Dancing to the rhythm of our heartbeats

di _Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***
Capitolo 4: *** Atto IV ***



Capitolo 1
*** Atto I ***









 

 

Agosto

Kala spalancò gli occhi una volta arrivata all'ingresso dell'Accademia della Staatsballett Berlin, la più importante compagnia di danza della Germania, nonché una delle più prestigiose a livello internazionale.
Se vent'anni prima, quando a quattro anni aveva cominciato a prendere lezioni di danza, le avessero detto che sarebbe arrivata fin lì non ci avrebbe creduto. Sapeva di essere brava, ma era sempre stata timida e modesta di natura, quindi quello che era successo un mese prima era stata una sorpresa bellissima per lei…

Un mese prima

L'ultima piroetta, si disse Kala, mentre si dava l'ultima spinta, con le braccia sollevate, perfettamente in posizione.
Poggiò il piede a terra, scendendo finalmente dalle punte, proprio nel momento in cui il pubblico si alzava per applaudire.
Buttò fuori il fiato che aveva trattenuto e si inchinò velocemente, per poi raggiungere i suoi compagni dietro le quinte. La piccola compagnia di Mumbai di cui faceva parte stava organizzando quel saggio estivo da tantissimo tempo, e a lei era stata assegnata una delle parti più importanti, quindi sperava di averla eseguita bene.
Dopo il discorso della sua insegnate, uscirono tutti sul palco e tenendosi per mano si inchinarono di nuovo tutti insieme. Kala scorse tra il pubblico i suoi genitori e sua sorella Daya, e sorrise nella loro direzione. La strada che aveva scelto – fare la ballerina – era completamente diversa da quello che faceva suo padre, ma nonostante questo la sua famiglia l'aveva sempre sostenuta nella realizzazione del suo sogno.
Quando tutti cominciarono ad allontanarsi, si avviò verso di loro, ma prima che riuscisse a raggiungerli fu fermata da un uomo. Era un uomo sicuramente non indiano, tra i cinquanta e i sessant'anni, con i capelli castani e gli occhi chiari nascosti da un paio di occhiali con la montatura nera.
«Kala Dandekar, giusto?»
«Sono io» rispose lei, un po' titubante. Quell'uomo aveva una faccia vagamente conosciuta, ma non riusciva a capire dove l'avesse visto.
«Sono Juan Ignacio Duato Bárcia, ma forse mi conosci come Nacho Duato» disse lui, sorridendo.
Finalmente le si accese la lampadina. Kala aveva visto delle sue foto su internet perché spesso si ritrovava a guardare i video delle coreografie create da lui.
Si limitò ad annuire, chiedendosi cosa volesse uno come lui da una come lei.
«Da alcuni anni ormai dirigo la Staatsballett a Berlino, e sto cercando qualche nuova ragazza da preparare per la compagnia… sono a Mumbai da circa una settimana per alcuni affari e ho deciso di rimanere fino a questo spettacolo per vedere se ci fosse qualcuno adatto, e lei, Kala Dandekar, sembra promettente.»
«La ringrazio, signore» riuscì a dire, ancora incredula.
«Non mi ringrazi, mi dica che verrà a Berlino con me. All'Accademia avrà vitto e alloggio finché non entrerà ufficialmente nella compagnia, la prenda come una specie di borsa di studio.»
Parto subito, pensò, ma disse: «Devo parlarne con la mia famiglia...»
«Certo. Le do un mese di tempo per fare ciò che deve qui. La aspetto ad Agosto, signorina Dandekar, spero di rivederla.»
A questo punto le mise in mano un fascicolo di presentazione dell'Accademia, chinò il capo in segno di saluto e se andò.
Kala guardò i fogli tra le sue mani, metabolizzando quello che era appena successo. C'erano varie ragazze brave nel suo corso, eppure Nacho Duato aveva notato lei. Frequentare un'Accademia così importante sarebbe stato un grande passo avanti per lei, e magari essere una ballerina non sarebbe stato più un sogno ma il suo lavoro.
Sentì qualcuno che la tirava per il braccio: sua sorella Daya. «Kala, chi era quel signore?»
«Nacho Duato.» mormorò lei. «Nacho Duato.» ripeté più forte, sorridendo, orgogliosa di se stessa.
«Nacho che?»
«Te lo spiego a casa, va bene?»

«E così questo Nacho...» cominciò Daya, dopo il suo racconto.
«Nacho Duato» la aiutò Kala, a metà tra l'esasperata e il divertita.
«Ti ha offerto un posto?»
«Esatto» annuì lei.
«È meraviglioso, tesoro» intervenne sua madre, poggiandole una mano sulla spalla. Ovviamente era un po' triste e spaventata all'idea che Kala si allontanasse così tanto da casa, ma se ciò la rendeva felice…
«Tu che ne pensi, baba?» chiese, guardando il padre, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
«Sono felice per te, ovviamente, Kala, ma non posso negare che mi preoccupa il fatto che tu vada a Berlino da sola.»
Erano tutti e quattro seduti al tavolo della cucina in casa, da quando erano tornati dal saggio e Kala aveva detto loro dell'incontro con Nacho Duato. Si alzò dalla sua sedia e raggiunse il padre. «Lo so. Ma questa è una grande opportunità per me.»
«Ci chiamerai spesso?»
«Tutti i giorni, se necessario» rispose lei, sorridendo.
«E allora d'accordo. Dopotutto hai ventiquattro anni, non posso costringerti a–»
Kala lo abbracciò prima che potesse finire. «Non ti deluderò.»
«Non lo hai mai fatto.»


Kala sorrise al ricordo, e scrisse per messaggio ai suoi genitori che era arrivata.
Bussò, e un minuto dopo si ritrovò davanti una signora con gli occhiali.
«Kala Dandekar?»
«Sono io» rispose, provando un certo deja-vù.
«Il signor Duato ti aspetta» le disse, spostandosi dalla soglia per farla passare.
La accompagnò fino allo studio del direttore, mentre lei si guardava attorno affascinata, intravedendo attraverso le porte aperte le aule dove i ballerini facevano le prove.
Una volta entrata, Nacho Duato le strinse la mano. «È un piacere vederla, signorina.»
«Il piacere è tutto mio.»

 

+
 

Sei mesi dopo

«Hai imparato veramente in fretta, Kala» le disse Nacho, camminando al suo fianco. L'aveva aspettata per parlarle dopo la lezione. Ormai la chiamava per nome e le dava del tu, come a tutti gli altri membri della compagnia.
«Ce la metto tutta» ribatté lei, sentendo dentro di lei una punta di orgoglio. Pur essendo arrivata da poco, e senza provenire da famiglie o scuole prestigiose come altri, era riuscita a distinguersi.
«Con l'anno nuovo, anche se è arrivato da un mesetto, mi piace dare spazio ai nuovi ballerini. Come sai organizziamo tutti gli anni uno spettacolo di primavera….» sorrise. «Sto preparando una coreografia e voglio che tu faccia da prima ballerina.»
Kala si mise una mano sul cuore. «Non riuscirò mai a ringraziarla abbastanza, per tutto.»
«Puoi cominciare facendomi fare bella figura allo spettacolo.»
«Corro a lezione!» disse lei, annuendo, e si diresse verso la classe pomeridiana, con l'intenzione di fare un po' di stretching prima dell'inizio della vera lezione.
«Ah, Kala, il pianista...» cominciò a dire Nacho, ma lei si era già allontanata.

Una volta arrivata, cominciò i suoi soliti esercizi davanti allo specchio, sciogliendosi poco alla volta, come sempre, mentre si perdeva nel suo mondo passo dopo passo.
Ad un certo punto le sembrò addirittura di sentire della musica.
Aprì gli occhi, e vide, nell'angolo della stanza, dietro al pianoforte, un uomo con i capelli biondi.
Da quanto tempo era lì?
«Lei chi è?» chiese Kala. «E dov'è Brad?»
Brad era il pianista che lavorava all'Accademia da quando era arrivata, un uomo anziano e silenzioso a cui era abituata. Ma evidentemente Nacho aveva pensato anno nuovo, ballerini nuovi e quindi pianista nuovo.
L'uomo alzò gli occhi dai tasti e li fissò nei suoi. Erano azzurro ghiaccio.
«Wolfgang Bogdanow» le sorrise, e lei quasi perse un battito. «Brad è in pensione.»
«Non le hanno insegnato a bussare, signor Bogdanow?»
«L'ho fatto, ma lei era troppo presa dal suo balletto, quindi ho pensato di aiutarla con un po' di musica» rispose lui, ancora con quel sorriso, che un po' la faceva innervosire. «E non mi chiami signore, ho la sua stessa età.»
Kala arrossì leggermente, ma non distolse lo sguardo. «Bene, ora ho finito, quindi può anche andare.»
«E chi suonerà per la lezione?» ribatté Wolfgang. «Mi sa che resteremo entrambi in quest'aula per almeno un'altra ora.»
E così fu.
A poco a poco arrivarono tutti i ballerini coinvolti nello spettacolo, seguiti dall'insegnante e anche dallo stesso Nacho, che doveva mostrare loro per la prima volta la coreografia.
Nacho assegnò a ciascuno un posto, e mise accanto a Kala un ragazzo anche lui indiano – Kala si sorprese di non averlo mai notato prima.
«Rajan Rasal, piacere» le disse lui, allungando la mano.
Il suo cognome le suonava familiare, ma non glielo disse. «Kala Dandekar.»
«Da quanto sei qui?»
«Le chiacchiere più tardi, Rajan» lo richiamò Nacho. «Proviamo prima.»
Il direttore fece un segno con la testa a Wolfgang e lui cominciò a suonare: Kala doveva ammettere che sapeva veramente il fatto suo. Quando suonava la musica le entrava dentro e si sentiva come in un'altra dimensione – ecco perché prima non si era neanche accorta della sua presenza.
Con le indicazioni di Nacho e dell'insegnante, riuscirono ad abbozzare la coreografia in un paio d'ore.
«Come prima prova non è male, ma mi aspetto molto di più da voi. Vi voglio qui, domani, stessa ora» raccomandò Nacho, e poi uscì, seguito dagli altri.
Rajan rimase indietro e la guardò sorridendo. «Ora ci è consentito parlare.»
Kala guardò Wolfgang con la coda dell'occhio: stava mettendo in ordine gli spartiti. «Mi cambio e ti raggiungo, magari prendiamo un caffè» disse a Rajan.
«D'accordo, ti aspetto sulle scale.»
Lei annuì e aspettò che andasse via. Non riusciva neanche lei stessa a capire perché non fosse andata con lui: i suoi piedi sembravano inchiodati davanti al pianoforte.
«Siete stati bravi» disse Wolfgang, alzandosi. «E lo dice uno che non è un grande fan del ballo.»
«Allora perché suoni in un'Accademia di danza?»
«Dovrò pur mantenermi in qualche modo» fece lui, con un'alzata di spalle e un occhiolino. «Ci vediamo domani, Kala» la salutò, dirigendosi verso la porta.
Pronunciò il suo nome in modo strano, quasi accarezzandone le lettere. Lei rispose con un cenno della mano, ma quando lo vide di spalle lo richiamò.
«Signor Bog– Wolfgang» si schiarì la voce. «Hai una macchia sulla spalla.»
Prima non l'aveva notata, visto che era seduto, ma era grande, di colore scuro, marrone tendente al rosso…. come il sangue non più fresco.
Wolfgang si infilò immediatamente la giacca, che prima aveva tenuto in mano, impedendole di guardare meglio. «È solo un graffio» liquidò la cosa, e uscì con passo svelto.
Un graffio non lascia una macchia così grande, pensò lei.

 

+

 

«Dunque» cominciò Rajan quando la cameriera portò loro due caffè. «Da quanto sei qui?»
Kala soffiò sulla bevanda per raffreddarla. Erano seduti all'esterno di un bar piuttosto piccolo, ma era il più vicino all'Accademia. «Sette mesi circa. Però in tutto questo tempo non ti ho mai visto.»
«Non avrai visto nessuno dei ballerini che provano con noi, allora.»
Kala scosse la testa.
«Abbiamo passato un semestre in scambio con la Bayerisches Staatsballett, a Monaco. Nacho pensava che in estate potessimo organizzare uno spettacolo insieme, con entrambe le compagnie.»
«Dev'essere stato interessante.»
«Molto. Anche se mi ha impedito di conoscerti prima.»
Kala sorrise e bevve il suo caffè. Aveva capito di piacere a Rajan: lui era sicuramente un bravo ragazzo, eppure non riusciva a focalizzare la sua attenzione su di lui. Continuava a pensare a Wolfgang e a quella macchia sulla sua maglietta.
Prima che Rajan riuscisse ad invitarla ad uscire di nuovo, il giorno successivo, affermò di dover scappare.
«È stato un piacere, Rajan» disse, allungando la mano con l'intenzione di salutarlo con una stretta di mano.
Rajan le baciò il dorso della mano. «Piacere mio.»
Una volta tornata nella sua stanza – viveva ancora all'Accademia – accese il computer e cominciò a cercare Wolfgang, ma lui era praticamente introvabile.
Cosa nascondeva?

 

«Felix, cazzo, prima di farmi uscire vuoi dirmi che ho la maglietta sporca di sangue?»
«Scusa Wolfie» rispose il suo migliore amico, lanciandogliene una pulita. «Ero troppo impegnato a pensare alla mia» si giustificò.
Wolfgang si tolse la maglietta, che si era leggermente attaccata sul punto dove si era ferito sulla spalla. Emise un verso di fastidio mentre disinfettava il taglio lasciato dal coltello che l'aveva colpito di striscio, prima di attaccarci una benda su. «Così dovrebbe andare» sentenziò, infilandosi la maglietta pulita. «A te tutto bene?»
«Sì» gli assicurò Felix. «Non mi aspettavo che il proprietario di quel negozio fosse così agile.»
Wolfgang ridacchiò. «Se fossimo stati più veloci a scassinare la cassaforte forse saremmo usciti prima che tornasse.»
«Capita anche ai migliori» lo rassicurò l'amico. «L'importante è che abbiamo preso quello che dovevamo, così terremo buono Sergei, mentre organizziamo il grande colpo» disse Felix, abbassando la voce, mettendogli una mano sulla spalla – quella non ferita, fortunatamente.
«Il grande colpo» ripeté lui, pensando a quello che lui e Felix stavano progettando.
La cosa più rischiosa che avessero mai fatto.

 

+

 

Kala prese le sue cose dall'armadietto e si diresse verso l'aula, anche se mancava un po' all'inizio della lezione. Preferiva non entrare all'ultimo minuto, quando si accalcavano tutti sulla porta, e poi le piaceva poter stare un attimo da sola nel posto dove avrebbe ballato.
Purtroppo, però, non era sola.
«Oggi non provi prima dell'inizio della lezione?» le chiese Wolfgang.
«Magari lo avrei fatto se fossi stata da sola.»
«Posso essere silenzioso. Non ti accorgerai neanche di me.»
È difficile non accorgersi di te, avrebbe voluto dire, ma si limitò ad un: «Non ballerò.»
«Va bene» ribatté lui.
Kala cominciò a cambiare scarpe e a legarsi i capelli, ma anche se si era voltata continuava a sentire lo sguardo di Wolfgang su di sé.
«Se c'è qualcosa che vuoi dirmi...»
«Sei molto bella» la interruppe lui, impedendole di finire.
Proprio mentre stava pensando a cosa rispondere, entrarono a mano a mano tutti gli altri.
«È ora» mormorò Wolfgang, e per la prima volta staccò gli occhi di lei per prendere lo spartito.
Durante la lezione, Kala trovò difficile concentrarsi sulla danza e sul suo compagno, anche perché guardando Rajan le sembrava di vedere gli occhi di Wolfgang.
Alla fine, non riuscì a parlare da sola con Wolfgang prima di andarsene, visto che Rajan insistette per accompagnarla al suo dormitorio.
Davanti alla porta, Kala affermò di essere stanca morta, eppure non riuscì a dormire per un po'.
Le parole di Wolfgang le risuonavano nelle orecchie, e rigorosamente con la sua voce.
L'hai visto solo due volte, non fare la ragazzina, si disse lei, ma Wolfgang aveva qualcosa di diverso: in lui c'era qualcosa che la attraeva. C'erano alcuni momenti in cui la faceva innervosire, o imbarazzare, ma in un certo senso le piaceva. Inoltre, aveva sempre avuto un debole per i misteri, e quel ragazzo era un mistero eccome.
Le sarebbe piaciuto risolverlo.

 

Dopo una settimana, però, Kala non aveva ancora scoperto nulla su Wolfgang.
«Ti metto ancora a disagio?» le chiese lui, vedendola entrare nell'aula. Gli piaceva stuzzicare Kala, soprattutto per vedere la sua reazione. Quella ragazza gli era piaciuta dalla prima volta che l'aveva vista.
«Sto cominciando ad abituarmi alla tua presenza» rispose lei. Forse la imbarazzava un po' ogni tanto, ma non era così male.
«Spero che con il tempo riuscirò a starti addirittura simpatico.»
«Questo lo vedremo» disse lei. Voleva mantenere un tono serio, ma non riuscì ad impedirsi di sorridere.
Era la prima volta che sorrideva a Wolfgang, e lui realizzò che aveva proprio un bel sorriso. Stava per dirglielo, ma Kala lo interruppe.
«Da quanto tempo suoni il piano?»
Lui ci pensò su. «Da quando andavo alle medie, più o meno.»
«Avevi un insegnante?»
«Ho seguito qualche lezione. Poi ho studiato da autodidatta» rispose, senza specificare che era stato costretto a studiare da solo, visto che a suo padre non andava a genio che suonasse il pianoforte – roba da femminucce, diceva. Per allontanare il pensiero di suo padre, ma anche perché era curioso, chiese: «E tu, da quanto tempo balli?»
«Da quando avevo quattro anni.»
«Wow» disse lui, ammirato. «Ecco perché sei così brava.»
«Beh, grazie» rispose Kala, sorridendogli di nuovo, stavolta di proposito.
Furono interrotti dall'arrivo degli altri, e per la prima volta a Kala dispiacque non rimanere da sola con Wolfgang. Contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, quella conversazione era stata piacevole. Per rispondere alla domanda iniziale di Wolfgang: no, non la metteva più disagio, anzi...

