Unditional Love
N.d.A: premetto che non sono
una Army; ho deciso di scrivere su di loro per una mia amica. Scusatemi
se magari sono OOC i ragazzi, ma non li conosco affatto.
Spero che vi piaccia e, se vi
va, di lasciare recensioni.
øøøøøøø
“Cos'hai
detto?” Domandò sorpreso guardando il suo amico
negli
occhi, la bocca aperta e le mani strette in pugni.
“Che Yoongi sta uscendo con Hoseok… e da un anno,
ormai”,
rispose timidamente Taehyung.
“Oh… Okay.”
Jimin cercò di mascherare il dolore nella sua voce, ma gli
fu
praticamente impossibile. Quando era andato via a studiare
sì si era
aspettato una cosa del genere, però non era comunque facile
da
accettare una notizia così.
Quando era andato in America, non aveva chiuso ufficialmente con
Yoongi. Nel momento in cui era partito, semplicemente aveva evitato
qualunque contatto. O almeno, nei primi mesi che era là.
Voleva
eccellere nei suoi studi per diventare qualcuno rinomato e tornare
dal suo ragazzo da miglior persona, ma dopo soli sette mesi
all'estero, il mondo gli era crollato addosso.
Tumore alla gola, ecco cosa gli aveva impedito di tornare a farsi
sentire. Durante il periodo di trattamenti non poteva sforzare la
voce e doveva parlare il minimo indispensabile. Viveva rinchiuso in
ospedale, gli studi bloccati finché non si fosse rimesso e
il
cellulare sequestrato dai suoi genitori. Dopo varie settimane in cui
aveva insistito con sua madre perché gli permettesse di
mettersi in
contatto con Yoongi e i suoi amici aveva deciso di interrompere i
suoi sforzi; lei non avrebbe mai ceduto. Non aveva mai accettato che
a lui non piacessero le ragazze e il suo ex non le era mai andato a
genio.
Era rimasto tre mesi in ospedale e ormai convinto che Yoongi non lo
avrebbe più aspettato, aveva deciso di concentrarsi sui suoi
studi e
tornare il prima possibile a Seoul per farsi perdonare. Se avesse
saputo che Hoseok, il suo migliore amico, avrebbe aiutato il suo ex a
dimenticarlo, sarebbe tornato prima.
“Tutto bene?” Domandò Taehyung,
preoccupato per come avrebbe
potuto reagire.
“Sisì, stavo solo pensando.”
“Uhm, d'accordo…” Taehyung
giocherellò con le dita, alzando lo
sguardo ogni tanto sull'altro come a volergli dire qualcosa ma poi
tornando a concentrarsi sulle sue mani.
“Cosa devi dirmi?” Chiese infine Jimin, intenerito
dalle azioni
del più giovane.
Il moro alzò di scatto la testa e un po' di rosso si poteva
apprezzare sulle sue guance.
“Posso capire se tu non volessi, ma… È
da un po' di tempo che
non ci vediamo, no? E be', sei mancato in questo periodo e
quindi…
Sì insomma, sarebbe bello se uscissimo tutti insieme come
una volta,
no?” Balbettò il ragazzo, maledicendosi
internamente per essere
così timido.
Yoongi, fin da quando si conoscevano, aveva cercato di renderlo
più
estroverso, seppur con un metodo un po' duro. Non poteva contare
sulle dita le volte in cui lo aveva messo in imbarazzo, soprattutto
in presenza di Jungkook. Ricordava ancora la volta in cui, nello
spogliatoio della palestra dove erano andati, mentre si cambiavano
tutti e sei, Yoongi aveva cominciato a fargli domande private, e lui
aveva cominciato a rispondere con sussurri, fino a quando non aveva
cominciato a parlare normalmente quando il maggiore aveva fatto finta
di non sentire nulla. Poi però si era ricordato che c'era
Jungkook
con loro e preso da un attacco di panico, era uscito dallo
spogliatoio. In mutande.
“Ehm… Va bene”, rispose Jimin poco
sicuro della sua decisione.
Era contentissimo di poter tornare a vedere i suoi amici; in quegli
anni gli erano mancati molto e voleva tornare a parlare con loro,
capire se erano cambiati o meno e se erano rimasti le stesse persone
“dementi” che lui adorava. Ma dall'altra parte
aveva paura di
rivedere Yoongi al lato di Hoseok. Non perché li odiasse
perché
stavano insieme, quanto perché a lui il suo ex piaceva
ancora ed era
sicuro che non lo avrebbe mai dimenticato.
Yoongi era stato il suo secondo amore e seppure la gente ritenesse
solo il primo impossibile da dimenticare, per lui non era affatto
così.
Quella “rimpatriata" sarebbe stata difficile da affrontare e
da uscirne illeso.
“Ragazzi, indovinate un po'?” Esordì
Taehyung sulla chat di
gruppo.
“What?” Domandò Namjoon.
“Parla e smettila di cincischiare”, aggiunse Yoongi.
“Yah! Siate più gentili”,
rimbeccò il maknae.
“Siete dei cattivissimi hyung.”
“Lo sai che lo fanno per fare i deficienti. Dai, cosa
dovremmo
indovinare?” Domandò il più saggio del
gruppo.
“Tu sì che mi capisci, Jin hyung… Ad
ogni modo, domani sera alla
cena porto un amico con me.”
“DI CHE AMICO STAI PARLANDO?!?! TU NON
PUOI…”
“Calma i bollenti spiriti, Kookie. Ci ha messo anni per
mettersi
con te, figuriamoci se è capace di metterti le
corna”, furono le
parole di Hoseok.
“Who is it? Do we know him?” Chiese Namjoon.
“Potresti anche parlare in coreano ogni tanto… E
sì, lo
conoscete. Molto bene, oserei dire.”
“Ti giuro che se hai di nuovo invitato Taemin ti
sparo.”
“TU NON TOCCHI IL MIO UOMO!”
“Suga, Kookie, dovete stare calmi”,
commentò Jin.
