Spiegazione scientifica di una proposta di matrimonio

di T612
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Principio di azione e reazione ***
Capitolo 2: *** Principio d'inerzia ***



Capitolo 1
*** Principio di azione e reazione ***


PRINCIPIO DI AZIONE E REAZIONE: 
Ad ogni azione ne corrisponde una uguale o contraria.




Virginia aveva appurato che, dopo dieci anni di onorevole e rispettabile servizio alle Stark Industries, a forza di stare a stretto contatto e alle dipendenze del suo capo aveva assorbito qualche nozione di fisica. 
Pepper non era certo ai livelli del Signor Stark, non capiva assolutamente nulla di meccanica e robotica, ma nel corso di quei dieci anni aveva compreso la piena funzionalità della terza legge della dinamica.
La legge, rapportata nel suo caso specifico, si poteva così riassumere: 
Ad ogni provocazione lanciata a Tony, egli reagisce con reazione uguale o contraria. 
Il più delle volte era una reazione impulsiva, infantile e provocatoria, una richiesta di attenzioni costante che le provocava un crollo di nervi e continue psicosi nel tentativo di limitare i danni. 
Sembrava che il compito che il Signor Stark si fosse imposto come missione di vita implicasse darle del filo da torcere su ogni fronte, dall’opinione pubblica alla sua sanità mentale.
La reazione era imprevedibile. 
Poteva essere l’ennesima istigazione lanciata contro il “mercante di morte”, il più delle volte conclusasi con reazione contraria: spazzatura. E in quei casi la legge fisica le si ritorceva contro, costretta a gettare fuori la spazzatura da Villa Stark non poteva fare a meno di pensare che Tony causava sempre eventi a catena. 
Istigazione, spazzatura di turno, dovere da segretaria... e, infine ed inconsapevolmente, istinto omicida. 
L’amore non è mai stato un triangolo, era un poligono… da tiro. 
Tutto era cambiato quando, dopo il ritrovamento in Afganistan, aveva parlato di Stark Senior seduto per terra armato di cheeseburger. Aveva chiuso il mercato d’armi per poi creare un’armatura come ripiego. Aveva indetto una conferenza stampa per smentire le voci su una possibile arma per poi dichiarare in mondovisione di essere Iron Man. Aveva evitato di parlarle dell’intossicazione da palladio per proteggerla, come se non l’avesse esposta abbastanza nominandola CEO. 
Un eterno loop di azioni e reazioni, un circolo vizioso che l’aveva trascinata da una expo in fiamme a una chiamata persa… mentre guardava terrorizzata il tg mentre un’armatura rossa e oro, con una bomba nucleare sulla schiena, scompariva per poi precipitare da un portale alieno.
Le sue ultime parole erano per lei, racchiuse in quella chiamata persa, quando si era lanciato nello spazio per proteggerla.
L’amava, a modo suo.

