Moonlight Camp

di Mr Lavottino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


"È ad appena qualche chilometro da Toronto, non avrai problemi a trovarlo."
Quello era stato l'ultimo messaggio che Zoey gli aveva mandato ed era giunto alla conclusione che la rossa avesse qualche problema con le distanze.
Il primo dubbio gli era venuto quando, mentre settava il navigatore, aveva visto un numero a cinque cifre sul contatore. Il secondo quando, parlando al telefono, gli aveva detto che sarebbe giunto alla meta in meno di un'ora.
L'unica cosa che poté fare era maledirla per la sua negligenza e continuare ad evitare tutte le buche, presenti ogni due metri, di quella strada campagnola.
"Cinque chilometri alla destinazione"
Gettò lo sguardo sul navigatore, posto con noncuranza sopra lo stereo, e lo insultò diverse volte. Il motivo? Si era deciso a funzionare dopo mezz'ora e lo aveva costretto a partire in ritardo, impedendogli quindi di fermarsi per fare colazione.
La condizione della strada l'aveva costretto ad indossare la cintura, onde evitare un trauma cranico dovuto ad una testata al soffitto dell'automobile. Ma la cosa che più lo preoccupava non era la sua salute, bensì le condizione del suo "destriero".
Quasi sicuramente, in caso fosse veramente andato a sbattere la testa, si sarebbe rotto quello. Dopotutto era una vecchia macchina malandata dalla vernice rossa, quasi completamente graffiata via, con i vetri sporchi e rigati, due maniglie assenti e gli specchietti completamente frantumati.
E si era appena fatto più di cinquantamila chilometri con quel catorcio. Inoltre il serbatoio bucato lo aveva costretto a spendere più di un centinaio di dollari per fare benzina.
Lo stipendio che avrebbe percepito era una miseria ed era arrivato alla conclusione che, rapportato anche alla distanza da casa, aveva scelto un lavoro molto sconveniente. L'unica cosa che lo aveva portato a scegliere quell'impiego era stata l'insistenza di Zoey, la quale lo aveva chiamato ogni giorno per parlargli di quel "fantastico" campo estivo e di come si lavorasse bene in quel posto.
Così, alla fine, si era ritrovato in quella situazione, con una macchina scassata, uno stipendio pessimo ed un alloggio che, dalle foto della rossa, sembrava messo piuttosto male. Si era accorto di come l'amica avesse cercato di mascherarne i punti più orripilanti, come ad esempio un'enorme crepa sul muro oppure uno specchio mezzo distrutto, rendendoli visibili solo per metà nelle inquadrature delle foto.
Però sapeva di non potersi arrabbiare con la rossa. Lo aveva costretto ad andare con lei per motivarlo ad uscire di casa e per cercare di farlo tornare come due anni prima. Ormai era da fin troppo tempo che si era chiuso in quell'atteggiamento burbero, più di quanto già non fosse in passato, ed era arrivato il momento di smetterla.
Per quel motivo aveva accettato, nella speranza di riuscire a superare l'abbandono di Courtney per poter tornare a vivere una vita normale.
Finalmente, dopo secoli di strada percorsa, raggiunse il fantomatico campeggio. Una grande insegna di legno recitava "Moonlight Camp, il miglior posto dove passare una settimana!" e quello gli bastò per capire di essere finito in un posto che, per i suoi standard, non gli sarebbe andato per nulla a genio.
In lontananza vide una chioma rossa ed intuì immediatamente di chi si trattasse. La vide farsi sempre più vicino finché, porgendogli un grande sorriso, si accostò al suo sportello. Abbassò il vetro, osservandola attentamente.
Camicetta celestina, pantaloni verdastri ed un paio di occhiali da sole marroni con lenti nere tenuti sulla fronte. Non aveva per nulla perso il suo poco gusto nel vestire.
- Duncan, Finalmente sei arrivato!- la ragazza appoggiò le braccia sullo sportello e si abbassò per poter conversare con lui. I suoi occhi marroni iniziarono a squadrarlo da capo a fondo.
- Proprio adesso. È sempre un piacere rivederti, Zoey. - le fece l'occhiolino e ricambiò il suo sguardo, lasciandosi osservare senza opporre resistenza. Alla fine era cambiato parecchio dall'ultima volta in cui si erano visti e lei era sempre stata così, guardava ogni singolo dettaglio.
- Sai dov'è il parcheggio?- il sole le batteva sul volto, rendendo ancora più sibili le lentiggini presenti sulle guance e sul naso.
- Ehm... veramente... no. - portò una mano sulla nuca e se la grattò. La rossa aveva provato a farglielo capire tramite messaggio ma, come a suo solito, non era stata per nulla chiara.
- Ho capito, ci penso io. - aprì la portiera e si infilò dentro al catorcio, facendo finta di non sentire i cigolii provenienti da ogni singolo pezzo con cui entrava in contatto - Gira verso destra, poi dritto ed infine a sinistra.- accompagnò le sue parole con dei gesti delle dita che, ovviamente, il punk non comprese.
- Di qua?- domandò, ottenendo un cenno positivo come riposta. La rossa continuò ad osservarlo e la cosa iniziò lentamente ad infastidirlo. Comprendeva lo spaesamento dovuto all'assenza della cresta verde e dei piercing, da sempre suoi segni distintivi, però trovò troppo eccessiva quella perquisizione visiva.
Arrivarono al parcheggio, sempre se così lo si poteva chiamare, che corrispondeva ad un enorme spiazzo marrone con qualche zolla di erba in qua e in là. Prese posto accanto alla macchina dell'amica, una piccola Toyota verde mela messa decisamente meglio della sua, per poi scendere dal mezzo.
- I ragazzi arriveranno nel pomeriggio. Adesso ti porto ad incontrare il capo. - intrecciò le mani dietro la schiena e si mise davanti, pronta a fargli strada. Durante quel, breve, percorso la rossa tentò di spiegargli le mansioni che avrebbe dovuto svolgere indicandogli di tanto in tanto i vari luoghi più importanti, quali la mensa e i dormitori.
Giunsero infine davanti ad una casetta che, rispetto alle altre, sembrava messa piuttosto bene. Era l'unica fatta di mattoni ed aveva un tetto triangolare, con tanto di camino, ed una porta marrone che si abbinava perfettamente alla tinta gialla del muro. Due piccole finestre, simmetriche, erano poste ai lati della porta ed un piccolo campanello bianco, con accanto scritto "Premere qui", gli risaltò subito all'occhio.
Zoey lo premette e, dopo qualche secondo, la porta si aprì. Al suo interno c'era un uomo piuttosto basso, con dei folti capelli neri ed un accenno di barba leggermente biancastra, che alla sua vista rise di gusto.
- Bene, vedo che sei arrivato. Ti chiami...?- chiese, socchiudendo gli occhi.
- Duncan.-
- Sì, Duncan, Duncan. Avrò tutto il tempo per impararlo. Allora, passiamo subito al sodo. Ho due regole fondamentali da dirti.- alzò il pollice, per tenere il conto, e lo spinse leggermente in giù con l'indice dell'altra mano - Non si chiedono aumenti di stipendio.- alzò un altro dito - In caso di infortunio la responsabilità cade tutta sull'animatore.- mentre ascoltava quel, breve, discorso si perse per un istante per osservare il suo abbigliamento.
Camicia sbottonata blu, pantaloni color sabbia e scarpe di pessima marca. Decisamente un tipo poco affidabile.
- Tutto chiaro?- domandò, sorridendogli a trentadue denti.
- Sì, credo.- osservò la rossa, che si limitò a ridere, poi riportò lo sguardo sul suo capo.
- Bene. Scusate, adesso devo andare.- si dileguò senza nemmeno presentarsi, uscendo dalla porta a velocità della luce.
- Lui si chiama Chris, è un po' egocentrico.-
- Me ne sono accorto.-
- Ti porto a fare un giro più dettagliato. - lo prese per mano e lo trascinò verso delle altre baracche. Duncan intuì subito che quell'estate non sarebbe stata come tutte le altre.
Era partita in maniera fin troppo agitata.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Signori e signore, bambini e bambine, lettori e lettrici, sono tornato. Come ogni estate, sono tornato per l'appuntamento annuale con una storia OC.
Anche per quest'anno ho deciso di gettarmi sull'Horror Psicologico, ma sarà leggermente diversa dalle altre. In primis perché non ci saranno entità sovrannaturali, ma bensì il classico killerozzo da quattro soldi che si diverte a mietere vittime per il puro gusto di divertirsi (non andrà mai così lol).
E, come al solito, sarete voi gli ideatori dei personaggi! Sì, so che lo sapete già tutti, ma non si sa mai, potrebbe esserci qualche nuovo fringuello che ha voglia di divertirsi con me ;-)
Prima di darvi i dati da compilare per la scheda, vi do alcuni suggerimenti per evitare di avere un cast piatto come una tavola:
- Niente ragazzi con problemi di personalità multiple o simili
- Niente Gary Stue o Mary Sue (ovvero ragazzi/e modello, ovvero perfette/o)
- Usate l'inventiva, cercando però di non esagerare
- Divertitevi nel farli, alla fine è un gioco ;-)
Alloooooooora, dopo questo elencone puntato eccovi la scheda da compilare:
Nome:
Cognome:
Età(Tra i 13 ed i 16 anni):
Descrizione fisica:
Descrizione caratteriale:
Orientamento  Sessuale:
Abbigliamento:
Breve storia:
Segni particolari:
Città di provenienza:
Per prenotarvi un posto lasciate una recensione, mentre gli OC dovete mandarli solamente a me tramite messaggio privato.
Detto ciò, buona fortuna a tutti :-*
 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Il pullman, diretto al campo estivo, non aveva un gran numero di ragazzini. Negli scorsi anni erano stati di più, mentre per quell'anno erano riusciti ad ottenere una mediocre partecipazione.
Ovviamente, per far sì che almeno quei marmocchi andassero al campo estivo, avevano dovuto abbassare il prezzo totale del soggiorno, facendo non poco storcere il muso al proprietario, con l'unico fino di ottenere il minimo richiesto per consentire all'attività di aprire.
Erano stati addirittura costretti ad organizzare il viaggio di andata, aggravandosi dunque delle spese per il pullman, ma alla fine ce l'avevano fatta.
Gwen, con il suo solito modo di fare scorbutico, si era dovuta sorbire l'intero viaggio, della durata complessiva di quattro ore, assieme a quei ragazzini completamente alienati per i fatti loro. Eppure avevano, più o meno, tutti sedici anni, avrebbero dovuto pur provare a parlare l'uno con l'altro.
L'unica cosa che poté fare fu accettare la cosa, ormai era risaputo che la gioventù erano sempre più discutibile. Inoltre conosceva bene il suo capo ed era sicura che, se quei bimbi avessero parlato male di lei ai propri genitori e la voce si fosse diffusa, le avrebbe abbassato lo stipendio.
Già prendeva una miseria, un ulteriore diminuzione l'avrebbe portata alla pari dei mendicanti che impestavano i marciapiedi di Toronto.
Così, alla fine, si era limitata a fare qualche schizzo sul suo quaderno nella vana speranza di isolarsi da tutto e tutti. Ciò le veniva difficile perché, oltre alla presenza dei ragazzini, l'autista le guardava le gambe ad ogni occasione.
Anche per quello aveva le mani legate. "Sopporta in silenzio, Gwendolyn, sopporta in silenzio" questo era ciò che si ripeteva in continuazione, nella vana speranza di convincersi di potercela fare. Affossava tutti quei pensieri in ogni riga grigiastra lasciata dal lapis sul quaderno.
Il disegno che stava facendo, una fenice che fuoriusciva dalla cenere, era venuto fuori tutto sballato per colpa delle buche prese dal pullman.
Solo dopo essersi arresa si accorse che, mancando solamente mezz'ora all'arrivo, doveva fare l'appello. Le era stato detto di farlo due volte, alla partenza e all'arrivo. Non ne capiva l'utilità, ma si trattava solo di leggere un po' di nomi pertanto lo fece senza obiettare.
- Allora, vi chiamerò per nome e voi risponderete presente, d'accordo?- si rivolse verso di loro, senza però venir minimamente considerata. Stava perdendo, o per meglio dire aveva già perso, decisamente la pazienza. Chiuse gli occhi, trasse un respiro profondo, strinse i pugni più forte che poté e poi urlò, senza preoccuparsi delle conseguenze.
-Guardatemi!- immediatamente piombò il silenzio per tutto il pullman. L'unico rumore era quello delle ruote che, a contatto con l'asfalto, balzavano. Dopodiché tutti portarono i loro occhi su di lei.
- Ottimo.- sorrise, rendendo il tutto più inquietante - Adesso faremo l'appello. Tutto chiaro?- assottigliò lo sguardo ed osservò uno ad uno tutti i ragazzi, provando un'estrema felicità nel vederli spaventati ed ammutoliti.
- Iniziamo. Claire VonGallen. - si guardò intorno alla ricerca della ragazza. Questa non ci mise molto ad identificarsi.
- Presente.- disse timidamente con un braccio alzato. Era piuttosto carina: magra, alta e di bell'aspetto. I capelli, legati in uno strano ciuffo sopra la testa, castani si abbinavano perfettamente alla pelle olivastra ed ai suoi occhi marroni. Aveva un piccolo neo vicino al sopracciglio e lo sguardo puntiglioso.
Odiava le persone come lei. Lo aveva capito solamente guardandola, era una ragazza indecisa, piene da sé, ma non consapevole di ciò che volesse davvero.
- Bene.- tagliò corto, concedendole un'occhiataccia che la mandò in paranoia - Nathaniel Grinford.- attese che si facesse avanti, mentre batteva con il lapis sull'elenco con forza lasciando dei leggeri puntini grigi.
- Presente.- lui, un tipo magro, dai capelli neri e gli occhi azzurri, si alzò in piedi, ricambiando il suo sguardo seccato. Aveva un piercing sul labbro e l'espressione di chi era stato costretto ad andare in quel campo. Tutto ciò la portò a prendere in simpatia.
- Passiamo a... Margaret Castelli.- sentendosi chiamata all'improvviso, la ragazza si alzò in piedi in preda al panico.
- E-Eccomi! Cioè, volevo dire... presente!- aveva i capelli neri lunghi fino alle spalle, gli occhi marroni, con i quali gettava di tanto in tanto qualche sguardo verso Gwen, ed il suo fisico era pressoché perfetto. Guardandole il seno provò immediatamente gelosia.
Non si degnò nemmeno di risponderle, proseguì passando al nome successivo senza pensarci troppo. Poggiò la penna accanto al rigo giusto per poi farla scorrere verticalmente.
- Jason Black.- lo cercò con lo sguardo, venendo ricambiata da un ragazzino seduto infondo al pullman. Probabilmente doveva essere un dark o una cosa simile, e lei aveva avuto qualche esperienza al riguardo, perché aveva dei capelli neri, gli occhi marroni, la carnagione chiara ed il suo vestiario, ovviamente scuro, non lasciava spazio ad alcun segno di vita.
Inoltre la sua espressione facciale dava palese conferma al pensiero che le si era formulato nella testa dopo averlo visto: "Questo qua è depresso".
- Presente.- sussurrò, annientando completamente ogni dubbio con quel suo tono monotono e malinconico. Gwen lo guardò storto per qualche secondo per cercare di capire quale fosse il suo problema. Anche lei un tempo era stata così, ma non era mai giunta fino a quel livello.
Sembrava quasi essere stato costretto di forza ad andare lì. Al confronto lo sguardo di Nathaniel era vispo e pieno di gioia e bastò questo ad allarmarla.
- Bene... adesso abbiamo... Robin Foster.- la lettura di quel nome venne immediatamente seguita da un vivace urlo proveniente dal fondo del pullman.
- Sono io!- il ragazzo si identificò, sorridendole in maniera quasi innaturale. Aveva i capelli rossi, ricci e tenuti tutti disordinati, gli occhi verde ed il volto pieno di lentiggini. Muoveva continuamente la mano per farsi vedere, inconsapevole che così facendo non faceva altro che alimentare la voglia dell'animatrice di staccargliela, mentre scuoteva la testa movendo tutti i ricci.
- Sophy Wallas.- pronunciò il nome dopo in maniera estremamente veloce nella speranza che quel rosso la piantasse di agitarsi come un pesce fuori d'acqua.
- Presente.- quella si identificò alzando svogliatamente la mano. E non appena i loro occhi entrarono a contatto capì di aver trovato la se stessa del passato.
Capelli castano scuro fino alle spalle, occhi marroni, carnagione pallida e corpo esile. Per poco non si mise a piangere per la gioia, mentre lei, avendo notato qualcosa che non andava, la guardava con le sopracciglia alzate ed un'espressione quasi spaventata.
- Tutto a posto?- ad interrompere quel, magico, momento si intromise Robin. Gwen lo fulminò con un'occhiataccia.
- Sì. Georgia Donvan.- rischiò di spaventarsi non appena la vide. Aveva i capelli rossi raccolti in una coda di cavallo, occhi verdi ed il volto pieno di lentiggini. Per un attimo pensò potesse trattarsi della gemella del rosso, cosa che escluse non appena lesse i cognomi. Dal portamento sembrava leggermente meno irruenta e socievole, seppur quei suoi occhi da cerbiatta la lasciavano leggermente interdetta.
- Isaac Vass.- la risposta non si fece attendere. Vide una mano ricoperta di tatuaggi issarsi dai posti a di mezzo del pullman.
- Sono io. - il ragazzo le sorrise, mostrandosi in tutto il suo bell'aspetto. I capelli riccioli, che scostò con u gesto della mano, gli coprivano gli occhi color nocciola. Il suo volto era pieno di piccole lentiggini ed aveva gli angoli della bocca perennemente all'insù. Quell'aria così calma e pacata la inquietava leggermente, ma decise di non dargli troppo importanza.
- Abbiamo finito. Tra mezz'ora arriveremo al campo, dopodiché vi faremo fare un giro della struttura e vi diremo le vostre stanze.- spiegò acidamente.
- Le decidiamo noi oppure sono già state scelte?- domandò Robin , accompagnando la frase con la mano alzata.
- Non lo so. - tagliò corto lei. Non si degnò nemmeno di guardarlo, per poi rimettersi a sedere e ricominciare a disegnare.
 
