Right behind you

di LuneDeSang
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gerard ***
Capitolo 2: *** La mariée de la Mort ***
Capitolo 3: *** Que Dieu ait pitié ***
Capitolo 4: *** Isidor ***
Capitolo 5: *** Fou amoureux ***



Capitolo 1
*** Gerard ***


Grazie per aver scelto di iniziare a leggere questa mia storia!
Premetto di non avere alcuna pretesa di voler sembrare un'esperta per quanto riguarda il gioco di ruolo di Vampire: the Masquerade. In questa storia voglio semplicemente "romanzare" una sorta di quest introspettiva dei due protagonisti, per l'appunto Isidor e Gerard, per renderla piacevole e gradita anche a chi non conosce questo gioco e/o le sue regole. 
VtM è molto complesso e ricco di regole, sottigliezze che se messe in questo contesto renderebbero la storia poco chiara e poco scorrevole, quindi mi voglio scusare in anticipo con i grandi appassionati: semplificherò e romanzerò molte "regole", non vogliatemene!



Grazie mille e buona lettura!

 
LuneDeSang
 

 

Gerard



Parigi. Ottobre 2017.
Ore 00:10.

Gerard si era appena acceso una sigaretta quando vide un'ombra muoversi nella stanza buia. L'uomo lasciò fuoriuscire un filo di fumo dalle narici che si contrassero impercettibilmente mentre si drizzava con la schiena, l'aria era fresca ed un brivido gli risalì tutta la spina dorsale mentre il suo respiro ed il suo pensiero rallentavano come per imporsi autocontrollo e concentrazione.

 

La sua pianta preferita cominciò ad appassire restando semplicemente una sterile cascata di foglie secche e morte. Gli fu chiara ogni cosa e tornò a rilassarsi accompagnando la sigaretta alle labbra facendo rischiarare una piccola porzione di oscurità sul proprio viso.

Gli occhi cominciarono ad abituarsi al buio e poté riconoscere l'intruso.

 

“Sembra che tu stia cominciando a divertirti un po' troppo con queste apparizioni, o sbaglio?”

 

“Non dirmi che ti ho spaventato... mi si spezzerebbe il cuore.” rispose una voce femminile accompagnata da una lieve risata “Ho trovato la chiave di riserva che hai nascosto e così ho pensato di entrare.”

 

Gerard accese l'abat jour e rischiarò la camera da letto mettendo in luce tutto il disordine che vi era: vestiti abbandonati sul pavimento, l'armadio lasciato con un'anta socchiusa e diversi posacenere posati in punti strategici per non far cadere le cicche sulla moquette. Poi vide lei, il suo splendido mostro. Se ne stava seduta alla scrivania sommersa di foto, carte e planimetrie. Si perse a studiarne il suo abbigliamento, ovviamente sempre ben curato e di classe, e notò che aveva scelto qualcosa di stranamente sobrio per quella sera: una camicetta bianca ed un pantalone grigio scuro.

 

“Potevi chiamarmi o semplicemente suonare il campanello, sono sicuro che ti avrei aperto, Isidor.” la rimproverò bonariamente mentre si copriva con il lenzuolo per evitarsi imbarazzo dal momento che stava dormendo nudo. Lei però non parve dare alcun segno di disagio o di disapprovazione per tutto ciò, anzi, continuò a sorridergli mentre muoveva sinuosamente il collo per scostarsi i capelli castani dalle morbide onde da una spalla.

Ancora faceva fatica ad associare Isidor a ciò che era, in circostanze diverse avrebbe preferito smettere di pensare e portarsela a letto ma qualcosa lo teneva come incatenato e sapeva bene anche il motivo. Quella donna lo aveva stregato in qualche modo e lo aveva coinvolto in qualcosa che credeva essere solo frutto di una storia dell'orrore.

La notte in cui l'aveva incontrata per la prima volta credeva che fosse frutto della sua immaginazione, un incubo fin troppo reale e sicuramente frutto di una qualche intossicazione alimentare o di una sbronza coi fiocchi, eppure non era stato affatto così poiché quella notte aveva sentito la sua gelida carne stringere la propria come se non fosse stato altro che un misero sacco di carne e sangue. Si era sentito impotente e fatalmente suo mentre lei lo seduceva con parole che lo invitavano a concedersi e a vivere per sempre.

Forse erano stati i suoi occhi? Occhi grigi dalle pagliuzze dorate che lo avevano ipnotizzato per tutto quel tempo.

Inconsciamente si portò una mano al collo dove lei lo aveva ferito. Un vampiro. Era finito nelle grinfie di una creatura tanto infima quanto bella. Doveva necessariamente darsi dello stupido perché aveva finito col cadere vittima di quel demonio.

 

“Lo so, Gerard.” lo risvegliò lei dai suoi pensieri con la sua voce pacata ed elegante sebbene con un lieve tono sarcastico. “Ma non fanno per me certe cose, se desidero qualcosa lo prendo e basta. Dunque... ti chiederai perché sono venuta fin qui a mezzanotte. È semplice: mi mancavi...”

Isidor si riscosse dalla sua immobilità e con sé mosse quell'aria gelida che l'accompagnava sempre, si alzò e si mise a sedere sul bordo del letto mentre con la mano sinistra accarezzava le lenzuola stropicciate e profumate col suo dopobarba.

“È passato un mese dalla nostra prima notte, è giusto che io mi prenda cura di te se vuoi continuare a vivere. Come ti ho spiegato il dono che ti ho fatto ha un prezzo e delle conseguenze, non tutto viene dato per nulla. Ti ci abituerai.”

Con grazia felina fece scivolare in avanti la mano con cui stava scorrendo le lenzuola e si lasciò ricadere in avanti per potersi protendere verso Gerard, lui rimase immobile mentre sentiva il lieve crepitio della sigaretta mentre ardeva stretta tra le sue dita.

Il freddo strisciò sul materasso come una fredda serpe e si appropriò della sua pelle, era normale tutto ciò? Sembrava sempre aleggiare la presenza della morte quando era in compagnia di quella donna.

Ma ormai lui non ne aveva più paura, o almeno non completamente. Lei aveva insistito tanto affinché lui l'accompagnasse nella sua caccia e quando vide con i propri occhi quale fosse la vera natura di Isidor aveva dovuto reprimere il desiderio di scappare o di aggredirla per liberare la persona che stava stringendo a sé.

 

“Tutte le volte mi domando se tutto questo per te non sia altro che un gioco, mi irriti eppure sei qualcosa di complesso da non lasciarmi scelta se non quella di continuare a vedere in che modo mi farai diventare pazzo.” Gerard sorrise quasi divertito dalle proprie stesse parole, era vero, stava diventando un'ossessione anche il solo fatto di voler capire cosa accidenti gli aveva fatto, il motivo per cui la propria forza era aumentata, di come difficilmente poteva ferirsi o di come cominciava a percepire il mondo attorno a sé. Lei abbassò lo sguardo e scosse lentamente il capo mentre si passava la mano sui bottoni della camicia facendoli uscire dalle piccole asole mettendo a nudo la pelle nivea, i seni dalla morbida curva ed il ventre piatto di una giovane donna.

Gerard dovette costringersi a respirare e ad inghiottire la saliva per inumidirsi la gola mentre spegneva distrattamente la sigaretta che ormai aveva finito di esistere.

“Dio...” mormorò lui tirandosi leggermente indietro con la schiena e col busto per appoggiarsi alla testiera del letto e lo vide. Vide la trasformazione, quel sottile cambiamento in lei, qualcosa che stava ribollendo sotto la sua pelle come un formicolio sempre più diffuso. La sua carnagione divenne più rosea e vide alzarsi il petto in un profondo respiro fino a quando il freddo nella stanza non sembrò diminuire fino a diventare pressoché una misera traccia.

Ancora una volta si sentiva una preda ma tutto ciò lo eccitava, seppur in segreto gli piaceva vedere quella donna soffocarlo con la propria presenza come se fosse inghiottito da un fascino primordiale.

Gli sfuggì un breve ansimo e lei se ne accorse.

 

“Mi ami?” chiese lei.

 

“Non scherziamo.”

 

Fu la risposta di Gerard mentre si imponeva un briciolo di dignità sulla propria mente e soprattutto sul proprio corpo, tuttavia lei non parve gradire quella risposta e lo scoprì lentamente dal lenzuolo per potergli baciare la caviglia. Sentì sotto le labbra carnose il pulsare delle sue vene e quasi provò l'impulso di morderlo per ripicca, ma proseguì a lasciargli una scia di baci risalendo fino al ginocchio ed andò su, raggiungendo la coscia. A quel punto Gerard non aveva più alcuna parola in bocca, restava in attesa di una sua reazione, avrebbe potuto ferirlo come compiacerlo e sperava vivamente in un qualche risvolto il più presto possibile, quell'attesa lo faceva fremere: non era mai stato un tipo troppo paziente ed il suo corpo ne dava conferma, nonostante l'ambiguità e la diffidenza era difficile resistere al fascino femminile.

 

Lei fece la propria mossa e lui contrasse i muscoli delle gambe mentre chiudeva gli occhi nel sentirsi avvolgere in quel modo, un piacere quasi famelico si diffuse in tutto il suo corpo mentre si lasciava nelle sue mani, non vi era più tempo per qualche pensiero coerente e scivolò in quel delizioso delirio mentre risvegliava i propri sensi e la propria libido. La sua bocca era eccitante ma non quanto quello sguardo, quella carezza leggera sul ventre e lui decise che se era quello il modo in cui doveva condannarsi... con che diritto poteva opporsi?

Gemette con voce roca e carica di desiderio, non si era accorto prima di quel momento che lui l'aveva desiderata ogni notte da quando l'aveva conosciuta. Con possessività le passò le dita tra i capelli sentendo quanto fossero morbidi e serici quelle ciocche ondulate, li sentì scivolare e li tirò appena mano a mano che sentiva crescere il proprio piacere. Quasi all'improvviso sentì con la propria pelle quella del suo seno che lo carezzava e perse definitivamente la testa, colto da quell'irrefrenabile passione ripeté più volte il suo nome e urlò quando si sentì trafiggere dai suoi denti sul ventre.

Urlò ancora quando, nel risalire, lei continuò a morderlo e a lappare il suo sangue fino a ritrovarsi viso a viso.

 

Gerard era sconquassato dal piacere e dal dolore, la sua eccitazione era quasi dolorosa e pulsava prepotentemente mentre i suoi occhi divoravano quel viso immutato nel corso dei decenni. La stanza attorno a lui era svanita per sostituire ogni cosa con lei, con Isidor. Delle vertigini si impossessarono della sua mente e lui fu totalmente suo, privo di ogni resistenza e di ogni difesa, riuscì quasi a sentire le sue mani penetrargli nella testa sebbene lei si stesse semplicemente appoggiando ai lati delle sue spalle premendo sul materasso.

Sul bel volto di lei sbocciò un sorriso e le labbra si tinsero di rosso, un rosso liquido che parve brillare alla intima luce della abat jour.

Lui la baciò in un impeto di passione e di possessività mentre sentiva quel fuoco liquido riempirgli la bocca e bruciargli l'esofago. Bevve. Bevve da lei e si sentì come trafitto da mille pugnalate da cui sanguinava solamente piacere.

Lei, languidamente, si leccò le labbra e lo lasciò respirare mentre si godeva quella sensazione di perfetta felicità. Entrambi sapevano che qualcosa era cambiato e che lui era ancora più prigioniero di lei.

 

“E adesso? Mi ami?”

 

Insistette ancora una volta seppur con un tono diverso, come quello di un gatto che aveva appena iniziato il proprio gioco col topo. E lì, in quel momento, la presa sulla mente di Gerard venne meno, come se quei tentacoli che manipolavano la sua volontà si ritirassero nel fondale di un qualche oceano sconosciuto, insieme agli altri mostri degli abissi.