 

+

 

«Arrivi sempre in anticipo?» chiese Kala, già mentre varcava la soglia, sapendo che Wolfgang era lì. Ormai era più di un mese che lo trovava lì, seduto dietro al piano, prima dell'inizio della lezione.
«Anche tu» rispose infatti lui. «Se non vuoi incontrarmi forse dovresti venire insieme a tutti gli altri.»
«Non ho mai detto che non voglio incontrarti» mormorò lei.
Nel corso del tempo si era effettivamente abituata alla sua presenza, e avevano cominciato a chiacchierare, dalle sciocchezze a racconti sulla città.
Doveva ammettere che alcune volte si sbrigava proprio per parlare un po' con lui. Era strano, normalmente non l'avrebbe fatto, ma con Wolfgang non le pesava, le faceva piacere. Wolfgang riusciva a non farla sentire estranea. Lui le piaceva, non poteva negarlo, ma per ora le andava bene la sua amicizia.
Wolfgang non disse nulla e sorrise. Non era il solito sorriso, era meno ironico e più dolce.
«Oltre alla musica classica sai suonare anche qualche canzone?» domandò Kala, cambiando argomento.
«È una sfida?»
«Se vuoi vederla così.»
Lui rise e cominciò a suonare, mentre lei si avvicinava, appoggiando i gomiti sul piano.
Dopo le prime note, cominciò a cantare a voce bassa. «And I say, hey, hey hey, hey... I said hey, what's going on?»
Kala muoveva la testa seguendo il ritmo, adorava quella canzone, la sentiva da piccola con suo padre.
Al ritornello successivo, si unì a Wolfgang. «And I take a deep breath and I get real high, and I scream from the top of my lungs: what's going on?»
Alla fine della canzone, stavano entrambi ridendo. Le loro teste erano chine l'una verso l'altra.
«È stato molto divertente, grazie» disse lei, pensando che era da un po' che non rideva in quel modo.
«Grazie a te. Sembravo un po' meno stonato quando cantavi con me.»
«Non sei stonato– non troppo almeno» rise lei.
«Grazie di nuovo, credo.»
Si erano avvicinati ancora di più – forse troppo...
«È questa l'aula della lezione di danza moderna?» chiese una ragazza bassina con i capelli biondi, sulla soglia della porta, sporgendo la testa all'interno.
Kala fece un balzo all'indietro, facendo ridere di sottecchi Wolfgang, che però riuscì tranquillamente a rispondere. «No, è quella accanto.»
«Oh, scusate, grazie» disse lei, e se ne andò.
«Non sapevo conoscessi l'Accademia così bene» notò Kala, per distrarsi da quello che era appena successo – o meglio, che poteva succedere.
«Solo questo lato, perché ci suono» ribatté lui, alzando le spalle. «Magari potresti mostrarmi il resto.»
«Dopo la lezione?»
«Perfetto» annuì Wolfgang. Felix avrebbe aspettato, una mezz'oretta non gli avrebbe cambiato la vita. 
Gli piaceva parlare con Kala: era come evadere dalla sua solita routine, fatta purtroppo anche di criminalità, e in quell'aula, quando erano insieme, lui sentiva di poter essere un'altra persona, forse migliore. Kala lo guardava con occhi diversi, perché non conosceva il suo passato e tutto quello che aveva fatto, e per un momento se lo dimenticava anche lui.
Gli piaceva suonare per lei, e guardarla ballare mentre lo faceva, come in quel momento – anche se ballava con Rajan, che era chiaramente preso da lei, però Wolfgang non sapeva che rapporto ci fosse esattamente tra i due.
Semplicemente, gli piaceva stare con lei: sentiva quasi una connessione tra di loro, che lo spingeva a provocarla, a cercarla.
Infatti, dopo il loro primo incontro, aveva cominciato ad uscire prima di casa di proposito, in modo da poterla vedere, arrivando in anticipo.
E niente di quel lavoro gli pesava più come aveva pensato all'inizio...

«Posso offrirti qualcosa per ristorarci dopo la lezione?» le chiese Rajan.
«Scusa, ma ho promesso a Lara di aiutarla con i passi stasera» mentì Kala, sentendosi un po' in colpa per la bugia. Rajan era un bravo ragazzo.
«Non ti preoccupare» disse immediatamente lui, ma si vedeva che era deluso.
«Sarà sicuramente per un'altra volta!» fece lei, e salutò Rajan con un cenno della mano. Non voleva illuderlo, ma non voleva neanche ferirlo dicendogli chiaramente di no. Quando rimase sola nell'aula con Wolfgang, buttò fuori il fiato.
«Sono onorato, dai buca al tuo ragazzo per me?» chiese lui, alzandosi.
«Non è il mio ragazzo» rispose semplicemente lei. «Ma sono comunque una persona orribile, non è vero?»
Wolfgang le si avvicinò e le sfiorò il braccio con la mano. «Ne conosco di persone orribili, e ti assicuro che tu non lo sei affatto.»
Il tono con cui lo disse, e il fatto che la guardasse dritta negli occhi con quelle iridi penetranti le fecero arrivare quelle parole al cuore.
«Grazie.»
«È la verità» disse lui, allontanandosi un po'. «Allora, mi fai fare questo giro?»
Kala annuì sorridendo. Gli mostrò tutte le aule, la mensa – da cui Wolfgang rubò un'arancia – e anche l'ufficio di Nacho, però solo da fuori.
«Meglio non disturbarlo» si giustificò Kala.
«Non vorrei mai mettere in cattiva luce la sua pupilla.»
Kala gli mollò un schiaffetto sulla spalla, al che Wolfgang sobbalzò. Lui cercò di nasconderlo, ma lei se ne accorse comunque.
«Scusa. Avevo dimenticato il tuo graffio» disse, calcando sull'ultima parola.
Wolfgang finse di non farci caso. «Che c'è al piano di sopra?» domandò, e cominciò a salire le scale.
«I dormitori» rispose lei, seguendolo. «Forse è meglio che ci fermiamo qui, alle altre ragazze non piacerebbe se uno sconosciuto passasse davanti alle loro camere.»
«Almeno lascia che ti accompagni alla tua camera» si offrì.
«D'accordo» acconsentì Kala, e continuarono a salire in silenzio.
Arrivati davanti alla porta di Kala, Wolfgang guardò il resto del corridoio, ripensando alle parole della ragazza. «Neanche se fosse uno sconosciuto molto attraente?»
«No» lo fermò lei, ridendo.
«Va bene» si arrese lui, alzando le mani. Finse un'espressione scocciata, ma poi sorrise anche lui. «Però non hai negato che sono molto attraente.»
Kala abbassò il po' lo sguardo, e Wolfgang chinò la testa per cercare i suoi occhi, mentre parlava. «Possiamo non parlarne, ma so che dal primo momento che ti ho vista ti ho desiderata.»
Kala sentiva il cuore a mille, e finalmente lo guardò.
«E in qualche modo, mi sembra che anche tu mi vuoi. Mi sbaglio?»
«Buonanotte, Wolfgang» mormorò lei, aprendo la porta alle sue spalle. Quando la richiuse, si sedette sul letto col viso tra le mani e il battito accelerato. Non si era mai sentita così, e non sapeva come gestire la cosa. In più, Wolfgang sembrava nascondere qualcosa, ed era totalmente diverso dal ragazzo che lei e i suoi genitori avevano immaginato al suo fianco.
Eppure…
No, non ti sbagli, Wolfgang.

 

+

 

«Dove vai, Wolfgang?» gli chiese Felix, facendolo sobbalzare.
«Ho un lavoro, ricordi?»
Felix sbuffò. «Stasera è la grande sera, fratello» sussurrò, mettendogli le mani sulle spalle con un sorriso a trentadue denti. Era proprio emozionato per quel colpo… quella sera avrebbero rubato una cassaforte con diamanti molto preziosi, su cui tra l'altro suo cugino Steiner aveva messo gli occhi da tempo, e avevano solo un'ora per farlo. Dovevano stare molto attenti, sia ovviamente a non farsi beccare, sia con Steiner e suo padre Sergei, che non si sarebbero fatti scrupoli a far loro del male.
«Lo so. Ci sarò» gli assicurò Wolfgang, poi uscì.
Dopotutto gli poteva essere utile suonare per calmarsi un po' prima di quella sera.

Arrivò in Accademia in anticipo come sempre, e si sedette dietro al pianoforte aspettando Kala. Dopo la sera precedente aveva ancora più voglia del solito di vederla.
Non sapeva come interpretare il fatto che era scappata nella sua stanza senza rispondere, perché non gli sembrava che lei non provasse niente per lui. Forse era andato troppo veloce e lei si era imbarazzata? Probabile.
Non aveva mai avuto una relazione vera e propria, solo storie di una notte, quindi non sapeva come comportarsi con una ragazza come Kala.
«Ciao» disse una voce che ormai aveva imparato a riconoscere.
«Ciao, Kala» rispose, prima ancora che fosse entrata. «Tu e le tue compagne avete dormito bene ieri, senza sconosciuti nei corridoi?»
«Benissimo» rispose lei, ridendo. Aveva una risata molto dolce. «Stasera potrei farti vedere anche quella parte dell'Accademia. Magari dopo aver mangiato qualcosa» propose lei. Era stata indecisa fino all'ultimo su cosa dire a Wolfgang, ma non poteva negare a se stessa di volerlo conoscere meglio e di voler trascorrere con lui più tempo di quello che si concedevano prima dell'inizio della lezione.
Wolfgang maledisse il tempismo di Felix. «Kala, credimi, vorrei tanto dirti di sì, ma stasera non posso.»
«Ah» fece lei, mettendosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Sicuro?»
Lui annuì. Gli sarebbe piaciuto uscire con Kala ovviamente, ma di certo non poteva abbandonare Felix. Stavano progettando quel colpo da mesi, ed era troppo importante. «Sì. Ho preso un impegno con il mio migliore amico.»
«Va bene.»
«Mi dispiace.»
«Non devi scusarti» disse lei, scuotendo la testa. «Ho dimenticato le mie cose. Vado a prenderle, mi cambio e torno.»
Wolfgang aprì la bocca per dire qualcosa, ma Kala era già uscita.
Arrivata all'armadietto, Kala si diede della stupida, perché ci era rimasta male. Era possibilissimo che Wolfgang avesse davvero altri impegni, ma le sembrava che stesse di nuovo nascondendo qualcosa…
O forse semplicemente non gli interessava uscire con lei.
Doveva mettere in conto anche questo.
Si cambiò in camera sua e tornò nell'aula solo per l'inizio della lezione, per quel giorno non aveva voglia di parlare con Wolfgang, voleva riflettere. Forse aveva interpretato male i suoi segnali, forse non era interessato ad una relazione, ma solo ad una notte… mille idee si fecero strada nella sua mente, facendole anche perdere la concentrazione durante le prove.
Qualunque fosse la verità, però, lei ormai sentiva qualcosa per Wolfgang, e ne ebbe la conferma quando i loro sguardi si incontrarono per un attimo.
Quando finirono di provare, Wolfgang cominciò subito a mettere a posto le sue cose, più velocemente del solito. Voleva evitarla?
«Devi aiutare di nuovo Lara stasera?» le chiese Rajan, che la stava aspettando come sempre.
«Come?» Poi si ricordò della bugia del giorno prima. «Ah, no, stasera no.»
«Bene, allora potrai accettare la mia proposta.»
Lei guardò Wolfgang uscire di corsa senza degnarla di uno sguardo.
«Sì, va bene» mormorò.

Mentre andava via in macchina, Wolfgang vide Kala scendere le scale dell'Accademia con Rajan.
Sicuramente Rajan sarebbe stato una scelta migliore per Kala, dovette riconoscere con una punta di invidia e di dispiacere.
Gli dispiaceva davvero aver dovuto dire di no a Kala, soprattutto perché non voleva ferirla né farle pensare che lei non significava niente per lui.
Anzi, era riuscita in pochissimo tempo a significare più di molte altre persone.
Scosse la testa, pensando che proprio quella sera non poteva lasciarsi distrarre, neanche da Kala.

 

+

 

Dopo un bel po' di fatica – con in mezzo una pausa davanti alla TV – Wolfgang sentì attraverso lo stetoscopio il tic che indicava che la cassaforte si era sbloccata. La aprì, buttando fuori il respiro che aveva trattenuto, mentre si dipingeva sul suo volto un'espressione di soddisfazione. Suo padre aveva fallito nello scassinare una cassaforte S&D, ma lui, come aveva ripetuto più volte, non era suo padre.
«Hai violato l'inviolabile. Ce l'hai fatta, Wolfie!» esclamò Felix, con le labbra dischiuse che poco a poco formarono un sorriso, alla vista di tutti quei diamanti scintillanti.
«Sì» Wolfgang sorrise insieme a lui, prima di afferrare i diamanti e correre via, proprio mentre Steiner entrava. Ce l'avevano fatta per un pelo, ma era andato tutto bene.
«Ora vedi di trovare un compratore in fretta» raccomandò lui. «Dobbiamo sbarazzarci di tutto prima che Steiner lo scopra.»
«Sto già provvedendo a questo» lo rassicurò Felix. «Ma per ora lasciameli un po' contemplare» mormorò.
Wolfgang rise per la reazione dell'amico, ma lo capiva. Nessuno dei due aveva avuto grandi ricchezze fino a quel momento, quindi non era male avere davanti tutti quei diamanti.

 

Wolfgang e Felix erano nel Garden of Exile, aspettando il compratore che Felix aveva trovato. Avrebbe saltato il lavoro, quel giorno, perché non poteva lasciare che Felix si occupasse della questione da solo.
L'amico era eccitato e fiducioso, mentre lui, come sempre, un po' meno ottimista – infatti ad un certo punto fu anche sul punto di andarsene.
Alla fine, Wolfgang riuscì a convincere l'uomo, un certo Abraham, a comprare la metà dei diamanti: non era quello che avevano sperato, ma di certo era meglio che un terzo, come aveva proposto lui.
In ogni caso, una volta tornati nel loro appartamento, lui e Felix brindarono con una birra mentre ridevano come due scemi alla vista dei soldi appena guadagnati.
Era una bella sensazione.
«E ora ci compriamo delle scarpe nuove!» esclamò Felix, deciso. Questo suo entusiasmo continuò per tutto il giorno, fino a quando andarono a cena in uno di quei ristoranti lussuosi che di solito potevano solo guardare da fuori, e Felix ordinò il vino più costoso che c'era.
Wolfgang pensò che gli sarebbe piaciuto portare Kala a mangiare lì. Era tutto il giorno che lei non gli veniva in mente, ma ora il pensiero lo colpì all'improvviso. Preso dalle emozioni che lo avevano travolto nelle ultime 24 ore, si era quasi dimenticato che Kala l'aveva invitato ad uscire e lui aveva dovuto rifiutare, e quel giorno non era neppure andato all'Accademia… Decise che avrebbe rimediato, sia per scusarsi, sia soprattutto perché lo voleva.

 

+

 

«Ieri non sei venuto» disse Kala, entrando nell'aula.
«Non mi sono sentito tanto bene.»
«Avrai finito tardi con quel tuo amico, immagino.»
Dopotutto non era completamente falso. «Già» annuì. «Però stasera sono libero, e pensavo che potremmo...»
«Sono uscita con Rajan» buttò fuori lei.
Lui smise di parlare e dischiuse le labbra. Non poteva essere arrabbiato con lei – non gli doveva niente ed era stato lui a dirle di no – eppure sentiva una certa amarezza crescere dentro di lui. Doveva aspettarselo, quel Rajan ci provava con lei dall'inizio, ed era stato più sveglio di lui…
«Ma non è successo niente» continuò Kala, cercando di interpretare il suo silenzio. «Se è a quello che stai pensando.»
Wolfgang annuì, senza sapere bene cosa dire. Voleva comunque uscire con lei, ma a questo punto non sapeva se fosse giusto, quindi esitò.
«Dovevo stare zitta» ridacchiò lei, in imbarazzo. «Ora non mi parlerai più?»
Wolfgang finalmente parlò. «Non ci riuscirei mai.»
«Mi piace parlare con te.»
«Anche a me» rispose, ed era vero. Al diavolo, pensò. Aveva scassinato una cassaforte S&D, in confronto cos'era chiedere ad una ragazza di uscire? «Allora ti andrebbe...» cominciò, guardandola negli occhi. «di parlare davanti ad una cena?»
Kala sorrise. Anche se ci sperava, una parte di lei credeva che Wolfgang non glielo avrebbe mai chiesto. Infatti due sere prima, quando aveva detto a Rajan che per ora era meglio se rimanevano solo amici, si era data della stupida, pensando che magari stava rifiutando un bravo ragazzo per uno che non le avrebbe mai dato quello che voleva.
«Credevo che mi stessi evitando» confessò lei.
«Ora sai che non è così» rise Wolfgang. Se solo Kala avesse saputo il perché della sua assenza… ma dopotutto era meglio che non lo sapesse.
Lei annuì. «Facciamo domani?» propose. «È sabato e non ci sono le prove.»
«È perfetto.»


«Ora ho capito perché ti piace tanto questo lavoro da pianista...» ammiccò Felix, dopo che Wolfgang gli aveva parlato un po' di Kala. Aveva fatto qualche accenno a lei, nel mese precedente, ma ora Felix aveva voluto sapere di più, dopo aver sentito che uscivano insieme.
Wolfgang sbuffò e lo colpì piano sulla spalla.
«Allora è una cosa seria?»
«Forse» ammise lui. Prima di allora le sue relazioni con le ragazze non erano andate oltre un'uscita e una scopata, ma non riusciva più a pensare di fare lo stesso con Kala.
Felix lo guardò dritto negli occhi. «Wolfie, provi qualcosa per questa ragazza?»
Wolfgang finse di pensarci. «Beh… non sono cazzi tuoi.» rispose.
L'amico scosse la testa con un'espressione metà di disapprovazione e metà divertita. «Lo prendo come un sì.»
«Vado a dormire» concluse lui, ma sapeva che Felix aveva ragione.
La verità era che era più facile non ragionare sui sentimenti.
Se pensava ai suoi sentimenti, era chiaro che provava qualcosa per Kala, qualcosa che non aveva mai provato.
Ma se ragionava, gli veniva in mente che non era il massimo per Kala uscire con un ragazzo che nel tempo libero faceva lo scassinatore, che la sua vita era un casino, e non poteva permettersi di coinvolgerci nessuno.
Ovviamente non voleva metterla in pericolo, ma – anche se forse lo rendeva un egoista – non riusciva a rinunciare a lei.
Pensò che dopo aver venduto l'altra metà dei diamanti avrebbe potuto mettere un po' d'ordine nella sua vita, e a quel punto sarebbe stato tutto più semplice, anche per lui e per Kala.
O almeno lo sperava.










 



* Nella storia, le vicende che riguardano Wolfgang e Felix nella prima stagione di Sense8 sono mantenute uguali, solo che Wolfgang non è un sensate e invece di stare al negozio di serrature lavora come pianista. Le compagnie di danza esistono davvero, così come Nacho Duato, ma non so se esita un'Accademia o se diano borse di studio, quella è una mia invenzione.