Dopo l'appello la situazione all'interno del pullman iniziò a farsi meno pesante. Alcuni ragazzi iniziarono a parlare tra di loro, infastidendo Gwen e allo stesso tempo facendole credere che forse non tutto era perduto.
Claire, seduta nel posto dietro Margaret, aveva già finito di leggere il suo libro e si era focalizzata su quello della mora. Con la coda dell'occhio leggeva alcune frasi nel tentativo di capire di quale si trattasse. Era piuttosto grosso, ad occhio e croce circa mille pagine, ed era più che sicura di aver già visto la copertina, di cui intravedeva solamente un piccolo rigo nero sui bordi.
Le bastò leggere due o tre pagine per capire di che romanzo di trattasse. Sorrise e, cercando di essere meno invasiva possibile, le si avvicinò all'orecchio.
- È "It" di Stephen King?-  domandò. Quella, presa alla sprovvista, tremò rischiando di far cadere il libro dalle sue mani. Lentamente si voltò verso di lei e, con un sorriso forzato, le rispose.
- Sì. - vide gli occhi di Claire illuminarsi non appena ebbe conferma della sua ipotesi.
- Ti piace Stephen King?- domandò, portandosi una mano alla bocca con fare teatrale.
- È il mio autore preferito.- rispose l'altra, facendola quasi svenire dalla gioia. Nella sua città aveva sempre cercato una coetanea che, come lei, amasse quel genere di libri, eppure aveva trovato solamente vecchi dalle dubbie abitudini che proponevano incontri in bar sconosciuti per parlare di "libri", a cui non aveva mai avuto il coraggio di andare.
- Anche il mio! Hai letto "Il Miglio Verde"? E "Cujo"? E "Carrie"? Oh, sono tutti bellissimi!- così facendo la castana diede inizio ad una conversazione che continuò perfino quando il pullman arrivò al campo estivo. Entrambe erano più che entusiaste di poter parlare di libri con qualcuno che capisse il fulcro dell'argomento. Claire, come prevedibile, pareva decisamente più preparata di lei, anche perché Margaret non aveva una grande esperienza nel campo, ma solamente una infarinatura generale che le permetteva comunque di poter sostenere quella discussione.
Qualche posto dietro di loro, Jason ascoltava la loro conversazione e rideva divertito da quella che si stavano dicendo. Era fin troppo palese che stessero cercando un punto di accordo, o almeno lui la vedeva così. Claire, che sembrava la più preparata, marciava su quella presunzione e guidava il discorso, mentre Margaret si accodava ed esprimeva la sua, timida, opinione.
Per come la vedeva lui quella conversazione era del tutto inutile. Quelle due avevano una linea psicologica piuttosto facile da tracciare. Dai gesti, dalla tonalità, dalle parole o anche solamente dalle pause tra una parole e l'altra comprendeva che in realtà l'unica cosa che avessero in comunque fosse la passione per Stephen King.
- Potresti smetterla di osservarle così? Sembri uno stalker.- Nathaniel, seduto dietro di lui, lo incalzò guardandolo con gli occhi socchiusi.
- Uh, perspicace. Mi piaci. Tu sei Nathaniel, vero? Posso chiamarti Nat?- si girò verso di lui, smettendo di ascoltare la conversazione delle due, che era arrivata in un punto morto molto poco interessante.
- Fai come ti pare. - a quelle parole Jason rise, mostrandogli i denti bianchi. Il suo sorriso venne ricambiato con un'occhiataccia da parte del moro.
- D'accordo, vada per Nat.- puntò i suoi occhi grigi contro quelli azzurri dell'interlocutore e continuò a guardarlo con quell'espressione vispa.
- Non ti fidi di nessuno, eh? Su, siamo in un campo estivo. Prima o poi dovremmo socializzare.- si morse un labbro, rischiando di staccarselo per via dei suoi denti affilati.
- Nemmeno tu mi sembri il tipo da socializzare.- tagliò corto l'altro, ottenendo una risata piuttosto forte come risposta.
- Ad aver fatto il primo passo, però, sei stato tu. - a quelle parole Nathaniel distorse lo sguardo, portando Jason ad avvicinarsi verso di lui con il volto.
- Non c'entra nulla.- con quella frase tentò di chiudere bruscamente la discussione, senza però riuscirci. Jason continuò a provocarlo per tutto il resto del viaggio portando la sua pazienza al limite.
 
Robin si sentiva estremamente a disagio. Le persone all'interno del pullman avevano un'aria piuttosto ostile e tutto ciò lo rendeva irrequieto. Inoltre a due posti da lui c'era Sophy. Non aveva grandi capacità nel relazionarsi con l'altro sesso, motivo per cui l'avere così vicino una ragazza così carina lo mise in ansia.
Di tanto in tanto le gettava qualche occhiata contemplandole nel più completo imbarazzo e facendolo sembrare, a tutti gli effetti, un vero e proprio molestatore. Non appena vedeva che la ragazza ricambiava, confusa, il suo sguardo lo distoglieva alla velocità della luce.
Così facendo non sapeva che la ragazza al suo fianco stava lentamente esaurendo la pazienza. Non era tipa da lasciarsi guardare da qualcuno di indesiderato senza dirgli nulla. Di fatti ci volle poco, bastò un'altra occhiata di soppiatto di troppo.
- La smetti?- domandò, senza nemmeno guardarlo negli occhi.
- Eh?- chiese Robin, colto di sorpresa.
- Smettila di guardarmi.- disse acidamente, senza cercare nemmeno di addolcirgli la pillola.
- Ehm... eh... no... cioè, volevo dire sì. - il rosso piombò nel panico, imbarazzato per la figuraccia appena fatta. Voltò la testa, diventata più rossa dei capelli, verso il finestrino sperando di morire. Odiava fare figuracce, eppure era solito farne piuttosto spesso.
- Uh, questa brucia.- una voce, proveniente da due posti davanti a lui, lo risvegliò dal suo isolamento volontario. Isaac, con il suo solito sguardo criptico, aveva le braccia poste sul seggiolino e la testa appoggiata sopra.
- Direi di sì. - si grattò la testa sorridendo, quasi come se si fosse dimenticato della figuraccia appena fatta. Isaac lo guardò con un sopracciglio alzato, quasi sconvolto. Possibile che gli fosse già passato tutto? Solitamente, una persona media, avrebbe dovuto restare in silenzio per una decina di minuti, eppure quello era già tornato come prima, portandolo a pensare che, probabilmente, avrebbe potuto rifare la stessa brutta figura in eterno.
- Potresti provare con un altra ragazza, magari ti andrà meglio.- scherzò lui, facendo ridacchiare l'altro.
- Chi lo sa?- Robin si limitò ad alzare le spalle, di due di picche nella sua, breve, vita ne aveva ricevuti parecchi. A quelle parole Isaac rise malignamente.
- Proviamoci. Ehi, tu... come ti chiami... sì, Georgia, vero?- chiamò a gran voce la rossa, seduta della fila opposta alla sua. Quella si voltò lentamente, non capendo cosa stesse accadendo.
- Mi hai chiamato?- domandò, guardandolo stranita.
- Sì, questo bel ragazzo qua vorrebbe fare la tua conoscenza.- indicò Robin e gli fece l'occhiolino, ridendo mentre boccheggiava confuso.
- È pericoloso alzarsi dal pullman in movimento.- fece notare. Il rosso provò un imbarazzo ancora superiore rispetto a quello di prima - Possiamo conoscerci dopo.- a quelle parole sollevò di scatto la testa, che aveva rintanato in mezzo alle gambe pochi secondi prima, e le rivolse un sorriso confuso e felice allo stessi tempo.
- Visto? Basta solamente essere un po' più intraprendenti.- Isaac gli fece la linguaccia, che venne ricambiata da uno sguardo luminoso da parte dell'altro.
Il resto del viaggio fu piuttosto tranquillo. Di tanto in tanto l'autista prendeva qualche buca, provocando delle scosse che rischiavano di fare cadere tutti i passeggeri, oppure si sentiva un brutto rumore, proveniente dal motore, che non lasciava pensare a nulla di buono.
Eppure, dopo la famigerata mezz'ora, riuscirono ad arrivare sani e salvi al campo estivo. La prima cosa che videro fu l'enorme insegna di legno recitante "Moonlight Camp - il migliore posto dove passare una settimana!", che sapeva di frase per accalappiare giovani anche se con poco effetto.
- Scendici lì. - Gwen si avvicinò all'autista, ignorando le occhiate che le rivolgeva, e gli indicò un enorme spiazzo che fungeva da parcheggio. C'erano parcheggiate soltanto due auto, una mezza schiantata, che capì appartenere al nuovo animatore assunto, e quella di Zoey, tenuta con cura, cosa risaltante dal confronto con l'altra.
Il pullman si fermò a pochi metri dalle due, spaventando Gwen che già si vedeva coinvolta in un incidente.
- Scendete tutti e prendete i vostri bagagli.- si rivolse verso i ragazzi e, con il tono più sgarbato possibile, gli ordinò cosa fare. Dopodiché scese dal mezzo ed attese di sotto.
Estrasse il telefono di tasca e chiamò il numero di Zoey per sapere dove si era cacciata. Dopo qualche squillo la rossa rispose.
- Ehi, dove ti sei cacciata? I marmocchi sono arrivati.-
- Di già? Arriviamo subito, stavo portando Duncan a fare un giro della struttura.- si giustificò lei, facendole alzare gli occhi al cielo.
- Muoviti.- detto ciò riattaccò. Si voltò verso i ragazzi, che nel frattempo avevano preso i loro bagagli, per di più zaini, per poi iniziare a spiegare le cose essenziali da sapere sul campo.
- Verrete divisi in due dormitori, uno maschile ed uno femminile. Ovviamente è severamente vietato andare l'uno in quello dell'altro. La sveglia sarà alle otto, il pranzo alle due e la cena alle dieci. Insomma, le solite cose da campo estivo. Tra poco arriverà un'animatrice che vi spiegherà le cose meglio.- tagliò corto, cercando di essere la più coincisa possibile.
- E anche con più voglia.- la provocò Jason, ottenendo solamente un'occhiataccia come risposta.
- Eccomi!- sentirono una voce in lontananza. Era Zoey che, con Duncan qualche passo più indietro di lei, gli stava andando in contro sbracciando.
- Era ora.- commentò stizzita Gwen, facendola sentire leggermente in colpa.
- Io sono Zoey e lui è Duncan - indicò l'amico, che si limitò ad alzare una mano in loro direzione - e noi tre - comprese anche l'altra nella conta - saremo i vostri animatori per questi fantastici sette giorni. A breve dovrebbe arrivare anche l'altro.- guardò l'orologio, notando che fosse in lieve ritardo.
- Bene, detto ciò, Duncan vi accompagnerà ai vostri dormitori.- fece l'occhiolino al ragazzo che, completamente preso alla sprovvista, si limitò a boccheggiare.
Zoey e Gwen si diressero da tutt'altra parte, lasciandolo da solo con quel gruppetto. Si guardò intorno, completamente spaesato. La rossa gli aveva detto dove si trovassero gli alloggi, però non ricordava l'ubicazione precisa.
- Allora, dove dobbiamo andare?- domandò Sophy, spazientita.
- La borsa pesa. - la supportò Isaac, rivolgendole un'occhiata che venne prontamente ignorata.
- Sì, in effetti non vedo l'ora di gettarmi su un letto.- anche Robin si unì al vocio. Il tutto stava mandando ancora di più in paranoia Duncan, occupato a fare a botte con la sua memoria.
- Cavoli, ma quanta roba mi ci ha messo mia mamma?- le parole di Georgia furono la bocca che fece traboccare il vaso.
- Per l'amore di Dio! Aspettate un attimo, non sono qui nemmeno da un'ora!- urlò, stizzito - Di qua.- disse infine, senza nemmeno controllare se venisse seguito dal resto del gruppo.
- Sono tutti così aggressivi in questo campo?- chiese Claire, più a sé stessa che agli altri.
- Temo di sì. - concluse Nathaniel scuotendo la testa.
Gli otto si limitarono a seguire l'animatore, visibilmente alterato, nella ricerca dei dormitori, consci che, molto probabilmente, quella "vacanza" non sarebbe andata come speravano. 
 
