Survival di tano (/viewuser.php?uid=75665)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 1 *** I ***
SURVIVAL
-avventure
su un isola
deserta-
La tempesta invadeva il ponte della
Going Merry con la sua
acqua biancastra. Il motore della barca era acceso nel disperato
tentativo di
manovrare in mezzo a quell’inferno di schiuma. Per un attimo
la testa d’ariete
dell’imbarcazione puntò in alto, verso le nere
nuvole gonfie di pioggia, ma poi
si rigettò nell’acqua impietosa
dell’oceano. Poi all’improvviso… la vela
principale si era sciolta! Il teschio con il cappello di paglia sorrise
sprezzante alle onde che minacciavano di distruggerlo. Il vento la
gonfiò di
colpo. La nave cominciò a girare vorticosamente su se
stessa, come un guscio di
noce in balia della corrente. La nave si piegò paurosamente
su una fiancata,
gli alberi sfiorarono l’acqua. L’onda successiva si
abbatté sulla Going Merry
con un incredibile accanimento, quasi fosse dotata di vita propria.
L’acqua
salata spazzò il ponte dell’imbarcazione.
Probabilmente qualcuno gridò quando
il corpo cadde in mare, ma la furia della tempesta coprì il
grido.
§§§
Domenica 9 Luglio,
Ore 21:40
Sora entrò
nell’angusto spazio della porta massaggiandosi i
capelli castani che partivano in ogni direzione. Sapeva che doveva
restare su
quella tinozza per il resto del mese, ma non sapeva che sarebbe stata
una
continua lezione di vocabolario. “Non si dice pareti”
ripassò
mentalmente il ragazzo “ma paratie. Non
si dice apertura per uscire ma
tambuccio” Non letti ma cuccette.
La cucina è la cambusa e
le stanze da letto si chiamano cabine. Non sarebbe
mai riuscito a
ricordare tutti quei nomi! Ma in fondo che gli importava, era comunque
costretto a un mese di navigazione sulla Going Merry. A un tratto
qualcuno
bussò alla… si chiamava ancora porta quella?
«Ragazzo? Che stai facendo li
dentro? Riscrivi la divina commedia? Muoviti!»
L’odiosa voce sibilante di
Darkos, il comandante in seconda della Going Merry lo raggiunse. Sora
si
slacciò veloce la cintura dei pantaloncini corti ma
batté violentemente il
gomito contro il lavabo. «Ahia!» gridò.
«Tutto a posto ragazzo?» esclamò
Darkos. Sora bofonchiò un si poco convinto, quello non era
un bagno, sembrava
piuttosto una cabina telefonica. Persino i bagni pubblici erano
più spaziosi.
Sora riuscì a completare l’operazione ma si
bloccò interdetto davanti al grosso
cartello appeso sopra il water. C’erano le istruzioni per
usare lo sciacquone.
1. Aprire la valvola
2. Pompare tre volte
3. Chiudere la valvola
4. Pompare tre volte
5. Chinarsi
Chinarsi? E perché? Sora
non aveva ancora finito di
chiederselo che uscendo andò a sbattere violentemente contro
lo stipite della
porta. «Occhio alla capoccia!» gli urlò
Darkos nelle orecchie. Sora era sulla
Going Merry da circa due ore e già odiava
quell’uomo. Aveva l’abitudine di
urlare sempre, sembrava incapace di parlare normalmente. Come se non
bastasse
aveva una lingua mostruosamente lunga che finiva sempre tra i denti e
che
finiva per bagnare di saliva i suoi interlocutori. «Ti sei
ricordato di
chiudere la valvola?» Sora annuì distrattamente e
chiese «Perché va chiusa?»
«Il turbine dello scarico finisce in mare! Se non si
chiudesse la valvola
l’acqua continuerebbe a entrare! Sarebbe un disastro!
Coleremmo a picco!». Sora
sentì crescere la sua ansia. Da quando aveva saputo che
avrebbe dovuto
imbarcarsi sulla Going Merry i suoi incubi erano stati invasi da onde
anomale,
uragani, calamari giganti e sconti con petroliere. Il suo amico Riku
inoltre
gli aveva fatto vedere a oltranza tutti i film della serie
“Lo squalo”, uno
scherzo di pessimo gusto. Ci mancava solo che dovesse preoccuparsi
anche del
gabinetto! «Emmm, starò attento…
dov’è la mia cabina?» sospirò
rassegnato.
