The divine Katana

di daphtrvnks_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Dono ***
Capitolo 3: *** Masamune ***
Capitolo 4: *** Imperatore ***
Capitolo 5: *** Re e Regina ***
Capitolo 6: *** Turles e Lapis ***
Capitolo 7: *** Pioggia ***
Capitolo 8: *** Bishamonten ***
Capitolo 9: *** Chiarimenti ***
Capitolo 10: *** Verità ***
Capitolo 11: *** Credo ***
Capitolo 12: *** Divisione ***
Capitolo 13: *** The Divine Katana ***



Capitolo 1
*** Incontro ***



Sussurri e bisbigli, nella grande stanza fuori dalla corte dell'imperatrice giapponese i Daimyō più importanti della regione si erano riuniti segretamente per discutere sull'avanzata cinese che stava colpendo le terre del sud. 

Seduti sul tatami finemente cucito in paglia e leggeri filamenti di canna sorseggiavano silenziosamente il sakè in tazze di porcellana, le geisha al loro fianco con le labbra tinte di rosso ed il viso pallido come la neve portavano loro compagnia servendo graziosamente l'alcol. 

‘Metterò a disposizione 13.000 dei miei guerrieri!'

Aveva urlato il daimyō della grande città dell'Ovest, gli altri continuarono proponendo i loro samurai al servizio dell'impero. 

'Si dice in giro che la figlia dell'imperatore cinese sia scappata, una cosa da matti!'

Un altro aveva cambiato discorso tenendo la piccola mano della sua geisha preferita rivolgendole un piccolo sorriso carico di malizia, i capelli neri della donna cadevano dolci sulle spalle, la sua bellezza eterea aveva fatto invidia alle mogli dei signori ma lei, strafottente com'era, preferiva passare le sue serate a far colpo sui ricchi uomini.

'Una ragazza giovane, dicono, doveva essere promessa in sposa al figlio di Meisho, si pensa che la fanciulla non fosse d’accordo.' 

Osò parlare una delle maiko per poi abbassare lo sguardo e rimanere in silenzio.

Un sospirò uscì dalle labbra dell'erede della signoria Satsuma nel paese del mare meridionale, uno dei luoghi in quel momento attaccato dall'esercito cinese.

Giovane e dal fisico scolpito il ragazzo alzò lo sguardo verso la donna che un momento prima aveva proferito parola, diversa dalle altre spiccava per la sua particolarità. 

I capelli turchesi raccolti in un'acconciatura sostenuta da dei kanzashi dorati, la loro forma elegante e raffinata si abbinava al kimono cremisi decorato da lunghi fili argentati che variavano in piccole figure concentriche e fiori.

Strinta sulla vita una fascia blu legata a fiocco sulla schiena.

Gli occhi limpidi come il cielo riflettevano la luce calda delle lampade ad olio brillando come stelle, la bellezza travolgente e la sua voce vellutata avevano scosso l'animo del nobile provocandogli brividi che solo l'eccitazione alla battaglia gli faceva provare.

Torniamo al punto del discorso, ho urgente bisogno di un esercito e sono pronto a pagare quantità d'oro in abbondanza. Non voglio quei sporchi cinesi sulla mia terra a portare distruzione e morte alla mia gente.' 

Il tono fermo e deciso portò silenzio, i signori dello stato feudale annuirono in approvazione delle sue parole e dopo un'ultima tazza del liquido trasparente si alzarono inchinandosi in segno di rispetto e saluto tornando nelle loro dimore, la maiko rimase lì senza seguire il suo cliente, ancora seduta e col capo abbassato, le belle iridi ferme sul tatami e le piccole mani sulle ginocchia coperte dal tessuto in seta.

‘Perché rimani?' 

Aveva sussurrato, si avvicinò lentamente trascinando la veste indaco appena abbassata sulle possenti spalle rivelando così il petto ambrato disseminato da tagli e ferite ormai cicatrizzate. Il respiro caldo del moro scosse l'esile corpo della più piccola, in risposta ella alzò il viso tenendo in ogni caso lo sguardo sul pavimento.

'Hai paura?' 

Continuò provocandole solo tremori ed una palpitazione accelerata, scosse il capo lasciando così scivolare sulle guance rossastre ciocche dei suoi crini scappati alla presa dei suoi fermagli.

'Bene. Com'è che vi chiamate? Sempre se le vostre belle labbra vogliano farmi beare della vostra soave voce.' 

Riuscì con quelle semplici parole a farla sorridere avvampando così nella sua anima un fuoco. La bocca della diciassettenne si schiuse pronta a parlare ed a ubbidire alla sua richiesta.

Non fu capace di pronunciare neanche un suono che la sua attenzione fu presa dall'ombra che fuori dalla stanza veniva riflessa sulle pareti di carta, perplessa cercò di capirne la provenienza notando soltanto in essa i tratti di un'armatura simile a quella dei samurai. 

L'altro seguì il suo sguardo alzandosi in uno scatto ed avvicinandosi alla porta aprendola senza indugio, guardando da dietro il suo fisico ben allenato, coperto solo dalla veste leggera e tipicamente estiva della sua terra d'origine ebbe un sussulto. 

'Che diamine ci fai qui?!' 

Sentì sussurrare da lui con una certa insistenza, quasi furioso ed alterato dalla presenza di quel nuovo individuo. 

'Poco mi interessa se eri in buona compagnia.'

Seguita da quella nuova voce intravide lo sguardo curioso di quell'uomo appena più alto del nobile e con una capigliatura singolare e troppo esagerata. 

'Kanagawa è stata attaccata nuovamente, la sua famiglia lì non è al sicuro. Ho radunato gli uomini necessari ed ho già avvertito l'imperatrice della mia assenza, si parte domattina alle cinque. Ci aspetta un lungo viaggio, signore.' 

Il tutto fu seguito dal suo inginocchiamento al cospetto del più grande che sbuffando gli ordinò di alzarsi.

'Ci conosciamo da una vita, evita queste stupide formalità Kakaroth. Ora sparisci, ho di meglio da fare.' 

'Bello spassarsela con una maiko ancora vergine!' 

Aveva urlato il guerriero ricevendo soltanto un’occhiataccia dall'altro che senza perdere altro tempo aveva richiuso la porta ritornando dalla turchina.

'Anche io provengo dalle prefetture del sud.'

Aveva parlato la ragazza senza nessun preavviso provocando soltanto nell'uomo un'espressione confusa, ritornò al suo fianco versando nella tazza un altro po' di sakè ed ingurgitandolo senza fatica, ansioso e nervoso per le sorti della sua famiglia preferiva bere che mettersi a dormire.

'Come ci siete finita qui?' 

Sbottò appena curioso passando la lingua sulle sottili labbra impregnate dell'amara sostanza.

'Mia madre era una Geisha della regione del Kantō, mi ebbe con un migrante europeo e prima che il mio vero padre potesse scoprire di aver avuto una figlia venni mandata qui.

Voi siete Vegeta della signoria Satsuma, vero? Ho sentito parlare di voi per delle missioni nel contrastare le avanzate cinesi nel Kansai.'

Ridacchiò ascoltandola portando i palmi delle mani sul pavimento e sostenendosi tenendo gli occhi fissi sulla dea davanti a sé. 

'Qui presente, le voci corrono veloci da quel che ho capito. Possibile che nessuno non abbia ancora acquistato la vostra verginità? Sembra quasi sprecata…' 

Mormorò sottovoce concentrandosi maggiormente sulle sue forme, dal seno prorompente alla vita accuratamente fasciata. Senza ritegno in quel momento avrebbe pagato fil di quattrini per poter fare suo simile gioiello

'Prima che ciò accada voglio andare via da qui. Non voglio concedermi a chi paga la somma più alta, voglio essere io a decidere e nessuno potrà fermarmi.' 

La prepotenza e sicurezza delle sue parole fece scattare nel nobile una certa attrazione già abbastanza accentuata.

Chiuse le palpebre rimanendo in silenzio, il destino delle Geisha era segnato a fuoco, difficile scappare da tale sorte ma se ciò che la ragazza voleva era scappare, senza problemi, l'avrebbe aiutata. 

Forse era l'alcol a parlare o il semplice desiderio di poterla possedere, non controllò la sua bocca che ormai le aveva fatto una promessa.

'Ti aiuterò. Domani mattina verrai con me, in cambio però concedimi la possibilità di acquistarti. Sarai libera e sicura al mio fianco.' 

Non poté vedere l'espressione dalla fanciulla ma immaginò il suo bel sorriso in quella promessa che ancora non sapeva se poter realmente realizzare. 

______________________________


Il sole non era ancora comparso sotto le nuvole cariche di pioggia che imponenti sovrastavano la grande corte, il loro colorito grigio e le mura alte e possenti rendevano angusto quel luogo pieno fino all'orlo di segreti e bugie. 

Il gran generale dell'esercito, figlio ed erede del samurai Bardack, stretto e fedele compagno del nobile Vegeta della famiglia Satsuma restava seduto sul suo tatami fuori dalla stanza, ammirando estasiato ciò che la natura aveva da offrirgli con il suo vento e l’aria pesante e fresca che dava inizio ad una lunga giornata.

Già completo della sua solita armatura unita da corde in ferro ed i grandi stivali in cuoio aspettava, impaziente, che i soldati si riunissero e con loro anche il suo amico, nonché capo.

I capelli ribelli con la loro folta chioma nera si muovevano finendo spesso davanti ai suoi occhi onice, ma poco importava, nella sua mente un piano dettagliato si era formato impedendogli di dormire, per cui verso le quattro e quaranta di quel mattino di fine settembre si era ritrovato a dover fare i conti con la sua infinita intelligenza, il quale caparbia gli impediva di riposare decentemente. 

La sua fedele amante stretta nella fodera in pelle, la mano sinistra serrata sulla impugnatura disseminata di smeraldi e rubini di una vecchia conquista del padre nella vicina Corea, il silenzio regnava sovrano e con un sospiro il bel guerriero dalla pelle ambrata ragionava.

Mancava poco e poi dopo quel viaggio e la sanguinosa guerra sarebbe ritornato per sposarsi e mettere su famiglia. 

________________________

I cavalli sfrecciavano come fulmini, superando correnti e fitte foreste, senza sosta tra le steppe e le praterie, tenendo sopra le loro selle con gli stemmi della famiglia reale i guerrieri.   

Vegeta aveva portato con sé la vergine ed a Kakaroth, nome che gli fu assegnato dopo esser divenuto un vero samurai al servizio dell’imperatrice, ciò non diede fastidio. 

La responsabilità non era sua e da quello che aveva intuito l'altro aveva grandi progetti per la ragazza.

Il confine era stato superato da ore ed oramai erano nel tanto agognato paese del mare meridionale, una regione basata sulla pesca ed agricoltura che vantava nelle doti dell'arte della seta e della spada.

Aveva notato l'alchimia tra i due che sullo stesso stallone bianco si scambiavano sguardi complici e strani sorrisi, da quel che gli aveva accennato prima di partire l'aveva comprata ad un prezzo davvero considerevole e la geisha che serviva aveva tentennato parecchio prima di lasciarla tra le sue mani. 

Non gli parve strano, infatti, quando dopo essersi accampati per la notte in una dei piccoli villaggi lungo la costa che avessero deciso di condividere la stessa tenda lontano da sguardi indiscreti, dal canto suo era rimasto davanti al focolare con lo sguardo fisso al cielo e le nubi che lentamente si erano portati dietro dal loro lontano regno.


//Yay!

In una notte di fine luglio mi è venuto in mente di scrivere questa nuova fanfiction, perciò rieccomi qui! Premetto già da adesso che la realtà e appena appena distorta, già dal fatto che la Cina nel periodo edo non ha mai cercato di conquistare il giappone, insomma, ci sono fondi di verità ed elementi invece completamente inventati da me! In ogni caso spero che questo prologo vi incuriosisca, alla prossima!

-Daph

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Capitolo 2
*** Dono ***


La principessa aveva preso la sua decisione ed ora, con i capelli accuratamente legati ed un cappello tradizionale sul capo era stata assoldata per una missione nell'isola giapponese, i seni strinti in una fascia per non ricordare le forme femminili, un'orrenda veste ocra ed una spada che poteva essere definita la sua unica compagna.

Da giorni affrontava le minacce dei samurai e neanche faceva più caso all'odore ferreo del sangue ed al lerciume sui vestiti, il viso sporco non la turbava e nonostante all'apparenza potesse sembrare un semplice ragazzino cinese abile nell'uccidere in realtà si trattava della figlia del grande Chongzehn, Chichi della dinastia Ming, scampata al matrimonio combinato che suo padre le aveva imposto con il figlio dell'imperatrice Misho. 

Progettando tutto nei minimi dettagli era scappata dalla città proibita aiutata dalla sua balia, portando con sè solo lo stretto necessario, fingendosi figlio di un mercante si era infiltrata nel grande esercito cinese finendo sul campo di battaglia nella regione del Kantō. 

Con il naso all'insù osservava il cielo notturno appoggiata contro il tronco di un ciliegio, il cappello in paglia le copriva i due terzi del viso e per chi mai l'avesse vista sarebbe parso stesse riposando. 

Non aveva mai avuto un buon rapporto col padre, troppo austero e severo, fissato con l'economia e sul pieno controllo delle finanze del paese. 

La madre, invece, non l'aveva mai conosciuta, le avevano raccontato che fosse scappata via ma era convinta che fosse stata uccisa, forse perché senza sangue reale o chissà per quale altra contorta motivazione.

Cresciuta tra le mura di quella grande corte aveva imparato l'uso della katana per potersi difendere, eccellendo persino sui fratelli maggiori, nella scrittura e nel tiro con l'arco. 


Una mano si appoggiò sulla sua spalla, in modo e rude e poco delicato, iniziando a scuoterla con insistenza. 

'Tāmen zhăodàole yīxīe mîfàn. Lài chī ba.' 

'Hanno trovato del riso. Vieni e mangia.' 

Il modo di parlare dell'uomo indicava provenisse dalle regioni del nord, il suo accento freddo e distaccato la allontanò dai suoi pensieri annuendo.

Si alzò facendo attenzione a non far cadere il cappello e con passo veloce si diresse verso il focolare dove altri mangiavano parlando animatamente del più e del meno, raccontandosi storie e vecchie leggende sul popolo giapponese, sulle divinità che quella strana gente adulava con la costruzione di templi che lungo il cammino avevano incrociato. 

Si appoggiò su uno dei tronchi messi lì al posto di sedie e subito le venne offerta una ciotola contenente del riso bianco assieme delle bacchette, di certo non poteva aspettarsi della carne, cibo troppo sofisticato e dal costo elevato che alla corte aveva quasi ogni giorno. 

'XièXiè.' 

'Grazie.' 

Mormorò tenendo un tono di voce più grave, il problema nel fingersi un maschio era proprio in quello, il resto era superabile ed addirittura accettabile.

Prese a mangiare tenendo le bacchette in legno tra le mani, facendo attenzione a non fare cadere neanche un chicco, il capo basso per non far intravedere il volto. 

'Xiàng gè nǚhái yīyàng chī.' 

‘Mangi come una femmina.'

Sentì pronunciare da uno dei uomini provocando la risata generale dei soldati intorno, ella alzò lo sguardo osservando come il possessore di quella voce fosse rozzo e brutto, il viso sporco e la barba nera, il colorito abbronzato diverso dalla carnagione pallida della principessa. 

Schiarì la voce e rispose tenendo un piccolo ghigno sulle labbra.

'Ér nǐ kàn qǐlái xiàng yītóu zhū.' 

'E tu sembri un porco.' 

Altre risa per la risposta diretta ed impulsiva della giovane, mordicchiando appena il labbro inferiore intravide il viso dell'uomo diventare di un rosso porpora, si alzò rivelando la grande stazza e sguainò la spada buttandosi su di lei. 

Chichi con lentezza poggiò la ciotola in un angolo spostandosi di lato e lasciando che l'uomo finisse di faccia a terra dopo essere inciampato con i suoi stessi piedi, ancora più nervoso di prima cercò di colpire la ragazza che tenendo sulle punta dei pollici la lama della spada evitò che le tranciasse in due il cappello. 

Annoiata sbuffò spostando l'arma a sinistra e con un rapido sgambetto far cadere nuovamente l'avversario lasciando la spada che con un tonfo finì accanto al suo proprietario.

Con un piccolo inchino e dopo aver ripreso la sua ciotola si allontanò dal focolare ritornando sotto il suo giaciglio per mangiare senza essere disturbata nuovamente. 

____________________

La pergamena poggiata sulla terra secca fuori dalla tenda conteneva schemi e frasi, il piano che il giorno prima aveva progettato nella sua testa ora era impresso sulla carta, l'inchiostro nero e la scrittura curata. 

Al suo fianco uno dei suoi più vecchi amici d’infanzia divenuto vice-generale dell’esercito giapponese. 

Lapis, di qualche anno più piccolo, vantava conquiste e invasioni al pari alle sue; i lunghi capelli plumbei legati in una piccola coda, qualche ciocca che sola cadeva sul duro viso latteo. 

I suoi occhi lucenti erano di un colore azzurrino, simile alle acque dei fiumi. 

L'armatura in ferro tinta di rosso, la sua arma era l'arco che teneva costantemente con sè poggiato sulla spalla destra. Figlio della lunga dinastia degli Ashikaga che fino a pochi anni prima aveva avuto il completo controllo militare e governativo sull'intero paese. 

Un ragazzo discreto che preferiva stare sulle sue e concentrarsi sul lavoro, un buon partito per qualsiasi ragazza. 

Seguiva curioso tutto ciò che sul foglio era riportato assottigliando gli occhi quando qualcosa non gli andava completamente a genio. 

I soldati sapevano che quel piano sarebbe stato composto solo da poche frasi: Mai farsi catturare, Mai fermarsi e Mai arrendersi. 

Perciò era tutto abbastanza semplice, da fonti accreditate si erano fatti rivelare che la città di Kanagawa non era ancora stata messa a fuoco ma gli abitanti derubati e la maggior parte degli uomini uccisi per rendere meno offensiva la difesa del popolo e creare panico generale.  

Considerando che i nemici non fossero abituati alle temperature di questa terra e che non conoscessero bene i boschi e le foreste dal lato ovest della città sarebbe bastato spingere verso quelle zone le truppe cinesi, farli disperdere ed infine dar loro la caccia.

Insieme sarebbero anche potuti essere forti ma da soli non valevano nulla contro la furia di un samurai devoto all'impero.

Si sarebbero divisi in tre grandi gruppi guidati personalmente da lui, Lapis ed infine Vegeta. 

Proprio mentre rileggeva il nome del nobile infondo al foglio alzò lo sguardo curioso, in quel preciso istante lo vide uscire dalla tenda in buona compagnia. Dietro la sua figura la maiko era vestita elegantemente senza però lo sfarzoso trucco sulle palpebre ed il rosso acceso sulle labbra. La guidava mostrandole le funzioni dell'esercito, come i suoi sottoposti si muovessero, attaccassero o usassero le armi seguendo ogni suo ordine. an>

Ridacchiò appena attirando l'attenzione del suo vicino che facendo una smorfia seguì il suo sguardo nella stessa direzione.

'E quella chi sarebbe?' 

Sbottò divertito poggiandosi con i palmi delle mani sul terreno ed aguzzando la vista. 

'Ah beh, suppongo la sua futura moglie.' 

Il samurai scoppiò a ridere contagiando anche l'altro, per Vegeta che in ogni battaglia aveva avuto scappatine di ogni tipo solo la parola 'Matrimonio' risultava come una delle più orribili bestemmie agli dei, cosa che al contrario del generale era quasi scontata e con il quale come idea aveva imparato a conviverci. 

'Scommetto 50 koban che al prossimo villaggio la molla a un pescatore, ci stai?' 

Kakaroth ci pensò su picchiettando le dita coperte dai guanti in pelle sulla carta, morse appena il labbro inferiore per poi esclamare un 'Ci sto.' 

