo guardava curiosa convinsero Fred a cambiare velocemente l’ultima parola: «... elfini. Sì, mio fratello alleva delfini in Romania.»

Aoko alzò un sopracciglio: «In Romania? Non sapevo ci fossero delfini nel Mar Nero...»

Fred era andato completamente in panico, così intervenne Kaito: «È un esperimento, per vedere se riescono a ripopolare alcune zone dove la specie rischia di estinguersi.»

La ragazza sembrò molto interessata: «Davvero? Dev’essere fantastico!»

George annuì poco convinto dalla panzana inventata dal gemello: «Come no...»

Aoko continuò tranquilla a fare conversazione: «Immagino che andrete spesso a trovarlo!»

George scosse la testa: «No, in realtà, è difficile coordinare gli impegni di tutta la famiglia... siamo talmente tanti...»

«Davvero?»

«I nostri genitori hanno avuto cinque figli, oltre a noi...»

«Accidenti! E voi siete gli unici a fare i prestigiatori?»

Fred cercò di dare manforte al fratello: «La magia è una... passione di famiglia, diciamo così. Però nostro padre lavora al Ministero, Bill in banca, mamma è casalinga e gli altri nostri fratelli stanno ancora studiando.»

Kaito, sempre alle spalle di Aoko, alzò i pollici congratulandosi per l’ottima uscita.

Aoko sorrise: «Il mio babbo invece fa il poliziotto. Si occupa di furti, in particolare di quelli di un ladro insopportabilmente presuntuoso che si diverte a prenderlo in giro tutte le volte. Anche ieri sera è tornato a casa stravolto, mi diceva qualcosa che non ho capito bene sul fatto che Kid sia in grado di animare gli oggetti...»

I gemelli dovettero impegnarsi tantissimo per non scoppiarle a ridere in faccia, soprattutto con Kaito che alzava gli occhi al cielo sorridendo. A quanto pare il loro amico si era invischiato in una relazione pericolosa!

«E tu, Sheridan?»

La ragazza alzò le spalle: «Niente di che. Una famiglia normalissima.»

«Perché avete deciso di diventare prestigiatori?»

Sheridan sorrise: «In un certo senso... ce l’avevamo nel sangue.»

«Ah, come Kaito! Anche suo padre era un prestigiatore molto famoso!»

Sheridan annuì convinta, facendo l’occhiolino a Kaito: «Oh sì, abbiamo studiato qualcosina su di lui a scuola.»

Aoko la guardò curiosa: «Ma sei anche tu in classe con loro? Mi sembri decisamente più piccola...»

La ragazza alzò le spalle: «Dimostro meno dei miei anni.»

«Mi piacerebbe vedere qualche vostro spettacolo!»

Kaito le spremette amichevolmente il naso: «Un’altra volta, ora siamo in vacanza e abbiamo il tempo contato!»

Aoko lo guardò sorpresa. Questa, in bocca al ragazzo, era una risposta stranissima. Di solito Kaito non si faceva pregare per dare spettacolo, anzi, spesso, spessissimo, lo dava anche se non richiesto o inopportuno. Lo aveva sempre fatto, fin da quando potesse ricordare, al punto che, non conoscendo altri prestigiatori, si era convinta che fosse un difetto del mestiere, quello di doversi mettere continuamente in mostra e alla fine ci si era abituata. Per questo motivo la reticenza di quel gruppetto di prestigiatori le suonava così strana. Fissò Kaito dritto negli occhi. Per quanto quel ragazzo fosse solitamente impenetrabile, con quell’aria sempre scocciata che, lo sapeva bene, di solito usava come una maschera per nascondere l’imbarazzo, in quel momento le parve di cogliere nel suo sguardo una muta e sincera preghiera di non insistere ulteriormente. Che l’abilità fra loro fosse così diversa da costringere Kaito a comportarsi così per non mettere in imbarazzo gli amici? Non ci sarebbe stato nulla di strano, sapeva da sempre che l’abilità dell’amico era superiore alla media, glielo aveva detto spesso anche Chikage, quando Kaito non poteva sentirle. Sorrise, un po’ tristemente. Peccato, da una parte, ma andava bene lo stesso. Era bello poter comunque avere l’occasione di poter condividere una parte della sua vita da cui fino a quel momento si era sentita completamente estranea.

«D’accordo. Finiamo il giro, allora, così poi possiamo mangiare.»

Kaito tirò un sospirone di sollievo, ma non smise di sorvegliarla attentamente per tutto il tempo. Conosceva Aoko abbastanza bene da sapere che non era una persona che si arrendeva così facilmente, anzi, spesso litigava con lei per questa sua mania di portare le persone all’estenuazione se non facevano come voleva lei. Che avesse capito qualcosa, nonostante i suoi sforzi?

Quando Aoko e Sheridan si fecero fotografare insieme anche davanti all’ultimo recinto, il gruppetto si diresse proprio sotto l’enorme pagoda per preparare al volo un piccolo pic-nic, per il quale Aoko sembrava aver portato tutto il necessario. Mentre Kaito, con la sua aria perennemente scocciata, stendeva la tovaglia, la ragazza, sotto gli occhi stupefatti dei gemelli, tirava fuori cinque grosse scatole e altrettante bottiglie d’acqua dallo zaino. Mentre la ragazza era distratta a parlare con Sheridan, con cui sembrava trovarsi molto in sintonia, Fred prese lo zaino di nascosto e lo rivoltò.

«Ero convintissimo ci fosse un incantesimo di Estensione Irriconoscibile...»

Kaito gli sussurrò: «Tu non hai idea di cosa possa uscire dalle borse delle donne babbane, anche senza magia... sono delle vere e proprie maghe dell’incastro!»

George lo guardò allibito: «Lo vedo... ha incastrato un pranzo intero in una scatola!»

Il prestigiatore ridacchiò: «Si chiamano bento, sono i tipici pranzi al sacco che usiamo qui. Vengono usati normalmente nelle scuole o nelle gite...»

Aoko invitò tutti ad accomodarsi, per poi prendere una delle scatole. Gli altri la imitarono, ma quando aprirono la scatola ai gemelli sfuggì un gemito.

«Oh, no... di nuovo gli stuzzicadenti giganti...»

Aoko li guardò perplessa, mentre Kaito si sbatteva una mano sulla fronte: «Loro non sanno usare le bacchette...»

«Oh, scusate! Non ci ho proprio pensato! Solo che ora non so davvero come procurarmi delle posate...»

Sheridan sorrise divertita: «Temo che ci tocchi imparare a usare queste...»

I gemelli si guardarono preoccupatissimi all’idea, ma alla fine, sotto gli insegnamenti pazienti di Kaito e Aoko, qualcosa riuscirono a mangiare, un po’ usando le bacchette e sbrodolandosi addosso il riso, un po’, quando la pazienza scappava, usando anche le mani, facendo scoppiare l’ilarità di tutti.

Quando ebbero finito, Aoko si concesse un sospiro: «Dai, è stato quasi come fare un hanami...»

Kaito sorrise: «Un po’ fuori stagione, però...»

Sheridan chiese, curiosa: «Di cosa state parlando?»

«Hai mai visto, magari al telegiornale, di quando in primavera noi giapponesi andiamo a fare un pic-nic per festeggiare la fioritura dei ciliegi?»

«Sì.»

«Ecco, quello è l’hanami. Solo che ora mancano i ciliegi.»

George gli sussurrò all’orecchio: «Se vuoi, ti insegno l’incantesimo... tu sei maggiorenne e lo potresti fare...»

Il ragazzo gli sorrise malandrino, infilandosi una mano nella manica della t-shirt: «Per così poco non è il caso di tirare fuori la bacchetta...»

Aoko si voltò giusto in tempo per vedere Kaito tirare fuori un ramo di ciliegio fiorito.

«Ma... sei in maniche corte...»

«Un prestigiatore non si preoccupa certo dell’abbigliamento.»

La ragazza prese il ramo emozionata, poi però guardò storto Kaito.

«È finto!»

«E certo! Pretendevi pure i fiori di ciliegio veri in questa stagione? Faccio magie, non miracoli!»

I Malandrini risero. Conoscevano Aoko solo da qualche ora, ma erano tutti certi che quei due fossero fatti l’uno per l’altra.

 

Fred si tenette alla maniglia della metropolitana per non cadere: «Allora, qual è la prossima meta?»

Il ragazzo rispose tenendo le braccia incrociate: «Un altro classico giapponese, un bel giro al tempio. Spero che quello di Asakusa vi possa piacere, è abbastanza particolare.»

Sheridan, seduta, iniziò a sfogliare la guida turistica presa in prestito dai genitori: «Strano, non lo trovo...»

«Cercalo come Senso-ji e vedrai che salta fuori...»

La ragazza sfogliò ancora un pochino, poi esclamò: «Eccolo! Qua dice che è stato fondato nel 628 dopo che due pescatori trovarono nel fiume una statuetta d’oro della dea della misericordia Kannon...»

Kaito, per dispetto, le prese la guida e gliela fece a coriandoli sotto i suoi occhi: «Ma non stare a perderti dietro i dettagli storici!»

La ragazza lo guardò stupefatta, per poi gridargli contro arrabbiata, attirando l’attenzione di tutto il vagone: «Ma sei scemo??? Quella non era mia, i miei mi strozzano se non gliela riporto!»

Il prestigiatore raccolse tutti i pezzetti, tenendoli nei pugni chiusi, e le mise un dito sulla bocca per chiederle il silenzio. Aoko sorrise, sapendo già cosa stava per accadere. A lei in classe l’aveva fatto un sacco di volte.

«Uno, due e...»

Con una minuscola nuvoletta di fumo, il ragazzo aprì le mani: «... tre!»

Sheridan si ritrovò stupefatta fra le mani la sua guida, perfettamente integra.

«Ma che...»

Mentre il resto del vagone applaudiva, Aoko sorrise. Vista la reazione di Sheridan, aveva ragione lei, Kaito era a un livello ancora troppo avanzato rispetto ai suoi compagni di classe. Chissà che noia, per lui, essere costretto a ripetere gli esercizi fondamentali... non c’era proprio modo di accedere a una classe più avanzata? Doveva chiederglielo, una volta o l’altra.

Ancora con qualche strascico di applausi, il gruppetto scese alla fermata e si avviò verso il grande tempio.

«Uao, mi piace!»

Aoko sorrise a uno dei gemelli: «E se ti dicessi che non si vede neanche tutto?»

George rispose: «Ve la cavate bene con l’architettura, complimenti!»

Il gruppetto iniziò la visita, osservando incuriosito le persone che pregavano accendendo ceri e lanciando monetine. Aoko si rapì letteralmente Sheridan per andare a visitare la zona di Nakamise-dori, piena di bancarelle di prodotti tradizionali, mentre Fred, George e Kaito rimasero da soli per un attimo.

Il prestigiatore si permise un sospiro: «Per fortuna sta andando tutto abbastanza bene...»

Fred gli fece l’occhiolino: «Te l’avevamo promesso, no?»

Il ragazzo annuì: «Dai, mentre aspettiamo che quelle due tornino dal giro di shopping, potrei farvi visitare l’interno del tempio... ma dovrete togliervi le scarpe.»

George fece una smorfia: «Non saprei... non vorrei tornare in Inghilterra scalzo, poi chi la sente la mamma?»

«E allora vi faccio vedere la porta Kaminarimon... non guardatemi così, non ho detto una parolaccia, significa solo “porta del tuono”!»

«Ah, ok...»

Kaito condusse i gemelli verso una grande arco con due statue.

«Quelli sono rispettivamente Fujin e Raijin, il dio del vento e il dio del tuono nella mitologia nipponica. Uno ha con sé l’otre dove sono conservati i venti, l’altro i tamburi con cui scatena tuoni e lampi.»

George li guardò incuriosito: «, pittoresco...»

Poi diede una gomitata al fratello: «Quello a sinistra non ti ricorda un po’ Gazza?»

I tre Malandrini scoppiarono a ridere, mentre l’attenzione di Kaito venne attirata per un attimo da un ragazzino con i capelli a punta che guardava le statue, con una katana con un buco sferico nell’impugnatura, tenuta nella fondina sulla schiena.

«Ehi, non sarà mica quel ragazzino pazzo di quella volta che...»

Una mano sulla spalla lo fece trasalire.

«Guarda, Kaito, cosa ci siamo prese!»

Il prestigiatore si voltò sospirando: «Aoko, mi farai prendere un colpo, una volta o l’altra...»

Le due ragazze esibirono fiere un paio di ventagli identici, dipinti a mano: «Che ve ne pare?»

Sheridan sorrise: «Un piccolo souvenir del posto. Mi sarebbe piaciuto anche un kimono, ce n’erano di bellissimi ma costavano decisamente troppo per le mie tasche...»

Aoko mise via il suo e propose: «Già che siamo qui, che ne direste di prendere un biglietto dell’oracolo, per vedere come andrà il prossimo anno di scuola?»

«Un cosa?»

La ragazza rispose: «Facciamo prima a farvelo vedere che a spiegarvelo, venite!»

I ragazzi inglesi la seguirono e Kaito fu ben felice di allontanare gli amici dalla folla di fronte alle statue, prima che notassero il panico della folla causato dall’ingresso nel tempio di un gruppo di pazzi accompagnati da una tigre e un avvoltoio che cercavano gridando un tal Yaiba.

Aoko condusse tutti verso un banchetto con una discreta folla.

«L’oracolo, pescando un biglietto, può dirti se nell’anno che verrà avrai fortuna o sfortuna riguardo un certo argomento. Qua si pescano quelli riguardanti la scuola.»

Fred e George si guardarono divertiti: «Sarebbero serviti di più l’anno scorso che avevamo i G.U.F.O., ma magari ci dicono quante volte Gazza ci metterà in punizione quest’anno...»

Dopo aver pazientemente aspettato il loro turno, finalmente arrivò anche per il gruppo il momento di mettere la mano nella scatola per estrarre il biglietto.

«Prima gli ospiti.»

Dopo un momento di accordo, Sheridan mise per prima la mano nel contenitore.

Aoko subito glielo tradusse: «Media fortuna.»

La ragazza sorrise: «Ottimo. Avanti il prossimo.»

George estrasse a sua volta il biglietto, che Kaito lesse al volo: «Fortuna.»

Fred ripeté il rito, ma quando estrasse un biglietto di “piccola sfortuna”, il gemello non smise più di prenderlo in giro.

Il prestigiatore intervenne quasi subito: «Secondo la tradizione dovresti legarlo là, su quei paletti di legno, per lasciare lì la sfortuna che hai pescato.»

«Ma volentieri! Ci manca ancora che me la porto a casa...»

Aoko sorrise estraendo il suo, per poi gridare: «Grande fortuna! Evvai

Kaito sorrise, per poi infilare la mano nel contenitore: «E allora manco solo io...»

Quando aprì il foglietto, però, la sua faccia sorpresa incuriosì molto gli amici.

«E allora?»

Il ragazzo girò il biglietto verso gli amici, perplesso: «È bianco...»

L’addetto agli oracoli s’inchinò immediatamente: «Scusate! Dev’essere un errore di stampa! Prego, ne estragga pure un altro, non glielo faccio pagare!»

Il prestigiatore gli sorrise: «Non si preoccupi, non fa nulla... a quanto pare sarà un anno interessante se neanche l’oracolo ha le idee chiare su come definirlo...»

Ridacchiando, il gruppo raggiunse l’uscita.

Kaito guardò l’orologio: «Dunque... il tempo stringe, quindi direi che con quest’ultima tappa chiudiamo il nostro tour, altrimenti poi perdete... l’aereo...»

George fece una smorfia: «Meno male, inizio ad avere male ai piedi...»

«Oh, ma stai tranquillo. Praticamente staremo tutto il tempo seduti.»

«Eh?»

 

«Ecco come i ragazzi della nostra età si divertono in Giappone.»

Aoko lo guardò sorpresa: «Perché li hai portati al karaoke?»

Il ragazzo alzò le spalle: «Mi sembrava un posto più originale per cenare che non il ristorante o casa mia...»

Sheridan alzò un sopracciglio: «Kaito, sei sicuro che anche noi riusciremo a cantare, qui?»

Il prestigiatore indicò la console: «Ci sono canzoni da tutto il mondo, e ti assicuro che i giapponesi vanno matti per le canzoni inglesi.»

Aoko sorrise: «È vero, una volta ho provato a cantare una canzone italiana, quella famosa...»

«’O sole mio. E, credetemi, non volete chiederle il bis...»

Di tutta risposta la ragazza gli fece una bella linguaccia e si accomodò. Fred, invece, prese incuriosito un microfono.

«E questa specie di gelato?»

Ma quando sentì la sua voce rimbombare intorno, dallo spavento lo lasciò andare. Kaito lo prese al volo, lanciandogli poi un’occhiataccia.

«, i microfoni da voi non sono poi così diversi...»

Sheridan sussurrò all’orecchio di George: «È come quando Silente parla in Sala Grande...»

Il gemello annuì, mentre Fred, imbarazzato si scusava: «Non credevo che qualcuno avesse già premuto il pulsante per accenderlo...»

Kaito gli sorrise e il resto della serata passò gradevolmente, ascoltando le reciproche stonature, mangiando e parlando del più e del meno.

«Mi dispiace interrompere la festa, ma dobbiamo proprio andare.»

I gemelli si lamentarono in coro: «Nooo... ancora cinque minuti!»

«Ve li ho già concessi le ultime quattro volte che me li avete chiesti... se non vi faccio prendere... l’aereo, poi vostra madre sgrida me. E me la ricordo bene la sfuriata che ha fatto a Ron due anni fa...»

I gemelli si guardarono complici: «E chi se la dimentica? Ogni tanto gliela ripetiamo ancora al nostro povero fratellino...»

Kaito fece loro l’occhiolino. Per fortuna si erano ricordati di non nominare la Strillettera.

Usciti dalla metropolitana, Aoko fece un gran sorrisone: «Penso che sia arrivato il momento dei saluti.»

«Già.»

Aoko e Sheridan si abbracciarono: «Scrivimi, qualche volta.»

«Va bene. Se lascio la lettera a Kaito, che poi manda tutto a sua madre, va bene lo stesso?»

«Benissimo, io e Chikage ci sentiamo spesso.»

Sheridan fece l’occhiolino a Kaito. Meglio non cominciare una conversazione via gufo con Aoko!

Fred e George, invece di salutarla, le fecero segno di aspettare. Uno alzò le maniche della giacca per poi riabbassarle, l’altro ci mise dentro le mani e tirò fuori due fazzoletti, uno rosso e uno giallo, rigorosamente i colori di Grifondoro.

«Olè

Kaito si sbatté una mano sulla fronte, mentre Aoko li guardò perplessi. Accidenti, quel trucco lo sapeva pure lei... se i suoi compagni erano così indietro, povero Kaito!

I ragazzi le porsero i due fazzoletti colorati: «Per te. Tienili come nostro ricordo.»

Aoko, un po’ imbarazzata, li prese: «Grazie... eh?»

Dai due fazzoletti uscì una ranocchia marrone, che immediatamente saltò via. La ragazza rise.

«Complimenti, non me l’aspettavo! Kaito usa sempre le colombe...»

I due gemelli, da consumatissimi uomini di spettacolo s’inchinarono davanti alla loro spettatrice.

«Prendetevi cura di Kaito.»

I due gemelli afferrarono il prestigiatore e gli scompigliarono i capelli: «Accettiamo la missione, madamigella, conta pure su di noi!»

Aoko rise ancora: «Vi aspetterò al vostro prossimo viaggio in Giappone.»

«Ci contiamo.»

La ragazza fece l’occhiolino: «O magari la prossima volta vengo io in Inghilterra, che ne dite?»

I Malandrini ebbero un attimo di imbarazzo: «Ehm... chissà...»

Aoko sorrise: «Buon viaggio di ritorno!»

Poi salutò Kaito con la mano: «Noi, invece, ci vediamo domani?»

«Va bene. Buona serata, ciao!»

Il gruppetto salutò la ragazza che si allontanava verso casa, chi con la mano, chi, come i gemelli, con il fazzoletto bianco, fingendo lacrime di commozione. Solo quando Aoko fu fuori portata d’orecchio, Kaito ridacchiò: «Carino, il trucco con la Cioccorana

«Il regolamento ci vieta di fare magie fuori da scuola ancora per quest’anno, ma non di aprire una confezione di dolci mentre nessuno guarda...»

«Penso che potreste davvero diventare dei bravi prestigiatori, la manualità non vi manca. Dai, torniamo da Akako. Ah, giusto, a proposito di souvenir...»

Esattamente come aveva fatto a pranzo con il finto ramoscello di ciliegio, Kaito tirò fuori un paio di bacchette per uno.

«Se volete continuare ad esercitarvi... altrimenti, se proprio vi arrendete...»

Allo stesso modo estrasse anche un paio di forchette di plastica, che porse ai gemelli.

«No, scusa... avevi le posate?»

«E perché non ce le hai date prima?»

«Mi divertivo troppo a vedervi litigare con le bacchette...»

Il percorso fino a casa di Akako lo fecero correndo, con Kaito che cercava di scappare da Fred e George, intenzionati a picchiarlo, e Sheridan che li seguiva per non rimanere indietro.

 

«Sei proprio sicuro?»

«Sicurissimo.»

«Il Campionato mondiale di Quidditch è un’occasione unica! Se è per i biglietti puoi stare tranquillo, papà al lavoro non ha alcun problema a procurarsene uno in più per te!»

Kaito sorrise: «Vi ringrazio, ma lo sapete, il Quidditch non mi piace e vorrei approfittare del tempo disponibile per stare un po’ a casa.»

Sheridan annuì: «Tranquillo, non ci vado neanche io... i miei vogliono partire proprio in quel periodo.»

Fred si arrese: «Capisco... era una bella occasione per rivederci.»

Il prestigiatore incrociò le braccia: «Davvero non vi basta tutto l’anno scolastico? Da settembre ci vedremo tutti i giorni...»

Akako tossì: «Allora? Per quanto devono andare avanti questi convenevoli?»

Kaito sospirò: «Andate, dai. Ci rivediamo a settembre!»

«Ti aspettiamo! Ciao!»

«Ciao!»

Quando anche l’ultimo Malandrino sparì nelle fiamme verdi, Kaito sospirò di sollievo. Nonostante i mille imprevisti, era filato tutto sostanzialmente liscio.

«I patti sono patti, Kaito. Da qui in poi tutto come prima.»

«D’accordo. Alla prossima, Akako

Kaito si avviò verso casa, ripensando all’intera giornata, a tutto quello che era stato detto e fatto. Davvero erano riusciti a non far sospettare di nulla Aoko?

Arrivato sulla porta di casa, inaspettatamente trovò sua madre ad attenderlo.

«Allora, i tuoi amici sono partiti?»

Kaito entrò in casa: «Sì, tranquilla, è tutto a posto.»

Chikage, alle sue spalle, sorrise un po’ tristemente: «Capisco.»

Poi assunse improvvisamente un’aria allegra e un po’ civettuola: «Ah, Kaito?»

«Sì?»

«Volevo avvertirti che quando partirai per andare a Hogwarts, partirò anch’io.»

Kaito la guardò sorpreso: «E dove vai?»

La donna finse di essere pensierosa: «Credo a Las Vegas... là ci sono un bel po’ di aitanti prestigiatori...»

Il ragazzo si preoccupò: «Ehi, ehi, un attimo! Non starai mica cercando un nuovo marito?»

«Sono ancora una bella donna, penso di avere il diritto di potermi ancora guardare intorno, no?»

Kaito la guardò spiazzato, e Chikage continuò: «Stai tranquillo, continuerò a inviarti tutto, come ho sempre fatto. Non cambierà nulla.»

Si avvicinò come per dare un bacio sulla guancia al figlio. Con sorpresa di Kaito, però, la madre invece gli sussurrò all’orecchio: «E perdonami, se puoi...»

«Perdonarti di cosa?»

Ma invece di rispondergli, la donna si chiuse nel bagno. Kaito bussò.

«Ehi, perdonarti di cosa? Stavi scherzando prima con la storia del cercarti un altro marito, vero? Mamma! Mamma! E rispondimi!»

Inutile, già lo sapeva. Se sua madre aveva deciso di fare la misteriosa, non gli avrebbe mai risposto. Il ragazzo, stanco, si limitò a sospirare.

«Mamme... chi le capisce è bravo!»

 

 

E rieccomi qua! E con questo abbiamo concluso anche il Prigioniero di Azkaban... e non mi dite che non avete nulla da leggere, stavolta!

Intanto una piccola nota: il tour giapponese che avete appena letto è realistico e davvero realizzabile in due giorni. Per realizzarlo ho chiesto aiuto a una mia amica (grazie Noemi!) che è stata davvero in Giappone e con cui ho concordato luoghi da visitare, tempi di visita, orari... eravamo arrivate al punto tale da discutere del prezzo dei biglietti della metropolitana! XD

Mi sono anche procurata delle guide turistiche, cartine, fotografie e mi sono persino vista un paio di TG in giapponese (non capendoci una parola), per cercare di ricreare al meglio l’atmosfera e lo spaesamento per persone che, come me, non conoscono il paese del Sol Levante ma ne subiscono il fascino... oltre ovviamente alla confusione da “mondo babbano” di Fred e George! Insomma, ce l’ho messa tutta per scriverlo, spero che renda e che vi piaccia!

Alcune note sul capitolo: a un certo punto compare un personaggio con la spada, che viene poi cercato da un gruppetto accompagnato da una tigre. Si tratta di una citazione a un altro manga di Gosho Aoyama (l’autore di Kaito Kid), ovvero Yaiba, la storia, ambientata tra l’altro nello stesso periodo di quella di Kid (nei rispettivi manga di trovano riferimenti a vicenda) di un piccolo samurai legata alle spade delle divinità Fujin e Raijin... quando ho visto che nel tempio c’erano proprio le loro statue, non ho resistito all’idea di inserirlo per un piccolo cameo. Potete trovarlo anche nel primo OAV di Detective Conan (anche se, lasciatemelo dire, è veramente pessimo... hanno riadattato un capitolo crossover fra Kaito Kid e Yaiba aggiungendo a forza anche Conan, che all’epoca non era nemmeno stato creato...). L'apparizione dei cosplayer di Lupin III è una citazione al film "Detective Conan VS Lupin III", dove Lupin si traveste da Kid (e dove giustamente lui si vendica sul finale). L’altra nota è legata al viaggio a Las Vegas di Chikage. Il motivo principale della sua partenza, in realtà, è permettermi di allineare la storia agli ultimi sviluppi del manga e dell’anime. Nel manga originale, la mia base per questa storia, era una casalinga; nelle ultime storie l’autore ha deciso di farla diventare una giramondo, e quindi mi sono adeguata... Gosho, Gosho, mi farai impazzire con questi tuoi cambiamenti!

Dunque, intanto devo ringraziare la marea di recensioni (avete raggiunto il record del primo capitolo, grazie!) al capitolo precedente, quindi, uno per uno: Elelali_chan, sophi33, Lunaby, mergana, _SayayMagicSuicune_, Fogli, Zoey Charlotte Baston e darkroxas92.

Un’informazione di servizio per concludere: probabilmente i capitoli di questa e delle altre storie in corso subiranno un rallentamento, non per cattiveria né per mancanza d’ispirazione, anzi, ma perché quest’anno sarà davvero tosto, devo, oltre che i soliti esami e pasticci universitari, scrivere anche la tesi di laurea, quindi le fan fiction, a malincuore, finiranno un pochino in secondo piano. Ma tranquilli che non vi abbandono!

Dunque, dovrei aver detto tutto. Vi aspetto al prossimo capitolo... si ritorna già a scuola! Ma credete davvero che questo andirivieni fra il Giappone e l’Inghilterra passi inosservato a chi è già sospettoso di natura?

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 30
*** Le regole del gioco ***


Le regole del gioco

 

La donna guardò preoccupata il ragazzo: «Ne è proprio sicuro, signorino? È un lungo viaggio.»

Dopo aver guardato a lungo un orologio a cipolla, sospirando le diede un bacio sulla fronte: «Non devi preoccuparti di nulla, tata. Dopotutto fino a poco tempo fa era un viaggio che facevo abitualmente, no? Sai come sono fatto, devo arrivare a fondo del mistero.»

La tata si arrese con un sorriso stanco: «Lo so bene, signorino. Non mi resta che augurarle buon viaggio.»

«Ti ringrazio, tata.»

Il ragazzo prese i bagagli e si diresse verso il check-in, non prima di aver controllato un’ultima volta l’orologio: «Sono le 16, 24 minuti e 12 secondi... tra esattamente otto ore scoprirò il tuo mistero, Kaito Kuroba, parola di Hakuba Saguru

 

Facendo attenzione a nascondere i suoi biondi capelli sotto il cappello, il detective si accomodò al suo posto. Usufruendo del computer di suo padre, ispettore capo della polizia di Tokyo, era riuscito a scoprire che il suo ex compagno di classe aveva comprato un biglietto aereo per l’Inghilterra e immediatamente aveva provveduto a fare lo stesso acquisto, premunendosi di prenotare un posto abbastanza lontano da non essere notato, ma non troppo da non poter tenere d’occhio chi doveva pedinare. Questa volta non era interessato a trovare le prove definitive per poterlo accusare di essere Kaito Kid. Quello che più aveva tormentato la mente di Hakuba era capire dove andasse Kuroba tutti gli anni. Aveva rivoltato i programmi di tutti i college e gli istituti scolastici della Gran Bretagna, ma in nessuno di essi aveva trovato anche un minimo riferimento a corsi di prestidigitazione. Se avesse semplicemente deciso, come lui anni prima, di frequentare un normale college per migliorare l’inglese, non ci sarebbe stato motivo di nasconderlo. E allora, cosa mai andava a fare per tutti quei mesi? Le ipotesi erano state tante, le più disparate e quasi fantasiose; a un certo punto era arrivato a credere che il corso che il ragazzo andasse a frequentare fosse un aggiornamento per ladri. Ma ormai il tempo delle ipotesi era finito. Era arrivato il tempo delle risposte.

 

Hakuba si concesse un sorrisino, molto piccolo. Il decollo si era svolto senza problemi e, a distanza di tre ore, Kuroba sembrava non essersi accorto della sua presenza. Il grosso giornale in lingua inglese non impediva al detective di controllare come occupasse il tempo il suo bersaglio e rimase sorpreso nel vederlo prendere dei fogli e ripassare, come un comune studente. Sarebbe stato interessante poter leggere cosa ci fosse scritto, ma avvicinarsi ulteriormente sarebbe stato un azzardo che non aveva la minima intenzione di compiere. Un dettaglio, però, lo incuriosì non poco: ogni tanto, fra fogli di carta comuni, faceva capolino un foglio decisamente diverso, più spesso e giallognolo, tenuto arrotolato come un papiro. Per un attimo li aveva scambiati per pergamene antiche, magari trafugate, ma osservandole meglio aveva dovuto ricredersi, quei fogli non erano poi così vecchi né rovinati. Tuttavia il dubbio gli era rimasto: di che materiale si trattava? Dove poteva esserselo procurato Kuroba? E, soprattutto, cosa ci era scritto di così importante da costringere il ragazzo a rileggerli più e più volte?

Dopo che il pasto fu servito, il prestigiatore controllò ancora un paio di volte i suoi fogli, per poi ritirare tutto e mettersi a dormire. Il suo sonno però non fu dei più tranquilli. Benché lo stesso Saguru si fosse concesso un pisolino, il detective si risvegliò istintivamente all’udire il sonno di Kuroba farsi sempre più agitato. Il ragazzo si muoveva borbottando qualcosa d’indistinto. Forse a un certo punto Hakuba aveva potuto distinguere in quei borbottii la parola “papà”, ma non sarebbe stato così sicuro da poterlo testimoniare in tribunale. Quello di cui invece poté essere certo fu il risveglio brusco di Kuroba, che si drizzò a sedere di colpo, madido di sudore e con il fiatone. Il ragazzo rimase lì ancora per qualche secondo, poi prese un fazzoletto, si asciugò la fronte e dopo averlo riposto nell’apposito cestino, si girò dall’altra parte e si rimise a dormire come se nulla fosse successo, e così fece anche Saguru.

 

Hakuba aveva con sé solo uno zaino, in modo da poter viaggiare leggero e, soprattutto, evitare il recupero bagagli e non perdere mai di vista il suo obiettivo.

Kuroba invece impiegò molto tempo a recuperare un carrello per i bagagli e Saguru ne comprese il motivo solo quando lo vide ritirare, con non poca fatica, un enorme baule e una gabbietta contenente una colomba. Il detective ne rimase perplesso. La colomba poteva capirla, nel mestiere del prestigiatore poteva effettivamente essere utile, ma il baule? Aveva visto molte volte i “bauli” che i prestigiatori usavano per numeri come quelli delle persone scomparse o tagliate in due, ma in realtà l’unica cosa che avevano in comune con gli oggetti comunemente reperibili era la forma a parallelepipedo, perché erano dotati di doppi fondi e apposite fenditure dove infilare spade e coltelli. Quello, invece, era un baule vero e proprio, e a giudicare dalla fatica con cui Kuroba lo spingeva, era anche ben riempito.

«Dai, Aoko, su, ancora un po’ di pazienza, tra un po’ potrò farti uscire dalla gabbia...»

Saguru si concesse un sorriso amaro all’udire il nome della colomba. Con Nakamori faceva tanto il duro, e poi...

Con discrezione aspettò che il ragazzo riuscisse a caricare il baule nel bagagliaio del taxi, poi salì a sua volta su un’altra vettura.

«Segua quel taxi. Avrà una mancia extra se riuscirà a non perderlo di vista.»

L’inseguimento proseguì senza intoppi. Il taxi si fermò davanti alla stazione ferroviaria di King’s Cross, e prima che Kuroba scaricasse i suoi bagagli su un altro carrello, Saguru ebbe tutto il tempo di pagare l’autista ed appostarsi in modo da non perderlo di vista. Il prestigiatore spingeva il carrello usando tutte le sue forze e controllando freneticamente l’orologio. L’occhio del detective andò al tabellone dei treni in partenza. Per correre in quel modo, Kuroba doveva essere in ritardo e gli unici treni in partenza erano uno diretto a Bristol e un altro in partenza per Glasgow. Tuttavia il ragazzo andò in tutt’altra direzione, verso i binari nove e dieci, da cui non sarebbe partito nessuno dei due treni in questione. L’attenzione di Saguru venne attirata dalla quantità di gente che si affollava verso quei due binari nonostante non ci fossero treni in imminente partenza. Un paio di ragazzini avevano persino un baule e una gabbia contenente un volatile, esattamente come Kuroba. Il suo istinto di detective gli stava gridando a gran voce che era sulla strada giusta per scoprire il mistero. La folla, però, rendeva molto più difficile il suo pedinamento. Decise di rischiare e si avvicinò ulteriormente. Ecco, ora poteva vedere distintamente Kuroba che, rimasto l’unico in giro con baule e gabbietta, si guardava intorno sospettoso un paio di volte, prima di prendere un profondo respiro e...

Saguru si strofinò gli occhi un paio di volte. Cos’era successo? Dov’era finito Kuroba?

L’aveva visto avvicinarsi al muro e poi... puff, sparito!

Il detective s’impose la calma. Non doveva scordarsi che quel ragazzo, prima di essere Kaito Kid, era un prestigiatore, e per questa categoria di individui la sparizione era tutt’altro che impossibile. Forse si era accorto di essere seguito e aveva provato a seminarlo così. Si avvicinò al muro fra i binari nove e dieci e lo osservò con attenzione. Niente giochi di specchi, né illusioni ottiche, quello sembrava essere proprio un solido muro. Ma quando fece per toccarlo per accertarsene, la sua mano oltrepassò quelli che sembravano essere in tutto e per tutto solidi mattoni e quasi lo trascinò dentro con sé. Passato il momento di sfasamento dovuto alla perdita dell’equilibrio, per Saguru fu impossibile mantenere la sua classica espressione neutra. Il suo volto solitamente impassibile si permise il lusso di aprire leggermente la bocca e di sbarrare gli occhi: là, nascosto in una maniera che per il momento il detective non sapeva spiegarsi, era celato un binario intero, comprensivo di folla, vestita con fogge quantomeno curiose, e di un enorme treno storico a vapore, che sbuffava pronto alla partenza. Il detective inghiottì a vuoto un paio di volte: di prestigiatori bravi ne aveva visti, ma non così tanto da riuscire a far sparire un intero binario! Per la prima volta nella sua vita, dovette ammettere a se stesso di essere rimasto completamente spiazzato. Restò per qualche minuto a guardarsi intorno, alla disperata ricerca di un trucco, uno qualunque che potesse giustificargli la comparsa improvvisa di tutto quello, fino a che il fischio del treno lo risvegliò. Forse Kuroba si stava effettivamente dirigendo in un istituto per prestigiatori di alto, altissimo livello per poter tentare un trucco del genere. Ormai era giunto fino a quel punto e c’era solo un modo per poter venire a capo della questione; mescolandosi ad altri ragazzi, Saguru salì sul treno che alle undici in punto partì. Solo quando la vettura si mosse, il detective notò la denominazione di quel binario fantasma.

«Nove e tre quarti? Cos’è, uno scherzo?»

Ma non ebbe il tempo di controllare una seconda volta, perché il treno curvò verso dolci collinette verdi. Saguru, ancora affacciato al finestrino, alzò la testa: nuvole scure si stavano addensando sopra le loro teste, preannunciando un brutto temporale. Il ragazzo ritirò la testa, prendendo un profondo respiro e controllando, come sua abitudine, il cipollotto.

«Sono le 11, 3 minuti e 7 secondi... è ora di scoprire il mistero.»

 

Kaito si abbandonò sul sedile, tutto sudato: «Appena in tempo...»

Sheridan sospirò: «Se tardavi ancora qualche minuto non ce l’avresti fatta, lo sai, vero?»

«Non è colpa mia se l’aereo ha tardato il check-in! E con il traffico per strada... comunque, grazie ancora per avermi preso il materiale a Diagon Alley

La ragazza sorrise: «Prego.»

«Appena mi specializzo ancora un pochino nella Smaterializzazione non dovrei più avere questo problema.»

Fred si avvicinò, con aria seria: «A proposito di problemi, Kaito...»

George fece lo stesso: «... ci servirebbe un consiglio... tecnico.»

Kaito li guardò perplesso: «Se posso...»

I gemelli abbassarono la voce: «Sappiamo che sei un ladro, ma come te la cavi con le truffe?»

«Perché noi ne abbiamo subita una durante il Mondiale di Quidditch e vorremmo trovare una soluzione.»

Il prestigiatore sorrise: «Seria o malandrina?»

«Tu cosa suggerisci?»

 

Saguru si aggirava sul treno, sbirciando curioso negli scompartimenti dal corridoio. Più passava il tempo e più si stava convincendo che forse Kuroba non aveva mentito. Molti ragazzi, d’età media però decisamente più piccola di quanto si fosse aspettato, sembravano effettivamente esercitarsi in vari trucchetti, sempre utilizzando una bacchetta di legno, per fare scena. Aveva assistito a una levitazione decisamente ben fatta, i fili trasparenti non si erano visti neanche in controluce. Si era dovuto appiattire contro una parete per non farsi notare da una signora, in abiti decisamente kitsch, che spingeva quello che sembrava essere un carrello portavivande dai prodotti colorati, che il ragazzo non era stato in grado di riconoscere al volo. Si rese conto che più il tempo passava e meno facile sarebbe diventato per lui confondersi fra i passeggeri: avevano infatti iniziato ad indossare delle divise nere, di cui lui era ovviamente sprovvisto. Doveva approfittare di tutto il tempo che gli rimaneva per riuscire a scoprire quante più informazioni possibili. Prese il telefono, deciso a controllare con il GPS la sua esatta posizione. Non riusciva ad orientarsi, tra il temporale in arrivo, i finestrini appannati, le scenografiche lanterne che erano state accese, di cui però non comprendeva l’effettiva utilità, e il panorama che sembrava essere sempre tutto uguale. Il cellulare, tuttavia, non diede segno di vita. Saguru alzò un sopracciglio. Non poteva essersi già scaricata la batteria, l’aveva ricaricata sull’aereo! E poi, ad osservare bene lo schermo, non era completamente nero, ma appariva a momenti alterni qualche pixel bianco, come se stesse facendo le bizze. Sospirando, rimise il telefono in tasca. Avrebbe messo anche questa in conto a Kuroba, eccome!

Si rimise in movimento, alla ricerca di qualche indizio. Un gruppo di ragazzini attirò la sua attenzione: era il classico gruppetto di bulli che sembrava volersela prendere con uno studente più piccolo. Uno degli aggressori tirò fuori la bacchetta di legno e la puntò contro la vittima, esclamando qualcosa che a Saguru sfuggì. Immediatamente sul volto del ragazzo iniziarono a comparire delle bolle rossastre e purulente, che fecero trasalire il ragazzo. Eh no, qua era qualcosa di più di uno scherzo di cattivo gusto. Forse avrebbe dovuto intervenire, ma una domanda continuava a tormentarlo: come aveva fatto? Sì, esistevano sostanze irritanti, ma non ad effetto così rapido. E anche se gliele avesse messe in precedenza, come poteva prevedere in modo così preciso il momento dello sfogo? C’era qualcosa che non gli quadrava. Fece per avvicinarsi ai ragazzi per chiedere spiegazioni, quando un ragazzo più grande si avvicinò scacciandoli, per poi chinarsi sulla vittima. Dopo averla consolata, tirò fuori a sua volta la bacchetta e, bofonchiando qualcosa, la puntò nuovamente verso il ragazzo: le pustole sparirono immediatamente senza lasciare traccia alcuna. Saguru deglutì nuovamente a vuoto, cercando di mantenere la calma. Come? Come era possibile far apparire irritazioni cutanee in modo tanto repentino e poi farle sparire così subitaneamente, senza lasciare segni?

Tornò sui suoi passi, cercando di mantenere la calma e la lucidità, ma un altro strano fenomeno attirò la sua attenzione. All’interno di uno scompartimento un gruppetto di ragazzini, con le ormai canoniche bacchette, era riunito attorno a un topo. Uno disse qualcosa che nuovamente Hakuba non comprese, e poi, sotto i suoi occhi, senza che nessuno si avvicinasse o toccasse nulla, il topo si contrasse e mutò la sua forma, fino a diventare una sorta di calice, ancora dotato però di pelliccia e coda.

Il ragazzino si lamentò: «Oh no! Non mi riesce ancora bene... la McGranitt stavolta mi trasfigura in un asino, altroché...»

Saguru rimase senza fiato. No, stavolta non solo non aveva trovato il trucco, ma non aveva nemmeno la più pallida idea di dove andarlo a cercare. Si allontanò nuovamente, cercando un finestrino o un balconcino da dove prendere una boccata d’aria, ma qualcosa gli saltò in mano all’improvviso. D’istinto l’afferrò al volo, per poi osservarla con più attenzione: era una ranocchia marrone, che si dimenava fra le sue dita. Nulla di strano, se non fosse stato per il dolce profumo familiare che emanava...

Un ragazzino uscì dallo scompartimento adiacente: «Oh, hai preso la mia Cioccorana! Ti ringrazio!»

Hakuba fece due più due: «Questa... è una rana... di cioccolato?»

Il ragazzo gli restituì lo sguardo più innocente di questo mondo: «Certo! Anzi, aspetta...»

In un lampo la strana rana gli fu tolta dalle mani e il ragazzo la spezzò a metà: «Tieni! Per ringraziarla di averla presa. Ciao, ci vediamo a Hogwarts!»

Saguru rimase sconvolto da quello che gli era rimasto tra le dita: le zampe posteriori della rana che aveva in mano, indubbiamente composte da puro cioccolato, che si dimenavano ancora, come fossero vive.

Il suo volto perse la sua naturale impassibilità, permettendosi una smorfia, mentre il suo colorito divenne improvvisamente verdognolo.

 

Kaito bussò un paio di volte alla porta dello scompartimento, poi entrò, seguito a ruota da Sheridan: «Possiamo?»

Hermione li accolse con un sorriso, abbassando il libro “Manuale di Incantesimi, volume quarto: «Certo, entrate pure. Qua si parla solo di Quidditch...»

Kaito alzò gli occhi al cielo, notando solo allora Harry, Ron, Seamus, Dean e Neville: «Ancora? E io che sono scappato da Fred e George proprio perché avevano cominciato a discutere di statistiche con Lee Jordan...»

Una parola del discorso dei ragazzi attirò l’attenzione di Sheridan, che iniziò a intervenire nella discussione. Kaito sospirò: «Alé, ho perso pure lei...»

Hermione rise, per poi fargli posto affianco a lei. Il prestigiatore le chiese: «Tu invece cosa fai?»

La ragazza mostrò il libro: «Cerco d’imparare un incantesimo di Appello.»

Kaito ridacchiò: «Utile per gli insegnanti, senza dubbio.»

La ragazza lo fulminò con lo sguardo e il prestigiatore la rimbeccò: «E dai, non si può neanche più scherzare, adesso? Sei troppo seria, alle volte! Capisco che con quello che vi capita ogni anno sei sempre in guardia...»

«In che senso?»

«E me lo chiedi? Ogni anno avete a che fare con il Tizio-Innominabile-Altrimenti-Scateni-Una-Fuga-Di-Panico-Di-Massa! Il primo anno c’è stato il fantasma nel diario, poi il topo-traditore...»

Hermione sorrise: «Ti sei perso l’anno prima che tu arrivassi ad Hogwarts... lì Harry lo ha incontrato faccia a faccia!»

«Ecco, grazie, questa mi mancava. Allora, cosa faceva quella volta il nostro Stregone Oscuro preferito?»

«Cercava di mettere le mani sulla Pietra Filosofale.»

Kaito si mostrò incuriosito: «Di cosa si tratta?»

Hermione sembrava non aspettare altro che di poter cominciare una dettagliata spiegazione: «È una pietra rossa con la quale è possibile distillare l’Elisir di lunga vita. È stata creata da Nicolas Flamel, che grazie ad essa è rimasto in vita per...»

Ma Kaito non l’ascoltava più: «Scusa un attimo... Elisir di lunga vita? Una cosa che rende... immortali?»

«Bé, sì, finché lo si assume... dopodiché si muore, naturalmente. Con la distruzione della Pietra, infatti, Flamel e la moglie sono morti e...»

Kaito sembrava sempre più concitato: «Distrutta?»

Hermione era confusa: «Sì... Harry l’ha polverizzata per impedire a Tu-Sai-Chi di prenderla.»

«E... per caso questa Pietra era contenuta in un gioiello? Magari di grosse dimensioni?»

«No, Harry l’ha presa da dentro uno specchio... ma Kaito, che ti succede? Perché sei così agitato?»

Hermione non poteva capire perché il prestigiatore avesse perso d’un tratto la sua faccia da poker. Quella Pietra Filosofale aveva fin troppe similitudini con Pandora: colore, potere... d’accordo, era stata trovata in uno specchio e non in un gioiello, ma in fondo la sua unica fonte era una frase ascoltata di nascosto dagli assassini di suo padre, non aveva idea di dove potessero aver reperito l’informazione. Magari era stata tradotta o compresa male, non era impossibile...

Se davvero le cose fossero state come diceva Hermione, tutto avrebbe perso senso: l’esistenza stessa di Kaito Kid, i furti, la sua iscrizione ad Hogwarts... poteva essere stato tutto inutile, perché forse Harry aveva collateralmente svolto per lui il suo compito ben prima di conoscerlo. E allora che senso avrebbe avuto continuare?

«No, scusami, Hermione, mi hai solo fatto tornare in mente una vecchia storia... ti lascio studiare in pace, scusami.»

«Sicuro che vada tutto bene?»

«Sì, stai tranquilla. Magari, se puoi, mandami Sheridan, quando ha finito di parlare di Quidditch.»

«Va bene, a dopo.»

Kaito sospirò leggermente uscendo dallo scompartimento. Un'altra cosa da mettere in conto alla famosa chiacchierata con il preside che l’attendeva da un anno. Si guardò intorno, malinconico. Stava davvero prendendo a cuore la faccenda di Kaito Kid, se gli sembrava persino di vedere Saguru poco più avanti nel corridoio...

Strinse gli occhi per mettere a fuoco la figura nella penombra. Eh no, quella non era un’allucinazione. Quello era davvero Saguru!

«Saguru

Il ragazzo lo fissò con aria terrorizzata, per poi darsela a gambe levate. Solo in quel momento Kaito realizzò la gravità della situazione. Un Babbano sull’Espresso di Hogwarts! Questa la McGranitt non gliel’avrebbe perdonata, poco ma sicuro.

Con malagrazia, Kaito riaprì lo scompartimento, afferrò per il braccio la povera Sheridan e, ignorando altamente le sue proteste, la trascinò fuori.

«Presto, vai ad avvertire qualcuno! Uno dei detective che mi sta sempre alle costole è qui!»

«Qui? Sul treno?»

Kaito alzò lo sguardo: «No, guarda, qui, nel nostro stesso universo! E dove, sennò? Muoviti, io cerco di fermarlo prima che faccia troppi danni!»

Sheridan si fece subito seria: «Corro!»

Kaito attraversò il corridoio a falcate. Come aveva fatto quel testone di Saguru ad arrivare fino a lì? Da quel che sapeva Hogwarts era ben fornita di incantesimi per fermare le persone non dotate di poteri magici. A meno che il famoso gufo non si fosse perso per strada anche il detective rompiscatole, ma ne dubitava fortemente.

«Saguru! E dai, fermati, che ti prende?»

C’era qualcosa di decisamente anomalo, non era da lui comportarsi così. Cosa poteva essere successo? A parte trovarsi in un treno pieno di maghi e inseguito da chi di solito doveva essere cacciato... situazione ironica, a pensarci bene, ma non era il momento di perdersi in battute.

Il detective non rallentò per nulla, dirigendosi con decisione verso il fondo del treno. Solo quando, aprendo l’ennesima porta, si ritrovò di fronte a un piccolo balconcino esterno capì che la sua corsa era finita. Kaito lo raggiunse in pochi secondi e si mise di fronte a lui, bloccandogli ogni via di fuga. Aveva finalmente iniziato a piovere e i due ragazzi stavano per inzupparsi ben bene, ma la cosa in quel momento era secondaria. Il prestigiatore guardò preoccupato l’ex-compagno di classe. Il ragazzo biondo era agitato come mai l’aveva visto prima di quel momento: era pallido, con gli occhi sbarrati all’inverosimile, tanto che quasi sembrava potessero uscirgli dalle orbite, e tremava visibilmente. Il prestigiatore iniziò a pensare che il ragazzo volesse fare qualche gesto estremo, e si tenne pronto, con ogni muscolo e con ogni nervo teso e pronto a scattare, per impedirglielo.

Nonostante il sincero spavento, Kaito s’impose la faccia da poker e mostrandosi molto più tranquillo di quanto in realtà non fosse, chiese: «Saguru, cosa ci fai qui?»

La risposta del detective lo face trasalire dalla sorpresa. Il tono con cui Hakuba parlò, infatti, era a dir poco isterico.

«Cosa ci faccio io qui? Me lo sto chiedendo anch’io, da un po’... ma potrei dirti lo stesso: cosa ci fai tu qui?»

Kaito stava cercando il modo più pacato per rispondergli, ma Saguru non gliene lasciò il tempo e riprese a parlare in modo ancora più concitato: «Tu sei uno di loro, vero? Certo, certo che lo sei, hai la stessa divisa...»

Il prestigiatore si decise ad intervenire: «Per favore, calmati. Cos’è successo?»

«Io volevo solo sapere dove andavi tutti gli anni... non esiste una scuola per prestigiatori in Inghilterra, l’avevo appurato, ne ero certo... forse, ora non so più di cosa essere certo. Ti ho seguito, sì... ti ho pedinato, il pedinamento è la base di ogni buon detective, no? Sono arrivato a King’s Cross e lì sono iniziate le stranezze...»

Kaito faticò a mantenersi calmo, mentre Saguru continuava il suo sproloquio isterico: «Ti ho visto... attraversare un muro! Semplice, mi sono detto, un banale gioco di specchi, un ologramma ben costruito, tutte cose che i prestigiatori sono in grado di fare... ma poi ci sono passato anch’io attraverso quel muro e ho trovato... un binario! Un binario intero che prima era totalmente invisibile! A quel punto la tesi della scuola per prestigiatori prendeva corpo, perché per nascondere questo treno...»

E batté il piede a terra un paio di volte, come per assicurarsi che fosse reale.

«... bisognava essere molto più bravi di come fossi tu. Così sono salito, per scoprire dove andassi... e qua... qua ho cominciato ad impazzire!»

Di colpo il detective lo prese per il bavero: «O almeno, dimmi che sono pazzo, Kuroba, perché non posso aver visto quello che ho visto! Passi la levitazione o il cambio di colore, sono cose che voi prestigiatori fate continuamente... ma i brufoli che appaiono e scompaiono in due secondi! Brufoli veri, non finti! Li conosco i trucchi da palcoscenico, so come si fanno, e quelli ti assicuro che non lo erano! E poi il topo che diventa un calice, con tanto di coda che si muove ancora! E la rana...»

Kaito iniziava un po’ a perdersi: «La... rana?»

Hakuba lo sbatacchiò, come se l’altro non potesse capire la sua agitazione: «La rana di cioccolato! Che si muove! E non è finta, oh no... l’ho spezzata a metà, c’è solo cioccolato e si muove ancora... niente fili, niente trucchi! Ma una cosa del genere non può esistere... eppure ce l’ho qua, in tasca... e allora dimmi, Kuroba, dimmelo tu, perché io non ci sto capendo più niente... cos’è questo posto?»

Il ragazzo rimase spiazzato. Hakuba Saguru, uno dei più grandi e razionali detective esistenti... abbattuto psicologicamente da una Cioccorana! E adesso? Cosa doveva fare? Come poteva dirgli che quello a cui aveva assistito era solo una minuscola parte di un mondo che andava ben al di là delle sue capacità logiche e cognitive?

Un fulmine illuminò il cielo a giorno e Kaito, con la coda dell’occhio, intravide Hogwarts. Notò distintamente lo sguardo di Saguru seguire la stessa direzione e il panico iniziò a travolgerlo. L’aveva vista? Dalla sua reazione parve di no. Forse era troppo buio, forse bisognava sapere dove guardare, o forse c’era  qualche incantesimo a protezione delle persone non magiche. Mentalmente si rifiutava di categorizzare Saguru come “Babbano”, gli sapeva di dispregiativo, quando invece, nonostante tutti i loro trascorsi, aveva un’alta considerazione del ragazzo. Proprio per questo, averlo lì, quasi fra le sue braccia, indifeso come un neonato e in piena crisi di nervi, gli faceva pena e impressione.

Prima di parlare prese un profondo respiro, che sapeva più di acqua che di ossigeno. Il treno stava già rallentando e la stazione di Hogsmeade era in vista.

«Capisco che quello che mi hai raccontato ti abbia sconvolto, davvero. Io non ho reagito molto meglio di te, la prima volta che ho visto questi strani fenomeni... insomma, mi hanno trasformato l’armadio in un gatto.»

Saguru lo guardò allucinato: «Eh?»

Kaito, rimanendo in equilibrio nonostante la frenata del treno, a cui il detective non fece praticamente caso, cercò di allontanarsi leggermente dal ragazzo e riprese a parlare molto lentamente, per assicurarsi che il suo interlocutore comprendesse e per poterne tenere d’occhio ogni mossa: «Per quanto possa sembrarti assurdo, ho scoperto che esiste un mondo che funziona con regole ben diverse da quelle logiche e razionali a cui siamo abituati. Un mondo in cui ti sarebbe impossibile risolvere un caso come fai normalmente. Un mondo di cui, mio malgrado, mi ritrovo a fare parte. Un mondo che si basa sulla magia.»

«Magia?»

«Già. E non la magia a cui ti ho abituato io, qua possono fare cose che persino con i miei trucchi sarebbero impossibili.»

«E anche tu puoi fare questa magia?»

Kaito ridacchiò: «In teoria a quanto pare sì, ma ammetto di non essere poi così bravo. Me la cavo sempre meglio con i miei trucchi da saltimbanco.»

«Ma allora, quando ci siamo scontrati...»

Kaito scosse la testa: «Oh no, nei panni di Kaito Kid uso sempre e solo pura prestidigitazione, te l’assicuro! Non mi piacciono le sfide disoneste, e con te in particolare voglio combattere ad armi pari. Di qualunque meraviglia vedrai uscire dalle mie mani potrai sempre scoprire il trucco, garantito!»

Il ragazzo sospirò, prendendo una pausa, poi continuò: «Anche io inizialmente ero molto scettico su tutto questo, ma se ho accettato di venire qui è solo per poter scoprire la verità sull’assassinio di mio padre.»

«Di tuo padre?»

«Già, il famoso prestigiatore Toichi Kuroba, il primo Kaito Kid, ucciso perché aveva scoperto qualcosa di fin troppo strano... qualcosa probabilmente di magico. È stato messo a tacere, ma io voglio scoprire la verità. Per questo ho indossato i suoi panni, per questo ho accettato di vivere anche in questo mondo pieno di stranezze, meraviglie e pericoli. Sono convinto che qui troverò le risposte che continuando ad agire come ho sempre fatto non avrei mai trovato.»

Saguru impiegò qualche minuto a comprendere davvero tutto quello che il prestigiatore, pardon, mago, gli aveva rivelato. Poi parlò, con un tono finalmente più tranquillo: «Perché? Perché mi stai dicendo tutto questo?»

Kaito allargò le braccia: «Perché hai vinto, Saguru! Hai scoperto il mio segreto, anzi, hai scoperto il segreto di una comunità magica che si nasconde da secoli! Complimenti, non era affatto semplice, sai? E quindi pensavo che un premio ti fosse dovuto.»

«Allora verrai a costituirti? Se hai iniziato la tua carriera di ladro solo per scoprire gli assassini di tuo padre, posso aiutarti, in modo legale. Non m’intenderò di... magia, ma a risolvere casi di omicidio me la cavo molto bene.»

Kaito sorrise, malinconicamente, mettendo con nonchalance una mano dietro la schiena: «So che lo faresti, credo alle tue parole, ma non posso accettare la tua offerta.»

«Perché?»

«Perché purtroppo non sono io a decidere le regole del gioco, questa volta. Fosse per me riconoscerei la mia sconfitta e ti seguirei, credimi, perché mi hai battuto su tutta la linea. Ma ci sono delle regole e delle leggi che devo rispettare anch’io. Mi dispiace, Saguru... credimi, non hai idea di quanto mi dispiaccia. Scusa.»

E mentre concludeva il conto alla rovescia con le dita dietro la schiena, Kaito si abbassò di scatto, permettendo alla McGranitt di colpire Saguru con un incantesimo. Il detective cadde a terra senza un fiato e il prestigiatore si precipitò da lui per controllarne lo stato di salute.

«Puoi stare tranquillo, Kuroba, l’ho solo schiantato. Rimarrà senza sensi per un po’.»

Kaito riprese a parlare inglese: «Complimenti per la mira, professoressa!»

La professoressa però non sembrava in vena di grandi confidenze: «Credo che tu mi debba qualche spiegazione, Kuroba. Chi è questo ragazzo e cosa ci fa qui?»

«Si chiama Hakuba Saguru ed è un mio ex compagno di classe, di quando frequentavo la scuola babbana. Ha da sempre la fissa di voler fare il detective, probabilmente non ha creduto alla bugia che mi sono inventato per poter venire qui e deve avermi seguito per scoprire la verità. A proposito, non ci sono degli incantesimi per evitare che le persone non magiche oltrepassino la barriera a King’s Cross?»

La donna sospirò: «Ovviamente, ma vengono abbassate per qualche minuto per permettere ai genitori babbani degli studenti di poter accedere alla banchina e salutare i figli in partenza. Il tuo amico dev’essere riuscito a passare fortuitamente pochi secondi prima che riattivassimo il blocco di sicurezza.»

Kaito ridacchiò: «Nulla di cui stupirsi, con lui! Grazie per avermi lasciato finire di parlargli, era sconvolto e non volevo lasciarlo così.»

«Ringrazia la signorina Pumpkin, piuttosto, che ha avvertito il macchinista e mi ha fatto precipitare fin qui. Per poco, scivolando sul pavimento mentre correvo fuori dal castello per Smaterializzarmi in stazione, non strozzavo la signorina Granger

«Mi scuserò con entrambe appena possibile... ma ora cosa succederà a Saguru? Gli cancellerete la memoria, vero?»

«Ovviamente, ma vista la gravità della situazione saremo obbligati a far intervenire il Ministero... proprio quest’anno dovevamo avere una falla nella sicurezza...»

«Perché? Deve succedere qualcosa di particolare?»

La McGranitt sollevò Saguru con un Wingardium Leviosa: «Lo scoprirai al momento opportuno. In ogni caso puoi stare tranquillo per la sorte del tuo compagno, probabilmente gli faranno credere di averti perso di vista alla stazione, ma tu dovrai stare più attento le prossime volte. Non ti saranno tolti punti per questa incresciosa situazione ma, davvero, gradirei che i tuoi viaggi sull’Espresso siano un po’ più tranquilli negli anni a venire.»

Kaito trattenne una risatina. E la McGranitt non era a conoscenza del suo giretto in deltaplano il primo anno!

«Farò del mio meglio. La ringrazio ancora.»

Fuori dalla stazione li attendeva Sheridan, già a bordo dell’unica carrozza rimasta, per ripararsi dalla pioggia battente. Kaito salì a bordo, seguito immediatamente dalla professoressa e da Saguru, che venne accomodato su uno dei sedili. Immediatamente le porte si chiusero e la carrozza partì.

Dopo qualche minuto di silenzio, Kaito provò a chiedere: «Mi scusi, ma se io imparassi come si deve la Smaterializzazione, non potrei presentarmi subito davanti alla scuola?»

O magari direttamente in Sala Grande per il banchetto, aggiunse mentalmente.

«No, Kuroba, non sarai ammesso se non ti presenterai alla stazione passando dalla barriera e non salirai sull’Espresso.»

«Peccato, era per evitare altri problemi con Saguru...»

La professoressa concesse un minuscolo sorrisino stanco: «Tu comincia ad imparare, eventualmente si troverà una soluzione. Ecco, finalmente siamo arrivati. Voi dirigetevi immediatamente in Sala Grande, io porterò il signorino nel mio ufficio e vi raggiungerò per la cerimonia di Smistamento. Dopo di questa, chiamerò il Ministero...»

Per un momento Kaito ebbe un po’ di sensi di colpa. Involontariamente aveva contribuito ad aumentare non poco il lavoro dell’insegnante.

La professoressa si allontanò portando con sé Saguru. Kaito e Sheridan si guardarono per qualche secondo, prima di concedersi un sorriso.

«Bé, è andata bene, no?»

«Ti è andata di extra lusso, hai idea di quanto hai rischiato stavolta?»

«Il rischio è il mio mestiere!»

La ragazza gli tirò un pugno sulla spalla: «Ma non il mio.»

Il prestigiatore le sorrise: «Su, dai, farò più attenzione, va bene? Adesso entriamo, però, ci staranno dando per dispersi.»

I due Grifondoro varcarono l’ingresso. La Sala Grande era magnifica come sempre, solo il cielo sopra le loro teste era annuvolato come mai prima d’ora. Con la coda dell’occhio il ragazzo notò che al tavolo dei professori c’erano parecchie sedie libere, ma ad attirare la sua attenzione furono soprattutto due gemelli dai capelli rossi che agitavano le mani, indicando due posti vuoti in mezzo a loro.

Non appena si avvicinarono, Fred diede una poderosa manata sulla schiena a Kaito: «Iniziavamo a credere che la piovra del lago vi avesse preso come cena! Dov’eravate finiti?»

Il ragazzo sorrise sedendosi: «Lunga storia, ve la spieghiamo dopo, promesso.»

George sussurrò all’orecchio: «Anche noi abbiamo qualcosa da dirvi, più tardi.»

Il prestigiatore annuì e rivolse la sua attenzione ai suoi compagni di classe. Non li vedeva da mesi ed erano ulteriormente cresciuti. In particolare, però, Colin sembrava essere preda di una strana frenesia.

«Che c’è, Colin? Ti hanno regalato una nuova macchina fotografica?»

Il ragazzo rispose saltellando sul posto, incapace di rimanere fermo: «No, no, sto aspettando mio fratello Dennis! Lo devono Smistare, non vedo l’ora!»

«Non mi dirai che tuo fratello gira con videocamere, vero?»

Ma non ebbe la sua risposta, in quanto le porte della Sala Grande si aprirono, e cadde il silenzio. La professoressa McGranitt guidò una lunga fila di ragazzini del primo anno fino all'altro capo del salone. Se Kaito aveva pensato di essere bagnato fradicio, cambiò idea non appena vide i nuovi arrivati: sembrava che invece di arrivare in barca avessero attraversato il lago a nuoto. Tutti tremavano di freddo e nervosismo mentre sfilavano lungo il tavolo degli insegnanti e si fermavano davanti al resto della scuola, tutti tranne il più piccolo, un ragazzino coi capelli color topo, avvolto in quello che sembrava proprio essere il cappotto di pelliccia di talpa di Hagrid. Il cappotto era così grande per lui che sembrava avviluppato in un tendone nero e peloso: il suo faccino spuntava da sopra il collo, quasi dolorosamente eccitato. Quando ebbe preso posto accanto ai suoi terrorizzati coetanei, incrociò lo sguardo di Colin Canon, alzò entrambi i pollici e articolò, decisamente divertito: «Sono caduto nel lago!»

La professoressa McGranitt posò uno sgabello a tre gambe davanti alla fila e vi sistemò sopra il Cappello Parlante. I ragazzini lo fissarono. Così tutti gli altri. Per un attimo calò il silenzio. Poi uno strappo vicino all'orlo si spalancò e il cappello prese a cantare:

 

Or son mille anni, o forse anche più,

che l'ultimo punto cucito mi fu:

vivevano allor quattro maghi di fama,

che ancora oggi celebri ognuno qui chiama.

Il fier Grifondoro, di cupa brughiera,

e Corvonero, beltà di scogliera,

e poi Tassorosso, signor di vallata,

e ancor Serpeverde, di tana infossata.

Un solo gran sogno li accomunava,

un solo progetto quei quattro animava:

creare una scuola, stregoni educare.

E Hogwarts insieme poteron fondare.

Ciascuno dei quattro una casa guidava,

ciascuno valori diversi insegnava:

ognuno stimava diverse virtù

e quelle cercava di accrescer vieppiù.

E se Grifondoro il coraggio cercava

e il giovane mago più audace premiava,

per Corvonero una mente brillante

fu tosto la cosa davvero importante.

Chi poi nell'impegno trovava diletto

del buon Tassorosso vinceva il rispetto,

e per Serpeverde la pura ambizione

contava assai più di ogni nobile azione.

I quattro, concordi, gli allievi diletti

sceglievan secondo criteri corretti.

Ma un giorno si dissero: chi li spartirà

quando ognuno di noi defunto sarà?

Così Grifondoro un modo trovava

e me dal suo capo veloce sfilava:

poi con i tre maghi una mente mi fece

capace di scegliere in loro vece.

E se sulle orecchie mi avrete calato,

voi state pur certi, non ho mai sbagliato:

nelle vostre teste un’occhiata darò

e alla Casa giusta vi assegnerò!

 

Il Cappello Parlante finì e la Sala Grande risuonò d'applausi. A quel punto La professoressa McGranitt srotolò un gran rotolo di pergamena.

«Quando vi chiamo, dovete mettervi il Cappello e sedervi sullo sgabello. Quando il Cappello vi assegnerà alla vostra Casa, andrete a sedervi al tavolo giusto. Ackerley, Stewart!»

Un ragazzo fece un passo avanti tremando visibilmente da capo a piedi, prese il Cappello Parlante, se lo mise e si sedette sullo sgabello.

«Corvonero!»

Stewart Ackerley se lo tolse e corse al tavolo di Corvonero, dove tutti lo applaudirono.

«Baddock, Malcolm!»

«Serpeverde!»

Il tavolo della Casa esplose in applausi; Fred e George si permisero un fischio di scherno, ma furono subito ripresi da due pestoni dei due colleghi Malandrini.

«Branstone, Eleanor!»

«Tassorosso!»

«Caldwell, Owen!»

«Tassorosso!»

«Canon, Dennis!»

Il piccolo Dennis Canon barcollò in avanti, inciampando nella pelliccia di talpa di Hagrid, proprio mentre quest'ultimo scivolava nella Sala attraverso una porta dietro il tavolo degli insegnanti. Lo squarcio vicino all'orlo si spalancò...

«Grifondoro!»

Hagrid batté le mani con quelli di Grifondoro, mentre Dennis Canon, con un sorriso smisurato, si sfilava il Cappello e correva a raggiungere Colin.

«Colin, ce l'ho fatta! È stato bellissimo! E qualcosa nell'acqua mi ha afferrato e mi ha spinto di nuovo sulla barca!»

Colin gli rispose eccitato «Forte! Probabile che fosse la piovra gigante, Dennis!»

«Wow!»

Kaito sospirò. Indubbiamente l’entusiasmo per le cose più disparate, compreso finire dentro un lago profondissimo agitato dalla tempesta ed esserne ributtato fuori da un mostro marino gigante, doveva essere di famiglia.

Lo Smistamento continuò; ragazzi e ragazze con vari gradi di paura stampati in faccia avanzavano uno dopo l'altro verso lo sgabello a tre gambe, e la fila diminuì lentamente mentre la professoressa McGranitt finiva la lettera L.

Sheridan sospirò: «Ma sono aumentati, rispetto all’anno scorso?»

«Pritchard, Graham!»

«Serpeverde!»

«Quirke, Orla!»

«Corvonero!»

«Witby, Kevin!»

«Tassorosso!»

E con l’ultimo nome lo Smistamento si concluse. La professoressa McGranitt prese il Cappello e lo sgabello e li portò via, mentre il professor Silente si era alzato in piedi.

A Kaito venne una stretta allo stomaco. Erano mesi che attendeva il momento di parlare con lui, faccia a faccia.

Il preside sorrise agli studenti, le braccia allargate in segno di benvenuto.

«Ho solo una parola da dirvi. Abbuffatevi.»

Fred e George si fiondarono sui piatti che si erano riempiti per magia davanti ai loro occhi: «Volentieri, preside!»

Kaito rise, servendosi a sua volta. Il fuso orario gli faceva sempre venire una gran fame. Quando anche i dolci furono demoliti, e le ultime briciole furono svanite dai piatti, lasciandoli lustri e puliti, Albus Silente si alzò di nuovo. Il chiacchiericcio che riempiva la Sala s'interruppe quasi all'istante, tanto da lasciar udire solo l'ululato del vento e il picchiettio della pioggia.

Il preside sorrise a tutti quanti: «Dunque, ora che siamo tutti sazi e dissetati, devo richiamare ancora una volta la vostra attenzione su alcuni avvisi. Mastro Gazza, il custode, mi ha chiesto di dirvi che la lista di oggetti proibiti dentro le mura del castello quest'anno è stata estesa agli Yo-yo Ululanti, ai Frisbee Zannuti e ai Boomerang Rimbalzatutto. La lista completa comprende qualcosa come quattrocentotrentasette oggetti, credo, e può essere consultata nell'ufficio di Mastro Gazza, se qualcuno volesse controllare. Come sempre, vorrei ricordare a tutti voi che la Foresta compresa entro i confini del parco della scuola è proibita agli studenti, come lo è il villaggio di Hogsmeade a tutti coloro che non sono ancora al terzo anno.»

Silente prese una pausa quasi d’effetto.

«È altresì mio doloroso dovere informarvi che la Coppa del Quidditch quest'anno non avrà luogo.»

Nella sala si udì un generale borbottio di sconcerto. I “Che cosa?” si diffondevano di bocca in bocca, di sguardo in sguardo. In quest’atmosfera, una voce fuori dal coro, per quanto bassa, si fece subito notare.

«Sì! Finalmente! Un intero anno senza Quidditch!»

L’intero tavolo di Grifondoro (ma anche qualche studente delle tavolate confinanti) si voltò verso Kaito. Fred e George, che fino a poco prima aprivano e chiudevano la bocca senza emettere alcun suono, in apparenza troppo sconvolti per parlare, ora fulminavano l’amico senza ritegno alcuno.

Silente cercò di riportare la calma: «Ciò è dovuto a un evento che prenderà il via in ottobre e continuerà per tutto l'anno scolastico, impegnando molto del tempo e delle energie degli insegnanti: ma sono certo che vi divertirete tutti enormemente. Ho l'immenso piacere di annunciare che quest'anno a Hogwarts...»

Ma in quel momento risuonò un tuono assordante e le porte della Sala Grande si spalancarono.

Sulla soglia c'era un uomo appoggiato a un lungo bastone, avvolto in un mantello nero da viaggio. Un lampo improvviso lo illuminò: tutte le teste dei ragazzi si volsero di scatto a guardarlo. L'uomo abbassò il cappuccio, scosse una folta chioma di lunghi capelli brizzolati, poi prese ad avanzare verso il tavolo degli insegnanti.

Un sordo clunk echeggiò nella Sala un passo sì e uno no. Lo sconosciuto raggiunse l'estremità del tavolo, voltò a destra e zoppicò vistosamente verso Silente. Un altro lampo attraversò il soffitto. Una luce cruda aveva illuminato il volto dell'uomo, che attirò l’attenzione di Kaito, abituato a studiare ogni fisionomia per poterla riprodurre con i suoi travestimenti. Era come se il suo viso fosse stato scolpito nel legno stagionato da qualcuno che avesse solo una vaga idea di come dovevano essere le facce umane, e non fosse molto abile con lo scalpello. Ogni centimetro di pelle sembrava coperto di cicatrici. La bocca pareva un taglio diagonale, e mancava un grosso pezzo di naso. Nonostante tutto questo, erano gli occhi il dettaglio più particolare: uno era piccolo, scuro e lucente; l'altro era grande, tondo come una moneta e di un vivace blu elettrico. L'occhio blu si muoveva incessantemente, senza che mai calasse la palpebra, e roteava in su, in giù e da una parte all'altra, in totale autonomia rispetto all'occhio normale - e poi roteò indietro, verso l'interno della testa, così che ne rimase visibile solo il bianco. Lo straniero raggiunse Silente. Tese una mano coperta di cicatrici quanto il volto, e Silente la strinse, mormorando qualcosa, forse rivolgendo qualche domanda allo straniero, che scosse la testa senza sorridere e rispose sottovoce. Silente annuì e fece segno all'uomo di sedere nel posto vuoto alla sua destra. Lo straniero sedette, scosse via la chioma grigio scuro, trasse a sé un piatto di salsicce, lo portò a ciò che restava del naso e lo annusò. Poi estrasse dalla tasca un coltellino, vi infilzò l'estremità della salsiccia e cominciò a mangiare. L'occhio normale era fisso sulle salsicce, ma quello blu sfrecciava ancora irrequieto tra le palpebre, abbracciando la Sala e gli studenti.

Silente ruppe il silenzio con un tono di voce allegro: «Vorrei presentarvi il nostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, il professor Moody

Nessun applauso partì dagli studenti, e anche quelli di Silente ed Hagrid echeggiarono lugubri per poco e ben presto smisero. Tutti gli altri sembravano troppo esterrefatti dalla bizzarra apparizione di Moody per riuscire a far altro che fissarlo. Kaito stesso si chiese se qualcuno fosse riuscito a estrarlo direttamente da un racconto di Edgar Allan Poe. Moody parve del tutto indifferente all'accoglienza men che tiepida. Ignorando la caraffa di succo di zucca davanti a sé, infilò di nuovo la mano nel mantello da viaggio, estrasse una fiaschetta e bevve una lunga sorsata. Mentre alzava il braccio, il mantello si sollevò leggermente da terra, e fu possibile vedere sotto il tavolo parecchi centimetri di una gamba di legno intagliato che terminava in un piede a zampa di leone.

Silente si schiarì di nuovo la voce, per poi sorridere alla marea di studenti davanti a lui, tutti con gli occhi ancora puntati su Malocchio Moody: «Come stavo dicendo, nei prossimi mesi avremo l'onore di ospitare un evento assai emozionante, un evento che non ha luogo da più di un secolo. È con grandissimo piacere che vi informo che il Torneo Tremaghi quest'anno si terrà a Hogwarts.»

Fred esclamò ad alta voce: «Sta SCHERZANDO!»

La tensione che aveva riempito la Sala dall'arrivo di Moody si ruppe all'improvviso. Quasi tutti scoppiarono a ridere, e Silente ridacchiò in tono soddisfatto. Kaito diede all’amico un calcino sotto il tavolo, ma rise anche lui alla faccia dell’amico.

Il preside riprese: «Non sto scherzando, signor Weasley. Anche se, ora che me l'ha ricordato, quest'estate me ne hanno raccontata una niente male su un troll, una megera e un Lepricano che vanno insieme al bar...»

La professoressa McGranitt tossicchiò sonoramente.

«Ehm... ma forse non è questo il momento... no... dov'ero rimasto? Ah, sì, il Torneo Tremaghi... , alcuni di voi forse non sanno di che si tratta, quindi spero che quelli di voi che lo sanno mi perdoneranno questa breve spiegazione, e sono liberi di pensare a quello che vogliono. Il Torneo Tremaghi fu indetto per la prima volta settecento anni fa, come competizione amichevole tra le tre maggiori scuole europee di magia: Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang. Venne scelto un campione per rappresentare ciascuna scuola, e i tre campioni gareggiarono in tre imprese magiche. Le scuole si alternavano nell'ospitare il Torneo ogni cinque anni, e tutti convennero che fosse un modo eccellente per stabilire legami tra giovani streghe e maghi di diverse nazionalità... almeno fino a quando il tributo di morti non divenne così elevato che fu deciso di sospendere il Torneo.»

Kaito sussurrò a Sheridan: «Addirittura?»

Silente continuò: «Ci furono parecchi tentativi nel corso dei secoli di riportare in auge il Torneo, nessuno dei quali ebbe molto successo. Comunque, i nostri Uffici per la Cooperazione Internazionale Magica e per i Giochi e gli Sport Magici hanno deciso che i tempi sono maturi per un nuovo tentativo. Abbiamo lavorato molto nel corso dell'estate per far sì che questa volta nessun campione o nessuna campionessa si trovi in pericolo mortale. I Presidi di Beauxbatons e di Durmstrang arriveranno in ottobre con la loro squadra scelta di campioni, e la selezione dei tre sfidanti avverrà a Halloween. Un giudice imparziale deciderà quali studenti saranno più degni di gareggiare per la Coppa Tremaghi, la gloria della loro scuola e un premio personale in denaro pari a mille galeoni.»

Fred Weasley sibilò lungo il tavolo, con il viso acceso d'entusiasmo alla prospettiva di tanta gloria e ricchezza: «Io ci sto!»

Non era il solo a immaginarsi campione di Hogwarts: ai tavoli di ciascuna Casa, Kaito notò ragazzi e ragazze che guardavano rapiti verso Silente o confabulavano con i vicini. Ma in quel momento Silente parlò di nuovo, e la Sala si zittì un'altra volta.

«Pur sapendo quanto ciascuno di voi sia desideroso di portare a Hogwarts la Coppa Tremaghi, i Presidi delle scuole partecipanti, assieme al Ministero della Magia, hanno convenuto di imporre un limite d'età per gli sfidanti di quest'anno. Solo gli studenti dell'età giusta - cioè da diciassette anni in su - potranno proporsi per la selezione.» Silente si ritrovò costretto ad alzare un po' la voce, perché una rumorosa protesta si scatenò a quelle parole, e i gemelli Weasley all'improvviso divennero furibondi: «Questa è una misura che riteniamo necessaria, dal momento che le prove del Torneo saranno pur sempre difficili e pericolose, quali che siano le precauzioni che prenderemo, ed è altamente improbabile che gli studenti al di sotto del sesto e del settimo anno siano in grado di affrontarle. Mi assicurerò personalmente che nessuno studente di età inferiore inganni il nostro giudice imparziale e lo induca a nominarlo campione di Hogwarts.»

I suoi occhi azzurro chiaro scintillarono indugiando sulle facce di un certo gruppo di Malandrini: «Pertanto vi prego di non perdere tempo a iscrivervi se avete meno di diciassette anni. Le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang arriveranno in ottobre e resteranno con noi per la maggior parte dell'anno. So che tutti voi tratterete con la massima gentilezza i nostri ospiti stranieri durante il loro soggiorno, e darete il vostro sincero sostegno al campione di Hogwarts quando verrà designato o designata. E ora è tardi e so quanto è importante che ciascuno di voi sia ben sveglio e riposato quando comincerete le lezioni domani mattina. Ora di andare a letto! Forza, veloci!»

Silente si risedette e si voltò a parlare con Malocchio Moody. Ci fu un gran fracasso di sedie spostate e colpi secchi mentre tutti gli studenti si alzavano e sciamavano nella Sala d'Ingresso attraverso le doppie porte.

George Weasley non si era unito alla folla che avanzava verso la porta, ma era lì in piedi a guardare torvo verso Silente: «Non possono farlo! Compiamo diciassette anni in aprile, perché non possiamo provarci?»

Fred scrutò cocciuto e accigliato il tavolo degli insegnanti: «Non riusciranno a impedirmi di partecipare! I campioni faranno un sacco di cose che normalmente uno non ha il permesso di fare. E il premio di mille galeoni!»

Ron annuì con lo sguardo remoto: « Si, sì, mille galeoni...»

Finalmente anche loro si avviarono verso l'Ingresso, impegnati a discutere come Silente avrebbe potuto impedire ai minori di diciassette anni di prendere parte alle selezioni del Torneo.

Harry chiese: «Chi è il giudice imparziale che deciderà i campioni?»

Fred rispose: «Non lo so, ma è lui che dovremo ingannare. Scommetto che un paio di gocce di Pozione Invecchiante potrebbero servire, George...»

«Ma Silente lo sa che non avete l'età richiesta.»

«Sì, Ron, ma non è lui a scegliere il campione, no? Mi pare che una volta che questo giudice saprà chi vuole partecipare, sceglierà il migliore di ogni scuola senza badare affatto all'età. Silente sta cercando di impedirci di partecipare».

Hermione assunse un tono petulante, mentre attraversavano una porta nascosta da un arazzo e imboccavano un'altra scalinata più stretta: «Ma ci sono stati dei morti!»

«Sì, ma è successo tanti anni fa, no? E poi, che gusto c'è senza un po' di rischio? Ehi, Ron, e se scopriamo come aggirare Silente? Ti va di partecipare?»

Sheridan, rimasta leggermente più indietro insieme a Kaito, sospirò: «Tu cosa ne pensi?»

Il prestigiatore si concesse mezzo sorriso: «Che stanno per mettersi in un mare di guai, come sempre.»

Fu solo all’udire la sua voce che i gemelli sembrarono avere l’illuminazione.

«Kaito!»

«Tu hai più di diciassette anni!»

Il ragazzo li guardò con aria furbetta. Se ne erano ricordati solo in quel momento?

«Sì, e allora?»

«Come “allora”? Tu potresti partecipare!»

«E legalmente!»

«Insomma, per te non dovrebbe essere un problema, no?»

A Kaito non sfuggì il velato riferimento alla sua doppia identità e di fronte all’entusiasmo dei gemelli non riuscì a trattenere un sorriso quasi intenerito.

«Mi dispiace, ma non sono interessato.»

Fred e George sembravano più sconvolti di quando Silente aveva annunciato l’annullamento del torneo di Quidditch: «COSA???»

«Forse non avete ascoltato fino in fondo il discorso di Silente, questo torneo è pensato per studenti del sesto e settimo anno. Io sono solo al terzo, non sono neanche il più bravo della classe e temo che i miei mezzi Babbani non siano sufficienti ad affrontare questa situazione. Sono un Grifondoro, sono orgoglioso e coraggioso, ma non scemo. Ci sono persone in questa scuola ben più meritevoli di me di questo onore.»

I gemelli continuarono a protestare, ma Kaito non diede loro retta. C’era qualcosa che non sapevano, perché l’anno prima l’aveva tenuta per sé. Loro non potevano capire che la sua attenzione era completamente rivolta al discorso che il Preside gli aveva promesso un anno prima, e che quindi qualunque altra cosa in confronto passava in secondo piano.

Chiacchierando e discutendo salirono fino all'ingresso della Torre di Grifondoro, che era nascosta dietro un grande ritratto di una signora grassa vestita di seta rosa.

«Parola d'ordine?»

George rispose con sicurezza: «Guazzabuglio. Me l'ha detta un Prefetto giù di sotto.»

Il ritratto si apri come una porta rivelando un'apertura nel muro, che tutti attraversarono. Un fuoco scoppiettante riscaldava la sala comune circolare, piena di tavoli e poltrone soffici. Tutti gli amici si salutarono e ognuno si diresse verso il proprio dormitorio.

Kaito varcò la porta ritrovando il suo letto a baldacchino, ai cui piedi era già stato messo, come sempre, il suo baule. Salutò i compagni, fece loro gli auguri di un buon anno scolastico da passare insieme, si mise il pigiama e non appena si sedette sul letto si sentì investire da tutta la stanchezza del viaggio, del fuso orario e delle preoccupazioni che mai l’avevano abbandonato, scivolando immediatamente in un lungo sonno senza sogni né incubi.

 

Ciao a tutti! Ho fatto più in fretta che potevo, tra università, tesi e... malanni vari!

Dunque, che ne dite dell’impresa di Saguru, primo babbano giapponese in grado di far saltare tutte le misure di sicurezza del mondo magico? Il resto è molto simile a quanto già conoscevamo, ma era inevitabile.

Ne approfitto per ringraziare Zoey Charlotte Baston, sophi33, NEON GENESIS KURAMA, Lunaby, mergana, Love Kodocha, Tsuki no Sasuke e darkroxas92 per le entusiaste recensioni.

