E poi , a volte , la sera

di Male_na
(/viewuser.php?uid=672198)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La verità che puoi sopportare ***
Capitolo 2: *** "Ricordati di perdere il treno" ***
Capitolo 3: *** Profumo ***
Capitolo 4: *** E se poi questa sera fossi felice ***



Capitolo 1
*** La verità che puoi sopportare ***


“Quanta verità può sopportare,
 quanta verità può osare un uomo?
 Questa è diventata la mia vera unità di misura,
 sempre più”   
 F. Nietzsche

Prendete un uomo e poi una donna.
Fate in modo che siano giovani, chiusi e distanti.
Fate in modo che in qualche maniera loro si siano desiderati a lungo.
Poi mettete le loro parole e i pensieri per iscritto e fate leggere ciò che il fato non ha voluto compiere.

Lei era di una bellezza strana, non di quelle che ti colpisce per strada magari per il corpo perfetto e provocante o per il volto d’angelo ma neanche per quella bellezza un po’ brutta e maledetta. Aveva quei capelli corvini scompigliati come se le passasse perennemente il vento dentro e poi occhi come pozzi, che se lanciavi una pietra o uno sguardo mai avresti trovato il loro fondo, ed erano piccoli e nascosti dalle lenti ma li sentivi dentro come voragini. Poi la bocca, normale, ma inspiegabilmente impossibile da dimenticare. Almeno per lui e poi il suo corpo imperfetto ma con un pizzico di qualcosa, l’aveva guardata bene e ora pensava…

Lui era quel tipo di ragazzo di cui uno si convince che possa essere cattivo e basta, dalle spalle larghe e dalle braccia forti, con la barba lasciata incolta per far vedere che in fondo non se ne importa proprio di nulla, con i modi di fare di chi potrebbe possedere il mondo, le mani larghe e avvolgenti e la bocca piena e di un rosa intenso come se fosse maturata all’ombra dei baffi. Lo sguardo però era limpido, come di chi è buono dentro, con quelle pagliuzze verdi che illuminavano il volto e facevano capire che dietro quei muscoli e quella stazza e c’era qualcosa di piccolo e prezioso … fragile. Almeno lei vedeva tutto questo.

Non si cercavano le loro anime, nonostante gli occhi si perdessero a volte nei loro meandri, erano i corpi che volevano mischiarsi. Lui la afferrò per la vita senza pensare, cercando spasmodicamente la bocca lasciando parlare solo un respiro affannoso. Era fame di lei che non si saziava con i baci o le carezze che le possenti mani facevano sulla curva morbida dei fianchi suoi, così sentì quelle braccia stringerla e poi privarla di tutto e intanto una voce cavernosa e sensuale diceva che era da una vita che immaginava tutto questo. Allora lei lo assecondò e si muovevano come se avessero studiato le mosse dell’altro per anni e anni, si mischiarono respiri e profumi nel buio della stanza che era diventato un mondo; e lui fece a lei tutto ciò che il corpo nudo di lei gli ispirava, tra i giochi delle sue curve vellutate e lo scintillio dei suoi occhi senza fondo e lei si abbandonò a lui e divenne creta e si modellò attorno ai suoi gesti decisi e forti; e venne il momento in cui lei riprese il possesso di sé e trascinò le sue mani voluttuose in carezze ardenti su di lui e fece brillare i suoi occhi smeraldi e vibrare tutto il corpo in un’armonia unisona.
Le voci che ormai si cercavano unite in quel legame fatto di braccia e pelle e sudore, lacrime e carezze. Fu tutto così semplicemente naturale, con una fermezza di gesti che da tempo entrambi desideravano dall’altro, e la sua forza nel comandare sul corpo di lei, e la padronanza di lei nel far sciogliere in acqua lui.
Ora il silenzio, la stanza buia.
Lei sgrana gli occhi e ritorna in uno stato normale.
Lui schiude lentamente gli occhi assaporando l’ultimo gusto di tutto quello.
Guardano quelle parole che sono finalmente state scritte, chiudono le loro fantasie, si salutano.
Lei guarda la finestra e risente la fantasia, quell’assurda fantasia su di lui riaffiorare ma chiude gli occhi e si concede solo al buio.
Lui ancora in trance guarda l’orologio che continua a ticchettare un’ora tarda della notte, si concede solo al buio.
Lui e Lei sognano del buio, del tempo che è passato senza quelle parole, delle fantasie che rimarranno tali e del fato che ha deciso di celargli tutto questo per chiedergli infine: quanta verità puoi sopportare?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** "Ricordati di perdere il treno" ***


“Sbrigatevi a vivere,
sbrigatevi ad amare,
perché nessuno sa quanto tempo
sia rimasto nella clessidra.”
( G. Musso)

Prendete una donna che aspetta un treno.
Prendete un uomo seduto su quello stesso treno.
Lei pensa a ciò che deve fare quando tornerà a casa, se effettivamente le conviene prendere il treno che arriverà fra cinque minuti o se andare a fare qualche piccola commissione. Lei pensa che alla fine tutto sia questione di tempo e così continua a riflettere sulla sua indecisione.
Lui pensa che è stato fortunato a prendere il treno che stava quasi per partire, era solo questione di attimi, ora pensa a quando scenderà e guarda la strada che corre. Lui ancora sorride per il tempo, lo stesso che gli ha permesso di salire sul treno e scendere a breve e abbastanza in tempo per non trovare ancora il buio, ma che tante altre volte gli ha fatto perdere altro, in fondo è sempre questione di tempo.

