Il mistero della sirena avvolta dalla nebbia

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ragioni e sentimenti ***
Capitolo 2: *** Una nuova conoscenza ***
Capitolo 3: *** Il canto misterioso ***
Capitolo 4: *** Sull'orlo della pazzia ***
Capitolo 5: *** La rabbia del padre ***
Capitolo 6: *** Una verità sconvolgente ***
Capitolo 7: *** Crudeltà e dolore ***
Capitolo 8: *** Un incontro nella notte ***
Capitolo 9: *** Una verità troppo scomoda ***
Capitolo 10: *** Angeli custodi ***



Capitolo 1
*** Ragioni e sentimenti ***


Se ne stava lì tutto solo nella sua biblioteca in mezzo a quella moltitudine di libri.
La sua vita non aveva un senso da quando aveva acquisito il lume della ragione.
Come poteva continuare a vivere in quel modo?
«Kaito, che cosa stai facendo?»
Il giovane ragazzo si girò verso colui che aveva interrotto i suoi pensieri.
«Scusate la mia insolenza padre, ma non lo vedete cosa sto facendo? Sto leggendo.»
«Non volevo disturbarti, figliolo… È solo che mi preoccupi alquanto.»
«Preoccuparvi? E come?»
«Te ne stai tutto il giorno rinchiuso qua dentro. Si può sapere cos’ha questo luogo di così tanto importante per te?»
Kaito non poteva raccontare le sue vere ragioni sul perché rimaneva sempre chiuso in biblioteca.
Avrebbe mancato di rispetto suo padre in modo definitivo.
«Amo la pace e il silenzio di questo posto» disse semplicemente.
«Io credo che di pace ce ne sia un po’ troppa in questo castello… Almeno potresti passare del tempo con le tue due sorelle. Lo sai quanto ti desiderano.»
Kaito rimase in silenzio per qualche secondo.
«Sì, avete ragione… Da domani starò più tempo con le mie due sorelle.»
«Molto bene… Adesso devo andare. Ho alcune faccende da risolvere. Molto probabilmente non credo di tornare per cena. In tal caso, ho già parlato con le domestiche per la cena di questa sera.»
«Va bene. Allora, buona serata, padre.»
«A presto, figliolo» ribatté il padre baciando suo figlio sulla fronte prima di lasciarlo solo in biblioteca.
Il signore del castello, ovvero il padre di Kaito, era una persona orribile e senza scrupoli.
Era la persona più influente della città.
Tutte le decisioni importanti passavano da lui.
Il suo lavoro di inquisitore lo avevano trasformato nella persona che è.
Kaito e le sue sorelle lo odiavano a morte.
Ma non gliel’avevano mai detto in faccia, per paura di fare una brutta fine come la madre.
Essi credevano che un giorno, sarebbe stato punito come si deve.
Ma questo giorno, continuava sempre a tardare.
 
 
Le sorelle di Kaito passeggiavano tutti i giorni all’aria aperta per evitare di rimanere troppo tempo rinchiuse nel castello.
I loro nomi erano rispettivamente Hanon e Rina.
Hanon aveva gli occhi celesti come i suoi capelli.
Rina, invece, aveva gli occhi verdi. Anche lei come i propri capelli.
Erano due giovani ragazze belle e affascinanti.
Ma il loro amore per la vita era offuscato dalla cattiveria del padre.
«Rina, secondo te quando ce ne potremo andare da questo posto?» domandò Hanon guardando l’orizzonte.
«Ma cosa dici? Sei pazza?»
«Ho solo fatto una domanda.»
«Ma se qualche servo al servizio di nostro padre ci stesse spiando anche in questo momento? Ti ricordi l’ultima volta quando hai detto che ti volevi sposare con un contadino del villaggio?»
«Non potrei mai scordarmelo… Rimasi rinchiusa in camera mia per una settimana. Rischiavo d’impazzire rinchiusa tra quelle quattro mura. Per non parlare del tempo speso a piangere.»
«Bene, quindi evita di fare certe domande.»
«Odio questa vita. Odio quando non ho nemmeno la possibilità di dire quello che penso… Perché ci è toccato un padre simile?»
«Perché il destino a volte, è crudele.»
«A noi ci ha voltato completamente le spalle… Se solo nostra madre fosse viva.»
«Ma non lo è, Hanon. Non possiamo continuamente pensare a lei.»
«Dici che se nostro padre sapesse che penso troppo a lei me lo impedirebbe?»
«E’ capace di tutto, Hanon. Lo sappiamo bene tutti…»
«Sì. È vero.»
«Comunque anche a me piacerebbe scappare da questa vita. Spero che un giorno di questi, io ne abbia la possibilità.»
«E a me non pensi? Io mi rifiuto categoricamente di rimanere da sola con mio padre.»
«Ma ci sarebbe Kaito con te.»
«Ma non sarebbe la stessa cosa senza di te.»
«Su questo ti devo dare ragione» fece Rina scoppiando a ridere.
Mentre stavano parlando amichevolmente tra di loro, il loro unico fratello li raggiunse, facendole sobbalzare dallo spavento.
«Accidenti a te, Kaito! Ci hai fatto spaventare a morte!»
«Cos’è? Avete la coscienza sporca?» domandò divertito il giovane.
«Perché? Tu credi di averla pulita?»
«Io credo invece di essere in pace con me stesso.»
«Nessuno in questo castello è in pace… e chissà se riusciremo a trovarla…»
«Non fare la disfattista, Hanon» replicò Kaito rabbuiandosi.
«Non sono disfattista. Sono realista… A proposito, di solito te ne stai rinchiuso in biblioteca tutto il santo giorno. Mai deciso che ti stava troppo stretta e sei venuto qui con noi?»
«Sotto suggerimento di nostro padre, ho creduto opportuno di passare del tempo con voi. Così almeno non ci sentiremo soli.»
«Questa poi! Credevo che ti avesse mandato a controllarci!» rispose Hanon alzando un po’ troppo la voce.
«Ma cosa urli? Vuoi per caso farci sentire?»
«Non ho più voglia di sentirmi oppressa! Voglio gridare al mondo tutto quello che penso!»
«Brava, fai pure così. Preparati a non uscire dalla tua camera per il resto della tua vita. A meno che non ti rinchiuda in quelle celle umide, s’intende.»
«Anche quando nostra madre cercava di ribellarsi, ha sempre evitato di andarci rinchiusa. Perché dovrebbe toccare anche a noi?»
«Non si sa mai, Hanon.»
«Comunque, cambiando discorso, che cosa fate voi tutto il giorno seduti qui su questa roccia bianca?»
«Parliamo e straparliamo del tempo… Vuoi forse intrattenerci con le tue numerose storie che stai leggendo?»
«Sarebbero troppo noiose per degli spiriti liberi come voi» rispose Kaito sorridendo.
«Ah davvero?»
Mentre i tre ragazzi continuavano a scherzare tra di loro, egli non notarono che il sole stava già calando dietro l’orizzonte.
«Sì sta facendo tardi. Dobbiamo rientrare.»
«Sì, hai ragione Rina. Altrimenti chi lo sente nostro padre?»
«Per stasera, nostro padre non sarà a cena con noi.»
«Come al solito… Ha per caso degli affari urgenti da concludere?»
«Molto probabilmente sì.»
«Posso immaginare quali…»
«Evitiamo di pensarci, va bene? Avanti, torniamo al castello» fece infine Kaito rompendo la conversazione.
 
 
La cena si svolse in religioso silenzio.
Kaito e le sue sorelle consumavano il pasto senza dire nemmeno una parola, mentre i domestici si preoccupavano di servire le portate ordinate dal padrone di casa.
«Anche stasera minestrone. Quando potremo mangiare qualcos’altro?» domandò Hanon alquanto disgustata.
«Hanon, che cosa dici? Così manchi di rispetto a nostro padre e a tutti quelli che muoiono di fame.»
«Lo so bene… Ma ogni tanto dovremo pur variare, no?»
«Che cosa succede, signorina Hanon? Non le piace la cena?»
La capo – domestica andò incontro alla giovane per cercare di risolvere il suo problema.
«No, è tutto buonissimo!» disse subito Hanon «E’ solo che stasera non ho molto appetito. La prego, non la prenda a male.»
«Certo che no. Però tutto questo dovrò riferirlo a suo padre…»
Sentendo quel nome, la ragazza dai capelli celesti sbiancò di colpo.
«No, no, la finirò in un lampo!»
«Molto bene. Tranquilla, non c’è fretta» fece infine la domestica prima di lasciare la sala con qulel suo ghigno malefico che gli si leggeva in faccia.
“Maledetta!”
 
 
Subito dopo la cena, i tre giovani si diressero verso le rispettive camere.
Era molto presto.
L’orologio non segnava ancora le nove e mezza.
«Dobbiamo già andare a dormire?»
«Purtroppo sì, Hanon. Lo sai com’è nostro padre quando ci trova in giro di notte per il castello.»
«Uffa! Sono stufa di fare sempre quello che mi dice!» sbuffò la giovane.
«Nostro padre non è ancora tornato… Che cosa dovrà fare di così importante?»
«Non lo so e non voglio nemmeno saperlo» ribatté Rina.
Ma mentre stavano parlando di lui, ecco che aveva fatto ritorno nella sua dimora.
«Ma… Non è solo…»
«Chi è quella?»
Esso era in compagnia di una donna misteriosa.
Una donna dal fascino seducente e misterioso.
Una donna che sarebbe rimasta chissà quanto tempo…

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Capitolo 2
*** Una nuova conoscenza ***


«Secondo te dovremo andarci a presentare?» domandò Hanon.
«No. A quest’ora dovremo essere tutti e tre a letto» rispose Rina.
«Io invece voglio conoscerla immediatamente» fece Kaito correndo per il corridoio.
«Kaito! Aspetta!»
Ma ormai era troppo tardi.
Kaito era già corso verso l’ingresso del castello.
Nel vederlo, tutti i domestici rimasero visibilmente sorpresi.
«Signorino Kaito, che cosa ci fate ancora in piedi?»
Ma il giovane non ebbe tempo di rispondere.
Suo padre era entrato nella casa con la sua donna misteriosa.
Anche i domestici non osarono fiatare.
Nel vederlo, anche suo padre rimase sorpreso.
«Kaito, che cosa succede? Perché non sei in camera tua come le tue sorelle?»
Stranamente, l’uomo tenne un tono di voce molto calmo e mellifluo.
Alquanto strano, visto che in altre occasione avrebbe sbraitato come non mai.
«Io ecco… Vi ho sentito arrivare…»
«E volevi venirmi a salutare? Bene, mi fa piacere tutta questa tua importanza» sorrise il padre «E visto che sei qui, ti presento la mia nuova fidanzata. Si chiama Caren.»
A Kaito gli si gelò il sangue nelle vene.
Una giovane donna, che poteva benissimo essere sua sorella, era fidanzata con suo padre.
«Caren, ti presento il mio primogenito Kaito.»
«Molto piacere» disse semplicemente la giovane donna tendendo la mano.
«Oh, piacere mio» replicò subito il ragazzo inchinandosi con galanteria.
«Molto bene. Domani mattina avrete tutto il tempo per conoscervi meglio… Potrete scortare mio figlio nella sua camera assicurandovi che ci resti?» disse suo padre facendo segno ad uno dei domestici.
«Cara, invece ti mostrerò la tua camera personalmente, se per te non è un grosso problema.»
«Certo che no» rispose la donna con un filo di voce.
Caren e il padre del ragazzo lasciarono l’ingresso per dirigersi nell’ala opposta dove erano situate le camere di Kaito e delle sue sorelle.
«Andiamo, signorino Kaito. Non vorrete far arrabbiare vostro padre, spero.»
«E anche se fosse?...»
«Come prego?»
«Niente. Lasci perdere» ribatté sconsolato il ragazzo mentre veniva braccato dal domestico.
 
