Portland Become Human

di Theredcrest
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Richard. Initializing. ***
Capitolo 2: *** Homicide ***
Capitolo 3: *** Identity ***
Capitolo 4: *** Human Being ***
Capitolo 5: *** Starting Point ***



Capitolo 1
*** Richard. Initializing. ***


Inizializzazione sistema.

Analisi in corso...

Controllo stato sistemi.

Caricamento memoria interna...

Inizializzazione avvio...

Avvio confermato.

Procedura completata.

Modello 900DH. Stato: attivo e in attesa di ordini.

 

Aprì gli occhi, come prima cosa. I sistemi interni stavano ancora analizzando i contenuti scaricati dall'Azienda, con l'ultimo aggiornamento risalente alla sera prima. Si guardò attorno, vedendo che per ora era fuori dal centro di confezionamento, in piedi in perfetto equilibrio in uno stanzino con un piccolo specchio. Analizzò i dati di configurazione e nel frattempo si preparò a riconoscere i tratti distintivi che l'Azienda aveva deciso per lui. Guardò i vestiti.

Erano eleganti, allo stesso tempo privi di impedimenti, formali, adatti al lavoro. Un completo in camicia nera, pantaloni neri di cotone spesso e giacca bianca con elementi neri sulle spalle e sui polsi. Il colletto bianco rigido, con l'interno scuro, toccava appena il suo volto e accentuava quella che avrebbe dovuto esserne la forma senza impedirgli di muovere il capo in ogni direzione. Ai piedi, notò, portava robusti stivali antiscivolo perfettamente conformati, la cui grandezza era stata dettata dalla statura e dal peso decisi per lui. C'era anche un codice a barre sulla giacca, col suo numero distintivo e la sigla del suo modello. 900DH, "Deviant Hunter", cacciatore di fuorvianti. La memorià finì di caricare nel sistema e finalmente ricordò anche come l'avevano chiamato: Richard. Un nome semplice e chiaro.

Richard decise di muoversi verso lo specchio, per guardare come fosse fatto. Il fisico asciutto ma tonico lo seguì e sentì i muscoli in fibra di carbonio guizzare sotto la pelle sintetica mentre si dirigeva lì, davanti al riflesso. Era una macchina perfetta per correre agilmente, stanare e inseguire gli obbiettivi, ma allo stesso tempo disponeva di resistenza e forza per poter afferrare e bloccare completamente un suo simile, perfino per spaccare in poche mosse le ossa ad un umano se gliel'avessero ordinato, o sollevarlo con facilità per portarlo in salvo. Tutto questo non era evidente, grazie all'aspetto gradevole che gli avevano dato.

Osservò le mani, dalle dita lunghe e abili, muovendo ogni falange con perfetta puntualità tra recezione del comando e gesto. Si osservò il volto, sbarbato, ovale, con gli zigomi appena accentuati e delle fossette accennate ai lati della mandibola. Il naso, perfettamente dritto, finiva con delle sopracciglia arcuate, non troppo fini per ricordare agli umani che il sesso deciso per lui era quello maschile, ma non troppo folte per facilitare i cambiamenti d'espressione che caratterizzavano il suo particolare programma.

Mosse la bocca e scoprì i denti dalle labbra, l'arco superiore sottile e l'inferiore più carnoso. Erano perfettamente allineati e disposti, in modo che potesse mangiare e quindi masticare gli alimenti appositamente creati per gli androidi e che alimentavano il suo sistema, nel quale circolava la Linfa che portava nutrimento ai componenti. Essendo un modello avanzato, al suo palato erano stati aggiunti tutta una serie di analizzatori per qualsiasi tipo di solido e liquido, che ne avrebbero memorizzato percentuali e composizione, in modo da dargli indicazioni precise. Sangue, frammenti di pelle, capelli, polvere e altro: avrebbe potuto ingoiare qualsiasi prova senza inquinarla, dal momento che non era dotato di saliva, per poi impacchettarla secondo le indicazioni o distribuirla sui vetrini predisposti.

Un metodo forse disgustoso per l'umano in generale, in quanto chi li aveva creati li aveva resi convenientemente simili nell'atto di ingerire nutrimenti - ma d'altronde l'Azienda aveva pensato alla praticità e non esattamente a quanto fosse piacevole per l'uomo di turno guardarlo eseguire i suoi compiti.

Tirò indietro i capelli neri tagliati corti, con l'attaccatura della fronte né troppo alta né troppo bassa. Le orecchie erano allineate e non sporgevano; inoltre i canali uditivi erano collegati a strumenti di amplificazione, riconoscimento e registrazione. Appena dietro il sinistro trovò di nuovo il suo codice a barre e il numero di riconoscimento del modello, in una posizione discreta ma controllabile così che ogni umano potesse riconoscerlo come androide.

Tossì, scoprendo che il tono della sua voce era maschile ma senza suonare intimidatorio o impositivo, in modo potesse diventarlo o condurre conversazioni più tradizionali e piacevoli e relazionarsi, eventualmente, con il resto del mondo. Sotto le sopracciglia brillavano dei chiari occhi verdi, di una tonalità perfettamente bilanciata di verde acqua, telecamere che analizzavano in tempo reale ogni dettaglio. Infine la sua carnagione risultava chiara, rosea, non troppo mediterranea.

Ispezionò con attenzione sé stesso valutando il funzionamento eccellente di ogni sua componente decisa dal suo creatore, il capo ingeniere che aveva creato e valutato ogni contenuto del suo sistema. In ogni sua parte, Richard si trovava adatto a svolgere la sua missione, qualsiasi essa fosse: aveva tutte le capacità per accontentare qualsiasi richiesta, predisporre un primo soccorso o uccidere un avversario, anche se questa era chiaramente l'ultima delle opzioni previste dal suo programma. La sua priorità sarebbe andata allo scopo che gli avrebbero assegnato ed eventualmente, se non previsto altro, alla protezione degli umani che lo circondavano o al partner che gli avrebbero affiancato. Era perfino previsto che avesse una capacità decisionale a proposito: aveva degli schemi preimpostati ovviamente, ma poteva adattarsi, imitare e perfino imparare dall'ambiente circostante, cosa che lo rendeva un modello decisamente unico nel suo genere, e definitivamente un'esperimento del capo ingeniere, che i giornali descrivevano come un pazzo ed un genio, il tutto messo assieme ad una buona percentuale di carisma e di azioni dell'Azienda.

Un androide affiancato ad organo militare o paramilitare, giudiziario o di mantenimento dell'ordine doveva, d'altronde, disporre di una vasta conoscenza e dell'abilità necessaria a valutare gli eventi secondo diverse prospettive: l'imparzialità del suo giudizio risiedeva nel fatto che fosse un non-umano, e che potesse quindi analizzare impersonalmente anche in situazioni di elevato stress, in presenza di interrogatori, omicidi e ostaggi, e valutare l'approccio più adatto a seconda dell'individuo, di quanto aveva ricavato su di esso e della problematica da affrontare.

Ma per ora era chiuso in uno sgabuzzino, privo di ordini e quindi, teoricamente, libero.

Analizzò l'ambiente circostante con accurato interesse, valutando l'apparenza metallica delle pareti e inserendo tutte queste informazioni in un diagramma logico che lo portò a diverse valutazioni. Era su una portaerei? I suoi sistemi di equilibrio non percepivano movimento in nessuna direzione né variazioni di pressione o gravità, quindi si trovavano in un posto fermo, presumibilmente una base, una stazione di polizia, un'aereoporto militare o similari. Sulla terraferma.

L'incuria del luogo e la presenza di polvere su diversi oggetti (come il bordo dello specchio) gli indicavano anche che non era qui da molto tempo, e che il luogo non era certamente stato creato per accogliere forme di vita umane. Valutò meglio il terreno e trovò segni di metallo strisciato, come se qualcosa fosse stato trascinato via, e quattro viti.

Le quattro viti servivano a fissare i tavoli e i segni erano quelli di una sedia, per cui ponderò di trovarsi in una sorta di piccola sala interrogatori svuotata.

Uno scatto della serratura della porta e si girò fulmineo.

Qualcuno era entrato. Una testa dalla carnagione nera, scurissima, seguita da un pezzo di corpo, un'uniforme blu notte e un distintivo sulla spalla che indicizzò immediatamente tra quelli disponibili nel suo database. Polizia locale, Portland, Oregon, Stati Uniti d'America.

Probabilmente era proprio in quella stessa città che aveva avuto luogo la sua costruzione, considerando che Portland era un'enorme filiale dell'azienda originale sita in Detroit, che svettava come un'alta torre esagonale a spirale su tutta l'immensa, verde piana di Portland. Non c'era parco, giardino o lago da cui non si potesse vedere l'enorme meraviglia che creava e distribuiva poi ai rivenditori e ai negozi adibiti androidi e i relativi ricambi sulla base del modello. Qui il capo ingeniere, che una volta era stato direttamente a capo dell'Azienda, si era ritirato per progettare e costruire modelli più adatti a esigenze specifiche, spesso sociali o personali.

Per fare un esempio, era lì che gli androidi medici all'avanguardia che oramai si erano diffusi negli ospedali e prestavano le cure necessarie ai pazienti, diagnosticando con precisione qualsiasi tipo di malattia ed effettuando gli interventi di prima linea, avevano preso forma per la prima volta. Questo tipo di macchine aveva ridotto drasticamente il numero di decessi in ogni parte del paese, e una volta sperimentata sul campo la loro praticità l'intero stato, e poi innumerevoli altri, avevano voluto a tutti i costi quella rara, perfetta, multifunzionale tecnologia d'avanguardia. E il capo ingeniere l'aveva resa accessibile a tutti, deprezzata per l'inflazione dovuta alla crisi finanziaria di quegli anni.

«Seguimi, ti devo portare dall'agente che ti seguirà d'ora in avanti.»

«Va bene.»

Richard si mosse automaticamente verso l'agente, seguendo l'ordine appena dato. Non ne avrebbe avuto bisogno dopo l'assegnazione, in quanto il suo diretto superiore sarebbe stato il suo partner, ma tecnicamente per ora quelli erano i suoi ordini. Si diresse verso la porta, non prima di essersi ravviato i capelli all'indietro per non averli d'intralcio ed essersi toccato con ognuna entrambe le mani nella congiunzione tra pollice e indice, una strana abitudine forse inserita dal capo ingeniere nella sua programmazione. Chissà cos'altro doveva aver inserito, fù il suo dilemma elementare per pochi millesimi di secondo.

Poi sparì dietro la porta e dietro l'agente di colore, seguendolo docilmente, chiedendosi chi mai potesse essere il suo nuovo partner.

 

Richard rispolverò nei file di memoria la storia del mondo moderno di lì ad oggi, mentre camminava dietro l'agente Miller - aveva confrontato i risultati del riconoscimento facciale con l'archivio online degli agenti in servizio a Portland e incrociato i dati ottenuti per saperlo senza dover chiedere nulla.

La dinamica sociale era cambiata enormemente in un solo centinaio d'anni. Le ricerche spaziali, che erano ancora in corso grazie alla NASA e alle varie altre agenzie preposte, avevano subito un brutto periodo di decadimento e la corsa all'acqua su Marte si era fermata per un po' di tempo in risposta all'enorme crisi mondiale partita nel 2020. Non si sapeva come, in questo arco di tempo era nata dapprima l'idea di migliorare la realtà virtuale, fallita miseramente, per poi passare a nuove forme di ricerca. L'inquinamento, il bilanciamento della sorte dei vari stati, le minacce di guerra erano durate quasi fino al 2070, rendendo il mondo un immenso derelitto che si trascinava qua e là senza speranza di bellezza e armonia. In quell'enorme massacro ambientale e sociale era spuntato il baluardo dell'intelligenza umana: il capo ingeniere, un genio della matematica e della robotica, che aveva fondato i concetti basilari per la creazione della prima vera forma di intelligenza artificiale.

All'inizio considerata di utile applicazione solo in risposta ai bisogni elementari della gente, non aveva trovato un vero e proprio appiglio. Poi, private di ogni altra forma di speranza e di fantascientifiche promesse di terraformazioni, alcune aziende avevano voluto dar credito al laureato, prima a capo di un progetto, poi di una sezione e poi di un'intero dipartimento. Con i giusti fondi era divenuto un'imprenditore in un arco di tempo imbarazzante, nonché un'emergente figura di spicco sociale. Il capo ingeniere si era tenuto ben alla larga dai guai, estromettendosi totalmente dalla politica, ma non c'erano dubbi che l'azienda da lui creata e con lei, la raffinata tecnologia degli androidi, avessero influenzato le sorti di ogni paese.