Note dell'autrice:
Sono mancata per qualche mese da EFP, prima perché avevo da fare con la scuola e poi perché mi sono cimentata in quest'idea: mi ci è voluto del tempo per scriverla tutta, ma volevo finirla prima di cominciare a pubblicare qualcosa. È la prima volta che scrivo sul fandom di Sense8, i Kalagang sono la mia OTP, quindi sono un po' in ansia... spero davvero che la storia vi abbia incuriosito e che questo primo capitolo vi sia piaciuto – il prossimo arriverà tra una settimana circa.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e che mi lasceranno qualsiasi parere, sicuramente apprezzato 
A presto,


 

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Capitolo 2
*** Atto II ***









 

Kala si guardò nello specchio, pensierosa. Voleva prepararsi per l'appuntamento con Wolfgang, ma sapeva che probabilmente qualsiasi trucco si sarebbe rovinato durante le prove.
Sbuffò, optando per qualcosa di semplice: un velo di blush sulle guance, mascara, e un po' di matita – pregando che non si sciogliesse.
Infilò il vestito da mettere nella borsa: se lo sarebbe messo dopo la lezione, ora doveva tenere la tuta.
Era emozionata all'idea di quell'uscita. Non era il primo appuntamento della sua vita, ma ci teneva particolarmente. Aveva sperato che Wolfgang le chiedesse di uscire, e ora che l'aveva fatto voleva che andasse tutto bene.
Non voleva farsi illusioni, ma doveva ammettere che nel profondo desiderava veramente che lei e Wolfgang non si fermassero al primo appuntamento.
Concentrati prima su stasera, si disse, al poi ci penserai dopo.
«Cominciavo a pensare che non saresti venuta, mi stavo preoccupando» le disse Wolfgang, quando entrò nell'aula.
Kala guardò l'orologio: tra la preparazione e i suoi soliti mille pensieri, non era arrivata in anticipo come al solito, ma appena cinque minuti prima dell'inizio della lezione.
«Prendila come una vendetta per il giorno in cui sei sparito» buttò lì lei, alzando le spalle.
Wolfgang le sorrise. Quella ragazza trovava sempre il modo di sorprenderlo. «Va bene, ora siamo pari» sollevò le mani, e poi ne porse una verso di lei, alzandosi in piedi dietro il pianoforte.
Kala finse di guardarlo con sospetto, e poi la strinse. Fu come prendere la scossa.
«Signor Bogdanow, è un piacere vederla con una camicia, finalmente!» esclamò Nacho Duato, facendo spaventare entrambi. Lui era sempre elegante, e gli piaceva quando lo erano anche tutti coloro che si trovavano nella sua Accademia.
«Grazie, credo» rispose Wolfgang un po' imbarazzato, passandosi una mano dietro la nuca.
Sentì immediatamente lo sguardo di Kala su di sé, che scendeva dagli occhi in giù. La maggior parte del tempo stava seduto dietro al pianoforte, quindi Kala approfittò di quel frangente. Riflettendoci era vero, di solito indossava sempre T-shirts – per lo più nere – mentre ora portava una camicia celeste, perfettamente abbinata ai suoi occhi.
Wolfgang notò che lo guardò finché non si risedette e sorrise: lui tenne gli occhi su di lei per tutte le prove, quindi erano pari anche in questo caso.

Kala e Wolfgang aspettarono che tutti uscissero la sala, fingendo di star facendo cose diverse, per non far capire che uscivano insieme. Non volevano farlo sapere a tutti, e Kala soprattutto non a Rajan.
Kala entrò nel piccolo bagno dell'aula, si cambiò, si ravviò i capelli e uscì poco dopo.
Wolfgang aveva appena finito di mettere gli spartiti nella valigetta, e si girò giusto in tempo per vedere Kala pronta.
La ragazza indossava un vestito lungo fino al ginocchio, di colore turchese, con una sfumatura viola sulla parte superiore. Aveva i capelli tutti messi da un lato, riuniti in una grande ciocca ondulata.
Wolfgang dischiuse le labbra, ma non gli venne subito in mente un complimento adeguato. «Sei bellissima» riuscì a dire.
Kala sorrise e spostò lo sguardo verso il basso per un attimo. Lui la raggiunse in due lunghe falcate e le prese la mano. «Andiamo?»
«Volentieri.»
Uscirono dall'Accademia guardandosi alle spalle, ridendo.

Wolfgang aveva scelto un ristorante non troppo distante, che non fosse né esageratamente lussuoso – non voleva risultare esagerato – ma comunque di tutto rispetto.
Quando erano quasi arrivati colse lo sguardo di Kala di nuovo su di sé.
Kala aveva avuto poche occasioni per guardarlo bene in piedi, e doveva ammettere che visto nel complesso Wolfgang era ancora più bello.
«Pensavo mi avessi guardato abbastanza prima della lezione» la provocò lui, continuando a camminare, ma voltandosi nella sua direzione.
«Non ho guardato.»
«Sì» ribatté lui, annuendo, con quel suo sorriso malizioso. «Hai guardato prima e stai guardando adesso.»
Kala distolse subito lo sguardo. «Non è vero.»
Il sorriso di Wolfgang si allargò, però non aggiunse altro, limitandosi ad ammiccare.
«Entriamo, dai» disse lei, arrossendo, accelerando il passo verso il ristorante.
Si accomodarono al tavolo che Wolfgang aveva prenotato e ordinarono. Lui chiese il vino che gli aveva consigliato Felix.
«Brindo all'arrivare in anticipo.»
Kala sembrò d'accordo e sorrise. «Cin» rispose, avvicinando il bicchiere al suo.
Dopo le tipiche frasi di circostanza – è bello qui, si sta bene, buono questo piatto – cominciarono a parlare in maniera piacevole, liberamente, anche perché non c'era nessuna lezione che stava per iniziare ed avevano tutto il tempo per loro.
Wolfgang le chiese di più su come era arrivata a Berlino, Kala gli parlò della scuola di danza, dell'India, della sua famiglia.
«E sulla tua famiglia che mi dici?»
A Wolfgang quasi andò il boccone di traverso. Era una domanda normalissima, peccato che la sua famiglia era l'argomento peggiore di cui parlare. Avrebbe potuto inventarsi qualsiasi scusa, ma decise di dire la verità – una specie, almeno. «I miei genitori sono morti» disse, laconico. «Mio padre era uno stronzo, non dispiacerti» aggiunse, vedendo l'espressione dispiaciuta di Kala.
«Non hai nessun altro?»
«Ci sarebbero mio zio e mio cugino, però...»
«Sono stronzi anche loro?» azzardò Kala, facendo ridere Wolfgang, per il modo in cui aveva pronunciato stronzi, abbassando la voce.
«Hai colto nel segno» annuì lui. Non era mai riuscito a pensare alla sua famiglia senza infuriarsi, ma la presenza di Kala riuscì a tenere a freno il rancore che sorgeva in lui. «L'unica persona che ritengo famiglia è il mio migliore amico, Felix. Ci conosciamo fin da piccoli e ormai è come se fosse mio fratello.»
«Dovresti presentarmelo, una volta» disse Kala, sorridendo.
«Penso che gli piaceresti. Ma ti direbbe sicuramente che sei troppo per me» rise. «Forse non avrebbe neanche tutti i torti.»
Kala gli toccò la mano sul tavolo. «Lascia che sia io a deciderlo.»
Quella era la conferma che era vero.
Spostarono la conversazione su argomenti più leggeri, l'Accademia, il pianoforte, la danza…. e il tempo passò in un battito di ciglia.
«Ti accompagno all'Accademia» disse Wolfgang. «Non accetto un no come risposta» precisò, prima che Kala potesse rifiutare. Non voleva farla tornare da sola, e comunque ogni occasione era buona per trascorrere un po' di tempo in più con lei.
Continuarono a parlare, passando da un argomento all'altro, come se si leggessero nel pensiero.
«Quando rientriamo dopo la chiusura delle porte vengono ad aprirci, quindi ci salutiamo qui» spiegò Kala, una volta arrivati alle scale che precedevano l'ingresso dell'Accademia.
Kala aveva già salito due scalini, lui era al livello della strada, quindi avevano più o meno la stessa altezza.
Wolfgang guardò le sue labbra. Voleva baciarla.
Non correre.
«Ci vediamo lunedì» disse Kala, esitando, come se si aspettasse qualcosa o fosse indecisa su cosa fare. Alla fine, si avvicinò e gli sfiorò la guancia con le labbra, poi si voltò e proseguì per le scale.
Wolfgang salì quattro scalini con due passi, in modo da trovarsi di fronte a lei, e la baciò ad un centimetro dalla bocca. «A lunedì.»
«Devi sempre avere l'ultima parola, eh?» sussurrò lei, sorridendo.
«Sempre» rispose, facendole l'occhiolino prima di scendere le scale e avviarsi nel buio della sera, felice come non si sentiva da tempo.
Kala lo guardò finché poté, poi entrò in Accademia, ma il suo pensiero rimase con Wolfgang.

 

+

 

Wolfgang entrò in Accademia sorridendo. Il giorno precedente si era occupato di alcuni affari con Felix per trovare un secondo compratore per i diamanti, ma aveva comunque trovato il tempo di scrivere qualche messaggio a Kala.
«Ehi» lo salutò lei, sbucando da dietro l'angolo come se lui l'avesse chiamata con il pensiero.
«Ora ci incontriamo ancor prima di arrivare in aula?» scherzò lui.
«Magari se uscissimo di nuovo potremmo cominciare ad arrivare un meno in anticipo.»
Kala usò un tono ironico, ma intendeva davvero quello che aveva detto. Se tra lei e Wolfgang poteva cominciare qualcosa, non vedeva perché non cogliere l'occasione.
«Non riesci a stare lontana da me, eh?»
Lei gli mollò un leggero pugno sul braccio.
«La cosa è reciproca, se ti consola» le sussurrò Wolfgang, ed era sincero. «Ti va di andare ad un bar domani sera? Ci sarà anche Felix, magari te lo presento.»
«Mi piace l'idea» rispose lei. Se Wolfgang voleva anche presentarla al suo migliore amico voleva dire che la considerava una qualsiasi.
«Si fa anche il karaoke» continuò lui, mentre entravano nell'aula e sistemavano le loro cose. «Potremmo replicare il nostro duetto di What's going on.»
Lei ridacchiò. «Vedremo.»
Wolfgang cominciò a suonare qualche nota della canzone, e Kala si sedette accanto a lui, osservando i suoi movimenti. Le sue mani avevano dei graffi sulle nocche, come se venissero usate per lavori duri. Era strano come delle mani così riuscissero a muoversi in maniera veloce e aggraziata e produrre musica.
«Vuoi provare?» chiese lui, cogliendo il suo sguardo.
«Non ho mai toccato uno strumento.»
Wolfgang le mise una mano sui tasti. «Fai quello che faccio io.»
Kala riuscì ad azzeccare qualche nota; ovviamente non riusciva a mantenere il ritmo esatto di Wolfgang, ma fu comunque divertente.
Ad un certo punto le loro mani si scontrarono, giunte a metà della tastiera. Wolfgang prese la sua e ne accarezzò il dorso con il pollice.
Nonostante il loro aspetto, le sue mani avevano un tocco molto dolce.
«Per ricambiare dovrei insegnarti qualche passo di danza.»
«Sto bene così» rise lui.
«Stai perdendo una grande occasione» disse lei, alzandosi e avviandosi verso il centro dell'aula, sempre tenendogli la mano.
«Preferisco guardare te» rispose lui, lasciandola andare.
Lui tornò alla sua musica, e lei cominciò a ballare, riproducendo – all'inizio senza neanche pensarci – la coreografia che aveva eseguita quando Nacho l'aveva notata. Si sentì come in due posti contemporaneamente: su quel palco a Mumbai e nell'Accademia a Berlino, con Wolfgang che suonava.

 

Wolfgang riferì a Felix della sua proposta a Kala per il loro secondo appuntamento. «Te l'ho detto per raccomandarti di comportanti bene e di non trovare nessuna ragazza per me, va bene?»
«Ho capito, Wolfie. Se tu sei felice, lo sono anche io – nel vero senso della parola, visto che potrò tenere tutte le ragazze per me» rise Felix, meritandosi un leggero colpo dietro la nuca da parte di Wolfgang. «Parlando seriamente» riprese Felix. «sono contento di conoscere Kala. Voglio vedere la faccia della ragazza con cui ti sei fermato ad un bacio sulla guancia.»
Wolfgang lo colpì di nuovo. «Sapevo che tu non potevi parlare seriamente.»
Felix ricevette un messaggio sul cellulare. «Ora lo farò» disse, dopo averlo letto. Sembrava preoccupato, quindi Wolfgang rimase in silenzio. «Ancora niente compratore per l'altra metà dei diamanti.»
«Allora cerchiamo di trovarlo in fretta» ribatté. Voleva liberarsi di quei diamanti – e soprattutto di tutti i problemi che potevano portare – il prima possibile.
«Sergei e Steiner ti hanno detto qualcosa?»
«Per ora no. Ma con quei due non si sa mai quando potrebbero farsi vivi.»
«Stronzi» commentò Felix, e Wolfgang non poté che essere d'accordo. Tra l'altro quella parola gli riportò alla mente il modo in cui l'aveva detto Kala, e sorrise.
«Amico, se sorridi al pensiero di quei due mi fai preoccupare.»
«Ma ti pare.»
«Giusto, è sempre lei. Sono sempre più curioso di conoscerla.»
Felix trovava molto divertente punzecchiarlo riguardo a Kala, e si era giustificato dicendo:
«Scusa, quando mi ricapita di vederti così preso da una ragazza?»

 

Kala e Wolfgang arrivarono insieme al bar, e Wolfgang fu felice di vedere Felix fuori ad aspettarli, visto che gli aveva raccomandato di non fare tardi.
«Facciamo le presentazioni prima di entrare» bisbigliò a Kala, mentre si avvicinavano.
Felix li guardava con un sorriso a trentadue denti. Salutò velocemente Wolfgang, mentre Kala rimase un po' più indietro a guardarli.
Fino a quel momento aveva sentito solo parlare di Felix, ma capì subito, alla prima occhiata, quanto quel ragazzo fosse importante per Wolfgang e viceversa. Sperò di piacergli, probabilmente Wolfgang avrebbe tenuto conto della sua opinione.

Felix le si mise di fronte e la squadrò; lei si sentì un po' in imbarazzo ma non abbassò mai lo sguardo, e lui sorrise. «Felix Berner» si presentò, allungando la mano. «Tu devi essere la famosa ballerina.»
Lei gliela strinse e ricambiò il sorriso. «Kala Dandekar. È un vero piacere conoscerti.»
«Sì, anche per me. Entriamo?»
Wolfgang prese la mano di Kala e seguirono Felix.
Kala non aveva frequentato molti locali da quando si era trasferita a Berlino, quindi non sapeva bene come comportarsi, ma guardando Wolfgang si tranquillizzò un po'.
«Non ti lascio qui in mezzo da sola» le sussurrò lui, baciandola sulla guancia.
«Iscriviamoci al karaoke» propose Kala.
Wolfgang rise. «Mi hai preso sul serio allora.»
Kala alzò le spalle e gli fece l'occhiolino, mentre scriveva i loro nomi sulla lista.
«È forte» gli disse Felix all'orecchio.
Wolfgang la guardò e non poté che concordare. «Lo è.»
Cantare con Kala di nuovo fu ancora più divertente della prima volta, avendo i microfoni e lo schermo con le parole. Non importava a nessuno dei due quanta gente ci fosse, perché era come se ci fossero solo loro, che guardavano uno negli occhi dell'altro.
Quando scesero dal palco, circondati da applausi e ridendo, Felix li aspettava al bancone con due drink freschi per loro.
«Avrete la gola secca dopo aver urlat – volevo dire cantato per cinque minuti» li prese in giro.
«Sei solo invidioso» ribatté Wolfgang, prendendo un bicchiere e passandone uno a Kala.
Provarono a sedersi vicini, ma Felix li separò e si sedette in mezzo.
«Kala» cominciò, voltandosi verso la ragazza. «voglio sapere qualcosa su di te. Wolfgang non mi presta più la stessa attenzione, come fai a farlo pensare sempre a te?»
Wolfgang rise. Felix lo stava prendendo palesemente in giro, ma non aveva tutti i torti sul fatto che Kala fosse spesso nei suoi pensieri.

 

+

 

«Scusa il ritardo» le disse Wolfgang, entrando in aula.
«Ritardo» ripeté lei, mimando le virgolette e ridacchiando.
Wolfgang era comunque arrivato cinque minuti prima della lezione, ma di solito si vedevano con più largo anticipo.
«Comunque me lo aspettavo, penso che tu ti sia dovuto prendere cura di Felix» continuò lei, cercando di essere seria, anche se non poté fare a meno di sorridere al ricordo delle condizioni di Felix la sera precedente.
«Hai indovinato» annuì lui. «Anche se non mi andava molto di aiutarlo, dopo che ci aveva interrotti.»
Kala gli si avvicinò e gli appoggiò le mani sulle spalle. «Sabato voglio portarti io in un posto. È un ristorante indiano non troppo lontano da qui. Quando ero appena arrivata e non conoscevo niente e nessuno di questa città, lì mi sentivo un po' vicina a casa.»
Wolfgang le sorrise e le accarezzò la guancia con la mano. Gli faceva davvero piacere che Kala volesse condividere con lui un posto che era stato importante per lei, anche privato in un certo senso. «Ne sarei onorato.»


«Forse è perché non ci sono mai stato, ma un po' mi sembra di essere in India» disse Wolfgang, mentre si guardava intorno nel ristorante dove era appena entrato. Pur essendo di Berlino non lo conosceva, e fu una scoperta piacevole.
Kala gli sorrise. «Diciamo che soprattutto l'odore è molto simile.»
Si sedettero e Wolfgang chiese a Kala di ordinare anche per lui.
«Sorprendimi» le disse, e fu contento di averlo fatto perché gli arrivò un piatto a base di pollo leggermente piccante veramente buonissimo. «Tu lo sai cucinare?»
«Mio padre ha un ristorante, quindi direi di sì.»
«Un punto in più per te» rise lui. «Lo mangiavi spesso a casa?»
«La mia famiglia lo mangiava sempre soprattutto durante il festival
Lui le rivolse uno sguardo interrogativo. Era alquanto ignorante sulla cultura indiana, ma era sinceramente interessato. Gli piaceva sentire Kala parlare dell'India, delle sue tradizioni, e conoscere un mondo così distante dal suo.
«Beh, allora, ci andavo fin da piccola– »
La suoneria di Wolfgang la interruppe. Lui attaccò subito, senza neanche vedere chi fosse. «Sicuramente quello che stavi per dirmi è più interessante» si giustificò, rispondendo al suo sguardo interrogativo. Era la verità, anche se un'altra ragione era che voleva godersi quei momenti con Kala senza i problemi che lo accompagnavano di solito.
«Okay» riprese lei, cominciando a raccontare della volta in cui si era quasi persa tra la folla.
Il cellulare di Wolfgang squillò di nuovo, al che lui tolse la suoneria.
«Scusa, continua» disse a Kala.
La ragazza non sembrò convinta ma proseguì il racconto, solo che un minuto dopo il telefono di Wolfang vibrò due volte.
«Vedo cosa vuole e poi lo spengo» assicurò lui, con tutta l'intenzione di farlo davvero, almeno finché non lesse il nome del mittente: Sergei.

