10 motivi per fidarmi di te.

di Chiaroscura69
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto prese una brutta piega. ***
Capitolo 2: *** Il primo giorno di scuola. ***
Capitolo 3: *** 10 plausibili motivi per fidarmi di te. ***
Capitolo 4: *** Messaggi onirici e miraggi. ***



Capitolo 1
*** Come tutto prese una brutta piega. ***


Nella vita mi sono piaciuti diversi Alessandri. Il primo lo conobbi in quinta elementare, quando ero ancora una bambina espansiva, estroversa e felice, giocavo a basket e lui era un mio compagnetto. Naturalmente mi piacque subito, ma non ottenni la sua attenzione. Il secondo Alessandro che mi colpì lo conobbi alle medie, era un mio compagno di classe ed era dotato di un'intelligenza che trovavo affine alla mia, anche con lui non ebbi speranze. Il terzo Alessandro è quello della cui storia vi ho già parzialmente parlato, ed è colui per cui ho iniziato a scrivere anche questa storia. Ci sono incontri nella vita che ti sfiorano e non ti lasciano nulla se non la vaga consapevolezza di esserci stati, e poi ci sono Alessandri che ti cambiano la vita in un modo o nell'altro.

Passarono cinque anni dall'ultima volta che lo incontrai e la mia vita, se devo essere onesta, scorreva in maniera abbastanza tranquilla; tant'è che ero arrivata alla conclusione che non fosse necessario trovare l'amore, sposarsi e avere una famiglia per essere felici.
Vivevo con Vanessa a Firenze, in un piccolo appartamento che consisteva in due camere, una spaziosa cucina(su questo Vane non aveva voluto sentire ragioni), un piccolo balconcino e un bagno modesto ma comodo. Per tenerci compagnia quando per qualche motivo ci trovavamo sole in casa avevamo preso un peloso gatto arancione che aveva come nome il mio soprannome dell'epoca, ovvero: Carotina.
L'attività di Vane iniziava a dare i suoi frutti e anche il mio lavoro dava un grosso aiuto, tanto che avremmo potuto benissimo cercarci una casa più grande e più lussuosa, ma io e lei siamo state sempre tendenti ad affezionarci facilmente ai luoghi e alle cose che ci ricordano periodi sereni e spensierati come quello che stavamo vivendo allora.
Così, quel giorno mi svegliai rilassata, benchè fossero appena le sette meno un quarto del mattino, e iniziai a canticchiare sotto voce una delle mie canzoncine disney preferite preparandomi per andare a lavoro.
Da quando ero diventata insegnante del liceo avevo dovuto smorzare un po' la mia stravaganza nel vestiario, tuttavia non rinunciavo a creare un mio stile personale ogni giorno, ricercando le tinte più allegre e colorate. Quel giorno era il mio primo nel nuovo liceo, perciò volevo fare una buona impressione. Indossai un vestito bianco che mi scendeva giusto fino alle ginocchia, trucco leggero, tacco bianco ed ero pronta. In quei cinque anni i miei capelli avevano subito una mutazione: erano tornati ricci. Perciò mi ritrovavo un testone di capelli arancioni e terribilmente ricci.
Arruffai un po' il pelo a Carotina e fuggii cercando di fare il minor rumore possibile, dato che Vane per una volta doveva alzarsi un po' più tardi di me.
Ai tempi ero fiera della mia macchina. Era una bella giulietta bianca che mi piaceva tirare a lucido come se fosse d'oro. Al suo interno non era poi così pulita, dato che il mio disordine è proverbiale, ma all'esterno faceva il suo figurone.
Ogni volta che arrivavo in una scuola nuova con quella macchina diversi studenti pensavano che fossi una loro coetanea e si fermavano a parlarmi, salvo poi scoprire, con grande imbarazzo, che sarei potuta essere, con tutta probabilità, la loro professoressa.
Era divertente non essere più l'adolescente imbarazzata e imbranata, mi sembrava giusto che ora toccasse a qualcun altro.
