Morning Star

di Baranjok
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Camminare per le strade di New York con un piccolo bagaglio e una spada non era stato così difficile come pensava. Clarissa Morgenstern, bassina con i capelli rosso fuoco, stava per intraprendere una nuova avventura in una nuova città. Aveva nella tasca interna della sua giacca di pelle, una lettera indirizzata ad Hodge, il custode dell’istituto, da parte del Conclave. Era lì che avrebbe alloggiato da ora in poi, aveva avuto soltanto il tempo di preparare i bagagli quello stesso pomeriggio e poi si era ritrovata in un altro stato e in un’altra città. Los Angeles già le mancava da morire. Decise di fare una sosta in un locale prima di dirigersi verso la sua nuova casa. Le fece strano pensare a New York come casa, sua madre Jocelyn una volta le disse che per i primi anni della sua vita avevano vissuto proprio lì. Scacciò via il pensiero di sua madre all’istante quando mise piede al Pandemonium. Secondo i suoi calcoli doveva essere quello il locale di cui tutti parlavano. I suoi amici di Istituto le avevano dato tutte le informazioni necessarie per ambientarsi in una città così grande come New York. Ordinò da bere , non aveva badato ad oscurarsi ai mondani, non era dell’umore giusto , e dopo due bicchieri di vodka, si buttò in pista mischiandosi alla folla.



-Non capisco perché dobbiamo mangiare questo schifo- disse Jace spostando il piatto verso il centro tavola.
-Se sei così bravo perché non cucini tu?- lo rimbeccò Isabelle alzandosi dalla sedia.
-bhe cucinare non è tra i compiti di uno Shadowhunter- rispose Jace torcendo il naso.
-La volete smettere voi due? Non fate altro che litigare.-Alec ogni volta fingeva di apprezzare la cucina della sorella , ma in realtà nascondeva i suoi intrugli in un tovagliolo e poi li gettava nel gabinetto.
-è lui che ha cominciato- disse Izzy.
-sentila, sei tu che cerchi continuamente di avvelenarmi.
Alec fece roteare gli occhi, parlare con quei due era inutile.
-Ragazzi, c’è un covo di vampiri all’esterno del Pandemonium, preparatevi.- disse Hodge presentandosi in cucina.
-Perfetto, una cosa che sai fare finalmente.- disse Jace rivolto ad Izzy.
-spiritoso-
-basta! Muoviamoci o qualcuno finirà per farsi del male.- Alec pose fine alla discussione ed insieme ai fratelli si recò in armeria per prepararsi alla battaglia.



Clarissa uscì dal locale con il suo bagaglio, diede una breve occhiata al suo orologio, era quasi mezzanotte , doveva sbrigarsi o avrebbe svegliato tutti con il suo arrivo. Mise appena il piede fuori dal locale quando percepì qualcosa di strano. I suoi sensi da cacciatrice non l’avevano mai ingannata, cosi prese la sua spada e controllò circospetta il retro del locale per accettarsi che nessun mondano fosse nei paraggi. Venne subito accerchiata da almeno una dozzina di vampiri. Era strano che si muovessero in gruppo, di solito preferivano uscire da soli. Clarissa adorava uccidere i vampiri, era il suo passatempo preferito. Non che non andasse d’accordo con i nascosti, ma chi infrangeva gli accordi era solo un nemico davanti ai suoi occhi. Sorrise divertita, mentre si avvicinavano a lei. Uccidere i vampiri era facile, bastava decapitarli o puntare al cuore. Prese velocemente un coltello dai suoi stivali, erano ottimi nascondigli per le armi.
-allora chi vuole morire per primo?- disse con tono divertito.
Subito uno di loro le si buttò addosso puntando alla gola. Clary fu più veloce di lui, gli diede un calcio sullo stomaco e il vampiro fece un volo dritto dritto sui bidoni dell’immondizia. Fu la goccia che fece traboccare il vaso, tutti i vampiri si precipitarono ad attaccarla. Clary cominciò a combattere ferendoli o decapitandoli.
-è tutto qui quello che sapete fare?- li provocò continuando ad usare calci, pugni o le armi. Uno di loro la prese di spalle e le strappo un lembo del vestito.
-ehi! Questo vestito era nuovo!- disse Clary indispettita. Si tolse uno stivale e con al punta del tacco uccise il vampiro puntando dritta al suo cuore. Tutti i vampiri erano morti, tranne il primo che si stava appena alzando dai bidoni. Era lontano circa 8 metri da Clary, estrasse un pugnale dal petto di un vampiro e cercò di prendere la mira da così lontano.
-State giù!- urlò a tre ragazzi appena arrivati sul posto. Lanciò il coltello cercando di essere più precisa possibile e quello si piazzò giusto al centro del petto uccidendo il vampiro. Clary si alzò e cercò di togliersi il sangue e la polvere dai vestiti. I tre ragazzi la guardarono con aria scioccata.
-Grazie- disse timidamente il ragazzo moro alzandosi insieme agli altri due. Clary recuperò il suo stivale, completamente ricoperto di sangue e melma. Fece una smorfia mentre se lo infilò. Superò i tre ragazzi e recuperò anche il coltello.
-Non c’è di che- rispose infine raccogliendo il suo borsone e incamminandosi a grandi passi verso l’Istituto.


Quando Jace , Izzy e Alec arrivarono al Pandemonium, il locale come sempre era pieno di persone. Si fecero le rune per diventare invisibili ai mondani.
-Non capisco proprio cosa ci trovino di così divertente i mondani ad andare in questo locale- disse Alec seccato dalla vista di due ragazzi che ballavano allegramente una musica fastidiosa.
-scherzi? Io ci verrei tutti i giorni.- rispose Izzy perlustrando la zona, non le sembrava di vedere vampiri.
-andiamo fuori, forse non sono ancora entrati- disse Jace arrivando alla stessa conclusione di Izzy. Quando aprirono la porta di uscita videro volare sopra di loro un uomo.
-cosa diavol…- Izzy si bloccò. A pochi metri di distanza c’erano circa 12/13 vampiri che stavano combattendo contro una ragazza. Jace e Alec assunsero le loro pose da combattimento e Isabelle prese la sua frusta.
-chi diavolo è?- domandò Jace notando la ragazza dai capelli rossi uccidere uno a uno tutti i vampiri.
-non ne ho idea.- rispose Alec preoccupato.
-State giù- urlò la ragazza verso di loro e loro obbedirono quasi immediatamente. Il coltello passò giusto sopra le loro teste e si conficcò preciso dentro il petto del vampiro che pochi attimi prima era volato sopra di loro.
-Grazie – disse Alec alzandosi. Izzy e Jace lo fissarono sbalorditi.
-Non c’è di che – disse la ragazza sorpassandoli e sparendo dalla loro vista.


Raggiungere l’Istituto non fu difficile. Non aveva bisogno di bussare così aprì lentamente le porte. Non era molto diverso da quello che aveva a Los Angeles però c’era qualcosa di magico in quel posto.
-C’è nessuno?- urlò nel grande atrio. Un gatto si avvicinò furtivo a lei annusandola.
 -e tu chi sei?- chiese Clary accarezzandolo. Il gatto di tutta risposta si incamminò per un corridoio e Clary lo seguì. Lo studio di Hodge era aperto e lui ,chino sulla sua scrivania, stava leggendo un libro. Clary si schiarì la voce.
-Si può?- domandò sull’uscio della porta. Hodge sobbalzò dalla sedia e rovesciò la sua tazza di the sulla scrivania.
-perdonami non volevo farti venire un infarto .-disse Clary precipitandosi vicino a lui aiutandolo a ripulire il casino che aveva appena combinato.
-non è niente è che pensavo di essere solo, tu chi sei?- le chiese Hodge ponendosi davanti a lei. -Sono Clarissa- disse porgendogli la mano.
-Clarissa?-
-Come? Non sei stato avvisato?- chiese titubante. Si affrettò a prendere la lettera nella sua giacca e la porse ad Hodge.
-è tutto scritto qui dentro, sono appena arrivata.-
Hodge aprì immediatamente la busta e lesse con attenzione il contenuto.
-sei tu? La figlia di Val..-
-si .- lo interruppe Clary , non amava sentire il nome di suo padre.
-Non sapevo nulla, quando è capitato?-
-ieri mattina, non è un problema vero?la mia presenza qui intendo.-
-ma certo che no, ogni Shadowhunter è il benvenuto qui.- le sorrise quasi commosso.

-Dobbiamo avvisare subito Hodge, dobbiamo dirgli che c’è una nuova cacciatrice in città- Alec, come ruolo di fratello maggiore , si diresse di prepotenza verso lo studio di Hodge , seguito a ruota da Jace e Izzy.
-Hodge c’è una nuova ragazza, una cacciatrice , devi aiutarc…-i ragazzi si bloccarono alla vista di Hodge e la ragazza dai capelli rossi, intenti a sorseggiare comodamente seduti sul divano del the.
-Salve.- disse Clary sorridendo imbarazzata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quello che successe nei minuti successivi fu un gran baccano che Clary quasi scordò ogni parola. Jace, Izzy e Alec sommersero di domande Hodge che, si trovò in una posizione scomoda.
-Calma ragazzi, sedetevi e ne parleremo con calma.-
Clary si sentì parecchio in imbarazzo, non amava essere al centro dell’attenzione.
-Lei è Clarissa …- Hodge si bloccò, non sapeva se Clary avesse voglia di svelare la sua vera identità.
-Morgenstern.- concluse Clary porgendo la mano ai tre ragazzi.
-Morgenstern? Come Valentine Morgenstern?- chiese Isabelle sbalordita.
-si, è mio padre.- ammise Clary arrossendo appena.
-e cosa ci fa qui?- domandò Alec rivolgendosi a Hodge.
-beh, sua madre , Jocelyn , è scomparsa ieri mattina. Il console ha pensato bene di mandare Clary qui per un po' poiché ritiene che Los Angeles non sia più un luogo sicuro per lei.-
-Capisco.- rispose Alec sorridendo a Clary.
-scusatemi per prima, non pensavo foste voi, vi avevo scambiato per tre mondani.- disse Clary rivolta verso i ragazzi.
-beh, grazie ci hai salvato la vita-le disse Jace arrossendo.
Izzy e Alec lo fissarono divertiti.
-Beh, mi piacerebbe molto continuare a parlare, ma sono molto stanca.- ammise Clary.
-ma certo, le camere sono al piano di sopra, scegli pure quella che vuoi.- disse Hodge alzandosi e prendendo la valigia di Clary.
-Hodge, ti ringrazio ma posso farcela anche da sola.- disse prendendo il suo borsone. -Buonanotte- aggiunse poi dileguandosi per le scale.
Prese la prima camera dopo le scale, non era un granchè, c’era solo un letto, un comodino e un piccolo armadio appoggiato alla parete. Meno male che aveva il bagno in camera. Decise subito di farsi una doccia per togliersi di dosso il sudore, la polvere e il sangue dei vampiri. Si asciugò velocemente i capelli e si buttò a letto, prima di chiudere gli occhi però controllò il suo cellulare nella speranza di avere notizie su sua madre.
 
 
-Allora davvero la manda il Console?.- domandò Alec una volta che Clary chiuse la porta.
-si, ecco questa è la lettera.- rispose Hodge.
-Ma non sapevo che Valentine avesse dei figli, e se fosse una spia?.- chiese Isabelle.
-Suvvia Izzy, quella ragazza ha la tua età. Sua madre è appena sparita.-
-si ho capito ,ma..- fece per ribattere.
-Jocelyn scappò da Valentine quando scoprì di essere incinta di Clarissa. Come ben sapete Valentine inscenò la sua morte, facendo perdere le sue tracce. Jocelyn si trasferì qui e fece nascere Clary proprio in questo Istituto. Dopodiché , quando Clary non aveva nemmeno due anni decise di trasferirsi a Los Angeles. Clary è stata allevata in Istituto, ma cresciuta in casa,  perché Jocelyn non voleva che sua figlia potesse essere plagiata dal Conclave e i suoi ideali come successe a lei alla sua età. Ma quando Jocelyn venne a conoscenza del fatto che Valentine fosse ancora vivo e in cerca di vendetta, la spedì dritta all’Istituto di Los Angeles, dove avrebbe avuto tutta la protezione possibile. Clary naturalmente andava a trovare sua madre ogni giorno, ma proprio ieri mattina, quando è andata a casa sua l’ha trovata completamente distrutta, con un bigliettino, indirizzato a lei. –spiegò Hodge.
-Cosa c’era scritto in quel biglietto?-domandò Jace.
-le solite cose, che sta arrivando più forte che mai.-
-ma cosa poteva volere da Jocelyn?.-chiese Isabelle.
-Il console, ma anche il Conclave, ha sempre pensato che la coppa mortale, fu distrutta dallo stesso Valentine quando finse di essere morto, perciò nessuno di loro si prese la briga di cercarla. Ma come sappiamo benissimo, Valentine la sta cercando da anni ormai, per formare il suo esercito di demoni e Dimenticati. Quindi tutti i sospetti sono ricaduti su Jocelyn.-
-e non l’hanno interrogata?- domandò Alec.
-si, a lungo, ma senza successo.-
-quindi l’ha sempre avuta lei?.-chiese Jace.
-si, e si sospetta che Valentine l’abbia presa per questo motivo.-
-ma poteva rivolgersi al Console, potevano proteggerla meglio.-
-Jocelyn è ed è sempre stata una delle shadowhunter più forti e spietate della sua generazione, aveva dei poteri straordinari. Solo con lei la coppa sarebbe stata sicura. Quegli stessi poteri che la caratterizzano, fanno parte anche di Clary, lei è in grado di creare nuove rune ed ha una forza strabiliante..-
-Ce ne siamo accorti, ma come è possibile?- domandò Alec.
-quando Jocelyn aspettava Clary, Valentine le somministrò sangue d’angelo, in questo modo , sia Jocelyn che Clary sono dotate di poteri angelici.-
-Ma delle persone con questi poteri avrebbero dovuto avere più protezione, come mai Valentine è riuscito a catturarla solo adesso?.-
-sicuramente si saranno affidate a un potente stregone, o lui le ha tradite oppure Valentine ne ha trovato uno più potente.- disse Hodge risedendosi.
-questo non è possibile. - disse un uomo molto alto, con gli occhi da gatto e dai capelli luccicanti.
-Magnus Bane!- Hodge sobbalzò dalla sedia.
-si in carne ed ossa.- disse Magnus fissando Alec.
-tu-t-tu- sei il sommo stregone di Brooklyn !- rispose Alec.
-si sono proprio io, fiorellino.- disse Magnus posando lo sguardo su Hodge.
-cosa ci fai qui?-
-lei dov’è?-
-sta dormendo.-
-bene aspetterò qui che si svegli, ho appena saputo cosa è successo, ero in India per affari.-
-non è necessario che tu resta, sono sicuro che ti cercherà lei stessa in mattinata.- rispose Hodge.
-ne dubito, se non ti spiace mi accomoderò qui.- disse Magnus sedendosi su una poltrona.
-come preferisci, e ora tutti a letto ragazzi ne parleremo domani. – disse Hodge spegnendo le luci.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dormire in quel letto scomodo , per Clary, fu doloroso. La sua schiena era a pezzi, magari gli angeli potessero mandarle rune per la comodità. Diede una breve occhiata al suo cellulare, ma fu delusa dal constatare che nessuno l’aveva cercata. Erano appena le 9 del mattino, quindi si diede una rinfrescata e cominciò a fare, come suo solito, i suoi esercizi mattutini. Sua madre era molto severa su questo punto. Quando fu sicura di aver fatto tutto, scese le scale alla ricerca della cucina, per poter fare colazione. Notò che tutti erano a tavola, intenti a mangiare.
-Giorno- bofonchiò piano e in imbarazzo, era l’unica ancora in pigiama. Non fece in tempo a svoltare l’angolo che notò Magnus Bane comodamente seduto su una poltrona intento a bere una tazza di the. 
-cosa ci fa qui?- chiese Clary rivolta a Hodge.
-bhe ecco è arrivato ieri sera, mentre tu dormivi.- cercò di spiegarle.
-pensavi che ti avrei lasciata sola?- domandò Magnus avvicinandosi.
-lo hai fatto già.- rispose Clary furiosa, sapeva che infondo non era stata colpa sua, ma in cuor suo avrebbe voluto avere un vero colpevole.
-Clary, non avrei potuto fare niente di più, vi ho dato tutta la mia protezione.-
-si, ma non era abbastanza. -rispose Clary sedendosi a tavola e sgranocchiando un cornetto.
-in ogni caso sono venuto per darti notizie.- disse Magnus sedendosi di fronte a lei.
-che notizie?-
-Il conclave mi ha chiesto di aiutarti a cercare la coppa.-
-e come mai lo ha chiesto a te?- domandò Hodge mettendosi gli occhiali da vista.
-perché sono l’unico che può aiutare Clary ad utilizzare i suoi poteri.-
-trovare la coppa , non farà di certo tornare mia madre, sempre se è ancora viva!- esclamò Clary pentendosi subito dopo aver pronunciato quelle ultime parole.
Jace e Isabelle si alzarono dalle sedie per allontanarsi dallo scontro, mentre Alec non smetteva un secondo di fissare Magnus con la bocca aperta.
-Il conclave è convinto del fatto che Valentine abbia preso tua madre per via della coppa, una volta scoperto che lei non la possiede la lascerà andare via e in caso contrario potremmo offrirla come scambio.-
-dubito che il Conclave voglia dare ad un pazzo folle come mio padre uno strumento mortale.-
-infatti è cosi, sarà una trappola.-
-sei un deficiente se credi che Valentine ci cascherà!- Clary si alzò dalla sedia e si voltò verso Hodge.
-non dirmi che sei d’accordo con questo piano.-domandò Clary .
-sono ordini che non posso evitare di eseguire, è pur sempre un piano.-
-quindi cosa dovrei fare? Sforzarmi di indovinare dove mia madre abbia nascosto la coppa? Per quanto ne posso sapere potrebbe essere a Los Angeles!-
-No,ho controllato l’appartamento e ho fatto un incantesimo per restringere il campo di ricerca, deve essere qui!-
-qui nel senso in Istituto o qui come New York?- chiese Alec che fino a quel momento era stato in silenzio.
Magnus si voltò verso di lui e sorrise. Baciò teneramente la testa di Clary e scomparì all’improvviso.
Clary sbuffò sonoramente.
-fa sempre così non ci fare caso- disse ad Alec che si guardò attorno dubbioso.
-Bene, io ho delle lettere da scrivere, vi lascio- disse Hodge uscendo dalla cucina.-Ah Clary, sentiti come fossi a casa tua – aggiunse poi.
Clary si voltò verso i ragazzi, sentendosi parecchio a disagio. Aveva degli shorts di cotone, che sua madre le aveva regalato quando aveva sconfitto il suo primo demone e una maglietta due volte più grande di lei con su scritto I love fish, che apparteneva a Simon.
-Bhe, è stato intenso.- disse Isabelle cominciando a sparecchiare.
-si, decisamente.- commentò Alec aiutando la sorella.
-volete una mano?- domandò Clary avvicinandosi al tavolo.
-oh no, lascia perdere facciamo noi.- ripose Jace iniziando a lavare i piatti, sotto lo sguardo sbalordito di Izzy e Alec.
-allora vado a fare una doccia, ci vediamo dopo.- disse Clary lasciandoli soli.



Jace, non appena Clary ebbe voltato l’angolo, smise di lavare i piatti.
-oh no, continua ti prego è uno spettacolo che non voglio perdermi.- disse Izzy punzecchiandolo. Jace diventò rosso come un peperone.
-piantatela.- disse pulendosi le mani piene di detersivo.
-non c’è bisogno che fai tanto il tenero, quella non ti si fila nemmeno per sbaglio. –disse Alec ridendo.
-ma sentilo, mr si trova qui in Istituto o qui a New york- disse Jace facendogli il verso.
Stavolta fu Alec a diventare rosso.
-smettetela entrambi, su forza aiutatemi a sistemare che dobbiamo allenarci, non so voi ma io non ci tengo a farmi prendere in giro dalla rossa.- disse Izzy finendo di sparecchiare.




Dopo essersi fatta una bella doccia, ed essersi vestita , Clary decise che era ora di esplorare per bene l’Istituto. Si avvicinò lentamente verso la biblioteca, e ne rimase affascinata, libri e libri su tutti i tipi di demoni e mostri che popolavano quella terra. Non che a Los Angeles non ci fosse una biblioteca fornita, ma si sa ogni Istituto ha sempre qualcosa di nuovo. Non sapeva bene cosa fare, a Los Angeles aveva la propria routine, la mattina si alzava, colazione, allenamento, pausa pranzo, lezione , di nuovo allenamento e poi dritta a letto. Ma qui non sapeva bene come comportarsi, non sapeva nemmeno come allenarsi con Magnus dato che era sparito nel nulla. Fece per afferrare un libro sulle rune, quando il rumore di una porta chiusa di scatto la fece sobbalzare.
-scusa non volevo spaventarti.- le disse Hodge.
-e io non dovevo entrare qui senza permesso. – rispose Clary rossa di vergogna.
-non dire sciocchezza, questa biblioteca non è per niente privata. Puoi prendere qualsiasi libro tu voglia.-
-è che non so che fare, non so nemmeno come cominciare a trovare questa coppa. Disse Clary frustrata.
-ti capisco e non so come aiutarti, so che deve essere difficile stare qui, lontana da casa senza sapere come stia tua madre e se sia ancora viva. Ma sappi che Clary che sola non ci sei, anche se non conosci bene so che i ragazzi sapranno accoglierti come una di famiglia se gliene dessi l’occasione e so che sapranno aiutarti se ti rivolgerai a loro.-le disse Hodge affiancandola.
-grazie Hodge, mia madre mi ha sempre detto che eri il più premuroso tra di loro.-
-bhe , grazie.- rispose Hodge arrossendo.





Clary raggiunse dopo poco i ragazzi in armeria, si stavano allenando ed erano piuttosto bravi, poté constatare guardandoli da lontano.
-Clary perché non ti unisci, potremmo fare un doppio combattimento.- le chiese Alec porgendole una spada.
Di solito Clary non usava altre spade oltre la sua, ma decise di accettare.
Si posizionò di fronte Isabelle, che usava una frusta. Sorrise di sfida, Clary quando combatteva era spietata, ma decise di trattenersi non voleva che nessuno si facesse male, specialmente loro con cui avrebbe dovuto condividere le giornate.
Stava per attaccare quando da un portale emerse Simon.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


-Simon!?-
Clary lasciò cadere la spada che aveva impugnato e corse verso l’amico. Simon aveva appena varcato il portale quando Clary gli piombò tra le braccia. Entrambi caddero e risero come due bambini. Simon indossava la sua tenuta da cacciatore: jeans neri, giacca e camicia di pelle e le sue armi nascoste un po' ovunque. Sorrise dolcemente a Clary e si raddrizzò gli occhiali sul viso. Clary fu la prima a rialzarsi e si ricompose. Hodge, che molto probabilmente si era messo a letto per un riposino, comparve in armeria, scosso e tremolante.
-Cosa è successo? State tutti bene?- domandò in preda al panico.
Jace, Isabelle e Alec avevano ancora la bocca spalancata quando Clary iniziò a parlare. Simon si rialzò e si mise al suo fianco sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori.
-Lui è Simon Lovelace, è il mio parabatai.- disse Clary rivolta verso gli altri.
-In carne ed ossa.- commentò poi Simon.
-Come diavolo sei arrivato, chi ha aperto il portale in Istituto?- Hodge era davvero furibondo, non c’era nulla che sfuggisse al suo controllo.
-Bhe ecco… è stato Magnus.- rispose Simon.
-Magnus? E perché non hai preso un aereo come fanno le persone normali?- gli chiese Clary. No che non fosse contenta di avere lì Simon, ma aprire un portale era molto rischioso in quel periodo.
-Lo so è quello che gli ho detto, sono tornato ieri da Idris e tu non c’eri. Sapevo di tua madre , ma mi aspettavo di trovarti ancora in Istituto. Magnus è arrivato solo pochi minuti fa, mi ha ordinato di fare le valigie ed eccomi qui.- rispose Simon grattandosi la testa, cosa che faceva ogni volta che era nervoso.
-Mi sentirà! Oh se mi sentirà!- Hodge era diventato rosso dalla rabbia.
-Mi spiace signor..- si bloccò a metà frase.
-Hodge, non è mica colpa di Simon! Sono sicura che ci sia posto anche per lui qui no?- domandò Clary rivolgendosi un po' a tutti.
-Si certamente, scusatemi se ho alzato la voce.- disse rivolto ai ragazzi, si sistemò la vestaglia e uscì di gran fretta dall’armeria.
Jace e Alec risero sonoramente , mentre Isabelle rimase immobile con la frusta ancora in mano.
-Così tu hai un parabatai?- le chiese con una punta di invidia nella voce.
-Si, io e Simon siamo praticamente cresciuti insieme, quando me l’ha chiesto mi è sembrata la cosa più naturale del mondo.- Clary rispose ancora abbracciata a Simon, non si vedevano da almeno due settimane e per lei era tantissimo tempo.
-Come farei senza la tua testolina rossa- le disse stropicciandole i capelli.
Quando Clary aveva all’incirca sei anni, sua madre l’accompagnò personalmente all’Istituto di Los Angeles dove abitava anche Simon. Fecero subito amicizia, nonostante fosse pieno di bambini. Ma da quando Clary riuscì a batterlo ad un duello seppe , in cuor suo, che quello sarebbe stato sicuramente il suo migliore amico, e non litigarono mai.
-Anche io e Alec lo siamo.- disse Jace porgendo la mano a Simon per presentarsi.
-Cosa?- domandò Clary sovrappensiero.
-Parabati, intendo.- le rispose Jace arrossendo.
-Oh, fantastico. Ragazzi scusate, continuate pure l’allenamento io voglio mostrare l’Istituto a Simon.- disse Clary prendendo il suo amico per mano .
 