Non le avrebbe mai dato alcuna soddisfazione in tal riguardo, non voleva finire con l'accettare di sentirsi un giocattolo nelle sue mani e perciò le sorrise con scherno prima di affondare il viso tra i suoi seni per baciarli, assaporarne la pelle.

Con un colpo di reni invertì le loro posizioni e le diede una risposta più semplice.
 

===

 

Ore 7:30

 

Il fastidioso ed insistente rumore della sveglia lo fece svegliare con un profondo e rauco ringhio. Il traffico della strada cominciava a farsi sentire ad appena due piani sotto di lui così come la luce del giorno filtrò attraverso le tende della sua camera.

Gerard riuscì finalmente a spegnere quel dannato marchingegno e si guardò attorno mentre si passava una mano tra i capelli scuri, non vi era alcuna traccia di lei, sebbene vi fosse rimasta una traccia del suo profumo tra le lenzuola. Doveva essersene andata prima dell'alba chissà dove, chissà con chi. Non sapeva nulla di lei a parte che era un vampiro da quasi duecento anni, non sapeva altro se non il suo nome. Si sentì geloso nel non sapere. Montò per un breve momento la rabbia e poi scemò fino a sentirsi svuotato di ogni cosa, perché non poteva sapere nulla di più di lei? Dopo quella notte avrebbe fatto di tutto per vederla ancora.

 

“Ehi, Gerard... che cosa vai a pensare? È tempo di mettersi al lavoro.”

 

Lasciò a malincuore il letto senza minimamente preoccuparsi di ricomporlo e si chiuse in bagno gettandosi quasi violentemente sotto una doccia fredda. Doveva avere la testa ben sveglia e priva di distrazioni.

Una volta pronto si mise a guardare le ultime notizie alla televisione mentre si riempiva una tazza con un caffè nero bollente, non vi era niente di nuovo o di interessante e cominciò a fare zapping mentre sfogliava dei dossier che aveva sottratto da un archivio del Louvre. A quanto pareva vi erano in corso d'opera delle nuove collaborazioni per delle opere d'arte inedite risalenti ai secoli bui. Qualcosa che parlava di esoterismo e di superstizione. Erano pezzi davvero interessanti specialmente per la richiesta sul mercato.

Riuscire a farsi inserire nell'equipe di restauro e di ricerca sarebbe stato facile se paragonato alle sue conoscenze nel settore. Avrebbe preparato tutti i pass ed i badge necessari per entrare nel museo.

 

“Allora... devo vedere che nome ho usato l'ultima volta, potrei utilizzare il tesserino di Arturo Morrello. Sì, almeno avrebbero meno sospetti nel presentarmi lì, dopotutto è una collaborazione italiana.” parlò tra sé e sé mentre ticchettava velocemente alla tastiera del suo computer mentre scansionava, modificava e duplicava documenti con la nuova identità. Sorrise soddisfatto del proprio lavoro, ci voleva grandi doti e grande fantasia per certe cose.

Ormai erano quasi le 9 e stava concludendo il tutto entrando nel database del museo per inserire l'ordine ed il messaggio della sua partecipazione. Controllò un'ultima volta l'ora per potersela ricordare nel caso in cui gli facessero delle domande specifiche e finì col prepararsi, scelse con cura l'abbigliamento che potesse rappresentare al meglio questo esperto di opere medievali e finì con il contemplarsi gonfio di soddisfazione.

L'appuntamento, la prima riunione, come lesse dall'email trafugata, era alle 11 a Boulevard Saint-Jacques.

Ci rifletté sopra per qualche istante.

Lì vicino vi era situato l'ingresso per le Catacombe di Parigi. Storse un poco il naso, non capiva perchè nei documenti non vi fosse riportato che si sarebbe scesi là sotto.

 

La cosa non gli piaceva, una sensazione a pelle come se sentisse lo stesso freddo che avvolgeva Isidor.


Continua

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Capitolo 2
*** La mariée de la Mort ***


 
"La mariée de la Mort"


Ore 17.00

Il tempo era uggioso, s'era rannuvolato fin troppo velocemente dopo l'ora di pranzo e minacciava di piovere da un momento all'altro.

Gerard ed il resto dell'equipe di storici e di archeologi erano ancora impegnati con la loro riunione e nessuno s'era accorto del fatto che tra loro vi fosse un ladro, un truffatore professionista.

Gerard era un vero esperto in storia ed in oggetti di valore, quindi l'ambito artistico ed archeologico erano da sempre stati il suo pane quotidiano e fino a quel momento, fino ai suoi 41 anni nessuno era mai riuscito a smascherare le sue truffe.

Rubava oggetti di valore inestimabile per venderli al migliore offerente, nulla di più facile almeno in apparenza, una vita avventurosa no? Eppure era come giocare a scacchi contro il fallimento: una minima mossa sbagliata e tutto poteva andare a farsi fottere.

Ebbene, dalla riunione preliminare era emerso che nel cimitero adiacente all'ingresso delle Catacombe erano state ritrovate delle vecchie lapidi che raffiguravano una sorta di raffigurazione in più parti, come se fosse stato un trittico cimiteriale. Una cosa insolita e che non era mai stata trovata prima di quel momento.

Dalle fotografie delle lapidi si poteva comprendere che vi era raffigurata una scena tipica della superstizione medievale, ovvero una Danza Macabra. Gerard sapeva che molti avrebbero pagato interi secchi di banconote per averli, troppo amanti del macabro e del vecchio per poter capire che cosa significasse davvero.

Durante la pausa pranzo, mentre condivideva quel momento con i “colleghi”, s'era proposto di recarsi sul luogo per vederli più da vicino perchè si supponeva che vi fossero delle analogie nascoste che potevano fare riferimento ad altro disperso nel sottosuolo parigino.

 

Effettivamente, si disse Gerard, quale pazzo s'era spinto ad esplorare tutto il groviglio di tunnel delle catacombe? Avrebbero trovato qualsiasi cosa e sicuramente autentica. Anche un solo osso del piede sinistro del signor Nessuno poteva valere centinaia di migliaia di euro. Il gioco poteva valere la candela almeno fino a quando non si ritrovò nel cimitero. L'aria era umica ed il suo pensiero fu quello di sperare di terminare il prima possibile quella giornata: stare senza ombrello non era di certo il massimo delle sue aspettative.

 

“Come potete vedere, qui, in questo angolo sebbene sia corroso si riesce a leggere una frase in latino. Fa riferimento ad una reliquia lasciata qui, nelle Catacombe, di... ecco, sì. Di una donna che era la sposa della Morte.” disse con serietà e concentrazione uno dei curatori del Louvre mentre indicava il punto del loro interesse ma un'altro gli fece eco ed aggiunse, mentre ispezionava a propria volta la lapide.

“Uhm, sì, ne convengo, però suppongo che si tratti di una allegoria, di una semplice metafora per indicare una fossa comune, se andiamo a prendere in considerazione la data di questi marmi... be'... c'era la Peste. Sicuramente si tratta di quella come sposa della Morte.”

 

Gerard, dal suo metro e ottantasei guardò i propri piedi ed i fili d'erba del camposanto. Il terriccio era umido e le sue scarpe vi affondavano appena rendendo la presa più scivolosa. Lentamente sbuffò una nube di fumo e fece cadere la cenere della sigaretta a terra mentre si spostava per dare un'occhiata alla terza lapide, quella presa meno in considerazione poiché meno leggibile delle altre due. Se non altro avrebbe potuto provare a vedere se vi erano raffigurazioni interessanti per spingerlo a cacciarsi come un topo nella trappola.

I suoi occhi verde muschio sembrarono divorare quei disegni, quelle lettere in latino fino a quando non gli sfuggì la sigaretta dalle labbra.

Possibile che nessuno di quegli idioti se ne fossero accorti?

Analizzò le scritte di tutte e tre le lapidi e si accorse che nessuna di essa aveva un collegamento, come minimo dovevano avere qualcosa in comune dal momento che erano un trittico in marmo... eppure... apparentemente non erano sotterrati parenti, né sposi, né nulla. Nemmeno le date della sepoltura coincidevano. Un solo particolare attirò la sua attenzione: i loro nomi formavano un anagramma e tutti e tre assieme generavano una frase. Cercò di memorizzare le lettere e le parole che riuscì a scovare con quella veloce analisi ma preferì scattare una foto col proprio smartphone per non affidarsi unicamente alla propria testa.
 

Guardò velocemente la foto che aveva appena scattato per accertarsi che si vedesse in maniera sufficiente per lavorarci sopra, poi ritornò insieme al gruppo di esperti e discusse con loro la sua teoria, ovviamente tralasciando il particolare che aveva appena scoperto: finché loro non lo coglievano era un vantaggio per lui per prendere quanta più roba potesse e contattare il suo cliente.

 

“Be', direi che potrebbe essere sia una metafora che una donna reale. Insomma, analizziamo e contestualizziamo l'opera: la superstizione per l'origine delle malattie insorgeva per qualsiasi cosa, la sposa della Morte potrebbe essere stata la donna -o la Strega- che ritennero causa di una qualche pestilenza in città. Non era insolito all'epoca, tuttavia arrivare perfino a darle un posto nelle catacombe... be', doveva essere senz'altro una donna di potere, magari la moglie segreta di un qualche alto prelato dell'epoca. Occorrerebbe fare qualche ricerca a tal riguardo per collegare il periodo alla donna in questione.”, Gerard attese delle rispose e delle idee a tal proposito e non tardarono ad arrivare. Convenivano con la sua supposizione e lui non poté che esserne grato. Nessuno si era degnato di leggere i nomi su quelle tre lapidi. Incredibile.
Tuttavia anche Gerard s'era lasciato troppo coinvolgere da quel segreto che solo lui era riuscito a cogliere. Se solo avesse tolto il muschio che ricopriva la base di quella vecchia lapide avrebbe anche trovato una raffigurazione che forse lo avrebbe fatto desistere da quella truffa.

Una città antica come Parigi nascondeva bene le sue maledizioni nelle viscere dell'oscurità e forse sarebbe stato saggio lasciarle al loro oblio nel tempo.

 

===
 

 

Ore 20:03

 

Pioveva. Pioveva ormai da due ore.

L'acqua batteva con forza e prepotenza contro i vetri delle alte finestre dell'elegante appartamento nel centro di Parigi. Nemmeno le tende pesanti riuscivano ad attutire quel suono incessante come lo scroscio di un applauso infinito. Tuttavia tutte le luci in quella casa erano accese mentre si diffondeva il dolce aroma di un profumo alla rosa.

 

Isidor era seduta alla propria Vanity mentre si spazzolava i capelli castani, un rito che ripeteva tutte le notti non appena terminava il suo sonno diurno. Dopotutto le vecchie abitudini non smettevano mai di ripetersi e lei adorava quella piccola e sciocca cura che si riservava in quei momenti di intimità personale, era come se, in quel gesto, ritornasse ai tempi in cui era viva ed in cui la sua casa era sempre affollata da amici, spasimanti ed ammiratori.

Solo che in quel momento ora da sola. No, non era di certo una solitudine forzata, ma semplicemente una sera in cui aveva deciso di non concedersi alla compagnia altrui. La donna posò la spazzola con cura insieme alle altre piccole cose che componevano il suo ripiano e si osservò allo specchio con una cura quasi maniacale. Il suo sguardo si posò sulle sopracciglia, sottili ma ben delineate poi agli occhi grigi contornati da ciglia folte e ben ricurve, alla linea del naso stretto ed infine alle labbra rosee e carnose come quelle di un bocciolo di rosa. Sempre attraverso il riflesso dello specchio guardò la stanza alle proprie spalle e si stupì di quanto tempo fosse passato: quella era la casa della sua infanzia, la casa in cui era cresciuta con la madre e con il suo detestabile patrigno, un uomo freddo e senza scrupoli che si vantava della moglie-trofeo e della figliastra da poter dare in pasto a qualche ricco benestante per accrescere la propria influenza.