Entrai dall'atrio principale e mi accorsi subito che la scuola non era una di quelle a cui ero stata abituata fino a quel momento; era terribilmente lussuosa. I ragazzi che ci vagavano con gli sguardi spenti erano vestiti riccamente e non ce n'era uno che non stringesse in mano un iphone all'ultimo modello. Mi sentii subito una barca nel bosco.
Cercai di non attirare troppo l'attenzione ma notai che si giravano comunque tutti a guardarmi ogni volta che passavo.
Mi infilai nell'ufficio del preside dove avrei incontrato i miei nuovi colleghi e scoprii, appena varcata la soglia, di essere in realtà giunta per ultima.
Con un po' di imbarazzo salutai e sorrisi con garbo assumendo l'espressione di cortese superficialità che con gli anni avevo acquisito alla perfezione.
''Oh, signorina Vittoria, finalmente la conosciamo''esclamò con calore tentendomi la mano una donna sulla quarantina con un tailleur grigio topo e degli occhi azzurri paralizzanti.
''Scusate il ritardo, purtroppo c'era traffico''mi scusai timidamente stringendole la mano.
''Non è lei in ritardo, siamo noi in anticipo. Come scoprirà in questa scuola la parola chiave è: efficienza. Quanto si può fare per essere più produttivi si fa. In breve si adatterà anche lei''esordì finalmente il preside, un uomo sulla cinquantina con lo sguardo severo e grossi baffi bianchi.
''Ma certo, sono assolutamente d'accordo''risposi sorridendo. Tuttavia, per la verità, ero rimasta un po' sconcertata dalle parole del preside, mi sembrava di scorgerci un po' di esacerbato stakanovismo.
I miei colleghi si presentarono uno per uno con un sorriso ed erano tutti volti cordiali e sconosciuti. Tutti tranne uno.
''Vittoria, non vorrei dire falsità, ma credo che noi due già ci conosciamo'' disse l'ultimo collega che ancora non avevo avuto modo di guaradre in faccia.
Rimasi agghiacciata.
Due occhi azzurri mi fissavano divertiti mentre aspettavano che lo riconoscessi.
Roberto era stato una cotta devastante che avevo avuto negli ultimi anni di università, tuttavia, data l'ultima esperienza con Alessandro, avevo fatto sì che la cosa non decollasse prima che fosse troppo tardi.
Trovarmelo davanti all'improvviso mi causò un fastidiosissimo tic all'occhio che probabilmente lui scambiò per un occhiolino.
''Ehm, certo Roberto! Sarà un piacere lavorare insieme''mormorai senza più guardarlo.
Lui rise.
''Sarà un piacere sì, soprattutto perchè mi hai rubato la cattedra di Italiano!'' mi prese in giro. Effettivamente non so quanto fosse una battuta.
Ridacchiai anche io e poi mi congedai, dato che avevo lezione alla prima ora in una terza liceo. Il preside mi aveva consigliato di passare una decina di minuti prima a conoscere il personale del piano in cui avrei dovuto fare lezione durante l'anno, perchè un buon rapporto tra docenti e personale stimola l'efficienza.
Sentivo che avrei odiato quella parola.

Di Alessandro non avevo voluto sapere nulla per anni, poi, anche volendo, non avrei potuto sapere più nulla perchè era partito. Per questo, immaginatevi il mio sgomento e il mio principio di svenimento, quando ho scoperto che nel mio piano il bidello era proprio lui.
Rimasi paralizzata e la mia cartella mi cadde dalle mani aprendosi e rovesciando tutti i miei fogli per terra. Mi ripresi subito e mi inchinai nascondendomi il volto con i capelli voluminosi. Alessandro si avvicinò subito per aiutarmi.
''Salve signorina, io sono il nuovo bidello e lei è la nuova docente suppongo. Mi chiamo Alessandro''disse mentre avvertivo il suo sguardo attraverso i meandri dei miei capelli.
Non risposi ancora in tranche e ci alzammo entrambi perciò i capelli mi ricaddero all'indietro e mi rivelai.
Leggere il suo sgomento fu la soddisfazione più grande della mia vita fino a quel momento, tant'è che mi ripresi dalla mia paralisi e gli sorrisi con il solito garbo sdegnoso.
''Piacere Alessandro, io sono Vittoria'' risposi senza timore, fissandolo sfrontatamente negli occhi.