***

Dopo New York si era trasferita in pianta stabile alla Stark Tower, Tony aveva bisogno di avere il controllo sulle sue scelte, il suo mondo cadeva a pezzi… in un certo senso lei era l’unico punto fermo in mezzo alla sua mente caotica. Ma ogni volta superava il limite e non se ne rendeva conto… Pepper non capiva quale parte ricopriva nell’equazione che spiegava la vita di Tony, se in quel triangolo aveva più o meno importanza delle armature che costruiva senza sosta.
-Pep, lo ammetto, colpa mia… scusa, sono parecchio incasinato. Va avanti da un po’ ormai, non ho detto niente. Tutto è cambiato dopo New York.
-Oh davvero? Non me ne ero accorta. –non le aveva detto niente ma doveva ancora capire che con lei non c’era bisogno che parlasse. Tuttavia, dopo anni, trovava ancora il modo di sorprenderla… con reazione uguale o contraria, imprevedibile e non in linea con il suo comportamento standard abituale. 
Come un’ammissione di colpa.
-Vivi esperienze al limite… e poi tutto finisce senza una spiegazione? Alieni, dei, altre dimensioni… sono solo un uomo di latta. L’unico motivo per cui non ho avuto un crollo è perché ti sei trasferita da me. È fantastico, ti amo, sono fortunato… ma tesoro, non riesco più a dormire. Tu vai a letto e io vengo qui a fare quello che so fare… armeggio. Il pericolo è imminente e devo proteggere l’unica cosa senza la quale non vivrei. Sei tu. E le mie armature sono…
-Macchine.
-Sono una parte di me.
-Una distrazione.
-Probabile.
Per ventiquattr’ore aveva sperato, nel profondo del suo cuore, che Tony avesse toccato il fondo per risalire… l’ammissione di colpa l’aveva scombussolata, sperava sul serio che si imponesse un freno e che ragionasse sulle conseguenze delle sue azioni. 
Poi aveva dato il loro indirizzo di casa a un terrorista e la villa a Malibu Point era stata demolita.
Tra le macerie aveva trovato il casco dell’armatura… le aveva lasciato un messaggio, le chiedeva scusa di nuovo, se voleva proteggerla non sarebbe tornato per un po’. 
L’amava, a modo suo. 

***

Era il suo punto debole… ed ora aveva il fuoco nelle vene. Aveva ucciso un uomo. E Tony la stava guardando terrorizzato… errato, aveva superato la paura, ora stava reagendo. 
-Chi è parecchio incasinato ora?
-È opinabile, un po’ sbilanciato dalla tua parte. Perché non ti vesti così anche a casa? Carino il reggiseno, tutto il look…
-Sai inizio a capire perché non vuoi rinunciare alle armature, adesso di cosa mi lamenterò?
-Sono sempre io, troverai qualcosa. 
-Non toccarmi, ti brucerò.
-Ferma, non succederà. –aveva optato per la reazione contraria al buon senso. -Non scotti.
-Dici che me la caverò?
-No. Hai una relazione con me, non te la caverai mai.
Aveva distrutto le armature, Iron Man attira minacce che minano alla sua sicurezza. 
L’amava, a modo suo.

***

Poi erano subentrati gli Avengers e il lavoro da supereroe… e la reazione uguale all’attacco era stata quella di costruire un’armatura a protezione del mondo, il suo mondo. 
Pepper lo sapeva, l’aveva sempre saputo, che gestire Tony era quasi impossibile, logorante ed estenuante. Era troppo per un’unica persona… a un certo punto aveva semplicemente fatto le valige. 
Ad ogni azione esiste una reazione uguale o contraria. 
L’aveva svegliata alle tre di notte mentre era in volo di ritorno dalla Siberia. Chi voleva prendere in giro… era tornata, aveva disfatto le valige e l’aveva trovato sul divano ad aspettarla a braccia aperte. Le aveva seppellito la testa in mezzo ai suoi capelli in un tentativo mal riuscito di contenere le lacrime, tutte le sue certezze erano crollate di colpo e solo dopo più di vent’anni stava affrontando il lutto. 
Era tornato con l’armatura smembrata, aveva firmato gli accordi per tentare di dare uno scopo positivo a quell’ammasso di latta, ma aveva causato l’ennesima catastrofe… e Pepper era rimasta.
In tutti quegli anni l’unica preoccupazione di Tony era di proteggere il mondo, il suo mondo. Era solo convinto che per farlo gli servisse quell’ammasso informe abbandonato sul pavimento… 
L’amava, a modo suo.