 
La mattina dopo, Kaito e le due sorelle fecero colazione molto presto.
Era appena spuntata l’alba da pochi minuti.
«Io non capisco perché ci fanno alzare così presto» fece Hanon stropicciandosi gli occhi.
«Perché nostro padre non vuole che prendiamo delle brutti abitudini» rispose Rina.
«Ma quale brutte abitudini? Quello di dormire tardi non è una brutta abitudine.»
«Però bisogna anche dire che andiamo a letto molto presto.»
«Sempre contro la nostra volontà, precisiamo.»
«Ah proposito di andare a letto presto» fece Rina «Non mi vorrai dire che sei andato incontro a nostro padre, ieri sera.»
«E anche se fosse? Che male c’è, Rina?»
«Come che male c’è? Ma sei pazzo?! Hai disubbidito a nostro padre.»
«Non l’ha presa così male. Anzi, ho avuto anche il piacere, se così possiamo dire, di vedere la nuova compagna di nostro padre.»
«Compagna? Quale compagna, scusa?»
Nel mentre i tre ragazzi stavano parlando tra di loro, dall’ala est del castello videro spuntare il loro rispettivo padre e la nuova ospite.
«Ve lo dirà direttamente nostro padre… Buongiorno a tutti e due» fece cordialmente Kaito come era stato educato.
«Che cosa ci fate voi qui? Non dovreste essere a lezione?»
«L’insegnante non è ancora arrivato. Di solito i nostri domestici ci avvertono, non è vero padre?» domandò Kaito sempre con la risposta pronta.
«Non mi piace questo tuo tono, Kaito… Ma in fondo hai ragione. Farò un richiamo all’insegnante.»
«Non ce ne sarà bisogno…»
«E per quale motivo? Se non ha voglia di lavorare, che se ne vada al diavolo.»
«Magari ha avuto un contrattempo…» fece Hanon con un filo di voce.
«La ragazza ha ragione, Gaito. Magari ha avuto un imprevisto.»
Gaito, il padrone di casa, non osò controbattere.
«Forse hai ragione, Caren. Per ora lasciamo perdere. Però gli comunicherò che non dovrà mai più succedere.»
«Cambiando discorso, non volete presentare la vostra donna alle mie sorelle, padre?»
«Hai ragione, Kaito. Hanon, Rina: Questa è Caren. La mia nuova fidanzata.»
«Piacere ragazze» disse la donna.
«Piacere nostro» risposero in coro le due ragazze.
«Per quanto tempo rimarrà la vostra fidanzata con noi?» domandò Kaito curioso.
«Da dove trovi tutta questa voglia di sapere le cose, Kaito?»
«Semplice curiosità, padre.»
«Ah, curiosità dici? Allora ti comunico che d’ora in avanti, la tua curiosità la potrai solo riservare per i tuoi libri da leggere. Questi non sono affari che ti riguardano» rispose Gaito senza mezzi termini.
«Ma padre, non ho detto niente di male…»
«Questo lascialo decidere a me. Odio i curiosi e i ficcanaso. Adesso filate in classe, o vi impedirò di uscire dal castello e di svagarvi nelle ore pomeridiane.»
«Sì, padre» fecero Hanon e Rina filando dritte nello studio.
Ma Kaito non si mosse.
Non voleva dargliela vinta a suo padre.
Voleva farlo arrabbiare.
«Ancora qui, Kaito?»
«Sto andando, padre… Buona giornata, signorina Caren.»
«Altrettanto Kaito.»
Alla fine, i due fidanzati rimasero soli nell’ala che portava dritta alla sala da pranzo.
Ma Kaito era dietro un muro intento a spiarli mentre vagavano per il castello.
«Secondo me sei troppo duro con i tuoi figli. Soprattutto con il tuo primogenito.»
«Devono imparare a rimanere al loro posto, Caren. Solo così potremmo andare d’accordo.»
«Ma non hanno fatto niente di male» insistette Caren.
Gaito s’interruppe bruscamente.
Fissava la sua nuova fidanzata con sguardo rude e accigliato.
«Questo lascialo decidere a me, Caren… Ti prego anche tu di non immischiarti in faccende che non ti riguardano. Alla mia famigli penso solo io. Poi, se ci sposeremo, avrai dei nuovi compiti che ti spetteranno. Sono stato abbastanza chiaro?»
«Sì, Gaito» rispose la donna spaventata e distogliendo lo sguardo serio su di lui.
«Molto bene. Adesso andiamo a fare colazione. Ho una gran fame.»
 
Le lezioni della mattina erano concluse.
Kaito e le sue due sorelle avevano finito di studiare.
«Mi raccomando, per domani ripassate il racconto che vi ho appena letto. Mi sono spiegato?» domandò il maestro mentre i tre ragazzi si stavano alzando.
«Senz’altro, maestro. A nostro fratello piace molto leggere, quindi non c’è nessun problema.»
«Che cosa vorresti dire con questo, Hanon?»
«Che ci spiegherai tutta la storia.»
«Nemmeno per idea.»
«Cosa?! Guai a te se ci impedisci di studiare insieme.»
«Ma io non ho bisogno di studiare… Ho tutto qui nella mia mente» rispose Kaito fuggendo in biblioteca.
«Kaito! Aspetta!»
«Lascia perdere, Hanon. Studieremo noi due.»
«Quel dannato damerino. Potrebbe almeno aiutarci, no? E invece certe volte è come nostro padre.»
«Non dirlo troppo forte. Vuoi che ci sentano?»
«Sì, hai ragione Rina.»
 
 
Kaito andò direttamente nel suo posto preferito: la biblioteca.
Lì poteva essere sicuro di non venire disturbato da nessuno.
Nemmeno da suo padre, visto che era in viaggio per lavoro.
Ma con grande sorpresa, in biblioteca trovò lei, Caren.
«Buon pomeriggio, Kaito» disse dolcemente la giovane donna.
«Caren…»
«Oh scusami, Gaito mi ha detto che questo è il tuo rifugio. Se vuoi, me ne vado immediatamente.»
«Certo che no, Caren. Rimanete pure. Sì, questo è il mio rifugio… Ma può entrarci chiunque. La biblioteca non è solo mia.»
«Sei molto gentile.»
«Posso sedermi vicino a voi?»
«Certo.»
«Con permesso» fece il giovane ragazzo.
«Allora, cosa mi racconti di te?»
«Purtroppo non c’è molto da dire. Ho sedici anni e ho vissuto tutta la mia vita in questo castello.»
«Vuoi dire che non sei mai uscito da queste quattro mura?»
«Oh sì. Per quello che mi ricordo, al massimo sono uscito in giardino… oppure con le mie sorelle. Ci mettiamo a conversare sulla roccia bianca che si trova non molto lontano da qui.»
«Sì. Mi è sembrato d’intravederla ieri sera. Ma era molto buio…»
«Comunque a parte tutto, una volta ho viaggiato in Austria con mia madre. Ma ero molto piccolo, quindi non ricordo granché.»
«Doveva essere una gran donna tua madre.»
«Lo era. È morta quando io avevo circa sei anni, poco dopo che le mie sorelle erano venute al mondo. Purtroppo non mi ricordo molto di lei.»
«Capisco…» fece Caren mostrando un minimo di tristezza.
«Dopodiché non ho fatto altri viaggi… Nostro padre è molto restio nel portarci fuori dalla sua proprietà. Siamo come un peso per lui.»
«Addirittura? E come mai?»
«Questo lo dovreste chiedere a lui… Ma io consiglio di lasciar perdere… Lo farebbe arrabbiare sempre di più. E non so se l’avete mai visto furioso.»
«Sinceramente no.»
«Vi comunico che non è un bello spettacolo.»
«Lo sai? Il suo carattere ricorda molto mio padre. Purtroppo non l’ho conosciuto per molto, visto che anche lui come tua madre, è venuto a mancare quando avevo solo sei anni. Dopo la sua morte, sono cresciuta insieme alle suore, ricevendo una rigida educazione. Ma in fondo in fondo, ho mantenuto il mio carattere libero, gioioso e spensierato.»
«Tutto il contrario di quello che è mio padre… Ma vi prego, non andateglielo a dire. Si offenderebbe molto.»
«Tranquillo. La nostra conversazione rimarrà un segreto tra noi due.»
«Grazie Caren. Siete gentile.»
«Prego… Hai da fare qui in biblioteca?»
«A parte leggere uno dei miei soliti libri, no.»
«Se ne hai voglia, che ne dici di farmi fare un giro per il castello? Purtroppo Gaito non mi ha fatto vedere molto… A parte la camera dove alloggio e l’ala est del castello.»
«Strano, credevo che dormivate insieme.»
«Per ora ho voluto evitare questo, altrimenti lui si sarebbe già infilato nelle mie coperte» rispose la donna prendendola sul ridere.
«Posso immaginare… Comunque non c’è problema. Vi faccio vedere l’ala ovest del castello e la roccia bianca di cui vi parlavo prima.»
«Grazie mille. Sei davvero un bravo ragazzo.»
 
 
La visita al castello durò molto meno del previsto.
«Dal di fuori, credevo che questo posto fosse immenso, invece…»
«La maggior parte delle stanze che si trovano in questo castello sono camere per gli ospiti… Prima che mio padre potesse comprare questo castello per mia madre, era una dimora abitata da un sacco di pellegrini e viaggiatori… Poi, dopo la ristrutturazione, mio padre ha eliminato le camere più brutte, facendoci altri saloni e facendo restare le camere più belle.»
«Capisco.»
«Vieni. Vi faccio vedere il giardino.»
Il giardino, ben curato come Gaito diceva hai suoi servitori, era molto confortevole ma altrettanto piccolo.
«È qui che le mie sorelle passano gran parte della giornata» disse Kaito sorridendo alla donna.
«Pensavo che il loro luogo preferito fosse la roccia bianca…»
«Sì, ma anche questo posto lo considerano come un luogo tranquillo e pieno di pace.»
«Se non sono troppo indiscreta, perché a te piace rimanere chiuso in biblioteca?»
Ma Kaito non rispose.
Trovò la domanda non molto pertinente.
«Scusa, non volevo essere scortese.»
«I miei segreti vorrei tenerli per me, se non vi dispiace.»
«Certo che no. Anzi, ti capisco.»
«Non la prendete male, va bene?»
Ma prima che il ragazzo si potesse dividere da lei, Caren lo afferrò per un braccio.
«Anche se sono la fidanzata di tuo padre, sappi che di me puoi fidarmi. Puoi trovare in me una valida amica. Una che ti sta sempre accanto.»
Kaito la fissava con sguardo commosso.
«Grazie per queste belle parole… Ma preferisco di gran lunga rimanere da solo o con le mie sorelle…»
Caren non ebbe il coraggio di controbattere.
Senza nemmeno essersene accorti, il sole era ormai tramontato da poco.
«Qui fa buio molto presto…»
«Perché dove abitate voi non fa buio a quest’ora?»
«Dipende in che periodi dell’anno. In questo momento, nel mio paese è estate.»
«Se non sono troppo indiscreto, da dov’è che venite?»
«Kaito! Caren! Eccovi finalmente!»
Il rumore di passi e la voce cupa e profonda di Gaito, fecero rabbrividire sia Kaito che Caren.
«Giovanotto, tu non dovresti essere in biblioteca a studiare?»
«Ho concluso già i miei compiti, padre.»
«Ho appena parlato con il tuo maestro e lui mi dice l’opposto contrario… Sai, capisco subito se tu stai mentendo oppure no… Quindi evita di fare il furbo con me.»
«Quello che vi ha detto il mio maestro sono pure fesserie.»
Gaito, accecato dalla rabbia, mollò un sonoro ceffone a suo figlio davanti alla donna.
«Come osi parlare così di chi ti da un istruzione? Sei un vile irriconoscente! Adesso vai subito in biblioteca a studiare. Domani il maestro ti interrogherà.»
«Ma adesso è quasi ora di cena…» protestò il ragazzo.
«Ah, un’altra cosa: a letto senza cena. Adesso vattene. Non voglio più vederti fino a domani mattina.»
Kaito, con le lacrime che gli stavano scendendo in viso, corse dritto al castello, lasciando Caren con quel mostro di suo padre.
«Gaito…»
«Che cosa vuoi tu?»
«Secondo me siete stato troppo duro con lui…»
«Non dirmi come devo educare mio figlio, Caren. Non accetto niente di tutto ciò!»
«È colpa mia se vostro figlio era qui con me. Ho detto io di farmi da guida del castello e della sua area.»
«Ah, bene… Quindi hai preferito la sua compagnia invece che la mia?»
«No, non ho detto questo…»
«Ma lo volevi intendere! Ma lasciamo perdere… Dal modo in cui stavi parlando con lui, direi che siete diventati degli ottimi amici.»
«Se un giorno ci sposeremo, io diventerò la sua matrigna. Quindi è mio dovere conoscere un minimo i vostri figli.»
«E cosa vi dice che io e te ci sposeremo?»
Caren era rimasta completamente allibita.
Con Gaito, si era immaginata un matrimonio da favola.
Un matrimonio in un sontuoso castello e con la persona che aveva sempre amato.
Ma dopo quell’uscita e quelle parole di suo marito, tutto era cambiato.
«Cambiando discorso, mio figlio si doveva ricordare dei suoi impegni. Tu non hai colpe, tesoro mio… Avanti, andiamo a cena. Le domestiche ci staranno cercando chissà dove» fece infine Gaito trascinando sua moglie in quella che stava diventando la sua prigione.