Vi avverto che da qui in poi i capitoli saranno mediamente più lunghi dei precedenti, quindi pubblico poco, ma quando lo faccio avrete per un po’ da leggere.

Prossimo capitolo? Lezioni nuove e una lunga, estenuante attesa per... quello che aspettate tutti!

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

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Capitolo 31
*** Un'infinita giornata d'attesa ***


Un’infinita giornata d’attesa

 

Kaito entrò nella Sala Grande stiracchiandosi. Era in netto ritardo, tutta la tavolata di Grifondoro era già seduta e nel pieno della colazione. Ginny lo accolse con un sorriso.

«Ancora problemi col fuso orario?»

«Un pochino, come sempre, ma fra un paio di giorni sarà tutto risolto. Allora, novità?»

La ragazza gli porse un plico: «Aoko stamattina era carica di posta per te.»

«Poverina…»

Il ragazzo sfogliò svogliatamente la sua posta. C’erano la Gazzetta del Profeta, il suo giornale giapponese, una lettera dalla mamma che gli chiedeva com’era andato il viaggio, ma furono le ultime tre buste ad attirare la sua attenzione. Aprì la prima.

 

Il signorino Saguru Akuba è stato riportato alla stazione di King’s Cross. È in buone condizioni di salute, la sua memoria è stata cancellata dal Ministero ed è convinto di averti perso di vista fra la folla dei viaggiatori prima di vederti attraversare la barriera. Gli è anche stato fatto credere di aver avuto un leggero calo di zuccheri, e che quindi abbia perso i sensi per un po’. Speriamo che questo basti a giustificare il suo sfasamento e la perdita del senso del tempo. A quanto ci risulta, sta già prenotando un volo per ritornare in Giappone, quindi non c’è motivo di darsi pensiero per lui.

Auguro un buon primo giorno di lezione.

Professoressa Minerva McGranitt

 

Kaito sorrise. Per fortuna anche quella era risolta, ma dubitava seriamente che Saguru si fosse fatto infinocchiare davvero dalla storia del calo di zuccheri. Come si vedeva che non lo conoscevano bene quanto lui…

Passò alla seconda busta. Era il suo orario. Alzò un sopracciglio.

«Alla faccia della giornatina leggera! È normale che abbia tutte le nuove materie oggi?»

Stephen sventolò il suo orario: «Non sei l’unico, siamo tutti messi così…»

«Al mattino Aritmanzia e Difesa contro le Arti Oscure, mentre al pomeriggio due ore di Cura delle Creature Magiche e Babbanologia… ci sarà da divertirsi!»

Smise di essere ironico quando riconobbe la scrittura dell’ultima lettera, che aprì con impazienza.

 

Caro Kaito, non ho dimenticato assolutamente la nostra promessa. Un anno è passato, tu hai compiuto diciotto anni e il mio Voto Infrangibile è finalmente caduto. Presentati stasera nel mio ufficio, alle 21.30, la parola d’ordine per il gargoyle di guardia è “Crem caramel vanigliato”. Come la scorsa volta, porta con te questa lettera, servirà come eventuale lasciapassare per Gazza.

Spero ti possa godere il rientro ad Hogwarts.

A questa sera

Albus Silente

 

A Kaito tremarono leggermente le mani. Era un anno che attendeva quelle parole. Deglutì emozionato, poi con un sospiro recuperò la sua faccia da poker e si servì una rapidissima colazione. Anche se la giornata si preannunciava durissima, adesso aveva un ottimo motivo per arrivare alla fine.

 

Thomas sorrise imbarazzato: «E dire che pensavo di essere l’unico ad aver scelto Aritmanzia…»

Kaito rispose: «E invece siamo in tre, visto? Però, per favore, Colin, non farti riconoscere subito, inizia a fare fotografie dalla quarta o quinta lezione se proprio non puoi farne a meno…»

Il ragazzo sorrise furbetto, facendo intravvedere l’obiettivo nella borsa: «Dipende da quanto sarà interessante la lezione!»

L’aula di Aritmanzia era fra le più spoglie che Kaito avesse mai visto, forse battuta solo da quella di Storia della Magia. Ma se il professor Rüf era giustificato dalla sua incorporeità a non mettere cartine o non scrivere mai sulla lavagna, non sapeva spiegarsi il motivo per cui un insegnante di matematica magica non dovesse utilizzare i gessetti. I tre Grifondoro si accomodarono insieme ai loro colleghi di Corvonero, ben più numerosi di loro, per poi trasalire quando l’insegnante sbatté la porta entrando. Era una donna alta, longilinea a dir poco, con un volto severo e squadrato, con i zigomi prominenti, che si soffermò su ognuno di loro con gli occhi acquamarina squadrandoli con attenzione, come uno scultore valuta il marmo prima di scegliere quale diventerà la sua opera d’arte. Era giovane, calcolando la media degli insegnanti di Hogwarts, doveva avere tra i trentacinque e i quarant’anni. Aveva una cascata di capelli lunghissimi, ben oltre la schiena, sciolti e corvini, quasi indistinguibili dalla divisa dello stesso colore.

Si sistemò in piedi di fronte alla cattedra, con la schiena perfettamente ritta e le braccia incrociate.

«Sono Septima Vector, la vostra insegnante di Aritmanzia. Aritmanzia, badate bene, non matematica. Se qualcuno è entrato in quest’aula pensando di dover svolgere le tabelline con l’ausilio di una bacchetta magica, prego, quella è la porta. Questa è considerata una delle materie più difficili e complicate dagli studenti, insieme alla lettura delle Antiche Rune. Sentirete voci terribili sull’Aritmanzia, ebbene, posso dirvi una cosa. Non state a sentire le voci, sono fuorvianti. Qualunque orribile nefandezza potrete udire su di me e sulla mia materia è errata. Io sono molto peggio. In quest’aula assisterete a cose più terribili di qualunque racconto possano avervi riferito.»

Kaito mantenne la sua faccia da poker, ma non poté trattenersi dal paragonare quella Vector agli altri insegnanti. Sembrava un mix fra la McGranitt e Piton. Terribile.

La professoressa continuò: «E questo non dipende strettamente dal mio carattere tutt’altro che clemente. L’Aritmanzia è una materia implacabile. L’unica cosa che ha in comune con la matematica, oltre che i numeri, è l’impietosa precisione. Qua non esistono le vie di mezzo, i risultati sono o giusti o sbagliati, punto. Nessun appello, nessuna giustificazione, non ne voglio sentire. Se qualcuno vi ha dipinto l’Aritmanzia come “Divinazione fatta con i numeri”, fatemi il piacere, la prossima volta che lo vedete, dategli uno sputo in un occhio da parte mia, quelli sono pseudo studenti che, se non vi stanno riferendo voci di corridoio, hanno assistito alla prima lezione e non solo si sono spaventati per la complessità e sono scappati, ma ne hanno anche completamente travisato il senso. Io sono qui per insegnarvi che ogni cosa ha in sé della magia, anche e soprattutto i numeri. Non sono messi a caso, mai, neanche quando credete di dirne qualcuno senza pensarci. I numeri sono un alfabeto, esattamente come le lettere che usate per pronunciare gli incantesimi. I più grandi esperti della materia sono in grado di lanciare qualunque magia pronunciando il suo corrispettivo matematico. Le cifre si legano a noi in molti modi, per carattere, affinità e magia, e questo non vale solo per noi maghi, ma anche per quelle persone che vengono chiamate volgarmente Babbani. Non disprezzateli mai, signori, perché sono stati molti di loro, con le loro scoperte nel campo della matematica e della fisica, a ispirare molte delle nostre ricerche tutt’ora in corso. Vi avverto, dunque, che il primo che pronuncerà parole di disprezzo o scherno verso i Babbani sarà considerato espulso dal corso con il massimo del disonore. Lo studioso di Aritmanzia ha la mente aperta per poter cogliere qualunque ispirazione numerica, da dovunque essa provenga. I Babbani sostengono che la natura abbia in sé la matematica, e portano a sostegno prove geometriche e frattali. Hanno ragione e vi dirò di più: la natura ha in sé la magia sotto forma di numero. Io sono qui solo per insegnarvi a leggerla, nulla di più. Gran parte del lavoro sarà individuale, tuttavia sarò sempre a disposizione per qualunque chiarimento, ripetizione, approfondimento. Portatemi qualunque vostra teoria aritmanzica senza timore, anche se doveste presentarmi una completa ovvietà o inesattezza non sarete derisi né puniti, ma apprezzerò il vostro lavoro. Certo, a meno di una completa presa in giro nei miei confronti, in tal caso sarò implacabile.»

Kaito aveva ascoltato tutto e doveva ammettere che la professoressa era riuscita ad attirare non poco la sua attenzione. Dalla sua spiegazione l’Aritmanzia sembrava una complessa via di mezzo fra matematica, fisica, magia e psicologia.

Con un gesto di bacchetta, la Vector fece comparire il libro fra le mani: «Bene, ora aprite il volume a pagina 8, cominceremo con le basi.»

Gli studenti ubbidirono immediatamente. L’insegnante teneva con la mano destra il volume aperto, mentre, nella sinistra, con la bacchetta, disegnava delle cifre direttamente nell’aria, con un processo che a Kaito fece venire un piccolo brivido. L’unica altra occasione che aveva avuto di vederlo era stato nella Camera dei Segreti, ad opera dello stesso Tom Riddle. Ma almeno questo spiegava perché la lavagna fosse praticamente nuova di zecca.

«Vi ho detto che ogni cosa che esiste può essere tradotta in valori numerici. Questo vale anche e soprattutto per le parole e per i nomi. Quello su cui vorrei che vi concentraste oggi è l’analisi aritmanzica dei vostri nomi. Prego, osservate lo schema riportato sui vostri libri.»

Kaito abbassò lo sguardo sulla pagina.

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

A

B

C

D

E

F

G

H

I

J

K

L

M

N

O

P

Q

R

S

T

U

V

W

X

Y

Z

 

 

 «Questo è uno schema molto semplice e riduttivo, adatto ai principianti. Più avanti vedremo che la situazione è un po’ più complessa di come vi viene presentata in questa pagina, ma per oggi può bastare. Come vedete ad ogni lettera dell’alfabeto è associata un numero. Siete pregati di tradurre numericamente il nostro nome e cognome e di fare la somma dei valori ottenuti. Se avrete ottenuto un numero a due o più cifre, com’è altamente probabile, sommate ancora queste cifre fra loro fino ad ottenere una cifra unica. Quello che avrete ottenuto è detto in gergo numero del carattere e indicherebbe, se credete a queste cose, il vostro tipo di carattere. Potrete rifare i calcoli usando solo le vocali contenute nel vostro nome e cognome, e otterrete il numero del cuore, che dovrebbe riferirsi alla vita interiore, rappresentando i vostri desideri e timori segreti, o con le consonanti, per calcolare il numero sociale, riferito alla vostra personalità esteriore, all’aspetto di voi che mostrate al mondo. Sia chiaro, così come vi vengono presentate in questo volume sembra una sorta di attività divinatoria. Qua non si predice il futuro, qua si analizzano il presente, i numeri, la magia e basta. L’obiettivo di questo esercizio è principalmente prendere familiarità con alcuni degli strumenti che useremo nelle prossime lezioni. Nelle pagine successive troverete dei risultati, leggeteli pure e limitatevi a riflettere se i numeri possono o meno aiutarci a scoprire un aspetto meno visibile di ciò che ci circonda.»

Kaito prese penna e pergamena e iniziò a fare i conti che gli erano stati richiesti.

 

Kaito Kuroba

21926   239621

Numero del carattere: 2+1+9+2+6+2+3+9+6+2+1= 43 = 4+3= 7

 

Incuriosito, il ragazzo prese la descrizione che sembrava corrispondergli.

 

“SETTE: sensibili, intuitivi e brillanti, i Sette amano i compiti impegnativi e le sfide.”

 

Kaito ridacchiò. Come negarlo?

 

“Spesso sono seri, studiosi e interessati a tutto ciò che è misterioso. Per loro l’originalità e l’immaginazione sono più importanti del denaro e dei beni materiali.”

 

Il ragazzo alzò un sopracciglio. Caspita se ci aveva azzeccato! La sua passione per i misteri, l’unica cosa che aveva in comune con i suoi amici/nemici detective, era il motivo che lo aveva portato in quella scuola. La sua originalità era innegabile, e Nakamori non avrebbe potuto dirgli nulla sull’attaccamento ai beni materiali, visto che restituiva ogni singolo gioiello rubato.

 

“Possono anche essere pessimistici, insicuri e sarcastici.”

 

Sulle prime due affermazioni non era del tutto d’accordo, ma sull’ultima indubbiamente sì.

Il ragazzo rimase comunque colpito da quante cose ritrovasse in quelle descrizioni. Decise di continuare con il numero successivo.

 

Numero del cuore: 1+9+6+3+6+1= 26= 2+6= 8

 

Di nuovo sfogliò le pagine fino ad arrivare al punto giusto.

 

“OTTO:  implica la possibilità di grande successo negli affari, nella finanza e in politica. Gli Otto sono pratici, ambiziosi, determinati e lavoratori.”

 

Fin qui Kaito non poteva avere nulla da ridire, anche se non si vedeva molto in politica. Tuttavia sicuramente, a modo suo, c’entrava con affari e finanza e aveva spesso per le mani grosse quantità di denaro.

 

“Possono essere anche gelosi, avidi, dominatori e assetati di potere.”

 

In quel punto il ragazzo storse il naso. Non si riconosceva molto in quei difetti. Forse aveva la tendenza a imporsi, sì, ma non a dominare. E se fosse stato avido o assetato di potere, si sarebbe tenuto tutti i diamanti che aveva avuto a disposizione. In quanto alla gelosia… non ne era sicuro. Sì, quando Saguru era girato per un po’ intorno ad Aoko la cosa gli aveva dato non poco fastidio, ma abbastanza per definirla gelosia?

 

“Si dice che questo sia il numero più imprevedibile, e che possa significare tanto l’apice del successo quanto l’abisso del fallimento; entrambe le possibilità sono presenti fin dall’inizio.”

 

Al ragazzo sfuggì un sorriso. L’imprevedibilità gli si addiceva, ed era ben felice di non sapere cosa potesse attendergli il futuro.

Arrivato ormai quasi alla fine, Kaito fece anche l’ultimo calcolo.

 

Numero sociale: 2+2+2+9+2= 17= 1+7=8

 

Il libro dava la stessa spiegazione. A quanto pareva, nonostante la sua cara faccia da poker, secondo l’Aritmanzia mostrava esattamente quello che provava. A Kaito sfuggì una smorfia. Forse suo padre non avrebbe approvato…

La voce della professoressa Vector lo risollevò dai suoi pensieri: «Bene, se pensate di aver capito il metodo, usate il tempo che vi rimane per provare ad applicarlo anche a un vostro conoscente.»

Kaito rimase un attimo sovrappensiero. Chi avrebbe dovuto analizzare? Per un attimo pensò ai Malandrini, ma non avrebbe saputo a chi dare la precedenza, senza contare che probabilmente gli avrebbero chiesto di rifarlo, prima o poi, giusto per curiosità.

Quasi senza rendersene conto, la sua mano scrisse un nome:

 

Aoko Nakamori

 

Il ragazzo sorrise. E perché no? Dopotutto lei non sarebbe mai venuta a saperlo…

 

Aoko Nakamori

1626    51214699

Numero del carattere: 1+6+2+6+5+1+2+1+4+6+9+9= 52= 5+2= 7

 

Il volto del ragazzo avvampò per un paio di secondi.

Stesso numero?

Cercò di trattenere una risatina isterica. Cos’era, un modo indiretto per dirgli che erano anime gemelle?

Tentando di non pensare alle possibili implicazioni, si concentrò sul secondo calcolo.

 

Numero del cuore: 1+6+6+1+1+6+9= 30= 3+0= 3

 

Tirò un sospiro di sollievo, almeno in questo caso il numero era diverso! Incuriosito, iniziò a leggere.

 

“TRE: indica talento, energia, temperamento artistico, senso dell’umorismo e facilità nei rapporti interpersonali. I Tre sono spesso fortunati, tolleranti e ricchi e hanno grande successo, ma possono essere dispersivi, suscettibili e superficiali.”

 

Gli sfuggì un sorriso carico di nostalgia. Sì, in quella descrizione la rivedeva perfettamente. Aoko era sempre piena di energia, anche troppo, spesso era l’unica in grado di stargli sempre dietro. Il suo successo e la sua capacità di fare amicizia facilmente erano innegabili, Aoko non aveva mai litigato con nessuno e in classe era ammirata da tutti. Come scordare poi il modo in cui aveva conquistato persino Fred, George e Sheridan, quando erano venuti a trovarlo? La riconosceva persino nei suoi difetti, adorava quanto poteva essere suscettibile, in passato si era divertito da morire a prenderla in giro per questo!

Rassicurato, si mise a fare l’ultimo calcolo:

 

Numero sociale: 2+5+2+4+9= 22= 2+2=4

 

“QUATTRO: questo numero rimanda alla stabilità e alla fermezza. Ai Quattro piace lavorare sodo, sono pratici, affidabili e con i piedi saldamente a terra; preferiscono la logica e la ragione ai voli della fantasia. Sono bravi nell’organizzare e portare a termine i compiti. Sono prevedibili e possono essere ostinati, sospettosi, troppo realistici e inclini agli scoppi d’ira.”

 

Cosa c’era da aggiungere? Aoko, da quando poteva ricordare, era sempre stata ricercatissima  dai compagni per qualunque cosa ci fosse stata da organizzare, non ultimo lo spettacolo del Mago di Oz a cui l’aveva costretto a partecipare, e lei non si era mai tirata indietro, ma aveva messo sempre tutta se stessa. La ragazza, poi, era prevedibilissima e sembrava sempre sul punto di esplodere dalla rabbia, se messa sotto pressione nel modo giusto, e le aveva fatto una marea di scherzi approfittando proprio di questo. Sospettosa lo era di sicuro, ricordava benissimo quella volta che si era convinta che lui fosse davvero Kaito Kid, e aveva faticato non poco a farla desistere dalle sue indagini. Però, insomma, come si dice, tale padre tale figlia, no? Sull’ostinazione nulla da ridire, poteva contare sulle dita della mano le volte che era riuscito a farle cambiare idea su qualche argomento, senza contare, poi, la sua avversione incrollabile per Kaito Kid, che nemmeno pomeriggi su pomeriggi passati con le amiche di parere opposto erano riusciti a minare.

L’insegnante batté le mani, una volta sola: «Bene, per oggi abbiamo finito. Ci vedremo al prossimo incontro.»

Colin si alzò, rimettendo in ordine le sue cose: «Uao, con me ci ha azzeccato alla perfezione!»

Thomas annuì: «Sì, direi che anche a me quadrava, in fondo. E tu, Kaito?»

Il prestigiatore esibì la sua faccia da poker: «Sì, più o meno, c’era qualcosa che quadrava e qualcosa no. Come sempre, credo, in queste cose.»

 

Usciti dall’aula, Kaito, Thomas e Colin si riunirono ai loro compagni di Casa per andare a Difesa contro le Arti Oscure. Colin, prevedibilmente, aveva già la macchina pronta all’uso e, chi più chi meno, erano tutti curiosi di vedere cosa sarebbe successo. Molti avevano un’aria nervosa. Kaito attribuì il loro timore all’aspetto minaccioso dell’insegnante, ma non poté non notare che molti lo guardavano insistentemente di sottecchi.

Le sue preoccupazioni vennero accantonate dal tonfo dei passi disuguali di Moody che percorreva il corridoio, fino a quando entrò in classe, terrorizzante come sempre. Si vedeva appena il piede di legno a forma di zampa spuntare da sotto il mantello.

L’uomo si sedette arrancando dietro la cattedra e, guardando con il suo occhio azzurro i volumi di Le Forze Oscure: Guida all'Autodifesa sui loro banchi, borbottò: «Potete metterli via, quei libri. Non vi serviranno.»

Mentre, perplessi, ubbidivano, Moody estrasse il registro, allontanò la lunga chioma di capelli brizzolati dal viso contorto e sfigurato e prese a fare l'appello, con l'occhio normale che scorreva sicuro la lista mentre l'occhio magico roteava, indugiando su ogni studente quando rispondeva alla chiamata.

Al termine dell’elenco, riprese: «Allora, ho ricevuto una lettera dal professor Lupin a proposito di questa classe. Mi pare che abbiate una preparazione piuttosto solida nell'affrontare le Creature Oscure, ma siete indietro, molto indietro, sulle maledizioni. Quindi sono qui per spiegarvi nel dettaglio quello che i maghi possono farsi gli uni agli altri. Ho un anno per insegnarvi come affrontare le Forze...»

«E poi?»

L'occhio magico di Moody roteò per fissarsi su Kaito, che ricambiò il suo sguardo, impassibile; i compagni, conoscendo l’amico, si tennero pronti. Kaito era famoso per le sue uscite al primo incontro con un insegnante.

«Kuroba, se ricordo bene dall’elenco, giusto?»

«Esatto.»

Tutti temettero il peggio, ma dopo un attimo l’insegnante sorrise, per la prima volta, rendendo il suo volto segnato di cicatrici più devastato e contorto che mai.

«Poi me ne andrò. Un favore speciale a Silente... un anno, e poi torno alla mia vita tranquilla di pensionato.»

Fece una risata roca, e poi batté le mani nodose.

«Allora, cominciamo subito. Le maledizioni. Assumono forze e forme diverse. Ora, secondo il Ministero della Magia dovrei insegnarvi le contromaledizioni e fermarmi lì. Non dovrei mostrarvi come sono fatti gli Anatemi Oscuri illegali prima del sesto anno. Si ritiene che non siate grandi abbastanza da affrontarli fino ad allora. Ma il professor Silente ha un'opinione più alta dei vostri nervi, pensa che possiate farcela, e prima sapete che cosa dovrete fronteggiare meglio è, dico io. Per questo ho deciso di fare la stessa lezione introduttiva a tutti gli studenti dal terzo anno in poi. Insomma, come potete difendervi da qualcosa che non avete mai visto? Un mago che sta per scagliarvi contro un anatema illegale non vi dirà cosa ha intenzione di fare. Non ha intenzione di comportarsi lealmente. Dovete essere preparati. Dovete essere vigili e attenti.»

Kaito lo guardò sempre più incuriosito. Davvero aveva intenzione di anticipare il programma di ben tre anni?

«Allora... qualcuno di voi sa a quali maledizioni corrispondono le pene più gravi secondo la legge magica?»

Parecchie mani si alzarono esitanti, ma Malocchio le ignorò tutte e si rivolse a Kaito: «E tu? Cosa ne pensi?»

Preso un po’ in contropiede, il prestigiatore rispose: «Penso che nell’elenco sia incluso qualunque incantesimo possa togliere la vita.»

L’uomo annuì: «Buona risposta, non sapendo nulla sull’argomento. Hai usato il plurale, ma in realtà esiste un solo incantesimo di morte, l’Avada Kedavra, l'Anatema che uccide.»

Moody si alzò pesantemente sui piedi scompagnati, aprì il cassetto della scrivania ed estrasse un barattolo di vetro. Dentro zampettavano tre grossi ragni neri. Nicole fece una smorfia, probabilmente era aracnofobica.

Moody pescò nel barattolo, prese uno dei ragni e lo tenne nel palmo della mano in modo che tutti lo vedessero, prima di posarlo sulla cattedra.

Il ragno prese a zampettare affannosamente sulla superficie di legno.

Moody levò la bacchetta, e ruggì: «Avada Kedavra!»

Ci furono un lampo di luce verde accecante e un rumore improvviso, come se un'entità enorme e invisibile galleggiasse nell'aria: il ragno si rovesciò sulla schiena all'istante, intatto ma inequivocabilmente morto. Parecchie ragazze lanciarono grida soffocate e nemmeno Kaito ne fu totalmente indifferente. Deglutì immaginando cosa sarebbe accaduto se al posto di un ragno ci fosse stata una persona.

Moody spazzò via il ragno morto dalla cattedra.

«Non è bello. Non è piacevole. E non c'è contromaledizione. Non c'è modo di fermarlo. Solo una persona, che si sappia, è mai sopravvissuta, e questa persona frequenta quest’istituto. Inutile che vi dica il nome, lo conoscerete sicuramente tutti.»

Kaito annuì. Il riferimento ad Harry era più che evidente. Sospirò leggermente, immaginando quale avrebbe potuto essere la sua reazione quando anche a lui sarebbe toccata quella lezione introduttiva.

L’insegnante riprese: «Avada Kedavra è una maledizione che ha bisogno di essere sostenuta da un grande potere magico: potreste estrarre tutti le vostre bacchette adesso, puntarle contro di me, e pronunciare le parole, e dubito che mi fareste uscire anche solo il sangue dal naso. Ma questo non ha importanza. Non sono qui per insegnarvi come si fa. Ora, se non esiste contromaledizione, perché ve l'ho mostrata? Perché dovete sapere. Dovete capire che cos'è il peggio. Non dovete trovarvi in una situazione in cui dobbiate affrontarlo. Vigilanza costante!»

Tutta quanta la classe sobbalzò.

Come se nulla fosse successo, Moody chiese: «Qualcun altro ne sa una? Un'altra maledizione illegale?»

Ginny alzò titubante la mano: «A casa papà parla ogni tanto di una Maledizione Imperius, ma non so quanto sia illegale…»

Il professore soffermò entrambi gli occhi su di lei, facendola sussultare dalla sorpresa: «Tu devi essere l’unica figlia femmina di Arthur Weasley, eh? Tuo padre mi ha tirato fuori da un bel guaio qualche giorno fa... non mi sorprende che Arthur la conosca, ha procurato al Ministero un sacco di guai tutti insieme, la Maledizione Imperius

Mentre parlava, Malocchio afferrò l’ennesimo ragno e posò anche questo sulla cattedra. L’animaletto tentò la fuga, probabilmente terrorizzato dalla sorte toccata al suo compagno. Moody puntò la bacchetta contro di lui e borbottò: «Imperio!»

Il ragno si calò con un balzo dalla mano di Moody appeso a un sottile filo di seta, e prese a dondolarsi avanti e indietro come su un trapezio. Tese le zampe rigidamente, poi fece un salto all'indietro, spezzando il filo e atterrando sulla scrivania, dove cominciò a fare la ruota in cerchio. Moody agitò la bacchetta, e il ragno si alzò su due delle zampe posteriori e si esibì in quello che era un inconfondibile passo di tip tap.

Tutti risero: tutti tranne Moody.

«Vi sembra divertente, eh? Vi piacerebbe, eh, se lo facessi a voi?»

Le risate si spensero quasi all'istante.

Il professore sussurrò, mentre il ragno si appallottolava e cominciava a rotolare: «Controllo totale. Potrei costringerlo a saltare fuori dalla finestra, ad affogarsi, a ficcarsi giù per la gola di uno di voi... anni fa, c'erano un sacco di maghi e streghe controllati dalla Maledizione Imperius; un bel lavoretto per il Ministero, cercare di stabilire chi era costretto a fare certe cose e chi le faceva di sua spontanea volontà. Silente mi ha concesso di farvi vedere gli effetti di questa maledizione, ma non di addestrarvi per contrastarla, nonostante le mie ripetute proteste sostiene che per voi sia ancora un po’ troppo presto. In ogni caso sappiate che in questo caso una soluzione c’è, ma richiede uno sforzo di volontà immenso, che non tutti possiedono, e non solo per l’età o per la poca esperienza… meglio evitare di esserne vittime, se potete. VIGILANZA COSTANTE!»

Di nuovo la maggior parte delle persone sussultarono sul posto, mentre Moody faceva rientrare educatamente il ragno nel barattolo.

«Altre?»

Un Serpeverde alzò la mano titubante: «La Cruciatus

Annuendo, l’insegnante afferrò il terzo ragno nel barattolo e lo mise, come ormai di consueto sulla cattedra. Questo rimase immobile, in apparenza troppo spaventato per muoversi.

«La Maledizione Cruciatus… dev'essere un po' più grosso perché possiate capire.» Puntò la bacchetta contro il ragno: «Engorgio!»

Il ragno si gonfiò. Ora era più grosso di una tarantola. Nicole cercò di rintanarsi il più possibile sotto il banco. Moody alzò di nuovo la bacchetta, la puntò contro il ragno e mormorò: «Crucio!»

D'un tratto, le zampe del ragno si piegarono sotto il suo corpo; l'animale si rovesciò e prese a contorcersi orribilmente, dondolando da una parte all'altra. Non emise alcun suono, ma Kaito non ebbe difficoltà ad immaginarsi le grida disumane se al suo posto ci fosse stato un uomo sottoposto a quella tortura. Moody non spostò la bacchetta, e il ragno cominciò a sobbalzare e ad agitarsi più violentemente...

Finalmente l’uomo alzò la bacchetta. Le zampe del ragno si rilassarono, ma continuò a contorcersi.

«Reducio.»

Il ragno rimpicciolì fino a tornare della sua misura normale. Moody lo rimise nel barattolo, insieme al collega sotto ipnosi.

«Dolore. Non c'è bisogno di pinze schiacciapollici o coltelli per torturare qualcuno se sapete scagliare la Maledizione Cruciatus... anche quella era molto popolare, una volta.»

Si fermò, come perso per un attimo nei ricordi, poi riprese: «Ora... questi tre anatemi, Avada Kedavra, Imperius e Cruciatus, sono noti come le Maledizioni Senza Perdono. L'uso su un essere umano basta a meritare una condanna a vita ad Azkaban. È questo che dovete combattere. È questo che dovrete imparare a contrastare. Avrete bisogno di preparazione. Avrete bisogno di essere attrezzati. Ma soprattutto, avrete bisogno di esercitare una costante, incessante vigilanza. Fuori le penne... ricopiate...»

Passarono il resto della lezione a prendere appunti su ciascuna delle Maledizioni Senza Perdono. Nessuno parlò finché non suonò la campana, e anche quando Moody li ebbe congedati e furono usciti dalla classe, la conversazione ristagnava.

Nicole continuava ad avere un colorito verdastro. Colin aveva una faccia smunta: «Ero talmente impressionato che non sono riuscito a trovare il coraggio di scattare neanche una foto.»

Stephen sospirò: «E questo dovrebbe dirci tutto…»

Ginny commentò: «Poveri ragni…»

Kaito annuì. Non era un grande animalista, ma non aveva potuto non immaginarsi le stesse scene a cui avevano assistito sostituendo ai ragni esseri umani. L’effetto era stato terribile. Sheridan e Thomas non dissero nulla, ma dalle loro facce stavano probabilmente pensando la stessa cosa.

L’ora del pranzo, dopo quelle emozioni, sembrò una manna dal cielo. Kaito si sedette al tavolo, al fianco di Fred e George. Sheridan, per una volta, decise di rimanere vicino alle sue compagne.

«Abbiamo saputo che avete avuto Moody, stamattina! Allora, com’è?»

Kaito soppesò bene la sua risposta: «… particolare…»

«E dai, dacci qualche dettaglio!»

«Non mentre sto mangiando, o mi verrà il voltastomaco.»

«Addirittura?»

Il ragazzo annuì servendosi le patate al forno. I due gemelli si scambiarono un’occhiata d’intesa: «Allora forse potremo distrarti un po’ parlando di tutt’altro argomento.»

Kaito rispose, prima di mettere in bocca la prima forchettata di arrosto: «Prego, sono tutt’orecchi.»

«È da un po’ che ci pensiamo, ma ormai ne siamo convinti.»

«Abbiamo deciso cosa fare quando finiremo gli studi.»

«Interessante… ditemi!»

«Che ne dici se aprissimo un bel negozio di scherzi?»

Gli occhi di Kaito s’illuminarono: «Non mi viene in mente un lavoro più adatto per voi due, siete dei geni a riguardo!»

«Abbiamo già anche il nome: Tiri Vispi Weasley!»

«Sì, ma ci serviranno ancora un bel po’ d’idee… e di soldi, prima di poterlo aprire davvero…»

«Per le prime consideratemi dei vostri, per il resto… si troverà una soluzione.»

«Forse l’abbiamo già, se mamma non ci brucia di nuovo i moduli…»

Il prestigiatore prese un bicchiere d’acqua e lo svuotò tutto d’un fiato, ma d’un tratto una parte gli finì di traverso. Rosso in viso, iniziò a tossire disperatamente, nel tentativo di sputare l’acqua in eccesso. Fred e George iniziarono a dargli poderose manate sulla schiena, fino a che, finalmente, Kaito riprese a respirare. Ridacchiò.

«Cavoli, stavolta mi è sembrato di soffocare davvero…»

Solo a quel punto si rese conto che tutte le ragazze del suo anno sedute al tavolo, più Stephen, erano impallidite e avevano un’aria terrorizzata. Sheridan era la più calma delle tre, ma anche lei era tutt’altro che tranquilla.

«Bè? allora? Che sono quelle facce? Mai visto andare l’acqua di traverso a qualcuno?»

Ginny iniziò a trovare interessante la decorazione della tovaglia, mentre il suo volto diventava dello stesso colore dei suoi capelli; Nicole iniziò ad arrotolarsi una ciocca su un dito; Stephen e Sheridan si scambiarono uno sguardo d’intesa.

«Vedi, oggi è successo che…»

Nicole la interruppe: «No, non devi dirglielo! È stata chiara, noi non dobbiamo interferire con il destino!»

La ragazza le guardò entrambe e sbottò: «Se continuate a guardarlo con quell’aria da funerale interferite comunque col suo destino! Kaito non è scemo, penso che se ne sia già accorto!»

Il prestigiatore alzò un dito: «Scusate, se mi permetto d’intervenire, sarei solo il diretto interessato…»

Stephen gli mise una mano sulla spalla: «Lascia stare, è che sono troppo impressionabili. Io e Sheridan ne abbiamo parlato, prima, se dirti tutto o meno, e avevamo deciso di lasciare perdere, perché sapevamo che ti saresti arrabbiato e basta…»

«Arrabbiato per cosa?»

Sheridan sospirò: «Mentre voi eravate ad Aritmanzia, noi avevamo lezione di Divinazione…»

«Sì, lo sapevo, e allora?»

«Allora, la lettura delle foglie di tè ha dato come risultato che qualcuno di noi, fra i più maturi, caratterizzato dal colore bianco, durante quest’anno avrebbe rischiato seriamente la vita.»

Ginny aggiunse, con una vocina strozzata: «E forse l’avrebbe persa davvero.»

Nicole annuì: «Il pensiero è andato subito a te, sei il più grande fra noi e hai la bacchetta bianca… non volevamo crederci, ma quando prima ti stavi soffocando, noi…»

Con un volto serio come non mai, Kaito si alzò dal tavolo senza neppure finire di mangiare. Stephen alzò gli occhi al cielo: «Ecco, lo sapevo… è troppo prevedibile!»

Sheridan cercò di fermarlo, prendendolo per la manica della divisa: «Dove vai?»

Kaito si divincolò: «A fare quattro chiacchiere con la Cooman. Non mi piace l’idea di essere guardato tutto l’anno come un appestato in punto di morte e, soprattutto, non mi piace l’idea che quella pazza vi terrorizzi così. Arriverò in tempo per la lezione di Hagrid, promesso.»

Sheridan fece per seguirlo, ma Kaito la bloccò: «Non seguirmi, non è il caso, non ho intenzione di mettermi nei guai. Ma un paio di cose le dobbiamo chiarire subito, prima che degenerino. Resta qui, o mi troverò costretto a usare mosse che t’impedirebbero di starmi dietro.»

Il tono perentorio del ragazzo e la minaccia velata convinsero ancora di più la ragazza che Kaito era a dir poco furioso, ma alla fine, a malincuore e con grande preoccupazione, gli diede retta, pregando che la sua faccia da poker reggesse anche quella prova.

 

Il ragazzo fece i gradini fino in cima alla torre di Divinazione a due a due. Era veramente molto arrabbiato, non tanto per le minacce alla sua persona, quanto per la preoccupazione immotivata che aveva causato nei suoi compagni. Ginny e Nicole erano già abbastanza impressionabili di loro, d’accordo, ma per aver fatto sbiancare in quel modo anche Sheridan e Stephen dovevano avergli taciuto gran parte delle fandonie di quella donna. Arrivato in cima alla torre, riconobbe la botola da cui qualche volta aveva visto scendere i gemelli l’anno prima. Era chiusa, ma il ragazzo non si fece problemi a bussare aiutandosi con la bacchetta.

Una voce ovattata rispose dall’interno: «Chi mi cerca?»

Kaito non riuscì a trattenere l’ironia: «Indovini!»

«Insomma, non sono in vena di scherzi!»

«Neppure io, mi creda! Sono Kaito Kuroba, lo studente di terzo anno di Grifondoro di cui oggi ha predetto la morte ai miei compagni. Volevo parlarle proprio a proposito di questa questione…»

La botola si aprì appena, permettendo ai grossi occhiali della Cooman di fare capolino. Non appena però, ebbe inquadrato il volto di chi aveva parlato, la professoressa sbarrò gli occhi e fece per richiudere: «La bacchetta bianca!»

Kaito però fu più veloce. Con una rapida mossa infilò uno dei suoi libri nella fessura, impedendo la chiusura della botola.

«Esatto, sono il proprietario della bacchetta bianca che tanto la sconvolge. Vedo che neanche lei si è scordata di me, bene, semplificherà le cose.»

La donna indietreggiò spaventata e Kaito ne approfittò per fare un bel salto, aggrapparsi con entrambe le mani al bordo della botola e fare irruzione nella stanza. Spuntò nell'aula più strana che avesse mai visto. In effetti non aveva l'aspetto di un'aula, sembrava più un incrocio tra un solaio e una sala da tè vecchio stile. Ospitava almeno venti tavolini rotondi, tutti circondati da poltroncine foderate di chintz e piccoli, grassi sgabelli. Il tutto era illuminato da una bassa luce scarlatta; le tende alle finestre erano tirate, e le numerose lampade erano drappeggiate con sciarpe rosso scuro. C'era un caldo soffocante, e il fuoco che ardeva nel camino lambendo un grosso bollitore di rame emanava un profumo intenso, quasi malsano. Gli scaffali che correvano tutto attorno ai muri circolari erano stipati di piume dall'aria polverosa, mozziconi di candele, scatole di vecchie carte da gioco, innumerevoli sfere di cristallo argentate e una gran varietà di tazze da tè. Atmosfera senza dubbio interessante, ma Kaito non era arrivato fin lì per apprezzare l’arredamento.

La Cooman si era ritratta spaventata, avvolgendosi ancora di più nel suo scialle, in gesto di protezione: «Che modi!»

«Mi dispiace per il poco tatto, ma anche lei stamattina non ne ha avuto con i miei compagni.»

«Di cosa stai parlando?»

«Parlo delle minacce di morte imminente rivolte a me che stamattina ha predetto ai miei compagni.»

La donna lo squadrò da capo a piedi, quasi con disprezzo: «Tu non credi nei poteri della Vista, vero? Certo che no, o frequenteresti il mio corso.»

«Senta, i miei pareri sulla sua materia non sono l’argomento di cui sono venuto a discutere! Gradirei soltanto che smettesse di spaventare i miei compagni, soprattutto usando il sottoscritto per farlo!»

«Io mi limito a rendere visibili i segni del destino che gli altri si rifiutano di notare.»

«Allora, se proprio non può fare a meno di farsi gli affari miei, almeno li tenga per sé! Per una questione di privacy, quantomeno! Se i miei compagni mi riferiranno altri episodi del genere, mi troverò costretto a parlare con la McGranitt, l’avverto.»

«È una minaccia?»

«Mi piacerebbe renderle la pariglia ma no, nessuna minaccia. A meno che lei non ritenga la McGranitt in grado di procurarle gravi danni…»

La donna si limitò a sospirare scuotendo la testa: «Non potevo aspettarmi che guai da te, dopotutto… l’ho capito dal primo giorno che ti ho visto.»

Kaito capì di stare parlando contro un muro, così fece per andarsene. Doveva ancora passare in camera per ritirare il coso per Hagrid prima che iniziasse la sua lezione. Poi di colpo si fermò e si voltò un’ultima volta verso la donna.

«Si può sapere almeno perché ce l’ha tanto con la mia bacchetta?»

La Cooman abbassò lo sguardo, con aria triste: «Il possessore della bacchetta bianca è annunciatore di gravi sventure e disgrazie per tutti noi.»

Kaito scosse la testa, stufo: «Allora quando avrò queste cattive notizie le manderò una cartolina via gufo, va bene? Arrivederci, stia bene e la smetta un po’ con queste previsioni del malaugurio, fanno male al suo umore e a quello degli altri.»

La donna si limitò a osservarlo con espressione funerea mentre il ragazzo chiudeva la botola alle sue spalle.

«Fosse mia, ragazzo… magari fosse mia…»

 

Hagrid li stava aspettando fuori, la mano sul collare del suo enorme cane nero, Thor. Per terra ai suoi piedi c'erano parecchie casse di legno, e Thor uggiolava e tirava il collare, chiaramente impaziente di indagare più da vicino sul contenuto. Quando ci si avvicinava, si udiva uno strano rumore di sonagli, punteggiato da quelle che sembravano piccole esplosioni.

Hagrid accolse i nuovi studenti con un gran sorriso, ben mimetizzato dall’enorme barba nera: «Benvenuti! Benvenuti! Sono contento di vedervi qua, alla mia lezione… ma che sono quelle cose che vi portate?»

Tutti gli studenti, sia Grifondoro che Tassorosso, si erano attrezzati in vario modo. Fu una voce familiare ma affannata a rispondere.

«Sono i tuoi libri, Hagrid! Potevi anche darcene di meno aggressivi, accidenti! Ho rischiato di vedermi divorati gli altri da questo cannibale di carta…»

Kaito era giunto di corsa, giusto in tempo per la lezione. Sheridan gli diede una gomitata, mentre tutti i compagni che frequentavano il corso, Stephen, Ginny e ovviamente Colin, che probabilmente si era iscritto solo per poter avere dei nuovi, strani soggetti per le sue fotografie, lo guardavano preoccupati.

«Che sono quelle facce? Tranquilli, non ho fatto perdere nessun punto alla Casa e la Cooman era ancora viva e in buona salute quando ci siamo lasciati… e anche io, se a qualcuno interessasse ancora.»

Sheridan alzò gli occhi al cielo, tenendo ben salda la sua gabbietta: «Vediamo cosa ci dirà la prossima volta…»

Hagrid si era perso la discussione, preoccupato da come tutti i suoi studenti si erano ingegnati per portare i libri a lezione senza essere morsi: la maggior parte li avevano legati con spaghi, magiscotch, cinture, graffette o infilati in borse strettissime. Qualcuno aveva trovato soluzioni più originali, come Sheridan, che l’aveva rinchiuso in una gabbietta da criceti con maniglia, che teneva con dei guanti piuttosto robusti per evitare morsi accidentali. Ma il premio era sicuramente di Kaito, anche se, vista la precedente invenzione delle cinture di sicurezza per manici di scopa, nessuno della sua classe aveva avuto dubbi in proposito: in qualche modo, con non poco coraggio, era riuscito a infilare le pagine del libro dentro una museruola; non contento, l’aveva poi legato con una cintura a cui aveva fissato anche una corda per poterlo trasportare come se si fosse trattato di un guinzaglio. Il risultato era che il prestigiatore si trascinava dietro il libro di testo né più né meno come si fosse trattato di un piccolo cagnolino molto aggressivo.

Hagrid scosse la testa sconsolato: «Possibile che anche quest’anno nessuno è riuscito a capire?»

Prese la copia di Ginny, tolse i vari strati di spago e graffette e, ignorando il libro che cercò subito di morderlo, fece scorrere il gigantesco indice lungo il dorso. Il libro rabbrividì, poi si aprì e rimase immobile nella sua mano.

«Visto? Dovete solo accarezzarlo

Un po’ più rassicurati, i ragazzi si accinsero a fare le coccole ai loro volumi.

Ginny fece una smorfia stizzita, riprendendo la sua copia: «Scommetto che Fred, George e Ron lo sapevano, ma non me l’hanno detto giusto per farmi il solito scherzo!»

Hagrid si rivolse a Kaito in tono incerto: «Be'... sono divertenti, no?»

Trafficando con la sua museruola, il ragazzo rispose: «Sotto un certo punto di vista, Hagrid, ma devi anche trovare chi apprezza il tuo humour.»

«Non dirmecelo, che l’anno scorso Malfoy mi ha fatto un macello…»

Sheridan, intanto, si stava altamente pentendo della sua scelta della gabbietta. La sua mano non passava attraverso la grata e ad aprire il lucchetto c’era il rischio tutt’altro che remoto che il libro scappasse prima di poterlo accarezzare. Per toglierla d’imbarazzo, Kaito le porse uno di quei bastoni con le manine in punta che si usano per grattarsi la schiena: «Prova con questo.»

La ragazza guardò un po’ perplessa l’oggetto: «Tu un giorno o l’altro mi dovrai spiegare da dove tiri fuori tutte queste stramberie dal nulla…»

Kaito le fece l’occhiolino: «Il trucco è non uscire mai di casa impreparati.»

Hagrid riprese la lezione: «Oggi mi è arrivato un carico di roba simpatica di cui prenderci cura: Schiopodi Sparacoda

«I cosa?»

Hagrid indicò il contenuto delle casse. Molti sobbalzarono, compreso Kaito, che si era presentato a lezione relativamente tranquillo, pensando che dopo un Basilisco non poteva capitargli molto di peggio. Le creature che aveva davanti, però, lo fecero in parte ricredere: avevano l'aspetto di aragoste deformi senza corazza, orrendamente pallide e viscide, con le zampe che sbucavano da punti molto strani, e senza testa, almeno non visibile. In ogni cassa ce n'erano un centinaio, ciascuno lungo una ventina di centimetri, e brulicavano l'uno addosso all'altro, urtando ciechi contro i lati dei contenitori. Emanavano un fortissimo odore di pesce marcio. Ogni tanto dalla coda di uno Schiopodo volavano via delle scintille, e con un piccolo fuut questo schizzava in avanti di parecchi centimetri.

«Sono appena usciti dall'uovo! Se ne occuperanno quelli del quarto anno, ma ho pensato che era un peccato non farveli vedere almeno una volta!»

Dagli sguardi che si scambiarono i ragazzi, molti erano concordi che avrebbero fatto volentieri a meno del piacere.

«Se volete anche voi provare a darci da mangiare, io ho qua uova di formica e fegato di rana e un po' di bisce: provate un po' di tutto. Io non ne ho mai tenuti prima, non so che cosa ci piace.»

L’ultima affermazione fece perdere ad Hagrid almeno dieci punti di competenza agli occhi degli studenti, che lo fissarono preoccupati. Ci volle un po’ perché i primi trovassero il coraggio di prendere un po’ di quella roba e portarla dagli Schiopodi. Kaito guardò gli animali da varie angolazioni, per poi esclamare: «Ehi, Hagrid, sei sicuro che questi cosi ce l’abbiano una bocca? Io non ne vedo nessuna…»

Hagrid gli sorrise compiaciuto: «Questo è parte della ricerca…»

Il prestigiatore tenne per sé parte delle sue osservazioni sul regolamento sulla sicurezza degli studenti. In fondo per lui non era un grosso problema, amava il rischio, ma era un po’ preoccupato per i compagni. Un urletto di un Tassorosso gli confermò i suoi timori.

«Ahi! Mi ha morso!»

Hagrid lo guardò con tutta la tranquillità di questo mondo: «Visto? Questo risponde alla tua domanda, se morde vuol dire che ha una bocca!»

Poi si avvicinò allo studente, lo liberò senza sforzo e commentò: «Quella non era la bocca, penso ti ha solo afferrato. Ti sei fatto male?»

Non ebbe il tempo di rispondere che lo Schiopodo fra le mani di Kaito fece un rumore stranissimo. Al primo accenno di scintille il ragazzo, d’istinto, tirò fuori un sacchetto e lo buttò sull’animale, che venne subito ricoperto da una schiuma bianca e soffice.

Hagrid accorse preoccupato: «Che ci stai facendo?»

«Tranquillo, è solo schiuma antincendio, quella degli estintori. Ne porto sempre con me nel caso i trucchi di prestigio col fuoco andassero male…»

«Ma me lo affoghi!»

«E quello per poco non mi ustionava!»

Il ragazzo si rese conto di essere ancora molto nervoso per lo scontro con la Cooman. Con un sospiro, si scusò: «Non volevo fargli del male, ho agito senza pensare, scusa.»

Ginny, con un sorriso, si avvicinò e fece un incantesimo che fece sparire tutta la schiuma, lasciando lo Schiopodo lindo e pulito.

Fece loro un occhiolino: «Aiutare la mamma in casa a volte è utile.»

Il resto della lezione si svolse senza ulteriori incidenti, ma furono tutti felici quando le due ore scaddero. Salutarono tutti Hagrid e, con un po’ di stanchezza, Kaito e Thomas si avviarono verso l’aula di Babbanologia.

I due ragazzi entrarono titubanti nella stanza e guardarono stupiti l’ambiente. Non un angolo di parete era stato lasciato scoperto: articoli di giornali babbani, fotografie immobili provenienti da ogni parte del mondo, istruzioni per l’assemblaggio di mobili, schemi elettrici, tenuti con scotch, puntine e colla tappezzavano tutto in un guazzabuglio di colori indecifrabile a una prima occhiata. Un po’ perplessi, Kaito e Thomas si sedettero vicini. Il ragazzo più piccolo era nervoso, si aggiustava continuamente gli occhiali.

«Paura del mondo babbano, Thomas?»

Il ragazzo ridacchiò, sistemandosi un ciuffo color sabbia: «No, no, anzi… i miei nonni paterni sono Babbani. Solo che quando vado da loro mi sento sempre fuori posto, è un ambiente così diverso da quello a cui sono abituato… papà prova a spiegarmi qualcosa, ma anche lui vive nel mondo magico da troppo tempo. Spero che frequentando questo corso potrò capire meglio i miei nonni la prossima volta che li andrò a trovare.»

Il prestigiatore gli sorrise: «Un ottimo proposito, più lodevole del mio di sicuro.»

«E tu? Perché ti sei iscritto? Non vieni già da una famiglia babbana

«Potrei fare l’Hermione della situazione e dire che vorrei approfondire l’argomento dal punto di vista magico… ma la verità è solo che spero in voti facili.»

Thomas ridacchiò: «Manterrò il tuo segreto, ma solo se mi aiuterai con i compiti.»

«Piccolo ricattatore impertinente! E va bene…»

Continuarono a scherzare per un po’, mentre nella classe entravano ancora un paio di Tassorosso, ma si zittirono immediatamente quando entrò l’insegnante. Era una donna davvero molto giovane, piccola e magra, con i capelli ricci biondi, tagliati corti, e con gli occhi scuri. Aveva un bel sorriso allegro e, a giudicare da come saltellava sul posto, sembrava non poter stare ferma un secondo.

«Sono Charity Burbage, la vostra insegnante di Babbanologia. Quanto conoscete i Babbani? Qualcuno viene da una famiglia Babbana

Una sola mano si levò. L’insegnante fissò Kaito con aria deliziata, sbattendo le mani, poi subito riprese a parlare con quella sua voce acutissima e con parlantina veloce, quasi fulminea: «Oh, finalmente! Mi capitano sempre pochissimi studenti di origine babbana! Dimmi, dimmi, da dove vieni? Inghilterra? Galles? Scozia?»

Il ragazzo fece una smorfia imbarazzata: «Giappone…»

Il volto della Burbage s’illuminò: «Uno studente orientale! Fantastico, potremo studiare anche le differenze culturali! Meraviglioso! Se studio bene la cosa, saresti disposto ad intervenire anche in qualche altra mia lezione?»

Il prestigiatore si trovò un po’ in imbarazzo: «Si può fare…»

«Perfetto, perfetto! Oh, ma che bello poter iniziare con così tante belle premesse! Siamo un po’ pochini, ma pazienza, vorrà dire che faremo amicizia più velocemente! Dovrei imparare in fretta anche i vostri nomi, allora!»

Veloce come un razzo, la donna andò a sedersi dietro la cattedra e prese il registro: «Dunque, Benedicta

L’unica ragazza presente alzò la mano.

«Bene! Ah, questo dev’essere il nostro giapponese! Kuroba!»

Il ragazzo non alzò neanche la mano, si limitò a sorridere. La signora era indubbiamente entusiasta del suo lavoro, anche troppo.

«Eccolo lì! Rourke?»

Thomas alzò la mano e la Burbage gli sorrise di rimando: «L’altro Grifondoro, perfetto! Quindi ad esclusione, tu devi essere Zacleyn

Il robusto ragazzo biondo annuì di rimando. La professoressa scattò nuovamente in piedi, come se fosse incapace di rimanere ferma più a lungo, e iniziò a passeggiare indicando le pareti: «Ho cercato di raccogliere su queste pareti quanto di più misterioso e affascinante ci possa offrire il mondo Babbano! Scopriremo insieme meraviglie di cui potete solo avere una vaga impressione… a parte te, Kuroba! Mi raccomando, eh, se qualcosa non ti quadra diccelo, magari possono essere anche solo differenze culturali, ma è bello scoprirle insieme, no? Comunque, oggi per cominciare ho pensato di partire da una cosa piccola piccola piccola! Ecco qua, secondo voi che cos’è? Kuroba non suggerire, mi raccomando!»

Il ragazzo sospirò. Non aveva mai avuto problemi ad essere al centro dell’attenzione, ma quella donna esagerava!

I suoi tre compagni, invece, si avvicinarono incuriositi alla professoressa, che teneva sul palmo della mano un rettangolino molto piccolo, colorato, con i lati frastagliati e con disegnato sopra un volto. I ragazzi erano molto perplessi.

«Su, avanti, avanti! Ipotesi su cosa possa essere?»

La ragazza Tassorosso propose timidamente: «Un… ritratto portatile?»

«Acqua, acqua, sei completamente fuori strada! Altre idee? No? Kuroba, tu lo sai?»

Kaito annuì: «Un francobollo.»

«Un francobollo, bravissimo! Intanto, prima di scoprire cos’è e a cosa serva, analizziamolo! È un oggetto babbano? Ne siamo sicuri? Da cosa lo possiamo capire?»

Thomas alzò la mano: «L’immagine è ferma.»

«Giusto, i ritratti e in generale le immagini prodotte dai Babbani non si muovono. Questo le rende da una parte più noiose, dal punto di vista di un mago, ma dall’altra molto più dettagliate e precise, perché possono permettersi di soffermarsi sul minimo dettaglio. Poi?»

Aspettò un po’, ma visto che nessuno rispose, continuò: «Il materiale. Questa non è pergamena, vedete? È più sottile, più bianca, lo vedete bene qua, sul retro, e tuttavia molto resistente. Si chiama carta, la producono a partire dagli alberi con un procedimento complesso che presto vedremo insieme. Allora, a cosa serve questo oggetto? Vi do un altro indizio, c’è della colla sul retro! Ancora nessuno? Serve per la posta! Questo francobollo s’incolla sulla busta ed è un indizio importantissimo, insieme all’indirizzo, per aiutare il postino babbano

Kaito iniziò ad inarcare un sopracciglio.

«La figura ritratta è femminile, quindi il postino saprà che deve consegnarla a una donna! Ci sono anche quelli maschili, ovviamente, ma oggi non ne ho trovati… visto quante meraviglie si celano dietro un oggetto così piccolo? Alcuni hanno decorazioni di pregio, tanto che so che alcuni Babbani li collezionano pure! Va bene, per oggi basta così, è il primo giorno, l’ultima ora, e sarete stanchi! Vi aspetto alla prossima lezione, buona serata a tutti!»

Thomas raccolse le sue cose, ma vide che Kaito non si muoveva: «Non vieni?»

Il ragazzo gli sorrise: «Vai pure avanti tu, chiedo solo una cosa all’insegnante e ti seguo subito.»

Il compagno si aggiustò gli occhiali preoccupato: «Non esagerare come tuo solito.»

E gli ubbidì uscendo dall’aula. Kaito alzò gli occhi al cielo: possibile che i suoi compagni avessero così poca fiducia in lui?

La Burbage notò subito che si era attardato: «Oh, Kuroba! Dimmi tutto!»

«Sa perché non ha trovato un francobollo inglese con l’effige maschile?»

La donna fece una smorfia, assalita da un dubbio tremendo: «Non… non li avevano finiti?»

Kaito scosse la testa: «La donna ritratta è la regina attualmente sul trono nel Regno Unito. Sul francobollo c’è l’immagine del sovrano, quindi solo se ci fosse un re avrebbe trovato un francobollo maschile.»

La donna sbarrò gli occhi: «Oh, accidenti! Ma così tutta la mia teoria crolla! E allora a cosa serve un francobollo?»

«È una sorta di ricevuta di pagamento per il servizio di consegna. E sì, ci sono i collezionisti, proprio perché sui francobolli non ci sono raffigurati solo volti, anzi, i filatelisti apprezzano molto quelli che sembrano dei piccoli quadri.»

La donna iniziò a passarsi le mani nei capelli: «Oh, che figura! Ma perché non mi hai interrotta subito?»

«Per non farle perdere subito la faccia di fronte agli altri studenti. Lei è cresciuta nel mondo magico, ha studiato i Babbani solo attraverso i libri e, dove non ha trovato risposte, ha indagato per conto suo, vero?»

La donna lo guardò sorpreso: «Esatto, ma come…»

«Non bisogna essere dei grandi detective per capirlo. Ha iniziato la presentazione del francobollo con un’analisi accurata, quasi scientifica. Questo non è il modo di fare di uno che s’atteggi a insegnante senza esserlo davvero. Il suo problema, però, è che ha cercato di compensare la mancanza d’informazioni facendo dei paragoni con il mondo magico, e questo è sbagliato, perché non tutto è paragonabile in modo così semplice. È perché apprezzo il suo impegno che non l’ho smentita di fronte a tutti. Mi creda, i professori che s’improvvisano tali non li sopporto, chieda un po’ a Thomas cosa non ho combinato ad Allock, un paio d’anni fa…»

La donna si abbandonò su una sedia. Sembrava che le si fossero scaricate improvvisamente le batterie.

«Amo il mondo babbano, davvero. Sono nata e cresciuta in una famiglia purosangue, ma sono rimasta subito affascinata dai nostri… vicini di casa, mi piace chiamarli così. Hanno un modo di vivere completamente diverso dal nostro, è quasi come se fossimo due specie diverse, e invece siamo tutti esseri umani, meravigliosi esseri umani! La differenza fra noi e i Babbani è solo che noi ci adagiamo su quanto la magia può offrirci, loro s’ingegnano per trovare mille e mille soluzioni, a volte persino migliori di noi! Pensa anche solo ai telegiornali! Noi per sapere una notizia all’interno del nostro Stato dobbiamo aspettare almeno la stampa del Profeta, o un gufo, o un passaparola. Loro lo sanno subito, quasi istantaneamente, e da tutto il mondo! Come si fa a non amare i Babbani? Io davvero non capisco quelli che sostengono la “purezza della razza”… come se si trattasse di creature diverse da noi! Non sanguiniamo, forse, entrambi? Non pensiamo, ragioniamo, ipotizziamo, odiamo, amiamo? Se non ci fossimo incrociati con i Babbani saremmo tutti estinti da un pezzo! E se non fossimo la stessa cosa, allora perché esisterebbero dei maghi nati da famiglie babbane e i Maghinò? Ho studiato la loro cultura sui migliori manuali, i più antichi esistenti!»

«E questo forse è stato il suo primo errore.»

«Eh?»

Kaito le sorrise: «Gliel’ho detto, la società dei maghi e quella dei Babbani sono radicalmente diverse, e quello che per i maghi può essere un pregio, per i Babbani a volte è un difetto, e viceversa. La società dei maghi è sostanzialmente stabile, da quel che ho potuto capire non è cambiata molto negli ultimi tre secoli. I Babbani invece evolvono continuamente, cambiano radicalmente non solo da una generazione all’altra, a volte persino da un decennio all’altro! Questo li rende molto complicati da studiare seriamente…»

La Burbage lo guardò con uno scintillio negli occhi: «… ma anche incredibilmente più affascinanti!»

Il ragazzo rise: «Mi piace il suo spirito! Se non trova un manuale che faccia al caso suo, ne scriva uno lei! Applichi il suo meraviglioso metodo scientifico, si faccia passeggiate fra le vie di Londra accompagnata da qualche mago di origine babbana che le possa spiegare quello che vede, legga libri e giornali babbani, faccia indagini fra gli studenti della scuola cresciuti in famiglie non magiche, soprattutto i più piccoli, sono ancora freschi di memoria… e non si dimentichi di aggiornare continuamente le sue ricerche. C’era un Babbano che diceva che ogni fine è solo un nuovo inizio…»

La donna gli porse la mano: «Ti ringrazio, Kuroba, mi hai aiutato davvero molto. Se sbaglio ancora qualcosa mi aiuterai a correggermi?»

Il prestigiatore gliela strinse con forza: «Con molto piacere.»

 

La cena trascorse relativamente tranquilla. I suoi compagni si stavano scambiando le impressioni sulla giornata e sulle nuove materie, ma Kaito prestò poca attenzione al resoconto di Nicole sulla lettura delle Antiche Rune, anche se era l’unica ad esserci andata. Non poteva non provare un filo d’ansia per l’incontro con il preside che lo attendeva di lì a poco. In fondo, aveva atteso quel momento per un anno intero.

Così, non appena scattarono le nove, Kaito uscì dalla Sala Comune stringendo la lettera di Silente e si avviò per i corridoi deserti, incredibilmente senza incontrare Gazza, fino a raggiungere l’ufficio del preside, esattamente dove Harry gli aveva spiegato, al secondo piano. Si fermò di fronte a un orribile e immenso mascherone di pietra e, guardandolo dritto negli occhi esclamò: «Crem caramel vanigliato!»

A quelle parole il mascherone prese vita e fece un balzo di lato, mentre la parete si apriva, rivelando una scala a chiocciola che si muoveva dolcemente verso l'alto, come una scala mobile.

«Mica male! Hai capito le comodità di essere preside? Queste sono scale come si deve!»

Non appena ci mise un piede sopra, un tonfo annunciò la parete che si era richiusa alle sue spalle. Il ragazzo fece un sospiro deciso. Ormai era in ballo. I gradini salirono a spirale, su su, sempre più in alto, fino a giungere di fronte a una porta di quercia lucente con un batacchio di rame a forma di grifone. Kaito lo impugnò e diede un paio di colpi alla porta, che si aprì senza fare rumore.

Il ragazzo si guardò intorno. Era una stanza circolare, grande e bella, piena di oggetti e rumorini strani. Su alcuni tavoli dalle gambe lunghe e sottili, avvolti in nuvolette di fumo, erano posati molti curiosi strumenti d'argento. Le pareti erano ricoperte di ritratti di vecchi e vecchie presidi, garbatamente appisolati nelle loro cornici. C'era anche un'enorme scrivania con le zampe ad artiglio, e dietro, su uno scaffale, era poggiato un cappello da mago, frusto e stracciato, che immediatamente Kaito riconobbe essere il Cappello Parlante. Al suo fianco, in una bacheca di vetro, c’era una splendida spada d'argento, con grossi rubini incastonati nell'elsa, la spada di Godric Grifondoro che lui stesso aveva impugnato al primo anno, oltre che usato come stampella. A ricordargli quell’avventura c’era anche, su un trespolo d'oro dietro alla porta, Fanny, che a vederlo cantò felice. Al suo fianco c’era l’uomo che lo aveva mandato a chiamare.

«Buonasera Kaito.»

«Buonasera, professore.»

«Sei puntualissimo, bene! Ma immagino che dopotutto fossi impaziente, dopo un anno di attesa…»

Il ragazzo non rispose e il preside attraversò la stanza, diretto verso un armadio nero, da cui prese qualcosa che poggiò sulla scrivania. Quando tornò a rivolgersi a Kaito, ogni traccia di quel suo solito rassicurante sorriso con cui l’aveva accolto sembrava svanita.

«Voglio che una cosa ti sia ben chiara, Kaito. Questa non sarà una serata facile, né per te, né tanto meno per me. Quando avrò risposto a tutte le tue domande, quando uscirai da quella porta, nulla sarà più come prima.»

Kaito gli restituì lo stesso sguardo serio, in silenzio. Non era necessario dire nulla, era Silente a dover parlare.

L’anziano uomo continuò: «Ho pensato molto a come affrontare questo momento. Avrei potuto farti un lungo e complicato spiegone, ma poi ho pensato che, visto cosa devo rivelarti, avresti preso le mie parole per i deliri di un povero vecchio pazzo. E poi magari dopo una giornata di lezioni, eri stufo di sentir insegnanti blaterare… così ho pensato di usare questo. Vieni, avvicinati.»

Kaito obbedì. Quello fra le mani del preside era un basso bacile di pietra, con strane figure incise sul bordo, probabilmente rune o comunque simboli che il ragazzo non era in grado di leggere. Conteneva una sostanza strana, liquida o forse gassosa, era difficile capirlo, di un colore argento luminoso e biancastro, e si muoveva incessantemente; la superficie s'increspò come acqua accarezzata dal vento, e poi, simile alle nuvole in cielo, si separò e vorticò dolcemente.

«Quest’oggetto si chiama Pensatoio, ed è in dotazione ad ogni preside di Hogwarts. A volte, e sono certo che conosci questa sensazione, ho l'impressione di avere semplicemente troppi pensieri e troppi ricordi stipati nella mente. Quando mi capita, uso il Pensatoio. Basta travasare i pensieri in eccesso dalla propria mente, versarli nel bacile ed esaminarli a piacere. Diventa più facile riconoscere trame e collegamenti, sai, quando assumono questa forma.»

Kaito guardò il contenuto del bacile con una smorfia: «Quindi quelli sarebbero i suoi ricordi?»

«Esattamente. Posso utilizzare i miei o anche quelli di una terza persona. E in questa forma posso anche riviverli, come se fossero un film. Guarda.»

Estrasse la bacchetta e infilò la punta tra i propri capelli d'argento, vicino alla tempia. Quando la tolse, parve che dei capelli vi restassero attaccati, ma in realtà si trattava di una striscia scintillante della stessa strana sostanza bianco-argentea che riempiva il Pensatoio e che venne prontamente aggiunta.

«Ecco, ho aggiunto adesso i ricordi che volevo mostrarti stasera.»

«Vuole mostrarmi i suoi ricordi… là dentro?»

Silente annuì e il prestigiatore ridacchiò: «Gli psicanalisti pagherebbero a peso d’oro quell’affare!»

Il preside continuò: «I ricordi che ti mostrerò stasera appartengono tutti a me, tranne uno…»

Estrasse dalla tasca dell’abito una fiala, contenente la stessa sostanza biancastra che aveva aggiunto poco prima nel Pensatoio.

«Questo è un ricordo eccezionale, Kaito, di cui gradirei non facessi parola con nessuno. Appartiene a un Babbano. Normalmente non sono solito “prelevare” ricordi di chi non c’entra con il mondo della magia, ma questa era una prova eccezionale, unica nel suo genere… la legge dei maghi, tuttavia, non ha stabilito regole sul trattamento dei ricordi dei Babbani

«E ciò che la legge non vieta, implicitamente consente… conosco l’antifona, sono abituato a lavorare ai limiti della legge, stia tranquillo, terrò la bocca chiusa.»

Silente aprì la fiala e aggiunse quel ricordo agli altri: «Spero che quello che vedrai possa rispondere alle tue domande, benché, ti avverto, sarà doloroso.»

«Non ho paura.»

Silente gli sorrise intenerito, come se il ragazzo avesse appena detto inconsapevolmente un’enorme sciocchezza: «Ti prego di avere pazienza con me, questa sera. Anche se starai male, ti chiederei di sopportare fino alla fine, potremmo non avere un’altra occasione di rivederci con questa tranquillità con l’incombenza dell’imminente Torneo Tremaghi. In ogni caso, se ne sentirai il bisogno, ti prego di tralasciare pure con me la tua pur ottima faccia da poker.»

Kaito trasalì. Non ricordava di aver mai parlato con il preside di quel particolare.

L’uomo gli porse una mano: «Vieni, avvicinati.»

Il ragazzo fece una smorfia imbarazzata: «Ehm… è sicuro che non le dispiaccia se invado così la sua privacy?»

Silente gli sorrise intenerito e si limitò a dirgli: «Prendi un bel respiro, Kaito. Stiamo per cominciare.»

 

 

Ehm... saaaalve.... come va?

Sì, lo so, sono sparita per mesi, e mi dispiace enormemente. Purtroppo, come avevo avvertito, gli impegni universitari si sono fatti troppo incombenti per riuscire a gestire tutto, comprese tutte le mie storie. Rassicuro anche gli eventuali lettori di Richiamo di sangue, mi rimetterò presto anche su quella storia. Ora devo concentrarmi anche sulla tesi, ma farò del mio meglio per non far passare di nuovo tutto questo tempo, anche perché con la suspense con cui vi ho lasciato penso che mi linciate!

Intanto, un paio di note. Mi sono molto divertita a immaginare due professoresse che nei libri sono solo accennate ma mai descritte nei dettagli. Non vedremo molte loro lezioni, ma mi sembrava interessante da approfondire, spero vi piaccia come le ho caratterizzate. Per quanto riguarda la lezione di Aritmanzia, i dati sulla materia, per quanto un pochino romanzati, li ho presi da un libro intitolato “Manuale per apprendisti maghi” di Allan Zola Kronzek e Elizabeth Kronzek, edito da Speriling & Kupfer Editori, che spiega molte curiosità sul mondo magico di Harry Potter. La mia edizione non è aggiornatissima, si ferma al quinto libro, ma so che in circolazione ci sono edizioni aggiornate fino al settimo. Se volete fare il calcolo aritmanzico del vostro nome cercatelo!

Ringrazio quindi i commentatori, ovvero fenris, Lunaby, Tsuki no Sasuke, mergana, sophi33, Miciagatta33, _happy_04 (menzione speciale per essersi letta e recensita tutti i capitoli in questi mesi) e _SayayMagicSuicune_. Sarà rimasto qualcuno di voi dopo tutto questo tempo? Lo spero proprio...

Prossimo capitolo? Mi sembra chiaro, finalmente avrete quasi tutte le risposte che aspettavate. Solo un avviso: questo sarà probabilmente il capitolo più lungo in assoluto della storia, in cui si vedrà se davvero sono riuscita a fare la brava sartina e a cucire bene la trama di Kaito Kid e quella di Harry Potter, tenendo conto della marea d’indizi che vi ho lasciato in questi trentun capitoli. Per questo motivo e per la tesi in corso potrebbe volerci un pochino (ma meno degli infiniti mesi d’attesa, per autoparodiarmi). Spero che ne valga la pena.

Al prossimo capitolo, e abbiate fiducia, arriverà!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 32
*** La verità ***


La verità

 

Su invito di Silente, Kaito si chinò sul bacile. L’interno era cambiato, ora poteva vedere riflesso l’ufficio in cui si trovava. Mentre si stava chiedendo quando i ricordi fossero diventati trasparenti, senza preavviso, il preside gli spinse la faccia verso il Pensatoio fino a fargli toccare i suoi ricordi con la punta del naso. L'ufficio di Silente sussultò con violenza, come se ci fosse stato un forte terremoto: Kaito fu scagliato in avanti e precipitò a testa in giù dentro il bacile...

Istintivamente alzò le braccia per proteggersi il volto, ma non urtò contro il fondo di pietra come si sarebbe aspettato. Stava cadendo dentro qualcosa di gelido e nero; era come essere risucchiati in un gorgo oscuro...

E poi finì, senza che Kaito sapesse dire esattamente come. Si ritrovò in piedi, più o meno nella stessa posizione in cui era poco prima.

«Tutto bene?»

Kaito si sentiva ancora le orecchie tappate e il cervello un po’ annebbiato: «Sì... più o meno... ma... cos’è successo?»

Si guardò intorno.

«Dov’è Fanny?»

Silente gli sorrise: «Non c’è ancora.»

«Eh?»

Fu quando si voltò verso il preside che trasalì. Davanti a lui c’erano...

«D-due Silente?»

Uno dei due, quello con la barba più lunga e più bianca, sorrise: «Te l’ho detto, stiamo esplorando i miei ricordi. Quello seduto alla scrivania è solo il ricordo che ho di me stesso. Non può vederci né sentirci, né interagire con noi in alcun modo, perché esegue solo una parte ben definita.»

Osservandolo con più calma, in effetti, Kaito notò che aveva meno rughe rispetto alla controparte che lo aveva accompagnato. Era seduto alla sua scrivania e aveva l’aria seria. Appoggiato il mento sul dorso delle mani, ascoltava con attenzione un ragazzino seduto di fronte a lui.

Il Silente più anziano sorrise: «Questo ricordo risale a circa venticinque anni fa, forse qualcosa in più. Osserva con attenzione il mio interlocutore. Forse faticherai un po’ a inquadrarlo, ma è una persona che conosci bene.»

Kaito si spostò leggermente per poterlo vedere in viso. Era un ragazzino con i capelli castani dal volto pallido e smunto, un po’ imbarazzato. Sì, aveva un’aria un po’ familiare, ma non riusciva a riconoscerlo.

Il Silente d’epoca parlò: «Allora, come stai, Remus

Kaito sbarrò gli occhi: «Remus? Remus... Lupin?»

L’uomo annuì: «Il professore di Difesa contro le Arti Oscure che ha insegnato in queste mura l’anno scorso, esatto. In quest’epoca era ancora uno studente... mi pare fosse al terzo anno, sì. Ogni tanto eravamo costretti a fare degli incontri per il suo “problema mensile”. Dopotutto, era il primo studente affetto da licantropia dell’istituto.»

Kaito annuì. Lupin stava raccontando un po’ delle notti passate nella Stamberga Strillante, un posto che ricordava fin troppo bene.

«Mi scusi... per quanto sia interessante vedere Lupin più o meno alla mia età... perché me lo sta mostrando?»

«Perché è da qui che cominciò tutto.»

«Da Lupin?»

«No, da qualcuno che dovrebbe arrivare tra poco...»

Il ragazzo scosse la testa. Ormai gli era chiaro che il preside voleva fare il misterioso e che difficilmente gli avrebbe fatto cambiare idea. Sospirò. Più tempo passava e meno...

Fu talmente improvviso che Kaito ebbe bisogno di un paio di secondi per realizzare l’accaduto.

Con un fortissimo schiocco, una figura comparve dal nulla una trentina di centimetri sopra la scrivania di Silente. Quasi subito la forza di gravità fece il suo dovere e il malcapitato si ritrovò a precipitare di pancia urlando sulla superficie dura e piena di oggetti spigolosi sotto di lui. Kaito fece una smorfia di dolore empatico, mentre il Silente del passato e Lupin si allontanarono di scatto dalla scrivania. In un secondo il professore si schierò di fronte al giovane studente, sguainando la bacchetta.

La figura, rimasta per un pochino immobile sulla scrivania, si mosse lentamente imprecando dal dolore. Il giovane, per così dire, preside alzò un sopracciglio e spinse ancora più indietro Lupin, lanciandolo praticamente fra le braccia di Kaito. Il ragazzo allungò le braccia per afferrarlo al volo, ma il giovane Remus gli passò attraverso come fosse un fantasma.

Il Silente al suo fianco gli sorrise: «Ricordi? Non possono interagire con noi.»

Prima che potesse rispondere, Kaito fu attirato dalla voce del nuovo arrivato, che, pur dando loro le spalle, faticosamente si era messo seduto e si stava guardando intorno: «Ahia, che male... ma cosa...»

Il prestigiatore trasalì. Quello non era inglese. Era...

Il giovane Silente gridò con voce ferma e tonante: «Fermo!»

La figura alzò di scatto le mani in segno di resa, evidentemente spaventato. Si voltò lentamente per vedere chi gli stesse parlando e a quel punto Kaito sentì venirgli meno le gambe. Il ragazzo comparso dal nulla, anche se aveva le spalle decisamente più larghe delle sue, i capelli più lisci e composti e degli strani abiti, sembrava quasi essere la sua fotocopia.

«Ma... cosa...»

Il giovane Silente lo ignorò: «Chi sei e come sei arrivato qui?»

Il ragazzo reclinò la testa, sorpreso, rispondendo in giapponese: «Inglese? Perché mi sta parlando in inglese?»

Il preside assunse un’aria minacciosa: «Rispondimi.»

Il nuovo arrivato lo guardò spaventato e, alzando ancora più in alto le mani, rispose in uno stentatissimo inglese: «Per favore, dove sono?»

Silente non abbassò mai la bacchetta: «Nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.»

Il ragazzo sembrò essere ancora più spaventato: «In che Stato?»

Il giovane preside lo guardò incuriosito: «Regno Unito.»

L’ultimo arrivato lo guardò sorpreso e spaventato, per poi borbottare nella sua lingua: «Oh, caspita... questa volta l’ho fatta grossa... come lo spiego alla Hanakazawa che arriverò in ritardo a lezione perché sono finito dall’altra parte del mondo?»

«Ora tocca a te rispondere. Chi sei e come sei arrivato qui?»

Il ragazzo deglutì, evidentemente confuso, parlando a scatti, per pensare bene la traduzione di ogni parola: «Mi... mi chiamo Kuroba Toichi, e vengo dalla no mahō sukūru... cioè, la scuola di magia e stregoneria di Mahoutokoro a Hokkaido, in Giappone. Quanto all’altra domanda... vorrei saperlo anch’io.»

Un tonfo fece girare Silente. Le ginocchia di Kaito avevano ceduto definitivamente e il ragazzo si era ritrovato a terra, il volto impassibile ma bianco cadavere. Il preside s’inginocchiò di fianco a lui.

«Stai bene?»

Kaito scosse la testa: «No... non è possibile... papà... non può...»

Silente gli mise una mano sulla spalla, sorridendo comprensivo: «È il motivo per cui ho preferito farti vedere questa scena. Non avresti creduto alle mie parole.»

Non riusciva a crederci neanche in quel momento, a dirla tutta. Una parte di lui si rifiutava con tutto se stesso di accettare quello che stava vedendo. Silente continuò a sorridergli.

«Se non ci credi è positivo.»

«Eh?»

«Lo capirai. Anche se so che per te non è una buona notizia, questa è solo una piccola parte, e forse anche la più insignificante, delle rivelazioni che riceverai questa sera.»

Kaito sbarrò gli occhi: «Ah... incoraggiante...»

Il ragazzo presentatosi come Toichi Kuroba, intanto, si era messo in piedi e stava cercando di orientarsi. I suoi abiti erano molto curiosi, una via di mezzo fra gli abiti tipici dei maghi inglesi e un kimono, evidentemente la divisa della scuola che aveva nominato.

Il giovane Silente si avvicinò preoccupato: «Cosa stavi facendo prima di ritrovarti qui?»

Toichi fece una smorfia, preoccupato: «Ehm... ecco... c’è un mio amico più grande che ha cominciato il corso di Smaterializzazione... gli ho chiesto di farmi vedere come si faceva e... mi sono ritrovato qui.»

Remus prese per la prima volta la parola: «Sì, ma perché proprio qui?»

Il ragazzo scosse la testa: «Non lo so...»

Silente lo guardò pensieroso: «A cosa stavi pensando quando ti sei Smaterializzato?»

Kaito sbarrò gli occhi: «No... non dirmelo...»

Toichi sbottò: «Ma io non volevo neanche Smaterializzarmi! Pensavo solo di girare su me stesso, tutto lì! Volevo solo prenderlo in giro!»

Il preside lo incoraggiò, sorridendo: «A cosa stavi pensando?»

Il ragazzo arrossì leggermente. Nel vederlo Kaito provò un po’ di tenerezza. A quanto pareva suo padre non aveva ancora sviluppato la faccia da poker.

«Ai compiti da fare... e al prossimo incontro dei mondiali di Quidditch, Inghilterra VS Giappone...»

Silente annuì: «Stavi pensando alla scuola e all’Inghilterra e... ti sei ritrovato nella scuola inglese. Corretto?»

«A quanto pare...»

«Va bene. Provvederò immediatamente a mandare un gufo al preside Nabe perché tu possa tornare al più presto a casa. Gentilmente, Remus, potresti fare compagnia al nostro ospite durante la mia assenza?»

Il giovane Lupin si risollevò dai suoi pensieri: «Eh? Ah, sì, certo! Non si preoccupi!»

Il preside uscì e Toichi e Remus si ritrovarono soli e visibilmente imbarazzati. Alla fine Lupin porse una mano all’altro.

«Mi chiamo Remus Lupin.»

L’altro ricambiò il gesto, aggiungendoci un leggero inchino: «Kuroba Toichi

«Ehm... qual è il nome e quale il cognome?»

Il ragazzo giapponese rise: «Il mio nome è Toichi. Quel professore di prima ha un’aria molto autorevole, ma è anche gentile...»

«Chi, il professor Silente? Sì, in effetti sì.»

«Che materia insegna?»

«Lui è il preside.»

Toichi avvampò: «Oh! Non bastava essere atterrato sulla scrivania di un professore straniero, pure del preside! Peggio di così non potevo fare...»

I due ragazzi si guardarono per qualche secondo e risero.

Kaito si voltò verso il suo Silente, scuro in volto: «Ecco perché Lupin si è offerto subito di farmi quelle lezioni private e perché sapeva esattamente quale fosse il mio problema! L’aveva sentito direttamente da mio padre!»

Il preside annuì: «Esattamente. Il professor Lupin si è offerto di sua volontà di aiutarti a migliorare le tue capacità. Concorderai con me che il signor Twycross difficilmente avrebbe saputo aiutarti nella maniera migliore. Neanche il professor Lupin, in realtà, era uno specialista nel campo, ma si è impegnato al massimo per aiutarti.»

Kaito guardò la scena, poi esclamò: «Un attimo! Come fa lei a ricordarsi questa scena se non c’è?»

L’uomo indicò la porta alle sue spalle: «Mi ritieni davvero così sconsiderato da lasciare uno studente con una persona comparsa dal nulla? Ero dietro la porta e osservavo tutto da una fessura nel legno, pronto a intervenire al primo segnale di pericolo. Il gufo lo feci mandare dal vicepreside dell’epoca.»

«Ah...»

Kaito tenne per sé che in ogni caso mandare tre studenti allo sbaraglio in una missione temporale come aveva fatto l’anno prima non gli era sembrato il massimo della responsabilità. Non era il punto principale della discussione. Tornò a guardare suo padre e il giovane Lupin mentre facevano amicizia. Ancora non riusciva ad accettare quello che stava vedendo come realmente accaduto. Lo considerava né più né meno come un film ben realizzato.

Silente continuò: «Ma alla fine tuo padre era davvero chi diceva di essere. Il giorno successivo uno dei suoi professori venne a prenderlo, facendomi mille scuse da parte del preside Nabe e di tutta Mahoutokoro e per qualche anno pensai che la storia fosse finita lì. Mi sbagliavo.»

«Cosa intende dire?»

Kaito non ebbe il tempo di finire la frase che tutto intorno a loro cambiò. Le voci di Toichi e Lupin si fecero remote; l’ufficio si stava dissolvendo come se fosse fatto di fumo. Tutto sbiadiva, il ragazzo riusciva a distinguere solo i loro corpi, tutto il resto era oscurità vorticante...

Pochi secondi dopo si ritrovò in un altro ambiente. Era l’ingresso di Hogwarts, ed era sera. La pioggia battente picchiettava alle finestre, confondendo il suo rumore con il crepitio del fuoco nel camino. Kaito si guardò intorno. C’era nuovamente Silente, accompagnato da alcuni professori, la maggior parte sconosciuti. Riconobbe giusto un Vitius molto più giovane.

Il suo accompagnatore intervenne: «Abbiamo fatto un salto di quattro anni.»

«Cosa sta succedendo?»

«Stiamo attendendo una delegazione straniera. Me lo ricordo bene, quell’anno, fu l’unico in cui tentammo un esperimento innovativo, purtroppo mai rinnovato.»

«Di cosa si trattava?»

«Scambio interculturale di studenti. I più meritevoli di ogni scuola potevano scegliere un altro istituto in terra straniera in cui passare un intero anno scolastico. Io fui uno dei promotori dell’iniziativa.»

Kaito sorrise nel vedere i baffi di Silente fremere d’orgoglio.

«Quattro studenti di Hogwarts, uno per Casa, frequentanti il sesto o settimo anno, partirono per l’estero. Il nostro istituto accolse tre studenti, uno proveniente da Durmstrang, uno dalla scuola di Uagadou, in Burkina Faso, e l’ultimo...»

Le porte si spalancarono di colpo, facendo trasalire Kaito dalla sorpresa. Quattro uomini entrarono con passo spedito ma elegante, tanto che, avvolti nei loro larghi kimono e con quei alti cappelli, simili a quelli dei sacerdoti nei templi shintoisti, sembravano fantasmi neri che fluttuavano sul pavimento. Con un sincronismo perfetto, i quattro s’inchinarono.

«La no mahō sukūru Mahoutokoro ringrazia sentitamente per l’onore che ci fate nell’ospitare uno dei nostri studenti.»

Il Silente dei ricordi s’inchinò a sua volta: «Siamo noi ad essere veramente onorati che uno dei vostri studenti abbia scelto il nostro istituto.»

In una coreografia perfetta, i quattro professori si aprirono a ventaglio rivelando uno studente ancora chino, prima completamente coperto. A differenza degli altri, gocciolava un po’, segno che aveva preso parte della pioggia che imperversava fuori. Silente attese che il ragazzo si alzasse, ma quello rimase immobile. Uno degli insegnanti allora intervenne: «La disciplina nella nostra scuola è molto rigida. Se lei non gli darà il permesso di rialzarsi, lui non lo farà.»

Il preside, forse un po’ imbarazzato dalle differenze culturali, disse: «Ti prego, alzati pure e presentati.»

Il ragazzo a quel punto ubbidì, rivelando un sorriso familiare, un primo accenno di baffetti e un inglese decisamente più sicuro: «Sono Toichi Kuroba, signore, e sono davvero molto felice di rivederla.»

