Fragile Feelings

di Sparrowhawk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ouverture ***
Capitolo 2: *** Conosciamogli meglio ***
Capitolo 3: *** E allora, luce fu! ***



Capitolo 1
*** Ouverture ***


1.

Overture


Amore: 1. dedizione appassionata, esclusiva ed istintiva nei confronti di una persona, che porta a condividere con questa sentimenti ed emozioni e a desiderarla dal punto di vista non solo fisico, ma anche spirituale. (S) bene, affetto, attaccamento, tenerezza, adorazione, passione. (C) odio, avversione, astio, animosità.


Cercate su un vocabolario la parola 'amore' e, subito, anche voi vi ritroverete di fronte a questa breve eppure esauriente spiegazione.

Per anni gli uomini hanno vagato su questa terra tormentandosi sul vero significato dell'amore, e alla fine, uno di loro, è stato così esuberante da prendere la decisione di scrivere una cosa come quella riportata poco più sopra. Chi o che cosa gli abbia fatto credere di aver compreso abbastanza di un'emozione così grande, è ancora un quesito che i più si pongono.

O, per lo meno, che io mi pongo.

Dell'amore ho conosciuto molto poco, e tutto ciò che ho provato -o che ho creduto di provare-, è stato forse un riflesso di ciò che invece è accaduto ad altri. Non sono così sicura di me stessa dal potermi definire un vero e proprio genio su questo argomento, ma quando penso a qualcosa di tanto importante come questo sentimento, non posso fare a meno di pensare che c'è decisamente qualcosa di più di quello che tutti avete letto in quella frase.

Come forse si è capito io sono giovane, dell'amore così come della vita so davvero poco, però voglio comunque provare a dimostrarvi che le mie parole sono vere e non campate in aria.

Il giorno in cui una persona a cui io ho tenuto particolarmente si è innamorata di un ragazzo, le cose nella sua vita -e di rimando, seppur in modo lieve, anche nella mia- hanno cominciato a girare in un modo del tutto diverso rispetto a prima.

Ricordo bene il giorno in cui tutto è cominciato. Mi sembra ancora di sentire quella brezza primaverile, accompagnata dal leggero profumo di pesco che mi inebriava mentre con occhi sorpresi stavo ad osservare lei, la mia carissima Aiko.

Quel giorno i suoi lunghi capelli neri erano sciolti e solo un nastro blu glieli impreziosiva. La divisa del medesimo colore, forse di una taglia un pò troppo grande per lei, la faceva apparire come una bambina delle elementari piuttosto che come una ragazza di ben sedici anni. Ma, d'altro canto, per lei era sempre stato così: nessun indumento, a meno che non fosse estremamente attillato, sembrava calzarle a pennello. Era talmente minuta che quasi ti si stringeva il cuore quando la vedevi. E poi era bella. Bella sì, Aiko era bella più di quanto sarebbe dovuto essere permesso ad una persona comune. Alle volte sembrava che la sua carnagione chiarissima splendesse sotto ai raggi del sole, e anche i suoi occhi, seppure praticamente neri, in qualche modo rilucevano di luce propria. Quando li incrociavi sapevi esattamente a cosa stava pensando, perché lei non era per niente capace di dire bugie, e anzi era praticamente trasparente in quel senso. Era così pura, così ingenua, che bastava poco a smascherare ogni suo pensiero ed ogni suo sogno.

E perciò, anche quella volta, io capii subito a che cosa stava pensando.

Con i ciliegi in fiore, il sole alto nel cielo ed il grave chiacchiericcio del resto degli studenti del nostro Istituto -tutti indaffarati a scoprire in che classe erano stati messi per l'inizio del nuovo anno-, il cuore di Aiko era stato trafitto da una delle frecce di Cupido.

In quell'istante preciso, per quanto bene le volessi e per quanto felice potessi essere per lei, sentivo già, nel profondo di me stessa, che per lei l'amore non sarebbe mai stato come per tutti gli altri.

E quella consapevolezza, insidiosa e crudele, mi fece rabbrividire.






Nota: Questa storia è vecchia. Sto cercando di portare avanti tutti i progetti che ho lasciato indietro, quindi eccomi qui con questa storia. Il mio stile è cambiato e si vedrà quando andrò avanti con i capitoli ora, ma ci tenevo a lasciare le cose come erano. Così. Un capriccio mio se volete, ahah! Inoltre questa è una storia che ha un’apertura simile ad un’altra mia serie, Jar of Hearts, quindi la cosa mi piace molto. Sembra un tributo~

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Capitolo 2
*** Conosciamogli meglio ***


2.