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Capitolo 3
*** Il canto misterioso ***


Hanon e Rina si stavano chiedendo come mai il loro fratello maggiore non era a cena.
«Deve ancora studiare per il compito di domani» fece suo padre serio mentre vedeva le sue figlie guardarsi intorno «Spero che almeno voi abbiate studiato.»
«Sì, padre» rispose Hanon.
«Sì cosa?»
«Sì. Abbiamo studiato.»
«Molto bene. Avanti, finite la cena e dritte a letto.»
Le due ragazze non osarono fiatare per tutto il resto del pasto.
Anche Caren se ne rimase zitta per tutto il tempo, guardando il disagio che le due ragazze avevano nei loro occhi.
 
 
Dopo una rapida lettura in biblioteca, Kaito si apprestava ad andare nella sua camera.
Sapeva già tutto.
Era inutile continuare a studiare.
Però c’era un problema: aveva una gran fame.
Non gli riusciva far niente se non metteva qualcosa sotto i denti.
Egli non poteva nemmeno andare in cucina per paura di essere scoperto da qualche domestico, o peggio ancora, da suo padre.
Il sentiero dalla biblioteca alla sua camera, sembrò più lungo del previsto.
Era completamente esausto.
L’intera giornata era stata molto dura.
Una volta arrivato, si buttò sul suo letto per cercare di addormentarsi.
Ma i pensieri e la fame gli stavano continuamente attanagliando la mente.
Per ingannare il tempo, Kaito fissò l’orizzonte dalla sua finestra.
Egli riusciva a vedere persone felici che facevano ritorno nella loro casa.
Solo quel castello era dimora di infelicità e tristezza.
Una cosa che Kaito riusciva a sopportare molto malamente.
Ma oltre a vedere quelle persone contente e spensierate, egli riusciva a vedere la famosa roccia bianca.
Quella sera sembrava avere un qualcosa di misterioso.
Sembrava più brillante del solito.
“Forse era il riflesso della luna piena” pensò il ragazzo.
Non l’aveva mai vista prima d’ora così.
O forse non c’aveva mai fatto caso.
Mentre era ancora immerso nei suoi pensieri, qualcuno bussò alla sua porta.
Per timore che fosse suo padre, egli decise di non andare ad aprire.
Ma poi, sentendo due voci femminili, capì che erano le sue due sorelle.
«Che cosa ci fate voi qui?» Domandò il ragazzo bruscamente.
«Siamo venute a vedere come stai.»
«Sì. Nostro padre ci ha detto che non cenavi perché avevi ancora molto da studiare. È vero?»
«No Rina. Sono stato punito perché ho impiegato tutto il resto della mia giornata a fare da guida alla sua nuova fidanzatina.»
«Cosa?»
«Sì. Hai capito bene.»
«Credi forse che sia geloso?»
Kaito si guardò intorno.
Aveva paura di venire spiato da qualcuno.
«Avanti, entrate qualche minuto in camera mia.»
«E se veniamo scoperte?»
«E’ più probabile venire scoperte se rimanete qui fuori, invece che venire nella mia stanza, no?»
«Sì, hai ragione. Ma facciamo presto» disse frettolosamente Hanon.
Mentre Hanon e Rina passarono accanto a Kaito, sentirono brontolare il suo stomaco.
«Hai molta fame, non è vero Kaito?»
«Saprò resistere. Domani mattina farò una colazione abbondante.»
«Mi dispiace per tutto quello che nostro padre ti sta facendo passare.»
«Lasciate perdere. Non ho voglia di parlare di questo… Tornando alla sua fidanzatina, non credo che sia geloso. Ne avrebbe davvero diritto?»
«Kaito, ma hai guardato bene la sua “dolce metà”? Praticamente ha la nostra stessa età. Potrebbe essere benissimo nostra sorella.»
«In effetti…»
«Nostro padre è veramente un pervertito. Mettersi con una così giovane. È davvero inaudito.»
«Che ci vuoi fare…»
«Comunque, tu che l’hai conosciuta bene, com’è questa giovane donna?» domandò Hanon curiosa.
«Mi sembra una brava persona… Tutto il contrario di nostro padre. Infatti mi piacerebbe capire come una come lei, si sia innamorato con una persona di quel genere.»
«Magari è riuscita ad ammaliarla con il suo fascino e le sue ricchezze… Sai meglio di me quanto sia ricco e potente nostro padre.»
«Come potrei scordarmelo? Ogni giorno non fa altro che ricordarmelo, Rina.»
«Comunque, io non mi fiderei ancora di quella donna…»
«Perché dici questo, Hanon?»
«Perché non la conosciamo pienamente. E poi, per principio, non dovremo fidarci lo stesso di lei, essendo la sua fidanzata.»
«Kaito, forse Hanon ha ragione.»
«Tranquille. Con lei ho tenuto gli occhi bene aperti, ma non trovato niente di strano.»
«Sarà…»
«Hanon, sarà meglio andare prima che le domestiche capiscano che non siamo ancora nei nostri alloggi.»
«Sì lo so. È molto tardi… Ci vediamo domani mattina, Kaito. Fai buon riposo.»
 «Anche voi, ragazze. Buonanotte» disse infine il ragazzo mentre faceva uscire di camera le sue due sorelle.
 
 
Con lo stomaco che non faceva altro che brontolargli, Kaito riuscì a dormire lo stesso, anche se i suoi sogni erano costituiti da cose che gli ricordavano la cucina del castello.
Ma ad un certo punto, quando la luna piena inondò di luce la sua stanza, egli riuscì ad avvertire dei mormorii.
Aprì gli occhi di colpo.
Nella sua stanza non c’era nessuno.
Chi o cosa poteva mai essere?
Egli pensò che era tutto frutto della sua immaginazione.
Ma una volta che tornò nel suo letto per ricominciare a dormire, il suono cominciò a diffondersi ancora nella stanza.
Era una dolce e soave melodia.
Quasi come se fosse un canto.
Il canto più bello che avesse sentito nel corso della sua vita.
Aprì la porta della sua camera per vedere se proveniva dal corridoio.
Ma niente.
Non c’era un’anima viva.
Eppure il misterioso canto continuava a risuonargli nelle orecchie.
Se non avesse capito il prima possibile da dove potesse provenire, sarebbe impazzito all’istante.
Decise allora di rimettersi a dormire.
Ma era inutile.
Egli non accennava a finire.
Si affacciò dalla finestra per vedere se stavano suonando non molto lontano dal castello.
Ma fu in quel momento che capì da dove potesse provenire.
Una figura misteriosa era sdraiata sulla roccia bianca.
Kaito non riusciva a capire chi fosse.
Sembrava una donna bellissima.
Ma non aveva proprio le sembianze di umana.
Decise allora di recarsi a gran velocità verso la roccia bianca.
Non gli importava se veniva scoperto dai domestici che stava correndo per il castello a quell’ora tarda della notte.
Doveva arrivare in fondo a questa misteriosa verità.
Fortunatamente, egli non riuscì a svegliare nessuno.
Nemmeno dopo aver aperto il portone del castello.
Quella notte era buia e fredda.
Kaito aveva solo indosso un paio di ciabatte e la sua vestaglia.
Ma egli non riusciva a sentire freddo.
Correva a più non posso.
E finalmente, arrivò dinanzi alla roccia bianca che dava sul mare.
Avendocela dinanzi, egli non riuscì a capire ancora chi o cosa potesse essere.
Non aveva mai visto niente di simile.
Era completamente accecato dal suo bagliore e dal suo suono imperterrito.
«Chi sei tu?» provò a domandare.
Ma la figura non rispose.
«Parlami, ti prego.»
Ma la figura misteriosa continuò a cantare.
Fino a quando non aprì definitivamente i suoi occhi, fissando imperterrito il ragazzo.
«Salvami… Salva la mia anima…»
«Cosa?»
La sua voce era impercettibile.
Bastarono solo quelle cinque parole per metterlo in allarme.
Non sapeva cosa fare.
Che cosa mai poteva volere da lui?
Purtroppo non lo riuscì a capire.
La creatura misteriosa, subito dopo aver parlato e smesso di cantare, si rituffò il mare.
Kaito non riuscì a fermarla.
Era completamente allibito.
“Ma che cosa… Devo riuscire a ritrovarla…”
Ma con il buio imperterrito e il freddo che gli stava gelando le vene, era impossibile.
Doveva tornare immediatamente al castello se non voleva rischiare di prendere un brutto malanno.
Soprattutto non doveva far sapere né ai suoi domestici né a suo padre della sua strana visione di quella notte.
A che avrebbe potuto dirlo?
Chi l’avrebbe potuto ascoltare?
E soprattutto, ci sarebbe stato qualcuno disposto a credere alla sua storia?

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Capitolo 4
*** Sull'orlo della pazzia ***


Fortunatamente, nessuno riuscì ad accorgersi della scampagnata di Kaito.
Era tornato nella sua stanza come se nulla fosse.
Ma egli non era riuscito a riprendere sonno.
Ripensava a quella creatura.
A quel suo canto misterioso.
A quella sua dolce voce.
Infatti, per la prima volta dopo tanto tempo, Kaito era arrivato puntuale nella stanza dove il suo maestro impartiva le sue lezioni.
«Buongiorno, Kaito. Mi fa piacere vederti già qui di buon mattino.»
Ma il ragazzo sembrava distratto.
«Kiato? Ci sei?»
«Come?»
«Credi che tu sia ancora addormentato… Ma lasciamo stare. Avete ripassato gli argomenti sulla guerra d’indipendenza americana?»
«Io… Certo.»
«Molto bene. Sapevi che oggi ti interrogavo, vero?»
Kaito si limitò a fare un cenno d’assenso con la testa.
«Bene. Allora dimmi le motivazioni del suo scoppio.»
Ma Kaito rimase ammutolito per alcuni secondi.
Anche se aveva studiato veramente, egli non riusciva a ricordarsi nulla.
«Allora Kaito? Cosa mi dici?»
«Io… Non me lo ricordo…»
Il maestro era visibilmente allibito.
«Mi sorprende questo vostro menefreghismo, sapete?»
«Non sono un menefreghista» obiettò il ragazzo «È solo che non riesco a ricordarmi nulla…»
«Sai qual è il vostro problema? Che non hai aperto minimamente libro, ieri. Molto bene… Vorrà dire che dovrò riferire tutto a vostro padre.»
Nel sentire il nome del suo vecchio, Kaito sbiancò di colpo.
«La prego maestro, non mi condanni a morte.»
«Condannarvi a morte? Perché parlo con vostro padre? Avanti Kaito, non dite stupidaggini.»
Kaito afferrò il braccio del suo maestro.
Prima d’ora, non si era mai permesso una simile “libertà”.
«Kaito, lasciatemi immediatamente.»
«Voi non sapete la vera indole di mio padre… Se voi gli direte che sono un vagabondo e che non avevo studiato niente, da domani lei non mi vedrà più.»
Il maestro rimase visibilmente in silenzio.
Credeva che il ragazzo lo stesse prendendo in giro.
Ma Kaito era serissimo.
Lo dicevano i suoi occhi.
«Kaito, io…»
«Maestro, non vi ho mai preso in giro prima d’ora… Fidatevi. Se v’importa minimamente di me, non dite niente a mio padre. Vi prego.»
Dopo un momento di riflessione, il maestro del ragazzo accettò la sua richiesta.
«Va bene. Per questa volta non gli dirò niente… Ma vi avverto: o vi mettete a studiare seriamente, oppure rischiate grosso, ragazzo mio. Non costringetemi a prendere dei seri provvedimenti su di voi. Mi sono spiegato?»
«Assolutamente sì.»
«Bene. Adesso andate in biblioteca e studia la storia americana. Domani, alla solita ora, v’interrogherò.»
«Certo. Grazie mille, maestro» fece Kaito mollandogli la presa
«Se ho fatto tutto questo, è solo perché credo nelle vostre potenzialità… E non perché mi fate pena. Mi avete capito?»
«Sì…»
«Perfetto. A domani, Kaito» disse infine il maestro uscendo dalla stanza con sguardo torvo e serio.
 