Cose del passato che la trascinarono senza volere a quel periodo buio della sua vita. Molte cose erano successe quando aveva solamente quindici anni e da allora s'era sempre ripromessa di non cedere mai più a nessuno, di essere ciò che voleva e di non appartenere a nulla se non ai propri desideri. Nei suoi occhi si ricostruì velocemente la gelida stanzetta del Salpetriere, il vecchio manicomio della città, un complesso ospedaliero molto famoso nella Parigi del diciannovesimo secolo, che l'aveva vista come ospite per sei mesi infiniti.

 

Pioggia. Pioggia. Pioggia.

 

L'acqua che continuava a battere su quelle dannate finestre disegnarono i contorni della maledetta sala dell'idroterapia. Sotto i piedi nudi risentì il gelo di quelle piastrelle bianche e blu, sentì l'acqua della vasca che si era riversato a terra. Le mani di uomini senza vergogna e senza bontà la afferrarono per tutto il corpo da un passato lontano. Si sentì soffocare sebbene così non fosse, si sentì nuovamente impotente e violentata, percossa e derisa fino a quando il rombo di un tuono non scoppiò nell'appartamento e nella sua testa facendola sussultare mentre tratteneva un urlo in gola. Il vento aveva spalancato una delle finestre e vide il tendaggio agitarsi in preda a quel dannato temporale.

Quei ricordi non sarebbero mai stati cancellati dalla sua mente, quelle mani non sarebbero mai svanite dal suo corpo sebbene lei avesse chiuso a chiave tutto in un angolo remoto di sé.

Nuovamente padrona della realtà, Isidor, si passò una mano sul collo e sul petto mentre si alzava dalla toelette per piazzarsi di fronte alla finestra spalancata e si mise a guardare Parigi sotto la pioggia, l'aria le sferzava il viso spettinandole lievemente i capelli, un taxi s'era appena fermato sotto le sue finestre e ciò attirò il suo sguardo. Con aria distratta guardò chi fosse e perché s'era fermato proprio da lei, tutto il palazzo era una sua proprietà, un acquisto necessario per impedire la perdita di una parte della sua storia.

 

Il taxi si sostituì nella sua memoria con una carrozza che...

 

No, il ricordo non poté andare avanti poiché vide che si trattava di Gerard. Come aveva fatto a trovare il suo rifugio? Quasi scocciata per quella visita richiuse la finestra e tirò con cura il tendaggio di stoffa pesante e si avviò all'ingresso del suo appartamento restando in attesa del suo ghoul, del suo servitore.

Non dovette aspettare molto prima di ritrovarselo davanti con un'espressione di vittoria nell'averla trovata.

 

“Bravo. Davvero, ti faccio i miei complimenti, come hai fatto a trovarmi?” domandò lei mentre si scostava per permettergli di entrare.

“Ho anche io le mie fonti. Basta sapere a chi chiedere, non passi di certo inosservata. Ad ogni modo... oh sì mi sei mancata anche tu.” replicò lui mentre si toglieva il lungo cappotto quasi del tutto fradicio e lo appoggiò sull'elegante attaccapanni riposto subito accanto alla porta.

Gerard non immaginava che Isidor, che un vampiro, vivesse in una casa “normale”, certo era di lusso, con mobilio d'antiquariato in condizioni perfette e dal valore inestimabile ma... si aspettava qualcosa di più classico e di più pacchiano come una cripta o simili.

Lei, come se gli avesse letto nel pensiero, si sistemò la vestaglia di raso sul seno e lo anticipò per accomodarsi nell'elegante salotto.

“Se ti stai domandando perché non ci sono ragnatele, bare e teschi è giusto che tu sappia che quelle cose stanno solo nei film. Le comodità piacciono molto anche a noi ed è senz'altro più comodo un letto che una bara in legno. Immagino che tu sia qui per una ragione oppure eri semplicemente impaziente di vedermi? Mi auguro che sia per la seconda opzione, mi piace crogiolarmi della passione di un amante focoso.”
 

L'uomo dai capelli scuri e dagli occhi verdi sorrise ripensando alla notte precedente e dal risvolto che aveva avuto. Ripensò alla loro notte e provò nuovamente il desiderio di lei, così pericolosa e allo stesso tempo così invitante mentre se ne stava avvolta in quella sottile vestaglia dai colori crema ed avorio, tuttavia non era lì solo per il piacere. No. Aveva impiegato quasi due ore per cercare qualcosa riguardo a ciò che aveva scoperto al cimitero in quel pomeriggio e forse lei poteva avere delle risposte più plausibili dal momento che era una creatura ben più antica e sovrannaturale.

Attese che la vampira si accomodasse su una poltrona che pareva essere il suo scranno e dunque prese posto di fronte lei su un divanetto rivestito di seta dalle fantasia barocche.

 

“Suppongo che tu sappia che tipo di lavoro io svolga... insomma, tu hai detto di essere un'amante dell'arte ed in un certo senso lo sono anche io. Mi guadagno da vivere trafficando opere d'arte e vorrei farti entrare in un mio affare se deciderai di aiutarmi.” cominciò lui con molta diplomazia. “Forse sei la persona che sto cercando, Isidor.”

 

Lei non disse nulla e si limitò ad offrirgli un cenno come per dirgli che aveva la sua attenzione.

 

“Si tratta di una scoperta recente, proprio qui nel cuore di Parigi. A quanto pare nelle catacombe si nasconde una reliquia ed un relativo tesoro appartenuto ad una donna del quattordicesimo secolo. La squadra di archeologi e di storici del Louvre hanno mal interpretato tre lapidi e pensano che si tratti di tutt'altro tuttavia sono riuscito ad estrapolare un anagramma e mi ha riportato questo 'Nel sonno eterno dovrò restare. Mai il Mietitore mi dovrà trovare'. Sì, prima che tu possa dire qualcosa di sarcastico, sembra proprio la filastrocca di qualche film scadente. Ma ti assicuro che non è così. Mi chiedevo se le parole “la sposa della Morte” ti diceva qualcosa.”

 

A quel punto Isidor si lasciò sfuggire una risata controllata, credeva che Gerard fosse un uomo pragmatico e non un avventuriero del mistero e di cose simili e poi sì, la frase sembrava abbastanza ridicola messa lì su due piedi.

Si sistemò meglio sulla poltrona e si strinse nelle spalle mentre alzava lo sguardo al soffitto per riflettere su ciò che le aveva chiesto.

“La sposa della Morte, eh? Un nome molto emblematico e drammaticamente romantico. Pensi che possa esserci un vampiro dormiente lì sotto? Non è da escludersi, il diavolo solo sa quanti di noi giacciono in un torpore simile ad un sonno eterno nei posti più disparati. Ad ogni modo... negli anni mi sono soffermata a leggere vecchie cronache e per quel che so... c'è stata una 'sposa' dal nomignolo simile ma... è morta molto tempo fa. La chiamavano anche 'la donna nera' per via della sua pelle. Un vampiro molto antico e dai grandi poteri che ha raggiunto la Morte Ultima a Londra, nel 1666. Si diceva che fosse la sposa di un essere altrettanto antico.”

 

Gerard fu come rapito da quelle parole, incredulo che fosse tutto così reale, che lei fosse davvero lì e che fosse davvero immortale. Si riscosse da quei pensieri ed annuì pensieroso. Se quella non era la donna di cui lei gli aveva citato allora... di chi si trattava? Sempre se di una donna si stesse parlando. L'unico modo era andare a vedere ed a cercare di persona.

“Se non sbaglio, ora che ci penso...” riprese Isidor mentre si alzava dalla poltrona passeggiando lentamente per la stanza, “Il suo nome all'epoca era Jane Pennington.”

Un altro tuono esplose all'improvviso, mentre finiva di nominare quel nome. Lei rise per quella coincidenza mentre Gerard dovette reprimere un'espressione turbata, parlare di quelle cose così estranee a lui lo aveva fatto diventare superstizioso abbastanza da credere a qualsiasi mostro della sua infanzia.

“Il suo sposo-amante da cui lei si nascondeva non è altri che il Mietitore, o almeno così lo chiamano i miei Fratelli, quelli che condividono il suo stesso sangue. Una creatura terrificante ed incorporea che può uccidere indiscriminatamente a seconda del suo desiderio. Alcuni dicono che arrivi durante il sonno su un carro nero trainato da sei neri destrieri che odorano di putrefazione.” Isidor vide Gerard impallidire e gli si mise seduta sulle ginocchia accarezzandogli il petto per poterlo rincuorare.

“Suvvia, mon cher... è impossibile che si tratti di lei. È cenere. Da secoli!”

Il ghoul sembrava ancora piuttosto pensieroso ma alla fin fine se si trattava di vecchie storie perché doversene preoccupare?

“Ho capito, devo accompagnarti nelle Catacombe. Non sarà una cosa semplice, nessun mortale si è spinto ad esplorare tutti i tunnel e molti di essi sono ostruiti o crollati o peggio ancora... sono a rischio. Per me non sarebbe certo un problema ma per te...” fece una pausa mentre rifletteva, “Credo che potrei sfruttare qualche vecchio favore e qualche conoscenza per riuscire ad ottenere una guida. Però tu devi essere sincero con me adesso: quanto c'è in ballo?”

 

Un diversivo inaspettato. Dovette rendersene compiacente per quella serata dalle notizie accattivanti. Un tesoro, una ricerca oscura e la paura di andare a scoprire antichi segreti. Non poteva che essere il preludio ottimale per uccidere il tedio di una vita senza più emozioni.

Nel frattempo il mondo al di là delle finestre dell'elegante palazzo rococò imperversava ancora quel tremendo temporale e gli improvvisi lampi che si diramavano nell'oscurità del cielo illuminarono quello che sembrava un volto urlare in un muto ed inquietante monito.

 

Questione di un batter di ciglia. Quell'oscura presenza sembrò non esistere più nel cielo.


Continua

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Capitolo 3
*** Que Dieu ait pitié ***


"Que Dieu ait pitié"

 



“Stai tranquillo, dovrebbe arrivare a momenti.”

 

Esordì Isidor con tono paziente mentre restava ben stretta al braccio di Gerard sotto la pioggia scrosciante. Entrambi erano riparati sotto un ampio ombrello, seminascosti dalle ombre create dalla scarsa luce di un lampione a pochi metri dall'ingresso del cimitero di Place Denfent-Rochereau.

Quella notte sembrava che nessuno volesse avventurarsi fuori di casa con un tempo del genere e quindi non poteva che essere tutto a loro favore se volevano entrare nella chiesa all'interno del parco.

Gerard sembrava piuttosto nervoso dopo quello che Isidor gli aveva raccontato a riguardo della “sposa della morte” inoltre dovevano incontrarsi con un “suo amico”, che a detta della vampira era un esperto del sottosuolo ma ancora non c'era alcuna traccia di questo individuo.

L'uomo si domandò se non fosse stato meglio restare all'appartamento di lei ed impiegare il resto della serata per conoscersi meglio, magari sarebbe stato più gratificante e più sensato aspettare il giorno per avventurarsi nelle catacombe, ma del resto non sarebbe stato possibile per lei. E poi... diciamocela tutta, non voleva sembrare un pisciasotto.

 

Sospirando si voltò a guardare Isidor. Anche nei piccoli gesti sembrava una creatura al di fuori del suo contesto, ne osservò i lineamenti mentre lei teneva la sigaretta accostata alle labbra e vide che non sembrava per niente impressionata o preoccupata, anzi pareva assente ed assorta in chissà quali pensieri.