Le loro risa e schiamazzi vennero interrotti dal diretto interessato che fissandoli torvo tolse da sotto il naso la pergamena al guerriero leggendone attentamente il contenuto, la turchina nel frattempo si guardava curiosa, era la prima volta che vedeva da vicino un accampamento ed era eccitata nel notare tanta dedizione alla loro imperatrice, alla patria e soprattutto alla dignità ed orgoglio. 

'Oh ma che bella fanciulla, che ci fate in compagnia di un rozzo scimmione come Vegeta?' 

Lapis si divertiva ad insultare il più grande solo per poi finire a lottare come bambini con finte spade in legno, d'altro canto l’interessato non se lo fece ripetere due volte prima di dargli un colpo con la fodera della katana dritto in testa. 

'Sta zitto moccioso e vedi di trovarti una donna.' 

'Posso pur sempre prendere la tua, no?' 

Le guance della maiko si tinsero dell'imbarazzo. 

'Dannazione!' 

Un altro colpo in testa questa volta più forte dell'ultimo e poi le lamentele del più piccolo.

 'Azzardati ancora e giuro che ti decapito!' 

Il samurai si mise tra i due sospirando per il loro comportamento, rivolse un'occhiataccia ad entrambi e sporgendosi prese la mano della ragazza portandola davanti a Lapis. 

'Scusati, e non farmelo ripetere.' 

Alzando gli occhi al cielo al ragazzo toccò inchinarsi mormorando un flebile scusa, ella sorrise appena perdonandolo.

'Bene ora che avete finito di fare i cretini possiamo rimetterci in viaggio, smontate queste maledette baracche ed andiamo a liberare Kanagawa.' 

__________________

Per una donna quello poteva sicuramente essere una delle viste più agghiaccianti, il modo in cui la sua gente dopo aver distrutto ed ucciso padri e mariti approfittasse della fragilità delle ragazzine e madri senza ritegno, tirandole per i capelli fuori dalle case e scommettere su chi avrebbe preso la più bella.

Per quanto potesse permetterselo cercò di mettere in salvo più sue simili possibili dicendo di aver già controllato la casa, che fosse vuota o altre banali scuse. 

Non poteva dirsi estranea a ciò che accadeva nelle missioni di conquista, sapeva quello che facevano i suoi soldati e si era sempre ribellata a quei barbari modi, tutto era sempre stato inutile e liquidata con la solita frase del padre Chongzehn. 

'Li paghiamo poco figliola, almeno lasciali divertire.' 

Indignata era andata via ma ora che si trovava lì poteva impedire quell'abominio. 

Ferma davanti ad una delle tante case vuote teneva gli occhi fissi al cielo, la pelle nivea sporcata in alcuni punti dalla terra ed i riflessi rossastri del sol levante che tra le nuvole del medesimo colore illuminavano il suo viso. La mano destra teneva con forza l'impugnatura della katana rilegata in fil d'oro ed altri metalli pregiati.

Il giorno stesso in cui decise di scappare si diresse a grandi passi nella bottega di uno dei migliori forgiatori di spade della Cina, curioso notare come quel maestro del ferro fosse giapponese e vendesse armi per coloro che portavano distruzione nella sua terra d'origine. Ad ogni modo una volta entrata in quella piccola e squattrinata bottega venne attratta dal rumore assordante del martello sul ferro, il fabbro chino sulla lama bollente modellava accuratamente la sua creazione fermandosi solo quando notò la presenza di un intruso nel suo laboratorio. 

'Cosa ti serve donna?' 

Aveva subito chiesto spaventandola e facendola sussultare, ella tolse il cappello rivelando i suoi lunghi capelli corvini ed i tratti reali.

'Ho bisogno di una katana, voi potete costruirmene una? Posso offrirvi tutto il denaro di cui avete bisogno a patto che sia tra le più taglienti in circolazione.'

L'uomo aveva lasciato gli strumenti da lavoro squadrandola attentamente prima di rispondere. 

'Una ragazza di tale bellezza deve avere una delle katane più belle e taglienti di questo mondo, soprattutto se – avvicinandosi le prese le piccole mani girandole dai palmi e notando i calli in punti precisi – è abile nell'usarla. Ho ciò che fa per voi, Principessa.' 

Allontanandosi entrò in uno dei suoi punti oscuri del laboratorio, ritornò tenendo tra le mani una delle spade più belle che Chichi avesse mai visto, la lama affilata era intarsiata nel disegno di un dragone sulla parte superiore, il manico rosa antico e coperto da fili in ferro, oro e bronzo. Al di sotto dell'impugnatura un piccolo rubino dalla forma a rombo, pezzi di giada erano stati messi intorno abbellendo maggiormente quell'arma bianca. 

Un sospiro uscì dalle labbra del forgiatore dopo che l’ebbe consegnata alla principessa. 

'Prima di voi solo un’altra donna ebbe quella katana, ella la usò nel modo sbagliato e le conseguenze sono state delle più orribili, sapete che lo spirito del proprietario si riflette sulla spada di chi la possiede quindi vi chiedo… usatela per portare la pace e non la morte, è una katana divina degna di anime pure.' 

La ragazza annuì sorridendo e conservandola nella sua fodera, ringraziò il maestro che non chiese soldi e la definì come un piccolo dono per la più bella delle fanciulle. 


L'urlo di dolore di uno dei soldati la risvegliò dal nitido ricordo prima della partenza per il Giappone, si guardò intorno allarmata cercando il proprietario di quel grido. 

In lontananza, oltre la fitta boscaglia, poté riconoscere i passi dei samurai che con i loro stivali in cuoio andavano nella sua direzione, il galoppare dei cavalli e lo stridere delle lame in ferro. 

Si fece forza correndo tra quelli del suo paese, prese un profondo respiro e mischiandosi tra loro sfoderò la Masamune stringendola per infondersi coraggio, la guerra stava per avere inizio e nonostante poco le importasse degli ideali di conquista cinese doveva sopravvivere per poter poi scappare via e rifarsi una nuova vita. 


//Heylà!
Alla fine la principessa si è rivelata essere Chichi, una ragazza davvero forte che solo per il desiderio di essere libera ha abbandonato tutte le comodità della sua reggia per finire poi a fingersi un uomo tra l'esercito cinese. 
La katana che le è stata donata dietro ha una lunga storia, mi sono ispirata ad una spada davvero esistita, la Masamune, un'arma leggendaria sparita dalla circolazione dopo la seconda guerra mondiale. 
Vi ringrazio per chi ha recensito e messo la storia tra le seguite, aggiornerò presto! 
-Daph

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Capitolo 3
*** Masamune ***


Parte dell'esercito giapponese era sotto il suo controllo, marciando dal lato est tra la fitta boscaglia si preparava a spingere l'esercito cinese nel lato ovest. 

Sullo stallone bianco sfoggiava la sua Nodachi, accuratamente affilata durante l'ultima sosta, risultava lucida e brillante sotto i raggi del cocente sole rosso. Dietro di sé la turchina si stringeva alla sua schiena premendo la guancia contro l'armatura fredda e dura.

Gli urli della battaglia rimbombavano nella pesante aria prima della sera.

La polvere si alzava e con essa anche i primi schizzi di sangue che si infrangevano contro il viso temerario del guerriero, la grande e lunga arma impugnata a due mani tranciava i corpi dei nemici, piena d'odio per ciò che avevano osato fare al suo popolo. 

Per le donne stuprate, i bambini maltrattati e gli uomini uccisi davanti alle loro famiglie. 

In silenzio continuava travolgendo con gli zoccoli del suo cavallo, adornato nella sua criniera di trecce rosse e perle nere, i corpi esanimi. 

Le braccia della più piccola lo stringevano con sgomento, sentiva i suoi singhiozzi mentre con rabbia e rancore faceva strage in onore della sua gente. 

'Per Kanagawa!' 

Urlò seguito dai suoi combattenti, il suo flagello alzato in segno di gloria. 

Più veloce proseguiva per il suo cammino parando a non finire i colpi delle umili spade dei cinesi, tagliandole e facendole a pezzi insieme ad i loro padroni. 

Niente e nessuno poteva contro la sua Nodachi e consapevole ed orgoglioso com'era Vegeta non si fermava. 

'Ho paura.' 

Sentì piagnucolare seguito da un singhiozzo più forte dei precedenti, intuiva come potesse sentirsi la ragazza, non aveva mai visto da vicino così tante vite spezzate e il sangue caldo sulle vesti pregiate era solo un insulto alla sua bellezza e purezza. 

Fece voltare il suo cavallo davanti all'esercito cinese ammirando ciò che con la sua arma aveva compiuto.

Si girò appena e sollevando il viso della giovane con due dita della mano sinistra, sporca come se fosse stata quella a sanguinare, la guardò attentamente nelle iridi azzurre sentendo tutta l’angoscia e il terrore che ella stava provando. 

Spostò lo sguardo altrove, gli occhi del nobile erano appena visibili sotto il grande elmetto in ferro che portava sul capo, eppure, li sentiva come delle affilate lame che perforavano l'anima. 

'Non dovreste piangere, questi uomini non meritano le vostre lacrime.' 

Disse facendo poi un lungo sospiro, riportò l’attenzione sulla battaglia; i samurai vantavano prodezza e maestria, dal lato destro Lapis gestiva gli attacchi con frecce acuminate e infuocate aiutato dagli arcieri, la cavalleria nel lato destro del generale Kakaroth respingeva i nemici ad ovest. 

'Non piango per loro, ho paura per voi.' 

Sentì sussurrare impercettibilmente, sgranò gli occhi ingoiando il magone ed una serie di brividi percorse la sua dritta schiena. 

Nuovamente si girò levando l'elmetto per vedere meglio, le lacrime erano ormai asciutte lasciando leggeri solchi sui suoi zigomi che lentamente arrivavano fino al mento.

'Non dovreste averne.' 

Mormorò cercando il controllo su i suoi sentimenti, come cavalli imbizzarriti nel suo stomaco lo facevano rimanere senza fiato e forze, e essi nuovamente presero il sopravvento sul suo corpo spingendolo a stringerla in un bacio casto e delicato, le labbra si mossero lentamente su quella della vergine, piene e succose come un frutto. 

I rumori della guerra divennero ovattatati ed il suo cuore prese a palpitare più forte dei zoccoli dello stallone che man mano si avvicinava sempre di più a loro. 

Si staccò dopo qualche attimo cercando di riprendere lucidità urlandole di abbassarsi per poter respingere l'attacco dell'uomo, la sua spada strideva contro quella dell'altro, strinse i denti e sforzandosi la condusse di lato spezzandola in un colpo secco.  

'Stringetevi a me.' 

Le ordinò riprendendo a far correre il corsiero. 

I sensi ancora annebbiati dal bacio, suo padre gli aveva detto giusto; mai portare l'amore in guerra. 

_________________________

Aveva perso il suo elmo già da un pezzo ed il suo lungo horo rosso strascinava sul terreno e sui uomini senza vita, la folta chioma si muoveva come il suo dardo in movimenti dolci, senza nessun sentimento gestiva agile, come in una danza, i suoi passi con la katana che tagliava il vento e la carne. 

Davanti si ergeva in piedi un solo nemico, il copricapo in paglia ed i vestiti sgualciti e sporchi, nella mano destra una spada particolare che fece riaffiorare nella mente del giovane ricordi atroci sulla sua defunta madre. 

Poggiò la punta della lama sull'arida superficie osservando attentamente il fisico esile del ragazzo, le nere iridi brillarono di curiosità nel voler sapere come egli fosse entrato in possesso di quella portatrice di malasorte. 

'Come fate ad avere la katana di mia madre?' 

Disse audace avvicinandosi a quella misteriosa figura che senza parlare si preparò all'attacco tenendo ben alta l'arma.

'Parlate maledizione! Capite ciò che dico ladro!?'

Urlò furibondo mettendosi nella stessa posa dell’avversario, il terreno impregnato del sangue ribolliva come un fiume di lava sotto il calore del sole oltre le nubi. 

'Vi capisco, conosco la vostra lingua e non sono interessata a combattere.' 

Il samurai lo guardò confuso, la buona pronuncia giapponese gli fece capire che non fosse un semplice soldato, bensì qualcuno di alto rango che aveva avuto una buona istruzione, nella sua mente il quarto comandamento bushido 'Il miglior combattimento è quello evitato'. 

'Dove avete preso la Masamune.' 

Ringhiò con furia, un animale selvaggio governato dagli istinti, la consapevolezza di essere solo che fin da bambino lo aveva accompagnato. Quella katana divina aveva distrutto la sua famiglia in modo cruento, ucciso suo padre e alla fine sua madre che, davanti ai suoi innocenti occhi, si era suicidata pugnalandosi al cuore. 

La principessa morse il labbro, cercò di capire il motivo di così tanta frustrazione nel guerriero alla vista di quell'omaggio.

'Me l'ha donata il Maestro prima che arrivassi in questa terra, vi interessa possederla buon uomo?'

Sbottò con un piccolo ghigno. 

'Venite a prendervela.' 

'Chi diavolo siete?!' 

Chiese nuovamente, in risposta la giovane tolse il cappello gettandolo, presto lo avrebbe ucciso e non avrebbe avuto senso nascondere ancora la sua identità. I lunghi capelli le scesero sulla schiena morbidi come seta, le ciglia incorniciavano i suoi grandi occhi e le labbra rosate e carnose come fiori di ciliegio risaltavano sul viso ovale, il colore della sua pelle ricordava le distese invernali del monte Fuji. 

Il generale fece un sussulto, la donna davanti ai suoi occhi era una delle più belle che avesse mai visto. 

La bocca si schiuse dalla sorpresa e la sua katana cadde con un tonfo. 

'Cosa… chi siete voi per fingervi un uomo e combattere come un guerriero?' 

Sorrise soddisfatta, si inchinò davanti al samurai presentandosi.

'Figlia di Chongzehn della dinastia Ming, imperatore della Cina, davanti a voi avete la Principessa Chichi. Ora che sapete la mia identità vorrei conoscere la vostra.' 

La voce soave lo scosse fino alle ossa, le dicerie della scomparsa della principessa si erano rivelate fondate ed ora aveva davanti agli occhi, ancora increduli, una creatura dalla bellezza di una dea abile nell'uccidere. 

'Kakaroth, erede del generale Bardack e comandante dell'esercito giapponese… io, scusatemi.' 

Si inchinò a sua volta, non doveva fermarsi, il suo dovere era ucciderla, soprattutto colei che era la rappresentante del popolo cinese. 

Eppure i samurai non uccidevano le donne, le proteggevano, sarebbe stato un disonore troppo grande da dover pagare con la morte. 

'Allora, generale Kakaroth, la vuole questa Katana?'

Domandò avvicinandosi non curante di ciò che avrebbe potuto farle, di lui non tremava; un uomo dal possente fisico, i muscoli delle braccia che dalle fessure dell'armatura risaltavano prepotentemente e il viso, scolpito come fosse marmo con la mandibola d'acciaro e gli occhi che la scrutavano neri come la pece. 

La mano dell'uomo si strinse contro il collo latteo della principessa sul quale lasciò tracce, non voleva farle del male ma solo intimorirla, l'espressione sul viso della ragazza non cambiò, ferma e con un sorrisetto grazioso che fece dolere il cuore del samurai.

'Datemi la Masamune, non fa per voi.' 

'Non l’avrete.' 

Sputò acida nascondendola dietro la schiena.

'Per il vostro bene, datemi la Masamune'

Questa volta gridò, la sua voce roca turbò l'anima della ragazza che sembrò staccarsi dalla maschera fredda e distaccata che si era creata. 

'No! È mia!' 

Sbraitò mordendo la mano che le attanagliava il collo potendo così liberarsi e scappare, Kakaroth le andò dietro urlandole di fermarsi. 

Ignara del piano dei giapponesi si rifugiò nel bosco che di lì a poco sarebbe stato bersagliato dai soldati di Lapis, continuò a correre ed una volta che fu vicino a lei la prese dai lunghi crini tirandola sul suo petto facendole scappare un gemito di dolore. I loro respiri affannati si fusero in un unico essere in quel breve contatto. 

'Volete morire dannazione!?' 


//Yay!

Sono stata veloce eh! No, scherzo, avevo già tutto pronto. Non vi aspettavate il bacio tra bulma e vegeta, sarò sincera neanche io, i personaggi hanno preso vita da soli ma state calmi, mica è tutto rose e fiori. Insomma, amante della guerra e del sangue come sono lasciate le speranze in un angolino! 

Alla prossima!

-Daph

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Capitolo 4
*** Imperatore ***


Oramai le truppe cinesi erano dimezzate e la maggior parte di queste era stata spinta nel bosco dove Lapis avrebbe fatto scoccare le frecce da i suoi arcieri. 

Minuti interminabili in cui i due ancora a cavallo controllavano non ci fossero sopravvissuti tra i nemici. 

'Ora che la guerra è quasi finita… mi lascerete ad un pescatore?' 

Chiese facendo riferimento al discorso del generale e del suo vice che aveva accuratamente fatto finta di non sentire. 

Il suo tono non era triste per di più curioso ed in un certo senso anche rassegnato all'idea che non avrebbe fatto una bella fine.

'No, con la fortuna che ho dovuto spendere per avervi… ora toglietemi una curiosità, perché la vostra Geisha non voleva lasciarvi?' 

La ragazza sorrise appena a quella domanda.

‘Dovete sapere che per il colore dei miei capelli ero davvero famosa, molti Daimyō venivano dalle città più lontane solo per avermi con loro qualche ora, la mia Geisha era invidiosa di questo e nonostante prendessi molto continuava a dire che il mio debito non era ancora stato saldato del tutto…' 

Vegeta sospirò e guardando in lontananza cercò di scorgere la figura del suo migliore amico. 

'Con tutto l'oro che le ho dato quella può star tranquilla fino alla fine dei suoi giorni. Sicura, non ci sia altro?' 

Ella scosse il capo ed ancora incerto il nobile fece ripartire il cavallo alla ricerca di Kakaroth. 

_____________________________

'Vi ho detto che non ve la darò!' 

Urlò ancora la principessa cercando di dimenarsi dalla presa dell'uomo, il samurai stanco le tappò la bocca con la mano libera intimandole di star zitta, se altri soldati avessero notato la presenza di quella ragazza non si sarebbero fatti scrupoli ad ucciderla creando così uno scandalo che avrebbe coinvolto il paese in una guerra ancora più grande. 

Si avvicinò al suo orecchio ed usando un tono sarcastico le parlò:

'Ascoltatemi, qui non siete al sicuro e non lo sono nemmeno io. Questo bosco sta per essere riempito di frecce dal mio vice, volete rimanere qui e diventare come carne allo spiedo o fuggire?!' 

La corvina sbiancò annuendo e sgranando gli occhi alla sua minaccia, non aveva motivo per non fidarsi di lui.

Una volta che l'ebbe lasciata libera con un fischio chiamò il suo destriero e sospirando andò a recuperare la spada. 

Se la principessa non aveva problemi gravi Kakaroth sì, al suo ritorno avrebbe dovuto sposare Lazuli, la sorella di Lapis, nonostante fosse una bella donna e di un buon partito sociale non sopportava l'idea che per lei non provasse la minima attrazione.

Ed ora, si ritrovava con la figlia dell'imperatore cinese a scappare da morte certa. 

'Vi sto odiando, salite.' 

Le disse una volta che il suo destriero fu arrivato e saltando agilmente sulla sella. 

'Finitela di dirmi cosa fare!' 

Indispettita seguì il suo esempio posizionandosi davanti come se lui non ci fosse, portandolo dietro, confuso il generale fece una smorfia di dissenso, era suo quel cavallo e aveva tutto il diritto di portarlo da sé.

'Sentite, sarete anche una principessa ma non credo che-' 

Non finì la frase che la donna fece partire il purosangue sparendo tra gli alti arbusti e le siepi della zona ad ovest, come se ciò che lui le avesse detto per lei non avesse avuto importanza.  

'Fermatevi! State andando verso la prefettura di Shizouka!' 

Cercò di tenersi non sapendo dove mettere le mani, imbarazzato ed innervosito le strinse sull'esile vita ed ella in risposta andò più veloce grugnendo a quel gesto che non aveva per niente gradito. 