 
Dopo l’immensa fortuna che aveva avuto solo qualche ora prima, Kaito si era rifugiato in biblioteca per riprendere in mano quello che aveva appena studiato ieri.
Ma era tutto inutile.
La sua mente era occupata da quei pensieri.
“Chissà se l’avrei rivista…”
Doveva subito dirlo a qualcuno.
Non ce la faceva più a tenere un simile segreto.
«Hanon mi ha detto che ti sei salvato per il rotto della cuffia con il nostro maestro… Non è vero, Kaito?» domandò bruscamente Rina entrando di strafogo.
«Non si usa più bussare, sorellina?»
«Levati dalla faccia quel tuo sguardo compiaciuto e dimmi che cosa è successo.»
«Ho chiesto solo la clemenza al nostro maestro e lui me l’ha data.»
«Tutto qui?»
«Credo che con ciò, ho toccato il fondo… Ma fa lo stesso. Il maestro non dirà mai a nostro padre che io non avevo studiato. Almeno non per questa volta…»
«E possiamo fidarci?»
«Credo di sì. Altrimenti, rischierebbe molto grosso.»
«E cioè? Vorresti toglierlo di mezzo?»
«Perché no?» fece Kaito con sguardo divertito.
«Smettila di fare lo stupido… Che cosa stai leggendo?»
«La noiosa storia americana…»
«Da quando in qua credi che sia noiosa una cosa che stai leggendo?» domandò Rina allibita.
«Da questo momento…»
Kaito gettò il libro sul divano per alzarsi in piedi e guardare dalla finestra della biblioteca.
«Sai Rina, non so se quello che mi è successo ieri sera era vero o frutto della mia immaginazione… So soltanto che se non faccio immediatamente qualcosa, rischio seriamente d’impazzire…»
Rina fissava gli occhi misteriosi di suo fratello.
«Che cosa sta succedendo, Kaito?»
«Mi prometti che non lo dirai a nessuno?»
«È un segreto talmente importante che Hanon non deve saper nulla?»
«Cos’è che non dovrei sapere?» fece la ragazza dai capelli celesti entrando improvvisamente in biblioteca.
«Stavi origliando?»
«Mmh forse... Avete qualcosa da nascondermi?»
«No… Ho solo alcune preoccupazioni…»
«Ci credo! Sai che oggi, per la prima e unica volta della tua vita, sei stato molto vicino alla morte?»
«Sì, Hanon… E ti prego di non farmici pensare più del dovuto…»
«Allora Kaito, sputa il rospo. Cosa ci devi dire?»
Ma mentre Kaito stava conversando con le sue sorelle, aveva visto Caren aggirarsi nei pressi della misteriosa roccia bianca.
«Devo andare… Vi spiegherò tutto più tardi.»
Le ragazze rimasero visibilmente stranite.
Credevano che Kaito era cambiato improvvisamente.
Ma cosa poteva averlo fatto sembrare così diverso?
Più le due sorelle ci pensavano, più le ipotesi erano molte.
 
 
Il mare era mosso.
Era una bella giornata d’autunno.
Anche se un terribile vento sferzante aveva abbassato drasticamente le temperature.
Caren, che fissava il mare sulla roccia bianca, era completamente assorta nei suoi pensieri tristi e cupi.
Non gli piaceva per niente come Gaito trattava i suoi figli.
Era una cosa riprovevole per lei.
Ma non poteva confessarglielo, per paura di rischiare di incrinare un rapporto sottilissimo.
«Bello il mare, vero?»
I pensieri di Caren furono interrotti da Kaito.
«Peccato che oggi ci sia molto vento.»
«Che cosa ci fai qui? Hai chiesto il permesso a tuo padre?»
«Mio padre non ha nessun diritto su chi devo o non devo vedere… È giunta l’ora che mi faccia vivere la mia vita come mi pare e piace.»
«Kaito, sai meglio di me…»
«La mia vita fa schifo, lo so. Ma purtroppo non posso farci nulla. Se potessi, mi piacerebbe scomparire anche subito. Ma invece sono ancora qui. Per la mia madre defunta e per le mie due sorelle. È grazie a loro se continuo a vivere...»
«Kaito, non dire così…»
«La verità è sconcertante, vero?»
«Io non accetto che tu disprezzi un dono di Dio in questo modo.»
«Dio mi ha voluto mettere alla prova dandomi come padre un uomo crudele che disprezza anche se stesso.»
«Se solo tu lo conoscessi meglio. Se solo tu potessi vedere dentro di lui, capiresti che è una persona migliore.»
«Caren, conosco mio padre da molto più tempo di voi. Solo io posso fare le mie reali considerazioni su di lui…»
«Io invece continuo ad essere dell’idea…»
«Adesso basta parlare di lui. Tanto non ci troveremo mai d’accordo… Scusatemi Caren. Non volevo mancarvi di rispetto.»
«Non ti preoccupare… Posso capire come ti senti…»
«Ne siete sicura?»
«Hai lo sguardo perso nel vuoto e la mente da un’altra parte… Pensi davvero solo a tuo padre?»
A quel punto Kaito si ritrovò ad un bivio.
Raccontargli la sua storia o tacere ancora per chissà quanto tempo?
«Ieri notte, proprio qui dove siamo ora, mi è capitato un fatto singolare… Un fatto che segnerà la mia vita per sempre…»
«Che cosa è successo?»
«Ho visto una creatura che cantava con una voce soave e bellissima… Ma non sono riuscito a capire di che razza di creatura si trattasse…»
Caren fissava il ragazzo con sguardo interessato.
«E poi cosa è accaduto?»
«All’improvviso, quando smise di cantare, la creatura misteriosa mi fissò intensamente dicendomi di salvare la sua anima…»
«Come? Salvare la sua anima?»
«Vi dico che è così, Caren. Non mi sto inventando tutto.»
«Lo so. È solo che tutto questo sembra irreale…Una strana creatura che canta nel pieno della notte… Sei sicuro di non esserti sognato?»
«Anch’io ho provato a crederlo, ma la sua voce mi rimaneva impressa nella mente… E lo è anche tutt’ora…»
Caren non disse una parola.
«Lo so che sembro pazzo, ma è la pura verità. Dovete credermi.»
«Perché hai voluto dirlo a me?»
«Perché avevo un bisogno necessario di parlarne con qualcuno… Se l’avessi detto alle mie sorelle, non so se mi avrebbero preso sul serio…»
«Capisco…»
«Voi che cosa ne pensate?»
«Sinceramente, non so cosa pensare» rispose Caren con un sorrisetto tirato «Anche se credo che di fatti inspiegabili, questo posto è pieno…»
«Secondo voi, cosa dovrei fare?»
«Devi dimenticare tutto ciò e andare avanti. Solo così potrai levartela dalla mente. Pensa a qualcosa di costruttivo.»
«E cioè?»
«Non lo so… Pensa ai tuoi libri. A qualunque cosa.»
«Non so se ci riuscirei.»
«E invece ci dovrai riuscire. Per il tuo bene…»
«Ci proverò… Grazie Caren per avermi ascoltato. Non sapete che grosso macigno mi sono tolto di dosso.»
«Prego. Lo sai che per qualsiasi cosa, io sarò come tua madre. O almeno, cercherò di farlo.»
«Mia madre… ogni giorno mi manca sempre di più…»
«Oh scusami… Non volevo fartici pensare.»
«Non ti preoccupare. Ormai è acqua passata…»
Il vento si era alzato ancora di più.
Il maltempo si preparava a colpire la zona del castello.
«Tra poco si metterà a piovere. È meglio rientrare.»
«Fammi strada, Kaito.»
Dopo aver confessato tutto su quella creatura misteriosa, Kaito si sentiva più rilassato.
Caren l’aveva ascoltata con attenzione.
Ma gli aveva creduto realmente?
O quella di Caren era tutta una farsa, facendogli credere che il suo futuro figliastro era completamente pazzo?
Solo il passare del tempo avrebbe rivelato tutto ciò.

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Capitolo 5
*** La rabbia del padre ***


Caren e Kaito erano rientrati in tempo al castello.
La pioggia abbattente si stava abbattendo su tutto il territorio.
«Per un pelo. Avremo rischiato di inzupparci dalla testa ai piedi.»
«Eh già. Il tempo qui da voi, cambia notevolmente.»
«Purtroppo sì. E la maggior parte delle volte, è un male… Immaginate proprio come ora passare da un sole che spacca le pietre ad una pioggia scrosciate. È alquanto frustrante.»
«Ahahah è vero» ribadì la donna divertita.
Mentre Kaito e Caren stavano per raggiungere il salotto che sta vicino all’ingresso, Gaito li raggiunse con il suo solito ghigno malevolo e serio.
«Dove siete stati?»
«Siamo stati sulla roccia bianca a prendere una boccata d’aria, rientrando appena in tempo prima di venire bagnati.»
«Sulla roccia bianca, eh?»
Sentendo quelle parole, Gaito mollò a suo figlio un sonoro ceffone, colpendolo di sorpresa.
«Gaito, ma che cosa ti prende?»
«Sei solo un irresponsabile. Lo sai che poteva essere pericoloso?! Poteva rischiare di cadere!»
«Gaito, io non sono più una bambina!» si ribellò la donna.
«Ah no? Però ti comporti come tale! Scommetto che ti ci ha portato lui.»
«No. Ero lì tutta sola. Kaito mi ha incontrato per caso.»
«Invece di studiare se ne va a zonzo come se fosse il padrone del territorio… Se scopro che hai preso un brutto voto sull’interrogazione di quest’oggi del maestro, ti giuro che ti rinchiudo in camera tua per un mese.»
«Il maestro quest’oggi non mi ha interrogato.»
«Per quale motivo? Mi aveva promesso espressamente che l’avrebbe fatto.»
«Ha cambiato i suoi programmi all’ultimo minuto. Mi interrogherà domani» spiegò il ragazzo toccandosi la guancia ancora arrossata per il colpo subito.
«Allora cosa stai aspettando? Fai il tipico topo da biblioteca e vai a studiare la storia americana.»
Sentirsi umiliato in questo modo non faceva che aumentargli la rabbia.
L’avrebbe preso volentieri a schiaffi.
Proprio come aveva fatto lui.
Ma si dovette trattenere anche quella volta.
Per rispetto a Caren e perché era il figlio maggiore.
«Sì, forse è meglio che io vada a ripassare un po’… A presto, Caren.»
«Grazie per la compagnia, Kaito» rispose dolcemente la donna.
«Figuratevi. È stato un piacere… A più tardi padre.»
Gaito non rispose.
Si limitò a squadrare suo figlio con sguardo serio e inquieto.
«Avanti, andiamocene in camera nostra. Dobbiamo parlare.»
 