Ad un certo punto la loro attenzione venne rapita da un movimento alla loro sinistra, qualcuno stava svoltando l'angolo per procedere nella loro direzione, immediatamente Gerard si irrigidì un poco e cinse la vita di Isidor con un braccio sbuffando sonoramente.

 

“Quanto tempo pensi che ci metterà ancora quel tannato taxi?” chiese senza una valida ragione, con voce scocciata. Aveva visto che si trattava di un gendarme e voleva evitare che facesse domande sul perché fossero lì impalati a non fare nulla proprio davanti alla cancellata del parco.

 

L'uomo proseguì raggiungendoli e li osservò in silenzio porgendo loro semplicemente un saluto col capo poi li superò e parve come sparire nell'oscurità, ma era come se la sua presenza fosse comunque presente, o almeno era quella la sensazione del truffatore in quel momento. Con circospezione lanciò un'occhiata ad Isidor, come per chiederle il motivo di quel silenzio e del perché non gli reggesse il gioco, ma nel notare il suo sorriso guardò nella direzione in cui il gendarme era sparito e vide qualcosa, qualcuno.

La stazza dell'uomo era cambiata diventando più imponente, così come gli indumenti e lentamente si fece avanti quel tanto per mettere in mostra il viso che pareva essere assurdamente deforme. Istintivamente e stupidamente Gerard si mise davanti ad Isidor come per proteggerla ma non fece altro che rendersi ridicolo.

 

“Oh... vedo che ti sei scelta un bel pezzo di uomo. Davvero, mademoiselle Isidor. Mi spiace avervi fatto aspettare ma... diciamo che questa non è una zona che mi compete ed inoltre al Principe non piacerà sapere che sono stati valicati i confini di una zona interdetta. Ma suppongo che per lei, François, farà un'eccezione e ci risparmierà. Prego, seguitemi. Ho da chiedervi un paio di cose.”

Il Nosferatu sorrise mettendo in mostra la fitta fila di denti acuminati ed alcune vesciche purulente sul viso che pareva già essere una maschera deforme.

“Louis, lui è Gerard Thomas, il mio ghoul. Gerard, lui è monsieur Louis Dalglish. È un mio Fratello del clan Nosferatu, sono i migliori nel conoscere il sottosuolo di Parigi. Ed i migliori a sapere come intrufolarsi in posti come questo.” Isidor si prese carico di questa breve ma esaustiva presentazione e Gerard non poté fare a meno di toccarsi il viso nei punti in cui aveva visto quelle ferite piene di pus sul volto dell'altro vampiro con un'espressione decisamente confusa ed assorta, come era possibile che un uomo fosse conciato in quel modo?

E, come se fosse stato un bambino, Isidor lo rimproverò dandogli un buffetto sulla mano come per dirgli che era cattiva educazione indicarsi in quel modo il viso viste le condizioni della loro “guida”.

 

“E andiamo, Isidor, troppa formalità. Chiamami semplicemente Lingualunga, d'accordo bell'imbusto? So perfettamente chi sia questo signore. Dimentichi che noi sappiamo sempre tutto, mia cara. Certo che tutti noi ci aspettavamo che prendessi sotto la tua ala un qualche sceneggiatore od un musicista dall'animo tormentato e dalle discrete dimensioni”, Louis ridacchiò malizioso mentre lanciava quella provocazione, “Non certo un ladro di opere. Ad ogni modo... quando impareranno a mettere dei lucchetti decenti questi idioti?! Rendono sempre le cose troppo facili. Forza, entrate e fate in fretta, non devono vederci e non vedo l'ora di mettermi al coperto, odio la pioggia: devo già sopportare l'acqua della fogna, ci manca solo quella che cade dal cielo.”

Lingualunga brontolò sonoramente ed aggiunse una qualche imprecazione non ben comprensibile mentre scostava quel tanto che bastava il cancello del parco e già poterono scorgere la chiesa che fungeva da ingresso alle catacombe. I loro passi venivano attutiti dall'acqua sulla ghiaia e le loro tracce parevano essere immediatamente cancellati fino a quando non raggiunsero la loro meta.

 

“Allora, non mi hai detto granché al telefono riguardo a questa escursione notturna... perchè proprio qua sotto, nh? Vuoi che tiri ad indovinare” nella voce di Lingualunga si poteva sentire perfettamente un tono sarcastico, era ovvio del perché Isidor avesse scelto e chiamato proprio lui ma voleva vedere di che pasta era fatta la signora e soprattutto quel damerino che si portava appresso.

 

Isidor si strinse nelle spalle mentre si toglieva una goccia d'acqua dal viso prima che potesse rovinarle il trucco, un gesto abitudinario e praticamente immancabile per una come lei nonostante il tempo assurdamente tragico e bagnato.

“Gerard ha trovato una buona occasione e voglio dargli l'opportunità per sfruttarla, inoltre mi fa piacere notare che ricordi ancora il favore che mi devi, Louis. Fatto sta che qui sotto c'è qualcosa che non torna, forse un gigantesco buco nell'acqua oppure qualcosa che va oltre la nostra conoscenza. Sicuramente si tratta di qualcosa di interessante se lo stesso François ha negato l'accesso.”

 

Entrarono nella chiesa e finalmente sentirono l'umidità della pioggia abbandonarli per poter essere accolti dalle tenui e traballanti luci delle candele che ardevano nei diversi altari insieme alle locandine turistiche, fotografie e teche per i miracoli oltre che con tutte le stupide mappe plastificate per i tour della città. E nonostante quegli oggetti così altisonanti sembrarono essere sbalzati indietro nel tempo forse per merito o colpa della scarsa illuminazione. I due vampiri sembravano essere completamente a loro agio in quella semioscurità e parevano non doversi concentrare troppo per non urtare qualcosa, al contrario Gerard era impacciato camminando e muovendosi il meno possibile per evitare di inciampare in qualcosa. Per l'appunto evitò di rovinare a terra dando un colpo con un portaombrelli e disse:

“Sì be', su una delle lapidi del cimitero qui dietro ho trovato un nome che...”

 

“La sposa della Morte, vero?”

 

Come c'era da aspettarsi, Lingualunga arrivò subito al dunque con un'espressione decisamente turbata e seria, immaginava che si trattasse di quella storia sebbene sperava che il motivo fosse uno più semplice.

Il vampiro e Gerard si scambiarono una lunga occhiata che parve non finire mai, dunque il Nosferatu scostò lo sguardo e si guardò attorno avvicinandosi ad uno degli altari con una statua raffigurante la Vergine, ne osservò i piedi piccoli e ben dipinti nonostante il tempo e le migliaia e migliaia di mani che li avevano toccati. Sospirò. Il suo volto sembrò ancora più martoriato alla luce di quelle candele e divenne ancora più tetro.

 

“Immaginavo che fosse per quello... Mademoiselle Isidor, è sicura di voler scendere là sotto? Quel dannato labirinto non ha mai portato nulla di buono, solo follia e morte. Che Dio me ne voglia... la sposa della Morte è davvero tumulata là sotto. Il mio sire mi raccontava spesso di quanto accadde in quel periodo e vi assicuro -sì, non fare quella faccia bell'imbusto- che quella doveva farsi chiamare “sposa del demonio”. Era una strega, una vera strega e non una di quelle disgraziate messe a bruciare sulla piazza. La donna più influente dell'occulto, una manipolatrice assassina e crudele come il Bassissimo.”, Lingualunga si tolse il basco che aveva in testa e si passò le dita lunghe ed adunche sul cuoio capelluto scostandosi dalla fronte le rade ciocche di capelli sporchi.
“La voce più accreditata era che avesse davvero venduto l'anima al Diavolo e che ne avesse ricevuto tutti i segreti per poter piegare il mondo al suo volere. Tuttavia in molti tra noi vampiri bramavano la sua conoscenza ed il suo potere ed erano convinti che avesse con sé qualcosa che le desse la forza dell'inferno. Erano periodi molto bui per tutti noi, l'Inquisizione stava passando al setaccio ogni città, ogni villaggio alla ricerca dei vampiri più giovani per stanarli e distruggerli... era quindi normale che i più Antichi bramassero ancora più potere. Be', però, tornando a noi... Nel momento in cui fu catturata, ella sentenziò la sua maledizione decretando che con lei sarebbe arrivata la Fine.” il Nosferatu si concesse una pausa per raccogliere i propri pensieri ed i propri ricordi riguardo quella torbida faccenda e quasi con malinconia alzò lo sguardo lungo la veste della Santa Vergine fino a consolarsi in quel viso intagliato che sembrava comprendere la sua stessa angoscia, “Vennero convocate numerose personalità che all'epoca potevano essere considerati veri e propri Principi, tutti volevano bere il suo sangue per acquisirne i poteri ma chi di loro provò questo gesto finì solamente in un cumulo di cenere e così la loro progenie come una maledizione che ne coinvolgeva altri a catena. Per quella ragione decisero di strapparle la lingua e di rinchiuderla qui sotto a vagare nel buio e senza alcun ché per sopravvivere. Nessuno sa fino a dove si spinse in questo groviglio di gallerie e nessuno sa per quanto riuscì a sopravvivere, per quel che ne so io... potrebbe essere viva ancora adesso. Io... non dico di essere un codardo ma pensateci bene. Una volta lì sotto non si sa che cosa si potrebbe andare in contro, è come se tutt'ora la sua tremenda magia permeasse in quelle mura: il tempo si frantuma, ombre dell'inferno si allungano per afferrare chiunque vi metta piede.”

Calò il silenzio per diverso tempo. Lingualunga studiò l'espressione di Gerard, dopotutto era per lui che sia lui che Isidor erano lì, no? Il mortale sembrava decisamente confuso oltre che sconvolto da quello che gli era stato appena raccontato, comprensibile senza alcuna ombra.

“Un ultimo consiglio, e ve lo do pure gratis: preferirei una buona bottiglia di vino ed una scopata a questa roba. Insomma, che cosa vorresti vendere? Ossa marce?! Nah, se vuoi ti dico dove si trova un magazzino di opere egizie mal custodito. Ci sono certi gioielli che... ah! Meravigliosi!”

 

Isidor, dal canto suo, non aveva mai visto Lingualunga così agitato, così preoccupato. Lasciò perdere le sue battute scurrili e fece qualche passo lungo la navata mentre lasciava il tempo a Gerard di decidere sul loro affare. Non era coinvolta per il denaro, quello ne aveva a sufficienza, ma era per il piacere di stare in sua compagnia e di poter sentire quel brivido di piacere che le scuoteva il corpo ogni volta che riusciva ad immedesimarsi nella vita stessa. Ciò che non desiderava era mandare tutto al diavolo per una pazza sadica rinchiusa lì sotto. Negli anni aveva imparato che certe cose non erano assolutamente delle favole e che forse era meglio proseguire lungo la propria strada senza interessarsi o coinvolgere cose che erano troppo oltre.

Sospirò frustrata, che fare? Forse Louis aveva ragione.

Avanzò passando da una statua all'altra e sfiorò con i polpastrelli le piccole fiamme dei cerini accesi ad ogni piccolo altare, ne sentì il calore stuzzicarle la pelle pericolosamente ma non fuggì spaventata e nemmeno ritirò la mano, si soffermò solamente alla fine del corridoio e guardò il grande crocifisso che incombeva come una presenza inquietante ma al contempo rassicurante. Sapeva che era da sempre lì, con quel Cristo dall'espressione sofferente ma compassionevole. Si stupì di quante cose fossero segrete nella sua stessa città e si domandò come facesse il Principe François Villon a tenere tutto segreto, tutto per sé. Lo conosceva da quando era stata Abbracciata ed era sua intima amica eppure... si stupì di alcune cose che erano rimaste come non avessero mai avuto nulla a che fare.