“E Taemin non ha fatto nulla di male.”
“Sarà, ma il fatto che ogni volta che usciva con
noi non aveva mai
il portafogli mi puzza”, disse ironico Hoseok.
“Quello è capace di dimenticare la testa se non
l'avesse attaccata
al collo!” Scherzò Namjoon.
“Ora parli in coreano? Tsk… Comunque lo vedrete
domani sera.
Passo e chiudo.”
“Oddio, non respiro. No no, io vado via. Perché
sono venuto? Torno
a casa che è meg-”
“Hyung, sul serio, devi stare calmo. Nessuno di loro ti
mangerà
vivo! Siamo maturati tutti in questi anni", cercò di
tranquillizzarlo Taehyung, ma l'altro non riusciva a smettere di
tremare.
Entrambi erano seduti al tavolo di un locale dove, a detta del
più
piccolo, erano soliti andare quando uscivano insieme. Il posto aveva
un ambiente intimo ma affatto romantico, con un bancone sulla
sinistra e i tavoli sparpagliati per la sala. Il loro era nell'angolo
a destra dalla parte opposta alla porta e siccome avevano la porta
della cucina vicino, gli unici che ci passavano accanto erano i
baristi.
Jimin era seduto dando le spalle all'entrata, con Taehyung da parte
che ogni tanto gli posava una mano sulla gamba per bloccare il
tremolio.
“È facile dirlo per te, Tae, siete rimasti tutti
insieme da
allora. Io… Argh”, si passò frustrato
una mano tra i capelli.
“Jimin hyung?” Domandò una voce alle sue
spalle.
Taehyung si girò con il suo tipico sorriso squadrato e si
alzò in
piedi.
“Kookie!!” Strillò abbracciandolo.
“Quindi era lui l'amico di cui ci parlavi ieri?”
Chiese una
seconda voce, questa volta piuttosto conosciuta a Jimin, che rimase
congelato.
Non voleva passare per un maleducato ma semplicemente non ce la
faceva a voltarsi, a guardare in faccia il suo migliore amico ed il
suo ex perché sì, era sicuro che insieme al primo
ci fosse anche
Yoongi.
“Yep! Mia madre è venuta a sapere che la sua
famiglia era appena
tornata e quindi sono andato subito a trovarlo”, lo
salvò
dall'impaccio Taehyung, dandogli il tempo di ricomporsi e di alzarsi.
Dopo un saluto, da parte di Jimin piuttosto impacciato, tutti avevano
preso posto; Namjoon e Seokjin erano arrivati qualche istante dopo
Yoongi, per cui non avevano dovuto aspettare per ordinare.
La cena si era svolta in tranquillità, con domande sui suoi
studi a
Jimin e novità da parte del resto dei ragazzi. Ogni tanto
Taehyung e
Hoseok facevano qualche battuta, soprattutto quando Namjoon si
esprimeva con parole inglesi, dimenticandosi che quella lingua
l'unico che la conosceva era Jimin.
Jimin aveva passato tutto il tempo a passarsi i palmi delle mani sui
pantaloni; anche se non ne aveva motivo, soprattutto dopo aver visto
che Hoseok e Yoongi si comportavano in maniera normale, aveva i nervi
a fior di pelle. Più volte Taehyung aveva posato la mano sul
ginocchio destro del maggiore, guadagnandosi qualche occhiataccia da
parte di Jungkook, ma non era riuscito a porre fine al tremore. Jimin
pregava perché quando fosse ora di andare via, gli altri lo
facessero prima di lui così se le sue gambe avessero ceduto,
nessuno
avrebbe presenziato alla caduta.
“Allora Jimin, hai qualche novità da
raccontarci?” Domandò
Seokjin dall'altra parte del tavolo mentre aspettavano i loro dolci.
Subito gli sguardi degli altri passarono da uno all'altro e Jimin non
poté fare altro che fare finta che fossero da soli.
Pregò perché
riuscisse a rispondere senza balbettare.
“Ehm, no.”
“No? Non sei più andato avanti con le lezioni di
canto?” Questa
volta fu Hoseok a fare la domanda.
Jimin strinse forte il bordo della sedia, cercando di non fare notare
agli altri quanto quel tema fosse difficile da affrontare per lui.
Appena aveva sentito quelle parole, aveva sentito come un peso sul
petto e gli era mancata l'aria.
“No”, rispose in modo pacato e trattenendosi dallo
scoppiare a
piangere.
Sapeva che nessuno di loro poteva essere a conoscenza del
perché del
suo silenzio durante quegli anni e sperava che le cose restassero
così. Era un tema tabù e sarebbe rimasto
così.
“Oh… Peccato. Ricordo che volevi fare un'audizione
per qualche
agenzia…” Commentò Taehyung guardandolo
in modo triste.
“Yoongi e Hoseok stanno lavorando su una canzone
e…”
Ma Jimin non ascoltò le altre parole che Namjoon stava
dicendo.
L'inizio della frase gli aveva trafitto il cuore. Era sicuro che
sarebbe potuto scoppiare a piangere se non fosse stato per l'orgoglio
che lo tratteneva.
I suoi amici avevano ragione. Il suo sogno, fin da piccolo, era
quello di diventare un cantante e convogliare passioni, sogni,
desideri nelle sue canzoni. Ma quando gli era stato diagnosticato il
tumore, si era tutto infranto. Aveva passato mesi a pregare
perché
il cancro non lo lasciasse senza voce e quando gli avevano detto che
non l’avrebbe persa aveva quasi esultato di gioia.
Sì, quasi.
Perché neanche sorridere che il medico gli aveva
raccomandato di non
sforzarla in alcun modo, soprattutto cantando.
Quella era stata la botta finale. Se il cancro non lo aveva portato
alla depressione quella notizia lo aveva fatto. Era andato da uno
psicologo fino a qualche mese prima di tornare in Corea e adesso era
mezzo intenzionato ad andarci. Specialmente dopo questa notizia.