 
Gaito aveva trascinato la sua fidanzata per gran parte del castello.
Sembrava che fosse colpito da una furia implacabile.
Una volta arrivati nella loro camera da letto, Gaito chiuse la porta a chiave.
«Mi dici che cosa ti prende? Da quando sono arrivata qui, non fai altro che trattarmi come se fossi di tua esclusiva proprietà.»
«Perché? Non lo sei?»
Caren lo fissava con sguardo allibito.
«Gaito, ti senti quando parli?»
«Sì. Nonostante la mia età, ho ancora un udito molto fine… Tornando a noi, mi spieghi perché non fai altro che evitarmi?»
«Come scusa?»
«Quando ho bisogno di te, non riesco mai a trovarti.»
«Questa è una bugia! Sei sempre impegnato per i tuoi affari. Nemmeno la sera hai tempo per me. Da quando sono qui, mi sento altamente trascurata.»
«Ah sì? Povera piccina. Mi scuso se impiego la mia maggior parte del tempo a mandare avanti questo disastro di famiglia!»
«Non voglio fartene una colpa… E’ solo che ti preferirei averti più accanto.»
«Però ti sei subito consolata con il mio ingrato e ignorante primogenito.»
«Lui è una persona buona è gentile. Mi ha fatto subito sentire come se questa fosse casa mia.»
«Perché, io come sono? Una persona cattiva e orribile?»
«Non ho detto questo» rispose Caren seria.
«Però scommetto che lo stavi pensando… Ma non m’interessa. Ti avverto solo di una cosa: stai lontana da mio figlio. Se vi rivedrò ancora insieme, vi punirò severamente tutti e due.»
«Cosa? non puoi impedirmi di vedere qualcuno che sta sotto il mio solito tetto.»
«Posso eccome. Il castello è abbastanza grande per tutti e due. Se voglio, posso impedirvi di farvi incontrare.»
«Non posso credere che tu sia arrivato a tanto…»
Gaito si avvicinò a lei con fare minaccioso.
Adesso era a muso duro con lei.
Caren sudava freddo.
Era terribilmente spaventata.
«Allora vuol dire che non mi conosci abbastanza…» fece Gaito con tono tetro e raccapricciante.
Una volta allontanatasi da lei, l’uomo si buttò sul suo letto.
«Cos’è? Sei geloso?»
«Come scusa?»
«Sei geloso?»
«Geloso? E di chi? Di mio figlio? Ma fammi il piacere.»
«Mi stai facendo capire che lo sei eccome.»
L’uomo si alzò di scatto, puntando ancora contro di lei.
«Tu non devi pensare a nulla. Sei solo un insignificante ragazzina. Le donne come te devono solo fare le domestiche e scopare i propri mariti… Se fosse per me, impedirei a tutte le donne di pensare. Così magari la smetteranno di fare pensieri e discorsi frivoli e senza senso.»
La giovane donna guardò stupefatto colui che pensava fosse una persona buona e di tutt’altro genere.
Aveva le lacrime agli occhi.
Era completamente scossa e arrabbiata.
«Che cosa fai? Piangi adesso? Sei proprio una persona debole.»
«E tu sei senza cuore…»
«Io sono fatto così, Caren. Prendere o lasciare… Ma ti avverto, se mi farai un torto irreparabile, stai pur certa che te la farò pagare. Questa è una promessa> fece l’uomo baciando sulla guancia la donna.
«Dove stai andando?»
«Ultimamente mio figlio ha bisogno di essere controllato. E poi devo parlare con il suo maestro. Perché tu non rimani qui a riflettere sugli errori che continui a fare imperterrita?»
La donna decise di non rispondere.
Non aveva mai ricevuto un affronto del genere.
Nemmeno dal suo peggior nemico.
«Ah proposito… Mi piacerebbe sapere cosa vi siete detti tu e Kaito mentre eravate sulla scogliera.»
«Perché te ne dovrei parlare?» domandò la donna asciugandosi il viso.
«Perché se non cominci a fare quello che ti dico, ti prenderò a schiaffi fino a quando non chiederai pietà. Avanti, parla! Non ho tutto il giorno da dedicarti.»
Caren era profondamente combattuta.
Sarebbe rimasta muta rischiando di venire picchiata, oppure gli avrebbe spifferato tutto tradendo colui che l’aveva sempre onorata e rispettata?
La decisione era molto difficile e complicata.
«Allora? Ti decidi a parlare?»
Gaito agguantò la donna con un braccio, facendogli provare un senso di ribrezzo.
«Mi ha parlato di una creatura misteriosa che stava sulla scogliera…»
«Quale creatura?»
«Non lo sa nemmeno lui… Dice che non fa altro che pensare a lei e al suo dolce canto…»
Sentendo quelle parole, per poco Gaito non si mise a ridere.
«Questa è bella… Mio figlio avrebbe visto una strana creatura sulla roccia bianca che stava cantando?»
«Questo mi ha detto.»
«E quando sarebbe successo?»
«Credo due giorni fa’.»
Gaito non disse nulla.
Si limitò a mantenere quel ghigno malefico che lo contraddistingueva.
«Credo che dovrò scambiare quattro chiacchere con mio figlio.»
«No ti prego. Lui stesso mi ha detto di non dire niente a nessuno.»
«Perché? Si vergogna? Fa anche bene. Credo che stia cominciando ad impazzire… Tutto questo l’ha preso dalla madre. Anche lei era pazza.»
«Come?»
«Anche lei sentiva delle strane voci. Diceva che qualcuno la stava chiamando o qualcosa del genere… Quella maledetta megera.»
«Non ti sembra inappropriato parlare di tua moglie in questo modo?» lo redarguì Caren con tono calmo.
«Io faccio e dico quello che voglio. Non ascolterò mai una nullità come te.»
Quelle ultime parole furono la goccia che fecero traboccare il vaso.
«Adesso basta! Ne ho abbastanza di venire offesa da un mostro come te!»
Gaito rimase impassibile.
«Ah sì? Bene. Se vuoi, puoi tornare in quella specie di bettola chiamata locanda in cui ti ho tirato fuori.»
«Che cosa fai?! Mi ricatti?!» urlò la donna.
«Abbassa la voce o te la tapperò per sempre. Non sopporto le persone come te.»
«Ed io non sopporto la tua crudeltà.»
«Se vuoi continuare a vivere sotto il mio stesso tetto, dovrai fartene una ragione… Adesso vattene. Non voglio più vederti fino a quando non inizierà la cena» fece infine l’uomo congedando malamente la donna che non faceva altro che gettare lacrime di rabbia e di dolore.
«Mi prometti che non dirai niente ad Kaito?»
«Come?»
«Lui ci tiene alla mia parola data… Tradirlo in questo modo, lo farebbe soffrire ancora di più.»
«Vedrò cosa posso fare… E comunque, tu non devi preoccuparti di quel ragazzo inutile che ho per figlio. Tu devi solo stare alle mie regole e basta. Mi hai capito?»
«Va bene» fece infine la donna uscendo dalla camera di Gaito con la disperazione che continuava a pervaderla in tutta la sua anima.

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Capitolo 6
*** Una verità sconvolgente ***


La cena di quella sera si svolse in religioso silenzio.
Kaito e le sue sorelle non dissero nemmeno una parola, mentre Gaito e la sua fidanzata Caren non facevano altro che fissare il ragazzo.
«Che cosa succede? Perché continuate a fissarmi in questo modo? » domandò irritato Kaito.
«Niente. Ti da così fastidio? »
«Se dovete dirmi qualcosa, non indugiate a farlo» li esortò sempre il ragazzo.
In quel momento, il viso del giovane sbiancò di colpo.
Pensava che il suo imbarazzante segreto fosse in pericolo.
Che Caren l’avesse tradito?
«No, perché? »
«Non c’è nessun perché. Dimmi solo se devi dirmi qualcosa. »
«No» rispose secco Kaito.
«Molto bene. Hai studiato per l’interrogazione di domani? »
«Sì, padre. »
«Bene. Domani voglio assistire al tuo lungo monologo che dirai al professore. Solo per capire se sei veramente un ragazzo intelligente oppure un ignorante come io penso. »
«Quando la smetterete di offendermi facendomi sentire una nullità? »
«Quando ti meriterai di avere tutto il mio rispetto. »
Kaito fissava suo padre con gesto stizzito e di sfida.
«Ho sempre cercato di compiacervi in tutto e per tutto. Mi sono sempre impegnato in tutti i lavori che mi avete ordinato sempre di fare… Credo di meritarmi un po’ di rispetto…»
Il padre del ragazzo si alzò in piedi mostrando la sua superiorità.
«Tu non ti meriti proprio niente da me. Sei un ragazzo svogliato e indisciplinato. Mio padre, se si sentiva minacciato o redarguito come tu adesso stai facendo con me, ti avrebbe preso già a frustate. »
«Buono a sapersi… Allora perché non lo fate anche voi? Così vi sentirete molto meglio. »
L’incredulità si dipinse su tutti i volti dei presenti.
Anche delle domestiche che stavano servendo la cena.
«Come hai detto, scusa? Non ho capito bene. »
«Frustatemi pure. Se questo vi aiuterà a sentirvi meglio…»
«Io non voglio frustarti solo con il piacere di farlo, sciocco che non sei altro. Voglio solo spremerti a diventare una persona migliore. »
Sentendo quelle parole, Kaito non poté evitare di scoppiare dal ridere.
«Ah no? Vorresti rimanere sempre una nullità e gettare il buon nome della nostra famiglia nella spazzatura?»
«Nessuno dei signori della città ci rispetta. Se voi avreste avuto un carattere come il mio, le cose sarebbero state molto diverse. »
«Se io avessi avuto un carattere come il tuo» gridò Gaito avvicinandosi al ragazzo «Non osate parlare male di lei».
«Altrimenti che fai? Mi prendi a pugni? Tua madre era un pazza squilibrata. Non faceva altro che dirmi che sentiva delle strane voci nella sua testa bacata… Per il suo bene, l’ho dovuto internare e fare ricoverare… Peccato che poi sia morta impiccata nella sua stanza…»
Kaito e le sue sorelle rimasero di sasso.
Non avevano mai saputo della morte della loro madre.
Credevano che fosse stato un incidente.
Ma non brutale come l’impiccagione.
«E voi, miserabile e maledetto che non siete altro, venite a dire a me, alle mie sorelle e alla vostra fidanzata come sarebbe morta nostra madre?! Nel bel mezzo della cena?! »
«Sì, perché? Ti da così fastidio? »
«Siete un mostro! »
Kaito, con la pazienza completamente esaurita, aggredì suo padre cercando di strozzarlo.
«Maledetto! Siete un maledetto! »
Ci vollero le due sorelle e alcuni domestici per evitare che Kaito potesse commettere una pazzia del genere.
«Sei molto fortunato che sei mio figlio, altrimenti ti avrei buttato in mezzo alla strada o peggio ancora ucciso con le mie stesse mani! Portatelo subito in camera sua e fate in modo che ci rimanga» ordinò Gaito massaggiandosi il collo e tossicchiando vistosamente.
 
 
Kaito non riusciva nemmeno a piangere.
Era troppo arrabbiato.
Arrabbiato con suo padre.
Arrabbiato con quella vita che non faceva altro che farlo soffrire.
Ogni cosa che gli capitava a tiro, non faceva altro che gettarlo per terra o romperlo.
Era come se fosse fuori di sé.
«Maledetto! Un giorno di questi me la pagherà… Avete sentito?!» gridò rivolgendosi ai domestici che erano rimasti a fargli da guardia fuori dalla porta della sua stanza «Un giorno di questi mi vendicherò! I momenti terribili che mio padre ha causato a me e a questa casa stanno per finire. È una promessa.»
Ma nessuno da dietro la sua stanza osò entrare da lui per redarguirlo.
“Tutto quello che mi sta accadendo… è davvero frustrante… Come ne potrò uscire?”
Nessuno poteva aiutarlo.
Nemmeno le sue due sorelle, che per paura di dire o fare qualcosa di sbagliato, decisero di stargli alla larga.
Ma non Caren.
Infatti, la giovane fidanzata di Gaito, si preoccupò molto di Kaito, andando a fargli visita contrò la volontà di suo padre.
«Signorina, lei non può entrare qua dentro.»
«MI lasci andare!» si ribellò Caren mentre veniva strattonata da una cameriera.
Alla fine Caren riuscì ad entrare nella camera.
Kaito aveva tutta la sua attenzione sulla visione della roccia bianca.
Più la guardava, più credeva che quella notte avesse solo sognato.
«Kaito…»
Il ragazzo non voleva ascoltarla.
Era troppo furioso.
«Che cosa volete?!»
«Mi dispiace disturbarti, ma…»
«Risparmiatemi il fiato. Lo so bene che avete fatto la spia a mio padre… Come avete potuto?»
«Ho dovuto farlo» rispose Caren mentre incominciava a piangere.
«Voi mi avete tradito, sapete?»
«Mi ha minacciato di sbattermi in mezzo alla strada a morire di fame e di freddo…»
Kaito non voleva ascoltarla.
Voleva rimanere da solo.
Solo con la sua rabbia e con la sua depressione.
«Se ne vada.»
«Kaito, ti prego…»
«Ho detto se ne vada! Volete che i miei domestici vadano a chiamare mio padre e che ci trovino ancora qui insieme?»
«Dimmi che cosa pensi di me… Sei arrabbiato oppure no?»
«In questo momento non riesco a pensare lucidamente… Ho solo voglia di rimanere solo.»
Caren decise di non insistere ulteriormente.
Capiva gli stati d’animo del ragazzo.
«Va bene. Ma se hai bisogno di parlarmi…»
«Non lo farò di certo con voi… Ormai siete diventata un bersaglio di mio padre. Come tutti noi, del resto.»
«Kaito… Mi dispiace. Davvero» disse infine Caren prima di uscire dalla sua stanza.
 