 
 
 
 
 
-Così non solo è più forte di tutti e tre noi messi insieme, ma ha anche un parabatai.- Isabelle si sedette , con le gambe incrociate, sul pavimento.
-Isabelle, non prendertela, sono sicura che anche tu un giorno avrai un parabatai.- Alec , come al solito cercava di fare il premuroso .
-Io quella me la sposo.- rispose Jace guardandola allontanarsi.
-Oh signore ti prego!- Alec era esasperato, Jace era sempre stato affascinato dalle donne.
-Alec , è la donna dei miei sogni: bellissima, forte, amante della caccia.- Jace correva avanti e indietro per la stanza.
-Se non lo hai notato aveva occhi solo per Simon.- le fece notare Isabelle, assumendo un atteggiamento altezzoso.
-Bhe, che c’entra è il suo parabatai, non possono mica stare insieme , è vietato.- Jace le rispose indignato.
-Sarà.- disse Isabelle.- io vado a farmi una doccia, a più tardi- si incamminò anche lei  verso l’uscita.
-Jace non parlerai sul serio? L’hai appena conosciuta.- gli disse Alec posando anche lui la spada.
-Mai stato più serio in vita mia e poi nessuno sa resistermi, sono bellissimo.- disse Jace sorridendo.
Alec di tutta risposta roteò gli occhi al cielo. Si mise la giacca e fece per uscire.
-Dove vai?- domandò Jace incuriosito.
Alec arrossì, sua sorella l’aveva iscritto in un sito di incontri.
-Cosa?- domandò Jace ,vedendo che l’amico non rispondeva.
-Ho un appuntamento.- disse Alec, cercando di sembrare il più calmo possibile.
-Davvero? E con chi?- chiese Jace meravigliato. No che non fosse contento che Alec avesse una vita privata, ma capitava così di rado che per lui fu una sorpresa.
-Un certo Ivan.- rispose Alec richiudendosi la porta alle spalle per non sorbire altre domande imbarazzanti.
 
 
 
 
 
-E queste sono le stanze.- concluse Clary sulla soglia della sua camera, dopo aver fatto fare il giro turistico a Simon.
Simon fischiò di tutta risposta.
-Allora- disse Clary facendolo accomodare sul suo letto.- Cosa ci fai qui?-
-Clary, dove vai tu vengo io. Non esiste che tu te ne vai senza dirmi nulla.-
-Non avevo altra scelta, sono stata praticamente trascinata qui.-
-beh potevi scrivermi, che sò lasciarmi un biglietto.-
-Ad Idris non funzionano gli oggetti elettronici e poi se devo dirla tutta avresti potuto anche invitarmi alla tua piccola gita in Patria.- Clary e Simon non litigavano mai, questo era vero, ma c’erano delle volte che proprio si davano i nervi da soli.
-Non era un compito per te.- disse Simon togliendosi la giacca, se a Los Angeles faceva sempre caldo a New York le temperature erano di certo più fredde, ma in Istituto si stava bene.
-Già lo so, anche se avrebbero dovuto chiamarmi. Sono più forte di te- lo punzecchiò Clary facendolo sorridere.
-lo so!- ammise Simon sbadigliando.
Clary controllò l’ora erano le sei del pomeriggio.
-Hai sonno?- domandò premurosa.
-Si, vado nella mia stanza.- disse alzandosi da letto.
-Se vuoi dormire qui non c’è problema.-
-No, buonanotte Clary.- disse lasciandola sola.
Una volta rimasta sola a Clary cominciò a brontolare lo stomaco, non aveva pranzato e la colazione era stata misera. Si diresse in cucina alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare e sobbalzò alla vista di Jace seduto su uno sgabello con il suo blocco da disegni in mano.
-Chi ti ha dato il permesso di aprirlo?- Clary di rado si arrabbiava, ma quello era come un diario segreto per lei.
-Scusami, lo avevi lasciato in armeria, stavo per riportartelo, ma sono stato rapito, questi disegni sono stupendi.- Jace rosso di vergogna, si alzò per riconsegnarle il blocco.
Clary lo afferrò livida e senza nemmeno rispondere lo buttò sul bancone.
-Davvero perdonami, non volevo spiarti.- Jace cercava di giustificarsi, ma Clary che era ancora scossa gli dava le spalle.
-Va bene, ma non farlo mai più.- Clary lo guardò dritta negli occhi e stava per chiedergli se c’era qualcosa da mangiare, quando ricomparve Magnus all’improvviso.
-Gesù!- urlò Clary mettendosi le mani sul petto. Jace scattò di lato già intento a brandire un coltello.
-No, sono solo io.- rispose Magnus sorridente. -Piaciuta la sorpresa?- le domandò ignorando Jace completamente.
-Si , grazie.- Clary si girò verso il frigo.
-è tutto qui? Si ,grazie?- Magnus era leggermente infastidito.
Clary sbuffò sonoramente.
-Cosa vuoi che ti dica? Oh grande e onnipotente Sommo stregone di Brooklyn, grazie per aver esaudito i più profondi e sinceri desideri della mia mente.- rispose sarcastica.
-Lascia stare, non serve inginocchiarsi.- Magnus la liquidò con un gesto della mano. Si voltò verso Jace.
-E tu ? cosa ci fai qui? Non vedi che è una conversazione privata?- Jace fece per allontanarsi.
-Jace no! Non abbiamo più nulla da dirci, stai pure!- e li lasciò così da soli, e con lo stomaco che ancora le brontolava.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La luce dei lampioni rifletteva sul pavimento di marmo nella grande suite del Plaza Hotel . Un uomo, girato verso le sue grandi vetrate fissava come incantato due pipistrelli che svolazzavano tranquilli nel cielo buio. L’uomo aveva un bicchiere di whisky tra le mani e lo sorseggiava lentamente come fosse sovrappensiero. Poco distante , nel grande letto a baldacchino che primeggiava nella stanza, giaceva immobile una donna. La pelle delicata era coperta di fili che le uscivano da tutte le parti. L’uomo si voltò di scatto e posizionò il suo bicchiere sul piccolo tavolo di vetro in mezzo ai due divani e si precipitò verso la porta. Quando l’aprì, due shadowhunters in tenuta da caccia, fecero il loro ingresso nella stanza. Senza nemmeno voltare un’occhiata alla donna , le diedero le spalle sedendosi sul divano. Erano a piedi nudi, l’uomo gli aveva fatto togliere gli scarponcini sporchi di fango all’ingresso.
-Allora? L’avete trovata?- domandò l’uomo sedendosi di fronte a loro e tornando a bere il suo whisky.
-Si signore, l’abbiamo trovata.- rispose uno dei cacciatori. Erano tesi più delle corde di un violino.
-Ma…- aggiunse l’altro.- è protetta, si trova all’Istituto.-
-Dannazione!- l’uomo si alzò di scatto e buttò il bicchiere contro il muro frantumandolo in mille pezzi. Nessuno di loro sobbalzò, nemmeno la donna sul letto.
-Potremmo farla uscire con un diversivo, potremmo prenderla con la forza.- fece per dire uno di loro.
-No è troppo rischioso.- l’uomo si passo una mano tra i capelli e sospirò.
-Mio signore, proveremo a prenderla , ne saremo capaci.-
-Lo spero, riportatemi mia figlia.- ordinò ai due cacciatori che si alzarono di scatto e lo lasciarono solo.
L’uomo, come se si fosse appena svegliato da un sogno, posò il suo sguardo sulla donna . Le si avvicinò lentamente e le mise una mano sulla guancia. Era fredda pensò.
-Oh Jocelyn! Presto saremo tutti riuniti! Presto potremmo tornare a casa.-
 
 
 
 
 
 
-Non so se ho voglia di andare al Pandemonium stasera- disse Clary strappando un’altra pagina dal suo blocco da disegni. Era seduta sul pavimento dell’armeria, intenta ad osservare Simon allenarsi.
-Perché?- le domandò Simon lanciando un coltello nel centro del bersaglio.
-Non lo so- commentò Clary. Decise di chiudere il suo blocco, non aveva proprio ispirazione quel giorno. Simon le si sedette affianco e le posò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Clary arrossì. Lei e Simon erano sempre stati legati da quando ne aveva memoria, ma ora si domandava se dietro quel piccolo gesto ci fosse ben altro.
Erano soli in Istituto, a parte Hodge che era chiuso in libreria come al solito. Izzy, Alec e Jace erano usciti per andare a comprare il pranzo. Clary diede una rapida occhiata al suo orologio, erano le 12 e 30.
Simon invece le accarezzò la mano e Clary ebbe una fitta allo stomaco. Non aveva mai pensato a loro due in quei termini, e pure se lo avesse fatto, ormai erano parabatai e non poteva accadere niente tra di loro.
-Perché mi fissi? Ho qualcosa sul viso?- le domandò Simon allarmato. Clary sorrise.
-No- si alzò facendo schioccare la schiena. Quel letto stava diventando insopportabile.
-Dove vai?- le chiese Simon vedendola incamminare verso l’uscita.
-Sto andando da Hodge, voglio vedere se ci sono delle novità.-
-Vengo con te.-
 
Quando misero piede in libreria, Hodge come al solito si trovava intento a leggere qualche manoscritto.
-Oh ragazzi, suvvia entrate- gli disse togliendosi gli occhiali. Aveva un gusto nel vestire impeccabile.
-Mi stavo domandando se avessi notizie dal Conclave o da Magnus- disse Clary sull’uscio della porta. Simon le si mise affianco circondandole i fianchi. Clary stava cominciando a sentirsi a disagio.
-No purtroppo no.- ammise un po' dispiaciuto Hodge.
Clary sospirò.
-Siamo tornati!- la voce di Isabelle riecheggiò per tutto l’Istituto facendo scattare il povero gatto appollaiato sulla poltrona.
Clary si accorse solo in quel momento quanta fame avesse. Non aspettò nemmeno che le porgessero il piatto che mangiò direttamente dalla scatola, Simon la imitò.
-Beh Buon appetito.- disse Hodge. Clary arrossì dolcemente.
-Allora novità su tua madre?- le chiese Isabelle.
-Non ancora.- sbuffò Clary.
-Sono sicuro che stia bene, probabilmente starà sorseggiando un Margarita in qualche isola tropicale.- le disse Jace cercando di essere simpatico.
-Dubito che mio padre abbia portato mia madre in un isola tropicale- rispose Clary irritata.
-veramente io..-fece per replicare Jace , ma Clary lo liquidò con un gesto della mano.
-Stasera tutti al Pandemonium?- domandò Alec cercando di cambiare argomento.
-Si, tutti al Pandemonium.- rispose Clary sorridendo. Si beccò un’occhiataccia da Simon ma fece finta di niente. In quel momento il suo cellulare squillò. Era Magnus. Clary si pulì le mani con un tovagliolo e mise il vivavoce.
-Magnus .- disse a voce alta.
-Ciao biscottino, disturbo?- domandò Magnus con la sua voce calda.
-No, mi chiami per qualche motivo in particolare?-
-Si, ho delle novità possiamo vederci stasera?-
-Noi andiamo al Pandemonium, ti va bene vederci lì?-
Alec quasi si strozzò con il suo involtino primavera, Jace gli diede un pugno forte dietro la schiena.
-Grazie- disse lui poi arrossendo.
-Certo, all’una al Pandemonium- chiuse Magnus la chiamata.
Alla prospettiva della serata, Clary decise, dopo pranzo, di andarsi a riposare. Simon invece si chiuse di nuovo in armeria per continuare i suoi allenamenti, seguito da Izzy , Jace e Alec. Quando il corpo di Clary toccò il letto, si addormentò di colpo e sognò.
Clary camminava a piedi nudi su un pavimento di marmo color beige. Notò il sole riflettersi sui suoi capelli rossi e creare tanti effetti di luce con le vetrate della sala. Indossava un pantalone di lino bianco e una maglietta scollata altrettanto bianca. Clary camminò e camminò per tanto tempo fino a trovarsi di fronte una porta rossa. Esitò. Sapeva che non doveva aprirla ma il suo braccio si era allungato sulla maniglia e fece scattare la serratura. Era una camera ardente. Notò che tutti erano vestiti di bianco. Ma certo, pensò stupidamente, questo è il colore del lutto.
Tutti erano chini su un corpo, Clary si fece spazio tra la gente ma non fu per niente sorpresa di vedere che il corpo era di sua madre.
-Mamma – urlò, ma nessuno parve sentirla.
Clary toccò delicatamente i capelli rossi della madre che a poco a poco stavano diventando grigi. Arretrò di scatto e notò che tutti stavano diventando grigi e vecchi. Istintivamente si mise le mani sul viso e poté constatare che il suo viso era ricoperto di rughe. La porta, da cui poco prima era entrata, si spalancò all’istante facendo entrare dentro le foglie autunnali. Si voltò di scatto e si rese conto che si trovava al Central Park. Le sue mani erano insanguinate, si tastò il corpo in cerca di ferite, ma lei non era affatto ferita. Il suo completo bianco, grondava di sangue , ai suoi piedi nudi e sporchi, giaceva immobile il corpo morente di sua madre. Urlò.
Clary si sveglio di soprassalto. Era tutta sudata e il suo battito cardiaco era accelerato. Controllò l’orologio e notò che erano le 6 del pomeriggio. Il sole era appena tramontato. Si fece subito una doccia e indossò un vecchio jeans e una maglietta nera a maniche corte e scese in cucina per bere un bicchiere d’acqua.
La cucina era già occupata da Hodge che stava per prepararsi del the.
-Oh Clary, ben risvegliata, i ragazzi sono usciti per una passeggiata, hanno provato a svegliarti ma tu dormivi come un sasso. – le disse Hodge versando il the in una tazza arancione.
-Oh- Clary fu sorpresa, non aveva sentito nulla, di solito aveva il sonno leggero.
-Non preoccuparti, puoi raggiungerli se vuoi.- le disse Hdge dolcemente.
-Non mi va.- disse Clary sedendosi di fronte a lui.
-Hodge, posso chiederti una cosa?-
-Ma certamente.-
-Tu conoscevi mia madre che tipo era?-
Hodge parve essere stato preso alla sprovvista.
-Beh ecco tua madre è sempre stata bellissima, forte e determinata. Tutte caratteristiche che sembra averti tramandato. Non parlammo molto nel corso della nostra breve frequentazione. Fui più io a tenere le distanze, perché ho sempre preferito i libri alle armi. Ma ricordo che il giorno della rivolta fu lei ad avvisarmi dei Nascosti e non lo dimenticherò mai.-
-Nemmeno se fu questo la causa della tua maledizione?-
-No Clary, sarò sempre devoto e grato a tua madre.-
Clary verso il the in un'altra tazza e chiacchierò per tutto il pomeriggio con Hodge. Voleva sapere di più sulla vita da cacciatrice di sua madre e Hodge , che prima si era mostrato timoroso, fu esplicitamente dettagliato su ogni aspetto della loro gioventù.
Verso ora di cena, Jace, Izzy, Simon e Alec ritornarono con un vassoio enorme di pizza.
-ben risvegliata.- le disse Simon baciandole una guancia. Clary lo guardò dritta negli occhi. Non stava succedendo davvero , vero?
Dopo aver cenato, chiesero a Hodge di raccontare qualcosa di divertente, qualche aneddoto. Risero e scherzarono per ore e a Clary parve tornare il sorriso.
Ad un certo punto suonarono alle porta e tutti sobbalzarono.
-Chi può mai essere?- Hodge era scattato in piedi e tutti si precipitarono all’ingresso.
Un ragazzo alto, biondo e con gli occhi neri come la pece fece capolinea dalla porta.
Clary lanciò un gridolino di sorpresa e Simon si irrigidì al suo fianco.
Il ragazzo di tutta risposta sorrise e con gli occhi incastrati in quelli di Clary disse:-Ciao, sorellina!-

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


-Jonathan?!-Clary trasalì. Si sarebbe aspettata di tutto tranne che vedere suo fratello varcare le porte dell’Istituto.
Simon al suo fianco indietreggiò, mentre Hodge si stropicciava di continuo gli occhi come se stesse sognando.
-Jonathan? Sei proprio tu?- Hodge si avvicinò lentamente al ragazzo che parve sorpreso e allo stesso tempo incredulo.
-Hodge? Dio Mio! Da quanto tempo!- si abbracciarono a lungo.
Clary guardava la scena con la bocca aperta. Ma certo! Pensò stupidamente. Jonathan aveva circa 7 anni più di lei era ovvio che lui ed Hodge si conoscessero.
-Che ci fai qui?- domandò Clary guardando ancora suo fratello con aria scocciata. Erano quasi 3 mesi che non si vedevano ed erano cambiate tante cose.
Jonathan si voltò verso di lei e la abbracciò sollevandola da terra, proprio come aveva sempre fatto da quando lei ne aveva memoria. Clary voleva essere arrabbiata con lui , per essere partito senza averle detto nulla, ma non poté resistere all’abbraccio di suo fratello.
-Sono tornato solo stamattina da Idris. Il Console mi aveva detto di nostra madre, ma quando sono arrivato all’Istituto mi hanno detto che ti trovavi qui e così ho preso il primo volo.-
-Nel senso che rimani qui?- chiese Clary dubbiosa.
-Ovvio, sei mia sorella! E in assenza di nostra madre sei sotto la mia protezione.-
-Fantastico- dichiarò Clary sarcastica. Non che non amasse la compagnia del fratello, ma Jonathan sapeva essere molto protettivo nei suoi confronti.
Ignorando i commenti della sorella, Jonathan raccolse i suoi bagagli e si presentò agli altri.
-Ti va di andare da qualche parte stasera? Solo noi due?- chiese a Clary.
-Veramente abbiamo altri piani.- disse Simon che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
Jonathan solo in quel momento parve accorgersi della sua presenza e con uno scatto d’ira si rivolse furioso alla sorella.
-Cosa ci fa lui qui?-
-Simon è il mio parabatai ed il mio migliore amico, dove vado io viene lui.- Clary sbottò.
-Si certo, lo so io dove vuole andare lui.- disse talmente sottovoce che solo Clary parve udirlo.
-Ragazzi, su non litigate, può venire anche Jonathan al Pandemonium.- disse Hodge chiudendo la porta.
-Pandemonium?-
-Si è un locale, dobbiamo incontrarci con Magnus.-
-Perfetto vengo anche io.-
Clary fu incaricata da Hodge di mostrare le camere a suo fratello, mentre gli altri andarono nelle loro stanze a prepararsi.
Quando arrivò alla sua stanza , Jonathan si fermò di scatto.
-Sai benissimo che non mi serve una stanza no?- le disse particolarmente irritato.
Clary annuì e aprì la porta facendo entrare il fratello. Sin da quando era piccola, lei e Jonathan avevano condiviso il letto. Nonostante avessero entrambi una stanza separata. Sua madre le diceva sempre che quando lei nacque Jonathan non voleva separarsi da lei. Diceva che ero talmente piccola e delicata che non avrebbe permesso a nessuno di ferirmi e che mi avrebbe protetta con la sua stessa vita, e così fece.
Non gli scocciava dormire con il fratello, anzi, sua madre pensava che fosse una cosa tenera. Ma , come accade a chi sta passando un momento fragile e delicato come quello che Clary stava passando, a volte ci si domanda come poteva cambiare in così breve tempo la sua vita. Suo fratello era uno degli Shadowhunter più bravi e intelligenti che fosse al servizio del Conclave. Veniva chiamato spesso ad Idris per incarichi ufficiali e segreti. Sua madre all’inizio non era per niente d’accordo, ma sapeva che Jonathan era un ragazzo con la testa sulle spalle e che non si sarebbe fatto abbindolare dal Conclave .
Jonathan stava svuotando la sua valigia ,mentre Clary andò in bagno a vestirsi. Si mise un vestito nero, molto corto, con degli stivali neri alti. Quando uscì  dal bagno, vestita e truccata, notò la schiena nuda di suo fratello che gli dava le spalle. Clary abbassò immediatamente lo sguardo. Dimenticava sempre che Jonathan, a differenza sua, aveva subito l’influenza di Valentine , per ben 6 anni, prima che sua madre decise di andare via, portandosi il figlio e lei in grembo. I segni delle punizioni del padre erano ben visibili sulla sua schiena e ogni volta che le capitava di guardarle stava così male che doveva sempre distogliere lo sguardo.
Jonathan se ne accorse e si infilò presto una maglietta.
-Clary- le disse dolcemente, sembrò solo allora di accorgersi del suo abbigliamento.
-Cosa hai addosso? Cambiati subito!-
-Non è un locale che predilige l’abbigliamento jeans e maglietta, e poi, non farmi la predica, non ho più 12 anni- lo rimproverò Clary.
-Va bene! La mamma dice di dover essere indulgenti con te.-
-Beh! La mamma non è qui in questo momento.-
-Non è colpa sua e lo sai!-
Clary si mise le mani sul vestito ed evitò lo sguardo del fratello.
-Senti Clary, non voglio litigare con te, mi dispiace. Andiamo a parlare con Magnus, magari ha delle novità e presto potremmo salvare la mamma e ritornare a casa.-
Clary ricacciò indietro le lacrime, non aveva intenzione di piangere, specialmente davanti al fratello.
-Va bene- disse poi guardandolo.
Jonathan finì di prepararsi e scese all’ingresso insieme agli altri,  Clary invece era rimasta indietro per coprire i marchi e prendere le armi.
Simon entrò in camera di Clary e chiuse la porta a chiave.
-Dobbiamo parlare .- le disse indugiando sulle sue gambe nude.
Clary cercò di abbassarsi il vestito senza successo.
-Proprio ora ? Simon non può aspettare?-Clary era a disagio.
-No Clary non può aspettare.- Si sedette di fianco a lei sul letto.
-Dimmi tutto.- Clary sospirò.
-Vedi ecco,non so da dove iniziare io…-
-Non sarai mica innamorato di me vero?-
-Cosa no! Cioè si, non lo so Clary.-
-Cosa significa non lo so! E poi Simon, per l’Angelo! Sai benissimo che non si può- Clary si alzò di scatto indignata.
-Lo so Clary! È che non so cosa mi prende! Ho sempre pensato che noi un giorno saremo finiti per stare insieme, ma non sapevo cosa ne pensassi tu. Sei sempre stata chiusa con gli altri , tranne che con me. Ma non mi hai mai parlato di cosa provavi. E poi ti vedevo con tuo fratello, vedevo come con lui non avessi problemi a dirgli ti voglio bene o ad abbracciarlo e baciarlo. Ed io ne ero geloso.-
-Ma è mio fratello Simon! Cosa diavolo stai dicendo?!-
-Lo so! È solo che ricordo di aver pensato che l’unico modo per scoprire se veramente anche tu provavi le stesse cose era chiederti di diventare Parabatai, così te l’ho chiesto e quando tu mi hai detto di si, io ho capito che il sentimento non era reciproco. –
-Tu mi hai chiesto di diventare Parabatai solo per vedere se ero innamorata di te? Ma che ti dice il cervello.- Clary era furibonda. I capelli che erano stati legati in una treccia , le uscivano fuori da tutte le mollette.
-Non solo per quello Clary, siamo Parabati da 5 anni e ci conosciamo da quando tu ne avevi 6.Quando tu mi hai detto di si, mi sono messo l’anima in pace, ho provato a non pensare a te in quel modo e ci sono riuscito. Sono andato avanti.-
-Simon non sto capendo.-
-Quando ho saputo di tua madre e Magnus mi ha fatto arrivare qui, quell’abbraccio che ci siamo dati , non lo so ho avuto una strana sensazione. E poi ho conosciuto Isabelle , ed è così bella!-
-Isabelle? Simon cosa stai..-
- Mi piace Isabelle! Penso che potrei avere una chance con lei, ma avevo paura della tua reazione e pensavo che magari tu volessi stare con me.-
-Cioè tu hai pensato che fossi innamorato di me, perché ti piaceva Isabelle e avevi paura che io fossi gelosa?-
-Beh si!- disse Simon rosso in viso.
Clary gettò le mani in aria in senso di disperazione e poi l’abbracciò.
-Non sai quanta paura ho avuto pensando che tu fossi innamorato di me e che non potessimo essere più amici- gli disse Clary.
-Mi dispiace.-
-Provaci con Isabelle, non sono gelosa.-
 
 
 