'Vi sto odiando anche io, levate quelle manacce!' 

I bei capelli della giovane venivano sospinti sul viso dell'uomo, quei due caratteri così forti cozzavano tra di loro creando solo scintille e fiamme. 

'Dove dovrei metterle! Prendete il mio cavallo, sbagliate strada e mi sbattete anche i vostri maledetti capelli in faccia, mi ripagate così!?' 

Abile e veloce come pochi frenò bruscamente l'animale per le redini facendolo alzare per le zampe posteriori e nitrendo. 

I due caddero a terra, l'uno sull'altro. 

'Ma si può sapere che vi salta in mente!?' 

Fuori di sé la ragazza si rialzò, spolverò la veste e rivolse uno sguardo al samurai ancora per terra.

Si fissavano, una sfida a chi avesse durato di più allorché una freccia infilzatosi nel tronco di un albero non attirò l'attenzione di entrambi.

Kakaroth scattò in piedi facendo salire la nera e mettendosi dietro di lei, confusa e troppo sconvolta dal suo cambio di umore per accorgersi del pericolo che incombeva su di loro. 

Con il corpo la sovrastava facendole da scudo e mentre il cavallo riprendeva a correre una pioggia di dardi si stagliava alle loro spalle. 

Le due katane attaccate alle cinte dei due provocavano un rumore assordante che andava a mischiarsi con i ronzii e le urla di chi era stato colpito. 

'Siete stato voi a progettare questo assurdo piano?!' 

La voce della ragazza lo risvegliò dal dolore che pungente e profondo stava provando sulla spalla sinistra, in silenzio e senza dir nulla soffriva, quelle frecce seppur banali erano state intinte in un veleno raro ed usato solo in specifici casi, il destino volle che chi aveva avuto la geniale idea ne era stato colpito. 

'Rispondete diamine!' 

'Sìsì, più veloce!' 

Digrignò i denti, davanti ad una donna doveva mostrarsi forte, il suo orgoglio, il fatto che fosse un generale, un samurai e che fosse delle regioni del sud glielo imponeva. 

E nonostante adesso stesse rischiando la vita, l'importante era portare via da lì la meraviglia che al suo fianco portava il corsiero, inconscia della strada che aveva intrapreso e che la portava su uno dei tre monti sacri: Fuji-Sama, l'unico che come una divinità rappresentava al meglio la donna. 

__________________________

Il rosso e l'oro riempivano l'atmosfera del palazzo, elegante e sofisticata, le statue in giada e le fontane d'acqua dolce accoglievano il salone su cui, in fondo, l'imperatore della Cina sedeva picchiettando le Nekote in metallo decorate da preziosi diamanti provenienti dall'India, sui duri braccioli in ferro del suo trono. 

Il lungo abito magenta della seta più costosa vestiva il suo corpo rendendo la sua figura imponente, lo sguardo vacuo non mostrava nulla di ciò che in quel momento stesse passando nella sua mente, nessun segno di debolezza. 

La fronte segnata da rughe e leggere macchie simbolo del suo precoce invecchiamento, i grandi occhi neri simili a quelli della figlia erano segnati da occhiaie livide. 

Si chiedeva come fosse possibile che la sua cara e dolce Chichi fosse scappata via.

Lurida mezzosangue, da quanto andava avanti quella messa in scena, sempre cosi caparbia e maleducata nei suoi confronti, quante volte gli aveva fatto pesare di aver fatto sparire sua madre e lui, per non togliere di mezzo i domini che un giorno gli avrebbe fatto possedere con il suo matrimonio e che avrebbe poi rivenduto ai Manciù evitando così la distruzione del suo paese, aveva raccontato le bugie più assurde. 

Ed ora tutti i suoi sforzi erano stati vani, buttati al vento come cenere.

Funesta ira gli stringeva le membra, doveva trovarla. Ne valeva del suo regno e della vita di milioni di cinesi. 

Si pentì malamente per averla tenuta a bada in quegli anni tra combattimenti e insegnamenti, ma di certo non avrebbe potuto intuire che nei suoi venti anni sarebbe fuggita dalla città proibita rifugiandosi nel grande esercito. 

'Wǒ de zhǔrén, yû zhōng shì dì bùduì Turles gāng dàole dāngchǎng nǎlǐ gōngzhǔ yǐjīng kàn dàole shàng yīcì.'

‘Mio Signore, la truppa con il sergente Turles è appena arrivata sul luogo dove la principessa è stata vista l'ultima volta.' 

Una delle donne di corte si avvicinò sussurrando qualcosa nell'orecchio del messaggero dopo aver fatto un leggero inchino alla presenza di sua maestà; il cheongsam blu notte ricopriva il fisico piccolo e snello stringendole i seni accentuati e i fianchi, lunghi capelli raccolti in trecce ed accessori dai colori sgargianti incorniciavano il volto ovale e stanco. 

'Tāmen zhǐ de shì wǒ, bèi sàmó guówáng de jūnduì dǎbàile. Wǒmen tuìchū?' 

'Mi riferiscono che siamo stati sconfitti dall'esercito della signoria Satsuma. Battiamo in ritirata?' 

L’imperatore alzò flebilmente la sua mano destra allungando l'indice coperto da anelli, una risata fece tremare l'uomo che di male non aveva fatto nulla, spaventato da ciò che egli, il regnante assoluto, avrebbe potuto fargli con un solo cenno ai soldati posti nella sala a sorvegliare le varie porte che davano al grande giardino.

'Méiyǒu. Zhǎodào tā Zhǐyǒu zhè hěn zhòngyào, rúguǒ nǐ méiyǒu tā huílái -'

'No. Trovatela, solo quello m'importa. E se tornate senza-' 

Il suo indice si avvicinò al collo avvolto da varie collane e con lentezza fece segno di un taglio su di essa.

Il messaggero annuì, dopo un breve inchino scappò via. 

Turles, uno dei migliori sul campo, il padre d'origine giapponese era stato un mercenario al servizio dello scorso imperatore, egli stesso alla morte dei suoi genitori lo aveva mandato ad allenarsi in uno dei migliori templi buddisti della città divenendo alla tenera età di sedici anni un possessore delle arti marziali più rinomate, il suo talento non aveva eguali, le sue armi e la sua astuzia lo avevano sorpreso molte altre volte, un buon candidato per la figlia se non fosse stato che non appartenesse ad una stirpe di alto rango.

In qualsiasi modo però si sarebbe servito di quel guerriero sfruttandolo al meglio.

L'avrebbe trovata a qualsiasi costo. 


//Yay!

Perdonatemi per il cinese tradotto da google, ci ho provato e nada, magari per chi lo conosce c'è scritto tutto tranne quello che volevo dire!  Eh sia, per lo meno passate il tempo a leggerlo come dementi fingendovi Chongzehn (chi vi dice che io lo faccia, pf) 

Anyway, ringrazio chiunque recensisca, segua, metta tra i preferiti o altro! 

Alla prossima, e no non sarà domani! (o forse sì?) 

-Daph

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Capitolo 5
*** Re e Regina ***


Affaticati dal viaggio ed approdati su quelle terre di cui a malapena riusciva a pronunciare il nome il ragazzo dalla carnagione ambrata setacciava insieme alla sua squadra i boschi alla ricerca della principessa. Gli occhi furbi si stavano lentamente abituando all'oscurità che inesorabile avanzava davanti a loro dando posto alla luna. 

I capelli corvini poggiavano con i suoi ciuffi sul viso, mossi ad ogni passo sul terreno e le siepi. La veste tipica di quelle regioni a cui non apparteneva, lunga e con due spacchi laterali, intarsiata in simboli che ricordavano la reale casata dell'imperatore che serviva, quel maledetto e tanto disprezzato uomo che fin da bambino aveva odiato ed a cui si inchinava mostrando finta reverenza e dedizione. 

Nelle sue mani con le sue conquiste nella patria di Jing gli aveva fatto credere di essere un completo burattino ai suoi stupidi giochi, ma Turles sapeva degli inganni e delle malefatte che alle spalle della figlia aveva compiuto e si preparava a distruggerle una ad una. Per quanto forte e potente potesse mostrarsi con i suoi gioielli, vantando ricchezze davanti ai poveri cinesi era stretto nei pugni dei Manciù a cui aveva promesso il Giappone in cambio di pietà. 

Se non l'avesse trovata la dinastia Ming sarebbe caduta, al suolo come un mazzo di carte, niente più oppressione ed esuberanza. Era ciò che voleva e lui che ben conosceva Chichi sapeva che ella neanche con le maniere forti sarebbe tornata dal padre e sottostare ai suoi voleri, egoista ma libera. 

In lontananza intravide delle luci e con esse percepì il baccano dei soldati che finalmente potevano rilassarsi dopo la battaglia, scorse la figura del figlio della signoria Ashikaga con cui combatté durante l'invasione a Tohoku ed a cui aveva risparmiato la vita fermando la sua sciabola a pochi centimetri dal petto, un segno di rispetto per chi, unico com'era, aveva lottato lealmente e con cui avrebbe voluto combattere ancora. 

____________

La notte era calata ed il viso del generale poggiava sulla spalla della ragazza, gli occhi socchiusi ed il respiro affannato, rivoli di sudore scendevano dalla sua fronte imperlata, la saetta ancora nella sua carne. All’orizzonte un tempio scintoista faceva capolino tra la rigogliosa radura. Rallentò l'animale fermandolo dinanzi alla Jinga tinta di rosso. 

'Potremmo sostare qui per la notte.' 

Mormorò. Il peso dell'uomo si sporse sul lato destro, scosso dai fremiti, crollando a terra. 

'Generale!' 

Urlò la donna, in un secondo momento notò la spalla sanguinante e con essa la freccia ancora conficcata. 

Scese dalla sella rapidamente prendendolo tra le braccia e poggiandolo sulle ginocchia. Con uno scatto tolse il dardo e prese ad accarezzare il suo viso ormai pallido, le palpebre socchiuse e le iridi lucide. 

'Sto bene, non preoccupatevi per me.' 

Sussurrò, le belle labbra tinte di un brillante cremisi. 

'Finitela!' 

Con il pollice accarezzò il suo zigomo passando infine la piccola mano tra la sua chioma tastandone la morbidezza. 

Un monaco allertato dalle urla corse fuori dal monastero, l'abito bianco e il capo pelato, la fronte segnata da fori fatti con l'incenso. 

'Cosa succede qui?!' 

Si chinò a piedi scalzi davanti ai due notando la condizione in cui l'uomo riversava, sicuramente avvelenato. 

'Datemi una mano, portiamolo dentro.' 

Aiutata dalla ragazza il giovane monaco sollevo Kakaroth portandolo all'interno del tempio dedicato al dio della montagna Daichi Nyoroi. 

Disteso tra le coperte e tolto dall'armatura, la fronte bollente indicava la febbre, tremava per il freddo mentre stringeva con la poca forza rimasta il tessuto della giovane, parole senza un nesso logico sfuggivano a tratti dalla sua bocca. 

Il monaco era corso a cercare erbe nonostante la tarda ora e lei, ancora china al suo fianco imbeveva pezzi di tessuto da poggiare sul suo capo per abbassarne la temperatura. 

'Principessa.' 

'Non parlate.' 

Lo zittì, l'ansia faceva da padrona nel limpido cuore in pena per le sorti di chi aveva deciso di metterla in salvo .

'Statemi accanto… ve ne prego.' 

Disse sforzandosi di rivolgerle un sorriso, la presa sulla veste calò finendo sullo stomaco, prontamente venne raccolta da lei e la strinse rivelando una dolcezza che non aveva mostrato fino ad allora nei suoi confronti.

'Vi devo tutto, non temete.' 

Avvicinò il viso a quello dell'eroe, chiuse gli occhi imbarazzata, in quel momento lui non avrebbe potuto reagire e le sembrò giusto dargli conforto lasciando un bacio casto e delicato sulla sua fronte. 

'Donna, ho trovato l'erba, lasciate che lo curi.' 

Si spostò a disagio lasciando spazio al Sendotsu, egli volse l'uomo di spalle spogliandolo dell'inutile casacca ormai sporca e sgualcita, prese a frantumare le erbe in una ciotola vicina poi a spalmarle sulle ferite facendolo gridare dal bruciore, annaspava cercando il calore della ragazza per aver sollievo dal calvario che stava provando.

'Passatemi quelle garze.'

Disse indicando un angolo della piccola stanza illuminata da candele, lei annuì recuperandole e porgendogliele, medicò la ferita e rimettendolo in posizione supina lo ricoprì con le coperte. 

'Si riprenderà?' 

Lo sguardo del ragazzo si posò angosciato su di lei, inumidì le labbra prima di risponderle.

'Deve bere molto, per ora vi posso solo dire di farlo vomitare, deve eliminare le tossine che ha nel corpo e l'unica soluzione mi pare questa.' 

Si inchinò ringraziandolo e dopo essere uscito dalla stanza Kakaroth parlò nuovamente.

'Se morissi – ridacchiò per poi tossire – non sarebbe una gran perdita.' 

‘Farneticate. Un samurai come voi non teme la morte.' 

Un'occhiataccia gli fu rivolta e lui spostò il viso di lato, la stanchezza lo prese di sorpresa e le sue palpebre si chiusero portandolo in un sonno agitato. 

Gli rimase accanto tutta la notte, continuò a curarlo facendolo bere quando notava le labbra seccarsi, disconnesse frasi facevano a volte capolino nella stanza, nomi messi a caso e gemiti di sofferenza. 

_____________________

Lapis continuava a mordere con furia le unghie, il nervoso lo portava a camminare avanti e indietro dinanzi alla tenda di Vegeta.

Tutti i corpi dei caduti in battaglia erano stati controllati ma nulla, tra di essi il generale non risultava. Entro una settimana la sorella sarebbe dovuta convolare a nozze con Kakaroth ed ora che era sparito nel nulla la rabbia lo stava divorando vivo.

'Come diamine è possibile che sia scappato!?' 

All'appello mancava anche un cavallo, le possibilità che fosse andato via non sfioravano la mente del nobile, era stato ai suoi doveri per tutti quegli anni senza lamentarsi di quella scelta che gli era stata imposta. 

'Con una donna dai capelli neri… lo abbiamo visto andare ad ovest.' 

Parlò uno dei soldati mentre seduto su un masso accendeva il tabacco ben racchiuso in un pezzo di carta bianca. 

'Una donna… una donna!?' 

Con le mani tra i capelli il ragazzo cercava di calmarsi, prese una lungo respiro e socchiudendo gli occhi color del ghiaccio sbottò un 'Trovatelo.' riferito ai soldati accanto a lui.

Vegeta cercò di parlare ma subito venne zittito dalla maiko che appoggiandosi al suo petto distolse completamente la sua attenzione dalla frase che stava per dire.

'Non sarà andato lontano, lo troverete subito.' 

Mormorò ella mentre con delicatezza accarezzava la schiena dell'uomo a cui apparteneva. 

Vegeta riprese il controllo e prendendola per i polsi la allontanò rivolgendole uno sguardo che non ammetteva altro.

'Mi è arrivata voce che ci siano altre truppe cinesi nei paraggi, servi dell'imperatore alla ricerca della principessa Chichi, non è saggio cercarla in una situazione di questo genere.' 

Fece qualche passo in avanti passandosi una mano sul volto.

‘Tornerà, è inutile cercarlo. Torniamo a casa, questo posto inizia a puzzare di marcio.' 

Disgustato prese la ragazza riportandola nella tenda. 

Un piccolo lume ne illuminava con luce soffusa l'interno, cuscini e coperte dai colori sgargianti erano sparsi un po' ovunque. 

La turchina sedeva in un angolo accarezzandosi i polsi appena arrossati, teneva lo sguardo basso e insolitamente, loquace com'era, stava in silenzio continuando in quel gesto divenuto meccanico. 

Il nobile la guardò, decise di togliere l'armatura dopo quella lunga giornata; tagli e ferite non molto profonde si mostravano sulle sue braccia, orgoglioso di quei segni che ne mostravano la forza. Avvicinò a sè la bacinella d'acqua che mezz'ora prima aveva fatto riempire e con essa la spugna. 

Tolse la casacca gettandola distante e facendo un sospiro di sollievo iniziò a pulirsi dal sangue e dalla sporcizia. 

Il suo fisico statuario non sfuggì all'occhio attento della fanciulla che non perse attimo a solcare con il suo sguardo ogni centimetro del suo petto, gli addominali scolpiti e i bicipiti che ad ogni movimento risaltavano ingrossandosi. 

'Avete saltato un punto.' 

Sussurrò indicando un lembo di pelle ancora sporco sul fianco destro.

Vegeta la guardò, il suo perenne cipiglio sul viso, facendo finta di niente continuò nel suo lavoro.

'Lasciate che vi aiuti.'

La ragazza si avvicinò, furtiva e delicata come una gatta, nella sua eleganza il nobile ci si perdeva, tenera come un fiore in primavera, sembrava così fresca con quei colori che ricordavano il cielo e il mare. 

Prese dalle sue mani la spugna inzuppandola nuovamente nell'acqua tiepida, una volta bollente, la poggiò sulle sue spalle accarezzando e pulendo, senza mettere insistenza ma usando quel tocco femminile che nessuna donna gli aveva mai donato. 

Rimase a fissarla incatenato tra i suoi occhi, lo catturavano come ape al miele e lui, povero stolto, era cascato in pieno in quel turbolento fiume di sentimenti.

La spugna scese e con essa la sua mano, si fermò appena sul ventre piatto facendo mancare il respiro al guerriero, padre della sua gente ed il cuore rosso come quello di un re, figlia della povertà e l'anima cobalto come la regina del pianto. 

Si guardarono, uno scontro aperto a colpi d'arma, fuochi ardenti di passione nascosta che lentamente cresceva trasformandosi in un incendio che bruciava i loro corpi sciogliendoli in una sola forma, due gocce che in una tempesta sbattevano con prepotenza contro i vetri di una casa, il vento impetuoso che trascinava via le loro menti lontano dal trambusto e dai rumori. Uno sguardo era bastato per far fare l'amore alle loro anime e quando questo non bastò si presero carnalmente, tolsero ciò che era di intralcio e stesi in un abbraccio senza fine diedero vita a quell'amplesso che lui aveva desiderato fin dall'inizio, mordendo i suoi seni e lasciando baci in punti proibiti, avido di lussuria la strinse a sé, gemiti fuggirono incoronando quel folle amore che forse amore non era e lì tra le sue candide cosce decise che era mille volte meglio morire tra le braccia di una donna che tra quelle della guerra. 

In quella notte in cui due amanti si concedevano l'un l'altro il mese di settembre lasciava spazio all'autunno, con le sue foglie aranciate e la lieve pioggia che leggera cadeva sulla loro tenda.


//Yay!

Si sono stata velocissima, finalmente ha perso il suo mizuage e bulma può star tranquilla! (almeno per ora.)

Grazie per chi legge, recensisce o segue/mette tra i preferiti!

BlackInkVelvet aspetto la tua recensione, tze! 

 -Daph


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Capitolo 6
*** Turles e Lapis ***


l sole appena sorto luccicava tra le foglie grondanti di rugiada, i prati ed il verde regnavano incontrastati sul pendio della cima del loto.

La corvina era distesa sul petto del generale che ritmicamente si alzava ed abbassava ad ogni respiro, i lunghi capelli erano sparsi sul corpo del ragazzo avvolgendolo in quello strano abbraccio. La febbre era calata durante la notte e dopo averlo fatto vomitare qualche ora prima sembrava essersi ripreso, il colorito era tornato alla normalità e le erbe sulla ferita sembravano fare effetto. 

La porta in carta della stanza si aprì e i tenui raggi del sole entrarono nella penombra di quel luogo illuminando il viso dei giovani. 

Il primo a rendersi conto dell'intruso sgranò gli occhi arricciando il naso, non ancora abituatosi alla luce ringhiò dal fastidio. 

'Allora siete sveglio, vi sentite bene nobile samurai?' 