Darkos sogghignò maligno «Ci sei
dentro!». «Ma questo è
il…» le parole
“corridoio del bagno” gli morirono in gola quando
scorse nella penombra due
letti a castello e due minuscoli armadietti. «Questo
è il tuo quarto di
alloggio!» gli urlò Darkos nelle orecchie
indicando uno dei letti. «Cooosa???»
esclamò Sora indignato. «Ti ricordo che non sei su
una crociera di lusso!
Benvenuto sulla Going Merry ragazzo! Luci spente alle 22:00».
Darkos se ne andò
fischiettando in coperta lasciando un sbalordito Sora a fissare il
minuscolo
letto. «Una cosa è certa -mormorò il
ragazzo a mezza voce- questa non è una
crociera di lusso».
Mente
Sora continuava a guardarsi intorno smarrito una testa rosso fuoco
spuntò alle sue spalle. «Scusa, che ore
sono?». Sora guardò il display del suo
orologio da polso. «Le dieci meno un quarto, anzi le 21 e
45». «I miei bioritmi
sono tutti sballati, ho fatto undici ore di aereo per arrivare
qui» si lamentò
il rosso. «Racconta» disse Sora rinunciando a far
stare tutti i suoi vestiti
nel minuscolo cassetto assegnatoli. «Perché hai
scelto di imbarcarti sulla
Going Merry?». «Perché saremo solo noi e
l’oceano, niente porti, niente soste,
solo migliaia e migliaia di metri cubi di acqua, il depliant diceva che
potremmo anche non incontrare nemmeno un imbarcazione o un aereo per
tutto il
mese» ironizzò il ragazzo. Detto così
sembrava proprio una condanna. «A me non
hanno mostrato nessun depliant».
«Davvero?» il rosso sembrava sorpreso «E
come
sei finito qui?». Davanti all’occhio interiore di
Sora passarono di nuovo
quelle maledette immagini. Il giudice che pronunciava la parola
“colpevole”. Le
lacrime di sua madre. Il giudice che, nel suo ufficio, discuteva con i
suoi
genitori «Mandare un ragazzino di soli tredici anni in
riformatorio non mi pare
una scelta saggia, tanto più che è il suo primo
reato. Ci sarebbe un’altra
possibilità. Si tratta di un programma di rieducazione
chiamato “GB”, Giro di
Boa…». Sora lanciò al suo neo-compagno
di cabina un sorrisetto enigmatico.
«Sono un carcerato, mi chiamo Sora».«Che
figata! Io invece sono Ron » disse il
ragazzo sbarrando gli occhi eccitato «Ronald
Wesley» precisò. «I miei genitori
mi hanno spedito qui perché ho litigato con mia
sorella». Sora alzò un sopracciglio
divertito «e solo perché avete litigato i vostri
genitori hanno pensato di
mettere un oceano di distanza tra di voi?».
«Magari! Mia sorella è qui accanto,
nella cabina delle ragazze. Ti assicuro che è odiosa. Avrei
preferito di gran
lunga essere figlio unico!». Sora fece un risolino
«io sono figlio unico, e ti
assicuro che è la cosa peggiore del mondo. Se non hai
fratelli o sorelle i
genitori ti stanno sempre addosso». All’improvviso
le luci si spensero e la
cabina fu invasa dalle tenebre. L’unica lama di luce filtrava
dal boccaporto.
«Bhè, mi sa che mi è venuta voglia di
dormire» ironizzò Sora arrampicandosi su
un letto alto, Ron si sdraiò sotto di lui. «Che
reato hai commesso?» chiese Ron
a bruciapelo. Sora rise amareggiato «Tranquillo, non ho
ucciso nessuno». Il
rosso insistette «Dai! Io ti ho detto perché sono
qui! Cosa hai fatto? Furto
con scasso? Vandalismo? Rissa?…» «Di
sicuro quello sarebbe stato il mio secondo
capo d’accusa» lo interruppe Sora irritato
«Se solo fossi riuscito a trovare il
furbastro che mi ha messo una pistola nell’armadietto di
scuola».
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Capitolo 2 *** II ***
Lunedì
10 luglio, Ore 08:20
Il
capitano Reed Richards aveva due
folte basette bianche.
Era molto alto e doveva chinarsi sempre per passare dalle strette
aperture
della Going Merry. Nonostante questo si muoveva sulla sua barca con una
tale
grazia e naturalezza che sembrava quasi ci fosse nato e vissuto da
sempre. Al
capitano non piacevano molto i discorsi, tranne quando era lui a
tenerli.
«Nessuno di voi è qui di sua spontanea
volontà, per il semplice desiderio di
imparare a navigare» La sua voce era ferma e sicura di se.