ANGOLO AUTORE:
Ed ecco a voi il primo vero e proprio capitolo di "Moonlight Camp"! Sono finalmente riuscito a completarlo, scusate l'attesa.
Beh, per adesso mi sono solamente limitato ad un'introduzione generale degli OC, dal prossimo capitolo entreremo nel vivo della trama, abbiate pazienza.
Detto ciò ci rivedremo, spero, a breve!

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Duncan stava girovagando per il campo da più di dieci minuti. Dietro di lui c'era una mandria di ragazzini che non perdevano occasione per lamentarsi. E la cosa buffa era che per quanto volesse rispondere con qualche insulto non poteva farlo perché avevano pienamente ragione.
Quando Chris lo aveva invitato alla struttura per fare un giro di orientamento si era rifiutato, campando per aria delle scuse per nulla credibili, ed ora se ne pentiva amaramente.
Li aveva portati alla mensa, poi alla palestra ed infine all'alloggio privato di Chris che, dato il suo bellissimo aspetto esteriore, aveva fatto illuminare di gioia gli occhi dei ragazzi, i quali si ritrovarono catapultati nel''amara verità qualche minuto dopo, quando finalmente Duncan trovò la strada giusta.
Le due baracche, perché solo così si potevano chiamare, si reggevano a malapena in piedi. Il legno di cui erano fatto era quasi del tutto marcio ed entrambe le porte, se toccate, potevano attaccare il tetano. Inoltre le finestre, completamente graffiate e quasi del tutto rotte, lasciavano intendere che la notte là dentro non facesse proprio caldo.
- E noi dovremmo stare qua dentro?- si lamentò Sophy, guardando male Duncan.
- E non hai visto la mia.- il ragazzo la guardò con uno sguardo abbattuto, indicandole con un dito due piccole costruzioni vicino alle loro che, a primo sguardo, tutti avevano scambiato per un grosso ripostiglio.
- Non sono propriamente... di bell'aspetto.- fece notare Robin, facendo quasi irritare tutti gli altri. L'ultima cosa che volevano era qualcuno che sbattesse apertamente in faccia la verità, che già di per se faceva male.
- Ma davvero? Cavoli, sei un genio.- disse ironicamente Jason, ottenendo un sorriso da parte del rosso che ricambiò ghignandogli con i suoi denti affilati.
- Quella delle ragazze è a sinistra. L'altra è dei ragazzi.- Duncan, dopo aver estratto un foglietto che gli aveva dato in precedenza Zoey, spiegò a chi appartenessero gli alloggi, dopodiché li invitò ad entrarci.
L'interno, proprio come l'esterno, era piuttosto malandato. I letti, in totale dieci per alloggio, erano completamente corrosi ed essendo a castello la cosa non poteva che spaventare i poveri ragazzi, decisamente poco rassicurati dalla cosa. C'era un comodino affianco ogni letto, anch'esso corroso dalle tarme, ed una piccola luce che, ovviamente, non funzionava.
Inoltre i bagni, in cui non era presente il water poiché quello era posto in comune in una baracca a parte, davano l'impressione di non venir puliti da almeno dieci anni, se non di più. Le docce erano un buco nel muro dalla quale fuoriusciva dell'acqua, di colore giallastro, e lo specchio sopra il lavandino era tutto rigato e spaccato a metà.
- Bello, veramente bello.- ironizzò Isaac, ridendo mentre lo diceva.
- Solo respirando sento di aver preso almeno una decina di malattie.- Jason, che inizialmente aveva deciso di mettersi di sotto in uno dei letti, cambiò rapidamente idea quando sentì quello di sopra scricchiolare in maniera preoccupante.
- Questo posto è pericolante. Ho paura a dormire in un letto simile.- esordì Robin dopo aver provato a gettarsi di schianto su uno dei materassi. Le molle, rotte, rischiarono di bucargli la schiena.
- Puoi sempre dormire per terra.- lo canzonò Isaac. Ormai aveva iniziato a prenderci gusto nel prenderlo in giro.
- Vuoi dormire in coppia con me, Nat?- Jason si avvicinò al ragazzo, che stava silenziosamente decidendo dove sistemarsi.
- No. - Nathaniel non ci girò molto intorno, per poi prendere il letto più isolato di tutti. L'altro si limitò a sorridergli, divertito dalla cosa.
- Quanta cattiveria.- finse di essere triste, poi aprì la valigia ed iniziò a sistemare tutte le sue cose dentro gli scaffali del comodino. Questi erano pieni di polvere e molto poco igienici, però non poté far altro che dargli una pulita rapida con una mano nella speranza che i suoi vestiti non si riempissero di insetti.
Ad interrompere la loro socializzazione fu un urlo proveniente dall'altro alloggio. La voce era di Margaret che si era ritrovata un ragno, enorme, sul letto.
- Oddio! Toglietelo da lì!- le altre tre erano accorse accanto a lei, contemplando con schifate l'insetto immobile sopra il materasso.
- Che schifo!- Sophy si limitò a guardarlo dalle retrovie. La paura che un altro potesse nascondersi sotto le coperte aveva iniziato ad insinuarsi in lei ad una velocità piuttosto preoccupante.
- Prendi un fazzoletto e portalo fuori.- le propose Claire, ottenendo tre sguardi straniti come risposta.
- Ma scherzi?! Uccidilo e via.- Georgia, che lentamente si allontanava dal letto incriminato, si tappò la bocca con entrambi le mani, completamente terrorizzata.
- Esatto. E se facesse delle uova?- ipotizzò Sophy, rabbrividendo solo al pensiero.
- Non c'è bisogno di ucciderlo!- Claire proseguì la sua crociata a spada tratta, sfidandola con lo sguardo.
- Allora portalo fuori tu. - la mora alzò le spalle, accettando la sua sfida.
- D'accordo.- Claire prese un pacchetto di fazzoletti dalla sua borsa e, dopo averne estratto uno, si avvicinò al ragno. Lentamente si sporse in avanti, cercando di afferrarlo senza ucciderlo, ma quello improvvisamente si mosse, facendola spagliare.
Emise un urlo acuto, che probabilmente fu sentito fino a Toronto, e che portò Duncan ad entrare immediatamente all'interno della camera.
- Che diavolo succede?- domandò appoggiato alla porta.
- Lui!- le quattro indicarono l'insetto che, zampettando, si stava dirigendo verso di lui. Il ragazzo alzò un sopracciglio e, senza rifletterci troppo, lo schiacciò uccidendolo.
- Tutto qui? Beh, sappiate che questa baracca ne è piena.- disse mentre usciva. Accompagnò la sua uscita con una fragorosa risata, che non fece per nulla piacere alle quattro.
Alla fine le ragazze, dopo essersi assicurate che nessun altro insetto attentasse alla loro sicurezza, scelsero i loro letti ed uscirono dagli alloggi per raggiungere il resto del gruppo.
- Uh, siete riuscite a battere il mostro?- le prese in giro Jason, meritandosi delle occhiatacce.
- Va a farti fottere.- lo zittì rapidamente Sophy, seppur senza offenderlo minimamente.
- Picchiatevi in mia assenza, per cortesia.- Duncan bloccò i due, dopodiché li informò su cosa avrebbe fatto dopo.
- Adesso andremo nella mensa, Zoey vi dirà le attività che farete oggi. Andiamo.- si voltò e, seguendo il GPS del cellulare, cercò di raggiungere la rossa.
Ci misero sorprendentemente poco, anche perché ogni volta che sbagliava strada sentiva dei brusii proveniente dal gruppetto dietro di lui che lo riportavano sulla retta via, ad arrivare fuori dalla mensa dove Zoey e Gwen li aspettavano, la prima con un sorriso stampato in faccia, la seconda decisamente spazientita.
- Benvenuti a tutti! Scusate se prima non vi ho potuto salutare per bene. Rimedio subito! In questo campo estivo abbiamo un sacco di attività che potete fare, dalla palestra fino alla piscina.- venne interrotta da Jason con il suo solito modo di fare sarcastico.
- Mi immagino la piscina in che condizioni sia.- ghignò, mettendo in bella mostra i denti bianchi ed aguzzi.
- Stai zitto ed ascolta.- lo rimproverò Gwen, assottigliando gli occhi.
- Perché, altrimenti che mi fate?- rise quello, prendendosi bellamente gioco di loro.
- Non penso tu voglia saperlo.- la gotica si scrocchiò le dita lasciandogli intendere a cosa alludesse.
- Su, non litigate. Se fosse possibile, gradirei tu non mi interrompessi più.- il moro, a quelle parole, si ritrovò spiazzato. Si zittì, colpito dalla pazienza della rossa.
- Oggi ci limiteremo a fare conoscenza, tutto chiaro?- spiegò, intrecciando le mani tra di loro. Duncan rimase stupito dal modo più che naturale con il quale parlava. Faceva quel lavoro da più di quattro anni, per tanto aveva appreso bene i segreti del mestiere.
- Cosa intendi con "fare conoscenza"?- chiese Robin. La rossa gli sorrise, facendolo arrossire.
- Beh, intendevo lasciarvi liberi di fare ciò che volete. Potete andare ovunque, tranne che nel bosco e nella piscina, quella, come ha fatto notare Jason, va ancora pulita.- rivolse un'occhiata al moro, rimasto a bocca aperta per quella frecciatina.
- Come fai a sapere i nostri nomi se non ci siamo ancora presentati?- domandò Margaret.
- Memoria.- si toccò la testa con un dito - E anche una lista con delle foto. - ridacchiò, in maniera così naturale da risultare affascinante.
- Sono le dieci. Ci ritroviamo qui alle tredici per prepararci al pranzo. Cercate di essere puntali.- spiegò, venendo però interrotta da Robin.
- Chi cucinerà?- il rosso si passò la lingua sulle labbra, già con l'acquolina bocca.
- Già prevedo un'intossicazione alimentare.- obiettò Isaac.
- Non preoccupatevi, so cucinare molto bene.- li rassicurò Zoey, per poi sorridergli e fargli un cenno positivo con la mano.
- Confermo.- Duncan, che in passato aveva avuto diverse volte modo di mangiare del cibo preparato da lei, le dette man forte, senza tuttavia riuscire a convincere i ragazzi.
- Grazie mille.- Zoey gli fece un cenno di ringraziamento con la testa - Adesso potete pure andare dove volete, eccezion fatta per la piscina e per il bosco. Mi raccomando, tornate qui per le tredici!- detto ciò batté le mani, permettendo agli otto di dirigersi dove volessero. Lei, invece, prese Gwen e Duncan e li portò con sé.
- Dove stiamo andando?- chiese il punk, ottenendo una risatina come risposta. Venne trascinato dentro la mensa e fatto sedere ad uno dei tavoli.
- Adesso ci divideremo ed ognuno di noi esaminerà un gruppetto. Attenti a farvi vedere.- la rossa schioccò le dita con fare fin troppo entusiasta. Duncan e Gwen si scambiarono un'occhiata confusa, senza capire cosa volesse dire.
Non ebbero altre spiegazioni. Il punk si ritrovò a seguire una coppia, composta da Nathaniel e Jason, mentre alla gotica venne affidata la sorveglianza di Claire, Margaret e Sophy. I restanti, Isaac, Robin e Georgia, passarono sotto la custodia di Zoey.
I tre gruppetti, casualmente, si diressero ognuno in un senso opposto e questo complicò loro il lavoro.
 