Il Silente al fianco di Kaito sorrise intenerito: «Devo ammetterlo, non mi sarei aspettato di rivedere tuo padre e, soprattutto, di rivederlo da studente. Fu una gradita sorpresa.»

Prima che Kaito potesse parlare, l’ambiente cambiò ancora. Erano tornati nell’ufficio del preside. Ora c’erano solo lui e Toichi, vestito con la tipica divisa di Hogwarts.

«Questo incontro avvenne un paio di giorni dopo. Nel frattempo tuo padre era stato Smistato, ovviamente, in un’apposita cerimonia eccezionale. Era finito a Corvonero

Il giovane Silente si rivolse allo studente che aveva di fronte: «Allora, Toichi, ti stai ambientando ad Hogwarts?»

«Oh sì, la ringrazio. Sono stato davvero felice di ritrovare Remus, dopo anni passati a sentirci solo via gufo è stato bello vedersi di persona, anche se siamo in due Case diverse.»

«Vedo che non hai mai dimenticato la tua piccola avventura.»

Toichi scosse la testa: «Oh, neanche un po’. Prima del mio... errore, non avevo mai pensato che potessero esistere altre scuole oltre a Mahoutokoro. Quando sono tornato mi sono informato su come funzionasse questa scuola e l’ho trovata davvero interessante. Quando ho scoperto della possibilità di poter frequentare un anno qui, mi sono impegnato al massimo per migliorare i miei voti e il mio inglese e poter tornare ad Hogwarts, stavolta legalmente.»

«Hai poi indagato sulla tua misteriosa Smaterializzazione?»

Il ragazzo fece una smorfia, abbassando lo sguardo: «Non mi è stato permesso. Come forse avrà notato, la mia scuola è piuttosto... intransigente. Esiste una regola e tutti devono uniformarsi, altrimenti le pene sono severe. Per il mio errore di qualche anno fa venni punito per tre mesi e da allora ho il divieto assoluto di riprovarci. Mi venne ripetuto molte volte che avevo disonorato l’intero istituto andando a disturbare addirittura una scuola straniera.»

Silente sorrise: «Ma tu non hai disturbato affatto, anzi.»

Toichi lo guardò sorpreso e il preside continuò: «La tua apparizione mi ha dato l’occasione di fare qualche ricerca e di scoprire cose molto interessanti.»

«Davvero?»

«Sai perché mi sono spaventato la prima volta che ti ho visto, tanto da puntarti la bacchetta addosso?»

Il ragazzo scosse la testa e il professore continuò: «In quasi tutte le scuole e i luoghi sensibili, e in questo edificio in particolare, sono stati apposti incantesimi particolari per impedire a chiunque di smaterializzarsi all’interno.»

«Davvero?»

«Eppure tu, se sei stato sincero la prima volta che ci siamo visti, senza alcun impegno, limitandoti a girare su te stesso, senza nemmeno tentare una vera e propria Smaterializzazione, ti sei ritrovato qui, in questo ufficio, dall’altra parte del mondo, beffandoti dei secolari incantesimi di protezione di Hogwarts.»

Toichi avvampò: «Mi... mi dispiace ancora.»

Silente ridacchiò: «Dispiacerti? Devi esserne orgoglioso!»

«Eh?»

L’uomo si alzò e raggiunse l’altro lato della scrivania, per poi mettere una mano sulla spalla del ragazzo: «Toichi, il tuo è un dono molto raro. Per trovarne traccia ho dovuto consultare libri antichissimi, risalenti a secoli e secoli fa.»

Kaito si avvicinò, quasi senza rendersene conto, e Silente lo lasciò fare. Si era ormai quasi immedesimato totalmente nel ragazzino seduto che doveva essere suo padre, ed era impaziente di conoscere la risposta alla domanda che lo tormentava da mesi.

«Ci sono maghi che, oltre a nascere dotati di magia, hanno in sé dei doni speciali, come i Metamorfomagus, che possono cambiare aspetto a loro piacimento, o i Rettilofoni, in grado di parlare con i serpenti, tanto solo per citare i più famosi. Molte altre capacità sono andate perdute nei secoli, tante persino cancellate dalla memoria collettiva. In qualche antico manoscritto ho trovato traccia di persone impossibili da imprigionare, in grado di smaterializzarsi e materializzarsi in qualunque luogo, indipendentemente dagli incantesimi apposti.»

«Come... come ho fatto io?»

«Esatto. Parlavano anche di altre capacità interessanti, come potersi materializzare da una persona conosciuta anche senza sapere dove essa si trovi... ti è mai capitato?»

Toichi sembrava confuso: «No, non credo... non ci ho più provato... ma non capisco. Che io sappia, nessuno nella mia famiglia ha questa capacità.»

Silente gli sorrise: «Forse si è risvegliata casualmente in te, dopo essere rimasta dormiente per secoli. Forse potresti anche non essere il solo al mondo in grado di farlo, ma qua si entra nel mondo delle mere supposizioni, perché non mi è giunta notizia di altre persone con il tuo dono. Però, se accetti un consiglio da un povero vecchio mago...»

Il ragazzo lo guardò perplesso: «Povero vecchio mago non direi! Da quel che so, il suo curriculum non è quello di un uomo comune.»

Il preside ridacchiò: «I titoli non sono nulla, credimi. Ma indipendentemente dal mio curriculum, il mio consiglio spassionato è quello di esercitarti nella Smaterializzazione, magari approfittando dell’ambiente... meno rigido, se mi consenti la definizione, di questa scuola rispetto a Mahoutokoro. Se non ti senti abbastanza sicuro, possiamo trovare chi possa aiutarti, nelle prime fasi. Non sei obbligato a rispondermi subito, chiaramente.»

Toichi lo guardò sospettoso: «È solo per questo che mi ha mandato a chiamare?»

«Assolutamente no, ci mancherebbe altro. Puoi chiedere anche ai due studenti che sono venuti con te, anche loro si sono seduti su quella sedia. Era il prossimo argomento che ero intenzionato ad affrontare.»

Silente tornò a sedersi dietro la sua scrivania. Kaito rimase dietro suo padre.

«Cercando, con qualche difficoltà, di farti frequentare un anno che fosse corrispondente a quello che avresti frequentato a Mahoutokoro, sei stato iscritto al settimo anno. Normalmente, ad Hogwarts, gli ultimi due anni lo studente può scegliere di concentrarsi solo su alcune materie che riterrà potranno essergli utili negli anni a venire. Nonostante avessi avvertito i presidi di Durmstrang, di Uagadou e di Mahoutokoro, gli altri due studenti stranieri non sapevano nulla di questa eventualità e quindi hanno scelto i corsi da frequentare durante il colloquio con il sottoscritto. Solo nel tuo caso ho ricevuto una lettera di risposta con già segnati i corsi che avevi scelto.»

Silente mise sulla scrivania una lettera, ma Toichi non alzò lo sguardo dalle ginocchia.

«Dimmi la verità, nemmeno tu eri stato informato di questa possibilità, vero?»

Il ragazzo impiegò un po’ di tempo a rispondere: «No, signore.»

«Quindi sono stati i tuoi professori a scegliere per te.»

«Avranno fatto la scelta che ritenevano più idonea alle mie capacità, signore.»

Kaito notò il cambiamento nel tono di voce del padre. Era più basso, remissivo, un tono che non ricordava di avergli mai udito, in vita. Inoltre, era passato quasi subitaneamente a un modo più formale d’esprimersi, come se si fosse improvvisamente ricordato di essere di fronte a un preside.

Davanti agli occhi stupiti di Toichi, Silente strappò la lettera.

«A me non interessa cosa vogliano i tuoi professori per te. Io voglio sapere cosa tu vuoi dalla tua vita.»

Il ragazzo guardò i pezzi di lettera con occhi sbarrati: «Posso... posso scegliere? Davvero?»

Silente annuì: «Nella mia scuola tutti gli studenti hanno le stesse possibilità. Dunque, se tutti possono scegliere, devi poterlo fare anche tu.»

Il volto di Toichi quasi s’illuminò e il professore continuò: «Visto che ti sei informato così bene, saprai già qual è l’offerta formativa di quest’istituto. Quali sono le materie che t’interessavano di più?»

Il ragazzo rispose quasi senza pensare: «Incantesimi e Trasfigurazione, senza dubbio! E Pozioni, magari. Poi... no, quelle materie non posso farle...»

«Spiegami qual è il problema.»

«Vede, avete due materie che nella mia scuola non vengono insegnate. Tuttavia, è impensabile che possa iniziarle ora, all’ultimo anno.»

«E perché mai? Anche lo studente di Uagadou non ha mai frequentato Erbologia, eppure abbiamo trovato una soluzione che gli permettesse di affrontare la materia da zero. Possiamo trovare un modo anche per te. Dimmi, Toichi, quali sono queste due materie?»

Il ragazzo era un po’ titubante: «Una è Difesa contro le Arti Oscure.»

Silente sollevò un sopracciglio: «A Mahoutokoro non viene insegnata?»

«A noi insegnano direttamente le Arti Oscure. La logica è che se veniamo attaccati con una maledizione, dobbiamo difenderci usando altre maledizioni. Ma so che qui usate una logica differente.»

«Infatti.»

«Vorrei provare un punto di vista diverso. Vede... non sono molto bravo con le maledizioni, è un po’ il mio punto debole. Forse il vostro metodo potrebbe essere più adatto a me.»

Il preside sospirò: «Come sono diverse le culture... quello che da te è considerato un “punto debole”, come lo hai definito tu, da noi sarebbe un punto di forza. Va bene, possiamo tranquillamente trovare una soluzione per Difesa contro le Arti Oscure. L’altra materia?»

«Se si può, mi piacerebbe vedere Babbanologia. Ho avuto modo, qualche anno fa, di vedere come i Babbani considerano la magia e l’ho trovato affascinante.»

Silente si mostrò curioso: «In che senso?»

«Mi è capitato di vedere per strada uno di quelli che i Babbani chiamano “maghi”. Non hanno ovviamente nulla di magico come lo intendiamo noi, sia chiaro, ma ho trovato davvero fantastico come senza usare la magia facessero cose straordinarie! L’estrazione del coniglio dal cilindro, in particolare... solo che da me è considerato un disonore approfondire il mondo Babbano...»

Kaito si strinse con tutte le sue forze alla sedia dov’era accomodato il padre. Fino a quel momento aveva pensato che fosse uno strano scherzo ben architettato dal preside, ma per la prima volta in quei ricordi ritrovava un dettaglio che quadrava con quello che conosceva di suo padre e che in teoria Silente non poteva sapere. Non credeva, infatti, che suo padre avesse raccontato a chicchessia l’episodio che gli aveva fatto conoscere la prestidigitazione, l’incontro casuale per strada quand’era bambino con un mago che aveva estratto un coniglio da un cilindro e glielo aveva fatto accarezzare.

Il Silente del passato sorrise: «Non vedo alcun problema. Il tempo di mettermi d’accordo con un paio di insegnanti e potrai frequentare i corsi da te scelti.»

Toichi s’inchinò: «La ringrazio tantissimo, professore. E per quanto riguarda la sua proposta... prometto che ci penserò.»

In quel momento Kaito si voltò verso il suo Silente: «Un attimo! C’è una cosa che proprio non quadra!»

«Cosa?»

«I tempi! Se quello è davvero mio padre, dovrebbe avere quasi la mia età, ma è impossibile! Akako ha frequentato la scuola di magia prima!»

Silente annuì: «C’è stata una riforma scolastica in Giappone, quindici anni fa. Attualmente Mahoutokoro è frequentata da bambini fra i cinque e i dieci anni, ma all’epoca di tuo padre l’età andava dai tredici ai diciotto anni.»

Kaito sembrava essere confuso: «Io... io non so più cosa pensare. Si rende conto che lei sta cercando di cancellare tutto quello che so su mio padre?»

«Lo so. Ma stasera avrai tutte le tue risposte.»

Di nuovo vennero avvolti dall’oscurità, ma quando essa si diradò l’ambiente non era cambiato. Il Silente dei ricordi era sempre seduto alla sua scrivania.

Il Silente del presente invece disse: «L’anno che Toichi trascorse ad Hogwarts gli mostrò un mondo che lui non aveva neanche potuto immaginare. L’ambiente rigido e tradizionale di Mahoutokoro prevedeva che i figli fossero addestrati per svolgere il lavoro dei padri o, in caso di maghi di origine Babbana, il ruolo che fosse più utile alla società. Nella nostra scuola imparò che c’era una possibilità di scelta per tutti, e credo che fosse l’insegnamento più prezioso che si portò a casa. Tuttavia, non fu privo di conseguenze, anche gravi. Alla fine dell’anno scolastico tornò in Giappone per conseguire il suo diploma e pensai che non l’avrei rivisto più. Mi sbagliai ancora.»

In quel momento qualcuno bussò alla porta. Il giovane Silente trasalì. Impugnò la bacchetta e, tenendola nascosta sotto gli abiti, rispose: «Avanti.»

L’uomo che aprì la porta era già chiaramente riconoscibile come il Toichi Kuroba che Kaito aveva conosciuto e amato. L’altezza e la corporatura erano già ben definite, e i suoi tipici baffetti perfettamente a posto. Era vestito elegantemente, con abiti che avrebbero tranquillamente potuto essere Babbani. Doveva avere all’incirca venticinque anni.

«È permesso?»

Silente lo guardò sorpreso: «Toichi! Toichi Kuroba!»

L’uomo sorrise: «Sì, sono io. Può mettere via la bacchetta, non ha sentito scattare il gargoyle di guardia perché mi sono permesso di smaterializzarmi direttamente sulla sua porta.»

Il preside ubbidì, ancora sconvolto: «Non mi aspettavo di rivederti ancora.»

«Nemmeno io, in realtà.»

Silente fece accomodare il suo ospite e gli offrì della Burrobirra. Dopo essersi rinfrancato, Toichi si decise a spiegare il motivo della sua visita: «Mi trovo nuovamente da lei per chiederle aiuto.»

«Non per la Smaterializzazione, vedo che anche senza il mio supporto hai imparato benissimo ad utilizzarla.»

«Già, ormai è una cosa che mi viene perfettamente naturale. No, vede... ho lasciato il Giappone. Credo per sempre.»

«Cosa?»

«Gliel’avevo detto che sono rimasto affascinato dal mondo Babbano. Ho deciso di trasferirmi nel loro mondo per poterli studiare meglio e per poter scrivere un trattato di Babbanologia aggiornato, ma... mio padre non ha preso bene la notizia. Per nulla. Ha detto che anche se a scuola ero uno dei migliori, ero diventato il disonore della famiglia, e che non ero degno di dividere la sua stessa aria e la sua stessa terra. L’ho preso in parola e mi sono smaterializzato qui. Se cercassi di tornare indietro mi maledirebbe, come minimo. Questa volta l’ho combinata un po’ grossa, nel mio Paese disobbedire in questo modo ai genitori e alla tradizione è il peggiore dei disonori, punibile anche con la morte. Ma io...»

Toichi si prese la testa fra le mani, sospirando: «... io sono stufo di obbedire a bacchetta a tutti e sono stufo di queste stupide tradizioni che ci trasciniamo dietro! Un mondo che non cambia è destinato a morire, perché nessuno vuole capirlo? Voglio essere io ad avere le redini della mia vita!»

Silente gli mise una mano sulla spalla: «È un desiderio del tutto legittimo per un uomo. Per di più tu sei proprio l’emblema del cambiamento.»

«Lei è l’unico che abbia mai capito questo mio bisogno. Può aiutarmi in questo momento di transizione?»

La voce di Silente alle sue spalle fece trasalire Kaito: «Lo aiutai. Ad Hogwarts avevamo una cattedra vacante, proprio quella di Babbanologia. Gliela affidai. Fu un ottimo professore, ma quasi nessuno oltre ai suoi studenti se lo ricorda, perché nei corridoi lo si vide poco. Appena poteva si smaterializzava fra le strade di Londra, a studiare i Babbani e, credo, in Giappone a controllare segretamente le sorti dell’anziano padre, ma di questo non ebbi mai la conferma. Un paio di anni dopo decise definitivamente di trasferirsi fra le persone non dotate di poteri magici. Era diventato un ottimo prestigiatore e aveva scoperto di poter vivere di quella professione. Mi lasciò il suo recapito e per un po’ si trasferì in America ad esercitare il mestiere, promettendomi che un giorno avrebbe saldato il suo debito verso di me. Un giorno fui costretto a riscuotere quel favore.»

L’ambiente cambiò ancora. Si ritrovarono in una casa che Kaito non conosceva, ma che era piena di oggetti da prestigiatore che invece gli erano molto familiari. Toichi, in piedi appoggiato a un muro, con le braccia incrociate, aveva un’aria decisamente preoccupata nel rivolgersi a uno stanco Silente seduto su una sedia.

«Voldemort, dice? No, non l’ho mai sentito.»

«Un tempo si chiamava Tom Riddle. La sua fama non è ancora giunta fin qui, allora, per fortuna.»

«Non è detto. Sono fuori dai giri magici da molto tempo, ormai. Quasi non uso più la mia bacchetta di ciliegio.»

«In Inghilterra, invece, ha già un buon numero di seguaci. Predica concetti come la purezza del sangue, la supremazia dei maghi sui Babbani e...»

Toichi lo interruppe: «Penso di conoscere la solfa. Molti di questi luoghi comuni sono alla base della tradizione magica giapponese.»

«Spero che a Mahoutokoro non predicassero anche di sterminare i maghi di origine Babbana

L’uomo lo guardò impassibile: «No, ovviamente no. La magia, in Giappone, è da rispettare in ogni sua forma.»

Silente lo guardò e sorrise tristemente: «Sei cambiato, Toichi. Qualche anno fa ti saresti scandalizzato per questa notizia.»

Il prestigiatore sorrise: «Oh, ma lo sono, professore, e tremendamente. Solo ho imparato che spesso è meglio non far trapelare troppo le proprie emozioni. Ha mai giocato a poker? Il mondo Babbano non è meno spietato di quello magico e giocare a carte scoperte spesso può essere letale.»

Kaito sorrise, rassicurato. Vedere per tutto quel tempo suo padre senza la sua faccia da poker era stato quasi un piccolo shock.

Silente annuì: «D’accordo. Voldemort sta creando un vero e proprio esercito parallelo per diffondere la propria ideologia. Si fanno chiamare Mangiamorte e stanno prendendo il controllo del Paese con ogni mezzo, lecito e soprattutto illecito.»

«Se la conosco anche solo un pochino, lei non è stato con le mani in mano.»

«Infatti. Sto creando a mia volta un’organizzazione segreta, l’Ordine della Fenice.»

«Bel nome! I maghi che rinascono dalle loro stesse ceneri...»

Silente sorrise: «In realtà ho adottato da poco uno stupendo esemplare di fenice. Si chiama Fanny, una volta dovresti proprio venire nel mio ufficio a vederla.»

«Non mancherò, ma ora immagino sia più interessato al mio... raro dono, come lo definì lei stesso anni fa. Non vedo altri motivi per cui avrebbe dovuto raggiungermi fino in America.»

«In effetti sì. All’Ordine della Fenice un dono come il tuo sarebbe molto utile.»

Toichi sorrise un po’ tristemente: «Temo di non essermi sbagliato sul suo conto, molti anni fa...»

Con un sospiro, si alzò dal muro: «E va bene, l’aiuterò, gliel’ho promesso, dopotutto. Ma questo non vuol dire che rinuncerò alla vita che mi sono costruito qui.»

«Pensi di poterla gestire?»

L’uomo ridacchiò, schioccando le dita e facendo apparire  un giglio bianco: «Il nuovo Toichi Kuroba è molto diverso da quello che ha lasciato Hogwarts, vedrà.»

«Spero non troppo diverso, perché a me il vecchio Toichi piaceva molto.»

«La base è sempre quella, può stare tranquillo.»

«Bene, perché il primo piacere che ti devo chiedere al vecchio Toichi non sarebbe dispiaciuto.»

Silente gli sorrise malinconico: «Puoi aiutarmi a ritrovare un vecchio amico?»

L’uomo alle spalle di Kaito aggiunse: «Remus si era ritirato a vita privata, in isolamento per essere sicuro di non aggredire nessuno durante le sue crisi di licantropia. Con l’aiuto di Toichi lo ritrovammo e coinvolgemmo anche lui nell’avventura dell’Ordine. Il suo dono poteva garantire al professor Lupin di poter “sparire” in luoghi sicuri nei momenti più pericolosi, e di ritornare subito dopo in attività. Remus poté così recuperare la parvenza di una vita normale. Tuo padre, invece, non era un membro fisso. Non partecipava a tutte le riunioni, in compenso era un’ottima spia. Aveva imparato a cambiare perfettamente aspetto senza usare la pozione Polisucco e poteva sparire al primo segnale di pericolo. Nessuno, nemmeno nell’Ordine, sapeva di quella sua particolarità, a parte me e Remus. Quel periodo fu anche uno dei più prolifici per la sua carriera da prestigiatore. Divenne famoso, tanto che alla fine decise di tornare a stabilirsi nella sua patria, il Giappone, ma rigorosamente nella società Babbana. Era sparito per così tanto tempo dal mondo magico che sembrava che nessuno si ricordasse di lui, e ne fu ben felice. Fu in quel periodo che conobbe tua madre a Parigi, durante una tournee, e iniziò la sua carriera come Kaito Kid.»

Silente rovistò un attimo nelle tasche, fino a tirare fuori una vecchia fotografia Babbana, perfettamente immobile. Kaito aveva visto spesso una copia di quell’immagine. Era la foto del matrimonio dei suoi genitori. Adesso poteva riconoscere fra gli invitati anche Lupin e Silente.

«Toichi non mi ha mai spiegato esattamente perché si fosse messo a fare il ladro. Io disapprovavo la sua scelta, ma l’unica cosa che mi disse fu che era necessario per proteggere la sua amata, e che Kaito Kid agiva solo per amore. Non so cosa potesse aver mai fatto Chikage per spingerlo a comportarsi così, ma dovetti ammettere che erano una bella coppia. Una donna fuori dagli schemi per un uomo che aveva completamente rivoluzionato la sua vita pur di non farsi condizionare da niente e da nessuno.»

Kaito invece conosceva quella storia. Sua madre, un tempo, era una famosa ladra conosciuta come Phantom Lady. Incontrò suo padre durante un furto sulla Tour Eiffel e fu amore a prima vista, tanto che lui, letteralmente, la rubò all’organizzazione che la controllava. Per cercare di distrarre l’attenzione dalla figura di Phantom Lady e far andare in prescrizione i suoi reati, inventò il personaggio di Kaito Kid usando come base quello che avrebbe dovuto essere un costume di scena per un suo spettacolo e coinvolgendo il povero Jii, già all’epoca il suo assistente. Sua madre da allora, che lui sapesse, era tornata a una vita onesta, mentre suo padre aveva cominciato la sua carriera di ladro, che poi lui aveva ereditato. Ed era vero, Kaito Kid agiva solo per amore, prima quello di Toichi per Chikage, e poi quello di un figlio verso il proprio padre. Quei dettagli, però, erano il più grande segreto della sua famiglia. Il solo fatto che Silente ne fosse parzialmente a conoscenza diede a Kaito la dolorosa prova che tutto quello che aveva visto, per quanto incredibile, potesse essere vero.

«Nonostante fosse costantemente diviso fra i suoi spettacoli, i furti, le missioni per l’Ordine e la vita coniugale, Toichi mi sembrava felice come mai in vita sua. Ma poi tutto cambiò nuovamente...»

La scena si annebbiò ancora. Erano tornati per l’ennesima volta nell’ufficio di Silente. Il preside era in piedi di fronte al camino, e dava loro le spalle. Kaito si aspettò di sentire bussare alla porta, ma questa volta essa venne spalancata brutalmente. Ad entrare fu un Toichi Kuroba totalmente fuori di sé, completamente dimentico di qualunque faccia da poker.

«Silente! Silente! Le devo dare una notizia!»

Il preside si voltò: «Anch’io.»

L’uomo era talmente eccitato da non fare caso all’espressione a dir poco mesta del preside: «Oh, non ci crederà mai, è una notizia fantastica! Ancora non ci credo!»

Silente gli rivolse un mezzo sorriso. Qualunque cosa dovesse dirgli, Toichi era troppo entusiasta per ascoltarlo.

«Dimmi.»

«Chikage... Chikage è incinta! Aspettiamo un bambino! Sarò padre!»

Kaito arrossì, rendendosi conto che si stava parlando di lui, mentre, al contrario, Silente impallidì di colpo e Toichi lo guardò confuso: «Non... non è una notizia magnifica?»

Il preside si lasciò cadere su una poltrona: «Questa... questa è allo stesso tempo la migliore e la peggiore notizia che potessi darmi.»

Solo a quel punto Toichi sembrò rendersi conto della situazione e recuperò la sua faccia da poker: «Cosa... cos’è successo?»

Silente lo guardò serio: «Ti hanno scoperto.»

L’uomo sbarrò gli occhi: «Quando?»

«L’ultima volta al Ministero. Il punto da cui sei scappato... per poco, per pochissimo, ma eri già entrato nella zona interdetta alla Smaterializzazione.»

L’uomo sospirò e prese a sua volta una sedia: «Conoscono già la mia identità?»

«Secondo i miei informatori no, ma è questione di tempo. Hanno scoperto che esiste qualcuno in grado di Smaterializzarsi ovunque e faranno di tutto per portarti dalla loro parte, anche a costo di lanciarti un Imperius. Dopotutto, è il metodo con il quale hanno preso il controllo di metà del Ministero. Per ora a salvarti ci sono solo le tue abilità di trasformista, ma spero che bastino, lo spero con tutto il cuore, per te... e per la tua famiglia, a questo punto.»

«Pensi che potrebbero prendere Chikage in ostaggio per farmi lavorare per loro?»

«Chikage e il bambino. Toichi...»

Silente si lasciò sfuggire un sospiro e fissò dritto negli occhi l’uomo, con lo stesso sguardo con cui un padre preoccupato si rivolge al figlio: «... hai mai pensato alla possibilità che tuo figlio possa avere la tua stessa capacità?»

Toichi lo guardò sorpreso: «No... nessuno nella mia famiglia ce l’ha, non ho mai creduto che potesse essere ereditaria... lei sostiene che...»

«Non possiamo escludere questa possibilità. Forse si è risvegliata con te e da questo punto in poi potrebbe essere trasmissibile, chissà.... dopotutto, il Serpentese è ereditario, per esempio.»

«E allora?»

Silente mise una mano sulla spalla di Toichi: «Dovremo essere ancora più prudenti. C’è molto, moltissimo in gioco, ora.»

«C’è la vita di mio figlio.»

«Non solo. Nel malaugurato caso che Voldemort riesca a portartelo via... c’è in gioco il destino dell’Inghilterra e non solo.»

Lo sguardo di Toichi s’indurì di colpo e l’ambiente cambiò ancora.

Si ritrovarono sempre ad Hogwarts, ma in un corridoio nei dintorni del settimo piano. Il Silente dei ricordi stava parlando con Gazza della pulizia dei sotterranei e quello reale commentò: «Non credo che scorderò mai quel giorno di giugno di diciotto anni fa. L’anno scolastico si era appena concluso e questa fu un’enorme fortuna per tutti. Credo che fu allo stesso tempo il giorno più bello e più stressante della vita di tuo padre.»

Uno schiocco violento fece voltare tutti i presenti, reali e ricordi. Toichi sosteneva a fatica Chikage, che, esausta, teneva una mano sul pancione.

«Silente! Ci hanno scoperti!»

Il preside guardava la coppia sconvolto: «Toichi... ma... Chikage non può...»

Il prestigiatore era fuori di sé dalla rabbia e urlò contro il preside agitando la bacchetta: «NON M’IMPORTA CHE MIA MOGLIE SIA BABBANA E SE POSSA ENTRARE QUI O MENO! SILENTE, L’HANNO ATTACCATA! HO VISTO CON I MIEI OCCHI I MANGIAMORTE LANCIARLE CONTRO LE CRUCIATUS! LE CRUCIATUS CONTRO UNA DONNA VISIBILMENTE INCINTA, TI RENDI CONTO??? QUESTO ERA L’UNICO POSTO DOVE NON POTEVANO RAGGIUNGERCI, PERCIÒ ME NE FREGO DELLE REGOLE DI HOGWARTS QUANDO C’È DI MEZZO LA VITA DELLA MIA FAMIGLIA, CHIARO?»

Kaito sussultò sorpreso. Non aveva mai visto il padre arrabbiato, neanche una volta. Anche a lui era capitato di perdere le staffe qualche volta, ma mai a quei livelli. Si sentì sollevato, in parte. Allora anche a lui poteva capitare di perdere la faccia da poker.

Il Silente dei ricordi decise di soprassedere allo shock di avere una Babbana dentro i confini di Hogwarts e cercò di calmare l’ex allievo: «D’accordo, Toichi, d’accordo. Sei sicuro che vi abbiano scoperti?»

«Quale altro motivo avrebbero avuto dei Mangiamorte inglesi di venirci ad attaccare a casa, in Giappone?»

L’uomo annuì: «Va bene. Per fortuna la scuola ora è libera, possiamo...»

Chikage, pallidissima e con gli occhi sbarrati, tirò violentemente la manica del marito: «Tesoro?»

Toichi, seppur stressato, trovò la forza di sorridere alla moglie: «Scusami, cara, non è il momento, è urgente?»

«Direi di sì, credo che in tutto quel parapiglia si siano rotte le acque.»

Gli uomini presenti impiegarono quasi una decina di secondi per afferrare il senso della frase.

«Cara, vuoi dire che...»

La donna annuì, sofferente: «Credo di essere in travaglio.»

«Credi o sei sicura?»

Chikage sbottò: «È il mio primo bambino, non ho molta esperienza in proposito, ma i nove mesi sono quasi passati e inizio veramente a sentirmi male, tu che ne pensi?»

Silente cercò di riprendere in mano la situazione: «Gazza, vada a chiamare immediatamente Madama Chips, abbiamo bisogno di lei il più presto possibile.»

Il prestigiatore prese la mano della moglie: «Posso portarla io direttamente in infermeria!»

Il preside si oppose: «Toichi, hai mai provato a Smaterializzare una donna in pieno travaglio prima d’ora?»

L’uomo si mostrò imbarazzato e interdetto: «Ehm... no...»

«Allora è meglio che non rischiamo.»

«E la facciamo partorire qui?»

Silente mise un braccio intorno alle spalle della donna: «Chikage, te la senti di camminare? Dobbiamo arrivare solo dall’altra parte del corridoio.»

La donna trattenne a fatica un urlo: «Va bene, ma muoviamoci! Credo che il piccolo abbia fretta di prendere una boccata d’aria!»

Sostenuta da Toichi da un lato e da Silente dall’altro, Chikage percorse il corridoio fra grida strazianti, che attirarono l’attenzione dei fantasmi del castello.

Il prestigiatore borbottò: «Spero solo che non ci si metta anche Pix adesso, o questa volta lo fatturo senza pensarci due volte.»

Nonostante la tragicità della situazione, a Silente sfuggì un sorriso, poi disse: «Ecco, siamo arrivati.»

Toichi guardò una striscia di muro attonito, un punto di fronte a un enorme arazzo che raffigurava lo sciocco tentativo di Barnaba il Babbeo di insegnare la danza classica ai troll, davanti al quale era passato un paio di volte da studente, per poi gridare al preside: «MA MI STAI PRENDENDO IN GIRO? NON È PROPRIO IL MOMENTO!»

Silente mantenne la calma: «Nessuna presa in giro. Cammina di fronte a questa parete per tre volte pensando intensamente a ciò di cui hai bisogno.»

Toichi stava per replicare, ma alla fine fece quanto gli era stato detto. Sotto lo sguardo attonito di Chikage e di Kaito, una porta lucidissima con una maniglia di ottone era apparsa nella parete.

Silente ordinò: «Aprila, Toichi

L’uomo ubbidì e si ritrovò in una piccola sala parto, con un letto e tutto il necessario per la partoriente.

«Ma cosa...»

Silente l’aiutò a far salire Chikage sul letto: «Si chiama Stanza delle Necessità, al bisogno diventa esattamente la cosa più utile a chi la sta cercando.»

In quel momento una giovane Madama Chips fece capolino dalla porta aperta: «Ma cosa...»

Il preside la guardò serio: «Le spiegazioni a dopo, Chips, per favore. Questa donna ha bisogno di aiuto, sta per partorire.»

La donna cambiò espressione, assumendo un tono risoluto: «Allora tutti fuori, subito. Abbiamo bisogno di tranquillità.»

I due uomini ubbidirono immediatamente e l’infermiera chiuse la porta. Una volta fuori, Toichi si sedette sul pavimento, mentre tutta la stanchezza della giornata sembrava travolgerlo in un solo colpo.

«Forse... forse avrei dovuto accettare l’offerta di protezione da parte dell’Ordine... ma non volevo far passare a Chikage i mesi della sua gravidanza da reclusa...»

«Nessuno ti biasimerà per questo, Toichi. Volevi solo il meglio per la tua famiglia.»

«Sarò... sarò in grado di essere padre?»

Silente gli sorrise: «Lo sei già.»

L’attesa sembrò infinita. Toichi passeggiò avanti e indietro per il corridoio decine di volte, prima di sbottare: «Ma è normale che ci voglia così tanto?»

Silente gli sorrise paterno: «Dare la vita non è lavoro di cinque minuti.»

«Giusto.»

Riprese a camminare ancora per un po’, per poi sospirare.

«Mi scusi per prima, se l’ho aggredita e...»

«No, hai fatto bene. Ogni tanto ho bisogno di essere un po’ strigliato. E... prima mi hai dato del tu, continua a farlo. Ormai non sei più un mio studente, no?»

L’uomo lo guardò sorpreso, per poi sedersi nuovamente per terra. Stava quasi per rilassarsi, quando la porta si spalancò violentemente, inondando i tranquilli corridoi con le grida di un neonato.

Madama Chips fece capolino dalla porta con un gran sorriso: «Allora? Dov’è il padre?»

Toichi era così pallido che sembrava sul punto di svenire da un momento all’altro: «S-sono io...»

La donna, senza troppe cerimonie, lo trascinò dentro: «E allora venga! È un bel maschietto in buona salute!»

Chikage era nel letto, stringeva al petto un piccolo frugoletto. Sorrise, il più bel sorriso che il marito le avesse mai visto.

«Vieni a conoscere tuo figlio.»

L’uomo prese il neonato in braccio con tutta la delicatezza di cui fu capace. Era sul punto di piangere.

Anche Madama Chips era emozionata, ma si limitò a prendere un fazzoletto e a borbottare: «Però, preside, fare l’ostetrica non rientrava nel contratto...»

Silente le mise una mano sulla spalla: «Ma è stata comunque bravissima.»

Toichi cullò ancora un po’ il bambino, poi quando sembrò nuovamente sul punto di piangere, lo rimise fra le braccia della madre, dandogli ancora un bacio sulla fronte e una carezza: «Ciao, Kaito, benvenuto. È stato un inizio un po’ burrascoso, ma ce l’abbiamo fatta, hai visto?»

Sì, Kaito aveva visto tutto e ringraziò la presenza provvidenziale di una sedia che sembrava essere stata messa lì apposta per lui, perché a tutte quelle emozioni le sue gambe non avevano retto. Tutto si sarebbe aspettato, tranne che di poter assistere alla propria nascita. Silente gli fu subito vicino.

«Io... sono nato qui?»

«Sì, Kaito. Che risulti dalle cronache, tu sei l’unico bambino nato ad Hogwarts.»

Era semplicemente troppo. Aveva mille domande che gli giravano in testa, ma non riusciva a esprimerne neanche una. L’uomo lo prese delicatamente per un braccio, invitandolo ad alzarsi: «Spero che tu ce la faccia ancora, Kaito, perché non abbiamo finito.»

«Ancora?»

L’uomo sospirò tristemente: «La parte più difficile arriva ora.»

La scena cambiò nuovamente. Si ritrovarono sulle scale che portavano all’ufficio di Silente, e davanti a loro c’erano Toichi e il preside.

«Questa volta abbiamo fatto solo un salto di qualche ora. Tu e tua madre vi eravate addormentati e avevo invitato tuo padre nel mio ufficio a festeggiare. Però...»

I due protagonisti del ricordo si fermarono di scatto. Davanti alla porta dello studio c’era una signora anziana, magrissima, con un abito blu scuro e uno scialle azzurro con le perline. Aveva i capelli bianchi raccolti in uno chignon e un naso molto prominente su cui erano poggiati un finissimo paio di occhiali d’argento. Dava l’aria di essere molto anziana, ma anche molto attiva.

«Finalmente, Albus! Iniziavo a disperare di vederti!»

«Scusami, Cassandra, hai tutte le ragioni di questo mondo, ma vedi, è stata una giornata impegnativa e piena di imprevisti.»

La donna annuì: «Immagino, non ti è mai capitato di dimenticarti di me, prima d’ora...»

Il preside aprì la porta e fece accomodare i suoi ospiti. Toichi indugiò sulla porta: «Se avevate un appuntamento, io vi lascerei soli. Non sia mai che...»

La donna lo prese per la giacca e lo trascinò dentro: «No, no, no, no... voglio sentire questa storia, ha l’aria di essere interessante se ha costretto Silente a scordarsi di un appuntamento per la prima volta in cinquant’anni!»

Il Silente accanto a Kaito rise e lo guardò con aria complice: «Cassandra Cooman... era una donna straordinariamente testarda, con un’idea tutta sua del mondo. Un po’ come tuo padre, in un certo senso. Ma era vero, non avevo mai scordato un appuntamento con lei prima d’allora. E meno male, era un tipetto piuttosto permaloso, sai? Non si contano le fatture via lettera che ha inviato a chi riteneva averle fatto un torto.»

Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Cooman? Ma è...»

Silente si mise un dito sulla bocca: «Ci stiamo per arrivare. Intanto, io e tuo padre le avevamo raccontato la rocambolesca avventura della tua nascita e ci eravamo ritrovati tutti e tre a brindare...»

Si voltarono nuovamente verso il trio, che stava alzando tre calici: «Al piccolo Kaito Kuroba!»

Il Silente dei ricordi svuotò il suo calice, per poi chiedere alla donna: «Dunque, Cassandra, cosa può fare per te un povero vecchio preside?»

La donna gli fece un gesto stizzito con la mano: «Togli quel vecchio, che ho cinque anni più di te!»

L’uomo alzò le mani in segno di resa e Cassandra continuò: «Sono un po’ preoccupata per la mia ultima nipotina, Sibilla... vorrei che tu la tenessi al sicuro, fra qualche anno. Ho avuto una Visione che la riguarda.»

«Perché vieni a dirmelo ora?»

La donna ridacchiò: «Albus, Albus... sai benissimo che non vivrò fino ad allora. Io non sono destinata a rivedere la luce dopo questi tempi bui, lo so da tempo.»

Kaito intervenne: «Parla sul serio?»

Silente annuì: «Cassandra Cooman era una vera Veggente, una delle migliori mai esistite. Le sue Visioni sono sempre state esatte, e io non ho mai creduto molto a queste cose. Ma la sua fama era rinomata e la mia amicizia con lei di lunghissima data.»

Il preside dei ricordi si fece serio: «Cosa hai visto?»

«Molto, ma purtroppo non posso dirti tutto. Quello che posso dirti è che Sibilla segnerà a sua insaputa la fine della guerra in corso e l’inizio di quella successiva. Ti prego, Albus, posso fidarmi solo di te. Proteggila, quando sarà il momento. Lo capirai da solo, puoi credermi.»

L’uomo annuì: «Ci penserò, promesso, ma non ti assicuro nulla.»

Cassandra si alzò: «Bene, è ora per me di andare. Buona fortuna, signor Kuroba.»

La donna mise una mano sul polso di Toichi, in segno di affetto, ma a quel punto qualcosa cambiò. Cassandra s’irrigidì, la presa sul polso si fece pressante, quasi dolorosa, ma la donna parve non sentire le proteste del prestigiatore. Il contatto con Toichi sembrava essere l’unica cosa che la trattenesse su questo mondo, e lei non era disposta a mollare la presa, a costo di piantare le unghie affilate nella sua pelle e farlo sanguinare. Il suo sguardo era perso e la bocca tremante. I suoi occhi si rovesciarono e la donna iniziò a parlare con voce alta e dura.

«Il figlio di Hogwarts è giunto col suo raro dono, perla ancor più rara di quella che l’ha generato. Bianco, puro, come la sua anima, come la sua bacchetta, come il suo destino, lui cambierà tutto. Dovrà soffrire. Dovrà combattere contro il dolore della perdita più grave... il sangue del suo sangue, il sangue che gli ha donato la vita e il potere, gli sarà strappato presto sotto i suoi stessi occhi, lasciandolo solo. La Necessità ha segnato la sua venuta, la Necessità segnerà il suo ritorno. Anche da lui dipenderà la prossima guerra: con chiunque si schieri, quella fazione è già sulla via della vittoria...»

La testa le ricadde sul petto, mentre la presa finalmente si allentava. La donna era immobile, sembrava non respirare nemmeno.

Toichi provò a sfiorarla: «Signora Cassandra?»

La Cooman riprese improvvisamente vita con un profondo respiro, come se fosse riemersa dopo miglia percorse in apnea.

«Era da un po’ che non mi capitava una Visione così nitida...»

La donna tornò a sedersi. Aveva l’aria di non essersi ancora ripresa del tutto e Silente le porse qualcosa da bere. La strega trangugiò il contenuto del calice in un solo fiato, poi si rivolse a Toichi: «Mi dispiace tanto...»

L’uomo la guardò serio: «Parlava di mio figlio, vero? Di Kaito.»

Cassandra annuì: «Sì, esatto. Ho visto esattamente quello che ho detto.»

La mente del prestigiatore correva veloce: «Il figlio di Hogwarts... che io sappia è l’unico nato fra queste mura, dev’essere Kaito per forza... il raro dono... Silente, penso che tu abbia capito a cosa sto pensando... e se è così, per forza porterà un enorme vantaggio a qualunque fazione si schieri! Entrambe potrebbero usufruire di questo potere...»

Silente cercò di rassicurare l’uomo: «Toichi, calmati, per favore.»

«Ma l’hai sentita, vero? Kaito rimarrà da solo! Da solo!»

Il volto di Toichi si fece scuro, come se gli fosse caduto il mondo addosso: «No... non è nato neanche da un giorno... e dovrò già lasciarlo...»

«Non subito, ma sì, prima o poi dovrà abbandonarlo. È scritto.»

L’uomo scosse la testa: «No, no... non deve rimanere da solo o finirà nelle mani sbagliate. Non voglio che mio figlio riceva un’educazione come la mia! Se finisce nelle mani di Mahoutokoro è perduto...»

Silente sospirò: «Temo che sia inevitabile. Dal momento che Kaito è venuto al mondo gli è stata imposta la Traccia, come ad ogni bambino nato al mondo. Al primo segno di magia sarà identificato come mago e…»

Il volto di Toichi s’illuminò: «No…»

«Come no?»

Il prestigiatore sembrava preda dell’eccitazione, seguendo il filo dei suoi ragionamenti, iniziò a gironzolare per la stanza: «E no, Silente, no… Kaito è nato qua, in Inghilterra… quindi sarà questo Ministero ad imporre la Traccia!»

Silente lo interruppe: «Sai… nemmeno. Credo che Kaito non abbia proprio alcuna Traccia.»

Cassandra li guardò sorpresa: «Impossibile! Sono secoli che ad ogni bambino nato viene imposta la Traccia! Solo se dopo undici anni non rileva magia decade, ma a un neonato…»

Silente continuò: «Dove è nato Kaito?»

La donna lo guardò perplessa: «Qui, no?»

«No. Nella Stanza delle Necessità, una stanza magica che nemmeno esiste in modo continuo.»

Toichi iniziò ad afferrare l’idea: «E se non esiste nessun Ministero sa della sua esistenza. È come se Kaito non fosse mai nato.»

Silente ridacchiò: «Un’insperata fortuna, direi.»

Cassandra scosse la testa: «Non è ancora al sicuro. Se fosse visto mentre usa la magia, o peggio, se il piccolo Kaito stesso si rendesse conto di poter fare cose “strane”, un Ministero se ne potrebbe accorgere e potrebbe inserirlo manualmente nei registri, con Traccia e tutto. Senza contare i problemi legali che ne deriverebbero…»

Toichi sorrise: «E allora basterà che non se ne accorga nessuno, né Kaito stesso né il resto del mondo.»

«Stai sperando che sia un Magonò

«No, sto dicendo proprio di fare in modo che nessuno se ne accorga! In fondo…»

Con un abile gioco di mani, Toichi fece apparire delle palline, le fece girare sopra la testa e le fece scomparire nuovamente.

«… se fra mille trucchi finti scappasse una magia vera, chi ci farebbe caso?»

Silente s’incupì: «Temo di aver capito cosa vuoi fare e mi sembra una pessima idea.»

«E perché?»

«Vuoi toglierlo dal mondo magico senza sapere il suo parere. È una follia.»

«Voglio difenderlo da un mondo, magico o meno, che vorrebbe usarlo come un burattino. È davvero una follia così grande?»

«E come intendi fare?»

«Lo educheremo ad essere diffidente e critico. Cercherò di trasmettergli il mio amore per la magia, di prepararlo il più possibile per quando non ci sarò più. E se anche così non basterà per tenerlo al sicuro dal mondo magico, prenderò ogni precauzione per proteggerlo. Come questo.»

Toichi stese una mano: «Silente, ti chiedo di fare un Voto Infrangibile con me, ora.»

«Non pensi che sarebbe meglio farlo fra un pochino, a mente fresca? Ora sei troppo agitato e...»

Ma Cassandra si mise in mezzo a loro: «No, Albus, ha ragione lui. Dovete farlo ora.»

Silente sbarrò gli occhi: «Cassandra!»

«Il piano di questo padre è tutt’altro che insensato, può funzionare. Se davvero riuscirà ad educare suo figlio come dice, anche venendo in contatto con la vera magia troverà sempre spiegazioni razionali e sarà al sicuro.»

«Ma vuole rendere un mago il peggiore e il più cieco dei Babbani

Toichi scosse la testa: «No, Silente, mi hai frainteso. Voglio insegnargli ad apprezzare la magia con tutto il cuore, ma ogni tipo di magia, a cominciare da quella Babbana, e solo dopo, più tardi, quella vera. Non è una soluzione che mi piaccia troppo, ma devo proteggerlo, e la sua educazione, qualunque cosa possa succedere, non potranno portagliela via.»

Il preside abbassò lo sguardo, sospirando: «La scelta è tua.»

«Creerò per lui una barriera dal mondo magico, fisica e psicologica. Ma se la guerra dovesse tornare e fosse inevitabile, allora sì, avrà bisogno di un addestramento magico, e dovrai darglielo tu, Silente.»

«Non sono io che scelgo gli studenti, Toichi. È la stessa Hogwarts a decidere i suoi allievi.»

Toichi lo guardò sereno: «Hogwarts non rifiuterà chi è nato fra le sue stesse mura, ne sono sicuro.»

Cassandra si avvicinò: «Stringete il Voto. Io sarò il vostro Suggello, e il vostro segreto verrà con me nella tomba, più presto di quanto immaginiate. Se la mia visione è vera, Albus, tu sarai l’unico a dover sostenere il peso della verità quando verrà il momento.»

Toichi la guardò seria: «Se verrà.»

Cassandra gli sorrise intenerita: «Se verrà, d’accordo.»

Silente s’inginocchiò, mentre Toichi gli prendeva la mano destra. Cassandra prese la propria bacchetta e la poggiò sulla loro stretta.

«Silente, vuoi tu proteggere Kaito Kuroba facendo tutto ciò che sarà in tuo potere per fare in modo che, se e solo se sarai sicuro che la guerra stia per ricominciare, il ragazzo parta da quella che considererà la sua casa e la sua famiglia e venga a studiare qui, sotto la tua sorveglianza e responsabilità, indipendentemente dall’età?»

«Lo voglio.»

Una lingua sottile di fiamma brillante scivolò dalla bacchetta e si avvolse attorno alle loro mani come un filo incandescente.

«Vuoi tu tenerlo all’oscuro di tutto ciò che riguarda la mia vita magica e questo stesso patto fino all’età di diciotto anni almeno, o comunque non appena si sarà ambientato come si deve al mondo magico?»

Silente fu molto titubante a rispondere, questa volta: «Lo voglio.»

Una seconda lingua di fiamma scaturì dalla bacchetta e si intrecciò alla prima, formando una sottile catena ardente.

«E... se Kaito dovesse affrontare il suo destino da solo... vuoi tu fare tutto ciò che potrai per aiutarlo a difendersi dalle forze malvagie?»

«Lo voglio.»

Una terza lingua di fiamma esplose dalla bacchetta, si aggiunse alle altre e si strinse attorno alle mani intrecciate, come una fune, come un feroce serpente.

Cassandra sospirò: «E così sarà.»

Concluso il rito, la donna, stanca, salutò educatamente facendo i suoi migliori auguri al prestigiatore e lasciò i due uomini da soli.

Toichi sospirò: «E credo che con questo possa ufficialmente rassegnare le mie dimissioni come spia dell'Ordine.»

«Come spia sì, sono d'accordo... ma forse puoi ancora fare qualcosa per l'Ordine.»

Silente si rialzò, andò dietro la sua scrivania e prese qualcosa dal cassetto.

«Vista la tua recente carriera di ladro, forse potrai consigliarmi un modo sicuro per tenere i tuoi "colleghi" lontani da quest'oggetto.»

Toichi fissò perplesso il pacchettino: «Di cosa si tratta?»

«Di un manufatto affidatomi dal mio amico Nicolas Flamel

Il prestigiatore sbarrò gli occhi: «Non sarà mica... la Pietra Filosofale?»

Silente annuì: «Comprenderai perché è nell'interesse di tutti che questo piccolo tesoro non finisca nelle mani di Voldemort. Posso contare sulla tua discrezione?»

Toichi lo guardò serio: «Se non ti conoscessi, direi che sei uno sciocco a mostrare una Pietra dell'immortalità a un uomo al quale hanno appena predetto la morte.»

«Ti conosco, Toichi, sei un uomo dai saldi principi e dalle ferree volontà e senso del dovere. Se c'è qualcuno in grado di resistere alla tentazione di usare questa Pietra, sei tu.»

«Forse hai troppa fiducia in me.»

Silente sorrise, massaggiandosi il polso: «Non sono sicuro che tu ne abbia in me, però! Non pensi di aver esagerato con le precauzioni?»

«Nulla è esagerato per mio figlio. E poi anch’io ti conosco, Silente... sei una brava persona, ma sei capacissimo di sacrificarne uno per il bene di molti, e non voglio assolutamente che quell’uno sia il mio Kaito.»

Silente lo guardò curioso: «E quando saresti arrivato a questa conclusione?»

Toichi sorrise tristemente, agitando il pacchetto: «Molti anni, fa quando mi convocasti per la prima volta nel tuo ufficio. E ora ne ho la conferma.»

Mentre seguivano i due uomini fuori dalla porta, il Silente accanto a Kaito prese la parola: «Affidai a tuo padre la Pietra Filosofale e non mi deluse. Creò un nascondiglio molto particolare unendo magia e prestidigitazione. Sinceramente, ancora non so come fece a incastrarla all’interno di un vero gioiello...»

Kaito sbarrò gli occhi: «Pandora! Papà è il creatore di Pandora!»

Il preside annuì: «Ne mise in giro di finte e diffuse voci contrastanti a proposito... il nome lo scelse tua madre, sai? Disse che quella Pietra, dopotutto, portava più guai che benefici, e che era solo la curiosità dell’uomo ad averla creata...»

Con un gesto l’uomo indicò di fronte a sé. Una giovane Chikage mostrava al piccolo Kaito ridente il soffitto della Sala Grande.

«Vi ospitammo per tutti i mesi estivi, per dare il tempo all’Ordine della Fenice di prepararvi una casa sicura in Giappone, dopodiché vi trasferiste. Per essere ancora più sicuri, applicai l’Oblivion a tutti quelli che erano stati coinvolti nella tua nascita, come Gazza e Madama Chips. Un vizio che non ho mai perso, visto che l’ho fatto di recente anche con il signor Twycross e con tutti gli studenti e gli elfi domestici che hanno assistito alla tua prima Smaterializzazione.»

Kaito lo guardò sconvolto: «Cosa???»

«Il Voto Infrangibile m’imponeva di proteggerti con ogni mezzo. Tuo padre era preoccupato per il Ministero giapponese, ma io lo sono altrettanto di quello inglese e non potevo sapere quali sarebbero state le loro reazioni. Le uniche persone che sanno del tuo segreto siamo io, la professoressa McGranitt e Lupin. Oltre a quelle persone che si sono dimostrate degne della tua fiducia e a cui tu hai deciso di rivelare spontaneamente le tue doti, naturalmente.»

Kaito non sapeva cosa rispondere e Silente continuò: «Non fu necessario tutto questo per Cassandra Cooman, visto che morì quasi un anno dopo, mantenendo la sua promessa di portare il nostro patto nella tomba. Io e Toichi partecipammo al suo funerale insieme. Dopo quell’occasione ci vedemmo con meno frequenza, ma venivo a trovarvi appena potevo. Qualche volta mi venivi a salutare e mi mostravi i nuovi trucchi di prestigio che avevi imparato. Tuo padre, intanto, nonostante la notizia della sconfitta di Voldemort da parte del piccolo Harry Potter potesse tranquillizzarlo, non stette con le mani in mano, ma preparò tutto quello che poteva servirti per il tuo eventuale ingresso nel mondo magico. Fu lui a trovare, dopo anni di ricerche, il legno per la tua bacchetta e a portarlo ad Olivander

La mano di Kaito scivolò verso la tasca, a sfiorare il legno.

«E poi...»

Tutto svanì un’altra volta. Si ritrovarono in un teatro. Kaito si guardò intorno con terrore, riconoscendo lo striscione, il sipario, il pubblico...

«No, la prego! Tutto ma questo no! Non di nuovo...»

Silente lo guardò serio: «Mi dispiace, ma è necessario. Tra poco ci sarà l’unico ricordo che non mi appartiene e che permetterà di fare luce su cosa è davvero successo quel giorno.»

Il ragazzo aveva gli occhi lucidi. Come... come poteva ancora...

Una risata di bambino attirò la sua attenzione. Con orrore riconobbe se stesso e sua madre.

«Kaito! Non correre!»

Il bambino sbuffò: «Mamma, sei lenta! Papà sta per cominciare!»

Si sedettero in prima fila, dietro a un uomo dalla barba inconfondibile che Chikage salutò con un cenno della testa.

«C’era... c’era anche lei!»

Silente annuì: «Sì, Kaito. Ero un amico della vostra famiglia, dopotutto, e quando potevo assistevo con piacere agli spettacoli di tuo padre.»

Il piccolo Kaito tirò fuori dalla tasca un paio di carte, ma sua madre, con calma ma con fermezza, gli mise una mano sopra le sue.

«Tesoro, per favore mettile via.»

«Perché?»

«Perché siamo qui per lo spettacolo di papà, non per il tuo, no?»

Kaito mise il broncio, ma ubbidì: «Voglio salire anch’io sul palco con papà.»

La mamma gli sorrise, guardando però con complicità Silente: «Un giorno lo farai. Ma non ancora, devi diventare ancora più bravo.»

Una voce familiare fece alzare a tutti lo sguardo: «Signore e signori, buonasera.»

Il ragazzo sussurrò con voce strozzata: «Papà...»

Silente gli mise una mano sulla spalla: «È arrivato il momento più doloroso. Sarò qui con te, ma ricorda: non si può cambiare il passato.»

La scena si oscurò ancora e si ritrovarono dietro le quinte, verso la fine dello spettacolo.

«Questo è il ricordo che non mi appartiene.»

Kaito si guardò intorno. Da piccolo non poteva capirlo, ma ora gli era impossibile non notare che c’erano un po’ troppe persone dietro il sipario.

«Dov’è Jii

Silente non rispose, indicando un angolo buio. Là c’era l’assistente di suo padre, il suo fedele compagno che, apparentemente sotto la minaccia di un uomo armato di bacchetta, stava...

«Sta manomettendo la gabbia!»

Il preside sospirò: «La Maledizione Imperius è implacabile, purtroppo, come dovresti aver imparato dal professor Moody. Gli ho chiesto apposta di mostrarvela. Solo Jii avrebbe saputo come manomettere l’attrezzatura nel modo più opportuno, e loro lo sapevano. Gli ho cancellato io stesso la memoria, dopo, per non farlo vivere col senso di colpa. Dopotutto, non era stata minimamente colpa sua.»

Kaito annuì, poi chiese: «Chi è l’uomo con la bacchetta?»

«Lo capirai presto.»

Jii coprì la teca con un telo, lo spinse sul palco e quasi subito si sentì la voce di Toichi.

«E ora, signori, vi proporrò un numero molto famoso! Vedo che qualcuno di voi l’ha già riconosciuto. È un numero portato tristemente agli onori delle cronache da Henry Houdinì. Ora io mi farò chiudere all’interno di questa teca, immobilizzato da manette e lucchetti, dopodiché la vasca verrà riempita d’acqua e starà a me uscirne in tempo. Vi va, dunque, di partecipare con me a questa scommessa?»

Kaito cercò di precipitarsi verso il padre: «NO, PAPÀ, NON FARLO!»

Silente lo afferrò per un polso: «Sono solo ricordi. Ricordi dolorosi, ma solo immagini. Non puoi fare nulla per lui.»

Fu forse l’esperienza più dolorosa della vita di Kaito assistere alla preparazione della morte di suo padre senza poterla fermare. La gola gli si strinse nel vedere la vasca riempirsi d’acqua, nel ricordare l’occhiolino che suo padre gli stava facendo, mentre il sipario lo celava alla vista...

E da lì in poi tutto cambiò. Mentre Jii, ancora sotto l’effetto dell’Imperius, si allontanava, Toichi si liberò facilmente dalle manette ai polsi, ma con quelle alle gambe iniziò ad avere qualche problema. Cercò allora di togliere anche il coperchio della teca, ma senza riuscirci. Fu a quel punto che qualcuno bussò al vetro.

«Qualche problema, Toichi Kuroba?»

L’uomo cercò di voltarsi, ma senza riuscirci. Le catene da cui si era già liberato gli stavano risalendo le gambe e il petto, come serpenti sotto ipnosi. L’uomo che aveva parlato girò intorno alla teca, per rendersi visibile dal suo ospite. Era un uomo che Kaito non conosceva, ma era vestito di nero e impugnava una bacchetta con una mano, sul cui polso era visibile un tatuaggio nero a forma di teschio.

Kaito sbarrò gli occhi: «L’ho visto sul giornale! Al mondiale di Quidditch!»

Silente annuì: «Il simbolo dei Mangiamorte, i seguaci di Voldemort.»

Il ragazzo sbarrò gli occhi insieme a suo padre, mentre l’uomo continuava: «O posso chiamarti Kaito Kid?»

Nella mente di Kaito iniziarono a farsi largo una serie di associazioni: «Gli... gli assassini di mio padre... erano... era... Voldemort?»

«Non lui. Erano già passati quattro anni dalla sua sconfitta. No, erano gli uomini che gli erano rimasti fedeli, che speravano di poterlo riportare indietro usando Pandora.»

Kaito protestò: «Ma io li ho affrontati! Non erano maghi, ne sono sicuro! Snake non ha mai tirato fuori una bacchetta, ma mi ha sempre solo sparato!»

«Gli uomini che tu conosci lavorano per un’Organizzazione che funziona a più livelli. Ai piani più bassi ci sono semplici Babbani, che funzionano né più né meno come una banda della Yakuza. Il loro capo diretto è Snake, ma a sua volta risponde a degli altri capi, che invece sono Mangiamorte. Non so se lui sia o meno a conoscenza per chi lavora veramente.»

Il ragazzo completò la scala gerarchica: «E a capo di tutto, volente o nolente, c’è Voldemort... un attimo! E lei come fa a conoscere Snake?»

«Questi sono i suoi ricordi. È a lui che li ho presi, per poi modificarglieli un pochino, quel tanto che bastava a eliminare riferimenti espliciti alla tua esistenza e alla magia.»

L’uomo vestito di nero puntò la bacchetta contro il vetro: «Allora? Dov’è Pandora?»

Toichi non si mosse.

«Avanti, so che puoi uscire di lì senza problemi. Esci fuori e consegnami Pandora, o ti lancio un’Avada Kedavra qui e ora. Chi sarà il più veloce?»

Da dentro la teca piena d’acqua, il prestigiatore sorrise beffardo.

«Speri nell’aiuto di Silente? Oh, non qui, non davanti a questo pubblico... Snake! Ora!»

L’uomo con cui anni dopo lo stesso Kaito si sarebbe scontrato premette un interruttore e tutto saltò per aria, circondando il palco dal fuoco.

Toichi sbarrò gli occhi e cercò di guardare attraverso il sipario in fiamme. Vide la moglie correre verso di lui e il piccolo Kaito seguirla, subito però agguantato da Silente, che lo portò via.

«È stato lei a impedirmi di raggiungere mio padre!»

«Così m’imponeva il Voto.»

Toichi guardò per un po’ Chikage che cercava di raggiungerlo attraverso le fiamme. La sentì urlare e la vide cercare un estintore. Sorrise quando vide Silente rientrare e trascinare via anche lei. Guardò ancora il suo aggressore e di tutta risposta gli fece una linguaccia, per poi aprire la bocca.

L’ambiente si offuscò ancora. Kaito riconobbe la sua casa. Sua madre era sul divano, in lacrime, con Silente al suo fianco.

La donna sembrava non avere pace: «Perché? Perché non si è Smaterializzato fuori? Poteva farlo, lo so, lo so benissimo! Se voleva uscire, non lo avrebbero fermato le catene! E allora perché non l’ha fatto?»

L’uomo sospirò: «Credo... credo che l’abbia fatto per voi.»

«Per noi?»

«Toichi era terrorizzato dall’idea di lasciare Kaito da solo. La profezia non specificava se dovesse essere solo lui a morire o anche tu... credo si sia lasciato uccidere apposta, non appena è stato sicuro che tu fossi salva. Un ultimo, coraggiosissimo atto d’amore...»

Chikage sollevò la testa dal fazzoletto: «E ora? Ora come farò? Devo crescere mio figlio da sola, proteggerlo da minacce che Toichi non mi ha mai spiegato del tutto...»

«Non sarai sola. Ti aiuterò dal punto di vista magico, tu dovrai solo pensare a crescerlo nei principi che Toichi vi ha lasciato.»

«Va bene.»

Silente si alzò dal divano: «Imporrò incantesimi di protezione su di voi e su questa casa e controllerò la situazione di tanto in tanto, ma non mi vedrete più.»

«A meno che lei non venga a portarmelo via.»

L’uomo la guardò sorpreso e la donna gli sorrise tristemente: «Non sono una sciocca, Toichi non mi ha detto nulla, ma io conosco mio marito, l’ho capito.»

«Verrò solo se sarà inevitabile.»

Chikage si alzò, fiera, trattenendo le lacrime. Lanciò sul tavolo una pietra preziosa: «Era tornato anche per questa, vero? Si riprenda la sua Pandora e sparisca. Avevo ragione, questa pietra porta solo infelicità.»

Il preside la mise in tasca: «Non posso darti torto.»

«E ora che i nostri conti sono chiusi, addio, Silente. Spero, per il bene di Kaito, di non rivederla mai più.»

L’uomo annuì e l’ambiente si scurì ancora. Era la stessa stanza, ma ora Chikage, in cucina a tagliare una zucchina, era ormai uguale alla donna che Kaito conosceva.

Silente si Smaterializzò alle sue spalle e lei, senza voltarsi, ma smettendo immediatamente di tagliare, disse: «Buonasera, Silente.»

«Ti sei accorta subito di me.»

«Conosco quello schiocco. Un tempo riempiva le mie giornate, ora riempie solo le mie malinconie.»

«Sai perché sono qui. L’eventualità che temevamo è giunta.»

«Kaito ha accettato?»

«Mi ha concesso una possibilità.»

«Buon per lei.»

«Mi dispiace, Chikage

La donna sospirò: «Era la volontà di Toichi e io la rispetterò, non tema. Ma l’avverto...»

Si voltò di colpo, puntando il coltello che stava maneggiando dritto verso Silente: « ... se succede qualcosa a mio figlio, se per colpa del suo stupido mondo magico dovessi perdere anche Kaito, la riterrò personalmente responsabile. Ho letto i libri di Toichi, ormai conosco abbastanza bene il vostro mondo. Babbana o meno, la troverò.»

Silente annuì, con gesto lento e grave: «Non sottovaluterò la tua minaccia, Chikage. So che sei in grado di farlo. Se non manterrò il mio Voto, tornerò spontaneamente sotto questo coltello.»

«Sarà meglio.»

E poi tutto scomparve completamente. Kaito e Silente si ritrovarono nuovamente nell’ufficio del preside, di fronte al Pensatoio.

«Ecco, Kaito, ora sai.»

L’uomo prese il Pensatoio e lo ripose al suo posto, per poi tornare dietro la scrivania. La sua mano indugiò per un momento sulla maniglia di un cassetto, per poi ritrarsi non appena osservò Kaito. Stava cercando con tutte le sue forze di mantenere la faccia da poker, ma era pallidissimo, con il volto macchiato di lacrime. Era già stato troppo, per lui, ma era stato necessario.

«Forse è meglio che tu vada a dormire, ora. È tardi.»

Kaito annuì e, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza richiudendo dietro di sé la porta.

 

 

È fatta. Ancora non ci credo, ma ecco qua IL capitolo che tutti stavate aspettando, probabilmente uno dei più lunghi dell’intera storia. Moltissime delle domande che mi avevate fatto in questi mesi trovano una risposta in queste trenta pagine molto impegnative, non solo per Kaito ma anche per me. È stata una piccola grande impresa unire insieme gli elementi del manga e quelli dei libri, e per farlo sono consapevole di aver dovuto fare in qualche punto delle forzature che spero mi perdoniate, ma ho fatto del mio meglio per inserirle tutte in un contesto credibile. Gli indizi su questo capitolo erano numerosissimi all’interno della storia, per scommessa li ho contati e, fra quelli espliciti e quelli veramente nascosti, dovrebbero essere una trentina che si riferiscono solo a questo pezzo, dal primo al trentunesimo capitolo, esclusi gli indizi messi per altri punti della trama venuti e da venire. Giusto per far vedere che io non sono Kaito e non tiro fuori i conigli dal cilindro, purtroppo.

Alcune note tecniche mi paiono necessarie, perché molti elementi sono stati ripresi da fonti attendibili:

·         I nomi delle scuole, Mahoutokoro e Uagado, sono ufficiali e sono tratti dalle informazioni inedite inserite dalla Rowling stessa sul sito Pottermore (su cui mi sono iscritta apposta per avere qualche informazione per questa storia). Le descrizioni su come funzionino questi istituti, invece, sono completamente di mia invenzione.

·         La parte dedicata alla storia dei genitori di Kaito è tratta dai capitoli del manga ancora inediti in Italia, ma disponibili su internet e nella serie anime Magic Kaito. Ribadisco che in questo caso ho scelto deliberatamente d’ignorare gli ultimi due capitoli di recente pubblicazione, e quindi in questo caso non ci sono dubbi sulla morte di Toichi Kuroba.

·         Sempre secondo le informazioni disponibili su Pottermore, è Hogwarts a decidere i suoi studenti tramite una penna e un libro incantati. Il preside non ha controllo su questo processo. Il nome di Kaito Kuroba quindi è comparso regolarmente sul libro, come aveva ipotizzato Toichi.

·         È stata mostrata nell’anime un frammento dell’episodio della morte di Toichi ambientato su una montagna russa del luna park. Mi dispiace, ma è stata trasmessa dopo la pubblicazione del capitolo dove ne parlavo, e quindi mi sono tenuta fedele a quanto avevo già scritto.

Per il resto... non crederete mica che la storia sia finita qui, vero? Assolutamente no, per un mistero risolto ce ne sono molti, moltissimi altri ancora da scoprire!

Ringrazio dunque NEON GENESIS KURAMA, Lunaby, sophi33, _happy_04, mergana, _SayayMagicSuicune_ e la nuova arrivata SuorMaddy2012.

Dunque, nel prossimo capitolo vedremo come Kaito avrà preso tutte queste informazioni. E già che d'informazioni si parla, vi annuncio che ho finito la tesi, sto giusto aspettando la data della discussione, e quindi dovrei avere più possibilità di scrivere, per non lasciarvi ancora tutti questi mesi in sospeso.

Spero che l’attesa non sia stata vana o deludente e vi aspetto al prossimo capitolo.

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

 

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Capitolo 33
*** Riappacificazioni e litigi ***


Riappacificazioni e litigi

 

Kaito sospirò. Era giù di morale, come sempre nelle ultime settimane. Quasi non ricordava più quando avesse sorriso l'ultima volta. L'ambiente intorno a lui, certo, non lo aiutava molto: buio, appena schiarito dalla fioca luce di qualche torcia, e terribilmente umido. Rivoli d'acqua scorrevano sul pavimento nero, scivoloso e rotto in qualche punto. A completare l'atmosfera c'era poi l'incombente presenza dell'enorme statua, che fissava minacciosa ogni cosa fosse sotto il suo sguardo in modo così pressante da poter far credere che fosse lei ad ammorbare l'aria e non il gigantesco cadavere in decomposizione. Sì, l'atmosfera non era delle migliori, ma Kaito aveva scelto quella stanza perché era l'unico luogo dove potesse rimanere da solo. Troppi pensieri gli rendevano quasi insopportabile la compagnia degli altri, persino dei suoi amici. Aveva bisogno di rimanere solo, e in quel luogo nessuno avrebbe potuto disturbarlo.

Nessuno tranne...

Uno scricchiolio di pietra su pietra annunciò a Kaito, senza neppure bisogno di voltarsi, che la sua pacchia era appena finita.

«Ciao, Harry.»

Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Come sapevi che ero io?»

Il prestigiatore, seduto alla base della statua, si voltò verso il suo ospite: «Nessun altro in questa scuola è in grado di aprire quella porta.»

«E nessun altro è in grado di entrare qua dentro senza aprirla.»

«Touchè. Era solo una questione di tempo, sapevo che prima o poi mi avresti trovato.»

Harry attraversò la sala e andò a sedersi vicino a lui: «Allora, Kaito, cosa ti riporta nella Camera dei Segreti?»

Il ragazzo lo guardò con aria triste: «Avevo bisogno di stare da solo.»

«Non è da te.»

Kaito non rispose e Harry continuò: «I tuoi compagni sono molto preoccupati per te, per non parlare di Fred e George. Sono due settimane, ormai, che ti presenti giusto alle lezioni, non parli con nessuno e poi scompari nel nulla. Non sei stato più visto né a mangiare né in dormitorio. Anche cercarti sulla Mappa del Malandrino era inutile, abbiamo persino cominciato a pensare che te ne tornassi direttamente a casa in Giappone dopo le lezioni!»

A Kaito sfuggì uno sbuffo divertito, la cosa più simile a una risata nell’ultimo periodo: «Non sono ancora così bravo.»

«Lo so. È per questo che mi sono messo a pensare a un luogo di Hogwarts non segnato sulla Mappa che tu potessi conoscere. Questo è l’unico che mi è venuto in mente.»

«E come vedi hai indovinato. Sei un bravo investigatore, sai? E io d’investigatori me ne intendo, credimi...»

Calò un silenzio carico di attesa per qualche minuto, poi Kaito disse: «Perché non hai portato qualcuno con te?»

«Ron non scenderebbe di nuovo qua sotto per nessun motivo al mondo, Hermione è impegnata a studiare... quanto a Fred, George e Sheridan, non mi andava d’illuderli. E se poi non eri qua? E se hai fatto tutto questo per non incontrarli, ci sarà stato un buon motivo, credo.»

A Kaito sfuggì un mezzo sorriso, poi sospirò.

«Ho avuto una notizia che mi ha sconvolto e che ancora non riesco ad accettare. Speravo che rimanendo un po’ da solo ce l’avrei fatta, ma...»

Harry non insistette, aspettando che il ragazzo decidesse se e quando parlare.

«Ho appena scoperto che mio padre era un mago.»

«Non è una novità. Me l’avevi già detto che tuo padre era un prestigiatore come te.»

«No, Harry. Un mago. Come me e te.»

Il ragazzo sbarrò gli occhi: «Cosa? Ma non avevi detto di essere nato in una famiglia babbana

Kaito scattò in piedi, quasi urlando lo sconforto che si era tenuto dentro per settimane: «CERTO! Questo mi hanno raccontato, ma erano solo bugie! La mia vita è solo un mucchio di frottole! Il mio stesso padre ha intessuto per me una rete di bugie e inganni! E ora in cosa dovrei ancora credere? Sono venuto qui per trovare informazioni che mi aiutassero a vendicare la sua morte e a far arrestare i suoi assassini, e ora tutto quello che sapevo è svanito nel nulla! Cosa dovrei ancora fare? Che senso può avere la mia vita, ora?»

Harry lo guardò un po’ perplesso, poi, quando Kaito sembrò essersi calmato un pochino, si arrischiò a fare una domanda.

«Tu hai conosciuto tuo padre, vero?»

Il prestigiatore sbuffò: «Un paio di settimane fa ti avrei risposto di sì.»

«Intendo, te lo ricordi?»

«Certo.»

«E ti voleva bene?»

Kaito impiegò un po’ a rispondere, come se quella risposta gli costasse molta fatica.

«Sì, penso proprio di sì.»

Harry sorrise dolcemente: «E allora, qualunque cosa abbia fatto, penso lo abbia fatto per questo. Perché ti voleva bene e voleva proteggerti.»

Kaito ringraziò di essere di spalle, perché la sua faccia da poker, per un istante, aveva ceduto di botto. Harry, che non sapeva nulla di quello che aveva scoperto, gli aveva ripetuto esattamente le stesse motivazioni che suo padre nel Pensatoio aveva pronunciato.

Possibile che fosse ovvio a tutti... tranne che a lui?

«Probabilmente hai ragione, ma penso che ci vorrà ancora un po’ prima che torni a crederlo veramente.»

«Penso che tu abbia tutto il tempo del mondo. E se non ce n’è abbastanza, possiamo farci ridare la Giratempo da Hermione...»

Kaito rise, finalmente, la prima risata sincera dopo tanto tempo.

«Mi sa che hai ragione, mi sono isolato un po’ troppo. Penso che non potrò fare altro qua, ma in ogni caso non è stato tempo sprecato.»

Harry lo guardò incuriosito e Kaito si concesse un piccolo sorriso soddisfatto: «Ho scoperto che mio padre era come me, poteva Smaterializzarsi ovunque. Così ho provato ad esercitarmi un po’ qua dentro.»

«Hai passato tutto il tempo a Smaterializzarti?»

«Dovevo pur distrarmi un po’ dai miei tristi pensieri, no? E sai, credo proprio di aver imparato qualcosina...»

Neanche il tempo di finire la frase che Kaito svanì di fronte a Harry. Il ragazzo sussultò. Glielo aveva già visto fare, ma questa volta non si era udito quello schiocco fortissimo che l’aveva sempre caratterizzato e non aveva nemmeno girato su se stesso.

«Non male, eh?»

Harry alzò il volto in alto, seguendo la voce e urlò dallo spavento. Kaito era seduto sul naso di Serpeverde. La sua voce rimbombava in tutta la Camera.

«Mi sono esercitato parecchio, anche se avevo promesso di non farlo. Sai, penso di aver capito di più da solo che non con tutte le lezioni di Lupin dell’anno scorso... in ogni caso, ora riesco ad essere precisissimo sul luogo di rimaterializzazione. E se mi concentro abbastanza, riesco anche a farlo silenziosamente.»

Il ragazzo a terra lo guardò stupito: «Non... non male!»

«Vero? Non capisco sinceramente perché al corso obblighino tutti a girare su se stessi, ho scoperto che per me è inutile, mi fa solo girare la testa dopo un po’ e mi fa perdere l’equilibrio al momento dell’atterraggio. Credo anche di potermi Smaterializzare non solo in posti precisi, ma anche da persone specifiche, anche se non so dove siano. Dopotutto, a pensarci bene, l’anno scorso avevo fatto così per raggiungervi nella Stamberga Strillante. Però quello devo ancora sperimentarlo un po’.»

Harry ridacchiò: «Basta solo che avverti prima, sennò mi prende un infarto ogni volta...»

Kaito alzò le spalle divertito: «Nel caso ti porterò istantaneamente da Madama Chips, non preoccuparti. Ci sono ancora un paio di cose che voglio sperimentare e che qui, da solo, non potevo fare.»

«Ovvero?»

«Smaterializzazione su lunghe distanze, tanto per cominciare. Insomma, non sarebbe male potermene tornare a casa senza sempre farmi ore e ore di aereo, no?»

«Giusto!»

«L’altra è la Smaterializzazione con più persone. L’anno scorso era stato un disastro.»

Harry annuì. Quando Kaito era sbiancato in quel modo e si era messo a respirare così affannosamente da sembrare soffocare da un momento all’altro, lui ed Hermione avevano faticato non poco a mantenere la calma.

«E l’ultima è...»

Fu un istante. Kaito riapparve al fianco di Harry, lo prese per un braccio e in un attimo furono in piedi sulla testa di Serpeverde. Il ragazzo urlò dallo spavento e sentì perdere l’equilibrio, ma Kaito lo tenne stretto. Harry prese fiato affannosamente, osservando l’amico perfettamente in equilibrio e con tutta la tranquillità del mondo.

«... atterrare in equilibrio con un passeggero, e direi che ho anche superato questo test.»

Harry cercò di trattenere l’istinto di mandare a quel paese il prestigiatore: «Sì, ma credo di non averlo passato io... che spavento...»

Kaito rise, una risata aperta e sincera, come quelle che Harry aveva sempre visto sul suo volto. Non sapeva esattamente come, ma sembrava essere riuscito nell’impresa di tirarlo un po’ su di morale.

Il prestigiatore lo aiutò a sedersi: «Non male la vista da qui, vero?»

«In effetti... c’è solo il Basilisco che stona un po’...»

Kaito alzò le spalle sorridendo: «Oh, sta lì tranquillo e non disturba, è diventato proprio un serpentello educato. Non morde più, sai?»

«Ma meno male, con tutta la fatica che abbiamo fatto per farlo smettere! »

«Giusto.»

Calò qualche minuto di silenzio, poi Kaito sospirò.

«Grazie.»

«Dovere. Siamo amici, no?»

«Già, ne abbiamo vissute parecchie di avventure, eh?»

«Sì.»

«Sai, parliamo poco, io e te, ma sei un ottimo ascoltatore.»

Harry sorrise: «Ti ringrazio, ma penso sia solo perché ti capisco. Dopotutto abbiamo entrambi un conto in sospeso legato all’uccisione dei nostri genitori...»

Kaito sentì una morsa al cuore. Se solo Harry avesse saputo tutta la storia... se avesse saputo che anche suo padre era morto, indirettamente, a causa di Voldemort...

Scosse la testa. No, non gli avrebbe dato quel peso. Quel ragazzo ne aveva già troppi sulle sue giovani spalle.

«Dai, che ne dici? Scendiamo?»

«Non mi dispiacerebbe, ad essere sincero.»

«Oppure preferisci salire? Direttamente in Dormitorio, magari?»

Harry lo guardò sorpreso: «Mi porteresti?»

Kaito annuì: «Ho fatto troppo l’eremita. Adesso devo riunire tutti i pezzi della mia vita, e non posso farlo stando chiuso qua dentro.»

Harry sorrise, e Kaito aggiunse: «E poi la puzza del Basilisco sta iniziando a darmi la nausea!»

La piccola risata di Harry rimbombò ancora per un pochino nella Camera, poi i due scomparvero, lasciando la stanza segreta al silenzio e all’oblio.

 

 

Ci era voluto ancora qualche giorno prima che Kaito riuscisse ad aprirsi con i Malandrini, ma dopo averlo fatto capì che era stato assolutamente necessario. Raccontare quella vicenda a qualcuno l’aveva resa in qualche modo più realistica, più accettabile, più sopportabile. Non era più un brutto sogno da cui non riusciva a svegliarsi, era una realtà che poteva e doveva affrontare e superare.

Sheridan era sconvolta: «Quello che ci hai raccontato è incredibile.»

«Lo so. Io sono il primo a non riuscire ad accettarlo del tutto.»

«Tuo padre... un mago che ha rinunciato alla magia per fare il prestigiatore?»

«Sì.»

Fred intervenne: «Io sono più sorpreso dal fatto che tu sia nato qua ad Hogwarts!»

Kaito annuì. In realtà non era stato del tutto sincero con loro. Aveva volutamente saltato la parte che riguardava la morte del padre. Era troppo, tutto insieme.

George lo guardò preoccupato: «E ora, cosa farai?»

Il prestigiatore sospirò: «Innanzitutto, cercherò di fare ordine nella mia vita. Tanto per cominciare, Kaito Kid si prende un bel periodo sabatico. Le nuove scoperte hanno minato direttamente le motivazioni per cui era tornato ad agire, per questo, anche in vacanza, non ruberò nulla. Almeno fino a quando non avrò deciso se Kaito Kid ha ancora una ragione per esistere. E poi... poi volevo chiedervi un favore.»

I Malandrini annuirono: «Tutto quello che vuoi.»

Kaito sorrise tristemente guardando i gemelli: «Voi due sapete dov’è la Stanza delle Necessità, vero? Voglio vederla.»

 

I quattro ragazzi si fermarono di fronte a un muro non lontano dall’aula della Cooman.

«È qui?»

Fred e George annuirono: «Bisogna passarci tre volte davanti e...»

I ragazzi sussultarono dallo spavento. Era bastato che Kaito sfiorasse la parete per far comparire una porta là dove fino a pochi istanti prima c’erano solidi mattoni.

Il prestigiatore commentò perplesso: «... oppure, a quanto pare, la Stanza ha il riconoscimento delle impronte digitali...»

Dopo qualche istante di esitazione, il ragazzo girò la maniglia e spinse la porta. L’uscio si aprì lentamente, rivelando, con enorme sorpresa del ragazzo, la stessa identica stanza che aveva visto nel Pensatoio, come se l’avesse lasciata solo da pochi minuti. Ogni dettaglio era al suo posto, la sedia su cui lui si era appoggiato quando gli erano venute meno le forze, le lenzuola ancora in disordine, come se sua madre si fosse appena alzata dal letto... eppure erano passati diciotto anni.

Si voltò verso i suoi amici, rimasti all’ingresso, come se non osassero entrare in un mondo che era di Kaito e solo suo. Il suo sguardo era pieno di lacrime e li guardava come se stesse chiedendo loro qualcosa, un muto permesso. Sheridan, senza nemmeno sapere esattamente cosa stesse concedendo, annuì, e allora Kaito, nella stessa identica posizione del padre quando lo salutò la prima volta, s’inginocchiò sul pavimento, poggiò la testa sul letto e, stringendo con tutte le sue forze quel lenzuolo, pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto per settimane, lacrime di gioia e di dolore, di sollievo e di disperazione, in un groviglio di sentimenti contrastanti che riempivano il suo cuore e la sua mente in una sensazione quasi di vuoto, a cui era impossibile dare un nome. A quelle lacrime, come in risposta, le candele che illuminavano la camera si fecero più soffuse, più leggere, come un delicato conforto che la stessa Stanza stava cercando di dare a chi era nato fra le sue mura. I Malandrini assistettero a tutto questo in silenzio, senza fare alcun rumore, muti spettatori di una scena la cui gravità potevano appena intuire.

Solo quando Kaito sembrò essersi leggermente calmato, George chiuse la porta alle loro spalle e i tre entrarono nella Stanza. Sheridan fece per prendere la sedia, per scoprire con sua grande sorpresa che ne erano comparse altre tre, senza che neppure se ne fosse accorta. George si avvicinò al prestigiatore.

«Va meglio?»

Kaito annuì, rispondendo con voce ancora tremante: «S-sì, s-scusate... io... io non dovevo.»

Sheridan gli offrì la sedia: «Dovevi, invece. Non potevi tenerti tutto dentro per sempre.»

Il ragazzo si sedette: «P-papà mi diceva sempre di mantenere la faccia da p-poker e io...»

Fred gli sorrise comprensivo: «Tuo padre ti diceva di non mostrare agli avversari le tue debolezze, ma non penso si riferisse anche agli amici. E poi sei un essere umano, non una statua. Non puoi essere impassibile per sempre.»

Kaito si asciugò le lacrime con un fazzoletto colorato, per poi farlo sparire: «Sì...»

Alzò lo sguardo, per cercare di non guardare troppo il letto su cui era nato per non scoppiare nuovamente a piangere, e fu allora che notò un dettaglio che lo incuriosì.

«Strano... quella porta non c’era quando ho visto i ricordi di Silente...»

Fred lo guardò storto: «Eh?»

Kaito si alzò, attirato in modo irresistibile da quell’ingresso. Se non fosse stato assurdo, avrebbe quasi detto che qualcuno gli sussurrasse all’orecchio di andarlo a vedere più da vicino. Attraversò la stanza e si avvicinò alla porta. Era bianca, con eleganti intarsi dorati, e una rosa d’oro con il gambo irto di spine che si arrotolava su se stesso a formare la maniglia. Kaito la fissò perplesso. Per quanto la sua attenzione fosse attirata dai ricordi stessi, possibile che non avesse notato un dettaglio così appariscente?

Fred si avvicinò alle sue spalle: «Ehm... Kaito? Cosa stai facendo?»

«Cerco di capire a cosa serva questa porta.»

George si avvicinò al fratello: «Quale porta?»

Kaito sbarrò gli occhi: «Come quale porta? Questa porta! Non la vedete?»

Sheridan si avvicinò, toccando la parete: «Veramente, no.»

