Le mille e una notte

di whitemushroom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Reminescence - Matal Mogamett ***
Capitolo 2: *** Doll - Kougyoku Ren ***
Capitolo 3: *** Sin - Reirei ***
Capitolo 4: *** Burning Lance - Spartos ***
Capitolo 5: *** Desire - Seishun Li ***
Capitolo 6: *** Hidden - Sindbad ***
Capitolo 7: *** Love - Anise ***
Capitolo 8: *** Champion - Mu Alexius ***
Capitolo 9: *** Front Line - Leraje ***
Capitolo 10: *** Mourning - Hassan ***
Capitolo 11: *** Gentle - Morgiana ***
Capitolo 12: *** Goodnight - Ja'far ***
Capitolo 13: *** Perfection - Ahbmad Saluja ***
Capitolo 14: *** Eyes - Junjun ***
Capitolo 15: *** Noise - Judal ***
Capitolo 16: *** Answer - Kin Gaku ***
Capitolo 17: *** Beginning - Uraltugo Noi Nueph ***
Capitolo 18: *** Sky - Ithnan ***
Capitolo 19: *** Voice - Kouha Ren ***
Capitolo 20: *** Hunting - Rurumu ***
Capitolo 21: *** Empress - Koubun Ka ***
Capitolo 22: *** Hymn - Wahid ***
Capitolo 23: *** Words - Darius Leoxses ***
Capitolo 24: *** Guardian - Phenex ***
Capitolo 25: *** Friend - Aladdin ***
Capitolo 26: *** Top Class - Zagan ***
Capitolo 27: *** Brand New - Leila ***
Capitolo 28: *** Monstrosity - Seishuu Ri ***
Capitolo 29: *** Fear - Hakuryuu Ren ***
Capitolo 30: *** Rain - Irene Smirnoff ***
Capitolo 31: *** Abyss - Yunan ***
Capitolo 32: *** Brushing - Jinjin ***
Capitolo 33: *** Chance - Nerva Julius Caesar ***
Capitolo 34: *** Slumber - Sharrkan ***
Capitolo 35: *** Standing up - Kouen Ren ***
Capitolo 36: *** Second Sons - Sahbmad Saluja ***
Capitolo 37: *** Doctor - Marga ***
Capitolo 38: *** Time - Zayzafon ***



Capitolo 1
*** Reminescence - Matal Mogamett ***





Matal Mogamett ~ Reminescence

Camminiamo insieme per questa strada senza fine. L’uomo ed il dio, il mago ed il Magi. Mano nella mano, come se ci conoscessimo da una vita. E forse per te io sono davvero tutta la vita, creatura effimera che non vivrà più di un anno, perfetta e candida come le farfalle che piacevano tanto alla mia bambina. Hai scelto di donare l’ultimo battito delle tue ali a me, che mi ero perso nell’oscurità. Un oceano di tenebre senza fine, durate oltre settant’anni. Un oceano che la tua luce ha saputo attraversare. Sei andato oltre la mia vendetta, e mi hai trovato.
Se avessi un nipotino, ora avrebbe la tua età.


Nota: come mi ha fatto notare un mio amico, la bambina di cui parla Mogamett potrebbe essere sia Yamuraiha che la sua vera figlia. Io ero partita pensando alla seconda opzione, ma lascio a voi il piacere (sempre che ci sia) di immaginarla.

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Capitolo 2
*** Doll - Kougyoku Ren ***





Kougyoku Ren ~ Doll

Le altre principesse non volevano giocare con lei. Dicevano che era qualcosa legato al rango di sua madre, ma Kougyoku non capiva cosa c’entrasse la mamma con le bambole; forse erano solo invidiose perché le sue erano bellissime. Solo quel bambino giocava con lei, il nuovo venuto dalla treccia nera che aveva circa la sua età.
“Basta prendere il the!” le disse un giorno. “Giochiamo alla guerra. Io sarò lo stregone cattivo …”
Prese la bambola dal vestito nero e la agitò in aria. “Prova a sconfiggermi, principessa guerriera!”
“Ma le principesse non devono combattere! Quello lo fanno i maschi!” protestò, cercando di levargli il gioco dalle mani. “E poi non ho una spada, scemo!”
Lui le si avvicinò e le prese uno spillone dai capelli, quello tutto d’oro che era un ricordo della mamma. I capelli le si sciolsero in tutte le direzioni, ma lui sorrideva. “Questo può andare! Allora, sei pronta a combattere?”

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Capitolo 3
*** Sin - Reirei ***





Reirei ~ Sin

È colpa tua, non lo negare. Ti sembrava semplicemente l’unica cosa da fare, il corpo di vostra sorella Paipai era ancora caldo quando lo avete portato da quel viscido stregone vagabondo. E lui ha usato tutto di voi, ha impregnato la vostra pelle, i vostri occhi, i vostri capelli, anche ciò che nascondevate con pudore in attesa di offrirlo alla persona che avreste amato.
Ma non amerete più nulla, ed è colpa tua. Vostra sorella non tornerà, lui vi ha mentito in questo ed in altro ancora. Questa grotta è l’unico posto dove vi è consentito di stare, lontano dalla gente perbene che non si sarebbe mai fatta ammaliare da un ciarlatano. Qui dovete rimanere, sciocche credulone, perché il marchio del vostro peccato è intollerabile a coloro che si meritano di vivere alla luce del sole. Avete osato sfidare la morte con la magia aberrante.
Ben vi sta.
Dovreste persino tappare lo spiraglio che vi regala un po’ di luce, perché voi la luce l’avete rifiutata. E tu, proprio tu, perché non mandi via quel bambino dagli occhi rosa, quello che viene tutti i giorni a spiarvi credendo di non essere visto?
Non dovreste nemmeno contaminarlo con la vostra lordura.




Nota: il fatto che Reirei, Junjun e Jinjin siano sorelle è frutto della mia invenzione. Però è plausibile, né penso che il manga si espanderà in tal senso.

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Capitolo 4
*** Burning Lance - Spartos ***






Spartos ~ Burning Lance

È bravo, non c’è niente da dire. Quando incrociano le lance fa leva sul braccio destro e lo costringe a spostarsi fino a scoprire il fianco. Spartos lo lascia fare, sa come andrà a finire.
L’altro sorride compiaciuto, scivola e con il manico gli allontana l’arma, pronto ad affondare la punta contro di lui come se non fosse un semplice addestramento. Lui finge un cedimento, invitandolo ad entrare attraverso le sue difese e lui lo fa. Quando riceve in pieno viso lo scudo che Spartos aveva nascosto sotto il mantello cade a terra con lo sguardo di un cagnolino ferito, quasi ad accusarlo di aver barato.
Il principino di Kou ha ancora molto da imparare sulla differenza tra un duello ed una battaglia.
Forse è per questo che gli ricorda tanto Mistoras.



Nota: nella Magi Ultimania è scritto che come Sharrkan è il maestro di Alìbabà, Yamu è la maestra di Aladdin e Masrur è il maestro di Morgiana, nella prima stesura Spartos avrebbe dovuto essere l'insegnante di lancia di Hakuryuu. Questo è stato omesso nella serie per ragioni di tempo ma viene comunque considerato vero.

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Capitolo 5
*** Desire - Seishun Li ***






Seishun Li ~ Desire

“Levami una curiosità!”
Paimon compare sempre nei momenti meno adatti. Deve portare di corsa i vestiti puliti alla sua principessa, e non ha tempo di chiacchierare con quella djinn annoiata che fluttua sul divano. Ma Paimon è la djinn della sua principessa, ed è colei che ha partorito le Sougetsuken appositamente per lui. I suoi primi oggetti del seguace, a detta sua.
“Ormai lavoriamo insieme da oltre un anno eppure c’è qualcosa che non mi spiego …” dice lei, scivolandogli accanto come un refolo d’aria giocoso. “… come ha fatto un piccoletto come te ad uscire vivo dal mio dungeon?”
“Beh …”
Seishun Li arrossisce al ricordo. Quando una succubus dai capelli verdi lo aveva sfiorato proprio aveva tentennato, aveva creduto di toccare il paradiso. Non sarebbe stata una vergogna per un servo come lui, non quando persino i due principi imperiali avevano deposto le armi e si erano abbandonati al profumo di baci di quelle donne mozzafiato, avviluppati nella loro danza sensuale. Era stato in quel momento che l’aveva vista.
I capelli neri le volavano in tutte le direzioni, i piedi bianchi salivano sulla scala. Il suo abito si gonfiava ad ogni passo, mescolandosi con la stoffa dello stendardo mentre la spada tagliava e spingeva e fendeva le creature diaboliche. Aveva sentito quella lama scendergli dentro, aprendogli un sogno delicato tra le gambe che aveva trasformato le dita della succubus in niente più che un tocco gelido. Le era corso dietro senza pensare, senza riflettere.
Lo avrebbe fatto per sempre. L’avrebbe servita fino alla fine del tempo. “… il genio dell’Amore Folle siete voi. Non credo abbiate bisogno di altre spiegazioni”.
E deve proprio andare, perché la principessa ha bisogno dei suoi vestiti.




N.d.W.: come accade spesso, in Magi ci sono molte variazioni sulla traduzione dei nomi. Considerato che questa fanfic verrà letta solo da italiani ho deciso di utilizzare la traduzione nostrana del nome e non la versione anglofona e più famosa, Seishun Ri. Considerato che in Giappone l'uso delle L e delle R è piuttosto variabile ho preferito affidarmi al suono e non a chissà quale regola astrusa.