Lei è la tipica donna stanca. Stanca della giornata che è ancora grigia e insipida, stanca di aspettare ancora.
Una calda sciarpa di lana le circonda il collo e le nasconde il volto: fra gli intrecci di fili e qualche capello di un castano tendente al rosso s’intravedono due occhi grandi e grigi con delle sfumature verdi, un naso ricoperto di lentiggini e si può immaginare una sottile bocca rosea. In fondo lei non è solo stanca, è anche una donna che lavora, ma sogna … sogna la creatività che non può lasciare fuoriuscire, lei è una donna dai mille colori ma che si accontenta di poco: un raggio di sole, un buon libro, una mela e un bel maglione over size.
Lui è un uomo silenzioso. Silenzioso perché tante giornate uguali ti tolgono la voglia di parole, silenzioso perché si attendono così le cose, silenzioso perché pensa. Una cravatta è finemente annodata al collo è nera, su una camicia bianca e con una giacca un po’ sbiadita a coprire il tutto, la sciarpa poggiata sul sedile: il viso scoperto è roseo e sa di dopobarba, i capelli a spazzola e le sopraciglia di un biondo chiaro incorniciano due occhi di un nero profondo e spettrale che contrasta con la bocca dal profilo morbido. In fondo lui non è sempre silenzioso, già solo dagli occhi si capisce l’uragano di emozioni che ha dentro che non stanno tutte dentro quella camicia … e vorrebbe prendere una penna per scriverle e farle uscire. Lui è un uomo che si accontenterebbe di poco: una scrivania di legno, dei fogli bianchi, una bella penna a inchiostro e un camino acceso.

Lei cerca un uomo, magari di quelli che all’apparenza sono silenziosi e precisi ma che alla fine sono straordinariamente ricchi delle più disparate emozioni, non le interessa particolarmente l’aspetto ma spera solo nei suoi occhi … vorrebbe un uomo dagli occhi magnetici e profondi che la ami per ciò che è e ciò che sente.
Lui cerca una donna che si senta un po’ diversa e distaccata come lui, ma che in fondo sia veramente speciale … forse ricca di colori direbbe. La vuole piccola e stratta in un grosso maglione di lana, che magari legga alla luce del sole ciò che lui scrive durante la notte o che magari li faccia compagnia con le sue mani delicate di fiore.

Il treno arriva: adesso lei immagina di veder scendere quell’uomo, sono solo pochi istanti poi scrolla la testa e sale dalla porta anteriore; lui trattiene ancora la mano su un posto che vorrebbe occupare per quella donna ma quando vede il treno riempirsi si affretta, alza la borsa e scende dalla porta centrale.
Il tempo o le coincidenze o qualsiasi altra cosa hanno voluto questo: un posto ancora caldo per lei, di un caldo accogliente proprio quello che desiderava … ma vuoto; una folata profumata di fresco fra il vento, proprio quello che lui immaginava … ma priva di corpo.
Forse si sarebbero incontrati.
Se lui non fosse sceso, se lei fosse salita un attimo prima.
Se solo qualcuno si fosse ricordato di prendere un treno.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Profumo ***


scrivere di qualcuno
è l'unico modo di aspettarlo
senza farsi del male.
A Baricco
 
Ne era passato di tempo, il coraggio era arrivato e subito ripartito. La solitudine eterna comapagna, i sorrisi disegnati sulla maschera. Le parole erano rimaste lì, tutte in blu.
 Prendete il tempo, un quaderno e qualcosa di molto lontano. Forse.
 
“ I capelli scurissimi arrivavano appenna alle spalle, lisci, scomposti e spesso raccolti in quello che doveva sembrare uno chignon. Ciuffetti di capelli fuoriuscivano qua e la incorniciando un volto ovale e pallidissimo colorato solamente da un rossore di imbarazzo e timidezza. Perché LEI?
Non era fisicamente attraente, almeno questo pensava. Era un giunco acerbo, fragile e dalle forme ancora non ben visibili e assolutamente non messe in mostra. Non ci vedeva nulla in quel corpo, LEI. Poi non era minimamente in grado, impacciata com’era, di portare avanti un gioco così seducente, con quelle regole che agli occhi suoi sembravano proibite e frutto di un esperienza che non avrebbe mai acquisito coi propri mezzi. Poi il suo carattere, bel quadretto… schivo e caparbio, impenetrabile.
In compenso amava ciò che faceva, lo inondava di passione come nessun’altra; e cantava di un’allegria mai vista anche vergognandosi profondamente della sua voce.
LUI la cercava, in posti impensabili, tra le note di qualche canzone che LEI timidamente canticchiava mentre era convita che stesse dormendo.
 