Il prestigiatore guardò sorpreso la mano dell’amica, che ai suoi occhi appariva proprio sui cardini della porta.

«Voi... voi non la vedete?»

Fred gli mise una mano sulla spalla: «Senti, forse oggi hai vissuto troppe emozioni tutte insieme. È normale che tu ora sia un po’ stravolto, forse è meglio che torniamo al Dormitorio.»

Kaito annuì: «Sì, forse hai ragione. Per oggi ho fatto abbastanza. Posso sempre tornare in un secondo momento, quando sarò più calmo, per controllare, no?»

Sheridan gli sorrise: «Quando vuoi.»

Il ragazzo sospirò: «Grazie, ragazzi.»

«Dovere di amici e Malandrini.»

 

 

Fu una ripresa lenta, ma Kaito, nel giro di un paio di settimane, sembrò ritornare a un’apparente normalità. Ricominciò a ridere e a scherzare con i suoi amici e compagni, riprese a studiare normalmente e trovò persino il coraggio di guardare la sua posta.

Tre lettere lo attendevano ormai da settimane.

 

Caro Kaito,

se le cose sono andate come dovevano, ora sai. Mi dispiace, credimi, mi dispiace che le cose siano andate così. Ho sperato con tutto il cuore che per te non giungesse mai quella maledetta lettera, che potessi continuare a proteggerti come ho sempre fatto.

Ora t’immagino benissimo a dire: “Ma come, proteggermi? Mi hai mandato coscientemente a fare il criminale!”. È vero, ma quelli erano pericoli da cui potevo difenderti, anche se poi te le sei cavata egregiamente da solo. Contro la magia, purtroppo, sono impotente, sono solo una semplice Babbana che ha letto molti libri proibiti. Conosco quali incantesimi potrebbero lanciarci contro, ma non ho modo per difenderci. L’unico modo che io, e che prima di me tuo padre, ho trovato, è stato tenerti all’oscuro di tutto. Non era il migliore, non era il più saggio, ma era l’unico alla mia portata. Forse avrei dovuto affidarti a qualche mago, ma non me la sono sentita di allontanarti da me. Perdona il mio egoismo, se puoi. Fra mille bugie, però, c’è un’unica e sola verità: ti voglio bene, Kaito, io come tuo padre, e sono e sarò sempre orgogliosa di te, qualunque cosa farai.

Spero che quando tornerai vorrai ancora parlarmi.

Mamma

 

Kaito deglutì, inghiottendo le lacrime. Sua madre era sempre stata un po’ fuori dagli schemi, una donna originale e schietta, mai pentita di ciò che aveva fatto. In quella lettera aveva riversato la sua stessa anima, il ragazzo non avrebbe potuto metterle in bocca parole diverse. Erano sincere, anche se dolorose.

Con le mani tremanti, prese la seconda busta. La scrittura gli era in parte familiare, ma dovette ammettere di essere sorpreso di ricevere una lettera da quella persona.

 

Caro Kaito,

il professor Silente mi ha informato che ora sai che conoscevo bene tuo padre. Mi dispiace averti nascosto quest’informazione. All’inizio ero confuso, non ero sicuro che fossi il figlio di Toichi e, se avevo ragione, cosa ci facessi ad Hogwarts. Il preside mi ha spiegato qualcosina all’inizio dell’anno, ma probabilmente ora sai più di quanto ancora non sappia io. Ammetto che non è stata casuale la mia presenza durante la tua prima lezione di Smaterializzazione, temevo che potesse succedere quanto è poi accaduto, e anche il preside condivideva questa mia preoccupazione. Forse ho preso un po’ sottogamba l’impegno di aiutarti con la Smaterializzazione, ma ero sinceramente convinto di poterti aiutare almeno psicologicamente. Col senno di poi, forse avresti imparato di più da solo... non sono il migliore insegnante del mondo, l’ho sempre saputo.

Volevo solo dirti che se avrai bisogno di aiuto io sarò sempre a tua disposizione.

Con sincero affetto,

Remus Lupin

 

Kaito non poteva dire nulla al professore. Dopotutto, anche lui aveva infranto la promessa di non esercitarsi da solo. Sapeva bene che l’anno prima ci aveva messo anima e corpo nel seguirlo e sostenerlo durante le sue lezioni serali.

L’ultimo era un biglietto spiegazzato, macchiato e rovinato, senza busta.

 

Abbiamo avuto poco tempo per parlare, e solo successivamente Lunastorta mi ha confermato la tua identità. Non ti avevo riconosciuto come figlio di Toichi fino a quando non ci siamo trovati faccia a faccia in volo. Non conoscevo bene tuo padre, l’ho visto qualche volta alle riunioni dell’Ordine e ammetto che ero un po’ sospettoso nei suoi confronti per la sua scarsa partecipazione, era uno di quelli che avevo candidato come traditore quando ci fu una fuga di notizie. In realtà non sapevo neppure che fosse morto, ad Akzaban le notizie arrivano col contagocce. In ogni caso ti sono grato per l’aiuto che mi hai dato, se potrò ricambiare il favore non esiterò a farlo. Se hai bisogno di contattarmi chiedi alla persona che mi è più vicina, lei sa come fare.

Felpato

 

Kaito sbarrò gli occhi sorpreso. Sirius! Persino lui, sfidando la clandestinità, aveva voluto scrivergli! Rilesse il messaggio: la persona a cui si riferiva era quasi sicuramente Harry, dopotutto era il suo padrino.

Sospirando, rimise tutto sotto il letto. Presto avrebbe trovato la forza di rispondere, ne era sicuro.

 

 

Ginny strattonò per una manica Kaito: «Vieni! Vieni a vedere!»

Il prestigiatore, sospirando, la seguì. Ormai aveva ripreso la sua vita normale e nessuno, né compagni né amici né professori, gli aveva chiesto cosa gli fosse capitato in quelle settimane. Non aveva ancora risolto i suoi problemi, ma aveva deciso di accantonarli momentaneamente in attesa di ritrovare abbastanza pace e sicurezza per poterli affrontare.

«Cosa c’è?»

La ragazza si limitò a indicargli un cartello:

 

TORNEO TREMAGHI

Le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang arriveranno alle 6 in punto di venerdì 30 ottobre. Le lezioni termineranno con mezz'ora d'anticipo. Gli studenti riporteranno borse e libri nei rispettivi dormitori e si riuniranno davanti al castello per salutare i nostri ospiti prima del Banchetto di Benvenuto.

 

Kaito guardò l’amica incuriosito: «E così ci siamo...»

La comparsa del cartello nella Sala d'Ingresso ebbe un effetto notevole su tutti. La settimana seguente, parve esserci un solo argomento di conversazione, ovunque Kaito andasse: il Torneo Tremaghi. Le voci si propagavano di studente in studente come virus altamente contagiosi: chi voleva farsi avanti come campione di Hogwarts, in cosa sarebbe consistito il Torneo, in che cosa gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang erano diversi da loro. Il castello fu ripulito da cima a fondo. Parecchi ritratti sudici furono scrostati, con gran disappunto dei loro soggetti, che sedevano rannicchiati nelle cornici, borbottavano cupi e trasalivano tastandosi i volti di un rosa acceso. Le armature all'improvviso diventavano scintillanti e si muovevano senza cigolare. E Argus Gazza, il custode, divenne talmente feroce con gli studenti che dimenticavano di pulirsi le scarpe che provocò una crisi isterica in un paio di ragazzine del primo anno.

Anche altri membri del personale docente sembravano stranamente agitati.

Quando Kaito scese per colazione la mattina del trenta ottobre, scoprì che la Sala Grande era stata addobbata durante la notte. Enormi stendardi di seta pendevano dai muri. Ciascuno rappresentava una Casa di Hogwarts: rosso con un leone d'oro per Grifondoro, blu con un'aquila di bronzo per Corvonero, giallo con un tasso nero per Tassorosso, e verde con un serpente d'argento per Serpeverde. Dietro il tavolo degli insegnanti, lo stendardo più grande di tutti portava il blasone di Hogwarts: leone, aquila, tasso e serpente uniti sotto una grande H.

Ancora un po’ sorpreso, Kaito notò in un angolo della tavolata Fred e George, intenti in una discussione sottovoce. Senza farsi notare li raggiunse alle spalle.

«Allora, ancora a discutere del vostro debito non riscosso?»

I due gemelli trasalirono sorpresi, per poi voltarsi.

«Kaito!»

«Non ti abbiamo sentito!»

Il prestigiatore sorrise: «Ricordatevi con chi state parlando...»

Fred annuì: «Giusto.»

George aggiunse: «Come hai fatto a capire di cosa stavamo parlando?»

Kaito si sedette vicino a loro: «Intuito... e lettura del labiale.»

Soseiji sbuffò: «Con te c’è sempre il trucco...»

Mangetsu gli rispose con una bella linguaccia: «Avanti, spiegatemi. Quali sono le ultime novità?»

George rispose con aria depressa: «È un vero disastro. Ma se non vorrà parlare con noi, dovremo spedirgli comunque la lettera. O gliela metteremo in mano, non può evitarci per sempre».

«Chi è che vi evita?»

I gemelli trasalirono ancora. Ron stava prendendo posto accanto a loro, insieme a Harry e Hermione.

Fred ribatté, seccato per l'interruzione: «Magari fossi tu.»

Ron chiese a George: «Che cos'è che è un disastro?»

George disse: «Avere un idiota ficcanaso come te per fratello.»

Kaito dovette trattenere un sorriso. Facevano i duri, ma la verità era che i due gemelli non volevano coinvolgere il resto della famiglia nella loro personale battaglia contro un pezzo grosso.

Harry buttò lì, come per cambiare argomento: «Voi due vi siete già fatti venire in mente qualcosa sul Torneo Tremaghi? Avete pensato a come fare per tentare di iscrivervi?»

George rispose in tono aspro: «Ho chiesto alla McGranitt come vengono scelti i Campioni, ma non me l'ha voluto dire. Mi ha detto solo di star zitto e continuare a Trasfigurare il mio procione.»

Kaito fece una smorfia: «Ti aspettavi davvero che si sbottonasse? L’unico che avrebbe potuto fare una cosa così stupida è Allock, e per fortuna non c’è...»

Ron era pensieroso: «Chissà che prove saranno... sapete, scommetto che potremmo affrontarle, Harry, ne abbiamo fatte di cose pericolose prima d'ora...»

Fred disse: «Non davanti a una giuria. La McGranitt dice che i Campioni ricevono un punteggio in base a come hanno superato le prove.»

Kaito li guardò sorpreso: «Siete ben informati.»

George annuì: «Certo, vogliamo sapere cosa ci attenderà!»

Harry chiese: «Chi sono i giudici?»

«Be', i Presidi delle scuole in lizza fanno sempre parte della commissione, perché tutti e tre sono stati feriti durante il Torneo del 1792, quando s'imbizzarrì il Basilisco che i Campioni avrebbero dovuto catturare.»

Tutti si voltarono verso Hermione, piuttosto sorpresi, e lei continuò, con il solito tono d'impazienza nel constatare che nessun altro aveva letto i libri che lei invece conosceva: «È tutto scritto in Storia di Hogwarts. Anche se, naturalmente quel libro non è del tutto affidabile. Storia RIVEDUTA E CORRETTA di Hogwarts sarebbe un titolo più calzante. O anche Storia DECISAMENTE PREVENUTA E SELETTIVA di Hogwarts, CHE GLISSA SUGLI ASPETTI PIÙ SPREGEVOLI DELLA SCUOLA.»

Ron la guardò perplesso: «Di cosa stai parlando?»

«Degli elfi domestici! In oltre mille pagine di Storia di Hogwarts, non si dice nemmeno una volta che siamo tutti complici nello sfruttamento di un centinaio di schiavi!»

Kaito sospirò leggermente. Era stato costretto anche lui a comprare una spilletta del CREPA, ma non aveva davvero avuto testa per seguire tutta la logica di Hermione. Decise che fosse meglio cambiare brutalmente discorso: «Ragazzi, avete visto Sheridan?»

«In effetti no.»

Proprio in quel momento la ragazza fece capolino dall’ingresso della Sala, con aria soddisfatta e venne a sedersi vicino a loro: «Buongiorno!»

Kaito la guardò sospettoso. Conosceva quello sguardo e di solito non lasciava presagire niente di buono: «Sheridan, tutto bene?»

Lei rispose con aria complice: «Non c’è niente di meglio che sistemare un paio di scocciatori di prima mattina...»

Come un lampo, un pensiero attraversò la mente dei tre Malandrini.

Trenta ottobre.

Sheridan.

Pessimo abbinamento.

Immediatamente Fred, George e Kaito si precipitarono fuori dalla Sala Grande, senza neppure concludere la colazione, scrutando attentamente le finestre per controllare i pennoni.

Harry guardò un po’ confuso il portone da cui i tre erano spariti: «Ma che è successo?»

Sheridan sorrise in puro stile malandrino: «Oh, assolutamente nulla, in realtà. Mi sono solo divertita a fare uno scherzetto a quei tre. Per fortuna quest’anno, con la storia del Torneo, nessuno si è ricordato esattamente che giorno è domani...»

 

 

Nonostante i tre Malandrini avessero passato gran parte del tempo a meditare una piccola vendetta nei confronti della compagna per l’infarto che aveva fatto prendere loro, quel giorno nell'aria c'era un piacevole senso di attesa. Nessuno fu molto attento in classe, tutti erano molto più interessati all'arrivo delle delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang.

Quando la campana suonò in anticipo, tutti i Grifondoro di ogni anno corsero su alla Torre di Grifondoro, depositarono borse e libri, s'infilarono i mantelli e tornarono giù di corsa nella Sala d'Ingresso.

I Direttori delle Case stavano disponendo in fila i loro studenti.

La professoressa McGranitt ordinò a Ron: «Weasley, raddrizzati il cappello.» «Signorina Patil, via quella cosa ridicola dai capelli».

Calì si rabbuiò e si tolse una grossa farfalla decorativa dall'estremità della treccia.

«Anche lei, Signorina Pumpkin

Sheridan si toccò sorpresa e inorridita i capelli, trovandoci un fiore di pesco di plastica, fermato con una molletta. Kaito le fece una linguaccia, seguito alle loro spalle da Fred e George: «Piccola vendetta per stamattina da parte di tutti noi.»

Alla fine del controllo, l’insegnante finalmente si calmò: «Seguitemi, prego, quelli del primo anno davanti... non spingete...»

Scesero in fila i gradini e si schierarono davanti al castello. Era una serata fredda e serena; il sole stava tramontando e una pallida luna trasparente brillava già sulla Foresta Proibita. Nonostante l’orario prefissato fosse appena passato, nessuno si vedeva all’orizzonte e tutti gli studenti iniziavano a soffrire il freddo. Scrutarono ansiosamente i prati sempre più bui, ma nulla si muoveva; tutto era immobile, silenzioso e piuttosto normale.

Kaito guardò i suoi compagni. Tremavano tutti, chi più, chi meno. Colin tendeva il collo alla ricerca di suo fratello Dennis in prima fila, per il resto l’unica preoccupazione che sembrava aleggiare su tutti era se questi ospiti sarebbero riusciti ad arrivare prima di trovarsi di fronte una delegazione congelata.

Kaito sbuffò: «Odio il ritardo delle ferrovie.»

Ginny rispose battendo i denti: «E chi ti dice che arrivino in treno?»

Il prestigiatore rispose ironico: «E come vuoi che arrivino, in nave?»

Ma le loro riflessioni furono interrotte dalla voce di Silente dall'ultima fila, dove si trovava assieme agli altri insegnanti: «Aha! O mi sbaglio di grosso, oppure sta arrivando la delegazione di Beauxbatons

Parecchi studenti esclamarono con impazienza, guardando tutti da una parte diversa: «Dove?»

Uno del sesto anno, puntando l'indice verso la Foresta, urlò: «Laggiù!»

Qualcosa di grosso, molto più grosso di un manico di scopa - o meglio, di cento manici di scopa - si precipitava nel cielo azzurro cupo in direzione del castello, e diventava sempre più grande.

Una ragazzina del primo anno strillò istericamente: «È un drago!»

Dennis Canon esclamò: «Non dire stupidaggini... è una casa volante!»

Mentre la gigantesca sagoma nera sfiorava le cime degli alberi della Foresta Proibita, illuminata dalle luci del castello, videro un'enorme carrozza di un blu polveroso, delle dimensioni di una vasta dimora, che fluttuava verso di loro, trainata nell'aria da una dozzina di cavalli alati, tutti palomino, grandi come elefanti.

Le prime tre file di studenti si ritrassero mentre la carrozza sfrecciava più in basso e si preparava ad atterrare a una tremenda velocità; poi, con un fracasso abnorme che fece balzare Neville indietro sul piede di un Serpeverde del quinto anno, gli zoccoli dei cavalli, più grossi di piatti da portata, toccarono terra. Dopo un secondo, atterrò anche la carrozza, rimbalzando sulle vaste ruote, mentre i cavalli d'oro scuotevano le enormi teste e roteavano i grandi occhi fieri. La porta della carrozza, decorata con un blasone formato da due bacchette d'oro incrociate da cui spuntavano tre stelle ciascuna, si aprì. E un ragazzo vestito di azzurro pallido balzò giù, si curvò, trafficò per un attimo con qualcosa ed estrasse una serie di gradini d'oro. Poi arretrò rispettosamente. Una lustra scarpa nera col tacco alto, grande come una slitta da bambino, spuntò dall'interno della carrozza, seguita quasi immediatamente da una donna enorme. La taglia della carrozza e dei cavalli furono subito spiegati. Alcuni ragazzi trattennero il respiro. Quando entrò nella luce che fiottava dalla Sala d'Ingresso, si scoprì che aveva un bel viso olivastro, grandi occhi neri liquidi e il naso piuttosto grifagno. I suoi capelli erano raccolti in una crocchia lucente alla base del collo. Era vestita da capo a piedi di satin nero, e molti splendidi opali scintillavano attorno al collo e sulle sue dita enormi.

Silente prese ad applaudire; anche gli studenti, seguendo il suo esempio, batterono le mani, molti in punta di piedi per vedere meglio la donna.

Il suo viso si distese in un sorriso cortese, e avanzò verso Silente, tendendo una mano tutta bagliori. Silente, benché fosse ben alto, dovette chinarsi appena per baciarla.

«Mia cara Madame Maxime, benvenuta a Hogwarts.»

«Mon cher Silonte! Voi sta bene, spero!»

Kaito trasalì leggermente. La donna aveva una voce decisamente più profonda di quella che si sarebbe aspettato.

Silente rispose: «Sono in ottima forma, grazie.»

Madame Maxime indicò alle sue spalle, agitando noncurante una delle sue enormi mani: «I miei studonti

In quel momento una dozzina circa di ragazzi e ragazze, tutti, a occhio e croce, tra i diciassette e i diciott'anni, spuntarono dalla carrozza e rimasero in piedi dietro Madame Maxime. Tremavano, cosa tutt'altro che sorprendente dato che i loro abiti sembravano di seta leggera, e nessuno portava il mantello. Alcuni si erano avvolti sciarpe e scialli attorno alla testa. Per quel che si poté vedere delle loro facce, visto che molti erano all'ombra di Madame Maxime, stavano contemplando Hogwarts con aria preoccupata.

L’enorme signora riprese: «Karkaròff è già qui?»

«Dovrebbe essere qui a momenti. Preferite aspettare qui e salutarlo o entrare a scaldarvi un po'?»

«Scaldarsci, si. Ma i scevalli...»

«Il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche sarà felice di occuparsene, non appena avrà sistemato un piccolo problema che si è verificato con alcuni dei suoi altri - ehm – compiti.»

Kaito avrebbe scommesso qualunque cosa che Silente si stava riferendo agli Schiopodi.

Madame Maxime aveva un’aria insicura, come se dubitasse che qualunque insegnante di Cura delle Creature Magiche di Hogwarts fosse all'altezza dell'incarico: «I miei destrieri hanno bisogno di... ehm... una mano descisa. Loro sono tanto forti...»

Gli studenti ridacchiarono. Ad Hagrid poteva mancare tutto tranne che la forza.

Silente sorrise: «Le assicuro che Hagrid se ne occuperà con competenza.»

Madame Maxime fece un piccolo inchino: «Très bien. Voleva dire a questo Agrid che i scevalli bevono solamonte whisky di malto, s'il vous plaît?»

Silente restituì l’inchino: «Provvederemo.»

Madame Maxime si rivolse imperiosa ai suoi studenti ordinando loro di salire, mentre la folla di Hogwarts si dischiuse per lasciarli salire le scale di pietra.

Rimasero lì, tremando un po', ad aspettare l'arrivo della compagnia di Durmstrang. Quasi tutti guardavano il cielo in attesa. Per qualche minuto, il silenzio fu rotto solo dagli sbuffi e dallo scalpitio dei grossi cavalli di Madame Maxime. Ma poi un suono forte e stranamente misterioso iniziò ad udirsi nell'oscurità. Un rombo e un risucchio soffocato, come se un immenso aspirapolvere avanzasse lungo il letto di un fiume.

Lee Jordan urlò: «Il lago! Guardate il lago!»

Dalla loro postazione in cima ai prati che sovrastavano il parco, potevano vedere chiaramente la liscia superficie nera dell'acqua, solo che all'improvviso non fu più affatto liscia. Al centro, in profondità, c'era una strana turbolenza; grandi bolle si formavano in superficie, ondate si abbattevano sulle rive fangose... e poi, proprio al centro del lago, apparve un vortice, come se un tappo gigante fosse appena stato tirato via dal fondo... infine, una cosa che sembrava un lungo palo nero prese ad affiorare lentamente dal cuore del vortice.

Kaito guardò la scena con occhi sbarrati: «Non ci credo... quella è...»

Lenta e maestosa, la nave sorse dalle acque, splendente nella luce lunare. Aveva un'aria stranamente scheletrica, come se fosse la vittima risuscitata di un naufragio, e le fioche luci nebulose che scintillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Alla fine, con un gran sciabordio, la nave emerse del tutto, galleggiando sull'acqua agitata, e prese a scivolare verso la riva.

Ginny rimase a fissarla con gli occhi fuori dalle orbite, poi trovò il coraggio di parlare.

«Kaito?»

«Sì?»

«Odio quando hai ragione.»

«Ma io scherzavo!»

«Lo so. Ti odio ancora di più per questo.»

Qualche istante dopo, udirono il tonfo di un'ancora gettata in un fondale basso, e il rumore di una passerella che veniva abbassata sulla riva. I passeggeri sbarcarono; i ragazzi videro le sagome passare davanti alle luci dei boccaporti. Tutti davano l’impressione, a prima vista, di essere di grossa stazza, ma poi, mentre si avvicinavano, risalendo i prati nella luce che si riversava fuori dalla Sala d'Ingresso, si poteva notare che in realtà era un effetto ottico dovuto al fatto che indossavano mantelli di pelliccia ispida. Ma l'uomo che li guidava portava una pelliccia di un altro tipo; liscia e argentea, come i suoi capelli.

«Silente! Come stai, mio caro amico, come stai?»

«Benissimo, grazie, professor Karkaroff

Karkaroff aveva una voce leziosa, untuosa; quando entrò nel fascio di luce che dilagava dal portone del castello, tutti videro che era alto e sottile come Silente, ma i suoi capelli bianchi erano corti, e il pizzetto (che finiva con un piccolo ricciolo) non riusciva a nascondere del tutto il mento debole. Quando raggiunse Silente, gli strinse la mano tra le sue.

L’uomo guardò in su verso il castello, sorridendo con denti giallastri: «Cara vecchia Hogwarts... com'è bello essere qui, com'è bello...»

Kaito ebbe però l’impressione che quel sorriso non fosse veramente sincero, tuttavia l’uomo continuò: «Viktor, vieni dentro, al caldo... non ti dispiace, Silente? Viktor ha un po' di raffreddore...»

Karkaroff spinse avanti uno dei suoi studenti, un ragazzo dal grosso naso ricurvo e folte sopracciglia nere. Molti iniziavano a vociferare qualcosa.

«È Krum!»

Kaito alzò il sopracciglio: «Chi?»

Sheridan fece un gesto di stizza con la mano: «Oh, solo uno dei più grandi giocatori di Quidditch.»

Il prestigiatore alzò le spalle: «Ah, ecco.»

Mentre riattraversavano la Sala d'Ingresso con gli altri studenti di Hogwarts, diretti alla Sala Grande, Kaito notò un gran fermento intorno a sé per il nuovo arrivato. Molte ragazze cercavano rossetti o penne per farsi fare autografi, ma anche i maschi non erano da meno.

«Io voglio avere il suo autografo, se ci riesco. Non è che hai una penna, eh, Harry?»

«No, Ron, sono di sopra nella borsa.»

Kaito gli porse una piuma d’oca, tirata fuori apparentemente dal nulla: «Eccola, ma auguri per la tua impresa, avrai tutta la scuola contro.»

Raggiunsero il tavolo di Grifondoro e presero posto. Gli alunni di Durmstrang erano ancora riuniti all’ingresso della Sala, apparentemente incerti su dove sedersi. Gli studenti di Beauxbatons si erano sistemati al tavolo di Corvonero e si guardavano intorno imbronciati. Tre di loro si stringevano ancora sciarpe e scialli attorno alla testa.

Kaito li guardò e annuì: «Posso capirli, qua in Inghilterra la temperatura è davvero bassa, d’inverno...»

Nicole fece una smorfia: «D’accordo, ma potevano anche portarsi qualcosa di più pesante!»

Il prestigiatore alzò un sopracciglio: «Sei sicura che la “signorina” avrebbe permesso loro d’indossare qualcosa al di fuori della divisa ordinaria? Mi dà l’idea di essere una che tiene molto alle apparenze, guarda solo com’è vestita lei...»

Intanto finalmente gli studenti di Durmstrang si erano seduti al tavolo di Serpeverde, togliendosi le pesanti pellicce e guardando in su verso il soffitto nero stellato con aria interessata; un paio presero i piatti e le coppe d'oro e li osservarono da vicino, apparentemente impressionati.

Su al tavolo dei docenti, Mastro Gazza, il guardiano, con un vecchio frac ammuffito in onore della circostanza, stava aggiungendo quattro sedie, due da ciascun lato di Silente. Kaito si chiese quanti professori le delegazioni straniere avessero portato con sé. Quando tutto fu pronto, gli insegnanti entrarono, raggiunsero in fila il tavolo più lontano e si sedettero. Il professor Silente, il professor Karkaroff e Madame Maxime furono gli ultimi. Quando apparve la loro Preside, gli allievi di Beauxbatons scattarono in piedi. Alcuni studenti di Hogwarts risero. Il gruppo di Beauxbatons non sembrò minimamente imbarazzato, e nessuno tornò a sedere se non dopo che Madame Maxime ebbe preso posto alla sinistra di Silente. Quest'ultimo però rimase in piedi e il silenzio calò sulla Sala Grande.

«Buona sera, signore e signori, fantasmi e, soprattutto, ospiti. È un grande piacere per me darvi il benvenuto qui a Hogwarts. Spero e confido che la vostra permanenza qui sarà tanto comoda quanto piacevole».

Una delle ragazze di Beauxbatons che si stringeva ancora uno scialle attorno alla testa scoppiò in un'inconfondibile risatina di scherno.

«Il Torneo verrà ufficialmente inaugurato alla fine del banchetto. Ora vi invito tutti a mangiare, bere e a fare come se foste a casa vostra!»

A quel punto Silente sedette, e subito Karkaroff intavolò una conversazione con lui.

I piatti davanti a loro si riempirono di cibo come al solito. Gli elfi domestici giù nelle cucine sembravano aver dato fondo a tutte le loro capacità; davanti a loro c'era una varietà di pietanze molto più ricca del solito, comprese alcune che erano decisamente straniere e che Kaito riconobbe grazie alla passione per i viaggi di sua madre.

La Sala Grande sembrava molto più affollata del solito, anche se c'erano una ventina scarsa di studenti in più; forse era perché le uniformi di colore diverso spiccavano contro il nero della divisa di Hogwarts. Ora che si erano tolti le pellicce, gli studenti di Durmstrang apparvero vestiti di un intenso rosso sangue.

Hagrid sgattaiolò nella Sala passando per una porta dietro il tavolo degli insegnanti venti minuti dopo l'inizio del banchetto. Scivolò al suo posto in fondo e salutò Harry, Ron e Hermione con una mano pesantemente fasciata.

Harry gridò: «Gli Schiopodi stanno bene, Hagrid?»

«Benissimo.»

Kaito sospirò: «Gli Schiopodi forse sì, lui probabilmente un po’ meno...»

In quel momento una voce disse: «Mi scusa, voleva prondere la bouillabaisse...»

Era la ragazza di Beauxbatons che aveva riso durante il discorso di Silente. Si era tolta lo scialle: una cascata di capelli di un biondo argenteo le scendeva fin quasi alla vita. Aveva grandi occhi di un azzurro intenso e denti candidi e regolari.

Molti ragazzi, ma Ron in particolare, diventarono paonazzi. Anche Kaito non rimase indifferente alla bellezza della ragazza, ma qualcosa in lei sembrava quasi stonare, nonostante l’apparente perfezione. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, sapeva solo che in lei c’era qualcosa di strano e allo stesso tempo familiare.

Quando si fu allontanata con quanto richiesto, Kaito realizzò. Era la stessa sensazione che aveva provato quando aveva conosciuto Akako, di una bellezza innaturalmente perfetta e, dunque, che suscitava in lui una naturale repulsione. Forse usavano lo stesso incantesimo per affascinare gli uomini, quello da cui Kaito già sapeva di essere immune.

In quel momento Fred e George, seduti a qualche posto di distanza, cercarono di attirare la sua attenzione verso il tavolo degli insegnanti. I due posti ancora vuoti erano stati appena occupati. I due gemelli fissavano con insistenza l’uomo vicino a Karkaroff, ma Kaito non comprese cosa volessero dirgli.

Quando i piatti d'oro furono ripuliti, Silente si alzò di nuovo. Una piacevole tensione parve diffondersi nella Sala. Parecchi posti più in là, Fred e George erano tesi in avanti e fissavano Silente con grande concentrazione.

«Il momento è giunto, il Torneo Tremaghi sta per cominciare. Vorrei dire qualche parola di presentazione prima di far entrare il forziere...»

L’istinto di ladro di Kaito fece per un attimo capolino. Forziere? Di un tesoro, magari?

«... solo per chiarire la procedura che seguiremo quest'anno. Ma prima di tutto lasciate che vi presenti, per coloro che non li conoscono, il signor Bartemius Crouch, Direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale e il signor Ludo Bagman, Direttore dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici.»

Se gli applausi per il primo erano stati tiepidi, per il secondo furono decisamente più numerosi, anche se Kaito non ne comprendeva il motivo. Lui rispose con un cenno gioviale della mano, mentre Bartemius Crouch non sorrise né salutò quando venne annunciato il suo nome.

«Il signor Bagman e il signor Crouch hanno lavorato instancabilmente negli ultimi mesi per mettere a punto il Torneo Tremaghi e si uniranno a me, al professor Karkaroff e a Madame Maxime nella giuria che valuterà gli sforzi dei Campioni.»

Alla parola “Campioni”, l'attenzione degli studenti in ascolto parve ridestarsi.

Forse Silente aveva notato la loro improvvisa immobilità, perché sorrise dicendo: «Ora il forziere, prego. Mastro Gazza.»

Gazza, che era appostato seminascosto in un angolo remoto della Sala, si avvicinò a Silente, trasportando un grosso baule di legno tempestato di pietre preziose. Sembrava molto antico. Un mormorio eccitato di interesse si levò dagli studenti in attesa; Dennis Canon salì addirittura sulla sedia per vederci bene, ma, essendo così piccolo, la sua testa sovrastava a stento quelle degli altri.

«Le istruzioni per le prove che i Campioni affronteranno quest'anno sono già state prese in esame dal signor Crouch e dal signor Bagman ed essi hanno preso i provvedimenti necessari. Le sfide saranno tre, distribuite nell'arco dell'anno scolastico, e metteranno alla prova i Campioni in molti modi diversi... la loro perizia magica, la loro audacia, i loro poteri deduttivi e, naturalmente, la loro capacità di affrontare il pericolo.»

A quest'ultima parola, la Sala fu invasa da un silenzio così assoluto che sembrava che tutti avessero smesso di respirare.

«Come sapete, tre Campioni gareggiano nel Torneo, uno per ogni scuola. Essi otterranno un punteggio in base all'abilità dimostrata in ciascuna delle prove del Torneo e il campione che avrà totalizzato il punteggio più alto dopo la terza prova vincerà la Coppa Tremaghi. I Campioni verranno designati da un selezionatore imparziale... il Calice di Fuoco.»

Silente estrasse la bacchetta e batté tre volte sul cofano. Il coperchio si aprì lentamente con un cigolio. Silente infilò la mano all'interno ed estrasse una grossa coppa di legno rozzamente intagliata. Sarebbe sembrata del tutto comune, se non fosse stata colma fino all'orlo di fiamme danzanti blu e biancastre.

Silente chiuse il forziere e pose delicatamente il Calice sul coperchio: da lì sarebbe stato ben visibile a tutti.

«Chiunque desideri proporsi come campione deve scrivere a chiare lettere il suo nome e quello della sua scuola su un foglietto di pergamena e metterlo nel Calice. Gli aspiranti Campioni hanno ventiquattr'ore per farsi avanti. Domani sera, la sera di Halloween, il Calice restituirà i nomi dei tre che avrà giudicato più meritevoli di rappresentare le loro scuole. Il Calice verrà esposto stasera nella Sala d'Ingresso, dove sarà liberamente raggiungibile per tutti coloro che desiderano gareggiare. Per garantire che nessuno studente di età inferiore a quanto richiesto cada in tentazione, traccerò una Linea dell'Età attorno al Calice di Fuoco una volta che sarà stato posto all'Ingresso. Nessuno al di sotto dei diciassette anni potrà varcare questa linea. Infine, vorrei ricordare a tutti coloro che desiderano partecipare che il Torneo non va affrontato con leggerezza. Una volta che un campione sarà stato scelto dal Calice di Fuoco, lui o lei sarà tenuto a partecipare al Torneo fino alla fine. Inserire il vostro nome nel Calice costituisce un contratto magico vincolante. Non è concesso di cambiare idea una volta diventati Campioni. Vi prego dunque di essere molto sicuri di voler prendere parte alla gara, prima di mettere il vostro nome nel Calice. Ora, credo che sia il momento di andare a dormire. Buonanotte a voi tutti.»

Mentre tutti si dirigevano verso la Sala d'Ingresso, Fred aveva gli occhi scintillanti: «Una Linea dell'Età! Be', si dovrebbe riuscire a imbrogliarla con una Pozione Invecchiante, no? E una volta che i nomi sono nel Calice, è fatta... lui non è in grado di stabilire se hai diciassette anni o no!»

Hermione replicò: «Ma io credo che nessuno sotto i diciassette anni abbia uno straccio di possibilità, non ne sappiamo ancora abbastanza...»

Kaito annuì: «Concordo. Nel mio caso, anche se ne hai diciotto.»

George sembrava pronto a ribattere, ma si rese quasi subito conto di aver perso parte del gruppo. Voltandosi, notò Karkaroff fissare intensamente Harry e dirgli qualcosa, ma quasi immediatamente fra i due si frappose Moody. Quella curiosa situazione mise prepotentemente fine alla discussione.

 

 

Di sabato, in genere, quasi tutti gli studenti facevano colazione tardi. Invece quella mattina c'erano già una ventina di persone che girellavano, mangiando toast e osservando il Calice di Fuoco. Stava nel centro della Sala, sullo sgabello che di solito reggeva il Cappello Parlante. Una sottile linea d'oro circolare era disegnata per terra, a circa tre metri dallo sgabello. Kaito faceva da palo all’ingresso della Sala, fino a quando non vide Fred, George e Lee Jordan che correvano giù dalle scale, tutti e tre molto eccitati.

«Via libera, Silente non c’è.»

«Sei sicuro di non volerci provare, Kaito? Tu avresti l’età giusta, senza nemmeno dover ricorrere a trucchi.»

«Sicurissimo, ma farò il tifo per voi. Avanti, andate!»

Il prestigiatore li seguì pigramente, mentre si avvicinavano ai compagni di Grifondoro. Il ragazzo li ascoltò, mentre loro spiegavano il loro piano: una goccia di Pozione Invecchiante avrebbe dovuto permettere loro d’ingannare i controlli.

Fred andò per primo. Estrasse dalla tasca un foglietto di pergamena con scritto sopra “Fred Weasley – Hogwarts”, avanzò fino alla linea, e lì rimase, dondolandosi sulle punte dei piedi come un tuffatore che si accinge a un volo di quindici metri. Poi, con gli occhi di tutti i presenti puntati addosso, trasse un gran respiro e superò la linea.

Per un solo istante, Kaito fu convinto che avesse funzionato. George lo pensò di sicuro, perché emise un ululato di trionfo e seguì il fratello con un balzo, ma un attimo dopo si udì un forte sfrigolio, ed entrambi i gemelli furono espulsi dal cerchio d'oro come se fossero stati scagliati da un invisibile lanciatore del peso. Atterrarono doloranti a tre metri di distanza sul freddo pavimento di pietra, poi, come se non bastasse, risuonò una forte esplosione ed entrambi si videro spuntare due identiche lunghe barbe bianche. La Sala d'Ingresso rimbombò di risate, a cui si aggiunsero anche quelle di George e Fred, non appena si furono guardati bene in faccia.

«Vi avevo avvertiti.»

Tutti si voltarono mentre il professor Silente usciva dalla Sala Grande. Scrutò Fred e George con gli occhi che scintillavano: «Suggerisco a entrambi di andare da Madama Chips. Si sta già occupando della signorina Fawcett di Corvonero e del signor Summers di Tassorosso: anche loro hanno deciso di invecchiarsi un po'. Anche se devo dire che le loro barbe non sono nemmeno remotamente belle come le vostre.»

Per fortuna Fred e George la presero piuttosto bene, anche se nulla impedì ai due di fatturare Lee nel percorso verso l’infermeria, per farlo smettere di ridere. Mentre Madama Chips si occupava delle loro barbe, Kaito, seduto su un letto, chiese: «Allora, ci riproverete?»

«Sicuramente. Abbiamo già un piano B.»

«Ovvero?»

«Tu.»

Kaito li guardò sorpresi: «Io? Ragazzi, vi ho già detto che non ho intenzione di partecipare...»

«E non te lo stiamo chiedendo. Vorremmo solo che tu mettessi per noi i nostri nomi nel Calice.»

«Tu hai diciotto anni, puoi tranquillamente superare la linea!»

Il prestigiatore li guardò indeciso: «Non so, ragazzi... non per voi, sia chiaro, ma forse Hermione non ha poi tutti i torti. Non vorrei che si trattasse di cose pericolose e non voglio avervi sulla coscienza. Scusatemi.»

Fred sospirò: «Pazienza, ci abbiamo provato. Abbiamo ancora tutto il giorno per inventarci un modo.»

«Giusto!»

Madama Chips annuì: «Almeno uno di voi tre ha del cervello in zucca, ragazzi. Ora per favore, raccogliete la lingua di Lee, che mi sta sbavando il pavimento, e filate a lezione, presto!»

 

 

Quella sera la Sala Grande illuminata dalle candele era quasi piena. Il Calice di Fuoco era stato spostato; ora si trovava davanti al posto di Silente al tavolo degli insegnanti. Fred e George non avevano trovato, alla fine, un metodo per potersi iscrivere, ma sembravano aver preso bene la delusione.

«Spero che sia Angelina.»

Sheridan annuì: «Anch'io!»

Kaito alzò le spalle: «Be', lo sapremo presto!»

Il banchetto di Halloween parve protrarsi più del solito. Tutti in realtà volevano soltanto che venisse sparecchiato per scoprire chi erano i Campioni designati.

E finalmente, i piatti d'oro tornarono immacolati come in origine; il rumore nella Sala crebbe bruscamente e scomparve quasi all'istante mentre Silente si alzava. Ai suoi lati, il professor Karkaroff e Madame Maxime sembravano tesi e ansiosi come chiunque altro. Ludo Bagman sorrideva e strizzava l'occhio a parecchi studenti. Il signor Crouch, invece, sembrava piuttosto indifferente, quasi annoiato.

«Bene, il Calice è quasi pronto a prendere le sue decisioni. Ritengo che abbia bisogno di un altro minuto. Ora, prego i Campioni che verranno chiamati di venire da questa parte della Sala, passare davanti al tavolo degli insegnanti ed entrare nella stanza accanto, dove riceveranno le prime istruzioni.»

Estrasse la bacchetta e tracciò un ampio gesto; tutte le candele tranne quelle all'interno delle zucche intagliate si spensero all'istante, sprofondando la Sala nella semioscurità. Il Calice di Fuoco ora splendeva più luminoso che mai, e lo sfavillio bianco e bluastro delle fiamme era quasi doloroso allo sguardo. Tutti lo fissavano, in attesa... qualcuno continuava a controllare l'orologio... poi le fiamme ridiventarono rosse all'improvviso. Dall'interno del Calice si sprigionarono scintille. Un attimo dopo, una lingua di fuoco dardeggiò nell'aria, un pezzetto di pergamena bruciato ne volò fuori... tutta la sala trattenne il respiro.

Silente afferrò il foglietto e lo tenne in mano col braccio teso, in modo da poter leggere alla luce delle fiamme, che erano tornate di un bianco bluastro.

«Il campione di Durmstrang è Viktor Krum

Una tempesta di applausi e urla invase la Sala. Viktor Krum si alzò dal tavolo di Serpeverde e si diresse goffo verso Silente; girò a destra, avanzò lungo il tavolo degli insegnanti e sparì oltre la porta che conduceva alla stanza accanto.

Karkaroff gridò così forte che tutti lo udirono, anche sopra gli applausi: «Bravo, Viktor! Lo sapevo che avevi la stoffa!»

I battimani e i commenti si spensero. L'attenzione si concentrò di nuovo sul Calice, che qualche istante dopo tornò a farsi rosso. Un secondo foglietto di pergamena ne schizzò fuori, sospinto dalle fiamme.

«Il campione di Beauxbatons è Fleur Delacour

Kaito rimase sorpreso nello scoprire che era la ragazza con lo stesso potere di Akako. Che avesse incantato persino il Calice?

Quando anche Fleur Delacour fu scomparsa nella sala accanto, calò di nuovo il silenzio, ma questa volta era un silenzio carico di un'eccitazione quasi palpabile. Era la volta del campione di Hogwarts...e il Calice di Fuoco divenne ancora una volta rosso; scintille ne piovvero fuori; la lingua di fuoco scattò alta nell'aria, e dalla sua punta Silente prese il terzo pezzetto di pergamena.

«Il campione di Hogwarts è Cedric Diggory

Ogni singolo Tassorosso era balzato in piedi, urlando e saltando, mentre Cedric avanzava tra i compagni, con un gran sorriso sul volto, e si dirigeva verso la stanza dietro il tavolo degli insegnanti.

I Malandrini alzarono le spalle: «Peccato per Angelina, ma anche lui può andare.»

In verità l'applauso per Cedric durò tanto a lungo che Silente ci mise un po' a farsi sentire di nuovo.

«Ottimo! Bene, ora abbiamo i nostri tre Campioni. Sono certo di poter contare su tutti voi, compresi gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang, perché diate ai vostri Campioni tutto il sostegno che potete. Acclamando il vostro campione, contribuirete in modo molto...»

Ma Silente s'interruppe all'improvviso, e tutti capirono che cosa lo aveva distratto.

Il fuoco nel Calice era tornato rosso. Le scintille sprizzarono. Una lunga fiamma dardeggiò repentina nell'aria, e su di essa galleggiava un altro foglietto di pergamena.

Automaticamente, così parve, Silente tese la lunga mano e afferrò la pergamena. La allontanò da sé e lesse il nome. Per un lunghissimo istante, Silente fissò il foglietto, e tutta la Sala fissò Silente. Poi il Preside si schiarì la voce e lesse:

«Harry Potter.»

Harry rimase là dov'era, esterrefatto. Non ci furono applausi. Un brusio come di api infuriate invase la Sala; alcuni studenti si alzarono per vedere meglio Harry, seduto al suo posto come paralizzato.

Al tavolo degli insegnanti, la professoressa McGranitt era scattata in piedi e aveva oltrepassato rapida Ludo Bagman e il professor Karkaroff per parlottare concitata col professor Silente, che tese l'orecchio verso di lei, accigliato.

Harry si voltò verso Ron e Hermione, mentre tutti i Grifondoro che lo fissavano a bocca aperta.

Harry disse con aria assente: «Non ho messo il mio nome nel Calice. Voi lo sapete che non l'ho fatto.»

Al tavolo principale, il professor Silente si era alzato in piedi e aveva fatto un cenno alla professoressa McGranitt.

«Harry Potter! Harry! Vieni qui, per favore!»

Harry si alzò, inciampò nell'orlo dell'abito e barcollò un po'. S'incamminò lungo lo spazio tra il tavolo di Grifondoro e quello di Tassorosso. Il brusio divenne sempre più intenso, mentre Harry seguiva gli altri Campioni.

Nella Sala scese il caos. Fred e George, dopo un attimo di sgomento, si voltarono all’unisono verso Kaito.

«Per noi no, ma per lui sì, vero?»

Il prestigiatore li guardò confusi: «Cosa...»

«Harry è stato chiaro. Lui non ha messo il suo nome nel Calice. Dei suoi amici, tu sei l’unico che avrebbe potuto farlo per lui.»

Il prestigiatore li guardò sconvolto: «Ma come potete pensare una cosa del genere?»

«Era un’occasione unica nella vita, sapevi quanto ci tenessimo!»

«Ma certo che lo sapevo! Non sapevo che Harry ci tenesse in modo particolare...»

«Storie! Lui voleva andare e gli hai fatto questo favore, nonostante fosse addirittura più piccolo di noi! Ci hai traditi! Hai tradito il nostro patto segreto!»

Kaito iniziò ad inalberarsi: «Ma non è vero! Se me lo avesse chiesto, avrei detto a lui quello che ho detto a voi! E certamente non lo avrei messo a sua insaputa! Era sorpreso come tutti noi, glielo si leggeva in faccia!»

Sheridan provò a intervenire: «Dai, ragazzi, ragionate: sapete benissimo che Kaito non...»

Fred la interruppe subito: «Sappiamo che Kaito non è la persona che pensavamo che fosse. E se lo difendi, neppure tu, Sheridan.»

Kaito perse le staffe: «Ah, è così che la pensate? Bene! Fate i miei migliori auguri a Harry, ne avrà bisogno!»

Il ragazzo si alzò, abbandonando la Sala. George fece un cenno a Sheridan.

«Bè? Non segui il tuo amico?»

La ragazza scosse la testa: «Siete due sciocchi, spero solo che ve ne accorgiate.»

E anche lei uscì dalla Sala.

 

E rieccoci qua! Auguri di un anno magico a tutti! Questa volta dovrei avervi fatto attendere un pochino meno il nuovo capitolo, e sono costretta nuovamente a scusarmi. È vero, mi sono laureata (incredibile ma vero!), e pensavo di passare il mio tempo da disoccupata a scrivere... poi è successa una vera e propria magia, di quelle da votone persino dalla McGranitt: ho trovato lavoro in quattro giorni. Quindi sì, continuerò a scrivere, non temete, solo che i tempi rimarranno più o meno questi.

Dunque, altro bel capitolone per introdurre finalmente il Torneo Tremaghi, e come annunciato Kaito non parteciperà. Forse per qualcuno di voi sarà una delusione, ma sinceramente è già un Torneo Tremaghi con quattro partecipanti, cinque mi sembravano decisamente troppi e la soluzione mi pareva troppo banale. Come vedete, però, il nostro prestigiatore ha molto altro da fare e il suo sguardo da spettatore ci farà vedere queste gare da una prospettiva diversa e spero interessante. A questo proposito spero di non essere andata OOC con il personaggio all’inizio del capitolo: so che Kaito è una persona ottimista, allegra e solare, ma credo che una botta come quella dello scorso capitolo avrebbe lasciato tutti un po’ sconvolti. Piano piano recupererà il suo solito modo di fare.

Ringrazio come sempre per i commenti (positivi, per fortuna, per lo scorso capitolo non ero così convinta) Lunaby, SuorMaddy2012, sophi33, fenris, _happy_04 e Tsuki no Sasuke.

Nel prossimo capitolo avremo due importanti scontri: due gemelli orgogliosi contro un prestigiatore testone e, secondariamente, i Campioni contro i loro Draghi. Come finirà?

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 34
*** Ciò che non si dice ***


Ciò che non si dice

 

Sheridan sospirò, entrando nella Sala Grande. Fred e George erano ancora a parlottare con Lee, mentre Kaito se ne stava, dall’altro lato del tavolo, a discutere con i suoi compagni.

La ragazza si sedette fra i suoi compagni, ma Kaito notò subito l’aria malinconica.

«Che succede?»

Sheridan si limitò a fare un cenno con la testa verso l’altro lato della tavolata: «Non credevo si sarebbe andato avanti così a lungo.»

Kaito alzò le spalle: «Sono dei bambini. Prima se ne renderanno conto, prima le cose andranno a posto.»

Momoka fece una smorfia: «E se non se ne rendessero conto?»

Kaito sorrise scuotendo la testa: «Lo faranno. Fanno gli scemi, ma non lo sono affatto. È il loro ego ad avere la meglio in questo momento, ma io so essere paziente. Riconosceranno di aver sbagliato.»

«Spero che sia come dici tu...»

 

Kaito all’apparenza non sembrava turbato dall’assenza dei gemelli nella sua routine quotidiana, ma nessuno meglio di Sheridan sapeva quanto il ragazzo fosse bravo a nascondere le apparenze. Nessuno tranne lui poteva davvero sapere cosa gli passasse per la testa, e se aveva deciso di fare finta di nulla sapeva essere testone almeno quanto i gemelli, se non anche di più.

Ora che passavano meno tempo dietro ai Malandrini, sia lui che Sheridan avevano molto più tempo da trascorrere insieme ai compagni di Casa. Forse fu anche a causa della maggiore disponibilità di Kaito che Thomas, all’uscita della Sala Grande, si decise a chiedergli una cosa che voleva domandare da un bel po’.

Il volto del prestigiatore s’illuminò, di una sincera gioia che Sheridan non vedeva sul suo volto da qualche tempo: «Ma certo che posso insegnarti qualche trucco di prestigio! Perché non me lo hai chiesto prima?»

Thomas sembrava quasi in imbarazzo: «Perché so che i prestigiatori sono molto gelosi dei loro segreti...»

«Vero, ma se si tratta di qualche trucchetto di base non c’è problema.»

E senza che nemmeno finisse di parlare, estrasse uno zellino dall’orecchio di Stephen.

«Ehi, e io che c’entro?»

Kaito alzò le spalle: «Passavi di qua... non ti va di condividere la tua fortuna con i tuoi amici?»

«Quale fortuna?»

«Questa!»

E iniziò a estrargli una marea di monetine dalle orecchie, dai capelli, dai vestiti... il tutto sotto gli occhi divertiti dei compagni, anche di altre Case.

Kaito notò subito la risata divertita dei Tassorosso, e senza indugio infilò una mano nella divisa di Matthew Zacleyn, il suo compagno di Babbanologia, e ne tirò fuori un mazzo di tulipani finti, che consegnò alla sua compagna di Casa Benedicta.

«Per te, Helen!»

Anche i Corvonero scoppiarono a ridere vedendo l’imbarazzo di Matthew. Ma, vulcanico come sempre, Kaito non si fermò ancora. Con un rapido gesto della mano e del braccio, fece comparire un cilindro nero, e altrettanto rapidamente ci estrasse un piccolo coniglio bianco, che tremava spaventato.

«Vuoi tenerlo tu, Luna?»

La ragazza lo prese intenerita: «Lo proteggerò dai Gorgosprizzi

«Brava! Allora, Thomas, se ti puoi accontentare di queste cosucce, sarò ben lieto d’insegnartele.»

Il ragazzo annuì con vigore, e subito qualche altro ragazzo di Tassorosso e Corvonero chiese di potersi unire a lui. Ma mentre Kaito gestiva tutta quella popolarità, due Serpeverde lo guardavano in disparte, uno dei quali con evidente disgusto.

«Phuà! Che vergogna! Guardali, tutti intorno a quel Sanguesporco che insulta la magia! Dovrebbero arrestarlo, non elogiarlo! Non è vero, Corgeuse

L’altro ragazzo sospirò: «Certo, Farmet...»

Ma i suoi occhi non si staccavano dal coniglietto bianco fra le mani della Lovegood e dal ragazzo che l’aveva fatto apparire.

 

Nel pomeriggio tutti i Grifondoro del terzo anno si ritrovarono nel Salone d’Ingresso per andare ad Erbologia.

Kaito sospirò: «Allora, la pazza sparla ancora di me?»

Ginny e Nicole lo guardarono scandalizzate: «Kaito! Non puoi chiamare così la professoressa Cooman

Tutti gli altri compagni di Casa ridacchiarono mentre Kaito, con atteggiamento volutamente infantile, rispondeva a braccia incrociate e a occhi chiusi: «Ha cominciato lei, mica io...»

Fu forse per questo che non si accorse della mano ferma e gentile che si era appoggiata sulla spalla e che trasalì quando una voce familiare gli sussurrò all’orecchio: «Kaito Kuroba?»

Il prestigiatore si voltò di scatto, impiegando qualche secondo a riconoscere chi lo aveva chiamato: «Signor Olivander

L’uomo sorrise gentilmente. Il ragazzo lo guardò perplesso. Cosa ci faceva lì?

A toglierlo dall’imbarazzo ci pensò la professoressa McGranitt, che si trovava alle spalle dell’artigiano: «Signor Olivander, per la pesa delle bacchette faremo radunare gli studenti da questa parte...»

L’uomo annuì: «Certamente, vorrei solo approfittare dell’occasione per dire un paio di parole al signor Kuroba, in privato.»

La professoressa sembrò leggermente indispettita, ma non si oppose.

«Bene. Allora...»

Il suo sguardo indugiò per un momento sul gruppo di Grifondoro, poi con un sospiro decise: «Canon, vai a chiamare Potter. Dovrebbe star svolgendo la lezione di Pozioni nei sotterranei. Di’ al professor Piton che è una richiesta specifica del signor Bagman, e che dovrà portare con sé tutte le sue cose, perché le foto dei Campioni andranno per le lunghe.»

Colin s’illuminò: «Volo, professoressa!»

La donna alzò per un attimo gli occhi al cielo: «Spero che l’entusiasmo di quel ragazzo sia più forte della... caparbietà del professor Piton...»

Mentre gli altri Grifondoro trattenevano a stento una risata, Olivander prese con gentilezza Kaito per un braccio e lo trascinò qualche passo più in là.

«Tutto bene con la sua bacchetta?»

Kaito la prese in mano: «Oh sì, tutto a posto!»

Olivander prese la sua figliola fra le mani e la rigirò un pochino, incuriosito: «Non le ha dato problemi? Neanche una volta?»

Il ragazzo sorrise: «Per i primi mesi non sembrava proprio avere intenzione di obbedirmi, ma dopo novembre del primo anno ha sempre funzionato alla perfezione.»

L’artigiano lo guardò con una strana luce negli occhi, e Kaito ebbe l’impressione, come tre anni prima nel suo negozio, che cercasse di leggergli l’anima. Poi gli restituì la bacchetta.

«Capisco, dunque pare non ci sia da preoccuparsi. Speravo di incontrarla in questa mia visita ad Hogwarts, signor Kuroba. Ho ritrovato nel mio negozio qualcosa che penso potrebbe interessarle.»

«A me?»

L’uomo tirò fuori dalla tasca un piccolo pezzo di pergamena e glielo porse. Era ingiallito e piegato in due, ma ben conservato. Kaito lo aprì curioso e non riuscì a trattenere un sussulto di sorpresa.

 

Io sottoscritto Kuroba Toichi dichiaro di aver lasciato in consegna al signor Olivander Garrick la quantità di legno di abete bianco sufficiente alla costruzione di una bacchetta, che verrò a ritirare a lavoro concluso.

In fede,

Kuroba Toichi

 

Kaito fissò stupito quel pezzo di pergamena, facendo passare gli occhi più e più volte su ogni segno d’inchiostro, su ogni ghirigoro, pronto a cercare qualunque segno di falsificazione. Non ne trovò.

Olivander sorrise: «Immaginavo che le sarebbe interessato e mi sembrava giusto lo avesse lei. Dopotutto, la bacchetta creata dal legno lasciatomi in custodia ora è di sua proprietà, a me questa ricevuta non serve più.»

Il prestigiatore fece appello alla sua faccia da poker per nascondere la commozione: «Grazie.»

«Ora mi scusi, ma il tempo delle chiacchiere per me è concluso. Ho delle bacchette da pesare e credo che anche lei abbia di meglio da fare che stare qui a discutere con me.»

«La professoressa Sprite! Devo andare! Grazie ancora!»

«Di nulla, buona giornata, signor Kuroba.»

«Buona giornata anche a lei!»

Correndo verso l’uscita del castello, Kaito infilò di corsa la ricevuta nella tasca interna della divisa. Per quanto quelle poche righe mettessero fine a qualunque speranza potesse ancora avere sull’effettiva non appartenenza di suo padre al mondo dei maghi, in fondo era anche felice di averle lette. Accarezzò con dolcezza la sua bacchetta, quella bacchetta che in fondo era l’ultimo regalo di suo padre. Poi, per non farsi sopraffare dalla nostalgia, s’infilò nella serra imponendosi di non pensarci più.

 

Kaito ovviamente non disse nulla del discorso avuto con Olivander e Sheridan, per quanto fosse curiosa, si trattenne dal fargli domande. Di ritorno dalla serra di Erbologia, si concentrò piuttosto sulle strane spillette esibite da molti studenti in Sala Grande.

«Hermione è riuscita a fare entrare tutte quelle persone nel CREPA?»

Kaito alzò gli occhi al cielo. La mitica CREPA, l’associazione fondata dalla ragazza più secchiona della scuola in difesa dei diritti degli Elfi Domestici. Sia lui che Sheridan le avevano preso la spilletta, Kaito perché nei principi non aveva nulla in contrario, Sheridan purché smettesse di tormentarla, ma poi nessuno dei due si era più interessato al progetto, abbandonando il segno dell’appartenenza all’associazione in qualche angolo sperduto del proprio baule.

Il prestigiatore indicò col pollice la tavolata dove erano esibite più spillette: «Sheridan... Serpeverde associati al CREPA? Non ci crederei neanche dopo un incantesimo Confundus

«E allora cosa sono?»

«Dammi solo un attimo... e coprimi.»

La ragazza cercò di fare finta di niente mentre Kaito estraeva dalla manica un piccolo cannocchiale e lo puntava sul più vicino Serpeverde.

«Allora, che c’è scritto?»

Kaito rimise via l’attrezzatura: «Niente di buono per Harry, temo.»

Dopo la cena, Sheridan e Kaito si misero a discutere in un angolino della Sala Comune.

«Dunque... abbiamo delle spillette con la scritta “TIFATE PER CEDRIC DIGGORY

IL VERO CAMPIONE DI HOGWARTS! POTTER FA SCHIFO”.»

«Conosci la magia che possono avere usato per crearle?»

Sheridan fece una smorfia: «No, ma ho un’amica al quinto anno di Corvonero che potrebbe saperlo... perché? Hai in mente qualcosa?»

La faccia di Kaito era inequivocabile: «Penso proprio di sì, e con poca fatica...»

Il volto di Sheridan per un attimo si rabbuiò e il prestigiatore, intuendo cosa le passasse per la testa, le sorrise: «I Malandrini sono sempre in attività, Momoka, qualunque cosa succeda.»

«Quindi i Malandrini esistono ancora?»

«Certo che sì! Possiamo dividerci, separarci, litigare e riconciliarci, ma nel nostro cuore gli intenti che ci hanno unito saranno sempre presenti. E anche quei due testoni sono amici di Harry e non farebbe loro piacere se continuassero a trattarlo così. Giusto?»

La ragazza sorrise tristemente: «Giusto. Allora domani chiedo.»

«Brava.»

«Ehm... Kaito? Disturbo?»

Lupus in fabula, pensò Kaito.

«Assolutamente no, Harry! Dimmi!»

Il ragazzo sembrò un po’ imbarazzato e Kaito si limitò ad annuire.

«Scusa, Sheridan...»

Momoka sorrise comprensiva: «Non vi preoccupate. Ci vediamo dopo!»

E mentre Sheridan andava a raggiungere Ginny, Harry ne prese il posto e porse a Kaito una lettera, senza dire una parola ma con uno sguardo serio. Senza aggiungere nulla, il prestigiatore la prese e si accinse a leggere.

 

Harry,

Non posso dire tutto quello che vorrei per lettera, è troppo rischioso nel caso che il gufo venga intercettato: dobbiamo parlare, faccia a faccia. Puoi fare in modo di trovarti da solo vicino al fuoco nella Torre di Grifondoro il 22 novembre all'una di notte?

So meglio di chiunque altro che sei in grado di badare a te stesso, e finché Silente e Moody sono nelle vicinanze non credo che nessuno possa farti del male. Comunque, pare che qualcuno ci stia provando sul serio. Farti partecipare al Torneo è stata una mossa molto azzardata, soprattutto sotto il naso di Silente.

Stai in guardia, Harry. Avvertimi subito se succede qualcosa di strano. Per il 22 novembre, fammi sapere al più presto.

Sirius

P.s. se riesci salutami Kaito, lui sa perché.

 

Harry fece un mezzo sorriso: «Hai impegni il 22?»

 

Harry rispose a Sirius. Scrisse che si sarebbe trovato davanti al fuoco della Sala Comune all'ora concordata, e lui, Hermione e Kaito passarono molto tempo a studiare piani per costringere eventuali intrusi a uscire dalla Sala Comune la notte in questione. Hermione propose, nella peggiore delle ipotesi, di lanciare un sacchetto di Caccabombe, ma era rischioso, Gazza li avrebbe scuoiati vivi. Kaito sperava ancora di poter trovare una soluzione diversa, ma si rendeva conto che, soprattutto dopo l’articolo di Rita Skeeter, che metteva entrambi gli amici coinvolti sotto una luce distorta e altamente criticabile, nessuno dei due probabilmente avrebbe avuto la testa di inventarsi dei grandi piani d’azione.

Tuttavia qualcosa, il sabato prima della prova del Torneo, lo distrasse dai suoi pensieri.

 

«Hogsmeade? E che cos’è?»

Ginny sembrava seriamente intenzionata a tirargli un pugno sul naso per l’estenuazione: «Come cos’è? È il più grande villaggio magico dell’Inghilterra!»

«Ah, ok. Non sembra male.»

La ragazza si inalberò ancora di più: «Non sembra male??? Ci sono i negozi migliori, c’è Mielandia, Zonko, Mondomago...»

Sheridan interruppe il suo sproloquio: «Piuttosto, tu non hai ricevuto l’anno scorso l’autorizzazione per i genitori? Lì era tutto spiegato...»

«Ehm... no, sono maggiorenne, non credo mi serva l’autorizzazione...»

«Giusto, hai ragione. Ogni tanto me lo dimentico.»

«Non era un complimento.»

«Lo so.»

Alzando gli occhi al cielo, Kaito seguì pigramente i compagni verso l’uscita della scuola. Come pensava, fu l’unico a cui la McGranitt non chiese il permesso. Non sapeva bene cosa aspettarsi da questa Hogsmeade, ma quando ci arrivò dovette ammettere che era un posto per cui valesse bene una visita. Trascinato da tutti i suoi compagni di classe e da alcuni studenti di altre Case con cui evidentemente si stava formando una combriccola, ovvero Matthew, Helen, un altro loro compagno di Tassorosso di nome Johan Begum, Luna e un paio di sue compagne, Julie Barnes e Katie Harvey, si ritrovò in un posto affollatissimo e particolare chiamato Mielandia.

C'erano scaffali su scaffali di dolci e caramelle: blocchi di torrone cremoso, quadretti rosa lucenti coperti di glassa al cocco, mou color del miele; centinaia di tipi diversi di cioccolato disposti in pile ordinate; c'era un barile di Gelatine Tuttigusti + 1, e un altro di Api Frizzole; lungo un'altra parete c'erano le caramelle Effetti Speciali; la SuperPallaGomma di Drooble (che riempiva una stanza di palloni color genziana che si rifiutavano di scoppiare per giorni interi), i curiosi frammenti di Fildimenta Interdentali, le minuscole Piperille nere (“sputate fuoco davanti ai vostri amici!”), I Topoghiacci (“per far squittire i vostri denti!”), i Rospi alla Menta (“saltano nello stomaco come se fossero veri!”), fragili piume di zucchero filato e bonbon esplosivi.

A vedere tutto quello, Kaito ridacchiò: «E poi c’è gente che dice che gli inglesi non sono bravi a cucinare! Guarda qua che roba, se lo raccontassi a casa non ci crederebbe nessuno, nemmeno se portassi una foto!»

A quelle parole, affianco a Kaito si sentì il familiare suono di un flash: «Tranquillo, te le fornisco io!»

Il prestigiatore sospirò, mentre tutti gli altri scoppiavano a ridere: «Non avevo dubbi, Colin...»

Kaito dovette ammettere che passare il pomeriggio con quel bel gruppo di amici a gironzolare per negozi non gli fece pensare per un po’ alle sue mille faccende. Solo quando gli proposero di entrare da Zonko, il negozio di scherzi, gli tornò un po’ di malinconia e declinò l’invito. Tuttavia, quando si ritrovarono tutti stanchi e con i piedi doloranti ma soddisfatti a godersi un boccale di Burrobirra da Madama Rosmerta, a Kaito era sicuramente tornato il buonumore.

Luna esibì un gran sorriso: «Dovremmo incontrarci più spesso. È divertente.»

Johan annuì: «Hai proprio ragione.»

Thomas finì di bere il suo boccale, poi si rivolse a Kaito: «A proposito, quando facciamo la prima lezione di prestigio?»

Kaito lo corresse sovrappensiero: «Prestidigitazione...»

Ma più che al termine, stava pensando a un’altra piccola questione in sospeso.

«Avete impegni il 22?»

 

Sembrava tutto perfetto. Poteva mantenere la sua promessa e aiutare Harry allo stesso tempo! C’erano solo un paio di problemi, ma mentre per uno era bastata una seconda lettera di Harry a Sirius per anticipare l’orario del suo colloquio alle nove di sera, per l’altro particolare dovette discutere privatamente con la sua Malandrina di fiducia.

Sheridan alzò un sopracciglio: «Dovrei trattenere Fred e George? Ma sei pazzo? Sono settimane che non ci rivolgiamo la parola! Come dovrei fare?»

Kaito esibì una smorfia malandrina in piena regola: «Bè... sei brava a recitare?»

La sera del 22 novembre Sheridan maledisse l’abilità di Kaito nei travestimenti e pregava in cuor suo che sapesse come toglierle dalla faccia tutto quel trucco. Non aveva proprio intenzione di tenersi per tutta la vita il volto della professoressa Cooman, e quello scialle era proprio fastidioso, continuava a scivolarle giù dalle spalle. Ma come faceva "la pazza", come ancora la definiva Kaito, a tenerlo per tutto il giorno?

Fece un profondo respiro. Non le piaceva molto l’idea di mentire a due dei suoi migliori amici, ma era per una buona causa. E poi, a posteriori, l’avrebbero presa in giro per una vita, quindi sarebbero stati pari, no? Strinse forte la sfera che aveva con sé e, quando li sentì arrivare, la fece levitare e s’incamminò fingendo di scrutarla con attenzione borbottando e prestando attenzione che i gemelli la notassero.

«Ehi, la Cooman fuori dal suo ufficio?»

«Che strano...»

George tirò una gomitata al fratello: «Che dici, la seguiamo?»

Fred alzò le spalle: «Perché no? Non abbiamo di meglio da fare...»

Sheridan sospirò leggermente. Aveva attirato la loro attenzione. Ora doveva solo sperare di riuscire a portarli in giro abbastanza a lungo.

Kaito, intanto, fuori dalla Sala Comune di Grifondoro, si era messo a fare una lezione di prestidigitazione aperta a tutti, a cui partecipavano tutti i Grifondoro, Matthew, Helen, Johan, Luna, Julie, Katie, ma anche qualche altro loro compagno Tassorosso e Corvonero e persino un Serpeverde, nascosto in un angolo, stava a guardare senza intervenire. Kaito lo notò soltanto perché sembrava sfoggiare una primitiva ma efficace faccia da poker, nascondendo tutto quello che provava. Gli porse un fazzoletto chiedendogli: «Vuoi provare anche tu?»

Il ragazzo scosse la testa e rimase in silenzio. Kaito gli sorrise: «Come vuoi. Se cambi idea siamo sempre qua, Courgeuse

Il Serpeverde lo fissò sorpreso: «Ti ricordi di me?»

«Certo, siamo pur sempre compagni di classe, no?»

Il ragazzo rimase pensoso per un attimo, poi rispose: «Puoi chiamarmi Alexander, se vuoi.»

«E tu puoi chiamarmi Kaito. Dai, tienimi questo fazzoletto, che devo liberare Matthew dai fili... come caspita ha fatto ad annodarsi così?»

Alexander sorrise divertito. Dopotutto quello strano ragazzo aveva davvero un enorme potere magnetico.

E mentre Kaito cercava di liberare il compagno di Tassorosso imprigionato, con la coda dell’occhio vide Harry uscire dalla Sala Comune e alzare il pollice verso di lui.

«Bene, ragazzi, direi che per stasera può bastare. Vi faccio sapere quando sarà la prossima lezione, continuate ad esercitarvi e... Matthew, la prossima volta cominciamo con qualcosa di più facile, eh? Grazie a tutti!»

E mentre i compagni ridevano e si disperdevano, in un lampo Kaito sparì, per ricomparire dietro l’angolo di un corridoio dove Sheridan stava per voltare l’angolo. L’afferrò per un braccio e la trascinò via: «Grazie, ci penso io, nasconditi!»

Appena Fred e George voltarono l’angolo a loro volta, si trovarono davanti una professoressa Cooman piuttosto contrariata.

«Le forze oscure stanno per tornare.»

I gemelli rimasero sorpresi e si guardarono perplessi: «Ehm... buonasera professoressa.»

«Il mio Occhio Interiore mi ha detto cosa avete fatto.»

Fred ridacchiò: «Sarà stata una chiacchierata bella lunga, allora!»

«E soprattutto mi ha rivelato la disgrazia che sta per abbattersi su di voi...»

George alzò le spalle: «Come al solito...»

Ma i gemelli persero tutta la loro baldanza quando sentirono dietro l’angolo una voce familiare: «Perché vede, professor Piton, le punizioni non sono abbastanza severe...»

Fred sbiancò: «Gazza... via, via, via!»

E mentre i gemelli se la davano a gambe levate, Kaito tornò a prendere Sheridan e la smaterializzò nel bagno di Mirtilla Malcontenta per struccarla.

«Scusa ancora se ti ho coinvolta, era una cosa importante.»

Sheridan fece una smorfia mentre Kaito le staccava di netto il trucco: «Purtroppo non sono brava come te a imitare le voci.»

«Ma sei stata sufficientemente brava a tenere alta la loro curiosità per quasi mezz’ora.»

«Non è stato facile, ho dovuto inventarmi i giri più assurdi e i borbottii e i gridolini più strani... ma spiegami una cosa: come hai fatto a prevedere il passaggio di Gazza e Piton con così tanta precisione?»

Kaito sorrise, mentre dal lavandino alle spalle della ragazza usciva la voce di Mirtilla: «E chi ti dice che ci fossero davvero?»

Sheridan si voltò aspettandosi di vedere il fantasma, ma Mirtilla uscì dall’altra parte del bagno attraversando la parete: «Non mi piace che imiti la mia voce, Kaito.»

Il prestigiatore fece un piccolo inchino con la testa: «Scusa, Mirtilla.»

Sheridan li guardò sorpresa: «Sei pure ventriloquo? Ma c’è qualcosa che non sai fare?»

«Sì, volare sulla scopa.»

I due ragazzi risero, poi Kaito sorrise a Mirtilla: «Grazie per l’ospitalità, ora andiamo.»

«Tornate a trovarmi più spesso, mi annoio qua dentro.»

Sheridan sussurrò: «Non fatico a crederlo.»

Kaito annuì: «Contaci. A presto!»

E smaterializzò entrambi nel dormitorio.

Sheridan sospirò: «Abbiamo finito di aiutare Harry per stasera?»

Kaito tirò fuori un piccolo oggetto dalla tasca: «Stai scherzando, spero. Manca la parte più divertente!»

«Oh, giusto...»

 

Quella mattina Iulius Farmet si sedette al tavolo di Serpeverde tutto contento. Fu solo quando il suo compagno fece una faccia quantomeno perplessa che si preoccupò.

«Corgeus

Alexander indicò il petto del compagno: «Cos’è successo alla tua spilletta?»

Iulius abbassò lo sguardo. Invece della solita frase contro Potter, ora compariva la scritta “TIFATE PER I CAMPIONI DI HOGWARTS! IL SOTTOSCRITTO FA SCHIFO”.

Dopo un momento di smarrimento, Farmet iniziò a controllare anche quelle dei compagni, scatenando il panico fra i Serpeverde. Alexander tenne per sé di aver intravisto, al tavolo dei Grifondoro, due persone familiari darsi il cinque.

 

 

Ma alla fine, fra mille piccoli eventi di questo tipo, il tempo passava inesorabile e giunse inevitabilmente il giorno della prima prova del Torneo Tremaghi.

Kaito osservò di sottecchi Harry durante il pranzo. Sheridan seguì il suo sguardo.

«Secondo te ci arriva fino al giardino? Ha una faccia che sembra debba svenire da un momento all’altro...»

Il prestigiatore non se la sentì di darle torto. Harry era agitatissimo, nessuna faccia da poker avrebbe mai potuto aiutarlo con una tensione del genere. Si limitò a sorridergli e fargli un cenno d’incoraggiamento con la testa, ma il ragazzo non riuscì neppure a rispondere. Poco dopo la McGranitt lo portò via e solo a quel punto Kaito si rese conto di essere anche lui un po’ preoccupato per l’amico. Ne sarebbe uscito tutto intero?

Appena possibile, tutti i Grifondoro del secondo anno si avviarono verso il parco. Colin era armato di ben una borsa intera di rullini e nessuno, per una volta, gli disse nulla. Dopotutto, quando gli sarebbe capitata un’altra occasione del genere, per di più col suo eroe in campo?

«Ehi, hanno fatto le cose in grande!»

Erano state allestite delle enormi gradinate, grandi a sufficienza per ospitare tutta la numerosa scolaresca di Hogwarts, tutti gli studenti delle altre scuole e un discreto numero di altri ospiti. Molti ragazzi avevano cartelloni, striscioni e altre cose per poter fare il tifo al proprio campione favorito. I più imbarazzati erano chiaramente i Grifondoro, indecisi se fare del puro campanilismo o se tifare, più sportivamente, per entrambi i Campioni di Hogwarts. La maggior parte, come Ron e Hermione, ma anche Fred e George, non esibivano alcuno striscione e non gridavano come forsennati come i Serpeverde, i Tassorosso e i Corvonero. In quest’ultima Casa c’era ovviamente un’eccezione, l’inimitabile Luna, che come sempre aveva trovato un modo tutto suo per non fare torto a nessuno, esibendo con orgoglio un cappello con due pupazzi fatti a mano, da un lato un leone e dall’altro un tasso, cinti insieme da un legaccio con una spilla dell’emblema di Hogwarts. I suoi compagni non sembravano molto convinti della scelta della compagna, ma a Kaito, a parte per il risultato un po’ kitsch, piacque molto l’idea.

Ma escluso il pubblico variopinto, quella che più attirava l’attenzione era ovviamente la platea, dove, a parte uno steccato e due tende, spiccava una spianata di terra battuta con una zona centrale delimitata ma vuota. Troppo poco per poter capire la natura della prova.

Sheridan fece un sorriso molto tirato: «Mancano i pop corn ed è quasi come stare al cinema!»

Kaito sospirò: «Con attore sacrificale un amico.»

Momoka cercò di essere ottimista: «Adesso non esagerare! Sono pur sempre tutti studenti, non possono fare prove che davvero mettano a rischio la loro vita, non siamo più nel ‘700!»

Ma prima che Kaito potesse rispondere, Ludo Bagman prese la parola, con la voce amplificata per magia: «Buongiorno a tutti! Vi do il mio personale benvenuto alla prima prova del Torneo Tremaghi

Un boato del pubblico seguì all’introduzione, ma poco dopo Bagman poté riprendere: «Sarete tutti molto curiosi di sapere in cosa consista questa prova. Posso dunque rivelarlo in anteprima, abbiamo isolato le tende dove si stanno preparando i nostri Campioni, giusto per evitare crisi di panico incontrollate.»

Nicole deglutì rumorosamente: «Rassicurante...»

«Senza ulteriori indugi, ecco in cosa consiste la Prova! I nostri Campioni dovranno, con ogni mezzo che verrà loro in mente, riuscire a recuperare questo!»

L’uomo esibì sulla sua mano destra un oggetto luccicante, portandolo sopra la sua testa, ma era così piccolo e così lontano che tutti gli spettatori dovettero allungare molto il collo, e quasi nessuno riuscì comunque a capire di cosa si trattasse.

«È un uovo, signori e signore, un uovo d’oro. È piccolo ma visibile e non nasconde trappole. Dunque, dove sarà la difficoltà della prova?»

Alla parola “uovo”, d’istinto lo sguardo di Kaito si era spostato sull’unico esperto in materia che conoscesse, ovvero Hagrid, seduto in prima fila e ben visibile grazie alla sua stazza. Tremava visibilmente, ma questo non era sufficiente per stabilire quanto grave fosse la situazione. Conoscendolo, il suo poteva anche essere un tremore di entusiasmo per la rarità della creatura il cui uovo era stato imitato.

«Questo uovo sarà inserito in nel mezzo di una nidiata, e i nostri Campioni dovranno riuscire a rubarlo alla madre.»

Lo sguardo di Kaito s’illuminò. Un furto? Accidenti, a saperlo poteva dare qualche consiglio a Harry, dopotutto era proprio la sua specialità!

«Ecco, mentre i nostri assistenti sistemano le uova, sta per entrare finalmente la nostra prima madre!»

Un boato, simile a un ruggito, fece drizzare i capelli a tutti. E poi, trascinato a fatica da alcune persone, videro finalmente di cosa si trattasse.

Sheridan gridò scandalizzata: «STIAMO SCHERZANDO??»

Il volto di Ginny divenne improvvisamente dello stesso colorito di una mozzarella, mentre Kaito era rimasto impietrito sulla sedia. Per quanto si fosse ormai abbastanza abituato al mondo magico, la visione di un drago, un drago vero, con coda, corna, fauci e tutto il resto, non se la sarebbe mai aspettata.

Bagman concluse: «Concludo le ultime formalità con i nostri Campioni e poi la prova potrà cominciare. Auguro a tutti un buono spettacolo.»

Kaito e Sheridan rimasero per un po’ senza parole, poi il prestigiatore esclamò ironicamente: «Altri commenti sulla salvaguardia della salute fisica e mentale dei Campioni del Torneo Tremaghi al giorno d’oggi?»

«Sì, che chi ha organizzato tutto questo è un...»

Il fischio d’inizio coprì in parte, ma non del tutto, la serie d’insulti che la ragazza rivolse all’organizzazione, così vivaci che molti intorno a lei sussultarono, tanto che alla fine Thomas la zittì brutalmente con un incantesimo.

Ludo Bagman riprese a parlare: «Scusate ancora per l’attesa! Il nostro primo esemplare, una femmina di Grugnocorto Svedese! Sarà affrontata dal nostro primo concorrente, uno dei Campioni di Hogwarts, Cedric Diggory

Un grosso applauso da parte degli studenti di Hogwarts, che voleva essere d’incoraggiamento, ottenne in realtà l’effetto contrario, ovvero quello di far innervosire ancora di più la bestia. Al primo ruggito calò il silenzio per un momento, ma poi il chiacchiericcio riprese come e più di prima.

Diggory dava le spalle al pubblico, ma Kaito s’immaginò benissimo la sua faccia. Era proprio di fronte all’enorme drago, e questo lo scrutava indeciso se il ragazzo fosse solo una mosca fastidiosa o un nemico da sbranare. Senza mai perdere il contatto visivo con la belva, Cedric si abbassò a terra. Sembrava stesse preparandosi per uno scatto di corsa che sicuramente gli sarebbe stato fatale, ma un occhio più attento poteva notare come in realtà il ragazzo tastasse il terreno in cerca di qualcosa. Kaito non perdeva una mossa del compagno. Cosa sperava di trovare?

Il drago non sembrò volerlo aspettare e tentò una prima fiammata. Cedric rotolò di lato, schivando l’attacco.

La voce di Bagman commentò: «Oooh, c'è mancato poco, molto poco...»

Diggory si rimise nella stessa posizione ancora per un po’, ma alla fine si rialzò, tremando visibilmente per qualche secondo. Dopo qualche istante di esitazione, lanciò quella che sembrava una pietra, urlando un incantesimo che Kaito non conosceva. L’oggetto cambiò forma in volo, s’ingrandì e per un secondo al prestigiatore prese un colpo. Per un attimo sembrò che Cedric avesse in qualche modo evocato Sirius, il padrino di Harry, in versione Animagus. A un’occhiata più attenta, però, il cane presente sul campo era grigio e un po’ più piccolo di Black.

Mentre Colin si scatenava con le foto, Ginny rimase perplessa: «Ha trasfigurato un cane? E a cosa gli serve? È troppo piccolo per poter affrontare il drago!»

Kaito, concentratissimo a intuire la tattica del Tassorosso, rispose lentamente: «Ma non troppo da non poter fare da diversivo...»

Bagman commentò l’ardita mossa con un: «Corre dei rischi, questo signore!»

Ormai era chiaro che non spiegava esattamente cosa accadesse in campo per non dare indizi agli altri Campioni. Da una parte era un peccato per Harry, ma dopotutto Kaito non era sicuro che al quarto anno sapesse già fare trasfigurazioni di quel livello.

Il cane-pietra iniziò ad abbaiare furiosamente contro il drago, che ruggì e gli corse incontro. Diggory non si mosse subito, aspettò a lungo per essere sicuro, poi si buttò verso le uova. Una mossa troppo avventata e troppo improvvisa, perché il drago si voltò di colpo verso di lui.

«Bella mossa... peccato che non abbia funzionato!»

E mentre Bagman sottolineava l’ovvio, il Grugnocorto Svedese caricò una nuova fiammata. Fu una mossa veramente veloce e che lasciò il pubblico con il fiato sospeso: il drago sputò, mentre Diggory saltava in avanti... il fuoco coprì le sue mosse... il drago si mise proprio fra il pubblico e le uova, impedendo la visuale, ma quasi subito il personale lo fermò. Per un attimo si temette il peggio, ma alla fine Diggory era lì, accucciato a terra, completamente ricoperto di terra e cenere, ma intero. Tremando, si rialzò e mostrò l’uovo d’oro. Il pubblico, tutto, di qualunque scuola, esplose in un boato di gioia e sollievo. Con ottimi riflessi e una dose non indifferente di fortuna, ce l’aveva fatta.

Bagman gridava: «Davvero molto bene! E ora il punteggio dei giudici!»

I cinque giudici erano seduti in postazioni elevate rivestite d'oro. Madame Maxime alzò in aria la bacchetta. Ne sfuggì quello che parve un lungo nastro d'argento, che si curvò in un numero. Lo stesso fecero Crouch, Silente, Bagman stesso e Karkaroff. I punteggi non furono dichiarati, lasciando alle abilità aritmetiche di ognuno la somma. Kaito si chiese se la Vector non stesse analizzando i punteggi con l’Aritmanzia.

Quasi non ci fu tempo di prendere fiato che entrò il secondo drago. I ragazzi del terzo anno di Grifondoro si misero a parlottare fra loro concitatamente.

«Lo cambiano ogni volta?»

«È un bene o un male?»

«Forse è un bene, altrimenti l’ultimo si ritrova un drago non solo nervoso, ma anche isterico!»

«Ma è anche un male, saranno sempre freschi e riposati...»

«Il verde risulterà benissimo nelle fotografie!»

«Che specie è? È cattiva?»

Bagman annunciò: «Un bellissimo esemplare di Gallese Verde sarà l’avversario del prossimo Campione.»

Sheridan fece una smorfia: «Solo col nome ne sappiamo quanto prima... a chi tocca adesso?»

Un nuovo fischiò s’udì nell’aria: «Fuori uno, tre ancora in gara! Signorina Delacour, prego!»

Dopo un attimo entrò in campo la Campionessa di Beauxbatons. Un applauso educato da parte di tutti e una giusta ovazione da parte della sua scuola accolsero il suo ingresso nell’arena, dove il drago verde l’attendeva. Fleur Delacour sembrava decisamente più tranquilla del suo predecessore.

Thomas e Stephen sembravano rapiti dalla studentessa francese, quasi non sbattevano le palpebre. Persino Colin sembrò aumentare l’intensità delle sue fotografie, ma Kaito rimase impassibile. Riconosceva i sintomi, probabilmente era qualcosa di simile all’incantesimo di Akako, quello a cui lui era immune. Se reagivano come i compagni della sua vecchia classe, non ci sarebbe stato modo di rivolgere loro la parola in modo accettabile fino alla fine della prova.

Nel frattempo Fleur aveva tirato fuori la bacchetta e, alzandola in alto, verso il volto del drago, in una posizione simile a quella di un direttore d’orchestra, aveva cominciato a salmodiare un altro incantesimo sconosciuto a Kaito, ondeggiando con tutto il corpo. Il drago iniziò a seguire il suo movimento con la testa, socchiudendo gli occhi, come se fosse preda di una forte sonnolenza. Era impossibile udire la sua voce, ma quasi tutti s’immaginarono stesse cantando una sorta di ninnananna: per gran parte dei ragazzi presenti una visione paradisiaca, per le ragazze abbastanza indifferente, per Kaito, come sempre fuori dal coro, fu difficile non ridere quando gli venne in mente la neanche troppo curiosa associazione mentale con un famoso mostriciattolo rosa giapponese specialista in ninnananne... mancava giusto il microfono...