Duncan si era appostato dietro ogni albero, rischiando più volte di macchiarsi la maglietta con la resina, per cercare di non farsi vedere dal duo. Di tanto in tanto vedeva Nathaniel voltarsi di scatto, forse conscio di star venendo seguito, eppure ancora non era stato scoperto.
La sua scarsa esperienza nel pedinare la gente non lo aiutava, d'altronde ad ogni passo schiacciava dei rametti emettendo dei rumori piuttosto udibili, e quei due avevano un qualcosa di inquietante che non gli permetteva di prenderli sottogamba.
- Ehi, Nat, dove vogliamo andare?- chiese Jason, inclinando leggermente la testa. Il moro cercò di ignorarlo finché, infastidito dall'avere gli occhi addosso, decise di rispondere.
- Ovunque, purché lontano da te. - disse, con tono sprezzante, sperando di allontanarlo. Quello, invece, si mise a ridere e riprese a seguirlo in silenzio.
Camminarono fino ad arrivare davanti alla famigerata palestra. L'esterno non lasciava spazio a speranze. Il ferro era completamente arrugginito, il tetto pericolante ed anche in quel caso le porte sembravano portatrici sane di molte malattie.
Jason non se ne preoccupò troppo. Afferrò con presa salda la maniglia ed entrò dentro. Un odore di muffa e di chiuso pervase le sue narici, rischiando di farlo svenire sul colpo.
- Questo posto fa schifo.- invece di esserne disgustato pareva più divertito.
- Vuoi seriamente entrare?- Nathaniel alzò le sopracciglia e, indicando il pavimento sporco, tentò di dissuaderlo dal suo intento.
- Certamente!- strillò quello, ghignando. Fece un passo in avanti, ma venne richiamato da una voce alle sue spalle.
- Aspettate.- Duncan uscì allo scoperto e gli andò in contro - Vengo con voi, sia mai che vi ammazziate. Questo posto è tutto fuorché sicuro.- si fermò ad un metro da loro attendendo che entrassero.
- Ci hai così a cuore?- chiese Jason, senza nascondere una risatina.
- Non particolarmente, ma quei mille dollari mi servono.- alzò le spalle e gli fece cenno di andare avanti. Il trio entrò all'interno della palestra, la cui scarsa illuminazione non permetteva di orientarsi bene.
C'era un campo di calcio disegnato con della vernice scadente sul pavimento e due porte, senza rete, arrugginite alle estremità. Erano anche presenti due tribune di legno, marcio, che solo guardandole rischiavano di cadere.
- Questa la chiamate palestra? Fa veramente schifo.- Nathaniel guardò Duncan, aspettandosi una reazione di qualche tipo venendo però smentito.
- Non guardare me, sono qui da un'ora prima di voi.- il punk alzò le spalle e si diresse verso quello che sembrava essere un ripostiglio. Al suo interno vi erano diverse ceste contenenti vari tipi di palloni, per lo più sgonfi, ed altre attrezzature messe piuttosto male.
Duncan prese un pallone da calcio ed iniziò a palleggiarci come se niente fosse. I due si limitarono a guardarlo, finché non perse il controllo e la palla cadde per terra allontanandosi da loro.
- Veramente bravo.- lo canzonò Jason, accompagnando le sue parole con un battito delle mani.
- È colpa del pallone.- replicò Duncan, stizzito - Possiamo anche andarcene, no? Qua dentro c'è solo muffa.- si guardò intorno, confermando le sue parole grazie alle numerose macchie verdi presenti qua e in là.
- Suppongo tu abbia ragione.- i tre si diressero verso l'uscita e, non appena fuori, assistettero ad una scena decisamente strana.
- Ti ho già detto che non puoi andare nel bosco!- urlò Gwen, quasi del tutto esaurita.
- Perché mai? Avete paura che mi perda? Ho pur sempre sedici anni. - Sophy, con i pugni stretti, controbatté, aumentando ancora di più il tono della sua voce.
- Potrai farlo quando la tua incolumità non dipenderà dal mio stipendio!- la gotica fece un passo in avanti, in modo piuttosto minaccioso, verso la ragazza. Claire e Margaret le guardavano spaventate, dubbiose sul da farsi.
- Calmatevi...- Margaret tentò di placarle, seppur vanamente.
- Zitta!- urlarono all'unisono, facendole emettere un lieve urlo.
- Si può sapere che diavolo succede qui?- Duncan si intromise nella loro conversazione, guardandole arrabbiato e con le braccia conserte.
- Questa scema vuole andare a fare un giro per il bosco per fotografare gli animali.- Gwen la indicò, osservandola con uno sguardo di pieno odio.
- Ma che cos'hai al posto del cervello?- il punk assottigliò gli occhi, puntandoli poi verso Sophy, che si limitò a storcere il muso.
- Non vedo cosa ci sia di strano.- la mora non sembrava volersi arrendere. I due adulti si guardarono per qualche secondo, increduli.
- Zoey ha vietato categoricamente di andare lì. - ricordò Gwen. Eppure quella non voleva sentire ragioni.
- Non mi interessa di cosa dice la rossa.- a quelle parole Duncan si lasciò andare ad una risata che fece stranire tutti i presenti.
- Tu non hai idea di cosa diventa quando si arrabbia. Fossi in te non vorrei mai provarlo.- si portò a pochi passi da lei, puntandole un dito contro la fronte - E adesso torniamo indietro. Lasciarvi da soli è stata una pessima idea. - il gruppetto seguì il punk, che nel frattempo stava socializzando con Gwen, verso la mensa, quando un rumore attirò la loro attenzione.
- Cosa diamine è stato?- domandò Claire, tappandosi le orecchie con entrambe le mani.
- È lei.- la gotica guardò, decisamente preoccupata, Duncan che, dopo aver capito la situazione, optò per un cambio di rotta.
- Ehm... cosa ne dite di andare di là? Sicuramente ci saranno molte cose belle.- ridacchiò nervosamente, per poi spingere Claire, capitata casualmente davanti a lui, verso la direzione opposta a quella del rumore.
 
Isaac, seguito da Robin e Georgia, si stava dirigendo verso un punto non precisato del campo. Di tanto in tanto si guardava dietro, giusto per assicurarsi di non perdere i due di vista, continuando poi la sua scampagnata verso il nulla.
 Dopo una decina di minuti arrivò davanti ad una struttura che attirò immediatamente la sua attenzione. L'esterno, fatto di mattoni, era quasi del tutto sgretolato ed anche il tetto risultava piuttosto traballante. Isaac si avvicinò ad una delle finestre e vi guardò dentro.
Al suo interno c'era una piscina, mediamente grande, piena, seppur il colore dell'acqua fosse di un verdastro poco invitante. Un sorrisetto si dipinse sulle sue labbra, poi si girò verso i due, fermi ad osservare lo strano colore del liquido.
- Entriamo?- chiese, facendoli sussultare entrambi.
- L'animatrice ci ha detto di non entrare.- ricordò Georgia. La rossa si fece indietro di qualche passo.
- Ha ragione, meglio non trasgredire le regole il primo giorno.- Robin dette corda alla ragazza e provò ad allontanarsi, ma Isaac gli si avvicinò e gli parlò all'orecchio.
- È la tua opportunità per dimostrarle di essere un temerario, vuoi sprecarla così?- disse quelle parole con un ghigno stampato in volto, che l'altro non poté vedere, dopodiché si godé la scena successiva. Robin per prima cosa guardò Georgia, arrossendo violentemente, poi deglutì a si fece coraggio.
- Entriamo! Che ci farà mai, una strigliata?- ironizzò, per poi farsi avanti ed aprire la porta. Un profumo di cloro gli andò incontro lasciandoli storditi. La stanza, a causa dell'acqua, era completamente piena di muffa in più punti e le crepe sui muri davano un chiaro segno di crollo imminente.
Isaac si avvicinò al bordo e si mise accucciato ad osservare il fondale. Era quasi del tutto piena, eccezion fatta per qualche centimetro. Mise la mano nell'acqua e concluse che il colore verdastro doveva essere causato dal telo steso sul fondale.
Girò la mano nel liquido, creando diversi vortici, che si mise ad osservare con attenzione quasi maniacale. Tenne gli occhi fissi su quei piccoli cerchi che, lentamente, andavano a fermarsi per far tornare l'acqua limpida e splendente. Quel passaggio dalla "tempesta" alla "quiete" gli riportò alla mente molto ricordi che, però, dovette brutalmente interrompere.
Anche Robin e Georgia dovettero interrompere la loro discussione, partita con un semplice "Che schifo l'acqua verde" e proseguita con qualche frase di circostanza che puntava a rendere più solide le fondamenta della loro amicizia.
A bloccare completamente i tre fu un suono, fortissimo, proveniente dalla porta. Un fischio violento che entrò nelle loro orecchie rischiando di squarciargli i timpani. L'unica cosa che poterono fare fu coprirsele con le mani, seppur per quel gesto rapido Isaac rischiò di cadere in piscina.
- Vi avevo detto di non entrare in piscina.- Zoey, con voce allegra e sguardo sorridente, teneva in mano il fischietto. Portò le mani sui fianchi, rimanendo impassibile e con la sua solita espressione felice che inquietò non poco i tre.
- Ah, era questa la piscina?- Isaac provò a fare il fino tonto.
- Non prendermi in giro, per favore.- la rossa batté le mani, particolarmente irritata dal tentativo del riccio di fregarla - Ed adesso tutti fuori, della vostra punizione discuteremo dopo.- attese che i tre uscissero fuori, dopodiché si preparò a strigliarli.
Non appena aprì la bocca, però, una vibrazione proveniente dalla sua tasca la costrinse a fermarsi. Estrasse il telefono e, con aria confusa, rispose.
- Pronto, signor MacLean. Che cosa desidera?- chiese, portandosi un indice sulle labbra.
- Zoey! Il quarto animatore non potrà venire, mi dispiace. Pensateci voi ai marmocchi.- la voce dell'uomo, irritante ed alta come al solito, fu udibile anche ai tre ragazzini.
- Ma... avevo già fatto delle tabelle e...- la rossa, sempre più confusa, assunse un'espressione demoralizzata.
- E bla bla bla. Falle di nuovo, che ti devo dire. Ah, quasi dimenticato, quest'anno non ci sarò al campo, impegni di lavoro.- commentò stizzito Chris. Zoey poté giurare di aver sentito un sottofondo musicale Hawaiano, ma fece finta di nulla.
- Va bene, ci proverò.- sospirò profondamente, per poi fare cenno ai ragazzi di seguirla. Improvvisamente, però, il cellulare tornò a squillare.
- Zoey! Ho buone notizie per te! Ho appena trovato un altro animatore. Verrà lì appena gli sarà possibile!- Chris, con voce fintamente entusiasta, le urlò all'orecchio rischiando di fracassarle un timpano.
- Oh... va bene. La aspetteremo. per che ore dovrebbe...- non fece in tempo a finire perché Chris staccò prontamente la chiamata.
- La nostra punizione?- chiese Isaac, nascondendo un sorrisetto.
- Per questa volta farò finta di niente, ma che non si ripeta mai più.- mosse rapidamente l'indice mentre passava lo sguardo, arrabbiato, da l'uno all'altro.
- Tutto chiaro, non lo faremo mai più.- ripete Robin, facendola sorridere.
- L'importante è che abbiate capito il vostro errore. Adesso torniamo alla mensa.- durante quella breve passeggiata Georgia e Robin parlarono con Zoey del più e del meno, accorgendosi di quanto fosse socievole e disponibile, ma ben ligia alle regole.
Isaac, invece, camminava qualche passo dietro di loro. Manteneva il volto corrucciato mentre si guardava le braccia piene di tatuaggi. Quella rossa non gli piaceva per nulla. Era andato lì per ritrovare la voglia di vivere ed avere un rompiscatole diligente alle calcagna non gli permetteva di essere libero. Di tanto in tanto le dedicava della occhiatacce maligne, che si interrompevano quando si accorgeva che la ragazza lo stava fissando.
Doveva fare qualcosa per levarsela di torno, altrimenti tutto quel viaggio sarebbe stato inutile.
 
Il gruppo si incontrò nella strada verso la mensa. Subito Zoey andò in contro a Duncan e Gwen per chiedergli come fosse andata. Entrambi la liquidarono dicendo che non c'era stato alcun problema, cosa che fece anche la rossa, omettendo di spontanea volontà la scappatella del suo gruppo.
Le ore successive passarono rapidamente: tra il pranzo, le attività pomeridiane e la cena arrivò presto l'ora di andare a dormire.
Zoey aveva spiegato che, prima di andare a dormire, era necessario farsi una doccia. Quindi, dopo cena, tutti si mobilitarono per prepararsi al bagno. Essendo la cabina per una sola persona, dovettero fare la fila litigandosi in continuazione.
Alla fine la spuntò Jason che, approfittando della diatriba tra Nathaniel e Isaac, si infilò dentro la doccia ed accese l'acqua lasciando i tre stupiti.
Ci mise giusto cinque minuti, durante i quali ascoltò quasi assuefatto i numerosi insulti che i due gli stavano dedicando con particolare attenzione.
Nel pomeriggio avevano iniziato a "socializzare" e ciò li aveva portati ad entrare leggermente più in confidenza. Tra Nathaniel ed Isaac era subito nata una sorta di rivalità, scaturita dai loro caratteri diametralmente opposti che aveva portato ad una piccola frattura all'interno del loro equilibrio - se così si potevano chiamare le prime dieci ore nel campo - di gruppo. Di fatti Robin si era subito accodato ad Isaac, mentre Jason aveva scelto di stare al fianco di Nat, che definiva suo "quasi migliore amico" seppur il moro gli avesse mostrato apertamente disprezzo nei suoi confronti.
Jason uscì dalla doccia ghignando e, dopo essersi asciugato e vestito, uscì fuori dal dormitorio e si mise a sedere sulle scale all'entrata.
Trasse un grosso respiro e confermò a sé stesso l'odio che provava per quell'aria campagnola. Troppo poco movimentata, lui era più da posti caotici, seppur non fosse amante del rumore. Però non riusciva a stare in mezzo alla massa e quella contraddizione lo portava sempre ad avere una visione pessimista della vita.
A riportarlo alla realtà fu un brusio proveniente dall'altro dormitorio. Senza pensarci due volte, si avvicinò alla fonte del rumore.
- Secondo me tutte le opere di Stephen King hanno un significato moralistico non indifferente. Ad esempio, in "It" è palese che stia parlando del controllo superficiale degli adulti sui bambini o in "Cujo", dove è più che chiara la sua critica verso chi non ha cura dei suoi animali.- la voce di Claire, più logorroica del solito, proveniva dall'interno del dormitorio. Jason, curioso, si appoggiò con la schiena al muro in legno per ascoltare.
- Potrebbe essere, non l'ho mai vista così. - Margaret, palesemente spiazzata da quelle parole, esitò a darle corda.
- E in "Cell" critica l'uso dei cellulari.- proseguì la castana, inserendo altri esempi nella sua contorta opinione.
- Oh, cielo.- Jason non riuscì più a resistere. Balzò in piedi e, senza preoccuparsi di nulla, aprì di violenza la porta - Non posso credere che tu lo stia dicendo davvero.- appoggiò un braccio sullo stipite e rimase immobile a guardare Claire negli occhi.
- Come, scusa?- domandò lei, quasi shockata dal suo ingresso.
- Ti atteggi a "so tutto io", eh?- l'espressione della ragazza divenne enigmatica, essendo sempre più confusa.
- Ma cosa...- tentò di difendersi, ma il moro prese la palla al balzo e proseguì il suo discorso.
- Non fare la finta tonta. Hai sedici anni, non dovresti perdere tempo cercando di sembrare più matura.- commentò acidamente. Claire boccheggiò qualcosa, senza sapere cosa dire.
- E tu. - indicò Margaret, rimasta fino a quel momento in silenzio - Smettila di abboccare a tutto ciò che ti dice e fatti una tua opinione personale.-
La discussione venne interrotta dal ritorno di Sophy dalla doccia che, con un solo asciugamano addosso, spalancò gli occhi alla vista di Jason.
- Esci immediatamente da qui!- urlò, afferrando con foga l'indumento per evitare che cadesse a terra. Senza che riuscisse nemmeno a rendersene conto, si ritrovò a correre verso il suo dormitorio con numerosi oggetti, lanciati dalla mora, alle sue spalle, tra cui cuscini e spazzole.
- Allora, si può sapere che cos'è tutto questo baccano?!- non appena Jason fu rientrato dentro, Gwen si presentò alla porta dell'alloggio femminile con espressione tutt'altro che amichevole.
- Quei bastardi sono entrati qua dentro.- si lamentò Sophy.
- E questo ti da il permesso di urlare come una matta?- replicò la gotica. Era in pigiama e pronta per andare a dormire, motivo per cui non voleva sentire nemmeno una mosca volare. Georgia, appena uscita dalla doccia, Claire e Margaret osservarono la scena impassibili, spaventate da entrambe.
- Oh, scusami tanto se non voglio che quei maiali mi vedano nuda!- urlò la mora. Sentendo quelle grida anche i ragazzi uscirono fuori dalla stanza.
- Su, Gwen, non arrabbiarti.- fu l'arrivo di Duncan, in canottiera e pantaloncini, a placare la gotica - Vai a dormire e non preoccuparti.- la prese per le spalle e la portò via, evitando di gettare ulteriore benzina sul fuoco.
- Ti ringrazio, le avrei spaccato la faccia.- i due si fermarono fuori alla porta del loro dormitorio per parlare. Il punk le offrì una sigaretta, che accetto di buon grado con occhi brillanti.
- Sì, sono dei bei rompi palle. Però hanno pure sempre sedici anni. Anch'io al tempo ero così. - puntò lo sguardo sulla sua sigarette ed osservò la cenere che, lentamente, la corrodeva.
- Ah sì?- chiese lei, curiosa.
- Sono stato in riformatorio più volte.- confessò, guardandola fissa negli occhi.
- Dal tuo aspetto non si direbbe.- effettivamente era cambiato molto con il passare del tempo. La relazione che aveva avuto con Courtney aveva giovato a questo, seppur gli avesse completamente distrutto la voglia di sentimentalismi.
- Avevo una cresta verde ed un sacco di piercing.- sorrise al ricordo di quelli che erano, a tutti gli effetti, i suoi elementi distintivi quando era sedicenne.
- Uh, veramente sexy.- lo derise lei, battendo la sigaretta contro il bordo della staccionata.
- Ovviamente.- il punk si colpì il petto, facendo scoppiare entrambi a ridere. Avevano approfondito meglio la loro conoscenza durante quel pomeriggio, che avevano passato a giocare a carte con Zoey mentre i ragazzi si svagavano in palestra, e si erano resi conto di avere parecchio in comune.
- Ehm... scusate. Voi siete animatori qua?- una voce sconosciuta attirò la loro attenzione. Si voltarono entrambi di scatto e si ritrovarono davanti una ragazza dai capelli neri corti, gli occhi celesti, tenuti nascosti dagli occhiali, ed un naso piuttosto storto. Era molto bassa, cosa intuibile seppure i due fossero seduti sopra le scale.
- Sì, ti sei persa?- domandò Gwen, quasi con il sangue agli occhi. Odiava essere interrotta quando parlava con qualcuno, soprattutto se stava anche fumando.
- No, non proprio. Mi chiamo Frida Pilar Navarro e sono la nuova animatrice.- porse la mano ai due, che la strinsero con riluttanza dopo essersi guardati confusi. Duncan andò a chiamare Zoey che, non appena uscì, rischiò una crisi di nervi.
-Ah, finalmente sei arrivata! Chris non mi aveva detto l'ora in cui saresti arrivata.- si appoggiò una mano sulla testa, mentalmente sfinita. Le rivolse comunque un sorriso, cercando di accoglierla ala meglio possibile.
- Beh, sono stata chiamata circa quattro ore fa e sono venuta subito. Non vi hanno avvisati?- domandò, seppur perfettamente conscia della risposta.
- L'organizzazione qui fa schifo.- commentò acidamente Gwen, gettando il mozzicone per terra.
- Gwendolyn! Raccattalo, non dobbiamo dare il cattivo esempio ai ragazzi!- Zoey non perse occasione per sgridarla e la gotica, borbottando parole poco carine, eseguì il comandò e lo gettò nel cestino dentro la stanza.
- Beh, in quella mia e di Gwen non c'è posto, però puoi dormire in quella camera lì. Vado a prendere le chiavi.- le sorrise, come suo tipico, dopodiché andò a dentro e ne uscì fuori con un mazzo, piuttosto corposo, di chiavi argentate - Vediamo... dovrebbe essere questa.- ne prese una e, dopo aver fatto cenno a Frida di seguirla, le aprì la porta permettendole di entrare.
- C'è qualcosa che non va?- Zoey si sentiva leggermente sotto pressione, perché la mora continuava a guardarla come se le avesse fatto qualcosa di male.
- No, assolutamente. Grazie di tutto, ci vediamo domani.- la liquidò rapidamente, per poi infilarsi nella stanza e chiudersi la porta alle spalle.
La rossa non poté far altro che alzare le spalle e tornare nel suo alloggio sempre più confusa. Essendo lei troppo stanca, mandò Duncan a dire ai ragazzi di andare a dormire e si mise subito a letto, addormentandosi poco dopo.
 