 
Si era appena svegliato.
Era riuscito a dormire molto poco.
Aveva un viso sciupato e irriconoscibile.
Si doveva rivestire.
Voleva uscire dalla sua stanza e disubbidire a suo padre.
Odiava rimanere represso in quella stanza.
Doveva uscire immediatamente.
Ma mentre si era completamente rivestito, ecco che Gaito fece la sua apparizione.
«Vai da qualche parte, figlio?»
«Sì. Vado a fare colazione.»
«La colazione è molto importante… Ma non ti disturbare. I nostri domestici te la porteranno direttamente qui.»
«Non serve. Vado da solo» ribadì ancora Kaito.
Ma fu tutto inutile.
Quando suo padre si metteva in testa una cosa, era impossibile fargli cambiare idea.
«Siediti sul tuo letto. Dobbiamo parlare.»
«E di cosa? Di come avete distrutto la vita di mia madre?»
«Anche se sono una persona orribile, non arriverei mai ad uccidere l’unica mia donna della mia vita.»
Kaito lo fissava con sguardo serio e rancoroso.
«Non vi crederò mai.»
«Fai come ti pare… Vuoi sapere cos’è successo veramente a tua madre?»
Kaito non rispose subito.
Aveva paura della verità.
Oppure suo padre avrebbe detto altre bugie?
«Va bene. Vi ascolterò. Ormai non ho niente da perdere.»

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Capitolo 7
*** Crudeltà e dolore ***


Kaito fissava suo padre con sguardo rancoroso.
«Smettila di guardarmi in questo modo» fece Gaito distogliendo lo sguardo da suo figlio.
«Perché? Avete la coscienza sporca?»
«No. Io sono solo nel giusto…»
«Che intendete dire?»
Gaito non rispose.
Era immerso nei suoi pensieri.
«Vuoi che ti dica di tua madre oppure no?»
«Sì. Parlate.»
«Ho conosciuto tua madre quando ero ancora un ragazzino come te. Prima di diventare un investitore e politico di successo, abitavo in una catapecchia che cadeva a pezzi. I miei genitori erano degli umili contadini al servizio dei più potenti della città. Quando avevo dei momenti  di tempo liberi, andavo alla casa del piacere che c’era qui tanti anni fa’. Ed è lì che ho conosciuto tua madre…»
«Cosa? Mia madre era una…»
«Una poco di buono, sì. Ma questa è un’altra storia… Continuai a frequentarla dicendoli che l’avrei portata via da quel posto e che l’avrei fatta vivere come una regina. Cosa che poi feci con successo.»
«E come avreste fatto?»
«Vivendo a stretto contatto con i più ricchi di questa città. È grazie a loro se mi hanno insegnato a diventare un abile imprenditore come lo sono tutt’ora… Dovevo combattere contro i pregiudizi della gente e contro i nemici gelosi e invidiosi. Fortunatamente, la maggior parte dei signori di questa città mi hanno voluto subito bene, anche se ero figlio di contadini. Il mio viso e il mio sguardo innocente avevano intenerito un sacco di persone. Ma poi, divenendo sempre più ricco per tutta l’eredità che i vecchi signori morenti lasciavano solo a me, sono diventato una persona diversa. Una persona più cattiva e maledetta.»
«Ora si spiegano un sacco di cose» fece Kaito «Ma cosa centra tutto questo con mia madre?»
«Tua madre era profondamente infelice. Non capiva perché mi comportavo in maniera così rude con lei… Alla fine, non ce la facevo più a sopportarla… E lei, che aveva perso tutte le speranze su di me, morì di pazzia e di dolore.
La dovetti internare in una casa di cura.
Ma invece di migliorare, era peggiorata in maniera indicibile, suicidandosi una mattina d’inverno.
Io amavo tua madre. L’ho sempre amata…»
«Ma il denaro non ha fatto altro che avvelenarvi l’anima…»
«Sto cercando di migliorarmi. È per questo che mi sono fidanzato con Caren. Per cercare di tornare la persona che ero un tempo.»
«Volete sapere allora i risultati? State peggiorando ogni giorno che passa.»
«Mi dispiace…»
Le parole di Gaito sembravano sincere.
Adesso Kaito capiva un sacco di cose su di lui.
Capiva perché era così cattivo e in che modo orribile era morta sua madre.
«Spero solo che un giorno di questi tu mi possa perdonare» lo implorò Gaito.
«Non lo so… Se un giorno dovesse accadere, passerà un sacco di tempo. Ve l’assicuro.»
«Tranquillo. Ho tutto il tempo di questo mondo» ribadì l’uomo ritrovando il sorriso.
«Comunque, se volete migliorarvi in qualche modo, cercate di amare Caren come avete amato mia madre quando vi siete conosciuti e sposati.»
«Lo so. Mi sto impegnando di farlo… Senti, non importa che tu rimanga rinchiuso in camera tua. Sei libero di andare dove vuoi. La tua punizione è finita.»
Kaito non credeva alle sue parole.
Era la prima volta che suo padre ritirava una punizione.
«Grazie… Padre.»
«Figurati figliolo. Tu nono ti meriti tutto questo» rispose Gaito dando una pacca sulla spalla al suo primogenito «Adesso devo tornare alle mie faccende… Ci vediamo più tardi, va bene?»
«Come volete voi.»
«Bene. A più tardi, figliolo» disse infine Gaito prima di lasciare la camera dl ragazzo emanando quell’aria oscura che continuava a contraddistinguerlo.
 
 
La prima cosa che fece Kaito una volta “libero”, era cercare le sue sorelle.
«Hanon! Rina!»
«Kaito! Ma tu non dovevi essere in punizione?» domandò Rina appena lo vide arrivare.
«Spero che tu non sia scappato… Non voglio finire nei guai per colpa tua» disse invece Hanon.
«Tranquilla, sorellina. Non succederà... Ho appena parlato con mio padre.»
«E cosa vi siete detti?»
«Ecco, mi ha parlato della sua vita precedente… Di quando era povero e ha conosciuto nostra madre.»
«Cosa? Nostro padre era povero?»
In quel momento, Kaito raccontò tutta la storia su suo padre.
Hanon e Rina lo fissavano con sguardo allibito e attento.
Ma mentre stavano conversando, Gaito si avvicinò a loro.
Aveva una strana aria trasognata e tranquilla.
Come se fosse su un altro pianeta.
Ma quando si avvicinò ai suoi tre figli, qualcosa lo fece ritornare sulla Terra.
Un colpo duro lo colpì in pieno viso.
Hanon aveva colpito suo padre con tutta la forza che aveva nella mano.
«Hanon, ma sei impazzita?!»
«Siete una persona orribile… Di tutte le crudeltà che avete fatto, quella di non amare più nostra madre per colpa dei soldi, è sicuramente la cosa più meschina e schifosa di tutte.»
Kaito e Rina non osarono dire nulla.
Non avevano mai visto Hanon con quel suo sguardo pieno di tensione e di rabbia.
«Hanon, cerca di capirmi…»
«Non c’è niente da capire! So come siete fatto!»
Hanon voleva riempirlo di botte.
Ma non poteva farlo.
In fondo era sempre suo padre.
Scappò da lui e da Kaito e Rina con le lacrime che gli rigavano le guance.
«Hanon…»
«Lasciala andare, Rina. Deve riflettere su quello che è venuta a sapere…»
Sentendo il calore di suo padre sul suo braccio, Rina sentì un sorta di ribrezzo.
Non voleva essere toccata.
Non da lui.
«Padre, non posso lasciarla andare così. È mia sorella.»
«Deve rimanere sola. Solo per un po’…»
Alla fine, Rina decise di non dire altro.
Non voleva insistere più del dovuto.
Sarebbe stato tutto inutile.
«Va bene… Avete ragione…»
«Molto bene.»
Mentre Gaito era impegnato a parlare con i suoi figli, la capo – domestica si avvicinò a loro.
«Mi avete fatta chiamare?»
«Sì, Madame Taki. Assicurati che mia figlia Hanon stia bene e sia in ottima salute.»
«Certamente.»
«Adesso devo proprio andare. Ci vediamo stasera a cena.»
Kaito e Rina erano rimasti da soli con la domestica.
Essi venivano fissati da lei con sguardo interrogativo.
«Madame Taki, non sapete che è maleducazione fissare in quel modo?»
«Scusatemi, signorina Rina. Purtroppo non ho potuto fare a meno di ascoltare voi, Kaito e Hanon che parlavate di vostro padre e vostra madre.»
«E allora?»
«Vi devo dare una spiacevole notizia… Vostra madre non è morta nella maniera che vi hanno appena detto… La sua morte è stata ancora più crudele…»
Rina e Kaito si fissarono a vicenda.
«Madame Taki. Che cosa volete dirci?»

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Capitolo 8
*** Un incontro nella notte ***


Madame Taki stette in profondo silenzio per qualche secondo.
«L’ha uccisa lui… gettandola dalla roccia bianca quando voi eravate molto piccoli…»
«No… Non è possibile…»
«Purtroppo è così. Dovete credermi.»
Credere ad una simile verità, era troppo per qualsiasi essere umano.
«Nostro padre… Arriverebbe a questo?» domandò Rina con le lacrime agli occhi.
«Tutto è possibile…»
«Adesso cosa facciamo, Kaito?»
Rina fissava suo fratello in cerca di una risposta.
«Devo ucciderlo… Ucciderlo con le mie mani.»
Ma né Rina né Madame Taki volevano che Kaito si macchiasse di un delitto simile.
«Finché rimarremo in questa casa, tu non farai niente di tutto ciò!»
«Non posso permettere che il mostro che ha ucciso sua madre, nonché sua moglie, stia ancora a piede libero.»
Kaito era determinato ad ucciderlo.
Non ce la faceva più.
Non sarebbe riuscito più a guardarlo nemmeno negli occhi.
Se ripensava a tutto quello che gli aveva fatto passare, gli ribolliva il sangue dalla rabbia.
«Kaito, dobbiamo cercare di mantenere la calma…»
«E come dovrei fare, scusa?! lo sapevo che dovevo farlo fuori quando ne avevo l’occasione.»
«Non dirlo nemmeno per scherzo, Kaito. Ricordati che è tuo padre.»
«Un padre che non ha fatto altro che farmi soffrire. Ma adesso basta. Questa volta non gliela farò passare liscia.»
Kaito si gettò fuori dalla sua stanza per ritrovare suo padre, mentre sua sorella Rina e la capo domestica gli venivano dietro.
Ma una voce rimbombò nelle sue orecchie.
Una voce che lo bloccò all’istante.
«Kaito, che cosa ti succede adesso?» domandò Rina.
«Voi… Voi non lo sentite?»
«Sentire cosa?»
«Questa voce… Anzi, questo canto…»
Ma era inutile.
Rina e Madame Taki lo fissavano con sguardo stralunato.
«Kaito, sei sicuro di sentirti bene?»
All’improvviso, il suono si fece ancora più forte.
Kaito dovette tapparsi le orecchie e piegarsi dal fastidio che stava provando.
«Kaito!»
«Madame Taki… Rina… Aiutatemi.»
Ma le due donne non sapevano cosa fare.
«Portatemi alla roccia bianca… Immediatamente!»
Esse non comprendevano il perché di quella richiesta.
Decisero di non fare domande.
Non c’era tempo.
Kaito stava soffrendo in maniera incredibile.
Una volta fatto uscire all’aria aperta, il suonò calò d’intensità, fino a sparire improvvisamente.
«Kaito, perché ci hai portati qui?»
«Il canto… Quel canto assordante si è concluso…»
«Di quale canto stai parlando, Kaito?! Sto impazzendo!» domandò Rina esasperata.
«Mi stava chiamando… Quella creatura voleva me…»
«Kaito, ti rendi conto che non riusciamo a seguiti? Che cosa ci vuoi dire?»
«Lei vuole che rimanga qui… Stanotte.»
«Ma lei chi?»
«La creatura.»
«No, Kaito. Non ti lascerò tutto solo a morire di freddo solo perché hai sentito uno strano canto.»
«Madame Taki, osate ribadire i miei ordini?»
«Sì. Per il tuo bene…»
«Allora se vuoi farlo per il mio bene, fai quello che ti ordino… Anche tu Rina. Vi prego di non insistere.»
«Ma Kaito…»
«Ho una missione da compiere… Una missione molto delicata…»
«Voglio vederla, Kaito… Voglio vedere questa creatura misteriosa…»
«Purtroppo non puoi, Rina. Se non l’hai sentita cantare, non puoi nemmeno vederla.»
«E tu come fai a saperlo?»
«Lo so e basta! Adesso basta fare domande» fece Kaito spazientito.
Il giovane sapeva che Rina e Madame Taki volevano aiutarlo.
Ma lui non poteva fare altrimenti.
Doveva fare tutto da solo.
Per il bene del suo e del destino di tutti.
«Kaito, promettimi che se succederà qualcosa…»
«Farò ritorno al castello. Tranquilla» disse infine Kaito mentre chiuse gli occhi per concentrarsi sulla sua anima.
 