La voce calma e rilassata del nuovo arrivato lo confuse, uno strano peso era poggiato sul suo stomaco e dovette riflettere sui fatti del giorno precedente per ricordare che quell'ammasso nero pece fosse la principessa Chichi. 

Cercò invano di alzare il busto ma il dolore alla spalla glielo impedì facendolo ristendere quasi subito. 

'Maledizione, levatemela di dosso, pesa.' 

Sbottò tenendo gli occhi stretti dal dolore, nonostante esso si fosse attenuato quella parte del corpo era intorpidita e pulsante, cercò in tutti i modi di non dire altro, alla fine aveva subito di peggio ed una stupida freccia non lo avrebbe fermato. 

'Non sembra pesare molto…' 

Mormorò il monaco iniziando a scuotere lievemente la ragazza che in tutta risposta gli schiaffeggiò la mano contrariata.

'La volete tenere voi? Ve la lascio con piacere. Fermatevi, faccio da me.' 

Sospirando la spinse di lato ed inferocita come poche la fanciulla alzò il capo.

'Vi pare modo di svegliarmi?!

I crini le scendevano impetuosi come cascate sul viso ed i suoi grandi occhi stanchi fuggivano allo sguardo dei due, si alzò sbattendo i piedi nudi sulle assi in legno. 

Il monaco si fece scappare una risata che subito fece morire notando il ragazzo scuotere il capo contrariato. 

'Che cosa ridete!?' 

Lo fulminò con gli occhi e stringendo i pugni uscì dalla stanza.

'Voi chi siete?'

Domandò Kakaroth osservando l'uomo dalla bassa statura, che fosse un sorvegliante di qualche tempio gli parve scontato, ma esattamente quale? Su quel monte ne esistevano a decine dedicate agli Dei.

'Sono Crilin, Sendotsu del tempio del santuario dedicato al kami del Fuji!' 

Un sorriso sornione venne dedicato al generale che facendo una smorfia sospirò.

'Ma guarda dove sono finito…'

Sbottò posando i palmi delle mani sulla superficie cercando di alzarsi e lentamente riuscì nella sua impresa appoggiandosi alla parete, le labbra strette in un espressione di dolore che ben presto sparì.

'La vostra sposa, ecco…. è una donna e…' 

'Ma quale sposa… ci conosciamo appena e… ovvio che è una donna.'

Confuso ed a tratti irritato volse un'occhiataccia al monaco che riprese a parlare.

'Non può rimanere qui. La compagnia del Kami Daichi – Nyoroi potrebbe ingelosirsi.' 

Il generale scoppiò in una risata che si trasformò in una forte tosse. Appena si fu ripreso alzò gli occhi al cielo divertito.

‘Perché mai dovrebbe ingelosirsi? Vi prego, siate realista… ed ora datemi una mano ad alzarmi, ho bisogno di fare un bagno.' 

Lo aiutò ad alzarsi tenendolo sulle spalle e lentamente uscirono dalla stanza, la scena che si porse davanti fece rimanere a bocca aperta i due.

'Oh kami.' 

'Samurai! Ma che modi sono…'

'Su, lo vedete anche voi, ora sì che la dea sarà gelosa.'

Il corpo etereo della donna era piegato nelle fresche acque del Gimnei-sui, la così detta sorgente dell'acqua argentata.

La chioma bagnata scendeva lungo la sua schiena e coprendo, nel migliore dei modi, i punti più delicati.

Le piccole mani unite a coppa raccoglievano la linfa e nel più sensuale dei gesti la portava alle labbra abbeverandosi. 

'Mi sento poco bene…'

Sbottò di colpo l’uomo piegandosi sulle ginocchia e rimanendo in quello stato ad osservare la creatura davanti ai suoi occhi, un fuoco lo pervase sotto il ventre quando una ciocca di quei corvini si spostò scoprendo parte del seno della principessa. 

Chichi notando degli sguardi su di sé si voltò a guardare i due notando come il monaco girato di schiena stesse mormorando una preghiera sotto voce chiedendo perdono alla dea. 

Il samurai al contrario fosse rosso dalla vergogna, inginocchiato per terra e con le mani strette a stringere i fili d'erba.

'Non ditemi che non avete mai visto una donna nuda!' 

Ella rise di gusto e si alzò da quella posa rivelandosi in tutto il suo splendore, toccò far forza a tutto il suo spirito per non guardare e tenendo gli occhi fissi al suolo si alzò avvicinandosi alla fanciulla, raccolse le sue vesti e buttandogliele addosso le parlò:

'Abbiate un po' di pudore, è un luogo sacro.' 

'Eppure non credo che vi dispiaccia guardarmi. Buon uomo giratevi pure!'

Sorrise al samurai ed avvicinando le dita al suo mento gli alzò il viso osservandolo bene. Il petto nudo era coperto da garze ed indosso portava ancora dei semplici pantaloni in stoffa nera.

'Noto con piacere che vi siete ripreso, fatevi un bagno, ne avete bisogno e l'acqua è delle migliori questa mattina.'

Sfacciata si allontanò facendo ritorno nella stanza.

‘È andata via!?

Chiese titubante Crilin, alla risposta del samurai finalmente potè girarsi.

'Sì… che mi tocca subire, dannazione.'

Seguendo l'esempio della giovane si spogliò immergendosi nelle limpide acque impregnate ancora del dolce profumo della principessa.

__________

La giornata passò veloce ed ora i tre, seduti intorno al focolare decidevano sul da farsi, l'intenzione sarebbe stata portarla ad Hokkaido e lasciarla ad una delle nobili famiglie dei Daimyo ma la giovane sembrava non volerne sentire.

'Sentite, devo ritornare a corte e non posso starvi dietro.' 

Continuando a picchiettare le dita sulla lama in acciaio di quella katana divina scosse nuovamente il capo in dissenso.

'Portatemi con voi o questa bella arma bianca la terrò per me.'

Il generale stava iniziando a perdere le staffe, non voleva aiutarlo in alcun modo ed i suoi continui ricatti lo stavano facendo imbestialire.

'Cosa non vi entra in testa?! Devo ritornare per sposarmi ed essendo la più alta carica dell'esercito non posso dare un cattivo esempio!'

Furioso si alzò e fissandola torvo preferì chiudere lì quella discussione senza uscita.

'Non l'amate, dico bene?'

Pronto per ritornare in stanza si fermò rimanendo girato di spalle, sconfitto abbassò il capo, non aveva idea di come comportarsi ed in gioco c'erano troppe cose.

'Avete ragione, ma se abbandonassi ciò che è mio dovere fare che uomo sarei?'

La corvina si alzò a sua volta sotto lo sguardo compatito del monaco.

'Un uomo libero, che insegue la propria felicità invece che quella altrui.'

Le mani della più piccola si poggiarono lente sulle braccia del ragazzo che ancora rifletteva. Che cosa era meglio? Lui cresciuto nella rigidità della disciplina e nei valori della vita, perché andare contro il cuore se poi proprio il bushido imponeva di esagerare e di dar fede alla proprie parole, e se così sarebbe stata morte certa si sarebbe goduto il peccato, bevendone come del sakè fino all'ultima goccia. 

'Egoista come voi, scappare e fuggire dal proprio paese? Volete davvero vivere in questo modo?' 

Domandò mordendo con forza il labbro inferiore, si voltò a guardarla con gli occhi alzati al cielo stellato.

'Se è ciò che volete si farà ed io non negherò di esser diventato un rōnin, tradendo il mio impero e la mia religione solo per la vostra di felicità.’

La mano destra della corvina si spostò posandosi sulla sua guancia e sorridendo decisero entrambi di abbandonare le dure regole di quel mondo. 

____________________

Pronto per tornare alla base Lapis sistemava la sella del suo destriero, ancora nella sua mente il problema della fuga del suo generale martellava insistentemente. Si sentì tirare dalle vesti dietro un albero e confuso cercò di dimenarsi, una figura coperta dall'ombra delle fronde prese a parlare.

È molto che non ci vediamo, signore.'

Quel tono di voce così roco e profondo lo scosse fin nell'animo e lenti ricordi si materializzarono davanti gli occhi.

Quell'uomo dalla lunga miao doi lo teneva fermo, l'arduo scontro che ne era derivato era stato uno dei migliori della sua vita ma ora per un semplice errore di distrazione si era ritrovato sotto la sua ferrea presa. 

'Per questa volta siete libero, spero di combattere con voi in un prossimo futuro.'

Tolta la spada dal suo petto il ragazzo dalle iridi di ghiaccio si rialzò ed entrambi si inchinarono, un'intesa così semplice che aveva solcato nel suo cuore la paura della morte.

'Turles, che ci fate qui?' 

Domandò tenendo, per difesa, la mano serrata all'arco.

'Ho bisogno di un favore e voi me lo dovete, penso si sia saputo che la principessa Chichi sia scomparsa ed interrogando i soldati il vostro generale è stato visto andar via con una donna proprio ieri, capisco quanto il vostro orgoglio sia andato distrutto… perciò vi chiedo di darmi una mano nel trovarla al contempo nessuno, e dico nessuno, dovrà sapere di questo.' 

Lapis rise, la mano ancora stretta mentre l'uomo attento lo fissava aspettando una sua qualsiasi reazione.

'Ed io, cosa ci rimetto?'

Ora, illuminato in parte dalla luce del sole i suoi occhi brillarono.

'Oltre alla caduta dell'impero cinese avrete anche vendetta, il generale doveva sposarsi con vostra sorella e vi ha disubbidito, con una nemica per giunta.'

Voi potete farne ciò che volete, la principessa sarà lasciata a me e darò inizio al mio piano.'

Lapis sospirò, non era certo una decisione da prendere così velocemente ma se ciò stava a significare fare onore alla sua famiglia lo avrebbe fatto e poi, la caduta dell’impero nemico non era cosa da poco.

'Scusate l'insolenza, come vorreste far crollare la dinastia Ming?'

Turles alzò gli occhi al cielo e sbuffando gli rivolse un'occhiataccia.

'Sembravate più intelligente, semplicemente informerò l'imperatore che la sua cara figliola è morta, perderà le legioni giapponesi ed i Manciù attaccheranno. Semplice, i patti sono questi. Accettate quindi?'

'Nonostante il vostro insulto l'idea è allettante, affare fatto, si sono diretti ad Ovest, a quest'ora saranno in qualche tempio sulle pendici.' 


//Yay!
Scusate se il capitolo è relativamente corto e non ha quasi nulla di speciale, il seguito sarà sicuramente più interessante!
Grazie per chi recensisce, mette tra i preferiti/seguiti o semplicemente legge!
Buon San Lorenzo!
-Daph

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Capitolo 7
*** Pioggia ***


'Siete sicuri di voler lasciare il tempio? Non ho visite da molti anni e poi… stavate bene vero?'

I due già a cavallo sorrisero al monaco che da sotto li guardava implorante.

'Non è sicuro qui Crilin, e poi… dovete andare ad avvisare Vegeta della mia scelta, non preoccupatevi se vi tratterà in malo modo, è fatto così.'

Affranto il ragazzo lasciò la presa dalle redini e sbuffò. 

'Che fretta c'è… potevate rimanere. Va bene, ci passerò sopra… tocca che vi ricordi la strada?'

Chiese portando le mani sui fianchi e guardando verso l'orizzonte, ancora a piedi scalzi sul prato come la prima volta.

‘Fortunatamente ci sono io al comando, avanti fino alla sorgente dell'acqua dorata, a destra e poi verso il tempio della dea dove troverò un vecchio pervertito.'

Disse a cantilena il samurai alzando gli occhi al cielo sconfitto.

'Bene, se avrò notizie su qualcuno che vi cerca principessa verrò ad informarvi, è stato un onore conoscerla.'

In modo teatrale si inchinò facendo ridacchiare la donna che con premura gli diede una leggera carezza sul capo pelato.

'Arrivederci monaco del kami del Fuji!'

Così facendo partirono nella direzione oramai imparata come una filastrocca, pronti ad intraprendere quella nuova vita all'insegna della continua fuga, speranti di lasciarsi presto tutto alle spalle, ignari del destino che insaziabile come una belva li aspettava a fauci aperte.

_____________________

Seduto su un masso il nobile giocava con le sue stesse mani, continuava a chiedersi cosa avesse la sua donna per essere così silenziosa nei suoi confronti, aveva provato più di qualche volta a mettere in tavola l'argomento su ciò che la notte prima avevano condiviso ma lei niente, volgeva lo sguardo e cambiava discorso, se all’inizio pensava che fosse solo per imbarazzo alla terza non poteva più lasciar perdere. 

Inoltre, il fatto che Kakaroth non si facesse più vivo iniziava a turbarlo, forte com'era non avrebbe avuto problemi ma le voci che giravano su una donna al suo fianco lo preoccupavano.

Il generale era di indole buona e le donne, per quanto belle e fragili potessero sembrare a volte sapevano essere delle orribili creature. 

'A cosa state pensando?'

Scosso da quella voce alzò lo sguardo incontrando gli occhi curiosi della giovane, morse l’interno della guancia e senza perder tempo la tirò giù accanto a sé.

'Voi dovete parlarmi ed evitate di cambiare discorso.'

Sussurrò a denti stretti, il viso vicino ai suoi capelli di un odore inebriante che per attimi non gli fece perdere i sensi.

'Se intendete della scorsa notte non vedo cosa ci sia da aggiungere…'

Mormorò a testa alta, neanche un cenno di insicurezza nella sua voce.

Perché, cosa avete da nascondere?!'

La sua presa passò dal polso alla sua veste stringendola con forza per impedirle di scappare via.

''Guardatemi negli occhi. Giuratelo che siete sincera nei miei confronti.'

Riluttante Bulma si girò, fece perno su tutta la sua buona volontà passando sopra i modi rudi a cui le si rivolgeva per guardarlo, senza batter ciglio, in quelle pozze nere.

'Non ho niente da nascondere.'

Sibilò decisa, quell'uomo non era stupido ed in quell'instante non si fece ingannare; dalle sue carnose labbra, dalla pelle pallida come la luna e da quei grandi occhi marini.

'Mentite!' 

Urlò alzandosi, nell'impeto strappò un pezzo del suo kimono, quel bel colore indaco gli rimase tra le dita e per qualche secondo rimase a fissarlo.

‘Perché non mi dite la verità, dopo ciò che ho fatto per voi… mi trattate come un idiota. Ma sappiate che, se così volete continuare non ci penserò su due volte a riportarvi dove eravate.'

La turchina semplicemente non rispose, dovette tenere a freno la lingua per non urlargli che sarebbe stata la concubina del figlio dell’imperatore una volta sul trono, tempo qualche mese e sarebbe stata ai suoi voleri come una delle più misere donnacce di strada e Vegeta la prima volta che la vide ci aveva pensato: il destino delle Geisha era segnato a fuoco e non poteva essere cambiato.

'Bene. Se non parlate, mi toccherà usare le manieri forti.' 

'Lasciatemi stare, non ho intenzione di dire altro.'  

Portò il pezzo del tessuto all'interno dell'armatura, una cosa automatica di cui a malapena si accorse.

Non appena alzò lo sguardo, pronto a risponderle per le rime, la figura della ragazza era scomparsa da sotto i suoi occhi. Il cielo sopra le loro teste iniziò ad oscurarsi e i soldati entrarono nelle tende in cerca di riparo. 

Vegeta camminava, passo dopo passo addentrandosi nel bosco, giurò di aver visto il suo kimono tra le foglie e le impronte delle sue okobo in legno sulla terra.

'Dannazione Bulma, finitela di comportavi come una bambina!' 

Un tuono coprì la sua voce ed i lampi iniziarono a riempire il cielo, lunghi fili argentei illuminarono il paesaggio. 

Fuggire dalle situazioni non era nella sua natura ma in quel momento, in quel preciso istante, con i suoi occhi furiosi e l’impotenza davanti alla sua forza la spaventarono.

Diavolo, mai nessuno l'aveva trattata in quel modo.

Continuava a darsi della stupida ed a pentirsi per avergli donato il mizuage, eppure, lo aveva deciso lei, vero?

Nonostante lui avesse pagato la sua Geisha, tenuta accanto portandola persino tra le sofferenze della guerra, si sentì in colpa, privata della sua purezza. 

Possibile che tutto quello fosse uno sbaglio?

La certezza che fin da bambina aveva, che un uomo, un principe l'avrebbe salvata da quella vita portandola in una grande casa e rendendola felice come una regina.

E guarda dove era adesso, in un maledetto bosco a scappare da chi addirittura pretendeva fiducia, non bastava essere cresciuta in una stupida illusione per poi essere scaraventata nelle più crude delle realtà?

Una goccia cadde sul suo piccolo naso e successivamente altre iniziarono a scendere su di loro, il terreno iniziò a diventare fangoso ed i passi sempre più lenti.

Stanca, la pioggia sempre più impetuosa, i tuoni erano forti, potenti come boati che spaccavano la tranquillità di quei luoghi.

‘Maledizione!'

Imprecò notando che fradicia e sporca avesse impigliato la coda della sua veste ad un ramo, respirò profondamente e tirando riuscì a liberarsi. 

I capelli le si attaccavano al viso, la vista offuscata dalla pioggia e le tempie che imploravano pietà dai troppi pensieri, come se ciò non bastasse ci si mise il vento che la fece rabbrividire fino alle ossa, sembrò che tutto ciò che ebbe provato facendo l'amore si fosse scagliato sul suo corpo nel modo più crudele possibile.

'Bulma! Giuro che appena vi trovo… appena vi trovo vi uccido!'

Continuò ad urlare, i tentativi di minaccia erano vani contro la furia del tempo, tutta quella rabbia nei suoi confronti era stata rimpiazzata dalla preoccupazione, non era saggio rimanere lì fuori e lei, infantile, era fuggita via.

Le dita tremavano da continue scosse, la pazienza non era mai stata nelle sue virtù ed in battaglia spesso ne aveva dato prova. La pioggia batteva contro la sua armatura in ferro provocando un rumore capace di stordirlo dai suoi stessi pensieri, si infiltrava senza sosta attraverso le fessure provocando brividi e le sue pupille, in agitazione, percorrevano tra gli alberi alla ricera della sua donna.

Affranto, deluso da se stesso, si sentì colpevole per essersela fatta scappare dalle mani come acqua. 

__________________

A cavallo i due seguivano la strada indicata dal monaco, il galoppare dell'animale calmava i loro animi aiutati dalla pioggia che si infrangeva su i loro visi, senza dir nulla rimanevano ben saldi sulla sella con i ricordi impressi nella mente come il miglior dei compagni.

L'ex generale stringeva con forza le redini in cuoio, le nocche bianche e gli occhi fissi sul sentiero roccioso disseminato di pozzanghere.

Le labbra serrate nell'immagine dolorosa di sua madre; sofferente come poche impugnava tra le mani la masamune, il corpo riverso in una pozza di sangue del padre, quella mano aperta dinanzi alla sua sposa e le iridi bianche.

Lui, un bambino che era corso in quella fredda giornata di dicembre ad annunciare ai genitori i suoi progressi nel combattimento.

'Ricorda, figlio, saró con te fino alla fine dei tempi. Perdonami.' 

Un sussurro, leggero come una foglia che ora rimbombava pesante come un macigno nel suo cuore.

Inginocchiata, la lama perforò la sua bella veste color dei smeraldi, una parola strozzata, crollò accanto al suo amato. 

Urlò correndo da loro, le piccole mani coperte della vita dei suoi unici familiari e i primi fiocchi di neve che iniziarono a cadere, un manto soffice, quel vitreo candore simile agli occhi di suo padre e sua madre. 

Non seppe mai il perché e quella spada, complice di quella strage, non fu più vista.

Dietro di sé la corvina si stringeva alla sua schiena, sembrava osservasse i monti ed invece guardava tutt'altro.

Ancora una ragazzina, appena dodicenne giocava nei grandi corridoi della corte rincorrendosi con la balia, cara e dolce donna che tanto l'aveva protetta dalla crudeltà di quel luogo. Aspettava dietro una colonna in marmo per farle una sorpresa e spaventarla, un inguenuo risolino sfuggì dalla sua bocca che subito coprì con le mani per non farsi scoprire. Passi e voci, riconobbe il padre, la sua andatura regale l'avrebbe potuta distinguere tra mille seguita dal suo strascico in seta.