Robin si stava maledicendo con tutto sé stesso per non essere andato al bagno quando ne aveva avuto l'occasione. Si stava, letteralmente, contorcendo nel letto con la vescica in procinto di esplodere. Tutti gli altri si erano già addormentati ed aveva paura di uscire fuori da solo per andare nel bagno comune, a pochi passi dal dormitorio.
Dopo aver rischiato di farsela addosso, prese coraggio e si alzò dal letto. Aprì la porta con attenzione ed uscì fuori respirando la ghiaccia aria notturna che pervadeva quella zona. Sentiva le narici freddarsi ad ogni respiro ed essendo in pantaloncini  le sue gambe si stavano tramutando in due pezzi di ghiaccio.
Corse al bagno e, dopo aver provato a girare la maniglia, si rese conto che la porta era chiusa a chiave. Imprecò diverse volte, finché non vide un albero vicino al dormitorio degli animatori che gli sembrò l'unica salvezza possibile.
Correndo, e rischiando di inciampare più volte, lo raggiunse e liberò la vescica, accompagnando l'atto con un piccolo sospiro di sollievo.
Dopo aver finito si girò verso il suo alloggio, ma un rumore proveniente dal dormitorio degli animatori attirò la sua attenzione. Un piccolo lamento, a malapena udibile, gli arrivò alle orecchie. Il rosso, con il cuore che gli batteva in gola, si avvicinò all'entrata e vedendo la porta socchiusa decise di sbirciare per capire cosa stesse accadendo all'interno.
Il respiro gli si gelò non appena vide Gwen sbattere di peso per terra. Il pavimento si macchiò rapidamente di rosso, contagiando tutto il parquet con il passare dei secondi. Robin capì subito che si trattasse di sangue anche grazie all'odore ferroso che gli si appostò sulle narici.
 La faccia della gotica aveva un'espressione spaventata mentre i suoi occhi erano girati, rendendo visibile solo la parte bianca. Inoltre la sua maglietta era sporca per colpa del liquido. Avendo la luna piena alle spalle, Robin fu costretto ad assistere alla visione del cadavere della mora.
Sentendosi in pericolo, cercò di allontanarsi, ma un rumore, provocato da un'asse di legno, fece voltare la seconda persona presente nella stanza verso di lui. Non riuscì nemmeno a vedere di chi si trattasse, poi iniziò una corsa rapidissima verso il suo dormitorio. Non si girò nemmeno per un istante, spalancò la porta del suo dormitorio e se la chiuse alle spalle, per poi infilarsi sotto le coperte con uno sguardo terrorizzato.
Tremava come una foglia e la paura che quella persona potesse averlo visto provocò in lui un batticuore che rischiò di ucciderlo sul colpo. Non chiuse occhio per tutta la notte. Rimase seduto sul letto a fissare la porta con la paura che potesse aprirsi all'improvviso.
Nella fretta della fuga, si era dimenticato di osservare dei dettagli importanti, come la porta del dormitorio femminile aperta, oppure il fatto che Isaac non fosse nel suo letto.
 
ANGOLO AUTORE:
Ma ciao! Ed ecco a voi il secondo capitolo!
Sono triste. Nei miei piani iniziali Gwen doveva campare, però poi ho deciso che, almeno per questo anno, non voglio far morire Chris. Quindi la mia gotica preferita ci ha lasciato penne.
Che dire cari miei... aggiornamenti settimanali! Uno ogni domenica.
Per adesso c'è ancora poco da dire, però il buon Robin ha visto cose che non avrebbe dovuto vedere eh? Chissà come finirà!
Ed Isaac? Che abbia qualche problema di gestione della rabbia? (Anche se quello andrebbe attribuito a Sophy e Gwen)
Chi sarà l'assassino? Lo scopriremo solo vivendo!
Detto ciò, appuntamento a Domenica prossima con il capitolo IV.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


La sveglia suonò, mettendo fine a quella che per lui era stata la nottata più brutta della su vita fino a quel momento. Il letto era piccolo, le molle del materasso quasi del tutto saltate ed il cuscino duro.
Sentiva gli occhi pesanti e due profondo occhiaie violacee gli fornivano un'aria tutt'altro che amichevole. Stette per qualche secondo a guardare il soffitto del suo dormitorio mentre pensava al da farsi. Si sarebbe dovuto alzare, avrebbe dovuto preparare la colazione con Gwen e poi sarebbe iniziata la sua prima vera e propria giornata come animatore.
Per quella mattina Zoey aveva preparato un semplice incontro per "approfondire i rapporti tra i ragazzi", mentre nel pomeriggio gli avrebbe permesso di usare la palestra per fare ciò che volevano.
Il lavoro, tutto sommato, non sembrava poi così pesante. L'unico problema era l'età dei ragazzi, che essendo in piena adolescenza non perdevano tempo ad attaccar briga per nulla e a lamentarsi per qualsiasi cosa.
Si stropicciò gli occhi, per poi alzarsi ed iniziare a vestirsi. Per fortuna gli era permesso indossare abiti normali, anche perché si sarebbe sentito estremamente a disagio con addosso una tutina identificativa, e ne aveva approfittato per portarsi dietro indumenti estivi, quali pantaloncini corti e canottiere.
Proprio mentre prendeva i vestiti dalla valigia, un grido fortissimo squarciò in mille pezzi il silenzio mattutino. Duncan capì immediatamente di chi si trattasse. Zoey. La sua voce era inconfondibile.
Prese un paio di jeans a caso e si vestì in tutta furia, preoccupato per l'amica d'infanzia. Si precipitò verso la porta, rischiando di inciampare diverse volte, ed uscì porgendo subito lo sguardo alla stanza alla sua destra. Davanti all'ingresso c'era Frida che, con sguardo shockato guardava all'interno del dormitorio.
- Che diavolo sta succedendo?- domandò, facendosi avanti. Non appena puntò gli occhi verso l'interno dell'abitacolo rischiò di rigurgitare tutto quello che aveva mangiato nella precedente settimana.
Il corpo di Gwen, leggermente sbiancato, era sdraiato sul pavimento a pancia in sotto, con una mano appoggiata sul petto e l'altra a terra. Sotto di lei c'era una quantità indescrivibile di sangue, anche liquido, che le aveva imbrattato tutto il pigiama.
La sua espressione, spaventata e confusa, era accentuata dal colore rossastro che la guancia aveva assunto stando a contatto con il terreno.
Affianco a lei c'era Zoey che, senza preoccuparsi del sangue per terra, si era gettata al suo fianco per verificare se fosse effettivamente morta. Tastò la vena sul collo, poi quella sul polso ed infine poggiò la mano sul cuore nella speranza di sentire un battito. Nulla da fare.
La gola della ragazza era stata completamente squarciata, tanto che si poteva vedere la trachea, e le possibilità che potesse essere ancora vive erano praticamente nulle.
La rossa non poté far altro che appoggiare la testa sul suo petto dell'amica e scoppiare un pianto disperato.
- Cos'era quell'urlo?- domandò Claire, ancora in pigiama e con il volto visibilmente preoccupato. Non appena Duncan vide la ragazza si chiuse la porta alle spalle. Il suo volto era completamente bianco dalla paura, ma non voleva che nessun altro sapesse cosa fosse successo, in particolare i ragazzi.
- Nulla, Gwen si è ferita con un coccio.- mentì, ridendo nervosamente. Gettò uno sguardo in direzione di Frida, che non poté far altro che annuire con la testa verso la castana.
- E lei chi sarebbe?- solo in quel momento sui rese conto che la mora non aveva ancora incontrato i ragazzi.
- La nuova animatrice, è arrivata ieri sera. Adesso torna dentro e di a tutti di aspettarci alla mensa.- la voce di Zoey, rotta dal pianto, era udibile a tutti e tre, ma il punk continuò imperterrito la sua recita cercando aiuto, che non riuscì ad ottenere, in Frida, ancora scossa per ciò che aveva visto.
- Va bene...- detto ciò la castana si allontanò, permettendogli di tirare un respiro di sollievo. Attese che fosse entrata dentro il suo dormitorio, poi aprì la porta e si avvicinò a Zoey.
- Dobbiamo chiamare il capo. - disse alla rossa, ancora stesa accanto al cadavere dell'amica. Quella non rispose, continuando a piangere sul petto, ormai freddo, della gotica. Era paralizzata dallo shock. Duncan, a pochi passi dall'impazzire, le si avvicinò e la tirò su di peso.
- Zoey, cazzo! Che dobbiamo fare!- urlò, scuotendola per le spalle. La rossa incrociò gli occhi con i suoi. Erano rossi, per colpa del pianto, e vuoti. Il punk, sempre più nel panico, iniziò a tremare. Solo alla vista dell'amico completamente paralizzato Zoey riacquistò coscienza.
- Il telefono... passami il telefono.- indicò il comodino dietro di lui, su cui era appoggiato il suo telefono. Duncan la lasciò e, con la mano che non accennava a muoversi, prese l'aggeggio.
La rossa aprì la rubrica e chiamò il numero di Chris.
- Connessione assente.- quella scritta, apparsa sopra il nome del contatto, la portò a guardare la recezione del campo, che era completamente assente.
- Ma che diavolo sta succedendo? Perché non prende?- cercò nelle impostazione per tentare di risolvere il problema, ma non riuscì a fare nulla. Non le restò che spegnere e riaccendere il cellulare, anche se nemmeno quel tentativo portò a nulla.
- Non possiamo chiamare.- sentenziò in fine. Duncan colpì con violenza la parete di legno nel tentativo di riprendersi. Cercò di controllare il respiro e, dopo esserci riuscito, iniziò a pensare ad una soluzione.
- La macchina. Andrò in città e chiederò aiuto.- disse, per poi correre verso la sua stanza.
Corse a tutta forza verso la sua auto e, dopo esserci salito, iniziò a girare la chiave per far partire il mezzo. Provò ad accelerare, ma la macchina non accennava a partire. Imprecò diverse volte, arrivando anche a colpire con violenza il volante attivando il clacson, per poi scendere e controllare cosa non andasse.
Subito gli balzò all'occhio che c'era qualcosa che non andava negli pneumatici. Era tutti sgonfi. Degli sgarri di circa una decina di centimetri avevano perforato la gomma rendendo il veicolo inutile.
Corse verso le altre due macchina, quella di Zoey e quella di Frida, e si accorse che anche le loro aveva le gomme completamente squarciate. Iniziò a ridere come un matto, dopodiché si gettò a terra completamente sfinito.
Il campeggio era situato a più di cinquantamila chilometri da Toronto e l'autogrill più vicino ne distava venticinquemila. Erano bloccati là, con un assassino tra di loro e senza la possibilità di comunicare con nessuno.
 