Immersa in questi pensieri si mise seduta su una delle panche di legno consunte della navata e sospirò alzando lo sguardo alla cupola riccamente decorata e lasciò che i propri sensi vagassero nel captare il lontano chiacchiericcio di Louis e Gerard.

I due stavano discutendo su quanto era stato trovato e scoperto dall'equipe quello stesso pomeriggio e Louis stava già spiegando che certe questioni toccavano a loro in quanto certe “cose era meglio non farle scoprire ai mortali”. Gerard aveva così tanto da imparare ancora, si disse Isidor con un mezzo sorriso, ma aveva superato la prova più importante: non era impazzito e non era andato in giro a dire ogni cosa.

 

Qualcosa si mosse nella sua visuale e pensò che si trattasse di Louis, si voltò e non vide nessuno: i due erano ancora dove li aveva lasciati. Ma di nuovo lo stesso movimento e si voltò di scatto cercando di riuscire a vedere cosa fosse. Rimase immobile a fissare un punto davanti a sé e lentamente, come una carezza, riuscì a sentire qualcosa che le sfiorava le spalle e la nuca, una lenta carezza impalpabile che voleva farsi sentire da lei.

Senza rendersene conto ebbe un fremito e non osò minimamente voltarsi o cambiare la propria posizione lasciando che quella cosa continuasse a studiarla. Sapeva bene per esperienza che i fantasmi o gli spettri non vedevano di buon occhi i vampiri poiché erano morti che comunque continuavano a vivere e sapeva anche che gli spiriti erano abbastanza potenti da diventare un vero e proprio fastidio.

In quel momento però non sapeva che cosa provare: fastidio? No, non era quella la sensazione che le si stava diffondendo dalle viscere, piuttosto era paura. Quella cosa continuava a corteggiarla come per comprenderne la forma ed Isidor si sentiva come frastornata e scossa da paura e riverenza.

Non riusciva a distinguerne i contorni e nemmeno voleva provarci tuttavia le parve quasi di percepire e di catturare lo strascico di un pensiero che non apparteneva assolutamente alla propria mente.

Era un pensiero contorto e confuso, un groviglio e null'altro ma che le aveva trasmesso uno stato d'animo decisamente torbido, instabile e sovreccitato.

 

Era nuovamente da sola, quell'ombra era scivolata nuovamente lontano ed Isidor riprese a muoversi come se fosse stato premuto nuovamente il tasto “play”. Si torse col busto e si alzò dalla panca mentre tornava a passo veloce verso Gerard, gli si strinse al braccio guardandolo prima negli occhi e poi scostando lo sguardo su Lingualunga.

 

“Andiamocene.” insistette quasi con tono di supplica, i suoi occhi brillarono alla luce di quelle candele e parvero ancora lontani col pensiero ma in realtà stava scrutando le auree che erano attorno a loro, un piccolo trucco dei suoi poteri preternaturali. Vide delle sagome invisibili dai colori intermittenti e flebili, erano circondati da centinaia di spettri ma solamente uno tra essi pareva essere il più forte ed era anche l'unico che restava immobile. La stretta si fece un poco più forte e sentì Gerard irrigidirsi, forse gli stava facendo addirittura male ed allentò cautamente la presa. Ancora una volta ripeté l'invito ad andarsene con una certa fermezza.

 

“Brava ragazza”, disse Lingualunga annuendo lentamente. “Voi andate, precedetemi. Ho lasciato il cancello socchiuso, penserò io a rimettere al proprio posto tutti i lucchetti e tutte le serrature, per me è un gioco da ragazzi, dopodiché me ne andrò tramite le fogne: c'è un tombino proprio qua dietro, nella zona della manutenzione del parco. Su, forza. Aria!”

Gerard non riuscì a capire che cosa stesse accadendo attorno a loro, e come poteva? Certo, i suoi sensi avevano aumentato in maniera sensibile la loro percettibilità ma ancora non era in grado di vedere o di percepire ciò che Isidor riusciva in maniera automatica.

Con un gesto meccanico, il truffatore, si alzò il colletto del cappotto per evitare che si infradiciasse nuovamente sotto la pioggia e si preparò ad aprire l'ombrello una volta giunto all'uscio della chiesa.

Non appena furono sotto la pioggia poterono bearsi dell'aria fresca della notte, così diversa e stranamente piacevole rispetto all'odore stantio e forte delle candele e dell'incenso.

 

“Non so, Isidor.” esordì lui mentre camminavano stretti l'uno all'altra verso il cancello. “Se quello che ha detto è vero, credo che mi ritirerò dall'idea di concludere il mio affare. Inventerò una scusa al mio ricettatore e proverò a trovare qualcosa di più semplice.”
Galantemente le aprì la cancellata e le lasciò il passaggio. “Non sono un tipo troppo sentimentale e personalmente bado ai miei interessi ma ho un brutto presentimento, no, non fare quella faccia... non dico per me, ma per quelli che sicuramente andranno avanti in questa ricerca.”

“Lasciali al loro destino, non sei assolutamente responsabile delle loro questioni. Imparerai che alle volte è meglio ignorare la propria umanità per la propria sopravvivenza.” la vampira rispose quasi con tono gelido e distaccato mentre si voltava sorreggendo l'ombrello per coprire Gerard mentre richiudeva alle proprie spalle il cancello di ferro.

“Torna a casa, Gerard. Fatti un bagno caldo e vai a dormire. Non pensarci più.”

 

===

 

Lingualunga era rimasto da solo nella navata principale, il silenzio era il suo unico compagno e così cominciarono ad echeggiare nella sua testa diversi pensieri e diversi ricordi. Secoli prima aveva vissuto in quella chiesa, aveva pregato a quello stesso altare ed aveva vestito i panni sacerdotali quando ancora era capace di stare alla luce del sole. Certo, non era così vecchio da essere stato testimone di quello che era successo lì dentro all'epoca di quella Strega ma conosceva abbastanza bene i segreti di quella costruzione da fissare un punto preciso nell'antico confessionale.

Attraversò l'intero corridoio tra le due fila di panche e si fermò a quasi due metri dall'elegante confessionale in stile gotico, ne osservò il legno ben verniciato e lucido di cera d'api, le tende color porpora dalle frange dorate e ne vide anche i piccoli segni del tempo: alcuni graffi ben celati da un restauro recente.

Le flebili fiamme delle candele alle sue spalle fremettero e danzarono per poi spegnersi all'improvviso, il Nosferatu si ritrovò al buio ma i suoi occhi non ebbero alcun problema a vedere perfettamente nel buio più completo. Rimase in allerta e sentì la propria Bestia fremere, ringhiare, come per avvisarlo che qualcosa sarebbe potuto sbucare dal nulla per attaccarlo, ma non accadde niente di tutto ciò.

Sentì solamente una flebile corrente d'aria fredda e dall'odore putrido poi, all'improvviso, una porta nascosta nel confessionale si spalancò sbattendo con forza legno contro legno e Louis fu travolto da un vento gelido e rivoltante che ruggì dalle viscere della terra.

Istintivamente scoprì i denti aguzzi e si coprì parte del viso deforme con un braccio mentre il suo basco scivolava via dalla sua testa quasi calva rotolando sul marmo ben pulito.

Corse a chiudere immediatamente quel passaggio e si premette conto con la schiena come per imporre una resistenza e nel fare ciò si fece il Segno e guardò il grande crocifisso con occhi furenti e preoccupati. Nel corso degli anni era cambiato molto ed aveva abbandonato parte del suo animo umano ma non aveva mai perso la propria fede.

 

“Non ti lascerò uscire!” ringhiò a voce bassa. “Dio... abbi pietà di noi.”


Continua

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Capitolo 4
*** Isidor ***


"Isidor"




I vampiri non sognano mai, ad eccezione degli incubi.

 

 

Inverno del 1837, Salpetriere.

 

La cella bianca in cui era rinchiusa era gelida, la fioca luce di una piccola lanterna ad olio era affissata al soffitto ed illuminava scarsamente la desolazione della sua prigione composta da un letto con un materasso lercio ed uno sgabello. Che ore erano? Quanto tempo era passato da quando l'avevano portata lì? Odiava quel posto, odiava l'odore delle proprie urine provenire da quel dannatissimo vaso da notte.

L'unica cosa che riusciva a fare era piangere, pregare e tremare.

La ragazzina se ne stava con le ginocchia accostate al petto mentre cercava invano di riscaldarsi, la lurida camicia da notte che le avevano dato era troppo sottile e leggera per confortarla anche in minima parte, non aveva nulla e nonostante le sue suppliche di avere una coperta nessuno le aveva dato ascolto.

“È vietato.”, le rispondevano.

Ma lei aveva freddo, si sentiva così debole, al limite delle proprie forze e la sua mente, già debole, stava raggiungendo un sottile confine tra ciò che era quella realtà crudele ed un mondo di fantasia fatto dei suoi stessi incubi e dei suoi stessi pensieri. Ormai passava il proprio tempo nella culla del sonno come unica opportunità di evadere da tutto quello.

Quasi impercettibilmente si mosse distendendo le gambe, il periodo di lunga inattività le procurò fitte di dolore ai muscoli e strinse con forza gli occhi reprimendo per l'ennesima volta le lacrime, ormai anche volendo non aveva più nulla di cui liberarsi, si sentiva prosciugata da tutta quella sofferenza.

Perché Dio l'aveva abbandonata? Perché si era dimenticato di lei? Era perché aveva ceduto a se stessa, per puro egoismo e per necessità? Forse era giusta quella punizione. Ormai non riusciva più a pensare in maniera coerente, ogni volta che veniva fatta uscire da quella cella imbottita era vittima di torture e di discorsi terribili che non facevano altro che aggiungere orrore su orrore.

Meritava tutto quello.

 

No. Non era vero.

 

Dov'era sua madre? Avrebbe voluto vederla e rintanarsi nel suo abbraccio così dolce e mite, nella sua gentilezza e nella sua calma per poter pacificare il suo fragile animo. Ma sua madre non era lì, le sembrava essere passata un'eternità da quando l'aveva vista per l'ultima volta.

Sarebbe mai riuscita a lasciare quel posto? Aveva anche smesso di cantare, la sua unica dote, il suo dono era quello: una voce vibrante e potente che poteva scuotere gli animi di chi la sentiva fino alla commozione. Con che animo poteva cantare se le avevano spezzato le ali, l'anima?

Isidor provò a posare i piedi per terra e sposando il proprio peso cercò di mettersi in piedi, sentì le gambe tremare e minacciare di non sostenere il suo peso ma utilizzò tutta la propria forza di volontà per imporsi a quella pesantezza. Lasciò che il proprio sguardo corresse sulla sua figura snella e fanciullesca, dalle forme ancora acerbe ma senz'ombra di dubbio quelle di una donna. Si fissò le mani e con esse salì ad accarezzarsi il viso.

Dio! Come era sciupato! Come era consunto! Non era altro che il fantasma della sua bellezza! Qualcosa nella gola si mosse fino a sentirsi strozzare, un nodo stretto che le impedì di respirare per un lungo attimo, poi gli occhi bruciarono e sentì il singhiozzo del pianto salire.