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Capitolo 6
*** Hidden - Sindbad ***






Sindbad ~ Hidden

Ha portato a letto più donne di quante riesca a ricordare. Ne ha sedotte altrettante, con più di metà ha fatto entrambe le cose. Ma nella ragazza che scintilla tra i flutti, i capelli azzurri misti alla spuma del mare, Sindbad non riesce a trovare ciò che desidera. Mentre lei si trasforma la guarda, la guarda mentre lui stesso si trasforma.
Non ha il corpo mozzafiato delle gladiatrici di Reim, non ha lo sguardo che promette notti di passione senza fine delle donne di Artemyra. È poco più di una bambina innamorata, una principessa di cui sarebbe piacevole cogliere il primo bacio ed andare oltre, ma non sarebbe più di un gioco e Sindbad lo sa.
“Con questo attacco porrò fine alla sfida. Preparati, Sindbad!”
Riesce a vederla.
Le acque si caricano sotto il potere di lei, curvandosi verso l’alto e trasformandosi in un’unica, portentosa spada . Quella ragazza è una chiave azzurra che scintilla al di sopra delle acque in attesa di essere afferrata. Ogni schizzo che si innalza dalla sua figura è un sogno, è un passo in più verso il completamento del grande mosaico del mondo.
Giocare con la principessa vuol dire giocare con il fuoco di Astaroth.
Riesce a vedere la lama nascosta sotto i bei vestiti in seta, il coltello dietro quel sorriso innocente, la spada oltre i sospiri malcelati dietro un ventaglio. Riesce a vedere il veleno che Kouen Ren ha sparso addosso la sua preziosa sorellina in attesa che qualche malcapitato si chini per coglierla e farla sua, solo per rimanere invischiato nella tela del matrimonio che il primo principe sta tessendo da anni e che stava per trascinare i sovrani di Balbadd nell’abisso.
Ma un’occasione simile non tornerà più.
Ha atteso per anni il momento propizio per piantare una spada nella schiena del futuro sovrano di Kou. Non avrebbe mai pensato che proprio il suo nemico gli offrisse l’arma per farlo, per di più con un elegante diadema dorato nei capelli ed un bel kimono rosa tutto sommato di suo gusto.
“Dimora nel mio corpo … Zepar!”

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Capitolo 7
*** Love - Anise ***






Anise ~ Love

Un saluto. L’ultimo.
Lo sputo arriva con tutto il disprezzo che quei minuscoli occhi possono provare.
“La mamma ha detto che sei solo una puttana!” dice, piantandosi con trionfo tra me e la porta di servizio. Avrei sognato solo di sparire in silenzio, di scivolare sui gradini e poi via, nella nostra sabbia, ma non mi è concesso. Il piccolo principe si pulisce la bocca soddisfatto, guardando il punto dove il suo regale sputo ha marchiato il mio corpo. “E ha detto che le puttane stanno nei quartieri poveri, e se mettono piede a palazzo vengono frustate a morte!”
Non … non pensavo sarebbe finita così.
Non lo pensavo davvero, Rashid.
“Avete ragione, principe Ahbmad …”
L’ultimo, forzato inchino. Dopotutto questo mondo non è mai stato mio. Non posso rischiare l’ira della regina, non adesso che ho qualcosa di importante da proteggere. “… non offenderò la vostra vista un istante di più”.

Avrei voluto darti di più, piccolo mio.
Avrei voluto vederti crescere come un principe, saper leggere e scrivere, tirare di spada con i migliori guerrieri. Vestiti puliti, buon cibo tutti i giorni, ancelle che fanno a gara per strofinarti le spalle perché sarai splendente come tuo padre, lo so. Ma per quelli come noi non c’è posto lassù. Noi apparteniamo alla sabbia ed al vento, e come loro siamo destinati a svanire nella notte senza lasciar traccia, nella tenue speranza che qualcuno di importante, un giorno, ascolti il nostro pianto e si chini per raccogliere il minuscolo granello della nostra esistenza.
Non ho oro o gioielli da darti, tesoro mio. Il giorno che nascerai potrò offrirti solo tutto il mio amore.

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Capitolo 8
*** Champion - Mu Alexius ***






Mu Alexius ~ Champion

La folla è ancora in ovazione, copre con un boato di gioia il suono dei suoi passi che tingono di una scia rossa la strada che conduce alla sua lussuosa gabbia.
Due guardie gli indicano però di andare nella sala comune, e lui lo fa. Li ucciderebbe uno dopo l’altro volentieri, spaccherebbe le loro patetiche armature con un calcio fino a vedere i loro intestini cadere sulla sabbia del Colosseo. Ma quei bastardi hanno Myron, dunque china il capo e obbedisce.
La ragazzina è chiaramente l’ennesima patrizia viziata che non ha niente di meglio da fare che versare sesterzi nelle tasche dei suoi padroni per poter toccare i muscoli del più grande guerriero di Reim. Se paga bene probabilmente stanotte andrà nella sua villa. Poco male, fottere le nobildonne è la parte migliore del suo “impiego”.
“Un’ottima scelta, mia signora!”
Alle donne piace quando ammicca come fa con la folla. “Siete venuta a vedere il miglior gladiatore dell’impero!”
“Veramente sono venuta a vedere il mio Re”.
Per un istante l’aria si riempie di figure luminose; gli sembrano uccelli, ma in l’attimo dopo svaniscono come trasportati dal vento, mescolati ai capelli dorati della ragazzina. Lei gli sorride e gli porge la mano, e solo in quel momento Mu si accorge che le proprie dita sono ancora lorde di sangue.




N.d.W.: questo Mu potrebbe essere un tantino OoC, però penso che una persona che abbia fatto per anni il gladiatore (un Fanaris per di più) non abbia una visione del mondo così idillica e paciosa come Mu una volta diventato guardia del corpo. L'obiettivo era in realtà fare un flash sui gladiatori di Reim, volevo metterci Masrur ma per lui aspetto il Gaiden.

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Capitolo 9
*** Front Line - Leraje ***






Leraje ~ Front Line

Dorme, il suo piccolo Re.
Stanotte riposa da solo, chiuso nella sua tenda in attesa che venga l’alba. Domani si alzeranno gli scudi, e le spade e le lance si solleveranno per bagnarsi del sangue di Magnostatd: lui sarà lì, in prima linea. Sa che tutti lo guarderanno. Sa che suo fratello lo guarderà.
Leraje odia quelli come lui, quegli uomini che con uno sguardo ti fanno ardere il sangue nelle vene e con gli stessi occhi ti distruggono, ti calpestano, ti fanno strisciare nella polvere. I baci ed i tradimenti di Focalor le sono bastati.
Ma li conosce, perché la verità è che certe persone sono tutti uguali. Dietro le fiamme c’è un muro di ghiaccio ed un cervello che non lascia spazio al caso. Focalor le chiedeva di combattere perché era la migliore.
Se un Magi fosse qui vorrebbe comparire, anche solo per un istante. Abbracciare quel suo Re che adesso piange e si agita, stringerlo al petto e dirgli di non avere paura. Domani sarà davanti a tutti e darà battaglia, perché il primo principe ha assegnato la prima linea al suo migliore generale.
Lei sarà lì ed insieme grideranno tra il sangue e la morte, e se lo vorrà lo porterà più in alto di un dio.
Anche se, solo per adesso, vorrebbe solo potergli dare un bacio della buonanotte.

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Capitolo 10
*** Mourning - Hassan ***






Hassan ~ Mourning

Lo hai visto, no? È partito alla carica, testa bassa, proprio come ai vecchi tempi. Non si fermerà nemmeno quando incontrerà un muro più alto di lui, perché con la testaccia dura che si ritrova lo sfonderà e si troverà di nuovo in piedi.
Sono io che mi sono fermato.
Lo so, mi dai del debole, ma che ci vuoi fare? Lo sono sempre stato, non fingere di non averlo mai saputo.
Comunque non sono venuto fin qui per lamentarmi. Non te l’avevo ancora detto, ma Zaynab mi renderà padre una seconda volta! Veramente volevo farti una sorpresa, ma dopo ieri sera ho deciso che non potevo resistere e quindi eccomi qui, con la tua birra preferita a raccontarti tutto, perché non sei mai stato il tipo da voler essere messo in disparte mentre gli altri festeggiano.
Vorrei dargli il tuo nome, ma Zaynab me lo ha impedito. Sa’ib lo ha fatto, e dopo due giorni quei maledetti occhi a mandorla hanno portato via lui, sua moglie ed il bambino e ti giuro, ti giuro che avrei voluto prenderli, sbatterli a terra, far inghiottire loro …
La verità è che non l’ho fatto. Ho pensato a Zaynab, a Zassan ed ho mandato giù anche questo.
Forse mi merito di essere calpestato, forse ce lo meritiamo tutti noi. È da quando te ne sei andato che non siamo più gli stessi. Siamo diventati come delle capre che belano e basta, che si fanno mettere addosso questi kimoqualcosa tutti uguali in attesa che un qualcuno, un paladino si erga a difenderci.
E ieri sera il nostro salvatore è tornato. Ed io, da brava pecora obbediente, non ho fatto altro che augurargli buona fortuna, guardandolo mentre partiva per salvarci. Non ho imbracciato una spada, non ho invitato i resti della Compagnia della Nebbia a sollevare di nuovo il popolo.
Sono solo venuto quaggiù a pregare per lui, perché sono solo un vigliacco che non ha più la forza di combattere per il suo vero re.
L’unica consolazione è sapere che non sarà mai solo. Perché ieri, quando si è diretto a palazzo, sono certo di aver visto il tuo sorriso sul suo volto.
Proteggilo tu, Cassim, perché quando sfiderà l’Impero avrà come arma soltanto il coraggio del suo migliore amico.

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Capitolo 11
*** Gentle - Morgiana ***






Morgiana ~ Gentle

Alìbabà le bacia tutte, le tocca tutte. Le ama tutte, quelle donne.
Oltre la finestra lei lo guarda mentre il vino gli fa biascicare parole senza senso e lo spinge contro i loro corpi morbidi e lungo il divano. Si unisce a loro come fanno gli adulti, in modo non diverso da quello con cui padron Jamil giaceva con le schiave più belle. Lo osserva dalla finestra, chiedendosi se quando le crescerà il petto lui la guarderà un po’ di più.
Forse dovrebbe chiedere a Yamuraiha come si truccano le donne vere; magari il maestro Sharrkan sa qual è l’acconciatura preferita di Alìbabà, o un vestito che potrebbe comprare per sembrare più bella. Essere libera vuol dire poter mettere da parte dei risparmi per rendere felice la persona più importante, quella che riesce a portare frescura in un pomeriggio assolato e che con un sorriso può distruggere le catene più pesanti, persino quelle che non si vedono e ti trascinano giù, dove nessuno può tenderti la mano.
Farebbe qualunque cosa per quella persona, per ricevere lo stesso sguardo che stanotte regala alla danzatrice bruna, alla coppiera bionda, alla prostituta dai capelli color del mare mentre lei lo guarda oltre il vetro, protetta dalla complicità della luna nuova e dal canto del vento dell’est.
È in quel momento che le torna in mente il bacio semplice e gentile di Hakuryuu.



N.d.W: questa è in realtà una delle mie primissime storie, ma l'ho pubblicata solo ora perché ... mah, non saprei. Forse non mi convince molto. Nasce dal bisogno di scrivere qualcosa su Morgiana che non si soffermi troppo sul tema delle catene (bellissimo, ma credo che su di lei si possa dire qualcosa di più). E' stata scritta prima che mi partisse l'ulcera per Hakuryuu *white passa lo spazzolino a Mor*, però alla fin fine questa drabble mi sembra logica così com'è.