Conosciamoli meglio (parte 1)


Aiko non era mai stata una persona come le altre.

Il suo modo di fare, così come il suo essere sempre e costantemente con la testa fra le nuvole, faceva sì che tutti la mettessero nella schiera degli 'strambi'. Era difficile catturare la sua attenzione per più di mezzo minuto, e anche quando miracolosamente uno ci riusciva, il suo sguardo ti impediva di credere che ti stesse guardando veramente. In un certo senso era come se lei guardasse oltre, come se le sue iridi scure in qualche modo passassero attraverso il tuo corpo, imitando i raggi X dei più famosi macchinari medici presenti in ogni ospedale. Aiko ti fissava eppure non ti vedeva, e quando succedeva tu sapevi per certo che ormai non ti stava più a sentire.

Anche quando era lei a parlare aveva l'assurda facoltà di perdersi a metà discorso, dimenticando ciò che stava dicendo e chiedendoti, sbigottita, di che cosa esattamente stesse parlando. Standole vicino mi è capitato molte volte di riderle in faccia, quasi fino a farmi venire le lacrime: la sua espressione accigliata nei momenti in cui accadeva qualcosa di simile era assolutamente impagabile, una delle cose più divertenti che io abbia mai avuto modo di vedere anche in seguito.

Non era però sempre tutto rose e fiori con lei, anzi. Sebbene fosse un tipo abbastanza allegro, o comunque una ragazza con cui era facile divertirsi, non era mai Ai-chan a cominciare una conversazione né tanto meno era in grado di intrattenerti in qualche modo. Per via della sua ingenuità prendeva le cose troppo seriamente e, alla fine, non riusciva mai a ridere degli scherzi che io o che qualcuno della nostra classe le facevamo. Rimaneva semplicemente là, con gli occhi sgranati, a fissarti senza capire che cosa dovesse fare.

Quando ciò accadeva, non sapevo mai come prenderla. Mi dava l'idea di non avere mezze misure. Per lei una cosa poteva essere o giusta o sbagliata, non c'era lo spazio per sfumature di alcun genere. Il grigio non era contemplato e purtroppo era così anche per quanto riguardava i sentimenti.

Aiko poteva provarne uno solo alla volta e quello di turno era espresso sempre al proprio massimo. Calma e rabbia, gioia e tristezza, amore ed odio... Ogni emozione tipica dell'uomo era capace di entrare nel suo cuore solo dopo un dato periodo di tempo, ovvero quando il sentimento precedente si era in qualche modo esaurito svanendo dal suo animo.

Ai-chan era intelligente, molto, e sebbene mancasse totalmente di capacità di analisi di per sé, si applicava alle cose con costanza almeno sino a che non diventava brava in una certa conoscenza od abilità. Era ammirata dai professori per i suoi bei voti e per la capacità di sapersi sempre risollevare da una materia in cui aveva delle lacune, inoltre in classe erano in molti a chiederle aiuto per studiare, e nell'istituto non c'era qualcuno che mancasse di rimanere stupito una volta che uscivano i tabelloni dei risultati degli esami.

Lei era una stella, in tutti i sensi possibili. Una sorta di leggenda fra le mura della nostra scuola, sia per mente che per avvenenza.

Però, io lo vedevo, tutto questo non la toccava minimamente.

Al tempo ignoravo cosa desiderasse nel profondo ma, se solo avessi saputo allora ciò che so oggi, credo mi sarei comportata in modo assai diverso nei suoi confronti.

Avrei smesso di preoccuparmi del suo grande distacco, capendo che se Aiko si comportava così era solo perché non conosceva nessun modo per entrare veramente in contatto con il prossimo.

Avrei cercato di starle più vicino, di farla parlare di ciò che sentiva, senza ostinarmi ad attendere che fosse lei stessa ad aprire la bocca da sola.

Magari mi sarei perfino impegnata a spiegarle le varie sfumature che ogni sentimento possiede se solo fosse servito ad evitare che poi le cose andassero così male in seguito.