'Vedete, sarebbe stato uno scandalo tenere a corte quella squattrinata.'

Una risata e quei passi si fermarono a qualche metro dietro dal suo nascondiglio.

'Una contadinella delle risaie che per giunta mi ha dato un essere come quello, ho dovuto farlo e non me ne dispiaccio.'

Curiosa cercò di ascoltar meglio la conversazione, di chi stessero parlando?

'Oh certo, non ne dubito, avete fatto la scelta giusta, senza alcun dubbio.' 

'Sapete, all'inizio avevo intenzione di togliere di mezzo anche la bambina ma ho riflettuto a lungo e sono giunto alla considerazione che in futuro mi sarebbe stata utile.'

Il tarlo del dubbio si insinuò nella pura mente di quella giovane principessa, che quella bambina a cui il padre si stesse riferendo, fosse lei?

'Certo, vostra figlia potrebbe presto aver un ruolo molto importante per quanto riguarda la conquista di nuovi regni.'

Le mani caddero dalla bocca scendendo lungo i fianchi, si sentì senza forze e l'unica cosa che fece fu crollare raggomitolata ai piedi della colonna, tradita da chi avrebbe voluto solo ricevere amore. La tristezza venne rimpiazzata dall'odio.

'Trovata!'

La balia esclamò divertita accorgendosi solo in seguito delle condizioni della principessa, si rabbuiò in volto e prendendola tra le braccia la strinse a sé. 

'Quella katana, dovreste disfarvene.'

Sbottò di colpo Kakaroth, ancora la presa ferrea alle redini e lo sguardo fisso.

'Non capisco il perché, che ha quest'arma di così speciale?'

Domandò lei senza timori, allungò una mano verso la fodera accarezzandone con le dita la superficie, non voleva separarsene e quello strano legame nei confronti dell’oggetto fece rabbrividire il prode guerriero.

'Non è qualcosa che vale la pena conoscere ma se di me vi fidate e della morte avete paura sarà meglio che mi ascoltiate.'

Il destriero corse più velocemente superando gli ostacoli sul suo cammino.

'La morte non mi fa paura, pensavo lo aveste capito.'

'E allora di cosa?' 

Si chinò in avanti assecondando il vento che colpiva il suo viso assieme alla pioggia.

'Di finire in gabbia, di restare rinchiusa ad aspettare l'occasione di poter valere cullandomi nella mera illusione che questo possa accadere, ed invecchiare, lasciando scorrere ciò che mi circonda senza farne parte.' 

Ne rimase sorpreso, decise comunque di non demordere.

'Voi, figlia di re, questo non potrebbe mai accadervi.'

La principessa sorrise malinconica ed abbassando lo sguardo osservò meglio la spada, incantatrice con la sua lucente lama, le pupille brillarono.

Rimase in silenzio lasciandosi prendere dal rumore degli zoccoli sulla terra, lo scalpitare del cielo in preda alla furia di quella giornata.

'I vostri dei sono irati, generale.'

'Non sono più un generale, ricordate… ho giurato di abbandonare la mia vecchia vita, ora non sono altro che un traditore.'

Sbottò lui, un sospiro stanco spezzò il breve silenzio che si era venuto a creare e d'un tratto il corpo di una donna si fece spazio fuggendo dai boschi, frenò con forza il destriero borbottando qualcosa cercando di calmare l'animale.

Aguzzò la vista riconoscendo tra la fitta pioggia i capelli turchesi della maiko.

'Dannazione voi che ci fate qui!?'

Scese correndo verso di lei che inginocchiata al suolo stringeva flebilmente la veste sporca, il suo viso si alzò ed emettendo un singhiozzo guardò il samurai negli occhi, chiedendo senza emettere neanche un sussurro, aiuto.

'Chi è? La conoscete?'

Domandò la corvina scendendo da cavallo, la prese per le braccia mettendola in piedi a fatica e levandole con le dita alcune ciocche dei suoi capelli la osservò bene in viso, ammaliata da quei lucenti zaffiri colmi di lacrime.

'Avete… Avete degli occhi stupendi.' 

Mormorò, in lontananza le urla di Vegeta coperte dai tuoni, nessuno però parve sentirle.

‘Venite con noi e nel frattempo ditemi cosa vi è successo.'

Ordinò il giovane aiutandola a salire a cavallo seguita poi da Chichi, lui sarebbe rimasto a piedi guidando il corsiero.

Un gesto gentile che all'apparenza innocuo rivelava la sua vera natura da samurai, il grande guerriero dal nobile cuore che lotta e vive per gli altri a costo di sacrificare se stesso. 


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Capitolo 8
*** Bishamonten ***


La tempesta continuava ad accanirsi ed il nobile abbandonò l'idea di ritrovare la maiko, completamente fradicio fece ritorno all'accampamento. Le risate dei soldati facevano eco insieme ai tuoni e le violenti scariche, accanto alla sua tenda un uomo dalla bassa statura aspettava, paziente e col capo chino, seduto su un tronco a fissare la terra bagnata sotto i suoi scalzi piedi. 

Confuso si avvicinò, ignorando la fitta pioggia che impediva a tratti la sua acuta vista.

'Chi siete voi?' 

Il tono alto, ancora nervoso e preoccupato, il tarlo della giovane ancora vivido nella sua mente, eppure sapeva, sarebbe tornata.

L'uomo alzò il viso incrociando lo sguardo con quello del samurai, si alzò in piedi facendo un inchino e subito dopo rispose con un sorriso.

'Sono il sendotsu del tempio del kami del Fuji, sulle pendici del monte. Voi siete Vegeta della signoria Satsuma?'

Rise di gusto, se il monaco voleva qualche offerta si sbagliava di grosso.

'Che volete, sentiamo.'

Mise le mani sui fianchi, l'aria divenne più fredda e le vesti bagnate lo fecero rabbrividire. 

'Mi hanno mandato da voi, il prode Kakaroth e la giovane Chichi ad avvisarvi della scelta che hanno intrapreso.

Entrambi sono diretti al tempio sulle cime della dea Sengen-Sama e il vostro amico ha deciso di abbandonare le sacra via del bushido e di diventare un rōnin, non preoccupatevi stanno bene.' 

Il viso di Vegeta si rabbuiò, se da un lato fosse sollevato nel sapere che stesse bene dall'altro la consapevolezza che prima o poi con quel gesto sconsiderato l'ex generale sarebbe morto, non per mano d'altri ma per ciò che la severa legge imponeva, di mano propria lo sconvolse. 

Salvarlo sarebbe stata la scelta più ovvia ma aiutare un rōnin significava divenirne egli stesso uno, le sue iridi si alzarono all'oscuro cielo chiedendo aiuto, una risposta a ciò che avrebbe dovuto fare. 

'Vi ringrazio, potete andare.'

Mormorò, sarebbe andato da lui, gli avrebbe fatto cambiare idea e se questo non sarebbe stato possibile lo avrebbe seguito, nel bene e nel male, quel patto di sangue che da bambini avevano compiuto finalmente poteva avere un senso. 

Ricordava ancora quel giorno, una notte gelida di fine gennaio, la neve ancora ricopriva il grande giardino della sua casa ed insieme erano seduti dinanzi al grande camino in marmo. Infreddoliti e coperti da una manta pregiata parlavano e ridevano delle avventure che insieme, nell'arco di un mese, avevano affrontato. Il padre, Vegeta, era stato un grande amico di quello di Kakaroth e da quello che una settimana prima gli aveva raccontato avevano sigillato un patto.

'Prendi un coltello dalle cucine, ma non farti scoprire dalla servitù, e fa silenzio, quando cammini sei peggio di quelle strane creature delle Indie.' 

Lo ammonì per poi ridacchiare, avrebbe fatto male ma lui non aveva paura, forte ed orgoglioso come gli avevano insegnato.

Il bambino dai capelli strambi si alzò correndo verso le cucine, entrando poi in silenzio, prese uno dei coltelli lasciati incustoditi sul tavolo e nuovamente tornò, curioso di sapere cosa l’altro avesse in mente. 

Una volta che si fu seduto lo porse all'amico ricoprendosi con la manta che, precedentemente, aveva lasciato sul pavimento in legno.

'Allora, che vuoi fare?'

Mormorò guardandolo con i suoi grandi occhioni, Vegeta fece un sorrisetto e sotto voce gli domandò:

'Vuoi essere mio fratello? Ma, promettimi di non urlare.'

Egli arricciò il naso sospettoso per poi annuire con un gran sorriso, si fidava di Vegeta e l'idea di avere ora un fratello lo rendeva entusiasta.

Gonfiò le guance e prendendo coraggio prese la mano del suo amico girandola dal palmo, con il coltello dalla sinistra fece un taglio sulla pelle.

Kakaroth non resistette e prima che potesse urlare il giovane gli tappò la bocca lasciando cadere la lama con un tonfo. Quando si fu calmato la tolse notando lacrime scendere sulle sue paffute guance.

'B-Brucia…'

‘Passerà, fallo a me adesso.'

Disse porgendo la sua di mano dinanzi al volto piangente dell'amico.

'Io… non so se ci riesco.'

'Finiscila di fare il fifone.'

Brontolò, fece come detto e riprendendo il coltello fece un taglio sul palmo di Vegeta. Le loro mani si strinsero tra le lacrime di uno e la faccia rossa dell'altro che provava a resistere dal dolore. 

Vennero interrotti da Rosecheena, la madre del nobile, che rimproverandoli medicò i loro palmi.

Da quel giorno non furono più semplici amici ma fratelli. 

_________________________

Per puro caso Lapis era nella tenda accanto, il suo udito aveva captato le parole del Sendotsu e quella nuova notizia lo rese felice, finalmente avrebbe potuto vendicarsi e magari in quel modo, dopo aver eliminato Kakaroth e fatto diventare Vegeta un traditore, potuto prendere il possesso dell'intero esercito.

Tutto stava andando per il meglio, i suoi desideri più nascosti stavano per divenire reali e non appena avrebbe avvisato Turles sarebbero partiti sulle cime del monte.

Non subito, per non attirare l'attenzione, tempo qualche giorno per calmare le acque e dopo di ché entrambi avrebbero avuto ciò che volevano.

'Versatemi del sake, oggi sono particolarmente felice.'

Sbottò riferendosi ai commilitoni nella sua stessa tenda.

'Per la guerra vinta?'

Chiese uno di questi ubbidendo alle sue pretese, il signore sorrise lasciando brillare i suoi occhi di ghiaccio.

'Certamente, per la guerra.'

Nessuno notò la nota di ironia nella sua voce e così Lapis brindò alla sua futura vincita.

___________________________

Le nubi lasciarono presto il posto al caldo sole illuminando l'entrata del tempio che i tre si trovarono davanti.

Stanchi dal viaggio e dalle intemperie legarono il cavallo ad uno dei pali in legno a cui nel frattempo ebbero dato anche un nome.

Fucile. 

Un nome a dir poco assurdo per un animale, scelto dalla principessa che indecisa tra Fulmine, troppo scontato per i suoi gusti, Vento di fuoco, troppo lungo, aveva optato per il nome di quella strana arma usata dagli occidentali. 

Bulma non aveva proferito parola per tutto il resto del viaggio, rivolgendo soltanto in alcuni casi uno sguardo pieno di ringraziamento per la corvina che non faceva altro che complimentarsi per i suoi occhi o a tenerle compagnia con canzoni in una strana lingua.

Guardandola così decisa e sicura di se stessa provò ammirazione ed anche invidia, si sentì una formica a suo confronto e notando come quei due non facessero altro che insultarsi e ridere dei loro difetti si unì prendendo parola.

‘È questo il luogo in cui vi hanno indirizzato, samurai?'

Chiese rivelando la sua acuta voce, Kakaroth non riuscì a risponderle che la figura di un vecchio ricurvo fece il suo ingresso, appoggiato su un bastone in legno e dai lunghi baffi bianchi si avvicinò furtivo alle due donne iniziando a mettere mani un po' ovunque.

'Ohoh, che doni del cielo che ci sono qui! Ragazzo siete fortunato!'

Prontamente venne respinto dalla turchina in modo poco delicato.

Crilin gli aveva accennato fosse un vecchio pervertito ma di certo non immaginava fino a quella maniera.

'Se lo dite voi… ci ha mandati il monaco Crilin, avete presente?'

Il vecchio prese ad accarezzarsi il capo pelato pieno di segni per via della vecchiaia.

'Certo certo, è stato mio allievo! Volete un posto per alloggiare cari ragazzi? Ho un grande stanza, le fanciulle potranno dormire con me… ehehehe.'

Indicando poi l'uomo divenne serio.

'Voi potete dormire fuori, questa notte non pioverà!' 

Tra le risate della maiko la principessa prese posizione mettendosi in mezzo ai due che tra sguardi di fuoco erano sul punto di una furiosa lite.

'A dire il vero preferiremo dormire insieme, tutti e tre.'


Non passarono che ore quando dopo un lungo bagno finito con qualche schiaffo dato al vecchio per le sbirciatine si erano ritrovati davanti al focolare cercando di asciugare le vesti bagnate e per cercare un po' di calore. 

'Oh quella Katana, la noto solo adesso…'

Mormorò il monaco prendendo tra le mani l'arma bianca e maneggiandola con destrezza.

'Conoscete la storia che racchiude questa spada forgiata dagli dei? Mi sorprende che una fanciulla come voi la possieda.'

Il guerriero guardò curioso l'anziano saggio non trattenendosi dal dire qualcosa, scettico sul fatto quella katana fosse stata davvero creata da qualche dio. 

'Sorprende tutti, io le avevo detto di non farne uso e di gettarla, testarda, non mi ascolta.'

Sbottò acido ricevendo soltanto una brutta occhiata dalla donna.

'Raccontate, vi prego.'

Disse ella con un grande sorriso, le alte fiamme illuminavano il suo bel viso lasciando tra i suoi capelli i riflessi rossastri e nelle sue iridi dei bagliori. 

'Bene, ere orsono, quando gli dei ancora non ebbero creato le terre e i mortali, si narra dell'astio tra sette divinità:

Daikokuten, Bishamonten, Benzaiten, Ebisu, Fukurokuju, Jurōjin, Hotei. 

Benzaiten sosteneva che per creare la vita tutto dovesse scorrere e che quando i mortali sarebbero stati creati avrebbero pregato più lui, costruendo in suo onore templi ovunque venerandolo fino alla fine di tutto. 

Questo provocò l’indignazione delle altre divinità che al contrario sostenevano che avrebbero venerato più loro stessi che altri. 

Susanoo, dio delle tempeste e degli uragani decise di placare i loro animi, sfidando loro nella creazione di sette spade, quella che avrebbe resistito di più ai loro scontri sarebbe stata la divinità più pregata e venerata e una volta creati i mortali avrebbe dato la sua calamità in dono. '

Prese un lungo respiro accarezzando la fodera in cuoio per poi continuare.

'Le sette divinità costruirono le loro armi usando i metalli più preziosi e forgiando con abilità le lame più taglienti.

È facile intuire chi vinse spezzando le altre spade, vi chiedo, cos'è che imperversa col sangue e la morte su questa terra, samurai?'

Kakaroth si fece forza, quel racconto lo turbò nel profondo e la risposta sulla punta della lingua non riuscì ad uscirgli tanta l'angoscia.

'Bishamon, dio della guerra.'

Mormorò Bulma per poi abbassare lo sguardo su cocci in legno che ardevano al fuoco.

'Giusto, egli scagliò sui mortali la guerra, venne venerato ed adorato, così ancora adesso e non solo, lasciò anche questa katana a cui decise di imporre un infausto destino a chiunque la possedesse ma al contempo un'arma divina capace di vincere ogni battaglia. È strano che vi siate entrata in possesso…'

Chichi mordicchiò il labbro inferiore, la Masamune era leggendaria, una Katana divina creata da un dio.

'Un forgiatore di spade giapponese me l'ha data in dono…'

Il vecchio rise ed osservandola attentamente la ridiede alla fanciulla.

'Per quanto io ne sappia potrebbe essere stato Bishamon stesso a tentarvi, per creare discordia, preparatevi principessa egli ha in serbo qualcosa di speciale per voi.' 


//Yay!

Ma si dai, è sempre bello stravolgere i miti giapponesi! Chiedo venia, ho esagerato.

Anyway, mi sono scervellata per creare fuori sta leggenda, ditemi se può essere accettabile o meno e spero vivamente che i kami non mi puniscano per questo sacrilegio! 

-Daph


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Capitolo 9
*** Chiarimenti ***



Bulma, seduta sul taitami in fondo alla stanza rifletteva su ciò che le stava accadendo, si chiedeva cosa Vegeta stesse facendo, se la cercasse o se si fosse arreso all’idea di averla persa.

Nella penombra di quel piccolo spazio la figura della principessa fece capolino sedendosi al suo fianco. 

'Cosa vi tormenta? Con me potete sfogarvi.'

Le disse in modo amichevole, le vesti tipicamente maschili mettevano in risalto il suo fisico ora che gli stracci non coprivano le sue femminili forme.

La turchina strinse le ginocchia al petto, il kimono ora pulito e tolto dal fango rivelava i suoi sgargianti colori, solo uno strappo all'altezza dell'avambraccio destro rivelava l'accaduto tra lei e il nobile.

Ella sospirò, alla casa del thè aveva molte amiche con cui confidarsi ed in quel momento la corvina, con i suoi modi gentili, le ricordava quelle ragazze.

'Sono confusa, vi giuro… non so cosa fare e non faccio altro che pentirmi dell'essere stata così codarda.'

La mano della principessa si posò su quella della maiko confortandola ed invitandola a continuare.

'Ho conosciuto alla corte dell'imperatrice l'erede della signoria Satsuma, Vegeta. 

Fin da subito ho sentito di potermi fidare di quell'uomo, ha pagato la mia Geisha per poterlo seguire in guerra ed ero convinta che in quel modo avrei potuto redimermi dal mio dovere di concubina del prossimo imperatore, ma senza che egli mi sposi questo non è possibile… ho osato, convinta che prima o poi sarebbe potuto accadere e ho donato a lui il mio mizuage, mi sento una sciocca.

Presa dai miei dubbi ho evitato il discorso ma lo ha notato e la sua reazione è stata così rude che io… io mi sono spaventata.'

Il suo tono di voce prese ad inclinarsi, non avrebbe pianto, non ancora.

'Se gli avessi esposto le mie preoccupazioni forse non avrebbe reagito in quel modo, anzi, se non mi avesse conosciuta ora non sarebbe contro i voleri del reale.'

La risata di Kakaroth colse l’attenzione delle due, sudato dall'allenamento che qualche minuto prima stava svolgendo.

Il fatto che qualcuno avesse ascoltato il suo discorso la imbarazzò, più di tutti quell'uomo che ancora non conosceva bene.

'Vegeta sa quel che fa, state tranquilla se vi ha scelto, pagando quella somma così alta alla vostra Geisha e portandovi in guerra avrà in mente qualcosa di grande per voi. Ammetto, è un uomo di poche parole ma caparbio, a quest'ora conoscendolo sarà già in viaggio per venire qui. Date tempo al tempo e potrete parlare con lui faccia a faccia. Vi perdonerà.' 

Pronto per uscire e tornare ai suoi doveri si fermò osservando la principessa.

'Sarebbe opportuno che vi allenaste, una buona spada non è nulla se chi la possiede non ne sa fare uso.'

Detto questo uscì, un moto di rabbia e una smorfia di disapprovazione, ella sapeva combattere e se non ci credeva lo avrebbe sfidato.

Venite, vi farò vedere come si fa ad abbassare un uomo ai propri voleri.'  

Sghignazzò sicura di sé stessa, i piedi nudi provocarono continui colpi sulle assi in legno del pavimento ed aiutando la maiko ad alzarsi corsero fuori.