Un rumore tuonò nella cella, qualcuno stava aprendo la pesante porta di ferro. Lei corse immediatamente in uno stretto spazio tra il misero letto e la parete rannicchiandosi come un povero animale in gabbia. Non ebbe il coraggio di aprire gli occhi. Se non vedeva nulla avrebbe potuto farle del male, no? Sentì il rumore di passi farsi sempre più vicino finché due paia di mani abbastanza forti non la presero sollevandola da terra, con tutte le forze che aveva cercò di ribellarsi, di sfuggire a quelle maledette mani ma nulla sembrava smuoverli. Sentì strisciare sotto i piedi il pavimento di piastrelle e rimase completamente accecata dalla luce del sole che entrava con violenza dalle alte finestre inferriate. Abbagliata e terrorizzata cominciò ad urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni, sentì la sua voce crescere e diventare dolorosa come uno spillo nella testa, sentì il viso pulsare mentre veniva colpito da uno schiaffo tanto forte da farle girare la testa.

Riaprendo gli occhi riuscì a vedere nel lungo corridoio la figura di una suora che la osservava restando immobile. Provò ad invocare il suo aiuto. La pregò di aiutarla. Ma la suora non si mosse, pareva essere una spettrale presenza di nero vestita mentre con quegli occhi neri come la pece la trafiggeva giudicandola in silenzio.

 

Pater noster, qui es in cælis, sanctificétur Nomen Tuum...

 

Isidor cominciò a pregare mentre sentiva il labbro bruciare e gonfiarsi. Il terrore si era preso possesso di lei da conferirle una calma alienante, come se non fosse più protagonista della propria vita ma semplicemente una spettatrice. Ad occhi spalancati guardò i due infermieri che proseguirono a trascinarla per il lungo corridoio costeggiato da altre porte. Tante e tante porte da cui poteva sentire urla, gemiti e lamenti.

Era quello l'inferno?

 

Advéniat Regnum Tuum fiat volúntas Tua, sicut in cælo, et in terra.

 

I due uomini svoltarono velocemente ed imboccarono una stretta uscita che portava ai bagni ed alle terapie con l'acqua. Qualche attimo più tardi venne lasciata cadere a terra e fu spogliata della sua sottile camicia bianca, provò a lottare per riuscire a tenersela ma ciò che ricevette su un'altro schiaffo. Finì col viso a terra, la guancia premuta contro la gelida piastrella blu scuro e vide del sangue ma non ebbe alcuna reazione nel vedere quel denso rosso colare dalla propria bocca. Deglutì a fatica mentre sentiva sulla lingua e sul palato il sapore ferroso della saliva mista a sangue, un sapore confortante perché ciò che le ricordò di essere viva.

 

Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie, et dimítte nobis débita nostra...

 

Le legarono i polsi con una una catena e poi le venne coperto il viso con un lenzuolo di cotone grezzo. Istintivamente agitò da una parte all'altra il capo perché la pesantezza della stoffa non l'aiutava a respirare ma immediatamente dopo venne trascinata lungo tutto il pavimento. Sentiva un dolore lancinante alle caviglie e pensò di essersi rotta tutte le ossa, di aver perso i piedi o di essere divorata da qualche animale feroce, ma alla fine batté i talloni con forza a terra e si inarcò urlando di dolore.

Il suo urlo venne immediatamente soffocato da una cascata d'acqua gelida che le venne versata sul volto coperto da quel lenzuolo. Sentì il cotone bagnarsi ed appesantirsi fino a riempirle la bocca spalancata per lo choc e per l'asfissia, cercò di liberarsi ma non riuscì a raggiungere il viso. Agognò aria, tutto il suo corpo si ribellava per poter respirare ma ancora una volta arrivò altra acqua e lei sentì il peso continuare a schiacciarla come sotto ad un macigno.

 

Sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem;

 

Quella tortura andò avanti per molto altro tempo, continuò finché non ebbe più la forza di opporsi ma accettò di buon grado l'idea di morire. Rimase immobile con i capelli fradici sparsi come una aureola sul pavimento, si sentì come se non avesse più un corpo e della carne attaccata alle ossa, ormai nemmeno più il lenzuolo zuppo d'acqua le causava fastidio, semplicemente sentiva la pesantezza dell'asfissia trasportarla nella stanchezza. I suoi due aguzzini dissero qualcosa che lei non riuscì a comprendere, un rumore lontano miglia e miglia da lei.

E quattro mani tornarono sulla sua carne, si sentì sollevare quel sudario dal viso e sentì l'aria gelida accarezzarle il viso come unica consolazione. L'aria entrò prepotentemente dentro di lei e vomitò tutto l'oceano che le avevano fatto ingoiare, forse si liberò perfino della sua anima, ma dubitò di quello poiché soffriva ancora.

Quelle mani poco gentili cominciarono a ghermirla e le strapparono l'ultimo briciolo di dignità che le era rimasta, le negarono definitivamente la sua identità di essere umano.

Ormai il dolore era qualcosa di così estraneo ma allora perché si sentiva annegare di nuovo? Nessuno le stava più versando quell'acqua gelida.

Si rese conto che stava piangendo mentre diceva addio alla Isidor di un tempo.

 

Sed líbera nos a Malo.

Amen.

 

 

Avrebbe voluto non aprire più gli occhi ed avrebbe voluto restare in quel torpore per sempre ma lo stomaco si contorceva e si svegliò per la fame che le attanagliava le viscere.

Si trovava nella sua piccola cella con la sua lampada ad olio sempre accesa e quasi si commosse ma era troppo debole per poter anche solo corrugare la fronte, si limitò a fissare la luce che oscillava pigramente sopra la propria testa e si accorse unicamente in quel momento di essere seduta su una sedia di legno. Quando l'avevano portata lì? Quando e come l'avevano rivestita?

Domande inutili dal momento che notò di non essere sola. Con lei vi era una suora, la stessa suora che aveva implorato di salvarla. Se ne stava in piedi di fronte alla porta di ferro con le mani unite in grembo intenta ad osservarla in completo silenzio. Sul suo volto non vi era alcuna espressione, solamente gli occhi tradivano qualcosa di suo, come se stesse trattenendosi dal dire o dal fare qualcosa. Doveva essere piuttosto giovane, le poche rughe sul suo viso mettevano unicamente in risalto il pallore della sua carnagione e le sopracciglia folte lasciavano all'immaginazione una lunga chioma color biondo cenere.

Restarono a fissarsi per diverso tempo poi la Sorella si mosse accorciando le distanze tra loro e raccolse da terra una pezza bagnata ed un tozzo di sapone ed iniziò a pulirle il viso facendo attenzione al labbro tumefatto, poi scese sulle spalle e le slacciò con inaspettata gentilezza la camicia da notte lasciando quel tenero corpo nudo. Proseguì a lavarle ogni angolo e centimetro di pelle con una perizia quasi maniacale poi mormorò qualcosa che le sembrò un 'non ti muovere, non avere paura'. Dovette legarle polsi e caviglie alla sedia di legno ma inaspettatamente Isidor non si ribellò a quella prigionia e si lasciò tagliare le unghie di mani e piedi dopodiché la suora si occupò di spazzolarle i capelli.

Quasi le pareva un sogno quella silenziosa cura, si crogiolò nel piacere della spazzola tra i capelli e nemmeno le importò se le dovette tagliare alcune ciocche castane perché troppo annodate.

 

“Sei bellissima...”

 

Le disse la donna in un sussurro avvicinando le labbra all'orecchio. La giovane Isidor sgranò gli occhi grigi e scosse il capo. Non era vero. Era diventata un mostro, uno scheletro, non era più umana!

 

“Sei bellissima, mia dolce bambina...” proseguì la Sorella mentre le accarezzava i capelli decisamente meno arruffati. “Dovresti vederti, sembri un angelo caduto dal cielo.”

 

Isidor non capiva, le girava la testa ed ogni sforzo di riuscire a comprendere le sue intenzioni non faceva altro che confonderla. Scosse ancora il capo ma il bacio sulla sua guancia fu più dolce del miele tanto che sentì calde lacrime rigarle il viso, dopo così tanta sofferenza aveva quasi finito col dimenticare cosa significasse la gentilezza.

La donna continuava a restare alle sue spalle e si mosse unicamente per frugare nella lunga veste nera e lentamente le mise davanti al viso un piccolo specchio. Sapeva bene che erano vietati oggetti simili nell'ospedale, sapeva perfettamente che ogni cosa che potesse rompersi si trasformava immediatamente in un'arma con cui ferirsi o uccidersi, quindi perché portare uno specchio?

Spostò il viso altrove per evitare di guardarsi, temeva che le sue parole fossero unicamente una mera gentilezza nei confronti di una povera ragazzina pazza.

 

“Avanti... non aver paura. Solo uno sguardo.” mormorò ancora con voce vellutata quasi quanto una ninnananna. Ed Isidor lentamente cedette, un po' per curiosità, paura e vanità. Voleva vedersi in viso, voleva accertarsi di essere come si immaginava: orribilmente sciupata, una maschera di pelle su un cranio.

Ed invece rimase ipnotizzata dalla propria figura, così limpida e così fulgida di bellezza. Le guance rosee e le labbra appena sporche di belletto rosso le conferivano un'aura da bambola di porcellana, ed i capelli finemente pettinati e lasciati ricadere in una cascata di riccioli sulle spalle ed il petto nudo. Sembrava risplendere.

Chi era quella ragazza nello specchio? Non poteva essere lei, non potevano essere la stessa persona. Eppure...

Senza nemmeno sapere come si ritrovò i polsi e le caviglie libere dalle strette corde che la tenevano legata alla sedia e prese dalle mani della Sorella quel piccolo specchio e se lo avvicinò al viso per potersi studiare con più attenzione, in un certo qual modo era la prima volta che si vedeva dopo tutto quell'inferno, ma come poteva anche solo immaginare di essere vittima di una allucinazione?

 

Lentamente cominciò a sentire la mente riempirsi di immagini, di voci e di ricordi. Ricordi di centinaia di anni. Cosa stava succedendo? No, lei non era più in quella dannata cella da almeno centocinquant'anni, lei era un vampiro, lei era libera nella sua Parigi da secoli! Perché era lì dentro!?

La suora girò attorno alla sedia e le si piazzò di fronte con un mesto sorriso, si strinse nelle spalle e la sua espressione si fece fintamente triste senza però riuscire a nascondere l'aria di scherno.

 

“Era tutto un sogno, mia dolce bambina. La sofferenza è solamente un passaggio per qualcosa di più grande... ah, anche tu torturata e pugnalata nel tuo giovane cuore! Un dolore così vero e così grande da renderci sorelle. Ti ho sentita... ti ho abbracciata e ti ho baciata.”

 

Isidor era sconvolta, abbassò nuovamente lo sguardo sullo specchio e vide se stessa invecchiata, con i capelli radi e stopposi, la bocca non più carnosa e gli occhi grigi spenti come in attesa della morte.

No! No! Non poteva essere assolutamente possibile! Eppure era tutto così... reale. Si morsicò il labbro con tanta forza da sentirlo sanguinare, sentì quel sapore acre espandersi su tutto il palato e la consapevolezza divenne terribilmente schiacciante.

Quanto tempo era rimasta lì dentro completamente inerme? Per quanto tempo aveva sognato quella vita dalle mille luci e dalla libertà infinita?!

 

“Tutto questo non è reale! Non può esserlo!” urlò vittima dell'isteria. Urlò ancora mentre alzava gli occhi al soffitto mentre li strizzava con forza per poter riuscire a cancellare quella dannata cella e tornare alla propria vita, ma ogni volta che riapriva gli occhi era ancora lì, seduta a guardare quella suora dall'aria così divertita e così tremendamente sadica.

Ripensò a François, a Gerard e a tutte le persone che aveva conosciuto e che aveva imparato ad amare ed anche a quell'uomo che l'aveva salvata a quindici anni, si domandò se fosse mai esistito anche lui o che tutto quello fosse solamente un sogno. Si ricordò della promessa che gli fece, si ricordò delle sue parole che la incitavano ad essere sempre e solo se stessa e a non smettere mai di combattere per ciò in cui credeva.