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Capitolo 2
*** Il primo giorno di scuola. ***


''Tori?''disse Alessandro sbigottito facendo un passo indietro.
''Oh, non chiamarmi così. Non sono più una ragazzina''risposi sprezzante.
''Sei...diversa''sussurrò guardandomi con circospezione dopo la mia ultima risposta.
Feci spallucce senza farmi sconvolgere dal suo commento.
''Sono passati cinque anni, credevi fossi rimasta la stessa?''
''No. Però mi sembra di vedere il tuo alter ego in questo momento''ridacchiò Alessandro apparentemente di nuovo a suo agio.
Mi infastidii un poco, era divertente vederlo in difficoltà per una volta.
''Ho solo imparato che essere buoni e cari con in prossimo non ripaga mai''risposi facendoli l'occhiolino.
Lui non seppe cosa dire, cogliendo la mia leggera frecciatina, così ripresi in mano la situazione.
''Senti, spero che avremo un buon rapporto professionale qui dentro, perciò anche se nessuno di noi è felice di dover lavore con l'altro almeno per una questione di professionalità facciamo buon viso a cattivo gioco. D'accordo?''dissi, ma suonava più come una minaccia.
''Uhm, certo. Nessun problema''esclamò lui prontamente con un sorriso bastardo che prometteva guai.
Gli sorrisi con tutta la mia civetteria per chiarirgli che se mi stava sfidando avrebbe trovato pane per i suoi denti e lo vidi sbigottirsi nuovamente per la mia reazione. A quel punto gli voltai le spalle e mi portai i capelli all'indietro, consapevole che mi avrebbe fissato fino alla mia entrata in classe.
Quella partita l'avrei vinta io.