Bagman gridò gaiamente: «Oh, non sono sicuro che sia stata una mossa saggia!»

Una marea di fischi si levò dal pubblico maschile, ormai completamente rapito dalla bellezza della Campionessa. La Delacour, in ogni caso, non si lasciò deconcentrare ma continuò il suo incantesimo, fino a che, con delicatezza, non abbassò la bacchetta.

Kaito scosse la testa: «No... sta facendo lo stesso errore di Diggory, è troppo presto!»

La ragazza si avvicinò con lentezza e delicatezza alla nidiata, ma non aveva calcolato il vento e la gonna della divisa troppo appariscente. Alla prima folata un po’ più decisa, infatti, la gonna si mosse in modo troppo agitato, attirando l’attenzione del drago e risvegliandolo dal suo torpore con un grosso sbuffo.

«No, no, no...»

In un attimo il Gallese Verde sbarrò gli occhi e preparò la fiammata.

«Oh... quasi! Attenta ora... Santo cielo, credevo che ci fosse riuscita!»

La gonna di Fleur prese fuoco, facendo fare gridolini a gran parte del pubblico femminile. Lei, impassibile, spense le fiamme evocando dell’acqua dalla bacchetta.

Kaito sorrise: «In ogni caso, io già le darei un dieci per la faccia da poker!»

Senza scomporsi, la Delacour riprese il suo incantesimo, questa volta muovendosi lentamente verso il suo obiettivo. Alla fine riuscì ad afferrare il fantomatico uovo d’oro. La folla esplose in un boato che risvegliò di colpo il drago, facendole rischiare grosso, ma per fortuna il personale intervenne subito.

«Ben fatto, ben fatto signorina Delacour! Adesso il voto dei giudici.»

I ragazzi del terzo anno diedero solo un’occhiata distratta ai voti.

«Dite che ora toccherà ad Harry?»

«Speriamo, la tensione lo starà uccidendo!»

Bagman riprese: «Bene! Il prossimo drago è una bellissima femmina di Petardo Cinese!»

Per un attimo Kaito pensò che stesse scherzando, poi un drago rosso fu portato nell’arena insieme alla sua nidiata.

«Ma chi è il bontempone che dà questi nomi stupidi ai draghi?»

Si udì il terzo fischio e Bagman gridò: «Ed ecco il signor Krum

Sheridan sussurrò rassegnata: «Harry è l’ultimo. Con l’ansia che aveva a pranzo, non so se ci arriva al suo drago... Kaito, perché sei così pensieroso?»

Il prestigiatore le sussurrò all’orecchio: «Stavo pensando se con le tecniche di un certo ladro ragazzino questo furto sarebbe possibile...»

Momoka sbarrò gli occhi: «Non starai pensando di...»

«Certo che no! Erano solo ipotesi! Troppa gente e non ci ricaverei nulla!»

«Ah... meno male...»

Dopo un secondo, Sheridan aggiunse: «E ce la faresti?»

«Potendo preparare in anticipo un po’ di manichini, con qualche effetto speciale e il vento a favore per il deltaplano, magari...»

Ginny li zittì entrambi: «Guardate!»

Victor Krum, accolto da una discreta ovazione, stava salutando il pubblico, dopodiché si voltò verso il suo drago, tirò fuori la bacchetta e fece un paio di gesti che a molti studenti di Hogwarts risultarono familiari.

Thomas assottigliò lo sguardo: «Ehi, ma questa scena non l’abbiamo già vista?»

Stephen annuì: «Con Allock e Piton, due anni fa...»

Nicole esclamò: «È vero!»

Colin li guardò di storto: «Io non me lo ricordo...»

Kaito sospirò: «Per forza, eri pietrificato... ma dovresti avere le foto.»

Ginny ridacchiò: «Insomma, Krum... sta sfidando a duello il drago?»

Sheridan commentò: «Quantomeno il ragazzo ha stile, glielo concedo, ma non so se il drago starà alle regole.»

Il prestigiatore aggiunse ironicamente: «Non ha nemmeno risposto all’inchino regolamentare...»

Krum si mise subito in posizione da duello, fissando negli occhi il suo avversario. Due secondi di tensione, poi il ragazzo iniziò a sparare incantesimi a raffica, accolti da un orrendo gemito ruggente del suo avversario, mentre la folla tratteneva il respiro come un sol uomo.

Bagman gridò: «Molto audace!»

Definire audace quello che stava facendo Krum era quasi un eufemismo. Implacabile, continuava a cercare di colpire il volto del drago. La sua pelle era molto resistente, sembrava respingere gran parte dei colpi, ma a volte Victor riusciva a mirare bene e a prendere una narice o la bocca del Petardo Cinese, e in quei momenti sembrava passare in vantaggio. Fu una lotta breve ma intensa, in cui non ci fu un attimo di respiro, almeno fino a che Krum non riuscì ad assestare un colpo dritto in un occhio. Il drago iniziò ad agitarsi per il dolore e il ragazzo ne approfittò per scattare in avanti, proprio in mezzo alle zampe del drago.

Bagman gridò: «Sta dimostrando un bel coraggio...»

Il peggio, però, doveva ancora venire. Il drago, accecato dal dolore, iniziò a fare dei passi senza poter vedere dove mettesse i piedi. Il pubblico trattenne il respiro mentre un paio di volte la zampa del Petardo Cinese sfiorava Krum pericolosamente.

L’ultimo passo fu il più pericoloso di tutti. Ormai il campione di Durmstrang era arrivato alla nidiata, quando la zampa fu proprio su di lui. Il pubblico urlò terrorizzato. Persino Bagman stette zitto per qualche secondo. Ma alla fine...

«...e... sì, ha preso l'uovo!»

A molti sembrò un miracolo. La zampa del drago era a pochi centimetri da Krum. Aveva spiaccicato metà delle sue stesse uova, ma il ragazzo era incolume e stringeva al petto il suo uovo d’oro.

Il pubblico esplose in un applauso liberatorio.

Kaito ridacchiò: «È un incosciente, ma è stato bravo.»

Sheridan alzò gli occhi al cielo: «Senti chi parla... tu prima parlavi di buttarti a capofitto sul drago con il deltaplano!»

«Una cosa è dirlo, un’altra è farlo... uh, guarda il punteggio! A quanto pare gli hanno dato delle penalità per la frittata di drago!»

Sheridan indicò verso il basso: «E guarda lì!»

Kaito dovette davvero trattenersi dal ridere. Dai posti riservati agli insegnanti si era alzato furente Hagrid, che continuava a sbraitare contro Krum per l’uccisione di tanti piccoli draghi innocenti non ancora nati. Faticosamente lo tratteneva un ragazzo abbastanza alto, con dei folti capelli rossi.

Ginny si lasciò sfuggire un gemito: «Non so se Charlie riuscirà a trattenerlo da solo...»

Nicole sbirciò interessata: «Conosci quel bel ragazzo?»

Ginny ridacchiò: «Non vedi i capelli rossi? È mio fratello Charlie, penso l’abbiano chiamato come consulente, lavora da anni in Romania con i draghi...»

«Ah... ma Ginny, scusa, quanti fratelli hai?»

«Troppi...»

Per un momento si sentì ancora ululare dal dolore Hagrid, invocando in lacrime quello che sembrava fra singulti essere un certo Norberto, ma poi Charlie riuscì a convincerlo a tornare a sedere, giusto in tempo per il nuovo intervento di Bagman.

«Scusate l’attesa, signori, abbiamo qualche difficoltà con la nostra ultima ospite...»

Sheridan si lasciò sfuggire una smorfia: «Partiamo male...»

Ma poi tutti si zittirono alla vista dell’enorme drago nero che veniva trascinato con molta più difficoltà dei precedenti nell’arena. A differenza degli altri, questo cercava continuamente di mordere chi lo stava portando e di colpire con la sua coda irta di punte. Ginny sbiancò in modo preoccupante e sussurrò con un filo di voce: «L’Ungaro Spinato...»

Nicole si voltò verso di lei: «Lo conosci?»

Ginny annuì lentamente: «Quando da piccola voleva farmi paura, Charlie mi parlava dell’Ungaro Spinato. È uno dei più violenti e feroci draghi in circolazione, e questa è una femmina con la nidiata... Harry... non credo... non credo possa farcela... Harry...»

Sheridan si accorse che Kaito si era irrigidito sulla sedia: «Kaito?»

«Inizio a pensare che vogliano ammazzarlo sul serio. Qui è molto più di una goliardata.»

Sheridan sospirò: «Cosa intendi fare?»

«Se le cose si fanno troppo pericolose, utilizzerò i miei metodi per portarlo via da lì.»

Ginny, che aveva udito solo l’ultima parte del discorso, intervenne: «Non sono sicura che il deltaplano possa funzionare, Kaito...»

Ma Sheridan rimase seria. Aveva capito benissimo cosa intendesse Mangetsu, e stava parlando di qualcosa di potenzialmente ben più pericoloso del deltaplano. Stava per chiedere all’amico come facesse Ginny a sapere del suo deltaplano, quando Bagman riprese a parlare: «Ed ecco il prossimo avversario per il più giovane dei Campioni, l’ultimo concorrente per la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts... Harry Potter!»

S’udì l’ultimo fischio, e Kaito cercò di deglutire senza nemmeno avere la saliva per farlo. Si stava imponendo la sua solita faccia da poker, ma in verità aveva una paura matta per il suo giovane amico.

Ed ecco, Harry entrò nell’arena, accolto da grida d’incoraggiamento e qualche fischio. Il ragazzo guardò per qualche secondo il suo avversario, accoccolato sulla sua covata, le ali ripiegate a metà, i malvagi occhi gialli fissi su di lui, un mostruoso lucertolone dalle squame nere che agitava la coda, scavando solchi lunghi un metro nel terreno duro. Dopo qualche istante che sembrò un’eternità, levò la bacchetta.

«Accio Firebolt!»

Kaito ripeté perplesso: «Accidenti a che? Che ha detto?»

Ginny si permise un timido sorriso: «Ma no, non ha imprecato! Ha solo chiamato...»

Non ci fu bisogno di attendere la fine della frase. Si sentì qualcosa sfrecciare nell’aria e improvvisamente un Manico di Scopa si ritrovò al fianco di Harry. Il pubblico esplose in un boato di sorpresa, ma Harry non ci badò, gettò la gamba oltre la scopa e decollò come l’avevano visto fare molte volte durante le partite di Quidditch.

Bagman strillò: «E chi se lo sarebbe mai aspettato? Il signor Potter aveva un asso nella manica assolutamente unico e originale!»

Kaito si lascò sfuggire un bel sorriso. Proprio così, un asso nella manica, e bravo Harry! Chi meglio di un prestigiatore poteva apprezzare un così bel colpo di scena?

Divertito, tirò una gomitata a Sheridan: «Cosa dicevi a proposito del buttarsi a capofitto in volo su un drago, amica mia?»

Non era finita, ma era incoraggiante. Il pericolo era sempre quello, ma il fatto che Harry avesse trovato il modo di poter sfruttare quello che sapeva fare meglio a suo favore tranquillizzò un pochino Kaito. Nel frattempo Harry era volato veramente in alto, come se stesse studiando la situazione, poi improvvisamente si tuffò. Il muso dello Spinato lo seguì; Harry sembrava conoscere le sue intenzioni, e scartò dalla picchiata appena in tempo; un getto di fuoco aveva investito il punto preciso in cui si sarebbe trovato se non avesse deviato... ma Harry sembrò non farci caso: sembrava quasi avesse appena evitato un semplice Bolide...

Bagman strillò, mentre la folla gemeva e tratteneva il respiro: «Santo cielo, questo è volare! Visto che roba, signor Krum

Se Krum commentò in qualche modo non ci fu modo di saperlo, lo sguardo di tutti era puntato sul ragazzino che sfidava l’enorme drago nero armato solo di una scopa.

Harry si levò più su, in cerchio; lo Spinato stava ancora seguendo la sua avanzata, con la testa che dondolava sul lungo collo. Il ragazzo scese a picco proprio mentre lo Spinato spalancava la bocca, ma questa volta ebbe meno fortuna: evitò le fiamme, ma la coda si alzò sferzante per intercettarlo, e mentre deviava a sinistra, una delle lunghe punte gli scalfì la spalla, strappandogli l'abito.

Un gemito empatico sfuggì a praticamente tutti i Grifondoro, mentre anche gli altri spettatori strillavano e urlavano. Harry però non sembrò nemmeno fare troppo caso alla ferita e prese a volare prima da una parte poi dall'altra, non abbastanza vicino da provocare una fiammata, ma simulando una minaccia sufficiente affinché gli tenesse gli occhi incollati addosso. Il suo testone dondolava da una parte all'altra, mentre lo guardava con quelle pupille verticali, le zanne scoperte...

Harry volò più su. La testa dello Spinato si levò con lui, il collo ora teso al massimo, ancora oscillante, come un serpente davanti al suo incantatore... a Kaito quasi sfuggì un sorriso. Aveva già visto una scena del genere, e tutti sapevano quale brutta fine avesse fatto l’ultimo Basilisco che aveva osato affrontare Harry Potter... e in quell’occasione non aveva neanche la scopa!

Harry si alzò ancora di qualche metro, e il drago emise un ruggito esasperato. La sua coda si dibatté di nuovo, ma ora era troppo in alto per raggiungerlo... sputò fuoco nell'aria, e lui lo schivò... le sue mascelle si spalancarono...

E poi il drago si levò, spalancando finalmente le grandi ali di cuoio nero, larghe come quelle di un piccolo aeroplano - e Harry si tuffò. Prima che il drago avesse capito ciò che aveva fatto, o dove fosse sparito, Harry sfrecciava verso il suolo a velocità massima, verso le uova ora non più difese dalle zampe anteriori armate di artigli - ecco che levava le mani dalla Firebolt - ecco che afferrava l'uovo d'oro...

E con un'enorme accelerata era su, galleggiava sopra le tribune, il pesante uovo al sicuro sotto il braccio ancora sano. Era fatta.

Tutti i Grifondoro, Kaito compreso, si alzarono in piedi urlando, e non furono i soli. Con loro ci furono tantissimi Tassorosso e Corvonero, più gran parte dei professori, Hagrid, Moody e Mcgranitt in primis, e molti studenti di Beauxbatons e Durmstrang. Non importava più alcuna rivalità, erano stati tutti così coinvolti dalle vicende dei Campioni in queste durissime prove che alla fine tutti esultavano per tutti.

Bagman commentò ancora: «Ma guardate! Ma guardate un po'! Il nostro campione più giovane è stato il più veloce a prendere l'uovo! Bene, ciò abbasserà le quote sul signor Potter!»

Pur nella foga dei festeggiamenti, Kaito non poté non notare che Harry si stava allontanando insieme ai professori che più avevano tifato per lui e a Ron. Probabilmente andava a farsi sistemare la spalla, ne aveva tutti i diritti...

Prima ancora che potesse guardare il punteggio di Harry, Kaito si sentì picchiettare su una spalla.

Fu la solita, incrollabile faccia da poker quella che accolse due imbarazzati fratelli Weasley. Se l’aspettavano, chiaramente, ma non avere informazioni su cosa pensasse l’amico era comunque problematico.

«Ehm... senti...»

«Noi... volevamo...»

Kaito continuò a fissarli impassibile. Dopo qualche secondo i due gemelli, contemporaneamente, alzarono gli occhi al cielo sbuffando ed esclamarono in coro: «Avevi ragione, va bene? Soddisfatto?»

Il prestigiatore continuò ad esibire la sua faccia da poker, mentre Sheridan guardava tutti i Malandrini preoccupata.

«Ci tenevamo, tanto, tantissimo!»

«Ma sappiamo che non avresti mai messo Harry in pericolo, anche se te lo avesse chiesto con più insistenza di noi.»

«Diamine, persino noi non avremmo saputo cosa fare se ci avessero messo davanti a un drago con dieci minuti d’anticipo!»

«Con un po’ più di tempo magari chiedevamo a Charlie, ma probabilmente non ci avrebbe detto nulla, visto che era coinvolto nell’organizzazione...»

«Harry è stato davvero bravo a richiamare la scopa, siamo fieri di lui.»

«Ma ci rendiamo conto che se questa era solo la prima prova, le prossime non sappiamo davvero cosa potrebbe accadergli.»

«E la cosa non sarebbe cambiata se fosse stato uno di noi al suo posto.»

«Insomma, Kaito, cos’altro dobbiamo dire per farci perdonare?»

Il ragazzo li guardò serio ancora per qualche secondo, poi il suo volto si distese in un gran sorriso: «Avete detto molto più quanto doveste, ma mi fa piacere che abbiate capito, testoni!»

Sheridan si lasciò sfuggire un sospirone di sollievo. Fred, notandolo, la strattonò per le spalle, per poi prendere anche il fratello, che trascinò a sua volta Kaito in un abbraccio collettivo, simile a quelli dei giocatori di football americano prima di una partita.

Futago ridacchiò: «Puoi stare tranquilla, i Malandrini sono tornati, più uniti di prima!»

Mangetsu disse: «E direi che il nostro obiettivo è chiaro.»

Soseiji annuì: «Aiutare i Campioni di Hogwarts, in particolare Harry, a sopravvivere.»

Momoka sorrise: «Se poi uno di loro vince, anche meglio!»

E mentre si scioglievano dall’abbraccio, Kaito mise la mano in tasca: «Bene, e ora che questa storia è finita, posso anche darvi questa.»

George lo guardò perplesso: «Cos’è?»

«A volte è utile avere un paparazzo incallito come compagno di classe che quando vuole sa tenere la bocca chiusa, altrimenti non ci avreste creduto...»

I Malandrini si riunirono attorno alla foto esibita dal prestigiatore, in cui era ritratto un ritroso Kaito, occhi al cielo e aria esageratamente scocciata, mettere di malavoglia due foglietti nel Calice di Fuoco, sui i quali i nomi erano ben visibili.

Fred si sentì crollare il terreno sotto i piedi: «Tu... alla fine... avevi messo davvero i nostri nomi nel Calice?»

Il ragazzo alzò le spalle: «Mi dispiace che poi non vi abbia scelto.»

George esclamò sconvolto: «Ma allora perché non ce l’hai detto???»

«Io ho avuto fiducia in voi, ma voi non l’avete avuta in me, accusandomi addirittura di aver messo il nome di Harry nel Calice pur essendo evidentemente al di sotto dell’età consentita. Mi dispiace, ma non potevo proprio farvela passare liscia, sapete bene che io sono uno scapestrato, ma che non metterei mai in pericolo delle altre persone.»

I gemelli ridacchiarono: «Ci siamo tenuti il broncio... per nulla?»

Kaito sottolineò divertito: «Non per nulla, ma per salde questioni di principio!»

Ma in quel momento tutti e tre avvertirono un brivido sulla schiena. Un brivido di pericolo. Si voltarono lentamente, come in un film horror, verso l’unica persona che ancora non aveva detto una parola e che non aveva una buona faccia da poker.

«S-Sheridan?»

«E voi... per tutto questo tempo... mi avete fatto soffrire, preoccupare, quasi piangere... per nulla?»

«Ehm...»

«MA IO VI AMMAZZO, TUTTI E TRE!!! VENITE QUA, MALANDRINI DEI MIEI...»

I ragazzi, ridendo, iniziarono a saltare le gradinate, inseguiti dall’amica furiosa.

«Che dite, vostro fratello ci ospiterebbe per qualche giorno nel recinto dei draghi?»

«Possiamo provare, di sicuro sarebbe meno pericoloso di Momoka in questo momento...»

«Che dite, la proponiamo come ultima prova del Torneo?»

«VI SENTO! E NON STATE MIGLIORANDO LA VOSTRA SITUAZIONE!!!»

Ma alla fine risero, tutti e quattro. Finalmente i Malandrini erano davvero tornati.

 

 

Ciao a tutti! Non fateci l’abitudine, ho avuto tempo di scrivere solo perché sono stata in mutua un po’ di giorni, spero di non avere altre occasioni di questo tipo...

In ogni caso ecco qui la prima prova del torneo Tremaghi! Non è stato facile inventarla basandosi solo sulle “utilissime” descrizioni di Bagman e su quanto riportato da Ron alla fine, ma spero che il risultato vi soddisfi. Inoltre abbiamo introdotto un po’ di personaggi che, seppure con meno frequenza di altri, torneranno nei prossimi capitoli. Avete riconosciuto la citazione comica?

Ringrazio per i commenti SuorMaddy2012, fenris, sophi33 e Lunaby.

Prossimo capitolo? Vi pare che un ladro gentiluomo possa farsi sfuggire il Ballo del Ceppo? Con chi andrà e cosa succederà? Tutto questo e molto altro nel prossimo capitolo. Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 35
*** Una proposta inaspettata ***


Una proposta inaspettata

 

«E per stasera abbiamo finito!»

Helen chiese a Kaito: «Quando ci rivediamo per la prossima lezione di prestidigitazione?»

«Direi dopo le vacanze, a questo punto. Tra poco molti di noi partiranno, è un pasticcio...»

Katie Harvey chiese: «Magari ci vediamo in biblioteca per fare i compiti?»

Alexander, l’unico Serpeverde che partecipava a queste serate, sempre in disparte, alzò gli occhi al cielo: «Eccola là! E figuriamoci se una Corvonero non faceva questa proposta...»

Kaito sorrise: «Sentiamoci via gufo, ok?»

Il prestigiatore andò a dormire molto soddisfatto. Era contento che anche dopo la riappacificazione con i Malandrini il gruppetto misto fra gli studenti del terzo anno rimanesse in piedi. Partiti con la scusa delle sue lezioni, ormai si incontravano spesso anche in altre occasioni, come compiti e uscite di svago. Ci partecipavano in pianta stabile tutti i Grifondoro, Helen, Matthew e Johan per i Tassorosso, Luna, Julie e Katie per i Corvonero e, saltuariamente, anche Alexander, forse per non farsi scoprire dai suoi compagni Serpeverde. Faceva sempre il duro e lo scontroso, ma continuava a venire e Kaito aveva la certezza che, sotto quella facciata, si divertisse pure parecchio. Tuttavia il Natale era alle porte e una sosta era necessaria.

L'ultima settimana del trimestre divenne sempre più turbolenta. Ormai si era diffusa a macchia d’olio la notizia di questo fantomatico Ballo del Ceppo anche fra le classi inferiori al quarto anno. Dappertutto correvano voci: per esempio, si diceva che Silente avesse acquistato ottocento barili di idromele aromatico da Madama Rosmerta. Pareva certo, invece, che avesse ingaggiato le Sorelle Stravagarie. Kaito non sapeva esattamente chi o che cosa fossero le Sorelle Stravagarie, non avendo mai avuto la possibilità di ascoltare una radio da maghi, ma dalla folle eccitazione di quelli che erano cresciuti con le frequenze di RSN (Radio Strega Network) ne dedusse che si trattava di un gruppo musicale molto famoso.

Per i Grifondoro del terzo anno a tutto questo fervore si univa la classica eccitazione per le imminenti feste di Natale. Alcuni dei professori rinunciarono a insegnar loro granché quando le loro menti erano cosi evidentemente altrove, come il minuscolo professor Vitious, che li lasciò giocare durante la sua lezione del lunedì. Altri insegnanti non furono così generosi. Nulla avrebbe mai distolto il professor Rüf, la professoressa McGranitt, il professor Moody, la professoressa Vector e il professor Piton, naturalmente, dai loro doveri istituzionali. Nonostante l'enorme mole di compiti per le vacanze, la Torre di Grifondoro era di poco meno affollata che durante l'anno scolastico; sembrava anche che si fosse rimpicciolita, dal momento che i suoi occupanti erano molto più scalmanati del solito. Fred e George avevano avuto un gran successo con le loro Crostatine Canarine, e nei primi due giorni delle vacanze c'era dappertutto gente che si riempiva di piume all'improvviso. In breve, tutti i Grifondoro impararono a trattare con estrema cautela il cibo che veniva loro offerto, nel caso che avesse una Crostatina Canarina nascosta al centro, e George rivelò a Kaito che lui e Fred stavano lavorando alla creazione di qualcosa di nuovo.

Nicole, il giorno prima della partenza, era su di giri: «Dici che poi riusciamo a farci raccontare tutto?»

Colin sospirò: «Lo spero. Vorrei da morire riuscire a scattare qualche foto in salone...»

Kaito alzò le spalle: «Se vi va bene, vi racconto qualcosa io.»

Colin fece una smorfia: «Speri di riuscire ad estorcere un racconto veritiero a Fred e George?»

«Se preferite... ma potrei anche darvi un racconto di prima mano.»

Nicole alzò gli occhi al cielo, come se Kaito avesse detto l’idiozia del secolo: «Anche se sei più grande di noi, non cambia nulla. I professori sono stati chiari, possono partecipare solo gli studenti dal quarto anno in su, a meno di non essere invitati.»

«Oh, ma io sono stato invitato...»

I ragazzi ebbero un colpo: «COSA???»

Sheridan intervenne: «E non è l’unico, da quel che ho capito, rimarrà anche Ginny...»

Nicole divenne tutta rossa: «E chi l’ha invitata?»

«Paciock

A quella risposta la ragazza piantò un urletto eccitato e corse dalla compagna a farsi raccontare tutto. Kaito sorrise e si avviò verso la sua stanza, seguito da Sheridan.

«Kaito, posso parlarti?»

Il ragazzo si voltò un po’ sorpreso, poi sorrise: «Ogni tanto mi dimentico che voi ragazze potete entrare nel nostro dormitorio, ma noi no...»

Poi, visto che la ragazza continuava a fissarlo seria, aggiunse: «Dimmi pure.»

«Vuoi davvero andare al Ballo del Ceppo? Non mi sembra il tipo di evento che attirerebbe la tua attenzione normalmente...»

Kaito alzò le spalle: «Da quel che ho capito è un evento raro...»

Sheridan fece un sorriso triste: «O non sarà invece che non vuoi tornare a casa?»

La faccia da poker di Kaito, seppure perfetta, non ingannò Sheridan: «Diciamo che prendere due piccioni con una fava non mi dispiace.»

«Non potrai evitare tua madre per sempre.»

«Non dico per sempre, solo... ancora per un po’.»

«E Aoko?»

«Le ho già scritto che c’era un evento speciale a scuola e lei ha capito. Mi spiace non vedere lei, sinceramente, ma...»

Sheridan sospirò: «Capisco. Bè, buon divertimento, allora. Ma si può sapere chi ti ha invitato?»

Kaito le fece un occhiolino: «È un segreto!»

La ragazza capì che l’aveva tormentato a sufficienza e decise di tenersi la curiosità. Aveva altri mezzi per venirlo a sapere...

 

Alla partenza dei pochi studenti che tornarono a casa, il corpo insegnanti di Hogwarts, nello sforzo continuo di impressionare i visitatori di Beauxbatons e Durmstrang, sembrava deciso a mostrare il castello al suo meglio per Natale. Quando le decorazioni furono tutte al loro posto, Kaito notò che erano le più straordinarie che avesse mai visto a scuola. Ghiaccioli Sempiterni erano stati appesi ai corrimani della scalinata di marmo; i soliti dodici alberi di Natale della Sala Grande erano coperti di qualunque cosa, dalle bacche luminose di agrifoglio ad autentici gufi d'oro ululanti, e le armature erano state tutte stregate in modo da intonare canti di Natale quando qualcuno gli passava davanti. Era davvero una cosa straordinaria sentire Venite, fedeli cantato da un elmo vuoto che sapeva solo metà delle parole. Gazza il custode dovette estrarre parecchie volte Pix dalle armature, dove aveva preso l'abitudine di nascondersi, colmando le lacune nelle canzoni con rime di sua invenzione, tutte decisamente maleducate. La neve cadeva fitta sul castello e sul parco. La carrozza azzurro chiaro di Beauxbatons sembrava una grossa, fredda zucca glassata dal gelo vicino alla casetta di zenzero ghiacciata che era la capanna di Hagrid, mentre i boccaporti della nave di Durmstrang erano ricoperti di ghiaccio e il sartiame candido di neve. Gli elfi domestici giù nelle cucine stavano superando se stessi con una serie di ricchi stufati speciali e ottimi pasticci. A Kaito dispiacque che i suoi compagni si stessero perdendo tutto questo, e spesso scriveva a Sheridan per tenerla informata. Non aveva mancato di farla morire dal ridere descrivendole nel dettaglio la nonchalance con cui Fred aveva invitato Angelina al ballo, urlandogli dall’altra parte della Sala Comune con lo stesso tono con cui le avrebbe chiesto se gli passava i compiti.

Ma alla fine giunse Natale. Kaito aveva invitato Fred e George a dormire nel dormitorio del suo anno, approfittando che fosse libero, e alla fine fra uno scherzo e l’altro in realtà avevano dormito ben poco. Il risveglio fu annunciato da un qualcosa di indefinito che saltò improvvisamente sulla faccia di Kaito. Il ragazzo saltò a sedere spaventato, per poi ridere anche lui alla vista della Cioccorana. I gemelli risero per un bel po’, ma lui s’interruppe al pensiero di Saguru di qualche mese prima. Forse non sarebbe più riuscito a mangiare quei dolci senza pensarci...

Il regalo di sua madre, alcuni ricambi per trucchi di prestigio, era accompagnato da un semplice biglietto con su scritto “Buon Natale”. Invece quello di Aoko, una guida completa per un videogioco che avevano iniziato insieme quell’estate, era accompagnato da una lettera decisamente più lunga:

 

Buon Natale, Kaito!

Ti ringrazio per il bellissimo fermacapelli! Anche se sto notando che sono tre Natali che mi fai dei regali che si somigliano tutti... di’ la verità, hai trovato un’offerta da qualche parte e hai comprato dei pezzi tutti uguali, eh?

 

Touché. Kaito ridacchiò: con tre anni di ritardo, ma ci era arrivata, eh? Tuttavia di certo non sospettava che, per evitare i rischi dell’anno precedente, avesse inserito in quel gioiello un piccolo incantesimo di protezione.

 

Spero che questa fantomatica festa d’istituto valga la pena di aver rinunciato alla festa che volevo fare io... ma guai a te se fai il cascamorto con le altre ragazze, guarda che poi Sheridan me lo dice, e la prossima volta ti allego un pesce, vivo!

Ancora buon Natale, spero di sentirti presto.

Aoko

 

Kaito rabbrividì per un secondo alla minaccia, ma sempre con il sorriso sulle labbra. La solita, vecchia Aoko. Se solo avesse saputo...

La giornata trascorse tranquilla. Passarono gran parte della mattinata nella Torre di Grifondoro, dove tutti si stavano godendo i loro regali, poi tornarono nella Sala Grande per un pranzo sontuoso, che comprendeva almeno cento tacchini e pudding di Natale, e montagne di Cracker Magici.

Nel pomeriggio uscirono nel parco; la neve era intatta, eccetto per i profondi solchi tracciati dagli studenti di Durmstrang e Beauxbatons per salire al castello. Hermione decise di assistere alla battaglia a palle di neve di Harry, Kaito e dei Weasley invece di prendervi parte, e alle cinque annunciò che tornava su alla Torre a prepararsi per il ballo.

Ron la fissò incredulo: «Cosa, ti ci vogliono tre ore? Con chi ci vai?»

Il ragazzo pagò la momentanea distrazione con una grossa palla di neve lanciata da George, ma lei si limitò a sventolare la mano, poi risalì i gradini di pietra e sparì nel castello.

Ron si tolse la neve dai capelli: «Assurdo, non sono proprio riuscito a scoprirlo...»

I gemelli si lanciarono uno sguardo d’intesa, che Kaito ben colse. Da quel momento iniziò ad essere il loro bersaglio prediletto per la battaglia, e il prestigiatore seppe che più tardi gli sarebbe toccato un bell’interrogatorio.

Non ci fu il tè di Natale quel giorno, dal momento che il ballo comprendeva un banchetto, cosi alle sette, quando ormai era difficile prendere bene la mira, tutti abbandonarono la battaglia a palle di neve e tornarono insieme in Sala Comune. La Signora Grassa era seduta nella cornice con la sua amica Violet del piano di sotto: entrambe erano decisamente brille, e scatole vuote di cioccolatini al liquore ingombravano la parte inferiore del quadro.

Quando le dissero la parola d'ordine, ridacchiò: «Fuci Latate, è questa la parola giusta!»

E scattò in avanti per lasciarli passare.

 

Fred e George, dopo essersi preparati per la festa, scesero nel dormitorio del terzo anno.

«Senti... ma Kaito sapeva di questa festa?»

«Certo, sennò non restava!»

«No, non hai capito: a inizio anno lo sapeva?»

George guardò il fratello con aria confusa: «Non penso... perché?»

«Avrà un abito per stasera?»

«Ehm... buona domanda... speriamo! In fondo Kaito ha sempre un asso nella manica, no?»

Un po’ preoccupati, i gemelli bussarono alla porta.

«Avanti!»

Fred e George entrarono, trovando Kaito intento a sistemarsi la cravatta rossa.

«Kaito, ma quello...»

«... non è il vestito di Kaito Kid?»

Il prestigiatore sorrise: «Eliminando il mantello, il cilindro e il monocolo, diventa un perfetto abito da sera. O non va bene per il mondo dei maghi?»

George sorrise: «No, direi che è perfetto.»

Fred gli diede una gomitata: «Visto? Cosa ti avevo detto? Kaito ha sempre un asso nella manica!»

«Ma piuttosto, Kaito...»

«... con chi vai al ballo?»

«Attenta che poi Aoko è gelosa...»

Kaito sorrise divertito: «È una sorpresa!»

«Ancora? Insomma, ormai al ballo mancano pochi minuti!»

«Non lo diciamo né ad Aoko né a Sheridan, se non vuoi...»

Il prestigiatore scosse la testa: «No, non mi avete capito neanche voi. È una sorpresa anche per me, di preciso non lo so nemmeno io!»

I gemelli furono presi in contropiede: «Cosa?»

Il ragazzo allungò loro una lettera: «Ecco. Mi è stata recapitata da un gufo poco più di una settimana fa. È da parte di una studentessa di Durmstrang

Fred guardò la lettera incuriosito: «Perché, la delegazione di Durmstrang si è portata dietro delle ragazze?»

Kaito annuì: «Ce ne sono poche e di solito stanno in disparte e non si fanno notare, ma ci sono. Se è per questo anche Beauxbatons ha degli studenti, subito adocchiati da Nicole...»

«Ma se non sai chi è, come farai a riconoscerla?»

«C’è scritto che si avvicinerà lei, e avrà una fresia appuntata sull’abito. Ho fatto abbastanza lezioni di Erbologia per saper riconoscere quel fiore.»

George ridacchiò: «Hai capito il nostro Kaito... »

«Sono o non sono un ladro gentiluomo? Ora però ci converrà scendere o le nostre accompagnatrici inizieranno a lamentarsi.»

La Sala Comune aveva un'aria strana, così piena di ragazzi dai vestiti colorati invece della solita massa nera. Arrivarono giusto in tempo per vedere Harry accompagnare Calì, e Fred gli fece l'occhiolino quando gli passò davanti uscendo dal buco del ritratto.

Anche la Sala d'Ingresso era stipata di studenti che ciondolavano in attesa delle otto, quando le porte della Sala Grande si sarebbero aperte. I ragazzi che dovevano incontrarsi con i partner di Case diverse si facevano largo tra la folla, cercandosi. Kaito cercò con lo sguardo la sua misteriosa accompagnatrice, ma non trovandola si rassegnò ad entrare nella Sala da solo.

Il portone di quercia si aprì e tutti si voltarono a guardare l'ingresso degli studenti di Durmstrang con il professor Karkaroff. Krum era in testa al gruppo, accompagnato da una ragazza carina vestita di azzurro che aveva un’aria vagamente familiare. Kaito scrutò tutte le ragazze, cercandone una senza accompagnatore, ma senza successo. Oltre le loro teste vide che una parte del prato davanti al castello era stata trasformata in una sorta di grotta piena di luci fatate: centinaia di fatine in carne e ossa erano sedute nei cespugli di rose fatti apparire sul posto, e svolazzavano sulla statua di Babbo Natale e le sue renne.

Vennero fatti entrare tutti ad esclusione dei Campioni, e Kaito capì finalmente la sensazione di certe ragazze costrette a fare da tappezzeria. Chissà cosa sarebbe successo se non fosse riuscito a trovare la sua misteriosa accompagnatrice prima che la McGranitt, che indossava un abito da sera scozzese rosso, e si era sistemata una ghirlanda di cardi piuttosto bruttina attorno alla tesa del cappello ed era quindi facilmente individuabile, lo sbattesse fuori dalla Sala, magnifica in quella serata. Le pareti erano tutte coperte di brina d'argento scintillante, con centinaia di ghirlande di edera e vischio che s'incrociavano attraverso il nero soffitto stellato. I tavoli delle Case erano spariti; al loro posto ce n'erano un centinaio più piccoli, illuminati da lanterne, e ciascuno ospitava una dozzina di persone.

Una volta che tutti si furono sistemati nella Sala Grande, la professoressa McGranitt disse ai Campioni e ai loro accompagnatori di mettersi in fila a coppie e di seguirla. La Sala Grande applaudì mentre facevano il loro ingresso e avanzavano verso un grande tavolo rotondo all'altra estremità della Sala, dove avevano preso posto i giudici. Kaito guardò incuriosito il corteo: oltre a Harry e Calì, c’erano Fleur Delacour e un ragazzo che non conosceva, Cedric Diggory insieme a una ragazza di Corvonero, ma soprattutto Victor Krum e...

«Hermione?»

Kaito per un secondo perse la sua faccia da poker. Ecco perché si era rifiutata ostinatamente di rivelare a Ron l’identità del suo accompagnatore!

«Hai capito la ragazza? Zitta, zitta, e poi si va a prendere un Campione straniero...»

Silente sorrise allegramente mentre i Campioni si avvicinavano al suo tavolo, ma Karkaroff ostentava un'espressione molto simile a quella di Ron mentre guardava Krum e Hermione avvicinarsi. Ludo Bagman, che per l'occasione indossava una veste di un viola acceso a grandi stelle gialle, batteva le mani con l'entusiasmo degli studenti; e Madame Maxime, che aveva sostituito la sua solita uniforme di satin nero con un abito dall'ampia gonna di seta color lavanda, applaudiva educatamente. Ma il signor Crouch non c'era. Il quinto posto del tavolo era occupato da Percy Weasley. Fu mentre fissava incuriosito la combinazione di quel tavolo che si sentì picchiettare una spalla.

«Gospodin Kuroba?»

Kaito si voltò trovandosi di fronte una ragazza sui diciotto anni, coi capelli di un biondo platino liscissimi e degli occhi blu cobalto molto profondi. Indossava uno stretto abito nero con un profondo spacco, con dei guanti neri che le arrivavano fino ai gomiti. Fra i capelli aveva una fresia dello stesso colore. Era più piccola di lui d’altezza, ma decisamente carina.

Sorrise, facendole il baciamano: «Dobro pozhalovat', miledi.»

La ragazza rispose con un segno della testa e Kaito chiese: «Con chi ho l’onore di passare questa splendida serata?»

La ragazza le rispose con un marcato accento russo: «Puoi chiamarmi semplicemente Arseniya

«E allora per te questa sera sarò semplicemente Kaito. Vieni, converrà sederci, stanno per cominciare.»

Kaito si accomodò sul primo tavolo che trovò libero, occupato in gran parte da Tassorosso del sesto anno, e fece accomodare Arseniya. I lucenti piatti d'oro erano ancora vuoti, ma c'erano piccoli menu disposti di fronte a ciascuno dei commensali. Kaito ne prese con curiosità uno, ma prima che potesse decidere cosa ordinare, sentì la voce di Silente pronunciare: «Costolette di maiale!»

E le costolette di maiale apparvero. Colto il meccanismo, anche il resto della tavolata fece le sue ordinazioni ai piatti, e così tutti gli altri.

Il tavolo dove si trovavano era stranamente silenzioso. Nonostante tutti fossero accompagnati, Kaito non poteva non notare come gli sguardi di tutti i ragazzi si posassero spesso su Arseniya, con aria quasi rapita. Kaito non capiva: la ragazza non era certo brutta, ma le altre ragazze al tavolo non erano da meno. Per di più lei beveva in continuazione, forse aveva un po’ di mal di gola...

Durante la cena, Kaito chiese: «Posso farti una domanda?»

Arseniya rispose: «Certo.»

«Come mai hai invitato proprio me?»

Arseniya, dopo un paio di secondi, gli sorrise dolcemente: «Volevo tanto passare questa serata con un ragazzo di Hogwarts, e ti ho notato ai pasti perché sei molto più alto dei tuoi compagni. Non pensavo che accettassi.»

Kaito mantenne la sua faccia da poker, ma quel sorriso che gli era stato rivolto non lo lasciava tranquillo. Aveva come l’impressione che fosse falso, e tirato fuori con un evidente sforzo. Questo inoltre, per quanto fosse ragionevole che avesse indirizzato un gufo a una persona specifica a un tavolo specifico, non spiegava come avesse fatto a venire a conoscenza del suo nome.

Quando tutto il cibo fu consumato, Silente si alzò e chiese agli studenti di imitarlo. Poi, a un colpo di bacchetta, i tavoli schizzarono via e si disposero lungo i muri, lasciando il pavimento sgombro. Silente fece apparire una piattaforma sopraelevata lungo la parete di destra. Sopra c'erano una batteria completa, parecchie chitarre, un liuto, un violoncello e alcune cornamuse.

Le fantomatiche Sorelle Stravagarie salirono sul palcoscenico salutate da applausi entusiasti; erano tutte eccezionalmente irsute e vestite in lunghi abiti neri che erano stati accuratamente strappati e lacerati. Presero gli strumenti, e i Campioni e i loro accompagnatori si alzarono in piedi. Le Sorelle Stravagarie attaccarono una melodia lenta e lugubre, e quasi subito Arseniya chiese a Kaito: «Vuoi ballare?»

Il ragazzo accettò e l’accompagnò sulla pista. La sua attenzione fu però attirata, più che dalla sua accompagnatrice, dai conoscenti che ballavano vicino a lui. Harry sembrava voler scappare via da un momento all’altro; Ginny strizzava gli occhi mentre Neville le pestava i piedi; Silente volteggiava con Madame Maxime, ma la sproporzione tra i due era tale che la punta del cappello di Silente solleticava appena il mento di lei, nonostante lei si muovesse con molta grazia per essere così robusta; Malocchio Moody era impegnato in un goffo two-step con la professoressa Sinistra, che evitava nervosamente la sua gamba di legno; Fred e Angelina ballavano con tanto entusiasmo che i ragazzi attorno a loro si scostavano per paura di essere travolti.

Quasi di colpo si ricordò della persona che aveva fra le braccia e le fece un sorriso cortese. Per un attimo il suo sguardo fu attirato dalla fresia rossa fra i capelli di Arseniya. Che strano, avrebbe giurato che durante la cena fosse stata nera...

Al cambio di una canzone, la ragazza lo strinse decisamente più stretto. Kaito rimase impassibile, ma il suo pensiero andò immediatamente ad Aoko. Forse non era stata una grande idea accettare quell’invito, chissà che idee si era messa in testa quella ragazza...

Fu un attimo. Il volto di lei scivolò sulla sua spalla e gli sussurrò dolcemente: «Come immaginavo, sei un ottimo ballerino, Kaito-kun, giusto un po’ distratto... cerchi forse Aoko? Non è carino nei miei confronti...»

Kaito dalla sorpresa sussultò e spinse indietro la ragazza per poterla guardare bene in volto. Certo, la sua voce e il suo volto non erano cambiati, ma il tono di quelle parole in giapponese e il sorriso totalmente diverso che ora sfoggiava erano inconfondibili.

«A-A-Akako???»

La ragazza, con nonchalance, continuò a trascinarlo nella danza, parlandogli in giapponese: «Te l’avevo detto che prima o poi ti avrei trovato e questa volta, a giudicare dalla tua faccia, sono riuscita a sorprenderti. Niente male, direi.»

Kaito cercò di staccarsi: «Cosa ci fai qui?»

Akako lo strinse più forte: «Niente colpi di testa, mio caro... se mi scoprono finiamo nei guai tutti e due, e lo sai bene... non ti resta che continuare a ballare con me.»

Kaito sospirò, recuperando la sua faccia da poker. Akako poteva benissimo inventarsi che l’aveva fatta entrare lui al castello, e anche se fosse riuscito a dimostrare la sua innocenza avrebbe passato un bel po’ di grane.

«La mia domanda non cambia. Cosa ci fai qui?»

«Oh, quanto sei diretto. Piuttosto, non ti complimenti con me? Ti ho fregato alla grande!»

«Ti concedo che davvero non pensavo riuscissi a infiltrarti qua dentro...»

«Grazie. E per il travestimento?»

Kaito fece una smorfia: «Pozione Polisucco. Hai continuato a berla durante la cena per farne durare l’effetto. Complimenti per averne annullato la puzza, piuttosto dov’è la povera ragazza di cui hai preso il posto?»

Akako lo guardò sorpresa: «Oh, avete già studiato la Pozione Polisucco? Pensavo fosse più avanti nel programma!»

«Non cambiare argomento e rispondimi.»

«Addormentata nel vascello di Durmstrang. Le modificherò i ricordi e le farò credere di aver partecipato davvero al Ballo.»

«Sei diabolica.»

«Grazie per il complimento, Kaito-kun. E sul mio accento russo? L’ho studiato per due settimane per ingannarti a dovere...»

Kaito la guardò serissima: « Cosa ci fai qui?»

Akako sorrise maliziosa: «Volevo strapparti un ballo a tua insaputa, e ci sono riuscita alla grande.»

«Non mi freghi. Non metteresti su un piano così elaborato per così poco. Avanti, voglio la verità.»

Akako non rispose subito, continuò a volteggiare ancora per qualche minuto, trascinandosi dietro un riottoso Kaito, che con la coda dell’occhio poté notare altre cose curiose, come il professor Silente ballare con la professoressa Sprite e Ludo Bagman fare il baciamano alla professoressa McGranitt. Poi alla fine parlò.

«Ti andrebbe di tornare a casa?»

Il prestigiatore la guardò serio: «In che senso?»

«Nel senso di tornare in Giappone. Di frequentare la scuola di magia giapponese.»

Kaito ridacchiò: «Non posso! Me l’hai detto tu che è frequentata solo da bambini, no?»

«Sei fuori età anche per Hogwarts e non mi pare che per te sia mai stato un problema finora! Su, pensaci bene: niente più viaggi estenuanti, una visione della magia più vicina alla tua cultura, una bella occasione di arricchimento culturale... ho parlato con i professori, potrebbero darti lezioni private, senza farti frequentare con gli altri bambini, e potresti persino tornare a casa a dormire tutte le sere!»

«Addirittura? Ti sei data davvero da fare per arrivare al punto di contattare già la scuola!»

Akako non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo, ma Kaito quasi non lo notò, immerso nei suoi pensieri. Mahoutokoro...

In condizioni normali non sarebbe stata neanche una cattiva proposta. Poter stare vicino ai suoi amici, ad Aoko, senza sempre dover sparire per mesi... forse, se quella proposta gli fosse stata fatta l’anno prima, ci avrebbe pensato molto seriamente.

Ma la situazione era cambiata. Innanzitutto aveva dei buoni motivi per non avere questa smania di rivedere così in fretta la sua famiglia, e di non voler riprendere subito i panni di Kid; anche la questione dei viaggi non era più potenzialmente così incidente, con la Smaterializzazione poteva arrivare ovunque in una frazione di secondo; e gli amici... aveva un sacco di amici anche lì ad Hogwarts. Andarsene avrebbe significato abbandonarli per sempre, mentre invece continuando a fare come aveva fatto fino a quel momento bene o male era riuscito a mantenere i rapporti sia con la sua vita giapponese che inglese.

Più di tutto, però, c’erano delle parole che gli rimbombavano in testa.

 

«No, no... non deve rimanere da solo o finirà nelle mani sbagliate. Non voglio che mio figlio riceva un’educazione come la mia! Se finisce nelle mani di Mahoutokoro è perduto...»

 

Suo padre aveva fatto di tutto, letteralmente di tutto, per non farlo andare in quell’istituto. Accettare la proposta di Akako avrebbe significato tradirlo, e nonostante tutte le bugie che gli aveva raccontato per tutta la vita, sapeva che l’aveva fatto perché gli voleva bene. No, non si sentiva ancora pronto a voltare le spalle così al prestigiatore più bravo del mondo, al suo idolo di sempre, a suo padre.

«Grazie per la proposta, Akako, ma sto bene qui.»

«Sei sicuro? Una proposta del genere potrebbe non arrivare mai più.»

«Lo so, ma qui mi trovo molto bene.»

«E Aoko? E me?»

Kaito sorrise: «Ormai so che sapete aspettare.»

Akako scivolò dalle braccia di Kaito e con un sorriso triste fece per uscire dalla Sala Grande. Kaito le andò dietro, non sapendo esattamente come potesse reagire la ragazza al suo rifiuto.

«Kitai shimasu! Kitai shimasu!»

Poi, notando qualcuno che lo guardava male, aggiunse in russo e in inglese: «Ozhidat'! Aspetta!»

Akako si fermò giusto sul portone d’ingresso, guardandolo con aria malinconica, e continuando a parlare in giapponese: «No, Kaito, non posso fermarmi. Tu sai come mi sono infiltrata qui, e sai che non posso aspettare. Ci sentiremo ancora.»

Kaito guardò l’orologio dell’ingresso. Era già passata un’ora da quando avevano cominciato a ballare?

Con un gesto della bacchetta, Akako fece comparire fra le mani di Kaito una rosa gialla. Gelosia.

«Grazie per la bella serata. Do svidaniya. Sayonara.»

E corse via nel parco, prima che Kaito potesse inseguirla. Per un momento Akako maledisse il fatto che dentro Hogwarts non ci si potesse smaterializzare, o avrebbe avuto un metodo sicuro per essere certa che Kaito non la seguisse. Mentre correva, fra i suoi capelli cominciarono ad apparire ciocche scure e il suo volto cominciò ad assumere tratti orientali che male si abbinavano al resto. Non fu facile continuare a correre mentre il corpo subiva una metamorfosi, ma quando rientrò nel vascello di Durmstrang Akako era già tornata se stessa. Sospirò, mentre con un rapido movimento della bacchetta si cambiava d’abito. Non era stato facile, neanche un pochino. Dopo aver ripreso un attimo fiato, andò a controllare come stesse la vera Arseniya, e come aveva promesso le modificò nel sonno i ricordi, per darle almeno l’illusione di aver passato una bella serata con un misterioso ragazzo orientale... bello e coraggioso, così coraggioso da essersi presentato al ballo vestito da Kid... quanto le aveva sussultato il cuore quando l’aveva visto... aveva dovuto aspettare un po’ di tempo per avvicinarlo proprio per recuperare la calma e il controllo di sé.

Come da accordi, Akako si diresse verso l’ufficio di Karkaroff. Era in anticipo, lo sapeva, ma avrebbe atteso. Kaito non aveva tutti i torti, in quel periodo persino lei aveva imparato ad aspettare. Sospirò ancora. Nonostante tutto... nonostante tutto era così felice che Kaito avesse rifiutato la sua offerta...

 

Come da tradizione, tre settimane prima di Natale, la sua annata di ex studenti della Mahoutokoro si ritrovava per una cena, per salutarsi e per informarsi a vicenda degli ultimi e rispettivi sviluppi in campo magico. E come da tradizione la tavolata era presieduta da colui che li aveva indirizzati nel loro percorso di studi, il preside Nabe, che persino in quell’occasione informale continuava a riservarsi un ruolo di comando e controllo, dando la parola a ognuno e facendo domande ben precise sulle loro vite private. Akako era sempre felice di quelle cene, dove poteva essere se stessa senza remore, circondata da altre persone che, per la maggior parte, amavano come lei le Arti Oscure.

Il preside Nabe, a un certo punto, si rivolse a lei: «Allora, Koizumi, hai poi trovato notizie precise sulla localizzazione di Hogwarts?»

La ragazza ne rimase sorpresa, poi sorrise: «Vedo che come sempre non le sfugge nulla, preside.»

L’uomo le restituì il sorriso mellifluo: «Infatti. Era una ricerca piuttosto interessante, e me ne sono giunte voci. Hai fatto progressi?»

«Purtroppo no, signore.»

«Peccato... ma, se posso chiedere, come mai t’interessava tanto?»

Akako trattenne un sospiro. La cortesia mostrata dal preside era poco veritiera, la ragazza sapeva benissimo di non potersi sottrarre alla domanda, come sempre.

«Un mio conoscente è stato iscritto in quell’istituto, e la cosa mi è parsa strana, essendo giapponese... semplice curiosità.»

Gli occhi di Nabe si accesero di una vivida luce: «Hai ragione, effettivamente è piuttosto strano... come si chiama?»

Akako fu combattuta per qualche secondo. La curiosità del preside non era un bel segnale, ma non aveva altra scelta. Era sua abitudine condire le sue cene con abbondanti dosi di Veritaserum, e tutti lo sapevano bene.

«Kaito Kuroba.»

L’uomo rimase sovrappensiero per un po’: «Kuroba, eh?»

Per il resto della cena non ripresero più l’argomento, ma appena prima di andarsene Akako venne fermata dal preside.

«Koizumi, potresti venire un attimo nel mio ufficio?»

 

Ecco come si era ritrovata dall’altra parte del mondo, nell’ufficio di Karkaroff, vecchio amico di Nabe, a dover fare una proposta che lei non si sarebbe mai sognata di fare. Sospirò ancora, trattenendo una lacrima. Kaito purtroppo non avrebbe mai capito, e forse se l’era inimicato una volta di più, proprio nel momento in cui avevano ricominciato ad andare più d’accordo.

 

 

George, rimasto senza accompagnatrici, vide Kaito avviarsi verso la scalinata.

«Kaito! Ehi, Kaito!»

«Ciao, George. Tutto bene?»

«Quello lo chiedo a te! Come mai vai via così presto?»

Il prestigiatore si limitò ad agitare la rosa gialla che gli era rimasta in mano: «La mia accompagnatrice mi ha appena dato buca.»

«La misteriosa studentessa di Durmstrang

Kaito sorrise tristemente: «Ne avessi azzeccata una... non era misteriosa, non era di Durmstrang e non era neppure una studentessa!»

George era sempre più confuso: «Che... che significa?»

«Vorrei saperlo pure io. L’ultima cosa che mi sarei aspettato di trovarmi qui era una visita da casa.»

«Non capisco.»

Il ragazzo sospirò, visibilmente stanco: «Neppure io. Ti spiace se ne riparliamo domani? Magari mi sarò chiarito un po’ le idee, ora ho davvero bisogno di dormire.»

«D’accordo.»

«Vai a goderti la festa, ok? Sto bene.»

«Come preferisci. Buonanotte, allora.»

«Buonanotte.»

Il ragazzo salì la gradinata e, appena fu sicuro che nessuno fosse nei paraggi, si smaterializzò direttamente nel dormitorio del terzo anno. In due secondi netti si cambiò d’abito, per poi mettersi a letto. Aveva rinunciato alle sue vacanze per stare lontano dai suoi soliti pasticci, e poi questi l’avevano inseguito fin lì. Che strano destino...

Osservò ancora una volta la rosa che gli aveva lasciato Akako. Già, Akako... era stata strana. Forse non più strana del solito, ma lo era stata in modo... diverso, seppure non sapesse spiegare neppure a se stesso come. Aveva l’impressione che gli stesse sfuggendo qualcosa di grosso, forse dopo una dormita gli si sarebbero schiarite le idee.

Con un gesto della mano fece sparire la rosa e chiuse gli occhi. Quando gli altri Grifondoro tornarono dal Ballo del Ceppo, si era già addormentato da un pezzo.

 

 

E rieccomi! Mi dispiace tantissimo che sia passato così tanto tempo dall’ultimo aggiornamento, purtroppo il lavoro, qualche problema e un piccolo blocco creativo su questa storia mi hanno rallentato più di quanto avrei voluto. Ho cercato di tenermi comunque attiva nella scrittura (se vi piacciono storie fantastiche, i romanzi di Miss Peregrine, i Pokémon e prossimamente su questi schermi Animali Fantastici e dove trovarli buttate un occhio alla mia pagina), e spero di riuscire a ritornare al vecchio ritmo. Sappiate sempre che non ho intenzione di abbandonare questa storia.

Se volete approfondire qualcosa su questo capitolo, fate una ricerchina sul linguaggio dei fiori, potreste scoprire notizie interessanti...

Intanto ringrazio come sempre chi ha commentato, ovvero fenris, mergana, Valedd32, _happy_04, sophi33, Lunaby e Tsuki no Sasuke.

Prossimo capitolo? I Malandrini torneranno in azione per aiutare un paio di persone in difficoltà...

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 36
*** S.O.S. Malandrini all’opera! ***


S.O.S. Malandrini all’opera!

 

La professoressa Burbage sorrise soddisfatta: «Ottimo lavoro con quei circuiti elettrici, ragazzi! Ora saremo in grado di parlare della tecnologia babbana...»

I vari studenti salutarono educatamente l’insegnante e si allontanarono dall’aula, mentre Kaito venne trattenuto ancora per un attimo.

«Grazie per avermi procurato questo interessantissimo libro babbano

Il ragazzo sorrise: «Non è nulla, è solo un libro di scuola superiore.»

«Sto pensando di andare ad acquistare altri libri scolastici, sono molto pratici.»

«Mi sembra una buona idea. Adesso mi scusi, ma devo proprio andare.»

«Certo, certo. Arrivederci, Kuroba.»

Il ragazzo sospirò, uscendo dalla stanza. In un certo senso quelle lezioni erano per lui inutili, ma d’altra parte era un modo come un altro per avere un contatto con il mondo che lo attendeva a casa e che a volte gli mancava più che mai. Salì le scale di corsa, per tornare in fretta nella Sala Comune, ma al settimo piano si ritrovò i Malandrini con un foglio in mano e una faccia da funerale.

«Ragazzi, che succede?»

George non rispose, limitandosi a porgere il foglio. Era una pagina di giornale.

 

L'ERRORE GIGANTESCO DI SILENTE

Albus Silente, eccentrico Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non ha mai avuto paura di fare scelte discutibili in fatto di personale docente, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. A settembre di quest'anno ha assunto Alastor «Malocchio» Moody, il noto ex Auror iettatore, per insegnare Difesa contro le Arti Oscure, una decisione che ha fatto aggrottare molte fronti al Ministero della Magia, data la ben nota abitudine di Moody di aggredire chiunque faccia un movimento brusco in sua presenza. Malocchio Moody, comunque, sembra gentile e responsabile, se confrontato con il semiumano che Silente ha assunto per insegnare Cura delle Creature Magiche.

Rubeus Hagrid, che ammette di essere stato espulso da Hogwarts al terzo anno, da allora si gode il posto di guardiacaccia, lavoro garantitogli da Silente. Lo scorso anno, però, Hagrid ha fatto uso della sua misteriosa influenza sul Preside per assicurarsi anche il posto di insegnante di Cura delle Creature Magiche, davanti a parecchi candidati con migliori credenziali.

Hagrid, decisamente enorme e feroce di aspetto, ha usato l'autorità da poco acquisita per terrorizzare gli studenti a lui affidati con una successione di orrende creature. Mentre Silente finge di non vedere, Hagrid ha causato menomazioni a parecchi allievi durante una serie di lezioni che molti ammettono essere state «decisamente spaventose». «Io sono stato aggredito da un Ippogrifo, e il mio amico Vìncent Tiger si è preso un brutto morso da un Vermicolo» dichiara Draco Malfoy, uno studente del quarto anno. «Tutti quanti detestiamo Hagrid, ma abbiamo troppa paura per parlare».

Hagrid non intende comunque porre fine alla sua campagna intimidatoria. Nel corso della sua conversazione con un inviato della Gazzetta del Profeta il mese scorso, ha ammesso di allevare creature che ha battezzato «Schiopodi Sparacoda»: si tratta di un incrocio altamente pericoloso tra una Manticora e un Fiammagranchio. La creazione di nuove razze di creature magiche è, come tutti sanno, un'attività generalmente tenuta sotto stretto controllo dall'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Hagrid, a quanto pare, si considera al di sopra di queste futili restrizioni.

«Mi stavo solo divertendo un po'» ha dichiarato prima di cambiare argomento in fretta e furia.

Come se non bastasse, la Gazzetta del Profeta ha ora scoperto le prove del fatto che Hagrid non è - come ha sempre finto di essere - un mago purosangue. In effetti non è nemmeno un umano purosangue. Siamo in grado di rivelare in esclusiva che sua madre è nientemeno che la gigantessa Fridwulfa, il cui domicilio è attualmente sconosciuto.

Sanguinari e violenti, i giganti sono arrivati alla soglia dell'estinzione combattendo gli uni contro gli altri nel corso dell'ultimo secolo. I pochi superstiti si sono uniti a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, e si sono macchiati di alcune delle più terribili stragi di Babbani del suo regno di terrore.

Mentre molti dei giganti che hanno servito Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sono stati uccisi dagli Auror in lotta contro il Lato Oscuro, Fridwulfa non era tra di loro. È possibile che sia fuggita in una delle comunità di giganti ancora esistenti tra monti stranieri. Se le sue bizzarrie nel corso delle lezioni di Cura delle Creature Magiche significano qualcosa, comunque, il figlio di Fridwulfa sembra aver ereditato la sua natura violenta.

Per un bizzarro scherzo del fato, Hagrid pare aver stretto una salda amicizia con il ragazzo che ha provocato la caduta di Voi-Sapete-Chi, costringendo di conseguenza la propria stessa madre, come il resto dei sostenitori di Voi-Sapete-Chi, a nascondersi. Forse Harry Potter non conosce la sgradevole verità sul suo grosso amico: ma Albus Silente certo ha il dovere di garantire che Harry Potter, con i suoi compagni, sia messo in guardia contro i pericoli che corre chi frequenta Mezzigiganti.

 

Sheridan era molto abbattuta: «Edizione serale della Gazzetta del Profeta, credo che Aoko ne abbia una copia anche per te...»

Kaito era semplicemente sconvolto: «Rita Skeeter! Ancora lei! Ma con tutte le idiozie che scrive c’è qualcuno che la segue?»

Fred sospirò: «Moltissime persone, anche insospettabili, credono più a lei che a Silente.»

George annuì: «Tra cui nostra madre, che ci ha già chiesto di dis-iscriverci da Cura delle Creature Magiche.»

Kaito continuava a rileggere l’articolo scuotendo la testa: «È... è assurdo! Conosciamo Hagrid da anni, non è assolutamente nulla di quanto descritto in questo articolo!»

Sheridan fece una smorfia: «Forse Mezzogigante sì, però, questo dovrai ammetterlo.»

Il prestigiatore sbarrò gli occhi sconvolto: «E allora? Conosco babbani, maghi, streghe, fantasmi, folletti, Lupi Mannari, Animagus, Basilischi, Schiopodi Sparacoda, detective, bambini super intelligenti, fan girl assatanate, Gazza e Mrs Purr, non mi pare che sia un problema aggiungere alla lista anche un Mezzogigante! Credete davvero ancora alle fiabe con gli orchi che mangiano i bambini?»

Fred si rese subito conto che l’amico non era in grado di comprendere la gravità della situazione: «Forse per te è più facile proprio perché vieni dal mondo babbano, ma per un mago la cosa è più complicata... vedi, i Giganti hanno causato veramente molte vittime nella comunità magica e babbana

Kaito arrotolò il giornale nervosamente: «Ma è Hagrid! Lui ha mai fatto qualcosa di male? Non è neppure colpevole della propria espulsione! È ingenuo, vive in un mondo tutto suo fatto di bestie brutte e qualche volta pericolose, ma per i suoi studenti e amici è pronto a sacrificare se stesso.»

Fred annuì con un sorriso triste: «Lo sappiamo benissimo.»

Ripensò per un momento a quel giorno di tre anni prima, quando incontrò Hagrid all’aeroporto.

 

«Oh, Kaito, eccoti finalmente! E non osare mai più chiamarmi signore, chiaro? Sono Rubeus Hagrid, custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts!»

«Ma avete tutti dei titoli così lunghi?»

«Nonostante il titolone, sono solo il guardiacaccia! E mi puoi chiamare tranquillamente Hagrid, come fanno tutti! Il professor Silente mi ha parlato molto bene di te, mi ha detto che sei uno in gamba…»

«Mi fa piacere!»

«… e che devo convincerti dell’esistenza della magia portandoti a Diagon Alley, altrimenti non verrai a Hogwarts! È una grossa responsabilità, ma io sono l’uomo di fiducia del preside e non mi tiro indietro! Avanti, allora, andiamo!»

 

Ed aveva mantenuto la parola, non si era mai tirato indietro. Fino a quel momento.

George disse: «Infatti abbiamo risposto a mamma che non ci interessa cosa scrive Rita Skeeter, ma solo quello che abbiamo vissuto con lui.»

Sheridan alzò le spalle: «I miei non seguono la Gazzetta, quindi non credo ci siano problemi.»

Kaito sorrise, cercando di recuperare la sua faccia da poker e porgendo loro le mani: «Che ne dite di fare una veloce visitina ad Hagrid, per vedere come sta?»

In un attimo i quattro si ritrovarono davanti alla porta della capanna di Hagrid. Tutte le tende erano tirate e s’intravvedeva solo la luce del caminetto.

Dopo un momento di esitazione, Kaito bussò alla porta: «Hagrid?»

Nessuna risposta. Riprovarono tutti, a turno, ma l’omone non rispose mai. Un po’ amareggiati, tornarono indietro, smaterializzandosi tutti in quell’aula abbandonata che spesso usavano come punto d’incontro. Kaito li lasciò andare e si buttò a sedere su un banco, un po’ corrucciato: «Me l’aspettavo, ma speravo che Hagrid fosse più forte di due parole su questa carta straccia.»

Futago sospirò: «Te l’avevo detto, Mangetsu, per i maghi la questione è più delicata.»

Il gemello continuò: «Un po’ più di un secolo fa ci fu una guerra fra giganti che fu una vera e propria catastrofe: babbani uccisi, villaggi distrutti, giganti e mezzo giganti che si trucidavano tra loro con la forza fisica o con la magia... oltre a questi danni materiali, ci furono anche gli ovvi problemi di segretezza. Insomma, un gigante è... bè... gigante, lo vede anche un babbano! Pensa a tanti giganti che si combattono!»

Momoka concluse: «Anche se la situazione si è calmata, i pregiudizi sui mezzo giganti sono rimasti, anche in virtù della natura non proprio pacifica del genitore.»

Mangetsu sbuffò: «E figurati se i pregiudizi spariscono...»

Una voce, accompagnata da una risata stridula, fece trasalire Kaito e Sheridan: «Già... non sono mica fantasmi!»

I gemelli, invece sospirarono rassegnati: «Ciao Pix! Anche tu da queste parti?»

Il poltergeist comparve in mezzo alla stanza: «Oh, io sono ovunque si complotti...»

Kaito alzò gli occhi al cielo. Non aveva avuto troppe occasioni per interagire con Pix, ma la sua fama era rinomata, e i suoi scherzi malandrini ancora di più.

«... e voi quattro complottate veramente tanto! Siete divertenti voi Malandrini!»

Uno sguardo preoccupato passò fra gli occhi di tre Malandrini su quattro. Se Pix era a conoscenza delle loro attività, tutto il loro lavoro era potenzialmente a rischio. Kaito, come sempre, mantenne la sua faccia da poker, anzi, sorrise persino divertito.

«Allora, Pix, cosa vuoi da noi? Se ci segui da così tanto tempo e non ci hai detto o fatto niente finora, significa che qualcosa è cambiato.»

Pix fece un inchino molto sgraziato: «Non ti si può nascondere nulla, Mangetsu. Mi servirebbe un aiutino per un bello scherzo che voglio fare a Gazza, e penso che voi possiate darmelo.»

«In cambio del tuo silenzio.»

«In cambio del mio silenzio e di un nome in codice!»

Kaito alzò un sopracciglio, divertito: «Non pensavo ti interessassero queste cose!»

Il poltergeist ridacchiò: «Mi interessa tutto ciò che è divertente.»

Fred e George si scambiarono uno sguardo d’intesa e proposero in coro: «Abbiamo un’offerta ancora migliore!»

Pix si sfregò le mani: «Sentiamo!»

«Se ce lo chiedi, ti copriremo per i tuoi scherzi...»

«... ma se te lo chiediamo, tu farai lo stesso per i nostri.»

Sheridan annuì: «Mi pare un buon affare. Ci stai?»

Pix afferrò le mani di tutti i presenti: «Andata! Allora, il mio nome da Malandrino?»

Kaito ci pensò un po’ su, poi rispose: «Gōsuto. Significa fantasma in giapponese, ma non c’è un vero e proprio nome per il poltergeist, credo sia quello che si avvicini di più...»

Pix alzò le spalle: «Va bene. Vi darò presto mie notizie!»

E sparì ridacchiando sguaiatamente. Rimasti soli, i Malandrini sospirarono.

«Perché ho l’impressione di aver appena fatto l’idiozia più grossa della mia vita?»

«Forse no. Con tutto quello che abbiamo in programma un aiuto in più penso possa servire.»

Sheridan scosse la testa: «Che abbiamo in agenda oltre l’aiutare i Campioni e Hagrid?»

Kaito fece un’espressione estremamente malandrina: «E una vendetta contro la Skeeter

Momoka lo guardò sorpresa: «Ma Mangestu! Quello era compreso nel pacchetto di aiuto ad Hagrid!»

I gemelli risero: «E allora direi che siamo a posto.»

 

Qualche giorno dopo Kaito, Sheridan, Stephen, Ginny e Colin si avviarono verso la capanna di Hagrid. Le lezioni di Cura delle Creature Magiche non erano mai state annullate, nonostante il guardiacaccia non fosse mai uscito dalla sua casupola. Kaito era estremamente preoccupato, era andato ogni giorno a controllare che l’amico stesse bene, persino quando aveva saltato l’uscita ad Hosmegade per studiare, ma non aveva mai avuto risposta e piombargli direttamente in casa, per quanto fosse in suo potere, gli sembrava anche tremendamente maleducato e irrispettoso.

Sheridan sembrava abbattuta: «Secondo te questa volta verrà a farci lezione?»

Ginny scosse la testa: «Penso ci sarà ancora la supplente...»

Stephen fece una smorfia: «Se Hagrid non esce nemmeno per controllare gli Schiopodi, allora la situazione è proprio grave.»

Colin invece non disse nulla, stringendo con forza la sua borsa. Kaito non poté non notare la stranezza del suo comportamento. Nessun commento, nemmeno sulla possibilità di poter fare qualche foto?

Non ci fu però il tempo di approfondire, perché davanti alla capanna si ritrovarono una vecchia strega coi capelli grigi tagliati cortissimi e il mento molto pronunciato.

«Muovetevi, allora, la campana è suonata cinque minuti fa.»

Ormai avevano imparato a conoscere lo stile della professoressa Caporal, quindi i Grifondoro si affrettarono a raggiungerla. L’insegnante avanzò lungo il recinto degli enormi cavalli di Beauxbatons, che tremavano di freddo, mentre gli studenti le andavano dietro in silenzio, in fila indiana, come paperelle dietro alla mamma. Qualcuno lanciò uno sguardo malinconico alle proprie spalle, come per controllare se Hagrid si fosse affacciato alla finestra, ma poi sospirando tornarono a seguire la nuova docente. Si fermarono solo quando giunsero a un albero al limitare della Foresta, dov'era legato un grosso, bell'esemplare di unicorno. Un coro di ammirazione si levò dalle ragazze. L'unicorno era di un bianco cosi splendente che a confronto la neve sembrava grigia. Grattava il suolo nervosamente con gli zoccoli d'oro, gettando indietro la testa cornuta.

La professoressa Caporal tese un braccio «I ragazzi stiano indietro! Preferiscono il tocco femminile, gli unicorni. Le ragazze davanti, e avvicinatevi con cautela. Avanti, adagio!»

Lei e le ragazze avanzarono lentamente verso l'unicorno, lasciando i ragazzi indietro, vicino alla staccionata, a guardare.

Kaito rifletté ad alta voce: «Che strano, anche Harry mi aveva parlato di unicorni... ci fanno la stessa lezione?»

Stephen alzò le spalle: «Evidentemente la professoressa avrà ritenuto che fossero indietro col programma.»

Il prestigiatore rimase un attimo in silenzio, poi trasalì. Il compagno lo guardò preoccupato: «Che succede?»

«Ragiona per un momento, Stephen! Abbiamo davanti a noi una creatura magica bellissima, rara da vedere e immobilizzata... non ti sembra che manchi qualcosa?»

Il ragazzo non rispose, sempre più perplesso e Kaito sussurrò all’orecchio: «Un flash, ad esempio?»

Solo a quel punto Stephen capì e sbarrò gli occhi: «Dov’è Colin?»

Il prestigiatore sospirò: «Aspetta qui, lo vado a cercare.»

«Vengo anch’io.»

«No, se spariscono tutti i Grifondoro la Caporal se ne accorgerà! E poi sono abituato a mettermi nei guai, tu cerca di tenerti la fedina penale pulita finché puoi.»

Stephen, riluttante, annuì: «D’accordo.»

E con nonchalance Kaito arretrò sempre di più, fino a sparire alla vista della Caporal, poi si voltò e si mise a correre. Dove poteva essere andato Colin? Cosa poteva esserci di più interessante di un unicorno da fotografare?

Un grido lo fece trasalire. Proveniva dalla foresta. Senza riflettere ulteriormente, Kaito si diresse da quella parte. Un altro grido gli confermò i suoi peggiori timori.

«Colin!»

Il grido aumentò ancora, per poi placarsi di colpo. La faccia da poker di Kaito fu messa a durissima prova in quei pochi secondi necessari a fargli raggiungere la zona, ma quello che vide lo lasciò per un attimo immobilizzato. Colin era a terra, spaventato, mentre Hagrid allontanava a forza un ragno grande come il ragazzino. La macchina fotografica era stata spiaccicata su un albero come una frittella.

D’istinto Kaito afferrò la bacchetta e gridò: «Wingardium Leviosa!»

Il ragno si sollevò da Hagrid e rimase a fluttuare a mezz’aria, agitandosi un po’. Per un paio di secondi sembrò che qualcuno avesse premuto il pulsante del fermo immagine, poi Kaito sospirò: «State bene?»

Colin annuì in modo frenetico e Hagrid rispose sommessamente: «Sì, grazie.»

Il prestigiatore rispose con calma: «Bene. Hagrid, come posso fare atterrare questo ragno senza che ci salti nuovamente addosso?»

«Basterà uscire dalla Foresta, ci considera intrusi nel suo territorio. O almeno, considera voi due degli intrusi nel suo territorio, mi conosce ma non si fida di voi.»

«D’accordo. Colin vieni, andiamo via.»

Il ragazzino si alzò e velocemente si allontanò, mentre Kaito arretrava lentamente, mantenendo l’incantesimo. Non appena Hagrid diede il segnale, il prestigiatore lasciò andare il ragno, che zampettò via velocemente. Il tempo di tirare un sospiro di sollievo e si voltò subito verso Colin: «Cos’è successo?»

Il ragazzo sembrava sull’orlo di una crisi di pianto: «Io... io volevo solo aiutare Hagrid a stare un po’ meglio... ho pensato che se rimaneva sempre chiuso in casa magari non sapeva come stessero gli animali, così volevo fotografarli e passargli le foto da sotto la porta...»

Hagrid si avvicinò, mentre Colin continuava a parlare, come un fiume in piena: «Sono andato dagli Schiopodi Sparacoda ed è andato tutto bene, così ho provato ad avvicinarmi alla Foresta... non volevo avventurarmi troppo, ho fatto attenzione a non perdermi, ma non ho pensato che il flash potesse spaventare quel ragno... poi Hagrid deve avermi sentito urlare, è uscito e...»

Senza lasciargli il tempo di concludere, il guardiacaccia lo sollevò di peso e lo strinse a sé con delicatezza: «Grazie. È stato un pensiero bellissimo, ma non ti devi mai più metterti in pericolo per me.»

Colin ricambiò l’abbraccio: «E tu non devi chiuderti in casa, non è giusto, non hai fatto niente di male.»

Senza lasciarlo Hagrid rispose: «Lo so, lo so... ci sono venuti Harry, Ron, Hermione e persino il professor Silente ieri sera a dirmelo... ma ero ancora un po’ indeciso.»

Kaito si decise a intervenire: «E adesso?»

Finalmente il guardiacaccia tornò a posare Colin a terra: «Adesso so che a voi ci servo ancora.»

Il piccolo Canon lo guardò speranzoso: «Tornerai a fare lezione?»

Hagrid annuì: «Ora vi conviene tornare, o finite entrambi in punizione. Ci vediamo dopo in Sala Grande.»

«Lo prometti?»

«Promesso. Andate, andate.»

Colin tornò sui suoi passi con un sorrisone, incurante della perdita della sua macchina fotografica, e il prestigiatore gli andò dietro.

«Ah, Kaito?»

Il ragazzo si voltò: «Sì?»

Hagrid aveva l’aria un po’ imbarazzata: «Grazie anche a te.»

Kaito alzò le spalle: «Figurati, per un Wingardium Leviosa...»

Il guardiacaccia scosse la testa: «Per essere venuto tutti i giorni a trovarmi anche se non ti aprivo mai.»

Kaito gli rivolse un sorriso malinconico: «Tu mi hai fatto entrare in questo mondo, farti tornare fra noi era il minimo. Per fortuna sei uscito prima che tentassi di scassinare la porta.»

E con un cenno della testa da parte di entrambi si congedarono.

 

Sheridan abbassò il libro mentre, finalmente, Colin, Kaito e Stephen tornavano nel dormitorio, completamente sporchi da qualcosa di indefinito ma sicuramente puzzolente e non piacevole.

«Bentornati. Tutto bene?»

Stephen fece una smorfia: «Non ho capito perché la Caporal ha messo in punizione pure me.»

Kaito sospirò: «Perché sei un pessimo alibi. Metterti a balbettare mentre ti chiedeva dove fossimo finiti era la cosa peggiore che potessi fare.»

Il compagno arrossì, tanto che le sue lentiggini quasi scomparvero: «Non sono bravo a mentire se mi prendono di sorpresa...»

Colin chiese: «Hagrid c’era a pranzo?»

Sheridan sorrise: «Sì, è venuto.»

Kaito si stiracchiò: «E allora è valsa la pena strigliare e sistemare le stalle dei cavalli di Beauxbatons. Io vado a darmi una lavata!»

Sheridan lo fermò e gli sussurrò: «Ah, a proposito di bagno... dopo riunione extra dei Malandrini.»

Kaito la guardò di storto: «E che c’entra il bagno?»

«Lo scoprirai.»

Dopo l’indispensabile ripulita e la gradita cena, Fred, George e Kaito pendevano dalle labbra di Sheridan.

«Mentre voi eravate... impegnati, oggi pomeriggio...»

Futago diede una gomitata a Mangetsu: «Tu cosa facevi di bello?»

«Spalavo il letame dei cavalli di Beauxbatons per aver salvato Colin da un ragno gigante nella Foresta.»

Soseiji lo guardò ammirato: «Wow, abbiamo un eroe tra noi! Sì, bè, a parte la questione del letame...»

Mangetsu alzò gli occhi al cielo divertito: «E voi?»

«Lanciavamo Caccabomba nei sotterranei per distrarre Gazza e permettere a... Gosuto, giusto?»

Kaito sospirò, decidendo di lasciare perdere la pronuncia: «Sì, il soprannome di Pix è quello.»

«A Pix, appunto, di smontare tutte le armature del quarto piano per creare la riproduzione in scala 1:1 di un Erumpent e dare la carica ai poveracci che passavano di lì... piuttosto divertente, devo ammetterlo.»

Momoka tossicchiò nervosamente e tutti i maschi si zittirono.

«Grazie. Dicevo, mentre eravate impegnati, chi in un modo, chi nell’altro, io ho trovato il modo di aiutare Harry.»

Kaito la guardò sorpresa: «Davvero? E come hai fatto?»

La ragazza li guardò con aria veramente malandrina e soddisfatta: «Ho pedinato Fleur Delacour mentre armeggiava con l’Uovo d’oro. Ah, Kaito, spero che non ti dispiaccia, per passare inosservata ho preso dal tuo baule una parrucca e una delle tue maschere.»

I gemelli si guardarono ridendo: «Ehi, attenzione! Ha rubato a un ladro!»

«Brutto colpo per Kaito Kid, signori!»

Il prestigiatore li guardò con aria fintamente arrabbiata, poi rispose: «Hai fatto bene, te le avrei date io se ci fossi stato. Cos’hai scoperto?»

«L’uovo va aperto in acqua, in questo modo i versi striduli che emette normalmente si trasformano in un canto melodioso che contiene indizi.»

«Hai sentito cosa ha detto?»

Momoka arrossì leggermente: «Purtroppo il messaggio era in francese, e io in quella lingua conosco giusto buon jour...»

Mangetsu schioccò le dita per disappunto: «Accidenti, se ci fossi stato lo avrei tradotto senza problemi... non ti ricordi proprio nulla?»

La ragazza scosse la testa e Futago rifletté: «Bè, in fondo ha senso, hanno personalizzato l’Uovo per ogni Campione. Probabilmente solo quelli di Diggory ed Harry sono uguali.»

Soseiji sbottò: «Bè, cominciamo a dire questo ad Harry, poi probabilmente troverà un modo per capire cosa gli verrà detto, alla peggio può chiedere a noi, oppure ancora meglio ad Hermione.»

«Che facciamo, andiamo e glielo diciamo così?»

Fred scosse la testa: «Credo che qualcosa abbia intuito da solo, perché l’ho sentito complottare con Ron per uscire domani notte per andare al bagno.»

Kaito ridacchiò: «E se ci limitassimo a dargli un... libretto d’istruzioni? Giusto per essere sicuri.»

Sheridan lo guardò di storto: «Vuoi stampare un manuale?»

«No, voglio fornirgli qualcuno in grado di fargli un bel tutorial.»

George alzò le spalle: «Ok, chi va?»

«Nessuno di noi. Ron ha parlato di un bagno, vero?»

«Sì...»

George sbarrò gli occhi: «Ho capito!»

Il prestigiatore fece un occhiolino: «Aspettatemi un attimo, vado a fare una visitina al bagno delle ragazze al secondo piano e torno subito.»

Nel giro di dieci minuti Kaito riapparì con aria soddisfatta: «Ecco fatto! Mirtilla ci farà volentieri da complice, dopotutto anche lei ci tiene ad Harry.»

Fred era leggermente perplesso: «Saprà recitare bene la parte o dirà che glielo abbiamo detto noi?»

Mangetsu scoppiò a ridere: «Non conosco nessuno con un talento teatrale drammatico grande come quello di Mirtilla Malcontenta!»

«Giusta osservazione.»

«Vi dispiace solo se la vendetta per la Skeeter la sistemiamo un’altra volta? Sono stanco morto e non vedo l’ora di andare a dormire...»

«È dura spalare, eh?»

«Zitti, voi. Volete che vi riporti in dormitorio?»

«No, tranquillo, rimaniamo ancora un po’. Buona notte, a domani.»

«Grazie, anche a voi.»

In attimo Kaito si ritrovò nel dormitorio, pronto ad infilarsi sotto le coperte. Stava già per infilarsi il pigiama, quando sentì qualcosa picchiettare con forza a una finestra. Si voltò. Era un uccello che Kaito non aveva mai visto, ma che aveva una lettera legata alla zampa.

Il prestigiatore gli aprì: «Cercavi me?»

L’uccello agitò la zampa e il ragazzo lo prese per un sì. Gli slegò il messaggio e lo srotolò:

 

Ciao Kaito,

è un po’ che non ci sentiamo. Volevo chiederti se ti era successo qualcosa di particolare ultimamente. Ammetto che non sono tranquillo, con tutto quello che sta succedendo ad Hogwarts in questo periodo. Sono preoccupato per il mio figlioccio, ma anche per te.

Felpato

 

Kaito sbarrò gli occhi dalla sorpresa. Sirius! Di certo l’ultima persona da cui si sarebbe aspettato notizie. L’uccello rimase lì, immobile, evidentemente aspettando una risposta. Rassegnato a dover rimandare il tanto agognato riposo, Kaito con una rapida mossa del polso fece apparire una penna delle sue e cominciò a scrivere sul retro della pergamena:

 

Ciao Felpato,

in effetti sì, qualcosa di particolare è successo. Hai presente il Ballo del Ceppo? Ecco, durante la festa ho ricevuto una curiosa visita da casa...

 

 

 

... e il contenuto della lettera lo conosciamo già.

E rieccomi di nuovo, così con l’acqua alla gola da dover “approfittare” di una gastroenterite per poter pubblicare, che tristezza. In ogni caso, come ho già rassicurato, non temete che prima o poi arrivo.

Dunque, non sapendo se riuscirò a pubblicare nuovamente, ne approfitto per farvi già in anticipo gli auguri di Natale e di un felice anno nuovo. Tra i buoni propositi metterò quello di cercare di pubblicare almeno una volta ogni due mesi, spero che il lavoro mi permetta di mantenerlo. Intanto tra non molto vorrei pubblicare una storia che ho scritto qualche tempo fa su Animali Fantastici e dove trovarli, se volete rimanere nel mondo potteriano con una mia storia può essere una buona occasione.

Ovviamente ringrazio chi ha commentato lo scorso capitolo, ovvero fenris, SuorMaddy2012, Lunaby, _happy_04 e Valedd32.