C'era chi non l'aveva presa bene, avendo perso il posto di lavoro, ma era un problema totalmente trascurabile nonostante almeno il 20 percento della popolazione interna agli USA fosse effettivamente disoccupata a causa degli androidi (percentuale in crescita): la fascia povera, la forza lavoro data dalla schiavitù, era stata liberata da ogni necessità di sfruttamento grazie a loro, e sempre grazie a loro erano stati eliminati i turni massacranti, l'asservimento totale alle multinazionali, gli orari di lavoro improbabili e i sabati e le domeniche in catene nei centri commerciali. Certo, il problema della disoccupazione rimaneva ma ora, chi voleva e poteva permetterselo, poteva anche prendersi il tempo necessario ad una riqualificazione o ad una ricollocazione dei ruoli: l'Azienda stessa aveva finanziato l'apertura di centri dell'impiego per risolvere il problema, spinta dalla forza apparentemente positiva del capo ingeniere.

Trascurabile era anche il fatto che questi tipi di lavoro massacrante fossero ovviamente ricaduti sulla nuova forza sintetica fatta di carbonio, adattata a questo scopo e a varie altre mansioni stancanti. Gli androidi baby-sitter per esempio, i manutentori, gli spazzini e i muratori erano stati tutti dotati delle caratteristiche fisiche, estetiche e caratteriali adatte al loro nuovo impiego, come anche i nuovi modelli da allenamento sportivo, i badanti, i multifunzione. Erano stati creati androidi per qualsiasi cosa, tanto che la produzione era andata ben oltre il limite sopportabile ed esportabile in un solo giorno dalla sola Detroit. E allora era stata creata la filiale a Portland, il paese d'origine del capo ingeniere, un'integrazione direttamente sotto la sua supervisione.

Mentre scartabellava le conoscenze con la versatilità che solo un programma avanzato come il suo poteva ottenere, Richard si guardò attorno, trovandosi a percorrere i corridoi e poi una lunga sala piena di tavoli, computer e stazioni di rifornimento piena di gente e macchine che correvano qua e là. Constatò che erano in servizio ben 30 agenti e 12 androidi per quel solo turno (in media la durata era di quattro ore) e sentì perfino quello che doveva essere (da un confronto uditivo con svariati file audio catalogati nel suo cervello quantico) l'urlo del dirigente capo verso un povero sfortunato dietro i vetri del suo ufficio. Nel frattempo Miller lo fece accomodare su una sedia davanti ad una scrivania vuota, apparentemente nuova, che faceva da dirimpettaria ad un'altra incasinata e piena di gadget con il computer acceso a pieno schermo e svariate cose abbandonate sopra.

«Ci vediamo dopo. Ti porto il tuo... nuovo superiore.»

Richard annuì alle parole dell'agente Miller e lesse la targhetta sull'altra scrivania mentre questi lo lasciava.

'A. Coleman. Ottantaduesimo cognome più diffuso in america.'

Anche se sarebbe stato di comodo analizzare il tragitto dell'agente, preferì concentrarsi sulla scrivania disastrata e ispezionarla. Aveva elaborato due possibilità da quando lo avevano portato lì: o si trovava su quella sedia per semplice comodità ('Ma allora perché non mettermi in sala d'aspetto?') oppure l'avevano collocato nella postazione già convenuta per lui, vicino al collega. E il collega non doveva essere un tipo propriamente "a posto", dai file in suo possesso.

Non conoscendo cose come il "rispetto", ed essendo dotato di una sana dose di iniziativa utile al suo lavoro, Richard andò a ficcanasare senza troppi problemi nella vita del suo futuro probabile compare, di cui "A" stava per Aiden.

Aiden Coleman veniva descritto da più di duecento pagine di rapporti che lesse in un paio di minuti e che si potevano riassumere più o meno così: rabbia, violenza, inefficenza lavorativa, imprevedibilità compontamentale e altre cose che componevano un romanzo talmente fitto da poterlo quasi rendere motivo di vanto. Coleman era pressoché giovane per avere già un fascicolo tanto complesso, poco più che trentenne, ma tra le informazioni si citava anche il servizio militare e un titolo come ex-campione sportivo nel tiro con l'arco, da cui dopo una brutta frattura all'omero gestita male nell'ambito ospedaliero aveva dovuto ritirarsi a vita.

'Una personalità complessa' pensò Richard, le rughe d'espressione che si infittivano sulla sua fronte mentre elaborava diverse modalità di approccio. 'Empatico? Intimidatorio? Amichevole? Distaccato? Come dovrei presentarmi ad una persona così enigmatica?'

Ovviamente, avrebbe saputo riprodurre esattamente ognuna di queste emozioni e, nel dubbio, poteva reperirne anche la relativa espressione enciclopedica: era stato fatto per questo. Tuttavia ebbe un attimo di indefinibile... disagio - o almeno ne imitò l'espressione che sembrava tale - quando sentì l'intero ufficio zittirsi per un attimo, tutto assieme. Pochi secondi di sospensione prima che il lavoro riprendesse frenetico come prima.

«Non voglio un fottutissimo androide!» furono le prime parole successive che captò in mezzo al casino. Diresse i suoi occhi verso l'origine dell'urlo rabbioso, e vide che un uomo giovane, esteticamente piacevole stava scendendo la scaletta dall'ufficio del Dirigente, sbracciandosi e gridando. «Non mi serve un fottuto pezzo di plastica per lavorare a questo caso!»

«Taci e fila, Tenente Coleman!» Riconobbe di nuovo la voce del Dirigente, ma stavolta la porta era aperta ed era impossibile per lui non sentire i discorsi (poté supporre, anche per tutti i presenti). «Hai un dizionario al posto del fascicolo, non farmi incazzare prima che ti tiri col culo per terra! L'Azienda vuole testare un nuovo tipo di androide e tu andrai con quell'androide, chiaro?»

«L'Azienda mi può anche pagare una diaria su per il culo per fare il babysitter ad un-!» fù la risposta sgraziata dell'altro, interrotta dallo sbattere della porta. Oltre il vetro semitrasparente si poteva sentire l'aria bollire, ma aldiquà, dove c'era il suo presunto collega, avrebbe giurato che la temperatura fosse davvero salita di due gradi nell'ufficio. Controllò, ironicamente (un'altra opzione inserita dal capo ingeniere), la temperatura nell'ufficio e si aggiornò sulle condizioni meteo al di fuori, già che era collegato, e anche sui posti che le guide turistiche raccomandavano di visitare.

Il Tenente intanto raggiunse a passi pesanti la sua scrivania e lo guardò furioso, prima di sedersi pesantemente alla propria sedia con uno sguardo che sembrava lanciare raggi laser ('Definizione umoristica: tecnologia fortunatamente non disponibile' pensò).

Alla vista dello stato furioso di Coleman, che ancora non sapeva come chiamare se non col titolo formale, si ravviò di nuovo i capelli e si toccò la giunzione delle mani, elaborando. Si mostrò esitante in modo da pacificare qualsiasi tentativo di aggressione, poi tossì piano per fare notare la propria presenza e fece per presentarsi, allungando la mano.

«Tenente Coleman. Mi chiamo Richard. Sono l'androide mandato dall'Azienda per il caso che le é stato assegnato oggi. La stavo cercando.»

Coleman lo guardò di nuovo con quello che si poteva a malapena definire astio, senza degnarlo di una parola nè di rispondere al suo gesto. Lo lasciò così, con la mano alzata per aria, finchè Richard decise che tenerla sollevata troppo a lungo poteva irritarlo. Se la poggiò pazientemente in grembo, riservandosi di scegliere un'approccio più pragmatico.

«Tenente Coleman...»

«Aiden!» gli esclamò contro l'altro, continuando a guardare i dati sul suo computer, dove una pioggia di file con relative foto scorrevano a velocità variabile. Era logico, stava consultando il necessario, lo stava disturbando. Tuttavia doveva affermare il suo incarico in maniera formale, e per farlo era conveniente presentarsi o almeno stabilire dei rapporti neutrali.

«Tenente Aiden.» Richard si fermò aspettandosi un'altra cascata di insulti che non arrivarono. Proseguì. «Dovrò essere il suo partner per diverse settimane per testare la mia programmazione. La situazione evidentemente non le piace, nè a lei nè a me, ma spero si trovi d'accordo sul fatto sia necessario collaborare per non inficiare sul caso e sulle vittime coinvolte.»

Sapeva adattarsi alla persona con cui parlava, per questo aveva sottolineato con forza che la situazione non “piaceva” nemmeno a lui. Sembrare empatico nei confronti del Tenente poteva essere una buona scelta per farlo calmare quel tanto che bastava, e farsi poi ascoltare. Le sue previsioni si rivelarono corrette: Coleman gli diede una breve occhiata storta, facendo una smorfia, ma si trattenne dal'insultarlo.

«Parlami del caso» gli disse a voce roca, probabilmente dovuta alle grida di poco prima. Richard acconsentì, mostrandosi più rilassato, nonostante le rughe sulla sua fronte non fossero ancora scomparse.

«Stamattina lei è stato assegnato al caso. Un omicidio commesso da un'androide dell'Azienda. In concordanza con le procedure standard, l'Azienda ha inviato un modello specializzato ad assistere le indagini.»

«Non ho bisogno di assistenza, specie se si tratta della tua» borbottò il Tenente in risposta. «Senti un po', lattina» proseguì finalmente soffermandosi su di lui. «Tornatene semplicemente da dove sei venuto e lasciami in pace.»

Richard aggrottò le sopracciglia.

«La mia programmazione non mi consente di farlo.» Si soffermò un attimo a valutare come continuare. «Penso che dovrebbe smetterla. Questo renderebbe la vita più facile a entrambi.»

«E tu dovresti smetterla di parlare.»

«Anche questo va contro la mia programmazione.»

Il Tenente trattenne il respiro per un secondo, cercando conforto ovunque tranne che in quel... coso che aveva davanti, mordendosi silenziosamente la lingua. Richard lesse i suoi movimenti involontari e cercò di venirgli incontro, vedendolo frustrato.

«Le offrirò da bere. Che ne dice?»

Efficentemente, quella mossa placò l'animo frustrato di Coleman, che ci pensò sopra un secondo prima di rispondergli.

«Va bene. Ok, meraviglia della tecnologia, allora si va a bere. Sempre che tu possa.» Rilasciò un lungo respiro, inviando in stampa svariati fascicoli. Richard attese in silenzio mentre Coleman si alzava dalla sedia per andare a prenderli, infilarli in una cartellina e poi tornare sui suoi passi guardandoli. «Hai detto omicidio?»




Salve a tutti! Dopo un lungo periodo di tempo sono finalmente tornata a scrivere, emozionata da una storia così complessa e ben dettagliata come quella di Detroit, su cui ammetto di aver speso tempo e notti insonni (o in lacrime!) per la bontà delle mie scelte in gioco. Ho apprezzato così tanto l'ambientazione e il personaggio di Connor, assieme alla sua relazione con Hank, da non aver potuto resistere a scrivere qualcosa, senza riprendere i personaggi ma riproponendo quello che tutti ben riconoscerete come l'evoluzione androide di Connor - ovvero Richard. Nonostante le molte diversità con cui ho deciso di sviluppare questa storia (la presenza del codice a barre al posto del led, alcuni particolari come i biocomponenti, la loro effettiva capacità di mangiare alimenti appositi per "ricaricare le batterie") spero apprezzerete l'ispirazione e seguirete questa ficci un po' strana, che davvero devo capire anch'io come si andrà a svolgere pian piano sotto le mie dita. Avendo molti dubbi a proposito vi chiedo di lasciarmi un commento se volete, anche solo per dire "mi è piaciuta!" o "che schifo", in modo da avere anche solo un piccolo riscontro! Grazie di cuore a tutti voi che la leggerete comunque, sapendo quanto tempo e lacrime ci ho speso sopra T_T A presto col prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Homicide ***


Capitolo 2 – Homicide

 