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Capitolo 12
*** Goodnight - Ja'far ***






Ja'far ~ Goodnight

È diventato bravo. Il migliore, dicono tutti. Quando scivola sulle scale il legno non scricchiola, quando apre la porta i cardini non cigolano, ma si confondono con il suo respiro e svaniscono. Le due figure dormono, le sagome solo lievemente illuminate dagli ultimi istanti di vita della candela; lo stoppino si consumerà a breve, ma lui farà cadere il buio molto prima.
È il bambino a dargli fastidio.
Piange e frigna, riesce quasi a sentire la sua manina tirarlo per i vestiti. Prova a mandarlo via con un calcio, ma non capisce mai, non vuole capire. Non vuole. Prende del betel dalla bisaccia e lo stringe tra i denti, lasciando che il sapore aspro delle foglie ricordi al suo cuore di battere forte, di battere bene finché nelle sue orecchie il pianto svanisce, sostituito dal piacevole pulsare del sangue.
Inizia con l’uomo.
Gli solleva la coperta senza fare alcun rumore, lui non se ne accorge. Forse è ubriaco.
La lama penetra nel collo per tutta la sua lunghezza, non ha bisogno della luce per vedere il sangue scivolargli sulle dita ma la affonda lo stesso fino alle ossa per impedirgli di muoversi mentre beve la sua vita in pochi attimi. Con la donna è più facile: è gracile, strangolarla non richiede più di tredici secondi. Lei può anche dibattersi, non c’è rischio che svegli il compagno.
Prima che il moccioso riprenda a piangere finisce la dose di betel.
Il povero idiota non ha capito che non ci sono altre soluzioni. Crede ancora che piangendo la gente possa commuoversi, che qualcuno venga per calmarlo e prenderlo in braccio. Non ha il coraggio di affrontare la vita vera e forse è meglio che rimanga lì, in quell’angolo della mente dove può frignare senza che Al-Tharmen e gli altri si accorgano della sua debolezza.
La candela si è quasi esaurita, ma prima di andarsene vi soffia lui stesso, quasi come in un ricordo lontano.
“Buonanotte mamma. Buonanotte papà”.

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Capitolo 13
*** Perfection - Ahbmad Saluja ***






Ahbmad Saluja ~ Perfection

Alìbabà di qua, Alìbabà di là. Alìbabà di su e Alìbabà di giù. Alìbabà a destra e Alìbabà a sinistra. Me lo ritroverò anche nella colazione, prima o poi!
Qualcuno mi spieghi perché di recente a palazzo si sentono solo “Ahbmad, perché non ti applichi di più nella Scherma Reale? Impara da tuo fratello, che è così bravo …” e “Sahbmad, perché non reciti una poesia a tuo padre? Alìbabà lo fa sempre ogni sera prima di andare a dormire!”
Quello lì non è mio fratello. E non lo sarà mai, sia ben chiaro. È solo un bastardo.
Il maestro mi ha spiegato che i cani bastardi sono molto più vivaci dei cani di razza, sono più svegli e giocosi. Ma pur sempre bastardi rimangono. Fanno tanto rumore, scodinzolano e riportano il bastone, così i padroni si commuovono e danno loro da mangiare gli avanzi.
Lo so che nostro padre vorrebbe lui sul trono, lui come unico erede, il figlio d’oro che lo ricorda persino nei capelli e negli occhi. Non ha bisogno di un principe grassottello quando può bearsi di tutta quella perfezione, men che mai di un secondo erede che balbetta e si nasconde dietro ogni colonna.
Beh, si sbaglia di grosso. Un giorno io sarò il re, e questo nessuna puttana nei bassifondi potrà cambiarlo. Questa città sarà mia, ed in questo palazzo si canterà un’altra musica. Perché sono i cani di nobile razza a meritare i bocconi migliori, il loro sangue e la loro natura li fa risplendere contro ogni regola, capriccio, osso o obbedienza. Sono quelli che alla fine tutti desiderano, perché con la loro stessa presenza elevano coloro che vi stanno accanto.
I cani bastardi possono benissimo tornare al canile.

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Capitolo 14
*** Eyes - Junjun ***






Junjun ~ Eyes

Sono macchie, piccole pozze scarlatte. Sono lì, davanti a lei, si insinuano tra le figure sempre avvolte nella nebbia.
È dal giorno dell’esperimento che il suo mondo è annegato in quelle macchie e si diverte a chiudersi intorno a lei, a comprimerle la testa fino a lasciarla senza fiato. Preferisce non vedere quel mondo fatto di raggi di luce strozzati a metà, coprire tutto il viso per non sapere a chi appartengano quelle forme sbozzate.
Il mondo sta bene nei suoi ricordi. È pieno di colori, perché l’immaginazione galoppa veloce sotto il panno bianco che le nasconde gli occhi: Jinjin e Reirei le raccontano tutto, dal bellissimo vestito che la principessa Kougyoku ha indossato per il suo quindicesimo compleanno all’orecchino spaiato del secondo principe (Reirei glielo avrà descritto almeno mille volte, deve essere proprio bruttino con tutte quelle lentiggini!). Non si stancano mai di dipingerle il panorama dalla loro finestra, e potrebbe descriverlo lei stessa per quanta forza ha messo nel fissare i dettagli degli alberi e della neve abbondante su monte Koushan.
Ma c’è una persona di cui non vuole sentir parola. Una persona che preferisce immaginare un giorno bruno, l’altro biondo, un altro ancora con gli occhi così blu da trascinarla negli abissi dell’oceano. Le hanno detto che può innalzarsi sopra le vette dei monti e giustiziare i malvagi con la sua spada e lei lo vede dentro di sé come un angelo dalle ali nere e la chioma o d’oro o d’argento che riempie davvero di rosso il mondo, trasformando quelle macchie scarlatte in pura realtà.
Le sue dita le dicono che è più piccolo di lei, ma questo aumenta solo il mistero.
Le piace sentire le sue urla, anche i suoi schiaffi. Le piace quando lui la stringe a sé e le tocca il viso distrutto, le palpebre carbonizzate, le ciglia che sembrano soltanto minuscole lame. Le piace sentire la sua voce oltre le ombre, oltre la nebbia, oltre il rosso, che sussurra nella notte “Sei bellissima, Junjun”.



N.d.W.: Né nel manga né nell'anime si specifica il fatto che Junjun non ci veda. Io penso che una persona normale non girerebbe con quell'ammasso di bende se non avesse un problema agli occhi: la trama dice che è stata menomata al viso, quindi immagino che anche gli occhi ne abbiano risentito. E' una mia libera interpretazione, siete liberi di farmi sapere cosa ne pensate.

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Capitolo 15
*** Noise - Judal ***






Judal ~ Noise

Si copre le orecchie, ma le voci non smettono. Si copre gli occhi con le mani ed i capelli, ma le luci non svaniscono.
Sono morti. Tutti quanti. Ieri, l’altro ieri ed il giorno ancora prima, cento anni fa, tremila anni fa, sono tutti morti. Gridano tanto e piangono, quegli uccelli luminosi. Alcuni lo guardano con i visi che avevano da vivi e parlano, parlano e parlano, urlano trafitti da frecce o divorati dai mostri. Una parte di loro sono felici, ma quelli spiccano il volo senza nemmeno guardarlo e lo lasciano solo con quelli che urlano e vogliono entrargli nella testa. Lui li odia i morti felici.
Lui li odia tutti, è quella la verità. E odia pure quelli che sono vivi, perché loro non sentono i rukh.
È quando sono tanti che deve fare come gli ha insegnato Falan. Deve solo estendere la mano senza paura e poi toccarli: sente solo pizzicare la punta delle dita come se lo stiano beccando, e poi lascia che la magia faccia il resto. Diventando più belli, davvero più belli. Smettono di riempirgli gli occhi di luce e si colorano del nero della notte, gli ricordano i corvi che fanno il nido vicino alla sua finestra. I rukh oscuri se ne vanno via subito e lo lasciano in pace. Non hanno nulla da gridare perché adesso che sono neri sono tutti più felici e volano verso l’alto senza emettere alcun rumore.
Nessuno urla più nella sua testa.



N.d.W: sulla questione di Judal che odia il rumore dei rukh mi sono ispirata alla sua comparsa nel gaiden dedicato a Sindbad.

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Capitolo 16
*** Answer - Kin Gaku ***






Kin Gaku ~ Answer

C’è da dire che gli piace la gente con un po’ di fegato. Il ragazzo gli punta la spada con tutta l’arroganza e la spavalderia dei suoi vent’anni scarsi, ben piantato sul ponte della nave.
Il resto della ciurma sta piazzando scommesse su quanto tempo impiegherà a cancellare il suo sorrisetto dalla faccia con un pugno ben assestato.
L’ultima volta che qualcuno ha osato rivolgergli contro un’arma era uno stupido soldato in taverna, troppo ubriaco per rendersi conto di chi stava cercando di arrestare … probabilmente i suoi compagni stanno ancora cercandone i pezzi per tutti i Sette Mari. Da allora nessuno è stato così stupido da sfidarlo, ed i membri dell’equipaggio squittiscono quando passeggia a prua ispezionando la nave.
Il ragazzo è l’unico prigioniero a non piangere come una donnicciola, e non ha nemmeno battuto ciglio quando la sua nave è stata abbordata. A Neapolia conosce tanti patrizi che pagherebbero bene per farne un gladiatore, magari con un piccolo sovrappiù potrebbe dar via anche il fratello minore, un scricciolo poco cresciuto che al massimo può spacciare come uno scriba o un coppiere. O come zavorra, se la vendita non andrà a buon fine.
Ammette di essere stato sorpreso dalla sua richiesta. “Un duello. Io contro di te. Se vinci tu …”
gli aveva detto, piantandosi a gambe larghe e fissandolo con i suoi occhi rossi. “… ti rivelerò un modo che ti renderà molto, molto ricco. Oltre ogni tua immaginazione. Ma se vinco io dovrai liberarmi e rispondere ad una mia domanda”.
Lo aveva detto a voce alta, ben sicuro che tutta la ciurma potesse sentirlo. “O forse Kin Gaku, il Terrore dei Sette Mari, ha paura di un piccolo nobile viziato?”
Nulla da dire, il piccolo nobile ha coraggio da vendere. Condito a stupidità, però pur sempre coraggio. È quasi un peccato farglielo inghiottire insieme ad un paio di denti, ma una sfida è una sfida e certe cose si prendono sul serio, anche se ad averla lanciata è un mocciosetto con una spada che potrebbe usare al massimo come uno stuzzicadenti ed un abito così lungo che vi inciamperà al primo affondo. Non ha nemmeno bisogno di un’arma per insegnargli l’educazione.
L’altro si mette in posizione d’attacco, i suoi capelli rossi che seguono il vento e gli coprono parte della faccia. Ma è ben lontano da qualunque cosa Kin Gaku abbia mai considerato anche solo lontanamente minaccioso. “Vado un po’ di fretta, pirata, quindi non ti dispiace se la domanda te la pongo adesso, vero?”
Poi la spada s’illumina all’improvviso, come se un lampo l’avesse colpita. È solo un istante, ma gli sembra che un soffio di vento si sia curvato sul suo avversario e che una luce rosa lo avvolga, simile a due ali. Ed è più di un’impressione, perché i membri della ciurma si buttano istintivamente a terra e l’aria si riempie di tutto, di forza, di energia, di un potere così strano che se le sente nel petto e nella gola come una morsa e deve combattere contro ogni suo muscolo per non piegarsi e sembrare un debole davanti a quel principino. Forse adesso la sfida si è fatta interessante. “Secondo te chi, in questo mondo …”
Assolutamente, incredibilmente interessante.
“ … è degno di fregiarsi del titolo di Re?”