Wolfgang, devo parlarti. Sono fuori, conosci la mia macchina.

So che sei qui.

Proprio in quel momento arrivò un altro messaggio.

E so con chi sei.

A Wolfgang non interessavano le minacce contro di lui, ma se si parlava di Kala era tutto un altro discorso.
Si alzò di scatto. «Torno subito.»
«Wolfgang!» lo chiamò lei. «Ma dove vai?»
Lui continuò a camminare. Doveva essere sicuro che Sergei si allontanasse.
Wolfgang raggiunse con veloci falcate la macchina di Sergei. L'avrebbe volentieri fatta saltare in aria.
Quando fu abbastanza vicino, si abbassò il finestrino.
«Wolfgang» lo salutò suo zio.
«Cosa vuoi?»
«Vai di fretta?»
Wolfgang strinse i pugni, cercando di trattenersi, anche se diventava più difficile ogni secondo che passava. Già non lo entusiasmava normalmente vedere la faccia di cazzo di suo zio, figuriamoci ora.
«Ho capito, non è il momento giusto» disse Sergei, con una calma che non gli apparteneva. «Ti aspetto domani alle sei a casa mia, vedi di non tardare.»
Prima che Wolfgang potesse dire qualsiasi cosa, la macchina sfrecciò via.
Perfetto, pensò lui, il giorno dopo si sarebbe perso anche la lezione, per di più una delle ultime prima dello spettacolo.
Tornò dentro, dove Kala lo aspettava a braccia conserte.
«Pensavo non saresti tornato» sussurrò.
Lui voleva rispondere con una delle sue battute, ma lo sguardo sul volto della ragazza gli fece cambiare idea. «Mi dispiace.»
Kala scosse la testa. «Non voglio che ti scusi, voglio che mi dici che sta succedendo.»
Ora fu Wolfgang a scuotere la testa. «Che ne dici piuttosto se ordiniamo un bel dessert?»
«Non ho fame.»
Lui sospirò. «Pago il conto e ti accompagno in Accademia.»
Quando Wolfgang si fu allontanato, Kala chiuse gli occhi e si passò le mani sul viso. Sin dall'inizio aveva avuto l'impressione che Wolfgang nascondesse qualcosa, ma credeva che ora che c'era qualcosa tra di loro le avrebbe parlato. E invece niente.
Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso. Wolfgang provò a dire qualcosa, ma le sue parole si perdevano nell'aria della notte.
«Suppongo che non ti vedrò domani» disse Kala, quando arrivarono davanti alle scale dell'Accademia. «A chiunque ti abbia chiamato non sarà bastato stasera.»
Wolfgang avrebbe potuto sorprendersi perché lei l'aveva capito, ma ormai aveva imparato che Kala era troppo intelligente per non arrivarci.
«Hai ragione.»
«Non vuoi aggiungere niente?» Kala fece una specie di risata esasperata.
«Kala...»
Lei lo fermò. «Pensaci. Spero che la prossima volta che ti vedrò sarai pronto a dirmi qualcosa.»
Wolfgang abbassò lo sguardo. Kala non poteva sapere quanto avrebbe voluto parlare con lei – lei, che tra tutti sembrava capirlo così bene – ma meno sapeva, più era al sicuro.
Lei lo guardò dritto negli occhi, con tutta la sua determinazione, e prima di entrare in Accademia gli disse: «Io voglio conoscere tutto di te, Wolfgang. Non ho paura.»
Tu no, pensò Wolfgang, ma io sì.

 

+

 

Wolfgang arrivò a casa della zio puntuale, anche se avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto – nello specifico, nell'aula dell'Accademia con Kala.
Scosse la testa. Non poteva permettersi di pensare a lei in quel momento.
L'accoglienza non fu delle più calorose: fu scortato da uno degli uomini di Sergei in salotto, dove l'uomo lo aspettava con indosso una specie di orribile vestaglia bianca e oro.
«Wolfgang.»
A quanto pare chiamarlo per nome era il suo saluto. «Zio» rispose lui, freddo.
«Ho un problema, ma devi sapere che i miei problemi diventano spesso i problemi di altre persone» esordì Sergei, indicando a Wolfgang il divano.
Controvoglia, lui si sedette.
Suo zio cominciò a parlare del furto dei diamanti – che Steiner teneva d'occhio da tempo – e nel frattempo lui cercò di mantenere un'espressione neutrale. Non doveva tradirsi per nessuna ragione, quindi rimase in silenzio, impassibile, come se non sapesse niente di niente.
«Ci sono poche cose più spiacevoli di dover sentire mio figlio piagnucolare.» disse Sergei, e per una volta Wolfgang concordava con lui, anche se gli venivano in mente altre cose spiacevoli quanto quella, ad esempio stare lì.
Sergei gli si avvicinò, mettendosi dietro lo schienale del divano. Wolfgang lo guardava con la coda dell'occhio, sentendo forte la puzza del suo sigaro.
«La cassaforte è stata scassinata, ed era una S&D, lo stesso modello che ha fottuto tuo padre» continuò Sergei, e Wolfgang girò la testa per guardarlo meglio, mostrando sorpresa e addirittura ammirazione per chi ci era riuscito.
«L'ironia sarebbe se il figlio mandasse a puttane la propria vita scassinando la cassaforte che il padre non è riuscito a scassinare, non credi?»
Wolfgang annuì, fingendosi convinto. «Non sono stupido come mio padre» affermò, e questa era la prima cosa vera che diceva allo zio. Pensava di averlo ampiamente dimostrato. A quel punto, si alzò e si avviò verso l'uscita: lui e Sergei non avevano più niente da dirsi.
«Dovresti ricordare sempre chi sei» concluse lo zio.
Le sue parole non ebbero l'effetto sperato su Wolfgang. «Ci penso tutti i giorni» ribatté, e se ne andò.
Ci pensava soprattutto nell'ultimo periodo, da quando aveva conosciuto Kala. Pensava non solo a chi era, ma anche a chi voleva essere… magari con lei.

 

Wolfgang tornò a casa e riferì la sua conversazione con Sergei a Felix.
Il suo amico non sembrò preoccuparsene e per scaricare la tensione lo trascinò in un bar dove, dopo un paio di drink, cominciarono a fare il verso a Sergei.
«Ci sono poche cose più spiacevoli di dover sentire mio figlio piagnucolare» imitò Wolfgang, facendo ridere Felix di nuovo.
All'inizio si era preoccupato abbastanza per quell'incontro, anche per il modo in cui Sergei lo aveva avvicinato, ma ora si sentiva un po' rassicurato, e la reazione di Felix lo confermava. Sergei non aveva nulla di concreto su di loro – per ora, almeno.
Ad un certo punto, però, Felix nominò i diamanti, e lui sobbalzò.
«Non pronunciare più quella parola» lo zittì. «Sergei non è stupido. Ci spia.»
«Saremmo già morti se Sergei sapesse qualcosa. Avrà fatto le stesse domande che ha fatto a te anche ad altri, voleva solo capire se tu sapevi qualcosa.»
Wolfgang si calmò, ma non del tutto. «Attieniti al piano» raccomandò all'amico, chiudendo il discorso.
«Capito» annuì Felix, e il secondo dopo riprese a fare il verso a Sergei.
Stavolta fu lui a ridere. Sperò di poter mantenere quello stato d'animo anche con Kala, quando l'avrebbe vista alle ultime prove prima dello spettacolo.
Quando Sergei l'aveva raggiunto al ristorante aveva avuto davvero paura per lei: ovviamente un po' di preoccupazione rimaneva ancora, ma meno rispetto a prima. Non voleva lasciare Kala – probabilmente era egoista da parte sua, perché sotto alcuni aspetti sarebbe stata meglio senza di lui, ma non ci riusciva. Era come se una forza più grande di loro lo spingesse verso di lei. 
Per una volta voleva concedersi l'opportunità di portare avanti ciò che aveva cominciato a costruire con la ragazza migliore che avesse mai conosciuto.
Almeno finché lei fosse stata al sicuro, che era la cosa più importante per lui.

 

+

 

«Ciao» la salutò Wolfgang, timidamente come non aveva mai fatto. Dal suo punto di vista, aveva solo fatto quello che doveva nei giorni precedenti, ma a Kala la sua assenza era sembrata ingiustificata.
O meglio, lei sapeva che un motivo c'era, e anche uno valido: quello che la faceva arrabbiare era che Wolfgang non glielo dicesse. Aveva capito fin dal loro primo incontro che lui nascondeva qualcosa, e quell'aura di mistero l'aveva affascinata. Sperava che con il tempo Wolfgang si sarebbe aperto con lei, eppure ancora non era successo – certo, le aveva parlato un po' della sua famiglia, dei suoi amici…. ma continuava ad avere un segreto, ne era convinta. E pensava veramente quello che gli aveva detto l'ultima volta che si erano visti: non aveva paura di conoscerlo. Anzi, la sua paura era non conoscerlo. Visto che la sua intenzione era quella di costruire qualcosa con Wolfgang…
«Ciao» rispose Kala, cercando il suo sguardo. «Hai pensato alle mie parole?»
Wolfgang sospirò. Da un lato avrebbe voluto dire la verità a Kala, perché lei se lo meritava, ma dall'altro temeva di metterla in pericolo. Una piccola parte di lui poi, anche se non voleva ammetterlo, temeva che lei l'avrebbe lasciato se avesse saputo tutta la verità su di lui.
«Nella macchina c'era mio zio» cominciò, cauto. «Voleva vedermi, per questo ho saltato la lezione.»
Kala fissò gli occhi nei suoi e rimase in silenzio. A Wolfgang venne quasi da sorridere: certo che quella ragazza era determinata.
«Problemi di famiglia. Mio zio e mio cugino cercano di tirarmi in mezzo, ma non voglio avere niente a che fare con loro» spiegò, semplificando la questione a grandi linee ed omettendo il problema principale, il furto dei diamanti.
«Mi ricordo di loro» annuì Kala, poi abbassò la voce. «Gli stronzi
Pronunciò di nuovo la parola come al loro primo appuntamento, e Wolfgang rise, scaricando un po' di tensione. «Esatto.»
«Wolfgang» disse lei, tornando seria. «Sai che non sono stupida, vero?»
«Sei la persona meno stupida che abbia conosciuto.»
Lei sorrise per il complimento, senza però lasciarsi distrarre. «Quando ti ho conosciuto ho pensato che fossi un mistero. Più andiamo avanti e più voglio risolverlo» disse, mentre gli si metteva davanti. «Per il momento mi farò bastare questo, anche perché devo pensare allo spettacolo. Ma voglio che tu mi prometta che quando sarai pronto mi dirai di più.»
«Lo prometto» sussurrò lui, ed era la prima promessa a cui avrebbe voluto tener fede. Magari quando i diamanti fossero spariti…
«Bene» sorrise Kala, allungando una mano verso di lui.
Wolfgang la strinse, poi la fece volteggiare sulla pista, finché non dovette sedersi per suonare.
«Spero che siate carichi» esclamò Nacho Duato. «Questo weekend c'è lo spettacolo, quindi per queste prove fate finta di essere sul palcoscenico!»
Wolfgang ringraziò mentalmente il direttore, perché Kala ballò anche meglio del solito.

 

Tornò a casa abbastanza allegro. Disse a Felix che il sabato c'era lo spettacolo e non sarebbe mancato per nulla al mondo.
«Mi stai ascoltando?» chiese, quando si accorse che Felix sembrava avere la testa da un'altra parte.
«Ho sentito Abraham» fece lui, senza sbilanciarsi.
«Allora?» lo incalzò Wolfgang, avvicinandosi.
Felix gli mise le mani ai lati della faccia, con un sorriso a trentadue denti. «Se li prenderà lui gli altri diamanti!»
Lui sorrise. Finalmente.
«Saremo ricchissimi, cazzo!» continuò Felix, sempre più contento.
«Proprio per questo...» Wolfgang colse la palla al balzo. «Quando l'affare sarà chiuso, pensavo di prendermi una pausa da tutto questo.»
Ci pensava da un po', ma dopo la sua conversazione di Kala e la buona notizia, pensò che questo fosse il momento migliore.
Felix ammiccò, probabilmente intuendo i suoi pensieri come faceva spesso. «Per un po' potrò fare a meno di te» gli disse, mettendogli una mano sulla spalla. «Mentre nuoterò nei miei soldi!» esclamò, e riprese a ridere.
Wolfgang non poté che lasciarsi contagiare dalla sua allegria.
Che le cose stessero andando nel verso giusto?

 

+

 

La grande sera era arrivata.
Kala si guardò per la millesima volta allo specchio, per assicurarsi che fosse tutto al suo posto. Quella sera si sarebbe esibita per la prima volta su un grande palco, con il resto della Staatsballett, per di più come prima ballerina.
Per l'occasione i suoi genitori e sua sorella avevano deciso di venire dall'India. Mentre lei si preparava loro erano andati in giro per la città, e si sarebbero rivisti al teatro.
Sentì bussare alla sua porta e andò ad aprire.
Oltre a Nacho e alle sue compagne, solo due persone sapevano il numero della sua stanza: Rajan e…
«Wolfgang!» esclamò lei.
«Sorpresa» rispose lui, sorridendo. «Purtroppo ho dimenticato i fiori.»
«Non ti smentisci mai» lo prese in giro Kala.
«In compenso ti accompagno io al teatro.»
«Grazie del pensiero, ma c'è anche la mia famiglia...»
«In macchina c'è spazio per tutti» disse Wolfgang, alzando le spalle.
«Questo è anche meglio dei fiori» gli assicurò lei, sorridendo. Un po' temeva che Wolfgang si sarebbe agitato alla parola genitori, invece sembrava abbastanza tranquillo.
Dal canto suo, Wolfgang pensava che non ci fossero familiari peggiori dei suoi, quindi…
Kala fece per guardarsi un'ultima volta allo specchio, ma Wolfgang la interruppe.
«Sei bellissima.»
Le sue guance si colorarono leggermente di rosso, poi chiuse la porta dietro di sé, finalmente convinta. «Andiamo.»
«Ah» aggiunse Wolfgang, mentre scendevano le scale dell'Accademia a braccetto. «Volevo dirti che non suonerò stasera. Nacho ha un'orchestra pronta, quindi sarò tra il pubblico.»
«È un peccato» disse Kala, anche perché ormai si era abituata a Wolfgang dietro al pianoforte.
«Almeno potrò concentrarmi di più su di te» ribatté lui, facendole l'occhiolino.

«Aspetta un attimo» gli sussurrò Kala quando furono fuori, indicando con un cenno della testa i suoi familiari. «Ci vediamo alla macchina.»
Wolfgang la guardò mentre si allontanava, pensando che quello che aveva detto prima era vero: Kala era bellissima.
Kala salutò i suoi genitori e sua sorella con un abbraccio, e spiegò che qualcuno li avrebbe accompagnati. Non sapeva come definire Wolfgang: pianista era troppo freddo, amico era riduttivo...
Ci pensò per tutto il tragitto fino alla macchina. Lei e Wolfgang erano usciti insieme più volte, quindi poteva dire con certezza che si frequentavano. Questo lo rendeva automaticamente il suo ragazzo o dovevano parlarne prima?
Alla fine, quando si trovarono di fronte a lui, scelse la cautela. Anche se era abbastanza convinta di ciò che voleva, lei e Wolfgang avrebbero definito la loro relazione in un altro momento.
«Lui è Wolfgang, un mio caro amico» finì per dire, ottenendo da parte del diretto interessato un'occhiata prima confusa e poi maliziosa. «Wolfgang, loro sono mia madre, mio padre e mia sorella Daya.»
«È un piacere» disse lui, sorridendo. Kala rifletté che sembrava un bravo ragazzo più del solito – contribuivano anche la giacca e la cravatta che sostituivano i suoi tipici vestiti di pelle.
Dopo aver stretto la mano a tutti e tre, Wolfgang aprì le portiere dell'auto. «Prego.»
I suoi genitori e Daya si sistemarono dietro, Kala si sedette davanti accanto a lui.
«Grazie» gli mimò con le labbra. Apprezzava davvero quello che Wolfgang stava facendo, non solo per il gesto in sé di accompagnare tutti, ma per come si stava comportando in generale con la sua famiglia. Le fece quasi dimenticare cosa poteva nascondere.
«Di niente.»
«Wolfgang» lo chiamò Daya, pronunciando il suo nome con un forte accento indiano, più di quello di Kala, che quasi lo fece ridere.
«Sì?»
«Dopo lo spettacolo di andrebbe di venire a cena con noi?» propose, facendo sussultare Kala. Pensò che sua sorella voleva scoprire se loro due erano davvero solo amici – Daya aveva sempre avuto un certo intuito per queste cose. «Magari ci consigli un ristorante tipico di Berlino.»
Kala guardò Wolfgang, aspettando la sua risposta. Sapeva che il ragazzo non si apriva spesso e non amava uscire con persone nuove…
I pensieri di Kala erano verissimi, e avevano attraversato la mente dello stesso Wolfgang. D'altra parte, però, si sentiva già in colpa per aver mentito a Kala, ora non voleva darle un altro dispiacere…
Per di più quella sera Felix aveva appuntamento con Abraham per concludere l'acquisto della seconda metà dei diamanti, e se avesse avuto bisogno di lui? Però era anche possibile che facesse tutto mentre lo spettacolo era in corso, così dopo Wolfgang non avrebbe avuto impegni.
«Sicuramente ve ne consiglierò uno. Se riesco a liberarmi da un impegno, verrò con voi» rispose, rimanendo sul sicuro.
Kala accettò la sua risposta, anche se voleva sapere di quale impegno parlasse Wolfgang. C'entrava con l'uomo che lo aveva chiamato mentre erano al ristorante?
Wolfgang rimase in silenzio per il resto del tragitto; Kala invece rispondeva alle varie domande dei suoi familiari, anche se lei stessa avrebbe voluto fare delle domande a Wolfgang.