Prossimo capitolo? La seconda prova, il lago delle sirene e i Malandrini che continueranno a mettere il loro zampino...

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 37
*** Furti e rapimenti su commissione ***


Furti e rapimenti su commissione

 

«Hic!»

Kaito si portò una mano alla bocca, mentre finiva di sistemarsi la cravatta. Si era svegliato con il singhiozzo, e tutti i metodi che aveva sempre utilizzato per farselo passare si erano rivelati inutili. Sospirò, mentre un ulteriore singhiozzo gli sfuggiva. Forse i suoi compagni conoscevano un incantesimo in grado di aiutarlo, stava diventando davvero insopportabile.

«Hic!»

Un rumore alle sue spalle lo fece voltare. Il baule di Thomas si era improvvisamente ribaltato.

«Eh? C’è qualcuno?»

Per un attimo il pensiero andò a Pix in vena di malandrinate, ma che sapesse il poltergeist non entrava nei dormitori degli studenti.

«Hic!»

Con la coda dell’occhio vide un’altra cosa strana. Il letto di Colin era sollevato di qualche centimetro da terra.

«Ma che...»

Respirò profondamente.

«Hic!»

Il letto crollò a terra, causando la rottura di una delle sue gambe.

«Oh no!»

Il pensiero andò ancora ad altri due burloni: «Fred, George! Dai, lo so che siete voi!»

Nessuna risposta. Il prestigiatore rimase a fissare il letto di Colin, poi pensò che, chiunque fosse stato, non era il caso di lasciarlo così.

«Reparo!»

Il letto a baldacchino tornò com’era sempre stato, ma Kaito non fece in tempo ad ammirarlo.

«Hic!»

Istintivamente aveva chiuso gli occhi, e quando li aveva riaperti si era ritrovato davanti alla porta della Sala Grande, ancora stringendo in mano la sua bianca bacchetta. Quasi subito sentì un nodo d’ansia allo stomaco. Ok, qualcosa non stava decisamente funzionando, era certo di non essersi smaterializzato di sua volontà. Si precipitò nel salone, dove quasi tutti i suoi compagni stavano già facendo colazione.

«Ragazzi, sta succedendo qualcosa di strano.»

Sheridan si voltò con aria ironica, ma quasi subito notò l’espressione preoccupata del compagno: «Buongiorno anche a te, Kaito... che succede?»

«Prima ero... Hic!»

Un altro colpo di singhiozzo gli sfuggì dalla bocca e all’istante la panca su cui erano seduti metà dei Grifondoro scomparve, facendo precipitare tutti col sedere per terra. Kaito si mise le mani sulla bocca, spaventato.

«Hic!»

La panca ricomparve, come se nulla fosse successo, a parte tutti i ragazzi che si massaggiavano il fondoschiena dolorante. Ginny, Stephen e Thomas, seduti dal lato intatto del tavolo, guardarono Kaito allibiti.

«Madama Chips. Subito.»

 

Tutta la classe del terzo anno di Grifondoro accompagnò Kaito in infermeria, e ormai era chiaro anche al prestigiatore che gli strani fenomeni che aveva notato erano quantomeno collegati all’insopprimibile singhiozzo da cui era tormentato fin dal risveglio. Nel tragitto non aveva mai smesso di rovesciare oggetti, sbalzarli via, farli sparire e riapparire, persino all’interno dell’infermeria.

Madama Chips lo guardò perplessa: «Bè, questo sì che è strano!»

«Fino a qui ci ero... hic!... arrivato anch’io!»

Kaito si guardò intorno per vedere cosa fosse successo, ritrovandosi Thomas che si tastava il volto e i dintorni borbottando: «I miei occhiali... dove sono i miei occhiali?»

Il prestigiatore fece una smorfia imbarazzata: «Scusa... hic!»

Gli occhiali scomparsi ricomparvero dall’altra parte della stanza e l’infermiera, seppure sempre molto perplessa, confermò: «Eh sì, non ci sono dubbi, hai tutti i sintomi...»

Cercando di ignorare Thomas che cercava i suoi occhiali a carponi buttando giù tutto, Kaito la incalzò: «I sintomi di cosa?»

«Singhiozzo magico infantile, direi.»

Ginny sussultò: «Cosa? Ma quello viene solo ai bambini piccoli!»

«È quello che mi lascia perplessa... però guardalo!»

«Hic!»

Questa volta furono due letti a sparire.

«Anche se davvero mi piacerebbe capire perché continui quasi solo a smaterializzare oggetti... di solito le magie coinvolte sono più variegate.»

Sheridan cercò di imitare la celeberrima faccia da poker del compagno. Solo loro in quella stanza potevano intuire la risposta alla domanda di Madama Chips.

Kaito sbuffò, lasciandosi sfuggire l’ennesimo singhiozzo che rimise i letti al loro posto: «Per chi non si intende di malattie magiche infantili, si può sapere cos’ho?»

Madama Chips spiegò: «È un disturbo magico che viene ai bambini piccoli che non sanno controllare la loro magia. Nel momento in cui si accorgono che in loro c’è qualcosa di diverso, ma non riescono ad accettare la magia, può capitare questo effetto collaterale. Però tu sei decisamente grande, e ormai sei al terzo anno, potrei ancora capire qualcuno di origine babbana nei primi giorni qui, ma a questo punto...»

Kaito chiese preoccupato: «Come si cura?»

«Non si cura, passa da solo non appena il bambino si tranquillizza e accetta la magia. O almeno, di solito è così, con te non saprei.»

«Hic!»

Una serie di bottiglie andarono a infrangersi contro il muro, mentre Stephen commentava ironico: «Vedo che l’Expelliarmus continua a riuscirti benissimo...»

Kaito invece era più disperato: «E io oggi come faccio?»

Madama Chips, con tranquillità, rispose mentre con un colpo di bacchetta aggiustava quanto era andato infranto: «Avvertiremo gli insegnanti, così nessuno ti toglierà punti. Vai pure a lezione e cerca il più possibile di calmarti e rilassarti. Se riesci, cerca di capire qual è la causa, purtroppo è tutta una questione psicologica.»

Kaito alzò gli occhi al cielo: «See... la fa facile, lei! Tutta questione... hic!... psicologica...»

Un altro letto si ribaltò e Sheridan si lasciò sfuggire una smorfia: «Sarà una luuunga giornata...»

 

La maggior parte dei professori si dimostrò comprensiva con Kaito. La McGranitt, Vitius, la Sprite non interruppero le loro lezioni, limitandosi ad aggiustare con pigri colpi di bacchetta ciò che Kaito involontariamente mandava in frantumi. Tuttavia un professore non fu altrettanto bendisposto.

«Kuroba, in queste condizioni non puoi stare nella mia aula. Vai nel corridoio e attendi la fine della lezione o che ti sia passata questa bizzarria.»

«Come vuole, professor Piton

«Ah, questo non ti esenta dalla lezione, dovrai recuperarla.»

«Certamente, professor... hic! Piton

Un intero calderone scomparve. Piton si limitò a fissarlo malissimo.

«Prima, Kuroba, restituiscimi il mio calderone d’argento. Ci tengo particolarmente.»

Kaito si limitò ad attendere il successivo colpo di singhiozzo con una smorfia imbarazzata, per poi venire sbattuto fuori in malo modo dall’insegnante.

Kaito sospirò. Due ore di attesa nel corridoio sarebbero state lunghe e noiose, ma almeno poteva avere tutto il tempo di capire cosa gli stesse succedendo. Madama Chips aveva parlato di difficoltà ad accettare la magia, e non ci voleva poi tantissimo a capire a cosa si stesse riferendo. Il problema non era accettare la propria magia, quello ormai ci era riuscito almeno da un paio d’anni... il problema era accettare la magia di suo padre. Aveva provato a ignorare la questione e ci era anche riuscito, almeno per un po’, ma ora il problema era tornato prepotentemente a galla. Doveva trovare una soluzione in fretta, perché continuare in quel modo era improponibile.

Una vocina acuta e lamentosa attirò l’attenzione di Kaito.

«Oh... povero Harry Potter! Povero, povero, povero!»

Il prestigiatore cercò di avvicinarsi con discrezione. A parlare era stata una creaturina marrone vestita nel modo più assurdo che avesse mai visto, persino per gli standard dei maghi.

«Dobby come farà ad aiutare Harry Potter?»

Kaito s’illuminò. Ma certo, Dobby! L’aveva intravvisto nei corridoi un paio di anni prima, ma conosceva quel nome dai racconti di Harry. Doveva essere l’elfo domestico che aveva tentato di salvarlo ferendolo gravemente.

«Hic!»

Un’armatura si staccò dal terreno e volò proprio addosso alla creaturina. Istintivamente Kaito si buttò e la spinse via appena in tempo. Dobby rimase per un momento smarrito fra le braccia del ragazzo, poi quest’ultimo gli sorrise.

«Mi dispiace, è colpa mia, questo singhiozzo... hic! Appunto, questo singhiozzo continua a farmi combinare pasticci.»

Dobby s’illuminò: «Il signore ha salvato Dobby

Kaito sospirò: «In realtà temo di essere stato io a lanciarti per errore quell’armatura addosso, quindi era... hic! Il minimo. Tu devi essere Dobby, vero?»

L’elfo si rimise in piedi: «Il signore conosce Dobby

«Harry mi ha parlato qualche volta di te.»

Dobby sembrò sciogliersi dalla felicità: «Harry Potter ha parlato di Dobby ai suoi amici!»

Kaito tenne per sé che se ne aveva parlato era per metterlo in guardia, ma invece decise di interrogarlo: «A proposito di Harry... hic! Scusa, cosa stavi dicendo?»

«Dobby è molto dispiaciuto per Harry Potter. Per la prova di domani.»

L’attenzione di Kaito s’innalzò di colpo. Mirtilla, dopo aver aiutato Harry con l’uovo, gli aveva riferito il curioso canto uscito da esso:

 

Vieni a cercarci dove noi cantiamo,

che sulla terra cantar non possiamo,

e mentre cerchi, sappi di già:

abbiam preso ciò che ti mancherà,

hai tempo un'ora per poter cercare

quel che rubammo. Non esitare,

che tempo un'ora mala sorte avrà:

ciò che fu preso mai ritornerà

 

«Sai qualcosa sulla prova?»

Dobby annuì tristemente: «Dobby ha sentito i professori, signore. Dobby sa che prenderanno quello rosso.»

«Quello... rosso?»

L’elfo domestico annuì: «Quello rosso! Quello rosso è importante per Harry Potter! Come potrebbe fare Harry Potter senza il suo rosso? Così Dobby ha capito come aiutare Harry Potter, ma Dobby non è bravo in queste cose, signore... significa tradire la fiducia del professor Albus Silente e Dobby è molto grato al professor Albus Silente per questo posto di lavoro.»

Kaito gli sorrise: «Anche io voglio aiutare Harry. Forse quello che non puoi fare tu potrei farlo io.»

Dobby lo guardò spaventato: «Ma si tratta di un furto, signore! Dobby non può chiederle tanto!»

Kaito ridacchiò: «Non temere, Dobby, fidati di me. Cosa dovrei rubare?»

Dobby sembrò ancora incerto: «Dobby non dovrebbe dare queste informazioni a uno studente. Il professor Albus Silente si arrabbierà molto.»

Kaito gli fece l’occhiolino: «Basterà non dirglielo. Allora, cosa devo prendere?»

L’elfo lo guardò con occhi adoranti: «L’amico di Harry Potter è molto coraggioso, oppure molto stolto...»

Il ragazzo rise ancora: «Una non esclude l’altra. Parla, adesso.»

«Dobby ascolta, signore, è un elfo domestico, va su e giù per il castello ad accendere le luci e pulire i pavimenti, Dobby ha sentito la professoressa Minerva McGranitt e il professor Alastor Moody in sala professori che parlavano della prossima prova... dicevano che si può respirare sott’acqua masticando un’erba chiamata Algabranchia, signore. Il professor Alastor Moody ha detto anche che il professor Severus Piton ne ha un po’ nella sua riserva personale, signore, ma che sicuramente non gliel’avrebbe mai data, signore, e Dobby pensa che il professor Alastor Moody abbia proprio ragione, signore, il professor Severus Piton non aiuterebbe volentieri Harry Potter.»

Kaito annuì: «Concordo. Dunque, devo entrare nel deposito privato di Piton e prendere questa Algabranchia, giusto?»

Dobby annuì e aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma il ragazzo non lo fece parlare: «Ci vorrà un attimo.»

In una frazione di secondo si ritrovò nella dispensa privata di Piton. Non era mai stato lì dentro e se non fosse stato strettamente necessario l’avrebbe evitato: era un locale piuttosto stretto, buio e inquietante, pieno di ragnatele (probabilmente usate a loro volta come ingredienti). Di sottofondo sentiva la voce del professore. Doveva fare estremamente piano, tornando per un momento nel puro spirito di Kaito Kid. Era una piccola sfida, dopotutto, e anche se Piton era decisamente più temibile di Nakamori la situazione era tutta a suo vantaggio. La mano indugiò per un momento sulla bacchetta, ma poi la ritrasse. Un Lumos lo avrebbe certamente aiutato, ma c’era il rischio che Piton notasse la luce fioca da sotto la porta. Una torcia elettrica o una luce al led a Hogwarts non potevano funzionare, quindi con un rapido gesto del polso si ritrovò fra le mani una bustina bianca, che aprì velocemente con i denti. Una polverina gialla gli impiastricciò le dita e, fregandole fra loro, generò una luce fioca, ma sufficiente per vedere le etichette. Sorrise con soddisfazione, il fosforo non lo avrebbe mai tradito. Facendo attenzione a non smettere mai di sfregare le dita, Kaito si aggirò velocemente fra gli scaffali alla ricerca dell’ingrediente. Per sua fortuna Piton era piuttosto preciso, e aveva ordinato tutto in rigoroso ordine alfabetico. Trovato quello che cercava, aprì il vaso, ne afferrò una manciata e si smaterializzò nuovamente da Dobby.

«Ecco, era questa quella che volevi, no?»

Dobby spalancò gli occhi in un modo esagerato, tanto che Kaito si chiese per un secondo se i bulbi oculari non potessero rotolargli via.

«L’amico di Harry Potter che svanisce ha preso l’Algabranchia

Kaito rise: «Per favore, chiamami Kaito Kuroba.»

«Dobby è molto grato a Kaito Kuroba che svanisce, signore! Immensamente grato!»

Il ragazzo consegnò l’erba: «Dalla a Harry appena puoi e non fare il mio nome, te ne prego.»

«Kaito Kuroba che svanisce è davvero molto generoso con Harry Potter, signore. Dobby non lo dimenticherà.»

«Vai, adesso, prima che ci scoprano.»

«Dobby ricambierà il favore, Kaito Kuroba che svanisce. Dobby promette.»

Con uno schiocco l’elfo sparì. Kaito rimase perplesso per un paio di secondi, chiedendosi se per aver voluto aiutare un amico non stesse, da quel momento in poi, rischiando la propria vita a causa della promessa di Dobby. Fu solo in quel momento che si rese conto di una cosa.

«Il singhiozzo...»

Era svanito. E, ripensandoci, non era svanito in un momento qualsiasi. Lo aveva fatto quando aveva iniziato a darsi da fare per aiutare Dobby e Harry. Sospirò. Forse alla fine non era poi tanto diverso da suo padre. Per la prima volta si pose sinceramente una domanda.

Nella stessa identica situazione, avrebbe agito come lui?

Quasi a malincuore, fu costretto a rispondersi di sì, perché lo aveva appena fatto. Aveva usato la sua magia per aiutare una persona a lui cara e aveva chiesto a Dobby di non dire nulla. Esattamente come suo padre.

Alleggerito, seppur con un pizzico di dolore, aprì la porta e tornò in classe.

 

«Quanto ci mettono Fred e George? Lo sapevano che dovevamo vederci, no?»

Kaito sorrise: «Calma, Sheridan, arriveranno. Magari stanno facendo qualche scherzo a Gazza...»

Finalmente i due gemelli entrarono nella Sala Comune.

«Finalmente!»

«Scusate, finiamo una commissione e siamo subito da voi.»

I due gemelli si avviarono con passo deciso verso Harry, Ron ed Hermione, e Kaito e Sheridan andarono con loro. Hermione stava chiudendo con un colpo secco un volume intitolato Curiosi Dilemmi Magici e Loro Soluzioni.

«Oh, questo non serve. Chi mai vorrebbe farsi crescere il naso a riccioli?»

Fred rispose: «A me non dispiacerebbe. Sarebbe un bell'argomento di conversazione, no?»

Ron chiese: «Che cosa ci fate voi due qui?»

George spiegò: «Vi stavamo cercando. La McGranitt vuole vederti, Ron. E anche te, Hermione.»

Hermione domandò, sorpresa: «Perché?»

Fred rispose: «Non so... era un po' triste, però.»

«Dobbiamo accompagnarvi giù nel suo ufficio.»

Ron e Hermione fissarono Harry, alzandosi: erano tutti e due parecchio preoccupati.

«Ci rivediamo in Sala Comune. Porta tutti i libri che riesci, ok?»

Harry disse inquieto: «Va bene.»

I gemelli diedero un segno ai due compagni malandrini: «Finiamo questa cosa e torniamo subito, ok?»

Kaito annuì e rimasero per un po’ a consolare Harry. Kaito tratteneva a fatica un sorriso. Chissà che faccia avrebbe fatto quando Dobby si sarebbe presentato con l’Algabranchia...

 

Ginny, sugli spalti fremeva: «È in ritardo... non è da lui.»

Nicole le sorrise incoraggiante: «Magari ha una piccola crisi di panico, ci può stare.»

Kaito, che fino a quel momento era stato tranquillo, iniziò anche lui a guardarsi intorno. I sedili che a novembre avevano circondato la staccionata dei draghi ora erano disposti sulla riva opposta, schierati in tribune colme fino a scoppiare che si riflettevano nel lago di sotto; il chiacchiericcio eccitato della folla echeggiava stranamente sull'acqua mentre dall'altra parte del lago i giudici, che erano seduti a un altro tavolo ricoperto d'oro, sulla riva, aspettavano il ritardatario insieme a Cedric, Fleur e Krum.

Sheridan, Fred e George, tutti vicini, non erano più tranquilli.

Sheridan sospirò: «E voi che avete?»

Uno dei gemelli non smetteva di allungare il collo per guardarsi intorno: «Vi ricordate quando ieri sera siamo venuti a chiamare Ron

«Sì, e allora?»

«Lo avete più visto?»

Sheridan scosse la testa: «In effetti no... e neanche Hermione...»

Kaito sorrise: «Strano, perché voi Weasley con quei capelli rossi... vi... si... nota...»

Sheridan lo guardò, preoccupata dall’improvviso cambio di tono e di espressione del compagno: «Kaito?»

«No, dai... sarebbe stupido. Non per una gara... ma già l’altra volta... no...»

George scosse fisicamente l’amico: «Ok, ora tu ci spieghi tutto.»

Il prestigiatore annuì: «Ieri ve l’ho detto, ho visto Dobby. Lui mi ha detto una frase che non ho capito, ma quell’elfo domestico parla in modo strano... mi ha detto che Harry non poteva fare a meno del suo “rosso”. Ho pensato parlasse di qualcosa legato a Grifondoro, ma se invece...»

Sheridan si portò le mani sulla bocca, mentre i gemelli, in una speculare espressione di orrore, si misero nei capelli esclamando in coro: «Noi... avremmo consegnato Ron a fare da esca per Harry? Nel lago? La mamma ci fa a polpette se lo scopre!»

La malandrina chiese a Kaito, agitata: «Non puoi andare a controllare?»

Kaito scosse la testa: «Nel lago? Ragiona! Prima di tutto avrei lo stesso problema di Harry, ho dato tutta l’Algabranchia a Dobby... e poi...»

Sheridan interpretò correttamente la smorfia sul volto del ragazzo: «I pesci...»

Aveva ragione. Buttarsi a capofitto in quel lago, anche con la Smaterializzazione, avrebbe significato mettere solo a rischio una persona in più.

«E allora che si fa?»

Colin e suo fratello si fiondarono col fiatone nei posti che avevano tenuto loro i compagni: «Sta arrivando! L’abbiamo incrociato!»

Ginny tirò un sospiro di sollievo: «Alleluia!»

In effetti di lì a poco si poté notare un trafelato Harry raggiungere di corsa il bancone dei giudici. Ludo Bagman gli rivolse qualche parola, poi tornò al tavolo; puntò la bacchetta verso la propria gola e la sua voce si levò fragorosa verso le tribune, al di là dell'acqua scura.

«Bene, tutti i nostri campioni sono pronti per la seconda prova, che comincerà al mio fischio. Hanno un'ora esatta per recuperare ciò che è stato sottratto loro. Uno... due... tre!»

Il fischio echeggiò acuto nell'acqua fredda e immobile; le tribune risuonarono di urla e applausi; senza voltarsi a guardare che cosa facevano gli altri campioni, Harry si tolse le scarpe e le calze, estrasse dalla tasca la manciata di Algabranchia, se la ficcò in bocca ed entrò nel lago. Gli altri campioni si buttarono in acqua subito, Harry indugiò un po’ di più, causando fischi e grida di scherno dei Serpeverde che i Malandrini non vedevano l’ora di spegnere nei modi peggiori. All’improvviso però il ragazzo sembrò sentirsi male, si portò le mani alla gola e poi finalmente si tuffò in acqua.

Tutti i Grifondoro, quasi in coro, sospirarono d’ansia. Da quegli spalti non c’era modo di sapere cosa succedesse là sotto, e un’ora di attesa sembrava eterna. I fratelli Weasley erano doppiamente in tensione, chiedendosi cosa stesse succedendo a Ron, e tutti in generale si sentivano impotenti e in ansia.

 

Una campanella annunciò che il tempo limite di un’ora era passato, e ancora nessuno era tornato. Il gelo scese sulle tribune. Ginny si stritolava le mani in una muta preghiera, Fred e George erano pallidissimi, persino Percy, dal bancone dei giudici, dava segni di nervosismo. Sheridan si voltò verso Kaito. La sua faccia da poker, perfetta come la vedeva da molto tempo, non le impediva però di pensare che fosse molto preoccupato anche lui.

Finalmente Cedric riemerse, e con lui Cho Chang. Fu un primo sospiro di sollievo per gli allievi di Tassorosso e per quelli di Corvonero. Per avere un secondo sospiro fu necessario attendere altri dieci minuti, quando riemersero anche Krum e Hermione. Fleur riemerse da sola, spaventatissima, e questo causò il panico fra gli studenti di Beauxbatons. Ma i Grifondoro non erano da meno.

Sheridan deglutì rumorosamente: «Quanto tempo è passato?»

Kaito rispose: «Mezz’ora.»

Ginny era sul punto di piangere: «E quanto pensano di aspettare ancora prima di aiutarlo?»

Sheridan si rivolse al prestigiatore: «Quanto tempo dura l’Algabranchia

«Non lo so, Dobby non me l’ha detto.»

«E se...»

Non ci fu modo di aggiungere altro, perché il forte rumore di un flash interruppe tutti. Colin era in piedi sul sedile, la macchina ancora fumante, con un sorriso fantastico.

«L’attesa valeva lo scatto! Questa è fra le foto migliori che abbia mai fatto!»

E allora tutti si voltarono verso il lago. Harry stava emergendo, esausto, circondato da quelle che tutti immaginarono essere sirene, trascinando sia Ron che una bambina dagli stessi capelli di Fleur Delacour, entrambi immobili. La folla gridò, di ansia, di paura, di gioia, impossibile stabilirlo. I fratelli Weasley sembravano aver perso la capacità di respirare, come apparentemente Ron nel lago; poi finalmente quest’ultimo si mosse, sputò l’acqua e sembrò parlare ad Harry. I gemelli e Ginny si accasciarono sulla sedia esausti, come se lo avessero recuperato loro di persona, ma nessuno si sentì di biasimarli.

Harry e Ron trascinarono la sorellina di Fleur nell'acqua, verso la riva dove i giudici erano schierati a guardare, con venti tritoni che li scortavano come una guardia d'onore, cantando le loro terrificanti canzoni stridule. Madama Chips si affannava attorno a Hermione, Krum, Cedric e Cho, tutti avvolti in pesanti coperte. Silente e Ludo Bagman rivolsero a Harry e Ron un gran sorriso dalla riva mentre questi si avvicinavano a nuoto, ma Percy, che era molto pallido e sembrava in qualche modo molto più giovane del solito, venne loro incontro schizzando acqua. Nel frattempo Madame Maxime cercava di trattenere Fleur Delacour, che era pressoché isterica e lottava con le unghie e con i denti per tornare in acqua.

Percy afferrò Ron e lo trascinò a riva, mentre quest’ultimo urlava: «Mollami, Percy, sto benissimo!»

Tutto il gruppo di Grifondoro sugli spalti si lasciò scappare una risata liberatoria. A quanto pareva era davvero tutto a posto.

Silente e Bagman rimisero in piedi; Fleur si liberò dalla presa di Madame Maxime e abbracciò la sorella, mentre Harry veniva sequestrato da Madama Chips.

Mentre tutti si preoccupavano di chi era riemerso dal lago, Silente era accovacciato accanto all'acqua, immerso in una fitta conversazione con quella che sembrava la leader del popolo delle sirene, una femmina dall'aria particolarmente selvaggia e feroce. Stava facendo lo stesso tipo di rumori stridenti che emettevano i tritoni; era chiaro che Silente sapeva parlare sirenesco. Alla fine si rialzò, si rivolse ai colleghi giudici e disse: «Credo che sia necessario un consulto prima di assegnare i punteggi.»

I giudici presero a confabulare. Madama Chips era andata a salvare Ron dagli abbracci convulsi di Percy e lo condusse da Harry e dagli altri, gli diede una coperta e un po' di Pozione Pepata, poi andò a recuperare Fleur e la sorellina. Fleur aveva parecchi tagli sul viso e sulle braccia, e la veste strappata, ma non gliene importava, e non voleva che Madama Chips glieli disinfettasse.

Poco dopo la voce prodigiosamente amplificata di Ludo Bagman risuonò altissima, facendoli sobbalzare tutti e riducendo al silenzio la folla nelle tribune: «Signore e signori, abbiamo preso una decisione. La Capitansirena Murcus ci ha raccontato che cosa è successo in fondo al lago, e di conseguenza abbiamo deciso di assegnare un punteggio su base cinquanta a ciascuno dei campioni, come segue. La signorina Fleur Delacour, anche se ha dimostrato una padronanza eccellente dell'Incantesimo Testabolla, è stata aggredita dagli Avvincini mentre si avvicinava all'obiettivo, e non è riuscita a recuperare il suo ostaggio. Le assegniamo venticinque punti.»

Applausi dalle tribune.

«Il signor Cedric Diggory, che a sua volta ha fatto uso dell'Incantesimo Testabolla, è stato il primo a fare ritorno col suo ostaggio, anche se è riemerso un minuto oltre il tempo massimo di un'ora.»

Fragorosi evviva dai Tassorosso in platea.

«Quindi conquista quarantasette punti.»

«Il signor Viktor Krum ha usato una forma incompleta di Trasfigurazione, che nondimeno si è rivelata efficace, ed è stato il secondo a tornare col suo ostaggio. Gli attribuiamo quaranta punti.»

Karkaroff applaudì molto forte, con aria decisamente altezzosa.

«Il signor Harry Potter ha usato l'Algabranchia con grande efficacia. È tornato per ultimo, e ben oltre il tempo massimo di un'ora. Tuttavia, la Capitansirena ci informa che il signor Potter è stato il primo a raggiungere gli ostaggi, e che il ritardo nel suo ritorno è stato causato dalla sua decisione di riportare indietro tutti gli ostaggi, e non solo il suo.»

Kaito, finalmente, si lasciò andare a una risatina liberatoria: «Tipico!»

«Quasi tutti i giudici» - e qui Bagman scoccò a Karkaroff un'occhiata molto torva - «ritengono che ciò sia prova di tempra morale e meriti il punteggio pieno. Tuttavia... il punteggio del signor Potter è di quarantacinque punti.»

Un applauso dalle tribune dichiarò la fine ufficiale della prova e il riconoscimento che tutti, Serpeverde ovviamente esclusi, riconoscevano al più piccolo partecipante della prova.

«La terza e ultima prova avrà luogo il ventiquattro giugno al tramonto. I campioni verranno informati su ciò che li attende con un mese esatto di anticipo. Grazie a tutti voi per il sostegno che avete dato loro.»

I Malandrini tirarono un sospiro di sollievo. Avevano molto tempo per poter capire come aiutare Harry ancora una volta.

 

E rieccomi.

Potrei dirvi che ho passato mesi a litigare con vari problemi di salute e di lavoro, ma so che non potrebbe scusare i mesi di ritardo, quindi mi limito a consegnarvi in colpevole ritardo la continuazione di questa storia.

E così, anche la seconda prova è andata, e ormai non manca molto alla conclusione del libro.

Intanto ringrazio fenris, Lunaby e Selena Leroy (ex SuorMaddy) per i commenti e per la pazienza.

Prossimo capitolo? Non ancora la terza prova, ma un intermezzo che ci darà informazioni importanti e curiose e che avrà a che fare... con la poesia!

Spero di avervi incuriosito, alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

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Capitolo 38
*** Lacrime nel pineto ***


Capitolo Lacrime nel pineto
 
All'inizio di marzo il tempo divenne più asciutto, ma venti crudeli mordevano le mani e il viso degli studenti tutte le volte che uscivano nel parco. Ci furono ritardi nella consegna della posta perché i gufi continuavano a essere dirottati. Purtroppo invece le copie de Il Settimanale delle Streghe con il nuovo articolo di Rita Skeeter giunsero tutte a destinazione. I Malandrini si ritrovarono dopo cena, nella solita auletta abbandonata, a leggere la copia giunta a Ginny grazie a sua madre. Una foto a colori di Harry apriva un breve servizio intitolato LE PENE D'AMORE DI HARRY POTTER:
 
È un ragazzo fuori dal comune, forse, eppure è un ragazzo che vive tutti i consueti tormenti dell'adolescenza. Privato degli affetti fin dalla tragica fine dei suoi genitori, Harry Potter, quattordici anni, credeva di aver trovato conforto nella sua fidanzata ufficiale a Hogwarts, Hermione Granger, Babbana di nascita. Certo non poteva immaginare che ben presto avrebbe dovuto subire un altro grande dolore in una vita già costellata di gravi perdite personali.
Hermione Granger, una ragazza bruttina ma ambiziosa, sembra aver sviluppato un'inclinazione per i maghi celebri che Harry da solo non riesce a soddisfare. Fin dall'arrivo a Hogwarts di Viktor Krum, Cercatore della Nazionale Bulgara ed eroe della scorsa Coppa del Mondo di Quidditch, Hermione Granger gioca con i sentimenti di entrambi. Krum, palesemente innamorato cotto dell'ambigua ragazza, l'ha già invitata a fargli visita in Bulgaria durante le vacanze estive, e ripete: «Non ho mai provato niente di simile per nessun'altra».
Comunque, potrebbero non essere state le dubbie attrattive naturali di Hermione Granger a catturare l'interesse di questi sventurati ragazzi.
«È proprio brutta» dichiara Pansy Parkinson, una graziosa, vivace ragazza del quarto anno, «ma è probabile che abbia preparato un Filtro d'Amore, è piuttosto sveglia. Credo proprio che ci sia riuscita così».
I Filtri d'Amore naturalmente sono proibiti a Hogwarts, e senz'alcun dubbio Albus Silente vorrà indagare su queste accuse. Nel frattempo, i sostenitori di Harry Potter devono augurarsi che la prossima volta egli affidi il suo cuore a una candidata più meritevole.
 
Momoka teneva la rivista in mano con la stessa aria schifata con cui avrebbe tenuto uno Schiopodo Sparacoda: «Che diavolo ho appena letto?»
Futago invece tirò un pugno su un banco: «Prima Hagrid e poi Hermione! Non si può andare avanti così!»
Mangetsu rimase, come sempre, impassibile: «Quante persone possono essere influenzate da questa rivista, oltre vostra madre?»
Soseiji rispose: «Un mucchio di casalinghe annoiate e affamate di gossip.»
«Brutta faccenda…»
 
I risultati dell’articolo non si fecero attendere.
Qualche giorno dopo, al tavolo di Grifondoro, durante la colazione, Kaito notò con la coda dell’occhio la quantità di gufi diretti ad Hermione.
Harry, afferrando il calice di Hermione prima che venisse rovesciato dal grappolo di gufi, che si urtavano tutti cercando di recapitare per primi la loro lettera, chiese: «Quanti abbonamenti hai fatto?»
Kaito diede un leggero colpo di gomito a Sheridan, intuendo di cosa poteva trattarsi.
Hermione bofonchiò: «Cosa accidenti...»
Poi sfilò la lettera dal gufo grigio, la aprì, cominciò a leggerla e balbettò, arrossendo: «Oh, roba da matti!»
Ron disse; «Cosa c'è?».
«È... oh, che cosa ridicola...»
Gettò la lettera a Harry, e con un colpo d’occhio Kaito notò che non era scritta a mano, ma composta con lettere incollate che sembravano ritagliate dalla Gazzetta del Profeta.
Immagine

 
Kaito si alzò dal suo posto e si avvicinò a Hermione, che, sconvolta, stava aprendo una lettera dopo l'altra.
«Sono tutte così! 'Harry Potter può fare molto meglio dei tuoi pari...' 'Meriti di finire bollita in gelatina di rana...'»
Il prestigiatore intervenne: «Smettila, non aprirne più.»
«Ahia!»
Non l’aveva fermata in tempo. Hermione aveva aperto l'ultima busta, e un liquido di un verde giallastro con un intenso odore di benzina le schizzò sulle mani, che cominciarono a coprirsi di grosse bolle gialle.
Ron raccolse con circospezione la busta per annusarla: «Pus di Bubotubero puro!»
Hermione gridò, e gli occhi le si riempirono di lacrime mentre cercava di pulirsi le mani con un tovagliolo, ma ormai le sue dita erano talmente coperte di piaghe doloranti che sembrava avesse indosso un paio di guanti bitorzoluti.
Harry, mentre i gufi attorno a Hermione spiccavano il volo, disse: «Vai in infermeria, presto, lo diremo noi alla professoressa Sprite...»
Sheridan la prese sotto braccio: «Ti accompagno io, vieni...»
Ginny si unì a loro: «Vengo anche io!»
Mentre Hermione usciva dalla Sala Grande reggendosi le mani, Ron scoppiò: «L'avevo avvertita! L'avevo avvertita di non dare fastidio a Rita Skeeter! Guarda questa...» Lesse ad alta voce una delle lettere che Hermione non aveva ancora visto: «'Ho letto sul Settimanale delle Streghe che stai prendendo in giro Harry Potter e quel ragazzo ne ha già passate tante e ti spedirò una maledizione con la prossima posta non appena riesco a trovare una busta abbastanza grande'. Accidenti, è meglio che si guardi le spalle».
Kaito scambio uno sguardo d’intesa con gli altri Malandrini. Era chiaro cosa dovessero fare.
 
Nei giorni successivi Hermione si illuse che quella mattana si fosse attenuata e che si fosse trattato della follia di un solo giorno. Non immaginava certamente che i Malandrini stessero facendo l’impossibile per intercettare la maggior parte delle lettere che i fan di Rita Skeeter le continuavano a inviare. Con tutte le precauzioni possibili, Sheridan e Fred si erano presi l’incarico di aprirle e ispezionarle, mentre George e Kaito distruggevano quelle minatorie e facevano arrivare alla destinataria quelle innocue.
Sheridan sbadigliò: «Stasera proprio non ce la faccio...»
Kaito ridacchiò: «Troppi bagordi a Hogsmeade, eh?»
«Spiritoso!»
Ma prima che potessero continuare a punzecchiarsi, qualcuno bussò alla porta del dormitorio del terzo anno.
«Kaito, sei qui?»
I Malandrini trasalirono, ma Kaito si affrettò a correre verso la porta e a uscire prima che essa venisse aperta.
«Ciao Harry! Dimmi tutto, mi stavi cercando?»
Il ragazzo con gli occhiali annuì: «Sì, in effetti. Ho un messaggio per te da parte di...»
Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò: «...Felpato.»
Kaito rimase perplesso. Cosa poteva volere da lui Sirius?
«Mi ha chiesto di dirti di raggiungerlo appena puoi.»
«Ok, certo. Grazie, vado subito!»
E rientrò velocemente in camera. Harry rimase lì, confuso.
«Ma... se non gli ho nemmeno detto dove si trova...»
 
Dopo aver avvertito i suoi amici che doveva Smaterializzarsi d’urgenza, Kaito si ritrovò non lontano da Hogsmeade, in cima a una collinetta tempestata di cespugli. Si guardò intorno. Col buio della notte non riusciva a individuare Sirius, sentiva solo un fruscio di foglie.
«C’è nessuno?»
 
 
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
 
 
Un leggero abbaiare e una tirata al fondo dei pantaloni aiutarono il prestigiatore a individuare chi stava cercando.
«Ciao Felpato. Guidami, ti seguo.»
 
«Scusa, non ho capito, che cosa hai detto?»
Fred era perplesso quanto Sheridan: «Ho provato a leggere questa lettera, ma non riesco a capirla, tu ci riesci?»
La ragazza prese la pergamena dalle mani del ragazzo e cercò di leggere a sua volta.
 
Sirius guidò Kaito in un anfratto, una piccola apertura nella roccia. Vi s'insinuarono e si trovarono in una fresca caverna quasi completamente buia. Legato sul fondo, un capo della corda fissato attorno a una grossa roccia, c'era Fierobecco l'Ippogrifo. Metà cavallo grigio, metà aquila gigante, Fierobecco fece lampeggiare i fieri occhi arancioni alla loro vista. Kaito gli fece un profondo inchino, e dopo averlo scrutato con aria arrogante per un attimo, l'animale piegò le ginocchia squamate, e permise al prestigiatore di avvicinarsi e di accarezzargli il collo piumato. Alle loro spalle si accese la luce di un piccolo fuoco.
«Benvenuto nella mia dimora, Kaito.»
Sirius, nuovamente umano, indossava una veste grigia strappata: la stessa di quando era fuggito da Azkaban. I suoi capelli neri erano più lunghi, arruffati e in disordine. Era molto magro.
«È un piacere rivederti, Sirius.»
«Anche per me. Accomodati, purtroppo non ho nulla da offrirti.»
«Non è necessario.»
I due si sedettero sulle rocce. Sirius aveva un’aria preoccupata.
«Mi hai chiamato per Harry?»
L’uomo sospirò, per poi sorridere, quasi con tenerezza: «Harry è la mia principale preoccupazione, certo, ma non l’unica... no, Kaito, ti ho chiamato per te
«Per me?»
«Ascolta...»
 
 
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
 
 
Sheridan guardò perplessa la pergamena: «Non so proprio che lingua sia...»
George scosse la testa: «Di sicuro non è inglese.»
Fred ridacchiò: «Ma io una cosa l’ho capita. Chi l’ha scritta, chiunque sia, in qualunque lingua l’abbia scritta, è uno sgrammaticato.»
Momoka chiese: «Perché?»
Futago ridacchiò: «Ma non sa neanche scrivere il suo nome! Guarda!»
E prendendo la penna fece un’aggiunta:
 
 
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o HErmione.
 
 
«Quando mi hai mandato l’ultima lettera, quella dove mi raccontavi del Ballo del Ceppo, ho iniziato seriamente a preoccuparmi per te.»
Kaito ridacchiò: «Non era il caso. Sono abituato ad avere a che fare con Akako. È schizofrenica ma gestibile.»
Sirius scosse la testa: «La tua amica non è il problema, solo il mezzo.»
«Cosa intendi dire?»
«Quanti anni ha questa Akako?»
«Ha la mia età, diciotto anni.»
«Appunto. Ragiona: come può una ragazzina di diciotto anni superare da sola tutti i controlli di Hogwarts? Controlli che all’epoca riuscirono a tenere la scuola al sicuro persino da Voldemort?»
Il prestigiatore sospirò. Messa così...
Sirius continuò: «Temo che questa Akako sia stata usata.»
«Da chi?»
L’uomo tirò fuori frammenti di giornali: «Non è stato facile procurarsi tutte queste informazioni, ma ho fatto del mio meglio. Il preside attuale di Mahoutokoro è Fumhiiro Nabe, e pare che da quando ci sia lui l’istituzione indirizzi molti dei suoi allievi verso le Arti Oscure.»
Kaito si fece più serio.
«Ho paura che si siano accorti della tua esistenza e che stiano cercando di toglierti dall’influenza di Silente. È troppo strano questo interessamento dopo tre anni.»
Il ragazzo non disse una parola, ma la sua mente aveva ingranato la quinta marcia. Suo padre dopotutto aveva avuto ragione, quella scuola era troppo rischiosa.
«Farò attenzione.»
Sirius annuì: «Io continuerò a informarmi per quanto possibile. Occhi aperti.»
«Sarà fatto.»
 
Il giorno dopo, a colazione, i Malandrini si mangiarono le mani. Kaito era tornato tardi, Fred, George e Sheridan erano stanchi, nessuno di loro si era ricordato di rinnovare gli incantesimi con cui deviare i gufi; così, quando ben più posta del solito giunse ad Hermione, tutti e quattro sentirono i brividi nella schiena. Erano almeno una quindicina di lettere, tutte da persone diverse, e il contenuto, anche senza bisogno di aprirle, era facilmente intuibile. Hermione si lasciò sfuggire giusto un sospiro.
 
 
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
 
 
La ragazza si dimostrò tranquilla e continuò la sua colazione come se nulla fosse successo. Per qualche ora quindi i quattro non pensarono alla questione, distratti dalle rispettive lezioni, fino a che una vocina stridula fece sobbalzare tutti gli studenti del terzo anno che si avviavano verso il dormitorio.
«Hihihi!»
Kaito alzò lo sguardo, riconoscendo la risata: «Ciao Pix.»
Il Poltergeist gli sussurrò all’orecchio: «Ho una notizia per te, Mangetsu...»
«Spara.»
Dopo un sussurro appena udibile dal prestigiatore, il Poltergeist pensò bene di simulare un colpo di pistola direttamente nei padiglioni auricolari del giovane, lasciandolo rintronato.
«Hihihi! L’hai chiesto tu!»
Thomas e Colin fecero di tutto per allontanarlo, credendolo in vena dei suoi soliti scherzi, ma Kaito, seppure confuso, fece un cenno a Sheridan.
«Gōsuto ci ha appena chiesto di andare da Mirtilla.»
Momoka annuì e piantando tutti in asso corse verso il bagno del secondo piano. Non ebbe neanche bisogno di entrare, la voce di Mirtilla Malcontenta si udiva benissimo nel corridoio semideserto, accompagnata da numerosi singhiozzi.
 
 
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
 
 
«Cosa vuoi fare? Vuoi rimanere a piangere con me tutto il pomeriggio?»
Non ci fu risposta. Sheridan, pregando che la porta non cigolasse, l’aprì appena appena, giusto per poter vedere chi stesse piangendo in quel modo. Era una massa di capelli castani e mossi, non facilmente riconoscibile seduta per terra, ma Momoka riconobbe con meno difficoltà i frammenti di giornale che evidentemente la ragazza aveva spezzato in un impeto di rabbia. Erano tutti tratti dal Settimanale delle streghe.
Sheridan rimase lì, fortemente indecisa se entrare o meno. Il suo ingresso le avrebbe dato sollievo o fastidio? L’avrebbe aiutata più o meno dei tentativi di consolazione di Mirtilla? Avrebbero potuto due voci contrastare le mille che la stavano lentamente distruggendo con mille strumenti di tortura?
 
 
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
 
 
Mentre Sheridan cercava di prendere una decisione, una riunione d’urgenza dei rimanenti Malandrini discuteva il da farsi.
Mangetsu chiese: «Sono arrivate altre lettere strane?»
Futago allungò una pergamena: «Questa è stata la più strana...»
 
 
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
 
 
Il prestigiatore rilesse più volte: «Uhm... a occhio sembrerebbe una poesia.»
Soseiji ridacchiò: «Ora la insultano anche in rima?»
Fred chiese: «Riesci a capire in che lingua sia?»
Kaito riguardò più volte quelle parole: «Sicuramente una lingua europea... conosco un po’ il francese, ma non è questo il caso, seppure ci somigli... forse spagnolo? O italiano? Al massimo rumeno... anzi, spagnolo sicuramente no, non ci sono i punti interrogativi al contrario. Prova a rileggermela, magari il suono mi da altri indizi.»
«Non so neanche cosa sto leggendo, figuriamoci se lo leggo con l’accento giusto...»
«Tu leggi, che ci penso io ad ascoltare.»
 
 
Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
 
 
Sheridan era rimasta lì, sulla porta, sconvolta. Hermione non dava segno di volersi calmare, e allora per lei Mirtilla aveva iniziato a fare qualcosa d’inedito.
 
«Oh Danny Boy, the pipes, the pipes are calling
From glen to glen, and down the mountainside.
The summer's gone, and all the flowers are dying.
'Tis you, 'tis you must go and I must bide.
come ye back when summer's in the meadow
Or when the valley's hushed and white with snow,
For I'll be here in sunshine or in shadow.
Oh Danny Boy, oh Danny Boy, I love you so.
And if ye come when all the flowers are dying,
and I am dead, as dead I well may be.
Ye'll come and find the place where I am lying
And kneel and say an Ave there for me.
And I shall hear, though soft you tread above me,
And o'er my grave shall warmer, sweeter be,
And if you bend and tell me that you love me,
Then I shall sleep in peace until you come to me.»
 
Sheridan rimase senza fiato, e così probabilmente anche Hermione, che per un attimo smise di singhiozzare. La voce di Mirtilla era stridula, come suo solito, ma intonata, e riusciva comunque a trasmettere la dolcezza e la consolazione che la fantasma avrebbe voluto donare alla Grifondoro. Forse si rivedeva in lei, dopotutto era stata uccisa in quel bagno proprio mentre piangeva a causa delle malelingue dei compagni. L’ultima parola della sua canzone rimbombò ancora per un poco nel bagno.
 
 
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
 
 
Hermione, con un filo di voce ancora rotta dal pianto, sussurrò: «È bella.»
Mirtilla guardò per terra, imbarazzata: «Piaceva molto a mia madre, è l’unica canzone che ricordo ancora.»
Finalmente la ragazza alzò il volto, ancora rosso e rigato dalle lacrime: «Grazie.»
 
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
 
 
Sheridan si limitò a richiudere silenziosamente la porta.
 
A qualche ora di distanza, Fred e George si ritrovarono a discutere a lungo davanti ai gufi della scuola.
«... è ricatto, ecco cos'è, potremmo finire nei guai, guai seri...»
«... abbiamo cercato di essere corretti, adesso è il momento di giocare sporco, come lui. Non vorrebbe certo che il Ministero della Magia sapesse che cos'ha fatto...»
«Ti dico che se lo metti per iscritto è un ricatto!»
«Sì, ma poi mica ti lamenti se otteniamo una bella ricompensa, vero?»
In quel momento una voce li fece trasalire.
«Ricompensa? Interessante...»
I due gemelli cambiarono colore.
«Oh, ehm... ciao Kaito!»
Il prestigiatore salutò con gentilezza: «Buongiorno ragazzi. Allora, chi state ricattando di bello?»
Fred cercò di sembrare disinvolto: «Non fare lo stupido, stavo solo scherzando.»
Kaito incrociò le braccia, in un atteggiamento tanto caro ai suoi amici/nemici detective: «Stavate scherzando così bene che discutevate delle conseguenze legali. Ricordo la nostra discussione sul fatto che Bagman non vi ha mai pagato quella scommessa e vi ha imbrogliato, quindi è abbastanza chiaro a chi state spedendo quella lettera.»
«Vuoi fermarci?»
Kaito alzò le spalle: «Non sono cose che mi riguardano, siete grandi e capaci di ragionare con la vostra testa.»
«Bene.»
Fred allungò la mano verso la zampa del gufo, ma si fermò non appena Kaito riprese a parlare.
«Dopotutto state solo usando delle informazioni scomode per rovinare la vita a qualcun altro per un tornaconto personale. Mi suona familiare la cosa...»
Fred si fermò, ma si voltò di colpo verso l’amico: «Ehi! Cosa stai cercando di dire? Il torto lo abbiamo subito noi!»
«Ma non ne avete le prove, a parte la testimonianza dei vostri familiari, a cui nessuno baderebbe. Se spedite quella lettera passate se va bene per dei bugiardi, se va male per dei criminali. Qua purtroppo o per fortuna non ci chiamiamo Rita Skeeter, non possiamo sparare cattiverie gratuite e passarla liscia. Io non voglio impedirvi di spedire quella lettera, voglio solo che abbiate ben chiare le conseguenze prima di pentirvene. Fatelo solo se ne siete sicuri.»
I gemelli si guardarono imbarazzati, poi sospirarono e rintascarono la lettera.
«Però paragonarci alla Skeeter era un colpo basso.»
Kaito sorrise: «Troveremo un altro modo, ma, scusate la schiettezza, è meno urgente.»
Con un piccolo fischio richiamò Aoko e legò una lettera alla sua zampa.
«Comunque non ero venuto qui per voi. Sto cercando di risolvere il mistero della lettera di Hermione.»
I gemelli erano perplessi: «Sicuro che funzionerà?»
Kaito sorrise mentre lanciava la colomba dalla finestra: «Il tempo materiale che Aoko arrivi da Jii e con una velocissima ricerca ci farà subito sapere di che poesia si tratta. Sigh, è in questi momenti che mi manca internet...»
Fred e George si limitarono a scuotere la testa, uscendo dalla Guferia.
 
La sera stessa la colomba tornò dal suo padrone, che accolse il bigliettino appeso alla zampa con grande curiosità.
«Dunque... ecco qua. Avevo ragione, era italiano! È una poesia d’amore del 1902 di tal Gabriele D’annunzio, che s’intitola “La pioggia nel pineto”. Ne ha allegata anche una traduzione in giapponese...»
Fred fece una smorfia: «E chi andrebbe a mandare a Hermione una poesia in italiano?»
Kaito accarezzò amorevolmente Aoko, stanca per il viaggio: «Non ne ho la più pallida idea...»
Sheridan invece sussultò.
«Momoka?»
«Aspettatemi qui, torno subito!»
La ragazza sparì per qualche minuto, poi tornò tenendo fra le mani una rivista: «Scusate, ho dovuto chiedere a Nicole se me la prestava.»
Kaito guardò schifato l’ennesima rivista di gossip: «Ancora la Skeeter?»
Sheridan iniziò a sfogliarla freneticamente: «No, una giornalista un pochino più seria... ecco! Ecco, guardate qui!»
I ragazzi, curiosi ma perplessi, si affollarono intorno alla pagina.
 
Mirtilla sospirò: «Cosa posso fare per consolarti?»
Ma Hermione non rispose, continuando a piangere. Davanti agli altri faceva la dura, per non preoccuparli, minacciava vendette alla Skeeter, ma sotto sotto soffriva parecchio per tutte quelle cattiverie gratuite. Con la scusa di andare in biblioteca a studiare, quando proprio non ce la faceva più, si rifugiava lì e cercava di sfogare in un colpo tutto il suo dolore, per poi tornare forte non appena varcata la porta del bagno.
«Uh? E questa cos’è?»
Hermione sollevò leggermente il viso: «C-cosa?»
Mirtilla si limitò a indicare una busta per terra. Hermione, a fatica e di malavoglia, si alzò dall’angolo in cui si era rifugiata e andò ad aprirla. Sussultò dalla sorpresa. Era per lei, e non era piena di cattiverie. Un’altra lacrima, una sola, iniziò a scorrerle sulla guancia, ma questa non era carica di tristezza.
 
 
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
 
 
Mirtilla sorrise leggermente, facendo l’occhiolino ai Malandrini, che sbirciavano dalla porta la reazione della ragazza.
 
 
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
 
 
Hermione sorrise, asciugandosi il volto con la manica. I Malandrini, soddisfatti, socchiusero la porta.
Fred ridacchiò: «E chi l’avrebbe mai detto che Krum fosse un appassionato di poesia straniera?»
Kaito riprese in mano l’articolo: «E neanche da poco! Poesia francese, inglese, tedesca, italiana... mica male per un giocatore di Quidditch!»
Sheridan sorrise: «Bé, deve volerle davvero bene per cercare apposta una poesia dedicata al suo nome!»
George ridacchiò: «Secondo me, con una secchiona come lei, ha trovato il modo giusto per fare colpo!»
Sbirciarono ancora una volta. Hermione piangeva ancora, ma commossa, sorridendo.
Fred chiuse la porta definitivamente e fece per allontanarsi, poi di colpo si fermò.
«Ragazzi!»
«Sì?»
Sheridan sorrise ironica: «Se ti stai chiedendo se avevamo tolto la H che avevi aggiunto, sì, l’ho fatto io.»
«No, no... mi stavo chiedendo un’altra cosa.»
«Cioè?»
«Ma Hermione... saprà leggere l’italiano?»
Tutti i Malandrini rimasero per un attimo fermi, imbarazzati, a riflettere sulla questione. Poi George alzò le spalle.
«Naaa, è Hermione. Se non lo sa andrà in biblioteca a cercare un dizionario o si farà un incantesimo di traduzione!»
«Giusto!»
E risero fin quasi alle lacrime.
 
 
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.
 
 
Ed eccoci ancora qua. Non starò neanche a scusarmi per l’immenso ritardo, purtroppo la vita di tutti i giorni toglie sempre più tempo alla scrittura, anche se la voglia di continuare c’è sempre.
In questo capitolo anomalo ci sono tante cose particolari, lo so. Non sapevo bene come far passare il tempo tra una prova e l’altra, visto che in generale non succedono eventi particolari. Ci stavo pensando mentre passavo in macchina vicino a una pineta, sotto la pioggia e… ed eccoci qua. Da piccola per un po’ ho pensato davvero che D’Annunzio si riferisse alla nostra Hermione…
Ho deciso di dare a Mirtilla una canzone che dovrebbe essere stata “di moda” nel suo periodo, spero vi piaccia.
Prossimo capitolo? Un compleanno davvero speciale…
Ringrazio fenris, Aesingr e Lunaby per i commenti, alla prossima!
 
Hinata 92

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Capitolo 39
*** Una festa Malandrina ***


Una festa Malandrina

 

Nelle ultime settimane di marzo divenne piuttosto difficile contenere l’emozione di Fred e George. I due gemelli sembravano schegge impazzite e andavano su e giù per il castello parlottando e complottando fra di loro. Nemmeno a Kaito e a Sheridan era completamente chiaro il motivo di tanta agitazione, fino a una mattina a colazione, durante la quale Kaito rischiò seriamente di strozzarsi con il latte.

«Voi… iniziate il corso di Materializzazione… oggi?»

«Sì!»

Sheridan li guardò confusa: «Ma… Kaito non aveva iniziato prima?»

Fred alzò le spalle: «Sono un po’ in ritardo per il Torneo Tremaghi

Kaito sospirò: «Comprensibile.»

George si sfregò le mani: «È una settimana che giriamo il castello pensando a cosa potremo fare una volta che saremo maggiorenni e in grado di muoverci liberamente…»

Giusto. Kaito non ci stava più pensando, però il primo aprile non solo sarebbe stato il compleanno dei gemelli, ma sarebbe stato il loro diciassettesimo compleanno, con tutte le conseguenze del caso.

Il prestigiatore abbassò la voce: «Ragazzi… vi ricordate vero che normalmente la gente non si può Smaterializzare dentro Hogwarts, vero?»

Fred ridacchiò: «Certo, per quello ci affideremo a te!»

George aggiunse: «Staremo qua dentro solo più un paio d’anni, è ora di pensare avanti! Noi stiamo andando oltre.»

Kaito e Sheridan si guardarono abbastanza preoccupati: «Ah.»

L’arrivo di altri compagni interruppe abbastanza bruscamente la discussione, ma non tolse dalla mente dei due Malandrini del terzo anno lo stesso pensiero.

Cosa stavano architettando Futago e Soseiji?

 

Nel primo pomeriggio, assicurandosi di non essere occupato con lezioni o impegni extra, Kaito si avvicinò guardingo alla Sala Grande. Era molto preoccupato per l’atteggiamento dei gemelli quella mattina, e temeva che, avendo in mente il suo esempio, tentassero di fare cose strane. Era consapevole di essere un pessimo riferimento per quei due ragazzi. Rabbrividì. Se mai ne fosse venuta a conoscenza la loro amorevole madre, probabilmente non se la sarebbe cavata con una semplice Strillettera come Ron il primo anno.

Tuttavia, preso dagli impegni della mattinata, non aveva avuto veramente il tempo di progettare un piano di azione. Come poteva controllare i gemelli senza farsi notare? Avrebbe potuto travestirsi da qualcuno e sostituirsi a lui, ma avrebbe innanzitutto dovuto sapere chi fosse previsto in Sala Grande. Forse poteva andare da Harry e chiedergli in prestito il Mantello…

«O forse, visti i precedenti, potresti stare lontano da questa Sala, signor Kuroba

La voce femminile alle sue spalle fece trasalire il ragazzo.

«Professoressa McGranitt

«Buongiorno Kuroba. Posso chiederti cosa ci fai qui?»

«E io potrei chiederle se è in grado di leggerle nel pensiero?»

La professoressa si lasciò sfuggire un mezzo sorriso: «La Legilimanzia non è esattamente la mia specialità, ma le tue intenzioni sono abbastanza chiare. L’unica cosa che non mi è chiara è il motivo per cui vuoi entrare. Vuoi riprovare nuovamente l’esame?»

Kaito cercò di mantenere la sua faccia da poker: «Non mi è poi stato chiaro come sia finita l’anno scorso. Dal punto legale, intendo.»

La professoressa annuì: «Seguimi un momento nel mio ufficio, Kuroba, è il momento di chiarire la questione.»

Con estremo malincuore, ma sapendo quanto fosse importante risolvere anche quella questione, Kaito obbedì. La McGranitt lo condusse nel suo ufficio e lo invitò a sedersi.

«Il professor Silente mi ha spiegato qualcosa della tua… particolare situazione.»

Kaito la guardò sinceramente sorpresa: «Davvero?»

La donna annuì: «So che la tua è un’abilità innata derivata da tuo padre, e che puoi Smaterializzarti liberamente ignorando incantesimi di protezione e quant’altro. Ho dedotto che puoi anche Materializzarti senza conoscere il luogo ma pensando a un tema o una persona, visto il tuo… atterraggio in cucina, l’anno scorso. Eri mai stato nelle cucine?»

«No.»

«Ho anche dedotto che tu ne fossi totalmente all’oscuro, vista la tua reazione dell’anno scorso, e anche che molto probabilmente invece il mio ex collega Lupin fosse decisamente più informato di me, calcolata l’insistenza a voler partecipare a quella prima e unica tua lezione.»

Kaito dovette fare appello a tutta la sua faccia da poker. La Mcgranitt si stava dimostrando degna di Saguru, Conan e compagnia bella.

«Quello che non so, e che non sono neanche sicura di voler sapere, in totale franchezza, è quanto ti abbia aiutato il signor Lupin o quanto tu possa esserti esercitato da solo. Insomma, per farla breve, non sono a conoscenza del tuo attuale livello di Smaterializzazione. Quello di cui invece sono pienamente consapevole è la pericolosità di questa tua dote innata, e spero che lo sia anche tu.»

Il ragazzo annuì.

«Vista la particolare situazione, sono stata messa a conoscenza del fatto che, dopo la tua esibizione, è stato praticato un incantesimo di memoria al signor Twycross e ai tuoi compagni presenti quel giorno. In pratica, solo io, il professor Silente e il signor Lupin siamo a conoscenza della sua lezione dell’anno scorso, per tutti gli altri non è mai avvenuta, a livello ufficiale.»

Kaito ne fu sinceramente sorpreso: «Ah.»

«Te ne parlo perché tu sia consapevole che per evitarti grossi problemi, sono state commesse per te numerose violazioni alla legge. Violazioni delle quali, pur non essendo totalmente d’accordo, anche io stessa sono stata complice e artefice.»

«La ringrazio molto per questo, professoressa.»

«Io e il professor Silente abbiamo concordato, infine, che potrai ritentare regolarmente l’esame al sesto anno, previa valutazione da parte nostra nella quale considereremo se tu possa, sostanzialmente, fingere di poter fare quello che fanno gli altri e avere così la patente ufficiale. Molte altre capacità naturali, come i Metamorphomagus, sono ben regolamentati dal Ministero e non presentano particolari problematiche. Per la tua specifica situazione, invece, ci adopereremo per capire come poterci muovere dal punto di vista legale.»

Kaito fu molto grato all’insegnante. Per lei, particolarmente ligia alle regole, non doveva essere stato facile né coprirlo, né confessargli tutta quella faccenda. Inoltre, pur senza sapere esattamente tutta la storia di suo padre, aveva intuito autonomamente i possibili pericoli della sua particolare situazione.

Ridacchiò: «Visto che lei è stata così sincera con me, lo sarò anch’io. Ero davanti alla Sala Grande per controllare che Fred e George Weasley non… facessero troppo di testa loro, mettiamola così.»

La McGranitt lo guardò sorpresa, poi sorrise anche lei: «Confidenza per confidenza… anche io.»

Kaito rise di gusto e la McGranitt, senza imitarlo ma mantenendo anche lei quel sorriso, aggiunse: «Ora che ci siamo chiariti, direi che posso tornare in Sala Grande e continuare, per conto di entrambi, a controllare cosa possano combinare i gemelli Weasley

Kaito si alzò dalla sedia: «D’accordo. La ringrazio, professoressa.»

La donna assunse nuovamente quell’espressione seria che la caratterizzava: «Sii prudente, Kuroba. Coraggioso, ma prudente.»

Kaito uscì dall’ufficio con ancora più pensieri di quando era entrato. L’idea di andare a controllare cosa stessero combinando Fred e George era ormai, per ovvi motivi, accantonata, ma non la preoccupazione per i gemelli.

«Tu!»

E due, pensò Kaito, voltandosi verso Gazza, che lo squadrava imbracciando minacciosamente una scopa.

«Buongiorno, signor Gazza, posso aiutarla?»

Il custode lo guardò in cagnesco: «Ti ho colto sul fatto!»

Kaito lo fissò sinceramente confuso: «Ehm… su quale fatto?»

Gazza lo prese dal colletto della divisa e lo trascinò nel corridoio di fianco: «Come “quale fatto”? Questo fatto!»

Non appena gli fu possibile, il ragazzo guardò cosa aveva fatto inviperire il custode: una sostanza arancione, appiccicosa e che creava delle bolle colava da un’armatura, facendola scricchiolare pericolosamente.

«Che cos’è?»

«Speravo che me lo dicessi tu, delinquente!»

Il prestigiatore alzò le mani in segno di resa: «Ehi, fino a un minuto fa ero nell’ufficio della Professoressa McGranitt, può chiedere a lei!»

Gazza schiumava di rabbia: «Per punirti di quanto hai fatto!»

«Ma no, per faccende private! Davvero, glielo chieda.»

La certezza del custode parve vacillare: «E quelle scimmiette gemelle amiche tue?»

Kaito impiegò qualche secondo a realizzare il riferimento: «Se sta parlando dei gemelli Weasley sono da un bel po’ in Sala Grande a fare il corso di Smaterializzazione.»

Rimasto senza apparenti colpevoli, Gazza lo lasciò andare e, senza neanche scusarsi, cominciò a parlottare da solo: «Bha, e ora chi viene punito per tutto questo sudiciume? Ci metterò ore anche solo a capire come pulirlo! Così, ma tanto ci pensa Argus, no? Bha! Solo per qualche scherzo di stupido gusto!»

Kaito lo fissò per un momento, realizzando solo in quel momento cosa stessero davvero architettando Fred e George in quei giorni. Ma certo, era così semplice e così ovvio, come aveva fatto a non pensarci?

Senza fare rumore, si allontanò dalla scena del crimine, fino a che non sentì un sussurro.

«Kaito? Psst! Kaito

Era una vocina leggera e femminile, che proveniva da dietro un armadio. Con circospezione, il prestigiatore si avvicinò.

«Ciao, Helen. Che succede?»

La Tassorosso del terzo anno era tutta rossa in volto: «Ho fatto un pasticcio.»

Il prestigiatore fece due più due: «Parli dell’armatura di là?»

Helen annuì: «Gazza mi uccide, se mi scopre.»

Il ragazzo la prese sottobraccio sospirando: «Se rimani qua ti scopre di sicuro. Dai, vieni, che è successo?»

La Tassorosso cercò di nascondere il volto fra i lunghi capelli castani: «Non volevo fare nulla di male… c’è Luna che ha un po’ di influenza, così volevo tirarla su di morale… ho provato a ricreare una pozione che faceva mia sorella quando ero piccola. Mi diceva sempre di non berla, ma era bella, cambiava colore nella botticina e per un po’ faceva anche luce… ma dopo tanti anni non ricordavo bene la ricetta. L’ho provata, sembrava tutto a posto, così stavo andando verso la Sala comune dei Corvonero…»

Kaito fece una smorfia: «Ma a quanto pare non era tutto a posto.»

Helen sospirò: «All’improvviso si è messa a sobbollire nella botticina e io, spaventata, l’ho lanciata dentro l’armatura. Poi… è implosa, credo, non so. Hai visto che è successo!»

«Ho visto sì… ma perché non hai chiesto la ricetta precisa a tua sorella via gufo?»

La ragazza abbassò lo sguardo: «Pensavo di farcela da sola… ma ora mi espellono, secondo te?»

Kaito le sorrise: «Ma no, dai, vedrai che andrà tutto bene! Io a Gazza non dirò nulla, e se tutto va come penso, rimarrà uno dei tanti piccoli misteri di questo castello.»

«Grazie.»

«Ora però fila a spedire quel gufo a tua sorella.»

Helen si allontanò di corsa: «Lo farò!»

Il prestigiatore sospirò. Quel pomeriggio gli aveva stuzzicato un’idea niente male…

 

Quella sera, mentre nella Sala Comune di Grifondoro Fred e George stavano riproponendo, per chi avesse voglia di assistere al loro spettacolino, il primo incidente di Smaterializzazione della loro lezione, ovvero Fred che si spaccava un orecchio, con tanto di sangue finto e risatine, Kaito prese Sheridan da parte e le espose la sua idea.

«Tu sei tutto matto.»

Il prestigiatore sospirò: «Lo so, lo so, in condizioni normali sarei anche d’accordo con te, ma… pensaci un attimo: è meglio quello che ti sto proponendo io o lasciare Fred e George completamente a ruota libera?»

Sheridan osservò per un attimo i gemelli fingersi vampiri, salire sulla poltrona e saltare addosso a Lee Jordan impiastricciandolo di sangue finto.

«Perché da soli quei due non si fermano, e lo sai.»

Momoka sospirò: «Me ne pentirò vita natural durante. E forse anche dopo.»

Mangetsu rise: «Anche io, consolati.»

«Ok, ma abbiamo cinque giorni, riusciremo a procurarci tutto?»

«Possiamo provarci. Il necessario per fare un po’ di scena ce l’ho.»

«Di quello non dubitavo. Cosa facciamo, ci dividiamo le cose?»

Kaito le fece l’occhiolino: «Tu parte magica e io babbana?»

«Come sempre.»

 

 

Il primo aprile Fred e George Weasley entrarono in Sala Grande come se fossero i padroni del mondo.

Kaito, per prenderli in giro, con la mano davanti alla bocca e con voce metallica, disse: «Pianeta Terra chiama Luna: rispondete fratelli Weasley

Tutti gli altri fratelli Weasley al tavolo ridacchiarono, ma i gemelli non se la presero: «Sembra che tu non capisca l’importanza della cosa.»

Kaito alzò le spalle: «La maggiore età è sopravvalutata. Per il mondo dei maghi sono maggiorenne da ben due anni e sono sicuro che non me la tiravo tanto quanto voi.»

George si sfregò le mani: «Tu non hai idea di cosa potremo fare da adesso in poi.»

Kaito non rispose, limitandosi, di nascosto, a fare un occhiolino a Sheridan.

Quanto si sbagliavano…

 

George, qualche ora dopo, appena uscito dalla Sala Grande, sbadigliò stiracchiandosi le braccia: «Che giornata!»

Fred ridacchiò: «Non male come prima giornata da maggiorenni, sì… due ore di Piton, due della McGranitt, uno scherzetto a Gazza come intermezzo, una decina di punti in meno alla Casa, ma sono incidenti del mestiere…»

«Quindi ora che si fa? Facciamo gli adulti responsabili e facciamo i compiti o continuiamo… quella cosa?»

Il ragazzo ridacchiò: «E devi anche chiederlo? Tira fuori gli…»

Ma non ebbe modo di completare la frase. Qualcosa di fresco gli bagnò improvvisamente il volto. Con una mano si toccò il viso, sentendolo bagnato.

«Ma che…»

Un tonfo lo fece voltare, ma più lentamente di quanto si aspettasse. Il suo gemello era caduto a terra, di faccia.

«George… cosa…»

E le braccia di Morfeo accolsero anche lui.

 

Fred non aveva mai pensato di poter avere un déjà-vu nel sonno. Eppure, quando qualcosa di fresco gli bagnò nuovamente il volto, seppe subito che questo era già successo, e neanche tanto tempo prima.

Spalancò gli occhi di scatto, sobbalzando sulla sedia. Era buio intorno a lui, ma non abbastanza da non riconoscere una più che familiare figura seduta alla sua sinistra.

«George!»

Il fratello era ancora un po’ addormentato: «Dai, , ancora cinque minuti…»

Senza farsi problemi, Fred mollò un ceffone in pieno viso al fratello: «Macché mamma e mamma, svegliati! Ora!»

George scosse la testa e, ancora un po’ confuso, chiese: «Dove siamo? Che è successo?»

«Speravo sapessi rispondermi tu! Eravamo fuori dalla Sala Grande e…»

«Ci hanno rapiti?»

Fred fece una smorfia: «Dentro Hogwarts? E poi non ci hanno neanche legati e…»

Uno sbuffo di luce attirò l’attenzione di entrambi e chiuse la discussione. Di fronte a loro, appoggiato su un semplice banco, c’era un oggetto piuttosto familiare.

«Il… Calice di fuoco?»

I gemelli si avvicinarono con circospezione. Era proprio lui, pieno di fiamme bianche e azzurre che scoppiettavano al suo interno.

Non ebbero nemmeno il tempo di farsi domande, che un biglietto venne sputato fuori dal calice. I due gemelli si guardarono circospetti, poi George si fece coraggio e lo afferrò. Era scritto su pergamena consunta, in inchiostro rosso.

 

Siete pronti per la prova?

 

Fred guardò il gemello perplesso: «Quale prova?»

Un altro biglietto uscì dal calice.

 

Siete maggiorenni, adesso. Dunque vi chiedo: siete pronti per la prova?

 

George guardò perplesso il foglietto: «Quale prova? Quella per il Torneo Tremaghi

Fred aggiunse: «Non siamo più in tempo! Ci sono già state due prove!»

Ancora una volta, un biglietto rispose.

 

Se lo siete, afferratemi e bevete. Altrimenti, uscite dalla stanza.

 

I due gemelli si guardarono perplessi e un po’ intimoriti. Avevano tante domande, poche risposte, ma un’incoscienza tremenda. Fred prese il calice, George gli strinse la mano e, dopo aver ancora dato un’occhiata al gemello, il primo bevve.

George guardò il fratello preoccupato: «Tutto… tutto ok?»

Il corpo di Fred, prima di poter rispondere, fu attraversato da un brivido. Il gemello sbiancò.

«FRED!!!»

Il ragazzo esclamò: «È gelato!»

George lo guardò perplesso: «Nel senso che è freddo?»

Fred gli porse il calice: «No, nel senso che è proprio gelato! Assaggia!»

Il gemello prese il calice dubbioso, e ci intinse la lingua.

«È…»

«È gelato di more e mirtilli, ragazzi, non vi abbiamo avvelenato, potete stare tranquilli.»

I gemelli trasalirono, mentre Kaito e Sheridan accendevano le candele.

«Però di stasera effettivamente vi abbiamo drogato, quello sì, giusto per portarvi qui.»

Momoka guardò il prestigiatore di storto: «Secondo me il sonnifero era esagerato, però.»

Mangetsu ridacchiò: «Era il più blando del mio armamentario, non gli ha fatto assolutamente nulla, vero ragazzi?»

Futago e Soseiji si guardarono confusi.

«Non ci stiamo capendo più nulla.»

Gli altri due Malandrini risero.

«Effetto sorpresa perfettamente riuscito, allora!»

«Dai, prendetevi due sedie e parliamo con calma.»

Solo in quel momento i gemelli si resero conto di trovarsi in un’aula in disuso, in una di quelle dove spesso facevano le riunioni dei Malandrini.

Kaito sorrise: «Allora, com’è stato farvi finalmente scegliere dal Calice di Fuoco?»

George si morse un labbro: «… spiazzante.»

Fred si voltò ad afferrare il “Calice di Fuoco”. Era una coppa di legno intagliata rozzamente, esattamente come quella originale, ma ripiena di gelato. Fumava ancora, però.

«Come avete fatto?»

Sheridan sorrise: «Hagrid ci ha aiutato a intagliarla e Dobby ci ha procurato il gelato dalle cucine.»

Kaito alzò le spalle: «Per il resto… ghiaccio secco per l’effetto fumo e fiamme e un Lumos ben posizionato. Con il buio e la vostra fantasia ben stimolata avete fatto sostanzialmente tutto da soli.»

I gemelli si guardarono sconvolti: «Uao…»

Kaito porse loro un paio di cucchiai: «Intanto mangiatevelo, o si scioglie.»

I gemelli, sospirando, si arresero, presero i cucchiai e iniziarono a ingozzarsi.

«Però… perché?»

Sheridan li guardò seria: «Per farvi una domanda seria.»

Kaito annuì: «Siete pronti per la prova? Non quella del Calice… quella della vita adulta.»

I gemelli rimasero un po’ spiazzati da quella domanda, ed entrambi preferirono mettersi un’altra cucchiaiata di gelato in bocca.

Momoka continuò: «Eravamo un po’ preoccupati per voi in questi giorni. Eravate… stranamente eccitati. Va bene l’avvicinarsi del vostro diciassettesimo compleanno, però…»

Mangetsu continuò: «Ci ho messo un po’ a capire cosa vi stesse passando per la testa, ma penso di esserci arrivato. State complottando per i Tiri Vispi Weasley, vero? E magari ancora per come farla pagare a Ludo Bagman per il suo imbroglio.»

La ragazza sospirò: «Da oggi vostra madre ufficialmente non potrà più impedirvi nulla, era per quello che eravate così eccitati.»

I due gemelli arrossirono, colti sul fatto.

Il prestigiatore continuò: «Scusate se ho coinvolto anche lei, ma ho avuto bisogno di aiuto e consulto per fare una cosa importante.»

Futago li guardò sorpreso: «Cosa?»

Kaito sorrise: «Il vostro regalo di compleanno, cosa sennò?»

Momoka, con un sorriso, annunciò: «Questi due Malandrini hanno deciso, di comune accordo, di contribuire ufficialmente alla fondazione del Tiri Vispi Weasley! Se riuscirete a creare il vostro negozio di scherzi senza Bagman, sarà la più grande vendetta che possiate fare nei suoi riguardi, no?»

I due gemelli si guardarono ancora più confusi.

«Ragazzi… noi non possiamo accettare dei soldi da voi.»

Mangetsu ridacchiò: «E chi ha mai parlato di soldi?»

Con un rapido gesto Kaito coprì il banco più vicino con un telo, che non appena tirò via rivelò un bel mucchio di pacchetti.

«Ecco il nostro contributo.»

Sempre più confusi, i gemelli si avvicinarono al mucchio di doni.

«Possiamo?»

Mangetsu sospirò: «Sì, questi sono innocui, non temete.»

Rassicurati, i due fratelli si avventarono sui pacchetti, che erano quasi tutti voluminosi e abbastanza pesanti. Soseiji però, rimase deluso quando finì di scartare il primo.

«Un libro?»

Kaito annuì e George continuò a leggere il titolo: «”Guida ai più (e ai meno) comuni effetti collaterali delle Pozioni”?»

Futago fece una smorfia, vedendo il titolo del suo: «”Chimica per principianti”? Che è la Chimica?»

Mangetsu si sbatté una mano sulla fronte: «Diciamo Pozioni versione babbana.»

«Ok… ma perché?»

Gli altri due Malandrini sospirarono: «Perché da adesso in poi, se vi conosciamo un pochino, voi partirete a sperimentare chissà che cosa, per creare nuovi scherzi.»

«E presi dall’entusiasmo, potreste fare… meno caso a un paio di cosucce.»

«Come la sicurezza. Vostra, principalmente, non dico degli altri, per quello siete abbastanza intelligenti, di solito.»

«E noi non vogliamo che questo accada.»

«Quindi lì c’è tutto quello che siamo riusciti a procurarci di materiale inerente alla sicurezza, magica e babbana, in modo che possiate prendere spunto… ma non strafare.»

Kaito ridacchiò: «Perché siate… coraggiosi, ma prudenti.»

I due gemelli si guardarono. Non era esattamente il regalo di compleanno che si aspettavano, ma avevano capito il pensiero degli amici.

«Ah, e poi c’è questo.»

Momoka guardò Mangetsu ancora una volta: «Sei sicuro?»

Il ragazzo ridacchiò: «E diamo un po’ di fiducia ai nostri Malandrini preferiti!»

E consegnò ancora loro un pacco. Soseiji e Futago si affrettarono a scartarlo.

«”Il Piccolo Chimico”?»

«Vi pare che vi diamo dei libri di chimica e non la possibilità di metterli in pratica creando sostanze e pasticci vari alla maniera babbana? Ci sono un mucchio di possibilità in quella scatola e in quei libri a cui nessun mago penserebbe mai.»

Lo sguardo dei due gemelli s’illuminò di gioia e Momoka alzò gli occhi al cielo: «Ecco, ora la frittata è fatta per davvero.»

Mangetsu ridacchiò: «Tranquilla, ho controllato, è dagli anni ‘50 che non mettono nella scatola il necessario per creare polvere esplosiva, per lo meno!»

I due gemelli li abbracciarono: «Grazie, ragazzi!»

«Non vi deluderemo!»

«Non c’è un abbraccio anche per me?»

Pix, incurante di tutto, attraversò un muro della stanza e si avvicinò ai Malandrini.

«Ehilà, Gōsuto, che ci fai qui?»

Il Poltergeist ridacchiò: «Oh, volevo partecipare anche io alla festa… ho portato anche un po’ di regali…»

E aprendo le braccia scaricò nelle mani dei gemelli una quantità enorme di oggetti.

«Tutto quello che sono riuscito a recuperare dal cassetto con il vostro nome, con tanti auguri da Gazza.»

I due ragazzi si persero un momento, riconoscendo oggetti che non vedevano da anni e che avevano disperato di poter recuperare, un giorno.

Soseiji posò un po’ di oggetti e si avvicinò al Calice, ormai vuoto: «Questo lo possiamo tenere?»

Momoka sorrise: «Certo, potete considerarlo parte del regalo.»

Fred e George si guardarono in volto, sorridenti ma con gli occhi seri.

«Cose vecchie…»

«Cose nuove…»

I due ragazzi si guardarono in volto: «… miglior festa di compleanno di sempre!»

E tutti i Malandrini scoppiarono a ridere, finalmente, com’era giusto in un giorno di festa.

 

 

“Grande festa alla corte di Francia”…

C’è voluto più tempo del previsto, ma sono tornata. Vorrei fare come John Belushi in Man in Black (“non è stata colpa mia. Davvero, sono sincero. Quel giorno finì la benzina. Si bucò un pneumatico. Non avevo i soldi per il taxi! Il mio smoking non era arrivato in tempo dalla tintoria! Era venuto a trovarmi da lontano un amico che non vedevo da anni! Qualcuno mi rubò la macchina! Ci fu un terremoto! Una tremenda inondazione! Un'invasione di cavallette!”), la verità è molto più banale: ho seguito mio padre che per problemi di salute è entrato e uscito dall’ospedale più volte, unito a problemi sul lavoro mi ha causato il mio primo, serio, blocco dello scrittore. Non mi sono arresa, ho scritto molto per allenarmi di nuovo, ma non ho mai scordato né voi né questa storia. Adesso sono tornata, e spero di rimanerci a lungo, magari sempre con tempi distesi, ma senza dei blocchi e delle pause così lunghe. So anche che nel frattempo EFP è diventato sostanzialmente abbandonato, ma ho una storia in sospeso con voi e farò di tutto per portarla a termine.

Intanto, in ritardissimo, ringrazio chi aveva commentato lo scorso capitolo: Lunariascrittrice, fenris, Serena Leroy.

Nel prossimo capitolo (tranquilli, è già avviato e a buon punto) avremo l’ultima prova del Torneo Tremaghi… e degli non troppo inaspettati ritorni.

Vi auguro buone vacanze, e vi aspetto al prossimo capitolo.

 

Hinata 92

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Capitolo 40
*** Il mortale ritardo ***


Il mortale ritardo

 

I mesi trascorsero in fretta. Nelle pause da compiti e lezioni i Malandrini cercarono di aiutare Harry, insieme ovviamente a Ron e a Hermione, a prepararsi per l’ultima prova, il labirinto, che come annunciato sarebbe stato pieno di creature e incantesimi. Nei giorni che seguirono trascorsero tutto il loro tempo libero in biblioteca a studiare stregonerie, o in qualche classe vuota dove sgattaiolavano per esercitarsi. Harry si era concentrato sullo Schiantesimo, che non aveva mai usato prima. Il guaio era che fare pratica comportava parecchi sacrifici da parte di tutti.

Ron, un lunedì all'ora di pranzo, mentre giaceva lungo disteso nel bel mezzo della classe di Incantesimi propose: «Non possiamo rapire Mrs Purr 

Era appena stato Schiantato e risvegliato da Harry per la quinta volta di seguito. «Possiamo Schiantare lei qualche volta. Oppure puoi usare Dobby, Harry. Scommetto che farebbe qualunque cosa per aiutarti. Non è che mi lamenti, ma mi fa male dappertutto...»

Mentre si alzava in piedi cautamente, massaggiandosi la schiena, Hermione esclamò, impaziente: «Be', certo, se continui a mancare i cuscini!» 

Sheridan si limitò a risistemare la pila di cuscini che avevano usato per l'Incantesimo di Esilio e che Vitious aveva lasciato in un armadio.

«Quando sei Schiantato non riesci a prendere la mira molto bene, Hermione! Perché non vieni tu al mio posto?»

Sheridan cercò di sedare gli animi: «Be', credo che Harry l'abbia imparato, ormai.» Hermione aggiunse in fretta: «E non dobbiamo darci pensiero per l'Incantesimo di Disarmo, perché sono secoli che lo sa fare... Credo che stasera dovremmo cominciare con qualche stregoneria.»

Continuarono così, alternandosi a turno, fino a giugno.

All'inizio di giugno l'atmosfera nel castello si fece di nuovo tesa e agitata. Tutti aspettavano con ansia la terza prova, che avrebbe avuto luogo una settimana prima della fine del trimestre. Harry si esercitava negli incantesimi in ogni momento libero. Stanca di imbattersi nel gruppetto in tutti gli angoli della scuola, la professoressa McGranitt aveva dato a Harry il permesso di usare la classe di Trasfigurazione che era vuota all'ora di pranzo. Ben presto Harry padroneggiò l'Incantesimo di Ostacolo, che rallentava e ostacolava gli aggressori, l'Incantesimo Reductor, che gli consentiva di far saltare in aria oggetti solidi che fossero d'intralcio, e l'Incanto Quattro Punti, un'utile scoperta di Hermione che avrebbe indirizzato la sua bacchetta esattamente a nord, permettendogli di orientarsi all'interno del labirinto.

Hermione, scorrendo la lista e cancellando gli incantesimi che avevano già imparato, ripeteva spesso: «Però vai molto bene, davvero. Alcuni di questi si riveleranno utili.»

I Malandrini certo non erano stati con le mani in mano. Fred e George passarono ad Harry alcuni dei loro scherzi, anche con piccole modifiche originali, per rallentare o ostacolare gli avversari; Kaito gli insegnò un paio di trucchi utili a liberarsi in caso qualcuno avesse provato a legargli le mani per impedirgli di usare la bacchetta e Sheridan, rendendosi conto che la sua tecnica migliore, l’appendere la gente ai gargoyles, fosse poco utile in questa situazione, andava spesso a spiare gli altri concorrenti per controllare come si preparassero. La tensione era così alta che Kaito decise di ignorare completamente il suo compleanno.

Alla vigilia della prova, il 23 giugno, i quattro si lasciarono andare sulle poltrone della Sala Comune con un sospiro.

Fred commentò: «Più di questo non si poteva fare.»

Kaito annuì: «Ora sta ad Harry.»

Sheridan, seppure con un po’ di fatica, si alzò e fece per allontanarsi dalla Sala. George la fermò: «Dove vai?»

«Da Luna. Oggi a lezione mi ha detto di avere mirabolanti idee per incoraggiare i Campioni e visto il suo ultimo cappello forse è meglio che controlli cosa le passa per la testa.»

I tre ragazzi risero: «Hai ragione!»

Poi, non appena si fu allontanata, i tre ragazzi si guardarono seri.

«Siamo sicuri che andrà tutto bene?»

«Perché non dovrebbe?»

George abbassò lo sguardo: «So... che non bisogna essere superstiziosi, però...»

Kaito lo incoraggiò: «Però?»

Il ragazzo strinse le labbra imbarazzato, poi disse tutto d’un fiato: «Stamattina ho visto un Gramo!»

Il prestigiatore lo guardò confuso: «Cos’è un Gramo?»

Fred spiegò: «È una sorta di grosso cane nero. Fra i maghi è considerato un annuncio di morte imminente.»