La terra oramai asciutta dal calore dei tenui raggi del sole, l'erba era rigogliosa e le siepi piene di fiori nonostante l'autunno stesse facendo il suo lento corso. 

'Che volete fare?'

Mormorò la più giovane, confusa, nel notare la ragazza sguainare con fiducia la sua katana, lasciò cadere il fodero e con orgoglio non indifferente si mise in posa dinanzi al guerriero.

'Combattere, che domande.'

Sbottò iniziando a far volteggiare l'arma bianca fendendo l'aria, la lama luccicò infastidendo gli occhi di Kakaroth.

'Finitela, non ne siete capace.'

Disse con tono ironico, si mise comunque in difesa togliendo a sua volta dal fodero la spada, quanti ricordi racchiusi in quell'ammasso di metalli.

'Vedremo.'

Un sorrisetto furbo incorniciò il volto della donna seguito poi dai suoi passi veloci sulla terra, un salto e lo stridere delle lama l'una contro l'altra.

Katana divina o meno l'esperienza del rönin prevaleva su quella della principessa, ciò che all’inizio pareva una sfida divenne ben presto una danza. 

Le spade volteggiavano rivolte al cielo mentre i due continuavano a fissarsi non perdendo un battito di ciglia dell'altro, sembrava passassero minuti e ore, non lasciavano la presa tanta la forza d'animo che li spingeva.

Da quella stupida gara si lesse altro, non importava più a nessuno dei due far prevalere lo stile di combattimento. 

Erano persi, completamente persi nelle iridi dell'altro, affondavano in quel sentimento a cui non avevano dato nome.

Finché, risvegliatasi da quello stato di totale abbandono diede un colpo secco alla katana del guerriero sbalzandola lontano, si stupì, il tocco era stato delicato ma allo stesso tempo di una potenza tale da fargli dolere il polso.

Rimasto senza difesa ritrovò a un palmo di mano dalla sua gola la kessaki, scorse la punta con incisa la testa del dragone. 

'Credo di averla vinta io.'

Mormorò, non sembrava esserne felice, forse ancora scossa da quegli sguardi.

'Credete male.'

Accadde tutto così velocemente che neanche si rese conto di essere stata sbattuta pesantemente contro il suolo, quel maledetto le aveva fatto uno sgambetto ed ora teneva ben stretta la katana nella mano destra, l'altra pressava a qualche centimetro dal suo viso, si teneva steso sul suo corpo facendo attenzione a non schiacciarla.

'Non sapete combattere, ve l'avevo detto.'

Sussurrò, sentì il suo fiato caldo infrangersi sulla sua pelle e quell'odore maschile invaderle le narici. Riprendere il controllo divenne difficile, sentendo poi in quel frangente il peso del petto dell'uomo posarsi sul suo.

'Levatevi.'

Riuscì soltanto a dire, le uscì un sussurro, così flebile che neanche ella stessa quasi riuscì ad udirlo. 

Il viso di Kakaroth si avvicinò al suo, le ciocche dei suoi capelli si posarono sulla sua guancia e le sue labbra sottili catturarono il lobo del suo orecchio in un lieve bacio.

'Altri uomini non si sarebbero trattenuti.'

Trattenne il respiro percependo un calore familiare al basso ventre, ingoiò il magone osservando i suoi muscoli contrarsi nel tentativo di rialzarsi ed una volta che fu in piedi non degnarla di attenzione e ritornare dentro la stanza.

'State bene?'

Annuì alla turchina mettendosi seduta, con le dita accarezzò il lembo di pelle accarezzato dalle labbra del samurai, un brivido la percorse ed iniziò a capire cosa le stesse accadendo.

___________________

A Vegeta non importava molto dell'esercito, nonostante questo non si addicesse al suo compito ed alla sua posizione, era preso da altro.

Si chiedeva che cosa avrebbero mai potuto pensare i suoi genitori, maggiormente suo padre, ora al sicuro alla corte dopo la sconfitta dei cinesi, del fatto che stesse abbandonando tutto e tutti per andare alla ricerca del suo migliore amico.

Ancora ferito nell'orgoglio dell'essersi fatto fregare da una semplice donna, era sfuggita via dal suo controllo lasciandolo con un vuoto all’altezza dello stomaco assieme alla ribollente rabbia che avvolgeva il suo animo.

Non lo avrebbe mai ammesso ma per ella provava una certa attrazione non solo fisica ma mentale, il modo in cui sosteneva il suo sguardo senza timore e di come gli si rivolgeva schietta ed usando termini precisi, sì, era più intelligente di tutti i suoi commilitoni messi insieme.

Prima di andare si era fermato a parlare con Lapis informandolo di ciò che stava accadendo, lo aveva lasciato lì ad occuparsi del resto ed ammonendolo di non dire nulla e mantenere il segreto. 

Se avessero fatto domande di dire che fosse stato chiamato dall'imperatrice e che sarebbe dovuto tornare, sapeva che nessuno avrebbe osato contraddirlo, di lui si fidava.

Dopo ben quattro ore di viaggio senza alcuna sosta si ritrovò dinanzi al tempio suggerito dal monaco, quell'idiota di Kakaroth era troppo prevedibile, avrebbero dovuto spostarsi.

Notò lo stallone legato, altra imprudenza.

'Dannazione, che cazzo ha nel cervello quell'imbecille?'

Sbraitò scendendo da cavallo, il suo orgoglio gli impediva di essere felice per averlo ritrovato trasformandolo in rozzi epiteti che dimostravano, ad un occhio attento, il suo affetto nei confronti del guerriero.

Si incamminò all'interno della struttura tenendo dalle redini il suo destriero e portandolo con sé, oltre le porte verniciate in rosso si estendeva un grande giardino con diversi ciliegi e siepi, più avanti una piccola abitazione in legno ed accanto ad essa un santuario dedicato alla dea della natura.

Si sorprese del fatto che nessuno fosse venuto ad accoglierlo e la risposta venne quasi subito, un vecchio seduto su una sedia dormiva profondamente; la barba bianca abbelliva il suo volto segnato dall’età, appoggiato al suo fianco un bastone. 

Alzò gli occhi al cielo tenendo un piccolo sorrisetto per la buffa scena a cui si era ritrovato ad assistere.

Il rumore di un combattimento colse la sua attenzione portandolo ad aprire bene le orecchie.

Che fossero già venuti per prendere Kakaroth? 

Escluso. All'entrata non aveva notato nessuna guardia.

Lasciò lo stallone dirigendosi dietro la casetta in legno, sentì un tonfo e dopo qualche secondo una voce.

Sopraggiunse la pelle d'oca ed un oceano in tempesta, non poteva essere lei. 

Scosse il capo cercando di riprendere contegno, non poteva e non doveva farsi sopraffare dalle emozioni.

'Bulma!' 

Quella che doveva essere una chiamata uscì come un ringhio, paragonabile ad una tigre che dopo tanta fatica era riuscita a catturare la sua preda.

Due passi e mezzo. 

Seduta e sporca della polvere una donna dai lunghi capelli corvini, al suo fianco la maiko piegata, forse, nel tentativo di aiutarla.

Ogni passo che compieva nella loro direzione doleva, poteva sentire l'ira scuoterlo da capo a piedi e le iridi azzurre nel quale senza volerlo osò incappare erano simili a lame.

‘Vegeta… voi...'

Digrignò i denti e senza che neanche potesse accorgersene quei dieci metri di distanza che lo separavano dalla ragazza divennero nulli, lottò, pregò ed urlò a sé stesso di mantenere la calma. 

Si accorse di quanto in quel breve periodo di tempo gli fosse mancata ed ancora stentava a credere di averla ritrovata.

La strattonò dal kimono, quel pezzo d'abito ch'ebbe strappato ancora nella sua armatura.  

'Che diavolo ci fate qui e perché siete scappata!?' 

Lo fissava, il trucco che portava la prima volta in cui la vide non le donava quanto la pelle nuda e pulita del suo viso adesso, le labbra di un colore rosato parevano così appetibili che avrebbe dato qualsiasi cosa per poterle assaggiare un'ultima volta.

'Caspita Vegeta, pensavo che con le donne fossi più rispettoso!

Kakaroth. Alzò il viso nella direzione della voce, sedeva sull'uscio della porta senza indosso la solita armatura in ferro, neanche il mantello, sicuramente abbandonato.

'Oh tu, razza di idiota mi stai cacciando in un mare di guai!'

Lasciò fulmineo la presa dalla ragazza andando dal suo migliore amico, le mani strette in due pugni.

'Non vorrai mica lottare? Sai bene che sono troppo forte.'

Rise tenendo i palmi sulle ginocchia, un leggero sorriso per la felicità, gli era mancato il burbero e vecchio Vegeta.

'Sta zitto babbeo. Hai abbandonato tutto per… per quella?!'

Gridò indicando Chichi ancora seduta, non gli era sfuggito la sua presenza e subito l'aveva collegata alla ragazza che i soldati avevano detto di aver visto, rimase appena disgustato da come fosse vestita.

Gli occhi della sottoscritta si assotigliarono, pronta sulla difensiva il rönin la precedette.

'Potrà anche sembrare un uomo dai capelli troppo lunghi ma di fronte a te hai la principessa cinese Chichi.'

Tra la rabbia della corvina e le sguaiate risate del guerriero i due amanti continuavano a rivolgersi strani sguardi.

'Finiscila Kakaroth, da quando te la fai con il nemico? Se qualcuno lo scoprisse saresti morto, mi correggo, dovresti già stare tre metri sotto terra.'

Preso dal colletto della veste il samurai emise un sospiro per poi spingerlo di lato.

'Sì, se è per questo anche tu.'

Passò le mani tra la nera chioma dando uno sguardo alla maiko, doveva lasciarli chiarire. 

Conosceva Vegeta fin da bambino e tutto quel nervosismo non era dovuto alla situazione ma alla donna che ora, davanti ai tre, teneva la testa bassa.

'Principessa, venite, devo parlarvi di una questione importante.'

Mentì alzandosi, posò la mano sulla schiena del nobile in segno di incoraggiamento e prendendo la ragazza dal polso la allontanò dai due.

'Che avete da dirmi? E vedete che quella battuta potevate anche risparmiarvela.'

Alzò un sopracciglio notando quando fosse indispettita, tanto da sbattere un piede a terra per dar più forza alle sue parole.

'Non ho niente da dirvi, ora fate silenzio e lasciatemi ascoltare.'

'Voi siete matto.'

Nel frattempo il nobile aveva preso il posto del suo amico, teneva le braccia incrociate contro il petto e la testa alta.

'Vado dal monaco Muten.'

Disse ella, Vegeta la fermò sul posto con una semplice frase: 'Rimanete qui.'

Un ordine, di quelli dati con freddezza ai propri soldati per non farli smuovere dal punto di attacco.

Dovete dirmi il perché del vostro comportamento, non voglio scuse. Nessuna!'

Il tono di voce si alzò e l'atmosfera divenne tesa, le dita della turchina tremavano mentre l'ansia si impadrovina del suo corpo fermandola.

'Non urlate, vi sento forte e chiaro. Ma non arrabbiatevi e lasciatemi parlare… voglio dirvi la verità.'

Il coraggio in quella donna non mancava, ruggiva ora spingendola a parlare ed a non tenere a freno la lingua, se ciò che il guerriero le aveva detto fosse vero lui avrebbe capito.

'Parlate, vi ascolto.'

Chiuse gli occhi e prendendo un lungo respiro si avvicinò all'uomo, il tanto dal poterlo guardare negli occhi senza problemi.

'Prima che voi mi conosceste, come ben sapete avevo molti clienti e di questo la mia Geisha era molto felice… tenevo loro compagnia passeggiando per le strade o durante le runioni tra i damyo più importanti. Ma quello di cui la mia Geisha era più soddisfatta era che -'

Il labbro inferiore venne stretto con forza tra gli incisivi, così imbarazzata che le guance si colorarono di un rosso porpora. 

Vegeta si tenne calmo, provava un senso di angoscia solo nell'immaginare la sua donna mano per mano con un altro uomo. 

' era che fossi stata scelta per essere la concubina del prossimo imperatore. La sua amante. Io… vi ho messo in una situazione assurda e me ne rendo conto. Lo capisco io-'

'State zitta.'

L'uomo si alzò sovrastandola con la sua ombra, non sapeva come reagire a quella rivelazione ed essere contro i voleri dell'imperatore non era un bene.

Perché siete scappata? Potevate dirmelo prima invece di mentire. Sono stato in pena per voi, lo capite?!.' 

Nonostante si fosse ripromesso di rimanere calmo la rabbia prese il sopravvento, le grandi mani si posarono sulle braccia della donna, la vicinanza era tale dal poter percepire l'odore della sua candida pelle.

'Mi spiace.'

Sussurrò, le sue iridi azzurre lo incantarono portandolo al silenzio più assoluto, fece la cosa che più riteneva necessaria al momento, la strinse a sè in un abbraccio goffo.

'Cosa… che fate?'

Mormorò strinta contro la sua fredda armatura, gli occhi sgranati, di certo non aspettava una simile reazione.

'Non ditelo a nessuno. Chiaro!?'

Sbottò lui dopo averla allontanata, le rivolse uno sguardo più dolce, in netto contrasto col tono violento appena usato.

Sì… insomma, se lo dite voi.'



'Io non ci sto capendo nulla.'

La corvina interruppe dando un colpo al giovane al suo fianco, era curiosa e non si sarebbe arresa finchè qualcuno, chiunque egli fosse, non le avrebbe detto che cosa stesse accadendo.

'Oh su, hanno fatto pace ovvio no!.'

Una voce fuori dal coro li fece girare, il monaco con il solito bastone nella mano destra sorrideva come una pasqua.

'Anche se devo ammettere, doveva scegliere me, non quel giovincello! È anche basso!.'

Disse il vecchio accarezzandosi la barba, Kakaroth si avvicinò con espressione fanciullesca ed un sorriso da ebete, era la prima volta che la corvina notava un certo comportamento dall'uomo.

'Avete ragione, è proprio basso!.


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Capitolo 10
*** Verità ***


Turles era stato avvertito da Lapis, nonostante i disguidi iniziali decise di fidarsi del ragazzo e raggiungere Vegeta al tempio della dea della natura, nonostante per il vice dagli occhi di ghiaccio quella non fosse una buona idea lo lasciò andare 'Andrò solo per accertarmi che ciò che tu abbia sentito sia la verità.' lo aveva rassicurato, nel frattempo l'altro sarebbe tornato a corte avvertendo l'imperatrice del tradimento dei due samurai.

Erano ore che tra i sentieri sterrati del monte avanzavano con i loro cavalli, al suo fianco Nappa comunicava le parole da scrivere per l’imperatore cinese, dando la notizia che la sua cara figliola fosse morta in guerra e che, con rammarico, condannavano il paese alle sorti dei manciù.

'Radish cazzo è la seconda pergamena che sprechi!'

Aveva urlato il più grande tra i quattro, un energumeno dal capo pelato che su un destriero nero affiancava un giovane di appena trent'anni e dai lunghi e folti capelli.

'Vuoi provare a scrivere tu? Oh giusto, non puoi, analfabeta!'

Aveva urlato a sua volta muovendo il pezzo di carta ormai stropicciato, nella mano destra un pennino e appoggiato tra la criniera dell'animale e la sella, in modo poco stabile, la boccetta dell’inchiostro.

'Propongo di fermarci.' 

Suggerì l'ultimo per ordine di età, Turles ancora non capiva come avesse potuto portarlo con sé, a malapena diciassettenne sapeva poco e nulla sulla vita dei mercenari per conto dell'impero e Tarble era ancora puro, a volte mostrava le sue abilità nel combattere accompagnate da un forte intuito ma nulla di più.

È la soluzione migliore e tu, Radish, vedi di fare attenzione.'

Fermò lo stallone e sospirando fece segno all'uomo di prendere un altro foglio e riprendere a scrivere.

'Bene… Maestà, noi uomini devoti a voi ed al vostro impero dobbiamo rassegnarci ed avvisarvi della morte della vostra seconda genita, la principessa Chichi.'

Nappa guardò Turles cercando approvazione nel continuare a dettare.

È stata da noi trovata sul suolo giapponese, per certo attaccata dall'esercito di Satsuma… non ho idea di come continuare.'

Sbottò poco dopo facendo alzare gli occhi al cielo a Turles, incapaci, un solo aggettivo per quel branco di imbecilli che si portava appresso.

'Scrivi, questo porterà alla caduta della dinastia Ming, ma non temete, gli dei sapranno come punirvi. Ai vostri servigi, Turles.' 

L’inchiostro venne fatto asciugare e la pergamena dopo averla piegata e legata con dello spago venne messa alla zampa destra del falco, che poggiato sulla spalla di Tarble li aveva seguiti per tutto il viaggio, prese il volo e ammirando il rapace preseguire verso la grande Cina diedero addio a quella patria che fino a quel momento li aveva accolti.

'Se pretendesse il corpo… noi dovremmo…'

'No.'

Il più piccolo non disse altro, sapeva l’amicizia che legava la principessa ed il soldato, li aveva visti a corte, nelle brevi visite prima che partisse per qualche spedizione, quanta stima covassero l'uno per l'altro in quei momenti.

Ripartirono nel più assoluto silenzio e dopo qualche ora si trovarono dinanzi alla destinazione, uno dei cavalli dell’esercito giapponese era legato alla staccionata; lo stemma della reale casata sulla sella e la criniera addobbata di trecce rosse e perle.

Sono qui. Avvisiamo Chichi ed andiamo via, Lapis arriverà entro domani, voi non fiatate e statemi dietro.'

Li ammonì scendendo dal cavallo e seguito dagli altri, stava per calare la sera ed un leggero venticello si era alzato facendo svolazzare qualche foglia ingiallita.

'Fate silenzio...'

Mormorò guardandosi intorno, Radish e Nappa non facevano altro che darsi gomitate insultandosi sotto voce.

Si diresse verso quella piccola casa in legno, sperava di trovarla, accertarsi che stesse bene e che non fosse stata scoperta o addirittura uccisa. 

Per quanto cercassero di non fare rumore i loro stivali continuavano a schiacciare foglie secche o rametti.

'Che diamine.'

Digrignò i denti innervosito e cercando di non fare altro baccano abbassò lo sguardo sul terreno.

'Turles, Turles!'

La voce di Tarble gli risuonò nelle orecchie, un misto di preoccupazione ed ansia, non appena abbe alzato la testa la kessaki di una nodachi lo colse di sorpresa.

'Chi siete?'

Le labbra si arcuarono in un sorrisetto, Lapis non aveva torto, se Vegeta era lì significava che anche la principessa sostava in quel luogo.

Non mi riconoscete, nobile? Forse dovrei rinfrescarvi la memoria, quattro dicembre milleseicentoquarantuno battaglia nel kasaī per occupare Nara.'

Lo vide fare un passo indietro, l'arma venne abbassata ed il viso del guerriero divenne pallido, il ricordo di quella battaglia ancora bruciava nel suo contorto animo.

Le labbra divennero esangui, insieme a Kakaroth aveva affrontato l'esercito cinese in una guerra che seppur vinta per lui risultava come persa, davanti ai suoi occhi increduli e velati di lacrime.

Erano riusciti a salvare Ub, un bambino di appena cinque anni, la sua casa era in fiamme ed i suoi genitori non erano riusciti a salvarsi dall'imperversare dell'incendio, avevano sentito il suo pianto e le urla.

Lo avevano preso tra le braccia portandolo via dai corpi martoriati della sua gente uccisa dagli stranieri.

Per due giorni era rimasto al fianco dei samurai, dormendo tra i due e mangiando, Vegeta si era ripromesso che non appena avrebbero battuto i nemici lo avrebbe portato con sé a corte.

Qualcosa andò storto.

Ub, curioso ed ingenuo, in quella mattina del quattro dicembre era uscito dalla tenda, voleva vedere come combattessero i suoi nuovi amici e così li seguì.

Se lo ritrovò al suo fianco d'un tratto, gli tirava la veste e sorrideva, si distrasse e Turles cogliendo l'attimo prese il bambino puntandogli addosso la sua spada.