N.d.W.: questa me la sono praticamente inventata. Incrociamo le dita e speriamo che Shinobu Ohtaka non si inventi un background di Kin Gaku giusto per mandare a monte la mia storia!

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Capitolo 17
*** Beginning - Uraltugo Noi Nueph ***






Uraltugo Noi Nueph ~ Beginning

Ormai preferisce pensare che sia un gioco: loro esistono, ma quando gli altri aprono quella porta diventano invisibili e rimangono accanto a lui, zitte zitte, per ricomparire solo quando quelli lì gli lanciano uno sguardo pieno di disgusto e se ne vanno. Come farà anche quel ragazzino che sta mettendo a soqquadro l’ala ovest della libreria.
Sono anni che loro vivono con lui e solo con lui: si fanno vedere e toccare, lo trascinano, lo baciano e gli lasciano sulle labbra un sapore di miele e menta; solo loro gli fanno correre piacevoli brividi lungo la schiena mentre sfoglia i testi dell’antica sapienza mentre loro si concedono a lui, disdegnando terrorizzate quei vecchi saggi dalla barba annodata. A loro non piacciono i maghi decrepiti dai denti verdi: lo hanno scelto perché lui è diverso e fantastico, le vede, le accarezza e regala loro momenti di potere senza eguali, di quelli che fanno tingere il cielo di uno scarlatto più fulgido di qualsiasi tramonto o tremare la terra come se lo stesso Ill Ilah sia sceso per reclamare la magia che ha donato.
La verità è che lui non ha bisogno di nessun altro.
Loro non sono come gli uomini: loro non gli tirano i capelli, non gli nascondono gli occhiali nella latrina più sporca del palazzo, non gli bruciano gli appunti dicendo che sono soltanto scarabocchi di uno stupido visionario. Loro cantano sui suoi appunti e prendono vita, in questo mondo sono fatte di inchiostro e rune ma nel suo mondo, quello che solo i suoi occhi possono vedere …
“Sei tu quello che parla con le formule?”
Il ragazzino è ancora lì. O forse è meglio dire che è sempre stato lì, a fissarlo dal basso in alto. Non come quei barbosi membri del consiglio, quello no, ma come di riflesso le sue bellissime formule si ritirano e tornano sulla carta. Sbuffa, perché non è proprio portato a parlare con gli altri esseri umani. Prova ad elaborare una risposta intelligente degna dell’unico, vero, grande mago della capitale, ma come al solito le parole gli si impastano ed inizia a balbettare qualcosa che a quel piccoletto sembrerà al massimo un grugnito.
Deve aver già visto quel bambino da qualche parte, ma non ricorda bene dove. Quello appoggia i libri sul pavimento, si siede su un cuscino ed apre una pagina a caso del primo volume della pila. “Ti dispiace se studio vicino a te?”

[…] A pensarci bene non è stato granché come inizio. Niente salvataggi affrontando mostri del deserto, niente tentativi di assassinio nel cuore della notte, niente banchi di scuola, duelli di magia o avventure alla ricerca del tesoro nascosto di un dungeon.
Solo un principe annoiato e lo scemo dell’accademia. Avrebbe potuto trasformarsi nel mio ennesimo muro di silenzio ed invece lui ruppe un altro muro, quello che negli ultimi anni mi aveva intrappolato in quella stanza, lo prese e lo disgregò con quel suo sorriso in grado di cambiare il mondo.
No, non è stato il migliore degli inizi, ma è stato comunque il nostro inizio.
E, a conti fatti, direi che va bene così.[…]

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Capitolo 18
*** Sky - Ithnan ***






Ithnan ~ Sky

In questo paese gli hanno detto che non piove mai.
Gli hanno detto che il cielo ride tutti i giorni, perché deve ricordare alla sua gente il significato della parola “gioia”.
Adesso sotto di lui c’è il mercato: la gente si avvolge nelle vesti e tira avanti, un uomo a cavallo calpesta un bambino che chiede l’elemosina e tutti fingono di guardare altrove. Una carovana coperta di polvere espone vasi e spezie portati da oltre il deserto ed un paio di guardie reali prendono qualcosa dai sacchi senza lasciare nemmeno uno Huan; una ragazza dalla pelle segnata dal sole prova a protestare ed uno dei due uomini, quello più grande e pieno di cicatrici, la trascina con sé dentro un vicolo.
Ed il sole continua a ridere. La verità è che a questo mondo non importa nulla della sofferenza degli uomini.
Riderà anche quando il sangue scorrerà a fiumi, perché questa dittatura non durerà in eterno.
La storia si ripete. Un tempo è toccato a lui, adesso a questi uomini cenciosi. La gente di Balbadd si alzerà dalla polvere e chiederà giustizia. Forse vincerà.
O forse no.
La verità è che per lui non ha molta importanza.
Lui vuole solo tingere il cielo di nero. Vuole fargli indossare il dolore, costringerlo ad abbassarsi e rendersi conto delle miserie degli uomini il giorno che Ill Ilah scenderà sulla terra e riporterà il mondo com’era. Far pagare alla volta celeste la sua arroganza, perché il giorno in cui Setta perse la vita, dilaniato dalla crudeltà di David, il sole non versò nemmeno una lacrima.

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Capitolo 19
*** Voice - Kouha Ren ***






Kouha Ren ~ Voice

“Sono il capo dell’Alleanza dei Sette Mari. Sono Re Sindbad”.
No, tu non sei Sindbad. Questa lama che premi contro la mia gola non scintilla delle saette di Baal e la collana d’oro che mi scivola contro la schiena non porta con sé il gelo di un dungeon del nord. La tua voce non è quella che grida pace e sussurra guerra.
La tua voce è quella che mi supplicava di insegnarti a tirare di spada, perché En aveva sempre altro da fare. La tua voce è quella che mi chiedeva di andare a trovare Judal che stava tutto solo con quei maghi noiosi e poi correre tutti insieme ai giardini meridionali, quelli dove Koubun Ka non poteva trovarti perché c’erano un sacco di cespugli dove nasconderti. La tua voce è quella che fino a qualche istante fa cavalcava con me nel vento e nel sangue, nella furia dell’acqua, quella che la nostra gente ha seguito credendo fosse il canto di una dea della guerra.
Sai che potrei farti tacere per sempre? Nyoi Rentou non è certo la mia unica arma.
Potrei abbassarla e gridare la resa, poi non avrei bisogno di due mani per spezzarti il collo e regalare a questi traditori una vera pioggia di sangue.
Ma tu lo sai che non lo farò. En mi ha chiesto di rimanere sempre al tuo fianco e di far sì che la tua prima battaglia non sia l’ultima. Non sarò io a trasformare la tua bellezza in un ricordo.
Sindbad, quello che stai facendo a mia sorella è la prova di quanto tu faccia schifo. Dopotutto solo uno come te poteva allearsi con quel bastardo di Hakuryuu. Farti scudo con la voce di Kougyoku non ti servirà a nulla quando En ti troverà e ti farà sparire quel sorrisetto che ti ritrovi; se quel giorno sarò lì avrò cura di spargere tutti i tuoi visceri su ogni sasso della tua patetica isola. E lo farò vedere a Kougyoku, così la sua voce riderà di nuovo e cancellerà tutto il male che le hai fatto.
Oggi devo abbassare l’arma. Ma un giorno …
“Suppongo di non avere altra scelta …”

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Capitolo 20
*** Hunting - Rurumu ***





Rurumu ~ Hunting

Rurumu è una donna di Imuchakk.
I suoi piedi sono troppo grandi per le minuscole passerelle di Ria Venus Island, e quando sale su una gondola quella si inclina non appena prova a voltarsi per ammirare il panorama. Le piacciono i vestiti delle donne di quel posto, il trucco che sembra dato con dei pennelli, ma in fondo pensa che con uno di quei corsetti si sentirebbe davvero a disagio.
A Rurumu piace il mare in tempesta, quel mare di cui può sentire l’odore anche quando scende sulla terraferma per procurarsi della legna; le piacciono le onde ed il sale che le va negli occhi, le piace sporgersi dal parapetto e scrutare i flutti per essere la prima ad avvistare i narvali, le piace quando suo padre le mette in mano l’arpione anche se è una ragazza e le dice di lanciare e riprendere, lanciare e riprendere.
Finché il narvalo non cede.
Cambiano le prede, ma il trucco è sempre lo stesso. Lanciare e riprendere.
“Questa somma di denaro è eccessiva. Mi state chiedendo di anticipare una cifra di questa portata soltanto sulla base dei vostri progetti? Non ho intenzione di continuare a discutere!”
L’arpione le è andato troppo avanti e l’orca si sta allontanando. Lady Madeer si alza dal tavolo del negoziato, incollerita e furibonda. Un suo colpo di coda potrebbe ribaltare il piano a cui lei e Ja’far stanno lavorando da settimane, ma Rurumu ha imparato che a Reim il denaro è l’unico mare esistente e lei è la migliore cacciatrice di Imuchakk.
Deve solo caricare l’arpione. Poi lanciare.
“Aspetti, Lady Madeer. Devo dirle un’altra cosa”.
Lanciare di nuovo.
“Proprio in questo mese si sta tenendo un’importante conferenza a Remano. Tra sette giorni Re Rashid annuncerà a tutto il mondo la sua decisione di aprire Balbadd al commercio di schiavi … capirà anche lei che da quel momento in poi il valore degli schiavi si alzerà terribilmente perché tutti cercheranno di accaparrarsene quanti più possibile. Eppure adesso si possono comprare a così poco prezzo …”
L’ombra che scivola davanti agli occhi di quella donna è come un’onda che copre la preda. Ma quando i flutti si abbassano Rurumu ha capito che il suo arpione ha colpito il bersaglio.
“Molto bene. Firmerò quel contratto”.