Alla pausa delle dieci e mezzo scesi al piano terra per bere il caffè e dopo averlo bevuto mi fumai in tutta tranquillità una sigaretta. Mentre fumavo mi trovai inevitabilmente a chiedermi che fine avessero fatto le mie amiche. Avevo un assoluto bisogno di raccontare tutto ciò che era avvenuto quella mattina a Laura e, se avessi potuto farlo, anche a Fabio. Lui non lo sentivo davvero da troppo tempo per i nostri standard. Era ormai quasi un anno che mancavo da casa e l'ultima volta che ci avevo parlato era il giorno prima di partire definitivamente per Firenze. Non avevamo ricostruito il rapporto come era prima, ma avevamo deciso di mettere una pietra sopra il passato.
Decisi che lo avrei chiamato quella sera stessa. Mentre rimurginavo su questi pensieri una mano mi toccò lievemente la spalla e essendo sovrappensiero mi spaventai, voltandomi di scatto.
''Vedo che le vecchie abitudini persistono''mi prese in giro Roberto alludendo alla mia sigaretta.
''Certo! E tu hai smesso?''gli chiesi curiosa.
''No, però, sai, per una questione di coerenza quando vado a scuola fumo solo la sigaretta elettronica. Che esempio sarei per i miei studenti?''rispose facendomi l'occhiolino.
Arrossii per l'imbarazzo, mi stava chiaramente facendo una critica.
''Non penso che vedere noi fumare possa invogliarli più di quanto già non siano predisposti a farlo'' cercai di difendermi.
''Non ho detto questo. Dico solo che moralmente è più giusto non farlo, e poi mi fa solo bene diminuire un po' con il numero di sigarette''
''Hai ancora l'aroma alla nocciola?''gli chiesi divertita. Quando ci eravamo conosciuti una delle prime cose che ci aveva accomunati era stato l'amore folle per la nocciola e di conseguenza il fatto che io gli scroccassi un sacco di tiri di sigaretta elettronica.
''Certo, però l'ho mischiato con l'aroma al pistacchio adesso. Scommetto che vuoi provare'' mi provocò avvicinandomi la sigaretta elettronica che come sempre emanava un dolce aroma di nutella.
''Sicuro?''
''Certo, Vittoria. Come ai vecchi tempi'' sussurrò guardandomi intensamente negli occhi.
Il suo sguardo mi fece venire i brividi, vi lessi qualcosa di indecifrabile. Forse rimpianto.
Senza dire nulla allungai la mano e presi la sigaretta elettronica facendo un grosso tiro. Sembrava di respirare la cioccolata alla nocciola e al pistacchio. Buonissima.
Socchiusi gli occhi per godermi il gusto fino alla fine e gli sorrisi con riconoscenza.
''Mi stai facendo venire la voglia di comprarla così, Roberto''risi dopo.
''Spero di no, altrimenti poi con che scusa mi avvicino a parlarti durante le pause?''mi prese in giro con un po' di malizia.
Risi di gusto ma fui interrotta da una strana sensazione di disagio quasi viscerale. Mi voltai di scatto e dietro di noi c'era Alessandro che aveva sentito tutto.
Mi fece un cenno con la testa e poi si mise a guardare l'orizzonte oltre di noi mentre fumava anche lui una sigaretta.
Pochi istanti dopo la campanella prese a suonare così mi voltai verso Roberto per congedarmi ma lui mi trattenne.
''Vittoria, ti va se ci prendiamo un caffè domani sera?''mi chiese con un gran sorriso.
Ero molto felice di quellla richiesta per varie ragioni, in primo luogo speravo fosse l'occasione di iniziare a frequentarlo seriamente come non avevo saputo fare ai tempi dell'università e in secondo luogo una piccola, meschina, parte di me era contenta che lo avesse detto di fronte ad Alessandro.
Tuttavia per quest'ultimo stesso motivo provavo anche un grande imbarazzo e una grande tensione. Sentivo lo sguardo di Alessandro sul collo e sapevo che stava ascoltando tutto.
''Con piacere'' risposi semplicemente, anche se mi costò parecchio non farmi sconvolgere dalle emozioni in quel momento. Roberto mi sorrise e mi riaccompagnò in classe, tuttavia voltandomi non potei fare a meno di notare ancora lo sguardo di Alessandro su di me.



Alla fine del primo giorno nella nuova scuola il preside aveva deciso di indire una riunione per sistemare gli ultimi dettagli riguardanti gli orari e per chiederci le nostre impressioni, così rimasi a scuola fino alle otto e mezzo. Roberto non era potuto rimanere perchè aveva un impegno improrogabile e mi accorsi che la sua presenza intorno mi faceva davvero piacere dato che ne avevo sentito la mancanza.
Sorrisi di me stessa mentre tornavo alla mia giulietta brillante. Credevo di essere diventata una donna in grado di resistere ai morsi dell'amore invece alla fine qualcuno iniziava a piacermi. Cercai le chiavi nella borsetta ma come ogni volta ci misi una vita a trovarle. Proprio mentre facevo scattare il pulsante di apertura una voce mi fermò.
''Una giulietta? Non pensavo che avessi tutto questo buon gusto per le macchine''disse Alessandro tranquillamente, appoggiato sul cofano della mia macchina.

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Capitolo 3
*** 10 plausibili motivi per fidarmi di te. ***