I ragazzi, come chiesto da Duncan, si erano riuniti tutti alla mensa. Quando il punk arrivò, con una faccia bianca come un telo ed uno sguardo tutt'altro che rassicurante, chiesero immediatamente spiegazioni.
- Perché ci avete convocati qua? Iniziamo le stupide attività?- domandò Sophy, senza nemmeno guardarlo in faccia.
- Già, stavo dormendo così bene...- sussurrò Isaac, mantenendo il suo solito sorrisetto provocatorio.
- È successo un qualche di inaspettato. Dovrete tornare a casa. - Zoey entrò dentro la mensa e, con gli occhi ancora rossi per il pianto, cercò di sbrigare la faccenda il più in fretta possibile.
- No, non possono.- la interruppe Duncan, guardandola negli occhi con un'espressione a lei nuova.
- E perché mai?- la rossa cercò di decifrare la faccia pragmatica dell'amico, ma l'unica cosa che capì era che non erano messi bene per nulla.
- Le ruote delle macchine sono squarciate.- sussurrò, causando un brusio generale tra la folla.
- Se nemmeno i telefoni funzionano vuol dire che...- iniziò Zoey, balbettando le parole.
- Siamo bloccati qua.- concluse Frida, abbassando gli occhiali da sole e guardando i due con fare preoccupato.
- Quindi dobbiamo per forza parlargliene... Il pullman tornerà qui solo tra cinque giorni.- la rossa, sempre più nel panico, di gettò di peso su una sedia ed iniziò a tastarsi le tempie per cercare di controllarsi.
- Parlarci di cosa? Potete spiegarci cosa cazzo sta succedendo?- Sophy, fin troppo confusa da tutte quelle parole misteriose, esplose in un urlo precipitoso che scatenò l'ira di Duncan, fin troppo perso nei suoi pensieri per poter sopportare un'altra sceneggiata.
- Gwen è morta. L'hanno ammazzata. Inoltre siamo bloccati qui con un assassino in giro. Tutto chiaro? Adesso puoi smettere di rompere le palle?!- appoggiò entrambe le mani sul tavolo e, dopo averla fissata intensamente negli occhi, gridò più forte di lei spaventandola.
- State scherzando? È per caso un'attività del campo estivo?- Margaret accompagnò quelle domande con un sorriso preoccupato, quasi a voler sperare che fosse tutta un'invenzione degli animatori.
- No, è tutto vero.- Frida, che aveva capito la difficoltà emotiva in cui i due animatori versavano, decise di prendere l'iniziativa.
- Non è possibile!- anche Georgia si affiancò alla mora, tentando di smascherare uno scherzo che, purtroppo, non esisteva.
- E cosa dovremmo fare?- domandò Jason, con i denti stretti per via della notizia shock. Perfino Nat, che fino a quel momento era rimasto calmo, iniziò a turbarsi.
- Per adesso cerchiamo di calmarci. È possibile che l'assassino non sia tra di noi.- ipotizzò Zoey nella speranza di mantenere unito il gruppo. Tutti sapevano che non era così, eppure una minima speranza a quel pensiero volevano lasciarlo.
- Dovremmo provare ad investigare.- propose Claire, con un tono così calmo da diventare inquietante.
- E come? Siamo tre nullafacenti venticinquenni e otto bambini. Questo non è un gioco.- sputò acidamente Duncan. Di idee idiote ne aveva sentite fin troppe.
- Io non voglio stare qui! È pericoloso, ci conviene andarcene a piedi.- si lamentò, come al solito, Sophy.
- Andare dove? Ci abbiamo messo una vita a venire fin qui.- fu Isacc, sorridendole in maniera a dir poco rassicurante, a zittirla.
- Io credo che dovremmo provare ad indagare.- ripropose Claire, con un'espressione ancora più seria in volto. Aveva letto migliaia di libri gialli e, seppur non avrebbe mai pensato di doverci provare in quel posto, aveva sempre avuto il desiderio di risolvere una scena del crimine.
- Ma sei idiota? Ti ho già detto prima che non possiamo farlo.- ancora una volta Duncan provò, con la sua solita acidità, a depistare la sua idea, ma quelle parole gli si rivoltarono contro.
- Non è che sei tu l'assassino?- domandò la castana.
- Eh? Cosa?- il punk, che fino a quel momento aveva assunto un'aria indispettita, mutò subito espressione.
- Forse non vuoi che indaghiamo perché il colpevole sei tu. - gli puntò il dito contro, portando anche tutti gli altri a guardarlo con sospetto.
- Mi stai prendendo per il culo?- batté la mani sul tavolo con foga offeso da quelle parole. Una piccola goccia di sudore stava iniziando a scendere dalla sua fronte, accompagnandolo verso il riempimento massimo della sua pazienza. Non ne poteva più.
- No, sono serissima.- Claire appoggiò i gomiti sul tavolo e, dopo essersi seduta in maniera composta, gli lanciò un occhiata glaciale.
- Basta così, evitiamo altre discussioni.- Zoey si alzò di scatto e poggiò una mano sul petto dell'amico cercando di calmarlo.
- La ragazza ha ragione, possiamo provare ad indagare.- Frida, anche lei amante dei gialli, dette man forte alla castana nella speranza di spezzare quell'aria di tensione che si era creata.
- Fate come cazzo vi pare, io vado a fumare.- si liberò dalla presa della rossa ed uscì, stringendo il pacchetto con forza nella mano destra.
- Bene, allora è deciso.- Claire accompagnò le sue parole con uno schiocco delle dita - Zoey, potresti portarmi sul luogo del delitto?- domandò alzandosi dalla sedia.
- E perché mai dovresti fare tu la detective?- ovviamente Sophy ebbe da ridire, causandole una risata naturale.
- Perché ho letto tutti i libri su Sherlock Holmes ed anche i gialli di Agatha Christie.- alzò le spalle con aria superiore.
- Oh, hai letto qualche libro. Sarai sicuramente una detective con i controfiocchi.- la sfotté Jason, che la sera prima le aveva già fatto capire quanto detestasse quel suo atteggiamento.
- Allora vieni anche tu. - il moro, non del tutto sorpreso da quell'affermazione, si alzò e, con un ghigno impresso in volto, la seguì. Detto ciò i due, accompagnati da Zoey, si avviarono verso il luogo del delitto uscendo dalla stanza.
Nella stanza piombò un silenzio di tomba. I ragazzi iniziarono a squadrarsi tra di loro cercando di capire chi potesse essere l'omicida. Tra tutti l'unico che aveva la testa bassa e sembrava sentirsi completamente era Robin. Il rosso non aveva ancora spicciato una parola.
- C'è qualcosa che non va?- gli domandò Georgia, portandosi più vicina. Il rosso, palesemente colto di sorpresa, spagliò e si tirò indietro con la sedia. Dopo aver visto di chi si trattasse le rivolse un sorriso nervoso.
- Uhm? No, nulla.- si grattò la testa rischiando quasi di ferirsi, mentre l'altra lo analizzava. Non lo conosceva da molto, ma gli era parso sin da subito un tipo solare e quell'atteggiamento era tutto il contrario.
- Posso aiutarti se hai qualche problema.- gli disse con sguardo serio. Robin interruppe la sua risata e, dopo averla osservata con gli occhi completamente spenti, cercò di sdrammatizzare la situazione.
- Se ne avrò qualcuno chiederò sicuramente a te. Ti ringrazio.- detto ciò si voltò dall'altra parte. Aveva visto il momento preciso in cui Gwen era stata uccisa, eppure non aveva visto bene l'assassino in volto. La paura gli aveva bloccato il corpo, non riusciva a parlarne.
Stava seduto sulla sedia, con un'espressione agonizzante in volto ed il corpo tremante. Ad Isaac questo atteggiamento strambo non era sfuggito, ma decise di non interferire per il momento, troppo occupato a nascondere ciò che aveva fatto la sera prima.
Nessuno se ne era accorto e questo gli bastava. Eppure se fosse saltato fuori avrebbe avuto non pochi problemi.
Invece nella situazione opposta c'era Nathaniel. Non aveva idea di cosa fare. Aveva capito da subito che era successo qualcosa di grave, eppure non si aspettava una notizia del genere. Fortunatamente aveva infilato di nascosto una lama nel suo zaino, che sua madre gli aveva categoricamente vietato di portare, pertanto poteva sentirsi al sicuro, almeno per il momento.
Ovviamente anche lui aveva i suoi sospetti, che portavano a come maggiore indiziato Jason per più motivi. Troppo strano, dalla lingua tagliente e decisamente introverso. Le uniche parole che si erano scambiate era, per lo più, frecciatine. Non lo sopportava.
Ed infine, tra i più silenziosi, c'era Margaret. La notizia della morte di Gwen su di lei aveva avuto l'effetto di una doccia fredda in pieno inverno. Cercava di mantenere la calma, ma era più che evidente la sua estraneità alla cosa. Sentiva un groppo in gola, forse paura, anche perché era in un certo senso la responsabile di quella situazione, seppur per vie traverse.
Perché quella sera, oltre all'omicidio, tutti avevano fatto qualcosa che, col senno di poi, li aveva portati a quel punto morto.
 
Zoey portò Jason e Claire nella stanza dove c'era il cadavere e, dopo averla aperta con la chiave, li seguì dentro. La prima cosa che dovettero fare fu tapparsi il naso, poiché un odore di ferro e carne in decomposizione rischiava di metterglielo fuori uso. Il clima secco del campeggio non aiutava, il corpo era destinato a decomporsi più rapidamente del normale.
Claire, dopo aver rigettato un coniato di vomito, iniziò a girare per la stanza alla ricerca di prove. Dette attenzione anche nei più piccoli dettagli, come il colore del pigiama della vittima o altre sciocchezze. L'unica cosa che trovò furono gli effetti personali della gotica, gelosamente custoditi dentro la sua valigia.
La scena del crimine era stata ripulita, su quello non c'era dubbio. L'arma era sparita, ma dalle dimensioni era palese l'utilizzò di un coltello anche piuttosto affilato, e l'assassino non sembrava aver lasciato tracce chiare, almeno non lì.
Mentre la castana metteva, letteralmente, sottosopra la stanza, Jason era concentrato su altro. Aveva gettato casualmente un'occhiata verso il letto di Zoey e si era accorto che, al lato del materasso, c'erano delle tracce di sangue. La squadrò rapidamente alla ricerca di qualche macchia rossa, senza tuttavia arrivare a nulla di concreto.
L'ipotesi che generò fu che, forse, l'assassino aveva intenzione di uccidere anche lei ma che per qualche motivo non lo aveva fatto.
Portò l'indice sotto il mento e con espressione seria, che risultava leggermente inquietante, e tentò di risolvere quel puzzle ancora senza pezzi. Non aveva esperienza, e questo era più che palese, però poteva contare sulla sua astuzia.
- Qua dentro non c'è nulla. L'assassino non ha lasciato tracce. Piuttosto, tu non ti sei accorta di nulla?- Claire, dopo aver esaminato tutta la stanza, raggiunse la stessa conclusione del moro. Rivolse quella domanda alla rossa che, senza esitazione, le rispose.
- Stavo dormendo, non ho sentito nulla.- disse, gettando un'occhiata verso il suo letto.
- Quindi abbiamo un assassino silenzioso.- ironizzò Jason, digrignando i denti divertito. Si alzò e, senza curarsi delle due, uscì dalla stanza.
- Beh, direi che qui abbiamo finito. Chiudi la porta a chiave e tieni la chiave.- le spiegò, ottenendo un cenno positivo con la testa. Zoey, realizzando che seguiva alla lettera gli ordini di una sedicenne, si sentì leggermente a disagio. Non era mai stata forte caratterialmente e, per quel motivo, difficilmente riusciva ad ottenere ciò che desiderava.
Le due uscirono e, dopo aver raggiunto in ragazzo, fecero ritorno alla mensa.
Lì la situazione sembrava essersi calmata, Duncan era rientrato, seppur avesse ancora il broncio, e Frida, che aveva tenuto d'occhio i ragazzi, si era messa a leggere un libro. Per quei dieci minuti all'interno della stanza il silenzio aveva regnato sovrano, interrotto di tanto in tanto dal rumore di qualche sedia.
- Allora? Avete risolto nulla?- domandò Frida, ottenendo un cenno negativo da parte di Zoey.
- Siamo nella merda.- sentenziò Isaac, appoggiando la testa sul tavolo con fare sfinito. Quella giornata era iniziata da poco, eppure il livello di stress era molto elevato.
- E se provassimo ad aggiustare il modem?- propose Duncan, ottenendo delle facce stranite da parte dei ragazzi.
- C'è un modem in questo posto?- chiese Jason, quasi sorpreso dalla notizia.
- La connessione funziona con quello. Ieri sera qualcuno lo ha rotto, infatti adesso siamo senza connessione.- spiegò Zoey, portando il moro ad incuriosirsi ancora di più.
- Qualcuno che se la cava con l'elettronica?- domandò Frida, cercando consenso negli occhi dei presenti.
- Io qualcosa so fare.- Duncan fu l'unico a proporsi - Tutti molto utili, eh. - disse con acidità.
- Verrò io con te. - Frida, dopo aver avuto conferma dell'inesperienza del gruppo, si fece avanti.-
- E noi che facciamo?- chiese Sophy, con tono piuttosto preoccupato.
- State attenti.- tagliò corto Duncan, cercando di essere il più schietto possibile - Zoey, tienili d'occhio. Possibilmente falli rientrare nei loro dormitori, lì dovrebbero essere al sicuro.- la rossa annuì con la testa.
- Mi raccomando, state attenti.- disse poi, rivolgendo un'occhiata quasi minacciosa verso Frida. La mora la restituì al mittente, per poi incamminarsi assieme a Duncan verso la sala di controllo.
Questa era posta vicino alla stanza di Chris, ed era uno scantinato piuttosto piccolo al cui interno erano presenti topi, ragni e qualsiasi altro animale velenoso che poteva causare la morte di chiunque entrasse.
Dall'esterno già si capiva che il ferro, di cui era fatta la baracca, era più che arrugginito e non sarebbe stati sorpresi di vedere il modem ridotto a pezzi da una tegola del soffitto, fin troppo mal costruito.
- Dobbiamo davvero entrare?- dopo averla vista, Frida cercò di tirarsi indietro, preoccupata per la sua incolumità. Duncan nemmeno le rispose, aprì la porta con violenza, venendo quindi investito dall'odore di chiuso, e si infilò dentro.
Stette per un minuto intero a cercare l'interruttore della luce, che venne trovato in meno di cinque secondi da Frida, per poi guardarsi intorno alla ricerca del modem. Dopo che le luci, talmente forti da rischiare di abbagliarli, si accesero il modem, o per meglio dire ciò che ne restava, gli apparve davanti agli occhi. La piccola scatola bianca era completamente sfracellata sul pavimento, con i pezzi interni sparsi anche sotto i mobili presenti nella stanza.
Una marea di viti e fili facevano da scena del crimine a quello che sembrava, a tutti gli effetti, un gesto volontario.
- Merda!- Duncan colpì con violenza uno dei mobili, spezzando in due l'anta di legno.
- È impossibile da riparare. L'hanno completamente fatto a pezzi.- la mora prese in mano il modem e, dopo esserselo rigirato per un po' fra le mani, concluse che non c'era effettivamente nulla da fare.
- Da qua.- il punk glielo strappò di mano e lo appoggiò sul tavolo aspettando una qualche illuminazione divina che difficilmente sarebbe arrivata.
- Te l'ho già detto, è completamente andato.- disse Frida, leggermente irritata dall'atteggiamento dell'altro.
- Che palle.- Duncan dette un pugno al tavolo, senza fortunatamente romperlo, poi si gettò di peso sulla sedia lì accanto.
- Non ci resta altro che aspettare.- la mora gli rivolse uno sguardo nervoso, conscia della grave situazione in cui versavano.
- Cazzo! Non ci credo. Sono venuto qua per prendere un fottuto stipendio, non per rimetterci le penne!- ormai il livello di disperazione che aveva raggiunto era incontenibile. Teneva i gomiti appoggiati sulla superficie legnosa mente le mani andavano a cingere le tempie. Scosse la testa e, senza nemmeno curarsi della presenza di Frida, aprì la porta ed uscì a fumarsi una sigaretta.
- Questo atteggiamento non ti porterà da nessuna parte.- la mora si mise accanto a lui e, più per evitare un silenzio imbarazzante che altro, attaccò bottone.
- Eh? Che intendi dire?- grugnì quello, lasciando cadere della cenere a terra.
- Sei sospetto. Il tuo modo di fare grezzo e poco amichevole li porterà subito a sospettare di te. - spiegò, guardando il fumo proveniente dalla sigaretta dal ragazzo alzarvi verso il cielo.
- Non me ne frega un cazzo di quello che pensano quei ritardati.- sbottò, dedicandole un'occhiata piena di astio.
- Oh, a te no, ma alla polizia o chiunque altro verrà ad investigare importerà e come.- più la mora parlava e più Duncan rischiava una crisi nervosa. Era sicuramente il più sospetto e questo era palese, eppure sentirselo dire direttamente lo urtava nel profondo.
- Zoey mi difenderebbe, lei sa che non sarei mai capace di fare una cosa del genere.- si giocò la sua ultima carta, ovvero la fiducia reciproca che c'era tra lui e la rossa.
- Lei, uhm? Non puoi mai sapere cosa pensano le altre persone.- alzò le spalle, lasciandolo leggermente stranito.
- Ti sta antipatica?- domandò per cercare conferma della sua ipotesi.
- Non proprio. Diciamo che non mi fido delle rosse, soprattutto di quelle tinte.- a quelle parole il punk non poté che alzare un sopracciglio.
- Ti hanno fato qualcosa?- chiese, seppur la risposta fosse scontata.
- Le corna.- strinse il pugno con forza, rivolgendolo verso il cielo.
- Ah, quindi sei...- venne anticipato dalla mora.
- Lesbica.- tagliò corto, riprendendo a guardare il fumo andare verso l'alto.
- Torniamo indietro.- disse Duncan, gettando la sigaretta per terra.
- Zoey non si arrabbierà se lo verrà a sapere?- lo sfotte Frida, portandolo a ridere.
- L'importante è che non lo sappia.- detto ciò alzò le spalle e si diresse verso i dormitori assieme alla ragazza.
 