LUI, capelli corti collegati a una fitta barba a contorno di un volto ovale e olivastro. I suoi occhi di un marrone scuro erano profondi e proiettati a quelle terre e quel passato di cui difficilmente parlava; le labbra carnose e rosee , colpevoli di mille follie, erano spesso tese in un sorriso per certi versi sgangherato. Ma LUI era così, libero e folle, viveva la vita con allegria; era la persona che chiunque avrebbe voluto conoscere e sentir parlare : con il suo accento strano e le storie strampalate; con il suo tono sensuale e la risata contagiosa. LUI sapeva cosa voleva, con i suoi gesti sicuri e la pelle marchiata da mille disegni che LEI osservava bramosa; con il suo corpo allenato che avvicinava piano al suo per farla sentire sicura, al caldo.
Aveva un’odore strano, LEI lo sentiva forte e sapeva che sarebbe sempre stato suo e di nessun altro.
Si erano conosciuti per caso, scelti e forse amati. LEI ne era convinta, LUI non so.”
 
Era passato tempo, sogni, inverni. LEI davanti ancora a quel quaderno pieno, quando aveva deciso di buttare giù qualcosa, forse per ricordo o per aspettare. LUI … era sempre stato strano rileggere quello che aveva scritto su di loro, di cui era fermamente convinta. Pensava sempre di chiudere tutto, di andare avanti. Poi di nuovo quei posti, delle parole, dei presagi o un odore simile a quello e tornava sempre lì.
Avrebbe tenuto il quaderno, in fondo collezioniamo ricordi. Avrebbe vissuto come sentiva, accettando quei momenti di ritorno. LEI voleva crescere, non era più un giunco fragile, un germoglio ingenuo e pallido.
LUI era l’uomo del destino, dei sogni e delle follie.
LEI una donna.
LUI era.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** E se poi questa sera fossi felice ***


E infatti, infatti non dimentico
La mia fotografia e l’amore se non ce l’ho”
S. Bersani_ Chiedimi se sono felice

 

“Questa è una birra speciale”
il flash.

Guardava il mare e le sue luci, l’approdo delle navi e quei bancali bianchi come un porto sicuro dove dirsi piccoli segreti e sogni.
C’erano le luci e la birra aveva un sapore dolce come non mai, il fresco vento che veniva dall’acqua e le chiacchiere degli altri in sottofondo e quel celeste limpido dell’abito che ricordava la tranquillità piatta delle giornate calde.

Altre foto, come se a ogni scatto quei bei colori impressi nello schermo potessero sbiadire la tristezza dei ricordi, come se in punta di piedi sopra le pozzanghere le lacrime passate potessero diventare più dolci e limpide, come se il vento il quel celeste di stoffa svolazzante potesse portare l’anima lontana e ricongiungere tutti quegli attimi intensi e conficcati nella carne come spine.

Vedevo lei intenta a fotografare l’acqua, come se quelle luci traballanti potessero estinguere il fuoco represso degli amanti che si cercano e ballano e poi spariscono.

E mentre quella giornata finiva, perdeva i colori emozionanti che avevano bloccato gli occhi ed il cuore, le parole si accavallavano alle foto. Il mare con il suo muoversi calmo era solo un invito a partire, a lasciare indietro le paure e ad innamorarsi perdutamente e follemente di tutti i nuovi paesaggi che avrebbe potuto vedere.

Innamorarsi come qualche ora prima aveva visto gli occhi verdi di lei riempirsi del rosso di quella palla infuocata e aveva visto allargarsi un sorriso appassionato, il volto colorato dalla sorpresa e quella piccola corsa per fermare quel momento dai colori magici, quel momento sospeso e quella gioia indescrivibile e naturale nel vedere qualcuno stupito così.

Innamorarsi con la nostalgia dei racconti delle sue notti perse con le prime luci dell'alba, dei sussurri e dei brividi, delle occasioni perse e delle lacrime lasciate scendere sulle guance.

Innamorarsi con la stessa speranza di quei messaggi mandati a chi vorresti allungasse le sue mani sul tuo corpo e la tua anima nuda per capire che non fa paura né la notte, né il mare in tempesta, né la vita.

Innamorarsi con la stessa ansia di quell’anima inquieta e di quelle dita che non sapevano se correre sulla tastiera per scrivere parole che sarebbero corse lontano, le stesse parole che racchiudevano un timore costante.

Innamorarsi con la stessa paura di farsi ancora male.

“tre minuti, in perfetto orario, siam state bravissime”
E poi l’insegna gialla del bus. Il silenzio.

Riguardava le foto ed era veramente convinta che in qualche modo quei colori, le sfumature tenui, i sentimenti oltre quelle immagini fisse, avrebbero potuto alleggerire tutto e far sembrare il mondo e i ricordi qualcosa di più leggero, di carta.
E pensava che forse in una sera così si potesse essere anche romantici, con il sapore della birra ancora in bocca, con la luce del telefono che ti illumina il sorriso, con quella solita strada che fa da cornice a un cuore che anche per una sola notte cerca di costruire la sua piccola e dolce storia.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2876256