Sorrisi nervosamente e mi lisciai le pieghe del vestito con le mani sudate per l'agitazione.
''Lo sai che sembri uno stupratore? Non puoi appostarti a quest'ora nei parcheggi per molestare le giovani insegnanti''scherzai fingendo disinvoltura.
Alessandro osservò con attenzione la mia espressione e poi gli cadde lo sguardo sul movimento compulsivo delle mie mani in preda all'angoscia.
Dovevo imparare ad essere un'attrice migliore se volevo vincere la guerra.
''Ora hai paura di me?''rispose intendendo ciò che entrambi sapevamo, cioè che la nostra storia non era superata come volevo fargli credere.
''Ho sempre avuto paura di te!-ridacchiai con una smorfia- ora però son proprio stanca, è il caso che torni a casa. Buonanotte Alessandro''.
''Ehi, ehi aspetta un attimo. Non mi sfugge il fatto che questa macchina fosse la stessa di cui ti parlavo sempre ai tempi in cui uscivamo insieme e tu non solo l'hai comprata, ma casualmente anche dello stesso colore''
Lo guardai con indifferenza. ''Ti ho sempre detto che piaceva anche a me, no?''
''Mmm, in realtà no. Deve esserti sfuggito''rispose fingendo di pensarci per qualche istante.
Allargai le braccia con un certo fastidio.
''Me ne sarò dimenticata. Sei qui per qualche ragione sensata o solo per accusarmi di cose sensa senso?''mi spazientii subito.
Feci per voltarmi ma lui mi afferrò per un braccio. Il contatto ci provocò la scossa e il fatto del tutto inaspettato ci permise di incrociare lo sguardo improvvisamente.
Il ricordo del giorno in cui ci eravamo conosciuti balenò nei nostri occhi per un istante e ci fece perdere il senso dell'orientamento.
Fui la prima a riscuotermi.
''Senti, Alessandro, non so che idee tu ti stia facendo oggi ma voglio essere onesta: non ci sarà più nulla fra noi. Nulla di nulla. Intesi?''chiesi guardandolo con serietà.
 ''Non ti riconosco più''disse Alessandro guardandomi con intensità negli occhi.
Anche se sotto il suo sguardo mi sentivo morire ormai avevo costruito una corazza così forte che sarebbe stato difficile infrangerla. Sorrisi con garbo e con un movimento che ormai mi veniva naturale alzai gli occhi al cielo con noncuranza.
''Perchè mi hai mai conosciuta davvero?''risposi ridacchiando con sdegno.
''Un giorno mi dicesti che il mio difetto più grande è quello di non saper dire la verità a nessuno, nemmeno a me stesso. Io ho lavorato su questo e ora non è più così. Tu invece quanto hai cercato di migliorare il tuo lato più rancoroso, quello che non sa dimenticare il passato?''
Una risposta troppo matura per lui, pensai. Tuttavia mi lasciò interdetta per qualche istante, perciò rimasi a fissarlo un minuto di troppo.
''Tori io ho ancora questo con me''sussurrò poi avvicinandosi e mostrandomi la mano.
Guardai il suo palmo e ci vidi il cadavere del braccialetto che mi aveva dato tanto tempo prima. Il mio cuore ebbe un sussulto senza che riuscissi a fermarlo ma la mia razionalità si impose e sospirai mestamente.
''Cosa ci dovrei fare con quello?''sussurrai guardandolo a mia volta negli occhi.
''Non ricordi? Avevi detto che finchè lo avresti avuto saremmo rimasti uniti da un legame invisibile''
Lo guardai senza capire.