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Capitolo 21
*** Empress - Koubun Ka ***






Koubun Ka ~ Empress

Ha decine di ancelle, ma soltanto a lui ha dato il permesso di sistemarle il trucco.
Koubun Ka aspetta con pazienza che l’olio della crema sia svanito da quelle piccole guance pallide. Per gli occhi aveva pensato ad un colore leggero, magari l’azzurro di moda tra dame di Heliohapt o un bel rosa acceso che potesse abbinarsi con il vestito, ma tutto gli sembra troppo semplice, troppo povero per il Grande Momento della sua principessa. “Credi che ce la farò, Koubun Ka?”
“Principessa, come sa non sono d’accordo con questa parte del piano …”
Ormai la piazza è gremita di gente che attende solo lei. Kougyoku non ha nemmeno il coraggio di guardare oltre le tende e rimane immobile, con gli occhi chiusi e le mani serrate sul nuovo abito. Sono giunti lì da tutte le province dell’Impero, soldati e generali, tutti riuniti davanti alle porte del palazzo per vedere per la prima volta il viso della loro imperatrice ed attendere solo una sua parola. E per quanto lui le abbia scritto almeno tre diversi discorsi con cui rivolgersi alla folla è abbastanza convinto che la ragazza davanti a lui non ne abbia letto nemmeno una riga, proprio come quando da bambina gli nascondeva le pergamene pur di non fare lezioni di lettura “… può ritirarsi, se lo desidera”.
“No. Non posso farlo”
È davvero diventata la fanciulla più bella dell’Impero. “Alìbabà ha ragione, è una cosa che posso fare solo io. Mi sono comportata come una bambina, i miei fratelli si vergognerebbero di me se sapessero che non sono capace di parlare in pubblico”.
“Principessa …”
“E non voglio deludere nemmeno te. Hai fatto tanto per farmi diventare Imperatrice, Koubun Ka, e non voglio tirarmi indietro adesso. Non butterò nel fango la tua fatica, te lo prometto!”
Di fatica ce ne è stata tanta, non può negarlo. Ci sono state centinaia di tuniche buttate perché annegate nell’inchiostro di una bambina che imparava a scrivere, anni di ginocchia sbucciate per inseguirla nel bosco, lustri di gola arrossata e dolente per tutti i rimproveri per trasformare una piccola guerriera in una perfetta principessa. E tutto per arrivare lì, al Grande Giorno, quando gli applausi per la nuova imperatrice saranno anche un po’ per lui, la sua ombra che non l’ha mai abbandonata un istante.
Eppure in quel momento, quando finalmente sceglie il colore giusto per lei, sente che forse dovrebbero fare un passo indietro: forse perché la ragazza a cui sistema il trucco è diventata la signora delle vestigia dell’Impero Kou, ma ai suoi occhi è e resterà sempre la sua piccola principessa testarda che sembra nata apposta per farlo impazzire. “Non abbia paura. Sarò sempre dietro di lei”.
Sì, il colore è perfetto.
Quando appoggia la polvere d’oro sopra le palpebre capisce che basterà uno sguardo di quella ragazza per far risorgere il loro mondo dalle ceneri.

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Capitolo 22
*** Hymn - Wahid ***






Wahid ~ Hymn

“Padre nostro, che sei nei cieli …”
La voce di Arba si innalza su tutte le altre e guida il canto, quell’inno antico le cui origini si perdono nei tempi del mito. Gli altri maghi la seguono, sollevando i bastoni al cielo verso la notte di cui Ill Ilah è l’unico signore “… sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà”.
Ma Wahid non ha parole da aggiungere a quel coro. La sua voce è un mormorare basso, ma lentamente anche le poche parole svaniscono, lasciando il posto ad un verso che si perde nel canto altrui. Sono svanite insieme alle lacrime, quelle che gli si sono asciugate sul corpo martoriato di Tess. Non ne ha più nemmeno una, nemmeno durante gli incubi in cui ancora una volta il fuoco si innalza portandosi via le ultime parole del suo bambino; e anche la sua voce trema, perché i versi dell’inno gli sembrano estranei.
Forse non ha il coraggio di chiedere. O di sperare.
Sa che Ill Ilah non riporterà in vita Tess, né permetterà a Ithnan, immobile davanti all’altare, di stringere di nuovo le mani di Setta come quando erano bambini. Perché nessun dio si piega per gli innocenti, né versa lacrime per gli inni, i sacrifici o le mani alzate per implorare un miracolo che né la Luce né le Tenebre sono in grado di concedere. Arba crede che Ill Ilah scenderà su Alma Torran per portare giustizia, ma anche il desiderio di vendetta verso Solomon si è fatto distante e nel suo petto è calato un gelo che forse è peggiore di qualunque morte.
Se va avanti è solo per un motivo, un motivo che esce dalla folla e viene in avanti, i piedi scalzi e lo scettro rivolto verso il cielo.
Gli occhi di Falan sono tutto ciò che gli è rimasto. E non importa se sono fantasmi, sogni irrealizzabili o bugie. Wahid la guarda ed ascolta il suo canto, sente la speranza uscire da ogni nota. Può non credervi, voltare la testa dall’altra parte, ma un’illusione è tutto ciò che tiene in vita la donna che ama. E, in nome di quell’illusione, è disposto a tingere il mondo di tenebra.
“Come in cielo, così in terra …”

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Capitolo 23
*** Words - Darius Leoxses ***






Darius Leoxses ~ Words

Prega Dio che cali la bonaccia, ma il vento soffia gioioso verso ovest.
Lo prega di nuovo, bacia la lancia, gli chiede in ginocchio di spingere le correnti verso terra, ma le onde mandano solo poca spuma e le vele bianchissime si allontanano. Darius si sporge, cerca di afferrarle con la mano dal balcone del palazzo; si sforza di trattenere il suo lamento, il suo strazio, ma la voce si rompe e gli graffia le labbra, esce ed a essa non importa nulla se tutti i Cavalieri di Sasan la sentiranno.
Mai a Darius Leoxses sono mancate le parole. Mai nella preghiera, mai in battaglia. Mai nell’educazione dei suoi figli, perché nessuno potesse vedere in loro altro che assoluta perfezione. Eppure adesso la sua voce non ha più forma e gli occhi rileggono senza sosta quella lettera vergata nella timida calligrafia da bambino che ha trovato nella stanza vuota di Spartos: sono quelle le uniche parole che si formano nella sua mente, parole piene di dolore e determinazione. Se ne è andato in segreto sulle stesse navi dalle vele bianche che hanno riportato Mistoras a casa, in rotta verso un regno non ancora nato.
Dio forse ride delle preghiere di un vecchio re, perché il tramonto inghiotte le navi e tutto ciò che gli restituisce è un vento gelido. Ma Darius non smette di fissare il mare, non ancora, perché sa che alle proprie spalle vi è un viso che non vuole vedere; è un volto di pietra, freddo e immobile, che chiede di essere accarezzato, confortato, baciato o coperto di lacrime, non importa. Glielo hanno riportato così, una statua con le sue sembianze, una decorazione per un feretro con dentro solo cenere ed ossa annerite. Mistoras era sole e vita, eppure adesso è puro silenzio.
“Sindbad, ti sei preso il mio primo figlio … ti supplico, fai tornare indietro almeno il secondo …”

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Capitolo 24
*** Guardian - Phenex ***





Phenex ~ Guardian

“Di tutti i Re che potevi scegliere, Phenex … lasciatelo dire, lui è sprecato per una come te”.
In effetti il suo legame con Kouen non era ciò che avrebbe mai considerato un “amore a prima vista”. Nemmeno ad una seconda. A ben vedere nemmeno ad una terza o ad una quarta.
La piccola principessa, lei sì che le era piaciuta subito. Era stata l’unica a varcare il suo dungeon a testa china, chiedendo il permesso di entrare, un passo alla volta e gli occhi preoccupati alla ricerca di mostri. Lui invece non faceva altro che criticarla e trattarla come una stupida, il fratello maggiore che abbaiava ordini con la presupponenza di chi crede di avere tutto il diritto di comandare … il tipico umano dalla bocca di fuoco che solo un borioso come Focalor o al massimo una credulona come Leraje avrebbero potuto nominare Re.
“C’è del vero in ciò che dici, Astaroth …”
Le era quasi dispiaciuto mandare un gigante mortifero contro la ragazza impacciata, ma doveva testarne il valore; se ne era persino rammaricata quando l’aveva vista dimenticare di colpo tutte le raccomandazioni dei fratelli e fuggire gridando per il colonnato sacro. Ma era troppo piccola, inadatta a diventare Re.
E solo la morte aspetta i candidati inadatti in un dungeon. Nel momento in cui il gigante l’aveva raggiunta le aveva detto mentalmente addio. Aveva chiuso gli occhi, lei che vegliava sin dai tempi di Alma Torran.
Quando li aveva aperti la principessa era a terra, cosparsa di sangue non suo. Vi era una lama sottile in frantumi, esplosa sotto il peso dell’arma gigante, e vi era un principe arrogante e presuntuoso aperto dal collo all’inguine proprio nel punto in cui la sciocca sorellina si trovava l’istante prima. Il giudizio era stato chiaro, la morte sarebbe giunta prima ancora che il gigante avesse estratto l’arma dai suoi visceri. Ma, se ne era ricordata solo in quel momento, nel suo dungeon l’ultimo giudizio apparteneva solo a lei. “ … però ricordati che tu scegli guerrieri, io dei guardiani”.
Poteva scegliere di prendergli la vita. Poteva scegliere di ridargliela. Poteva decretare la fine di quell’uomo dalle parole cattive.
Parole che un solo gesto aveva scansato lontano, rivelando la natura del suo padrone. “Tu riposi nella sua lama, Astaroth. Ma nell’elsa, dove ogni giorno le sue mani si poggiano, dimoro soltanto io”.