Li odiava. Non perché stessero insieme, per quanto ne
potesse
soffrire, ma perché loro potevano far diventare
realtà i loro
sogni. E lo stavano facendo. E giorno dopo giorno ne avrebbero
parlato sempre di più, colpendolo dove gli faceva
più male.
“Jimin? Tutto a posto?” Chiese Jungkook vedendolo
con lo sguardo
perso da qualche parte.
“Io… Sì. Scusate ma… Vado un
attimo in bagno”, e senza
aspettare risposta o fermarsi ad ascoltarli, si alzò dalla
sedia e
camminò dritto verso il bagno.
Non appena si fu chiuso la porta alle spalle, scoppiò a
piangere,
circondandosi il corpo con le braccia, cercando di frenare il
tremolio. Si sentiva debole, fragile, una nullità.
Hoseok era quello che lui non poteva più essere. Per uno
stupido
pensiero, lui e Yoongi non stavano più insieme, ma il suo
amico sì.
Per una malattia improvvisa non poteva più cantare, e
soprattutto
accanto al suo ex, ma il maggiore sì.
Si domandò se forse non era meglio tornare in America, dove
avrebbe
potuto dimenticarsi di tutto e tutti. Dimenticarsi del suo
più
grande errore.
Sentì bussare alla porta e, trattenendo un singulto, disse
che era
occupato. Ma la persona dall'altra parte insistette nuovamente per
cui Jimin si alzò e asciugandosi le lacrime con la manica
della
maglia, aprì la porta.
Subito venne avvolto da due braccia che lo strinsero al petto del
nuovo arrivato, impedendogli di vedere chi fosse.
La persona gli accarezzò la schiena e poi i capelli,
avvicinando il
viso al suo orecchio.
“Se vuoi continuare a piangere, io sono qui”,
sentì dire dalla
persona e subito Jimin riconobbe la voce di Taehyung.
“Pe-perché sei qui?” Chiese l'altro
mentre tirava su col naso e
metteva un po' di spazio tra i loro corpi.
“Mi sembravi strano poco fa e… Ho pensato volessi
sfogarti… Ho
sbagliato?”
“No, no… Però non dirlo agli
altri.”
“Se avessi voluto che gli altri sapessero, non saresti venuto
in
bagno”, commentò il più piccolo.
“Saputello”, scherzò Jimin sorridendo
lievemente.
“Me lo dice anche Jungkook… Comunque
sarà meglio che torniamo
dagli altri, okay?”
A quella parole Jimin si immobilizzò. Avrebbe dovuto
rivederli e non
ne aveva le forze.
“Sì certo. Però vado direttamente a
pagare.”
“No, sennò gli offendi. Ci sarò io al
tuo fianco, però non
ignorarli.”
Jimin sospirò e, allontanandosi da Taehyung, andò
a sciacquarsi il
viso per cancellare le tracce di lacrime. Non appena ebbe un aspetto
decente, fece segno all'altro di uscire e lo seguì fino al
loro
tavolo.
“Pensavo vi foste persi…”
commentò con il broncio Jungkook.
Taehyung gli stampò un bacio, facendolo sorridere.
“L'unico col
quale mi perderei sei tu.”
“Ugh, che voglia di vomitare”, mormorò
Hoseok.
“Ma taci, che le stesse cose le fai tu col tuo
ragazzo”, disse
Seokjin.
Yoongi alzò gli occhi al cielo, cercando di evitare di
rispondere a
quel trio di “dementi” e finì con
l'incrociare lo sguardo con
quello di Jimin, che lo guardava dall'altra parte del tavolo.
Non riusciva a decifrare la sua espressione. Era da quando si erano
salutati che non si guardavano ma poteva immaginare il
perché non lo
facesse Jimin. A conti fatti, non si erano ufficialmente lasciati e
probabilmente non sapeva nemmeno che stava insieme a Hoseok prima di
vederli durante la cena. Ma d'altronde, perché avrebbe
dovuto
dirglielo? Era lui quello che lo aveva lasciato in Corea senza dirgli
nulla e per poi non farsi sentire per anni. Perché avrebbe
dovuto
aspettare uno che non lo cercava?
Involontariamente sbuffò, risvegliando Jimin dalla sua
trance. Prima
che sparisse, gli era sempre sembrato un ragazzo che si sapeva far
valere, ma ora davanti a lui c'era qualcuno di diverso, qualcuno che
preferiva il silenzio ed osservare al parlare e interagire con gli
altri.
Quando sentì sbuffare Yoongi, che in quel momento aveva lo
sguardo
puntato su di lui, Jimin si riscosse dai suoi pensieri. Vide subito
come si girava verso Hoseok e gli sussurrava qualcosa, cominciando
una conversazione alla quale solo loro avevano accesso.
Jimin li guardava comportarsi come una coppia, quello che erano stati
anche lui e Yoongi anni prima. Sentì una fitta al cuore e
subito si
girò verso Taehyung.
“Io devo andare…” lo avvisò
cercando di parlare il più piano
possibile per non farsi sentire dagli altri, ma ovviamente le sue
parole vennero intercettate da tutti quanti che prontamente lo
guardarono.
“Cosa? Pensavamo di andare ad un
karaoke…” commentò Namjoon.
“Ecco, io…”
“Ah, è vero che tua madre mi aveva detto di
ricordarti di essere a
casa per le dieci!” Esclamò Taehyung portandosi
una mano sulla
fronte.
“Fortuna che me ne sono ricordato da solo”, disse
Jimin,
ringraziando mentalmente l'altro per averlo aiutato ancora una volta.
“Oh, d'accordo… Allora ci vediamo un altro di
questi giorni.”
“Certo, Jin hyung”, promise mentre si apprestava ad
uscire, senza
contare sul fatto che qualcuno era pronto a seguirlo.
“Ti accompagno io. Non ho molta voglia di cantare e visto che
sei
di strada, posso camminare un po' con te.”
Questa volta nessuno avrebbe potuto salvarlo dal parlare con Hoseok.