''E' per questo che l'ho strappato via, ricordi?''risposi senza scompormi.
Alessandro prese il mio polso e prima che potessi fare qualsiasi cosa vi legò di nuovo quel poco che rimaneva del braccialetto, ovvero tre misere cordicelle marroni.
''Ma che fai?''chiesi ritraendo di scatto il braccio.
''Ti ho appena mostrato cosa dovevi farne''
''Intendo dire, perchè? Non ti è chiaro ciò che ti ho detto prima?''
''Stai calma, Tori. E non fare quella faccia, anche se non ti piace, tu sarai sempre Tori per me. Comunque quel che voglio fare è proporti una cosa''
Lo guardai cercando di mascherare la mia curiosità ma trasparì inevitabilmente.
''Parla''esclamai.
''Hai presente quell'idea che avesti tanto tempo fa secondo la quale dovevo mostrarti i 10 peggiori difetti?''
''Quell'idea stupida che non ha portato a nulla? Certo che la ricordo!''esclamai ironicamente.
Alessandro alzò gli occhi al cielo e proseguì.
''Ti propongo di diventare mia amica, solo questo''
Strabuzzai gli occhi sbigottita.
''Non capisco come potrei fidarmi di te e nemmeno cosa c'entri con la questione dei difetti''mormorai confusa.
''Sta proprio qui il punto, ti darò dieci motivi per fidarti di me''
Quella volta fui io ad alzare gli occhi al cielo.
''Non funzionerà Alessandro, esattamente come la mia idea''
''Dacci una possibilità, secondo me c'è speranza''sussurrò citando una nostra conversazione avvenuta anni prima.
''Non- non mi sembra il caso''balbettai nel tentativo di non cedere.
Sapevo razionalmente che sarebbe stata una cattiva idea, ma il mio cuore traditore mi riempiva di pensieri stupidi.
'Tori magari stavolta è sincero' 'In effetti potrebbe essere destino.Quante probabilità c'erano di incontrarlo qui dopo cinque anni?' 'Se dici di no sembra che tu ne abbia ancora paura' 'E' una cosa che potresti gestire'
Alessandro comprese che stavo iniziando a cedere e ne approfittò per mettermi le mani sulle spalle e appoggiarmi lievemente sulla macchina.
''Lascia che mi prenda cura di te, lascia che mi dedichi a te senza nessun obiettivo se non il tuo benessere''mormorò in modo serio.
Intuivo che ci fosse un senso molto più profondo di quello che sembrava e mi si formò un groppo alla gola difficile da smaltire. Prima che potessi impedirlo gli occhi mi divennero lucidi.
Abbassai lo sguardo e mi rifiutai di rialzarlo. Lui mise una mano sotto il mio mento e mi alzò il viso guardandomi negli occhi.
Sorrise dolcemente.
''Allora da qualche parte sei ancora tu''sussurrò continuando a sorridere.
''E' per colpa tua che ora sono così''lo accusai senza nascondere il dolore nella mia voce.
''Lo so'' rispose con serietà Alessandro.
Non dissi nulla e lui continuò.
''Lascia che ti guarisca, Toricarotina'' disse rirpendendo a sorridere.
Tornai in me per l'indignazione e mi scostai incrociando le braccia e sbuffando.
''Oh avanti, ho quasi trent'anni, non puoi chiamarmi così''borbottai.
Alessandrò rise e mi mise un braccio intorno alle spalle.
''Sei ancora una ragazzina dentro, come me''
Scostai il suo braccio con fare disinvolto e feci una smorfia.
''Parla per te, io la sindorme di Peter Pan l'ho superata da un pezzo''lo presi in giro con una frecciatina innocua.
''Non cambierai mai''ridacchiò alzando gli occhi al cielo.