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Capitolo 25
*** Friend - Aladdin ***






Friend ~ Aladdin

Mi manchi, sai?
Qui ci sono tante persone con me –forse più di quelle a cui sono abituato- e tutti ridono anche nei giorni più bui; cercano di non farmi sentire triste e ci riescono, dico davvero, ma … non è la stessa cosa.
Mi dispiace per averti odiato quella volta. Ero solo un bambino stupido, stanco e con la testa piena di libri di cui non capivo nemmeno la metà delle parole che vi erano scritte. C’erano storie di avventure e battaglie, racconti che traboccavano di bambini che combattevano contro mostri incredibili e poi tornavano a casa dalla mamma e dal papà.
Tranne me.
Non volevo essere speciale come dicevi tu.
Non volevo diventare un grande Re, la storia che mi raccontavi tu era piena di silenzi bruttissimi.
Sai, non mi hai mai detto cosa speravi che io desiderassi: la pace del mondo, molto probabilmente. O forse il ritorno di quel paese magico di cui parlavi trattenendo le lacrime. Avrei potuto chiederti la gioia delle genti o il potere di difendere tutti e tu … tu saresti stato felice. Forse quel giorno il mio semplice desiderio ha distrutto le tue speranze.
Però non me ne pento. Ho avuto la cosa di cui avevo più bisogno e proprio tu me ne hai dato la certezza quando ho ascoltato la tua storia, quella della mamma e del papà, ed ho capito che la voce che mi ha cullato quando ero piccolo e mi ha raccontato la storia più bella di sempre era la tua. Ti sei fatto carico di me senza chiedere nulla in cambio, ed ho stupidamente scambiato il tuo amore incondizionato in una prigionia da cui ho voluto fuggire a costo di infrangere i tuoi sogni.
Adesso sono felice, e mai come oggi sono orgoglioso del mio piccolo desiderio egoista. Perché adesso so chi sono, so cosa è Giusto e cosa è Sbagliato … e so che in ogni luogo, in ogni tempo, tu sei e rimarrai per sempre il mio migliore amico.

Grazie, Ugo, per avermi reso una persona migliore.

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Capitolo 26
*** Top Class - Zagan ***






Top Class ~ Zagan

“Forza, muoviti, cosino petaloso!”
Zagan vorrebbe solo ritrovarsi quell’idiota di Ugo tra le mani per dirgli cosa ne pensa della sua regola idiota del dover scattare al cospetto del primo Magi che si è svegliato storto quella mattina. Apparire nel mondo degli umani e ritrovarsi davanti al naso il ghigno idiota di Judal è qualcosa che potrebbe far girare i sepali persino ad una come Phenex. “Coraggio, sciò, sciò, è ora di fare armi e bagagli!”
“Eh?”
“Si dia il caso che il tuo padrone abbia un nuovo djinn, adesso. Belial è in serie A, è un fuori classe, e dunque non abbiamo più bisogno di un testa di petalo come te. Quindi forza, sloggia, torna a muffirti le radici nel tuo dungeon!”
Per quanto poco possa capire a causa del brusco risveglio Zagan non ha dubbi: ignora le parole del piccolo insetto nero e fastidioso, lo fa perché qualcosa di più triste gli compare davanti agli occhi.
Quella non è la fioritura di Hakuryuu. Il suo sguardo azzurro non è mai riuscito a nascondere davvero nulla, eppure adesso può quasi vedere delle spine contro la sua pelle, intorno a lui. Non lo cerca con lo sguardo né alza la testa, troppo intento a fissare dalla finestra quelle terre lontane che tra poco diventeranno sue. “Fai quello che Judal ti ha ordinato, Zagan. Vattene”.
Lo dice a voce bassa , ma occorre ben altro per nascondere la voce del suo Re “… se rimanessi potrei chiederti di fare delle cose di cui … di cui probabilmente non andresti fiero”.
Qualcosa gli è accaduto, qualcosa di orribile di cui nemmeno un djinn può essere messo a parte. L’inverno dei loro viaggi, della caduta, dell’esilio non ha ceduto il passo alla primavera del vero imperatore di ritorno al suo paese; ci sono solo nuvole e petali a terra, una stagione nera come quella del sangue alle porte di Alma Torran. Le radici di Hakuryuu adesso affondano nel Magi oscuro e davanti a quella linfa di tenebra il suo cuore vacilla, ma solo per un istante. “Purtroppo per voi non andrò da nessuna parte. Non lascerò il mio Re nemmeno se scendesse Solomon qui, davanti a me!”
Ed è quando finalmente lui si volta nella sua direzione che può concedersi di sorridere. “Se davvero vuoi liberarti di me, ragazzo … fai del tuo peggio”.
Perché, se farai un passo falso, sappi che ci sarò sempre io a sorreggerti.
Prima di sparire dal mondo umano però non riesce a resistere alla tentazione e non appena la sua coscienza è già altrove può godersi gli strepiti di Judal quando si accorge dello sciame di calabroni impazziti appena comparso nei suoi pantaloni.

Quello scheletro putrefatto di Belial un fuori classe? … suvvia, siamo seri …

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Capitolo 27
*** Brand New - Leila ***






Brand New ~ Leila

“Tanti auguri!”
Sahsa ha tenuto il suo regalo per ultimo. Non che non ne conosca il contenuto –non ha trascorso gli ultimi tre mesi guardandolo con cupidigia nei bazar per semplice caso- ma questo particolare riempie di trepidazione il cuore di Leila; decide che non può più attendere oltre e mentre la sua amica si destreggia con i nastri e la carta colorata lei prende la propria conchiglia e compone il numero. Una musica inizia a diffondersi dall’interno del regalo, una musica che ricorda il suono di un flauto e che Leila ha scelto appositamente per far nascere sul viso dell’amica un sorriso nuovo.
Al solo sentire quella melodia Sahsa serra il ritmo, straccia il pacco con ancora maggior foga e le note si fanno più alte quando distrugge l’involucro e la nuova, fiammante conchiglia della Seven Seas trilla tra le sue dita invogliandola a rispondere. “Pronto, chi parla?”
Poi esplodono a ridere, fissandosi negli occhi ciascuna con la propria conchiglia all’orecchio.
Ogni tanto si chiede se la Leila e la Sahsa che dovevano spaccarsi la schiena per prendere l’acqua al pozzo e pulire il letame dei cammelli siano le stesse che raggiungono Balbadd su un tappeto volante e guardano sugli schermi la regina di Artemyra sognando di avere i suoi bellissimi vestiti o quei tacchi vertiginosi. Ci sono giorni in cui la sabbia del deserto sembra solo un ricordo lontano.
“Ehi, chissà se Aladdin e Morgiana hanno anche loro una conchiglia …” chiede d’improvviso Sahsa osservando per un istante il regalo nuovo con un velo di tristezza. “Mi piacerebbe tanto avere il loro numero. Chissà quali fantastiche avventure staranno vivendo!”
Non ha scelto a caso la suoneria.
Ci sono momenti in cui si domanda dove siano i loro amici.
In realtà non ne ha la più pallida idea, ma di una cosa ne è certa. “Staranno facendo senza dubbio qualcosa di magico”.

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Capitolo 28
*** Monstrosity - Seishuu Ri ***






Monstrosity ~ Seishuu Ri

“Non ti facevo così debole” esclama. “Alza lo sguardo”.
Seishun solleva la testa come gli è stato insegnato a corte: le mani incrociate, gli occhi bassi e le gambe piegate a metà. È così che ci si deve rivolgere ai regali.
Ma Seishuu non è un nobile, né un signore. Ha trascorso i suoi anni migliori cavalcando a pelo i destrieri selvaggi delle steppe del Tenzan, ed anche adesso che centinaia di uomini dipendono dal suo comando non si sente degno di un saluto formale come quello che il suo fratellino sta eseguendo alle fioche luci delle lampade ad olio.
Un saluto che serve solo a nascondere uno sguardo di cui lo stesso ragazzo si vergogna. I suoi occhi vagano nervosi sotto i ciuffi, fuggono da quella che a loro appare niente più di una mostruosità. “Mi dispiace, fratellino. Non tornerei indietro per nulla al mondo”.
Il sibilo dei serpenti è forse la cosa più fastidiosa, o forse quella a cui tarderà ad abituarsi; quando gli sono comparsi al posto dei capelli non ha potuto di negare di aver provato timore, ma la sfavillante forza del fuoco che Astaroth gli fa ribollire nelle vene è in grado di cancellare qualunque dubbio, qualunque goccia di debolezza.
Ciò che per il mondo può apparire un mostro, agli occhi di un solo uomo è stato il più grande gesto di devozione.
Seishuu si china –è diventato alto, molto più alto di qualunque altro soldato dell’esercito. E stavolta non per cortesia o per obbedienza, ma solo perché sa di non poter scendere in battaglia sapendo di non avere, se non negli occhi almeno nel petto, l’affetto di suo fratello. “Un giorno anche tu potresti dover fare la mia scelta, Seishun”.
Sussurra, la sua voce anch’essa cambiata dopo la trasformazione. Sembra davvero il sibilo di un serpente, ma basta affinché la testa del ragazzo davanti a lui si muova seppur in modo impercettibile. “E fidati, ti conosco. Quando la nobile Hakuei ti renderà un vero seguace sono certo che, per lei, non esiterai nemmeno un istante”.

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Capitolo 29
*** Fear - Hakuryuu Ren ***






Fear ~ Hakuryuu Ren

Frammenti dai mille colori scivolano sotto di lui, immagini danzanti nel gelido specchio di Valefor. Gli occhi di Hakuryuu vagano in quel caleidoscopio, incapaci di sollevarsi.
Sindbad lo sfida dall'alto, sogghignando per la sua debolezza.
Ha sempre avuto paura di chiedere aiuto, una paura nata dalle fiamme ancora alte sul corpo dei suoi fratelli che non si è mai sopita nemmeno tra le morbide carezze di Hakuei, l'unico terrore quello di deluderla.
I volti scivolano, chiedendogli di scegliere.
Il cipiglio rosso di Kouen è sempre stato in grado di farlo tremare dall'alto di un trono fin nella più putrida delle celle, l'uomo sconfitto e in ceppi a cui è bastato un solo sguardo per schiacciargli tutto il sapore della vittoria. Ha temuto le spire di Koumei, la serpe strisciante nell'ombra del fratello, così come la natura incostante di Kouha.
Sindbad ha previsto ogni cosa, anche quella.
L'uomo che è diventato un dio ride mentre a lui trema la mano nel cercare l'ombra luminosa di Alibabà, la forza di Morgiana, lo strano rispetto maturato per Aladdin. E non appena pensa di affidare ancora una volta la sua vita a Judar anche il suo viso svanisce, ogni cosa trema al pensiero che un giorno anche quel Magi possa stancarsi di lui e le dita rimangono aperte mentre il suo nemico ride beffardo, ride di lui, spingendo nella morsa del ghiaccio il suo orgoglio fino a farlo annegare.
Annegare nel profondo.
Annegare dentro di sé, tra i flussi della sua acqua sporca, dove il terrore guizza come una serpe di mare ed anche la spuma brucia. Ed è lì che la vede.
Piccola ed impacciata nei suoi lunghi abiti, impossibile temerla; la sua ombra profuma di gelsomino e rosa selvatica, l'ha sempre guardata tutt'al più con compassione. Adesso è lì, tra mille altre facce, un'unica mano minuscola che il suo cuore non teme di afferrare davvero forse per la prima volta.
Quando la figura di Kougyoku si manifesta davanti a lui, alta fino al culmine della volta, il ruggito di Vinea scuote il tempio di Valefor fin nel profondo.