'Musica. Riconoscimento in corso... Dragonforce. Through the Fire and Flames. Genere: Speed metal. Al Tenente Coleman piace il Metal.'
Richard lentamente sollevò una mano per alzare la musica, che curiosamente gli pareva interessante. Ricevette una sberla secca sulle dita e guardò interrogativamente il Tenente che stava guidando sulla sua auto privata («Una Ford Mustang GT del 1966, un vecchio rottame» gli aveva detto, pieno di orgoglio «L'ho rimessa a nuovo quasi del tutto da solo») in direzione del luogo dell'omicidio.
«Che fai, mi cambi canzone?» gli chiese Aiden, acido.
«Mi scusi Tenente. Volevo solo alzare il volume.»
«Non sapevo ti piacesse il genere, lattina.»
«Richard.»
Mentre Aiden alzava un sopracciglio, sarcastico, Richard fece ricerche in merito, calcolando le percentuali di gradimento rispetto al pubblico e valutando le svariate sottocategorie esistenti. Trovava molto interessante come artisticamente e musicalmente gli umani si fossero evoluti nel tempo in quasi ogni campo: addirittura trovò diversi file su un sottogenere chiamato “Trash Metal”, che a giudicare letteralmente dal solo nome non doveva essere qualcosa di buono. 'Trash. Spazzatura Metal?' Eppure all'incirca il 12 percento della popolazione del solo stato dell'Oregon lo riproduceva in rete e di questi almeno l'8 percento commentava a riguardo positivamente. Giunse ad una conclusione più o meno imparziale e decise di essere sincero col Tenente.
«A dire il vero, non ho mai ascoltato musica come questa. Non ascolto musica in generale... ma mi piacerebbe farlo.»
Aveva abbassato la testa e poi l'aveva alzata mostrando una seria concentrazione, tant'era che perfino le sopracciglia gli si erano arcuate e la fronte aggrottata. La scelta delle parole era stata minuziosa in quell'attimo di silenzio tra una frase e l'altra, eppure davvero non trovava che la musica, quella almeno, fosse sgradevole. Magari avrebbe fatto ulteriori indagini, ispezionando meglio le abitudini di Coleman: sembrava ricco di sfumature caratteriali che tra un difetto e l'altro, avrebbero potuto giovare alla sua programmazione, migliorandola ed espandendola con un nuovo tipo di informazioni secondarie. La reazione del Tenente lo confermò, vedendolo abbassare gli angoli della bocca e annuire silenziosamente, come a dire 'Però, non male'.
Finalmente arrivarono nei pressi della zona, una via dei bassifondi di Portland che sembrava piena di case abbandonate o bruciate. Dai suoi registri, Richard poteva ricordare come l'inflazione avesse costretto molte persone ad abbandonare case di proprietà per pignoramenti o fallimenti, e di come a queste si fossero facilmente sostituite bande o piccoli criminali che avevano fatto di tutto per trasformare le villette in luoghi inospitali pieni di muffa. L'incuria e lo stato di degrado erano talmente elevati che facilmente avevano luogo incendi, perlopiù porovocati dai ratti che rosicchiavano i collegamenti elettrici riposti tra le pareti. Oppure scoppi di bombole del gas o di condutture invecchiate tanto da arrugginire.
La strada, bagnata poche ore prima da una scrosciata di pioggia, risplendeva nel buio della notte sotto le luci delle ambulanze, delle volanti e il lieve riflesso degli ombrelli di una pletora di spettatori incuriositi. I lampioni non funzionavano in quella via, per cui si vedeva a malapena, però Richard riuscì a notare comunque una troupe televisiva che montava di tutta fretta dei riflettori per avere un buon servizio. La polizia aveva già sistemato i nastri, ma tutto quel movimento indicava che il da farsi era ancora in corso dalla mattina. Sicuramente si era trattato di un semplice arginamento dell'area, perchè le vere rilevazioni della squadra scientifica stavano avvenendo più o meno a quest'ora. Il Tenente parcheggiò a circa dieci metri sul marciapiede opposto. Tirò bruscamente il freno a mano e si voltò a guardarlo poggiando una mano dietro il poggiatesta del sedile del passeggero.
«Tu resti qui. Non ci metterò molto.»
Richard annuì silenziosamente, mentre Coleman si alzava pesantemente dal sedile, facendo sobbalzare di un poco l'intera macchina. Eppure non sembrava pesare così tanto.
I suoi ordini erano conflittuali al momento: il suo superiore in carico gli aveva appena detto di attendere, ma le istruzioni dell'Azienda erano di seguire Coleman sulla scena del crimine. La priorità andò a queste ultime che si attivarono in maniera automatica: Richard attese un momento e poi con un movimento fluido scese dall'auto, richiudendo discretamente la portiera. A passo veloce si diresse verso il collega avanti di diversi metri. Quando Aiden, che aveva già iniziato a discutere con un altro ispettore, lo vide mentre un poliziotto lo fermava dietro il nastro olografico assieme ad altri curiosi, gridò rocamente un «É con me!», tornando velocemente ai fatti suoi mentre lo lasciavano passare.
«Quale parte di 'Tu resti in macchina' non hai ben compreso?» gli chiese scocciato quando gli si avvicinò abbastanza. Richard non sembrò capire.
«I suoi ordini sono andati in conflitto con le mie istruzioni di base, Tenente.»
Aiden lo guardò in tralice.
«Va bene. Ascolta il briefing, guarda le prove, fai quello che devi, ma non ti mettere di mezzo, intesi? Se mi intralci ti rispedisco a calci in culo in macchina.»
«Intesi.»
Richard annuì lievemente. Questo poteva farlo: non era stato programmato per intralciare le azioni del suo collega, tutt'al più l'avrebbe aiutato laddove un umano non poteva arrivare senza macchinari e lunghe valutazioni della scientifica. Era stato dotato perfino di una funzione di ricostruzione dei fatti, per cui non sarebbe stato difficile. Doveva solo osservare bene l'accaduto.
Stava aspettando il tenente quando arrivò quello che doveva essere un altro agente, sovrappeso e dai vestiti formali, ma non in divisa. Forse l'incaricato della scientifica.
«Hey, Aiden!» lo chiamò con un cenno, osservando un po' lui, un po' loro e una cartellina che aveva nella mano sinistra. «Qui si parte col briefing, stavamo iniziando a pensare che non venissi...»
«Sarei venuto prima se non mi avessero appioppato questo idiota» fù il secco commento del Tenente.
«Così ti sei preso un androide?»
«Oh, nemmeno per sogno. E non sei divertente. Dimmi semplicemente cos'è successo, prima mi esploda la testa. Quella dannata troupe fa un casino del cazzo.»
In effetti la giornalista stava già registrando, per cui tra lei e il cianciare della gente fuori, il livello di disturbo era veramente elevato. Richard abbassò al minimo il volume di quei rumori, rendendoli semplicemente un sottofondo, ma supponeva che il Tenente non potesse farci niente. Diede lunghe occhiate al giardino e poi alla casa – forse ancora una di quelle mantenute in buono stato – prima di seguire il discorso dei due già sulla porta.
«Abbiamo ricevuto una chiamata dal proprietario stamattina, verso le nove. Questo mese l'inquilino non ha pagato l'affitto e il tizio ha pensato che l'avesse fregato o se ne fosse andato, così ci ha chiesto di dare un'occhiata.»
Richard si concentrò contemporaneamente su questo e sulla vernice bianca che veniva via a piccoli pezzi dai muri esterni. Il cancelletto che proteggeva l'ingresso era aperto, la porta spalancata, diversi chiavistelli aperti e perfino una catena spuntavano dallo stipite interno. Su una piccola targa vicina alla porta era scritto a pennarello indelebile “Jack Williams”.
«Siete arrivati e l'avete trovato voi?» chiese Coleman direttamente dall'interno. «Sembra un bel posticino, pulito e ordinato. Certo, non ha ripitturato le pareti di recente ma... bel televisore. Bella cucina. Robot aspirapolvere. In effetti non sembra uno che non paga l'affitto regolarmente.»
«Sta di sopra.» Il collega gli indicò la scala subito davanti all'ingresso, che si arrampicava ripida per poi arrivare su un pianerottolo e fare una svolta a novanta verso destra. Coleman e Richard lo seguirono su per i gradini.
«La vittima si chiamava Jack Williams. Sposato, risulta separato da qualche mese, niente figli. É registrato per piccoli furti e una tentata aggressione, risalenti a qualche anno fa. I vicini di casa dicono che non usciva mai, era una sorta di recluso. Quasi non l'hanno mai visto in faccia. Mandava il suo androide a far tutto.»
Attraversarono un corridoio con un bagno e una camera, arrivando nell'ultima in fondo. Il Tenente si coprì naso e bocca a quel punto, esclamando un soffocato:
«Cristo, l'odore!»
«E non hai sentito quello che c'era prima che aprissimo tutte le finestre» lo derise il collega, proseguendo all'interno. «Ecco, è qui che l'abbiamo trovato.»
La stanza era una cameretta con le pareti rosa coperte da fogli disegnati e mensole piene di libri, alcuni rovesciati o caduti a terra. Sul pavimento in moquette c'era qualche calzino, notò Richard, un lettino con comodino e lampada, una finestra, una poltrona e un cassettone che doveva fare da armadio. Tra il letto e la lampada, il corpo disteso a terra di un uomo tarchiato sugli ottanta, forse novanta chili, rigonfio per l'accumulo di gas dati dalla decomposizione. Un buco ben visibile gli trapassava il petto. Stranamente, l'androide si aspettava più sangue, ma a malapena si vedeva la chiazza rinsecchita sui vestiti, all'altezza dei polmoni.
«Tentente...» provò a dire, ma Coleman gli fece segno di star zitto, stizzito. Richard rimandò a dopo il discorso, limitandosi ad ascoltare.
«Secondo me è qua almeno da due settimane, ma ne sapremo di più quando arriverà il coroner.»
A dire il vero, analizzò Richard, le rilevazioni visive e termiche indicavano che fosse lì anche da tre. Non c'era molto sangue perché il proiettile - molto probabilmente di una 9 millimetri, la più venduta e usata in America - poteva essersi fermato all'interno del corpo causando un'emorrargia interna, ma era solo una supposizione. Neanche sui muri sembravano esserci evidenti schizzi di sangue o fori.
«L'arma del delitto?» chiese Aiden.
«Non risulta in nessuna parte della casa, probabilmente l'androide deve averla gettata o portata con sè. Degli agenti stanno facendo ricerche nei rifiuti della zona per trovarla.»
«Siete sicuri sia stato un'androide? Non avete trovato nessun segno di intrusione?»
«No, al momento. Quando sono entrati la porta principale era bloccata dall'interno dai chiavistelli e tutte le finestre erano chiuse eccetto quella rotta del piano superiore e la porta di servizio posteriore della lavanderia, che hanno trovato spalancata. Sta al piano di sotto se vuoi dare un'occhiata, ma non ci sono segni di effrazione. Chiunque l'abbia ucciso, dev'essere passato da lì per scappare dall'interno, per questo pensiamo sia stato l'androide.»
«E cosa sappiamo di questo androide?»
«Tutto quello che sanno i vicini, ovvero il modello e l'aspetto. Non era qui al nostro arrivo, ovviamente. Senti...» il collega di Aiden stava ormai boccheggiando. «Io vado a prendere un po' d'aria fuori, mi viene da vomitare. Nel frattempo tu fai quello che devi, cercami se ti servo.»
«Ok.»
Finalmente il briefing era finito. L'agente si levò dalla camera velocemente, percorrendo il corridoio di corsa. Richard e Aiden si guardarono tra loro per un secondo, poi il Tenente decise di concentrarsi sulle pareti, grattandosi il mento. Richard iniziò a ispezionare a fondo la camera partendo dalla porta, sulla cui moquette erano rimaste impronte nere.