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Capitolo 4
*** Messaggi onirici e miraggi. ***


Tornai a casa scossa e emotivamente distrutta. Non sapevo da che parte cominciare ad analizzare la questione 'Alessandro è tornato'.
Una parte di me si sentiva attratta da Roberto e dentro di me volevo che fosse davvero lui l'uomo che sarebbe riusciuto a farmi star bene, perchè, in tutta onestà, ero davvero stanca di delusioni. Una parte di me più viscerale, più masochista e contorta mi ricordava che Alessandro mi faceva ancora un certo effetto.
D'accordo ma dopotutto è normale, no? Era l'unico di cui mi fossi mai innamorata, e anche se ora l'amore se ne era andato(ne ero certa), era ancora una forte fonte di stress per me. Tutto qui, era solo un elemento di disturbo che avrei imparato a smaltire e gestire con il tempo.
Non sapevo se fosse una buona idea parlarne con Vane, per il semplice fatto che ho sempre notato che quando hai pensieri che ti ammorbano  dirli ad alta voce può ottenere il semplice effetto di oggettivarli, inoltre non ero certa di volerne parlare e basta. Non volevo correre il rischio di crollare di nuovo ora che avevo trovato una mia flebile stabilità.
Tuttavia a Vane non si può nascondere nulla. Appena varcai la soglia della porta e mi guardò in faccia capì che qualcosa non andava.
''Tori? Tutto ok?''mi disse guardandomi negli occhi.
Sospirai buttandomi nel divano letto del soggiorno e mettendomi le mani fra i capelli.
''Voglio solo farmi una doccia e andare a letto''mi lamentai ad occhi chiusi.
'E' andata male nella nuova scuola?''mi chiese sedendosi al mio fianco.
''E' stata una giornata stressante sotto tutti i punti di vista''sospirai ancora.
''Quando ne vuoi parlare sono qui''mi disse capendo il mio stato d'animo.
Una delle cose per cui andavamo così d'accordo era proprio questa: sapevamo prenderci i nostri spazi.
Andai in bagno e cercai una playlist dal mio telefono che mi mettesse un po' di adrenalina, alla fine scelsi gli Halestorm.
La doccia è sempre stata il mio piccolo cantuccio, dove le gocce d'acqua scivolavano via da me come i pensieri, ma quel giorno sentivo che la mia vita era stata nuovamente stravolta senza rimedio.
Una piccola parte di me si iniziava a chiedere se non fosse davvero destino quello di rincontrarlo continuamente e mi chiedevo in quale forma lo avrei incontrato in una possibile prossima vita. I miei pensieri presero improvvisamente una piega inaspettata e mentre il getto mi massaggiava la schiena mi trovai a percepire la sensazione che qualcuno mi stesse spazzolando. Mi voltai di scatto e i miei occhi mi fecero un brutto scherzo, il viso di Alessandro ad un centimetro da me mi sorrideva languidamente.
Uscii dalla doccia di scatto rischiando di scivolare rovinosamente.
Vane bussò alla porta del bagno. ''Tutto bene lì dentro?''chiese con voce ansiosa.
''Mmh sì, perchè?''chiesi cercando di respirare normalmente.
''Sai com'è col tuo urlo hai svegliato un bambino in Africa!''
''Ah tranquilla, stavo solo scivolando ahah''cercai di tranquillizzarla.
Non mi ero accorta di aver urlato.
La doccia non mi aveva rilassato affatto come si può capire, ma l'episodio mi aveva decisamente messa in allarme. Forse i miei sentimenti non erano così sotto controllo come pensavo.
Dopo aver asciugato i miei immensi capelli mi vestii e mi piazzai a letto cercando di prender sonno. Improvvisamente il mio telefono si illuminò nell'oscurità e sopraffatta dalla curiosità controllai chi poteva scocciarmi a quell'orario assurdo.
'Son felice di averti rivista' mi aveva scritto Roberto.
Una leggera sensazione di delusione si diffuse in tutto il mio animo ma la scacciai subito e sorrisi. Almeno a qualcuno faceva piacere la mia presenza.


''Buongiorno''dissi a Vane la mattina dopo e mi accorsi con grande stupore che aveva preparato la colazione e me l'aveva portata a letto. Quello era un comportamento che la mia amica teneva solo in casi estremi.
La guardai con affetto e le sorrisi.
''A cosa devo il piacere?''chiesi incuriosita.
''Ah questo non lo so con certezza, dovresti dirmelo tu. Credo che c'entri Alessandro comunque''disse guardandosi la punta delle unghie con noncuranza.
Per poco non sputai il pezzo di croissant alla nutella che stavo masticando e la guardai con gli occhi strabuzzati.
''Non fare quella faccia Tori. Ti ricordo che parli nel sonno''sospirò Vane guardandomi bene in viso.
''Cos'ho detto?''mormorai terrorizzata.
''Mmh, vediamo...Hai detto: Alessandro lasciami andare, Alessandro non seguirmi e...ah sì, Alessandro sei proprio un bel bidello''
Dalle mie labbre uscì una risata isterica che mi fece andare definitivamente di traverso il croissant.
''Se avessi saputo che avresti reagito così non ti avrei detto nulla''fece Vane dandomi pacche sulla schiena per evitare il soffocamento.
Mi ripresi dopo qualche minuto e mi ripresi la testa fra le mani.
''Forse è il caso che tu mi dica cosa sta succedendo, eh?'' disse infine Vane mettendosi le braccia sui fianchi.
Sospirai per l'ennesima volta e decisi di vuotare il sacco.

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