Non si sarebbe mai aspettato che si offrisse di accompagnarlo, non ne
vedeva il motivo. Se avesse potuto, Jimin sarebbe svenuto,
fregandosene del posto dove si trovava e con chi era in compagnia.
Sorrise lievemente e dopo aver salutato gli altri, si
incamminò alla
cassa ed evitò di guardarsi alle spalle, consapevole che se
lo
avesse fatto, avrebbe visto qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
I due cominciarono a camminare, uno sperando che il maggiore non
parlasse, e l'altro pensando a come poter dirgli cosa era successo in
quel periodo di lontananza.
Hoseok ne aveva parlato con Yoongi e aveva continuato ad insistere
che dovessero dire a Jimin che stavano insieme, ma il maggiore non
voleva e non perché provasse ancora qualcosa per Jimin,
quanto
perché gli pareva inutile visto che si notava subito. Alla
fine
aveva vinto Hoseok nella discussione e per questo aveva deciso di
accompagnare l'amico a casa sua.
“È da tanto che non siamo soli, vero? Ricordo
quando, prima che tu
andassi all'estero, uscivamo la sera ai karaoke io e Yoongi ti
accompagnavamo a casa e tu non volevi salutarci perché
volevi stare
con noi un altro po' di tempo", disse all'improvviso Hoseok
mentre passavano davanti ad un parco, quello dove erano soliti
fermarsi prima di tornare a casa.
Vedendo che Jimin non commentava nulla e taceva, riprese a parlare.
“Sai, ci sei mancato, tantissimo. A tutti, non solo a me e a
Yoongi. All'inizio non capivamo come potessi essertene andato senza
averci detto nulla, poi però abbiamo capito che se tu lo
avessi
fatto, saremmo stati capaci di impedirti di andartene e non fare gli
studi che volevi tu.”
“Ah…” fu l'unica cosa che disse Jimin.
Aveva capito dove volesse andare a parare e non sapeva come
comportarsi. Se essere felice perché il suo migliore amico e
il suo
ex avessero trovato qualcuno che gli amasse e che avrebbe curato le
loro ferite, o se disperarsi perché la situazione stava
diventando
reale. Questa volta avrebbe saputo davvero che stavano insieme e non
avrebbe più potuto fare finta che il tutto fosse una bugia
di
Taehyung.
“Lo sai già, vero?” Disse infine Hoseok
girandosi a guardare
l'amico che aveva lo sguardo puntato davanti a sé.
“Cosa?” Riuscì a domandare Jimin
controllando la voce per
evitare di farla tremare.
Il maggiore gli osservò bene il volto per cercare di
decifrare il
suo stato d'animo, ma non ci riusciva. O era un bravo attore o non
gliene importava più nulla.
“Che io e Yoongi stiamo insieme.”
A quelle parole, pronunciate dal suo migliore amico, Jimin
sentì il
suo cuore spezzarsi e cadere in un abisso profondo. Era tutto
così
doloroso e vero e lui si sentiva impotente. Non sapeva cosa fare.
Voleva essere felice per entrambi, ma non poteva. Il suo amore per
Yoongi c'era ancora e dubitava sarebbe mai sparito.
Senza farsi notare, approfittando che Hoseok guardava il cellulare,
Jimin si asciugò una lacrima che era riuscita a scappare al
suo
controllo.
“In effetti, me l'ha detto ieri
Taehyung…” mormorò il moro
girandosi verso l'amico. “Sono contento per voi.”
Le sue parole sorpresero Hoseok, che si aspettava di tutto, tranne
quello che aveva sentito.
“Sei… Sei contento?”
“Certo. Cioè, non posso afferrarmi ad un amore
che, per una
decisione immatura, è finito. Sei riuscito a farti strada
nel suo
cuore, quindi vuol dire che sei speciale. Vi vedo sorridere
e…
ringrazio che lui abbia te e tu lui. Vi siete proprio
trovati”,
spiegò Jimin, stringendo le mani a pugno e trattenendosi
dallo
scoppiare a piangere.
“Io… Non avrei voluto. È
stato… È stata dura dopo che te ne
sei andato. Lui era veramente distrutto ed ero stanco di vederlo
depresso… Ho cercato di mantenere in vita il suo affetto per
te, ma
sono… ho ceduto al mio stesso cuore e ho pensato
egoisticamente e…”
“Non devi spiegarmi nulla”, Jimin lo
fermò. Ogni parola era una
stilettata al suo cuore e quando aveva definito 'affetto’ i
sentimenti di Yoongi per lui, aveva semplicemente smesso di
ascoltare.
“Non sei… Non sei arrabbiato con me,
vero?”
“Con nessuno dei due… Ora però
sarà meglio che vada; mia madre
mi aspetta.”
“Oh sì, sì, certo. Ci sentiamo,
okay?”
“Certo. Ciao”, e detto ciò Jimin gli
diede le spalle e si
incamminò verso casa sua.
Ogni passo che dava gli sembrava lo portasse sempre più
vicino ad un
bivio dove avrebbe dovuto scegliere cosa fare. Ogni passo che dava
gli faceva uscire più lacrime dagli occhi.
Quando arrivò a casa, scosso dai singulti, corse in camera
sua,
ignorando le domande di sua madre. Voleva stare da solo e pensare.
Pensare a cosa fare.
Quando la mattina dopo Taehyung apparve in camera sua, lo
trovò
seduto sul letto, la schiena contro la testiera e le mani attorno al
collo, uno sguardo di terrore dipinto in volto. Notò anche
segni di
lacrime sulle guance e gli occhi gonfi.
“Tutto bene?” Domandò Taehyung
avvicinandosi lentamente
all'amico.
Jimin girò di scatto la testa verso di lui, pronto a
piangere
nuovamente.
“La… La mia go-gola”, riuscì
a rispondere con difficoltà, la
voce roca e spezzata, non stabile.
“Che succede? Ti fa male?”
“Chi-chiama mia ma-madre.”