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Capitolo 30
*** Rain - Irene Smirnoff ***






Rain ~ Irene Smirnoff

Irene ha fatto la “pioggia che brucia”.
Alexandra le ha tirato i capelli, glieli voleva tagliare tutti. Irene ha avuto paura ed è arrivata la pioggia, poi la sua compagna di giochi è diventata solo carne nera e lei è corsa via.
Alla mamma ha detto che la cattiva Alexandra stava cercando di fare una magia.

Irene fa la “pioggia che brucia”.
Sono i suoi genitori i primi a spingerla sulla pira, a chiedere al falegname dei tizzoni con cui ardere la strega, la stessa strega che ha scacciato i predoni e che li ha guardati con un sorriso, felice di saperli sani e salvi.
L’uomo coi tatuaggi sul volto spenge le fiamme con un solo gesto della mano.

Irene farà la “pioggia che brucia”.
All’accademia hanno dato un nome alla sua magia, ma lei preferisce pensarla così, con quell’espressione da bambina che porta morte. Ballerà nel cielo, ballerà soltanto per lui, solo per quel sogno che hanno costruito e che i Goi si arrogano il diritto di distruggere.
Riderà quando la tempesta di acido e lacrime trasformerà le superbe armature dei Fanalis in polvere.

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Capitolo 31
*** Abyss - Yunan ***






Abyss ~ Yunan

Cosa c’è sul fondo dell’Abisso?
Tazze lucidate con cura, esposte su una dispensa in maniera perfetta, senza che una sopravanzi l’altra. Sono tuoi gli occhi che si riflettono nelle ampolle, nelle finestre, nelle tazze. Vaghi tra di esse col dito puntato, scegliendo la tua preferita tra quelle forme tutte uguali.
Ci sono casse di vestiti nell’Abisso, armadi vuoti e mazzi d’erba appesi al soffitto. Riponi i libri tra gli scaffali con cura, aprendo a caso delle pagine che hai avuto interi secoli per sfogliare.
Ti piace ordinarli per autore.
L’acqua bolle nel paiolo, ne metti un po’ di più perché non si sa mai, potrebbero arrivare ospiti. Sì, ospiti inattesi.
Li annunceranno catene tintinnanti.
L’ombra della Voragine è fatta per nascondere e tu rimani lì, in silenzio, osservando il rimorso giocare a nascondersi dietro l’armadio o sotto il tavolo. Non a tutti è dato di scegliere.
A te sì.
Cosa c’è sul fondo dell’Abisso?
C’è il silenzio di chi non vuole sentire il mondo piegarsi sotto il peso del Re sbagliato, mani sulle orecchie, buio, un’ampolla ti cade tra le mani e sette djinn si specchiano tra le schegge, ridono del tuo compito di guardiano. Raccogli i frammenti. Fanno male.
Ma il mondo soffrirà di più. Giochi a nasconderti insieme al rimorso, eppure lui è più bravo.
Sa sempre dove trovarti perché conosce l’unica risposta che importi. Quella che non vuoi sentire.
La verità è che sul fondo dell’Abisso ci sei solo tu.

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Capitolo 32
*** Brushing - Jinjin ***






Brushing ~ Jinjin

Le dita nodose scivolano tra i Suoi capelli, eleganti come quelle del musico di corte; intrecciano, misurano, compongono e disfanno, scelgono una ciocca per volta e la inanellano con sapienza come se il destino del mondo intero dipendesse dal loro lavoro.
Jinjin non Lo ha mai visto in questo modo.
Lui può dividere il Bene dal Male con un solo colpo di spada e guidare ridendo mille e più uomini alla morte, eppure in questo istante chiude gli occhi estatico, immobile su quelle ginocchia ossute che Lo sostengono, quasi Lo cullano come una bambola.
"Guarda bene ed impara, Jinjin".
La spazzola d'avorio scivola, venera le punte. Le tocca con la riverenza di chi ammira ed obbedisce, la fermezza di chi protegge, guidate dagli occhi incavati di quella donna che nessun servitore di palazzo ha mai visto, una figura derelitta che vive da anni in quella stanza e che solo Lui osa avvicinare e baciare sulla fronte. Perché il suo Re si abbandona solo a lei, lei che in silenzio ordina le forcine e poi le sposta, disegnando l'intero universo in quella chioma rosa che può purificare il mondo.
"Non posso certo portare mia madre sul campo di battaglia. Dunque esigo che tu impari da lei come sistemarmi i capelli in maniera appropriata" dice Lui. Non sposta la testa nemmeno quando un paio di minuscole forbici compare davanti alle sue palpebre per tagliare qualche ciuffo ribelle dalla frangia, totalmente abbandonato in quei gesti misurati che raccontano della solitudine di una donna e del figlio che per lei tingerebbe di rosso anche il soffitto di quella stanza. "Solo i barbari scendono in guerra con i capelli in disordine. Non ti chiederò meno della più assoluta perfezione!"
Jinjin sente il proprio cuore in gola, per l'emozione fissa il pavimento pur di non mostrare il rossore delle guance. Nella sua mente non vi sono soltanto i gesti e la spazzola, i minuscoli tagli e le forcine, ma vi regna ogni sguardo, ogni istante di quel piccolo rito a cui, se non si chiama Amore, non saprebbe dare altro nome.
Una scintilla di quel piccolo mondo è stata porta a Lei, che tutto l'impero chiama "peccatrice". Ma, dalle Sue mani, quella scintilla potrebbe splendere così tanto da far impallidire il cielo intero. "Non la deluderò, nobile Kouha".

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Capitolo 33
*** Chance - Nerva Julius Caesar ***



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Chance ~ Nerva Julius Caesar

Lui non è come quel vecchio arrugginito di Ignatius, né come quella femminuccia del nuovo Magi, così lontano dal genio senza limiti della nobile Scheherazade.
È per questo che lo hanno scelto, perché “arrendersi” non è una parola compresa nel suo dizionario.
Fissa i suoi avversari uno ad uno, con quelle espressioni vuote che sognano solo di tornare al flusso dei Rukh. Un esercito di marionette avrebbe molta più vita.
Lo hanno chiamato perché lui non è come loro, non si è piegato alle lusinghe di quel Sindbad nemmeno per un istante; quel bamboccio sindriano ha giocato con il loro impero come un gatto col gomitolo e quasi gli viene da ridere al pensiero del nuovo Magi e dei suoi muscolosi Fanalis imbrigliati in quella rete che si sono tanto impegnati ad evitare. Si sono mantenuti neutrali, riempiendosi la bocca di pacifismo davanti al Senato, e adesso danzano tutti sul palmo della sua mano.
Lui, invece, non ha mai smesso di lottare. Judal si è dimostrato l’ennesimo marmocchio con tanta magia e poco senso pratico, ma almeno ha creduto nella sua lotta, nelle sue emozioni, nell’andare contro tutti, patrizi e plebei. Quelli che gli altri chiamano “fallimenti”, lui le chiama “opportunità”.
Opportunità per sorgere di nuovo e dimostrare il proprio valore.
Opportunità di essere lì, in quel momento, quando quattro ragazzini “speciali” vogliono salvare il mondo e vi è solo lui, solo Nerva Julius Caesar a coprire la loro unica via di fuga.
Vengano migliaia di avversari, lui è pronto ad affrontarli.
Venga Sindria, venga Reim, venga Kou con tutti i suoi vassalli. L’occasione della sua vita è adesso, con il mondo in frantumi ed il destino come frammenti disordinati di un mosaico dei tempi andati sparsi ai suoi piedi. “Dimora nel mio corpo …”

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Capitolo 34
*** Slumber - Sharrkan ***



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Slumber ~ Sharrkan

Chi sei tu che, spada alla mano, inciampi nei miei pensieri più segreti?
Abbiamo la gioia a portata di mano, e tu la rifiuti. Abbiamo un futuro senza ingiustizie, senza disparità, senza principi in esilio per la sola colpa di non essere nati per primi, e tu lo getti nelle fiamme.
Stiamo tornando al Rukh, e tu ti opponi.
Forse sono soltanto un sentimentale a concederti questo duello, forse perché due uomini mostrano le proprie ragioni solo con la spada. Ovunque tu ti sia allenato so che potresti persino eguagliarmi e battermi, ma non siamo qui per vincere con le armi. Sono le nostre idee a duellare su questa piazza, ed intendo mostrarti la gioia del Rukh: saremo noi due insieme, il maestro ed il suo allievo, a giungere nel mondo che Sindbad ha creato per cancellare le nostre perdite. Non voglio sconfiggerti, voglio guarirti.
Non mi guardare con quegli occhi infuocati, Alìbabà.
Perché più ti guardo e più mi sembra di essere sprofondato in un sonno senza risveglio.