Cane nero...

Kaito dovette trattenersi dal ridere. Probabilmente era Sirius, infiltratosi per controllare la prova prima che l’affrontasse Harry! Ma George questo non lo sapeva, e non voleva assolutamente prenderlo in giro.

«Non preoccuparti, l’hai detto tu, è una superstizione. Andiamo a dormire, domani sera a quest’ora staremo festeggiando la fine del Torneo, chiunque sarà il vincitore.»

George annuì e lo seguì su per il dormitorio.

 

La mattina della terza prova la colazione al tavolo di Grifondoro fu molto rumorosa. Comparvero i gufi postini e non appena Kaito ebbe per le mani la sua edizione della Gazzetta del Profeta si lasciò sfuggire una piccola imprecazione.

Sheridan sussurrò: «Che succede?»

«Leggi.»

 

HARRY POTTER È «DISTURBATO E PERICOLOSO»

Il ragazzo che ha sconfitto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è instabile e potenzialmente pericoloso, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. Sono venute alla luce testimonianze allarmanti sullo strano comportamento di Harry Potter, che insinuano seri dubbi sull'opportunità che partecipi a una gara impegnativa come il Torneo Tremaghi, e perfino che frequenti la scuola di Hogwarts.

Potter, come la Gazzetta del Profeta è in grado di rivelare in esclusiva, sviene regolarmente durante le lezioni, e spesso lo si sente lamentare un dolore alla cicatrice che porta sulla fronte (ricordo della maledizione con la quale Voi-Sapete-Chi cercò di ucciderlo). Lunedì scorso, nel corso di una lezione di Divinazione, il vostro inviato della Gazzetta del Profeta può testimoniare che Potter è uscito di gran fretta dalla classe, sostenendo che la cicatrice gli faceva troppo male per continuare a studiare.

È possibile, spiegano i massimi esperti dell'Ospedale di San Mungo per le Malattie e Ferite Magiche, che il cervello di Potter sia stato danneggiato dall'aggressione di Voi-Sapete-Chi, e che la sua insistenza nel sostenere che la cicatrice gli fa ancora male sia una manifestazione del profondo stato confusionale in cui versa.

«Potrebbe anche fingere» ha dichiarato uno specialista, «la sua potrebbe essere una richiesta di attenzioni».

La Gazzetta del Profeta, intanto, ha scoperto fatti preoccupanti a proposito di Harry Potter che Albus Silente, Preside di Hogwarts, ha accuratamente tenuto nascosti al pubblico mago.

«Potter parla il Serpentese» rivela Draco Malfoy, uno studente del quarto anno di Hogwarts. «Un paio di anni fa si sono verificate parecchie aggressioni ai danni di studenti, e tutti pensavano che dietro ci fosse Potter: aveva perso la testa al Club dei Duellanti e aveva aizzato un serpente contro un altro ragazzo. Ma è stato tutto messo a tacere. Lui però ha anche fatto amicizia con lupi mannari e giganti. Siamo convinti che farebbe qualunque cosa per un briciolo di potere».

Il Serpentese, la capacità di parlare ai serpenti, da molto tempo è considerato un'Arte Oscura. In verità, il più celebre conoscitore del Serpentese dei nostri giorni è nientemeno che Voi-Sapete-Chi in persona. Un membro della Lega di Difesa contro le Arti Oscure, che preferisce conservare l'anonimato, ha dichiarato che riterrebbe ogni mago in grado di parlare Serpentese «passibile di indagini. Personalmente, nutrirei gravi sospetti su chiunque sapesse conversare con i serpenti, poiché questi rettili sono spesso usati nella Magia Oscura della peggior specie, e sono storicamente legati ai malfattori». Parimenti, «chiunque cerchi la compagnia di creature malvagie come lupi mannari e giganti parrebbe nutrire inclinazioni violente».

Albus Silente dovrebbe senza dubbio chiedersi se a un ragazzo del genere debba essere permesso gareggiare nel Torneo Tremaghi. C'è chi teme che Potter possa ricorrere alle Arti Oscure nel suo folle desiderio di vincere il Torneo, la terza prova del quale avrà luogo questa sera.

 

«Figlia di...»

«Sheridan... abbiamo orecchie sensibili al tavolo...»

«Ma è un colpo basso il giorno stesso dell’ultima Prova!»

«La Skeeter ha mai giocato pulito finora?»

I due Malandrini, da dietro il giornale, sbirciarono la reazione di Harry. Nonostante le prese in giro di Malfoy sembrava non curarsene troppo.

Sheridan sospirò: «Per fortuna Harry ormai ci passa sopra.»

Kaito le diede una gomitata: «Guarda Hermione

Il volto della ragazza aveva una strana espressione, quasi rapita. Alzò lentamente una mano e si fece scorrere le dita tra i capelli.

Ron la guardò accigliato: «Ti senti bene?»

Hermione fece scorrere di nuovo le dita tra i capelli, e poi avvicinò la mano alla bocca, come se parlasse in un walkie-talkie invisibile.

Kaito si lasciò sfuggire un’espressione soddisfatta: «Conosco quella faccia, l’ho vista sui volti di fin troppi detective...»

«Mi è venuta un'idea. Credo di sapere... perché così nessuno avrebbe visto... nemmeno Moody... e lei avrebbe potuto salire sul davanzale... ma non è autorizzata... non è assolutamente autorizzata... credo di averla incastrata! Datemi solo due secondi in biblioteca... solo per esserne certa!»

E con queste parole, Hermione afferrò la borsa e sfrecciò fuori dalla Sala Grande.

Sheridan fece l’occhiolino a Kaito: «Io la seguo. Ha l’aria di essere qualcosa di grandioso e, soprattutto, contro la Skeeter

«Vai, vai.»

La ragazza si alzò dal tavolo con un aria soddisfatta che Kaito non le vedeva da tempo: «Qualunque cosa pur di fargliela pagare a quella str...»

«Sheridan...»

«... ega. Stavo per dire strega

«Seee, come no. Fila, dai. Ci vediamo dopo!»

Non appena Sheridan si defilò dalla Sala Grande, scattante come una ninja, la professoressa McGranitt si avvicinò a Harry.

«Potter, i campioni si riuniscono nella saletta qui accanto dopo colazione.»

Harry si rovesciò addosso le uova strapazzate: «Ma la prova comincia stasera!»

«Lo so, Potter. I familiari dei campioni sono invitati ad assistere alla prova finale, lo sai. Questa è solo un'occasione per salutarli.»

La professoressa si allontanò e dall’espressione di Harry Kaito comprese che il Campione non era a conoscenza di alcun parente che potesse venirlo a trovare, ciononostante il ragazzo si alzò e andò verso la saletta. Il prestigiatore finì la sua colazione e si avviò verso la serra di Erbologia, dove lo attendeva il primo esame di fine anno. Un attimo prima che la professoressa Sprite entrasse, Sheridan s’intrufolò in classe.

«Allora?»

«L’ho già detto che Hermione è un genio?»

«Più o meno lo diciamo tutti un migliaio di volte al giorno, ormai è assodato. Spara, cos’ha scoperto?»

Momoka fece per parlare, ma l’ingresso della professoressa li obbligò a rimandare l’intera discussione.

 

Una sfilza di esami uno dietro l’altro portarono alla sera l’intero terzo anno di Grifondoro ad essere completamente distrutto. Ginny aveva a malapena fatto caso alla presenza di sua madre e di suo fratello nel castello in compagnia di Harry. In ogni caso cercarono tutti di tirarsi su per quanto possibile per il banchetto serale.

Mentre si accomodavano alle solite tavolate, decisamente più imbandite nel normale, Kaito buttò un occhio al tavolo dei professori. Ludo Bagman sembrava piuttosto allegro, ma Cornelius Caramell, che era seduto accanto a Madame Maxime, era torvo e non parlava. Madame Maxime era concentrata sul suo piatto, e a Harry parve che avesse gli occhi rossi. Hagrid continuava a guardarla in tralice. Mentre il soffitto incantato sopra le loro teste cominciava a sbiadire dall'azzurro a un violetto fosco, Silente si alzò al tavolo dei professori e subito cadde il silenzio.

«Signore e signori, tra cinque minuti vi chiederò di scendere al campo di Quidditch per la terza e ultima prova del Torneo Tremaghi. I campioni vogliano per favore seguire il signor Bagman giù allo stadio, adesso.»

Harry si alzò. Tutti i Grifondoro lo applaudirono; i Weasley, Hermione e i restanti Malandrini gli augurarono tutti quanti buona fortuna, e lui uscì dalla Sala Grande con Cedric, Fleur e Krum. Appena fu possibile, tutti li seguirono.

Entrarono nel campo di Quidditch, che ormai era del tutto irriconoscibile. Una siepe alta sei metri correva per tutto il suo perimetro. C'era un'apertura proprio davanti a loro: l'ingresso dell'enorme labirinto. Il corridoio al di là era buio e sinistro. L'aria si riempì di voci eccitate e dello scalpiccio di innumerevoli piedi mentre centinaia di studenti riempivano le tribune. Il cielo era di un intenso, limpido azzurro, e cominciavano a spuntare le prime stelle. Fu mentre Kaito si perdeva per un attimo in quello spettacolo naturale che Luna gli diede una pacca sulle spalle. Il prestigiatore si voltò e quasi trasalì sulla sedia delle tribune. La sua amica Corvonero si era cucita da sola una sorta di tuta metà rossa e oro e metà gialla e nera, con il cappello della volta scorsa in testa. Quasi tutti i suoi compagni di Casa, salvo le pazientissime e rassegnate Katie e Julie, la schivavano inorriditi. Kaito la salutò modestamente con la mano, poi diede una gomitata a Sheridan: «Non dovevi... “contenerla”

«È quello che ho fatto! Sai che fatica convincerla a non cucire le stelline fluorescenti su tutta la tuta?»

I gemelli risero guardando Kaito sbattersi una mano sulla fronte.

Hagrid, il professor Moody, la professoressa McGranitt e il professor Vitious si avvicinarono a Bagman e ai campioni. Portavano grosse stelle rosse lucenti sul cappello, tutti tranne Hagrid, che aveva fissato la sua sulla schiena del cappotto di talpa.

Momoka ridacchiò: «Ecco dove sono finite quelle di Luna...»

«Secondo voi che ruolo hanno?»

Kaito sospirò: «Sono professori, non giocatori di Quidditch...»

«Bè, siamo sul campo, non si sa mai...»

I quattro si allontanarono in direzioni diverse, per disporsi attorno al labirinto. Bagman si puntò la bacchetta alla gola e la sua voce amplificata per magia echeggiò sugli spalti: «Signore e signori, sta per cominciare la terza prova del Torneo Tremaghi, la prova finale! Permettete che vi ricordi la situazione del punteggio! Al primo posto, alla pari, con ottantacinque punti ciascuno... il signor Cedric Diggory e il signor Harry Potter, entrambi della Scuola di Hogwarts

Le grida e gli applausi fecero alzare in volo nel cielo sempre più scuro gli uccelli appollaiati sugli alberi della Foresta Proibita.

«Al secondo posto, con ottanta punti... il signor Viktor Krum, dell'Istituto Durmstrang

Altri applausi.

«E al terzo posto... Mademoiselle Fleur Delacour, dell'Accademia di Beauxbatons

Mentre gli ultimi applausi si spegnevano, Harry a un certo punto sembrò notarli e i Malandrini fecero grandi cenni di incoraggiamento, con pollici alzati e segni alla “stendili tutti”. Li salutò con la mano e Luna, alle loro spalle, si alzò in piedi per farsi notare. Purtroppo o per fortuna Harry si girò proprio in quel momento.

Bagman disse: «Allora... al mio segnale, Harry e Cedric! Tre... due... uno...»

Fischiò brevemente e Harry e Cedric scattarono in avanti ed entrarono nel labirinto.

 

«Ok, spiegatemi una cosa, a questo punto...»

«Sheridan...»

La ragazza sbottò, stufa di essere sempre censurata: «No, Kaito, scusa, ma a che serve il pubblico? La prima prova era ok, ma sono due prove che non vediamo un bel niente! Solo ansia per l’attesa! Che razza di spettacolo è? Capisco un errore di organizzazione, ma qui siamo a due su tre, e questa è la finale!»

Il prestigiatore sospirò: «Questa volta effettivamente hai ragione. Sarebbe bastato anche solo un drone per le riprese dall’alto...»

Ginny fece una smorfia: «Un che?»

Sheridan scosse la testa: «Diavolerie babbane, tranquilla.»

Colin pulì annoiato il suo obiettivo: «In queste prove, a parte la prima, non sono riuscito nemmeno a...»

Un urlo femminile, acuto e penetrante, fece gelare a tutti il sangue nelle vene.

«Cosa è stato?»

«Una Banshee?»

Ma una bambina dal pubblico si alzò preoccupata e corse verso l’ingresso del labirinto.

«Quella non è la sorella di Fleur Delacour

«È stata lei ad urlare in quel modo?»

«Che caspita c’è in quel labirinto?»

Gli sguardi fra i Grifondoro del Terzo anno si fecero ancora più preoccupati e nervosi. Cosa si nascondeva fra le mura del labirinto?

Fred, dalla fila sopra di loro, commentò: «Quanti punti rischio se lancio un Incendio su un muro del labirinto per controllare?»

Ginny rispose: «Troppi perché tu possa tornare a casa sano e salvo, ti ricordo che oggi ci sono sia Percy che la mamma...»

Un vociare dal pubblico attirò nuovamente la loro attenzione. Fleur Delacour veniva trascinata priva di sensi fuori dal labirinto da una preoccupata professoressa McGranitt.

«Per la miseria!»

«Ma che diamine c’è là dentro?»

Neanche il tempo di chiederselo, che delle scintille rosse campeggiarono da un’altra parte del labirinto.

«Un altro ferito?»

«Chi sarà?»

Ginny congiunse le mani in preghiera, Ron ed Hermione si guardarono preoccupatissimi, Sheridan iniziò a mordersi un labbro. Tutti i Grifondoro pregarono che non si trattasse di Harry, per quanto fosse l’opzione più probabile. E invece, con grande sorpresa di tutti, a venire trasportato in braccio da Hagrid fuori dal labirinto fu Victor Krum.

«Krum

«Sul serio?»

Un Tassorosso iniziò a gridare: «Ha vinto Hogwarts! Chiunque prenda la Coppa ha vinto Hogwarts

Grida di giubilo si diffusero fra gli alunni, indipendentemente dalla Casa, e allentarono un po’ la tensione, ma non del tutto.

Kaito non riusciva a rilassarsi. Avrebbe vinto Hogwarts, e andava bene, ma i loro Campioni in che condizioni sarebbero usciti?

 

Attesero, ancora e ancora. Nessun grido, nessuna scintilla, niente di niente. Come se il labirinto stesso li avesse inghiottiti.

«Da quanto tempo sono dentro?»

«Ormai sono quasi due ore.»

«Sono tante, le altre prove duravano un’ora...»

«E se si fossero feriti in modo così grave da non poter chiedere soccorso?»

Queste e molte altre voci si udivano dal pubblico, ma Kaito quasi non ci prestava ascolto. Si era messo a osservare i professori dotati di stella. Hagrid era in ansia dal primo minuto, non era affidabile, ma quando notò che anche un tipino sempre positivo e allegro come Vitius era visibilmente ansioso si rese conto che qualcosa non stava funzionando. Si stropicciò le mani per un attimo, come se fosse nervoso anche lui, poi si alzò.

«Vado un attimo in bagno e torno.»

E mentre il prestigiatore si allontanava, George si ritrovò con un biglietto scarabocchiato in fretta e furia sulle gambe, che aprì con circospezione e fece leggere solo al fratello.

 

Questa storia non mi piace, controllo se va tutto bene e torno.

 

 

Assicuratosi di essere fuori dalla vista, cosa non poi così difficile con il labirinto che attirava l’attenzione di tutti, Kaito chiuse gli occhi e si smaterializzò pensando intensamente a Harry. Quando li riaprì, non gli ci volle nulla a capire che la situazione era decisamente sfuggita di mano.

Quel luogo non faceva assolutamente parte del territorio di Hogwarts; era chiaro che aveva viaggiato per chilometri, forse centinaia di chilometri, perché anche le montagne che circondavano il castello erano sparite. Si trovava in un cimitero buio e abbandonato; il profilo nero di una chiesetta era riconoscibile oltre un grande tasso alla sua destra. Alla sua sinistra s'innalzava una collina, sul cui versante si distingueva la sagoma di una bella dimora antica. Kaito alzò un sopracciglio perplesso. Dov’era finito? E, soprattutto, dov’era Harry?

 

«MI RIFIUTO!»

 

Come se gli avesse letto nel pensiero, la sua voce rimbombò forte e chiara nel silenzio del cimitero. Il prestigiatore sospirò. Non aveva nuovamente sbagliato, si trovava nel posto giusto. Fece per dirigersi verso la zona da dove aveva sentito la voce di Harry, quando un familiare schiocco alle sue spalle gli annunciò che qualcun altro si era Smaterializzato. Si voltò, sperando di incrociare lo sguardo di uno dei suoi professori, ma si ritrovò a fissare uno strano individuo: era tutto incappucciato e mascherato e, a giudicare dai suoi gesti, era sorpreso quanto lui di trovarlo in quel luogo. Quando lo vide tirare fuori la bacchetta, Kaito agì d’istinto.

«Stupeficium!»

Il misterioso individuo cadde a terra. Il prestigiatore rimase fermo per un attimo. Non aveva neanche mai provato quell’incantesimo, ma lo aveva subito e visto fare ad Harry così tante volte nell’ultimo mese che gli era venuto spontaneo. Fece per allontanarsi, poi l’istinto da Kaito Kid lo fece ritornare sui suoi passi e gli fece prendere i curiosi vestiti della sua vittima. Rimase sorpreso per un attimo quando gli tolse la maschera: era un uomo asiatico, sui quarant’anni, dagli abiti orientali eleganti e dall’aspetto molto curato; i baffi gli ricadevano lunghi e sottili sul petto e indossava dei guanti bianchi di fattura occidentale. Avrebbe voluto indagare di più sul curioso individuo, ma alcune urla di sorpresa gli ricordarono il motivo per cui era lì.

«Harry...»

Indossò la bardatura dell’uomo misterioso e si avviò.

Superata quella che sembrava essere una piccola collinetta, Kaito quasi inciampò. Controllò l’oggetto che gli aveva fatto perdere l’equilibrio e trasalì. Tra le sue mani stava stringendo l’agognata Coppa Tremaghi, per metà completamente accartocciata e ammaccata. Avvertì una stretta d’ansia allo stomaco. Cosa diamine stava accadendo?

La tenne con sé e fece ancora qualche passo. Oltre una fila di tombe intravvide altre figure nere e corse in quella direzione. Nel buio, indossando la maschera, rischiò di inciampare ancora. Abbassò lo sguardo e si sentì come se gli avessero lanciato un Pietrificus Totalus.

Ai suoi piedi era disteso Cedric Diggory, con gli occhi spalancati e un colore in volto che non lasciava adito a dubbi. Era morto.

Non era il primo cadavere che Kaito avesse visto nella sua vita, ma la totale sorpresa e l’ansia che aveva avuto fino a quel momento lo portarono a reagire peggio di come avrebbe fatto di solito. Lasciò andare la Coppa, che rotolò in avanti, giù dall’altura, e solo a fatica trattenne un urlo.

 

«Stamattina ho visto un Gramo!»

«È una sorta di grosso cane nero. Fra i maghi è considerato un annuncio di morte imminente.»

 

Gli tornarono in mente le parole di Fred e George, e quasi si sentì in colpa per non aver dato loro peso. Forse sarebbe potuto venire prima, altrimenti. Forse lo avrebbe potuto salvare…

Kaito scosse la testa e si costrinse a reagire. Poteva salvare ancora almeno una persona. Sentendosi un vigliacco, scavalcò il corpo e avanzò ancora.

Lo spettacolo che si ritrovò davanti lo raggelò come e più di prima.

Harry era in piedi, visibilmente affaticato e ferito; ma, soprattutto, attorniato da tutti gli uomini mascherati, c’era un uomo, se si poteva definirlo tale: le mani erano come grossi, pallidi ragni, con lunghe dita bianche; gli occhi rossi dalle pupille verticali come quelle di un gatto; ai suoi piedi strisciava un lungo serpente. Kaito non ebbe bisogno di presentazioni, seppure fosse molto diverso dalla versione giovanile che aveva già incontrato: quell’uomo poteva essere solo e soltanto Voldemort.

Il Signore Oscuro era totalmente concentrato su Harry, di fronte a lui: «Ti rifiuti? Ti rifiuti di dire di no? Harry, l'obbedienza è una virtù che devo insegnarti prima che tu muoia... forse un'altra piccola dose di dolore...»

Voldemort levò la bacchetta, ma Harry si gettò a terra di lato, rotolò dietro una lapide di marmo, che si spezzò mentre il maleficio lo mancava.

Il Signore Oscuro si avvicinò alla lapide rotta, mentre i Mangiamorte sghignazzavano: «Non stiamo giocando a nascondino, Harry. Non puoi nasconderti da me. Vorrebbe forse dire che sei stanco del nostro duello? Vorrebbe forse dire che preferisci che vi ponga fine ora, Harry? Vieni fuori, Harry... vieni fuori a giocare, allora... farò in fretta... forse sarà perfino indolore... non saprei... non sono mai morto...»

Prima che il viso serpentino di Voldemort spuntasse da dietro la lapide, Harry si rialzò, strinse forte la bacchetta, la tese davanti a sé, e si scagliò dall'altra parte della lapide, affrontando Voldemort.

Nulla avrebbe potuto preparare Kaito per ciò che stava per succedere, non riuscì nemmeno a respirare, altro che intervenire.

«Expelliarmus!»

«Avada Kedavra!»

Un fiotto di luce verde sgorgò dalla bacchetta di Voldemort mentre un fiotto di luce rossa esplodeva da quella di Harry: s'incontrarono a mezz'aria, e all'improvviso sia la bacchetta di Harry che quella di Voldemort presero a vibrare come percorse da una corrente elettrica; un sottile raggio di luce ora univa le due bacchette, né rosso né verde, ma di un luminoso oro intenso. Harry e Voldemort furono improvvisamente entrambi sollevati per aria, le bacchette ancora unite da quel filo di luce d'oro scintillante. Volarono via dalla lapide e si posarono su un lembo di terreno spianato, privo di tombe. I Mangiamorte urlavano, chiedevano ordini a Voldemort; si stringevano, ricostituivano il cerchio attorno a Harry e Voldemort, e il serpente strisciava ai loro piedi, alcuni estrassero le bacchette... Kaito ebbe solo la prontezza di unirsi a loro, di avvicinarsi per quanto più gli fu possibile a Harry e di pregare che il serpente che gli stava strisciando sui piedi non si accorgesse di lui, mentre si chiedeva se e come portare via Harry da lì.

Il filo d'oro che univa Harry e Voldemort andò in mille pezzi; le bacchette rimasero unite, mentre un centinaio di raggi disegnarono archi sopra di loro, incrociandosi tutto attorno, finché i due non si trovarono rinchiusi in una rete d'oro a forma di cupola, una gabbia di luce, oltre la quale i Mangiamorte si aggiravano come sciacalli. Kaito si morse un labbro. Aveva perso l’occasione.

Voldemort urlò ai Mangiamorte: «Non intervenite! Non intervenite se non ve lo ordino!»

E poi una musica ultraterrena e bellissima pervase l'aria... veniva da ogni filo della rete intessuta di luce che vibrava attorno a Harry e Voldemort. Era una musica che Kaito riconobbe, anche se l'aveva udita solo una volta prima d'allora. Era il canto della fenice di Silente, di Fanny. Guardò in alto, aspettandosi che venisse in loro soccorso ancora una volta, ma non venne.

Tornò a guardare Harry e Voldemort. Il raggio era cambiato, era come se grosse perle di luce scivolassero su e giù per il filo che univa le loro bacchette. Iniziarono a scorrere lente e decise verso Harry, e la sua bacchetta tremò ancora più forte. Il ragazzo sembrò concentrarsi al massimo e lentamente, molto lentamente, le perle si arrestarono tremando, e poi, altrettanto lentamente, presero a muoversi nella direzione opposta. Ora era la bacchetta di Voldemort a vibrare foltissimo, era Voldemort ad apparire stupefatto, e quasi impaurito. Una delle perle lentamente, molto lentamente, si mosse lungo il filo d'oro, tremò per un attimo e poi entrò in contatto.

All'istante, la bacchetta di Voldemort emise urla di dolore, poi, mentre gli occhi di Voldemort si dilatavano per lo stupore, una densa mano di fumo uscì volando dalla punta e scomparve. Ci furono altre urla di dolore, e poi dalla punta della bacchetta prese a sbocciare qualcosa di molto più grosso, un enorme qualcosa grigiastro, che sembrava fatto del più denso e fitto fumo. Era una testa, seguita un petto, delle braccia, e infine quello che comparse, con grande sorpresa di tutti, fu Cedric Diggory.

Kaito rimase impietrito, lieto che la maschera che stava indossando sostituisse del tutto la sua faccia da poker. Cosa stava succedendo? Con la coda dell’occhio controllò che il cadavere di Cedric fosse ancora là, poi deglutì. Stavano forse invocando i fantasmi del cimitero?

Cedric parlò: «Resisti, Harry.»

La sua voce era remota e rimbombante. Kaito guardò Voldemort: i suoi occhi rossi dilatati erano ancora colmi di sorpresa, non era più preparato di Harry a ciò che stava accadendo. I Mangiamorte intorno a loro si aggiravano attorno al perimetro della cupola d'oro urlando terrorizzati e cercando invano di intervenire.

Altre urla di dolore sgorgarono dalla bacchetta, poi dalla punta affiorò qualcos'altro: l'ombra densa di una seconda testa, seguita subito da braccia e busto; un vecchio sconosciuto si spingeva fuori dall'estremità della bacchetta di Voldemort come aveva fatto Cedric. Cadde accanto a Cedric, scrutò Harry e Voldemort, la rete d'oro, e le bacchette unite, vagamente sorpreso, appoggiandosi al bastone da passeggio.

«Allora era davvero un mago? Mi ha ucciso, eh sì... stendilo, ragazzo...»

Il tono disteso dell’uomo anziano, totalmente fuori luogo, come se stesse commentando l’ennesimo cantiere del quartiere e non uno scontro fra il suo assassino e un ragazzino, quasi fece ridere Kaito. Ma già un'altra testa affiorava. Apparteneva a una donna, che cadde a terra e si rialzò, guardandosi attorno.

Kaito non ne ricordava il nome, ma fu sicuro di aver letto qualcosa su di lei sulla Gazzetta del Profeta. Forse era scomparsa, e ora era ben chiaro che brutta fine avesse fatto.

«Non mollare adesso! Non lasciare che ti prenda, Harry... non mollare!»

Lei e le altre due sagome d'ombra presero a misurare a grandi passi le pareti interne della rete d'oro, mentre i Mangiamorte aleggiavano all'esterno. Le vittime di Voldemort sussurravano girando attorno ai duellanti, sussurravano parole d'incoraggiamento a Harry, e sibilavano ben altro contro Voldemort.

Ed ecco che un'altra testa spuntava dalla punta della bacchetta di Voldemort. L'ombra di fumo di una giovane donna dai capelli lunghi cadde, si rialzò e guardò Harry.

«Tuo padre sta arrivando. Vuole vederti... andrà tutto bene... resisti...»

Kaito rimase ancora più sconvolto, se possibile. Quella donna... era la madre di Harry?

Come a conferma, un uomo alto con i capelli spettinati come quelli di Harry, la sagoma di fumo e d'ombra di una copia invecchiata del giovane Grifondoro sbocciò dalla punta della bacchetta di Voldemort, cadde a terra e si rialzò come aveva fatto sua moglie. Si avvicinò a Harry, lo guardò e parlò con la stessa voce remota e rimbombante degli altri, però sottovoce, così che Voldemort, il volto livido di terrore mentre le sue vittime si aggiravano attorno a lui, non potesse sentire.

«Quando il contatto s'interromperà, rimarremo qui solo per pochi istanti... ma ti daremo il tempo... devi correre alla Passaporta, ti riporterà a Hogwarts... hai capito, Harry?»

Il ragazzo sussurrò, spaventato: «Non posso! La Coppa si è rotta quando io e Cedric siamo finiti qui! E poi una Passaporta funziona una volta sola!»

Lo sguardo di James si alzò e fissò dritto negli occhi quelli di Kaito, giusto alle spalle di Harry: «Non temere, c’è una Passaporta che è venuta apposta a soccorrerti.»

Kaito fissò senza fiato quell’ombra e, lentamente, annuì. James gli rispose con lo stesso gesto della testa, in un muto ma sentito ringraziamento. Harry non capiva, ma Cedric parlò di nuovo.

«Riporterete indietro il mio corpo, vero? Riportate il mio corpo ai miei genitori...»

Mentre Kaito annuiva ancora, Harry, seppure non capisse perché Cedric parlasse al plurale, rispose per entrambi: «Lo farò.»

La voce di suo padre sussurrò: «Fallo ora. Preparati a correre... ora...»

Harry urlò: «ORA!»

Puntò la bacchetta in alto con un potente strattone, e il filo d'oro si spezzò; la gabbia di luce svanì, il canto della fenice si spense, ma le sagome d'ombra delle vittime di Voldemort non scomparvero: accerchiarono Voldemort, nascondendo Harry alla sua vista.

E Harry iniziò a correre, urtando due Mangiamorte. Uno di questi lo afferrò stretto al braccio e il ragazzo impugnò la bacchetta per divincolarsi, ma una voce familiare lo fermò: «Harry, sono io!»

Il Grifondoro sbarrò gli occhi dalla sorpresa: «Kaito

«Sono la tua Passaporta, muoviamoci!»

Kaito lasciò il mantello di colpo, lanciandolo sul Mangiamorte più vicino e sul serpente, e iniziò a correre con Harry, che però faticava parecchio per colpa di una gamba evidentemente ferita. Qualcuno cercò di afferrare il prestigiatore, e quando quest’ultimo lo riconobbe trasalì dalla sorpresa. Era Codaliscia.

«Lasciami, topo di fogna!»

Gli mollò un calcione che lo fece rotolare indietro e mentalmente ringraziò di essersi tenuto la maschera sul volto. Di tutti i presenti lui era l’unico che poteva riconoscerlo.

Riprese a zigzagare tra lapidi e maledizioni insieme ad Harry, entrambi puntando a un solo e unico obiettivo. Codaliscia si rialzò e cercò nuovamente di afferrare Kaito, ma il prestigiatore, giunto ormai nella stessa zona in cui si era smaterializzato, si chinò, afferrò nuovamente la Coppa Tremaghi che si era lasciato sfuggire prima, e diede un violento colpo in faccia a Peter Minus. L’uomo si fermò, tenendosi il volto e Kaito ne approfittò per fare uno scatto. Appena possibile si voltò, rendendosi conto che i Mangiamorte erano vicini e che il rischio di essere raggiunti era troppo alto, quindi urlò: «Fai l’incantesimo, quello con cui hai preso la scopa!»

Harry ci mise un attimo a capire, poi brandì la bacchetta: «Accio Cedric!»

Non era carino, non era rispettoso, ma era una questione di vita o di morte, e Cedric avrebbe capito. Il suo cadavere, decisamente più pesante di una scopa, si avvicinò a loro quanto bastò perché Harry potesse afferrarlo.

«Ora, Kaito

In quella frazione di secondo che gli fu necessaria per Smaterializzarsi, Kaito notò molte cose.

Vide Codaliscia, nuovamente in piedi, avvicinarsi a loro tenendosi la faccia, con gli occhi sbarrati dalla sorpresa.

Udì Voldemort gridare: «State indietro! Lo ucciderò io! È mio!»

Infine, notò l’uomo che aveva Schiantato prima rialzarsi e guardarlo dritto negli occhi.

Non ci fu il tempo di pensare a niente, se non alla meta esatta in cui riapparire.

Chiuse gli occhi e nel tempo di un respiro fu di nuovo in un punto indefinito del labirinto, nel parco di Hogwarts, al sicuro. Harry era atterrato faccia a terra e non si era più mosso.

«Harry?»

«Ci... sono...»

Kaito tirò un sospiro di sollievo, e con quel sospiro scaricò anche la sua tensione, ritrovandosi quasi senza forze. Si sedette a terra e disse: «Perdonami, dovevo arrivare prima...»

Harry rispose a fatica: «Di cosa... ti scusi? Se... non fossi venuto... sarei morto.»

Lo sguardo di Kaito indugiò per un attimo sul corpo di Cedric e sospirò: «Già... senti, io non posso farmi trovare qui. Perdonami, poi ti spiegherò. Non dire nulla sulla mia presenza, ti prego.»

«O...ok...»

«Grazie, ti devo un favore.»

«Mi hai… appena salvato… di che favore… parli?»

Il prestigiatore, con un sorriso amaro, posò la Coppa Tremaghi che ancora stringeva tra le mani vicino a Harry, si rialzò, usò la propria bacchetta per sparare le scintille rosse e si smaterializzò di nuovo.

 

In pochi minuti si scatenò il panico. Quando Harry, in condizioni pietose, venne portato fuori dal labirinto insieme al cadavere di Cedric, la folla iniziò a urlare, ad agitarsi, a cercare di precipitarsi sul campo. I professori tentarono di trattenere il pubblico, mentre Harry veniva allontanato dal professor Moody. In tutto questo, solo una persona si accorse del ritorno di Kaito.

«Eccoti! Ti stavamo cercando, dove...»

Ma a Ginny morirono le parole in gola quando lo osservò con più attenzione: i pantaloni del ragazzo erano sporchi di terra e fango e un lembo della divisa si era persino stracciato; nonostante evidentemente cercasse di fare l'espressione impassibile di sempre, il volto era terreo, gli occhi sbarrati, persi in una qualche immagine che lei non poteva vedere; infine stringeva in una mano qualcosa di bianco.

«Kaito... Cosa...»

Il ragazzo sospirò, strinse gli occhi con tutte le sue forze, come a voler disperatamente cancellare l'immagine che continuava a tormentarlo, poi rispose a fatica: «Non adesso, Ginny, non è il momento... È morta una persona.»

La ragazza lo guardò sorpresa: «Ma tu eri in bagno, come...»

Kaito si sedette, e fu come se la stanchezza dell'intero anno scolastico gli crollasse addosso. Ebbe solo l'accortezza di infilare la maschera del Mangiamorte sotto gli abiti.

«Non adesso, non adesso, ti prego...»

Ginny lo fissò preoccupata, con un'espressione tanto simile a quella di sua madre, poi annuì: «D'accordo.»

E corse subito a cercare Fred e George.

 

I due giorni successivi furono tremendi. Oltre a tutto il pasticcio avvenuto col professor Moody, che risultò essere in realtà il Mangiamorte che aveva truccato il Torneo fin dall'inizio, il vero problema fu quello più inaspettato: nessuno credette ad Harry, in nessun giornale compariva alcuna notizia sul ritorno di Voldemort e la sensazione generale che sembrò diffondersi ad Hogwarts fu quella che si fosse trattato di un incidente, e che Harry si fosse inventato tutto il resto per lo shock o per desiderio di notorietà. Per Kaito questo fu decisamente troppo.

 

«Vieni avanti, Kaito

Il prestigiatore aprì la porta dell'ufficio di Silente: «Buongiorno, professore. Come sapeva che ero io?»

Il preside sorrise: «Come sapevo sempre quando era tuo padre: sei l'unica persona in grado di presentarti a quella porta senza far scattare il gargoyle di guardia.»

Con un gesto della mano lo invitò a sedersi, ma Kaito non lo fece; con un rapido gesto della mano fece comparire la famosa maschera bianca e la lanciò sulla cattedra.

«Se non crede alla storia di Harry posso fornirle delle prove.»

Silente guardò sorpreso prima la maschera, poi Kaito, e quasi scoppiò a ridere: «Hai davvero pensato che potessi non credergli?»

«Se sono qui è perché non so più cosa pensare.»

«Lo capisco. Per favore, siediti.»

Questa volta Kaito accettò l'invito.

Il preside sospirò, con un piccolo accenno di sorriso: «Innanzitutto, Kaito, io ti devo i miei più sentiti ringraziamenti. Senza di te Harry sarebbe probabilmente morto nella trappola ben congeniata di Barty Crouch. Aveva previsto tutto... tranne l’imprevedibile. Tu.»

Kaito si lasciò sfuggire una smorfia e Silente ridacchiò: «Non temere, Harry non ha detto nulla sul tuo conto.»

«E allora come...»

«Harry ha provato a farmi credere che la Passaporta abbia funzionato due volte. Tuttavia, anche se questa opzione fosse stata realistica, questa volta, mio caro Kaito Kid, hai commesso un paio di leggerezze.»

Kaito lo guardò sorpreso e il preside assunse un atteggiamento quasi da detective: «Non è degno di te... con la tua bacchetta lanci le scintille rosse per far trovare Harry, lasciando la sua incastrata nella divisa in una posizione tale da non poterla prendere...»

Il ragazzo ridacchiò: «Touché.»

Silente continuò: «Per favore, raccontami la tua parte della storia. Di chi è questa maschera? Cosa hai fatto per aiutare Harry a uscire da lì?»

Con una pacatezza degna della sua faccia da poker, Kaito riassunse in breve la situazione. Il preside non interruppe mai, neanche una volta, limitandosi ad ascoltare con attenzione.

«Certo... ora è tutto ancora più chiaro. Sei stato molto coraggioso, indubbiamente, ma devo anche dire leggermente imprudente rispetto ai tuoi standard.»

«C’erano delle vite in pericolo. E anche così...»

«Lo so, e non te ne sto facendo alcuna colpa.»

«Perché allora sta lasciando Harry da solo?»

Il preside si alzò dalla sedia. Da quella posizione sembrava ancora più vecchio e stanco.

«Non lo sto facendo, ma non è così semplice la situazione, purtroppo... la mia parola non conta così tanto come credi.»

Kaito lo guardò accigliato. Davvero?

«In ogni caso, non temere per Harry.»

«Bene.»

Kaito fece per andarsene, ma il preside lo fermò.

«Stai dimenticando questa.»

Silente gli porse la maschera bianca. Kaito rimase sorpreso.

«Non la vuole tenere lei?»

«Se ne avrò bisogno te la chiederò, ma al momento credo che sia più al sicuro nelle tue mani.»

Il prestigiatore prese la maschera, ma nel farlo si accorse che al di sotto di essa l’uomo gli stava porgendo una busta.

«Mi sono permesso di anticipare la tua prossima visita.»

«La mia prossima visita?»

«Se dovessi ancora avere bisogno di parlare con me, prima di farlo apri la busta.»

Kaito lo guardò sempre più confuso: «D’accordo...»

«Arrivederci, Kaito

«Arrivederci...»

Uscito dall’ufficio del preside, Kaito si diresse direttamente dai Malandrini.

Soseiji, impaziente, lo incalzò: «Allora?»

«Allora mi ha fatto capire che ha le mani legate.»

Futago rimase sconvolto: «Silente con le mani legate? È assurdo!»

«Neanche poi così tanto. Temo che qua ci siano di mezzo questioni politiche. Ammettere il ritorno di Voldemort è un bel pasticcio, si rischia il panico di massa.»

Momoka lo guardò sconvolta: «Ma se non lo si fa si rischiano delle vite!»

«E credo che abbiamo centrato il dilemma del nostro preside...»

Rimasero lì, a riflettere sulla situazione. I Malandrini, a questo punto, non potevano fare più niente.

La mattina dopo a Kaito arrivarono due lettere inaspettate, una portata da Aoko e una da un uccello sconosciuto. Immaginando la provenienza della seconda, si affrettò ad aprirla.

 

Ho continuato le mie indagini e ho trovato una foto di Nabe. Mi raccomando, fai molta attenzione a quest’uomo.

 

Piegato in mezzo al pezzo di pergamena rovinato c’era un piccolissimo ritaglio di giornale. Era una foto di gruppo su cui Sirius aveva cerchiato un volto. Kaito trasalì: era un uomo con lunghi e sottili baffi sul petto e con guanti bianchi. Per un momento si sentì morire. Era l’uomo a cui aveva sottratto la maschera al cimitero e proprio davanti al quale si era smaterializzato con Harry.

Dopo essersi bevuto una tazza intera di latte senza prendere fiato per mantenere la sua faccia da poker, per cercare di riprendersi dallo shock Kaito decise di concentrarsi sulla seconda lettera. Era di Jii.

 

Signorino, la prego di prestare molta attenzione all’articolo che le ho inviato. È a conoscenza di questa sfida?

 

Una sfida? Per Kaito Kid?

Curioso, il prestigiatore guardò il foglio di giornale allegato. Era di un famoso quotidiano di Tokyo.

«Ma che cosa...?»

 

Tutto andò in secondo piano quella sera, l’ultima sera dell’anno scolastico.

Quando i Malandrini entrarono nella Sala, videro subito che mancavano le consuete decorazioni. La Sala Grande di solito era addobbata con i colori della casa vincitrice in occasione della festa di fine anno. Quella sera, invece, c'erano stendardi neri sulla parete dietro il tavolo degli insegnanti, in segno di rispetto per Cedric.

Il vero Malocchio Moody era al tavolo degli insegnanti; la gamba di legno e l'occhio magico erano tornati al loro posto. Era estremamente nervoso, e sobbalzava tutte le volte che qualcuno gli rivolgeva la parola. Nessuno poté biasimarlo: la sua paura di essere aggredito doveva essere ben aumentata in dieci mesi di prigionia nel proprio baule. La sedia del professor Karkaroff era vuota. Madame Maxime invece era lì, seduta vicino a Hagrid. Parlavano piano. Kaito si sedette al tavolo, in silenzio, e come molti altri non rivolse una sola parola fino a quando non fu Silente a prendere la parola.

«Siamo alla fine di un altro anno.»

Fece una pausa, e i suoi occhi si posarono sul tavolo di Tassorosso. Il loro era il tavolo più taciturno già da prima che Silente si alzasse, e i loro volti erano anche i più tristi e pallidi della Sala.

«Ci sono molte cose che vorrei dire a tutti voi stasera, ma prima di tutto devo ricordare la perdita di una persona molto bella, che dovrebbe essere seduta qui a godersi il Banchetto con noi. Vorrei che tutti voi, per favore, vi alzaste e brindaste a Cedric Diggory

Obbedirono tutti; le panche grattarono per terra mentre tutti in Sala si alzavano e levavano i calici e ripetevano, in un solo, cupo rombo: «A Cedric Diggory

Dopo che tutti si furono seduti, Silente riprese: «Cedric era una persona che riuniva in sé molte delle qualità che distinguono la casa di Tassorosso: era un amico buono e fedele, un gran lavoratore, credeva nel gioco leale. La sua morte ha toccato tutti voi, che lo conosceste o no. Credo che abbiate il diritto, dunque, di sapere esattamente com'è successo.»

Kaito alzò il capo e fissò dritto negli occhi Silente. Voleva davvero...

«Cedric Diggory è stato assassinato da Voldemort

Un sussurro terrorizzato spazzò la Sala Grande. I Malandrini si guardarono sconvolti per un attimo. Tutti fissarono Silente increduli e atterriti. Lui rimase perfettamente calmo a guardarli confabulare, e poi tacere di nuovo.

«Il Ministero della Magia non vorrebbe che ve lo dicessi. È possibile che alcuni dei vostri genitori si scandalizzeranno per ciò che ho fatto: perché non vogliono credere al ritorno di Voldemort, o perché sono convinti che non dovrei dirvelo, giovani come siete. È mia convinzione, tuttavia, che la verità sia generalmente preferibile alle menzogne, e che ogni tentativo di fingere che Cedric sia morto in seguito a un incidente, o a un errore da lui commesso, sia un insulto alla sua memoria.»

Tutti quanti in Sala erano rivolti a Silente, stupefatti e sconvolti.

«C'è qualcun altro che dev'essere ricordato in merito alla morte di Cedric. Naturalmente sto parlando di Harry Potter.»

Un mormorio percorse la Sala Grande, mentre poche teste si voltavano dalla parte di Harry prima di tornare rapide a Silente.

«Harry Potter è riuscito a sfuggire a Voldemort. Ha rischiato la vita per riportare il corpo di Cedric a Hogwarts. Ha dimostrato, in tutti i sensi, il coraggio che pochi maghi hanno mostrato nell'affrontare Voldemort, e per questo io gli rendo onore.»

Silente si voltò con gravità verso Harry, e levò di nuovo il calice. Quasi tutti in Sala Grande lo imitarono subito. Mormorarono il suo nome, come avevano mormorato quello di Cedric, e bevvero alla sua salute. Ma da uno spazio vuoto tra le persone in piedi, Kaito notò che molti Serpeverde erano rimasti seduti al loro posto in segno di sfida, senza toccare i calici. Silente, che dopotutto non possedeva occhi magici, non li vide.

Quando tutti si furono rimessi a sedere, Silente riprese: «Lo scopo del Torneo Tremaghi era di approfondire e promuovere l'intesa tra maghi. Alla luce di quanto è accaduto - il ritorno di Voldemort - questi legami sono più importanti che mai.»

Silente spostò lo sguardo da Madame Maxime e Hagrid a Fleur Delacour e ai suoi compagni di Beauxbatons, a Viktor Krum e ai ragazzi di Durmstrang al tavolo di Serpeverde.

Silente indugiò un attimo sugli studenti di Durmstrang: «Tutti gli ospiti di questa Sala saranno i benvenuti qui, in qualunque momento, quando vorranno venire. Ripeto ancora una volta a tutti voi: alla luce del ritorno di Voldemort, siamo forti solo se uniti, deboli se divisi. L'abilità di Voldemort nel seminare discordia e inimicizia è molto grande. Possiamo combatterla solo mostrando un legame altrettanto forte di amicizia e fiducia. Le differenze di abitudini e linguaggio non sono nulla se i nostri scopi sono gli stessi e i nostri cuori sono aperti. È mia convinzione, e non ho mai desiderato tanto di sbagliarmi, che stiamo tutti per affrontare tempi oscuri e difficili. Alcuni di voi in questa Sala hanno già subito terribili sofferenze a opera di Voldemort. Molte delle vostre famiglie sono state distrutte. Una settimana fa, uno studente ci è stato portato via. Ricordatevi di Cedric. Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere tra ciò che è giusto è ciò che è facile, ricordate cos'è accaduto a un ragazzo che era buono, e gentile, e coraggioso, per aver attraversato il cammino di Voldemort. Ricordatevi di Cedric Diggory

Rimasero tutti in silenzio, e con quel silenzio i Malandrini, insieme, si ritrovarono il giorno dopo sull’Espresso di Hogwarts.  Il primo vero commento sulla serata fu di Sheridan, e fu un’esclamazione piuttosto colorita.

«Scusate, ma... che coraggio ha avuto Silente? E meno male che aveva le mani legate!»

Fred annuì: «In effetti...»

Kaito sospirò, con una copia della Gazzetta in mano: «Le ha ancora, anche se ha fatto un’azione di forza. Qui non parla di niente, solo un articoletto il giorno dopo la terza prova, che annuncia il vincitore del Torneo. Non hanno nemmeno fatto cenno a Cedric. Non ne parlano proprio. Secondo me, il Ministero li sta costringendo a starsene tranquilli.»

George guardò curioso: «Neppure la Skeeter? Davvero?»

Momoka sbarrò gli occhi: «Ah, già... voi non lo sapete, poi non vi ho più detto nulla!»

«Detto cosa?»

La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso furbetto: «Vi ricordate la mattina della Terza Prova, quando ho seguito Hermione

Futago si sbatté una mano sulla fronte: «Giusto, aveva capito qualcosa sulla Skeeter! Cosa aveva scoperto?»

«Una bomba! Un piano perfetto, aveva trovato il modo per poter seguire tutti senza poter essere vista!»

«Un mantello dell’invisibilità?»

«Mooolto meglio! Vedete... è un Animagus

Mangetsu la guardò confuso: «Come la McGranitt

Soseiji lo interruppe: «E in cosa si trasforma?»

Momoka mimò con le dita un qualcosa di molto piccolo: «In un minuscolo... scarabeo.»

Fred saltò quasi sul sedile: «Ecco come fa quella str...»

Kaito lo fulminò con un’occhiataccia.

«... ega a spiarci tutti! E chi lo va a notare un insetto?»

George ci rifletté su: «Aspetta... ma è legale?»

Sheridan sorrise: «Assolutamente no! È qua che l’ha fregata Hermione! Se si sapesse che ha questa capacità le toglierebbero la qualifica da giornalista! È stato divertente andare a caccia di insetti insieme, quella mattina...»

Kaito la guardò entusiasta: «L’avete presa?»

«Ce l’ha Hermione. La ricatterà un po’ e poi la lascerà andare.»

Kaito la guardò furbetto: «Idea tua?»

«Ovvio...»

Fred e George si alzarono: «Andiamo a vederla!»

Il prestigiatore sospirò: «Perché no?»

Il quartetto uscì dallo scompartimento e si diresse verso quello occupato da Harry, Ron ed Hermione, ma al di fuori della porta trovarono qualcuno di inaspettato.

«Hai scelto il partito sbagliato, Potter! Ti avevo avvertito! Ti avevo detto che dovevi scegliere più attentamente i tuoi amici, ricordi? Quando ci siamo incontrati sul treno, il primo giorno di scuola? Ti avevo detto di non frequentare della plebaglia del genere! Ora è troppo tardi, Potter! Saranno i primi a sparire, ora che il Signore Oscuro è tornato! Mezzosangue e Babbanofili saranno i primi! Be'... i secondi... Diggory è stato il p...»

Fu come se qualcuno avesse fatto esplodere una cassa di fuochi d'artificio nello scompartimento. Vari incantesimi erano schizzati da tutte le parti, con una serie di scoppi, e alla fine Malfoy, Tiger e Goyle erano distesi sulla soglia, privi di sensi.

Erano stati colpiti da almeno sette incantesimi diversi, tre da dentro lo scompartimento e quattro da fuori.

Fred disse in tono pratico, urtando Goyle per entrare nello scompartimento: «Avevamo pensato di venire a vedere che cos'avevate in mente voi tre.»

Tutti i Malandrini lo seguirono nello scompartimento, brandendo ancora la bacchetta, e tutti si premurarono di inciampare in Malfoy entrando.

George guardò Tiger: «Un risultato interessante. Chi è stato a usare l'Incantesimo Furnunculus

Harry disse: «Io.»

«Curioso, io ho usato la Fattura Gambemolli. A quanto pare non bisognerebbe mescolarli. È come se gli fossero spuntati dei piccoli tentacoli su tutta la faccia.»

Kaito sventolò le bacchette dei tre Serpeverde: «E di queste che me ne faccio?»

Sheridan fece una smorfia schifata: «Io gliele butterei fuori dal finestrino.»

George sospirò: «È un po’ troppo, non abbiamo i soldi per ricompragliele... limitati a nasconderle in giro per il treno.»

«Bene.»

Ron indicò i tre corpi a terra: «E di loro che ne facciamo, piuttosto?»

Fred alzò le spalle: «Be', non lasciamoli qui, non fanno molto per migliorare l'arredamento.»

Ron, Harry e George calciarono, rotolarono e spinsero i corpi svenuti di Malfoy, Tiger e Goyle - tutti e tre assai malridotti, visto il miscuglio di incantesimi che li avevano bersagliati - nel corridoio, poi tornarono nello scompartimento e chiusero la porta.

Non appena tornò Kaito, Fred propose, estraendo un mazzo di carte: «Qualcuno vuole giocare a Spara Schiocco?»

Nessuno ebbe nulla in contrario. Dopo aver ammirato per un momento di pura soddisfazione Rita Skeeter nel suo barattolo, nel bel mezzo della quinta partita Harry decise di fare una domanda.

«Allora, ce lo dite? Chi stavate ricattando?»

«Eh?»

«Vi abbiamo sentito, un paio di volte, in Sala Comune...»

«Oh. Quello.»

Fred scosse il capo spazientito: «Non ha importanza. Non era niente di importante. Ora non lo è, comunque.»

George, lanciando un’occhiata a Kaito e Sheridan, aggiunse: «Abbiamo mantenuto la nostra promessa e abbiamo lasciato perdere.»

Kaito e Sheridan annuirono sorridendo, ma Harry, Ron e Hermione continuarono a interrogarli, e finalmente Fred sbuffò: «Va bene, va bene, se proprio lo volete sapere... era Ludo Bagman

Harry esclamò in tono brusco: «Bagman? State dicendo che era coinvolto nel...»

«Nooo, niente del genere. Quello sciocco idiota. Non avrebbe avuto abbastanza cervello.»

«Be', e allora?»

Fred esitò, poi disse: «Vi ricordate che avevamo scommesso con lui alla Coppa del Mondo di Quidditch? Che avrebbe vinto l'Irlanda, ma Krum avrebbe preso il Boccino?»

Harry e Ron dissero lentamente: «Sì.»

«Be', quell'idiota ci ha pagato con l'oro dei Lepricani che aveva preso alle mascotte dell'Irlanda.»

«E allora?»

Fred ripeté spazientito: «E allora è sparito, no? La mattina dopo non c'era più!»

Hermione disse: «Ma... dev'essere stato un incidente, no?»

George scoppiò in una risata molto amara: «Sì, è quello che abbiamo pensato anche noi, all'inizio. Abbiamo pensato che scrivendogli, dicendogli che aveva fatto un errore, avrebbe sganciato i nostri soldi. Ma niente da fare. Ha ignorato la nostra lettera. Abbiamo cercato di parlargli un sacco di volte a Hogwarts, ma trovava sempre qualche scusa per sfuggirci.»

«Alla fine, è diventato odioso. Ci ha detto che eravamo troppo giovani per il gioco d'azzardo, e che non ci avrebbe dato un bel niente.»

«Allora abbiamo chiesto che ci restituisse il nostro denaro.»

Hermione esclamò senza fiato: «Non avrà rifiutato!»

«Proprio così.»

«Ma erano tutti i vostri risparmi!»

«Non dirmelo. Naturalmente alla fine abbiamo scoperto che cosa stava succedendo. Anche il padre di Lee Jordan ha fatto fatica a ottenere da Bagman il denaro che gli spettava. È venuto fuori che era nei pasticci con i goblin. Ha preso in prestito da loro un sacco di denaro. Una loro banda lo ha assalito nel bosco dopo la Coppa del Mondo e gli ha portato via tutto l'oro che aveva, e non è nemmeno bastato a coprire tutti i suoi debiti. L'hanno seguito fino a Hogwarts per tenerlo d'occhio. Ha perso tutto al gioco. Non ha più un galeone. E lo sapete quell'imbecille come ha cercato di risarcire i goblin

Harry chiese: «Come?»

«Ha puntato su di te, amico. Ha fatto una grossa giocata, scommettendo che avresti vinto il Torneo. Contro i goblin

Kaito si lascò sfuggire: «Questa me l’ero persa...»

«Allora è per quello che cercava di aiutarmi a vincere! Be'... ho vinto, no? Quindi può restituirvi il vostro denaro!»

George scosse il capo: «No. I goblin giocano sporco quanto lui. Dicono che tu hai pareggiato con Diggory, e Bagman aveva scommesso che saresti stato il primo assoluto. Cosi è dovuto fuggire. È scappato subito dopo la terza prova.»

George sospirò ricominciando a distribuire le carte.

Il resto del viaggio fu abbastanza piacevole. Kaito fu felice di vedere Harry nuovamente rilassato, dopo quanto era successo, e fu quasi dispiaciuto quando l'Espresso di Hogwarts rallentò e si fermò sul binario nove e tre quarti. Il rumore e la confusione consueti riempirono i corridoi mentre gli studenti cominciavano a scendere. Kaito, Sheridan, Ron e Hermione scavalcarono con difficoltà Malfoy, Tiger e Goyle, trascinando i bauli.

«E loro?»

Sheridan alzò le spalle: «Qualcuno li troverà, prima o poi, non preoccupiamoci troppo.»

Hermione annuì e Kaito rise: «Non ti fa bene frequentarla troppo, stai diventando una cattiva ragazza!»

Hermione rise a sua volta, e poco dopo furono raggiunti anche da Harry e dai gemelli.

Sul binario Fred e George erano increduli, ancora con il sacchetto di galeoni in mano.

«Harry è pazzo.»

«Generosissimo, ma pazzo.»

Kaito li guardò seri: «Non sprecateli. Non fate idiozie. Scherzi d’accordo... ma idiozie no. Ok?»

«Ok, certo.»

«Lo dobbiamo a Harry. Lo dobbiamo a... Cedric...»

I Malandrini annuirono, e in un tacito accordo cambiarono argomento.

«Allora, programmi per l’estate?»

Sheridan alzò le spalle: «Una vacanza con i miei e poi si vedrà.»

George soppesò il sacchetto di Harry: «Penso che ci dedicheremo ai progetti. E all’esame di Smaterializzazione, che dobbiamo imparare a fare concorrenza a Kaito

Kaito ridacchiò: «E io cercherò di tenere il mondo magico nel baule per un po’. Devo recuperare un po’ di vita babbana giapponese, mi manca sempre parecchio.»

Fred diede una gomitata al prestigiatore: «E Kid?»

Il ragazzo sospirò, tirando fuori il pezzo di giornale di Jii: «Kid avrà subito una bella gatta da pelare appena tornerà in azione...»

 

Vi avevo promesso un’attesa più corta, e sono riuscita a mantenere la parola (ringraziate che mi sono dovuta mettere in mutua per un paio di giorni). Questo capitolo è una delle ragioni per cui iniziai a scrivere questa storia: l’enorme, gigantesco, inspiegato errore della Passaporta che funziona due volte. Con la presenza di Kaito non elimino questo elemento (che rimane presente come la balla che si inventa Harry) ma lo giustifico. Inoltre ci sono elementi che serviranno per la trama personale di Kaito, ma che saranno accantonati nel prossimo capitolo, che vedrà finalmente la presenza di un personaggio finora mai apparso su queste pagine… pronti ad avere a che fare con il più piccolo grande detective del Giappone?

Intanto ringrazio fenris e Serena Leroy per i loro commenti e vi aspetto tutti al prossimo capitolo.

Alla prossima!

Hinata 92

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Capitolo 41
*** I sosia ***


I sosia

 

L’estate era ormai al suo culmine, e il sole era così forte che anche ripararsi gli occhi con la mano serviva a poco. Sospirò. C’erano momenti, come quello, in cui rimpiangeva gli occhiali da sole, seppure sapesse bene di non poter abbandonare quelli che stava indossando. Erano la sua maschera da supereroe, la sua barriera contro...

«Conan!!!»

Il bambino si voltò, sorpreso. Ran, in un bellissimo abito estivo giallo, stava correndo verso di lui. Conan la guardò perplesso per un secondo, poi sfoderò il suo miglior sorriso infantile.

«Ciao Ran! Cosa ci fai qui?»

La ragazza rispose: «Mi ha chiamato papà. Ha detto che deve incontrare un potenziale cliente a cena e che quindi dobbiamo organizzarci da soli. Ho pensato che potevamo fare la spesa insieme... che cosa vorresti?»

Conan sospirò: «La verità, Kid. Io voglio sempre la verità.»

«Eh?»

«Piantala con la sceneggiata, siamo solo io e te, qui.»

Ran lo guardò ancora perplessa, poi passò a un sorriso malandrino e la sua voce cambiò: «Pensavo di essermi travestito perfettamente.»

«Infatti non ho nulla da dire, un camuffamento impeccabile.»

«E allora come hai fatto a riconoscermi subito?»

Conan lo guardò con evidente soddisfazione: «Oggi Ran è a una gara di karate piuttosto importante, e non ci sarebbe stata comunque a cena. Se per qualche motivo la gara fosse saltata, non sarebbe certo venuta a prendermi con quel sorriso...»

Kid annuì: «Conoscendola avrebbe spaccato tutti i lampioni sulla strada, probabilmente...»

I due ridacchiarono per un attimo, poi Conan chiese: «Piuttosto, perché ti sei conciato così?»

«E io che ne sapevo se saresti venuto davvero da solo o se quegli impiccioni dei Detective Boys avessero voluto ad ogni costo unirsi a te? Nel caso della seconda opzione potevo portarti via senza sospetti.»

«Giusto... ora però, ti prego, togliti quel travestimento. Mi fai impressione...»

Kid sorrise e in un lampo assunse l’aspetto di un ragazzino con i capelli color sabbia e gli occhiali.

«Meglio?»

«Non è il tuo vero aspetto, immagino, ma sì, meglio.»

Kaito mantenne la sua faccia da poker mentre s’immaginava il suo compagno di classe Thomas chiedergli le ragioni per cui gli avesse rubato il volto, ma intanto si sedette su una panchina della piazza e tirò fuori dalla borsa a tracolla un portatile.

«Allora, vediamo un po’ di capirci qualcosa...»

 

«Ma che cosa...?»

Kaito lesse più e più volte il ritaglio di giornale che gli aveva inviato Jii, non credendo ai suoi occhi.

 

 

LA SFIDA TRA IL LADRO GENTILUOMO DELLA LUNA PIENA E LO SHERLOCK HOLMES DEL TERZO MILLENNIO CONTINUA!

 

Il blog che ormai è completamente dedicato alla sfida fra il famoso ladro prestigiatore Kaito Kid e l’ancor più celebre detective liceale Shinichi Kudo ha raggiunto ormai milioni di visualizzazioni al giorno. Tutti non vedono l’ora di sapere quando queste due celebrità potranno scontrarsi di nuovo. Le due personalità, che finora avevano mantenuto un basso profilo, da più di un mese hanno iniziato a scambiarsi sfide e amichevoli battibecchi sul blog kidvskudo.net, culminati negli scontri di due settimane fa e della settimana scorsa. Al momento i due contendenti sono in pareggio e i loro fan attendono impazienti il prossimo scontro.

 

 

Kaito rimase perplesso.

Kaito Kid contro Shinichi Kudo? Ma quando mai!

Certo, una volta i due, in realtà, si erano anche scontrati. Sul momento Kaito non aveva avuto idea di chi fosse il geniale aiutante della polizia che aveva quasi permesso il suo arresto durante il furto della torre dell’orologio, ma l’aveva in seguito riconosciuto dagli articoli sul giornale. Shinichi Kudo era certamente brillante e geniale, ma da quel che ricordava, gli era sembrato poco incline a tendere sfide ai suoi avversari. Ma se pure poteva trattarsi di lui, sicuramente quello che gli stava rispondendo non era Kaito Kid! E se glielo stava segnalando, non si trattava neanche di Jii.

Il suo orgoglio di ladro gli ribollì nelle vene per qualche secondo, facendo passare in secondo piano lo shock per la lettera precedente. Qualcuno aveva approfittato della sua assenza per rubargli il ruolo. Inaccettabile.

Doveva assolutamente andare a vedere questo famoso blog, ma da Hogwarts...

Il ragazzo rimase un momento pensieroso. Forse poteva sgattaiolare via una mezz’oretta, smaterializzarsi a casa, controllare il sito e rientrare. Certo, era contro ogni regolamento, ma Silente conosceva la situazione di Kid, e forse avrebbe chiuso un occhio...

Già... Silente...

Improvvisamente il ragazzo si ricordò che al loro ultimo incontro Silente gli aveva lasciato una busta, dicendogli di aprirla, se avesse avuto bisogno di lui. Un veloce movimento di polso e la suddetta busta era nelle sue mani. L’aprì.

 

Caro Kaito,

prima che ti venga in mente di tornare a casa per controllare la situazione fra Kid e Kudo, è mio piacere informarti che la scuola ha da anni una convenzione con un internet café a Glasgow, e che tutti gli studenti di Babbanologia sono autorizzati ad accedervi, previo consenso mio, del responsabile della propria Casa, o della professoressa Burbage. Mi permetto di allegarti i buoni che ti consentiranno l’accesso al locale. Hai la mia autorizzazione, ma ti prego di essere prudente nella tua smaterializzazione e di non assentarti per più di un’ora.

Albus Silente.

 

Kaito rimase sconvolto dalla rivelazione. I maghi conoscevano internet? E gli studenti erano autorizzati a poterlo usare? Com’è che allora non aveva mai sentito nemmeno accennare a questa possibilità?

Poi fu colto da un dubbio peggiore.

La professoressa Burbage lo sapeva? O, meglio, conosceva l’esistenza di internet?

 

 

Il blog incriminato comparve davanti ai loro occhi. Entrambi ebbero un moto di repulsione nel vedere i propri nomi associati a parole che non appartenevano a nessuno dei due.

«Mamma mia, ma come fa la gente a cascarci? Si vede lontano un miglio che non è il mio stile!»

Conan annuì pensieroso: «Né tantomeno quello di Shinichi

Kaito guardò il ragazzino sospettoso: «A proposito, sei proprio sicuro di poter parlare con me a nome suo?»

Il bambino annuì: «Ti ha mandato un messaggio per confermartelo, no?»

Il prestigiatore mantenne la sua faccia da poker. Una volta tornato in patria aveva cercato come prima cosa di mettersi in contatto con il vero Shinichi Kudo, e tramite un po’ di giri Jii era riuscito a contattare il professor Agasa, il quale gli aveva fatto recapitare una lettera dove Kudo delegava Conan Edogawa per risolvere l’incresciosa situazione. Kaito aveva storto il naso: non che del piccoletto non si fidasse, non per nulla era stato soprannominato l’AntiKid, ma ancora non gli era chiaro il collegamento fra lui e Kudo. Se non fosse stato per tutti i guai che avrebbe rischiato di passare, sarebbe stato fortemente tentato di materializzarsi direttamente da lui, ovunque fosse, e parlarne a quattr’occhi. Invece gli era toccato in cambio il tappetto con gli occhiali.

«Certo, certo. Dunque, Conan, cosa ne pensi?»

«Purtroppo non ci capisco molto d’informatica, però lo stile dei loro messaggi è... infantile. Guarda, mettono persino le faccine! Penso si tratti di due emulatori molto giovani, forse... dodici, tredici anni, che cercano di scrivere come pensano che un detective e un ladro debbano sfidarsi.»

«Ladro gentiluomo, prego.»

«Detective liceale, se proprio dovessimo puntualizzare.»

Kaito si lasciò sfuggire un’espressione malandrina: «Ah, sì? Io credevo che a Kudo piacesse farsi chiamare... com’era... ah, sì, “lo Sherlock Holmes del terzo millennio”...»

Fu a quel punto che il prestigiatore lo notò, con la coda dell’occhio, mentre fingeva di continuare a fissare lo schermo. Per un istante Conan divenne tutto rosso, strinse i pugni, e si lasciò sfuggire un impulsivo: «Io non...»

Poi prese un respiro profondo, tornò normale e riprese: «Io non ho mai sentito Shinichi dire nulla del genere. E anche se fosse, probabilmente sarebbe stata una cosa di tanto tempo fa.»

Kaito fece finta di nulla e alzò le mani in segno di resa: «Ehi, ehi, scherzavo, non c’è bisogno di prendersela così! Io intanto, però, potrei aver trovato qualche informazione in più sui nostri emulatori.»

«Davvero?»

Conan cercò di mettersi sopra una spalla di Kaito e questo continuò a smanettare sulla tastiera: «Ho cercato gli indirizzi IP dei nostri amici, cercando di risalire al loro indirizzo, ma sono furbi, hanno usato un programma che falsa la loro posizione... a meno che il finto Kudo non scriva davvero dall’Austria e il finto Kid da Rio de Janeiro!»

«Quindi si tratta di ragazzini che sanno usare bene il computer. Ha senso, con un lavoro del genere avranno pensato che la polizia avrebbe comunque cercato di rintracciarli.»

«Altra informazione utile, ho trovato in rete dei video dei miei fan che hanno ripreso gli ultimi due scontri.»

Conan sbuffò: «Sentilo: “i miei fan”...»

Kaito ridacchiò: «Perché, hai visto molti fan di Kudo in circolazione?»

Conan fece per rispondere, poi i due si guardarono in faccia e si resero conto che non si stavano comportando in maniera molto più matura dei due loro cloni, e con un colpo di tosse imbarazzato tornarono a concentrarsi sui filmati.

«Ecco, questo è il filmato della prima sfida, alla Banca centrale di Tokyo.»

I due guardarono concentrati il video, poi Kaito sbuffò.

«Ora capisco perché né NakamoriSaguru si siano interessati alla cosa. Si vede lontano un miglio che sono emulatori male organizzati!»

Conan annuì: «Già, si direbbe che il finto Shinichi sia il complice stesso del finto Kid, e che lo aiuti... dai, guarda, qua butta i fumogeni e dopo qualche secondo è lui ad avere il mantello di Kid, si vede persino il vestito sotto!»

I due osservarono attentamente i due emulatori, in particolare quello di Kid, poi Kaito fece una smorfia: «Questi qua hanno guardato dei tutorial su internet su come fare un paio di trucchi... potevano ingannare solo i fan, e l’opinione pubblica ci marcia sopra perché fa notizia. Piuttosto, c’è un dettaglio che mi lascia perplesso.»

Il bambino, concentratissimo, rispose: «Che è probabilmente quello a cui sto pensando io. Se sono così giovani e inesperti...»

«... come hanno fatto ad entrare con facilità in una banca così importante?»

Conan aggiunse: «E non solo! La seconda sfida si è tenuta in una mostra privata con opere di altissimo valore!»

Kaito sospirò: «I luoghi delle messinscene sono importanti, ma apparentemente casuali. In nessuno dei due erano esposti o custoditi dei grandi gioielli, che sono le mie prede abituali...»

«E infatti in nessuna delle due sfide si è mai parlato di rubare gioielli, ma solo quadri: la cornice contenente il primo yen incassato dalla banca e il primo quadro esposto alla mostra...»

«Obiettivi simbolici, ma non di grande valore... quindi non sono interessati al denaro, ma alla fama...»

I due si guardarono per un momento e lessero contemporaneamente la stessa illuminazione negli occhi dell’altro. Kaito si buttò sulla tastiera e in pochi secondi un semplice motore di ricerca diede loro la conferma che attendevano.

«Bingo. Corrispondono perfettamente al profilo.»

«Quindi ecco qua i nostri emulatori!»

«Già, ma abbiamo solo forti indizi, non prove. Non bastano.»

Kaito sbuffò: «Detective... chi altro potrebbero essere? Li vuoi trascinare in tribunale?»

«Se necessario...»

Per un attimo il prestigiatore si preoccupò del cinismo del bambino: «Ok, come vuoi tu. Come li incastriamo?»

Conan lo guardò con aria furbetta: «Che ne diresti di una trappola?»

Kaito si finse scandalizzato: «Detective, lei mi stupisce! Stavo per proporlo io!»

«Però da soli non ce la facciamo. Ci serve aiuto.»

Il prestigiatore si finse pensieroso: «Io posso procurarmi un complice, un detective e un poliziotto. Tu cosa puoi mettere sul banco?»

Il bambino ci pensò su: «Un professore e un altro detective.»

«Mi pare una buona squadra. Il professore riuscirebbe ad hackerare il blog?»

Conan prese il cellulare: «L’unica è chiederglielo.»

Un quarto d’ora dopo sia Kaito, dal suo computer, che Conan, dal telefono, erano in grado di scrivere sul blindatissimo blog. Il ladro prestigiatore sorrise.

«E ora portiamo un po’ di scompiglio sul loro stesso terreno.»

Con un account firmato Kaito Kid, ma senza immagine profilo, il ragazzo pubblicò una semplice immagine:

 

 

Conan storse il naso: «Capisco distinguersi dal linguaggio giovanile, ma non credi di aver esagerato?»

Kaito rise: «Scherzi? Voglio proprio vedere come reagiranno!»

Dopo pochi minuti comparve la risposta dell’altro Kid.

 

Ma come ti permetti? Certo che accetto la sfida! Il finto Kid sarai tu! Dimmi dove e quando, falso! :-/

 

Kaito sorrise e accennò un mezzo inchino: «Prego.»

Conan sorrise divertito: «Grazie...»

Con un altro account a firma Shinichi Kudo, sempre senza immagine profilo, il bambino postò:

 

Quando lo ha già dichiarato, se avessi saputo leggere fra le righe e conoscessi bene il suo modus operandi: alla prossima notte di luna piena, ovvero questo giovedì.

 

«Tu invece non esageri, nooo... modus operandi...»

Conan lo fulminò: «È latino, ignorante.»

«Guarda che il latino lo conosco come e più di te.»

Il bambino lo guardò sorpreso: «Davvero?»

Kaito dovette mordersi la lingua. Come poteva spiegargli che era la lingua più diffusa nel mondo magico, dopo l’inglese? E poi, alle elementari giapponesi si insegnava il latino? Scosse la testa e si affrettò a cambiare argomento.

«Guarda, c’è una risposta anche per te.»

 

Ah, così abbiamo due fake! Bene, la sfida si allarga anche a te, finto Kudo del ****

Diteci solo dove!

 

«Gli asterischi per cosa stanno?»

«Per insulti che il blog automaticamente censura.»

Conan sospirò: «Ecco, se ancora fosse servito, ora direi che abbiamo la prova definitiva che questo è un falso Kudo

«E hanno tradito di essere in combutta, l’ultimo messaggio era al plurale.»

«Già. E ora che li abbiamo innervositi, dove...»

Un ultimo messaggio comparve all’improvviso, a firma Jirokichi Suzuki:

 

Luogo e premio in palio li decido io: hotel Suzuki, 50° piano. L’obiettivo dei due Kid sarà la Lady Hope, lo smeraldo da poco acquistato da me. Vi aspetto tutti e quattro, Kid e Kudo, per stabilire chi sia chi.

Fate del vostro meglio.

 

Conan e Kaito si guardarono perplessi.

«L’hai invitato tu?»

«No. Il professore?»

Conan armeggiò un po’ col cellulare.

«Non ne sa nulla. Deve aver hackerato il blog indipendentemente.»

Kaito sospirò: «Bene, come al solito quell’uomo ha fatto di testa sua e ha mandato a monte tutto.»

«Bè, no, qualcosa si può ancora fare.»

«Già. Chiama a raccolta i tuoi complici, abbiamo quattro giorni per creare un piano di guerra.»

 

Il vento soffiava forte, così tanto che per le strade si alzavano piccoli vortici di polvere, che costringevano i malcapitati passanti a chiudere gli occhi e la bocca. Il pubblico davanti all’hotel Suzuki, tuttavia, non ci faceva minimamente caso, e continuava imperterrito a gridare e a cercare di mostrare cartelli inneggianti al proprio favorito. Da una finestra al ventesimo piano, il detective osservava tutto questo pensieroso, cercando disperatamente di trattenersi dal grattarsi una guancia.

«Finalmente ti sei deciso a mostrarti, Kudo

Il ragazzo si voltò: «Io invece non sapevo se saresti davvero venuto con questo vento, Kid

La persona che aveva di fronte non aveva gli abiti di Kid, ma dei semplici jeans e maglietta nera, con un cappellino che gli copriva leggermente il volto: «E perché mai un po’ di vento avrebbe dovuto fermarmi?»

Il detective sorrise beffardo: «Riuscirai a sfuggire senza deltaplano?»

Il ladro impiegò un paio di secondi a rispondere: «Un prestigiatore ha sempre un piano B, Kudo”, non preoccuparti per me.»

Una voce all’orecchio del detective gli ripeté: «Non preoccuparti e vai avanti come concordato, non c’è problema, non cambia nulla.»

A casa del professor Agasa, allontanando il microfono dalla bocca, Conan sospirò: «Kid ha capito tutto.»

Yukiko ridacchiò: «Era prevedibile. Sono brava con il trucco, ma lontana anni luce dal mio maestro, pace all’anima sua.»

Conan impiegò qualche secondo per ricordarsi a chi si stesse riferendo sua madre, poi gli tornò in mente: da giovane, per un ruolo in un film, aveva preso lezioni dall’ormai defunto Toichi Kuroba, all’epoca il miglior prestigiatore del Giappone, insieme a quella che sarebbe poi diventata Vermouth degli Uomini in Nero che lo avevano rimpicciolito. Ma quella era tutta un’altra storia.

Scosse la testa scocciato: «No, credo che il problema sia stato un altro. Heiji si è lasciato “sfuggire” un po’ del suo accento di Osaka.»

La donna sorrise: «Non credo sarà un problema, dopotutto Heiji ti ha già interpretato in un’altra occasione e se l’era cavata alla grande, no?»

«Già…»

Il bambino fece un veloce zapping fra le reti televisive che stavano tramettendo l’evento per controllare la situazione da varie angolazioni. Era stato costretto a rifiutare l’insistente invito di Jirokichi Suzuki con la scusa dell’influenza; seppure gli avrebbe fatto comodo poter controllare la situazione con i propri occhi, sarebbe stato troppo difficile interpretare il ruolo di Conan e contemporaneamente suggerire al finto Shinichi. Poteva solo affidarsi alle televisioni, alla microcamera nascosta nella cravatta indossata da Heiji e al grande intuito del detective di Osaka.

 

Kaito, armeggiando con la sua pistola sparacarte, non perdeva mai d’occhio “Shinichi Kudo”. Ormai gli era chiaro che qualcosa di grave era successo al vero detective, se per ben due volte aveva mandato qualcuno a sostituirlo, uno dei quali veramente ben truccato, seppure non preparatissimo per l’interpretazione. Si ripromise di approfondire la questione in un momento più tranquillo.

Il detective guardò l’orologio: «Credo che dobbiamo salire, è quasi l’ora.»

«Conan ti ha informato del piano che avevamo ideato insieme?»

«Ovviamente. Tu hai allertato chi avresti dovuto?»

Kaito annuì: «Anche se è stato meno facile del previsto…»

 

«Non credevo saresti stato così sfrontato da venire a sfidarmi in abiti civili, Kid…»

Kaito fece un sorrisino sfrontato: «Ancora? Quante volte te lo devo dire, Saguru? La tua è solo una fissazione…»

In realtà il prestigiatore dovette fare ricorso a tutta la sua faccia da poker per nascondere il profondo sollievo nel ritrovarlo esattamente come al solito. Non aveva più avuto modo di rivedere il detective dall’inizio dell’anno scolastico, quando era salito, grazie a una fortuna sfacciata, sull’Espresso per Hogwarts. Aveva ancora vivido il ricordo di quel momento d’isterica pazzia che aveva colto Saguru quando si era reso conto di avere a che fare con della vera magia, ed era felice che l’incantesimo di memoria avesse fatto il suo dovere, per una volta. L’ultimo con cui aveva avuto a che fare, quello con Allock, non era finito altrettanto bene.

«Te l’ho detto, ho sentito Aoko discutere con suo papà di questa sfida fra un vero e un falso Kaito Kid, e ho pensato che l’informazione potesse interessarti.»

Saguru scosse la testa: «Eppure dalle informazioni in mio possesso l’ispettore Nakamori ha ricevuto solo questa mattina un messaggio di Kid che lo avvisava che questa volta non si sarebbe trattato solo di un emulatore.»

Kaito lo guardò sorpreso: «Una volta o l’altra mi dovresti davvero spiegare che razza di rete d’informatori hai!»

«Tu dovresti saperlo benissimo, un mago non rivela mai i suoi trucchi.»

«Touché.»

Kaito fece per andarsene, ma Saguru lo fermò.

«Se tu ti trovassi davvero nei panni di Kid, e io fossi lì presente per catturare lui o il suo emulatore… ti lasceresti prendere?»

Kaito sorrise divertito: «Solo se tu o l’emulatore foste così bravi da superarmi.»

Saguru si lasciò sfuggire un sorriso e Kaito si affrettò ad aggiungere: «Se fossi Kaito Kid, chiaramente.»

«Chiaramente.»

Saguru sospirò, mentre il prestigiatore si allontanava: «Capisco. Direi che potrei aver appena trovato un impegno per la serata di giovedì…»

 

«Sappi solo che ho fatto tutto ciò che era in mio potere per avere presenti anche le forze di polizia.»

«Ottimo.»

Kid aprì la porta e si diresse verso l’ascensore: «E allora… si va in scena!»

 

Alle dieci in punto tutti gli sguardi dei fan erano puntati sul balcone del cinquantesimo piano dell’hotel Suzuki. Come sarebbe apparso il primo Kid?

Un leggero rumore scoppiettante e una volata di fumo grigio inondarono il parapetto.

«Che succede?»

«È Kid

«Non si vede nulla!»

«Forse è un incendio!»

«Chiamiamo i pompieri?»

Conan, dietro lo schermo televisivo, sorrise. Anche se le telecamere non lo aiutavano, poteva quasi immaginarsi la scena.

 

«No, no, no, non così… perché oggi non funziona?»

Una figura vestita di bianco era china a terra, a cercare di aggiustare dei fumogeni che stavano spargendo fumo davanti a lei e che la facevano tossire violentemente.

«Temo che sia a causa del vento.»

La persona china trasalì dallo spavento, guardandosi intorno con difficoltà, viste le lacrime agli occhi per il troppo fumo. Non c’era nessuno, eppure la voce continuava a parlare: «Siete stati sfortunati, nelle vostre precedenti apparizioni il tempo era perfetto, ma oggi la situazione è più complessa. Piazzare i fumogeni è un’arte che va perfezionata con tempo e dedizione. Per esempio…»

Uno schiocco di dita, perfettamente udibile anche dalla folla sottostante, e il balcone venne illuminato da luci abbaglianti. Il vento sembrò spazzare via i fumogeni mal piazzati, mentre coriandoli, brillantini e del nuovo fumo bianco avvolgevano la ringhiera in volute dai disegni artistici, che sembravano non essere assolutamente disturbate dal vento impetuoso e che nascondevano egregiamente la figura a terra. Perfettamente in equilibrio sul corrimano, invece, un Kaito Kid con le braccia spalancate gridò: «Ladies and gentlemen, buonasera! È giunto il momento dello show!»

Mentre la folla esultava, ognuno dalle proprie postazioni, Conan, Saguru e Nakamori guardarono l’ingresso in scena del ladro prestigiatore e commentarono sospirando: «Questo è Kid…»

Il finto Kid, ancora rannicchiato a terra, osservava lo spettacolo stupito tanto quanto la gente a terra. Aveva brividi di freddo e guardandosi intorno gli fu chiaro il motivo: a provocare il fumo non erano dei fumogeni, ma del ghiaccio secco piazzato intorno a loro. Quando lo aveva messo?

Kaito si voltò appena, sussurrando: «Ora capisci la differenza?»

Il secondo Kid annuì appena, immobile.

«Un vero prestigiatore non perde mai il controllo dello show, e se necessario adotta molti piani alternativi per fare fronte a qualunque imprevisto.»

Il secondo Kid annuì ancora.

«Temo che la nostra personale sfida sia già finita prima di cominciare. Dunque…»

Con uno schiocco di dita fece comparire una rosa rossa che offrì al secondo Kid. In un attimo il volto di quest’ultimo divenne completamente rosso.

«… come avevate intenzione di continuare il vostro spettacolo, milady?»

 

Jirokichi Suzuki non perdeva di vista un momento gli schermi dove le sue telecamere di ultima generazione gli trasmettevano continuamente le immagini del suo smeraldo e dei corridoi intorno. Il Lady Hope era sempre lì, circondato dai laser di protezione. Per il vero Kid in realtà non sarebbe stato un sistema di sicurezza particolarmente problematico, ma per uno falso…

 

«Uhm… e ora cosa faccio?»

Una figura misteriosa, in un angolo del corridoio, sbirciava con circospezione la sala incriminata. Aveva lanciato del borotalco per scoprire l’eventuale presenza di laser, e si stava congratulando con se stesso per l’idea. Il problema era trovare il modo di aggirare l’ostacolo. Si strinse ancora di più nel mantello, per non rischiare di sfiorare involontariamente i raggi invisibili.

«Io ti suggerirei di cominciare a decidere il ruolo da interpretare.»

Il ragazzo trasalì e si voltò, trovandosi davanti Shinichi Kudo che lo fissava strafottente.

«Ti dirò, vedere la mia divisa sotto il mantello e il cilindro di Kid mi lascia alquanto confuso…»

Di tutta risposta il ragazzo gli buttò in faccia un fumogeno e gli lanciò anche il mantello di Kid, per poi correre verso il gioiello. La prudenza, a quel punto, poteva anche risparmiarsela.

Il detective intanto aveva fatto in tempo a coprirsi un po’ il volto con la manica della giacca, ma stava comunque lacrimando parecchio.

«Non strofinarti la faccia o il trucco andrà via!»

Heiji imprecò rivolto all’auricolare: «Lo so! Ma non ci vedo! Al diavolo, non me l’aspettavo!»

Cercando di non far saltare la sua copertura, Heiji si precipitò nella stanza, trovandosi di fronte un agguerrito ragazzino che cercava, con maldestre acrobazie, di passare oltre i laser di sorveglianza. Si appoggiò al muro a braccia conserte, con un sospiro.

«Vedo che non hai intenzione di arrenderti.»

Il ragazzo continuò, con la lingua di fuori per la concentrazione: «Sono arrivato fino a qui, sarebbe stupido farlo ora.»

«Smettila. Non sei un ladro, né un prestigiatore, né un detective. Questa non è una sceneggiata, come quelle che avete fatto finora.»

«Appunto. È arrivato il momento di dimostrare il mio valore!»

«Come, lasciando la tua ragazza a distrarre il pubblico nei panni di Kid mentre tu fai tutto il lavoro sporco?»

Il ragazzo trasalì, colto di sorpresa.

«Sei davvero il detective in gamba che dicono. Non pensavo avresti capito tutto così in fretta.»

«Non era così difficile. Lei si occupa del trucco, dei costumi e di fare scena nei panni di Kid, ma in realtà è lei la complice. Tu copri contemporaneamente il ruolo di ladro e detective.»

Il ragazzo sorrise con soddisfazione: «E siamo stati in gamba, finora ci sono cascati tutti.»