Non finì nei migliori dei modi.

Per fare un torto a Vegeta e renderlo vulnerabile tagliò con un taglio netto la gola della creatura. I suoi occhi scuri lo guardavano imploranti di aiutarlo e proprio quando decise di reagire, quel gesto, crudele ed inumano, lo fermò, il sangue che impregnava i suoi abiti ed infine il suo corpicino riverso a terra.

Tu, maledetto.'

Riuscì soltanto a pronunciare, prima che potesse rialzare l’arma per avere la sua vendetta la voce di una donna lo tenne fermo.

'Turles! Cosa succede?'

La corvina con al seguito Kakaroth e Bulma si gettò tra le braccia del guerriero contenta di rivedere qualcuno di sua conoscenza.

'Ānjìng de gōngzhǔ, wǒ bùshì yào dài nǐ líkāi de.'

'Tranquilla principessa, non sono qui per portarvi via.'

Il giovane rise tenendola stretta tra le braccia, le sciocchò un bacio sulla fronte ed uno sulla guancia. 

Sotto gli occhi imperterriti del guerriero dai capelli a palma i due continuarono a rivolgersi dimostrazioni di affetto, le mani si strinsero in pugni, morse l'interno della guancia e cercò di concentrare i suoi occhi altrove, che fosse geloso? No, semplicemente infastidito, o almeno, questo diceva a sè stesso.

'Nǐ wèishéme lái zhèlǐ?'

'Come mai siete qui?'

Chiese la ragazza staccandosi dall'abbraccio e spostando la sua attenzione sui tre dietro Turles, dopo un breve inchino Radish prese la parola, aveva sempre avuto un debole per la donna e spesso i modi che volgeva alla sua presenza risultavano strani.

'Wèile quèbǎo nǐ shēntǐ jiànkāng, wǒmen bù xiāngxìn zhèxiē rìběn rén. Tāmen gǎndòngle nǐ ma?'

'Per accertarci che voi stiate bene, non ci fidiamo di questi giapponesi. Vi hanno toccata?'

Ella scosse il capo facendo fare loro un sospiro di sollievo, si girò e indicando Kakaroth lo presentò.

'Tā shì zhěngjiù Kakaroth, wǒ de wǔshì.'

'Lui è il samurai Kakaroth, colui che mi ha salvata.'

Turles rise, non aveva bisogno di presentazioni, conosceva bene l'amico di Vegeta.

'Non preoccupatevi Chichi, conosco quest'uomo.'

Il samurai gli rivolse un'occhiataccia, non aveva dimenticato e non poteva assolutamente dimenticare Ub, come per Vegeta anche lui covava rancore e rabbia per quella battaglia.

'Liú xiàlái ma?'

'Rimanete?'

Nappa scosse il capo ed il generale la prese da un braccio tirandola a sé, il rōnin si prodigò per fermarlo ma l'espressione tranquilla della giovane ed una mano nella sua direzione da parte di Radish lo fece grugnire dal nervoso.

'Sta calmo, Goku.'

Mormorò il 'fratello', quel nome aveva la capacità di calmarlo e lui lo ascoltò, abbassò le spalle e dopo qualche respiro profondo si tranquillizzò.

'Wǒmen bìxū hé tā de gōngzhǔ tán tán, wǒ zhīdào zhè hěn fùzá, dàn qǐng tīng wô shuô, rúguǒ nǐ xiǎng zài zhèlǐ bǎochí ānquán hé jiànkāng.'

'Dobbiamo parlare principessa, so che è complicato ma ascoltemi se volete rimanere qui sana e salva.'

Le sussurrò all'orecchio scostandole una ciocca corvina dal viso, ella annuì pensierosa e prendendolo dal polso lo portò più avanti vicino alla casetta in legno.

'Zhè shì guānyú wǒ fùqīn de, duì ma?'

'Riguarda mio padre, giusto?'

Il tono si incrinò provocando nel suo amico d'infanzia una strana tristezza, inumidì le labbra e posandole le mani sulle piccole spalle prese a parlare.

'Nǐ de fùqīn, chóngzhēn, nǐ zhīdào, tā xiǎng jià gěi Broly nǚhuáng, de ér zǐ bù luó lì... Dànshì nǐ bù zhīdào - '

'Vostro padre, Chongzhen, come sapete voleva rendervi in moglie a Broly, il figlio dell'imperatrice… ma ciò che non sapete-'

Con fare dolce le accarezzò una guancia notando quanto quelle parole di lì a poco stessero per ferirla.

'Yīdàn nǐ zài fǎtíng shàng zhànyǒu yīxízhīdì, rìběn jūntuán jiù huì mài gěi mǎnzú, ràng nǐ de fùqīn dédào kòngzhì, rúguǒ nǐ bù huílái, zhōngguó wángcháo jiù huì dào xià.'

‘È che una volta che avreste preso posto a corte le legioni giapponesi sarebbero state vendute ai Manciù, tengono sotto controllo vostro padre e se voi non tornate la dinastia cinese cadrà.'

Le pozze nere della donna divennero liquide, lacrime salate solcarono le sue guance, nonostante avesse intuito tutto ciò si sentì combattuta, stava condannando il suo paese alla distruzione solo per la sua libertà, quanti morti avrebbe provocato con la sua scelta, quanto dolore stava per portare alla sua gente, voltava loro le spalle e si dava in pasto al nemico.

'Bùyào kū, wǒ nǔlì ràng nǐ de fùqīn xiāngxìn nǐ yǐjīng sǐle, yīqiè dūhuì dédào jiějué, nǐ huì hěn kāixīn.'

‘Non piangete, mi sono prodigato perché vostro padre creda che voi siate morta, tutto si risolverà e voi sarete felice.'

Sussurrò con voce roca, un singhiozzò lasciò l'uomo a bocca aperta, non l'aveva mai vista in quelle condizioni, doveva capirla, non era facile e le sarebbe stato accanto.

'Wǒ shì zìsī de, zìsī de!'

'Sono egoista, egoista!'

Urlò facendo due passi indietro ed allontanandosi da lui.

'Bù, nǐ de fùqīn shìgè guàiwù, tā zhǐ xiǎngzhe jīnqián hé quánlì... Tāshāle nǐ de mǔqīn, hái jìdé ma?’

'No, vostro padre era un mostro, pensava solo ai soldi e al potere… ha ucciso vostra madre, ricordate?'

I palmi della sue piccole mani passarono sulle guance nel tentativo asciugarle.

'Wǒ xǐhuān tā. Xiànzài ràng wǒ yīgèrén dàizhuó.'

'Sono come lui. Lasciatemi sola, adesso.'

Mormorò, tirò su col naso e senza aspettare che le rispondesse entrò dentro la casetta.

Kakaroth sbuffò, ciò ch'ebbe visto lo turbò maggiormente incrementando l'odio nei confronti di Turles.

Si avvicinò al guerriero ignorando Bulma e Vegeta che cercarono di fermarlo nell'andare da lui.

'Che cosa le avete detto?! Maledetto.'

Sbraitò, la mano destra era posata sul fodero della katana pronto a qualsasi evenienza.

'La verità, fossi in voi mi preoccuperei di altro, Lapis è pronto alla vendetta.' 


//Yay!

Ammetto di starla portando per le lunghe tze, ma presto e dico molto presto ci saranno dei colpi di scena!

Ringrazio chi legge, recensisce e mette tra i preferiti/seguiti, aspetto una vostra opinione! 

Ah, sarà strano, ma sto shippando turles e chichi una cosa da matti! 

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Capitolo 11
*** Credo ***


'Che cosa le avete detto?! Maledetto.'

Sbraitò, la mano destra era posata sul fodero della katana pronto a qualsasi evenienza.

'La verità, fossi in voi mi preoccuperei di altro, Lapis è pronto alla vendetta.' 


Lo sguardo del guerriero si incupì, le labbra si strinsero in una linea retta e sul suo viso non si lesse nessuna espressione, rabbia, gelosia, odio, stupore?

'Di che state blaterando.'

Al suo fianco si accostò Vegeta, nel sentire il nome del vice si precipitò da loro, curioso.

'Tra due giorni esatti verrà qui, non ho idea di cosa abbia intenzione di fare, so per certo che a quest'ora avrà avvisato la vostra imperatrice e che al seguito di guardie compirà il suo dovere.'

Apparve un leggero sorrisetto sul viso dell'uomo d'origini giapponesi, la situazione avrebbe messo in pericolo la principessa ed i suoi piani dovevano essere cambiati.

‘Maledizione, e voi, come fate a sapere tutto questo?'

Tuonò la voce di Vegeta, più razionale e pacato dell'amico, sarebbe successo un fini mondo e nel suo animo iniziava a temere per le loro sorti, solo in quel momento si rese conto di come troppo alla leggera avessero preso quelle decisioni.

'Ho le mie risorse.'

Quella frase pronunciata con troppo entusiasmo scatenò l'ira di Kakaroth che all'improvviso si scagliò su Turles, prese tra le mani i lembi della sua veste e strattonandola lo avvicinò al suo viso digrignando i denti, come un cane rabbioso gli ringhiò contro.

'Eravate in combutta con lui, bastardo!'

'Avete ragione, 'Eravate', non siete voi ad interessarmi ma la principessa, e se non vi dispiace entro domani dovremo andar via di qui.' 

Si liberò con tranquillità sistemandosi poi con un fugace gesto e portando le mani tra i capelli corvini riprese a parlare.

'Statemi a sentire, rōnin, vi conviene sparire da qui se non volete ritrovarvi con il corpo trapassato da una lama della vostra stessa mano.'

Per quanto non sopportasse quei due non poteva evitare di dir loro ciò a cui stavano andando incontro, forse, nel luogo più profondo del suo cuore cercava solo di espiare le sue colpe e levare dalle sue mani il sangue di persone innocenti.

Ma sapeva, ciò non sarebbe servito a molto e le sue crudeltà un giorno gli sarebbero state pagate a caro prezzo.

'Lapis non potrebbe mai tradirci…'

Soffocò Kakaroth tra le labbra, bruciava quella verità tormentandolo dentro. 

No, era quasi impossibile per lui.

‘Mentite!'

Gli urlò furibondo, facendo girare così gli altri che dopo qualche breve parola scambiata con la Maiko in un giapponese stretto vennero colti dalle grida.

'Ci sono troppe cose in gioco.'

Sussurrò egli, sistemò quei ribelli ciuffi e subito dopo si avviò dentro la casetta.

'Fermatevi, Chichi…lasciatela a me.'

Lesse negli occhi onice del guerriero la disperazione, non tanto per la sua vita ma per i valori che attimo dopo attimo crollavano lasciando spazio ad una piccola luce, sorgeva dalle macerie e rispledeva, stima e speranza per la fanciulla cinese di stirpe reale. 

Silenzio, non disse nulla solcando la soglia della casetta ed entrando all'interno.

_____________________


Seduti tra le secche foglie di un albero la turchina ed il nobile evitavano di guardarsi.

Bulma aveva intuito il pericolo, non era stupida e nemmeno sorda, aveva ascoltato i due samurai riflettere su ciò che c'era da fare e su un punto solo furono d'accordo; dividersi.

L'idea del dover lasciare la sua nuova amica la addolorova, capiva in ogni caso che così facendo avrebbero avuto più tempo per poter andar via, già immaginava di trovarsi su qualche isolotto nell'estremo sud del giappone, lì dove il potere del sovrano era più difficile da gestire.

'Dicono che la Corea non sia male, vi piacerebbe andarci un giorno?'

Chiese, la voce melodiosa e dolce della giovane lo scossero dai pensieri orribili che vagavano nella sua mente, disonore, solo quello poteva attribuire al suo nome e soprattutto alla sua famiglia.

'Di che diavolo farneticate donna.'

Sprezzò acido, si sistemò meglio appoggiando la schiena sul tronco del ciliegio, le braccia incrociate sul petto non coperto dall'armatura.

'Mi porterete con voi e la Corea sembra un buon posto!.'

Lo vide accigliarsi, quel viso bruto e apatico, in quel breve arco di tempo però lo aveva imparato a conoscere con tutte le sue sfumature.

'No, è pericoloso e non ho intenzione di portarvi da nessuna parte, per quanto mi riguarda per tutti i guai che mi state procurando potreste anche rimanere qui da questo vecchiaccio.'

Sapeva, cercava di metterla al sicuro, anche in quel modo che di gentile aveva poco e niente.

'Lo avevate promesso ed i veri uomini mantengono sempre le promesse date.'

Lo copiò portando le braccia sul prosperoso seno, la testa alta ed un pizzico di presunzione nella voce.

'Siete anche una rompicoglioni, motivo in più per mollarvi da qualche parte.'

Fece una smorfia e chiudendo gli occhi si beò di quel breve attimo di pace tra la natura, il clima era mite ma presto sarebbe arrivato l'inverno e con lui la neve. 

'Sì, la Corea non è male, andremo lì, oppure Kyūshū!'

'Dove volete ma state zitta o mi toccherà tapparvi la bocca!'

______________________

Kakaroth era indeciso, non aveva idea di cosa fare e dove andare, il tempio non era più un luogo sicuro e dovevano sparire in fretta.

Chichi non si fece viva per tutto il giorno, pretendeva solo la presenza della Maiko e di Turles e ciò iniziava ad innervosirlo; la sera, quando finalmente la maggior parte di quei guerrieri era fuori per prendere provviste fece capolino nella stanza, una candela posta su un tavolino in legno accanto alla figura seduta della donna le illuminava il viso oramai asciutto dalle lacrime.

'Pensavo che foste una ragazza forte, evidentemente mi sbagliavo.'

Il tono ironico usato le fece alzare il capo nella sua direzione, lo scrutò con occhi vuoti e con un sorriso sghembo gli rispose.

'Lo sono, non dubitatene.'

Si avvicinò con cautela, i suoi passi non erano udibili e nel buio si poteva percepire solo lo spostamento d'aria, si chinò al suo fianco sedendosi allo stesso modo; ginocchia al petto e schiena rivolta alla parete.

La osservò per qualche istante per poi avvicinare una mano ai suoi capelli corvini ed accarezzarli con lentezza, si inebriò del suo dolce profumo.

'Quel Turles, mi innervosisce, siete troppo pura per uno come lui.'

Le sussurrò, avvicinò il viso a quello della principessa appoggiando le labbra sulla sua candida guancia.

'Cosa intendete? Come lui anche io ho ucciso.'

Mormorò, quella vicinanza iniziò ad accaldarla, il cuore palpitò con più forza ed il sangue nelle vene ribollì.

‘Provate attrazione per lui?' 

Senza troppi giri di parole le domandò lasciandole poi un lieve bacio, interdetta ella si girò dalla sua parte ritrovandosi a qualche millimetro dal suo viso.

'No. Non potrei mai…'

Biascicò tenendo gli occhi incatenati tra i carboni ardenti delle sue iridi.

'E per me?'

Avvicinò una mano al suo corpo posandola con delicatezza sul suo fianco, i loro respiri si fusero in un unico solo e la passione pian piano si fece spazio tra i due.

'Non vi darò la soddisfazione di saperlo.'

'Lo prenderò per un sì.' 

Si avventò su di lei in un bacio profondo togliendole il fiato dai polmoni e prendendola alla sprovvista, la fece stendere sul pavimento sovrastandola con il suo peso, non aveva mai reagito in quel modo con una donna, non aveva mai sentito il dovere di possederne una e di far capire ad altri uomini che fosse solo sua.

No, non aveva mai trovato sentimenti di quel genere ed il profondo piacere in un solo bacio.

La candela si spense.

La tenne stretta a sé facendo vagare la mano che teneva sul fianco sotto la veste, accarezzò la sua coscia salendo poi fino al ventre piatto, la sentì rabbrivire e si compiacque, proseguì fino al seno, piccolo e sodo, lo strinse appena facendole soffocare un gemito nel bacio.

Le piccole mani della fanciulla si infilarono tra i suoi capelli iniziando a giocare con le sue ciocche, le palpebre di entrambi erano chiuse.

Si staccò dalle sue labbra gonfie e rosse scendendo lungo il suo niveo collo, aveva sempre pensato fosse bellissima e dopo tanto poteva saggiare del suo sapore. Lasciò languidi baci continuando a stringere il suo seno, in un gesto spontaneo ella schiuse le gambe lasciando che si posizionasse meglio.

Ritornò al suo viso riaprendo gli occhi ed osservandola, con la mano libera slegò la cintura dei suoi pantaloni abbassandoli appena, allo stesso modo quelli della principessa si aprirono.

Lo volevano entrambi, era inutile aspettare e corrodersi in quel modo, era il momento giusto.

La tirò sul suo bacino facendole scappare una lieve risata, sorrise notando quanto le sue guance fossero rosse dall'imbarazzo.

Abbassò con grazia l'indumento che copriva la sua intimità, quasi si sentì morire dalla matta voglia di essere dentro di lei, morse il labbro inferiore e dopo aver nuovamente sfiorato i petali di fiore delle sue labbra si fece spazio tra le sue cosce.

La vide fare una smorfia dal dolore ed il petto gli esplose dalla gioia, era il primo a cui si concedesse.

Si sporse in avanti entrando completamente, ella schiuse la bocca che avidamente il guerriero prese a baciare e dopo un attimo di esitazione prese a muoversi con spinte leggere che con lentezza divennero più intense e veloci, si abbandonarono ai piaceri della carne cogliendo ogni respiro del compagno, ogni gemito come fosse acqua in un arido deserto, ogni tocco conservandolo dentro di sé ed ogni bacio marchiandolo a fuoco nell'anima.

Morì tra le sue gambe in un sussurro.

'Credo di amarvi.'

Prima di crollare sul grembo della giovane sudato e con un tiepido sorriso, la tenne stretta beandosi del suo calore, del suo petto che continuò ad abbassarsi e rialzarsi ritmicamente tornando poi regolare.

'Lo credo anche io.'


//Yay!

Ammetto di averci provato gusto a scrivere questo capitolo, seppur breve, il fatto è che mancano pochi capitoli e la storia sarà conclusa, non lanciatemi pietre per l'amor dei kami, saranno abbastanza violenti e vi avviso già da adesso di preparare i fazzolettini! 

Aspetto come sempre qualche recensione e vi ringrazio per chi legge, mette tra i preferiti/seguiti! 

-Daph


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Capitolo 12
*** Divisione ***


Il mattino seguente, al sorgere del sole, i guerrieri si ritrovarono nel grande giardino del tempio.

I tiepidi raggi illuminavano i visi stanchi per la notte inquieta che avevano passato accanto ad un focolare raccontando storie di guerra e chiedendo consiglio sulle città dove avrebbero potuto vivere in tranquillità.

La ragazza dai capelli turchini stringeva con forza la mano della principessa, sorrideva e le augurava tutte le fortune che il mondo potesse donarle. 

La osservava con lacrime di commozione che rigavano le sue guance, il destino aveva voluto che si incontrassero e che legassero quella profonda amicizia, si sarebbero tenute in contatto con delle lettere e magari un giorno si sarebbero incontrate di nuovo.

'Non piangete.– rise leggermente la donna togliendole dal viso, come il loro primo incontro, alcune ciocche dei suoi crini. – Avete degli occhi stupendi, non dimenticatelo.' 

Ella annuì stringendola poi in un forte abbraccio.

D'altra parte i due rōnin erano poggiati al tronco del ciliegio oramai spoglio, il vento aveva portato via tutte le foglie lasciandolo vuoto. Tenevano lo sguardo basso, riflettevano e scambiavano pensieri e buone parole che per orgoglio non avrebbero mai detto.

Avevano affrontato di petto ogni battaglia sapendo che uno di loro sarebbe potuto morire in qualunque momento, ora peró era diverso, non erano altri a decidere di separarli ma loro stessi.

'Perciò andrete in Corea o nel Kyūshū? Sapete, la vostra donna ha la lingua lunga.'

Disse il più giovane soffocando una risata, vide il nobile scuotere il capo e sollevare le labbra nell’accenno di un sorriso.