 

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Capitolo 35
*** Standing up - Kouen Ren ***



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Standing up ~ Kouen Ren

Dicono che vi si abituerà. Un passo alla volta, possibilmente con un bastone.
La casa che hanno costruito per loro è una baracca che puzza di sterco di maiale, ma durante le campagne al seguito di suo padre ha dormito anche sotto le stelle con l'odore della morte, del sangue e delle budella di amici e nemici.
Dicono che vi si abituerà.
Poggia le mani sulla tinozza, cercando di capire se sia meglio entrare prima con la gamba buona o con quella di legno. La vasca improvvisata cigola sotto il suo peso e l'acqua gli mostra un viso stanco ed accigliato, dai capelli divisi in ciocche sporche e più rughe di quante ricordasse; una faccia incapace di scoccare anche la più basilare delle occhiatacce visto che Koumei, apparso chissà come alle sue spalle, non mostra di voltare i tacchi.
"Ce la faccio da solo" ringhia.
"Se ce la facessi non avresti mandato via Kouha con quella scusa pietosa" gli risponde suo fratello, troncando la sfuriata che sta per nascere con la sicurezza di chi, in quel momento, sa di possedere l'ultima parola senza però desiderarla. Gli viene accanto, porgendogli il braccio, e in quel momento Kouen si accorge di quanto suo fratello sia dimagrito, pallido mentre la ferita inflittagli dalla lancia di Takeruhiko ancora stenta a rimarginarsi.
Dicono che vi si abituerà.
Fare perno sulla spalla di Koumei si rivela una pessima idea: suo fratello non regge il peso del corpo unito a quello del braccio di legno e cade all'indietro, trascinandolo con sé insieme alla tinozza e all'acqua gelida. Si ritrova a tossire per quel bagno improvvisato, cercando di rialzarsi con soli due arti funzionanti, odiando il pensiero di aver bisogno di un bastone per non rimanere per terra a strisciare come un cane zoppo.
Dicono che si abituerà alla debolezza ed al silenzio, a vedere Koumei impazzire lentamente senza qualcosa da leggere o Kouha menare fendenti lungo la spiaggia contro nemici immaginari, avversari che hanno tutti il volto e la voce di Sindbad.
Dicono che si abituerà a questo e ad altro ancora, ma la gente dice cose prive di senso.
Conficca la mano contro una parete finché le sue dita non trovano una fessura, una sottile crepa tra i mattoni di fango cotto. Ve le infila fino ad essere sicuro che sanguinino, poi ascolta con piacere il dolore propagarsi da esse e dalle unghie divelte finché in qualche modo non riesce a rialzarsi da solo, ancora zuppo e scompigliato. Il sorriso complice di Koumei gli risponde di rimando, un appiglio ben più saldo di qualsiasi gamba o braccio.
Le voci dicono che si abituerà, ma sono solo parole lasciate serpeggiare dal loro nemico e lui non ha mai prestato attenzione a ciò che mormora la gente. Si abituerà al fango ed alla menomazione, all'esilio ed al silenzio.
Così, quando tornerà, non vi sarà più nessuno in grado di fermarlo.

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Capitolo 36
*** Second Sons - Sahbmad Saluja ***



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Second Sons ~ Sahbmad Saluja

“Sono davvero mo-molto interessato ma su … suppongo di n-non essere la persona più adatta. D-dovreste parlarne direttamente con m-mio f-fratello”.
“Ma io lo sto chiedendo a voi, altezza” mormora il suo interlocutore. Il ragazzo –sempre che sia giovane. Sahbmad trova davvero difficile determinare l'età degli abitanti di Kou- fa un cenno del capo e dei coppieri versano loro del the. Il Viceré inspira l’aroma esotico che si alza dalla tazza di fine porcellana bianca, osservando i servitori, le guardie e la mobilia sfavillante della cabina di quella nave appena attraccata nel porto che emana una scheggia di perfezione in grado di far sembrare la sala del trono di Balbadd un postribolo intasato di sabbia. Si chiede se sia stata questa cartamoneta, questo “Huan”, a garantire al giovane mercante tanta ricchezza.
Quello si accorge del suo sguardo e, con incredibile naturalezza, sferra l’inaspettato colpo basso. “Credevo che il parere del Viceré avesse un certo peso presso le orecchie del sovrano di Balbadd”.
E, per quelle parole, Sahbmad Saluja, Viceré di Balbadd, secondo figlio di Rashid Saluja, ha in risposta soltanto il silenzio.
Sono i battiti del suo cuore l’unico rumore, gli stessi che riempiono il salone delle udienze quando il popolo fissa attonito lo scranno vuoto, quello su cui suo fratello Ahbmad si rifiuta di sedere per non avere sotto il naso il tanfo della plebe. Sono gli stessi battiti che rintoccano dopo un’esecuzione come quella del giorno prima, con una donna decapitata per aver rubato un orcio d’acqua dalle cucine del palazzo.
È lo stesso cuore che vibra davanti a meraviglie come gli Huan, i soldi di carta che quel giovane mercante sta cercando di convincerlo ad introdurre a Balbadd, agli strumenti metallici ed a tutti quei sogni là fuori, nel mondo, che la sua paura non riesce a rincorrere né la sua lingua tremula a pronunciare. La verità uscita dalle labbra di quel ragazzo lo spinge ad alzarsi, a porre fine a quella discussione, anche solo a trovare una via di fuga. “S-sono soltanto il s-secondogenito del re. C-certe cose n-non posso affrontarle” risponde, alzandosi in piedi.
“Comprendo, altezza. Ma permettetemi di darvi un umile parere” mormora, alzandosi a sua volta onorando il congedo. “Proprio perché siete il fratello del re dovreste sapere che, prima o poi, il vostro regno vi reclamerà. Siete voi e soltanto voi a poter aiutare re Ahbmad, a farlo diventare il sovrano che il popolo desidera …”
Sorride per poi portarsi un ventaglio quasi a livello della bocca “… oppure a fermarlo prima che commetta un’idiozia irreparabile. Mi rendo conto che possa sembrare molto pretenzioso da parte di un semplice commerciante, ma vi chiedo di riflettere sul mio suggerimento”.
Sahbmad d’improvviso ha un leggero senso d’inquietudine, come se lo straniero dagli zigomi coperti da lentiggini stia cercando di scavare dentro di lui e di metterlo alla prova, quasi come un corvo di strani presagi. “Dopotutto ho una certa esperienza in fatto di fratelli … ingombranti”.





Ok, ammetto che questa sia venuta lunga e non facilissima da comprendere. In realtà ho provato a riassumere in una drabble una one-shot che avevo in mente diverso tempo fa con il confronto tra i due secondi principi più fighi della saga (dite che sto escludendo Sharrkan o Hakuryuu? Ho volutamente usato il termine "più fighi"...) in un piccolo incontro-scontro. Sapendo che ovviamente non troverò mai il tempo né l'ispirazione per mettere tutto nero su bianco a questo punto ho deciso di riciclare l'idea e buttare giù una drabble su Sahbmad che, a mio parere, rimane un ottimo personaggio che ha raccolto le mie simpatie. Ovviamente in una drabble non posso riassumere una storia più lunga ed il risultato è un po' pietoso, ma questo è uscito fuori ...

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Capitolo 37
*** Doctor - Marga ***


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Doctor ~ Marga

Ti applaudono tutti, nessuno escluso. Persino quei membri della commissione a cui non sei andata molto a genio nel corso degli ultimi anni si alzano in piedi rivolgendoti un semplice accenno col capo.
Ti basta.
Non senti nemmeno il voto della proclamazione, non quando lo scrosciare delle mani sommerge il tuo piccolo, immenso mondo fatto solo di quella corona d’alloro che vuol dire tutto.
Sei diventata ciò che sognavi, Marga. Complimenti.
Lui è in prima fila. Guardalo, perché sta per esplodere in lacrime più di te. Il tuo piccolo, estroso, testardo, rumoroso, sognante, incontrollabile, cocciuto e imprevedibile salvatore sta teso come la corda di un arco, pronto a scattare verso di te e buttarti le braccia al collo prima che chiunque altro ti reclami. Lui che ha creduto in te quando scagliavi i libri per la stanza, sicura di non poter mai passare questo o quell’esame.
Hai venticinque anni, lui quindici e poco più. E continuerà ad avere quell’aspetto in eterno, qualunque cosa tu faccia per cambiarlo.
Anche quando i tuoi capelli saranno bianchi, le dita nodose e le ginocchia deboli lui sarà sempre il ragazzo che hai conosciuto a Magnostatd. Colui che è più di un dio, se un dio davvero è mai esistito.
Molti lo chiamano Amore, ma per te non è questione di sciocchi sentimenti da ragazze innamorate o donne con più o meno esperienza: ora che sei un medico sai guardarlo negli occhi con coscienza, perché lo riconosci. Lo vedi mille volte, anche quando non è lì.
Lui è Vita, e Vita soltanto.
Ciò che lui ti ha offerto una volta, adesso tocca a te farlo risplendere.

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Capitolo 38
*** Time - Zayzafon ***



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Time ~ Zayzafon

Chi dice che il tempo corre è un idiota.
“Non dubito della tua spada, amico mio …”
Amico mio. Così adesso lo chiama il suo re. “… ma della mano che la impugna. Non posso affidarti il comando del settimo reggimento, lo sai”.
Il tempo galoppa su un cavallo da guerra. Lo doma e batte gli speroni, dritto verso la battaglia.
Al suo passaggio scorrono fiumi di sangue. “Capisco, maestà. Come si suol dire … largo ai giovani, giusto?”
Ha salito quegli scaloni quattro a quattro durante la guerra contro Reim, lottando contro le proprie forze per gridare al suo re che avevano vinto e la città di My’arim era stata riconquistata. E li ha attraversati con passo fermo, tacco dello stivale contro il pavimento, diversi anni dopo, per trascinare un viscido traditore ai piedi del sovrano.
“Sapevo che avresti capito, amico mio”.
Il problema dei gradini non è la salita, come pensano tutti gli idioti. È durante la discesa che le articolazioni iniziano a cedere. Un bastone sarebbe un valido ausilio, ma si taglierebbe entrambe le gambe piuttosto che far vedere alla corte di Parthevia che il generale Zayzafon non ha più l’età ed il fiato per salire tre stupide rampe di scale. I giovani ufficiali vanno e vengono, con le loro divise così impeccabili che fanno persino dubitare che un campo di battaglia l’abbiano mai visto.
Lui, la propria, l’ha fatta solo rammendare. Si farà seppellire con essa, parola sua.
“Generale Zayzafon, i miei rispetti!”
Un giovane decorato si stacca dai suoi compagni, facendogli il saluto militare. Tacco, punta, squisitamente impeccabile. Nemmeno uno dei suoi capelli verdi è fuori posto. Farà carriera, il principino. “Quando potrei rubarle qualche ora del suo tempo?”
“Ho ottantatré anni, ragazzo. Dovrai sbrigarti, o una mattina potresti non trovarmi più. Il tempo galoppa, non te l’hanno detto?”
“Certo che lo so, generale …”
Mormora, ma sotto il naso appuntito vi è un sorriso che non può ignorare “… però potrei avere tra le mani proprio le redini giuste per questo genere di cavaliere. Ne potremmo discutere stasera, cosa ne pensa?”

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