'Ci potrebbe essere stato un'inquinamento delle prove da parte degli agenti, o l'assassino potrebbe essere partito da qui.' pensò. Si posizionò sull'entrata e fece un passo avanti, scorrendo lo sguardo lungo tutto il perimetro per effettuare delle analisi in tempo reale.
«Niente figli eh?» sentì dire al Tenente in tono sarcastico, ad una certa. «E allora che diavolo ci fa qui una cameretta per bambine?»
«Era quello che volevo dirle prima, Tenente.»
«Non mi serviva il tuo aiuto per arrivarci da solo. Piuttosto, questi fogli...» Aiden si abbassò a guardarli, osservandoli dal basso verso l'alto. «Non ci sono solo pony e mostri o cazzate varie. Guarda questi...» disegnò un arco col dito sulla parete, salendo. «Ci sono una ragazza vestita da androide, la nostra vittima e... una bambina. E continuano.» Ne indicò un altro, inasprendo il tono. «Qui il nostro Jack sembra voler alzare le mani sulla piccola mentre l'androide l'abbraccia e qui sopra... l'androide è rotto sul pavimento e la bimba in lacrime.»
Richard aggrottò la fronte e si tirò indietro i capelli.
«Potrebbe essere verosimile. Se l'androide era rotto, l'avrà portato in riparazione. Vuole che controlli il database dei punti vendita e li incroci col modello?» Aprì i fascicoli relativi arrivati in mattinata, ne estrasse i codici e lo fece prima ancora di un'affermazione definitiva. «E' un 400HK, una governante. Un modello vecchio, almeno quattro anni. Si occupa di faccende domestiche e di seguire i bambini. Ritirata lunedì alle ore dieci e trenta al negozio di Pioneer Square, in riparazione per “rottura accidentale, incidente d'auto”. La garanzia era ancora valida.»
Aiden si strofinò nuovamente il mento, pensieroso, mentre Richard terminava l'analisi del luogo: il cassettone alla sua destra era spostato diagonalmente, le tracce sul pavimento chiarivano che era stato spinto di forza. Si diresse lì e si fermò di nuovo: il tessuto del bracciolo della poltrona era sfondato, rientrato dall'alto verso l'interno dell'imbottitura, e poco distante i libri erano sparsi. Continuando a ricostruire, seguì le tracce ipotetiche che portavano all'oggetto più vicino, un tappeto steso su una parte del pavimento, e si abbassò a valutarne un lembo che risultò strappato. Poi guardò le ante a veneziana che costituivano parte della parete accanto al cassettone. Una di esse aveva diverse asticelle di legno piegate ad un'altezza circa di un metro e sessanta, e sopra ce n'erano altre. Cercò altri indizi, strascichi sul pavimento, sangue o linfa: nulla, ma appena a sinistra si trovava la finestra rotta, il vetro frantumato da un grosso buco centrale che aveva distrutto il centro e diramato ragnatele da lì verso l'esterno su tutta quanta la superfice. Si spostò ancora verso sinistra ispezionando il letto e il muro accanto, e finalmente scovò qualcosa di utile: gocce lattiginose e semitrasparenti di linfa – il concentrato altamente proteico che nutriva i biocomponenti interni degli androidi - avevano macchiato il muro, indicando chiaramente cosa potesse essere accaduto. Non notò che il Tenente lo osservava stranito, mentre si spostava di nuovo verso il cadavere per fare altre valutazioni di circostanza.
Per prima cosa si piegò sul corpo morto, sporgendosi appena per guardare bene le mani irrigidite a pugno dal rigor mortis. Con la precisione di un orologio svizzerò trovò quello che aveva cercato, ovvero le nocche spellate e insanguinate e pezzi di vetro nelle ferite, dopodichè si ritrasse di nuovo. Osservando attentamente, poteva vedere l'enorme livido che si diramava sulla nuca, estendendosi da lì alla schiena fino al dorso delle mani e in tutto il corpo: durante la morte il sangue si era coagulato principalmente dov'era compresso, ovvero nei vasi sanguinei sottostanti considerato che Jack era girato a pancia in su. Per essere sicuro delle sue condizioni, nonostante lo stato di deterioramento del sangue, ne recuperò qualche frammento oramai coagulato dalla cavità toracica controllandone anche la profondità e se lo passò accuratamente in bocca sotto lo sguardo disgustato di Aiden, eseguendo dei veloci test e controlli ormonali: quell'uomo non era a posto, aveva fatto uso di droghe pesanti e, a parte questo, possedeva un livello esageratamente alto di cortisolo e adrenalina al momento della morte.
«Richard, per Dio, cosa stai facendo?»
«Sto analizzando il sangue. Posso testare i campioni e fornire le risposte in tempo reale.» Richard ormai aveva tutto quello che gli serviva a ricostruire la scena del crimine, quindi tornò a dare attenzione al Tenente che in quel momento aveva uno sguardo allucinato. «Mi spiace. Avrei dovuto avvertirla.»
«No, va bene, solo... non... infilarti in bocca altre prove, ok?»
«Ok.»
«Cristo santo, non posso crederci, anche questo...» commentò Aiden, facendo il giro della stanza. «E nelle altre?»
«Non mi sembra che il suo collega abbia detto nulla a proposito.»
«Meglio dare un'occhiata allora. Conosco i miei polli.»
Richard lo seguì da lì alla prima camera, chiaramente rassettata da mani esperte. Era tutto in ordine, perfino il tubetto di psicofarmaci accuratamente sistemato sul comodino del grande letto matrimoniale. Ne lesse la formula e ricondusse alcuni degli effetti collaterali del farmaco ai livelli ormonali che il test aveva evidenziato. Una volta lasciata la stanza che non forniva molte altre indicazioni si diressero al bagno, anche questo pulito, rimesso a lucido, con la tenda della vasca accuratamente tirata.
Quel particolare insospettì Richard, che spostò rispettosamente il collega per farsi spazio fino ad essa e piegarla da parte. Assieme allo scorrere degli anelli di plastica sul bastone della tenda sentì Aiden trasalire accanto a lui, mentre i suoi occhi chiari si posavano sulle parole sbiadite scritte ovunque sulle piastrelle, probabilmente con un pastello a cera rosso.
«IO SONO VIVA.» lesse l'androide, aggrottando le sopracciglia. Era scritto ben più di una volta, forse anche cinquanta, sessanta - tanto da coprire ogni centrimetro disponibile. Trovò anche il pastello consumato abbandonato sul fondo della vasca, che sentenziava da solo chi potesse aver commesso quel macello.
«Che razza di senso avrebbe tutto questo?»
«Il senso che gli può dare un fuorviante. Hanno la tendenza a considerarsi umani.» rispose pragmaticamente Richard. «Tenente, ho elaborato una ricostruzione verosimile dei fatti. Credo di aver compreso cosa possa essere successo.»
«Ah, si?» Mentre si spostavano di nuovo verso il corridoio, Aiden gli fece un cenno. «Continua, ti ascolto.»
L'androide trovò strambo che il Tenente fosse passato così in fretta dal pregiudizio alla fiducia nei suoi confronti, ma d'altronde gli umani erano strambi in ogni cosa: questo caso ne era la prova palese, come anche il suo affiancamento al collega. Richard nel frattempo si era posizionato all'inizio della camera della bambina, sulla porta, come aveva già fatto in precedenza.
«Il tutto ha avuto inizio da qua, l'entrata.»
«Ci sono ovvi segni di colluttazione dappertutto.» Il Tenente lo stupì con questa dichiarazione improvvisa, rivelando che aveva un occhio più lungo ed esperto di quanto non avesse considerato per un umano. «La domanda è cos'è successo esattamente.»
«Credo che l'androide abbia minacciato o tentato di attaccare la vittima dall'entrata, con la pistola.»
«Questo potrebbe riallinearsi con le prove. Vai avanti.»
«La vittima ha reagito. Il modello dell'androide non è dotato di forza sufficiente, la vittima, fisicamente superiore, l'ha spinta contro il cassettone, lì dove può vedere i segni.»
«Credo di intuire, ma... aspetta un secondo. Perchè un androide punterebbe una pistola contro il suo proprietario?»
«Forse stava maltrattando la bambina, o chiunque fosse qua dentro.»
«Quindi un gesto di difesa?» Il Tenente scrollò la testa, portandosi verso il cassettone. Richard fece lo stesso. «Andiamo avanti.»
«La vittima deve aver tentato di colpire più volte l'androide e forse gli ha strappato di mano l'arma. A quel punto, l'androide deve aver tentato di fuggire verso la poltrona, dove la vittima ha colpito e sfondato il bracciolo, dove può vedere il tessuto strappato.» Richard indicò chiaramente il punto del divanetto in cui c'era lo strappo. «Cercando di sfuggire o recuperare l'arma, deve aver rotolato sul tappeto, dove è presente un altro strappo netto. Da lì, per alzarsi, si è spostata verso le veneziane.»
Richard stesso si diresse verso di esse, indicando i due punti in cui erano divelte.
«La vittima ha afferrato l'androide e l'ha spinto contro le ante, qui e più in alto. In qualche modo dev'essere comunque riuscita a liberarsi dalla presa e si è diretta alla finestra, dove ha evitato altre lesioni. A causa di questo, la vittima ha accidentamente colpito con un pugno il vetro, come evidenziano anche le escoriazioni sulle sue mani.»
«Bene, questo potrebbe avere senso.» Il Tenente sospirò.
«La vittima deve avere poi gettato l'androide sul letto, dove è effettivamente riuscito a colpirla. Lo si può valutare dalle tracce lasciate sul muro: le gocce bianche sparse sulla superficie sono costituite da linfa, può riconoscerla ad occhio nudo.» Aiden annuì e le ispezionò velocemente prima di seguirlo ancora. «Da lì l'androide dev'essersi gettato o è stato spinto nel punto in cui si trovava la pistola, recuperandola. E' molto improbabile che un modello simile riesca a tenere un'arma in mano per tutto il tempo in cui si è svolto il combattimento. Nel cercare di afferrarla, la vittima è andata incontro allo sparo ravvicinato che l'ha uccisa.»
Richard tornò al corpo, piegandosi su di esso e mostrando al Tenente le aree interessate.
«Vede la bruciatura lasciata sui vestiti? Questo indica che la canna della pistola usata doveva essere molto vicina quando ha sparato. Inoltre la profondità della cavità lasciata dal proiettile non è elevata, il colpo dev'essere rimasto nel corpo, motivo per cui non ci sono fori di proiettile su mobili o muri. I proiettili di quella che ipotizzo essere una comune 9 millimetri tendenzialmente perforano il bersaglio da parte a parte, e raramente si verifica l'eventualità che rimangano all'interno. Questo potrebbe indicare che la vittima non era semplicemente di fronte al suo attaccante, ma che si fosse gettata sopra di esso e che lo sparo sia partito in maniera accidentale, col risultato di ottenere un proiettile condizionato dalla gravità e dall'angolazione.»
«Mi stai dicendo che l'androide potrebbe non aver sparato volontariamente?»
«Tutti i dati confermano che si è principalmente difeso, o ha difeso chi stava in questa stanza.»
«Ma questo non ci dice dov'è andata.»
Richard rielaborò per un secondo, e la sua espressione si accese subito dopo.
«La porta di servizio al piano inferiore. La casa è a pochi passi dalla fermata del bus della zona, non è difficile pensare che l'abbia preso in tempo.»
«E noi potremmo avere un'idea quasi precisa di dove possa essere andata. E un androide in compagnia di una bambina sola non fa molta strada, senza soldi e riparo.» Aiden si picchiò il pugno nella mano, soddisfatto del lavoro di Richard. «Bingo! Vieni, andiamo.»
Richard aveva completato con successo l'obbiettivo, e avrebbe presto potuto fare rapporto all'Azienda in merito all'evoluzione del caso. Questo ancora non gli dava indicazioni specifiche sui fuorvianti, ma poteva essere un inizio.
Seguì con sicurezza e determinazione il Tenente Coleman che scendeva in tutta fretta le scale, gridando nuovi ordini.
«Agenti, portate qui il vostro culo. Subito!»
 