'Non ho intenzione di andare in Corea, mi costerebbe un capitale e sia chiaro, non è la mia donna… quella sottospecie di chiaccherona non è nulla per me!'

Sbottò alzando le braccia per dar peso alle sue parole, ma si leggeva il contrario nei suoi occhi, la amava ed il fatto che la stesse portando con sé per ricominciare una nuova vita ne era la prova. 

'Ad ogni modo, è stato un piacere servirvi. Ai vostri ordini come sempre. Vegeta!'

Kakaroth si inchinò in onore dei vecchi tempi, degli anni che fianco a fianco avevano vissuto e del peso dell’obbligo da samurai che insieme avevano tolto dalle loro spalle.  

'Finiscila idiota, non serve.'

Sospirò alzando gli occhi al cielo e facendo un passo in avanti diede una pacca sulla spalla dell'ex generale.

Si avvicinò al suo orecchio tenendolo poi stretto dal collo della veste bianca che portava.

'Non innamoratevi troppo o perderete il senno.'

In risposta il fratello lo guardò con occhi lucidi ricambiando il tenero sorriso che gli aveva rivolto.

'Vale anche per voi…'

Raggiunsero gli altri ed una volta essersi salutati partirono.

Il nobile e la maiko sul nero destriero si diressero verso sud, sarebbe stato un lungo viaggio ma presto sarebbero stati felici, Bulma sperava in una vita agiata lontano dalle case del thè che tanto le ricordavano i momenti tristi della sua infanzia, il desiderio di libertà si librava nei loro cuori sopraffando il senso di tristezza per quella struggente divisione. Vegeta sperava solo di lasciarsi alle spalle il tradimento di quello che considerava un amico e di poter togliere un giorno il senso di impurità per aver disonorato la sua famiglia in quel modo.

Nappa, Radish e Tarble si divisero; il più grande sperava di far fortuna in qualche modo per poi sprecare tutti i suoi averi nei soliti vizi: donne, gioco ed alcool. Radish avrebbe trovato moglie in uno dei luoghi vicini ma non avrebbe abbandonato l'arte della spada. Per quanto riguardava Tarble, il piccolo e docile mercenario, avrebbe viaggiato per il paese, si diresse a nord lungo i sentieri rocciosi delle montagne.

'Bene, vecchio promettete di non dire nulla a Lapis, intesi?'

Il monaco annuì con uno sbuffo, sarebbe stato una tomba, tutto quello solo per aiutare le due belle fanciulle che aveva avuto occasione di ospitare.

'Ma sì sì certo, ogni cosa per questa meraviglia!'

Disse prendendo la mano della principessa e lasciando un bacio sul dorso che ella poco gradì.

'Vi ringrazio ma eviterei.'

Sbottò facendo due passi indietro e salendo sul cavallo, tenne con cura la katana sul fianco destro ed una volta che anche Kakaroth fu salito si diressero, in compagnia di Turles che non intendeva abbandonarla, ad Est.

'Fate attenzione!'

Urlò il vecchio muovendo la mano in segno di saluto.

_______________

La pergamena che teneva tra le mani si stropicciò, venne buttata sul pavimento di marmo pregiato con un impeto di rabbia che non presagiva nulla di buono.

'Zěnme kěnéng huì bèi shā sǐ, gāisǐ de!'

'Come ha potuto farsi uccidere quella maledetta!'

Gridò l’uomo facendo sussultare i suoi sottoposti, il quale osservandolo temevano per la sua reazione nell'apprendere la notizia che a breve gli avrebbero dato.

'Wēiyán…'

'Maestà…'

Sussurrò uno dei più temerari ricevendo in risposta un'occhiata rude e fulminea, quegli occhi neri come carboni ardenti lo fissavano incutendo terrore.

'Wēiyán... Mǎnzú rén yào qǐsù bìng fāshì, rúguǒ tāmen méiyǒu tāmen xiǎng yào de dōngxī, tāmen fāshì yào shā sǐ nǐ bìng fénshāo shǒudū.'

'Maestà… i Manciù stanno per arrivare a corte e giurano, giurano di uccidervi e di bruciare la capitale se non avranno ciò che vogliono.'

Tremava, le dita si muovevano in continui fremiti, sarebbero stati uccisi tutti, uno per uno, le loro case sarebbero andate in fiamme e le donne vendute come schiave.

Il viso dell'imperatore si illuminò, picchiettò le sue nokote sul trono e con un sorriso sghembo quasi inquietante si alzò in piedi lasciando cadere il lungo strascico del suo abito in seta.

'Tāmen yǒngyuǎn bù huì yǒngyǒu wǒ.'

'Non mi avranno mai.'

Ciò che ne venne cambiò le sorti della Cina in uno dei più tragici destini che essa avesse mai visto. Chongzhen si rivelò per l'essere che era, quell'autunno del venticinque ottobre del milleseicentoquarantaquattro egli lasciò il suo paese tra le mani dei nemici impiccandosi nella sala reale.

In tre giorni i cinesi combatterono, non riuscendo comunque a fermare i Manciù lungo la grande muraglia. La capitale, Jingshan venne rasa al suolo e la dinastia Ming crollò dando vita a quella dei Quing, la quale figlia del nuovo imperatore venne data in sposa a quello del Giappone creando in questo modo una nuova alleanza. 

Mentre l'imperatore decideva di porre fine alla sua vita un'altra stava per essere spezzata nel paese del Sol Levante; Lapis si ritrovò all'entrata del tempio, pioveva ed i loro abiti di corte erano fradici, al suo seguito cinque guardie armate fino ai denti.

Convinti di trovare Kakaroth e Vegeta entrarono con irruenza nella casetta in legno, ciò che trovarono fu solo un monaco intento ad accendere una candela.

'Cosa… cazzo! Tu, vecchio, parla dove sono andati!'

Urlò avvicinandosi a grandi passi alla figura dell'uomo, lo prese dal collo sollevandolo da terra. I capelli legati in una coda cadevano umidi sul suo viso, gli occhi di ghiaccio risplendevano alla luce della tiepida fiammella.

'Io n-non… l-lasc -emise un gemito di dolore sgranando gli occhi, l’ossigeno non arrivava ai polmoni e le sue gracili mani premevano sul braccio del samurai nel tentativo di fargli lasciare la presa- vi… vi prego.'

Lo lasciò cadere puntandogli una delle spade dei soldati sul petto.

'Parlate! Dove sono nascosti!' 

Il monaco rabbrividì, non voleva morire ma neanche rivelare dove fossero diretti quei tre.

'Buon uomo, r-ragionate, vi prego…' 

Sussurrò appena sollevando il viso ed incatenando le iridi in quelle del ragazzo.

'Sarò clemente e ripeterò -un tuono spaccò il cielo e un lampo illuminò l'interno della casetta. – dove sono andati!?'

Quel viso angelico e tremendamente perfetto, un vento gelido sibilò entrando dalla porta smuovendo la sottoveste nera coperta da un'armatura in ferro.

Lacrime colarono dagli occhi scuri del vecchio, le mani chiuse in preghiera chiedevano perdono alla dea per non averla venerata come meritava.

'Non dirò una singola parola.'

Lapis ringhiò dal nervoso e con uno scattò penetrò la sua carne con la lama sporcandola di sangue, crollò in avanti di peso sbattendo il capo sulle assi, in breve tempo una pozza vermiglia si sparse sul pavimento.

'Bastardo, uscite! Dobbiamo trovarli!'

Urlò facendo un lieve ghigno ed affacciandosi al piccolo tavolino in legno, una pergamena tenuta ferma da un lato dalla boccetta dell'inchiostro, la scrittura era illegibile ma due nomi colsero la sua attenzione; Kakaroth e Turles.

// Yay!

Mancano circa due capitoli e spero di farcela e di non farmi prendere troppo dalla pigrizia! Premetto che la storia della morte di Chongzhen non è proprio esatta; morì il 25 aprile del 1644 impiccandosi sulle colline della capitale dopo aver ucciso la figlia, insomma, non a corte e non a fine ottobre.

Mi dispiace per genio ma doveva schiattare qualcuno in ogni caso! 

-Daph

  



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Capitolo 13
*** The Divine Katana ***


Poggiata sul tavolo in legno della cucina una pergamena rilegata in lacci di cuoio veniva osservata con curiosità da Kakaroth, due iniziali dall'inchiostro rosso erano incise sul lato destro 'S.V.'.

Vegeta aveva scritto ancora, il tarlo di Lapis nonostante fossero trascorsi ben quattro anni ancora si faceva vivido nella loro mente, li ossessionava rendendo difficile concentrarsi su altro.

La prese slegandola con cura ed iniziando a leggerne il contenuto, la scrittura elegante con ideogrammi rotondi e spazi giusti ricordava la sua nobile provenienza:

'Kakaroth, 

Non ho idea se questa lettera verrà letta da quella impicciona della vostra donna o da voi. 

La vostra lettera è arrivata qualche giorno fa e schiettamente e senza troppi giri di parole vi avviso che il mio primogenito è nato, come speravo è un maschio, lo addestrerò in modo che diventi un guerriero forte e valoroso come il padre.

Non credevo potesse essere così difficile diventare un genitore ma farò del mio meglio affinchè diventi più forte di vostro figlio Gohan.

Come sempre nessuna notizia riguardo a Lapis.

Avvisate vostra moglie che Bulma la saluta e ringrazia dei suoi consigli, cose da femmine che a me poco importano.

Auguro che un giorno Trunks e Gohan possano incontrarsi e magari, se i kami lo vorranno, combattere fianco a fianco.

Saluti, Vegeta Satsuma. '

Il guerriero sorrise e ripiegando la pergamena la ripose in uno dei cassetti della cucina tra posate e tovaglie. 

Quattro anni, quattro anni in cui la tranquillità era regnata sovrana nella regione del Miyagi ed in cui ora assieme a Chichi ed il loro figlio Gohan vivevano il passare dei giorni tra insegnamenti e lavoro nei campi. 

Accenevano poco di ciò che successe prima del loro arrivo: dopo aver saputo della morte del monaco e della fine del grande impero cinese i tre si erano ritrovati a dover cambiar rotta e spostarsi verso nord-est, il suicidio del padre non aveva scalfito la grande forza della principessa ma ancora incubi la tormentavano tra le lenzuola; ricordi di una vita passata, rinnegata e disprezzata. 

Turles non aveva abbandato Chichi alla sua sorte rimanendo con loro e vivendo nel villaggio diventando parte fondamentale di quella famiglia unita ed all’apparenza felice.

'Padre! Padre nevica!'

Sentì il figlio chiamarlo, la sua voce acuta ed allegra lo riscosse dai suoi pensieri.

'Lo vedo… vai da Kakashi e dì di portare della legna per questa sera!'

Disse uscendo dalla piccola stanza ed andando verso la figura del bambino, piccolo e coperto da un kimono rosso e dorato dalle grandi maniche, un grazioso cappellino dai medesimi colori tra le paffute mani e gli stessi occhi furbi della madre. 

La sua vivacità portava felicità facendo dimenticare a chiunque i problemi della fatidica vita, amava i vecchi racconti sugli dei e cavalieri, sui gesti eroici compiuti dal suo papà in battaglia e di come egli e Vegeta avessero conosciuto le loro amate mogli cambiando totalmente il corso degli eventi.

'Padre, dopo giocheremo con la neve?'

Chiese innocentemente, egli annuì e dopo una leggera carezza tra i capelli corvini lo lasciò andare ad avvisare il falegname.

Sospirò guardandolo sgambettare tra i primi fiocchi del 21 dicembre.

Gohan correva passando tra le gente della piccola stradina del villaggio sotto il potere del Clan Kamizuko, troppo entusiasta per la neve sbattè contro un uomo dai lunghi capelli scuri raccolti in una bassa coda.

Cadde a terra sporcando la bella veste cucita con cura dalla madre, alzò il viso incrociando i grandi occhi ghiaccio dello sconosciuto.

'Scusate signore…'

Mormorò il bambino, ammirò in seguito la lucente armatura e dopo essersi rialzato riporse le sue scuse.

Lo straniero non rispose e proseguì per la sua strada, un bell'arco era posato sulle sue possenti spalle.

La principessa lucidava la Masamune seduta sul porticato con un kimono viola dai ricami argentati, la lunga chioma lasciata libera sulla schiena ed un brutto presentimento che continuava ad oppressarla, sentiva che quel giorno quella katana divina che da tempo teneva conservata sarebbe stata usata e per quanto si ostinasse a non pensarci percepiva il cuore stringersi in una morsa sempre più forte.

Il marito sostava alle sue spalle, a piedi nudi sulle assi in legno, guardava la strada e quel tempo gelido.

Gli occhi di un uomo e di una oramai donna.

Sapevano che quel giorno sarebbe giunto, presto o tardi, lo avrebbero affrontato pagandone anche la dolce morte se fosse servito.

Lapis arrivò, fermo davanti a loro dopo aver attraversato il piccolo giardino che divideva la casa dalla strada.

Era cresciuto; un fisico slanciato ed il viso non più fanciullesco.

'Siete venuto alla fine, vi aspettavo…'

Sicuro di sé Kakaroth parlò provocando nel traditore una risata, chissà covata da quanto.

'Ne sono sicuro, pronto a pagare il vostro debito?'

La spada venne sguainata, il rōnin recuperò la sua katana, lasciata sempre accanto alla porta in caso di pericolo e ricordando le azioni di quando fu un samurai prese a combattere contro Lapis.

Era solo, avrebbe potuto farcela, la tecnica del più piccolo non era delle migliori e lui lo superava di gran lunga.

I metalli stridevano, i passi sulla neve erano silenti. Lapis non era stupido ed alle sue spalle quattro soldati fecero la sua entrata.

'Non è leale, non è ciò che vi ho insegnato! Cosa volete, ditemi!?'

Sbraitò, si sentì braccato.

Le lame dei guerrieri lo circondarono e le urla di Chichi alimentavano soltanto la furiosa vendetta dell'arciere.

'Cosa voglio?! Avete disonorato la mia stirpe, mia sorella, con il vostro gesto, infangato e sputato sul bushido. Di Vegeta poco mi importa, ma voi, maledetto.'

Era odio. Veleno buttato dalla lingua della serpe e mentre la moglie si buttava in suo aiuto brandendo la Masamune Lapis non fu clemente per quella disattenzione.

Kakaroth rivolse un ultimo sguardo alla sua Amaterasu tenuta ferma dalle forte presa di una delle guardie, la stringevano con forza impedendo che corresse in suo aiuto.

La neve venne imbrattata dal caldo sangue e la katana di Bardack cadde dalle sue mani senza far rumore.

Si piegò sulle ginocchia, sputò macchiando le tenere labbra, lasciò fremiti percorrere il suo corpo.

Il profondo taglio al petto e le iridi ancora fisse all'unica che avesse mai amato, riuscì a pronunciare il nome del figlio, una supplica trasportata via dal vento.

Il manto candido accolse il guerriero tra le sue braccia, un urlo carico di dolore si alzò al cielo e quando venne scaraventata sulla figura esanime del marito un pianto disperato si fece largo tra il silenzio, lacrime erano versate sulle sue pallide guance ed in preda al dolore ed al luccichio della katana divina ancora serrata nella sua mano destra la dea dai neri crini prese la sua decisione.

'Vi starò accanto, vi devo tutto mio guerriero.'

Rispose a quella richiesta di quattro anni prima, quando quel dardo colpì la sua spalla e si prese cura di lui.

Non lo avrebbe abbandonato ma seguito, nella follia del momento ed in quell'amore che andava contro ogni obbligo.

Libero.

'Perdonami Gohan, ti amerò fino alla fine dei tempi.'

I soldati rimasero ad osservarla, lo stesso Lapis non mosse un dito per fermare quell'assurda fine.

Le dita tremanti sull'impugnatura, socchiuse gli occhi lasciando che la katana perforasse da parte a parte il suo stomaco squarciando la veste e la carne, cadde distesa su un fianco mentre la sofferenza svaniva in una tenue luce.

Accidentalmente la mano finì sul viso dell'uomo come in un'ultima carezza.

Gohan arrivò troppo tardi, ritrovò i suoi genitori a fissarsi con occhi vitrei tra le neve rossa; ancora una volta quella divina arma bianca aveva portato disgrazie e Bishamonten ne fu soddisfatto.

20 Anni Dopo

'Sapete, la figlia dell'imperatore se la cava bene nel combattimento.'

Il ragazzo scosse il capo, si chiedeva come potesse una femmina essere abile in quel genere di cose. Portò le mani dietro la schiena percorrendo con un giovane dai curiosi capelli lilla le stradine dei giardini di corte.

'E voi avete un accento del sud a dir poco orribile.'

L'altro rise sistemando con un gesto veloce l'armatura in ferro, guardò in avanti osservando la suddetta principessa dalle iridi come zaffiri seduta sotto un salice a conversare con una delle dame di corte; Mai, figlia di una famosa geisha, risultava ai suoi occhi come una delle più belle creature che avesse mai visto.

'Calmate i bollenti spiriti, non vorrà mai un samurai dai capelli viola!'

Il più grande lo spinse da un lato con una leggera gomitata, dopo aver placato le risate Gohan riprese a parlare:

Come stanno vostra madre e vostro padre?'  

Puntò lo sguardo sul sentiero pieno di ghiaia, l'horo rosso scendeva delicato fino a terra, come il padre e sotto consiglio dello zio Turles si era fatto avanti entrando nell'esercito giapponese e divenendone generale. 

'Conoscete il carattere di mio padre, non avrebbe voluto che vi seguissi… non ho potuto farne a meno, ma al contrario suo io non ho intenzione di disubbidire al bushido.'

Il tono del ragazzo si abbassò cercando di evitare sguardi indiscreti.

Era tornato dopo quindici anni alla corte del padre, non aveva rinnegato le sue nobili origini e seppur mentendo, raccontando che Vegeta fosse oramai morto, era riuscito ad entrare come samurai rimanendo sotto l'ala vigile di Gohan, amico fidato e maestro.

'Vi ha rinnegato?' 

Egli alzò gli occhi limpidi alle nuvole lasciando che i suoi lunghi capelli glicine scendessero lungo l'incavatura dell'armatura.

'Sono io a doverlo rinnegare non lui, possa dire ciò che vuole giuro che sarò quello che non è riuscito a diventare.'

Il ragazzo dai capelli scuri sospirò ed accarezzando il fodero con dentro la katana divina, ultimo ricordo della madre, sussurrò un impercettibile ‘Ed io giuro di far vendetta.'

//Yay!

È finita finalmente, in modo brusco ma è finita. Ammetto che doveva essere più corta, l'idea di far morire i protagonisti l'ho avuta fin dall'inizio e non potevo per nessun motivo mettere un finale felice come per Bulma e Vegeta. Ho voluto fare dei riferimenti alla mitologia giapponese, come sempre, solstizio d'inverno equivale all'uscita dalla caverna della dea del sole Amaterasu (naruto ispira), per Kakaroth lei è sempre stata simile ad una divinità fin dall’inizio e lo stesso alla fine. Oltre al mito ho scelto un mese invernale perché è lo stesso periodo della morte dei genitori di goku, basti guardare che il modo di morire è stato del tutto simile. 

Insomma, la katana porta solo disgrazie ed è passata nelle mani di Gohan, divenuto generale e maestro del figlio di Vegeta.

Trunks innamorato di Mai che… ricordate la geisha dai capelli neri nel primo capitolo? Beh, è proprio figlia sua.  

Gohan giura di far vendetta e magari, semmai mi verrà in mente di continuare porterò avanti la storia della katana divina!

Ringrazio chiunque abbia messo tra le preferite/seguite e recensito!

Tra cui le seguite:

- Debsss 

- Midnight_1205 

- pami93 

- Sapphir Dream 

- Solaire_28

Tra le preferite:

- Midnight_1205 

- Moby9090 

- namy86 

- SonZulli98

Tra le recensioni, ringrazio:

- Debsss

- Bulmeta

- BlackInkVelvet

- Solair_28

- Quarzoametista

- Elgul1

- Mari Lace

Non lanciatemi pietre!

-Daph




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