Era però la sua purezza - quel suo fragile, fragilissimo candore che sapeva dimostrare al prossimo - ad impedirmi di essere sincera, e alle volte dura, con lei. Non volevo che cambiasse, volevo altresì che rimanesse sempre la stessa, perché pur con tutte le sue stranezze Aiko era sempre stata la persona migliore che io avessi mai conosciuto.

Dimostrarle di che pasta erano fatte le persone, farle capire cosa significava vivere, ma vivere davvero, avrebbe voluto anche dire perdere quello speciale luccichio nei suoi occhi. Quello che le vedevo impresso ogni volta che si stupiva. Quello che rendeva il suo sorriso, così raro, ancora più prezioso. Quello che mi aveva incantata la prima volta in cui la avevo vista e che, poi, mi aveva legata a lei indissolubilmente.

Volevo proteggerla e credo siano stati in molti quelli a possedere le mie stesse intenzioni nei suoi confronti. Così come quelli che mi avevano preceduta, però, non avevo capito ciò di cui lei aveva veramente bisogno: la muraglia che le avevano costruito attorno, e che io avevo contribuito a rinsaldare, la aveva lasciata incapace di imparare ad interagire con il prossimo.

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Capitolo 3
*** E allora, luce fu! ***


3.

E allora, luce fu!


La prima volta che gli occhi di Aiko si posarono su Tarou fu appunto alla cerimonia di inizio anno, quando gli studenti infestavano il cortile alla ricerca dei loro nomi sulle bacheche che davano delucidazioni sulle varie classi.

Di quella giornata ricordo molte cose diverse, ed una di quelle che più mi sovvengono è il chiasso. C'era un chiacchiericcio tale, tutto intorno a noi, che per un paio di minuti sia io che Ai-chan facemmo fatica a sentire i nostri discorsi e, penso io, perfino i nostri stessi pensieri. Anche gli uccellini, allegri per l'avvento della primavera, cinguettavano in cielo posandosi poi sui rami vicini degli alberi in fiore. Di tanto in tanto, poco distanti dalla scuola, in strada, si sentivano i clacson, intenti ad intonare anche loro un canto anche se decisamente meno invitante e dolce rispetto a quello degli uccelli.

«Che fortuna!» avevo esclamato io, ridendo, gli occhi marroni semi chiusi mentre sul mio volto si dipingeva un dolce sorriso «Anche quest'anno siamo in classe insieme!»

Non ricevetti risposta ma, abituata a cose di questo tipo, non mi allarmai per nulla e anzi mi voltai verso Aiko alla ricerca del suo sguardo che, come al solito, doveva essersi perso nel vuoto. Quando però mi fui girata del tutto e vidi dove lei stava guardando, non potei fare a meno di lasciar morire il sorriso che solo pochi attimi prima aveva impreziosito il mio viso.

Improvvisamente, neanche se fossimo stati tutti sotto l'effetto di una qualche sorta di magia, il chiacchiericcio cessò, così come il canto degli uccelli e lo stonatissimo starnazzare dei clacson. Eravamo stati tutti circondati dal silenzio o, molto più probabilmente, fui io a credere che ciò avvenisse.

Mi ero sempre vantata del collegamento che io ed Aiko possedevamo, non era passato giorno in cui non avevo capito cosa volesse dire con uno dei suoi strani e complicatissimi discorsi. Anche in seguito, per quanto le cose avessero in qualche modo continuato a peggiorare, io avevo sempre continuato imperterrita a capire tutto ciò che usciva dalle sue labbra e, nella mia infinita ignoranza, avevo dato per scontato che questo bastasse.

Solo allora, mentre la guardavo persa stavolta non nel vuoto, ma negli occhi di un'altra persona, cominciai a capire i miei errori.

«Ai-chan...» mormorai, facendo qualche passo verso di lei «Ai-chan, ci sei?»

Le posai una mano sulla spalla, delicatamente, con la solita paura di poterla distruggere anche con un piccolo tocco. Lei, pensierosa, era tornata ad osservarmi solo per un breve lasso di tempo prima di tornare a cercare Tarou.

«Ai-chan, si può sapere che ti prende?»

Oh, sapevo bene che le prendeva, lo sapevo ma volevo che fosse lei a dirmelo, magari nella speranza che tutto ciò che stavo credendo io non fosse assolutamente vero. Forse mi avrebbe detto che quel ragazzo tanto alto e bello, lo stesso che in seguito scoprii essere uno studente trasferito da un'altra scuola, aveva una strana pettinatura o che, ancora meglio, le stava mettendo addosso una strana soggezione.