 

Una volta entrati nel teatro, data la presenza dei genitori di Kala, Wolfgang si limitò a stringerle una spalla con la mano, prima che lei raggiungesse il resto della compagnia dietro le quinte.
Lui accompagnò la famiglia di Kala alle prime file – riservate agli eventuali parenti dei ballerini – e poi scelse per sé un posto un po' più isolato.
Quando tutti si sedettero e furono chiuse le porte del teatro, Nacho Duato salì sul palco, accolto da grandi applausi.
Ringraziò tutti i presenti e poi introdusse lo spettacolo. «Quest'anno abbiamo avuto degli ottimi nuovi acquisti, quindi ho deciso di dargli l'opportunità di brillare nel nostro famoso spettacolo di primavera. Buona visione!»
Altri applausi, finché si aprì il sipario. Le luci inizialmente erano spente, e si vedevano solo i contorni delle figure dei ballerini: Wolfgang trovò subito Kala, anche perché dalle prove sapeva già dove era posizionata.
Quando le luci cominciarono ad azionarsi, sulla platea calò il silenzio, e nell'aria cominciarono a sentirsi solo i suoni degli strumenti musicali.
Lo spettacolo si apriva con tutti i ballerini che danzavano, prima uomini e donne divisi, poi insieme. Dopo quella prima parte, c'erano varie coreografie ideate da Nacho – solo donne, solo uomini, coppie – poi un assolo di Kala, al termine del quale gli altri ballerini si univano a lei sul palco per la breve scena finale. Era uno spettacolo che comprendeva danze diverse, per tutti i gusti, ma Nacho era riuscito a creare un filo conduttore che desse a tutto coerenza e coesione.
Su quel palco c’erano una trentina di ballerini, ma Wolfgang aveva occhi solo per Kala. Era come se su quel palco ci fosse solo lei, circondata da una specie di luce che sommergeva tutti gli altri.
Riusciva a fargli piacere persino i passi con Rajan, in cui lui la stringeva e la sollevava.
Se gli avessero detto che gli sarebbe piaciuto uno spettacolo di danza, non ci avrebbe mai creduto; infatti, pur avendo accettato un lavoro alla Staatsballett non era mai stato un grande fan del ballo. Contro le sue aspettative, invece, il tempo passò abbastanza velocemente e non gli dispiacquero neanche le parti più noiose.
Ovviamente la parte che preferiva, sin dalle prove, era l'assolo di Kala: la ragazza l'aveva appena finito quando Wolfgang sentì il suo cellulare vibrare nella tasca. Aveva tolto la suoneria, ma non l’aveva spento perché aspettava notizie da Felix.
Applaudì, poi si chinò sul sedile e rispose.
«Felix?» disse, parlando a voce più bassa possibile.
«Dobbiamo andarcene» fece lui, con un tono spaventato che Wolfgang aveva sentito davvero poche volte da parte sua. Questo lo allarmò.
«Che è successo?» 
«Non lo so– non è successo niente, ed è il niente che mi preoccupa, amico!» Ora Felix sembrava esasperato.
«Hai incontrato Abraham?» domandò, per capire il motivo del comportamento di Felix.
«Ci ho provato.»
«Non è venuto?»
«No. Perciò ho chiamato, ma niente. Allora sono andato al suo negozio: era chiuso, andato– aspetta, bussano alla porta»
Wolfgang approfittò di quel momento per applaudire, visto che era lo spettacolo era finito. I ballerini si presero per mano e cominciarono a fare qualche inchino, finché non salì sul palco Nacho. Wolfgang ne aveva abbastanza dei suoi discorsi, e tornò al telefono.
«Siamo chiusi!» disse Felix. Capì che non era ancora a casa, ma al suo negozio di serrature.
«Per favore» sentì dire ad una voce femminile. Felix non aveva mai saputo resistere ad una bella ragazza, quindi Wolfgang immaginò che avrebbe aperto alla fine.
Poi sentì un rumore fortissimo. Qualcosa che si rompeva?
«Felix?» lo chiamò.
«Steiner» mormorò l'amico, con un filo di voce, come se pronunciare quel nome gli procurasse uno sforzo inimmaginabile.
«Felix?»
Silenzio.

«Felix!»
O uno sparo?
La vista gli si annebbiò. Spense il telefono e si alzò, pronto ad andare al negozio. Quando arrivò davanti all'uscita del teatro notò con la coda dell'occhio Kala: lo stava guardando. I loro sguardi si incrociarono per un secondo, poi Wolfgang chiuse la porta dietro di sé e corse verso il parcheggio. Cominciò a chiamare un'ambulanza nel frattempo, e diede l'indirizzo, pensando che magari sarebbero arrivati prima di lui.
Mentre girava la chiave nella portiera della macchina, sentì dei passi dietro di lui. Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi fosse.
«Wolfgang!» gridò Kala. «Ma dove vai?»
Lui salì in macchina. «Mi dispiace» le disse, e poi partì a tutta velocità.

 







 

* Nella storia, le vicende che riguardano Wolfgang e Felix nella prima stagione di Sense8 sono mantenute uguali, solo che Wolfgang non è un sensate e invece di stare al negozio di serrature lavora come pianista.
Le compagnie di danza esistono davvero, così come Nacho Duato, ma non so se esita un'Accademia o se diano borse di studio, quella è una mia invenzione. 

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Capitolo 3
*** Atto III ***









Kala rimase per un paio di minuti nel parcheggio, nel freddo della sera, fissando il posto dove fino a quel momento c'era stata l'auto di Wolfgang.
Appena qualche ora prima le sembrava che andasse tutto a gonfie vele, e lui ora scappava alla fine del suo spettacolo, dopo aver preso un impegno con la sua famiglia, ovviamente senza darle alcuna spiegazione.
Almeno quella me la meritavo, pensò lei. Lo avrebbe lasciato andare, se le avesse detto il motivo, anche perché aveva capito che era qualcosa di serio. Non aveva mai visto quell'espressione sulla faccia di Wolfgang, neanche quando quell'uomo lo aveva chiamato durante il loro appuntamento. Era terrorizzato.
Cosa c'era di così spaventoso nella sua vita? Doveva aver paura anche lei?
«Kala?»
Lei si voltò, sobbalzando. Era Rajan. «La tua famiglia ti stava cercando.»
«G-grazie» borbottò lei, e si avviò meccanicamente dentro, quando avrebbe voluto andare nella direzione opposta.
«Hanno detto che dovevate andare in un ristorante» continuò Rajan, camminando al suo fianco. «Ma mi sembra che Wolfgang se ne sia andato.»
«È così» rispose seccamente lei, non volendo rigirare il coltello nella piaga.
«Posso accompagnarvi io, dovunque dobbiate andare.»
Andare a cena era l'ultima cosa che voleva fare onestamente, ma non voleva dare alla sua famiglia la stessa delusione che Wolfgang aveva dato a lei.
«È molto gentile da parte tua, Rajan» lo ringraziò, e lo pensava davvero. In quel momento ne aveva bisogno.
Rajan parlò un po' con la sua famiglia mentre lei si cambiava – per seguire Wolfgang era uscita con il costume e scalza – e quando tornò la madre le comunicò che aveva invitato Rajan ad unirsi a loro.
«Grandioso» mormorò lei. Rajan era un bravo ragazzo, gli voleva bene, ma sapeva che lui provava qualcosa per lei, non ricambiato.
E così andarono al ristorante tutti insieme.
A parlare furono principalmente Rajan e i suoi genitori, che gli chiesero della sua famiglia, da dove venisse, e cose del genere. Ogni tanto cercavano di coinvolgere anche Kala nella conversazione, ma lei aveva la testa da un'altra parte. Una parte che aveva un nome: Wolfgang.
Sapeva che era inutile tormentarsi, eppure non riusciva a smettere di cercare di spiegare in qualche modo il suo comportamento – senza successo.
Si chiese perché si desse tanto pensiero per Wolfgang: avrebbe potuto – e secondo alcuni dovuto – mandarlo al diavolo e andare avanti…. Ma non ci riusciva.
Wolfgang si era sempre comportato bene con lei, e l'aveva fatta sentire come nessuno aveva mai fatto prima.
Trascorse tutta la serata oscillando tra il dimentica Wolfgang e il riprenditelo, fino a quando accompagnò i suoi genitori e sua sorella nell'hotel dove dormivano.
«Quel Rajan è proprio simpatico» buttò lì sua madre, mentre si salutavano.
Lei si limitò ad annuire, a labbra serrate.
«Proviene da un'ottima famiglia» intervenne suo padre.
«Buon per lui» rispose Kala, per poi mordersi la lingua. Non rispondeva mai male ai suoi genitori: chiaramente, al contrario di quanto aveva pensato, quella non era la sua serata.
«Pensaci, Kala, sarebbe buono per te.»
Lei non disse nulla, e sua madre cercò supporto da Daya.
«Non ti ho mai visto sorridere così» disse sua sorella, guardandola direttamente negli occhi. 
Kala seppe che non stava parlando di Rajan, ma di Wolfgang.
Abbracciò tutti e poi tornò in Accademia.
Il sonno non la raggiunse per un bel po'.

 

Dall'altra parte della città, neanche Wolfgang dormiva. Era seduto su una sedia accanto al letto di Felix.
Wolfgang era arrivato insieme ai paramedici, ed era salito sull'ambulanza con loro, tremando ogni volta che i segni vitali di Felix non erano stabili.
Fortunatamente erano arrivati in ospedale abbastanza presto: Felix era stato operato d'urgenza, e ora dormiva nella sua stanza d'ospedale, con una flebo e intubato, affinché respirasse. I dottori avevano detto che si era stabilizzato, ma non sapevano ancora quando si sarebbe svegliato – se si fosse svegliato, aggiungeva una vocina nella sua testa.
Wolfgang sapeva che era stato Steiner, e l'avrebbe fatta pagare cara a quel figlio di puttana.
Come se quella situazione non fosse abbastanza, vi si aggiungeva anche Kala. Wolfgang era stato pessimo con lei, ma in quel momento non era riuscito a pensare ad altro che a Felix.
Il lunedì sarebbe andato in Accademia per l'ultimo pagamento. Avrebbe dovuto avvicinare Kala o evitarla?
Da una parte voleva parlarle, però che spiegazione avrebbe potuto darle?
Avrebbe dovuto parlarle della sua vita criminale? E a quale scopo?
La cosa migliore a questo punto era uscire dalla sua vita.
Solo in questo modo avrebbe avuto la certezza che Kala fosse al sicuro.
Non poteva assolutamente rischiare che le succedesse quello che era successo a Felix, già si sentiva fin troppo in colpa così.
Avrebbe voluto molto di più per Kala – e per loro due, ad essere sincero – ma aveva capito da tempo di non meritarsi cose così belle.

 

+

 

Wolfgang entrò in Accademia sperando che non ci fossero lezioni o prove in corso, in modo da non incontrare Kala. Sperava che, se non si fossero più visti, con il tempo si sarebbero dimenticati l'uno dell'altra. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore?
Bussò alla porta di Nacho, il quale fortunatamente gli aprì subito.
«Buongiorno signor Duato, la disturbo?» chiese, educatamente.
Nacho scosse la testa e lo fece accomodare.
Wolfgang gli spiegò che per il momento non poteva più lavorare all'Accademia perché il suo più caro amico era in ospedale e voleva stargli vicino. Preferì dire la verità, semplicemente omettendo il perché fosse in ospedale.
Il direttore gli disse che gli dispiaceva e gli diede la somma che gli spettava.
«Spero che quando il tuo amico si sarà ripreso tornerai. Eri un ottimo pianista, anche molto discreto.»
«Chissà, ma la ringrazio» rispose Wolfgang, rimanendo sul vago. In realtà non gli sarebbe dispiaciuto continuare a lavorare all'Accademia, però ciò avrebbe significato vedere molto spesso Kala, e non sapeva se l'avrebbe sopportato.
Si congedò dal direttore con una stretta di mano e lasciò il suo studio. Mentre si avviava verso l'uscita dell'Accademia, si guardò un po' intorno, sempre attento ad evitare di incontrare qualcuno.
Riuscì nel suo intento fino alle scale.
Infatti, mentre lui le scendeva, Kala le saliva. I loro occhi si incontrarono subito, per quanto i loro corpi si ponessero ai due lati opposti della scalinata.
Kala aveva gli occhiali da sole alzati sulla testa per mantenere i capelli, e indossava una maglietta rosa e un pantalone largo con una stampa gialla.
Wolfgang pensò se doveva dire qualcosa, e cosa? Alla fine, rimase in silenzio. Magari Kala l'avrebbe ignorato e sarebbe finita lì.
Ma Kala non si arrendeva facilmente, e lui ormai lo sapeva bene.
«Che ci fai qui?»
«Sono venuto a farmi pagare» rispose seccamente lui. Non avrebbe voluto parlarle in quel modo, ma comportandosi così avrebbe reso più facile la separazione.
«E non hai pensato di cercarmi per parlare di sabato sera?»
«È meglio che non ci vediamo più, Kala.»
«Perché?»
«È meglio così, fidati di me» si limitò a dire lui, abbassando lo sguardo e riprendendo a camminare verso la macchina.
Kala lo seguì e lo costrinse a girarsi. «Wolfgang, per favore.»
Wolfgang sospirò. «Ci sono cose di me che non ti ho detto. Cose che non sono belle, che sono complicate...»
«Mettimi alla prova» sussurrò lei.
«Non puoi capire questa parte del mio mondo, Kala.»
Lei strinse i pugni. Era una ragazza dolce, forse un po' timida, ma di certo era determinata. «Una cosa la capisco benissimo, però» disse. «Capisco quello che provo per te.»
Wolfgang provò a scuotere la testa, a dirle che si sbagliava, ma lei lo interruppe.
«E in qualche modo so che tu provi la stessa cosa per me» aggiunse, fissandolo dritto negli occhi.
«Vorrei che non fosse vero» mormorò lui, accarezzandole la guancia con le nocche.
Kala gli mise una mano sulla guancia e si avvicinò lentamente a lui. Sembrò passare un'eternità, ma finalmente le labbra di Kala incontrarono le sue.
Wolfgang la baciò profondamente – più non doveva farlo e più voleva – e poi si staccò di scatto.
«Addio, Kala» sussurrò, anche se erano le parole che voleva meno dire al mondo.
Corse alla sua macchina senza guardarsi indietro.

Non appena l'auto di Wolfgang fu uscita dalla sua visuale, Kala si lasciò cadere su uno scalino. Era come se quel bacio l'avesse prosciugata.
Si era fatto aspettare tanto ed ora probabilmente sarebbe stato anche l'ultimo, perché sembrava proprio che Wolfgang non volesse più vederla.
Ma lei sapeva che non era perché Wolfgang non tenesse a lei, bensì perché c'era un segreto che non voleva dirle.
Cominciò a preoccuparsi. C'era davvero un buon motivo per tenerla fuori…
Avrebbe voluto lottare per loro, ma se lui si era arreso a cosa serviva? Le aveva detto addio. Sperò che su quello avesse esagerato, dopotutto lavorava all'Accademia, dove lei viveva. Qualche volta si sarebbero incontrati per forza, e lei non gli avrebbe permesso di evitarla.
O almeno, il cuore le diceva di comportarsi così.
La testa, invece, le suggeriva di lasciare andare Wolfgang, se lui lo desiderava, e dare una possibilità a qualcuno che voleva stare con lei.
Come un segno del destino, le passò accanto Rajan che le offrì la mano per alzarsi.
«Entriamo?»
Lei annuì.
A chi avrebbe dato ascolto, al cuore o alla testa?

 

+

 