Il Pandemonium come al solito brulicava di gente. La musica ad alto volume, proveniva dalle mille casse poste ai lati del soffitto. Mentre le luci e il fumo bianco si riversavano come pioggia sulla pista da ballo, Clary notò subito Magnus, seduto ad un tavolo, sui divanetti del prive farle cenno. Clary disse agli altri di seguirla e si accomodarono tutti al suo fianco.
-Jonathan! Non sapevo ci fossi anche tu.- Magnus , era uno di famiglia, e come al solito lui e Jonathan erano sempre andati d’amore e d’accordo. Clary invece era sempre stata problematica e diffidente. Sua madre diceva che se con suo fratello non avesse mai avuto problemi, lei era stato il suo flagello sin dalla nascita. E poi Jonathan e sua madre si somigliavano così tanto, erano entrambi bellissimi, mentre lei aveva ereditato solo i difetti di entrambi.
-Clary mi ha detto che ci sono novità-
Clary vide con la coda dell’occhio Simon che prendeva la mano di Isabelle, mentre Jace ordinava a tutti da bere. Alec invece si sistemava , quasi come un tic, i capelli e guardava fisso verso Magnus.
-Si!Penso che vostra madre abbia nascosto la coppa, al suo vecchio appartamento qui a New York!-
-Ma non ha senso! Perché non portarlo dove avrebbe potuto tenerlo d’occhio!- disse Jace dando una mancia al cameriere.
Clary pensò che la sua osservazione fosse più che giusta.
-Sono stato alla vostra casa a Los Angeles, Valentine l’ha perlustrata da cima a fondo, senza trovare nessuna traccia della coppa, ha preso vostra madre, con la speranza che prima o poi possa parlare. Ma conoscendola , penso che preferirebbe essere torturata piuttosto che consegnare la coppa a Valentine.-
-Vedi è proprio questo che non capisco! Se lei avesse detto a noi dove si trovasse, magari avremmo potuto fare uno scambio, un qualcosa, invece siamo allo sbaraglio.- suo fratello si era passato una mano tra i capelli.
Clary, senza farsi vedere dal fratello, aveva mandato giù un bicchiere di vodka, suo fratello non voleva che lei bevesse.
Magnus e Jonathan erano entrati in una fitta conversazione, e badarono appena ai tentativi di Clary di saperne di più. Jonathan la considerava ancora troppo piccola e fragile per sapere tutti i piani di suo padre. Alec muoveva la testa a ritmo di musica di fianco a Magnus, mentre Isabelle e Simon erano spariti tra la folla.
Jace le si avvicinò piano.
-Mi dispiace, che ti escludano- le disse parlando a voce alta, per coprire la musica.
-Ci sono abituata, anche mia madre faceva così.-
-Non dovrebbero, ti ho vista in azione, sei brava , forte e spietata.-
-Penso che sia proprio questo il motivo Jace.-
-In che senso?-
-Hanno paura che possa fare qualcosa di avventato, senza pensare alle conseguenze. È da quando ho scoperto che mio padre è ancora vivo che voglio ucciderlo, per tutto il male che ha fatto. A mia madre, a mio fratello.-
-Pensi che ne saresti capace?- le domandò con gli occhi fissi in quelli di Clary.
-Non ne ho idea!-

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Le prime luci del mattino facevano capolinea , come sfere luminose, nella stanza di Clary. I suoi capelli , color rosso, facevano mille giochi di luci sul pavimento liscio della camera. Clary si coprì istintivamente gli occhi con una mano, mentre l’altra giaceva, sotto il pesante corpo del fratello, ancora addormentato al suo fianco. La sfilò delicatamente, per non svegliarlo, e la scosse ripetutamente per riacquistare la circolazione. Il formicolio alla mano era fastidioso, ma Clary ci era abituata. Jonathan aveva il brutto vizio di addormentarsi con la mano di Clary sotto la sua guancia, come se il contatto con la sorella gli desse una sorta di pace. Clary guardò il viso di suo fratello contrarsi in una smorfia, quando afferrò le coperte e se le mise sulla testa, girandosi dall’altro lato. Jonathan non era mai stato un tipo mattiniero. Clary, non ricordava molto della sera precedente, dopo che Magnus e Jonathan avevano smesso di parlare, il fratello si era mischiato tra la folla e aveva ballato tutta la sera con una ragazza dai capelli color mogano. Mentre Clary aveva continuato a bere e parlare con Jace tutta la sera. La sua testa gli martellava ed ebbe un conato di vomito. Si precipitò in bagno sciacquandosi ripetutamente la faccia e buttandosi sotto la doccia. Scese i gradini a due a due ed andò in cucina per fare colazione.
-Buon giorno- disse sbadigliando, erano le 9 del mattino, ma tutti sembravano svegli da ore. Arruffò dolcemente i capelli di Simon, che era già al terzo caffè e si sedette al suo fianco.
Isabelle, anche di prima mattina, era impeccabile. La pelle liscia e chiara entrava in perfetto contrasto con i suoi lunghissimi capelli neri. Clary la fissò per un momento, cercando di capire cosa ci trovasse di così bello Simon. Il suo lato da artista, fremeva dalla voglia di disegnarla, sembrava una di quelle principesse guerriere , che erano capaci di incenerire il mondo intero solo con uno sguardo.
-Ho qualcosa tra i denti?- le chiese Isabelle inarcando un sopracciglio.
Clary arrossì violentemente e distorse lo sguardo.
-No- rispose in fretta Clary prendendo un toast e spalmandoci sopra la marmellata.
-Tu e Jonathan avete piani per questa mattina? I ragazzi mi hanno aggiornato su quanto Magnus vi abbia riferito ieri.- Hodge , in vestaglia, stava leggendo il giornale .
-In realtà non ne ho idea, quando è rientrato io già dormivo.-
-Capisco.-
Clary osservò Alec arrossire , mentre si scambiava messaggi con qualcuno. Clary si sorprese a sorridere ripensando alla scena della sera prima. Alec e Magnus avevano ballato per ore e lei non aveva mai visto lo stregone divertirsi in quel modo.
-A chi scrivi?- domandò Jace avvicinandosi al suo Parabatai.
-A nessuno.- Alec , tempestivamente, abbassò il cellulare e lo nascose nella sua tasca.
-Clary , tra 5 minuti fatti trovare pronta che usciamo.- Jonathan, era entrato, silenzioso come una volpe, in cucina e aveva puntato i suoi occhi neri, in quelli verdi della sorella.
Clary aprì la porta per protestare, ma la richiuse subito. Lo sguardo del fratello non prometteva niente di buono, e poi aveva giurato a se stessa di comportarsi bene verso Jonathan, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare. Si alzò di scatto dalla sedia e andò verso le scale che portavano alle camere.
-Vi aspetto tra mezz’ora in biblioteca per la lezione.- disse Hodge ai ragazzi che avevano iniziato a sparecchiare.
 
 
 
Dopo aver camminato per 5 isolati a piedi, Clary iniziava a sentire una certa stanchezza. Jonathan non aveva parlato molto durante il tragitto, ne aveva riferito alla sorella dove stessero andando. Clary non aveva fatto domande, si era limitata a seguirlo e stare in silenzio, mentre il vento freddo di New York le scuoteva i capelli e le faceva venire brividi di freddo.
-Hai freddo?- domandò Jonathan cingendole le spalle come per riscaldarla.
-Sto bene- mentì Clary sollevando lo sguardo.
Si erano fermati davanti ad una libreria a Williamsburg. L’incisione sul muro era vecchia e logora. Nonostante Clary amasse la lettura, quella libreria non era per niente invitante. Lesse ad alta voce l’incisione.
-Garroway Books.- Si girò lentamente verso il fratello, che aveva le nocche delle mani bianchissime. Sembrava irrigidito e particolarmente agitato.
-Mi hai portato in una libreria?- domandò Clary divertita.
-No, non dobbiamo entrare in questo squallore. Seguimi.- Jonathan prese la mano di Clary e le fece fare il giro della libreria, da cui sbucò un piccolo appartamento con un grande portico che dava sulla strada.
Le foglie e il giardino, che un tempo sicuramente erano state curate , erano logore quanto la libreria. La puzza di alcol si sentiva a un miglio di distanza. Jonathan salì i tre scalini che li separarono dalla porta e bussò fortemente.
Clary gli fu subito vicina, ma chiunque abitasse in quella casa non dava segni di vita.
Jonathan bussò altre due volte, ma non ci fu risposta. Lo sentì imprecare sotto voce, come se non volesse farsi sentire.
Clary mise le mani sul colonnato che circondava la porta, e sotto uno spesso ammasso di erbe rampicanti, faceva capolinea un campanello. Senza pensarci due volte, premette il bottone e il suo del campanello, risuonò nell’appartamento.
Rimasero in attesa per un po', quando un uomo alto, muscoloso , con barba e capelli lunghissimi, aprì la porta.
-Chi siete? Cosa volete da me!-urlò l’uomo con una bottiglia di birra in mano.
-Ciao Lucian, da quanto tempo non ci si vede.-Jonathan aveva parlato piano, ma il suo sguardo la terrorizzava.
L’uomo indietreggiò e andò a sbattere contro la porta e i suoi occhi azzurri parevano allarmati.
Clary provò un motto di compassione verso l’uomo, voleva tranquillizzarlo e dirgli che non gli avrebbe fatto nulla, ma non osò muoversi.
-Entrate- disse Lucian facendogli segno con la mano.
Jonathan fu subito dentro, Clary dette un’ultima occhiata al porticato e poi entrò anche lei in casa.
 
 
 
La lezione di Hodge era appena finita, e i ragazzi stavano ricopiando gli ultimi appunti.
-Tu che la conosci bene, che tipo è Clary?- domandò Hodge a Simon.
Simon parve essere sul punto di saltare dalla sedia.
-Bhe, è la mia migliore amica. Non riesco a ricordare un momento della mia vita dove lei non ci sia stata.- Simon parlò con fierezza.
-Non sto mettendo in dubbio la tua lealtà verso i suoi confronti, ci mancherebbe. Volevo solo sapere, si insomma, sono 15 anni che non vedo né lei , né la sua famiglia. Com’è stato il tuo primo incontro.-
-Aveva 6 anni quando venne in Istituto la prima volta, Jonathan aveva 13 anni. Io ero lì perché i miei genitori erano morti. La famiglia Blackthorn, mi ha accolto sotto la loro tutela. Ero solo e triste. Ma quando Clary mi si avvicinò e mi chiese se volevo essere suo amico, seppi in quel momento che c’era ancora speranza per me. Jonathan non voleva che lei stringesse amicizie, diceva che lui era tutto quello che le serviva, ma Clary non era affatto così. Jocelyn non ha mai messo piede nell’Istituto, nemmeno quando Clary si faceva male o se c’era bisogno di rinforzi. Jonathan ha praticamente cresciuto Clary da solo. Non so cosa sia successo in passato , ma Jocelyn non voleva questo per la figlia. Lei ha allenato da sola Jonathan , ma non voleva farlo con Clary, l’unico motivo per cui ha deciso di mandarla in Istituto era perché il suo potere con le rune la spaventava e sapeva che l’unico modo di controllarlo era quello di diventare appieno una shadowhunter.- Quando Simon smise di parlare uno strano silenzio si era formato attorno a lui.
Hodge chiuse il libro e si alzò trascinando la sedia all’indietro.
-Scommetto che non sai però, che Clary aveva un altro fratello- disse infine dandogli le spalle.
 
 
 
L’appartamento di Lucian era sporco e puzzolente come l’esterno, si accomodarono su un divano di pezza nel piccolo salotto, ma Clary stette bene attenta a non toccare nulla.
-Mi faccio chiamare Luke adesso.- disse infine l’uomo.
-Luke.- Disse Jonathan appoggiandosi allo schienale.
-Cosa ci fate qui?-
-Nostra madre è scomparsa, Valentine l’ha rapita.-
Luke non parve sorpreso, sorrise aspramente e si alzò dalla sedia di legno traballante.
-Non mi sembri sorpreso.- disse Jonathan scrutando il suo volto.
-Vostra madre sapeva che prima o poi sarebbe successo.-
-Tu conoscevi la mamma?- domandò Clary sorpresa.
-Noi vivevamo qui, quando tu nascesti.- le disse il fratello .
-Quelle erano le vostre camere.- disse Luke indicando due porte in fondo al corridoio.
Sebbene Clary avesse da sempre voluto conoscere i luoghi della sua infanzia, non si alzò dal suo posto. Era come pietrificata.
-Lui era il compagno di nostra madre , nonché Parabati di Valentine.- le disse Jonathan guardandola in faccia.
-Ma tu non sei uno Shadowhunter.- disse Clary prontamente, la puzza di lupo , l’aveva avvertita subito.
-No, non più, da almeno 15 anni .- Luke le parve invecchiato di almeno 10 anni da quando lo aveva visto prima sulla porta di casa.
-Non siamo qui per rivangare il passato, siamo qui perché pensiamo che nostra madre abbia nascosto qui la coppa.-
-La coppa mortale?- Luke parve interessato per la prima volta alla conversazione. Si avvicinò a Clary tempestivamente, ma non la guardò mai negli occhi.
-Si esatto.- rispose Jonathan.
-E perché mai dovrebbe essere qui?-
-Perché nessuno la andrebbe a cercare in casa tua.-
-Non è possibile, vostra madre , io la amavo. Vi stavo crescendo come figli miei. Vi avrei dato il mondo. Ma lei non si è mai fidata di me, mai fino in fondo. Aveva paura che Valentine vi trovasse da me. Se ne andò di notte come una ladra, portandovi via da me. Non vi ho potuto nemmeno salutare. Come fate a pensare che abbia nascosto qui la coppa?!- Luke urlò facendo trasalire Clary.
Jonathan parve triste per un momento , ma poi si alzò mettendosi di fronte.
-So che odi nostra madre, e probabilmente anche noi, ma ti prego aiutaci- Jonathan lo supplicò.
-Potete setacciare questa casa da cima in fondo ma non troverete niente.- Luke bevve un sorso di birra e indietreggiò.
Jonathan prese la mano di Clary e la trascinò via versa la porta, stava per aprirla quando la voce di Luke risuonò nelle sue orecchie.
-Aspettate!- disse prendendo un foglio di carta e una penna. Scrisse delle cose e poi la consegnò a Clary.
-Vostra madre aveva un’amica qui a New York, è probabile che lei sappia qualcosa , non lo so.-
Clary annuì brevemente e uscì da quella casa seguita dal fratello.
Il foglietto tra le sue mani, parve caldo, quando lo girò lesse un indirizzo e un nome. Dorothea.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Dopo aver chiuso la porta di Luke, Clary era convinta che suo fratello l’avrebbe portata dritta da Dorothea, invece si fermarono in un bar al lato della strada. Si accomodarono nei divanetti che si affacciavano sulla strada, Clary poté ammirare l’area autunnale di New York, con le persone che passeggiavano sui marciapiedi e i bambini che correvano per andare a scuola. Jonathan ordinò due tazze di caffè e non la guardò nemmeno una volta.
-Perché ci siamo fermati qui? Perché non andare da questa Dorothea?- domandò Clary sorseggiando il suo caffè. Era caldo e amaro proprio come piaceva a lei.
-Sei pazza? Pensi che io sia andato da Luke senza aver controllato se era sicuro per noi? Che non fosse una trappola? Devo prima informarmi su questa persona, non voglio correre rischi inutili.- Jonathan svuotò la tazza del caffè e con il cucchiaino prese i residui di zucchero che si erano depositati sul fondo della tazza. A lui il caffè piaceva dolce.
Clary sospirò. Suo fratello era cauto e mai avventato. Sin da quando ne aveva memoria non aveva mai fatto niente di spericolato, non amava correre rischi. Clary sapeva che , però, la maggior parte delle volte lo faceva per proteggerla.
-Cosa c’è?- le domandò Jonathan appoggiandosi allo schienale del divano.
-C’è che non mi dici mai niente, mi trascini e basta. Lo hai sempre fatto, sia tu che mamma.-
-Questo non è vero..-
-Non dire stronzate! Mi nascondete sempre tutto, ho 17 anni, non sono una bambina!- Clary si era innervosita, ma aveva le sue buone ragioni per esserlo.
Gli occhi del fratello parvero feriti, ma non si scomodò.
-Clary se ti abbiamo nascosto delle cose, lo abbiamo fatto per il tuo bene, non per escluderti.-
-E guarda a quanto ci è servito tutto questo. La mamma è sparita e nostro padre vuole creare una nuova razza per sterminarci. Che bella famiglia!- rispose Clary sarcastica.
-Clary, ci sono cose che tu non sai, cose che è meglio che non conosci.-
-Ma perché? Non sta a te giudicare cosa posso o non posso sapere.-
-Mamma non vuole che tu sappia certe cose.-
-Certo! Ma lei non è qui adesso o sbaglio? Ho dovuto scoprire a 7 anni chi fosse davvero mio padre, e non perché tu o la mamma me lo avete detto, ma perché avevo trovato delle vecchie lettere di mamma. Mi avevate detto che era morto in battaglia, che si era sacrificato per proteggerci. Erano tutte bugie!-
-Tecnicamente noi pensavamo che fosse morto- fece per dire Jonathan.
-Ma per favore! Voi sapevate benissimo la verità. Jonathan per favore dimmi qualcosa di vero. Cosa c’è che spaventa tanto nostra madre da non volere nemmeno parlare di Valentine, da non volere nemmeno che la figlia faccia parte del mondo invisibile. Spiegami.- Clary era testarda e quando si puntava su qualcosa difficilmente poteva cambiare idea.-
Jonathan sospirò sonoramente e quasi non si accorse della cameriera che svuotava il tavolo.
-E va bene Clary! Ma non sarà una storia piacevole.-
Clary annuì e rilassò i muscoli. Ultimamente aveva sempre freddo, ma non un freddo fisico, un freddo dentro al cuore che non sapeva spiegare bene. Si mise comoda e ascoltò il fratello che parlava.
-Nostra madre e nostro padre si conobbero all’accademia degli Shadowhunters ad Idris. Valentine era un bel ragazzo e tutte le ragazze cadevano ai suoi piedi. Tutte tranne Jocelyn. Valentine aveva degli ideali e creò un Circolo per rovesciare il Conclave e per dimostrare quanto fosse corrotto e quanto lo fossero anche i Nascosti. Quando suo padre , nostro nonno, morì ucciso da un licantropo, Valentine cambiò e Jocelyn si avvicinò a lui. Si innamorarono e si sposarono poco tempo dopo. I suoi ideali non cambiarono e il Circolo continuò ad esistere.
Un anno dopo nacqui io, erano felicissimi e io crescevo amato e protetto dalla mia famiglia.-
-Non direi tanto amato, io le ho viste le tue cicatrici- lo interruppe Clary.
-Devi sapere che Valentine era stato cresciuto così, era l’unico amore che aveva ricevuto, il dono di suo padre. Mi puniva quando sbagliavo, la mamma cercava di bloccarlo, ma lui diceva che solo così avrei imparato la lezione. Non dico che fosse giusto, ma era pur sempre mio padre. Comunque come dicevo, eravamo una bella famiglia. La mamma era felice, io crescevo sempre di più e Valentine sembrava aver messo da parte la sua crociata. Circa quando avevo 5 anni, Jocelyn aspettava un altro maschietto. Lo avrebbero chiamato Christopher. Io non vedevo l’ora di conoscerlo e di avere un fratellino. E anche Valentine non stava più nella pelle. Quando nacque però, non era un bambino. Il suo corpo era piccolo. Al posto degli occhi aveva due cavità nere e profonde e al posto delle braccia e gambe aveva artigli. Era un mostro. Valentine lo uccise tra le braccia di Jocelyn prima che lei potesse urlare. Andò in depressione, eravamo tutti tristi. Valentine disse che durante il concepimento era stato morso da un demone e che il suo sangue poteva aver danneggiato il bambino. Promise a Jocelyn di riprovarci. Ma la mamma non ne voleva sapere niente. Come ben sai nostro padre evocò un angelo e diede il suo sangue a nostra madre, giorno dopo giorno. È così che tu hai ereditato i tuoi poteri. Jocelyn a poco a poco si riprese. Quando seppe che era incinta di te, non lo disse a nessuno, nemmeno a Valentine. Un po' perché aveva paura che le ricapitasse ciò che era accaduto con Christopher e un po' perché cominciava a sospettare di Valentine. Trovò nella cantina ogni genere di nascosto mutilato e/o ferito a morte. Fogli e fogli su esperimenti che aveva fatto su di sé, ed infine la prova schiacciante che ha cambiato tutto.- Jonathan si fermò per bere un sorso d’acqua mentre Clary lo fissava a bocca aperta, era tanto da digerire in una sola volta.
-Valentine aveva evocato Lilith, un demone superiore, aveva preso il suo sangue e lo aveva dato a Jocelyn mentre lei era incinta di Christopher! Perciò nacque in quel modo. Jocelyn fu inorridita dalle sue scoperte, e sapeva che doveva andare via e subito. Perciò avvisò tutti della Rivolta, chiamò i nascosti e scappò via con noi due. Devi sapere che io non volevo andarmene. Volevo rimanere con Valentine , ma lei aveva paura della sua reazione e così mi disse cosa aveva fatto. Non ci pensai due volte e sparimmo dalla circolazione. Quando Valentine fu dichiarato morto, Jocelyn non ci credeva, sapeva che non era vero. Quando tu nascesti, io era al suo fianco. Ti controllò ripetutamente, braccia e gambe. Aveva paura che anche tu fossi un mostro. Ma tu eri perfetta, i tuoi capelli rossi e i tuoi occhi verdi splendevano alla luce del sole. Ti tenni in braccio quasi tutto il tempo. Ma , Jocelyn , continuava a controllarti, ti portava sempre da Magnus , ogni mese, per vedere se c’era qualcosa che non andava in te. Cominciava a diventare paranoica. Decise di non farti diventare una Shadowhunter, voleva tenerti al sicuro. Io le ripetevo che non era una sua scelta, ma lei mise bene in chiaro che mai e poi mai avresti messo piede in un Istituto. Il giorno del tuo sesto compleanno, trovasti lo stilo della mamma e apristi il tuo primo portale. In cucina. La mamma era così spaventata che quello stesso pomeriggio ci lasciò sugli scalini dell’Istituto. Il resto lo conosci.-
Jonathan smise di parlare e fissò la sorella che rimase ammutolita. Non sapeva che dire , non sapeva cosa fare. Bevve anche lei dell’acqua e continuò a fissare il fratello.
-Dì qualcosa. – le disse Jonathan.
-Cosa vuoi che ti dica?!Avevamo un fratello? Nostro padre ha ucciso nostro fratello. In tutto questo tempo ho creduto sempre che la mamma mi odiasse! Non voleva che io facessi niente! Non voleva che io uccidessi demoni. Mi comprò un pantaloncino quando uccisi il mio primo demone. Me lo lasciò sul letto senza nemmeno chiedermi come stavo!-
-In realtà, te l’ho preso io-
-Bene perfetto! Jonathan, la mamma mi odia perché io ce l’ho fatta e lui no vero?-
-No Clary non ti odia, ti vuole bene, sei sua figlia!-
-Abbiamo appena appurato che non vuol dire niente! Perché non me lo hai mai detto! Era così protettiva nei miei confronti perché aveva perso un figlio! Avrebbe potuto dirmelo, avrebbe..-
-Clary, se lei non te lo ha detto c’è stato un motivo. Piangeva ogni sera perché aveva paura che tu ti facessi del male. So quanto bene ti vuole. Era spaventata anche per me.Non pensare nemmeno che possa odiarti. Tu sei perfetta.-
-Diceva che sono il flagello della sua esistenza!-
-Ma perché tu hai sempre fatto tutto di testa tua, non ascolti niente e nessuno quando ti metti una cosa in testa. Sono cose che si dicono ai figli, è normale.-
Clary annuì e pianse. Non piangeva mai, ma non seppe trattenersi, quella notizia l’aveva scossa nel profondo.
Jonathan le si mise vicinò e l’abbracciò.
-Mi dispiace, non volevo turbarti. Farò controllare la casa di Dorothea da Magnus. Andremo da lei , troveremo la coppa e potremmo ritornare alla vita di sempre, Clary te lo prometto.-
 
 
 
 
 
Quando Hodge finì di parlare , Simon, Izzy ,Alec e Jace lo fissarono sbalorditi.
-Che cosa?!- Simon era balzato in piedi. E camminava avanti e indietro.
-Che razza di mostro era per aver fatto quello al suo bambino.- Alec era inorridito.
 
-Dovete capire che Valentine era convinto di agire per un bene superiore. Voleva creare il guerriero perfetto. Era pronto a sacrificare lo stesso figlio per raggiungere il suo scopo.-
-Ma Clary non me lo ha mai detto.-
-Non credo che lei lo sappia. Se la Jocelyn di adesso è la stessa di allora, avrà protetto per bene i suoi figli. Jonathan però lo sa.-
-Aveva cinque anni, povero piccolo- Izzy si porto una mano sul cuore e pensò al suo fratellino.
-Beh, forse non avrei dovuto parlarvene , non volevo turbarvi- Hodge arrossì.
-No hai fatto bene, io dovevo sapere. Insomma Valentine , potrebbe volerla. Clary intendo, se non per il senso di famiglia, ma per i suoi poteri.-
-Si è quello che temo- Hodge era pensieroso.
-Non permetteremo che le accada nulla , sta tranquillo.- Jace mise la mano sull’elsa della sua spada.
-Valentine non è un semplice guerriero Jace, e di sicuro non si farà intimidire da te.-
-Lo so ma…-
Clary e Jonathan aprirono la porta della libreria, con Magnus che li seguiva.
-Ci sono novità?- domandò Simon vedendo l’espressione della sua parabatai.
-Sappiamo dove ci trova la coppa. Sappiamo dove l’ha nascosta mia madre!-

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 
                                                    Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete,
                                                      bussate e vi sarà aperto (Mt 7, 7)

 
Clarissa si era sempre considerata una ragazza tutto d’un pezzo. Solare, introversa, testarda e , come amava definirla suo fratello, spietata.
La maggior parte delle volte si buttava a capofitto in missioni suicide. Senza avere il permesso del suo tutore. Suo fratello e Simon erano quelli che si beccavano rimproveri al posto suo per proteggerla. Ma Clary non aveva bisogno di protezioni. Sapeva prendersi le sue responsabilità, anche se a volte le punizioni erano troppo severe.