Taehyung uscì dalla stanza e andò a chiamare la
signora Park in
cucina che, appena sentì le parole del ragazzo, corse in
camera di
suo figlio e lo abbracciò, cercando di calmarlo. Il
più giovane
nella stanza rimase fermo sulla soglia, guardando la scena che si
svolgeva davanti a sé.
Sapeva quanto potesse fare male la gola, ma gli sembrava estrema la
reazione dei due Park. Era come se a Jimin fosse già
successa una
situazione del genere e si domandava quale fosse il problema. Che
cosa gli era tenuta nascosta e perché il suo amico non
gliene
parlasse.
Non volendo interrompere i due famigliari e sentendosi di troppo in
quel momento, Taehyung uscì di casa con l'intenzione di
tornare e
scoprire cosa succedeva con Jimin.
“E quindi?”
“Quindi? Qualcosa non mi torna”, disse Taehyung
guardando il
maggiore intento a piegare dei vestiti dentro un cesto.
“Tae, magari gli sta venendo una tonsillite o comunque
un'infezione
alla gola”, ribatté Seokjin girandosi verso il
moro.
“Ma hyung, aveva gli occhi sbarrati… Sembrava
terrorizzato!”
Seokjin osservò il minore. Capiva quanto fosse preoccupato
per
l'amico, anche lui lo era. Ma non potevano immischiarsi in faccende
che non gli riguardavano, o delle quali non sapevano nulla.
“Per quanto non mi faccia piacere dirlo… Tae, devi
accettare il
fatto che il Jimin che conoscevamo non c'è più.
Se avesse voluto
renderci partecipi di quanto gli sta accadendo, ieri sera era
l'occasione per farlo. Se ci nasconde qualcosa, sono affari suoi, o
almeno finché non decide di raccontarci che
succede.”
“Hyuuuung~”
“Togli quel broncio. Mi spia-”
“Secondo te perché non canta più? Non
credo sia perché prima lo
faceva insieme a Yoongi, anche se ieri…”
“Mi spieghi perché sei così
interessato?”
“Perché… Perché Jimin
è mio amico e… nessuno di voi sembra
intenzionato ad averlo vicino”, rispose Taehyung, quasi
sussurrando
l'ultima parte.
Aveva visto gli sguardi degli altri quando si erano resi conto chi
era l'amico che aveva portato alla loro cena. Erano tutti diffidenti,
tranne Yoongi e Hoseok per ovvie ragioni. Capiva il loro timore che
Jimin sparisse nuovamente all'improvviso, ma non poteva credere
all'atteggiamento dei ragazzi nei suoi confronti.
“...” Seokjin lo guardò pensieroso prima
di sospirare. “Ma se
si arrabbia perché ficchiamo il naso nei suoi affari, te la
vedi tu
con lui”, disse infine riprendendo a piegare i vestiti.
“Jimiiiiin~”, esordì Taehyung mentre
entrava in camera del
ragazzo.
“Ugh, il tuo aegyo fallo a Jungkook, non a me.”
“Tanto lo so che saresti capace di spupazzarmi le
guance…”,
mise il broncio facendo finta di essersi offeso.
“Tsk, non 'saresti’, quanto…”
Jimin si avvicinò all'altro e
cominciò a punzecchiargli le guance, “...
sono.” E sorrise.
Taehyung gli rivolse il suo famoso sorriso squadrato prima di
avvolgerlo in un abbraccio.
“Lo sai che ti voglio bene, vero?”
Jimin gli diede delle pacche sulla schiena. “Certo.”
“Ecco… Verresti… Ti andrebbe di venire
alla sala
registrazioni?”
La mano di Jimin si fermò a mezz'aria e lentamente la
abbassò,
stringendola a pugno sul suo fianco. Non si aspettava quella domanda
dal minore, l'unico che pensava ci tenesse a lui, seppur minimamente.
Il suo cuore prese a battere all'impazzata, non sapeva se per la
gioia o dolore. Gli mancava tantissimo cantare, entrare nella sala
registrazioni e mettere alla prova la sua voce. Ma questo era
impossibile, soprattutto dopo il giorno prima in cui aveva avuto male
alla gola. Aveva capito, in quel momento, che non poteva stare
tranquillo, che non avrebbe dovuto nemmeno pensare a tornare a
cantare in un futuro prossimo.
“Io… Non…”
Venne interrotto da Seokjin che entrava nella stanza con calma,
sedendosi sul suo letto e guardandoli.
“Ehi Jimin”, salutò questi.
“Hyung?”
“Hai per caso visto un fantasma?”
“No, è solo che… Be’, non ti
aspettavo”, ammise infine
grattandosi la nuca imbarazzato.
“D'accordo. Be’, vestiti che usciamo”,
disse il maggiore
guardandolo serio.
“Dove andiamo?” Domandò diffidente
l'altro mentre si staccava
Taehyung di dosso.
“Lo vedrai.”
Senza fare altre domande Jimin cominciò a vestirsi,
perdendosi gli
sguardi d'intesa degli altri due ragazzi presenti.
“Oh no, io non ci entro lì dentro.”
Jimin si girò e prese a
camminare verso casa sua.
Taehyung gli si parò di fronte con le braccia spalancate e
uno
sguardo da cucciolo che avrebbe potuto sciogliere chiunque.
“Non ti stiamo dicendo di cantare. Vogliamo solo che tu torni
a
parlare con noi, a uscire con noi… Ci sei mancato e ci
manchi
ancora. E anche tanto”, disse tutto d'un fiato.
Jimin sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
“Ripeterei quello
che ha detto Tae, ma non ce n'è bisogno, vero? Sei nostro
amico e ti
vogliamo bene; riprendi a condividere con noi tutto, anche le cose
più sceme. Nessuno, nemmeno Yoongi e Hoseok, ti
negherà questo”,
mormorò Seokjin prima di fare segno a Taehyung di spostarsi
e andare
dentro l'edificio dal quale Jimin era scappato. “La decisione
sta a
te. Meglio vivere una vita insieme ad altri, piuttosto che rimanere
soli e darsi la colpa per tutto ciò che è
successo nella propria
vita.”