***

Pepper era abituata a considerare tutte le variabili impazzite, comprese le reazioni uguali e contrarie… ma non le reazioni illogiche. Era abituata a trattare con un genio incompreso e con una sala stracolma di giornalisti, insieme o separatamente. Ma un conto era coprire Tony per salvare le Stark Industries, un altro era coprire Tony per salvare un ragazzino.
-Dov’è? –la porta chiuse fuori le voci che la richiamavano indietro, erano in ritardo sulla scaletta.
-Se ne è andato.
-Ma lo aspettano tutti.
-Lo sai che ha fatto una scelta molto matura? Siamo senza parole tutti e due.
-Avete mandato tutto a monte? –Tony era tranquillo, era ancora nella sua confort zone, mentre Happy la pregava con lo sguardo di non ucciderlo.
-Lui gli ha detto di aspettarlo fuori. 
-Mi prendete in giro. Ho una sala piena di persone che aspettano un annuncio importante, ora cosa devo dirgli?
-Trova un… e se magari… -Tony reagisce con uno strano guizzo negli occhi. -Happy hai ancora l’anello?
-Se ho l’a…
-L’anello di fidanzamento, si.
-L’anello? Lo porto sempre con me, dal 2008. 
Happy teneva in mano un solitario, si era bloccata a fissare il diamante sconcertata. Ma che diavolo…?
-Okay... –la nota di panico nella voce di Tony la riscuote.
-Credo di poter trovare un’idea migliore. –è illogico, sono passati quasi dieci anni dal 2008.
-Ma ci farebbe guadagnare tempo… -si butta sulle sue labbra senza pensarci due volte, un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. -…siamo esperti no?
-Lo tenevi in tasca, non ci credo.
Alla fine la ama, a modo suo.

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Capitolo 2
*** Principio d'inerzia ***


PRINCIPIO D'INERZIA:
Un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non intervenga una forza esterna a modificare tale stato.
 



Anthony Edward Stark aveva ventun'anni ed erano appena morti i suoi genitori.
Incidente d’auto. Su una strada deserta che portava al Pentagono… la cosa non aveva minimamente senso. Si era scervellato per giorni sopra i referti autoptici, sulle testimonianze, su tutti i documenti a cui poteva avere accesso. Zia Peggy aveva dovuto tirarlo via a forza da quei documenti, doveva dedicarsi a questioni più importanti, ora era miliardario e possedeva un’eredità da far girare la testa a molti.
Quando i suoi genitori erano finiti tre metri sotto terra aveva preferito annegare i problemi su un bicchiere di scotch mentre formulava l’equazione che regolava la sua vita preannunciando che, senza qualcuno che lo sgridasse per rimetterlo in careggiata, prima o poi si sarebbe schiantato e avrebbe fatto la stessa fine dei suoi. Il bicchiere di scotch era stato il primo di una lunga serie, mentre il rompicapo dell’incidente d’auto restava chiuso sigillato in un cassetto, una forma di prevenzione per salvare ciò che restava del suo mondo. Aveva inforcato gli occhiali da sole, si era stampato un sorriso sul volto, aveva tracannato un bicchiere di superalcolico e si era avviato al cimitero… ma dopo sette anni a contemplare due lapidi si era convinto che la logica con cui si era verificato quell’incidente d’auto era andata persa insieme ai litri di alcool che aveva assunto in corpo nel corso degli anni e, avanti di quel passo, l’esito della formula si sarebbe verificato di sicuro. Per la sua sanità mentale aveva rimosso l’incidente dall’equazione della sua vita, confinandolo in un angolino della sua mente, rendendosi conto che qualcuno che lo rimettesse in carreggiata era d’obbligo… a mente lucida aveva deciso di volere un’assistente. Aveva decretato che gli serviva qualcuno che badasse all’eredità di suo padre al posto suo, qualcuno che gli facesse da madre ma non gli ricordasse la propria e, per forza di cose, doveva essere donna. Così quando Virginia Potts si era presentata alla sua porta le aveva scaricato addosso l’onere di fargli da balia, dimenticandosi del cassetto chiuso a chiave e mai più riaperto, mentre lui andava incontro alla sua nuova vita creata su misura.
Passo dopo passo, per inerzia, verso la fine del mondo.
 