Dura lex sed lex. Era questo il motto degli Shadowhunters.
Un motto che però non rispecchiava i suoi principi. Le regole, per lei, erano state fatte per essere raggirate. Certo, non pensava di essere un modello da seguire, ma non era mica colpa sua se una volta, per sbaglio, era capitata in un covo di vampiri, perché, passeggiando sul tetto gli era caduta la catenina nella tana del nemico. Oppure quando, sempre per sbaglio, non aveva usato gli incantesimi di protezione, ed aveva ucciso un demone davanti agli occhi di tutti. Magnus dovette cancellare la memoria a tutti i mondani.
Insomma, Clary non era di certo una ragazza stupida o sventurata, era solo maldestra e sembrava che attirasse le disgrazie come una calamita.
Forse per questo motivo, oppure per il fatto di non essere la più simpatica delle seguaci, che l’Inquisitrice, non mostrasse particolarmente tanto interesse in lei. Hodge, dopo avergli riferito le loro scoperte, aveva chiamato subito Idris. Clary provò un motto di fastidio in quel gesto, era una missione banalissima, Dorothea non era altro che una semplice mondana, poteva benissimo andarci da sola a recuperare la coppa. Magnus aveva controllato a fondo la sua abitazione e non aveva trovato nulla di strano. Ma Hodge aveva insistito che non avremmo potuto agire senza l’appoggio del Conclave, e dato che gli unici maggiorenni erano solo Alec e Jonathan, lei non avrebbe potuto, in ogni caso partecipare alla missione. Quindi, dopo due giorni di attese, eccoli arrivati tutti in istituto. C’erano, ovviamente, i Lightwood, con il figlioletto più piccolo Max. Clary non aveva mai scambiato parola con Maryse e Robert, ma conosceva bene Max per le sue brevi e sporadiche visite ad Alicante. Era un bambino tanto dolce. Le fece subito pensare ai bambini Blackthorn.
Ovviamente non erano i soli ad essere tornati. C’era l’Inquisistrice Imogen Herondale, che con il suo sguardo glaciale faceva venire i brividi a tutti, e qualche membro della guardia.
Avevano interrogato tutti e sfogliato più e più volte i rapporti di Hodge sul caso. Ma nessuno si era premurato di interpellare né lei né suo fratello, a loro dire, troppo coinvolti nel caso.
Clary quella stessa mattina aveva assistito ad una scena molto intima tra Jace e Imogen. Si era data subito della stupida. Jace, pur vivendo da quando era in fasce con i Lightwood, non era uno di loro, era un Herondale, di conseguenza Imogen era sua nonna.  Suo fratello gli aveva spiegato che quando Jace nacque, i suoi genitori erano già morti e che l’Inquisitrice, distrutta dal dolore , aveva affidato il suo unico nipote ai Lightwood, poiché lei non era in grado di prendersene cura. Per cui vederli abbracciati in quel modo, la fece sentire particolarmente in imbarazzo che si nascose dietro una colonna.
Simon le era stato vicino tutto il tempo, solo tenendole la mano e lasciandola in pace. Era il suo migliore amico e sapeva bene come comportarsi con lei.
-Clary svegliati!- suo fratello Jonathan la scosse leggermente.
Clary dette una rapida occhiata alla sveglia sul comodino e scoprì con suo rammarico che erano appena le 6 del mattino.
-Perché mi svegli a quest’ora!- disse Clary stropicciandosi gli occhi .
-Ci ha convocato l’Inquisitrice, dobbiamo scendere, su vestiti.-
Clary sbuffò indispettita e si liberò dalle coperte con un calcio, e senza nemmeno dare un’occhiata a cosa prendeva dall’armadio andò in bagno a vestirsi.
Jonathan invece era già impeccabile, anche se erano le 6 del mattino.
L’Inquisitrice, li stava aspettando nello studio di Hodge, Clary notò che quasi tutti era svegli, ma nessuno di loro era vestito, erano tutti in vestaglia o pigiama. Lanciò un’occhiataccia al fratello che di tutta risposta alzò le braccia.
-Chiedo scusa se vi ho convocati a quest’ora, ma la situazione è alquanto urgente.-
Clary si sedette al fianco di Isabelle, che le tenne la mano come per darle forza. Clary aveva delle amiche, ma pensò che Isabelle fosse troppo bella per prestarle attenzione, si era sbagliata di grosso.
-Abbiamo ricontrollato di nuovo la casa di Dorothea, è sì una mondana ma è anche a conoscenza del Mondo Invisibile. Ci sono tracce di Dimenticati e di demoni nei dintorni, nulla di preoccupante ma è pur sempre un rischio.-
-Possiamo badare ad un paio di Dimenticati o demoni, Inquisitrice.- Era stato Robert a parlare sotto lo sguardo attento della moglie.
-Si , ne sono più che convinta, il problema è che se ci presentassimo tutti nella sua casa , desteremmo sospetto.
Per cui , ho pensato , che sia meglio mandare Jonathan e Clarissa , a recuperare la coppa.-
Ci fu un mormorio di dissensi e qualche minaccia velata nella sala, ma nessuno osò parlare ad alta voce. Clary, sospirò, era stata una sua idea quella, sin dall’inizio, ma nessuno l’aveva ascoltata, fece per parlare, ma Jonathan la bloccò.
-Capisco che non siate tutti d’accordo, ma ovviamente non li manderò a morire. Non siamo particolarmente interessati a recuperare Jocelyn Fairchild, non è più una shadowhunter, tuttavia, non possiamo permettere che Valentine metti le mani su uno Strumento Mortale. Quindi, voi due entrerete in casa di Dorothea, con una scusa perlustrerete la sua casa in cerca della coppa. Nel frattempo noi saremo di guardia all’esterno. Conosciamo tutti i poteri di Jocelyn, è possibile che abbia intrappolato la coppa in qualche oggetto, e sappiamo anche che tu con le tue rune, sei capace di tirarla fuori. Magnus resterà all’esterno con un portale aperto, una volta recuperata, tu andrai dritta al portale e ritornerai qui sana e salva e noi ci occuperemo dei demoni. Sono stata chiara?- disse l’Inquisitrice con lo sguardo fermo su Clary.
Clary annuì decisa, mentre gli altri mormorarono qualche si.
-Benissimo, andremo domattina, quindi riposatevi.- L’inquisitrice sciolse la seduta e tutti ritornarono alle loro faccende.
Clary si ributtò immediatamente sul letto, certa di voler dormire ancora qualche ora, mentre Jonathan era uscito con Magnus per alcune faccende di cui non volle sapere nulla. Il sonno però faticava a venire, la speranza di riavere sua madre sana e salva di nuovo a casa la rendeva talmente nervosa che si girava di continuo nel letto. Alle 10 stanca ed esausta si alzò per andare a fare colazione. Fece per aprire la porta e vi trovò Jace li di fronte.
-Jace cosa ci fai qui?-
Jace era arrossito , solo allora notò un vassoio con il cibo e una tazza fumante di caffè.
-Bhe, ho pensato che volessi fare colazione.-
-Oh! Grazie.- Clary prese il vassoio tra le mani e fece per portarlo in camera.
-Vuoi entrare?- domandò.
-Si va bene.- Jace si richiuse la porta alle spalle e diede un’occhiata furtiva alla camera.
-Scusa il disordine, né io né mio fratello siamo tipi ordinati- tentò di giustificarsi nascondendo sotto il letto un cumulo di vestiti.
-Oh, non preoccuparti, ci sono abituato.- disse sorridendo e sedendosi sulla poltrona.
-Allora agitato per domani?- domandò finendo di mangiare il cornetto.
-No, è il nostro lavoro, sono preoccupato più che altro.-
-Preoccupato? E di cosa?-
-Bhe, una volta recuperata la coppa e tua madre, tu tornerai a Los Angeles giusto?-
-Questo è il piano.-
-So che ci conosciamo da poco, ma mi dispiacerebbe sapere che andrai via-
-Anche io mi sono affezionata molto a voi in queste settimane, ma potremmo sempre vederci, magari ad Idris o farci visita, io so creare Portali.-
-Lo so , ma non sarebbe la stessa cosa.-
-Jace cosa stai…-
Jace si alzò di scatto e le si avvicinò pericolosamente, Clary di tutta risposta indietreggiò quasi a toccare la finestra.
-Io.. sto cercando di dirti che mi piaci.-Jace la guardava dritto negli occhi.
-Oh Jace io..- Clary non sapeva che dire. Jace era certamente un bel ragazzo, lo aveva pensato dal primo momento in cui aveva posato il suo sguardo su di lui. Ma non aveva mai pensato a lui in termini romantici, anzi non aveva mai pensato a qualcuno in termini romantici da anni.
Jace le prese il viso tra le mani e la baciò. Clary voleva ritrarsi e dirgli che non era il caso, ma qualcosa nel modo in cui lui la toccò o nel modo in cui lui la baciò le fece ricambiare il bacio. Era dolce e sapeva di limonata fresca. La sua lingua creava dei vortici curiosi nella sua bocca e le sue mani le accarezzavano morbidamente il viso. Clary gli afferrò i capelli biondi e li strinse forte avvicinandosi più al lui. Lui la sollevò delicatamente poggiandola sul davanzale della finestra così che entrambi raggiunsero la stessa altezza. Clary rise mentre si baciavano e Jace aprì i suoi occhi ambrati e li incastrò in quelli di Clary verdi .
-Clary che cosa stai facendo?!- La voce di Jonathan la fece trasalire , si ritirò di scatto e scese con un piccolo salto dal davanzale della finestra.
Jace rimase impietrito e si voltò lentamente verso Jonathan.
-Jonathan noi stavamo ecco..-
-Risparmiati la spiegazione, non lo voglio nemmeno sapere, tu esci immediatamente da questa stanza prima che ti ficchi un coltello in gola!-
-Jonathan!- Clary sbottò mettendosi davanti a Jace come per proteggerlo.
-Ci vediamo dopo.- Jace uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.
-Che diamine fai! Lo conosci a malapena e già ti stavi avvinghiando a lui!-
-Non sono affari tuoi! Anche tu hai delle ragazze, ma non ho mai fatto queste scenate.- Clary era furibonda .
-Tu sei mia sorella, quello vuole solo portarti a letto!-
- E se anche fosse? Qual è il tuo problema!-
- Ma ti senti quando parli? Tu sei meglio di così, meriti qualcuno che ti ami non che voglia solo fare sesso con te!-
-Non ti andrebbe bene nemmeno in quel caso e lo sai bene.-Clary si tolse la maglia rimanendo in reggiseno e la lanciò contro il fratello.
-Smettila, lo sai che non è vero! Io voglio il meglio per te.-
-Forse oppure mi vuoi controllare , saresti più contento se diventassi una Sorella di Ferro.-
-Non è vero Clary io…-
-Oh piantala Jonathan sei un bambino ! –
-Senti se sei ancora arrabbiata per la storia di Sebastian io…-
-Cosa c’entra Sebastian! Non devi nemmeno nominarlo , hai capito!- Clary gli si avvicinò di scatto.
-Scusami non volevo io..mi dispiace.-
Clary si sedette sul letto e si portò le ginocchia al petto.
Jonathan le si sedette vicino e le poggiò una mano sulla spalla,Clary non si ritrasse ma rimasero entrambi in silenzio.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati. È un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore.
(Sapienza 2:2)

 


Il giorno della verità era arrivato. A New York era appena iniziato l’autunno e le prime nevicate cominciavano ad imbiancare le case e i grattacieli delle città. Faceva molto freddo, una temperatura a cui Clary non era abituata ma che sua madre aveva sempre amato. Con il senno di poi Clary pensò perché sua madre si fosse proprio trasferita a Los Angeles se amava la neve, si premurò di chiederglielo una volta ritrovata. Con la sua tenuta termica da cacciatrice e la sua spada bene in vista, Clary, insieme a suo fratello si incamminarono verso la casa di Dorothea. Gli altri avevano fatto incantesimi per nascondersi ai mondani, ma Clary potè chiaramente vedere Magnus nascosto dietro un albero in attesa di aprire un portale.
Simon, che non voleva farla entrare senza di lui, era più indietro con Isabelle al suo fianco con la sua frusta ben in vista. Dall’altro lato Alec e Jace avevano gli occhi fissi sull’entrata in attesa di attaccare.

Jace. Clary non l’aveva più visto dalla mattina precedente. Si era volatilizzato, non che lei lo avesse cercato particolarmente, ma c’erano delle cose da chiarire. Ma non era questo il momento per parlarne. Maryse e Robert Lightwood erano proprio dietro Clary, mentre l’Inquisitrice con altri membri della guardia formarono un grande cerchio attorno alla casa, per evitare che qualsiasi attività demoniaca ci fosse, potesse diffondersi per la città.
Clary scambiò una breve occhiata con Jonathan. I suoi capelli, al contrasto con il paesaggio innevato parevano più bianchi del solito. Inarcò un sopracciglio e Clary annuì. Era ora di entrare in scena.
 
 
 
 
L’attico del Plaza Hotel non poteva essere più affollato di quel giorno. Più di una cinquantina di Shadowhunters erano inginocchiati di fronte a Valentine Morgenstern.
-Oggi, riprenderemo la coppa! Oggi, finalmente, il Conclave crollerà e io avrò tutto il potere che mi merito!-
Un coro di esultazioni fece vibrare le pareti di vetro della stanza, mentre Jocelyn giaceva ancora immobile nel grande letto a baldacchino. Un ragazzo alto, con i capelli castani e gli occhi argentati era al suo fianco che gli somministrava dei medicinali.
Valentine gli si avvicinò, mentre un grosso portale si apriva nella stanza.
-Sei pronto?- gli domandò porgendogli una mano, un gesto gentile, poco familiare ai suoi metodi.
Il ragazzo sorrise, mostrando i suoi denti perfetti e bianchi, che risplendevano alla luce del sole.
-Sono nato pronto.- rispose dando la mano a Valentine ed entrando nel portale insieme a lui.
 
 
La casa di Dorothea era estremamente piccola, anche se dall’esterno sembrava molto grande.
Si accomodarono su un piccolo divanetto nella sala ricevimenti, così lei l’aveva chiamata. Era una donna particolare, robusta e con un profumo che faceva venire la nausea, ma non potevano lamentarsi. Gli offrì the e biscotti, e per quanto Clary volesse rifiutarli avevano un aspetto davvero buono. Ne addentò due beccandosi un’occhiataccia da Jonathan, che molto educatamente declinò l’offerta. Clary si sentì in imbarazzo, ma ormai già li aveva morsi per cui masticò velocemente e sorrise.
-Dunque , cosa ci fanno i figli di Jocelyn e Valentine Morgenstern in casa mia?- domandò Dorothea sedendosi su una poltrona a dondolo di fronte a loro. Aveva uno scialle verde che le copriva tutta la parte superiore del corpo e un turbante, dello stesso colore che le copriva la testa. Solo le gambe e i piedi erano scoperti, e Clary represse un conato di vomito quando vide le unghie dei suoi piedi sproporzionatamente lunghe.
-Ci conosci? Sai chi siamo?- le chiese Jonathan appoggiandosi con le braccia sulle ginocchia, era molto teso, ma sapeva nascondere questo suo lato.
-Voi siete Jonathan e Clarissa Morgenstern. Vi avrei riconosciuto tra mille persone, siete identici ai vostri genitori quando avevano la vostra età. Presumo siate qui per qualche cosa in particolare e non per fare visita ad una povera vecchia, giusto?- domandò mettendosi una mano sul petto, come per nascondere qualcosa. Clary la stava osservando, e sebbene non l’avesse mai vista prima, pensò che ci fosse qualcosa di strano nel suo comportamento. Si girò verso il fratello, che però stava dando una veloce occhiata alla casa.
-Hai ragione, tu conoscevi nostra madre, eravate amiche. –
-Amiche? Non direi.-
-Ma..-
-Vostra madre venne qui la prima volta che era ancora incinta di Clarissa. Io sono la proprietaria dell’intero stabile, ma con l’età che avanzava e i miei problemi di schiena non potevo fare le scale ogni giorno, così mi sono stabilita al piano di sotto e ho messo in vendita il piano di sopra. Jocelyn era intenzionata ad acquistarlo e io gliel’ho venduto. Lei mi pagò in contanti e io non le feci domande. Non la vidi per un po', quando ritornò non era più incinta. Tu eri nata e lei aveva intenzione di trasferirsi con voi due nel nuovo appartamento. Lo fece ristrutturare e veniva ogni giorno per decorarlo e per arredarlo. Quando finalmente fu pronto, lei sparì e non si fece più vedere. Saranno passati più o meno 15 anni. L’ultima vota che ti ho vista avevi appena compiuto 2 anni.- Dorothea smise di parlare e sorseggiò il suo the, Clary notò una strana ferita sulla mano destra ma non ci si soffermò molto.
-Perché acquistare questa casa, arredarla e ristrutturarla e poi trasferirsi a Los Angeles, non ha senso.- Jonathan si alzò di scatto. Clary si mise per un attimo nei suoi panni. Jonathan e sua madre avevano sempre avuto un buon rapporto, non c’erano mai stati segreti tra di loro. Ma come aveva potuto costatare poco fa, lui non era a conoscenza di quanto raccontato da Dorothea.
-La casa era sua, io non potevo e non volevo farle domande, è stata una sua scelta.-
-Nostra madre è scomparsa, Valentine l’ha presa.- disse Clary guardandola negli occhi. Nonostante fossero castani avevano una strana sfumatura rossa all’interno.
-Non mi sorprende, sapevo che era una Shadowhunter e che fosse la moglie di Valentine, era solo questione di tempo prima che lui la trovasse.-
-Come fai a sapere tutte queste cose?! Sei una mondana.-
-Può darsi, ma il Mondo Invisibile non mi è mai stato estraneo. Ora o mi dite cosa volete o sarò costretta a mandarvi via. Ho clienti che aspettano.- disse alzandosi dalla sieda. Il modo in cui camminava era strano e la sua testa si muoveva a scatti. Clary si accorse che anche Jonathan la stava osservando.
-Noi crediamo che nostra madre abbia nascosto qui la coppa.-
-La coppa Mortale? Impossibile.-
-Come fai ad esserne così sicura?- Clary si era alzata e istintivamente mise la mano sull’elsa della spada.
-Mia madre era una strega, so riconoscere la magia, la Coppa Mortale ne sprigiona tanta, se fosse stata in questa casa me ne sarei sicuramente accorta.-
-L’appartamento di nostra madre, è possibile vederlo?- domandò allora Jonathan.
Dorothea fece un verso soffocato ma poi sorrise verso di loro, si avvicinò ad una credenza, aprì un cassetto e cacciò un mazzo di chiavi.
-Tenete, andate pure a vederla.-
Clary si rilassò brevemente e seguita da suo fratello si incamminò verso le scale. La porta era impolverata come il pianerottolo e la finestra che dava all’esterno, segno che nessuno veniva a pulirlo da anni.
Jonathan inserì la chiave nella serratura e la fece scattare.
L’appartamento era impolverato e buio. Jonathan premette l’interruttore della luce ma non si accese nulla. Clary lo superò ed andò ad aprire la grossa finestra sull’altro lato della stanza. La casa si illuminò piano piano e Clary rimase senza fiato. L’appartamento era decorato benissimo, c’era un grande salone con un camino e sul davanzale c’erano delle foto di Clary e Jonathan da piccoli. La cucina, super tecnologica era immacolata come se la polvere non ci fosse mai stata. Una grossa libreria si trovava al centro della sala, e un piccolo corridoio dava  sulle camere e i bagni. Clary aprì la prima stanza, sentiva il respiro di suo fratello alle spalle. La camera era tutta rosa, e al centro  vi era una grande culla con una sedia a dondolo . Clary pensò che quella dovesse essere la sua cameretta. Non vi ci soffermò molto. La camera di Jonathan invece era più arredata. Vi era un letto rosso dei pompieri, una scrivania , una cabina armadio e un grosso scaffale con armi e libri da Shadowhunter. Jonathan li prese immediatamente.
-Cosa fai?- domandò Clary dubbiosa.
-Queste sono armi Morgenstern, appartengono alla nostra famiglia da anni.-
Clary annuì poco convinta. L’ultima stanza era la camera di Jocelyn. Il suo profumo, nonostante l’aria ammuffita e polverosa era intenso. Clary lo ispirò con fermezza e percepì uno strano potere in quella stanza.
-Jonathan, è qui.- disse chiamando l’attenzione del fratello.
-Sei sicura?-
Clary annuì e passò le mani su un quadro che si trovava dietro la spalliera del letto. Erano lei, Jonathan , sua madre e Luke. Erano tutti felici. Jocelyn aveva tra le braccia Clary, che aveva una piccola carta tra le mani. Luke circondava le braccia di Jocelyn, mentre Jonathan era seduto sulle spalle di Luke. Sembravano una famiglia  felice.
-Non ricordavo di aver fatto questa foto.- ammise suo fratello .
-L’ha dipinto lei. –Clary notò un luccichio sulla carta che aveva in mano e senza pensarci due volte prese lo stilo.
Le rune come sempre le venivano nei momenti più impensabili, ma questa runa in particolare, la sognava da mesi. La tracciò sul quadro, due cerchi concentrici che si univano in un nodo. Suo fratello trattenne il respiro e lei lo guardò per un momento spaventata. Poi l’adrenalina le esplose nelle vene. Mise una mano nel quadro e un minuto dopo aveva la coppa mortale tra le mani.
-Per l’Angelo!- esclamò Jonathan sorridendo.
Clary si sentì invadere da una strana magia, sembrava che il cuore le volesse uscire dal petto.
-Ok, va via, va da Magnus, qui ci pensiamo noi.- Jonathan la trascinò via dalla stanza e iniziò a scendere le scale.
Jonathan era rimasto sopra, in cerca di qualcosa che potesse servire.
Clary diede un’ ultima occhiata alle scale, ma quando mise piede sull’ultimo gradino, la casa di Dorothea esplose.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 
Tutti sono diretti verso la medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere. (Qoèlet 3:20)
 
L’esplosione fu forte e alquanto polverosa. Clary rimbalzò all’indietro andando a sbattere contro la ringhiera delle scale. Il colpo fu doloroso , tanto che le lacrime le uscirono ancor prima di rendersene conto. Un dolore lancinante le partì dalla spalla sinistra, e le schegge di vetro e legno le si conficcarono nella carne. La testa le doleva dal lato destro e sentì scorrere del liquido nei capelli, sicuramente sangue. Non si vedeva più niente, nonostante fosse pieno giorno, l’intero stabile era ricoperto da una fitta coltre di fumo nero. Sicuramente un fumo demoniaco pensò. Si rimise a fatica a sedere, sull’ultimo gradino, il fuoco e l’esplosione avevano fatto cadere tutte le scale. La spalla sinistra era lussata e le era uscito l’osso di fuori. Fece per prendere lo stilo nella tasca interna della sua giacca, ma non riuscì a muovere le dita della mano. Notò che sulle ginocchia, il fuoco le aveva rotto i pantaloni e dei pezzi di stoffa le erano rimasti incastrati nella pelle. Le sue orecchie erano perforate, non sentiva assolutamente alcun rumore. Voltò lo sguardo verso l’alto, doveva trovare assolutamente suo fratello. La coppa, era, fortunatamente, al sicuro all’interno della sua giacca. Strinse i denti , e si sforzò di rotolare su un fianco per far cadere lo stilo, doveva assolutamente farsi delle rune di guarigione. L’aria , però , stava diventando abbastanza pesante, e respirava a fatica. Lo stilo rotolò davanti ai suoi occhi e Clary lo afferrò con la sua mano destra, senza però trattenere un urlo. Si tolse delicatamente i pezzi di stoffa dalle ginocchia e notò che le bruciature arrivavano quasi fino all’osso, distolse lo sguardo e fece lo stesso con l’altro ginocchio. Stava cominciando a tracciarsi un iratze, quando suo fratello le balzò davanti.
Le disse qualcosa , ma lei non sentì niente. Le strappò lo stilo da mano e cominciò a tracciarne delle rune. Lui non sembrava ferito, ma aveva i capelli biondi coperti di cenere e aveva un’espressione preoccupata.
A mano a mano che le rune facevano effetto, cominciò a sentirsi meglio. Jonathan le stava togliendo le schegge dalle gambe e il suo udito migliorò notevolmente, tanto da poter sentire le voci dei ragazzi al di là del portone. Jonathan però non gli stava prestando attenzione , era concentrato assolutamente su di lei. Clary fece per alzarsi una volta che lui aveva finito, ma Jonathan la fece rimettere seduta.
-Hai una spalla lussata, devo sistemartela- le disse freddo senza guardarla negli occhi.
Clary annuì debolmente e poggio il suo braccio destro sulla spalla del fratello. Lui , con non molta delicatezza, le alzò di scatto il braccio sinistro rimettendo la spalla al proprio posto. Clary trasalì e soffocò un grido.
-Tutto ok?- le domandò Jonathan spostandole i capelli dalla faccia.
-Si, sto bene.- disse Clary alzandosi.
-Cosa diavolo è successo?- le domandò cercando di uscire da quella casa. Ma la porta sembrava bloccata. E se loro non potevano uscire, nemmeno gli altri potevano entrare.
-Dorothea!- esclamò Clary in quel momento. La porta di casa era annerita e la aprì con una lieve pressione della mano. Jonathan era dietro di lei. Entrarono coprendosi il viso con una mano. La puzza di putrefazione che c’era in quella casa era insopportabile. Clary tossì reprimendo un conato di vomito, suo fratello le fece segno di aspettare, ma lei non obbedì. Il corpo di Dorothea era totalmente carbonizzato , Clary distolse subito lo sguardo. Svoltò l’angolo della cucina e fu lì che li vide. Demoni, a centinaia che uscivano da un portale.
 