Il detective scosse la testa: «Solo i fan che non vedevano l’ora di un nostro ritorno. La polizia non si è mai interessata a voi perché è stato chiaro fin da subito che si trattava di cattivi emulatori. E nessuno che mi conosca di persona si è mai lasciato ingannare dai tuoi messaggi.»

Il ragazzo alzò le spalle: «Tanto mi basta.»

Allungò la mano verso il gioiello. Gli mancava così poco per prenderlo…

«Fermati. Se ti costituisci adesso al massimo ti incrimineranno per violazione di domicilio. Per gli altri “furti”, dopotutto, avevate le chiavi per entrare.»

Il ragazzo si morse un labbro.

«Mi dispiace, sono arrivato troppo oltre.»

Allungò ancora di più il braccio, fino a sfiorare il Lady Hope.

«FERMATI, SATORU!»

Il ragazzo si bloccò per un momento: «Asako

La ragazza lo guardò con le lacrime agli occhi: «Per favore, fermati. Va bene così, dai…»

Satoru la guardò sconvolto: «Cosa dici? Siamo a un passo dall’obiettivo…»

Il suo sguardo passò dal volto della fidanzata alla rosa che stringeva in mano, per finire sul volto di chi l’aveva accompagnata. Il volto divenne rosso di rabbia.

«TU! È TUTTA COLPA TUA!»

Fregandosene degli antifurti, corse infuriato verso Kaito Kid: «LEI TI ADORA, TU ME L’HAI PLAGIATA! NON ME LA PORTERAI VIA!»

Heiji alzò lo sguardo verso le telecamere. Evidentemente Suzuki aveva capito la situazione e aveva disattivato gli antifurti.

Kaito si limitò a sparire in una nuvola di fumo e a riapparire poco più in là: «Mi dispiace, ma io non le ho detto proprio nulla.»

Asako prese il ragazzo per il braccio, per poi abbracciarlo: «È vero, sono venuta qua da sola, lui mi ha solo seguita. Non mi interessa più farmi notare da mio padre, né questo gioco. Per favore, andiamo via…»

Il detective si avvicinò: «Venite con me, vi accompagno dai poliziotti…»

Ma Satoru, vedendo il ragazzo allungare la mano verso il braccio di Asako, scattò furioso.

«NON LA TOCCARE!»

Heiji agì d’istinto, e fu un bene. Fece un balzo all’indietro, proprio mentre il ragazzo tirava fuori da sotto la giacca della divisa di Shinichi un taser. Conan gli urlò qualcosa nella cuffietta, ma non ci fece praticamente caso, quello che udì distintamente invece fu la voce di Kid.

«PRENDI!»

Alzò il braccio e afferrò al volo l’arma migliore che il prestigiatore potesse porgli. In un attimo, con pochi e precisi colpi di kendo, il detective fece saltare di mano al ragazzo l’arma e lo atterrò.

Satoru lo guardò sconvolto: «Pensavo di sapere tutto di te, Kudo… sapevo che sapevi sparare e guidare, ma non avevo trovato alcuna informazione sul fatto che pratichi kendo!»

Il detective lo guardò sospirando: «Allora evidentemente non sei un gran detective.»

Il ragazzo abbassò lo sguardo: «E neanche un ladro.»

«No. Ma sei una persona che vuole realizzare i desideri di chi ama. Puoi ancora trovare la tua strada.»

Satoru rimase in silenzio, mentre Saguru, entrato in quel momento nella stanza, prendeva in custodia la finta Kid e Nakamori si apprestava a mettere le manette al finto Kudo.

L’ispettore li guardò sorpreso: «Questa non me la sarei mai aspettata… Asako Takatori, figlia del direttore della Banca Centrale di Tokyo, e Satoru Atsuzawa, figlio del direttore della mostra privata!»

Saguru sorrise: «Chi meglio dei figli dei direttori per potersi impossessare delle chiavi?»

Asako piagnucolò: «Papà pensava solo al lavoro, volevo solo che si ricordasse un po’ anche della sua famiglia…»

Nakamori sospirò: «Alla fine, è sempre colpa di noi padri troppo occupati dal lavoro, temo… bene, quindi tutto a posto, no?»

La voce di Suzuki si diffuse per tutti i corridoi dell’hotel: «TUTTO A POSTO UN CORNO, ISPETTORE! GUARDATE!»

Tutti i detective presenti ebbero un brutto presentimento e si voltarono verso la teca al centro della stanza. Il Lady Hope era scomparso.

Heiji si buttò all’inseguimento: «Kid! Questo non era nei piani!»

Saguru, con la solita grazia, si limitò a voltarsi verso l’ispettore e a consegnargli Asako: «Mi scusi, il dovere mi chiama. Li tenga lei, per piacere.»

A Nakamori non rimase altro che guardarlo sconvolto allontanarsi di corsa: «Ehi, dove andate? Non vale, anche io volevo inseguire Kid! Sono mesi che non posso farlo, non toglietemi questo piacere!»

 

Veloce come un lampo, Kaito si era diretto verso il tetto. Non avrebbe ancora avuto molto tempo per poter controllare lo smeraldo alla luce della luna piena, prima che i detective si ricordassero di lui. Jirokichi Suzuki aveva cercato di bloccare gli ascensori, ma non aveva fatto in tempo. Ormai era già sulla scala antincendio esterna all’edificio, e con pochi abili balzi sul tetto. Il vento continuava ad essere fastidioso, ma non abbastanza da impedirgli di alzare la gemma verso l’astro d’argento. Niente, neanche quella volta aveva potuto vedere la luce rossa di Pandora. Sospirò rassegnato, poi gli venne in mente una cosa.

 

«Cercava di mettere le mani sulla Pietra Filosofale.»

«Di cosa si tratta?»

«È una pietra rossa con la quale è possibile distillare l’Elisir di lunga vita. È stata creata da Nicolas Flamel, che grazie ad essa è rimasto in vita per...»

«Scusa un attimo... Elisir di lunga vita? Una cosa che rende... immortali?»

«, sì, finché lo si assume... dopodiché si muore, naturalmente. Con la distruzione della Pietra, infatti, Flamel e la moglie sono morti e...»

«Distrutta?»

«Sì... Harry l’ha polverizzata per impedire a Tu-Sai-Chi di prenderla.»

 

Il prestigiatore rimase lì, immobile, per qualche secondo, poi scoppiò a ridere. Stupido, stupido Kaito! Perché aveva fatto tutta quella fatica? Dopotutto Hermione glielo aveva detto chiaramente, la Pietra Filosofale, alias Pandora, era stata distrutta da Harry…

Un forte rumore annunciò l’apertura della botola: «Kid

Il prestigiatore rimase lì, fermo, a guardare Kudo uscire dall’edificio per raggiungerlo.

Sorrise.

Perché lo aveva fatto?

Ma per misurarsi ancora con loro, con quei detective che lo mettevano sempre di fronte a nuove sfide.

«Benvenuto Hattori! Ti aspettavo!»

Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Come…»

«So di un solo detective che conosce così bene sia me che Kudo e con l’accento di Osaka.»

Heiji sospirò: «Questo mio accento…»

Kid sorrise: «A me piace molto.»

E mi permette di riconoscerti sotto qualunque maschera, aggiunse fra sé e sé.

«Quindi... giri sempre con una spada da kendo sotto il mantello?»

Il prestigiatore ridacchiò, ma non ebbe il tempo di rispondere. Saguru comparve quasi subito alle spalle di Heiji. Kaito, con un cenno della testa e un sorriso, si congedò dall’investigatore di Osaka, per poi dare le spalle ai due e andare verso il bordo del tetto. Si fermò per un secondo, uno solo.

Non importava quante meraviglie Hogwarts potesse insegnargli, non riusciva ancora a fare a meno di quel brivido, proprio no.

«Mi dispiace, per questa sera lo show finisce qui.»

E con un gesto fulmineo e inaspettato si buttò giù dal tetto. I due investigatori corsero verso la balaustra.

«Ma è pazzo? Non riuscirà ad aprire il deltaplano con questo vento!»

Il pubblico, ancora in attesa dei suoi beniamini, vide una figura bianca precipitare a peso morto dal palazzo, per poi sparire intorno al quindicesimo piano in una nuvola di fumo. La gente rimase con il fiato sospeso, mentre, dallo schermo televisivo, Conan si limitò a sospirare malinconico.

Yukiko ridacchiò: «Sembra che vi sia sfuggito anche questa volta.»

Il bambino alzò le spalle: «Non era il mio obiettivo. Questa caccia finale è stata totalmente un fuori programma...»

«Però potevi aspettartelo, è pure sempre Kaito Kid

Conan rimise all’orecchio la cuffietta: «Già... ma per questa volta Shinichi gli doveva un favore.»

Poi, avvicinandosi al microfono, disse: «È andato, non stare lì a crucciarti, vieni via appena puoi, il professore è già partito. Hai fatto un ottimo lavoro.»

Forse era così, ma Heiji non poté non rimanere con l’amaro in bocca sapendo che Kid era sfuggito anche stavolta. Forse meno di Nakamori e Saguru, che avevano proprio l’aria di esserci rimasti male, forse poteva consolarsi con l’arresto dei due sosia che tanti guai avevano provocato, o con il ritrovamento del Lady Hope, appeso al collo di Lupin, il cane di Suzuki con cui Kid in passato aveva avuto molto a che fare. Forse era anche giusto così, che la cattura di Kaito Kid rimanesse una chimera per ogni aspirante detective voglioso di avventurarsi in quell’impresa.

Forse.

Ma si ritrovò a salire nel maggiolino del professor Agasa con l’amara consapevolezza che la folla non avrebbe mai osannato un detective per la cattura di un ladro prestigiatore quanto quel pubblico stava festeggiando la fuga di Kaito Kid dalla polizia. Poco lontano, anche Kaito, salito sulla macchina di Jii, arrivava con un sorriso malinconico alla stessa conclusione.

Non importava per quanto tempo potesse sparire, il Giappone aveva ancora bisogno di un Kaito Kid.

 

 

«Allora, Kaito? Vieni?»

«Sì, Aoko, arrivo!»

«Muoviti, o non troveremo più posto in piscina!»

Il prestigiatore guardò con un filo di malinconia la ragazza. Era felice di poterla ritrovare, però un pensiero ancora lo tormentava.

«Mi aspetteresti ancora cinque minuti?»

Aoko lo guardò disperata: «Ma siamo già in ritardo!»

«Cinque minuti soli, devo andare in bagno.»

La ragazza gli prese la borsa da mare: «Muoviti!»

Kaito rientrò in casa, si appoggiò alla porta e, con un profondo respiro, cercò di concentrarsi. Non lo aveva ancora mai fatto al di fuori di Hogwarts, ma con Harry ci era riuscito benissimo, quindi perché non provarci?

Un paio di secondi e si smaterializzò, ritrovandosi in un ambiente piccolissimo e buio. Impiegò qualche secondo a riconoscere uno sgabuzzino delle scope e sospirò.

Dove si era cacciato questa volta?

Un urlo familiare lo fece trasalire: «Muoviti, siamo in ritardo per la piscina!»

«Un attimo!»

Il mago trasalì. Quelle voci le conosceva bene!

Con un po’ di riserva, aprì la porta dello sgabuzzino quel tanto che bastava a sbirciare, trovandosi di fronte un Conan trafelato che finiva di preparare uno zaino.

Conan?

Cosa c’entravano loro? Lui aveva chiaramente pensato di smaterializzarsi da...

Kaito sbarrò gli occhi. Prima di Hogwarts avrebbe fatto fatica a crederci, ma dopo Pozioni Polisucco e quant’altro...

«Arrivo Ran

In silenzio, il mago richiuse la porta e tornò a casa sua, pronto a tenere l’ennesimo segreto. Dopotutto cosa ci avrebbe guadagnato nel diffonderlo? Con un altro sospiro, aprì la porta.

«Ci sei? Dai, andiamo!»

Kaito sorrise con un filo di malinconia alla sua amata: «Sì, certo.»

Poi, dopo qualche passo, esclamò: «Sai, potremmo incontrare qualcuno che conosco in piscina.»

«Davvero? E come fai a saperlo?»

Kaito sorrise: «Ho le mie fonti.»

E rubandole il cappello corse davanti a lei, costringendola a seguirlo.

Sorrise. Adesso sì, adesso le sue vacanze potevano cominciare!

 

 

 

 

E rieccoci qua! Ci è voluto un pochino a creare questo capitolo, ma anche grazie all’aiuto di darkroxas92 è stato arricchito da una bella sorpresa che spero vi faccia piacere!
E dal prossimo capitolo, finalmente, entriamo nelle pagine dell’Ordine della Fenice. Spero che la storia continui a catturare il vostro interesse anche se i tempi di pubblicazione si sono dilatati. Sto riportando i capitoli anche sul mio account di AO3, e devo dire che la storia sta riscuotendo un discreto successo (ma siamo intorno al capitolo 13, ben lontani, qua avrete sempre le anteprime).

Ringrazio come sempre per i commenti Serena Leroy e fenris e vi aspetto al prossimo capitolo!

Hinata 92

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Capitolo 42
*** Incubi di botte di mezza estate ***


Incubi di botte di mezza estate

 

Kaito rimase pensieroso a fissare le ultime lettere di Sheridan. Nessuno dei due, da più di un mese e mezzo, era riuscito in alcuna maniera a mettersi in contatto con Fred o George. Normalmente non ci avrebbe fatto troppo caso, dopotutto era estate e i gemelli Weasley avevano pur diritto di godersela, ma gli sembrava troppo strano che non avessero detto assolutamente nulla nemmeno dell’esame di Smaterializzazione che avrebbero dovuto sostenere settimane prima. Era stata però l’ultima lettera di Momoka, ai primi di agosto, ad allarmare definitivamente il prestigiatore:

 

Ho provato a mandare dei gufi anche a Ron e Ginny, ma nemmeno da loro ho ricevuto risposta. Persino Hermione, che mi doveva scrivere come si era accordata con la Skeeter, non mi sta più rispondendo.

E se Tu-Sai-Chi li avesse presi? Dopotutto i Weasley sono odiati dai Mangiamorte e Hermione è nata babbana… e potrebbero essere tutti usati come arma di ricatto verso Harry…

 

Normalmente Kaito si sarebbe limitato a tranquillizzare la ragazza, ma dopo la morte di Cedric cosa avrebbe potuto dirle? Tutte le ipotesi che aveva fatto erano non solo realistiche, ma anche terribilmente fondate. Voldemort aveva fatto ben di peggio con Ginny al loro primo anno, ed era solo un fantasma di lui a sedici anni, figuriamoci cosa poteva architettare da adulto con decine, se non centinaia di morti alle spalle.

Per più di due giorni rimase a rimuginare su quelle parole, seduto alla scrivania della sua cameretta, poi prese una decisione con un profondo sospiro.

«Toccata e fuga, d’accordo, Kaito? Guardi come stanno e te ne torni subito a casa, prima che Silente o… peggio… lo scoprano.»

Chiuse gli occhi e si concentrò con tutte le sue forze sui gemelli: «Uno, due… tre!»

Con un leggero schiocco si Smaterializzò dalla sua camera, ma non ebbe quasi il tempo di appoggiare i piedi a terra o aprire gli occhi che venne accolto da un acutissimo grido femminile e un violento colpo in testa.

«MANGIAMORTE! CI ATTACCANO! MALEDETTI SCHIFOSI, NON AVRETE I MIEI BAMBINI!»

Kaito fece a malapena in tempo a ripararsi dai colpi con un braccio che un paio di voci familiari gli fecero tirare un mezzo sospiro di sollievo.

«Mamma! Mamma, fermati!»

«Non è un mangiamorte! È solo Kaito

Il prestigiatore aprì gli occhi e riuscì a intravvedere un po’ dell’ambiente che lo circondava. Aveva l’aria di essere un salotto, una lunga stanza con il soffitto alto e pareti verde oliva coperte di arazzi sporchi. Non era mai stato a casa dei Weasley, ma dai loro racconti se l’era immaginata totalmente diversa. Tuttavia Kaito non poté godersi troppo il panorama, visto che la signora Weasley non aveva smesso un momento di tirargli in testa la scopa, ricoperta di ragnatele, polvere e quant’altro, con tutta la forza che aveva in corpo, e non era poca.

«È UN MANGIAMORTE PER FORZA! NON SI PUÒ ENTRARE QUA DENTRO SENZA UN CUSTODE SEGRETO! È QUALCUNO CHE HA PRESO LA POLISUCCO!»

Kaito, cercando di ripararsi dai colpi, provò a discolparsi: «Signora, le assicuro che sono io…»

Una porta sbattuta con forza fece immobilizzare tutti nell’esatta posizione in cui si trovavano, facendo ammirare a Lupin e Sirius il curioso fermo immagine di Molly Weasley, trattenuta a fatica dai suoi figli gemelli, uno per braccio, malmenare con una poco magica ma molto materna e casalinga scopa un povero Kaito. Ai due Malandrini originali bastò uno sguardo d’intesa per capire la situazione.

Sirius sospirò: «Io sistemo Kaito e tu Molly?»

«D’accordo.»

«Andata.»

E con un pigro Pietrificus Totalus Sirius immobilizzò la signora Weasley, che nel frattempo aveva ripreso a malmenare il malcapitato prestigiatore, permettendo a Kaito di sottrarsi ai colpi. Lupin lo fulminò con lo sguardo.

«Che c’è? Era il modo più veloce per fermarla! Volevi che continuasse a picchiarlo?»

L’ex professore sospirò e si rivolse al ragazzo: «Kaito…»

Il volto del prestigiatore si allargò in un sorpreso sorriso: «Professor Lupin! Sirius! Che… che succede?»

«Ora te lo spieghiamo, però dovrai avere la pazienza di rispondere a un paio di domande, prima, per quanto ti possano sembrare strane.»

Kaito li guardò perplesso: «Ehm… d’accordo…»

Lupin gli chiese con un sorriso: «In cosa si trasformava le prime volte il tuo Molliccio?»

Kaito, mantenendo la faccia da poker, rispose senza esitazione, pur non apprezzando la domanda: «In un Dissennatore fatto di pesci.»

Lupin annuì: «Sirius, a te l’onore di una contro domanda di sicurezza.»

L’uomo ci pensò su e poi rispose: «Cosa ti ho mandato in allegato nella mia ultima lettera?»

«Un ritaglio di giornale. Su cui dovremmo ampiamente discutere non appena ce ne sarà l’occasione.»

Il professor Lupin si rivolse ai gemelli: «Volete fare anche voi delle domande o ci accontentiamo di due risposte esatte su due?»

Fred e George risposero in coro: «Per noi era l’originale sin dall’inizio.»

«Bene, allora adesso spiegherò la… ehm… particolare situazione a Molly, che sono sicuro che non avrà alcun problema non appena le sarà tutto più chiaro. Giusto per conferma, Kaito, perché ti sei Smaterializzato?»

Il ragazzo, sempre più confuso, ripose: «Erano mesi che né io né Sheridan non avevamo notizie, volevo solo controllare che fosse tutto a posto…»

«Visto, Molly? È solo un buon amico dei tuoi figli, un bravo ragazzo. Sì, so bene che non dovrebbe essere qui, ma questo adesso te lo spiego io. Ora sciolgo l’incanto, prendi un bel respiro, ci sediamo e parliamo…»

Sirius mise un braccio intorno al collo di Kaito e lo trascinò verso la porta: «E io farò lo stesso col ragazzo.»

Sempre più perplesso dalla situazione, il prestigiatore venne trascinato da Sirius giù per le scale, facendogli segno di non fare alcun rumore. Attraversarono un lungo e cupo corridoio, dove un candelabro coperto di ragnatele brillava sopra di loro e ritratti anneriti dal tempo affollavano i muri dalla tappezzeria scollata e sulla moquette lisa. Sia il candelabro appeso al soffitto che quelli posati su un tavolino traballante lì vicino avevano la forma di serpenti. Passarono di fianco a una tenda tirata e poi, velocemente ma in completo silenzio, entrarono in una stanza che aveva tutta l’aria di essere una cucina. Era poco meno tetra del resto, una stanza cavernosa con le pareti di pietra viva. La luce proveniva per lo più da un gran fuoco all'altra estremità. Una cortina di fumo proveniente da un calderone sul fuoco aleggiava nell'aria come vapori di battaglia, attraverso cui affioravano indistinte le forme minacciose di pesanti pentole e padelle di ferro appese al soffitto buio. Molte sedie erano state stipate nella stanza attorno a un lungo tavolo di legno, carico di rotoli di pergamena, calici, bottiglie di vino vuote, e un mucchio di quelli che sembravano stracci. Sirius afferrò una di quelle sedie e la porse a Kaito.

«Gradisci qualcosa? Non c’è molto, ma credo che Molly non abbia ancora trovato tutte le bottiglie di Burrobirra che ho nascosto in giro.»

Kaito l’afferrò e si sedette: «Ammetto che gradirei delle spiegazioni, più che altro. Sono contento di vedere che state bene, ma… che ci fai qui? I signori Weasley sono delle persone molto gentili, ma non me li vedo molto a ospitare un ricercato… il padre di Fred e George non lavora al Ministero?»

Sirius ridacchiò: «Oh, no, c’è un equivoco, questa non è la Tana. Sono loro ad essere miei ospiti, in un certo senso… ti do il benvenuto a casa mia, Kaito. O almeno, a quella della mia famiglia, non l’ho mai considerata esattamente casa mia.»

Il ragazzo annuì. In effetti l’edificio in cui si trovavano aveva più l’aria di essere una vecchia dimora signorile in decadenza che la casa di una famiglia numerosa ma squattrinata come i Weasley.

«Quindi direi… casa Black?»

«Non ti era venuto il dubbio con tutti quei serpenti in giro che non potesse essere la casa di una famiglia di puri Grifondoro

Kaito lo guardò confuso: «Ma non eri Grifondoro pure tu?»

Sirius, annoiato, cercò qualcosa in tasca: «In ogni famiglia c’è una pecora nera… per sicurezza, già che ci siamo, datti una lettura a questo fogliettino, così completiamo tutte le formalità.»

Il prestigiatore afferrò il pezzetto di pergamena, riconoscendo la scrittura dello stesso Black:

 

Il Quartier Generale dell'Ordine della Fenice si può trovare al numero dodici di Grimmauld Place, Londra

 

«Se questo doveva essermi d’aiuto, sappi che sono ancora più confuso di prima.»

«Immagino, quello è solo di aiuto alla salute mentale di Molly e di chiunque ti veda girare in questa casa. Vedi, Kaito, senza volerlo hai appena sfondato uno dei più grandi incantesimi di sicurezza esistenti.»

«Come quello che impedisce di Smaterializzarsi a Hogwarts

«Esattamente. In teoria quel bigliettino è il solo lasciapassare.»

Il ragazzo si lasciò sfuggire una smorfia: «Ops… in questo caso forse la Signora Weasley non aveva poi tutti i torti…»

Poi tornò serio: «È stato fatto per proteggerti dall’arresto?»

Sirius sorrise: «Rileggi bene quel foglietto.»

Kaito obbedì, per poi chiedere: «L’Ordine della Fenice è tornato?»

«Voldemort l’ha fatto, non vedo perché Silente non avrebbe dovuto organizzarsi di conseguenza. Ho deciso di offrire la casa dei miei genitori come sede, anche perché, purtroppo, con un mandato di cattura sulla mia testa non posso fare molto altro.»

«Certo… chi altro c’è?»

Sirius rispose con un triste sospiro: «Tutti quelli rimasti dall’ultima volta ovviamente.»

Kaito non faticò a cogliere il riferimento, tra gli altri, a suo padre.

«Ma abbiamo anche nuovi membri di tutto rispetto. Tanto per cominciare, Arthur e Molly Weasley, e la maggior parte dei loro figli più grandi, che si sono addirittura trasferiti qua con tutta la famiglia; un paio di Auror del Ministero, tra cui Kingsley Shacklebolt, che è il responsabile della caccia al “pericoloso criminale terrorista Sirius Black”, e così fa credere al Ministero che io sia in Tibet.»

Kaito sorrise, ma Sirius rimase serio, quasi triste, così il ragazzo si affrettò a cambiare argomento: «Cosa state facendo in questo momento?»

«Tutto quello che possiamo per assicurarci che Voldemort non realizzi i suoi piani. È probabile che voglia ricostruire il suo esercito. In passato aveva grossi numeri ai suoi ordini: maghi e streghe che aveva costretto a seguirlo con la prepotenza o con incantesimi, i suoi fedeli Mangiamorte, un'enorme varietà di creature Oscure, come lupi mannari e giganti. Certamente non cercherà di impossessarsi del Ministero della Magia solo con una decina di Mangiamorte.»

«Quindi state cercando di impedirgli di conquistare nuovi seguaci?»

«Ci si prova, per lo meno.»

«Come? Di sicuro non con la Gazzetta del Profeta, ho smesso di leggerlo da quanto è diventato pedissequo e leccapiedi.»

Sirius ridacchiò: «Allora ti sei perso che Silente è stato estromesso dalla Presidenza della Confederazione Internazionale dei Maghi perché “sta invecchiando e perde il controllo”… balle, è stato escluso dai maghi del Ministero dopo che ha tenuto un discorso per annunciare il ritorno di Voldemort. L'hanno retrocesso dalla carica di Stregone Capo del Wizengamot, l'Alta Corte dei Maghi, e stanno decidendo se levargli anche l'Ordine di Merlino, Prima Classe.»

Vedendo l’aria preoccupata di Kaito, Sirius si affrettò ad aggiungere con un mezzo sorriso: «Ma Silente non è preoccupato, dice che non gl'importa di quello che fanno finché non lo tolgono dalle figurine delle Cioccorane

Il ragazzo sorrise, ma l’uomo tornò serio: «Mi dispiace che tu abbia dovuto interrompere tutte le comunicazioni con i tuoi amici, gli hanno impedito di mandare gufi per motivi di sicurezza. Anche Harry è rimasto completamente isolato, ed è la cosa che mi ha fatto preoccupare di più…»

Senza preavviso sbatté un pugno sul tavolo, cosa che fece trasalire Kaito: «Oltre a quell’idiota di Mundungus che ha abbandonato Harry nei guai!»

Kaito chiese preoccupato: «Cos’è successo a Harry?»

Sirius si lasciò sfuggire un gesto di stizza: «Ah, già, non puoi saperlo… è stato attaccato dai Dissennatori a casa dei suoi zii.»

«Che cosa?»

Sirius si lasciò sfuggire per un secondo un sorrisino soddisfatto e un lampo d’orgoglio negli occhi: «Rilassati, tu dovresti sapere meglio di chiunque altro che Harry sa benissimo come cavarsela contro quei mostri, no?»

Tornando serio, però, aggiunse: «Il problema è che ha usato la magia fuori da Hogwarts, e quindi il Ministero l’ha convocato per cercare di espellerlo dalla scuola.»

«CHE COSA?»

Dalla foga Kaito si era alzato in piedi rovesciando la sedia. Sirius gli rivolse un sorriso triste: «Tranquillo, Silente tirerà fuori qualcosa dal cappello, come sempre…»

Ma aggiunse rassegnato: «Ma non sai quanto mi scoccia non poter fare nulla di utile, se potessi anche solo andare lì sotto forma di cane e mordere le caviglie a tutti… mi assicurerei di passargli la rabbia.»

Kaito cercò di calmarsi: «Ok, va bene. E io cosa posso fare per l’Ordine?»

Sirius, con la testa appoggiata a una mano, rispose tranquillo e rassegnato: «Assolutamente nulla.»

Il prestigiatore lo guardò sorpreso: «Eh? Ma come, mio padre…»

«Ho già affrontato questa discussione con Harry. L'Ordine è formato solo da maghi maggiorenni che hanno finito la scuola.»

Con uno schiocco Fred comparve alle spalle di Kaito: «Hanno fregato anche noi con questa clausola, amico.»

Il prestigiatore sorrise soddisfatto: «Vedo che avete passato il test.»

«Non potevamo certo esserti da meno. Se vuoi venire su, mamma si è calmata e vuole scusarsi per… ehm… la calorosa accoglienza.»

Kaito rise e seguì l’amico su per le scale, tornando in salotto, dove la signora Weasley, non appena lo vide, gli corse incontro per poi stringerlo in un sentito abbraccio, così sentito che il prestigiatore sentì a sua volta un paio di costole rassegnare le dimissioni.

«Oh, mi dispiace, mi dispiace, non lo sapevo… perdonami, Kaito, puoi?»

Con una voce soffocata, il ragazzo rispose: «Certo… tutto perdonato! Ora, se potesse lasciarmi andare…»

Molly lasciò finalmente la presa e Kaito poté permettersi il lusso di tornare a respirare: «Oh, scusami, certo…»

Alle sue spalle, George se la rideva sotto i baffi, mentre Lupin, con un’espressione ugualmente divertita, aggiunse: «Ho spiegato a Molly che tuo padre faceva parte dell’Ordine e della tua straordinaria capacità.»

Signora Weasley lo squadrò da capo a piedi: «Certo però che è incredibile, a pensarci…»

L’ex professore aggiunse: «E allo stesso tempo pericoloso. Se Fred o George fossero stati in pericolo, lui, raggiungendoli in questo modo, avrebbe sì potuto salvarli… ma anche mettersi in pericolo a sua volta. È una questione da non sottovalutare.»

L’uomo si lasciò sfuggire un sospiro e poi continuò: «Per questo motivo ti chiederei di non venire più qui a meno che non te lo chiediamo esplicitamente. È una situazione talmente precaria e complessa che rischiamo davvero che tu possa trovarti faccia a faccia con persone che è meglio che continuino a ignorare la tua esistenza.»

George gli sorrise facendogli l’occhiolino: «E poi fra meno di un mese ci rivedremo a scuola e rimpiangerai i mesi in cui non ci hai sentito.»

Kaito annuì: «Va bene, cercherò di calmare Sheridan… però vorrei sapere almeno come finirà con Harry!»

Sirius sorrise: «A questo penso io, sto avendo una mezza idea…»

Molly diede una spintarella ai gemelli: «Su, salutate Kaito, che qua abbiamo un sacco di lavoro da fare.»

Inaspettatamente, Fred lo abbracciò, lasciando interdetta sua madre.

«Mi mancherai, amico.»

Kaito mantenne la sua faccia da poker e ricambiò l’abbraccio: «Hai sentito George, tra poco ci rivedremo.»

Per fare l’idiota, anche George saltò addosso ai due, buttando entrambi a terra. Tutti e tre risero, mentre la signora Weasley, cercando di non farsi notare, si asciugava l’angolo di un occhio.

Quando si rialzarono, Kaito salutò con tutti con la mano e si Smaterializzò in camera sua. Solo allora mise la mano in tasca per vedere cosa Fred gli avesse lasciato con quel finto abbraccio: un pezzo di pergamena dentro cui erano avvolti biscotti viola e arancioni e pezzi di torrone. Si affrettò a leggere la nota scarabocchiata.

 

Stiamo continuando gli esperimenti per i Tiri Vispi Weasley, abbiamo anche iniziato a vendere qualcosa per corrispondenza. Ti lascio un campione, due Merendine Marinare e un Torrone Sanguinolento. I dolcetti servono per farti saltare la lezione, se mangi la metà arancione vomiti, con quella viola ti passa. Li stiamo testando su noi stessi per essere sicuri, come vi eravate raccomandati, parola di Malandrini. Vedrete quante belle cosine che i Malandrini potranno fare l’anno prossimo!

Futago

 

Kaito riguardò ancora per un momento i dolcetti e decise saggiamente di riporli in un cassetto e di non offrirli mai a nessuno.

 

 

Quattro giorni dopo, mentre era chino sulla tastiera del computer a scrivere qualcosa, Kaito trasalì sentendo un forte schiocco alle sue spalle, uno schiocco che gli era tremendamente familiare. Con un veloce movimento di polso fece comparire in mano la sua bacchetta e voltò la sua sedia girevole, pronto ad affrontare qualsiasi mago gli si parasse di fronte. Quello che invece si trovò di fronte fu una bruttissima copia di Dobby, quasi completamente nudo, a parte lo straccio sudicio legato come un gonnellino attorno alla vita. Era molto vecchio: la sua pelle pareva troppo abbondante, e anche se era calvo come tutti gli elfi domestici, una gran quantità di peli neri spuntava dalle grandi orecchie a forma di ali di pipistrello. Aveva gli occhi di un grigio acquoso e iniettato di sangue e il grosso naso carnoso, molto simile a un ghigno.

Gettò una rapida occhiata a Kaito e poi abbassò lo sguardo borbottando: «Kreacher non sa se è nel posto giusto, ma a Kreacher non piace il tizio con gli occhi a mandorla, proprio no… Oh, povero, povero Kreacher, costretto dai suoi aguzzini a fare da gufo per creature ignobili che gli puntano pure contro la bacchetta…»

Kaito decise di mantenere la sua faccia da poker e abbassare l’arma: «Deduco che il tuo nome sia Kreacher. Stai cercando me?»

L'elfo domestico rimase immobile, tacque e si esibì in un sussulto di sorpresa molto enfatico e molto poco convincente: «Il signore conosce il nome di Kreacher

«Non prima di trenta secondi fa, ammetto.»

Kreacher si inchinò e, ancora con la faccia al pavimento, aggiunse, a un livello perfettamente udibile: «Mandano Kreacher come un volgare gufo da un’inquietante uomo mandorla che gli legge nella testa.»

Kaito rimase per un momento interdetto. Non sapeva se dovesse essere più confuso dal passaggio, indubbiamente razzista, da “uomo con gli occhi a mandorla” a direttamente “uomo mandorla”, o dal fatto che evidentemente l’elfo era davvero

convinto che non potesse sentirlo.

L’elfo alla fine continuò: «Kreacher sta cercando il padron Kaito Kuroba

«Sono io.»

Con uno schiocco di dita l’elfo fece comparire un plico di buste e gliele porse, senza mai guardarlo in volto: «Il padrone…»

E qui si lasciò andare a un’espressione di profondo disgusto, come se lo avessero costretto a ingurgitare della Pozione Polisucco vecchia di qualche mese mischiata a della Burrobirra rancida.

«… ha detto a Kreacher di portare queste al padron Kaito Kuroba, l’uomo mandorla. Poteva prendere un gufo, e invece l’ha ordinato a Kreacher, che ha cose più importanti da fare, come salvare la casa della padrona. Kreacher l’ha fatto e ora torna alla nobile dimora dei Black prima che quei mostri traditori del proprio sangue o mezzosangue gli rovinino il lavoro di una vita.»

E senza neanche salutare sparì con uno schiocco, lasciando cadere a terra le buste. Kaito rimase un momento immobile, a fissare il punto dove fino a un momento prima c’era un elfo fuori di testa.

«Che tipo…»

Raccolte le lettere, tornò alla scrivania e aprì la prima.

 

Ciao Kaito, ti chiedo già scusa per il comportamento di Kreacher, l’elfo domestico della mia famiglia. Chissà come mai, non gli stiamo troppo simpatici, ma è vincolato al silenzio ed è indubbiamente più veloce e meno sorvegliabile di un gufo.

Intanto puoi stare tranquillo, come immaginavo, Silente ha risolto tutto, ma c’era da aspettarselo, quindi Harry verrà con voi a Hogwarts regolarmente. Per il resto trovi allegate lettere da gente che aveva voglia di scriverti, come hai potuto notare sono un bel po’.

Ti auguro una buona estate, appena sarà possibile scriverci con un po’ più di tranquillità riprenderemo i nostri discorsi in sospeso.

Felpato

 

Kaito sorrise vedendo i mittenti delle varie lettere che gli erano arrivate: Fred e George, ovviamente, ma anche Ginny, Harry, Ron, Hermione, Lupin e persino la signora Weasley, che ancora si scusava per le botte con la scopa e prometteva di farsi perdonare non appena ne avesse avuta l’occasione. Una ventata di nostalgia lo assalì, ma il ragazzo, con un sospiro, si impose di mantenere un minimo di autocontrollo.

Buttò un occhio al calendario e sospirò: mancavano ormai meno di due settimane al suo ritorno alla vita magica.

«E io devo ancora fare un salto a Diagon Alley a comprare il materiale e finire questa faccenda prima di andare… uffa…»

Di estrema controvoglia, si rimise al computer a digitare.

«Allora, se lo zaffiro me lo mettono in questa cella frigorifera a -15 gradi, mi toccherà pensare a come potermi muovere agilmente con quella temperatura… sperando che nessuno dei poliziotti sia un abile pattinatore su ghiaccio…»

 

 

E rieccoci, finalmente si comincia con l’Ordine della Fenice! Potete star certi che neppure quest’anno scolastico sarà molto tranquillo.
Ringrazio fenris per il commento e vi aspetto al prossimo capitolo, dove faremo la conoscenza di una certa professoressa… o forse no?
Alla prossima!

Hinata 92

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Capitolo 43
*** Infezione in corso ***


Infezione in corso

 

 

Sheridan, a qualche passo di distanza, squadrò l’amico con una smorfia: «Quindi… l’altro ieri sei entrato in una cella frigorifera con quindici gradi sottozero per prendere l’ennesima pietra…»

«Dì.»

«… con una tuta riscaldante sotto il costume alimentata con una batteria…»

«Edatto.»

«Un agente ti ha sparato addosso, non ti ha colpito ma ha reciso il cavo che collegava la tuta alla batteria…»

«Goda g’è ghe non di guadra?»

Sheridan esclamò: «Il perché tu sia rimasto in quella cella frigorifera per più di tre ore in quello stato!»

Kaito, tirando su col naso dietro a una mascherina chirurgica, rispose: «Berg l’ispeddore Nagamori ha voludo gondrollare ovungue brima di arrenderdiDono dovudo rimanere ingollado al doffiddo ber non farmi drovare, per forduna nedduno ha bendato di alzare gli ogghi»

Momoka si sbatté una mano sulla fronte e il prestigiatore, dietro la mascherina, si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.

«Ghe sgemi, eh?»

La ragazza sospirò: «Includo pure te nella categoria per esserti conciato così il primo giorno di scuola…»

Il fischio dell’Espresso per Hogwarts coprì il mezzo sospiro di Kaito. No, non era neanche lui troppo entusiasta di cominciare così un nuovo anno scolastico, mezzo febbricitante, e purtroppo le medicine che aveva preso stavano avendo effetto solo parzialmente. Aveva nella tasca una discreta scorta di antipiretici, ma continuava a sperare che la situazione andasse migliorando da sé.

«Ginny

«Sheridan!»

Una voce familiare lo fece lentamente voltare. La giovane Weasley stava correndo incontro alla sua compagna di classe, e dietro di lei c’era tutto il resto della famiglia, insieme a Harry, Hermione, il professor Lupin, un grosso cagnolone dall’aria molto familiare e un po’ di gente sconosciuta, tra cui però spiccava una allo stesso tempo vecchia e nuova conoscenza: il professor Moody, o meglio, Malocchio Moody, quello vero e non il sosia con cui aveva avuto a che fare l’anno precedente. Seppur incuriosito dall’inaspettato incontro, Kaito dovette ammettere di non essere nelle condizioni adatte per fare conoscenza.

La voce di Ginny lo risollevò dai suoi pensieri: «Kaito

Sheridan fermò la compagna: «Ti sconsiglio di abbracciarlo, al momento è un raffreddore ambulante.»

La giovane Weasley fece una smorfia a metà fra il dispiaciuto e lo schifato: «Ma perché non ti sei fatto una pozione Tiramisù? Ok, ti lascia le orecchie fumanti, ma ti sarebbe già passato!»

Kaito bofonchiò: «Non avevo gli ingrediendi né un gamino ber il baiolo

La verità, però, era che non ci aveva neanche pensato se non quando si era smaterializzato a King’s Cross. Quando tornava a casa, d’istinto, il suo cervello accantonava le soluzioni magiche e tornava a pensare in modo strettamente babbano; sì, era vero che non avrebbe avuto il necessario, ma avrebbe potuto rimediare facilmente facendo un salto da Akako, e una parte di lui si stava dando dell’idiota per non averlo fatto. D’altronde, però, avrebbe rischiato di bersi anche una pozione d’amore…

Risuonò un fischio d'avvertimento; gli studenti ancora sul marciapiede si affrettarono verso il treno. Kaito fece ancora in tempo a rivolgere un gesto di saluto da lontano verso Lupin, Sirius e i signori Weasley che si ritrovò seduto con Sheridan, Fred e George in una cabina, a dormicchiare, troppo fuso dal raffreddore per riuscire a godersi la rimpatriata con i Malandrini. Quasi non si accorse che i gemelli, presto, si allontanarono per i loro affari dei Tiri Vispi Weasley, e per la maggior parte del viaggio rimase con lui solo Sheridan, impegnata a leggere un libro.

Fu solo quando il cielo si fece già buio che Momoka gli diede una pacca sulla spalla per farlo svegliare.

«Ehi, Kaito

Il ragazzo mugugnò qualcosa, ma non aprì gli occhi. Sheridan insistette.

«Mangetsu…»

Nessuna risposta soddisfacente. La ragazza sospirò e decise di giocare più pesante.

«Mandato di cattura internazionale per Kaito Kid!»

Questa volta Kaito spalancò un occhio di scatto, per poi però richiuderlo in parte quando riuscì a identificare l’amica.

«Mamma mia, non ti ho mai visto così malridotto!»

«Dguda…»

Sheridan smise di fare scherzi e si chinò preoccupata su di lui tastandogli la fronte: «Mamma mia, ma tu scotti! Sei sicuro di farcela? Forse conviene portarti da Madama Chips non appena arriviamo!»

A fatica il prestigiatore prese la pastiglia di antipiretico e la inghiottì: «Non breoggubarti, ge la faggio. Immagino ghe dovrei meddermi la divisa, adesso…»

«Esattamente, siamo quasi arrivati.»

Kaito si sforzò di concentrarsi a osservare il panorama fuori dal finestrino per tenersi sveglio, ma l’impresa si rivelò più ardua del previsto: era una notte senza luna e il vetro rigato di pioggia era sudicio. Con fatica, sentendo dolori a ogni muscolo del corpo, si alzò, aprì il baule e prese la divisa. Sheridan non lo perse di vista neanche per un secondo, sempre più preoccupata. Non lo aveva mai visto cambiarsi normalmente, senza trucchi di prestigio, e quando fu il momento di scendere dal treno, si tenne pronta a sostenerlo al primo ondeggiamento di troppo.

I due amici uscirono a fatica dallo scompartimento e avvertirono il primo pizzicore dell'aria notturna già mentre si univano alla folla nel corridoio. Lentamente avanzarono verso gli sportelli. L'odore dei pini che fiancheggiavano il sentiero per il lago risvegliò un pochino Kaito, che ricominciò a prestare un po’ più di attenzione all’ambiente circostante. Scese sul marciapiede e si guardò intorno, in attesa del familiare richiamo di Hagrid: «Primo anno da questa parte... primo anno...»

Ma non venne. Invece una voce alquanto diversa, sbrigativa e di donna, gridava: «Quelli del primo anno in fila da questa parte, per favore! Tutti quelli del primo anno da me!»

Una lanterna avanzò dondolando, rivelandogli il mento prominente e il severo taglio di capelli della professoressa Caporal, la strega che l'anno prima aveva sostituito per qualche tempo Hagrid come insegnante di Cura delle Creature Magiche.

«Dov'è Hagrid

Sheridan alzò le spalle: «Non lo so. Avrà avuto altro da fare. O magari ha il raffreddore anche lui, ma lui è stato così coscienzioso da starsene a letto.»

Dietro la mascherina, Kaito si lasciò sfuggire un sorriso alla vista della linguaccia di Sheridan: «Sbiridosa

Seguì la ragazza sulla carrozza, e Momoka, non appena furono seduti gli chiese: «Giusto per sapere, per quanto ti terrai ancora quella roba in faccia?»

Kaito sospirò, togliendosi la mascherina: «Giusdo, in Europa non si usa. Voi oggidendali sbargete migrobi ovungue guando state male.»

Sheridan gli diede un piccolo calcio nelle caviglie a ogni frase: «Ehi! Ci stai dando dei maleducati? Degli untori?»

«Ehi vaggi piano! Non eri tu guella breoccubata ber il mio sdado di salude

Sheridan gli rifilò ancora un calcio: «Lo sono! Ora che ti sei tolto la mascherina sei pallido come Nick Quasi-Senza-Testa!»

«E mi brendi a galgi lo sdesso

La ragazza si sforzò di sorridere, ma si leggeva l’ansia nei suoi occhi: «Devo assicurarmi che tu sia vivo. Se mi muori qua passo casini legali con la scuola, con Aoko e con tutta la polizia che ti sta cercando.»

Nonostante tutto, Kaito sorrise. Le era mancata.

 

La Sala d'Ingresso era splendente di torce ed echeggiava dei passi degli studenti che attraversavano il pavimento di pietra diretti alla doppia porta sulla destra, che portava nella Sala Grande, al banchetto d'inizio anno.

Nella Sala Grande, i quattro lunghi tavoli delle Case si stavano riempiendo sotto il cielo nero privo di stelle, identico a quello che si scorgeva dalle alte finestre. Candele galleggiavano a mezz'aria sopra i tavoli, illuminando i fantasmi argentei sparpagliati nella Sala e i volti degli studenti immersi in fitte conversazioni, intenti a scambiarsi notizie dell'estate, a gridare saluti agli amici delle altre Case, a osservare i loro nuovi abiti e tagli di capelli.

Kaito rivolse qualche saluto ai suoi compagni, ma lasciò per buona parte del tempo che fosse Sheridan a rispondere per lui. Si accorse a malapena del silenzio improvviso che calò sulla Sala: qualche istante dopo si aprirono le porte e dalla Sala d'Ingresso entrò una lunga fila di bambini dall'aria spaventata. In testa c'era la professoressa McGranitt, che reggeva uno sgabello sul quale era posato un antico cappello da mago, pieno di toppe e rammendi, con un ampio strappo vicino al bordo sfilacciato.

I bambini del primo anno si allinearono davanti al tavolo degli insegnanti, col viso rivolto verso il resto degli studenti: la professoressa McGranitt posò con cautela lo sgabello davanti a loro, poi si trasse in disparte.

I volti degli studenti del primo anno rilucevano pallidi alla luce delle candele. Un bambinetto al centro della fila sembrava tremare, e Kaito provò per lui una forte empatia. Probabilmente la traversata in mezzo al lago non era stata affatto agevole.

Tutta la scuola aspettava col fiato sospeso. Poi lo strappo vicino al bordo del cappello si spalancò come una bocca e il Cappello Parlante prese a cantare:

 

Un tempo, quand'ero assai nuovo berretto

e Hogwarts neonata acquistava rispetto,

i gran fondatori del nobil maniero

sortivan tra loro un patto sincero:

divisi giammai, uniti in eterno

per crescere in spirito sano e fraterno

la scuola di maghi migliore del mondo,

per dare ad ognuno un sapere profondo.

'Insieme insegnare, vicini restare!'

Il motto riuscì i quattro amici a legare:

perché mai vi fu sodalizio più vero

che tra Tassorosso e il fier Corvonero,

e tra Serpeverde e messer Grifondoro

l'unione era salda, l'affetto un ristoro.

Ma poi cosa accadde, che cosa andò storto

per rendere a tale amicizia gran torto?

Io c'ero e ahimè qui vi posso narrare

com'è che il legame finì per errare.

Fu che Serpeverde così proclamò:

«Di antico lignaggio studenti vorrò».

E il fier Corvonero si disse sicuro:

«Io stimerò sol l'intelletto più puro».

E poi Grifondoro: «Darò gran vantaggio

a chi compie imprese di vero coraggio».

E ancor Tassorosso: «Sarà l'uguaglianza

del mio insegnamento la sana sostanza».

Fu scarso il conflitto all'inizio, perché

ciascuno dei quattro aveva per sé

un luogo in cui solo i pupilli ospitare,

e a loro soltanto la scienza insegnare.

Così Serpeverde prescelse diletti

di nobile sangue, in astuzia provetti,

e chi mente acuta e sensibile aveva

dal fier Corvonero ricetto otteneva,

e i più coraggiosi, i più audaci, i più fieri

con ser Grifondoro marciavano alteri,

e poi Tassorosso i restanti accettava,

sì, Tosca la buona a sé li chiamava.

Allora le Case vivevano in pace,

il patto era saldo, il ricordo a noi piace.

E Hogwarts cresceva in intatta armonia,

e a lungo, per anni, regnò l'allegria.

Ma poi la discordia tra noi s'insinuò

e i nostri difetti maligna sfruttò.

Le Case che con profondissimo ardore

reggevano alto di Hogwarts l'onore

mutarono in fiere nemiche giurate,

e si fronteggiaron, d'orgoglio malate.

Sembrò che la scuola dovesse crollare,

amico ed amico volevan lottare.

E infine quel tetro mattino si alzò

che Sal Serpeverde di qui se ne andò.

La disputa ardente tra gli altri cessava

ma le Case divise purtroppo lasciava,

furon mai più solidali da che

i lor fondatori rimasero in tre.

E adesso il Cappello Parlante vi appella

e certo sapete qual è la novella

che a voi tutti quanti annunciare dovrò:

ma sì, nelle Case io vi smisterò.

Però questa volta è un anno speciale,

vi dico qualcosa ch'è senza l'uguale:

e dunque, vi prego, attenti ascoltate

e del mio messaggio tesoro ora fate.

Mi spiace dividervi, ma è mio dovere:

eppure una cosa pavento sapere.

Non so se sia utile voi separare:

la fine che temo potrà avvicinare.

Scrutate i pericoli, i segni leggete,

la storia v'insegna, su, non ripetete

l'errore commesso nel nostro passato.

Adesso su Hogwarts sinistro è calato

un grande pericolo, un cupo nemico

l'assedia da fuori, pericolo antico.

Uniti, e compatti resister dobbiamo

se il crollo di Hogwarts veder non vogliamo.

Io qui ve l'ho detto, avvertiti vi ho...

e lo Smistamento or comincerò.

 

Il Cappello tornò immobile; scoppiò un applauso, anche se inframmezzato, per la prima volta a quanto ricordava Kaito, da borbottii e sussurri. Per tutta la Sala Grande gli studenti si scambiavano commenti.

Ron, non così distante da lui, commentò: «Ha un po' esagerato quest'anno, eh?»

Harry al suo fianco rispose: «Altroché!»

Il Cappello Parlante di solito si limitava a descrivere le qualità diverse che ciascuna delle quattro Case di Hogwarts ricercava e il proprio ruolo nel riconoscerle. Nessuno ricordava che avesse mai cercato di dare consigli alla scuola.

Hermione si chiese, un po' preoccupata: «Chissà se ha mai dato avvertimenti prima d'ora.»

Le rispose Nick-Quasi-Senza-Testa, che, con tono saputo, si curvò su di lei attraverso Neville: «Sì, sicuro. Il Cappello si sente tenuto a dare alla scuola i necessari consigli tutte le volte che avverte...»

Ma la professoressa McGranitt, che aspettava di leggere la lista dei ragazzi del primo anno, fulminò gli studenti con lo sguardo. Nick-Quasi-Senza-Testa si posò un dito trasparente sulle labbra e tornò a sedersi sussiegoso mentre il borbottio s'interrompeva. Dopo un ultimo sguardo accigliato che percorse i quattro tavoli delle Case, la professoressa McGranitt abbassò gli occhi sulla lunga pergamena e pronunciò a voce alta e chiara il primo nome.

«Abercrombie, Euan

Il bambino tremolante che Kaito aveva notato avanzò barcollando e si mise in testa il Cappello, che non gli cadde fino alle spalle solo perché aveva le orecchie molto sporgenti. Il Cappello meditò un istante, poi lo strappo vicino al bordo si aprì di nuovo e urlò: «Grifondoro!»

Kaito non ebbe la forza di applaudire, ma gli altri Grifondoro lo fecero anche per lui. Euan Abercrombie si avvicinò malsicuro al tavolo e si sedette, con l'aria di chi avrebbe molto gradito sprofondare nel pavimento e non farsi mai più vedere.

Lentamente, la lunga fila di bambini del primo anno si ridusse. Finalmente, 'Zeller, Rose' fu assegnata a Tassorosso, la professoressa McGranitt portò via Cappello e sgabello e il professor Silente, si alzò per dare il via alla cena.

Kaito spiluccò qualcosa del grande banchetto, ma lo stomaco gli si era chiuso in un nodo di nausea e malessere e la testa rimbombava delle voci dei tanti presenti. Ogni tanto Sheridan gli rifilava un calcio o una gomitata per tenerlo sveglio, almeno fino a che Silente non si alzò nuovamente.

«Bene, ora che stiamo tutti digerendo un altro splendido banchetto, chiedo alcuni istanti della vostra attenzione per i soliti avvisi. Quelli del primo anno devono sapere che la foresta nel territorio della scuola è proibita agli studenti... e ormai dovrebbero saperlo anche alcuni dei nostri studenti più anziani.»

Kaito si lasciò sfuggire un sorrisetto, e fu certo di non essere il solo.

«Il signor Gazza, il custode, mi ha chiesto, per quella che mi riferisce essere la quattrocentosessantaduesima volta, di ricordarvi che la magia non è permessa nei corridoi tra le classi, così come un certo numero di altre cose, che si possono controllare sulla lista completa ora appesa alla porta del suo ufficio. Abbiamo avuto due avvicendamenti nel corpo insegnanti, quest'anno. Siamo molto felici di salutare di nuovo la professoressa Caporal, che terrà le lezioni di Cura delle Creature Magiche; siamo anche lieti di presentare la professoressa Umbridge, nostra nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.»

Kaito si scambiò uno sguardo con Sheridan. Se prima ci avevano scherzato, ora era decisamente più preoccupato. Che fine aveva fatto Hagrid? Di sicuro non avrebbe rinunciato alla sua adorata cattedra così facilmente, e dal tono di Silente non sembrava che si trattasse di una supplenza temporanea.

Silente riprese: «I provini per le squadre di Quidditch delle Case si terranno il...»

S'interruppe, guardando interrogativo la signora seduta accanto a lui, a cui fino a quel momento Kaito aveva prestato poca attenzione: tarchiata, con corti capelli ricci color topo in cui aveva infilato un orrendo cerchietto, rosa come il vaporoso cardigan che indossava sopra la veste, una faccia pallida da rospo e un paio di gonfi occhi sporgenti. Andando per esclusione, doveva trattarsi dell’appena nominata professoressa Umbridge. Siccome non era molto più alta in piedi che da seduta, per un attimo nessuno capì perché Silente avesse smesso di parlare, ma poi lei si schiarì la voce, «Hem hem», e fu chiaro che si era alzata e intendeva tenere un discorso.

Silente parve stupito solo per un attimo, poi si sedette prontamente e guardò con molta attenzione la professoressa Umbridge, come se non desiderasse altro che ascoltarla. Altri membri del corpo insegnanti non furono così abili nel nascondere la loro sorpresa. Le sopracciglia della professoressa Sprite scomparvero sotto i capelli svolazzanti e la bocca della professoressa McGranitt era sottile come Harry non l'aveva mai vista. Nessun nuovo insegnante aveva mai interrotto Silente prima d'allora. Molti studenti ammiccarono; era chiaro che quella donna non sapeva come andavano le cose a Hogwarts.

La professoressa Umbridge disse in tono lezioso: «Grazie, Preside, per le gentili parole di benvenuto.»

La sua voce era acutissima, tutta di gola, da bambinetta. Lei fece un altro colpetto di tosse per schiarirsi la voce («Hem hem») e continuò.

«Be', devo dire che è delizioso essere di nuovo a Hogwarts! E vedere queste faccette felici che mi guardano!»

Sorrise, rivelando denti molto aguzzi. Kaito guardò Sheridan. Sicuramente lei non aveva un'aria felice, come probabilmente nessun altro all’interno della Sala Grande. Al contrario, erano tutti sconcertati dal fatto che si rivolgesse loro come se avessero cinque anni.

«Non vedo l'ora di conoscervi tutti e sono certa che saremo ottimi amici!»

Gli studenti si scambiarono occhiate e alcuni nascosero a stento delle smorfie.

La professoressa Umbridge si schiarì la voce di nuovo, ma quando riprese, un po' del timbro di gola era sparito. Suonava molto più pratica e le sue parole avevano il tono piatto di un discorso imparato a memoria.

«Il Ministero della Magia ha sempre considerato l'istruzione dei giovani maghi e streghe di vitale importanza. I rari doni con i quali siete nati possono non dare frutto se non vengono alimentati e perfezionati da un'educazione attenta. Le antiche abilità della comunità dei maghi devono essere trasmesse di generazione in generazione o le perderemo per sempre. Il tesoro della sapienza magica accumulato dai nostri antenati dev'essere sorvegliato, arricchito e rifinito da coloro che sono stati chiamati alla nobile professione dell'insegnamento.»

La professoressa Umbridge qui fece una pausa e rivolse un breve inchino ai colleghi, nessuno dei quali rispose. Le scure sopracciglia della professoressa McGranitt si erano contratte tanto da darle il cipiglio di un falco, e la si vide chiaramente scambiare uno sguardo eloquente con la professoressa Sprite, mentre la Umbridge faceva un altro piccolo 'hem, hem' e continuava il suo discorso.

«Ogni Preside mago o strega di Hogwarts ha portato il proprio contributo all'oneroso compito di governare questa scuola storica, ed è così che dev'essere, perché senza progresso vi sarebbero torpore e decadenza. E tuttavia, il progresso per il progresso dev'essere scoraggiato, perché le nostre consolidate tradizioni spesso non richiedono correzioni. Un equilibrio, dunque, fra il vecchio e il nuovo, fra la stabilità e il cambiamento, fra la tradizione e l'innovazione...»

Kaito sentì l'attenzione calare, come se il suo cervello ogni tanto fosse fuori sintonia, e non sapeva se attribuire la cosa all’influenza, al respiro fattosi improvvisamente affannoso o al noiosissimo e contorto discorso della Umbridge. La calma che riempiva sempre la Sala quando parlava Silente si stava infrangendo, e gli studenti avvicinavano le teste per bisbigliare e ridacchiare, in un chiacchiericcio che rimbambì ancora di più il prestigiatore. La professoressa Umbridge non parve notare l'irrequietezza della platea. Probabilmente avrebbe potuto scoppiarle sotto il naso una rissa in piena regola e lei avrebbe tirato dritto col suo discorso. Gli insegnanti, tuttavia, ascoltavano ancora con molta attenzione.

«...perché alcuni cambiamenti saranno per il meglio, mentre altri, a tempo debito, verranno riconosciuti come errori di giudizio. Nel frattempo, alcune vecchie abitudini verranno mantenute, e a ragione, mentre altre, obsolete e consunte, devono essere abbandonate. Andiamo avanti, dunque, in una nuova era di apertura, concretezza e responsabilità, decisi a conservare ciò che deve essere conservato, perfezionare ciò che ha bisogno di essere perfezionato e tagliare là dove troviamo abitudini che devono essere abolite».

Sedette. Silente applaudì. Gli insegnanti seguirono il suo esempio, anche se alcuni unirono le mani solo una o due volte prima di smettere. Alcuni studenti fecero lo stesso, ma quasi tutti erano stati colti di sorpresa dalla fine del discorso, avendone ascoltato solo qualche parola e, prima che potessero mettersi ad applaudire sul serio, Silente si alzò di nuovo.

«Grazie infinite, professoressa Umbridge, è stato profondamente illuminante.»

Ma se altro fu detto, Kaito non lo seppe mai. Quasi contemporaneamente un tonfo e le grida spaventate prima di Sheridan, e poi di tutti gli altri, attirarono l’attenzione di tutti i presenti verso il tavolo di Grifondoro.

Con un volto pallidissimo, sbattendo violentemente la testa a terra, Kaito era caduto all’indietro dalla panca ed era svenuto.

 

 

E con questo finale col botto (del cranio di Kaito), per questo capitolo ci salutiamo. Nota necessaria: la mascherina non è un riferimento al periodo attuale, era prevista da prima… purtroppo diventata nel frattempo molto più attuale.
approfitto come sempre per ringraziare fenris e Serena Leroy dei commenti, con un ringraziamento speciale (che non vedrà per un bel pezzo, ma pazienza) a Mari Lace, che sta cominciando a leggere questa storia dall’inizio, ora è al capitolo 6 ma prima o poi arriverà qua e leggerà questo pensiero.
Un ringraziamento extra alla mia amica Elisa, che mi ha prestato il pc al mare, per permettermi di scrivere un pezzo (nulla che abbiate letto in questo capitolo, ma fidatevi, lavori in corso per voi per i prossimi capitoli).
Nel prossimo capitolo ci sarà da divertirsi, lo scontro Kaito/Umbridge è solo rimandato di un capitolo… ma non mancherà!
Auguro a tutti un buon ferragosto, al prossimo capitolo!

Hinata 92

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Capitolo 44
*** Scontro di opinioni ***


Scontro di opinioni

 

«Kuroba, tu vieni poco da me, ma ogni volta che ti vedo sei fonte di parecchi grattacapi.»

«La ringrazio, Madama Ghips

L’infermiera della scuola aveva in mano gli antipiretici di Kaito, ma li teneva con la punta delle dita, e li guardava con aria schifata.

«Ma perché non ti sei fatto una pozione? Al quarto anno dovresti saperle fare!»

Kaito, imbacuccato sotto le coperte, sospirò: «Non avevo gli ingrediendi né un gamino ber il baiolo.»

La donna posò le medicine con una smorfia preoccupata: «Il problema è che ora sono io a non fidarmi di darti una pozione… non conosco bene la medicina babbana, ho paura delle interazioni fra ingredienti. Non vorrei farti più male che bene mischiando pozioni e componenti artificiali. Ho paura che dovrai rimanere qui per un po’, finché quest’influenza non sarà passata.»

Kaito non seppe se essere scocciato o rassicurato dalle parole di Madama Chips. Certo, rimanere bloccato in infermeria non lo entusiasmava neanche un pochetto, ma allo stesso tempo era contento che la donna si preoccupasse professionalmente delle interazioni fra sostanze. Non era certo che il professor Piton avrebbe fatto altrettanto.

«Informerò gli insegnanti della tua situazione, tu cerca di riposarti e di fare del tuo meglio per riprenderti. Intanto…»

«Hem hem!»

Un colpo di tosse stridulo dall’ingresso dell’infermeria fece sobbalzare Madama Chips.

«Scusami, vado a vedere che succede.»

Kaito annuì e l’infermiera chiuse di scatto le tende attorno al suo letto prima di allontanarsi. La curiosità del ragazzo però ebbe il sopravvento sulla sua febbre quando sentì due voci femminili discutere animatamente e avvicinarsi sempre di più.

«Le ho detto che al momento non può ricevere visite, è altamente contagioso!»

«Mi ha detto che si tratta di influenza, no? Come mai non è stato ancora curato?»

Due ombre, una alta, che Kaito riconobbe immediatamente come quella dell’infermiera, e una piccola si avvicinarono al suo baldacchino.

«Perché si è automedicato in maniera babbana, e non mi fido a mischiare medicine magiche e non magiche! Non ci sono ancora studi sulle interazioni fra pozioni e farmaci… o almeno non approvate dal Ministero. Non credo che mi possa autorizzare a utilizzare teorie e studi non approvati ufficialmente, o sbaglio?»

La silhouette piccola si fermò di scatto, e quando rispose il tono era notevolmente acuto e infastidito: «Certo che no! Il Ministero della Magia è sempre nel giusto, e chiunque contravvenga ai suoi regolamenti è in errore!»

Kaito sobbalzò. Finalmente aveva identificato la vocetta stridula.

Madama Chips, intanto, rispose con aria trionfante: «Il Dipartimento per la Salute prescrive che in caso di dubbi il medico non debba intervenire se ci sono probabilità che un’azione incauta possa portare danno al paziente. Certo, si potrebbe mandare un gufo al San Mungo, ma si tratta di una semplice influenza, non mi pare il caso di disturbare i luminari di medicina magica per un caso così semplice. Entro al massimo una settimana il ragazzo si sarà ripreso da sé.»

«Ribadisco in ogni caso la mia necessità di incontrarlo. Alcuni punti della sua scheda hanno bisogno di essere chiariti!»

Madama Chips rispose infastidita: «Kuroba è alunno di questa scuola da quattro anni, la maggior parte del tempo in cui ho avuto a che fare con lui si è dimostrato un alunno premuroso nei confronti dei compagni malati o feriti, non vedo nulla di anomalo nella sua situazione. E finché si trova in questa stanza è un mio paziente, e ho totale responsabilità su di lui e sulla sua salute.»

La vocina si fece di colpo meno acuta e più melliflua: «Niente di anomalo, eh? Neanche il fatto che abbia diciannove anni e sia al quarto anno?»

Kaito, a quelle parole, s’impose la faccia da poker anche con la febbre. Non gli piaceva per nulla la piega che stava prendendo quella discussione.

«Per il Preside risulta regolarmente iscritto, quindi per quanto mi riguarda non ho nulla da controbattere. Per eventuali problemi riguardanti la sua iscrizione la prego di rivolgersi a lui e non a me.»

«Certo, certo, non si preoccupi che lo farò. Ora, se non le dispiace, vorrei rivolgere la parola al mio alunno. Non vorrei dover chiedere al Ministero un’ispezione sanitaria straordinaria nella sua infermeria…»

A quelle parole Madama Chips si ritenne particolarmente offesa e non fece nulla per nasconderlo: «Può mandarla in qualsiasi momento! La mia infermeria è sempre stata ligia ai regolamenti ministeriali!»

Kaito percepì perfettamente dal tono e dai movimenti dell’infermiera che la donna si stava trattenendo a fatica dal picchiare la sua interlocutrice, per poi sicuramente curarla al meglio.

Con un grosso sospiro, si arrese: «Visto che non c’è modo di smuoverla dai suoi intenti, le concedo cinque minuti, non di più, e a distanza. Si ricordi che il ragazzo è febbricitante, quindi non lo affatichi troppo con discorsi complicati e si premuri di assumere preventivamente una pozione Tiramisù.»

«Non si preoccupi per me e ci lasci soli.»

Madama Chips si avvicinò alle tende: «Cinque minuti, non di più.»

Non appena l’infermiera si fu allontanata, la Umbridge spalancò di colpo le tende, per ritrovarsi davanti un ragazzo dagli occhi lucidi e palliduccio, ma dallo sguardo vivido e attento e un’espressione imperscrutabile.

Con una voce estremamente melliflua, come se sicuramente il ragazzo non avesse ascoltato nulla della discussione appena avvenuta, si presentò: «Buongiorno… Kuroba, giusto?»

«Dì, dono io… mi sgudi, l’aldra dera non ero in forma e non ho gabito il duo nome…»

La donna gli rivolse un sorrisino tanto cordiale quanto finto: «Mi chiamo Dolores Umbridge, e sono la nuova insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.»

«Biagere di gonosgerla

«Piacere di conoscerla, Professoressa Umbridge

Kaito dovette fare appello a tutta la sua faccia da poker per ripetere senza alzare gli occhi al cielo: «Biagere di gonosgerla, Brofeddoredda Umbrige

«Oh, puoi stare tranquillo, vedo che non stai bene e per questa volta ti perdono, Kuroba. Però cerca di ricordartelo per le prossime volte.»

«Non mangherò

Indugiò per un secondo.

«Brofeddoredda Umbrige

Lei gli rivolse un nuovo sorriso, di quelli che si sarebbero rivolti normalmente ai bambini piccoli, e Kaito si chiese se lo stava facendo perché le faceva pena, in quello stato, o se fosse proprio il suo atteggiamento generale: «Benissimo! Sono proprio contenta che cominciamo nel migliore dei modi possibili! Mi hanno detto che purtroppo non puoi essere curato in modo tradizionale, è corretto?»

«Dì, a gasa non ho boddibilidà di brebararmi bozioni, burtrobbo, e mi dono gurato gon guello ghe abebo. Gergherò di brebararmi gualghe bozione di riderba gua a Hogwards ber le broddime bolte.»

«Sì, mi sembra un ottimo proposito. Quindi deduco che vieni da una famiglia babbana, ho ragione?»

«Dì, bibo gon mia madre, ghe è babbana.»

«Capisco… ah, ancora una cosa, e poi ti lascio riposare in pace.»

«Mi diga, Brofeddoredda Umbrige

Il volto dell’insegnante cambiò leggermente. Pur mantenendo il sorriso infantile, lo sguardo si fece improvvisamente serio e tagliente.

«Non ho potuto fare a meno di notare la… particolarità, passami il termine, della tua situazione. Sapresti spiegarmi come mai hai iniziato a frequentare Hogwarts così tardi?»

Con la sua collaudatissima faccia da poker, Kaito rispose: «Il Brofeddor Dilende, all’epoga, mi dpiegò ghe g’erano ddadi broblemi gon il gufo ghe dobeba bordarmi la leddera.»

La Umbridge sembrò particolarmente interessata: «Problemi, eh? Che tipo di problemi

«Non me lo didde, e oneddamente ero godì gondendo di eddere gui ghe non gliel’ho mai righiesdo. Oggi Hogwards è la mia segonda gasa.»

La Umbridge, con sguardo più rilassato, gli rispose: «Certo, capisco. Bè, se ne avrò l’occasione magari lo chiederò al Professor Silente. Temo che il tempo a nostra disposizione sia scaduto, e che debba lasciarti riposare. Ti prego di riprenderti al meglio, ci aspetta un anno impegnativo.»

«Barò del mio meglio, Brofeddoredda Umbrige.»

La donna fece per allontanarsi, poi tornò sui suoi passi: «Ah, dimenticavo, un’ultima cosa… ricordati che, come tua insegnante, io sono dalla tua parte, sono tua amica. Se dovessi sentire… qualcosa di strano, qualcosa che possa turbare la tua tranquillità di studente, ti prego di venirmi a cercare nel mio ufficio. Io e il Ministero siamo sempre a disposizione per qualsiasi necessità di voi giovani promesse della Magia.»

«Non mangherò, Brofeddoredda Umbrige.»

«Allora arrivederci, Kuroba

«Le auguro buona giornada, Brofeddoredda Umbrige.»

Non appena la donna uscì dall’infermeria, Kaito fece un profondo sospiro e si lasciò cadere ancora di più nelle lenzuola. Un anno intero con quella donna…

Rabbrividì, e non seppe se per l’idea raccapricciante o per la febbre.

 

«Kuroba

«Mi diga, Madama Ghipd.»

L’infermiera aprì un po’ le tendine intorno al suo letto e sorrise al ragazzo.

«Visto che la febbre è passata, ho pensato che un po’ di compagnia avrebbe potuto aiutarti nella tua guarigione. Hai il permesso di stare con i tuoi amici per un quarto d’ora, venti minuti al massimo.»

Il volto di Kaito s’illuminò: «Grazie, Madama Ghipd!»

Quando però i Malandrini si avvicinarono al suo letto, il ragazzo notò con sorpresa che erano solo in due.

«Dob’è George?»

Fred arrossì leggermente: «Ehm… diciamo che era occupato…»

Sheridan, con un sospiro di disapprovazione, specificò: «Occupato a calmare la crisi isterica di Hermione quando lo ha beccato a usare come cavie per i Tiri Vispi Weasley dei primini…»

«GHE GOSA???»

Soseiji cercò subito di calmare gli animi: «Ehi, ehi! Abbiamo fatto un sacco di test su noi stessi e abbiamo controllato persino sui libri che ci avete regalato, ma prima o poi dobbiamo controllare se funzionano correttamente per tutti!»

Momoka sospirò ancora: «Il Prefetto Hermione attende con ansia il tuo ritorno, nella speranza che tu possa tenere a freno questi due più di quanto non riesca a fare io da sola.»

«Brefetto?»

Fred ridacchiò: «Sì, lei e Ron… quanto mi mancava un Prefetto in famiglia dopo Percy, guarda… non ne potevamo proprio fare a meno…»

Sheridan gli diede una gomitata: «Come se sotto sotto voi non ci aveste sperato! Potere quasi illimitato sugli studenti per potergli combinare qualsiasi tipo di scherzi!»

Fred ridacchiò assaporando per un attimo l’idea e Kaito sorrise, per poi tornare serio.

«Gom’è la diduazione gon la Umbridge?»

I due Grifondoro si scambiarono uno sguardo preoccupato.

«Mi basta e mi abanza come ridpodda. Dabbiate ghe è venuda a drobarmi gua in inbermeria.»

Fred si mostrò subito preoccupato: «Davvero?»

Il prestigiatore raccontò in breve il loro incontro, aggiungendo ridacchiando: «Gredo ghe dia la brima bolta che bedo Madama Ghipd deriamende dendada di berire invece ghe gurare.»

Sheridan invece non rise: «Non mi stupisce. La Umbridge sta scatenando una caccia all’uomo.»

«A ghi?»

«A chiunque sostenga che Tu-Sai-Chi sia tornato. Il Ministero l’ha mandata qui per fare censura. Come la Skeeter, ma legalmente autorizzata. Non possiamo neanche metterla in un barattolo, questa volta.»

Fred annuì: «E puoi immaginare chi sia la sua vittima preferita.»

Kaito sospirò: «Harry.»

 

Nel giro di un paio di giorni, Kaito poté tornare alle sue normali lezioni, e poté rendersi conto di persona della situazione. La sfuriata di Harry alla prima lezione della Umbridge aveva fatto il giro del castello.

Viste le premesse e memori delle lezioni del primo anno con Allock, tutti i Grifondoro attesero con estrema ansia la prima lezione di Difesa Contro le Arti Oscure in presenza di Kaito.

Ginny, prima di entrare, gli ricordò: «Kaito, per favore, lo so che vorrai prenderla a pugni dopo i primi due minuti, ma ti prego, ricordati che questa ti può sbattere ad Azkaban!»

Sheridan lo punzecchiò: «E non credo che tu voglia finire in prigione, vero?»

Thomas, inaspettatamente, invece che rivolgersi al prestigiatore, si voltò verso Colin: «Vero? Vero che anche tu non vuoi che finisca in prigione, giusto?»

Kaito rimase un attimo perplesso: «E lui che c’entra?»

Stephen rispose: «C’entra, lui è l’unico che spera in una tua sfuriata!»

Colin arrossì: «Ma no, non è vero…»

Nicole lo incalzò: «Allora dimostracelo! Lasciaci la tua macchina fotografica per questa lezione. Alla fine dell’ora te la restituiamo.»

Stephen aggiunse: «Guarda che rischi anche tu! Pensi che la Umbridge sarebbe contenta di essere fotografata senza autorizzazione?»

Colin fece una smorfia, ma alla fine consegnò la sua macchina fotografica a Nicole.

«Bravo, la metto qua nella borsa e te la restituisco a fine lezione, promesso!»

I ragazzi del quarto anno di Grifondoro e Tassorosso entrarono in rigoroso silenzio e si sedettero ai loro posti. Sheridan si mise al fianco di Kaito, pronta a contenerlo in qualsiasi momento.

«Buongiorno.»

Gli alunni risposero in coro e in tono monocorde: «Buongiorno, Professoressa Umbridge

Lo sguardo della donna si soffermò per un momento su Kaito: «Oh, Kuroba! Finalmente sei uscito dall’infermeria!»

«Sì, Professoressa Umbridge

«Ottimo, vedi di recuperare le lezioni che abbiamo fatto in tua assenza.»

«Non mancherò, Professoressa Umbridge

Tutti i Grifondoro assistettero a questo scambio di battute quasi non respirando, ma vedendo che Kaito sembrava perfettamente tranquillo e a suo agio, iniziarono leggermente a rilassarsi. L’unica che non lo fece fu Sheridan, che conosceva ormai abbastanza bene la sua faccia da poker, e osservava più le sue mani che il suo volto, alla ricerca di qualche segno di nervosismo.

«Giusto per aiutare il vostro compagno, farò un ripasso veloce del programma di quest’anno.»

Ginny sbiancò mentre la Umbridge, con la sua bacchetta insolitamente corta, diede un colpo alla lavagna. Subito apparvero le parole:

 

Difesa contro le Arti Oscure

Ritorno ai principi base

 

«Quest'anno seguiremo un corso di magia difensiva strutturato con cura, fondato sulla teoria, approvato dal Ministero.»

Colpì di nuovo la lavagna; il primo messaggio sparì e fu sostituito dagli 'Obiettivi del Corso'.

1. Comprendere i principi base della magia difensiva.

2. Imparare a riconoscere le situazioni nelle quali la magia difensiva può essere usata legalmente.

3. Porre la magia difensiva in un contesto per l'uso pratico.

Kaito lesse con attenzione limitandosi ad annuire, con aria apparentemente interessata. Sheridan, che pensava ormai di conoscerlo abbastanza bene, dovette rendersi conto di non avere davvero idea di cosa gli passasse per la testa.

«Abbiamo già affrontato il capitolo uno del volume… Kuroba, sei in possesso di Teoria della Magia Difensiva di Wilbert Slinkhard

Il ragazzo prontamente tirò fuori il volume.

«Sì, Professoressa Umbridge

«Perfetto, allora possiamo iniziare con il capitolo due. Non ci sarà bisogno di parlare.»

I ragazzi iniziarono a leggere il capitolo, ma molti, spesso, interrompevano la lettura e davano un’occhiata di sfuggita a Kaito. Finora tutti avevano evitato l’argomento, ma il corso della Umbridge presentava un evidente problema che non erano certi che il prestigiatore avesse ancora afferrato a pieno. Nessuno aveva avuto il coraggio di chiedergli se effettivamente avesse letto il primo capitolo del libro per capire l’andazzo del corso.

Kaito rimase tranquillo per un quarto d’ora, leggendo diligentemente il capitolo. Alla fine di questo, però, alzò la mano. Sheridan gli diede una gomitata, ma il ragazzo la ignorò deliberatamente.

«Sì, Kuroba? C’è qualcosa che non hai capito?»

«In effetti sì, Professoressa Umbridge

Per quanto possibile, nell’aula calò ancora di più il silenzio. Kaito continuò come se niente fosse.

«A pagina 23 viene illustrato un incantesimo scudo di base che pare interessante, ma la spiegazione non è chiarissima, in particolare sul movimento corretto da fare per passare dalla posizione dell’illustrazione 2 alla 3. Purtroppo questa specifica illustrazione non è animata.»

La Umbridge sembrò essere stata presa in contropiede, e si affannò a prendere la propria copia per controllare. A quel punto Kaito si alzò in piedi e, con un gesto calmo ma plateale, accuratamente studiato, posò la sua bacchetta sul banco. Ai suoi compagni di classe, a quel punto, fu chiaro che aveva un piano in testa, ma non sapevano più come fermarlo. Colin dovette trattenersi con tutto se stesso per non saltare addosso a Nicole per riavere la sua macchina fotografica.

«Le mostro il mio dubbio con la piuma, invece che con la bacchetta, per non rischiare incidenti. Il movimento da compiere è questo…»

E ne fece uno armato della piuma con cui stava scrivendo, in un singolo punto abbastanza diverso da quanto illustrato sul libro.

«… o questo?»

Ed eseguì il movimento corretto.

La Umbridge lo guardò sorpresa: «Kuroba, non ti ho autorizzato ad alzarti!»

Il ragazzo immediatamente si risedette: «Mi perdoni, Professoressa Umbridge, ero in difficoltà ad esprimere il mio dubbio con le sole parole. Ci posso provare, però: dopo il movimento del braccio, il polso richiede uno scatto rigido verso sinistra o un movimento morbido che va da destra a sinistra?»

La Umbridge rimase spiazzata dalla domanda a bruciapelo. Rendendosi conto di aver difficoltà a rispondere a un punto così specifico senza effettuare il movimento, cercò di riprodurlo senza farsi notare sotto la cattedra prima di rispondere. La sua indecisione nella risposta, però, ebbe esattamente l’effetto opposto, attirando l’attenzione di tutti su di lei. Ginny, Thomas e Stephen si voltarono verso Kaito, stupiti ed ammirati. Nicole non lo fece solo perché cercava a tutti i costi di difendere la sua borsa da Colin.

«La seconda che hai detto, Kuroba. Un movimento morbido che va da destra a sinistra.»

Kaito annuì soddisfatto: «La ringrazio, Professoressa Umbridge. La teoria è fondamentale per essere in grado di eseguire gli incantesimi in circostanze di massima sicurezza, ma è necessario comprenderla a fondo per essere in grado di applicarla. Questa è la mia più grande preoccupazione, potrò farle altre domande se il testo dovesse apparirmi non chiaro…»

In un secondo di gioco di sguardi, la Umbridge fissò Kaito negli occhi, intuendo, forse, il suo gioco, ma risultando da ogni punto di vista inattaccabile.

Era lo studente perfetto, e per essere la professoressa perfetta avrebbe dovuto stare al suo gioco.

«…Professoressa Umbridge

La donna si lasciò sfuggire un sospiro che sapeva di sconfitta: «Certamente, Kuroba

Se avessero potuto, gli studenti si sarebbero alzati ad applaudire il compagno. Tutti, tranne Sheridan, che alzò a sua volta la mano.

«Sì, signorina Pumpkin

La ragazza rispose con lo stesso atteggiamento angelico di Kaito, cosa che a chi la conosceva bene diede i brividi: «Potrei richiedere al mio compagno di ripetere il gesto? Vede…»

E alzò leggermente il libro, dove si vedeva che sopra l’illustrazione aveva iniziato ad abbozzare un’altra figura.

«… volevo prendere appunti precisi sulla questione. Conoscendomi fra qualche settimana me lo sarò scordata.»

Dietro al volume, Sheridan scoccò un occhiolino da vera Malandrina al compagno.

La fine dell’ora, per una volta, salvò l’insegnante e non l’alunno da una risposta scomoda.

«Glielo chieda privatamente, signorina Pumpkin, e senza la bacchetta.»

«Ovviamente, Professoressa Umbridge. Ci teniamo molto alla nostra sicurezza e a quella degli altri. La ringrazio, Professoressa Umbridge

Tutti gli alunni si alzarono dicendo in coro: «Buona giornata, Professoressa Umbridge

Usciti fuori dall’aula, tutti i ragazzi, Grifondoro e Tassorosso, si premurarono di allontanarsi insieme fino a un altro corridoio, per poi fare un grosso applauso a Kaito, che da bravo uomo di spettacolo s’inchinò al suo pubblico. Nessuno a quel punto poté negare a Colin la foto.

«Fantastico!»

«L’hai presa in giro per tutta la lezione ma senza poter essere messo in punizione!»

Thomas a quel punto gli chiese: «Ma quindi tu sapevi che le lezioni della Umbridge sono solo teoriche? Noi non te l’avevamo detto!»

Kaito tirò fuori il volume, indicando il titolo: «Ma so ancora leggere! “Teoria della Magia Difensiva”? Teoria??? Qua, ad Hogwarts, dove l’unica materia teorica che abbiamo è Storia della Magia? Non avevo bisogno della prima lezione, bastava leggere l’introduzione al volume per capire dove andava a parare questa!»

Sheridan ridacchiò: «E quindi l’hai ripagata con la stessa moneta?»

«Vuole le lezioni teoriche? Le avrà, con tutti i pro e i contro del caso! Magari non proprio tutte le lezioni, ma diciamo che avrò spesso dei dubbi sulla validità del libro… del libro, eh, sia chiaro, non dell’insegnante. L’insegnante è perfetta!»

Ginny scoppiò a ridere: «Come abbiamo fatto un’intera settimana senza di te?»

Tutti, anche Helen, Matthew e Johan di Tassorosso, gli fecero grossi complimenti e pacche sulle spalle, tanto da attirare l’attenzione di un Prefetto.

«Allora, che succede?»

Tutti si gelarono sul posto, ma Kaito le sorrise: «Scusaci, Hermione, ora torniamo a lezione.»

Sheridan aggiunse: «Ci stavamo solo complimentando con Kaito su come fosse riuscito a prendere in giro per un’ora intera la Umbridge senza rischiare una punizione.»

Hermione lo guardò con aria severissima: «Ah, davvero?»

«Limitandosi a fare domande da studente perfetto, più o meno come faresti tu.»

Tutti fissarono Sheridan esterrefatti. Ma era pazza a dirlo direttamente a un Prefetto?

Con grande sorpresa di tutti, però, Hermione gli fece un grosso sorriso: «Complimenti davvero, Kaito! Se c’era qualcuno che potesse controbattere la Umbridge, quello eri solo tu!»

«Grazie!»

«Be’, ora vi conviene però andare a lezione, o non posso garantire che qualche insegnante non vi tolga ugualmente dei punti per il ritardo.»

Sheridan annuì: «Certo, grazie, Hermione, a dopo!»

Non appena il Prefetto si fu allontanato, Sheridan, sentendosi osservata, rispose: «Embè? Hermione sarà pur un Prefetto, ma è pur sempre una persona, una persona sensibile e geniale, e fidatevi che la conosco abbastanza bene da poter dire che se potesse non si farebbe problemi a rinchiudere la Umbridge in un vasetto. E senza buchi per l’aria, questa volta.»

Kaito sospirò: «Continuo a dirlo, tu hai una brutta influenza su quella ragazza…»

Che fosse vero o meno, la discussione con i ragazzi del quarto anno aveva indubbiamente acceso una lampadina nella testa della Grifondoro. Perché Sheridan aveva ragione, Hermione era una ragazza sensibile e geniale, e non si sarebbe arresa allo strapotere della Umbridge senza combattere.

 

Magari con un esercito.

 

 

Rieccoci qua! Quest’anno è veramente uno dei più impegnativi che abbia avuto, oltre ai problemi comuni a tutti si sta aggiungendo un importante test per avere una cattedra a tempo indeterminato e gravi problemi di salute in famiglia, per cui ammetto che la scrittura spesso deve prendersi una pausa più lunga di quello che vorrei. Ma piano piano, ormai lo sapete, vado avanti.

Ne approfitto per ringraziare fenris, Dark Ice Lord (che mi ha inseguito da AO3, thank you very much!), siriusxme che è tornato dopo tanto tempo e Mari Lace.

Prossimo capitolo? Si parla di Esercito, quindi… ma occhio, ci saranno colpi di scena!

Alla prossima!

Hinata 92

 

 

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