Era il terzo giorno che Kala non vedeva Wolfgang in Accademia.
Lui le aveva detto che era stato pagato, ma pensava che fosse il pagamento normale, non l'ultimo…
Kala ci rimuginò nel corso della lezione, rischiando di perdersi qualcuna delle informazioni di Nacho sul nuovo spettacolo che aveva in programma, per lui molto importante.
Alla fine, Kala uscì insieme al direttore e lo seguì fino al suo ufficio.
Quando fu sicura che erano soli e che nessuno stesse ascoltando, gli chiese perché Wolfgang non stesse venendo più a lavoro.
«Se posso saperlo» aggiunse per educazione, ma in realtà non si sarebbe mossa finché non avesse avuto una risposta.
Nacho esitò un attimo, non sapendo se poteva divulgare ciò che gli aveva detto Wolfgang. Tuttavia, confidava nella discrezione di Kala e pensò che tanto non avrebbe fatto male a nessuno. «Ha detto che per il momento non può lavorare perché un suo amico è in ospedale e vuole stargli vicino» disse.
Kala capì immediatamente che doveva trattarsi di Felix. Borbottò un veloce grazie e corse verso l'uscita.
Facendo i conti, Felix doveva essere in ospedale almeno da domenica, visto che Wolfgang si era dimesso lunedì mattina. Quindi quando si erano incontrati lui non aveva voluto dirglielo. L'ennesima cosa che non le diceva.
Kala sapeva quanto Felix fosse importante per Wolfgang, e immaginò quanto lui fosse in pensiero adesso.
Nei giorni precedenti aveva avuto modo di pensare a quello che era successo con più lucidità, non vedendo mai Wolfgang. Una sera era anche uscita con Rajan.
Era giunta alla conclusione che non riusciva a togliersi dalla testa Wolfgang: la faceva impazzire l'idea di doverlo dimenticare senza un motivo, senza poter dire la sua.
Forse ci sarebbe riuscita se avesse saputo perché non potevano stare insieme...
Decise di provare a seguire il cuore, e si diresse verso la metropolitana.
Il secondo ospedale in cui andò fu quello giusto.
«Scusi, avete ricoverato un uomo di nome Felix Berner?»
L'infermiera diede uno sguardo alle sue cartelle e al computer. «Sì, sabato notte.»
La sera dello spettacolo.
«Sono una sua amica. Posso vederlo?»
«Mi segua.»
La donna la accompagnò fino alla porta, poi se ne andò. C'era una specie di finestra di vetro sulla parte superiore della porta, da cui Kala sbirciò prima di entrare. Felix era disteso sul letto, con due flebo, un tubo in gola, e costantemente monitorato.
Wolfgang era su una sedia attaccata al letto, con indosso una vecchia felpa nera. Non gli vedeva la faccia perché aveva il viso chinato, verso l'amico.
Lei bussò piano ed entrò.
Wolfgang alzò la testa di scatto: i suoi occhi inizialmente erano spenti, ma non appena la videro si animarono. Sembrava scioccato – lo era, in effetti. Si sarebbe aspettato di vedere chiunque tranne Kala.
Kala incrociò le braccia sul petto e guardò Felix, mettendosi dal lato del suo letto opposto a Wolfgang.
«Cosa gli è successo?»
Wolfgang sospirò, e la luce abbandonò di nuovo i suoi occhi, come se il solo pensare a quello che era successo a Felix lo ferisse dentro. Kala notò che aveva due profonde occhiaie: probabilmente non dormiva da quando Felix era stato ricoverato.
Wolfgang chinò di nuovo il capo. Avrebbe potuto inventarsi un'altra scusa, ma non ne aveva né la forza né la voglia. In più, le sarebbe bastato chiedere all'infermiera e l'avrebbe saputo.
«È stata colpa mia» finì per dire, senza alzare lo sguardo, esprimendo per la prima volta ad alta voce il senso di colpa che lo divorava da giorni.
Kala trascinò una sedia dall'angolo della stanza e si sedette accanto a Wolfgang. Vedendo lo stato in cui era, rimandò a dopo le domande e le spiegazioni.
«Sono sicura che lui non vorrebbe che dicessi questo» rispose, appoggiando una mano sulla spalla di Wolfgang.
Lui sorrise. «Felix si è sempre addossato metà delle mie colpe, metà dei miei problemi… sin da quando eravamo piccoli» aggiunse, pensando a quella volta in cui dei bulli lo stavano picchiando e Felix aveva partecipato alla rissa per difenderlo.
«Come vi siete conosciuti?» gli chiese Kala, sia per distrarlo sia perché era curiosa.
«Castigo scolastico» rispose, e questo ricordo lo fece sorridere. «Non so perché gli piacessi.»
«Io posso immaginarlo» ribatté lei, ottenendo l'effetto desiderato: un altro sorriso.
«Dico davvero» continuò Wolfgang. «Ci eravamo appena trasferiti da Berlino Est a Berlino Ovest, e tutti mi odiavano.»
«Non devi aver avuto una bella infanzia.»
Wolfgang scosse la testa. «E non ti ho parlato di mio padre...» mormorò. Non aveva mai parlato così tanto di se stesso a nessuno, eppure ora non riusciva più a smettere.
Kala non voleva costringerlo a parlare, ma per lei era bello che Wolfgang le raccontasse qualcosa del suo passato. «Una volta mi hai detto che era uno stronzo» gli suggerì.
«Lo era eccome» annuì Wolfgang. Complice anche il fatto che stesse parlando di Felix, raccontò a Kala di come l'amico lo aiutò in uno dei tanti episodi di violenza da parte del padre.
Kala si sentì male al pensiero di quello che Wolfgang aveva dovuto sopportare da bambino. Questo spiegava alcuni dei suoi atteggiamenti, come il non fidarsi troppo, l'essere un po' chiuso in se stesso… gli prese la mano e Wolfgang ricambiò la stretta.
Tra di loro ora si era instaurata una sorta di connessione profonda, perché Wolfgang le aveva mostrato la parte di sé più fragile, più intima, che di solito teneva nascosta a tutti, tranne che a Felix. Era passato dal voler rompere con Kala al raccontarle il suo passato, ma gli era venuto quasi naturale, e onestamente non se ne pentiva: parlare con qualcuno in un momento così brutto gli aveva fatto bene.
Con la mano libera, Wolfgang prese quella di Felix, stringendo da una parte e dall'altra le due persone a cui teneva di più al mondo.
E proprio perché teneva così tanto a Kala… «Perché sei venuta?» le chiese.
«Non ti ho più visto all'Accademia... mi sono preoccupata» rispose. «E avevo ragione.»
«Dopo quello che ti ho detto e dopo quello che ho fatto, perché ti importa di me?»
Kala gli lasciò la mano e strinse i pugni. «Non puoi pensare che baciarmi e dirmi addio basti a farmi smettere di tenere a te. E soprattutto non puoi pensare che lascerò che tu mi lasci senza darmi una spiegazione.»
Wolfgang dischiuse le labbra, ma all'improvviso si bloccò, intravedendo dalla finestra della stanza suo zio Sergei. Si alzò di scatto, e spinse Kala nel bagno.
«Ti prometto che dopo questo avrai la tua spiegazione» sussurrò, e chiuse la porta.
Tornò al suo posto giusto in tempo per quando entrarono Sergei e uno dei suoi uomini.
Prima di dire qualsiasi cosa, lo zio guardò la sedia vuota accanto a lui. «C'è qualcun altro qui?» domandò, e a Wolfgang non sfuggì che l'uomo con lui poggiò la mano sulla pistola.
«No, solo io» rispose, calmo, distendendo le gambe sull'altra sedia, in modo da far credere che l'avesse messa lì per stare più comodo. «Che ci fai qui?»
«Tu e Felix siete come dei figli per me» cominciò Sergei.
Wolfgang gli rivolse uno sguardo ostile. Sapevano entrambi che era stato Steiner a sparare a Felix.
«Come sta?» insistette lo zio.
«Il dottore dice che è un miracolo se non è morto sul colpo» ribatté, mentre la sua rabbia aumentava.
Suo zio se ne accorse. Si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla guancia – Wolfgang avrebbe voluto tagliargliela.
«Il mio sangue scorre nelle tue vene, Wolfgang» gli disse. «Per questo sarò comprensivo, ma dimmi che sei abbastanza intelligente da capire che hai commesso un errore, e che questo non può continuare.»
Wolfgang rimase fermo al suo posto e non rispose.
«Non farmi scegliere tra te e mio figlio» aggiunse lo zio, prima di fare un cenno al suo uomo e lasciare la stanza.
Quando vide che si erano allontanati, Wolfgang tirò un sospiro di sollievo, e distese le mani. Si era conficcato le unghie nei palmi.
Aprì la porta del bagno, facendo uscire Kala, che sembrava piuttosto spaventata.
«Hai sentito tutto, non è vero?»
«La porta è sottile» rispose lei. «Era tuo zio?» ipotizzò lei, sapendo che il padre era morto.
«Indovinato.»
«Di che errore parlava, Wolfgang?»
Se prima Kala voleva una spiegazione, ora gliene serviva più di una. Durante il colloquio di Wolfgang e lo zio aveva avuto paura. Forse ciò che Wolfgang non voleva dirle era più serio di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Ora però era troppo tardi per tornare indietro, lo sapevano entrambi.
Wolfgang poteva solo dirle la verità e sperare di convincerla così che la cosa migliore per lei era separarsi.
«È meglio che ti siedi» le disse Wolfgang, indicandole la sedia. Lui si appoggiò al letto di Felix, mettendosi di fronte a Kala. «Prima di tutto, per rispondere alla domanda che mi hai fatto quando sei arrivata, Felix è stato sparato. Da mio cugino. È successo la sera dello spettacolo, lui mi aveva telefonato… ecco perché sono corso via. Ed è colpa mia perché Steiner voleva vendicarsi per una cosa che abbiamo fatto insieme, per una cosa che… che abbiamo rubato.»
Wolfgang diede a Kala un secondo per metabolizzare la parola rubato – con scarsi risultati, visto che rimase comprensibilmente turbata – e poi le raccontò tutto, dall'inizio fino al furto dei diamanti.
La cosa più brutta fu vedere la delusione e lo shock sul volto di Kala.
Dal canto suo, Kala aveva sempre saputo che Wolfgang avesse un segreto, ma non avrebbe mai neanche lontanamente pensato al furto. Certo, si era sempre trattato di piccole cose, anche sotto le pressioni dello zio, ma comunque era un bel po' da mandare giù e non sapeva se ce l'avrebbe fatta.
Wolfgang non fu sorpreso dalla sua reazione, anzi, per lui era già tanto che non fosse fuggita anche prima che finisse.
«Ora capisci perché ti avevo detto che era meglio che ci lasciassimo?»
«Lo capisco» rispose Kala, deglutendo, mentre si alzava dalla sedia, quasi disorientata.
Wolfgang avrebbe dato qualsiasi cosa per cambiare le cose e rimanere con lei, ma ora che sapeva tutto probabilmente non l'avrebbe vista mai più.
Kala non riusciva a pensare in quel momento. Aveva tanto voluto e chiesto una spiegazione, e ora che l'aveva avuta era senza parole. Doveva riflettere su quello che aveva saputo, a lungo.
«Fammi sapere quando si riprende» disse a Wolfgang, riferendosi a Felix. Fece per avvicinarsi a lui, ma non ci riuscì. Non ancora.
Wolfgang ci rimase male ma capì. Forse un addio brusco sarebbe stato più efficace.
«È stato un onore conoscerti» mormorò, quando lei fu sulla soglia. Quello fu il suo saluto, e lo pensava davvero. Le aveva tenuto nascoste tante cose, ma non aveva mai finto con lei, non riguardo a quello che provava.
Kala lo guardò, mosse leggermente la testa, poi uscì dalla porta.
E, pensò Wolfgang con tristezza, anche dalla sua vita.

 

+

 

«Kala, ci sei?»
Kala sbatté le palpebre un paio di volte, per poi trovarsi davanti Lara, che la guardava preoccupata. Dovevano provare la coreografia di un ballo classico solo femminile, e lei e Lara erano in prima fila, quindi si erano incontrate più presto.
La testa di Kala, però, come appunto aveva notato anche l'amica, era da tutt'altra parte.
«Che ti succede?» le chiese di nuovo la ragazza. «Hai lo sguardo perso come ieri sera.»
Il giorno precedente, Lara era andata in camera sua a portarle qualcosa da mangiare, perché non l'aveva vista a cena. In effetti Kala, dopo essere tornata dall'ospedale, si era rintanata nella sua stanza a pensare a tutto quello che Wolfgang le aveva detto. Lara aveva provato a parlarle, ma aveva capito subito che Kala non era molto presente, perciò l'aveva lasciata da sola, sperando che fosse solo stanchezza.
Kala quasi non aveva dormito. Quando aveva chiuso gli occhi per un po', aveva sognato Wolfgang al posto di Felix in quel letto d'ospedale – cosa che sarebbe potuta tranquillamente succedere, pensò lei. Se Wolfgang fosse stato al negozio quella sera… ma era allo spettacolo, per lei. All'inizio non riusciva a conciliare il Wolfgang che aveva conosciuto con quello che aveva scoperto il giorno prima, ma la cosa cominciava ad avere senso. Ora si spiegava la circospezione di Wolfgang quando uscivano, le telefonate, le volte in cui se ne era andato in fretta senza dire nulla, la complicità con Felix… Forse, solo ora conosceva Wolfgang completamente.
E per quanto fosse paradossale, amava questo Wolfgang completo. Aveva desiderato conoscerlo, nei suoi segreti più oscuri, sin dall'inizio – per quanto potesse essere spaventoso, aveva avuto quello che voleva.
«Kala!» la richiamò Lara.
Si era persa di nuovo nei suoi pensieri.
«Scusami» mormorò.
«C'è qualcosa di cui vuoi parlare? Possiamo provare anche dopo.»
Lara era la sua più cara amica all'Accademia, ma non sapeva nulla di Wolfgang, perché Kala non aveva voluto dire che usciva con il loro pianista prematuramente. Lo avrebbe fatto dopo lo spettacolo, se le cose non fossero degenerate proprio nel momento in cui lei aveva realizzato quanto prendesse seriamente la sua relazione con Wolfgang.
«Magari con la musica riuscirò a concentrarmi» disse Kala, evitando deliberatamente la domanda.
Lara provò ad insistere, ma non ci fu niente da fare, quindi fece partire la musica dal suo telefono – il pianista non era ancora arrivato, quello nuovo non era puntuale come Wolfgang.
Kala riuscì a seguire la coreografia per i primi due minuti, poi cominciò a incespicare. Si fermò esasperata, massaggiandosi le tempie, come se potesse aiutarla a liberare la mente, quando in realtà ci sarebbe voluto molto di più.
«Forse dovrei dire a Nacho di sostituirmi, questa volta.»
«Ma sei impazzita?» fece Lara, fermando la musica. Le afferrò le spalle. «A questo spettacolo assisterà anche Aurélie Dupont, la direttrice del Paris Opera Ballet, e sceglierà cinque di noi per trascorrere un semestre da loro!»
Giusto, pensò Kala. Nacho l'aveva comunicato subito, ma doveva averlo dimenticato, con gli avvenimenti recenti.
«Di solito questi “scambi” sono sempre con la compagnia di Monaco» continuò Lara. «Quindi questa è una grande opportunità, e proprio tu non puoi lasciarla scappare.»
«Hai ragione» rispose Kala. Lara aveva assolutamente ragione.
Andare a Parigi, anche solo per un semestre, era un sogno per lei, e non voleva buttare tutto all'aria perché non riusciva a non pensare a Wolfgang.
«Rimetti la musica.»
Lara sembrò contenta nel sentire la determinazione nella sua voce.
«Così ti voglio.»
Nella mezz'ora successiva e durante le prove, Kala riuscì a concentrarsi – qualche volta dovette darsi un pizzicotto, ma ci riuscì.
Il porsi un obiettivo – uno importante per di più – era una buona distrazione.
L'unico problema era che appena smetteva di ballare la sua mente tornava a Wolfgang, a Felix, a quello che aveva sentito dire a Sergei...
Non farmi scegliere tra te e mio figlio”: cosa sarebbe successo a Wolfgang se Sergei avesse scelto il figlio?
Quello che è successo a Felix, le suggerì una vocina nella sua testa, ma era una possibilità che si rifiutava anche solo di contemplare.

 

Kala trascorse quasi un mese a provare più che poteva, non solo per brillare allo spettacolo, ma soprattutto per tenersi occupata. Aveva anche cominciato a non usare molto il cellulare, perché ogni volta che lo teneva in mano era tentata di scrivere a Wolfgang o di chiamarlo.
Ogni volta si diceva che non era il ragazzo per lei… però era troppo intelligente per non capire che mentiva a se stessa.
Per ogni argomentazione contro Wolfgang, lei trovava sempre un ma.
«E allora cosa devo fare?» si domandò da sola. C'era bisogno però di fare anche una distinzione: cosa doveva fare e cosa voleva fare.
Ragionevolmente, avrebbe dovuto allontanarsi il più possibile da Wolfgang, come chiunque le avrebbe suggerito. Nel profondo del suo cuore, invece, avrebbe voluto fare l'esatto opposto.
Si sentiva come se Wolfgang le fosse entrato sotto la pelle, e non se ne sarebbe andato più – ad essere sinceri, lei non voleva che se andasse.
Era vero, aveva fatto delle cose che avrebbero fatto fuggire via altre ragazze, ma lei sapeva che Wolfgang non era una cattiva persona.
Di questo era convinta, perché con lei era stato meraviglioso.
Ognuno ha luce e ombra, e più passava il tempo, più si convinceva che era disposta a convivere con l'ombra di Wolfgang, pur di avere la sua luce. Ne valeva la pena.
Sicuramente valeva la pena almeno di dargli una possibilità.
Kala si disse anche che era l'unico modo per risolvere la situazione: se non avesse funzionato neanche quella volta, lei avrebbe dimenticato definitivamente Wolfgang.
Se invece avesse funzionato… era un'alternativa che le piaceva molto di più.

 

+

 

Quelle settimane a Wolfgang erano sembrate anni.
Le condizioni di Felix erano sempre uguali, e il risveglio dal coma appariva sempre più lontano. Wolfgang passava ormai tutto il giorno in ospedale – senza il lavoro all'Accademia, non c'era niente che dovesse fare. Le infermiere lo conoscevano, e gli portavano anche qualcosa da mangiare, visto che lo trovavano perennemente al fianco di Felix.
Si era portato da casa la loro poltrona, perché quella sedia gli aveva fatto venire il mal di schiena.
Trascorreva il tempo trascrivendo musica, sonnecchiando e vedendo i film preferiti suoi e di Felix – metteva le cuffie anche all'amico, come se la voce di Conan il Babaro potesse aiutarlo a svegliarsi.
Proprio durante la loro scena preferita, la porta della stanza di Felix si aprì, e Steiner entrò senza bussare, accompagnato da due dei suoi uomini e da una donna – probabilmente quella di cui Wolfgang aveva sentito la voce al telefono.
Non appena messo piede oltre la soglia, Steiner non ebbe neanche il tempo di parlare che Wolfgang saltò in piedi con i pugni serrati. «Che cazzo ci fai qui?»
«Giù, bello, giù» rispose Steiner, alzando le mani. Si comportava come l'uomo più innocente del mondo.
Wolfgang si calmò, ma rimase in pedi.
«Mio padre mi ha detto che ti ha già parlato» cominciò Steiner. «Ma conoscendoti, cuginetto, ho pensato che ti servisse qualcosa di più.» Si sedette sul letto, ai piedi di Felix, e spostò lo sguardo su di lui. «Voglio bene a Felix, ed è dura vederlo così.»
Wolfgang ribolliva di rabbia. Steiner era perfettamente consapevole del fatto che Wolfgang sapeva che era stato lui a sparare a Felix. La sua recita non sarebbe servita a nulla, voleva solo farlo infuriare. Wolfgang preferì non parlare, e lasciò continuare il cugino.
«Eppure so che concorderebbe con me sul fatto che se l'è cercata.»
Wolfgang gli avrebbe sputato in faccia come minimo, ma si trattenne ancora una volta.
«Ho degli amici che lavorano qui» riprese Steiner. «Gli ho chiesto di tenere d'occhio Felix. Sai, basterebbe somministrargli la medicina sbagliata e… boom!» sorrise sadicamente. «Morto.»
«Possiamo saltare al momento in cui la finisci di dire stronzate?» chiese Wolfgang, interrompendo quella farsa. Sapeva cosa voleva Steiner. «Noi ti diamo i diamanti...»
«I miei diamanti!» gridò Steiner.
Per una volta Wolfgang diede ragione a Sergei: Steiner era insopportabile quando piagnucolava.
«… e tu lasci me e Felix in pace» concluse Wolfgang.
«Fortunatamente per te, Wolfie, non sono uno che ripensa al passato. Quindi io mi riprendo le mie pietruzze, e viviamo tutti felici e contenti.»
Wolfgang annuì impercettibilmente e Steiner fece lo stesso. Poi fece un cenno agli altri di andare via e gli diede un appuntamento.
Wolfgang riuscì a sedersi solo quando Steiner ebbe chiuso la porta dietro di sé.
Da quel momento, cominciò a pensare più seriamente alla vendetta. All'inizio aveva aspettato, perché credeva che Felix si sarebbe svegliato prima e ci avrebbero pensato insieme. Ma più il tempo passava e  – per quanto odiasse ammetterlo – più diventava reale la possibilità che Felix non si svegliasse mai, più lui sentiva l'impellente bisogno di fare qualcosa.
Tanto cosa aveva da perdere?
Si faceva questa domanda ogni volta e la risposta era sempre la stessa. Aveva già perso tutto quello che poteva perdere: la sua famiglia, Felix, il suo lavoro, e l'ultima cosa bella che gli era rimasta, Kala.
Wolfgang scosse la testa. Pensare a lei gli faceva male e lo faceva distrarre. Quando vedeva il volto di Kala nella sua mente, lo sfiorava appena il pensiero di lasciar perdere ed essere la persona migliore che lei avrebbe meritato.
A quel punto si diceva due cose. 
Primo: Kala non è più nella tua vita. Secondo: qualsiasi cosa tu faccia, non te la meriteresti comunque.