 
 
 


Jace Herondale si era sempre considerato un ragazzo bellissimo, affascinante e carismatico. E aveva sempre pensato di essere il miglior cacciatore che ci fosse in circolazione e per questo motivo pensava che tutti baciassero la terra su cui lui camminasse. Era sempre stato abituato ad ottenere tutto quello che lui volesse, e che tutte le ragazze cadessero ai suoi piedi. Ed aveva funzionato, almeno per un po'. Ma da quando Clary aveva messo piede in Istituto, tutta la sua prospettiva sull’amore e sul bisogno di qualcuno al suo fianco era cambiata notevolmente. Clary era una ragazza bellissima ed un ottima combattente. Ne era rimasto colpito da quando aveva decapitato dei vampiri con il tacco dei suoi stivali. I suoi capelli rossi sembravano brillare quando si muoveva. Di solito non si imbarazzava quando doveva corteggiare qualcuno, ma con Clary era diverso, era impacciato e non sapeva come comportarsi. E poi finalmente ci era riuscito, l’aveva baciata e lei aveva ricambiato il suo bacio. Si era sentito al settimo cielo. Il suo profumo lo mandava fuori di testa e le sue labbra sapevano di fragole e di miele, una dolcezza che lo disarmava. Ma era stati interrotti da suo fratello e non si erano più parlati.
Ora si trovava fuori casa di Dorothea, con la neve che gli imbiancava i suoi stivali e con lo sguardo fisso sulla porta di casa in attesa che lei uscisse. Non riusciva a concentrarsi senza averla di fronte. E il solo pensiero che le sue ultime parole fossero state
Ci vediamo dopo gli fece venire un nodo alla gola. Erano passati appena venti minuti da quando Clary e Jonathan erano entrati, quando ci fu una violenta esplosione. Maryse e Robert furono scaraventati per aria e caddero ai piedi di Isabelle e Simon. Alec si mosse , prima di lui e andò vicino ai genitori. Jace lo seguì con una strana espressione sul volto.
-State bene?- domandò Imogen avvicinandosi di corsa.
Maryse annuì alzandosi di scatto, aveva i capelli fuori posto ma niente di rotto.
Robert invece era stato colpito da una scheggia di vetro che si era conficcata sul collo. Magnus era già chino su di lui per evitare che morisse dissanguato.
Simon si era già allontanato dalla scena per andare verso la porta.
-Clary!- urlò battendo le mani sul portone.
-Per l’Angelo, cosa è stato?- domandò Imogen spostando malamente Simon e tentando a sua volta di aprire la porta.
Magnus corrugò la fronte, di fronte all’Inquisitrice che si dimenava e si alzò.
-Dove vai? E mio padre?- Alec lo bloccò per un polso, fu un gesto deciso e solido. Magnus chiuse la sua mano in quella di Alec e gli sorrise.
-Tuo padre sta bene, ho rimosso la scheggia, credo che un iratze sia più che sufficiente. Vado ad aprire quella porta.-
-Grazie- disse Alec imbarazzando e chinandosi su Robert.
-Sto bene, davvero è tutto ok.- disse Robert prendendo la mano della moglie per alzarsi.
Isabelle affiancò Jace che sembrava preoccupato.
-Clary sarebbe capace di metterci k.o. e nel frattempo farsi anche le unghie, sta tranquillo starà bene. Deve stare bene- Isabelle aveva parlato con voce dura, ma la vide prendere la frusta e avvicinarsi alla guardia, pronta per entrare in casa ed affrontare qualunque cosa l’aspettasse.
Jace la seguì con la sua spada ben salda fra le mani.
-Gabriel- sussurò e la lama brillò al chiarore della neve.
Magnus fece schioccare le dita e la porta si aprì di scatto.
Jace scambiò una breve occhiata con Alec che dall’altro lato della porta aveva appena preso il suo arco, ed entrarono in scena.
 
 
Jonathan le fu davanti all’improvviso, pronto a difenderla a qualsiasi costo.
-Sono troppi- disse Clary girandosi di lato. Era la verità, erano troppi per soli due shadowhunter anche se due dei migliori.
Il primo demone attaccò Clary mentre questa era girata di spalle. Clary fece una capriola davanti pronta ad attaccare, la sua spada si conficcò nel cranio del mostro che morì sul colpo lasciando una scia di sangue scuro.
-Blaeh, che schifo- disse Clary ripulendo la sua lama sulle tende di Dorothea.
Jonathan , invece si era arrampicato sui pensili della cucina e aveva distrutto il portale per evitare che ne entrassero degli altri.
Clary fece roteare la spada in alto e ne uccise sei di fila che si erano lanciati su di lei.
D’un tratto la frusta di Isabelle le sfiorò la guancia e quando Clary si voltò vide tutti i ragazzi all’interno della casa.
Simon le stava correndo incontro mentre con la sua spada decapitava demoni a destra e sinistra.
L’inquisitrice, invece , le stava lanciando uno sguardo del tipo :
tu non dovresti essere qui, ma Clary non ci fece caso. Non avrebbe mai abbandonato i suoi compagni in un momento come questo.
I capelli biondi di Jace era ricoperti di sangue demoniaco e Clary pensò di non aver mai visto niente di così eccitante. Represse questi pensieri e si voltò verso Maryse che sembrava in difficolta con tre demoni su di lei. Fece un salto mortale  e conficcò la sua spada nella schiena di due , ,mentre con i suoi stivale fece rimbalzare via l’altro.Maryse le sembrò riconoscente. Stava per sollevarla quando dalla porta entro qualcuno.
Magnus aveva già aperto un nuovo portale, e vi fece entrare i feriti e l’inquisitrice.
Clary si stava ancora occupando degli altri demoni, mentre suo fratello e Simon combattevano animatamente fianco a fianco. Isabelle faceva ruotare la sua frusta , sembrando ancora di più una dea antica, mentre Alec scoccava le sue frecce ad una velocità immane.
L’uomo che entrò dalla porta, con un gesto della mano fece ritirare tutti i demoni. Clary si fermò allibita davanti a quella figura. L’avrebbe riconosciuta ovunque.
Suo padre.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


 
Solo un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga. (Salmo 39)
 

Il bagliore del portale ancora aperto da Magnus creava uno splendido contrasto con i capelli di Valentine. Clary, pensò, con il suo lato di artista, di fermare il tempo per catturare quella magia. Ma era ferma sul posto come pietrificata. Aveva sognato questo momento sin quando era piccola: incontrare suo padre e ora che ce l’aveva davanti non riusciva a pensare altro che ucciderlo, per tutto il male che aveva fatto alla sua famiglia e per tutto quello che stava ancora facendo. Sentì il respiro affaticato di suo fratello dietro le sue spalle, aveva paura lo si leggeva dal viso. Simon si era mosso velocemente e l’aveva raggiunta inarcando un sopracciglio.
-Bene, bene, bene… complimenti! Avete superato ogni mia aspettativa- disse Valentine battendo le mani. Sembrava un animale selvaggio pronto ad attaccare. Il suo corpo era interamente coperto di rune, alcune delle quali , Clary capì che non erano di natura angelica.
Magnus con il portale ancora aperto si era irrigidito.
-Cosa vuoi da noi padre?- Era stato Jonathan a parlare affiancando la sorella.
-Ma è semplice, mi meraviglio di te figliolo, che tu ancora non abbia capito ciò che voglio. Ciò che mi spetta di diritto, ciò che vostra madre mi ha rubato.- Valentine era in collera, gli si era gonfiata una vena sul collo che pulsava come se fosse viva.
-Noi non abbiamo la coppa!- Fu Alec a parlare .
-Stupido di un Lightwood- Valentine si avvicinò ad Alec e lo prese per il bavero della giacca. Poggiò le sue labbra sulla sua fronte.
-Manda i miei saluti a tuo padre.- Lo spinse via dentro il portale con un gesto della mano.
Isabelle, rimasta paralizzata non ci pensò due volte a seguire il fratello.
-Allora, dove eravamo?- domandò Valentine passeggiando avanti e indietro per la stanza.
Clary indietreggiò verso Simon e lo guardò dritto negli occhi. Avevano sempre avuto la capacità di parlarsi senza aprire bocca, e ora lei gli stava chiedendo di andare via , di lasciarli soli.
Simon non parve entusiasta dell’idea, ma annuì, prese Jace per un braccio ed insieme a Magnus entrarono nel portale che si distrusse poco dopo.
-Alec aveva ragione, non abbiamo la tua stupida coppa- Jonathan ora sembrava molto di più a suo agio.
-Sei uno stupido se pensi che mi beva questa storia. Tu e tua sorella avete recuperato la coppa, Dorothea mi ha confessato tutto, era una mia spia. Era convinta che l’avrei trasformata in una shadowhunter, peccato non abbia retto agli effetti collaterali. Sarebbe comunque morta se non avessi fatto esplodere il suo appartamento- Valentine sorrideva, era bellissimo. Assomigliava così tanto al fratello che per un attimo pensò di andargli vicino e toccargli i capelli. Non lo fece.
-Ascolta possiamo parlarne, magari non in questo posto, ma lascia Clary fuori da questa storia.-
-Clary, mi piace il tuo nome. Avrei tanto voluto conoscerti. Mia figlia.- Valentine le sfiorò i capelli e Clary rabbrividì.
-Non toccarla!- Jonathan aveva puntato la sua spada alla gola del padre.
-Come sei protettivo Jonathan! Eppure da piccolo non mi sembravi così fiducioso. Eri un debole e lo sei ancora- Valentine spinse via Jonathan con un calcio facendolo sbattere contro una parete, che date le ustioni dell’esplosione crepò attorno a lui facendolo cadere all’indietro.
-Jonathan!- urlò Clary correndo verso di lui, ma Valentine l’aveva già bloccata e la scaraventò sul divano.
-Sta bene, è ancora vivo. Ma lasciami parlare, io e te non abbiamo avuto modo di conoscerci propriamente. Tua madre ci ha impedito di avere un sano rapporto padre-figlia.-
-Non mi interessa conoscerti, voglio solo sapere dove si trova la mamma- Clary si era rialzata di scatto e si trovava faccia a faccia con suo padre.
-Tua madre sta bene! Non le avrei mai fatto del male. L’amavo, l’amo tuttora nonostante il male che mi ha fatto.-
-Ed il male che hai fatto tu?-
Valentine sorrise e si porto le mani sopra la nuca.
-Sei identica e spietata come lei. Io ho bisogno della coppa, devo ripulire il mondo intero dal marcio che ci vive.-
-Non spetta a te decide chi merita la vita e chi no.-
-Forse, o forse si. Dammi la coppa Clary e sparirò dalla tua vita, ti restituirò tua madre e non avrai più notizie da parte mia- Valentine le porse una mano, sembrava sincero, ma Jonathan l’aveva avvertita che era una sua tattica, far finta di abbassare la guardia, e poi non poteva fare quello che lui le aveva chiesto: distruggere i nascosti e creare una nuova razza. Si avvicinò a passo lento e lo colpì in pieno viso con l’elsa della sua spada. Rotolò di lato e si tolse la giacca. La coppa era al sicuro là dentro. I segni evidenti delle ferite crearono una specie di mappa sul suo corpo, ma lei doveva raggiungere Jonathan. Valentine si girò di scatto. Gli colava del sangue dalla testa ma non sembrava ferito, piuttosto rabbioso. Prese la sua spada e colpì Clary alla schiena. Clary urlò ma riuscì a toccare le dita del fratello, si stava risvegliando. Si girò di schiena e riuscì a parare il colpo di suo padre con la sua spada. Si alzò velocemente mentre Valentine le diede un pugno in pieno viso. Jonathan gli saltò sulle spalle e gli bloccò le braccia.
-Tua madre non ti ha insegnato che non si colpisce mai alle spalle?- Valentine scaraventò Jonathan davanti a sé facendogli sbattere la schiena violentemente per terra. Clary si rialzò pronta a fermare il colpo di suo padre, ma Jonathan la spinse via.
-Va via Clary, scappa!- le stava urlando, ma Clary non poteva lasciarlo lì a morire. Corse verso il fratello, che aveva una ferita alla spalla, mentre Valentine si liberava dall’intonaco che era caduto sulla sua testa. Valentine la prese per i capelli e la fece voltare verso di sé. Clary fu presa alla sprovvista, e non si accorse nemmeno che il padre l’aveva pugnalata allo stomaco.
-Clary!- Jonathan aveva urlato e fece per avvicinarsi alla sorella, ma Valentine lo spinse via.
Clary stava per accasciarsi al suolo ma suo padre la sollevò su per il collo. Sarebbe bastato un minimo movimento del polso per ucciderla. Gli lesse negli occhi che stava per farlo. Una spada però si posizionò nell’incavo della sua spina dorsale.
-Metti giù le mani da mia figlia!- Jocelyn Fairchild in tutta la sua bellezza, con la sua tenuta da cacciatrice e le braccia ricoperte di rune teneva la sua spada verso il cuore di Valentine.
Clary lo vide sorridere , mentre il pavimento si riempiva di sangue. La lasciò andare e lei cadde tra le braccia del fratello.
-Andate via, apri un portale e vai via di qua!- Jocelyn urlò queste parole a Clary.
Clary stava perdendo sangue anche dalla bocca, prese la sua giacca e il suo stilo e aprì un portale. Suo fratello la trascinò via e l’ultima cosa che vide  fu sua madre colpire Valentine.
 
 
 
 



L’infermeria dell’Istituto non era mai stata così piena. Erano stati chiamati i Fratelli Silenti e Magnus si era messo a disposizione per curare chi ne avesse bisogno. Fortunatamente non c’era stata nessuna vittima, e le ferite più gravi erano state messe sotto controllo.
-Perché mi hai trascinato via!- Jace era furioso, se la stava prendendo con Simon, che aveva ustioni su tutto il lato destro del corpo.
-Me lo ha chiesto Clary! Non prendertela con me!- Simon sembrava seccato, mentre Magnus applicava i bendaggi.
-E quindi? Tu fai tutto ciò che lei ti chiede?-
-Ehi! Simon non c’entra niente in questa storia! –Isabelle era illesa, non si era fatta neanche un graffio e sembrava appena uscita da una rivista di moda.
-Izzy non ti ci mettere anche tu eh!- Jace non sopportava quando gli altri avevano ragione.
L’Inquisitrice era su tutte le furie.
-Avevo detto a quella stupida ragazzina di andarsene subito. Cosa ci faceva ancora in quella casa?!-Anche lei se la stava prendendo con il povero Simon.
-Voi non la conoscete, aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Non ci avrebbe mai abbandonato in un momento simile.-
-E cosa succede se muore? Se le capita qualcosa di grave? Non avrei dovuto mandare nemmeno voi! Doveva essere una semplice missione di recupero!-
-Nonna! Non potevi saperlo- Jace aveva parlato dolcemente.
Imogen parve per un momento più calma, ma si portò le mani al petto.
Robert Lightwood si stava avvicinando ai figli, quando da un portarle comparvero Jonathan e Clary.
Simon capì subito che c’era qualcosa che non andava, forse l’odore del sangue o lo sguardo di pure terrore sul viso di Jonathan.
-Aiutatemi, sta morendo!-

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


La strada dei giusti è come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. La via degli empi è come l’oscurità: non sanno dove saranno spinti a cadere. (Proverbi 4:18-19)
 
 
La corrente del lago Lyn scorreva veloce. Gli uccelli rilasciavano melodie armoniose con i loro versi e il vento accarezzava gli alberi che sembravano danzare con il suo ritmo. Clary camminava a piedi nudi, vestita di bianco con una rosa tra le mani. Aveva sete, una sete terribile. Ma bere dal lago non le era permesso, creava allucinazioni, eppure… Si inginocchiò posando delicatamente la rosa rossa al suo fianco, mise le mani a coppa e beve un sorso d’acqua, solo uno. Guardò il suo riflesso nelle acque e non si riconobbe. Sembrava uno scheletro con attaccata pelle tumefatta, piena di sangue. Urlò guardandosi attorno nell’attesa di vedere qualcuno. Era sola, completamente sola. Diede un’altra rapida occhiata al lago, e vide suo padre tagliargli la gola e farla sprofondare nelle acque.
 

 
 
Simon, si era sempre considerato un amico fedele, giusto e soprattutto leale. Non aveva avuto problemi negli anni a crearsi delle amicizie. Dopo che i suoi genitori erano morti, lasciandolo solo, aveva deciso di farsi affidare all’Istituto di Los Angeles perché sapeva che lì avrebbe trovato dei ragazzi, bisognosi d’amore e di amicizia, proprio come lui.E poi era arrivata Clary e le aveva stravolto la vita. Erano come in simbiosi su tutto, sapeva quando stava per fare qualcosa di sbagliato e sapeva anche quando stava soffrendo. Era la sua parabatai e lo sarebbe sempre stata. La sua migliore amica. L’amica del cuore.
Ora si trovava sdraiato nella sua camera a fissare il soffitto senza un’apparente motivo. Stava aspettando, era in attesa di qualcosa. E Clary non era lì con lui.
Ricordò l’odore del sangue in infermeria, le urla incontrollabili di Jonathan. Magnus che li aveva cacciati fuori quando avevano strappato la maglia di Clary ormai zuppa di sangue. I suoi seni scoperti e bruciati, i suoi occhi che non si aprivano. Era rimasto paralizzato sul posto con la bocca spalancata, perché un mondo senza Clary non era un mondo in cui gli sarebbe piaciuto vivere. E poi Magnus lo aveva fatto entrare nella stanza, il cuore di Clary aveva rallentato.
-Se non le fai una runa potrebbe morire.- Gli aveva parlato in tono calmo, ma sapeva quanto stava soffrendo.
E così Simon si era avvicinato alla sua parabatai e senza degnarla di uno sguardo le aveva tracciato un iratze. Il suo cuore aveva ripreso a battere e lui svenne.
Si era svegliato il giorno dopo con Isabelle da un lato e Jonathan dall’altro. E per quanto non fu per niente sorpreso di vedere Izzy al suo capezzale, dovette strabuzzare di continuo gli occhi alla vista di Jonathan.
-Ascolta, non mi piaci, e non mi piacerai mai. Trovo ancora che mia sorella abbia fatto una pessima scelta con te, ma se non avessi fatto quello che hai fatto, probabilmente sarebbe già morta. Non lo dimenticherò- Ed era andato via, lasciando Simon perplesso.
Ora era passata una settimana, e Clary non si era ancora svegliata. Il suo respiro era regolare e il suo cuore batteva, ma c’era qualcosa che le impediva il risveglio. Simon si era chiuso nella sua stanza e non voleva più uscirne. Faceva a turni con Jonathan per sorvegliare Clary,nella speranza di un suo risveglio.
Qualcuno bussò alla sua porta. Simon si mise diritto sulla schiena, mentre Isabelle faceva il suo ingresso. Bellissima come lo era sempre stata, anche con due occhiaie profonde e gli occhi arrossati.
-Simon, sono arrivati.-
 
 
 
Il profumo di pancake svegliò Clary da un sonno profondo, suo fratello Jonathan si era già alzato e così lei corse in cucina per prendere posto. Sua madre, ai fornelli, indossava una gonna lunga di colore sabbia e una maglietta con su scritto: Best mom ever! Clary si sedette al fianco di Jonathan iniziando ad ingozzarsi, mentre sua madre le accarezzava i capelli e le baciava la fronte.
-Tu sei il mio dono, la mia arma.- stava dicendo Jocelyn. Clary si voltò verso sua madre con aria interrogativa, ma lei non stava parlando con lei, ma con un ragazzo dai capelli castani e gli occhi grigi, seduto a capotavola.
Clary si voltò di scatto verso Jonathan, ma lo trovò morto con la spada mortale conficcata nella testa.



L’odore di incenso e di bruciature, avevano nauseato Jonathan fino all’esaurimento. Era seduto affianco a Clary e le teneva la mano. Più il tempo passava e più si sentiva vuoto. Magnus si era momentaneamente trasferito in Istituto per controllarla, e i Fratelli Silenti venivano una volta al giorno per accettarsi delle sue condizioni.
-Clary, ti prego svegliati, ho bisogno di te. Sei tutta la mia vita.- Jonathan stava singhiozzando. Aveva trascorso tutta la sua vita nella speranza di poter proteggere la propria famiglia, e sua sorella era quasi morta.
-Sono sicura che ti ascolta- Maryse Lightwood era entrata silenziosa come un gatto.
-Non ti ho sentita arrivare- Jonathan era arrossito.
-Scusami, non volevo spaventarti. Novità?- Maryse gli aveva portato una tazza di caffè, che Jonathan aveva accettato più che volentieri.
-Sempre uguale- commentò Jonathan ripulendo la tazza.
-Tu e tua sorella avete un bel rapporto, si risveglierà ne sono sicura.-
-Continui a dirlo, ma ..-
-Niente ma. Sono venuta a dirti che i ragazzi sono arrivati, vorrebbero vederti.- Maryse aveva un atteggiamento materno, lo si vedeva da come le si era addolcita la voce alla parola ragazzi.
-Arrivo subito.- Jonathan baciò la testa della sorella e a grandi passi raggiunse il salotto.
La famiglia Blackthorn era tutta lì, come uscita da una cartolina. C’erano Helen, Mark, Julian, Tiberius, Livia, Drusilla, Octavian e anche Emma.
-Jonathan!- Drusilla con in braccio il piccolo Tavvy, corse a gran velocità verso di lui.
Jonathan li prese entrambi in braccio e li fece volteggiare.
Poi tutti si fiondarono su di lui compreso Ty che non amava i grandi gesti plateali.
-Ci siete mancati così tanto- stava dicendo Helen.
-Anche voi a noi, credetemi.-
-Come sta?- Era stata Emma a parlare. Con le sue trecce bionde sembrava una piccola bambola.
-Stabile, ma ancora non si è svegliata.- Jonathan sembrava invecchiato di dieci anni.
-Possiamo vederla?- Chiese Mark.
-Si, ma non più di due persone alla volta.-
Julian ed Emma corsero verso l’infermeria.
-Nostro padre si scusa, ma non poteva abbandonare l’Istituto.-
-Non fa niente, apprezzo comunque il fatto che siate venuti.-
Simon stava leggendo un libro a Max, Drusilla e il piccolo Tavvy, mentre Isabelle correva avanti ed indietro per sistemare i ragazzi nelle camere. Alec era impegnato in una fitta conversazione con Jace che sembrava un morto vivente. Non aveva proferito parola da quando Clary era rimasta ferita, e Jonathan non aveva neanche lontanamente pensato ad andargli a parlare.
-Jonathan non è colpa tua lo sai?- Helen lo stava accarezzando sulla spalla. Erano molto amici.
-Io avrei dovuto proteggerla e invece..- si bloccò, non voleva piangere , non di nuovo.
-Ascolta, conosco Clary da molto tempo e se c’è una cosa che so di lei è che avrebbe fatto di tutto per proteggerti. Lei stravede per te, sei il suo eroe.-
-Grazie Helen- disse Jonathan abbracciandola.
 
 
 
La pista di pattinaggio era vuota, Clary e sua madre stavano facendo un giro sui pattini, ridendo e scherzando.
-Clary, va più piano o ti romperai l’osso del collo-
Clary rideva e correva più veloce lasciando la madre a poche centinaia di metri più indietro.
-Dai mamma, forza o faremo tardi- le stava urlando Clary.
-Tardi? E per cosa?- Jocelyn si era fermata di colpo, mantenendosi alle transenne.
-Mamma è il ringraziamento! Dobbiamo fare la spesa.- Clary si era avvicinata alla madre.
-Tu hai un grande potere Clary, usalo bene.- Jocelyn baciò la guancia di sua figlia prima di precipitare nel ghiaccio.



Il brusio di voci che proveniva dal corridoio creava un vortice di rumori con la nevicata che si stava abbattendo su New York. Julian ed Emma stavano raccontando a Clary tutto quello che si era persa in quel mese. E mentre Emma si cimentava a descrivere il grosso demone Idra che avevano sconfitto lei e Julian senza il permesso di nessuno, Clary aprì gli occhi.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Vivere è la cosa più rara al mondo. 
La maggior parte della gente esiste,
questo è tutto. Oscar Wilde

 
 
-Oh mio Dio! Julian va a chiamare Jonathan presto!- Emma aveva saltellato sulla sedia, stringendo con forza la mano di Julian.
Clary era immobile, aveva gli occhi aperti ma non ricordava molto di quello che le era capitato. Emma adesso la stava stritolando.
-Non sai quanto siamo stati in pensiero per te.- Aveva le lacrime agli occhi e la stringeva dolcemente. Poi in un nano secondo, quelle braccia furono sostituite da quelle di Jonathan. Erano soli, Julian ed Emma erano sgattaiolati via.
-Mio Dio! Clary, la mia dolce bambina.- Così l’aveva sempre chiamata suo fratello quando erano piccoli.
-Jonathan!- Fu l’unica parola che Clary riuscì a dire.
-Sono stato così in pena per te, ho perso dieci anni di vita. Mi spieghi come faccio io senza di te? Come posso anche solo pensare di respirare se non ci sei tu qui con me?- Jonathan stava piangendo, le sue lacrime bagnarono le guance di Clary mentre si tenevano ancora stretti in un lungo abbraccio.
-Sto bene Jonathan davvero, mi dispiace molto.- Clary si stava mettendo seduta facendosi forza sulle braccia.
-Stai attenta, Valentine ha usato un pugnale particolare, che assorbe il veleno dei demoni. Per questo è stato più difficile curarti. Sei praticamente morta.-
-Jonathan, davvero, mi sento bene, non c’è bisogno che ti agiti tanto.-
-Agitarmi? Clary sei praticamente morta tra le mie braccia, se non fosse stato per Magnus e per Simon, a quest’ora saresti già stata un mattone per la città d’ossa!-
-Io.. Simon?- Clary si sentiva stordita.
-Si, per quanti odi ammetterlo ti ha salvato la vita.-
-Per quanto tempo ho dormito?-
-Una settima, due giorni e 13 ore.- Jonathan le stava stringendo la mano.
-Io non volevo che ti facesse del male. Tu sei la mia famiglia Jonathan! Non ho pensato lucidamente, non volevo vederti soffrire.-
-Sono io quello che dovrebbe proteggerti, non il contrario, tu sei la mia sorellina.-
-La tua sorellina ora è diventata grande.- Clary gli prese il viso tra le mani e gli baciò una guancia.
Jonathan si posizionò sul letto al suo fianco e la strinse delicatamente per non farle del male.
-Ma mamma? Dov’è?- Clary si ricordò solo in quel momento di Jocelyn.
-Siamo ritornati sul posto, o meglio sono ritornati sul posto, io non ce la facevo a lasciarti. Non hanno trovato nessuna traccia né di Valentine né della mamma.-
-E la coppa?-
-L’Inquisitrice la tiene stretta, pronta a riportarla ad Idris.-
-Sono già partiti?-
-Non ancora, stavano aspettando che ti risvegliassi, come tutti del resto.-
-Sbaglio o c’erano Emma e Julian prima?-
-Ci sono tutti Clary e muoiono dalla voglia di vederti.-
Clary sorrise allegramente mentre Jonathan la prendeva in braccio per portala nella sala.
 