***

Si era risvegliato con una batteria d’auto collegata al cuore. Dopo un primo momento di panico, con valutazione di rischi annessi, aveva capito che la nuova forza esterna modificava l’intera equazione della sua vita. Poi era subentrato l’istinto di sopravvivenza e, fomentato dal desiderio di vivere, aveva ripescato la sua eredità malvolentieri dai recessi della sua memoria ricreando il micro-reattore Arc… pensava di aver chiuso suo padre in un cassetto più di dieci anni fa.
-Lei, Signor Stark, è un uomo che ha tutto e niente.
In quella grotta, con una batteria d’auto al posto del cuore, aveva appreso per la prima volta quanto fosse solo. Gli sconosciuti che aveva incontrato durante la sua vita progettata su misura erano solo persone interessate al mito di Tony Stark… mito che si era costruito nel vano tentativo di eclissare Stark Senior.
Le uniche persone di cui si fidava si potevano contare su una mano sola…
Happy, la sua guardia del corpo tutto fare, l’unica persona che andava a recuperarlo dovunque.
Rhodes, il suo migliore amico, l’unica persona che si lamentava per dove dovessero recuperarlo.
Jarvis, il suo maggiordomo virtuale, la voce della sua coscienza che gli ricordava dove dovrebbe essere.
Pepper… la sua segretaria, l’unica persona che era dove doveva essere. Sempre.
Dopo dieci anni era diventata una presenza fissa, se lei era al suo fianco aveva la certezza di essere al posto giusto nel momento giusto… un faro nella notte in mezzo all’equazione sconclusionata della sua vita. L’aveva assunta perché si occupasse dei cocci della sua famiglia a pezzi, non solo l’aveva rimesso in piedi, aveva dato anima e corpo perché in quella posizione ci rimanesse. A pensarci bene era la donna della sua vita… nel senso letterale del termine, affibbiare un significato più vasto e profondo a quella considerazione era troppo pretenzioso anche per lui.
Ma era una considerazione che modificava l’intera equazione.
Passo dopo passo, per inerzia, verso la fine del suo mondo.

***

“Non sprecare la tua vita” era diventato il suo mantra nei momenti di crisi, una presa di coscienza e responsabilità del suo operato non indifferente, oltre che a una nuova considerazione delle priorità.
Prima tra tutti la segretaria dalla chioma rosso fuoco che lo osservava con gli occhi lucidi appena era sceso dall’aereo, decisa a rimettere insieme i cocci di quello che restava del suo capo.
-Lacrime per il suo capo scomparso?
-Odio cercare nuovi lavori.
Non doveva sprecare tempo. Aveva ignorato l’intenzione di Pepper nel volerlo ricoverare in ospedale, aveva preteso una conferenza stampa e un cheeseburger e, per la prima volta dopo più di dieci anni, aveva parlato pubblicamente dell’addio mancato ai suoi genitori… volente o nolente era grazie all’ingegno di suo padre se era ancora vivo. Pepper era rimasta a placare la rivolta di giornalisti scatenatesi con l’annuncio della chiusura del mercato d’armi, mentre lui si era fatto portare da Happy in gioielleria.
Usciti dal negozio con il solitario in mano si era reso conto della spesa futile… la donna della sua vita… era troppo solo a pensarlo anche se, grazie al soggiorno forzato in Afghanistan, aveva rivalutato considerevolmente le sue priorità. Dopo essersi dato dell’idiota da solo almeno dieci volte, desistendo dalla tentazione di riportarlo indietro, l’anello era finito nella tasca di Happy.
Non era il momento, ma ora cambiavano radicalmente le carte in tavola.
-Pepper, non ho nessuno se non lei.
L’aveva osservata rapito, dopo un arresto cardiaco sventato, come se non ci fosse creatura più bella nell’intero universo… tutto il suo mondo rinchiuso in un’unica persona.
Passo dopo passo, per inerzia, verso la fine del suo mondo.
 