Sapeva che era una donna forte, sapeva di essere molto più di quella povera anima in pena in balia di uomini crudeli e di donne sadiche.

Senza nemmeno accorgersene scoppiò in una scrosciante risata, le proruppe dalla dalla gola quasi come un singhiozzo mentre lasciava ricadere la testa all'indietro.

Doveva ringraziare di essere stata maledetta da quegli incubi perché grazie ad essi aveva finalmente capito che cosa significasse esistere.

Lei non apparteneva a quel mondo di terrore e di dolore, lei fluiva nella vita stessa sebbene fosse diventata qualcos'altro! Lei era ben più forte dell'Isidor del passato, aveva smesso di piangere nel suo sudario per poter indossare un'armatura ben più forte.

 

Si mise in piedi e sentì le forze tornare nelle sue membra, sentì nuovamente il suo fuoco arderle nel petto con un vigore ancor maggiore ed ancor più determinato mentre fronteggiava quello spettro dagli abiti neri ed il viso incorniciato da un velo bianco.

Quel mostro aveva attinto alla fonte sbagliata, ad un capitolo ormai chiuso della sua vita e l'aveva aiutata ad accettarlo e a farlo suo per trarne quanto più potesse.

Rise ancora mentre stringeva nella mano destra quello specchio fino a sentire male e senza rendersene conto lo frantumò in più pezzi che le si conficcarono nella carne.

 

“Il dolore genera solo dolore. Le ferite invece possono essere guarite se si sa a chi cedere la propria anima. Mi fai immensamente pena: non puoi abbandonare la stessa oscurità di cui ti nutri perché non hai mai conosciuto altro ma io sono diversa da te. Io ho comunque imparato ad amare e ad evolvermi in quanta più luce possibile. Cara sorella degli inferi, non immagini nemmeno di cosa siano capaci i mortali: nella loro immensa crudeltà riescono ancora ad insegnare ad essere umani. La loro forza risiede nella loro stessa fragilità ed è grazie ad essa che ergono i loro pensieri, le loro passioni e le loro speranze. Tu non hai alcun potere su di me perché non hai mai saputo ascoltare se non il tuo stesso tormento! Sei una donna che è stata incapace di salvarsi da sola affidandosi ai seducenti sussurri di un'ombra che ti ha poi abbandonata. Ecco che cosa sei. Nulla!”

 

Mentre Isidor acquisiva forza e vigore, la suora cominciò ad indietreggiare con i lineamenti del viso sconvolti dalle tremende verità con cui veniva pugnalata di parola in parola.

Si ritrovò con le spalle al muro mentre veniva sovrastata dalla presenza della vampira che nonostante tutto continuava a sanguinare come una qualsiasi donna.

 

“No! Non è vero! No! Tu! Tu non puoi negarmi!” gridò la Sorella con voce acuta mentre stringeva con forza i pugni e mentre l'intera sua figura si irrigidiva facendosi sempre meno imponente, meno percettibile.

Fu in quel momento che Isidor sollevò la mano grondante di sangue e con un solo colpo la pugnalò al petto e come in un buco nero tutto venne risucchiato con una forza indicibile e...

 

 

 

Isidor aprì gli occhi.

 

Si trovava nella propria stanza da letto, nella stessa posizione in cui era caduta nel sonno all'alba. Si sentiva ogni parte del corpo indolenzita come se fosse stata vittima di un rigor mortis fatale. Lentamente si mise a sedere e si guardò attorno come se dubitasse di essere nella sua realtà e soprattutto nel suo corpo. Con altrettanta attenzione si guardò i polsi e le caviglie e non vide alcun segno sulla propria carne ma ciò che notò fu una macchia di sangue sulle candide lenzuola e tra esse notò un frammento di specchio che raccolse con attenzione.

 

Non era stato solamente un sogno.

Continua

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Capitolo 5
*** Fou amoureux ***


Volevo ringraziare chi fosse riuscito ad arrivare a leggere fino a questo capitolo!
Scrivere questa storia mi sta appassionando perché voglio improntarla su uno stile differente rispetto a miei vecchi lavori (comprese quest per VtM). Generalmente mi cimento in serial killer, in indagini vere e proprie ma in Right Behind You sto provando un nuovo approccio ricreando (o almeno provandoci) quelle atmosfere seducenti del mistero e del pericolo sovrannaturale che si nasconde in Mondo di Tenebra.
Mi piacerebbe chiedervi, senza alcuna pretesa e con grande umiltà, di recensire questa fanfiction per poter avere modo di leggere le vostre impressioni ed i vostri commenti su questo lavoro!
Buona lettura!

Lune

 


 
"Fou amoureux"

 



Uno strano sapore. Un odore molto forte. Qualcosa di unico ed eccitante, qualcosa che risvegliava i sensi mentre lievi e sommessi ansimi riempivano le orecchie. Era già da diverso tempo che si stavano torturando in modo così piacevole, l'uno era il carnefice dell'altra in un mutuo piacere.

 

Al suo tocco la pelle sembrò così serica che avrebbe potuto stare ad accarezzarla per ore ed ore. La sentì fremere in modo quasi timido mentre tornava a torturarle quel punto così sensibile, non poteva minimamente immaginare che potesse avere un risvolto simile quella serata, ma dopotutto era un classico.

Certo che non poteva immaginare che fosse, in certe occasioni, così pudica tanto da strappargli una risatina divertita nel doverla afferrare con forza per averla nuovamente alla propria mercé.

Nella stanza aleggiava ancora l'odore della sigaretta che era stata lasciata a consumarsi nel posacenere proprio lì accanto mentre l'umidità della doccia lasciava intravvedere lo specchio su cui correvano piccole gocce d'acqua.

Lentamente spostò il proprio peso sulle braccia ben tornite e muscolose e si tirò su in modo da poter sovrastare il suo corpo sinuoso e nudo senza riuscire a nasconderle un sorriso malizioso, Gerard era ebbro quella sera e si sentiva fremere dall'eccitazione del momento.

Ancora una volta fece scorrere lentamente lo sguardo su quel corpo dannatamente eccitante e ne divorò ogni particolare, i seni che aveva stretto con forza fino a farli arrossire, quelle aureole rosate che sembravano dirgli di tornare a torturarle con la bocca in un bacio famelico, poi scese sul ventre piatto che andava deliziosamente a stringersi in un vitino a clessidra per poi giungere ai fianchi dalle curve ben proporzionate, generose ma non troppo. Con possessività le afferrò entrambe le cosce e le divaricò le gambe, con una lentezza quasi esasperante completò quell'occhiata e non poté che sentirsi impaziente di averla ancora, ancora ed ancora. Sentì il proprio respiro farsi un poco più ansante quando la vide allungare entrambe le mani come per volerlo catturare, sentì la propria virilità pulsare impaziente e prepotente e la testa gli si svuotò completamente: nessun pensiero sensato o ragionamento più complicato sarebbe stato presente fino a cosa fatta.

Ma volle accontentarla. Si lasciò afferrare dalle sue mani e sentì le dita intrecciarsi nei capelli bagnati e spettinati, lei lo attirò a sé con ben chiare intenzioni e lui, ben contento, sorrise mentre schiudeva le labbra baciandola con iniziale delicatezza nella sua parte più intima.

La sentì calda e umida, la sentì fremere ed inarcarsi al lento piacere che le stavano dando i suoi baci bagnati. Gerard chiuse gli occhi sentendo il suo sapore sulla lingua e cercò di farle sentire quanto anche lui fosse partecipe di quel piacere impegnandosi maggiormente in quel delizioso regalo. Lei gemette a voce più alta, un chiaro messaggio che il suo corteggiamento era ben apprezzato e perciò fu ancora più determinato a farla impazzire come lei aveva fatto con lui, avrebbe aspettato fino a quando sul suo volto non vi fosse apparsa la maschera del piacere dell'orgasmo e poi non le avrebbe dato alcuna tregua, perché avrebbe dovuto anche solo pensare di poter avere sempre lei il controllo su tutto? Con la stessa calma esplorò parti più nascoste lasciando che la lingua curiosasse dentro di lei turbandola al punto da farla ansimare il suo nome con una voce così malferma da fargli riaprire gli occhi per poterla guardare.

Ah, che spettacolo, vederla tremare e cercare di trattenersi non aveva prezzo mentre lui lottava con quel poco autocontrollo che gli era rimasto. Decise quindi di impiegare la bocca in altri modi e strisciò su di lei fino a baciarle il collo ed il petto sentendo contro di sé i capezzoli che diventavano ancora più turgidi, bisognosi di altro piacere.

Fece passare le gambe di lei attorno ai propri fianchi dopodiché trovò una seduta comoda e le afferrò il busto per poterla tirare sopra di sé. Ora lei era seduta sul suo inguine e come reduce da una febbre lo guardò frastornata ed eccitata, non vi era necessità di alcuna parola, entrambi sapevano quali fossero i desideri l'uno dell'altra e bastò un suadente movimento di bacino per tornare dentro di lei e ne godette in maniera così intensa da scoprire la gola lasciando andare la testa di lato.

Isidor gli cinse le spalle stringendosi al suo corpo così caldo e gli divorò la bocca in un lento bacio passionale, ne sentì le labbra rispondere a quella guerra dei sensi ed intrecciò la lingua alla sua mentre ondeggiava come a rallentatore i lombi sentendolo completamente dentro di sé. Entrambi furono vittime della loro stesso libido e si lasciarono andare alla loro passione così soverchiante. Le unghie di Gerard affondarono sui fianchi di Isidor mentre seguiva i suoi movimenti, le sue spinte, i punti dove lei poteva provare più piacere. Sentì le dita afferrare quella carne morbida ed indistruttibile come una statua di marmo, eppure quella statua era viva e lo dimostrava il modo in cui lui abbatté quella costruzione di sesso e di carne per poterla gettare nuovamente in mezzo alle lenzuola per poterla possedere con forza. Il suo desiderio sembrò non diminuire mentre il sangue nelle vene ribolliva e raggiungeva ogni cellula del suo corpo, sapeva che era tutto merito e colpa del sangue che Isidor gli aveva fatto bere, era come un collare ben stretto che gli faceva ingoiare ogni giorno un'ossessione per lei, qualcosa di viscerale che non gli permetteva di allontanarsi.

Era come ipnotizzato dai seni che sobbalzavano in modo così erotico ad ogni suo affondo e ne schiaffeggiò uno con forza, dopodiché ne morse la carne sentendo il suo sangue in bocca ed ansimò in modo bestiale, con voce roca ed arsa dall'eccitazione. Ancora una volta le schiaffeggiò i seni e poi passò ai fianchi, alle natiche. La colpì più volte per sentire quello schiocco della mano contro la pelle ed anche perché la visione di lei che sussultava e si lamentava era davvero qualcosa di unico.

 

Gerard non pensò nemmeno a quanti prima di lui potevano averla avuta così remissiva e così sensuale, così dannatamente bella. Non gli importava affatto, la sua gelosia era momentaneamente assente perché Isidor sarebbe stata unicamente sua per quella notte. Ma aveva finito col distrarsi e lei, agile e vendicativa come un felino, prese il sopravvento afferrandolo per la gola in una morsa ferma e decisa. Il lieve soffocamento lo fece sussultare ma si sentì la testa ancora più vuota ed i propri sensi aumentarono la loro sensibilità e riuscì a sentire ancora più piacere. Un delirio.

Con una prepotenza improvvisa il suo corpo si irrigidì toccando l'apice del piacere dentro il suo corpo e lei, avvicinando le labbra al suo orecchio, gli sussurrò qualcosa che non riuscì a capire da quanto si sentiva frastornato da quell'orgasmo, riuscì solamente a sentire il suo ansimo e la sua lieve risata maliziosa.