 
 
Il piccolo letto malconcio scricchiolò rumorosamente mentre Jocelyn si girava di lato. Aveva parecchie ferite e le rune di guarigione non facevano effetto. Un ragazzo dai capelli mori e gli occhi grigi le poneva una benda bagnata sulla fronte e faceva il possibile per curargli le ferite. Jocelyn aveva gli occhi chiusi e per quanto si sforzasse si vedeva lontano un miglio quanto stesse soffrendo. Aveva una ferita profonda all’altezza del bacino e dei tagli lungo la schiena, come dei segni di frustate. Lo scontro con Valentine era stato duro, lei era così arrabbiata, i suoi figli erano stati feriti e lei era furiosa nei confronti dell’ex marito.
-Hai rischiato grosso. – Il ragazzo aveva parlato con una voce armoniosa e preoccupata.
-Dovevo farlo, Clary era in pericolo.-
-Sta bene, è viva.-
-Lo so.-Il ragazzo aveva posato le bende e ora si stava lavando le mani in un piccolo lavabo.
Jocelyn si mise lentamente a sedere e si avvicinò al ragazzo stringendolo forte.
-Lo sai che senza di te non ce l’avrei mai fatta vero?-Il ragazzo annuì accarezzando i capelli di Jocelyn.
-Sei il mio dono, la mia arma.- Jocelyn lo baciò sulla fronte e lui sorrise.
-Sono la tua arma.-
 
 
 
 
Gli abbracci erano sempre piaciuti a Clary sin da bambina. Sua madre non era mai stata molto affettuosa, ma gli abbracci in famiglia non erano mai mancati.
Quello con Simon era un tipo di abbraccio diverso, era come se due pezzi di puzzle si incastrassero perfettamente creando un paesaggio bellissimo. Ora lui le teneva stretta la testa fra le mani e le sussurrava tutto il suo bene, Clary potette solo immaginarsi tutta l’angoscia che avesse provato.
L’abbraccio con la famiglia Blackthorn invece fu estremamente caloroso. Mark la prese in braccio e se la tenne stretta come se da un momento all’altro potesse andare via, Helen invece le accarezzava la guancia. I gemelli, Livvy e Ty la stringevano alla vita, mentre Dru e il piccolo Tavvy singhiozzavano alla sua vista.
-Ragazzi sto bene, davvero, neanche un graffio- Mentì Clary sorridendo con gli occhi lucidi.
Poi fu il turno di Isabelle che con il trucco sbavato la tenne strettissima.
-Non farmi mai più uno scherzo del genere! Sono quasi morta , mi hai sentito, morta!- Clary si sentì terribilmente in colpa, non avrebbe mai voluto che qualcuno si preoccupasse così per lei.
Alec si era limitato a baciarle la fronte e a toccarle la spalla, mentre Magnus l’aveva abbracciata a lungo.
L’abbraccio più sorprendente fu quello dell’Inquisitrice. Imogen l’aveva presa in disparte e l’aveva abbracciata dolcemente.
-Non avrei mai dovuto lasciarti entrare in quella casa, è stato un errore.-
-Inquisitrice, non è stata colpa sua, non poteva saperlo.-
-E invece avrei dovuto.-
- Chi ha voglia di pizza?- Magnus schioccando le dita aveva fatto apparire un pizza grandissima al formaggio. Lo stomaco di Clary brontolò sonoramente.
Mentre tutti si davano da fare per apparecchiare la grande tavola nella sala da pranzo, Jace la prese per un braccio e la fece entrare in cucina.
-Jace ma cosa..- non ebbe il tempo di finire la frase che lui la stava stringendo forte.
-Mio Dio! Sono stati giorni di profonda agonia. Temevo di non rivederti mai più, sono così contento che ti sei svegliata.-
-Vorrei ben dire.-Disse Clary sorridendo.
-Ascolta, so che non abbiamo parlato più di quello che è successo tra di noi, ma..-
-Jace, ascoltami, anche tu mi piaci ed anche molto, è stato un bel bacio.-
-Ti è piaciuto quindi?-
-Certo che si.-
-Quindi magari possiamo replicare?- Jace era arrossito portandosi una mano tra i capelli.
-Forse, dipende.-
-Da cosa?-
-Da quanto sei coraggioso.-
 
 
Dopo pranzo , tutti si erano posizionati davanti al camino per sentire i racconti dei Blackthorn su Clary, Simon e Jonathan. Clary rideva con suo fratello al suo fianco che non la mollava un attimo e con Simon che le teneva la mano. Si sentiva felice, e per un attimo, solo un attimo, dimenticò di sua madre, di suo padre e di tutti i problemi che aveva.
-Clary c’è un persona che vuole vederti.- Maryse era entrata silenziosa nella sala, dietro di lei c’era un ragazzo alto, moro e con due occhi castani che avevano esplorato quelli di Clary tantissime volte.
Jonathan fu più veloce di lei e gli fu immediatamente di fronte.
-Cosa diavolo ci fai qui!-
 
Valentine Morgenstern era seduto sulla sua poltrona, nella sua grandissima suite. Tutti i suoi discepoli erano inginocchiati di fronte a lui e quel letto, che un tempo era stato di Jocelyn ora era vuoto.
-Amici miei, sono stato tradito. Uno di voi ha tradito la mia fiducia.- Valentine si era alzato molto lentamente portandosi le mani sotto il mento. Aveva un occhio nero e varie ferite sul volto e sul corpo.
-Signore, avete la nostra totale fedeltà, nessuno di noi mai cospirerebbe contro di te.-
-Forse, ma mia moglie era sotto incantesimo, incatenata in questo posto, e me la sono ritrovata contro di me. Spiegatemi come diavolo sia possibile!- Aveva alzato la voce, ma il ragazzo dagli occhi grigi, gli aveva toccato appena il braccio, quel tanto che bastasse per calmarlo.
-Non importa, adesso abbiamo altri problemi.-
Valentine bevve un lungo sorso di vino e si voltò verso il suo esercito.
-So per certo che domani la coppa verrà riportata ad Idris. Mia figlia Clarissa verrà lasciata all’Istituto di New York, e sarà sola e vulnerabile. Fate il possibile per portarla dalla mia parte, perché con lei al nostro fianco prenderci la coppa sarà un gioco da ragazzi.-
 
 
 
Sebastian Velac, in tutto il suo splendore era imbambolato davanti a Jonathan.
Clary si era alzata lentamente portandosi le mani alla faccia. Tutti in quella sala sapevano chi fosse, tutti tranne Isabelle, Jace e Alec.
-Voglio parlare con Clary, voglio accettarmi che stia bene.-
-Beh l’hai vista no? Sta bene, ora puoi andare via- Simon aveva affiancato Jonathan. Nonostante quei due non andassero per niente d’accordo, odiare Sebastian era una cosa che avevano in comune.
-Clary ho bisogno di parlarti, ti prego.- Sebastian la guardò dritta negli occhi, noncurante degli sguardi torvi dei Blackthorn e di Simon e Jonathan.
-Va bene.- Clary rispose avvicinandosi a lui beccandosi un’occhiataccia da suo fratello.
-Clary ma cosa..- Mark l’aveva presa per il polso fermandola.
-Parleremo per cinque minuti non di più-
Sebastian aveva annuito e seguì Clary nella sua stanza.
Clary chiuse la porta a chiave per evitare che qualcuno entrasse all’improvviso.
-Come stai?- Sebastian era rimasto fermo mentre Clary , ancora dolorante si era seduta sul letto.
-Sto bene, non c’era bisogno che venissi fin qui. Anzi, se prima avessi saputo che ci voleva questo per farti rivedere mi sarei fatta pugnalare anni fa.-
-Clary..-
-No Sebastian! Cosa vuoi? Mi hai lasciata, hai detto che eri troppo grande per me, che avrei dovuto frequentare ragazzi della mia età, te ne sei andato senza nemmeno darmi la possibilità di replicare e adesso ti presenti qui e pretendi che io dimentichi tutto?-
-No, non pretendo niente.-
-E allora perché sei qui?.-
-Clary lasciami spiegare, ti prego.-
Clary, ancora furiosa annuì.
-Quando sono stato trasferito all’Istituto di Berlino, ci vedevamo poco e di rado ma io continuavo ad amarti. Dio, ti amo ancora adesso. Ma è successa una cosa…-
-Sei stato con un’altra vero?-
-Si, ma non ce l’ho fatta a dirtelo, mi sentivo tremendamente in colpa e quindi ho preferito mentirti per non farti soffire.-
-Per non farmi soffrire? Tu non hai idea di quello che ho passato, ho dato la colpa a mia madre, a mio fratello , a Simon, perché ho pensato che fossero stati loro ad allontanarti, sono stata malissimo!-
-Mi dispiace.-
-Ti dispiace? Sebastian arrivi in ritardo. È ormai un anno che non stiamo più insieme, potevi pensarci prima.-
-Clary me ne sono andato perché non sopportavo l’idea di guardarti, non riuscivo nemmeno a guardarti negli occhi.-
-Ora però lo stai facendo.-Clary si era alzata e si era avvicinata a lui, ancora fermo davanti la porta.
-Si, lo sto facendo.-
-Perché? Cosa è cambiato?-
-Nulla, ti amo come allora.-
-Sebastian..-
-Sei così bella Clary, così bella e vorrei tanto baciarti.-
-E allora fallo.-
Sebastian le si avvicinò piano e posò delicatamente le sue labbra su quelle di Clary e Clary si sciolse in mille pezzi. Quante volte aveva sognato di baciarlo di nuovo, ancora, almeno un ultima volta . E ora lo stava baciando, assaporando, esplorando come aveva sempre fatto. Sebastian la prese in braccio e la posizionò delicatamente sul letto. Clary gli tolse la maglietta e cominciò a baciarlo per tutto il corpo, con la speranza di poter ricordare per sempre quel momento. Sebastian ansimò e le tolse il top, Clary non portava mai il reggiseno e lui sorrise di quel ricordo baciandole i seni e toccandola come solo lui sapeva fare. In un momento furono l’uno dentro l’altra e Clary rimase con gli occhi aperti per paura che fosse solo un’illusione, che stesse ancora sognando e quando lei gli tirò i capelli all’indietro, lui gridò e si accasciò, sfinito su di lei.
-Dio Clary! È stato..-
Ma Clary si era già alzata rivestendosi.
-Cosa fai?-
- Ti è piaciuto?-
-Cosa? Che domande fai? Certo che mi è piaciuto.-
-Bene, perché è stata l’ultima volta.- Clary aveva aperto la porta indicandogli l’uscita.
Sebastian si stava rivestendo ancora rosso in viso.
-Ma perché allora…-
-Perché non so resisterti, ma non posso continuare così, non ti amo più Sebastian.-
Sebastian ricacciò indietro le lacrime e si rimise i pantaloni.
-Clary mi dispiace , ma possiamo ricominciare io non volevo farti soffrire.-
-Ma lo hai fatto e se continui a parlare sarà peggio. Io non posso farlo se tu mi guardi così.-
-Così come?-
-Come se non fosse cambiato nulla. Tutto è cambiato, tu mi hai cambiata Sebastian, quello che tu mi hai dato non lo dimenticherò mai, ma devo andare avanti e non posso farlo se tu mi guardi così.-
Sebastian aveva il viso rigato dalle lacrime e a Clary gli si spezzò il cuore.
-Clary..-
-Non cercare di farmi cambiare idea, perché non puoi. Avremmo dovuto farlo tanto tempo fa, ora è troppo tardi.-
Clary si girò dandogli le spalle. Sentì Sebastian rimettersi la giacca e poi le si avvicinò. Le diede un bacio sulla fronte.
-Per quel che vale, non ci sarà mai nessun’altra, non per me.- E andò via lasciandola sola, nella sua disperazione.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


 
Sono convinto che anche nell'ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino.
Giacomo Leopardi 


 
Sebastian Velac amò con tutto se stesso soltanto una persona. Era un tipo di amore che andava al di là del fattore estetico o caratteriale, era un amore vissuto e consumato che faceva venire i brividi a chiunque. Quando Clary lo aveva mandato via, distruggendogli il cuore in mille pezzi, lui aveva reagito a testa alta. Era stato estremamente doloroso doversi fingere forte, ma ne era valsa la pena. L’aveva persa, e questa volta per sempre. Rimase minuti interminabili fuori la porta della sua stanza, sentendola singhiozzare. Nonostante fosse stata lei a mandarlo via, non sopportava l’idea che lei soffrisse per colpa sua. Respirò a fondo cercando di non piangere a sua volta e scese le scale il più lentamente possibile.
Gli altri erano ancora tutti in salotto con lo sguardo fisso su di lui, che lo scrutavano come se volessero scuoiarlo vivo. Sebastian aveva ancora le guance accaldate, ma i suoi occhi rossi e gonfi non poterono nascondere la verità su quello che era successo in quella stanza. Jonathan si alzò di scatto togliendosi delicatamente Tavvy dalle gambe e passandolo ad Helen.
-Vai già via?- Gli domandò sfidandolo.
-Clary non mi vuole qui. –
Lo sguardo di Emma lo seguì mentre varcava la porta dell’Istituto. Emma gli era sempre stata amica, non aveva mai giudicato tossica la sua relazione con Clary , anzi era sempre stata a favore della loro unione, ma in quel momento il suo sguardo era freddo come il ghiaccio, e la sua espressione era impassibile.
Aveva con sé un piccolo bagaglio, che aveva lasciato all’ingresso, perché moriva dalla voglia di vederla. Aveva pensato di fermarsi un paio di giorni per poter stare con lei, ma così non era stato.
Uscire dall’Istituto fù come ritornare di nuovo a respirare, voleva andarsene da lì . Prese il primo taxi.
-Dove andiamo?- domandò il conducente.
-All’aeroporto.- rispose Sebastian, sedendosi nel sedile posteriore.
Il viaggio fu tranquillo e rilassante, tanto che ad un certo puntò si addormentò come un sasso. Quando, però , apriì gli occhi non si trovava all’aeroporto, ma di fronte al Plaza Hotel.
-Mi scusi, ho detto aeroporto, deve esserci un errore.- Sebastian si era leggermente allarmato, tanto che aveva cominciato ad aprire il suo bagaglio alla ricerca della sua spada.
-Scenda. Sono 80 dollari.- Disse il conducente, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Sebastian obbedì e scese dal taxi , che sgommò allontanandosi velocemente.
Sebastian fece per tornare indietro quando due braccia umane lo afferrarono facendolo sobbalzare. Tentò di liberarsi scuotendosi di dosso l’uomo che lo stava trattenendo, ma fu impossibile. Gli misero un sacco scuro in testa e lo trascinarono dentro.
Quando rivide la luce si trovò davanti due occhi grigi.
-Chi sei? Cosa vuoi da me?- domandò quasi in preda al panico.
-Sai ti aspettavo diverso, non capisco proprio cosa ci trovi in te Clarissa.- Non era stato il ragazzo dagli occhi grigi a parlare, bensì un uomo, alto e biondo, spaventosamente somigliante a Jonathan.
-Oh che sbadato! Io dovrei essere tuo suocero. Sono Valentine Morgen..-
-So benissimo chi sei tu!- Sebastian quasi sputò quelle parole.
-Bene! Naturalmente io non approvo la vostra relazione. Non che tu non appartenga ad una famiglia prestigiosa, ma per mia figlia ho altri piani.-
-Non me ne importa un fico secco di quello che tu approvi o non approvi. Non sei mai stato un padre per lei, non capisco perché dovresti esserlo adesso.- Le corde che lo tenevano fermo alla sedia avevano iniziato a scricchiolare.
-Bada a come parli! Dovresti portarmi rispetto.-
-Per quale motivo mi hai fatto rapire, a cosa ti servo?-
-Oh! Lo scoprirai presto, fidati Sebastian.-
 
 
-Clary dai apri la porta!- Jonathan stava colpendo ripetutamente la lo stilo verso la porta della sua camera.
-Cosa vuoi?- Clary esasperata era apparsa sull’uscio della porta, con due occhi rossi e i capelli sconvolti.
-Fammi entrare ti prego.-
Clary gli fece spazio per farlo entrare e chiuse a chiave la porta dietro di lei.
-Allora? Che ti ha detto? Ti ha fatto del male?-
-No Jonathan, è tutto ok! Sto bene.- Rispose Clary rimettendosi sotto le coperte.
-Non mi sembra, dai raccontami.-
Jonathan era sempre stato il suo confidente, anche per quanto riguarda Sebastian. Jonathan non lo aveva mai sopportato, ma aveva ascoltato la sorella ogni qualvolta ne avesse bisogno e le era stato vicino sempre.
-L’ho mandato via, perché ho capito che non provo più per lui le stesse cose. Mi era mancato terribilmente ma forse è stato meglio così. Mi ha detto che mi ha tradita. Tu lo sapevi non è vero?-
Jonathan, apparentemente dispiaciuto, annuì.
-Perché non mi hai detto nulla?-
-Non spettava a me dirtelo. Ho preferito che mi incolpassi piuttosto che dirti la verità.-
-Grazie. Abbiamo fatto l’amore.- Confessò Clary.
-Che cosa? Ma sei impazzita? Ma perché?-
-Perché dovevo capire. Ma l’ho mandato via subito dopo.-
Jonathan tentò di calmarsi e poi si girò di nuovo verso la sorella.
-Ok, sono calmo. E Jace? Credevo che voi due foste una coppia.-
-Pensavo che non ti piacesse Jace e poi non abbiamo ancora definito il nostro tipo di relazione.-
-Infatti non mi piace. D’accordo, l’importante che tu stia bene , se hai dovuto fare… hai dovuto farlo per capire cosa provavi per Sebastian va bene così.- Jonathan l’abbracciò strettamente.
Clary si liberò dalle coperte e si alzò di scatto.
-Ho pensato ad una cosa.- Disse rivolgendosi verso il fratello.
-Quando? Prima o dopo aver scopato con Sebastian.-
Clary tirò un pugno sulla spalla di Jonathan.
-Cretino! Sono seria, ho un piano.-
-Che tipo di piano?- Rispose Jonathan leggermente preoccupato.
-Hai detto che l’Inquisitrice va via domani mattina, e che non gli hai detto nulla dell’appartamento di mamma-
-Coretto.-
-Bene, quando andranno via noi ritorneremo all’appartamento. Sicuramente ci sarà sfuggito qualcosa e dobbiamo scoprire di più su nostra madre.-
-Clary per quanto odi ammetterlo, quel posto non è sicuro e noi due non bastiamo.-
-Infatti non andremo da soli.-
-Chi altro vuoi?-
-Simon.- disse Clary in tono deciso.
Jonathan sbuffò sonoramente.
-Non essere insolente, mi ha salvato la vita.-
-Va bene e chi altro?-
-Helen e Mark.-
-Perfetto io vado a parlare con loro, tu parla con il quattrocchi.-
 
 
La porta della stanza di Simon era leggermente aperta, Clary fece per entrare quando sentì Simon e Jace parlottare. Istintivamente si nascose dietro la porta per ascoltare.
-Cosa vuoi sapere?- domandò Simon.
-Bhe chi è questo tizio? Da dove è uscito?-
-Sono stati insieme due anni prima che lui la lasciasse. Secondo me aveva un’altra. Personalmente non mi è mai piaciuto, ma con lui Clary era diversa, sembrava genuinamente felice, nonostante tutti i guai in cui si sono cacciati.-
-Ma è finita vero?- Jace sembrava preoccupato.
-Bhe considerando che lo ha praticamente sbattuto fuori, direi proprio di si.-
-Non credi che possano aver..-
-Senti, io conosco Clary da una vita ormai. Se lei lo avesse voluto non ci avrebbe pensato nemmeno due volte sopra. Non importa ciò che hanno o non hanno fatto, lei lo ha mandato via, quindi non lo vuole.-
-Bene.- Jace sembrava essersi rilassato.
-Ascolta, Clary mi ha raccontato tutto, le piaci e a te piace lei, perfetto.Provaci vedrai che prima o poi il suo scudo cederà- Clary sentì quei due ridere divertiti e fece appena in tempo a nascondersi dietro una colonna, quando Jace uscì dalla stanza.
Aspettò un po' che lui si allontanasse e a passo svelto entrò in camera di Simon.
-Non stavi origliando vero?- domandò il suo parabatai.
-Un pochino.- Ammise Clary sorridendo.
-Cosa vuoi? Vile ingannatrice.-
-Ho bisogno di te.-
 
 
 
 
Le macchie di sangue sui vestiti e sulla pelle, non si toglievano. Il ragazzo piangeva disperato mentre Jocelyn lo aiutava a ripulirsi.
-Non volevo, mi ha costretto.- Il ragazzo, in preda allo shock , singhiozzava.
-Lo so.- Jocelyn , impassibile lo aiutava a svestirsi gettando i vestiti nel camino.
Qualsiasi cosa fosse successa, doveva essere stato qualcosa di brutale.
-Mio Dio! Non mi perdonerà mai.-
-Sta tranquillo, lei non saprà niente.-

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


 
   
   “So cosa vuol dire vedere l’amore svanire dagli occhi di chi ami.
        -Nitro

 

Le pareti ghiacciate della caverna, esposte ad ovest, erano altamente scivolose. Valentine, con la stregaluce impugnata nella mano destra, camminava a passo svelto nella galleria. Le informazioni che aveva ricevuto quel giorno, erano estremamente importanti, tanto che aveva rischiato più volte di essere scoperto dal Conclave. I suoi figli erano stati plagiati da Jocelyn , quindi poteva contare solo sulle sue forze, non si fidava nemmeno più dei suoi alleati. C’erano molte cose che non tornavano, quindi decise di agire da solo senza informare nessuno dei suoi piani.
La galleria si strinse di qualche centimetro, lasciando a Valentine appena lo spazio per passare. L’aria era diventata ancora più fredda, tanto che dovette stringersi di più il cappotto di pelle. L’uomo che avanzava verso di lui indossava un lungo cappotto verde bottiglia, una sciarpa lunga nera e dei guanti di pelle. Era alto ed armeggiava con uno stilo per chiudere la porta della galleria.
-Temevo non arrivassi più!-Disse stringendosi nel cappotto.
-Dovresti sapere che io mantengo sempre la mia parola.-Valentine sembrava annoiato.
-Partiremo in mattinata, la coppa è nelle mani di Imogen.-
-Non sono venuto fin qua per avere informazioni! La coppa mi serve, ne ho bisogno!-
-Imogen non ci lascia avvicinare, specialmente dopo quello che hai fatto a tua figlia!- L’uomo si guardava alle spalle , quasi temesse di essere scoperto.
-Quello che ho fatto è stato necessario! Consegnami la coppa oppure il prossimo a cui pianterò un coltello nello stomaco sarai tu!-
 
 
Il sole splendeva alto nel cielo quando, Clary, Simon,Jonathan,Mark ed Helen  lasciarono l’Istituto. Il Conclave era andato via da poco ed era stato fin troppo facile sgattaiolare via indiscreti. I Blackthorn , così come Jace, Izzy ed Alec non avevano fatto domande sul perché gli altri fossero usciti senza dare spiegazioni, erano così felici di potersi allenare insieme ai Lightwood che non risposero nemmeno a tutte le raccomandazioni di Helen.
L’appartamento di Dorothea era ancora coperto di cenere e polvere demoniaca. Clary tracciò su sé stessa e su gli altri una particolare runa capace di farli respirare senza problemi. Le scale erano state demolite, quindi i ragazzi dovettero saltare sul ballatoio per accedere al piano superiore. Nessuno ebbe molta difficoltà, tranne Clary ancora dolorante per la recente ferita.
-Tutto ok?- Le chiese Simon aiutandola a saltare.
-Sto bene, grazie.- Clary odiava chiedere aiuto, era abituata a cavarsela da sola.
L’appartamento di Jocelyn era immacolato, tutto era in ordine e non c’era nemmeno un granello di polvere, come se l’esplosione fosse avvenuta a chilometri di distanza.
Jonathan, seguito da Mark, avanzò nella penombra. La finestra era aperta, quindi non ebbero bisogno di torce.
-Questo posto è arredato benissimo.- Disse Helen raggiungendo il fratello.
-Nostra madre ha buon gusto- Rispose Jonathan abbassando la spada e facendo segno a Clary di seguirlo.
-Dividiamoci. Io e Jonathan controlliamo il salotto, voi le camere, qualsiasi cosa pensate sia importante prendetela!- Disse Clary avvicinandosi alla libreria.
Mentre Jonathan perquisiva gli scaffali superiori,lei si concentrò sugli ultimi. C’erano libri sulla pulizia della casa, vecchi album da colorare ed anche grandi classici come la prima stampa del “Piccolo Principe”. Clary iniziò a sfogliare un libro sull’occulto ,quando Jonathan, con un foglio bianco in mano fece scattare una serratura.
-Ragazzi ,venite qui!- Clary urlò allontanandosi dagli scaffali.
Una piccola porta si aprì all’interno della libreria.
-Cos’è?!- Domandò Simon affiancando Clary.
-Beh! Stiamo per scoprirlo.- Disse Jonathan sorridendo.
 