***

-Pep, lo ammetto, colpa mia… scusa, sono parecchio incasinato. Va avanti da un po’ ormai, non ho detto niente. Tutto è cambiato dopo New York. –La situazione era cambiata radicalmente, ne era passata di acqua sotto i ponti dopo quel Martini mancato.
-Oh davvero? Non me ne ero accorta.
-Vivi esperienze al limite… e poi tutto finisce senza una spiegazione? Alieni, dei, altre dimensioni… sono solo un uomo di latta. L’unico motivo per cui non ho avuto un crollo è perché ti sei trasferita da me. È fantastico, ti amo, sono fortunato… ma tesoro, non riesco più a dormire. Tu vai a letto e io vengo qui a fare quello che so fare… armeggio. Il pericolo è imminente e devo proteggere l’unica cosa senza la quale non vivrei. Sei tu. E le mie armature sono…
-Macchine.
-Sono una parte di me.
-Una distrazione.
-Probabile. –Non poteva fermarsi, non doveva sprecare tempo. Le armature erano parte integrante di lui, senza di esse Tony Stark era solo un uomo rinchiuso in una grotta con una batteria per auto al posto del cuore e, un uomo con il cuore difettoso, aveva bisogno di un’armatura per proteggere le persone che ama.
Letteralmente. L’aveva rinchiusa nell’armatura quando la villa a Malibu Point era crollata, mentre lui si era ritrovato con la carcassa dell’armatura in mezzo alla neve e abbandonato da tutti... ma Pepper era salva.
Le aveva lasciato un messaggio in segreteria, le chiedeva perdono, non sarebbe potuto tornare per un bel po’… non poteva tornare senza armatura, il meccanico da solo non poteva proteggerla, doveva aggiustare la macchina… doveva aggiustare sé stesso.
“Le mie armature sono una parte di me.”
Passo dopo passo, per inerzia, verso la fine del suo mondo.
 
***

-Dicono che le ombre sono i segni delle anime salite in cielo, tranne che per l’uomo bomba. Lui è finito all’inferno… perché non è rimasta la sua ombra. Per questo sono solo cinque.
Era questa la sua fine dunque? L’armatura era la bomba mentre Happy, Rhodey, Jarvis, Pepper e ciò che rimaneva di sé stesso erano le ombre proiettate sul muro. Non si era reso conto che, tentando di non sprecare tempo, aveva sprecato ciò che rimaneva di sé stesso.
C’era stato un lasco di tempo, tra il ritorno a casa e la Mark II, dove era stato semplicemente Tony Stark. Non Iron Man, solo Tony… Tony si era perso nello spazio, dal portale era precipitata l’armatura con un uomo all’interno che vedeva minacce ovunque.
Aveva bloccato gli attacchi di panico, il meccanico aggiusta le cose, poteva aggiustare anche sé stesso.
-Dici che me la caverò?
-No. Hai una relazione con me, non te la caverai mai.
La notte di Natale le aveva dato la prova che a Tony Stark non serviva un’armatura per essere Iron Man.
Si era operato, aveva rimosso il reattore, aveva trovato una cura per Extremis… aveva aggiustato tutto, una cosa alla volta.
Passo dopo passo, per inerzia, verso la fine del suo mondo.
 