Robin versava in una condizione a dir poco pietosa, e di questo Georgia si era accorta. Di tanto in tanto gli gettava qualche occhiata addosso nella speranza che tornasse il tipo solare del giorno prima, eppure non sembrava esserci nemmeno la più remota possibilità che ciò accadesse.
Era come perso nel suo mondo, un mondo freddo e senza colori. La rossa, preoccupata per lui, non poteva farci nulla. Sapeva che affezionarsi ad una persona dopo nemmeno un giorno non era una cosa normale, eppure sentiva che di lui si poteva fidare. Inoltre era stato l'unico ragazzo a provare a parlare e questo le aveva fatto molto piacere.
Era da sempre alla ricerca del suo principe azzurro ed in lui vedeva, più o meno, i requisiti base per esserlo. Era gentile, scherzoso e altruista. Non poteva negare che non fosse molto sveglio, eppure a lei andava bene così, con quell'innocenza quasi simpatica.
- Dovresti provare a parlargli, magari in un posto più appartato.- Isaac le si avvicinò e, cogliendola alla sprovvista, le parlò. I loro occhi entrarono a contatto e Georgia provò una strana sensazione. Malinconia. Questo era quello che leggeva nelle iridi nocciola del ragazzo.
- Dici?- disse solamente, ancora persa in quel velo triste da lui generato.
- Magari puoi tirarlo su di morale. Penso te ne sarebbe grato. Prova ad invitarlo nel capannone qua fuori.- sorrise in maniera strana, ma lei non se ne preoccupò, troppo presa a guardare Robin con la coda dell'occhio.
- Sì, hai ragione. Vado subito.- si alzò dal letto e si diresse verso di lui cercando di non dare nell'occhio. Zoey, per comodità, li aveva messi tutti dentro il dormitorio femminile, poiché quello messo meglio, poi se ne era andata con Claire e Jason negli alloggi degli animatori per cercare altri indizi.
- Ehi...- richiamò la sua attenzione facendolo però spagliare.
- Ah! Georgia, sei tu...- rise, falsamente, evitando di far scontrare i loro occhi. La ragazza, notando quel gesto, lo prese per le spalle e lo costrinse ad incrociare i loro sguardi.
- Tu hai qualcosa che non va. - disse lei, senza muoversi di un millimetro. Negli occhi di Robin leggeva paura ed ansia.
- Ti ho già detto che non è nulla.- provò a ridere per far scendere la tensione, eppure fallì miseramente.
- Non prendermi in giro!- Georgia gli lanciò un'occhiata che lo congelò sul posto. Immediatamente la sua espressione divenne cupa e spaventata.
- Va bene. Non lo farò più.- dopo quelle parole il rosso si rese conto della distanza che li separava l'uno dall'altro. Non c'erano che pochi centimetri. Istintivamente si scansò, arrossendo completamente.
- Tra un'ora nel capanno qua dietro. Mi dirai tutto. Promettimelo.- leggeva nei suoi occhi che non avrebbe accettato alcuna risposta negativa.
- D'accordo.- esitò per qualche secondo, dopodiché decise di fidarsi di lei. Georgia gli sorrise, per poi alzarsi e tornare sul suo letto.
Quell'ora passò piuttosto rapidamente. Per un motivo o per l'altro, tutti uscirono dal dormitorio, rendendo quindi più facile a Robin dirigersi indisturbato verso il capannone. Zoey, assieme ai due baby detective e a Margaret, che Claire aveva costretto ad andare con loro, avevano iniziato una perlustrazione della stanza di Chris nella speranza di trovare un qualche indizio che avrebbe potuto dare una svolta alle "indagini", Duncan, Isaac e Frida erano andati alla ricerca di pneumatici, cosa non facile da trovare, mentre Nathaniel e Sophy si erano isolati uno vicino ad un albero poco fuori dal dormitorio mentre l'altra si era seduta su una roccia a qualche metro di distanza. Invece Georgia era andata a fare una passeggiata, dato che non voleva che venissero visti entrare insieme nel luogo dell'appuntamento.
Il rosso entrò dentro il capanno, dalle dimensioni di a malapena tre metri per tre, con una ventina di minuti d'anticipo e si sedette sull'unico arredo presente all'interno.
Ripensare all'interesse che Georgia aveva mostrato nei suoi confronti gli fece battere il cuore ad una velocità allucinante. Non aveva mai provato delle emozioni simili. Un misto di gioia, sollievo e gratitudine erano improvvisamente piombate nella sua testa, fino a quel momento scossa dalla visione dell'omicidio di Gwen.
Iniziò a fantasticare su una possibile relazione con la rossa e, dopo aver immaginato il loro eventuale primo bacio, soffocò a forza quel pensiero. Era diventato tutto rosso in volto e provava un livello di imbarazzo mai raggiunto prima.
Mise tutte e due le mani sulla faccia e, con molta foga, iniziò a schiaffeggiarsi le guance nella speranza di cacciare via tutti quei pensieri imbarazzanti.
Sentì la porta aprirsi lentamente e, cercando di sfoggiare il suo sorriso migliore, si preparò ad accoglierla.
- Georgia! Sei arrivata!- disse, senza guardare chi fosse entrato. Cercò di dire altro, ma si ritrovò la bocca tappata da una mano.
Poi sentì un dolore atroce allo stomaco. Abbassò lo sguardo e, seppur fossero completamente al buio, riuscì a vedere del sangue colare dalla ferita che gli era appena stata inferta. Sentiva il coltello ancora infilzato nella carne e più i secondi passavano e più perdeva coscienza.
- Avrei dovuto farlo ieri sera. - solo sentendo quella voce capì cosa stesse accaduto. Improvvisamente tutte le immagini della sera prima rianimarono la sua mente e capì di aver fatto un grave errore a parlare con nessuno di ciò che aveva visto. L'assassino premette con più forza il coltello portandolo a sputare sangue dalla bocca.
Poi un rumore, proveniente dall'esterno, attirò la sua attenzione e lo portò ad abbandonare il luogo del delitto in fretta e furia.
E Robin rimase lì, immobile sul pavimento ad osservare per l'ultima volta la luce del sole visibile grazie all'apertura della porta solo per qualche secondo. Poi buio, inizialmente per la scarsa illuminazione, infine perché il sangue nelle sue vene era terminato.
 
Nathaniel si stava annoiando. Aveva liquidato l'offerta di Jason di andare con lui e se ne stava pentendo amaramente. Era lì, con la schiena appoggiata ad un albero, da più di mezz'ora. Aveva visto Robin dirigersi in una locazione a lui sconosciuta, Zoey camminare in giro per il campo con fare indaffarato, Isaac aggirarsi svogliatamente alla ricerca di qualcosa e Duncan imprecare perché, a detta sua, "In questo posto dimenticato da Dio non c'è un cazzo!".
L'unica che, come lui, non aveva ancora fatto nulla era Sophy. La mora era seduta su di una roccia a pochi metri da lui con un MP3 tra le mani.
Nathaniel puntò lo sguardo verso il cielo, seppur fosse completamente tappato dalle foglie dell'albero, e si lasciò andare ad un sospiro. Doveva stare attento a qualsiasi minimo dettaglio se voleva sopravvivere questo lo infastidiva. Era un tipo solitario di natura, tendeva a farsi i fatti propri senza disturbare nessuno, pertanto trovava stomachevole il dover prestare attenzione alle persone intorno a lui.
Dello stesso avviso, probabilmente, era Sophy. Anche se al suo occhio attento non era sfuggito un particolare fin troppo evidente: l'atteggiamento freddo della mora era artificiale.
Non era come il suo, radicato nel suo animo fin da quando era nato, bensì immesso da qualcosa o da qualcuno. Era piuttosto facile da notare, attaccava per prima e se messa in difficoltà alzava la voce. Tipico atteggiamento di chi aveva subito ed aveva mutato il suo carattere per sopravvivere.
Lo trovava stupido. Stupido ed insensato.
Nel suo sguardo, rivolto verso il nulla, vedeva tristezza, o meglio paura di sbagliare. E questo gli dava il vomito.
- Si può sapere che hai da guardare?- come al solito, dopo essersi accorta che la stava guardando, Sophy partì all'attacco senza curarsi di nulla.
- Mh?- alzò gli occhi in sua direzione, per poi abbassarli subito dopo. Non aveva alcuna intenzione di darle attenzione, soprattutto perché non voleva sentire urla o rumore.
- Sto parlando con te. - abbassò leggermente il tono di voce e si avvicinò a lui con intenti tutt'altro che amichevoli.
- Posso aiutarti in qualche modo?- domandò, senza cercare di non far notare il suo tono infastidito.
- Sì. Mi sto annoiando.- gli disse Sophy, sorprendendolo. Alzò lo sguardo, notando come la mora avesse prontamente distolto il suo per l'imbarazzo. Non si aspettava una mossa del genere, pertanto dovette provare ad improvvisare qualcosa.
- Quindi?- mantenne gli occhi puntati su di lei nella speranza di metterla in soggezione, eppure non ci riuscì.
- Anche tu non hai niente da fare, no?- la sua voce si fece più ghiaccia, quasi come se non volesse dire quelle parole. Era timida, a questo ci era arrivato senza troppi problemi.
- Mi godo il paesaggio.- mentì, portando l'iride celeste alla ricerca del pessimo panorama intorno a lui.
- E quale? Una baracca con un cadavere, una roccia e degli alberi mezzi morti?- Sophy non poté far altro che ridacchiare, portando Nathaniel ad infastidirsi ancora di più.
- Sei sempre stata sulle tue ed ora, all'improvviso, decidi di iniziare a socializzare?- la sua espressione si contorse in un broncio che la fece scoppiare a ridere. Era carina, questo non poteva negarlo.
- Cos'è quella faccia? Ti sei offeso?- si accovacciò per arrivare a pari altezza e gli sorrise in maniera piuttosto provocatoria.
- Non particolarmente.- portò lo sguardo dietro di lei, vedendo Georgia che, cercando di non farsi vedere, stava lentamente sgattaiolando verso il capanno in cui un po' di tempo prima si era diretto Robin.
- Una bella ragazza ti propone di passare del tempo con lei e tu ti comporti così? Non è molto educato.- mise entrambi le mani sulle guance e continuò a guardarlo con quell'espressione superiore. Nathaniel, seccato dal suo atteggiamento, stava per ribattere quando un urlo improvviso richiamò la loro attenzione costringendoli a voltarsi.
Era la voce di Georgia.
 