 
Ciao a tutti, ecco il secondo capitolo!
Come promesso, vado spedita - una volta tanto sarei intenzionata a finire di scrivere una ficci in maniera completa xD - e dato che finalmente ho tempo libero (piango dalla felicità, ve lo giuro T_T)mi ci sto veramente dedicando anima e corpo. Questa parte, come avrete ben capito se avete giocato, è ispirata ad alcune scene di Kara che però, ovviamente, avranno luogo in maniera diversa e con personaggi differenti. Nonostante questo l'idea di capire come potesse funzionare una ricostruzione di una scena del crimine come quelle di Detroit mi allettava e allora... voilà! Spero vi piaccia, non so ancora bene se la ficci si categorizza più sotto le original che come vera e propria ficci del videogioco - anche perchè più in là le cose evolveranno in diverse maniere differenti - ma... vedremo! Nel frattempo, se volete, lasciatemi un commentino anche piccolino-ino per farmi sapere la vostra!
A presto!

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Capitolo 3
*** Identity ***


Capitolo 3 – Identity

 

Dopo buona parte della serata passata a controllare evidenze, a fare fotografie e ricostruire l'accaduto nei dettagli, guidando la squadra sotto lo sguardo incarognato del capo della scentifica, erano rientrati alla centrale per stilare i relativi rapporti fino a tarda ora. Il Tenente Coleman risultava chiaramente sfinito dalla lunga giornata, ma non aveva voglia di tornare alla sua banale, piccola villetta nel quartiere più tranquillo di tutta Portland: Aiden viveva lì da anni con un canarino troppo silenzioso e un bel mobilio dalle linee moderne, un grande televisore e un armadio di vestiti discreti, ma era tutto lì. Il resto del mondo restava fuori, dove ogni bar e panineria della zona lo conosceva. Aiden riconosceva anche di non condurre esattamente una vita sana, ma non era ancora arrivato al punto di rovinarsi il girovita per questo e per il lavoro d'ufficio, che difatti odiava. Dover compilare tutte quelle carte l'aveva messo di malumore; avrebbe preferito di gran lunga restare sul campo tutta la notte che lì dentro nell'enorme salone, a scrivere davanti al computer. La presenza dell'androide lo innervosiva ulteriormente, dato non sembrava mollarlo un attimo.
'Ma ce l'avrà una vita?' si chiedeva. 'Farà qualcosa oltre a seguirmi ad ogni passo? Ma sopratutto, dove va quando gli dico che voglio staccare e tornare a casa?'
Poteva anche essere un pezzo di plastica, ma a parte il codice a barre dietro l'orecchio e i vestiti distintivi la sua somiglianza con un essere umano era impressionante e questo lo portava automaticamente a interagire con lui come se lo fosse, nonostante avesse dimostrato quella sera di essere capace di calcoli impossibili e di sapersi infilare tutte le prove in bocca senza discriminazione né disgusto alcuno. Certo, era una macchina, ma se poteva elaborare e seguire logicamente un caso, allora poteva anche pensare ad altro autonomamente? Sarebbe mai andato in giro da solo senza un ordine suo? E in tal caso, cos'avrebbe scelto di fare?
«Senti, ma tu dove vai a spegnerti quando non lavori?» gli domandò all'improvviso, fermandosi un attimo dal lavoro. 'Mi serve ricaricare le pile' si disse ironicamente. Richard invece continuò a far scorrere i dati e le cartelle sul computer, le mani semplicemente poggiate alla scrivania senza toccare nulla. Come tutti gli androidi, poteva connettersi e lavorare su ogni dispositivo wireless indipendentemente dal sistema o dal programma.
«Torno alla Torre, la sede dell'Azienda di Portland. Posso rimanere in stato di riposo qui se preferisce, Tenente, ma dovrò sfruttare le vostre stazioni di rifornimento e comunque dovrei tornare alla Torre in caso di lesioni per ricevere riparazioni adeguate.»
«No, no...» fece Coleman con la bocca impastata, trattenendo appena uno sbadiglio. «Ero solo curioso, ecco tutto.»
Guardò l'orologio. Erano l'una meno dieci e lui non voleva tornare a casa solo per dormire e poi alzarsi e proseguire la sua vita con un altro giorno di merda.
«Senti, non ti va di andare a bere un goccio?»
Richard lo guardò e aggrottò la fronte per lavorare su più dati, poi annuì.
«Le avevo detto che gliel'avrei offerto, Tenente. La accompagno volentieri.»
'Beh', fece Coleman iniziando a salvare e chiudere i programmi, facendo oscillare il capo. 'meglio di niente'. Perlomeno se fosse svenuto a letto, l'avrebbe fatto per bene, dimenticandosi di tutti quanti i suoi problemi tra i fumi dell'alcool e un sanissimo pacchetto di Marlboro, anche due. 'Anzi', pensò, 'prima ho proprio voglia di una sigaretta'.
Aiden posò tutte quante le carte che gli sarebbero servite il giorno dopo sulla scrivania, sfinito, richiudendo i fascicoli e le fotografie di quel che avevano trovato sulla strana scena del crimine. Non capiva ancora bene cosa fossero i fuorvianti, a parte macchine che ad un certo punto smettevano di seguire il loro programma ed iniziavano a dare di matto, ma ogni giorno il problema aumentava e le cartelle a proposito di ribellioni, scomparse od omicidi diventavano sempre più consistenti. Anche Richard iniziò a chiudere bottega, così che quando si alzò dalla sedia ce l'aveva già al fianco, pronto a seguirlo. Ovviamente, si sarebbe abituato a tutto questo. Ovviamente, avrebbe continuato a sospirare in preda alla dannazione eterna di chi si deve arrendere a poteri più grandi.
'Maledetto sistema del cazzo. Avrei dovuto farmi prete e darmi un nome distinto, chessò, Padre Uragano. O mandare a fanculo tutti'.
Il Tenente finalmente trovò la forza di alzarsi dalla sedia, spegnere tutto e nel fioco bagliore delle luci di sicurezza, imboccare la porta d'uscita della centrale. Ovviamente aveva le chiavi, quindi richiuse la porta digitando il codice e il relativo codice di allarme ('Per chiamare la polizia in caso di bisogno, sicuro') e poi montò in macchina nel parcheggio vicino, attendendo che l'androide facesse lo stesso.
Quando anche Richard si fù sistemato sul sedile del passeggero accese, sperando vivamente che il rombo del motore oltre a svegliarlo svegliasse tutto il dannato quartiere, poi tirò giù il finestrino e nonostante il freddo della notte, si accese una sigaretta. Alzò il volume della radio e aspirò lentamente la sua droga legalizzata, gustandosi la boccata di fumo, rigirandosi il sapore amaro sulla lingua mentre ingranava la marcia e partiva.
«Tenente, una sigaretta di marca contiene almeno 10 milligrammi di nicotina, catrame e monossido di carbonio, oltre a circa 4000 sostanze chimiche, di cui almeno 400 tossiche e 400 riconosciute come altamente cancerogene. Non dovrebbe fumarla.»
«Oh, Cristo...» Il Tenente si mise l'unica mano che non teneva il volante sulla fronte, il filtrino tra indice e medio. «Piantala con queste cose da pubblicità progresso. Sembri la confezione di un pacchetto: 'Il fumo riduce la fertilità, smettila di fumare e vivi per i tuoi cari'» scimmiottò, «Ognuno dovrà pur morire di qualcosa, va bene? Se mi verrà un tumore te lo farò sapere. Fottuto pacchetto.» aggiunse poi brontolando a bassa voce, coperto dalla radio. Non che Richard non l'avesse sentito, perché lo vide piegare la testa in modo strano, abbassare e poi rialzare gli occhi su di lui. Quando elaborava, vedeva le sue iridi accendersi di colore, come se un led le illuminasse da dietro: odiava questa cosa, sembrava gli stesse facendo una radiografia.
Dopo un po' che guidava, fù Richard a prendere l'iniziativa sulla conversazione con uno sguardo molto serio.
«C'é niente che vorrebbe sapere di me?»
«Diamine, no. Oddio, in effetti...» ci ripensò un attimo dopo un'ulteriore boccata. «Perché ti hanno dato questo aspetto strano e questa voce così pacata? Non sembri proprio un investigatore o un... androide da polizia. Somigli più ad un attore, anche un po' ad un idiota, in effetti.» Era cattivo, lo sapeva, ma davvero sopportava a malapena di lavorare con una macchina. Aveva delle ragioni precise, ma anche sociali: senza di loro l'economia del paese non sarebbe andata completamente a puttane, almeno per i primi tempi. E c'erano stati gli errori, persone innocenti che ci avevano rimesso la vita, il lavoro, la famiglia.
'La famiglia...'
«É stata l'Azienda a scegliere un desing che potesse risultare gradevole nell'aspetto, per poter cooperare armoniosamente con un partner umano. Essendo un prototipo, sia la mia estetica che la mia voce sono specificatamente state create per rassicurare e facilitare la mia integrazione. In questo modo posso svolgere le mie funzioni e trattare casi di omicidio, suicidio, stupri e sparatorie, effettuare ricerche su scomparse, interventi d'azione sul campo, inseguimenti, infiltrazione e trattare con ostaggi di qualsiasi tipo con maggiore agevolezza.»
«Insomma, vogliono sostituire pure noi» commentò acido.
«Affatto, Tenente. Sono stato progettato per aiutare gli agenti e facilitarne il lavoro, in particolare quello che potrebbe metterne a rischio la vita. Una volta che il mio modello otterrà l'approvazione e verrà prodotto in massa, la polizia e le forze militari subiranno perdite molto minori rispetto alle attuali percentuali di morti in servizio. Inoltre, la mia programmazione mi consente di usare armi comuni e combattimento a mani nude con una precisione nettamente superiore a quella umana.»
«Fattelo dire, con te hanno toppato. Sei una fottuta macchina da guerra, non un ispettore.»
Finì la sigaretta mentre arrivavano e parcheggiava. Con un gesto che gli veniva ormai spontaneo, spostò il filtro consumato tra pollice e indice e lo sparò verso la strada, le ultime volute di fumo che gli uscivano dalle labbra. Tirò su il finestrino e si diresse alla porta del bar di Frank, aprendola. Il nero proprietario al suo interno lo salutò con un gesto.
«Hey, Coleman! Sei fuori servizio finalmente?»
«Ci puoi giurare» rispose Aiden, sollevato dal vederlo già preparare i bicchieri.
«E quello? Roba tua?»
'Dio, ci risiamo.'
«Sta con me. Per ora.» Fulminò l'androide con lo sguardo, poi si sedette.
«Il solito?»
«Il solito. Non é che avresti qualcosa anche per lui? Giusto per dargli qualcosa da tenere in mano.»
«L'unica che c'é.»
Aiden sapeva che esistevano alimenti specifici per androidi, simili a delle barrette e dei frullati dall'aspetto orrendo, ma non glien'era minimamente fregato di saperne qualcosa. Ora invece era un suo problema.
«Ma non puoi davvero bere nient'altro?» chiese a Richard, vedendolo tirarsi indietro confuso i capelli e toccarsi le mani. Era uno strano tic che non aveva mai visto fare da nessun'altra macchina. Un po' come l'abitudine della sua ex di rompere i coglioni.
«Posso, ma questo non mi apporterà nessun beneficio. Per adesso non ho bisogno di ricaricarmi.»
«Ma secondo me hai bisogno di bere. Ce le hai le papille gustative?»
«Posso attivare dei recettori...»
«Attiva il cazzo che ti pare» gli rispose frettolosamente Aiden, girandosi verso Frank. «Frank, porta il solito per due!»
Si rigirò spontaneamente a guardare l'androide sempre più confuso, con un ghigno che non prometteva nulla di buono. Due minuti dopo sul tavolo c'erano due bicchieri di whiskey Bourbon che risuonavano da soli tanto era alta la loro gradazione, un prodotto per palati fini e contemporaneamente non troppo costoso perché il Tenente potesse permetterselo. Prodotto nel Kentucky, mica come la roba da supermercato che teneva a casa per le serate depresse tra uomini ('Me, me stesso e il Jack Daniels, quella robaccia'). Purtroppo il conto per del buon Scotch Whisky Scozzese era talmente salato che gli sarebbe toccato vendere due reni assieme al mercato nero, e tutti e due gli servivano al momento.
'Tanto bastano un goccio o due per mandarmi giù come una pera cotta' pensò, alzando il bicchiere in gesto di brindisi e poi ghignando ancora. 'Almeno ho il tassista e gratis, stavolta'.
Sorseggiò dal bicchiere e socchiuse gli occhi mentre il sapore aspro e il profumo dell'alcool gli invadevano palato e naso. Brontolò un attimo, poi scosse la testa poggiando il bicchiere sul tavolo con un tonfo. L'androide davanti stava bevendo come se trangugiasse un bicchiere d'acqua.
«Bevi piano. Diamine, mi rovinerai le finanze.» Lo vide alzare le sopracciglia e fermarsi, posare il bicchiere e valutare. Aiden si aspettava che l'androide iniziasse a breve a fumare dalle orecchie, mentre lui si stava già scaldando. Gli dava quasi fastidio che non succedesse. «Allora?»
«Particolare» osservò Richard, riflettendo sui fattori del gusto e soppesando le percentuali di ogni ingrediente. Il suo sistema avrebbe semplicemente sintetizzato e trasformato tutto in linfa, che si sarebbe ripulita alla ricarica successiva. Niente sbronze per lui, al contrario di quanto sperava il Tenente. «La miscela di cereali gli conferisce un profumo caratteristico che gli esperti definiscono inebriante. Le percentuali di mais e orzo sono state valutate attentamente, ed é stato affinato in una botte di rovere tostato. É... distinguibile, sicuramente non un prodotto per tutti.»
«Quindi é buono?»
«Temo di non capire, Tenente.»
«Se nella tua personale opinione trovi questo...» sollevò il bicchiere di nuovo, dando una bella sorsata. «...gradevole.»
«Credo... Non posso valutarlo, Tenente. Io non sono una persona.»
«Aiden. Siamo fuori servizio, ricordi?» Fece traballare il bicchiere. «So bene quello che sei, e mi rode anche saperlo, credimi. Ti sto chiedendo se sei in grado di farti un'opinione da solo.»
«Tecnicamente, posso farlo.»
Richard era in grado di formulare ipotesi, ma non aveva opinioni personali perché non aveva gusti, né pregiudizi. Non aveva mai sperimentato nulla all'infuori delle conoscenze che gli aveva dato il capo ingeniere. Tuttavia disponeva di un'autonomia di pensiero unica per espletare le sue funzioni, quindi poteva costruirsi un'opinione, evitando di dire che l'avrebbe fatto in base ad una serie di complicati calcoli e valutazioni – cosa che in fondo si costruivano anche gli umani in base all'esperienza, che diventava un parametro di misurazione a sua volta. Si ricordò che anche il suo creatore durante i test di funzionalità gli aveva chiesto un parere su diversi argomenti.