***

-Ti sto offrendo un ramoscello d’ulivo.
-Pepper è qui? Non l’ho vista.
-Siamo… siamo… beh, noi insomma…
-Aspettate? -L’idea di un piccolo sé stesso in miniatura gli solleticò la mente per poi rimuoverla con decisione, non aveva avuto un grande esempio come figura paterna. La sua mente gli restituì l’immagine di sé stesso allo specchio, la somiglianza con Howard era disarmante, mentre in tutto questo del riflesso di Pepper nemmeno l’ombra.
-No, decisamente no. Ci siamo presi una pausa. Non ci sono colpe.
-Mi dispiace Tony, non lo sapevo…
-Anni fa l’ho quasi perduta, per questo ho distrutto le mie armature. Poi abbiamo dovuto eliminare l’HYDRA… e poi Ultron, colpa mia. E poi, e poi, e poi non mi fermo mai… perché la verità è che non voglio fermarmi. Non voglio perderla, gli accordi potrebbero rappresentare un compromesso. A sua difesa, io non sono facile… anche papà era un rompiscatole ma tra lui e mamma ha sempre funzionato.
Stava cercando di aggiustare le cose, tentava di fare quello che andava fatto per prevenire il peggio, cercava uno scopo… e un punto di contatto, un compromesso, un punto di partenza per ricominciare di nuovo.
Il punto di contatto era arrivato alle tre di notte in volo di ritorno dalla Siberia. Un compromesso con il passato, con un cassetto sigillato da più di vent’anni, e un punto di partenza ritrovato in un abbraccio dove aveva sfogato il pianto represso di un ventunenne.
Si era trascinato avanti, con lei al suo fianco, mentre per la prima volta liberava quel cassetto.
Passo dopo passo, per inerzia, verso la fine del suo mondo.
 
***

-Dov’è?
-Se ne è andato.
-Ma lo aspettano tutti.
-Lo sai che ha fatto una scelta molto matura? Siamo senza parole tutti e due. –Lui di sicuro, a quarant’anni suonati non aveva una briciola della responsabilità che vantava il ragazzino da quindici.
-Avete mandato tutto a monte?
-Lui gli ha detto di aspettarlo fuori. –Come volevasi dimostrare… sul concetto di responsabilità ci stava ancora lavorando. Stava ancora imparando a non arrivare in ritardo alle cene con Pepper, a gestire il ragazzino, ad evitare di mettere in attesa il generale Ross scusandosi usando la futile scusa che gli piacevano le lucine colorate come i bambini di cinque anni. Peccato che lui non fosse più un bambino da più di trent’anni… una persona normale, alla sua età, avrebbe dovuto avere pensieri come la famiglia.
-Mi prendete in giro. Ho una sala piena di persone che aspettano un annuncio importante, ora cosa devo dirgli?
-Trova un… e se magari… -Una persona normale, alla sua età, avrebbe dovuto avere pensieri come la famiglia. L’unica volta che aveva formulato un pensiero serio e responsabile era stato fuori da una gioielleria dieci anni prima. -Happy hai ancora l’anello?
-Se ho l’a…
-L’anello di fidanzamento, si.
-L’anello? Lo porto sempre con me, dal 2008.
-Okay…
Panico. Il diamante brillava così tanto anche dieci anni fa? Forse c’era un motivo se lui e le responsabilità serie viaggiavano su due binari distinti… ma ormai il danno era fatto e come prospettiva non gli dispiaceva per niente, anzi.
-Credo di poter trovare un’idea migliore.
-Ma ci farebbe guadagnare tempo… siamo esperti no?
-Lo tenevi in tasca, non ci credo.
Quel miracolo di donna l’aveva interrotto a metà frase con un bacio, l’aveva preso per un sì alla sua tacita proposta. Aveva afferrato l’anello al volo rimettendoselo in tasca mentre i flash l’avevano abbagliato appena aveva varcato la soglia della sala conferenze.
L’equazione della sua vita formulata vent’anni prima prevedeva che si sarebbe schiantato se qualcuno non l’avrebbe rimesso in careggiata, aveva trovato quel qualcuno e, stando all’eredità di famiglia, non sarebbe stato un esperimento fallimentare, erano una coppia collaudata e più che testata ormai. Ma restando fedeli all’equazione, se avrebbe dovuto schiantarsi almeno non sarebbe stato solo e anche in quel caso quel qualcuno avrebbe raccolto i pezzi.
Come la prima volta vent’anni prima, come la seconda volta dieci anni dopo.
Pensava a questo mentre si inginocchiava ai piedi di Pepper in diretta e in mondovisione.
Passo dopo passo, per inerzia, verso la fine del suo mondo.

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