 
La lunga sciarpa di lino, consentì a Jocelyn di coprirsi i suoi lunghi capelli rossi. A New York faceva molto freddo, quindi riuscì a mischiarsi tra la folla. Trovare la sua casa non fu complicato, ci era già stata altre volte e l’avrebbe riconosciuta tra mille.
Bussò due volte , vicino al chiavistello, sentendo brividi attraversarle tutto il corpo.
La serratura scattò in automatico, facendo entrare una luce rossastra.
-Chi osa disturbarmi?!- Domandò Magnus affacciandosi alla finestra.
Jocelyn rimase impietrita. Ebbe, per un momento soltanto, la sensazione di aver commesso un terribile errore. Si richiuse il cancello alle spalle e si tolse la sciarpa , lasciandosi riconoscere.
Magnus strabuzzò gli occhi e scese gli scalini a due a due correndole incontro.
Jocelyn provò un senso di sollievo, che però tramutò quando vide l’espressione dello stregone.
-Esci fuori da casa mia!- Magnus con un sguardo severo puntò il suo dito verso la porta.
-Lasciami spiegare, ho bisogno di aiuto!- Jocelyn era disperata, tanto che si inginocchiò di fronte a Magnus.
-Alzati! Non mi serve la tua pietà. Cosa ti è saltato in mente? I tuoi figli sono disperati! E tu te ne vai in giro come niente fosse!-
-C’è un motivo per cui ho agito in questo modo! Ti prometto che ti spiegherò tutto! Ma ho bisogno di te Magnus! Sai che non farei mai nulla del male per ferire Clary o Jonathan.-
-Sarà meglio che ne valga la pena, altrimenti ti denuncerò io stesso al Conclave.-
Il piccolo sentiero apertosi in libreria, si affacciava su una vecchia scala a chiocciola. I ragazzi, armati di stregaluce e armi, si incamminarono lentamente sulla scala.
-Neanche pensavo ci fosse una soffitta.- Dissa Clary bisbigliando.
-Deve essere nascosta da un incantesimo.- Disse Mark tenendo la sua mano ferma tra i capelli di Helen.
La scena che si presentò davanti ai loro occhi fu sconvolgente.
Se la casa di Jocelyn era pulita e ben arredata, la soffitta era logora e maleodorante.
Clary e Simon soffocarono un conato di vomito. C’era odore di sangue, molto sangue. Le pareti erano ricoperte di muffa , un pezzo di pane ormai annerito giaceva su un tavolo striminzito e traballante.
-Cos’è questo posto?- Domandò Helen portandosi una mano alla bocca.
Jonathan corrugò la fronte ed arricciò il naso.
-Sembra esserci stato un massacro qui dentro!- Mark si era avvicinato al tavolo e toccandolo si era sporcato di sangue sul braccio.
-Questo è sangue fresco.- Constatò.
Clary si avvicinò al lavandino e potè vedere delle bende altrettanto sporche di sangue. Sul lato destro della soffitta, vi era un lettino con uno scaffale. Sullo scaffale vi erano dei vecchi libri ed una fotografia. Clary non ci pensò due volte , balzò sul letto e afferrò la fotografia. Rimase senza parole tanto che cadde a terra con un tonfo sordo.
Era il ragazzo che aveva sognato spesso in quei giorni. Moro con due grandissimi occhi grigi. Nella foto, il ragazzo era abbracciato a sua madre, che sorrideva felice. La foto era stata scattata nel loro appartamento di Los Angeles, Clary se ne accorse dal buco alla finestra che lei stessa aveva inferto più o meno due anni prima.
Jonathan le fu subito vicino strappandole la foto tra le mani-
-Cosa succede?- Domandò Simon .
Clary osservò il fratello accartocciare la fotografia e le rivolse uno sguardo che avrebbe potuto incenerire il mondo interno.
 
Il rientro in Istituto fu piuttosto silenzioso. Simon cercò di iniziare una conversazione , ma Clary la troncò sul nascere. Jonathan era fuori di sé dalla rabbia. Mark aveva tentato di calmarlo, ma senza successo. Clary infondo lo capì. Lui e sua madre erano inseparabili, si confidavano su tutto. Per lui trovare quella foto era stato un enorme tradimento.
L’Istituto era assurdamente silenzioso. Clary si affrettò a ritornare in camera sua per nascondere gli oggetti personali di sua madre e quell’assurda fotografia.
Quando scese le scale per raggiungere gli altri, corse verso l’armeria, udendo delle urla. Fece per aprire la porra quando Jace le si palesò di fronte.
-Si può sapere dove sei stata?- Le domandò Jace furibondo.
Clary arretrò di un passo sbalordita.
-Sono ore che tento di chiamarti! Hai idea di cosa sia un cellulare?-
-Non sono la tua ragazza! Non hai alcun diritto di parlarmi in questo modo!- Clary era sconvolta, ma chi si credeva di essere?
Jace, parve, per un attimo, ritornare in sé, giusto in tempo per osservare l’arrivo di Jonathan e gli altri.
-Cosa succede?- Domandò Jonatan con uno sguardo truce.
-Niente!- Rispose Clary frettolosamente.
-Oh! Invece si! La coppa è sparita!-

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


 
“Lo sappiamo entrambi che le notti sono fatte per dire cose che il giorno dopo non diresti.”
-Arctic Monkeys.

 
Il freddo glaciale di New York aveva dato spazio ad un autunno piacevole di Idris.
La capitale appariva più viva che mai in questo periodo dell’anno e Clary non si sarebbe mai aspettata di rivederla così in fretta. La situazione era degenerata dopo che erano ritornati in Istituto. L’inquisitrice era su tutte le furie. A quanto pare , mentre erano diretti ad Idris , un gruppo di Dimenticati li aveva attaccati nella speranza di recuperare la coppa. Inutile dire di chi fosse opera questa dannata azione, ma la parte più losca era come era stato possibile conoscere l’orario e il luogo della partenza del Conclave. Per questo motivo, dopo numerosi interrogatori, dove era stata usata anche la Spada Mortale, il Console aveva deciso che tutti gli Shadowhunters facessero immediatamente ritorno ad Idris per proteggere la città da un possibile attacco di Valentine.
Clary e Jonathan ebbero così occasione di fare rientro a Los Angeles per recuperare i loro affetti. Non avevano idea di quanto si sarebbero fermati ad Idris, perciò caricarono le valigie con ogni genere di roba, dalle armi agli indumenti.
Fu strano per Clary ritornare in quella casa. Il Conclave l’aveva messa sotto sopra senza trovare nulla di strano, questo perché Jocelyn teneva nascosti i suoi segreti a New York, luogo del quale nessuno aveva mai dubitato.
Il giorno prima della partenza, ferma davanti al portale , era successa una cosa che non si sarebbe mai e poi mai aspettata. Luke Garroway era fermo davanti al portale, con le braccia conserte e lo sguardo torvo. Fissava nella sua direzione e Clary ebbe una scarica di brividi lungo la schiena.
-Luke? Cosa ci fai qui?- Naturalmente Clary era rimasta più che sorpresa del suo arrivo. L’operazione di evacuazione riguardava solo i Cacciatori, i Nascosti, a meno che non lavorassero a stretto contatto con il Conclave , non potevano mettere piede sul territorio di Alicante.
-Clarissa. Voglio che tu sappia una cosa.-
-Devi dirmela proprio adesso? Stiamo per andare.- Clary si girò alla spalle, suo fratello e Simon la stavano fissando .
-Si è importante, tua madre non avrebbe voluto tutto questo.-
-Tutto questo cosa? La guerra con Valentine?-
-Non lo avrebbe voluto.- Le si avvicinò e le stampò un delicato bacio sulla fronte, poi si voltò e a passo svelto lasciò gli argini dell’Istituto.
-Cosa voleva Luke da te?- Le domandò Jonathan avvicinandosi a lei.
-Non lo so.- Rispose Clary prima di passare attraverso il portale.
 
 
Magnus Bane, ospite speciale ad Idris, stava facendo su e giù per la sala delle riunioni. Era stato convocato dal Console in persona, e per un attimo, soltanto uno era apparso preoccupato. Naturalmente l’incontro era stato breve e per nulla preoccupante. Il Console si era soltanto assicurato che Magnus stesse dalla loro parte e che partecipasse alla guerra in caso di necessità.
Doveva parlare urgentemente con Jonathan e Clary, ma in qualche modo tentò di rimandare quel terribile incontro, così si affrettò a ritornare ai suoi alloggi. Ad aspettarlo davanti la porta , c’era Alec in tutta la sua bellezza.
-Mi stavo preoccupando, temevo ti avessero imprigionato. - Disse Alec spettinandosi i capelli.
Magnus sorrise, era strano avere qualcuno che si preoccupasse per lui. Lo attirò a sé e lo baciò con fermezza. Da due mesi a questa parte avevano cominciato a frequentarsi, lontani da sguardi indiscreti.
Alec si ammorbidì al suo contatto e afferrò la nuca di Magnus per attirarlo di più a sé.
-Vuoi entrare?- Domandò Magnus estraendo una chiave dalle sue tasche.
-In realtà non posso fermarmi. I miei vogliono che ci alleniamo in caso di combattimento e quindi..-
-Il mio eroico fiorellino.- Disse Magnus sogghignando.
-Fiorellino?-
-Ho deciso che ti chiamerò così. Comunque va se devi andare, presumo che stasera dormirai qui non è vero?-
-Appena finito l’allenamento.-
-Perfetto.-
 
Clary e Jonathan erano alla tenuta Fairchild, appartenente alla famiglia di Jocelyn. Era lì che alloggiavano durante le loro trasferte.
Erano entrambi distesi nel letto ad osservare il soffitto, nessuno aveva voglia di cucinare o di fare qualsiasi tipo di attività. Naturalmente Simon aveva deciso di restare dai Lightwood e Clary non se la prese per niente. Lui e Isabelle ormai erano una coppia, e quindi era logico per lui voler stare con lei.
-Clary?- Disse Jonathan voltandosi verso di lei.
-Si?-
-Non voglio che tu partecipi alla battaglia, se si arriverà a quel punto.-
-Temevo l’avessi detto. Ma Jonathan non dipende da te, il Console è a conoscenza del mio potere, pur volendo, e non sto dicendo che non voglio, dovrò partecipare per forza.-
-Mi opporrò, ma non posso concentrarmi se tu sei lì con me.-
-Jonathan, pensi che io non mi preoccupi per te? Lo pensi davvero? Io … il solo pensiero che tu possa in qualche modo lasciarmi mi uccide. Ma questo è ciò che siamo ed è quello per cui ci siamo allenati.-
-Lo so, ma promettimi che se la situazione dovesse generare ti metterai al sicuro. Promettimelo.-
-Te lo prometto.-
 
 
Era notte fonda e Jace non riusciva a chiudere occhio. Non era in ansia per la battaglia o per Valentine. La sua ansia era dipesa da Clary. Quella ragazza lo aveva mandato fuori di testa. Era sempre stato razionale e concentrato al cento per cento sulla missione e da quando era arrivata lì con il suo profumo e quei suoi bellissimi capelli rossi lo facevano impazzire. Era stata come una boccata d’aria dopo che aveva trattenuto il fiato tutta la notte.
Aveva camminato a lungo e si era ritrovato fuori la sua tenuta. Ma era tardi, gli era concesso di parlare con lei?
Senza nemmeno pensarci bussò alla porta. Le luci al piano di sopra si accesero e dopo pochi minuti ad aprirle la porta c’era Clary. Aveva i capelli sconvolti ed il viso assonato e Jace pensò di non aver mai visto niente di più bello.
-Jace hai una vaga idea di che ore siano? Cosa ci fai qui?-
-Io… dovevo vederti.-
Clary lo guardò torva e si richiuse la porta alle spalle raggiungendolo.
-Mio fratello sta dormendo. Hai esattamente due minuti di tempo.-
-Volevo chiederti scusa, io pensavo ti fosse capitato qualcosa di brutto e non volevo..-
-Jace non c’è bisogno! Non mi importa è chiaro che quello che c’è stato tra di noi sia sbagliato, siamo troppo diversi.-
-No! Io ho sbagliato , sono stato impulsivo ma dammi un’occasione .-
-Jace in questo momento io non riesco a pensare ad altro che distruggere mio padre e ritrovare mia madre, sei l’ultimo dei miei pensieri.-
Jace ebbe un tuffo al cuore, come se gli fosse stato strappato via e ricucito in seguito. Sentiva le lacrime irrompere prepotentemente le sue palpebre, ma non avrebbe pianto, non di fronte a lei.
-Lo so mi dispiace, ho sbagliato a venire.- E si voltò sentendo la porta chiudersi alle sue spalle.
Clary risalì le scale e si rimise a letto.
-Perché gli hai mentito?- Le chiese Jonathan senza voltarsi.
-Perché non sono la persona giusta per lui.-
 
 
 
La tenuta dei Wayland era al buio e spoglia. Jocelyn si era rifugiata lì con l’aiuto di Magnus. Non lo avrebbe mai ringraziato abbastanza. Era nascosta lì da qualche giorno , senza mai accendere nemmeno una luce per paura di essere scoperta. Il grande giorno si stava avvicinando e dovette ammettere che una grande ansia le stava offuscando i pensieri. Il ragazzo dagli occhi grigi dormiva ai suoi piedi, calmo e rilassato.
Lei si alzò di scatto togliendosi la giacca, facendolo svegliare.
-Scusami, non volevo disturbarti.-
-Non preoccuparti, dormi tu, farò io da guardia.-
Jocelyn annuì sdraiandosi su un vecchio materasso.
-Buona notte Christopher.- Disse accarezzandogli una guancia.
-Buona notte mamma.-

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


 
L’amicizia è certamente il balsamo più soave per le ferite di un amore deluso.
Jane Austen

 
 
La campana dell’assemblea suonava senza sosta, quando Clary si alzò di scatto dal letto. Non aveva dormito molto bene, nonostante le premure del fratello.
Si alzò senza voglia dal letto e a passo svelto raggiunse la cucina dove l’odore di caffè echeggiava nell’aria.
Jonathan già vestito a dovere era seduto sul bancone della cucina mentre sorseggiava il caffè.
-Giorno- Bofonchiò Clary grattandosi la testa e sbadigliando, indossava ancora gli indumenti del giorno prima.
-Clary dobbiamo muoverci lo sai? La riunione inizierà tra poco.-
Clary sorseggiò due tazze di caffè prima di rispondere.
-Lo so, vado a vestirmi.-
Jonathan sbuffò spazientito e andò verso la porta , deciso ad aspettarla fuori. Ebbe un tuffò al cuore quando vide una figura esile bussare incessantemente alla porta.

Mamma ,pensò speranzoso. Un grosso sorriso gli apparve sul viso mentre correva ad aprila, ma la sua felicità ebbe breve durata, perché dall’altra parte della porta, nel suo splendore c’era Magnus Bane.
-Ah sei tu.- disse Jonathan deluso.
-Felice buon giorno anche a te.- Disse Magnus facendo la sua entrata.
-Stiamo per andare in riunione, quindi a meno che tu non abbia la rivelazione dell’anno, non abbiamo tempo di ascoltarti.-
-Magnus che ci fai qui? Pensavo fossi rimasto a New York.- Clary era riapparsa all’ingresso , vestita con la sua tenuta nuova.
-Ciao biscottino, ho bisogno di parlarvi, vi ruberò solo due minuti.- Annunciò lo stregone sedendosi sul divano.
Clary gli si sedette di fronte, mentre Jonathan rimase fermo sul suo posto.
-Bene, ho incontrato pochi giorni fa vostra madre.- Disse Magnus tranquillamente.
Clary sobbalzò dalla sedia e Jonathan fece un verso soffocato.
-Che cosa?!- Esclamò Clary alzandosi in piedi di scatto.
-Calma ragazzi. Mi ha chiesto un favore e io l’ho accontentata a patto che vi avrebbe raccontato tutta la verità. Non posso dirvi cosa mi ha chiesto di fare né tanto meno che cosa nasconde, ma voglio farvi sapere che è viva e sta bene.- Magnus si alzò sistemandosi la giacca e avviandosi verso l’uscita.
-Tutto qui? Sta bene ed è viva?- Jonathan era fuori di sé, bloccò Magnus per un braccio facendolo voltare.
-Non posso mangiarmi la parola data a Jocelyn nonostante vi abbia considerati entrambi miei figli. Avete una riunione a cui partecipare , la vostra assenza potrebbe suscitare scalpore.- Diede un’occhiata a Clary e poi uscì di casa.
 
 

Dicembre 1993
Jocelyn Fairchild al sesto mese di gravidanza, faceva su e giù per la camera da letto. Mancavano pochi giorni al Natale ed era più che emozionata di festeggiarlo con suo marito.
Valentine non stava più nella pelle, desiderava incontrare suo figlio più di ogni altra cosa al mondo. Il loro primo figlio. Jonathan. Avevano entrambi scelto quel nome, come Jonathan Shadowhunter.
Valentine le si avvicinò da dietro e la cinse delicatamente posando le sue mani sul pancione.
-Sarai una madre bellissima. – Le disse baciandole i capelli.
Jocelyn rise voltandosi verso di lui e baciandolo con passione.
-Facciamo tanti bambini.- Disse poi staccandosi da lei.
-Tanti quanti ne vuoi.-

 
 
La riunione stava andando per le lunghe. Clary era seduta in mezzo a Jonathan e Simon, mentre dall’altro lato della sala erano seduti i Blackthorn con i Lightwood al loro fianco.
-Silenzio!- Il console battè rumorosamente le mani per richiamare l’attenzione.
-Vi ho riuniti per discutere delle nostre strategie non per chiacchierare del più e del meno. Valentine ha la coppa e l’Angelo solo sa cosa abbia intenzione di fare.-
-E di chi è la colpa?- Una voce si alzò su tutte. Era Jia Penhallow, la madre di Aline, la ragazza di Helen.
-Come prego?- Imogen era livida, naturalmente era la sola da incolpare per il recupero della coppa da parte di Valentine.
-Siamo qui, ad Idris, abbiamo abbandonato i nostri Istituti, stiamo venendo meno ai nostri doveri, perché Valentine ha rubato la coppa. Chi ci dice che non attaccherà altrove? Siamo corsi qui come dei codardi!-
-La Spada Mortale è qui, Valentine tenterà di rubarla, e noi lo fermeremo. Non metterò a repentaglio la vita dei nostri fratelli per uno stupido capriccio. Rinforzeremo le difese, raddoppieremo le protezioni, faremo tutto il necessario per combattere Valentine ed il suo esercito!-
 
 
 

Ottobre 1999
Il letto è macchiato di sangue, Jocelyn sta per avere un altro maschio. Christopher sarà il suo nome. Sua madre le tiene stretta la mano, mentre Jonathan assiste in lontananza con Valentine. Desiderano entrambi conoscerlo e Jocelyn prega con tutte le sue forze che vada tutto bene.
Con un ultima spinta ,cade stremata sul letto, mentre sua madre prende tra le braccia suo figlio, o meglio quello che ne rimane.
Jocelyn inorridisce. Gli occhi sono due cavità nere e profonde, le mani e le gambe sono lunghi artigli verdi e bluastri. Sta per urlare, sente il grido crescerle dentro di lei, quando Valentine con un pugnale gli trafigge il cuore.
 

 
Clary e Jonathan si stanno recando verso la loro casa, quando una ragazza dai lunghi capelli biondi si piazza di fronte a loro.
-Clarissa Morgenstern?- Domanda la ragazza a corto di fiato.
-Si sono io. Chi sei?- Domanda Clary imbarazzata.
-Sono Lara, dell’Istituto di Berlino, ho bisogno di parlarti, riguarda Sebastian, Sebastian Velac.-
 
 
 
Clary segue la ragazza verso il suo alloggio. È piccolo, ma confortevole allo stesso momento. C’è un piccolo cucinino con una camera da letto ed un bagno. Al centro della stanza, c’è una piccola culla, con una neonata che dorme beatamente.
Clary si avvicina alla culla e la fissa senza parole.
-Si chiama Adele.- Le disse Lara avvicinandosi alla bambina.
-Come il mio secondo nome.- Pensò Clary ad alta voce.
-Già lo so.-
Clary la guardò con fare interrogativo, e poi guardò di nuovo la bambina ed in un instante capì tutto.
-No! Non può essere!-
-Lasciami spiegare, ti prego, ti chiedo solo questo.-
Clary si sedette su una sedia e le fece cenno di parlare.
-Quando Sebastian si trasferì all’istituto, era depresso e per niente contento della situazione. Parlava di te in continuazione e non desiderava altro che diventassi maggiorenne per poterti sposare e andare a vivere ovunque tu volessi. Io lo odiavo, lo odiavo perché quel tipo di amore a me era stato negato. Vedi, due anni fa il mio ragazzo rimase ucciso durante una missione. Ero la sua promessa sposa e ci saremmo dovuti sposare a breve.
In ogni caso non ci eravamo molto simatici all’inizio, ma potevo capire il suo dolore nel non averti vicina. Fummo mandati nella Corte Seelie per una missione, dovevamo presenziare ad una cena. Sapevamo che il loro cibo e le loro bevande erano incantate , ma non potevamo di certo mandare a monte l’intera missione. Quella notte io rividi il mio promesso sposo e lui rivide te. Non ti so dire con precisione cosa successe, ma il mattino dopo eravamo nudi e abbracciati e penosamente consapevoli dell’inganno cui le nostre menti ci avevano giocato.
Lui era disgustato da sé stesso, si rimproverava aspramente. Gli proposi di portarmi con sé a Los Angeles per spiegarti la situazione, ma lui non volle. Preferì mentirti e lasciarti piuttosto di confessare il suo peccato. Ritornò a Berlino ed entrambi ci evitammo per un po'. Poco tempo dopo scoprì di essere incinta. Non poteva essere altri che suo figlio. Non gli chiesi di sposarmi o di dichiararsi ma di starmi vicina. E lui lo fece, ogni giorno fino alla nascita di Adele. L’abbiamo chiamata così in onore tuo.-Lara finì di parlare e guardò verso Clary che era rimasta a bocca aperta.
-Perché mi stai raccontando queste cose?-
-Credevo che vi foste rimessi insieme, che aveste superato tutto, ma non l’ho visto da nessuna parte. Non è ad Idris, sua zia Elodie non ha idea di dove possa essere e ti confesso di essere molto preoccupata.-
Clary si alzò lentamente e si porto le mani alla tempia.
-Io l’ho trattato malissimo, l’ho mandato via. Lui mi aveva confessato di avermi tradita, ma non è stato questo il motivo per cui l’ho lasciato. Non provavo più le stesse cose di allora. Ma ti giuro che non so dove sia, pensavo fosse rientrato a Berlino.-
Lara le si avvicinò e le tenne le mani.
-Sono sicura che c’è una spiegazione per tutto, ma io desidero riaverlo indietro perché non voglio che mia figlia cresca senza un padre, quindi Clary ti prego se hai sue notizie fammelo sapere immediatamente.-
-Lo farò!-
 
 
 
Valentine camminò lentamente verso la Sala del Consiglio. Le luci erano tutte spente, e sembrava che stessero tutti dormendo. Sorrise tra se stringendosi nel giubbino. Entrò a grandi passi e la vide. La Spada Mortale era lì che brillava.Fece per afferrarla, quando due mani gli bloccarono la presa.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Non avrei potuto essere più disperatamente cieca se fossi stata innamorata. Ma è stata la vanità, non l’amore, che mi ha perduta.
-Jane Austen
 

 
L’odore di incenso e sangue grondava nell’aria, tutti i fronti erano occupati e le grida di dolore non cessavano di vibrare. Valentine con un colorito più rosso del solito , brandiva la spada mortale avvicinandosi al Lago Lyn, nonostante il suo volto fosse segnato dalla battaglia. Clary, ferita alla spalla lo rincorreva, cercando con tutta la sua forza a chi lasciava indietro.
Un ghigno soffocato , la fece voltare di scatto, Simon la stava inseguendo , forse per aiutarla oppure per fermale.
Clary fece per parlare, quando sua madre le tagliò la gola.
 