«Molti di voi
arrivano da situazioni difficili, alcuni hanno avuto problemi con la
legge»
Sora arrossì visibilmente a quell’affermazione.
«Ma a me non interessa chi
eravate prima di salire sulla Going Merry. Adesso siete una ciurma, la
mia ciurma.
Questa è l’unica cosa che conta ormai, seguitemi e
navigheremo insieme verso
l’avventura!». «Abbiamo forse
scelta?» sibilò Sora nell’orecchio di
Ron. Darkos
si occupava di mettere in riga. «Zitto moccioso! Quando il
capitano parla solo
lui ha diritto di parola!»
La prima
“avventura che
dovettero affrontare fu la pulizia
del ponte. Sora si ritrovò a passare straccio e spazzolone,
mentre la sua
collera cresceva sempre di più Solo tre dei sei membri erano
li a fare la
ciurma, dove erano finiti gli altri tre? Accanto a lui lavoravano Ron e
sua
sorella Ginny Wesley, e non avevano smesso un attimo di litigare.
«Perché passi
lo straccio lì? L’ho già fatta io
quella zona!». «Davvero? Ecco perché
bisogna
ripassarla!». Sora sorrise suo malgrado. Ron e Ginny erano
così diversi che era
logico che litigassero. Lui era robusto, lei pelle e ossa. Lui aveva il
viso
tondo, lei triangolare. Gli occhi di Ron continuavano a vagare
guardandosi
attorno, Ginny non staccava mai lo sguardo dallo spazzolone.
L’unica cosa che i
due fratelli condividevano erano i capelli, rosso fuoco. «Ho
saputo che sei un
delinquente?» gli disse allegramente Ginny a un certo punto.
Sora arrossì
violentemente, forse i fratelli Wesley non si sopportavano ma non
potevano
evitare di dirsi tutto. «È una lunga
storia» borbottò il castano evasivo.
«Anche noi una volta stavamo per finire sotto processo ma il
nostro avvocato è
riuscito a farcelo evitare» continuò Ginny
allegra. «Ehi!» urlò Darkos
dall’albero maestro dove si era arrampicato per controllare
il sartiame. «Meno
chiacchiere! Più olio di gomito! Capito ragazzi?!»
Urlò con il suo solito tono
sibilante.
Sora
osservò Ron e Ginny
mentre continuavano a beccarsi.
Certo che quella famiglia era proprio un capolavoro! Che delicatezza
parlare di
processi scampati a chi, come lui, ne aveva subito uno vero. E poi
quale
genitore spedisce i propri figli al “Giro di Boa”
solo perché litigavano come
qualsiasi fratello e sorella del mondo? Ma poi… accadde. In
mezzo secondo Ginny
era passata dalla semplice provocazione verbale alle mani. La rossa
prese lo
spazzolone e lo tirò sulle gambe del fratello. Ron
schivò il colpo saltando e
lanciò alla ragazza il secchio con il quale stava pulendo.
Furono mosse
fulminee. Darkos scese veloce dall’albero e si frappose tre i
due che stavano
per saltarsi addosso. «Se volete mettervi nei guai non fatelo
con me di
guardia!». E fratello e sorella si rimisero a lavoro come se
niente fosse.
“Pazzi scatenati” pensò Sora
impressionato. “Sono circondato da pazzi
scatenati”.
Fortunatamente
lavare il ponte fu un
lavoro rapido, anche se
sgradevole. La Going Merry infatti era lunga solo ventuno metri e lo
spazio
lasciato libero dalle attrezzature di bordo era pochissimo. In
più anche gli
alberi ingombravano molto. “Geniale”
pensò Sora sarcastico “c’è
posto per
tuttoi tranne che per le persone. Perfino il riformatorio aveva
più spazio! Uno
che, come Sora, non aveva mai dovuto condividere la sua stanza con
nessuno si
sentirebbe male anche solo all’idea di dover trascorrere un
mese su quella scatola
di sardine galleggiante.
Oltre a
essere il comandante in
seconda e responsabile della
disciplina a bordo Darkos era anche il cuoco della Going Merry.
Effettivamente
aveva un incredibile talento naturale ad aprire le scatole di fagioli
lessi.
Dopo pranzo Sora e Ron ebbero modo di scoprire un’altra
eccitante “avventura”
che prevedeva il GB: lavare i piatti e mettere a posto la dispensa..