 
Il buio era sceso.
La nebbia stava salendo e ricoprendo sia il castello che la roccia bianca.
La notte era molto fredda.
Ma Kaito non sentiva questo bisogno di coprirsi.
Sembrava che qualcuno lo stesse proteggendo.
Era mezzanotte in punto.
Il vento si era alzato improvvisamente.
Una luce bianca e appariscente iniziò a crearsi nei pressi della roccia bianca.
Kaito non osava aprire gli occhi.
Non era ancora il momento.
Sembrava che fosse in una specie di trance.
Un sonno in cui non riusciva a svegliarsi nemmeno se voleva.
Ma c’era lei… Quella creatura misteriosa.
«Ciao Kaito» fece la creatura con tono lieve «Finalmente riesco a parlarti.»
«Tu chi sei?»
«Mi chiamo Lucia… E sono la protettrice di questo mare. Sono una sirena.»
«Una… Cosa?»
Kaito si stava sforzando di aprire gli occhi.
Tutto sembrava essere reale.
«Non aprire gli occhi, Kaito. Tu adesso stai sognando… Ma è tutto vero.»
«Non capisco…»
«Se aprirai gli occhi, rischi di farmi trasformare in schiuma di mare. Gli esseri umani non devono vedermi…»
«Perché?»
«Perché questa è la legge del mare… Ma adesso basta parlare di noi… Sono venuta qui per farti vedere qualcuno…»
All’improvviso, la luce bianca divenne sempre più forte e più brillante.
Kaito non credeva ai suoi occhi.
Era tutto impossibile.
Ma lei sembrava così vera.
«Mamma…»
«Ciao figliolo. Come stai?»
Il ragazzo era senza parole.
«Vedo che sei cresciuto molto bene. È da un sacco di anni che avevo una voglia d’incontrarti di persona…»
«Mamma, io…»
«So che vorresti dirmi un sacco di cose, ma ti prego, lascia parlare me… Devi salvare l’anima di tuo padre. Deve capire che al mondo non c’è solo crudeltà e cattiveria. Ma anche amore e felicità. La sua anima è consumata dall’odio e dai soldi. Ti prego Kaito, rendilo una persona migliore.»
«Come potete dirmi questo? Vi ha ucciso! Vi ha gettato da questa roccia bianca dove stiamo parlando.»
«Ti devo dare una notizia, figliolo… Non è stato lui. È stata una donna che tu non sospetteresti mai. Purtroppo non posso dirti il suo nome. Dovrai scoprirlo da solo…»
«Mamma…»
«Tieni gli occhi bene aperti. Colpirà te e le tue sorelle quando meno te lo aspetterai…»
La figura di sua madre era improvvisamente scomparsa.
Sembrava che il sogno da cui era immerso fosse finito bruscamente.
Ora erano rimasti solo lui e la sirena.
«Mi raccomando, fai molta attenzione. Ti aspetterò domani sempre a mezzanotte. Addio» disse infine Lucia prima di sparire nel nulla.
Kaito riaprì gli occhi
La luce bianca si era dissipata improvvisamente.
Dinanzi a lui c’era solo il buio della notte.
Dopo aver vissuto quel sogno reale, sembrò che il vento soffiasse sempre di più con impeto.
“Meglio rientrare… Non ho altro da fare qui fuori…” pensò il ragazzo coprendosi il possibile per evitare di ammalarsi di brutto.
Rientrando nel castello però, egli non notò una figura nell’ombra.
Una figura che l’aveva spiato tutto il tempo.
Una figura che avrebbe gettato la sua vita in pericolo.

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Capitolo 9
*** Una verità troppo scomoda ***


Kaito non riuscì a dormire per tutta la notte.
L’incontro con sua madre e con quella sirena nel sogno l’aveva profondamente provato.
Una volta giunta l’alba, Kaito si rivestì per scendere in cucina a fare colazione.
La prima che riuscì a incontrare, non era altro che Madame Taki.
«Già sveglio a quest’ora, signorino Kaito?»
«Sì. Stanotte non sono riuscito a dormire.»
«Che cosa è successo stanotte su quella roccia? Che cosa hai visto?»
Kaito non poteva rivelare ciò che aveva visto.
Avrebbe messo in pericolo quella sirena.
«Non è successo niente, Madame Taki» rispose il ragazzo cercando di chiudere l’argomento.
Ma Madame Taki era un osso duro.
Non lasciava niente al caso.
«Ditemelo immediatamente.»
«Non ho niente da dirvi, Madame Taki. E adesso lasciatemi andare a fare colazione. Ho una gran fame» rispose bruscamente Kaito lasciando Madame Taki piena di dubbi.
 
 
Kaito, oltre ad assorbirsi i sospetti di Madame Taki, dovette fronteggiare anche la sprezzante visione del padre.
«Kaito, non ti facevo in piedi a quest’ora.»
«Perché? È un problema se mi sveglio all’alba?»
«No. Sto soltanto dicendo che non sono abituato a vederti a quest’ora… Cambiando discorso, avete studiato per l’interrogazione di oggi?»
Kaito, inorridito dalle continue domande e pressioni del padre, si alzò di scatto battendo il pugno sul tavolo dove stava facendo colazione.
«Kaito, cosa stai facendo?»
«Sapete che vi dico? Ne ho abbastanza dei vostri continui soprusi e domande. Perché non mi lasciate vivere la mia vita in santa pace? Vedrete che diventerei una persona migliore.»
«Kaito…»
«Ah, e sapete cosa vi dico? Non seguirò più le lezioni di quel maestro antipatico e incapace. D’ora in avanti, il mio studio sarà interamente dedicato alla moltitudine di libri che devo sempre leggere in biblioteca. Non vorrei perdere ulteriormente  tempo, visto che non so se riuscirò a leggerli in tempo prima di morire… Con permesso.»
Gaito era profondamente provato.
Non riusciva a capire perché suo figlio si stava comportando in questo modo.
«Kaito, aspetta» fece suo padre prendendolo per un braccio.
«Lasciatemi. Non c’è nulla che mi farà cambiare idea.»
«È la storia che ti ho raccontato su tua madre, non è vero? È per questo che sei profondamente cambiato.»
«Se solo gli avreste dato più attenzione…»
«Sto cercando di recuperare. Caren sarà un’ottima matrigna per te.»
Sentire il nome della ragazza, Kaito sbiancò di colpo.
Finalmente aveva capito che poteva essere quella persona che aveva ucciso sua madre.
«Kaito, che ti succede? Perché non mi rispondi?» domandò suo padre scrollandogli le spalle.
«State lontano da quella donna.»
«Perché dici questo?»
«Non posso dirvelo… Non ora, almeno. È per il nostro bene.»
Kaito fissava intensamente suo padre.
Non era mai stato così serio prima d’ora.
«Kaito, vuoi dirmi cosa sta succedendo? Non ti riconosco più.»
«Se non fate subito quello che vi ho detto, ci penserò io a cacciarla da questo castello.»
Detto questo, Kaito si allontanò da suo padre.
Ma non andò molto lontano.
Caren si stava avvicinando ai due uomini.
«Buongiorno Kaito. Come stai?»
Kaito, inorridito e disgustato dalla sua presenza, si limitò ad un “bene”.
«Meno male.»
«Se volete scusarmi, devo andare a studiare in biblioteca. Con permesso» disse infine Kaito prima di scomparire dalla vista di quella donna.
«Ma cosa sta succedendo a vostro figlio?»
«Non si usa più salutare, Caren?»
«Oh, scusatemi Gaito. Buongiorno.»
«E comunque non lo so cosa sta succedendo a Kaito» mentì Gaito «Sta attraversando un periodo molto complicato. Deve essere per colpa del troppo studio.»
«O per colpa della madre…»
«Che centra adesso la mia defunta moglie?»
L’uomo fissava Caren con sguardo severo e spaventoso.
«Io… Non lo so… Sto solo dicendo che anche per me è molto diverso.»
«Ti ha per caso detto qualcosa su di lei?»
«Niente d’importante… Mi ha solo riferito che gli manca tantissimo e che la vorrebbe vicino a lui.»
«Manca a tutti…»
«Anche a voi?»
Gaito non rispose.
Si limitò a fissare brutalmente la donna.
«Questo non ti deve interessare. Ormai è una storia passata. Dobbiamo imparare a guardare avanti.»
«Sì… Come volete voi.»
«Devo andare, Caren. Ci vediamo stasera.»
«A stasera, Gaito» disse infine la donna vedendo suo marito andarsene senza salutarla come si deve.
 
 
Kaito era chiuso in biblioteca in mezzo a tutti i suoi libri che doveva ancora leggere.
Non voleva essere disturbato da nessuno.
Ma la biblioteca del castello non era un posto che riusciva a trovare solo lui.
Le interruzioni erano all’ordine del giorno.
O per la servitù o per le sue sorelle.
O per Caren.
«Ciao Kaito. Sapevo di trovarti qui» fece la donna richiudendo la porta dietro di sé.
«Non vorrei essere troppo scortese, ma devo ancora studiare molto. Quindi, se non vi dispiace…»
Ma la donna era irremovibile.
«Sì. Mi dispiace alquanto.»
«Cosa?»
«Non riuscirai a cacciarmi da qui come fai tuo padre. Pretendo rispetto.»
«Anch’io lo pretendo da voi» disse Kaito avvicinandosi a lei minaccioso «Quindi. Se non volete farvi buttare fuori dalla servitù, vi consiglio di andarvene con le vostre gambe.»
«Addirittura mi parli in questo modo? Che cosa ti ho fatto di male?»
Caren aveva le lacrime agli occhi.
Kaito non sapeva se doveva confessargli il tutto.
Voleva ancora tenerla sulle spine.
«Per ora, a me personalmente non avete fatto niente di male… Ma siete sicura di essere in pace con voi stessa?»
Caren sbiancò di colpo.
Forse era stata colta su di un fatto grave.
Ma avrebbe confessato?
«Caren, perché non mi rispondi?»
«Ti ho visto questa notte… Parlavi nel sonno… Come se tu fossi sonnambulo…»
«Cosa? Tu… Mi spiavi?»
Dalla disperazione, Caren passò ad avere un ghigno malefico.
«Sapevo che nascondevi qualcosa di molto segreto. Non potevo permettermi di non starti attaccato incessantemente… Mi avresti portato alla verità che questo luogo cela: la manifestazione della sirena.»
Kaito era impietrito.
Il suo segreto era stato svelato.
E adesso cosa poteva accadere?
Davvero Lucia si sarebbe trasformata in schiuma di mare?
«Maledetta! Non dovevi!»
Il ragazzo inchiodò la donna al muro.
«Non ti impedirò che voi uscite da qui…»
«Hai paura che io spifferi tutto? E fai bene… Ti tengo sotto scacco, Kaito. La tua vita non sarà più la stessa…»
«Che intendi dire?»
«Se non vuoi che io riveli a tutti che tu hai visto una sirena, allora dovrai fare tutto quello che ti ordino.»
«Non starò mai sotto il tuo ricatto!»
«E invece lo farai. Ci tieni a quella sirena, vero?»
«Io…»
Kaito non riusciva a parlare.
Sembrava che qualcosa lo bloccasse.
«Sei un tipo molto timido. Uno che non riesce a esprimere i propri sentimenti… Ma io lo so bene che faresti qualsiasi cosa per lei. Anche se l’hai incontrata solo una volta, so quello che provi. L’ho capito da come ti comportavi in sonno… Il tuo è amore.»
Quella parola lo pietrificò all’istante.
«Tu sei pazza…»
«Il pazzo qui sei tu. Che cosa credevi di fare con quella sirena? Credevi che avrebbe riportato in vita tua madre?»
«Io non ho mai creduto niente di tutto ciò. Ormai mia madre è morta. Mi è bastato solo parlare con lei.»
Caren scattò in una risatina isterica.
«Perché state ridendo? Mi prendete forse in giro?!»
«Povero sciocco che non sei altro… Non m’importa dei sentimenti che hai su tua madre… So che ti hanno confessato tutto…»
«Quindi è vero?»
«Sì. Sono stata io a gettarla da quella roccia e ad ucciderla.»