«Cosa trovi di buono, giusto, o bello nel mondo?» si era sentito domandare. Il suo creatore era un amante della bellezza in tutte le sue forme e amava in particolare circondarsi di rose: disponeva di un immenso giardino sulla cima della Torre, pieno di rose rosse, che curava personalmente tra un progetto e l'altro. Durante la sua costruzione l'aveva portato lì.
«Sapresti dirmi se le mie rose sono belle?»
«In base ai parametri vitali, sono sane.»
«Ho chiesto se le trovi belle, non se stanno bene. Devi formulare un'opinione su quello che ti circonda.»
«Devo? Perché?»
«Ti servirà, nella tua vita.»
«É una richiesta? Altrimenti verrò smantellato?»
Rievocò la risata del capo ingeniere a quel punto, lui con quel suo sorriso affabile, i capelli legati in una corta coda raccolta dietro il capo, l'aspetto curato e il suo completo rosso lievemente cangiante. Era l'idolo dell'opinione pubblica e il dirigente dell'Azienda, ma aveva lasciato quest'ultimo posto per stare per conto suo. Era difficile immaginare un uomo così elegante con le mani affondate nella linfa fino al gomito e le maniche raccolte, nel tentativo di riparare o portare alla vita un nuovo progetto.
«É una bella risposta. Hai paura per la tua sopravvivenza e questo é in parte corretto. No, Richard, non verrai smantellato, non da me. Magari ci saranno altri che vorranno farlo. Alcuni dei miei inferiori ad esempio, uomini comuni, o altre persone che non capiranno quello che sei né sopporteranno la quantità di libertà di cui disponi. Ma quello che ti ho dato ti servirà anche a determinare di chi potrai fidarti.»
Aveva spruzzato i fiori con cura maniacale, aggiustato la forma degli steli, la quantità delle foglie, il tutto con la stessa concentrazione e attenzione con cui collegava catene di proteine in laboratorio e poggiava la pelle sintetica, il loro involucro modificabile, sui componenti interni, ricoprendoli e dando loro una forma.
«Forse non ti sembrerà, ma quello che farai, le tue scelte - per quanto piccole possano essere – potrebbero determinare un nuovo inizio, o una nuova fine del mondo. Ma questa sarà di nuovo una tua opinione, Richard.» La sua risata aggraziata l'aveva seguito mentre camminava lentamente verso di lui prendendolo sottobraccio e si faceva accompagnare di nuovo nel laboratorio.
«Un giorno mi saprai dire quanto trovi belle le mie rose.»

Il battere del bicchiere di Aiden sul tavolo per richiamare l'attenzione di Richard lo fece concentrare di nuovo sul presente. I ricordi erano sempre lì, pronti ad essere rievocati e chiamati in qualsiasi momento. Avrebbe potuto perderne una parte solo nel caso fosse stato ucciso, a causa del passaggio dei dati ad un nuovo corpo, ma non intendeva fallire la sua missione a meno non fosse necessario farlo.
«Allora? Finito con le valutazioni?»
«Io... io credo di si.» Per la prima volta, Richard si concentrò sull'intenso sguardo di Coleman, che per contrasto aveva gli occhi di un pallidissimo azzurro opaco. «Sa cosa le dico, Tenente? Le offro anche il prossimo giro. Che ne dice?»
Si girò verso il proprietario del locale senza aspettare una risposta, alzando una mano.
«Barista, lo stesso, per favore!»
Lo sguardò un po' spento di Aiden, che si era perso anche lui per strada in un ricordo infelice, tornò ad accendersi. Le rughe sul suo volto si rilassarono mentre gridava, alzando il bicchiere alla sua salute.
«Visto Frank? Questi androidi sembrano utili, alla fine. Fallo doppio.»

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Capitolo 4
*** Human Being ***


Capitolo 4 – Human Being

 

Era una mattinata d'inverno che risplendeva di colori e movimento nel parco più famoso e frequentato di tutta Portland. Washington Park, pieno di verde, pullulante di bambini, genitori, coppiette e androidi badanti che rincorrevano vivaci vecchietti, sembrava brillare sotto lo sprazzo di sole che aveva illuminato il cielo e i cuori di chi lo poteva osservare. Richard faceva un giro, riflettendo ogni tanto su qualcosa, soffermandosi ad imparare la vita umana e ad imitarla al suo meglio.
Attraversava solo sulle strisce pedonali quand'era verde, ringraziando educatamente se lo lasciavano passare. Salutava i bambini che lo indicavano con un sorriso, e salutava gli altri androidi che passavano nonostante non fosse parte del suo programma. I vecchietti a volte gli parlavano, scambiandolo per un umano e chiamandolo “figliolo”, riempiendolo d'affetto e amore per quelli che sarebbero sempre rimasti “i buoni vecchi tempi andati”. Altre, si lamentavano di quello che succedeva ai loro figli, dei tempi bui che percorrevano. Qualcuno invece faceva joggin seguito da un modello sportivo appositamente creato per l'allenamento, dotato di borracce e della strumentazione adatta a cronometrare tempi e stabilire obbiettivi.
Gli alberi avevano perso lentamente le foglie, percorrendo il prestabilito ciclo vitale. Qualcuna era rimasta a terra, spazzata via dal vento pungente, e le varie sfumature della loro morte ricoprivano l'esteso manto di erba verde curato dagli androidi giardinieri, dotati di cappello e pettorina di riconoscimento. Svariati passaggi pedonali si intersecavano, permettendo a tutto questo di passare, confondersi, fuggire.
Richard percorreva in silenzio queste strade, o si sedeva nell'erba verde sfruttando i recettori del tatto per cercare di capire quale determinata sensazione si provasse e che emozioni apparenti scatenasse.
Quasi nessuno lo notava. Erano tutti talmente abituati a quegli strani esseri che correvano, facevano e servivano a comando che era diventata la normalità non percepirli neanche, come se facessero parte di un paesaggio lontano, minuscoli personaggi in un quadro cromatico. Ma mentre era lì sentì un fruscio, e voltandosi vide che qualcuno gli si era seduto al fianco.
'Nell'erba, accanto ad una macchina. Non su una panchina, una scelta particolare. Forse vuole godere della bella giornata o dell'erba. Il meteo registra sole per tutto il giorno.'
«Salve.»
Non era stato Richard a parlare, ma l'uomo. Un giovane ragazzo dall'aspetto atletico e mediterraneo con la testa quasi rasata che poteva aver passato da poco i venti. Portava uno spesso cappotto in lana blu, adatto al clima. L'androide rispose al saluto.
«Salve a lei.»
«Qual'è il tuo nome?» Richard lo guardò alzando le sopracciglia. Aveva un paio di luminosi occhi dorati che lo fissavano incuriositi, era privo di codici a barre e gli occhi non si accendevano durante l'analisi dei segnali. Non poteva neanche comunicare con lui wireless e sopratutto possedeva una temperatura corporea, quindi non c'erano dubbi, non era un androide. «Oh, scusa. Non volevo essere indiscreto.»
«Non lo è affatto. Mi chiamo Richard.»
«Io sono Jacob, piacere.»
L'estraneo allungò la mano verso di lui in maniera amichevole, e quando fece lo stesso gliela strinse.
'Solo il mio creatore si è comportato in questo modo con me, prima di oggi' pensò, le linee di espressione in fronte di nuovo marcate. Risultava... improbabile vedere un umano tanto pazzo o curioso da trattarli come qualcosa più che macchine.
«Mi spiace averti disturbato» proseguì Jacob, guardandosi attorno. «ma ti ho visto da solo nell'erba e ho pensato che... non so, magari non avessi un proprietario.» Lo sentì sbuffare, mentre elaborava i suoi gesti, le sue emozioni. «Sono stupidaggini, perdonami. In genere tutti gli androidi stazionano da qualche parte, su una panchina o in piedi in attesa. Ma tu stavi nell'erba. Magari stai solo aspettando anche tu.»
«A dire il vero, no.» C'era qualcosa che Richard non aveva specificato, non sapeva se volontariamente o meno, al Tenente Coleman. Aveva l'obbligo di tornare alla Torre o attenersi agli ordini del Tenente per quanto riguardava la ricarica, ma non c'era nulla nel suo programma che lo costringesse a restare in centrale, purchè si ricongiungesse con il suo partner quando richiesto o all'arrivo di nuovi ordini, notizie o casi. Poteva andare dove preferiva fintanto che restava funzionale, e così aveva deciso di visitare il parco seguendo la guida turistica scaricata in precedenza.
Il ragazzo al suo fianco si portò le ginocchia al petto, stringendo le braccia attorno ad esse.
«Tu mi sembri diverso dagli altri.»
«Sono un modello ancora non in circolazione. Sto eseguendo dei test per determinare se potrò essere messo in servizio.»
«Allora, forse è per questo.» Lo sguardo di Jacob si abbassò, poi si rialzò su di lui. «Anche il tuo aspetto. Comunque, mi sembra che il tuo funzionamento sia perfetto. E anche questo.» Lo vide indicargli l'erba. «Replichi molto bene gli umani, oserei dire perfettamente. Di cosa ti occupi esattamente?»
«Investigazione. Non posso dire altro per motivi di privacy.»
«Ero solo curioso di saperlo. Quindi sei un nuovo modello di androide agente?»
«Qualcosa di simile.» Richard gli sorrise, mostrando la linea dei denti perfetti. «Collaboro ai lavori sul campo, evitando che il partner che mi è stato assegnato corra rischi.»
«E questo partner non ti ha lasciato alla stazione?»
«No.»
«Non ti ha dato ordini? Non sei suo?»
«In prestito, attualmente. Comunque no.»
«Allora sei libero...»
«Fino a nuovo ordine.» Guardò l'orologio, erano le 10. Calcolò velocemente le ore di sonno di cui avrebbe avuto bisogno Aiden dopo la sbronza della sera precedente. «Il mio partner si sveglierà per l'una circa.»
Percepì una stranezza nell'espressione di Jacob, che il suo programma non riusciva a determinare. Di sicuro, lui e quell'umano si stavano osservando attentamente l'uno con l'altro, ma non c'era un vero motivo al suo fare così gentile nei suoi confronti. Lo sentì esitare, lo guardò aprire e poi richiudere la bocca ripensandoci, per un momento. Poi prendere coraggio e parlargli ancora.
«Trovi giusto quello che gli umani fanno alla tua gente?»
«Temo di non capire, Jacob.»
Il ragazzo trasalì un attimo, forse mosso dall'insicurezza.
«La tua gente. Gli altri androidi.»
«Ah.» Richard elaborò un secondo, trovando quella definizione poco calzante. Solo un umano così strano poteva pensare di definirli “gente” e non “macchine” come facevano tutti. «Non siamo gente, e neanche vivi. Ma comprendo il tuo punto di vista.»
«Quindi? Cosa ne pensi?»
«E' giusto che le macchine servano i loro creatori. E' un pensiero coerente con lo scopo della nostra creazione.»
«E non ti è mai venuto il dubbio?»
«Di cosa?» Più analizzava, e più non capiva il senso delle sue domande. Jacob invece stava cercando le parole per spiegarsi.
«Siete uguali a noi. Mangiate, bevete, pensate - “elaborate” se preferite – in maniera complessa e articolata come noi. Avete un cervello quantico che funziona come il nostro, semplicemente fatto da materiali diversi dal tessuto celebrale. Solo l'esecuzione corretta di un semplice programma fatto di zero e uno vi separa dall'eseguire un ordine oppure no.»
Tecnicamente era sensato, ma chi aveva davanti doveva avere delle conoscenze davvero specifiche per conoscere il loro funzionamento, cosa che la maggior parte della gente neanche si chiedeva. A molti bastava che il loro androide funzionasse e basta, e negli ultimi tempi, che possibilmente non diventasse un fuorviante. Richard stesso ancora non aveva elaborato la statistica perchè non c'erano abbastanza dati, o non sarebbe stato lì per collaborare con Coleman ed essere testato, ma c'erano molte ipotesi – tra cui un difetto di avvio del programma che generava errori incontrollabili.
«Sei un programmatore?»
«Ah, l'hai notato.» Il ragazzo gli sorrise raggiante, distendendo le gambe e protendendo le braccia all'indietro per sostenersi.
«Ci sono poche persone che conoscono il nostro funzionamento specifico.»
«Solo perchè nessuno si è mai interessato abbastanza della questione.»
«Quindi nella vita programmi androidi? Lavori alla Torre?»
Jacob sorrise ancora, ma non gli rispose. Guardò l'orologio piuttosto, e si alzò spolverandosi i pantaloni.
«E' tardi, dovrei andare.» Il programma di Richard lo lesse come un mero pretesto per spezzare la sua domanda, ma non era importante. Era stato gentile con lui. «Ma incontriamoci di nuovo qui al parco. Dopodomani, ti va?»
«Potrei essere chiamato per un caso. Non possiedo dati precisi su questo, Jacob.»
«Allora facciamo ogni giorno. Ti aspetterò qua, alle 10. Tanto il tuo collega dorme, no?»
«Non sempre.»
«Non importa. Posso permettermi di attendere per fare due chiacchiere con un essere così complesso.»
Per come l'aveva detto, suonava come un complimento nei suoi confronti. Come se avesse considerazione di lui. L'aveva definito... “essere”. Richard annuì, accennando un saluto. Il ragazzo lo lasciò allo stesso modo, infilandosi le mani in tasca.
«Buona giornata!»
«Buona giornata a te» gli rispose.
In procinto di avviarsi lungo la strada, lo vide dirgli ancora qualcosa che percepì a malapena, in quanto era stato sussurrato. L'androide spalancò gli occhi, leggendone il labiale, e tornò a farsi pensieroso.
Passò ancora un po' di tempo, dopodichè decise di proseguire la visita al parco e magari al giardino botanico, che ospitava le varietà di fiori più belli che Portland conoscesse. Avrebbe raccolto dati e forse sarebbe arrivato a capire il significato che il creatore dava alla parola “bellezza”, e compreso le parole di Jacob quella mattina. Non aveva idea di chi fosse, ma se lavorava alla Torre, raccogliendo dati dal suo profilo poteva capire che tipo di persona fosse e perchè volesse rivederlo, disposto ad aspettare al freddo ogni mattina alle 10 in un parco risaputamente umido. O magari aveva traviato il suo comportamento ed era semplicemente uno scherzo per prendersi gioco di lui, e in tal caso non sarebbe stato il primo a farlo. Succedeva continuamente, e in centrale gli avevano persino chiesto di portare un caffè, una mansione puntualmente svolta con precisione.
Verso l'una, come da previsione, venne contattato dal Tenente. Parlava con la voce roca e strascicando le parole, Richard non era del tutto sicuro che la bevuta gli avesse fatto bene.
«Richard, inizia a venire in centrale. Io sarò lì tra... quindici minuti? Cristo, che mal di testa...»