«Lo...lo conosci quel ragazzo?» mi chiese lei, ignorando la mia domanda a bella posta, come sempre.

«No, non credo di averlo mai visto.»

«Nemmeno io.» sospirò, portandosi una ciocca di quei suoi lunghi e folti capelli dietro all'orecchio destro «...nemmeno io.»

Io lasciai andare la presa e mi portai le mani dietro alla nuca, unite, come facevo di solito quando dovevo pensare intensamente a qualcosa. Di certo non era una novità per me, il vederla così con la testa fra le nuvole, ma mai avrei creduto possibile che tutto ciò avvenisse per un ragazzo. Aiko non aveva mai dato segno di apprezzarne uno in tutti gli anni che la avevo conosciuta e, pur possedendo una bellezza che certamente non poteva passare inosservata, non si era mai sprecata una singola volta a dare corda ad uno dei coraggiosi che le si erano dichiarati. Era probabile che non avesse neanche mai capito cosa significassero certi discorsi sconnessi e balbettanti di coloro che si erano spinti a tanto, e forse nemmeno sapeva bene cosa fosse l'amore di per sé se tale sentimento si spingeva oltre al semplice 'mi piaci' nel senso di 'mi stai simpatico/a'.

«Mh...a quanto pare non sei l'unica ad averlo notato.» me ne uscii io, cercando di porre un freno a tutte quelle mie stupidissime supposizioni.

Aiko si guardò attorno, realizzando come me che erano già state molte, le studentesse del nostro Istituto, ad accorgersi dell'avvenenza di quel ragazzo.

Non poteva che essere altrimenti, mi dissi subito io, quando si viveva in un paese come il nostro. Non eravamo di certo un piccolo borgo timorato di Dio, dove le comodità della città arrivavano con dieci anni di ritardo e dove le mode erano lente a cambiare, ma nemmeno potevamo considerarci una grande metropoli come Tokyo, ricca di novità e di vita. Da noi tutti si conoscevano da sempre e, quando qualcosa cambiava, causava un tale scalpore da rimanere nella top ten dei pettegolezzi per almeno qualche settimana se non addirittura per un mese. Era dunque ovvio che, quella nuova presenza all'interno delle mura della scuola, non potesse non suscitare un certo interesse.

«Dici che anche le altre lo trovano...bello?»

Sgranai del tutto gli occhi di fronte ad una simile affermazione.

Aiko che faceva un complimento diretto ad un completo sconosciuto?

Aiko che arrossiva solamente a guardare un ragazzo?

All'improvviso mi sembrava di essere stata catapultata in una sorta di realtà parallela.

«B-Beh...» balbettai «...non posso certo dire che sia brutto, ecco.»

Tornai ad osservarlo per un breve lasso di tempo prima di concentrarmi ancora su Ai-chan.

«Insomma, guardalo, brutto non lo è di certo!» risi dicendolo, nella speranza di non farle vedere tutta la mia sorpresa «Alto, muscoloso, capelli scuri ed occhi...sono marroni?» Aguzzai un poco la vista per rispondere alla mia stessa domanda. «Ecco sì, decisamente un bel vedere!»

Non eravamo solite fare quel genere di discorsi - e non nascondo che mi sentii per lungo tempo una povera mentecatta dopo quel primo accenno di attenzione all'universo maschile da parte nostra - perciò io non sapevo bene che cosa era meglio dire o non dire.

Ciò che sapevo e ciò che non poteva non essere visto, era il luccichio scintillante negli occhi neri di Aiko. Le illuminava tutto il volto, dandole un nuovo aspetto da aggiungere alle sue solite espressioni e donandole una bellezza che prima di certo non aveva posseduto.

«Come si fa a capire quando si è innamorati?»

Un'altra domanda a cui io, povera me, non sapevo rispondere.

Mi grattai la guancia, distrattamente, alla ricerca di una perla di saggezza nei meandri della mia mente.

«...immagino che sia una questione di...di cuore.» dissi infine, buttandola lì come meglio potevo.

«Allora mi sono innamorata, Natsu-chan...»

«E come fai a dirlo?»

Aiko si portò una mano al petto, senza distogliere lo sguardo da Tarou neanche per un secondo, le dita che stringevano forse inconsciamente il cardigan blu scuro della divisa scolastica.

«...perché mi fa male il cuore.»

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