Questa
zona prendevaaria solo da un piccolissimo boccaporto ed era la stanza
più calda
di tutta la barca. I due ragazzi svolsero il lavoro in silenzio e
grondando
sudore, il soffocante caldo umido di Guam non lasciava loro neanche la
forza di
parlare. Più tardi mentre Darkos andava
all’aeroporto a prendere altri due
malcapitati della ciurma il capitano Richards propose a Sora, Ron e
Ginny di
visitare la zona di poppa. «Qual è lo strumento
più importante che vedete
qui?». «Il timone?»Suggerì
timido Ron. «Ovviamente no!» scattò
Ginny
scandalizzata. «Allora la radio?» tentò
Sora. «Ma no, ragiona, la radio sta giù
da basso, con gli altri strumenti di navigazione»
commentò Ron. «Sotto coperta»
corresse Ginny. Ron ci riprovò energicamente «La
bussola?». Il capitano fece un
cenno di dinnego con la testa «Tutti gli strumenti che avete
nominato sono
importanti, ma…» Ginny intervenne «Ma il
più importante è il pulsante del
compressore». Sora e il capitano guardarono Ginny stupiti.
«Fa girare la
ventola del motore, se non lo si aziona prima del motore i vapori del
gasolio
potrebbero far esplodere la nave» spiegò la
ragazza con tono saccente. Sora
guardò il capitano chiedendo conferma e Richards fece si con
la testa.
«Incredibile, effettivamente quello che la signorina Wesley
ha appena detto è
giusto, non bisogna mai accendere il motore senza prima aver azionato
il
compressore» disse il capitano indicando un piccolo bottone
rosso sulla
pulsantiera accanto al timone. «Dimenticatevi pure tutto
quello che vi ho detto
ma ricordatevi almeno questo». Quest’ultima s
dimostrò essere la frase
preferita del capitano Richards. La usò anche quando
spiegò loro che una barca
ci mette un po’ a reagire ai movimenti del timone.
«Non è come una bicicletta,
che va dove volete nel momento in cui volete. Un timoniere inesperto
infatti
vira sempre troppo, perché non smette di girare il timone
finché non sente che
la nave cambia direzione. Dimenticatevi pure tutto quello che vi
dirò ma
ricordatevi almeno questo.». Alla fine della lezione il
capitano indicò il
molo. «Guardate ragazzi, il signor Darkos sta per presentarci
altri due membri
della ciurma. È importante che li facciate sentire subito a
proprio agio.».
«Dimenticatevi pure tutto quello che vi dirò ma
ricordatevi almeno questo»
sussurrò Sora all’orecchio di Ron. Il rosso
soffocò la risata in un colpo di
tosse.
I due
nuovi arrivati avevano
un’aria distrutta, probabilmente
per via del volo transoceanico. Nihal aveva quattordici anni, la stessa
età di
Sora; era alta, magra come uno stecco e si muoveva come un gatto. Aveva
lunghi
capelli blu, due magnetici occhi viola e un buffo paio di spropositate
orecchie
a punta. Vestiva semplicemente e nel
complesso aveva un aspetto… efficiente. Archimede Pitagorico
aveva tredici
anni; era un ragazzo esile e alto, con gli occhi tristi. La pelle del
ragazzo
era molto pallida, praticamente bianca, e aveva un grosso naso
aquilino. In
effetti molto di lui ricordava un aquila. In quel momento stava
discutendo
animatamente con Darkos, che gli aveva proibito di portare a bordo il
suo
computer portatile nuovo di zecca. Archimede aveva tutta
l’aria di voler
restare sul molo piuttosto che salire a bordo se non avesse potuto
portarlo con
se. Il capitano li interruppe. «Ragazzo, qui lascerai la tua
vecchia vita per
una nuova e migliore». «E internet?»
chiese il ragazzo mesto. «Sulla Going
Merry troverai qualcosa di meglio, i chiama lavoro di squadra,
solidarietà e
collaborazione. Un aggeggio elettronico può offrirti simili
esperienze?»
Darkos
vedeva le cose in modo molto
meno tragico.«Niente
computer a bordo sapientone! È la regola!» Archi
aveva un’aria disperata.
«Coraggio» gli disse Sora in tono cordiale
«Quando vedrai la tua stanza sarai
felice di aver lasciato il PC a terra. Abbiamo meno spazio di sardine
in
scatola». Subito dopo Sora rifletté su quello che
aveva appena detto: quella
era una consolazione?
«Bene,
abbiamo caricato
tutti, possiamo partire» esclamò
allegro Reed Richards. «No capitano! Manca un
passeggero!» lo corresse Darkos.
«Ma, non ci sono più voli in arrivo».