Non appena ebbe finito di parlare, Seokjin gli diede una pacca sulla
spalla prima di allontanarsi e andare allo studio di registrazione,
dove sicuramente gli altri ragazzi lo stavano aspettando.
Jimin, quando non sentì più la presenza del suo
amico, si voltò e
volse lo sguardo verso l'edificio, al piano dove sapeva esserci lo
studio.
"Ciao ragazzi", disse con tono mesto Taehyung mentre
entrava nello studio col capo chino.
Jungkook gli passò un
braccio sopra le spalle, cercando di consolarlo. Non appena lo aveva
visto entrare, aveva capito che qualcosa non andava.
Dietro il
minore entrò Seokjin con un'espressione rilassata, quasi
sorridente
che fece inarcare il sopracciglio a Namjoon.
"Salve
ragazzi", salutò il maggiore sedendosi sul divano,
accavallando
le gambe e incrociando le braccia dietro la testa mentre si
appoggiava allo schienale.
"Voi due siete strani",
commentò Yoongi prima di tornare a sistemare i microfoni con
Hoseok
che lo aiutava a regolare il suono.
"Non hai idea di quanto
lo siamo", replicò Seokjin, cominciando a sorridere.
"Mi
fai venire i brividi", disse finalmente Hoseok dopo averlo
guardato con la coda dell'occhio.
"Che è successo?"
Domandò curioso Jungkook, ancora abbracciando il suo
ragazzo.
"Niente. O almeno, non ancora", rispose
misteriosamente il maggiore.
I presenti, escluso Taehyung,
inarcarono le sopracciglia e lo guardarono sempre più
confusi. Alle
volte, Seokjin riusciva veramente a farli preoccupare, non
perché
facesse qualcosa di sbagliato; quando si comportava in modo strano,
come in quel momento secondo loro, stava tramando qualcosa che gli
avrebbe sorpresi.
Taehyung fece per ribattere ma si fermò non
appena sentì la porta dietro di sé aprirsi.
Alzò il capo e non
appena vide gli sguardi sorpresi degli altri, si girò di
colpo e
quando vide Jimin imbarazzato fermo sulla soglia che si grattava il
capo, lo abbracciò immediatamente.
"Ecco cos'è successo",
mormorò sorridendo Seokjin dal suo posto mentre guardava gli
altri
riprendersi dalla sorpresa e cominciare a salutare Jimin.
Jungkook
abbracciò forte sia Taehyung che Jimin, Namjoon si
avvicinò a loro
e diede una pacca sulla spalla al nuovo arrivato.
Hoseok,
imbarazzato, rimase al suo posto a guardare la scena. Yoongi, dal
canto suo, sorrise lievemente mentre ancora sistemava i microfoni.
“Bene, ora possiamo cominciare. Jimin”, il ragazzo
si girò a
guardare Seokjin, “stiamo registrando una canzone scritta da
Yoongi. Ci farebbe piacere se ci aiutassi, anche solo con l'audio o
con il segnalarci qualcosa che non ti torna, okay?”
Il moro annuì riluttante prima di sistemarsi dietro la
console,
aspettando che i suoi amici entrassero nella stanza di registrazione,
sorprendendosi quando Yoongi rimase fuori e si sedette di fianco a
lui.
Jimin cercò di comportarsi normalmente, sperando di non
arrossire, o
almeno fino a quando fosse sicuro di non avere su di sé uno
sguardo
penetrante che sapeva a chi appartenesse; avrebbe fatto lo stesso se
avesse visto il suo ragazzo seduto di fianco al suo ex.
Non appena cominciarono la registrazione, non fece altro che prestare
attenzione agli altri. Gli mancava cantare, provare con i suoi amici,
provare l'ebbrezza di ascoltare la sua voce, insieme a quella degli
altri, su una traccia. Voleva tornare a quei giorni in cui passavano
intere giornate chiusi nello studio di registrazione con Yoongi che
li sgridava e li faceva provare fino a quando non riteneva perfetta
la canzone.
Senza rendersene conto, una lacrima gli scivolò lungo la
guancia,
cadendo poi sulla sua mano chiusa a pugno sopra la console.
Yoongi, che fino a quel momento era rimasto concentrato sui cinque
ragazzi che si trovavano dietro il vetro, aveva notato con la coda
dell'occhio come lo sguardo di Jimin si era rabbuiato e pochi istanti
dopo una lacrima scorrergli sulla guancia. Ricordava che gli
succedeva quando qualcosa lo intristiva e lui, quando se ne rendeva
conto, cercava di calmarlo.
Perciò, quando gli posò una mano sul ginocchio
dandogli una piccola
stretta, non sorprese solo il moro, ma anche se stesso. Aveva sempre
pensato che una volta tornato Jimin, se mai fosse successo, lo
avrebbe ignorato o gli sarebbe stato indifferente, ma con quel gesto
si rese conto che nonostante si fosse sentito tradito e lasciato solo
quando se ne era andato, non era mai arrivato ad odiare Jimin
né mai
l'avrebbe fatto.
Il minore sussultò e si allontanò con la sedia da
Yoongi,
rendendosi conto della sua mano sul suo ginocchio e delle lacrime che
ormai avevano preso a scorrere incontrollabili. Senza attendere
alcuna reazione da parte dell'altro, Jimin si alzò e corse
fuori,
diretto al bagno dove si chiuse in uno dei gabinetti.
Prima di entrare nell'edificio si era ripromesso di non crollare, di
essere forte per i suoi amici e invece, alla prima occasione, era
finito a pensare al suo passato e la cosa peggiore era che il suo ex
l'aveva visto debole e lui non voleva. Non desiderava che i suoi
amici, ma soprattutto lui, venissero a conoscenza del suo problema.
Non voleva piangere o sembrare malinconico perché sapeva
avrebbe
portato a domande alle quali non si sentiva di rispondere. Non voleva
fargli pena. Voleva essere trattato normalmente, senza sguardi pieni
di compassione puntati su di lui.