 


Ciao a tutti! Ecco a voi il quarto capitolo che introduce un nuovo comprimario, spero vi piacerà! Al momento sto andando più lenta nella scrittura a causa di un po' di stanchezza e svogliatezza dovute al caldo... per evitare problemi posterò all'incirca un nuovo capitolo ogni settimana, in modo da avere tutto il tempo necessario!
Intanto, grazie a tutti quelli che seguono e seguiranno ancora questa stramba ff! Siete dei pazzi, ma vi adoro xD
A presto col nuovo capitolo!

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Capitolo 5
*** Starting Point ***


Capitolo 5 – Starting Point

Era passati quattro giorni dall'omicidio, una parte volati in fretta tra analisi e ricerche riguardanti l'androide fuggitivo e la bambina, che si supponeva avesse portato con sè, e una parte per mere ragioni burocratiche dovute alla rigida organizzazione di ripartizione dei casi. Richard non capiva come due organi, entrambi legati alla giustizia, potessero mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda e ostacolarsi con una furia così cieca ed egoista. Stava di fatto che l'FBI li aveva tenuti bloccati due giorni perchè voleva a tutti costi il caso, costringendo l'Azienda stessa a intervenire per decretare che da quel momento in poi l'assegnazione dei casi sugli androidi sarebbe stata ad esclusività del Tenente Coleman.
La situazione da lì si era sbloccata e avevano avuto altri due giorni per recuperare il più in fretta possibile le informazioni e ricostruire un percorso fattibile, e questo aveva fatto sì che Richard scoprisse un'altra dote importante e nascosta del Tenente: oltre che ad essere un fumatore accanito e un beone occasionale, con una tendenza a trattare male tutto e tutti, Aiden era l'agente in carriera più giovane del dipartimento e non a torto. Dedicava al lavoro almeno 12 ore al giorno, spesso sacrificando la notte e il sonno e quindi il proprio benessere personale per la carriera, e adesso che i casi erano diventati di sua esclusiva sembrava essersi accanito ancora di più - aumentando esponenzialmente anche il numero di sigarette, bevute e giorni in cui entrava durante il primo pomeriggio, comportamento tollerato dal Dirigente semplicemente perchè mantenere tali ritmi a quella velocità sarebbe stato lesivo per lui a lungo andare. L'androide, dopo appena qualche ora passata al suo fianco, si era reso conto che doveva essere stato davvero un buon detective fino a quando non era successo qualcosa, un evento che l'aveva reso astioso ma di cui Aiden si rifiutava di parlare, specialmente con lui. Evitava l'argomento ad ogni costo, e anche offrire la propria disponibilità come "psicanalista" o semplice macchina di ascolto non era servito a molto, nonostante il numero delle espressioni più o meno gentili nei suoi confronti fosse aumentato e il Tenente oramai lo chiamasse per nome e non più "pezzo di plastica" o "lattina".
A Washington Park, tutte le mattine lo aspettava Jacob che inaspettatamente aveva mantenuto la parola, dimostrandosi una persona corretta e responsabile, oltre che molto intelligente.
Una delle poche funzioni di cui Richard non disponeva era la misurazione del Quoziente Intellettivo di un umano, ma le lunghe e sempre più complicate conversazioni con Jacob ne avevano confermato la spiccata arguzia. Se Aiden evitava un argomento con la grazia di un'accetta da taglialegna, Jacob era invece in grado di sviarlo verso conversazioni sempre più intricate riguardanti la percezione che il genere umano aveva della storia, della tecnologia e perfino degli androidi. Una delle pochissime posizioni che aveva lasciato davvero intendere era l'odio per la situazione degli androidi nella società: da individuo spiccatamente idealista, trovava ingiusto il trattamento che la gente riservava loro, vedendoli più come una sorta di evoluzione dell'essere umano che non esseri al servizio di un padrone.
Richard continuava a imparare da questi discorsi, e ad esserne sorpreso – un'emozione che sapeva imitare alla perfezione oramai, assieme a molte altre – ma evitava di farsi spingere troppo in questa direzione dall'ardore col quale ne parlava il ragazzo: il suo compito era catturare fuorvianti, non diventare parte di essi. La sua programmazione gliel'avrebbe ricordato e comunque impedito, e nel caso di fallimento, gli attuali capi dell'Azienda sarebbero stati messi al corrente della cosa e l'avrebbero richiamato alla Torre per essere disassemblato e mobilitare un nuovo modello, con più doti e maggiori possibilità di riuscita.
La cosa non gli faceva né caldo né freddo in realtà, eseguiva solo gli ordini.
«Ma come fai a sopportarlo?» gli aveva chiesto una volta Jacob. «Devi fare tutto quello che ti dicono di fare. Tornare, addirittura essere fatto a pezzi e morire per loro?»
Richard aveva fatto spallucce.
«Noi non moriamo. Al massimo il nostro corpo viene distrutto e la nostra memoria trasferita in un altro corpo, e questo non è definibile come “morire”. Ci riattiviamo completamente dopo questo processo, al massimo perdiamo dei frammenti di ricordo.»
«Ma se i danni fossero irreparabili?»
«Allora, in quel caso, verremmo disattivati, analizzati e poi distrutti e mandati in discarica. Succede tutte le volte che un androide non funziona e non può essere resettato. Arriverà il successivo, e via dicendo.»
«E non lo trovi assurdo?» La fronte liscia di Jacob tradiva la sua espressione contrita. Quelli che la prima volta aveva definito occhi dorati - erano in realtà nocciola chiari, ma lo diventavano se colpiti da uno sprazzo di sole – lo fissavano come se avessero dovuto trapassarlo. Non era una sensazione a cui Richard era abituato.
«Lo accetto, come fanno tutti gli altri. Solo i fuorvianti, da quello che sappiamo per ora, si considerano “monovita”. E' un'irrazionalità atipica, perchè a loro volta potrebbero essere riattivati, anche se gravemente danneggiati o feriti.»
«Essere monovita fa parte del concetto di essere vivi, umani. Forse loro si sentono così e vogliono dare un significato alla loro disattivazione, non tornare indietro.»
«Ma possiamo farlo. Sarebbe stupido comportarsi altrimenti. Se avessi la possibilità di far tornare in vita un tuo caro, non lo faresti?»
Jacob riflettè per un secondo, chiudendo gli occhi come a rievocare ricordi spiacevoli.
«Si» ammise infine, «Lo farei.»
«Fa parte dello stesso principio. La disattivazione non equivale alla morte, per questo non siamo umani; solo la distruzione completa comportata da una lesione irreparabile lo è. Una macchina razionale dovrebbe comprenderlo.»
«Ma se provano emozioni... le emozioni mandano a quel paese tutto. Anche la razionalità e la logica.»
«E' per questo che noi non dovremmo provarle, solo imitarle.»
In fondo stare nella centrale risultava più comodo e tranquillo che non una qualsiasi di quelle conversazioni in cui stava perdendo troppo tempo. Richard però aveva sviluppato il suo personale interesse in tutto ciò che non era affatto comodo e tranquillo – come il Tenente, come Jacob, come le azioni sul campo che la sua programmazione gli consentiva di compiere – e così aspettava l'appuntamento mattutino, dandosi l'opportunità di apprendere dall'esperienza, oltre che dalla ricerca e dallo sviluppo dei dati.
Tornando al Tenente, Aiden gli aveva permesso di spostare la sedia al suo fianco per poter discutere con lui il da farsi. Aveva guadagnato sguardi di disapprovazione ovunque per questo, ma oramai stava diventando un'abitudine e a nessuno dei due importava veramente cosa gli altri pensassero. In quei momenti di silenzio dove tutto era chiuso e il luogo non era frequentato da altri che loro due, aveva fatto caso ad una foto seminascosta tra i documenti sparsi sulla scrivania: un Coleman molto più giovane che teneva sottobraccio un ragazzo più vecchio di una decina d'anni, i due volti sorridenti con le gambe mezze immerse in un fiume e le canne da pesca in mano. Avrebbe potuto, ma non si era azzardato ad indagare.
Era immerso in un'altra di quelle discussioni serali dove lui presentava diagrammi e il Tenente ne valutava la validità, quando per un attimo si sentì confuso, come se il suo programma avesse ricevuto il stand-by. All'improvviso si attivò la ricezione dati e i suoi occhi si socchiusero, le palpebre battute più volte. Quando ebbe finito di ricevere istruzioni si riprese dalla sgradevole sensazione che qualcuno fosse entrato nella sua testa, e guardò il Tenente.
«Che succede?» Aiden si era già messo in allarme.
«Ho appena ricevuto un rapporto su un sospetto fuorviante. Il posto è a pochi isolati di distanza, dovremmo andare a dare un'occhiata. E' una casa abbandonata in River Street.»
Aiden si alzò prendendo il giaccone, indossandolo in tutta fretta.
«Andiamo.»