 

+


Quella mattina Wolfgang lasciò l'ospedale soddisfatto del piano che aveva preparato in poco tempo.
Non appena arrivato al luogo stabilito per l'incontro con Steiner, fu ovviamente perquisito da uno dei suoi uomini – per due volte.
«È un tipo fottutamente astuto» motivò il cugino.
Non sai quanto, pensò Wolfgang, nascondendo un sorrisetto.
Il tizio trovò solo un sacchetto nella sua tasca. Dopo essersi accertato che non conteneva una cimice, lo passò a Steiner, il quale si sfregò le mani con avidità.
«Hai quello che volevi» disse Wolfgang, sperando di finirla lì.
«Aspetta» lo fermò il cugino. «Voglio sapere come hai fatto a prenderli. Quando sono arrivato la cassaforte era intatta, e io stesso ci ho messo due ore per sventrarla.»
«L'ho scassinata» rispose Wolfgang, con una scrollata di spalle.
A Steiner non piacque la risposta. «Ah sì? Auscultando le manopole con il tuo stetoscopio?»
Wolfgang annuì e il cugino lo colpì allo stomaco, facendolo cadere a terra.
«L'hai scassinata, eh?!» gridò, poi si rivolse ai suoi uomini. «Ve lo dicevo che è astuto. Il primo ad aver scassinato una cassaforte S&D.»
Gli diede un altro pugno, stavolta al mento. «Pensi che sia così stupido da crederci?»
Wolfgang preferì non rispondere.
«Oh, è quello che pensi?» richiese Steiner.
Lui non disse niente neanche stavolta, e questo sembrò far arrabbiare il cugino ancora di più.
Mentre Wolfgang strisciava verso la macchina, Steiner prese la pistola dalla cintura di uno dei suoi uomini e gliela puntò contro. «Non hai risposto alla mia domanda. Pensi che sia stupido?»
«No» disse lui, anche se pensava l'esatto contrario.
«Bene» approvò Steiner, ma non abbassò l'arma. «Ora dimmi la verità su come hai fatto o il tuo cervello astuto finirà spappolato sull'asfalto.»
In quello che sembrò a Wolfgang un istante lunghissimo, guardò la pistola sotto la macchina e decise di bluffare giusto per il tempo che gli serviva. Si inventò che Felix aveva estorto la combinazione al proprietario.
«Lo sapevo, cazzo, lo sapevo!» Steiner sembrava soddisfatto, e si allontanò da lui per pavoneggiarsi con gli altri presenti.
Menomale che sei veramente stupido, pensò Wolfgang, afferrando la pistola mentre il cugino era di spalle.
Aprì il fuoco.
Era in minoranza ma riuscì a sparare a tutti, fatta eccezione per Steiner ed un altro, che salirono in macchina.
«Tu e il tuo amico siete morti!» gli gridò Steiner dal finestrino, mentre l'uomo guidava.
Wolfgang, con tutta la tranquillità del mondo, prese dal portabagagli un lanciarazzi. Prese la mira e premette il grilletto.
Due secondi dopo la macchina di Steiner saltò in aria in una nube di fuoco.










 

 

* Nella storia, le vicende che riguardano Wolfgang e Felix nella prima stagione di Sense8 sono mantenute uguali, solo che Wolfgang non è un sensate e invece di stare al negozio di serrature lavora come pianista.
Le compagnie di danza esistono davvero, così come Nacho Duato e Aurélie Dupont, ma non so se esita un'Accademia, se diano borse di studio, o se facciano degli "scambi", quella è una mia invenzione. 


Note dell'autrice:
Questa parte e la seguente sono state le più difficili da organizzare e da scrivere, soprattutto perché avevo paura di rendere i personaggi ooc.
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo e lo pubblicherò la settimana prossima prima di partire. Vi lascio la mia 
pagina autrice per qualsiasi cosa ;)
Come sempre, grazie a tutti quelli che leggeranno e che mi lasceranno un qualsiasi parere, sicuramente apprezzato 
A presto,

 

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Capitolo 4
*** Atto IV ***









 

Wolfgang tornò in ospedale pronto a mettere in atto la seconda parte del piano.
Per prima cosa spostò Felix in una clinica, dove sarebbe stato più al sicuro se qualcuno l'avesse cercato. L'aveva già messo in pericolo abbastanza. Aveva usato un furgone, per caricare la barella di Felix, quindi dovette tornare indietro per prendere la sua macchina.
Nel parcheggio, appoggiata alla portiera, vide Kala.
Pensò che dopo aver ucciso Steiner stesse avendo delle visioni. Già mentre si recava sul posto aveva immaginato Kala che cercava di dissuaderlo dicendogli che era migliore di così, quindi ritenne plausibile che facesse tutto parte della sua immaginazione.
Almeno finché Kala non parlò.
«Dov'è Felix?»
Allora era reale.
Il fatto che fosse lì lo sbalordiva più della possibilità di avere le allucinazioni.
«In un luogo più sicuro» rispose lui, ancora incredulo di star parlando con Kala.
In quelle settimane gli era sembrata impossibile anche solo l'idea di trovarsi nella sua stessa stanza. Il cuore gli batteva a mille come quando aveva sparato a Steiner, ma stavolta per un'emozione completamente diversa.
«Quindi è vivo?»
Wolfgang annuì, e Kala sorrise sollevata.
«Sono andata nella sua stanza e quando non ho visto nessuno ho pensato al peggio. Però ho riconosciuto la tua macchina nel parcheggio.»
«Da quanto tempo sei qui?»
«Quasi un'ora, credo. Potrei aver ballato un po' per passare il tempo.»
Wolfgang sorrise, e solo in quel momento si rese conto che non lo faceva dall'ultima volta che aveva visto Kala.
«Se fossi stato in te, non avrei aspettato nemmeno cinque minuti» disse, tornando serio. Per quanto vedere Kala lo rendesse più felice di ogni altra cosa, non capiva cosa l'avesse spinta a cercarlo.
Kala scosse la testa. «Avrei aspettato anche di più. Devo parlarti.»
Wolfgang aveva ripensato alla loro ultima conversazione per giorni, e non aveva voglia di rigirare il coltello nella piaga. «Pensavo che ci fossimo detti tutto.»
«Forse tu hai detto tutto, ma non hai mai lasciato parlare me. Hai dato per scontato che non ce l'avrei fatta a stare con uno che ha fatto quello che hai fatto tu, ma non sta a te decidere cosa è troppo per me» cominciò Kala. In realtà per tutto quel tempo aveva ripetuto in mente il discorso che aveva intenzione di fare a Wolfgang, per paura che per via dell'emozione avrebbe dimenticato un pezzo. Mentre parlava, però, si rese conto che doveva lasciarsi guidare proprio dalle sue emozioni. «Io ti ho conosciuto in questi mesi, Wolfgang, e nessuno può dire il contrario, nemmeno tu. Ora conosco tutto di te e lo accetto.»
Wolfgang avrebbe voluto più di ogni altra cosa risolvere tutto così, ma a Kala mancavano alcune informazioni fondamentali. Non avrebbe messo la sua vita in pericolo ancora più di prima per egoismo. Voleva stare con lei, ma voleva ancora di più che lei fosse felice e con al suo fianco una brava persona. «Non sai cosa stai accettando.»
Kala lo guardò confusa, poi notò il sangue sulle sue mani. Non le ci volle molto.
«Chi…?»
«Steiner» confessò lui. Tanto valeva dirle tutta la verità, magari così avrebbe capito che lui era irrecuperabile e sarebbe stata al sicuro. «Aveva minacciato me e Felix.»
Lei rimase in silenzio.
Wolfgang guardò l'orologio. «Sergei l'avrà capito ormai. Quindi ora è il suo turno.»

«Wolfgang!» gridò lei. «Non farlo, per favore. Se non lo fai, il futuro cambierà.»
Lui scosse la testa. «Delle cose nella vita sono inevitabili. Se non vado io da lui, verrà lui da me.»
Kala gli afferrò la mano prima che potesse aprire la portiera. «Ti prego» mormorò, fissando lo sguardo nel suo. I suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime. «Ti uccideranno.»
«Non capisco perché ti importi» disse lui. «Sono un mostro, dovresti avere paura di me.»
Dire quelle parole per allontanare Kala lo spezzavano dentro, ma allo stesso tempo sentiva che erano necessarie.
«Quello che mi fa paura è che tu muoia» ribatté Kala, sollevando il mento. «Non ho paura di te. Se ti ritenessi un mostro non sarei qui ora.»
Wolfgang dischiuse le labbra ma non riuscì a trovare le parole giuste. Non avrebbe mai immaginato che Kala gli avrebbe detto una cosa del genere.
«Tu mi hai detto addio, quel giorno all'Accademia. Io non ero pronta» continuò Kala. Si fermò un attimo, poi prese coraggio e poggiò le labbra sulle sue. Fu un bacio veloce ma profondo. «E neanche adesso sono pronta per gli addii» sussurrò, a un centimetro dal suo viso. «Quindi, se proprio devi farlo...»
Wolfgang annuì determinato, riscuotendosi dalla bolla in cui si era in cui si era rinchiuso con Kala.
«Torna da me. Ti aspetterò all'Accademia.» concluse lei, spostandosi per farlo salire in macchina.

«Lo farò» rispose Wolfgang, più motivato che mai.
Ora voleva vivere eccome.

 

+

 

Wolfgang trovò molto difficile concentrarsi su quello che doveva fare, durante il tragitto verso casa dello zio. Vedere Kala lo aveva indubbiamente scombussolato: non si aspettava di incontrarla e soprattutto non si aspettava che lei gli avrebbe parlato in quel modo. Chiunque altro, probabilmente, al posto suo sarebbe fuggita a gambe levate – se non dopo aver saputo dei furti, sicuramente dopo averlo visto mentre si preparava ad uccidere suo zio.
Ma Kala era speciale. L'aveva capito dal primo momento, e proprio per questo non riusciva a capacitarsi del fatto che una come lei volesse stare con uno come lui.
«Concentrati, Wolfgang» si disse, ad alta voce.
Ci avrebbe pensato dopo, se fosse sopravvissuto all'incontro con Sergei. D'altronde, nulla gli assicurava che Kala sarebbe stata ancora lì quando – e se – lui fosse tornato. Magari gli aveva detto di tornare da lei perché aveva paura per la sua vita, ma non sarebbe riuscita a guardarlo dopo essersi resa conto di quello che aveva fatto.
In ogni caso, decise che avrebbe lasciato la scelta a lei. Se voleva andarsene aveva tutte le ragioni per farlo, e lui non l'avrebbe fermata, per quanto avrebbe fatto male. Se invece avesse deciso di rimanere, se voleva davvero quello che anche Wolfgang desiderava…
Ripose quella speranza nel profondo del suo cuore e sospirò.
Era arrivato a destinazione: si fermò davanti al cancello della casa di suo zio, controllando la pistola.
Da una parte avrebbe voluto accontentare Kala, girare quel volante e rifugiarsi con lei, ma sapeva che non avrebbe mai potuto vivere in quel modo, con il terrore che Sergei si vendicasse su di lui o, cosa di gran lunga peggiore, ancora su Felix o su Kala. Preferiva essere un mostro – tanto, ci era già vicino – piuttosto che mettere in pericolo le uniche persone a cui teneva ancora sulla faccia della Terra.
Determinato, entrò nella casa. Due uomini lo condussero nel studio di Sergei, dove lui lo aspettava.
Nessuno dei due si preoccupò dei convenevoli.
«Sono ore che provo a chiamare Steiner, ma non risponde. Tu sai dov'è?» domandò subito lo zio.
«Sì, lo so» rispose laconicamente Wolfgang.
«Dove?»
«Mi hai detto che non volevi scegliere tra me e lui, quindi ti ho risparmiato la seccatura.»
«Dimmi dov'è mio figlio!» gridò Sergei, perdendo la pazienza.
«Ti darei i dettagli, ma potrai chiederglieli tu stesso tra poco» ribatté Wolfgang con un sorriso sornione, subito prima di estrarre la pistola dalla giacca e sparare a raffica a tutti i presenti.
Sergei cadde a terra insieme a tutti gli altri, e Wolfgang ricaricò immediatamente l'arma.
Gli sembrava che stesse andando tutto troppo liscio, quando all'improvviso notò un guizzo della mano di Sergei…
Giubbotto antiproiettile.
Ebbe appena il tempo di lanciarsi dietro la scrivania prima che Sergei afferrasse la pistola della sua guardia del corpo e cominciasse a sparare nella sua direzione.
«Figlio di puttana!» urlò. «Hai ucciso mio figlio!»
Le sue grida attirarono altri uomini, e Wolfgang corse su per le scale, seguito dal «Sei morto, cazzo!» di suo zio.
Rivide nella sua mente Kala che gli diceva di tornare da lei.
Richiamò tutte le sue forze.
Aggirò gli uomini che lo inseguivano e gli sparò da dietro. Uno riuscì a sfuggirgli, e fecero a pugni finché Wolfgang non riuscì a stenderlo con un pugno ben assestato.
A quel punto, asciugandosi il sangue che gli colava dal naso, tornò dallo zio, seduto su una poltrona con la gamba ferita da un suo colpo. Non appena lo vide, Sergei sollevò la pistola, ma era scarica.

Wolfgang sorrise e gli si avvicinò.
«Perché, Wolfgang?» chiese suo zio, quasi calmo. «Che razza di uomo tradisce la sua famiglia?»
Sergei non aveva ancora capito che per Wolfgang né lui, né Steiner, né il suo stesso padre erano mai stati famiglia.
L'unico familiare che aveva era Felix, e Steiner lo aveva quasi ucciso. La rabbia gli tornò dentro, come fuoco.
Prima di farla finita con suo zio, però, decise di rivelargli la cosa che più voleva sapere: chi aveva ucciso Anton, il padre di Wolfgang.
«Oh Dio, perché l'hai fatto?» chiese ancora Sergei.
«Lo sai benissimo, l'hai sempre saputo. E non hai mai fatto niente.»
Era solo un bambino e la sua famiglia non aveva mosso un dito per difenderlo dagli abusi di suo padre.
Wolfgang interruppe le inutili scuse di Sergei. «Mio padre era un mostro» disse. «Anche tu lo sei.»
Sparò.
Ancora.
Ancora.

«E lo sono anche io.»

 

+

 

Wolfgang si rimise in macchina con le mani che tremavano leggermente.
Non poteva crederci: era tutto finito.
Niente più Sergei, niente più Steiner, niente più diamanti…
Ogni cosa che lo legava a quella parte della sua vita non esisteva più.
Certo, si sentiva un peso nell'anima per aver ucciso Sergei e Steiner, ma allo stesso tempo era… libero.
Completamente libero di fare ciò che voleva e di essere chi voleva, per la prima volta nella sua vita.
Ora la sua mente venne occupata da un solo pensiero: Kala.
Doveva chiamarla? Mandarle un messaggio del tipo “ciao, sono vivo”?
Si ricordò che Kala gli aveva detto che sarebbe stata all'Accademia.
Passò prima in clinica da Felix, per assicurarsi che andasse tutto bene, si diede una ripulita in bagno e poi andò direttamente lì.
Che giornata assurda.

 

Che giornata assurda, pensò Kala. Proprio quando aveva deciso di riprovarci con Wolfgang, aveva scoperto in un solo colpo che aveva ucciso il cugino e stava per uccidere anche lo zio.
Dopo che Wolfgang se n'era andato, Kala era rimasta per mezz'ora seduta nel parcheggio con le ginocchia che tremavano.
Non poteva negare che quello che aveva fatto la spaventasse, ma allo stesso tempo sapeva che Wolfgang stava cercando di sopravvivere. Aveva visto con i suoi occhi cosa era successo con Felix e sentito con le sue orecchie le minacce di Sergei, quindi era convinta che Wolfgang avrebbe rischiato la vita se non avesse reagito.
Per quanto il suo gesto fosse indubbiamente sbagliato, Wolfgang viveva in un mondo sbagliato, in cui, da quello che lui le aveva raccontato, o si uccide o si è uccisi.
Sì, forse lo stava giustificando, ma onestamente Kala preferiva avere Wolfgang vivo, e anche se fosse stato difficile accettarlo e conviverci, lei aveva intenzione di rimanere al suo fianco.
Ormai aveva preso la sua decisione e non avrebbe cambiato idea.

Guardò l'orologio: quel giorno era disposta a perdersi anche le prove, finché non avesse rivisto Wolfgang. Era nella sua stanza, attaccata alla finestra, aspettando di vedere comparire l'auto di Wolfgang.
Eccola.
Il suo cuore sobbalzò.
Si precipitò giù per le scale evitando chiunque incontrasse, e aprì la porta dell'Accademia proprio mentre Wolfgang usciva dalla macchina.
Gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo.
«Stai bene» sussurrò contro il suo petto, sentendo lacrime di sollievo salirle agli occhi.
«Ora sì» rispose lui, mentre la stringeva tra le braccia. Era come se il suo cuore ricominciasse a battere solo accanto a quello di Kala.
Si godettero quel momento senza parlare, beandosi di quel contatto che era mancato ad entrambi.
«Dobbiamo ancora parlare, vero?» chiese lui, dopo un po'.
Kala annuì. Gli prese la mano e si sedettero sulle scale dell'Accademia.
«Quante nostre conversazioni hanno sentito queste scale?» scherzò lei.
Wolfgang sorrise. «Saranno impazienti quanto me di sentire cosa hai da dirmi.»
«Pensavo davvero quello che ti ho detto nel parcheggio dell'ospedale» cominciò Kala, togliendogli già un peso.
«E lo pensi ancora?» la incalzò lui. Prima che lei potesse rispondere, però, le raccontò tutto quello che era successo con Steiner e Sergei. Ora non c'erano più segreti tra di loro: lei poteva scegliere con una visione completa della situazione.
Kala sapeva già cosa dire.
«Sì» rispose alla domanda iniziale. «Quando ti guardo, i miei occhi vedono una persona che ha dovuto affrontare tanto nella vita, ed è stato costretto a fare delle scelte difficili, a compiere azioni brutte… ma non un mostro. Tu hai qualcosa di buono e di bello, nascosto dentro di te. Come io ho qualcosa di oscuro dentro di me.»
«Non vedo nulla di oscuro in te.» 
«Questo non vuol dire che non ci sia» ribatté lei, scrollando le spalle. «Quello che voglio dire è che insieme possiamo diventare persone migliori.»
«Non so come fai a pensare questo, quando razionalmente nessuno lo farebbe.»
Kala gli sorrise. «Quando sono insieme te, la ragione, la logica… non hanno più senso. L'unica cosa che ha senso è che il mio cuore batte più forte ogni volta che siamo insieme. Nessuno mi hai mai fatta sentire così... se tu riesci a farmi stare bene vuol dire che non puoi essere una persona tanto cattiva.»
Wolfgang poggiò la fronte contro la sua. Erano chini l'uno verso l'altro, con le mani intrecciate.
«Ne sei sicura?» mormorò.
Lei annuì. «Ma voglio che tu mi assicuri che non proverai più a lasciarmi.»
«Se l'ho fatto era solo per il tuo bene, non perché non volessi stare con te» rispose lui. «Semplicemente credo di non meritarti.»
«Questo non sta a te dirlo» ribatté lei. «Dimmi qualcos'altro.»
Wolfgang ridacchiò. «Penso di aver detto più cose a te nell'ultimo mese che a chiunque altro.»
«Dimmi cosa provi.»
Lui dischiuse le labbra. Non era il tipo che parlava dei suoi sentimenti, ma dopo che Kala gli aveva aperto il suo cuore, gli sembrava il minimo.
«Se ti dicessi che in questi giorni eri il mio primo pensiero la mattina e il mio ultimo la sera….»
Kala avvicinò il volto al suo.
«Se ti dicessi che…» esitò un attimo. Non aveva mai detto quelle parole a nessuno – Kala era la prima per cui lo sentisse veramente. «Che ti amo...»
«Dimmelo» sussurrò Kala, mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso.
«Perché?»
«Perché mi aiuterebbe a dirti che ti amo anche io.»
Wolfgang condivise il sorriso di Kala. Si sentiva quasi sopraffatto, non riusciva a credere che tutto quello stesse davvero succedendo a lui.
Il mondo intorno scomparve quando le loro labbra combaciarono perfettamente.
E finalmente si scambiarono quel bacio lento, calmo, che avevano tanto agognato.