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Capitolo 10
*** Angeli custodi ***


Kaito era profondamente scosso.
«Non voleva rivelarmi il suo segreto… Non voleva dirmi che stava parlando con una creatura misteriosa. Ho provato a estorcergli la confessione in tutti i modi, ma niente. Ho fallito.
Per paura di venire cacciata da quel castello, decisi di metterla a tacere una volta per tutte.
Non potevo permettere di rovinare la mia reputazione di capo – domestica che avevo.»
«Cosa? Tu prima eri la capo – domestica del castello?»
«Sì. Fino a quando non ho deciso di licenziarmi e di cambiare vita. Mi sono nascosta per anni e anni, cambiando anche le mie sembianze. Infatti tuo padre non è mai riuscito a riconoscermi…»
«Sei una vile assassina.»
«Offendimi quanto vuoi, ragazzo. Ma non riuscirai a fermare il mio operato… Presto, tu e la tua famiglia sarete solo un ricordo. Dopo aver eliminato tua madre, riuscirò a mettere a tacere te e gli altri. Ma prima, devo incontrare questa sirena… Ed avrò bisogno di te.»
«Preferisco morire piuttosto che aiutarvi.»
«Ah sì? Preferisci vedere l’intero castello andare distrutto e gli affari di tuo padre misteriosamente fallire?»
«Che tu sia maledetta!»
Kaito non ci vedeva più dalla rabbia.
Stava per colpirla.
Ma all’ultimo momento, Caren riuscì ad evitarlo.
«Sfogati quanto vuoi… Ma non  riuscirai mai a togliermi di mezzo.»
«Scommettiamo?!»
Prima che Kaito potesse riprovare a colpirla, Madame Taki entrò di prepotenza nella biblioteca.
«Che cosa sta succedendo qui? Kaito!»
La voce della donna riuscì ad immobilizzarlo all’istante.
«Che cosa stai facendo?»
«Cacciate immediatamente questa donna! È un’impostora.»
«Kaito, è la fidanzata di tuo padre. Non posso mandarla via.»
«Ed io, come primogenito di questa famiglia, ti ordino di fare quello che ti ho detto.»
«Vedi? Nemmeno le domestiche accettano di eseguire i tuoi ordini.»
«Caren, vi prego di spiegarmi cosa sta succedendo.»
«Senz’altro… Questo ragazzo voleva aggredirmi, accusandomi di un crimine inesistente.»
«Che genere di crimine? Io non capisco.»
«Mi ha accusata di aver ucciso sua madre.»
«Cosa?»
«Ma vi rendete conto? Questo ragazzo ha dei seri problemi.»
«Sì Madame Taki, finalmente ho trovato la criminale che da più di dieci anni stavamo cercando.»
«Ma Kaito, è stato vostro padre…»
«No. Lui è innocente.»
Madame Taki non sapeva a cosa credere.
Doveva dare ascolto a quella donna o a Kaito che aveva cresciuto con le sue mani quando la madre era venuta a mancare?
«Che cosa sono queste urla?»
Anche Gaito, accompagnato con le sue due figlie, era corso in biblioteca.
«Meno male non siete partito… Vostro figlio stava per mettermi le mani addosso.»
«Cosa? E’ vero quello che sta dicendo, Kaito? Rispondi!»
«Padre, è lei che ha ucciso mia madre. È lei l’assassina.»
«Ma cosa stai farfugliando? Tua madre è morta impiccata nella casa di cura dove l’avevo spedita personalmente.»
«E questo cosa ve lo fa credere?»
«Il suo corpo giaceva morente in quella stanza. Il suo corpo era appeso al soffitto.»
«E se qualcuno ce l’avesse portata per rendere il tutto un incidente?»
«Impossibile. Le infermiere della casa di cura si sarebbero immediatamente accorte se qualcuno di sospetto si fosse aggirato durante la notte in quell’edificio.»
«A meno che qualcuno non fosse d’accordo con Caren…»
Hanon aveva rotto il suo silenzio.
«Hanon ha ragione. Magari qualcuno era d’accordo con lei e l’ha fatta entrare» fece Rina dando man forte alle parole di sua sorella.
«Menzogne!» tuonò subito Caren.
Gli umori nella biblioteca si facevano sempre più tesi.
Madame Taki e Gaito non sapevano più a cosa credere.
«Non dare ascolto a quelle parole, Gaito. Io non ti mentirei mai.»
Più Gaito fissava Caren, più si convinceva che stava mentendo.
Lo si leggeva nei suoi occhi pieni di rabbia e di crudeltà.
«Caren… Come hai potuto?»
«No… Gaito…»
«Hai ucciso l’unica donna che io abbia amato… Come hai potuto!»
«Sono io la donna che hai sempre amato e che amerai per il resto dei tuoi giorni!» minacciò Caren.
La donna sembrava fuori di sé.
Sembrava avvolta da una sorte di rabbia irrefrenabile.
Ma poi, dando sfogo a tutta la sua cattiveria, Caren si trasformò in una creatura marina e oscura.
«Mi avete scoperto… Maledetti. La magia oscura ha cessato il suo potere… Ma non finisce qui. Kaito verrà con me.»
Caren stava scappando dal castello con Kaito.
Gaito, Madame Taki e le due sorelle del ragazzo non poterono impedirlo.
Caren li stava controllando contro la loro volontà.
«Maledetta! Riporta indietro mio figlio!» gridò Gaito.
«Quando avrò finito con lui, verrò subito da voi» disse prima di gettarsi dalla finestra della biblioteca mandandola in frantumi.
 
 
Caren aveva portato Kaito nel luogo dove tutto era cominciato: la roccia bianca.
«Non riuscirai a farla franca. Lucia non si materializzerà mai qui da te.»
«Appena capirà che avrai bisogno d’aiuto, accorrerà immediatamente. L’ora sta per giungere.»
Alla fine, arrivò la mezzanotte.
Ma dinanzi a loro, non era cambiato niente.
Era tutto tranquillo.
«Perché non succede niente?!»
«Te l’avevo detto…»
«Taci tu! Se la sirena non si presenterà, ti lascerò morire in queste acque fredde.»
La mezzanotte era passata, ma della sirena nemmeno l’ombra.
«Molto bene. La mia pazienza si è completamente esaurita… Sei pronto per morire, Kaito?»
Caren teneva il ragazzo sull’orlo del precipizio.
«No! Non farlo!»
«Avete cercato di sfidarmi… Ma adesso è venuta l’ora di farla finita. Addio, Kaito!»
Senza pensarci ulteriormente, Caren gettò il ragazzo nelle acque fredde che si infrangevano sulla scogliera.
Kaito non era un abile nuotatore.
Riusciva a malapena a stare a galla.
E le acque gelide di quel posto, non lo aiutavano sicuramente.
Stava per morire affogato.
Una fine atroce come quella di sua madre.
Ma il suo momento non era ancora arrivato.
Prima di chiudere definitivamente gli occhi, vide qualcosa avvicinarsi a lui.
«Ma cosa…»
«Kaito, sono io. Lucia.»
Sembrava che stesse sognando ancora una volta.
Ma questo era tutto vero.
Stavolta Kaito poteva vedere Lucia in carne ed ossa.
«Lucia… Sto morendo…»
«No. Tu non morirai. Ci sono qui io a proteggerti.»
Prima che il ragazzo potesse perdere i sensi, la sirena lo prese con sé per riportarlo in superficie.
Caren, che si era goduta tutto lo spettacolo, fissava la scena dei due amanti con sguardo intrigante.
«Finalmente ci incontriamo, sirena... Sapevo che se avrei gettato quell’inutile umano nel mare, avresti fatto di tutto per di impedirlo e di manifestarti a me.»
«Complimenti. Il tuo piano ha avuto successo. E adesso cosa vuoi da me?»
«Sarò io l’unica padrona indiscussa di tutti i mari. Il tuo potere non può nulla contro il mio.»
Il combattimento delle due creature era cominciato.
Chi avrebbe prevalso?
L’amore di Lucia o la perfidia di Caren?
«Hai provato ad uccidere l’unico umano a cui io tenevo… Non te lo perdonerò mai!»
La battaglia era senza esclusioni di colpi.
Caren stava provando in tutti i modi a ferirla e a ucciderla.
Ma Lucia aveva un’arma segreta.
Un’arma che l’avrebbe salvata definitivamente.
«Che cosa stai facendo?»
«Il mio canto riuscirà a sconfiggerti definitivamente, strega del mare.»
L’aria circostante cominciò a riempirsi di un acuto sonoro e incessante.
Era lo stesso suono che aveva attirato Kaito la prima volta che era andato da solo sulla roccia bianca.
«Smettila! Mi stai facendo impazzire!»
Ma Lucia non accennava a fermarsi.
«Arrenditi Caren. Arrenditi al mio volere.»
«No!!!»
Caren era stata sconfitta.
Il suono di quel canto era troppo insopportabile.
Non era riuscita a proteggersi in nessun modo.
«Che cosa mi sta succedendo?»
«Ti trasformerai in schiuma di mare… È quella la tua fine…»
«No! Maledetta!»
Lucia ce l’aveva fatta.
Caren ormai, era solo unricordo.
Lei e Kaito erano salvi.
«Kaito… Kaito…» gli continuò a dire la sirena.
Ma il ragazzo non sentiva.
Era svenuto.
 
 
Quando di risvegliò, egli si ritrovava nella sua camera.
Sembrava che fosse stato tutto un sogno.
Ma quando vide quella sirena con sembianze umane, allora capì che tutto quello che aveva passato era reale.
«Lucia, sei davvero tu?»
«Sì, Kaito» rispose sorridente la ragazza «MI sono trasformata in sembianze umane per rimanere vicino a te.»
«Come?»
«Tua madre mi ha chiesto di proteggerti… Ed il modo di rimanerti vicino, era di diventare umana come te.»
«Mia madre…»
«Per lei rimarrai per sempre nel suo cuore… Gli manchi tantissimo.»
«Anche a me manca tanto» fece Kaito con voce fioca «Grazie per avermi salvato… Se non fosse stata per te…»
«Adesso non ci pensare… Quel che è passato è passato. Adesso dobbiamo guardare al presente.»
«E che cosa vedi nel nostro presente?»
Lucia era arrossita improvvisamente.
Mentre si avvicinò a Kaito, il suo cuore martellò come non aveva fatto mai.
«La stessa cosa che vedi tu» rispose la ragazza prima di baciarlo.
«È davvero questo quello che vuoi?» domandò Kaito senza riuscire a credere a quello che aveva provatosentito per lei.
«Certo. Da adesso in poi non sarò più la sirena avvolta dalla nebbia che si nascondeva nelle acque del castello… D’ora in avanti sarò il tuo angelo custode.»
«Lo stesso vale per me» fece il ragazzo prima di riprendere a baciare l’unica creatura che aveva sempre amato.



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