Clary si svegliò di scatto ansimando. Il suo cuscino era zuppo, così anche come il suo corpo. Jonathan era ancora profondamente addormentato al suo fianco. Scese di fretta le scale per andare a bere un bicchiere d’acqua. La battaglia si stava avvicinando. Da quando Valentine aveva rubato anche la spada mortale ormai le speranze di poterlo battere erano diminuite notevolmente. Bevve un sorso lungo d’acqua e si pulì la bocca con il dorso della maglia, quando vide un leggero bagliore attraversare la cucina. Si mise la vestaglia e uscì a piedi nudi nel viale. All’inizio non si accorse di nulla, forse ancora un po' frastornata dagli avvenimenti, ma poi strizzò per bene gli occhi e lo vide. Jace, completamente ubriaco, faceva avanti e indietro con la stregaluce puntata sulla mano. Clary si avvicinò cautamente e cercò di evitare le innumerevoli mele che stava lanciando contro la sua casa.
-Jace! Cosa diavolo stai facendo!- Clary urlò indispettita.
-Cccciao splendore!- Disse Jace voltandosi verso di lei.
-Jace per cortesia, smettila di lanciare le mele!-
-Sono distrutto!- Disse inginocchiandosi e prendendola per la vita.
Clary sobbalzò sorpresa, e abbassò lo sguardo verso quella chioma bionda. Provò un motto di pietà e compassione assurda verso di lui.
Lo aiutò delicatamente ad alzarsi e lo accompagnò dentro casa. Lo fece accomodare verso casa e gli diede un secchio vuoto per vomitarci, cosa che tra l’altro fece immediatamente.
-Grazie Clary.- Disse dopo essersi ripreso.
Clary di tutta risposta lo fece stendere e gli prese una coperta, quando ritornò lo trovò già profondamente addormentato. Gli si avvicinò cautamente e lo baciò sulle labbra. Poi si sedette al suo fianco e lo guardò dormire.
 
 
-Sei un folle, pensavi che avremmo lasciato la spada incustodita!- Imogen aveva bloccato le mani di Valentine.
Valentine rise, rise a crepapelle e si portò le mani allo stomaco.
Imogen si guardò attorno stordita, era stata raggiunta dalla guardia ed erano in netto vantaggio, almeno secondo le carte.
-Oh Imogen, quanto sei sciocca! Pensavi davvero che sarei venuto da solo? Il mio esercito di demoni circonda la città, non ci sarà più nessuno al sicuro, né oggi né mai.- ed attaccò. Imogen morì sul colpo, le tagliò la gola e lasciò che il suo sangue scorresse sull’altare. Poi fu la volta degli altri, il suo esercito entrò in scena quasi come richiamato da un suono, il suono della guerra. La spada mortale tra le sue mani vibrò nell’aria. Fratello Zacharia si mosse in fretta e cercò di guarire Imogen, ma era già morta. I guerrieri Shadowhunter erano in svantaggio numerico, ma Valentine decise di risparmiarli.
-Mandate un messaggio al vostro caro Console. Che mi consegni mia figlia entro domani notte, altrimenti non ci saranno più Shadowhunter ad Idris.-
 
 
Il mattino dopo Jonathan si svegliò rilassato, tastò il letto alla ricerca della sorella, ma lo trovò vuoto e freddo. Non poteva essere tanto tardi pensò guardando il sole. Si alzò di scatto e scese in cucina per fare colazione. Trovò Clary intenta a preparare i pancake e Jace addormentato sul divano.
-Devo sapere qualcosa?- Domandò indicando il divano.
-No, non davvero.- Rispose Clary preparando la tavola.
Jonathan fece spallucce e si accomodò.
-A cosa devo tanta premura?-
-Non posso essere una sorella amorevole?-
-Seriamente Clary, cosa devi dirmi? Sei andata a letto con Jace? Hai ritrovato Sebastian? Sei innamorata di un lupo mannaro?-
-Jonathan!- Clary lo rimproverò aspramente.
-E va bene ! Sputa il rospo!-
-Ho deciso di consegnarmi!-
-Che cosa! Sei impazzita!- Jonathan si alzò bruscamente facendo cadere in dietro la sedia.
-Jonathan, milioni di persone moriranno se non agisco io per prima!-
-Non se ne parla, a costo di legarti e chiuderti in casa per il resto della tua vita, tu non andrai da nessuna parte!-
-Non puoi costringermi! Non è una tua scelta!-
-Dopo mia nonna adesso dovrò perdere anche te?- Jace si era alzato e le si era avvicinato piano. Clary si sentì morire e guardò intensamente quegli occhi ambrati.
Jace si voltò e batté la porta alle sue spalle.
 
 
Le ventiquattro ore di tempo erano quasi giunte al termine, quando Clary si avvicinò alla porta del Console.
Aveva sempre nutrito un forte disprezzo verso quella persona, ma non poteva lasciarlo trapelare così apertamente.
-Clarissa! Cosa ti porta qui? – Domandò preparandosi per la battaglia.
-Sono venuta a dirle che accetto le condizioni di mio padre.-
Il console strabuzzò gli occhi e si voltò di scatto.
-Non posso dire di esserne contento, tu sei un portento e sicuramente nella nostra cerchia avresti fatto una carriera brillante. Ma sacrificarsi per il nostro bene, questo ti fa onore mia giovane guerriera. Verrai sicuramente ricordata con affetto.- Finì il discorso con una risata soffocata.
Clary annuì, non si aspettava nulla di diverso dal Console.
-Vatti a preparare per la battaglia, non vorrai mica andarci vestita in quel modo?-
Clary indossava delle calze nere con dei pallini bianchi e un vestito rosso con degli stivali neri.
-No signor Console.- disse congedandosi e avviandosi all’uscita.
 
 
-Sei sicuro che abbia detto proprio così?- Simon era allarmato. Jace gli aveva appena confessato cosa aveva sentito a casa di Clary e Jonathan.
-Positivo, Jonathan era furioso, Simon devi fermarla.-
Simon si mise la giacca in fretta e in furia prima che Isabelle lo bloccasse.
-Izzy..-
-No Simon, è una sua scelta, per quanto folle e malsana che sia, se tu la fermi non ti perdonerà mai e non credo che tua sia pronto a questo.-
-Isabelle! È la mia parabatai, ho fatto un giuramento, dove andrà lei andrò anche io.-
-Conosco bene il rituale, ma in questo caso non credo che funzionerà nulla di…-
Fece per parlare, quando Magnus e Jonathan fecero ingresso nel salone di casa Lightwood. Erano entrambi vestiti per la battaglia, come tutti del resto.
-Simon, abbiamo bisogno di te!- Dissero all’unisono.
 
 
 
La schiera di Shadowhunter erano tutti in posizione nella foresta Brocelind, dove in caso di rifiuto di consegna di Clarissa, si sarebbe svolta la battaglia.
Il console in prima linea, così come qualche stregone o lupo mannaro, aspettavano un segnale per combattere.
Jace, Simon, Isabelle e Alec erano all’esterno della cerchia con le spade angeliche giù cariche nelle mani.
Jonathan e Magnus, dall’altro lato li osservarono concentrati.
Valentine, apparve come per magia, con il suo esercito di demoni e dimenticati al lato opposto della foresta.
Di Clary non c’era nessuna traccia.
Valentine , sorrise deluso e si avvicinò al Console.
-Vedo che non avete accettato l’accordo.-
Il console si girò di scatto furioso, aspettava anche lui l’arrivo di Clary.
-Peccato.- disse Valentine facendo apparire un corpo tumefatto e in avanzato stato di decomposizione.
Clary si liberò dalle catene di Magnus usando il suo stilo e corse verso la folla che emise gemiti di sorpresa. Magnus , con l’aiuto di Simon e Jonathan l’avevano legata e resa invisibile, ma avevano dimenticato di toglierle lo stilo.
Quando lo vide, il suo corpo cedette e gattonò verso di lui. Sebastian Velac giaceva morto e martoriato davanti ai suoi occhi. Vide lo sguardò triste e dispiaciuto di Jonathan e quello sconvolto di Simon. Vide le lacrime scorrere veloci sul viso di Lara e la disperazione negli occhi della zia Elodie. E poi vide il sorriso apparire sul volto del padre. Clary riguardò il volto spento di Sebastian e gridò.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Le sorprese, come le sfortune, raramente vengono da sole.
Charles Dickens
 
 
L’urlo straziante di Clary arrivò dritto come un pugno nel cuore di Jonathan. Le lacrime iniziarono a scorrere prima che lui se ne rendesse conto e per un momento, un momento soltanto, pensò di fermare il tempo e di evitare a Clary un dolore così grande e così forte. La situazione precipitò in pochi secondi. Clary stava ancora piangendo quando Valentine cominciò a ridere a crepapelle. Nessun uomo, buono o cattivo che sia, dovrebbe ridere del dolore altrui. Clary aveva in mano il suo stilo e stava tracciando delle rune di guarigione sul corpo immobile di Sebastian. Era ovviamente tutto inutile, dato che era morto e da giorni ormai. Le rune , come di rado accade, scomparvero immediatamente dal corpo di Sebastian e Clary non faceva che scuoterlo per trovare in lui un briciolo di vita. Jonathan voleva muoversi, voleva avvicinarsi alla sorella, voleva abbracciarla e consolarla, voleva sussurrare parole di conforto, ma rimase impietrito sul posto, incapace anche solo di ragionare. Fu Simon, il suo parabatai, ad avvicinarsi lentamente e a tenerla stretta da dietro, lasciandole libero sfogo. Clary, urlò e si dimenò tra le sue braccia, e Simon glielo lasciò fare senza nemmeno pronunciare una parola. La allontanò lentamente , dal corpo del suo ex fidanzato e la portò verso di noi.
Valentine, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere si fermò d’un tratto e fece spostare con non troppe cerimonie il corpo di Sebastian.
-Vi avevo chiesto un semplice favore, mia figlia in cambio di una pace tra di noi. Ma voi avete rifiutato !- Valentine disse alzando le braccia come un sovrano farebbe con i propri sudditi.
Il console guardò in cagnesco Clary, e poi si rivolse a Valentine a testa alta.
-Hai ucciso degli Shadowhunter, tua figlia si era offerta volontariamente, qualcosa deve essere cambiato all’ultimo momento, non meritiamo lo stesso trattamento!-
-Sprecare vite Shadowhunter non è nel mio interesse! Peccato, potrò farmene di nuovi shadowhunter con la coppa mortale!-
-La coppa mortale non appartiene a te Valentine!-
-Io ne farò un uso molto più attivo mio caro Console! Evocherò l’angelo Raziel e renderò pure la razza degli Shadowhunter! Niente più Nascosti niente più depravazione!-
Stavano ancora discutendo tra di loro, quando Clary, calmatasi tra le braccia di Simon , tirò fuori la sua spada e corse a colpire Valentine.
Valentine fu ovviamente colto alla sprovvista , tanto che per una volta strabuzzò gli occhi e quasi non cadde addosso al Console. In un secondo però la situazione fu ribaltata, tutta la sua cerchia alzò le spade ed iniziò così la battaglia.
Jonathan si mosse piuttosto velocemente per poter raggiungere la sorella, che stava faccia a faccia con il padre. Valentine non voleva ucciderla, perché voleva averla dalla sua parte, ma non si preoccupò di rallentare per evitare di ferirla, anzi ci andò giù piuttosto pesantemente.
Magnus , intanto si allontanò per creare uno scudo protettivo su quante più persone possibili. Ma era da solo e la forza a cui attingeva si affievoliva velocemente.
D’un tratto ci fu un esplosione e migliaia di demoni si riversarono nella battaglia quasi nell’esatto momento in cui i lupi ed i vampiri entrarono in azione dalla parte dei Cacciatori.
Il console arretrò di qualche passo, troppo scioccato dalla vista di un lupo che sbranava con le proprie fauci il secondo di Valentine.
Jonathan aveva raggiunto Clary che accecata dalla rabbia continuava a colpire senza sosta Valentine.
-Non vincerai figlia mia!- Gli diceva Valentine sorridendo con il labbro spaccato e il sangue che gli scorreva sul viso.
Solo in quel momento Jonathan si accorse del ragazzo dagli occhi grigi. Era il ragazzo della foto che combatteva fianco a fianco con Valentine, ma a differenza di quest’ultimo, lui non combatteva per uccidere.
Valentine spinse via Clary facendola rotolare per diversi metri e in men che non si dica sparì da solo verso un portale.
Clary si rialzò di scatto e corse verso il portale.
-Clary no!- Urlò Jonathan. Ma era troppo tardi, Clary era già scomparsa.
Senza ulteriore indugio, attraversò anche lui stesso il Portale, come stavano facendo tutti gli Shadowhunter aiutati da Magnus.
 
Il portale li aveva trasportati sulle sponde del Lago Lyn. Valentine era nella prima fase del rituale di evocazione, ma Clary gli stava creando non poco fastidio.
Jonathan raggiunse subito la sorella che guardava Valentine con un odio spropositato.
Simon fece per avvicinarsi, ma una barriera invisibile lo teneva lontano dalla scena madre.
-Solo i membri della mia famiglia possono attraversare questa barriera.- Disse Valentine guardando la folla. Il suo esercito era stato sconfitto e i suoi demoni, rispediti nel Vuoto.
Al di là della barriera vi erano Valentine, Jonathan, Clary e il ragazzo dagli occhi grigi.
Jonathan e Clary si scambiarono un occhiata furtiva.
Valentine stava continuando il rituale come se nulla potesse disturbarlo quando Jonathan lo attaccò alle spalle. In un secondo il ragazzo dagli occhi grigi lo fermò e lo scaraventò a terra. Clary non ci pensò un secondo ed iniziò ad attaccarlo a sua volta. Valentine afferrò Clary per i capelli e la gettò nell’acqua. Jonathan colpì Valentine alla spalla mentre Clary completamente bagnata uscì dall’acqua ferocemente. In quel momento sbucò dal nulla Jocelyn in tutta la sua bellezza. I suoi capelli rossi svolazzavano nell’aria mentre faceva brillare la sua spada angelica. Valentine fu sorpreso di vederla , ma non perse la sua sicurezza. Era una battaglia di famiglia. Tutti combattevano contro tutti e gli altri shadowhunters rimasero con il fiato sospeso.
-Christopher ora!- Urlò Jocelyn.
Clary e Jonathan si girarono verso il ragazzo che bloccò Valentine per terra.
Valentine aveva lo sguardo spaesato e guardò Jocelyn con occhi supplichevoli.
-Mio figlio! Per tutto questo tempo…- Non terminò mai la frase che Christopher con un colpo netto della spada lo decapitò.
Christopher aveva il fiato corto, gettò l’arma per terra e guardò ansimante le sue mani insanguinate. Jocelyn lo tenne stretto a lungo prima che lui si calmasse.
La barriera era stata distrutta e tutti si stavano avvicinando a loro. Clary aveva un gran mal di testa, era arrabbiata e confusa allo stesso tempo. Quando Jonathan le si avvicinò per abbracciarla lei scappò via senza più voltarsi indietro.
 
 
 
Passarono diversi giorni prima che si respirasse un aria diversa. Prima ci furono i funerali delle vittime. La parte più difficile per Clary fu quella di dire addio a Sebastian, colpevole soltanto di non aver voluto tradirla. Lara gli era stata vicina tutto il tempo, così come Elodie , la zia di Sebastian che le avevano dato forza e conforto in quei momenti così difficili.
I feriti furono curati dai Fratelli Silenti e poi successivamente furono dimessi per poter partecipare ai vari interrogatori.
Per il Console, il piano di Jocelyn per sconfiggere Valentine, seppur efficace aveva violato parecchie leggi fondamentali per gli Shadowhunter.
La spada Mortale fu usata sia su Jocelyn che su Christopher.
La prima ad essere interrogata fu Jocelyn.
-Dichiari il suo nome.- Esordì il Console.
-Mi chiamo Jocelyn Morgenstern, nata Fairchild.-
-Ci racconti la sua storia.-
-Ho sposato Valentine Morgenstern e con lui ho avuto tre figli: Jonathan , Christopher e Clarissa. Sebbene dell’esistenza di Christopher io ne sia venuta a conoscenza soltanto in secondo momento. Valentine mi aveva fatto credere di averlo ucciso appena nato, perché giudicato un mostro. Ho cercato , successivamente, dopo aver scoperto che gli aveva somministrato il sangue di un Demone Superiore quando era ancora dentro di me, di proteggere gli altri due miei figli, volendo per loro una vita da mondani. Quando mia figlia, all’età di sei anni ha manifestato i suoi poteri ho capito che l’unico modo che avevo per proteggerli era quello di addestrarli. Non mi sono mai isolata dal mondo invisibile, ho continuato ad avere notizie per mantenermi aggiornata. In uno dei miei viaggi ad Idris, ho incontrato un bambino, molto somigliante a me e a Valentine di all’incirca 8 anni vicino la tenuta della mia famiglia. Osservandolo da lontano ed avvicinandomi a lui ho scoperto cosa aveva fatto Valentine. Con un incantesimo lo aveva reso deforme ai miei occhi, e lo aveva addestrato segretamente affinchè fosse il guerriero perfetto, con il sangue dei demoni e la forza degli angeli.
Da quel momento lo resi la mia spia, la mia arma. Lui ha sempre lavorato per me , dovendo però fare il lavoro sporco per Valentine. Quando mi ha rapito, sapevo che stava per farlo, per cui ho ingerito una pozione per fingermi addormentata, e nel momento giusto Christopher mi ha somministrato l’antidoto.- Quando Jocelyn finì di parlare nella sala vi era un silenzio da tomba.
Poi fu la volta di Christopher, era impacciato e nettamente giù di corda ma non si rifiutò.
-Mi chiamo Christopher Morgenstern, ho 19 anni e sono il figlio di Valentine Morgenstern. Ho pochi ricordi della mia infanzia, ma ricordo l’addestramento di mio padre e i suoi castighi.-
-Cosa hai dovuto fare per lui.-
-Ho..ho dovuto uccidere,uccidere dei cacciatori.-
-Voglio i nomi.-
-io…-
-Dimmi un nome!-
-Sebastina Verlac!-
Clary sobbalzò dalla sedia, e le lacrime iniziarono a scorrere sulle sue guance. Jonathan e Simon, seduti a loro fianco le strinsero le mani, ma lei non riusciva a calmarsi.
Quando l’interrogatorio terminò, il Console, con il nuovo Inquisitore Robert Lightwood, uscirono dalla sala per decidere se punire o meno Jocelyn e Christopher.
Jocelyn si era avvicinata a Clary per confortarla, ma Clary non voleva che lei la toccasse, non si erano ancora parlate da quando Valentine era stato ucciso.
Quando il Console rientrò , Robert aveva una faccia cadaverica. Jocelyn e Christopher dovettero alzarsi e raggiungere il centro della sala.
-Dopo molte riflessioni abbiamo deciso che la punizione migliore per Jocelyn Fairchild è quella di farle abbandonare la vita da cacciatrice per vivere da mondana, rimuovendole i marchi.-
Jonathan si irrigidì sulla sedia.
-Va bene , è quello che voglio.- Rispose Jocelyn fieramente.
-Ma lo sappiamo Jocelyn che è quello che vuoi , per cui non è una vera punizione non credi?-
Jocelyn sembrò spaesata.
-Non potrai avere contatti con il mondo degli Shadowhunter e ritornerai a vivere nel tuo appartamento di Los Angeles. Non metterai mai più piede in un Istituto e non potrai mai più tornare ad Idris.-
-Va bene.-
-Per quanto riguarda tuo figlio maggiore…-
-Cosa c’entra Jonathan?- Domandò Jocelyn allarmata.
-Questa non è una vera punizione per te! Jonathan è maggiorenne e seppur all’oscuro del tuo piano, è il nostro unico modo per punire te!-
-Non è giusto!- Clary si alzò di scatto ma Jonathan la tirò subito verso di lui.
-Infatti non lo è, ma non possiamo far finta che non siano state violate delle leggi. Jonathan, verrà esiliato.-
-Esiliato? E per quanto tempo?-
-Crediamo che dieci anni siano più che sufficienti.-
-Dieci anni?!- Clary era fuori di se, ma Jonathan rimase muto come un pesce.
-Clary, per quanto riguarda te, ritieniti fortunata del fatto di essere ancora minorenne, tu dovrai lasciare l’Istituto di Los Angeles e sarai collocata permanentemente all’Istituto di New York. Potrai avere contatti con tua madre se vorrai e con tuo fratello Jonathan una volta al mese.  Ma non potrai fargli visita e lui non potrà lasciare il suo luogo d’esilio. Simon , tu puoi scegliere di rimanere a Los Angeles se vuoi, ma essendo il parabatai di Clary sei soggetto anche tu alla ricollocazione.-
-E per quanto riguarda Christopher?- Domandò Jocelyn con le lacrime agli occhi.
-Christopher ha agito sotto ordine di Valentine per evitare di essere smascherato, tuttavia ha sconfitto il nostro nemico, per cui le sue azioni sono perdonate. Ma , siccome è una punizione, non vivrà sotto il tuo stesso tetto, ma sarà sotto la responsabilità della sorella, all’Istituto di New York. La cerimonia della rimozione dei marchi è per questo pomeriggio, non ho più nulla da aggiungere.-
 
 
 
Quello che successe quella mattinata fu il caos totale, la punizione era stata troppo ingiusta e troppo crudele. La cerimonia di rimozione dei marchi era dolorosa e piuttosto cruenta, Clary non volle partecipare e si chiuse nella sua camera, per rimanere da sola.
I Blackthorn, in partenza per Los Angeles , passarono a salutarla.

  • Ci mancherai tantissimo.- Le dissero all’unisono.

  • Verrò a trovarvi ogni volta che ne avrò voglia, ve lo prometto.-

 
Simon le rimase accanto tutto il tempo facendola sfogare e tenendole la mano.
 
Quando Jocelyn ritornò a casa quella sera, aveva gli occhi arrossati ed era molto debole. Jonathan e Christopher la sorreggevano delicatamente e lei sorrise amorevolmente ad entrambi.
-Clary, vieni da me.- Le disse una volta sdraiata sul letto. Ma Clary rimase immobile e non si mosse.
 
Quella sera non chiuse occhio. Era l’ultima sera che avrebbe passato con il fratello e la passarono a ridere, a piangere e  parlare del futuro.
-Come farò senza di te?- Domandò Clary piangendo.
-Come farò io senza te! Tu sei forte , ce la farai e poi potremmo vederci, ci sono le videochiamate e magari tra un paio d’anni cambieranno idea e mi faranno tornare da te. Lo so che non sarà la stessa cosa, ma prova a perdonare la mamma e Christopher. Lui non voleva ucciderlo, ha dovuto e lo so che non è una giustificazione e per quanto non mi sia mai andato a genio non meritava questa morte, ma prova a perdonarlo e poi ama, promettimi che lo farai . Che ti innamorerai che amerai e che farai tutto quello che vorrai. Promettimelo Clary.-
-Te lo prometto.-
 
Il mattino dopo, Magnus aprì un portale verso Los Angeles dove Jocelyn era destinata.
Salutò frettolosamente Christopher e diede un lungo abbraccio a Jonathan singhiozzando.
-Non meritavi questo, mi dispiace tantissimo.-
Poi si avvicinò a Clary, ma lei indietreggiò.
-Spero che un giorno riuscirai a perdonarmi, è mio figlio.- Disse indicando Christopher.
-Anche io e Jonathan, siamo i tuoi figli.- Rispose Clary amareggiata.
Jocelyn si guardò attorno e poi attraverso il portale , sparendo al suo interno.
 
Poi fu la volta di Jonathan, scambiò con tutti un stretta di mano e poi strinse Christopher dandogli qualche consiglio all’orecchio.
Quando abbracciò Clary stavano entrambi piangendo disperati. Isabelle con il trucco sbavato si teneva stretta a Simon che aveva anche lui un’espressione triste.
Alaska. Era quella la sua destinazione. Fece un sorriso finto prima di sparire.
 
 
 
Quando ritornò a New York, Clary si chiuse in camera sua per giorni. Non voleva parlare e vedere nessuno.
Un pomeriggio, presa dalla fame e sicura del silenzio dell’Istituto scese in cucina per mangiare.
Hodge era lì a sorseggiare il suo thè.
-Clary.- Disse sobbalzando.
-Pensavo non ci fosse nessuno.-
-Come va?-
-Malissimo.-
-So che quello che è accaduto alla tua famiglia è spregevole, ma la vita va avanti, troveremo un modo per riportare Jonathan qui, te lo prometto. Ma tuo fratello Christopher ha bisogno di te, è spaesato, spaventato e si sente tremendamente in colpa.-
-Ogni volta che incontro i suoi occhi vedo Sebastian morto. Era l’amore della mia vita, come posso anche solo pensare di avere una conversazione con il suo uccisore.-
-Ci vorrà del tempo, ma tu sei forte e non sei sola, ricordalo sempre.-
 
Dopo una bella mangiata Clary ritornò in camera sua e la trovò occupata da Jace, che stava sfogliando tra i suoi disegni.
-Scusa stavo solo guardando, non volevo distur…-
Clary lo bloccò con un dito.
-Jace?-
-Si?-
-Ti prego baciami.-
 
Prologo
 
Jocelyn era sotto la doccia quando le lacrime le annebbiarono la vista. Il getto di acqua calda le creava una bella sensazione alla schiena, ma quando aprì gli occhi quello che vide non era acqua ma sangue. Urlò uscendo dalla vasca e afferrando un asciugamano. Bussarono alla porta e Jocelyn corse per andare ad aprire. Una donna bellissima e con un viso altrettanto bello era ferma sulla soglia.
-Mi scusi chi è lei?- Domandò Jocelyn ancora sconvolta.
-Jocelyn! Dov’è Christopher?! Dov’è mio figlio?!-
 
 
 
 
 

Eccoci qui alla fine di questa storia. Ovviamente ci sarà un continuo, ma ho deciso di prendermi una pausa, anche in occasione delle vacanze Natalizie. Spero vi abbia appassionato e che vi sia piaciuta. Il Continuo non ha ancora una trama ufficiale, ma partirà da quest’ultimo punto. Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita, che hanno commentato e anche i lettori silenti che mi hanno tenuta compagnia in questi mesi. Alla prossima e Buon Natale .

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