 

+

 

2 mesi dopo

A Wolfgang sembrava impossibile quanto la sua vita fosse cambiata in un arco di tempo così breve.
Ne stava giusto parlando con Felix. L'amico era ancora in coma, ma lui non perdeva le speranze, anche grazie a Kala, la quale ogni volta che lo vedeva diceva che lo trovava meglio. Aveva letto che parlare poteva aiutare a risvegliarsi, quindi lasciava che Felix ascoltasse le sue conversazioni con Kala, quando la ragazza gli teneva compagnia all'ospedale, o semplicemente il suo blaterare.
«L'avresti mai detto che avrei finito per lavorare come pianista?» gli chiese, sorridendo.
Dopo aver sistemato ciò che doveva, infatti, con l'aiuto di Kala aveva riavuto il lavoro all'Accademia. Nacho ne era stato abbastanza felice, perché il pianista che l'aveva sostituito non gli piaceva molto.
Wolfgang ora lavorava a tempo pieno, mattina e pomeriggio. Quando non era all'Accademia, era all'ospedale o da qualche parte con Kala – quelle rare volte che riusciva a non sentirsi in colpa se non stava al fianco di Felix.
Kala, come sempre, lo capiva e quindi qualche volta se lui non riusciva ad andare agli appuntamenti, portava gli appuntamenti da lui.
Proprio in quel momento, Kala varcò la soglia della stanza di Felix con una busta in mano.
Wolfgang le andò incontro e sfiorò le labbra con le sue.
«Cos'è questo buon odore?» chiese lui, strofinando il naso contro il suo collo.
Kala rise, ma non lo allontanò. «Non sono io. Ho preso qualcosa da mangiare, è ora di pranzo. So che perdi la cognizione del tempo quando sei qui.»
«Sarei perso senza di te.»
«Lo puoi ben dire!» lo prese in giro lei, schioccando le dita contro la sua spalla.
«Se assisto ad un'altra di queste scene muoio davvero» disse una voce debole, quasi impastata di sonno.
Kala e Wolfgang si voltarono contemporaneamente di scatto verso il letto. Felix aveva gli occhi aperti.
Wolfgang gli afferrò un braccio con entrambe le mani e si chinò su di lui. «Sei sveglio?» chiese, con un sorriso a trentadue denti.
«Non ce la facevo più ad ascoltarvi.»
Wolfgang rise e lo abbracciò, il che procurò a Felix un gemito di dolore.
«Scusa» disse Wolfgang, ma il sorriso non scomparve dalle sue labbra. «Mi sei mancato, fratello.»
Kala li guardava sorridendo. Sapeva quanto Wolfgang tenesse a Felix, quindi era felice quasi quanto lui che fosse finalmente sveglio.
«Ho bisogno di una birra» affermò serio Felix, prima di ridere anche lui.
«Tutto quello che vuoi!»

 

Kala aveva accompagnato Felix e Wolfgang fuori dall'ospedale, poi si erano separati perché lei voleva lasciare un po' di tempo ai due da soli.
Dopotutto, aveva avuto Wolfgang tutto per sé per due mesi, e sapeva quanto aveva sentito la mancanza di Felix.
Nel frattempo prese un caffè con Lara. Discussero degli abiti per lo spettacolo – mancava solo una settimana, ormai – e parlando delle prove, Lara tirò in ballo Wolfgang.
«Ormai l'ho capito, Kala, che c'è qualcosa tra te e il pianista» le disse. «Si intuisce da come vi guardate. Anche da come lui ti guarda ogni volta che tu non vedi.»
Kala sorrise imbarazzata. Effettivamente lei e Wolfgang non si stavano impegnando più così tanto per tenere nascosta la loro relazione. Dopo quello che avevano passato, far sapere che usciva con il pianista della sua Accademia non le sembrava più un dramma così grande.
«Stiamo insieme» ammise lei.
Lara batté le mani sorridendo. «Lo sapevo!» esclamò. «Buona scelta, comunque, è proprio carino.»
Kala non poté che concordare.
«Mi fa piacere per te, comunque. Sembri molto felice.»
«Lo sono» le assicurò Kala.
Quei due mesi erano stati quasi perfetti, tranne per il fatto che Felix era in ospedale, cosa di cui ovviamente Wolfgang risentiva. Ora sarebbe stato ancora meglio.
Quando aveva accettato di trasferirsi a Berlino, non aveva idea di quello che avrebbe vissuto – e non parlava dell'Accademia.
Wolfgang era stata la sua grande avventura. E non vedeva l'ora di scoprire cosa le riservava in futuro.
Pensò che era il momento di dirlo alla sua famiglia. Solo Daya sapeva che lei e Wolfgang uscivano insieme – Kala le aveva raccontato la storia a grandi linee, ovviamente senza le parti più compromettenti. Sapeva che la sorella l'avrebbe appoggiata, perché anche lei, come Lara, aveva notato che Wolfgang la rendeva veramente felice.
Decise che lo avrebbe detto a tutti il giorno dello spettacolo.

 

Felix volle andare per prima cosa nel negozio dove gli avevano sparato. Disse che era la cosa migliore per superare quello che era successo.
«Forse dovrei trovarmi anche io una brava ragazza, come te. Non è male, no?» chiese Felix.
«No» rispose Wolfgang, sorridendo al pensiero di Kala. «Non è affatto male.»
Felix scosse la testa. «Sapevo che avresti risposto così. Fai sul serio con Kala, quindi?»
Wolfgang annuì, serio.
«Cosa è successo in questi due mesi, Wolfie? Non volevo parlarne davanti a lei.»
Lui cominciò dall'inizio. Non pensava a Sergei e Steiner da un po', gli sembrava che appartenessero a secoli prima. Era come se con Kala avesse ricominciato da capo, conservando il ricordo del suo passato perché lo rendeva chi era, ma senza che condizionasse la sua vita. Non più«Comunque avrei potuto dirtelo anche in sua presenza. Lei sa tutto» disse Wolfgang con una scrollata di spalle alla fine del racconto.
Felix spalancò la bocca. «Tutto?»
«Sì» Wolfgang ridacchiò dell'espressione incredula di Felix, ma non poté biasimarlo. Se gli avessero detto che una ragazza – una come Kala, per di più – sarebbe rimasta con lui e l'avrebbe amato nonostante tutto, non ci avrebbe mai creduto. «È speciale.»
«Lo è davvero» rise Felix. «Non lasciartela scappare.»
«Non lo farò.»
«Bene» concluse Felix. «Ma vederti così preso e fedele ad una sola ragazza mi ha fatto realizzare che non sono ancora pronto per una cosa del genere. Quindi dimentica quello che ho detto prima e portami in un bar!»
Wolfgang rise. «Ora ti riconosco.»
«Ci hai quasi creduto, eh?» lo prese in giro Felix, mettendogli un braccio attorno alle spalle. «Sono stato troppo tempo in quel letto d'ospedale. Orizzontale, senza divertirmi. Stasera, orizzontale con divertimento.»

 

Quella sera, Wolfgang fece quello che Felix gli aveva chiesto.
Dopo essersi assicurato che tornasse a casa con almeno due ragazze, andò in Accademia da Kala.
«Felix si è ripreso?» gli chiese lei, facendolo entrare in camera.
Era da un po' che Wolfgang riusciva a sgattaiolare nella sua stanza, ma non era ancora successo niente in quel senso. Wolfgang voleva che Kala si sentisse a suo agio, e che fosse lei a decidere.
«Completamente» rispose lui, ridacchiando.
Kala capì cosa intendeva e scosse la testa, senza però nascondere un sorriso.
«A proposito di lui, ti ringrazio di essermi stata accanto. Doveva essere esasperante passare tutto quel tempo in ospedale.»
«Giusto un po'» rise lei.
Wolfgang le baciò la guancia. Vide la foto di quello che sarebbe stato molto probabilmente l'abito dello spettacolo. «Sei agitata per lo spettacolo?» le chiese.
«Un pochino» rispose Kala. «Perché ci sarà Aurélie Dupont.»
«Rimarrà abbagliata dal tuo talento.»
Wolfgang sapeva quanto Kala ci tenesse ad andare a Parigi, anche se lei non voleva ammetterlo, neppure a se stessa, per non rimanere troppo delusa.
Kala annuì, non molto convinta. Era consapevole del suo talento, ma c'erano anche altri ballerini brave, e la selezione era limitata.
Gi
à che parlavano dello spettacolo… «Verrà anche la mia famiglia» buttò lì Kala.
Wolfgang si fermò un attimo. «Così potrò farmi perdonare per quella famosa cena.»
«Sei sicuro?»
Wolfgang rise. «Tu non ti sei lasciata spaventare dal mio passato, e io dovrei avere paura dei tuoi genitori?» chiese. Era il minimo che potesse fare, e anche un passo necessario visto che aveva intenzione di rimanere nella vita di Kala per ancora parecchio tempo. «E poi tua sorella mi adora» aggiunse, per sdrammatizzare. «Mi segue anche su Instagram.»
«Oh, quel profilo che ti ho creato e non usi mai» lo prese in giro lei. «Comunque, è molto importante per me. Grazie.»
Wolfgang la baciò.

 

+

 

La sera dello spettacolo, Wolfgang si offrì di nuovo di accompagnare la famiglia Dandekar al teatro.
Stavolta Kala non ebbe dubbi su come presentarlo.
«Vi ricorderete Wolfgang» disse. I suoi genitori annuirono, ma rimasero sulle loro, mentre Daya alzò un pollice in segno di incoraggiamento. «È il mio ragazzo.»
Wolfgang sorrise e allungò la mano.
La madre di Kala gliela strinse, seguita alla fine anche dal padre.
Durante il tragitto Wolfgang parlò di più della prima volta, visto che non aveva più preoccupazioni esterne. Al momento, la sua preoccupazione più grande era piacere ai genitori di Kala – non perché gli importasse personalmente, ma perché sapeva che Kala ci teneva molto.
Kala sorrideva orgogliosa guardando Wolfgang. Sapeva che per i suoi genitori lui non era la scelta migliore, però lei non aveva alcun dubbio.
Una volta al teatro, Kala lo baciò sulla guancia e andò dietro le quinte. Wolfgang accompagnò i familiari di Kala i loro posti, e mentre stava per andare a cercarne uno per sé, Daya lo invitò a sedersi lì. Lui ringraziò e accettò con un sorriso.
Se possibile, Kala fu ancora più brava che nel primo spettacolo. Quella coreografia sembrava fatta appositamente per lei. Si muoveva in perfetta armonia con la musica. Era impossibile staccarle gli occhi di dosso, anche quando non era sola sul palco o non era tra le prime ballerine.
Niente telefonate preoccupanti, questa volta, quindi Wolfgang si godette lo spettacolo fino alla fine. Fu il primo ad alzarsi in piediper applaudire, con gli occhi fissi in quelli di Kala.
Dopo il solito discorso di Nacho, prese la parola anche Aurélie Dupont. Disse che avrebbe comunicato la mattina seguente i ballerini che aveva scelto, ma che comunque faceva i complimenti a tutti.
Altri applausi, e tutti i ballerini lasciarono il palco. Kala si cambiò, indossò un vestitino rosa cipria, e raggiunse Wolfgang e la sua famiglia.
«Stavo giusto dicendo ai tuoi genitori dove andremo stasera a cena» le disse.
Wolfgang li portò in un locale al centro di Berlino, nella parte più bella della città.
Daya fu la prima a partecipare alla conversazione con Kala e Wolfgang, seguita dalla madre. Il padre ci mise un po', ma alla fine si sciolse anche lui.
Kala sorrise. Indipendentemente da chi avrebbe scelto Aurélie, quella serata era già meravigliosa così.

 

E stava addirittura per migliorare.
Wolfgang accompagnò la famiglia di Kala all'hotel dove dormivano, e rimase in macchina mentre Kala salutava tutti.
«Allora, vi siete ricreduti su di lui?» chiese Kala ai suoi genitori.
«Forse lo avevamo giudicato troppo presto» rispose la madre.
«Sai che per me è difficile trovare un uomo che sia alla tua altezza» intervenne suo padre. «Ma non ti ho mai visto tanto contenta accanto ad un ragazzo. Neanche con quel Rajan. Quindi mi farò andare bene Wolfgang, almeno finché si comporterà bene.»
Quella era già una vittoria, conoscendo suo padre.
Abbracciò tutti e risalì in macchina.
Raccontò a Wolfgang la conversazione e lui ridacchiò. «È un tipo tosto tuo padre.»
«Da una parte» concordò lei. «Però sotto sotto vuole solo il mio bene.»
«Puoi assicurargli che su questo siamo d'accordo.»
Wolfgang la riaccompagnò fino in camera. In corridoio non c'era nessuno, e l'Accademia era stranamente silenziosa.
Mentre apriva la porta, Kala sentì il cuore cominciare a battere più velocemente. Aveva già pensato a quello, ovviamente, ma non aveva mai trovato il momento giusto. Forse ora, passata l'ansia per Felix, i preparativi per lo spettacolo…
Era normale che si sentisse agitata, perché era la sua prima volta. Sapeva che per Wolfgang non lo era, ma non le importava, perché sapeva anche che non aveva mai provato per nessuna quello che provava per lei. Magari altre avevano avuto il suo corpo, ma non il suo cuore.
Questo la incoraggiò.
Aprì la porta e si girò verso Wolfgang.
Anche lui aveva pensato a quello a cui aveva pensato lei, ma non osava fare nulla. Aspettava lei.
«Vuoi entrare?» chiese Kala, e non c'era bisogno di dire niente di più.
«Mesi fa, davanti a questa stessa porta, ti ho detto che ti ho desiderata dal primo momento che ti ho vista, perciò credo che tu conosca la mia risposta» sussurrò lui, con il suo solito sorriso malizioso. «Ma non entrerò se non lo vuoi.»
«Quella volta mi dicesti anche che sapevi che provavo lo stesso» gli ricordò lei, mettendo le mani sulla sua camicia. Aprì il primo bottone. «Ed è così.»

Aprì altri due bottoni.
«Entri?»
Wolfgang si sentiva sempre più fortunato. «Volentieri» rispose, e prese in braccio Kala, che strinse le gambe attorno alla sua vita.
Entrarono in camera e Wolfgang chiuse la porta dietro di loro, senza mai staccare le sue labbra da quelle di Kala.
Quella notte, né Wolfgang né Kala si sentirono più solo uno, ma parte di un noi, come se fossero un unico corpo.
Combaciavano perfettamente, per ogni centimetro di pelle.

 

+

 

La mattina dopo furono svegliati dalla suoneria di Kala.
La ragazza sollevò la testa dal petto di Wolfgang, e si sciolse a malincuore dal suo abbraccio. Non aveva mai dormito meglio – anche se la parte della notte che aveva preferito era un'altra.
La chiamata era da un numero sconosciuto.
«Non è possibile» mormorò.
Wolfgang, ancora mezzo addormentato, capì al volo. «Rispondi!» le disse, stropicciandosi gli occhi.
Kala lo fece. Era Aurélie Dupont.
Cercò di mantenere la calma, di non far capire dalla sua voce ciò che la donna le aveva detto.
«Allora?» le chiese Wolfgang, che nel frattempo si era messo seduto in mezzo al letto.
Poiché Kala esitava e rimaneva seria, Wolfgang si alzò e si avvicinò a lei. Forse non era stata scelta, anche se gli sembrava assurdo.
«Kala...»
Kala finalmente sorrise, sorprendendolo. Gli appoggiò le braccia sulle spalle e allacciò le mani dietro la sua nuca. «Sei mai stato a Parigi?»
«No» rispose lui, e le sue labbra si distesero in un sorriso mentre capiva cosa voleva dire.
«Bene» esclamò lei, poggiando la fronte contro la sua, i loro nasi che si sfioravano. «Perché voglio che sia solo nostra.»
«Vuoi che venga con te?»
Lei annuì. Ci aveva pensato da quando erano tornati insieme, però non gliene aveva voluto parlare finché non fosse stato sicuro che sarebbe andata a Parigi. Quei sei mesi non sarebbero stati la stessa cosa senza Wolfgang. «So che Felix è uscito da poco dall'ospedale, che ci sono tante cose da sistemare...»
«Quando si parte?» la interruppe Wolfgang. Era vero, c'erano diverse cose a cui pensare, ma nulla di impossibile. Non si sarebbe perso l'occasione di fare quel viaggio insieme a Kala, sarebbe stata un'esperienza fantastica.
«Tra una settimana.»
«Direi che abbiamo abbastanza tempo per preparare tutto.»
Kala non poteva essere più felice. Diede un bacio a Wolfgang.
«Un assaggio dei prossimi sei mesi nella città dell'amore.»
Stavolta fu Wolfgang a baciare lei. «Spero solo di non doverti condividere troppo con il Paris Opera Ballet» scherzò, felicissimo che Kala riuscisse ad andarci. «Mi dispiace solo che non potrò vederti ballare durante le lezioni.»
Kala lo strinse forte, facendo aderire i loro corpi, finché i loro cuori non si trovarono uno di fronte all'altro e cominciarono a battere all'unisono.
«Ballerò per te quando vuoi. Seguendo il ritmo dei nostri cuori che battono.»









 



 

* Nella storia, le vicende che riguardano Wolfgang e Felix nella prima stagione di Sense8 sono mantenute uguali, solo che Wolfgang non è un sensate e invece di stare al negozio di serrature lavora come pianista.
Le compagnie di danza esistono davvero, così come Nacho Duato e Aurélie Dupont, ma non so se esita un'Accademia, se diano borse di studio, o se facciano degli "scambi", quella è una mia invenzione. 


Note dell'autrice:
Ed eccoci all'ultimo capitolo! Questa parte è stata difficile da scrivere, ma penso che sia la mia preferita - finalmente Wolfgang e Kala hanno un po' di felicità :')
La conclusione è ovviamente un richiamo alla scena della seconda stagione, perché volevo troppo che Wolfgang e Kala andassero a Parigi insieme.
La cosa più complicata di questa storia è stato sicuramente mantenere IC i personaggi, essendo una AU, e mi auguro di esserci riuscita.
Mi è piaciuto tanto scrivere una storia in questo fandom, spero che a voi sia piaciuto leggerla ❤ 
Ringrazio chi è arrivato fin qui e chi mi lascerà un parere ;)
Vi lascio la mia
pagina autrice per qualsiasi cosa.

Buone vacanze!


 

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