Sentì tutto il peso di lei spingerlo indietro e lui non volle opporre alcuna resistenza finendo sul materasso completamente sovrastato da Isidor che pareva essersi trasformata in una creatura dannatamente pericolosa. I suoi lunghi capelli castani gli stavano solleticando il petto mentre lei continuava a ricercare il proprio piacere in quella frenetica danza a due corpi, sentì ancora il proprio sesso prigioniero di lei, si sentì ancora avvampare di passione e si lasciò completamente andare al suo desiderio.

Isidor aprì la bocca ed ansimò più forte, il suo corpo fremeva e tremava sconquassato dal piacere e parve pregarlo senza alcuna parola di rendersi partecipe di quelle sensazioni e gli afferrò con decisione la mano destra accostandosela alle labbra, Gerard accarezzò con i polpastrelli le sue labbra carnose e rosee, quasi rosse. Ne sentì la morbidezza ed insinuò due dita nella sua bocca accarezzandole la lingua che languidamente si mosse. Quel gesto poi si trasformò in altri baci sul palmo, sul dorso e sul polso della sua mano fino a quando non lo morse. Sentì quei denti acuminati e taglienti ferirgli la carne ma quella sensazione di pungente e bruciante dolore andò a fondersi ad un colore rosso che cominciò a colargli lungo tutto il braccio fino a raggiungere la sua spalla.

A quei baci si susseguirono altri morsi sulla gola poi passarono sull'altro braccio fino a raggiungere il polso ed il cerchio si chiuse. Gerard ebbro e pazzo d'amore per lei la strinse a sé concludendo quell'amplesso con un'ultimo orgasmo.

 

“Je t'aime...”

 

Mormorò lui senza più alcuna forza, si sentiva debole come solamente una notte di sesso poteva fare, si sentiva il corpo pesante e gli parve quasi di affondare nel materasso avvolto da lenzuola scomposte e stropicciate. Alla fine aveva ceduto e le disse quello che lei voleva sentire. Lei gli aveva tolto ogni maschera, ogni identità e l'aveva lasciato completamente nudo dei propri segreti e delle proprie certezze fino a metterlo di fronte a ciò che temeva.

Sapeva che non sarebbe stato facile fargli ripetere quelle poche parole.

Quasi dolorosamente lei si divincolò da lui tornando ad essere ognuno una creatura a parte, la vide restare a carponi su di lui e le sorrise.

Ma Isidor non disse nulla, non ricambiò nemmeno il sorriso. Fu come se la vampira si fosse trasformata in una statua di cera inespressiva, quasi crudele con quello sguardo grigio. Forse aveva detto o fatto qualcosa che non andava? Cercò di mettersi a sedere ma il suo corpo non volle muoversi, non volle rispondere al suo ordine.

La stanza cominciò ad offuscarsi, a vorticare lentamente ma senza dare cenno di smettere di fermarsi e l'unica cosa che riuscisse a distinguere era lei che mano a mano diventava sempre più opprimente.

Solo in quel momento Isidor gli sorrise come se fosse stata compiaciuta di quel momento e Gerard vide che in quel sorriso non vi era nulla della vampira, lesse unicamente una traccia di malvagità pura.

 

“Addio, mio principe. Che il tuo sonno sia eterno.”

 

La bocca carnosa come un'arco di cupido si deformò in un ghigno ed in un sorriso senza lingua. Una lingua strappata. Tutto cominciò a svanire.

 

===

 

Isidor stava bussando con forza alla porta da cinque minuti. Aveva sentito la voce di Gerard provenire dall'interno dell'appartamento perciò era più che certa che vi fosse. Lo aveva sentito gemere e poi il silenzio mentre veniva attraversata da un'aria gelida che le trafisse il petto. Fu attanagliata dalla paura senza sapere il perché, fu come un brivido nel mezzo delle viscere che le diceva di fare presto, di non perdere tempo. Urlò ancora una volta il suo nome alla porta ma nulla, non accadde nulla.

Senza premurarsi di guardarsi attorno si scostò quel tanto che bastava per dare una forte spallata alla porta, ma imprecò nel ricordarsi che era blindata. Ribollì di rabbia e prese più rincorsa impiegando tutta la sua forza preternaturale per poter aprire quella dannatissima porta. L'impatto ruppe parte della serratura ed a terra caddero dei pezzi di cemento e di intonaco e rimase un visibile bozzo sull'entrata.

Immediatamente il suo olfatto fu colpito da un profumo che conosceva bene e subito sentì il panico attanagliarle le viscere. L'appartamento era completamente al buio e lei si inoltrò con passo veloce fino a raggiungere la fonte di quell'odore. Le bastò spalancare la porta della camera da letto per trovarsi davanti Gerard in una pozza di sangue.

Si gettò sul suo corpo vedendo che il suo sangue stava continuando a uscire lento e denso da profondi tagli sui polsi e sulla gola, le lenzuola erano viscide e bagnate e da bianche erano diventate di un colore rosso scuro, quasi nero.

 

“No... no! No! Gerard! Dannazione, non mi lasciare!”

 

Urlò mentre vedeva le proprie mani, i propri vestiti macchiarsi del sangue del suo ghoul, del suo truffatore. Doveva fare qualcosa. E doveva farlo subito. In preda ancora allo choc si tastò le tasche della giacca che indossava e mentre afferrava il cellulare sollevò lo sguardo alla parete di fronte a sé. Vi era una scritta ancora fresca, fatta di sangue.

 

Non dovevi negarmi.
 

 

Un singulto. Gerard era ancora vivo. Si chinò nuovamente su di lui mentre premeva la mano sulla ferita alla gola, vide che stava provando ad aprire gli occhi e lei gli sorrise per provare a tranquillizzarlo. Lo vide sforzarsi per dire qualcosa ma la sua voce e le sue forze erano così flebili che riuscì unicamente a vedere il suo sguardo spostarsi alle proprie spalle.

Con uno scatto veloce e fulmineo sfruttò la velocità che caratterizzava il suo sangue e prese il coltello che portava sempre con sé lanciandolo con forza di lato.

Riuscì a vedere per una brevissima frazione di secondo una sagoma nera che stava per abbattersi su di loro, purtroppo il coltello l'attraversò ed andò a piantarsi contro uno specchio che finì in frantumi insieme ad un rumore agghiacciante. Nei pezzi che rimasero appesi alla cornice vide qualcosa muoversi ed agitarsi, scorse un paio di orbite vuote ed una bocca spalancata e muta. Fu questione di attimi poi sparì e si ritrovò addosso quella stessa presenza che provò a soffocarla con mani invisibili.

Istintivamente Isidor alzò le mani per afferrare quella forza intangibile ed indietreggiò di mezzo passo, il tacco della scarpa strisciò pesantemente sulla moquette mentre cercava di opporre resistenza. Sebbene non potesse morire per asfissia, quella presa era rivolta unicamente per spezzarle il collo e poté sentire le ossa scricchiolare.

Ringhiò in preda alla furia e sfruttò quella stessa forza per voltarsi di lato e lanciarsi contro la parete. Quella fu la prova che qualcosa di oscuro ed incorporeo era lì: la vetrina con dentro pregiate porcellane d'antiquariato esplose in frantumi e subito dopo vi rovinò sopra la vampira.

Isidor capì che in quanto a forza non avrebbe potuto competere ma conosceva bene le proprie capacità e poteva contare sulla propria destrezza, sulla propria velocità sovrannaturale e sui poteri mentali che era riuscita a sviluppare nel corso del tempo.

Comandò ai propri occhi di scrutare nell'oscurità e parvero brillare mentre cominciava a distinguere un'aura accecante di potere e di malvagità, pareva così forte da riempire metà della stanza.

Spalancando gli occhi si abbassò appena in tempo per evitare un nuovo attacco e si sbilanciò in avanti per poter afferrare quella dannata creatura impalpabile alla vita scaraventandola a terra. Non aveva molto tempo, doveva aiutare Gerard o per lui non ci sarebbe più stato nulla da fare, nemmeno trasformandolo in un vampiro sarebbe riuscita a salvarlo.

Frammenti di secondi.

Erano nuovamente a combattere, Isidor non poteva fare altro che parare i colpi micidiali, il suo coltello si dimostrò nuovamente inutile dopo essere riuscita a recuperarlo per poter sferzare alcuni affondi, provò a chiedersi che cosa ci fosse in quella dannata stanza che desse forza a quella maledetta cosa. Ormai non sapeva più come fare e sapeva che alla lunga sarebbe finito tutto in tragedia.


Ragiona, Isidor. Ragiona!

Dove si poteva nascondere il legame tra il mondo materiale e quello da cui proveniva?! Si sentì al limite della disperazione mentre vedeva la macchia di sangue espandersi ancora di più. Dopo secoli pregò Dio affinché non le desse altri motivi per odiarlo e si ricordò, come folgorata da un fulmine, ciò che aveva dovuto subire nel proprio sogno. Pareva esserci un nesso con il riflesso, con gli specchi.

In preda alla furia, in preda alla perdita totale di autocontrollo, si gettò a terra per raccogliere una sedia che si era rovesciata nella colluttazione. Qualcosa la colpì con forza indicibile, si sentì quasi sventrare e non appena abbassò lo sguardo sul proprio ventre poté vedere una ferita aprirsi. Perdendo l'equilibrio finì nuovamente a terra con il volto sulla serica moquette, sputò un fiotto di sangue ma non volle arrendersi e si rimise in piedi sollevando sopra la testa la sedia distrutta per lanciarla con forza sovrumana contro un'altro specchio.

Un urlo assordante perforò i suoi timpani e quasi vacillò per potersi portare entrambe le mani alle orecchie ed in quel momento vide varcare la soglia con aria trafelata e sconvolta Lingualunga. Isidor non gli diede tempo di chiedere o di dire nulla che gli ringhiò di portare via Gerard.

 

“Via! VIA! Presto!”

 

Il Nosferatu la vide scaraventarsi all'indietro contro la porta del bagno che andò in mille schegge di legno, colto dalla consapevolezza di chi e cosa c'era lì dentro prese alla lettera l'ordine di Isidor e corse a prendere con sé Gerard, quasi in fin di vita.

 

La testa le girava, sentiva una fitta di dolore pulsarle all'altezza della tempia e quando riuscì a rimettersi in piedi vide di essere finita contro la vasca e di averla rotta nello schianto. Barcollò in avanti e nuovamente dovette riportare la propria vista sovrannaturale a percepire lo spettro che ormai sembrava volerla uccidere ad ogni costo.

Si sentì sollevare di peso ed i suoi piedi distanziarono da terra per circa cinquanta centimetri, nuovamente presa alla gola percepì la stessa forza volerle strappare la testa dal collo. Si agitò scalciando con forza mentre sguainava le zanne per mordere il nulla, si sentiva al limite, le ferite che le aveva inferto erano state capaci di farle perdere quasi tutte le forze nel suo sangue vampiresco ed in un'ultimo disperato tentativo vide alle proprie spalle vi era l'ultimo fottutissimo specchio e tramite esso poté vedere la figura di una donna che la strozzava e che la teneva prigioniera in quella presa di ferro, poté quasi vederne il viso completamente prosciugato e deforme dalla morte, una maschera di carne putrefatta e mummificata.

Affondò le unghie in quella carne invisibile e cominciò a far oscillare con forza le gambe fino a quando non trovò lo slancio per compiere un'ultima azione: toccò con i piedi il soffitto e provò a camminare contro di esso per andare alle spalle della sua assalitrice colpendo con forza lo specchio col tacco.

La superficie riflettente cadde sulla porcellana del ripiano e si ruppe.

 

Isidor cadde a terra senza più essere prigioniera di alcuna mano invisibile, batté forte il viso contro le fredde piastrelle del pavimento e capì di essere finalmente salva.


Continua

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