Darkos sogghignò. «Questo non è il tipo
da prendere un volo qualunque! Arriva con un jet privato!»
Note
dell’autore:
ecco il
nuovo capitolo finalmente, spero che vi piaccia. Ormai manca solo un
membro
della ciurma e poi i ragazzi potranno salpare. Grazie a tutti quelli
che mi hanno lasciato un commento.
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Capitolo 3 *** III ***
Lunedì 10
luglio, ore 18:05
Non
appena il portellone del jet
privato si aprì, gli
occhiali firmati di Bart Simpson si appannarono per via
dell’umidità pesante
dell’isola di Guam. «Aloha!»
esclamò il ragazzino passando gli occhiali
all’uomo che lo accompagnava perché glieli
pulisse.
Ned
Flanders in realtà era
il segretario personale di suo
padre, il famosissimo attore di Hollywood Homer Simpson, ma da qualche
tempo
aveva ricevuto l’ingrato compito di fare da baby-sitter a
quel moccioso viziato
di Bart. «È alle isole Hawaii che si dice aloha,
qui non so come ci si saluta».
Gli suggerì Flanders. Bart fece spallucce «E
allora stupido Flanders? Chi se ne
importa!» disse saltando sulla pista di atterraggio.
«Dov’è il mio bagaglio?».
Flanders si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto mentre
gli tendeva una
sacca di tela. «Scherzi?» insistette Bart stupito
«C’è almeno una mezza dozzina
di valige nella carling
dell’aereo!». Flanders scosse il capo «Le
abbiamo scaricate tutte a Honolulu».
Bart incrociò le gracili braccia sul petto e disse risoluto
«io non ci vado!».
«Come vuoi, in ogni caso con me non torni. Passa pure il tuo
mese qui a Guam… a
proposito sappi che la tua carta Gold è stata
bloccata». «Ho ancora la Silver».
«Giusto, provvederò appena torno a Los
Angeles». Una smorfia di rabbia
impotente si dipinse sul volto del ragazzino. «E va bene,
chiamerò papà!». Tirò
fuori il cellulare, un blackberry di ultima generazione, e si mise a
digitare
il numero con rabbia. Rimase in ascolto qualche secondo per poi gettare
a terra
l’apparecchio con rabbia. «Cacchio, non ho
più credito». «Sei fortunato, a Los
Angeles è mezzanotte, e credo che tuo padre non sarebbe
stato entusiasta di
essere svegliato a quell’ora… in effetti, tuo
padre odia essere svegliato in
generale». Bart continuò a stringere i pugni e
Flanders assunse un tono dolce e
comprensivo. «Bart, ascoltami. Quando hai cercato di vendere
il video della
festa privata di tuo padre ho dovuto faticare parecchio
perché la cosa non
finisse sui giornali. Quando hai compiuto tutti quei furti nei negozi
del
centro di Los Angeles sono stato io a convincere tuo padre che in fondo
lo
facevi solo per attirare la sua attenzione. Ma quando hai preso la sua
moto e
ti sei messo a scorazzare a tutta velocità per il
quartiere… beh, allora
abbiamo deciso che ti serviva una bella lezione e che dovevi cambiare
aria».
«Si, va bene cambiare aria ma questo è
troppo» protestò il ragazzo arricciando
il naso. «Se ti può consolare io avevo pensato
alla chiesa» aggiunse Flanders.
Bart ignorò l’ultimo commento e disse
«Di la verità, sei contento di vedermi in
questa situazione vero?» Un largo sorriso illuminò
il volto di Flanders «Ci
puoi giurare ragazzo, ti servirà di lezione». Poi
il segretario notò un uomo
pallido e massiccio che camminava spedito verso di loro.
«Quello deve essere il
signor Darkos». Si voltò verso il marinaio con
aria cordiale «Sono Ned
Flanders, dell’ufficio di Homer Simpson». Darkos
gli passò accanto veloce e
afferrò la sacca di tela di Bart. «Perfetto!
Ragazzo, salpiamo tra un ora!».
«Stupido Flanders» mormorò Bart tra i
denti mentre Darkos lo portava via.
Completamente ignorato Flanders ritrasse la mano e guardò
Bart che si
allontanava. Per un istante si chiese se dovesse salvare Bart dal duro
destino
che lo aspettava. Ma poi gli ritornarono in mente tutti i disastri che
il
ragazzino aveva combinato. Allora si voltò,
risalì sul jet, e chiuse il
portellone.
Nota: Nihal è la
protagonista del libro “Le Cronache del
Mondo Emerso” di Licia Troisi
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