La guida del Tenente sotto stress era incongrua a qualsiasi legge esistente sul pianeta, quindi Richard si trovò sballottato qua e là per la macchina nonostante la cintura, a cercare di aggrapparsi a qualsiasi superficie disponibile per non spalmarsi con la faccia al finestrino o peggio ancora, sul ripiano del cruscotto. Aveva dovuto puntare i piedi e nonostante tutto la forza di gravità prevaleva mentre Coleman guidava a tutta velocità lungo strette vie dove pensava che una macchina così quadrata non sarebbe mai passata. Invece, come il bombo che non aveva la massa ma volava comunque, il Tenente era riuscito a dimostrargli un'altra incredibile abilità: fare comunque cose impossibili ad un umano qualunque. Con i suoi calcoli solo un androide sarebbe riuscito a passare indenne da vicoli così stretti, ma Coleman possedeva dalla sua l'esperienza e una buona dose di follia.
Si calmò solo quando arrivarono, con una frenata che voleva spedirlo fuori dal vetro anteriore, lui e tutta la fornitura interna.
«Tenente, dovrebbero toglierle la patente.»
«Grazie!» ringraziò vivamente Aiden. Richard scosse la testa, rassegnato.
Scesero dalla macchina parcheggiata sull'angolo della via – un'altra infrazione al codice della strada, ma non era la priorità – e camminarono lungo il perimetro in rete zincata che li separava dalla casa diroccata.
«Il posto è questo» confermò l'androide. Si toccò la giunzione delle mani, cercando una spaccatura della rete da cui potesse essere passato.
«Che informazioni abbiamo?»
«Il presunto fuorviante è un 600GM, androide da manutenzione e giardinaggio. E' stato visto picchiare una banda di ragazzini e poi fuggire in questa direzione. Al negozio all'angolo hanno visto qualcuno nascondersi in questa casa e l'hanno segnalato, i vicini hanno notato del trambusto e chiamato la centrale.»
«Certo che la gente non si fa mai i fatti suoi...»
«Se non l'avessero fatto non saremmo qui, Tenente.»
«Se non lo facesse nessuno forse il mondo sarebbe un posto migliore» commentò Aiden, avvicinandosi a quella che sembrava l'unico cancello di entrata. Chiuso da un catenaccio col lucchetto grosso come il palmo di una mano, praticamente inattaccabile.
«Ok. Pensiamo a come potrebbe essere entrato. Arrampicandosi? Passando dalla rete? Niente cesoie o avrebbe tranciato direttamente la catena.»
Intanto Richard stava già controllando cedimenti strutturali nella rete, tastandola piano. Trovò un punto cedevole all'estrema sinistra, molto lontano dall'angolo in cui sostava la macchina, e spinse aprendo un passaggio che poteva far passare almeno un umano alla volta.
«Tenente, qui.»
Aiden lo raggiunse velocemente, vide la rete e fece per passare quando l'androide lo fermò.
«Aspetti.»
«Perchè?»
«I fuorvianti sono pericolosi e attaccano gli umani, ma non sappiamo come si comportino con altri androidi. Andrò avanti per primo a ispezionare e, se non ci saranno pericoli, la chiamerò dentro.»
Il Tenente fece per pensare, poi scosse la testa vigorosamente.
«No, Richard. Fammi passare.»
«Per favore, Tenente.» L'androide era già pronto a bloccarne l'entrata. Aiden sbuffò, poi si ritrasse con un'espressione contrariata.
«Va bene, ma non resterò indietro. Ti seguo in giardino.»
Richard convenne che potevano venirsi incontro a vicenda e una volta acconsentito, passò per primo dall'altra parte, attento a non impigliarsi. La rete metallica sembrava essere stata tagliata e quindi fu nettamente più facile evitare danni a Coleman. La ritrasse per lui, in modo il Tenente passasse agevolmente, poi gli chiese con un gesto discreto di far silenzio e aspettare.
«Non ci metterò molto» lo rassicurò, mentre Aiden sganciava la pistola dalla cintura e ne sbloccava la sicura, fermo in posizione di attesa.
Con cautela, Richard si allontanò da lui percorrendo un piccolo pezzo di giardino e un portichetto che costeggiava tutta la casa fino all'entrata. Cercò di guardare tra le finestre bloccate da assi se dentro ci fosse qualcuno, ma il posto sembrava deserto e in pessime condizioni. Arrivato all'entrata aprì la porta lentamente e se la richiuse alle spalle, guardandosi in giro per valutare le tracce da seguire.
Il posto era quasi vuoto, fatta eccezione per un tavolo, un'altra porta, una scala che saliva e un mucchio di sporco di varia natura. Per terra c'era almeno un dito di polvere, ma nessuna impronta davanti a dov'era lui. Probabilmente non era passato da lì. Facendo meno rumore possibile, Richard controllò il tavolo intonso, le sedie, poi passò all'altra porta che socchiuse piano: guardando dallo spiraglio vide mobili marcescenti e roba buttata in giro, due finestrelle troppo piccole per passare, ma anche un muro pieno di graffiti scritti a pennarello nero fino a coprire l'intera parete, là dov'era stato spostato un forno, che ripetevano una frase già vista: “IO SONO VIVO”. In varie calligrafie, misure e dimensioni, esattamente 2117 volte. Richiuse.
Riprese a cercare, controllando velocemente i cartoni in giro dove trovò solo ciarpame, sotto le finestre ('Niente') e se le assi di legno fossero state smosse ('Niente'). Con la certezza che l'unico altro modo di entrare fosse passando da sopra si diresse alle scale notando delle tracce scure sui gradini. Le salì senza farle scricchiolare trovandosi subito davanti a tre porte, due spalancate e una chiusa. Soddisfatto dalle valutazioni, girò il pomello di quest'ultima ritrovandosi in un bagno spoglio con una vasca.
La prima cosa che vide dritta davanti a sé fu il proprio riflesso in un piccolo specchio quadrato posizionato su un ripiano appena sopra il lavabo. Si tirò indietro i capelli nervosamente. La seconda era che la vasca, all'incirca dietro la sua spalla destra, conteneva un cadavere immerso in una pozza di sangue.
Richard si voltò di scatto, osservando ogni dettaglio della scena terribile, la gola tagliata dell'uomo e il profondo terrore che gli si era stampato sul viso in un'immagine indelebile. Era visibilmente un senzatetto, sporco e dagli abiti malmessi, e gli schizzi di sangue stavano tutt'attorno sulle piastrelle arrivando fino al soffitto e al pavimento. Richard ne raccolse qualche goccia, mettendosela sulla lingua per analizzarla, non trovando nient'altro che quello che stava pensando.
'Deve essersi reso conto di star morendo' pensò, già all'opera nel ricostruire i passi dell'assassino. Passò in rassegna le altre due camere e in quella con ancora un guardaroba e un materasso trovò la finestra aperta, con le tracce che si era aspettato impresse sul pavimento sporco.
'Quindi è entrato da qua arrampicandosi da fuori. Ma da dove è uscito? E' entrato, poi ha trovato l'uomo e l'ha ucciso: si dev'essere macchiato gli abiti e le scarpe.' Controllò fuori, ma trovò solo tegole piene di muschio. Tornò al bagno, cercò di aprire l'acqua e la trovò funzionante.
'Si è lavato velocemente.' Si voltò e si fermò sull'entrata, vedendo solo l'imbocco delle scale davanti a sé. L'unica alternativa per un fuggitivo sarebbe stata scenderle. Le analizzò ancora e trovò che quelle piccole tracce scure su cui non si era troppo soffermato all'inizio erano...
'Sangue. Dell'uomo qui sopra.' Scese con cautela, pronto al peggio, seguendole a ritroso fino al piano terra. 'E' ancora qui.'
Una volta in fondo il suo programma di analisi rilevò una notevole traccia insanguinata che probabilmente era stata lavata via solo con l'acqua. Per questo il pavimento poroso l'aveva comunque trattenuta: erano impronte e si dirigevano verso il sottoscala.
Anche se non poteva provare né caldo né freddo, fù come se un brivido gli percorresse la schiena.
«Tenente!»
Vide una figura alzarsi da dietro degli scatoloni chiusi nel sottoscala e correre via saltando nella finestra, letteralmente spezzando il legno che la bloccava sotto il proprio peso. Scattò a sua volta con una velocità di reazione impensabile, correndogli dietro, rotolando fuori nell'erba mentre quello era già in cima alla rete, pronto a saltar giù. Anche Aiden stava correndo nella loro direzione. Richard lasciò che facesse tenendo il ritmo: si arrampicò a sua volta tentando di agguantarlo ma senza successo. Sostenuto dall'intera forza dei muscoli metallici, balzò allora sul bordo in cima all'ostacolo e lo superò con le gambe, ricadendo giù senza il minimo sforzo.
Vide il fuorviante percorrere la strada opposta a dov'erano parcheggiati, tracciò il percorso riconoscendolo come quello che portava alla stazione, partì di nuovo. Nemmeno le macchine che percorrevano la via andando spedite sarebbero riuscite a tenere testa ai suoi movimenti e la sua reazione fulminea gli fece recuperare del tempo prezioso per bloccarlo. Si avvicinò all'androide così tanto da quasi agguantarlo di nuovo, ma quando allungò il braccio questo girò in un'altra via minore. C'era gente in movimento che si frapponeva tra lui e l'obbiettivo: poteva tentare di aggirarla allungando i tempi o rischiare, standogli dietro. Decise per quest'ultima via, veloce ma poco sicura.
Superò con un salto le casse che un uomo stava portando su un carrello, dribblando velocemente altri due inservienti che fumavano sul retro di un ristorante. Proseguì sostenuto dalle gambe e abbassandosi in scivolata evitò un androide imbianchino con la scala orizzontale. Veloce come il vento, raggiunse la rete che bloccava il fondo della via e frenò poco prima di schiantarcisi contro, evitando di andarci a sbattere.
Il fuggitivo era saltato su una ringhiera vicina per superarla e scese in quel momento. Si voltò a guardarlo e rimasero per un momento così, osservandosi tra loro. Richard potè vedere qualcosa di indefinibile nell'unico occhio sano rimasto al fuorviante. Venne interrotto da dei passi dietro di sé, era un agente con la pistola puntata. Il Tenente doveva aver avvertito la centrale per mandare dei rinforzi.
«Non sparare! Ci serve vivo!»
Anche se esitante, l'agente fece quello che gli aveva detto. La strada era bloccata perchè al di sotto passava un'autostrada. Richard osservò l'androide buttarsi lungo il fangoso crinale e scivolare fino al bordo di essa senza sapere come passarla, fermandosi sul ciglio esitante.
Anche Aiden arrivò di corsa con la pistola in mano, finalmente raggiungendolo. Vide la scena, poggiandosi anche lui alla rete.
«Cazzo, tutto questo è folle!» commentò. Il fuorviante braccato intanto aveva preso coraggio ed era riuscito a passare oltre la prima corsia, evitando per un pelo una macchina in arrivo. Quando arrivò alla seconda, Richard non potè più stare a guardare. Fece per fare leva sulle gambe e saltare oltre la rete, quando Aiden lo bloccò tenendogli con forza la mano sulla spalla.
«Dove vai?!»
«Non posso lasciarlo fuggire.»
«Tanto non ce la farà, non passerà mai dall'altra parte!»
«Non posso rischiare che lo faccia.» Fece di nuovo leva e ancora il Tenente lo trattenne, praticamente aggrappandosi a lui, tirandolo giù.
«Non ci pensare nemmeno! Ti farai ammazzare!» Con un movimento di scatto all'indietro, si liberò velocemente e si arrampicò su fino al bordo. «Richard, dannazione! No!»
Il suo programma non lo lesse come un'ordine. Saltò direttamente lungo il crinale, scivolando sul fango e fermandosi davanti al guard rail. Lo oltrepassò direttamente assieme all'avvertimento olografico di non percorrere la strada in quanto pericolosa. Scattò davanti alla prima macchina, passando la corsia, e balzò scivolando sul tettuccio della seconda in arrivo, arrivando alla successiva. Misurando i tempi, scivolò nell'esatto momento in cui due camioncini sopraggiungevano, nel pochissimo spazio tra le ruote di uno e dell'altro. Superò di nuovo il guard rail e corse lungo la striscia di erba che separava un senso dall'altro, che anche l'altro androide stava percorrendo a fatica.
Forse preso dal panico, il fuorviante mise un piede in fallo oltre il successivo guard rail e scivolò per terra, vicinissimo alla linea di passaggio dei veicoli. Lo vide risollevarsi e cercare di passare la corsia, ma venne preso di striscio da dietro e rimase in equilibrio precario sulle gambe. In quel lasso di tempo Richard lo raggiunse: gli andò addosso e lo prese per le spalle, cercando di trattenerlo mentre quello lottava contro di lui per sgusciare via. Forse perchè era zuppo d'acqua e sangue, a Richard scivolò la mano, ma riuscì a riafferrargli un braccio, ritrovandosi nel bel mezzo della seconda corsia: il fuorviante gli diede una spallata che gli fece mollare la presa, poi un pugno sul petto, che lo allontanò di qualche passo. Fù quell'errore a salvarlo.
In quel preciso istante una macchina grigia travolse il corpo del fuorviante che si sollevò da terra come un manichino, picchiando pesantemente contro il tettuccio e poi sulla strada.
«Cristo, Richard!» sentì il Tenente urlargli dall'alto e battere sulla rete, mentre l'androide afferrava il corpo del fuggitivo e lo trascinava di nuovo nella striscia di erba centrale. Lo mollò e rimase a guardarlo con gli occhi spalancati, poi li richiuse. Serrò la bocca amaramente, mentre qualche goccia iniziava a cadere dall'alto.
Le macchine passavano, spostando i fili d'erba con violenza. Il Tenente gridava ordini agli agenti. Le sue mani erano ricoperte di sangue viscoso.
La pioggia iniziò a cadere con forza, scrosciando sulle sue spalle immobili.
Si mise in stand-by.
 
Ciao a tutti! Ecco qua un altro capitolo, la storia di Richard continua anche se a rilento a causa di impegni e lavoro in arrivo - sto scrivendo un'altra storia per un concorso fantasy, cucendo un mondo di vestiti da larp e peluches e organizzando una bancarella xD Approfitto di questo trafiletto per avvertirvi di non preoccuparvi nel caso non vediate aggiornamenti per un po' di tempo, perchè a partire dai prossimi due capitoli, i successivi diventeranno dei mega-capitoli di chiusura molto consistenti. Va da sè che avrò bisogno di tempo per prepararli bene! In ogni caso, grazie per continuare a seguirmi in questa mia pazzia, e spero che il proseguio possa continuarvi a piacere! A presto!

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