Chiuso nel gabinetto, cercò di controllare le lacrime e i
singulti,
ma non ci riusciva. Era così concentrato nella sua
situazione, da
non sentire la porta della toilette aprirsi e dei passi in
avvicinamento.
Qualcuno bussò la porta del gabinetto dove si trovava Jimin,
sorprendendolo.
“Ta-Tae?” Domandò tra un singhiozzo e
l'altro.
Ma non gli rispose nessuno, per cui tentò nuovamente; magari
non lo
avevano sentito.
“Se-sei tu, Tae?”
“No… Sono Yoongi”, rispose finalmente la
persona.
Il minore si passò le maniche sopra il viso, cercando di
asciugare
le lacrime. Non si aspettava che il suo ex lo seguisse lì.
Almeno,
non pensava che si sarebbe preoccupato nuovamente per lui. Aveva
creduto si trattasse di Taehyung, visto che quando era uscito dallo
studio gli altri lo avevano visto sicuramente. Quindi sapere che al
di là della porta si trovava Yoongi lo fece calmare.
“Lo sai che se piangi il tuo viso si gonfia”, disse
con tono
pacato il più basso.
“No-non sto piangendo.”
“Ah no, eh? Quindi presumo che quella di prima fosse una
goccia di
sudore che ti usciva dall'occhio…”
Jimin aprì la porta del bagno sbattendola, spaventando
Yoongi che,
per sua fortuna, si trovava appoggiato a quella del cubicolo di
fianco altrimenti l'avrebbe colpito.
“Ho detto che non sto piangendo!”
Riaffermò il moro camminando
verso il lavandino per rinfrescarsi.
“Se ti dico che non ti credo?” Yoongi gli si
avvicinò,
appoggiandosi contro il ripiano di marmo.
Jimin si passò le mani bagnate sul viso prima di prendere
della
carta da mani per asciugarselo. Quando ebbe finito, si girò
verso il
maggiore, quasi a sfidarlo con lo sguardo.
“E se continuassi a dire che non stavo piangendo?”
Yoongi lo guardò in silenzio. Non capiva perché
il minore fosse
così arrabbiato con lui, semmai pensava sarebbe dovuto
essere il
contrario. Certo quella di rispondergli era una cosa che faceva
già
quando stavano insieme ed era ancor più testardo di adesso.
Quello
che non tornava era lo sguardo spento che aveva, come se ormai si
fosse arreso a qualunque fosse il suo problema.
Senza pensarci due volte, abbracciò il più alto e
cominciò a
dargli delle pacche sulla schiena, un gesto che raramente aveva fatto
e faceva. Yoongi non sopportava le dimostrazioni d'affetto, ma
qualche volta gli capitava di compierli.
“Sono proprio uno stronzo, vero?”
Mormorò mentre ancora aveva
tra le braccia il minore.
“Tu? So-sono io lo stronzo qui…
Io…”
“Ammetto che quando te ne sei andato ti ho odiato e speravo
che, se
mai avessi dovuto incontrarti nuovamente, ti avrei ignorato.
Però in
questo periodo sono giunto alla conclusione che se non te ne fossi
andato tu, prima o poi me ne sarei andato io; lo sai che il mio sogno
è andare in America per lavorare con grandi case
discografiche.”
“E… E ci andrai?” Domandò
curioso Jimin, quasi spaventato per
la sua risposta, come temendo che appena lo avesse lasciato andare
dal suo abbraccio, sarebbe partito con Hoseok e non avrebbe
più
potuto rivederli.
“Non ancora. Ho… Ho delle questioni in sospeso
qui”, rispose
infine Yoongi, esitando a rispondere.
Aveva ricevuto richieste di collaborazioni con artisti americani, ma
non era mai andato. Voleva che prima Hoseok finisse i suoi studi e
anche che i suoi amici si diplomassero. Inoltre aveva atteso in
segreto il ritorno di Jimin. Nonostante tutto, gli voleva bene e non
voleva che la loro amicizia, così come quella con Hoseok,
finisse.
“Oh… Vedrai che riuscirai a realizzare il tuo
sogno”, commentò
Jimin prima di lasciarlo andare.
Entrambi si guardarono imbarazzati qualche istante prima che Yoongi
gli sorridesse dolcemente.
“Sarà meglio che rientriamo; gli altri saranno
preoccupati.”
Il minore annuì prima di seguirlo fuori dalle toilette con
passi
leggeri. Era come se il suo cuore si fosse liberato di qualche peso
ed era riconoscente a Yoongi per aver parlato con lui e averlo, in un
certo senso, perdonato.
Dopo quel giorno, Jimin ricominciò ad uscire con i suoi
amici, ad
andare con loro nella sala registrazioni. Per lui era un toccasana,
una cura alla sua sofferenza e a mano a mano che le settimane
passavano, il suo amore per loro si rafforzava.
Gli altri ragazzi invece erano estasiati di vederlo lì con
loro, sia
quando andavano a divertirsi sia quando lavoravano. Avevano tutti
notato che la situazione tra Jimin e Yoongi era migliorata; parlavano
e scherzavano tra loro, con Hoseok che li sgridava ogni volta che
combinavano qualche guaio. Non c'era nessun rancore tra i tre, come
se non fosse mai accaduto nulla.
Ogni tanto Jimin non usciva con loro perché aveva degli
impegni ma i
suoi amici non lo obbligavano a raccontargli cosa era successo in
America e cosa stesse facendo ora che si trovava in Corea. Dal canto
suo, Jimin non raccontava loro che quando non si trovavano era
perché
se ne stava a casa con la sua famiglia e qualche volta andava in
ospedale.
Il giorno del compleanno di Jungkook uscirono tutti la sera ad un
locale. Quando si trovarono fuori dal posto, videro arrivare Jimin
quasi trascinandosi ma non diede loro il tempo di fargli domande; non
voleva rovinare la serata del più piccolo ed era capace di
sopportare le vertigini.
“Bene, oggi il piccoletto compie ventun’anni. Come
ti senti?”
Domandò Namjoon sorridendo.
“Come mi sentivo ieri”, rispose semplicemente lui
scrollando il
capo.
“Eddai, non fare il brontolone”,
rimbeccò Taehyung
abbracciandolo di lato.
I ragazzi potevano giurare di vedere cuoricini al posto dei suoi
occhi. Spesso si sorprendevano dell'amore che i due minori si
professavano.
“Ugh, le smancerie a casa vostra”, si
lamentò Yoongi alzando gli
occhi al cielo.
“Vorrei, ma poi suo padre mi fucila.”
“Come se tua madre non facesse lo stesso con me,
TaeTae.”
Jimin guardava la scena divertito. Il rapporto dei due più
piccoli
gli era sempre piaciuto e ne era stato anche invidioso. Pure in quel
momento sentì una punta di gelosia perché sapeva
che non gli
sarebbe più capitato. Al solo pensiero sorrise amaramente e
proprio
in quel momento ebbe un capogiro e sentì un'improvvisa
voglia di
vomitare.
Senza alcun indugio, si alzò da tavola e corse in bagno,
chiudendosi
in uno dei cubicoli affinché nessuno lo vedesse in quello
stato. Gli
occhi cominciarono a pizzicargli ma lui trattenne l'impulso di
piangere; almeno per una volta, non voleva farlo.
“Tutto bene?” Si sentì domandare da
Seokjin che lo aveva
seguito.
“Sì.”
“Sicuro? Guarda che…”
“Sto bene, davvero”, lo interruppe Jimin prima che
un conato di
vomito lo zittisse nuovamente.
“Ma stai vomitando?” Domandò preoccupato
il maggiore mentre
cercava di aprire la porta.
“A-avrò mangiato qual-qualcosa di avariato, non
preoccuparti.”
“Non preoccuparmi?! Sei pallido, ho visto come ti prendevi il
capo
ogni tanto come se ti facesse male e ora stai pure vomitando. Qui non
c'è niente che mi tranquillizzi!”
Ribatté Seokjin battendo le
mani sulla superficie della porta.
Jimin si pulì la bocca con l'orlo della maglietta prima di
uscire
dal bagno, facendo sussultare il maggiore per la forza con cui aveva
aperto la porta. Camminò lentamente verso il lavandino e si
sciacquò
la bocca, rinfrescando anche il viso.
“Perché non andiamo in ospedale
e…”
“Non voglio andarci! Sono stanco!” Gli
urlò contro, stringendo
il bordo del ripiano.
“Ehi, non devi mica urlare. Voglio solo
aiu…”
“Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno, hyung. Non…
Non più",
rispose, sussurrando l'ultima parte e sperando che non l'avesse
sentito l'altro.
Seokjin era stupito dall'atteggiamento del minore. Sapeva che Jimin
non era uno a cui piacesse rispondere a modo a chi era più
grande di
lui, inoltre, non si era mai mostrato così restio a fare
quello che
gli veniva chiesto.
Non era sicuro di quello che gli stesse accadendo, ma il timore nel
suo tono di voce quando gli aveva risposto che non voleva andare in
ospedale e poi quelle ultime parole sussurrate lo preoccupavano. Non
sapeva cosa fare, ma di certo non lo avrebbe lasciato da solo,
qualunque cosa avesse.
“D'accordo, allora torniamo dagli altri. Non dirò
nulla,
tranquillo”, mormorò il più alto
allontanandosi da lui per uscire
dal bagno.
“Mi spiace Jin hyung… Mi spiace”,
sussurrò Jimin asciugandosi
una lacrima prima di seguire il maggiore verso il tavolo al quale
tutti gli altri li aspettavano.
“Perché quello sguardo triste, TaeTae?” Domandò il suo ragazzo
abbracciandolo da dietro e posando il mento sulla sua spalla.
“Jimin ha detto che oggi non viene con noi perché ha degli impegni…”
“E quindi…?” Jungkook non vedeva alcun problema. Se il più grande aveva da
fare, non potevano certo obbligarlo a cancellare tutto e stare con loro.
“Quindi è già la quarta volta nel giro di una settimana che ci dà buca!”
Esclamò il moro disperato.
“Tae…” Il ragazzo si girò verso Hoseok che riprese a parlare. “Jimin è
grande e vaccinato, non devi fargli la guardia. Se ha bisogno di noi, sa
come e dove cercarci.”
“Concordo”, commentò Yoongi alzando lo sguardo dagli spartiti che aveva
davanti sopra la scrivania.
“Ma la cosa mi puzza”, si lamentò nuovamente.
“Te l'ho già detto, Tae, se vuole dirci qualcosa, lo farà”, gli ricordò
Seokjin entrando nello studio seguito da Namjoon.
“Vedrai che non appena può, ci raggiungerà”, cercò di consolarlo
quest'ultimo.
“Merda!” Esclamò irato Jimin lanciando il cellulare dall'altra parte del
letto, contro la testiera.
Era passata una settimana dall'ultima volta che aveva visto i suoi amici e
questi ogni giorno lo chiamavano, gli scrivevano messaggi e anche se la
cosa gli faceva piacere, in quel momento non gli era d'aiuto.
“Che succede, Jimin-ah?” Chiese la madre mentre prendeva posto al suo
fianco e gli accarezzava i capelli.
“Mi mancano i miei amici. Io…”
“Ehi tesoro, non rattristarti. Se vuoi, gli invitiamo qui. Anche se devi
riposarti, ciò non vieta che vengano qui loro. Lo so che la c…”
“Non dirlo! Non… Non voglio sentirlo, okay? Voglio stare da solo, sì?”
Jimin abbassò il capo e cominciò a giocare con l'orlo della sua maglia.
“D'accordo. Andrò… Andrò a fare la cena; tuo padre oggi torna prima da
lavoro, così possiamo mangiare tutti insieme”, disse eccitata la maggiore,
sperando di rallegrare suo figlio, ma questi sorrise lievemente con lo
sguardo fisso davanti a sé.
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