ANGOLO AUTORE:
Ma quanto è brutto scrivere storie ad OC? Cioè, è come essere un assassino! Non sono un tipo molto empatico - per lo meno non riguardo le storie che so già andare per un certo verso - eppure più gli anni passano e più mi dispiace per i poveri personaggi che uccido.
Poi in questa storia ho volutamente scelto di avere degli OC più giovani perché volevo provare a crescere come scrittore. Gli adolescenti sono complessi, pieni di contraddizioni e di desideri che non diranno mai ad alta voce.
E lo so perché io stesso sono adolescente e riesco a comprenderli bene. Quindi... sì, provo pietà per questi piccoli ragazzi innocenti, ma poco ci posso fare, alla fin fine il thriller è il mio genere.
Quindi, escludendo i pensieri depressi degni del buon Leopardi, la storia si infittisce ed i legami vengono spezzati ancora prima di crearsi!
Robin ci lascia. Purtroppo per lui, non appena ho letto la scheda, l'ho subito marchiato con il titolo di "quello che vede tutto ma non riesce a dirlo". Però ehi, almeno sarà un personaggio importante nel proseguire della storia. Già li vedo, tutti a dire "Robin sapeva!!!".
Poi poi poi, c'è Nathaniel, il ragazzo asociale che fino ad adesso ha parlato solo con Jason e Sophy. Margaret, che nel prossimo capitolo avrà molto più spazio, Jason, di cui non mi stancherò mai di citare i denti aguzzi, Sophy, ovvero la nuova Gwen, Isaac, più misterioso lui dell'Area 51, Claire, per gli amici Mss Layton, Zoey, che forse in una storia del genere non avrei dovuto mettere, ed infine Duncan, il mio punk preferito e per cui ho in serbo diverse cose eheheheh.
Beh, detto ciò ci vediamo domenica prossima!
P.s.: Auguri di buon compleanno Dawn_Scott402!

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


"Andate a cercare dei pneumatici, è possibili che ce ne siano alcuni di scorta da qualche parte."
Con quella frase Zoey aveva incaricato lui, Frida e Isaac di cercare dei pezzi di gomma, non propriamente trovabili in giro come fili d'erba, come se fosse una cosa normale. Ovviamente, essendo stata la rossa a chiederglielo, non aveva obiettato e si era messo alla ricerca degli pneumatici con l'intento di trovarli.
Eppure, come ovvio, non ce n'era traccia. Si erano divisi, così da facilitare il lavoro, e lui era finito nei pressi della stanza dell'omicidio. Vide Nathaniel e Sophy, uno all'ombra di un albero e l'altra su una roccia, e provò invidia per loro. Non erano costretti a partecipare ad una caccia al tesoro senza scopo.
Per curiosità decise di provare a cercare dentro le stanze e, tralasciando la sua in cui sapeva non esserci l'oggetto della ricerca e quella di Zoey che era chiusa a chiave, andò nell'unica aperta, ovvero quella di Frida.
Entrò ringraziando Dio, in cui tra l'altro non credeva, che Sophy e Nathaniel avessero iniziato a parlare così non si sarebbero accorti del suo gesto da "stalker". La stanza era identica alla sua: qualche armadio messo a caso, due letti singoli attaccati ed altre tanti comodini e luci.
Premette l'interruttore ed osservò la luce illuminarsi, tentennando diverse volte, per poi gettare gli occhi sulla stanza con fare curioso. Essendo Frida arrivata ancora da poco non sembrava esserci nulla in disordine, eccezion fatta per la valigia appoggiata sul comodino e mezza aperta.
Decise di non controllare i suoi effetti personali, bensì giusto di dare un'occhiata ai vari scaffali. All'interno dell'armadio c'era solamente un giacchetto, quello con cui si era arrivata la sera prima, mentre gli altri scaffali erano vuoti.
Cercò perfino sotto il letto senza ottenere risultati. L'ultimo posto che gli restava da guardare era il mobile dove lo specchio. Prima di agire, dette una rapida occhiata al suo riflesso. Aveva il volto stanco e le borse sotto gli occhi, per colpa del materasso fin troppo duro del letto.
Si passò una mano sulla faccia fermandosi all'altezza del sopracciglio. Lì, qualche anno prima, aveva un piercing. Era stata Courtney, con le sue solite manie, a costringerlo a toglierselo, e passati due anni da quando lo aveva lasciato, il buco si era richiuso e lui non aveva avuto più voglia di farsene un altro, essendo fin troppo occupato dalla depressione.
Quello di animatore era il suo primo lavoro dopo ventiquattro mesi. Era rimasto chiuso in casa per un'eternità.
Si schiaffeggiò la faccia per cancellare dalla sua testa tutti quei pensieri, aveva altro da fare. Guardò i primi tre cassetti, ma all'interno vi trovò solamente asciugamani e altri indumenti. Cercò tra di loro senza trovare nulla finché non giunse all'ultimo cassetto.
Conteneva la biancheria intima e Duncan provò un imbarazzo quasi innaturali alla loro visione. Prese un grosso sospiro, poi iniziò a spostare le varie mutande e reggiseno alla ricerca di qualcosa di cui nemmeno lui sapeva il nome.
Aveva solamente dei sospetti nei suoi confronti, come naturale. Si era presentata al campeggio di notte, senza alcun preavviso e, dopo il suo arrivo, Gwen era stata uccisa. Tutto fin troppo strano.
Stava per gettare la spugna quando, spostando l'ennesimo paio di slip, vide un oggetto rosso che attirò la su attenzione. Lo prese in mano e, non appena si rese conto di cosa fosse, rischiò di avere un infarto.
Un asciugamano pregno di sangue. La maggior parte del tessuto, in precedenza bianco, era rossa. Il liquido era secco, seppur alcune parti risultassero bagnate e ciò lo fece spaventare ancora di più. Cosa aveva fatto con quell'asciugamano?
Ci aveva pulito l'arma, ovviamente. O almeno quella fu la conclusione che raggiunse sul momento. Rimise l'oggetto dove l'aveva trovato e provò a dare un'occhiata anche agli altri scaffali, quando improvvisamente un rumore alle sua spalle lo costrinse a girarsi chiudendo lo sportello di scatto.
- Che ci fai qui?- Frida entrò nella stanza e, con tono quasi irritato, gli rivolse la parola.
- Ehm... nulla, cercavo gli pneumatici!- mentì, ridendo con fare colpevole.
- Pneumatici? Qua dentro?- la mora si insospettì ancora di più.
- Questo posto è talmente messo male che sarebbero potuti essere ovunque, no?- un'altra risatina, meno convincente della prima, gli uscì dalla bocca. Solo in quel momento realizzò di essere spaventato da lei. Il ritrovamento dell'asciugamano lo aveva portato a concludere che poteva essere faccia a faccia con l'assassino in quel momento.
- Dubito ce ne siano.- disse la mora, facendolo quasi spagliare.
- Sì, hai ragione. Allora meglio se vado.- uscì dalla stanza in tutta fretta, spalancando la porta con un gesto secco della mano. Frida, ancora dubbiosa al riguardo, provò a fermarlo, ma venne sopraffatta da un urlo proveniente da fuori.
Immediatamente i due corsero verso l'uscita e si ritrovarono davanti a Nathaniel e Sophy, anche loro richiamati dal grido appena sentito.
- Da dove viene?- domandò Frida, guardando i tre con fare preoccupato.
- Prima l'ho vista andare verso il capanno.- disse Nathaniel, seguendo subito i due animatori che, consci del pericolo, corsero subito in direzione della struttura.
Trovarono Georgia in ginocchio immobile davanti alla porta aperta. Non appena si avvicinarono videro il cadavere di Robin appoggiato contro lo scaffale con tutto il sangue per terra.
Duncan non riuscì a trattenere il vomito e, dopo una breve corse vicino alle mura esterne degli alloggi dei ragazzi, gettò fuori dallo stomaco tutto quello che aveva mangiato nelle due settimane prima.
- Andate a chiamare Zoey, subito!- urlò Frida, chiudendo immediatamente la porta ed andando da Georgia che, con sguardo traumatizzato, fissava la maniglia. La prese di peso e la allontanò da li, senza ricevere il minimo segno di opposizione da parte della rossa.
 
Il gruppo venne riunito all'interno della mensa da Zoey che, venuta a sapere della cosa, aveva immediatamente ordinato una "riunione" generale.
- Come cazzo è potuto succedere? Era pieno giorno!- sbottò Duncan, ancora con lo stomaco in subbuglio.
- Il luogo era isolato. Non capisco perché Robin sia andato lì. È stata una mossa sciocca.- spiegò Claire con un tono completamente piatto. Sembrava non essere per nulla turbata da ciò che era accaduto, al contrario degli altri.
- Gliel'ho detto io di andare lì. - ammise Georgia, che dopo lo shock iniziale aveva iniziato a piangere a dirotto per tutto il tempo. Si portò entrambe le mani sugli occhi e cercò di fermare le lacrime, senza però risolvere nulla.
- E perché mai?- domandò Jason, leggermente confuso da questa dichiarazione.
- Isaac mi ha...- stava per spiegare il motivo però, mentre rimetteva in ordine le sue memorie, arrivò ad una conclusione inaspettata - Sei stato tu! È colpa tua!- scattò in piedi ed osservò Isaac con uno sguardo pieno di odio e rancore. Il ricciolo, confuso da quelle parole, si limitò a boccheggiare parole a caso.
- Ma che cazzo stai dicendo?- il ragazzo scattò in piedi e sbatté con foga le mani sul tavolo.
- Mi hai detto di farlo andare lì così potevi ucciderlo!- Georgia era completamente alterata, al punto che avrebbe potuto perfino passare alla mani con Isaac. Fu Frida a bloccarla, impedendole di avvicinarsi al suo bersaglio.
- Non dire cazzate! Te l'ho detto perché mi sembrava sotto tono. - si giustificò, alzando la voce. Il suo volto era corrucciato in un'espressione di ansia mista a rabbia, causata dall'accusa ricevuta - E se fossi stata tu?- Isaac partì all'attacco, senza però ottenere il risultato sperato.
- Lo so che sei stato tu, non inventarti fesserie!- ormai la situazione stava degenerando, pertanto Duncan si trovò costretto ad intervenire in maniera piuttosto rude.
- Volete chiudere quelle fogne?!- colpì con estrema violenza il tavolo, la cui sopravvivenza era stata messa a repentaglio dall'arrivo del punk al campo, e gelò entrambi con due occhiate cariche di rabbia.
- Smettetela di fare così, altrimenti non risolveremo nulla.- Zoey, palesemente in difficoltà nel gestire la situazione, provò a sfruttare quel silenzio creato da Duncan per provare a calmare gli animi.
- Non siamo sicuri dell'ora in cui Robin è stato ucciso, questo ci rende l'investigazione difficile.- disse Claire, sempre con il suo solito modo di fare indifferente all'accaduto.
- Mi stai prendendo in giro?- sussurrò Georgia, ancora bloccata dalla presa ferrea di Frida - È morta una persona e tu ti preoccupi per le tue stupidi indagini? La massima cosa che hai fatto è leggere qualche libro giallo! Smettila di atteggiarti!- in quelle parole mise tutto l'odia che in quel momento si era appena generato verso la castana. Claire non si fece intimorire da quelle parole e cercò di rispondere nella maniera più tranquilla possibile.
- Sto solamente cercando di scoprire chi è l'assassino. Lo faccio per il bene del gruppo.- alzò le spalle, nella speranza di sembrarle abbastanza acida da impedirle di parlare.
Dopo quelle parole piombò un silenzio di tomba che venne spezzato da Claire stessa che, senza alcun preavviso, si alzò e si diresse verso l'uscita. Margaret, notando le espressioni abbattute di tutti, seguì la castana per cercare di parlarle.
La seguì fino ai dormitori dove la trovò seduta sul letto con un quaderno tra lei mani. Aveva appena iniziato a scriverci sopra, quando richiamò la sua attenzione.
- Che cosa stai facendo?- le domandò, aggrappandosi con una mano alla porta.
- Mi segno i dettagli importanti per cercare di risolvere il caso. Potrei anche scriverci un libro.- portò la penna sulla bocca, pensando ad altre idee. Quelle parole furono la goccia che fece traboccare il vaso, fin troppo pieno, che era la pazienza emotiva di Margaret.
- Ma sei impazzita?- mantenne lo sguardo verso di lei con fare quasi shockato.
- E perché mai?- negli occhi della castana leggeva una naturalezza inquietante. Non si sentiva in colpa, anzi, avrebbe continuato così anche se altre persone le fossero morte davanti agli occhi.
- Ti sembra normale quello che stai facendo? Stai giocando con la vita delle persone! Devi smetterla immediatamente.- solo dopo quell'ultima frase lo sguardo di Claire assunse un'espressione naturale. Fastidio.
- Odio chi mi dice cosa devo fare, che siano gli animatori o altri.- la castana le dedicò un'occhiata piena di astio che la spinsero a portare quella conversazione alla parte successiva.
- E con questo? Hai sedici anni, smettila di atteggiarti come se fossi un'adulta!-
- Mi conosci da nemmeno un giorno. Che ne vuoi sapere di me?-
- Oh, sei veramente facile da leggere. Più di un libro di Stephen King. Non so perché tu faccia così, ma non lo fai per gli altri. La verità è solo che vuoi ottenere qualcosa.- Margaret aveva le mani strette al punto di tagliarsi con le unghie e lo sguardo rivolto verso il basso. Aveva alzato la voce e ciò non era tipico di lei. Era sempre stata tranquilla e pacata nei modi, sia con i suoi amici, seppur con loro fosse più aperta, che con le persone che non conosceva.
- Non sai niente di me. - Claire si alzò dal letto e, con uno scatto fulmineo, si fermò a pochi centimetri da suo volto - Quindi non provare a decifrarmi, perché non ne sei in grado.- i loro occhi entrarono in competizione ed ormai Margaret non poteva più tirarsi indietro.
- Forse io no. Però Jason ci è riuscito molto bene.- Claire dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non colpirla. Quelle parole, dette con schiettezza, la fece vacillare. Prese un grosso respiro e, senza nemmeno risponderle, si allontanò dal dormitorio senza una direzione precisa.
Solo dopo che la castana si allontanò Margaret poté tornare a respirare normalmente. Aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo in cui Claire se n'era andata. Finalmente, per la prima volta nella sua vita, era riuscita ad opporsi a qualcuno.
Si lasciò cadere sul letto ed alzò il braccio destro senza un motivo preciso. Si sentiva libera.
 
Nathaniel era convinto che il colpevole fosse Jason. E la cosa curiosa era che anche il moro era dello stesso avviso. Sospettavano l'uno dell'altro a vicenda.
Si erano incontrati, senza nemmeno mettersi d'accordo, a pochi passi dalla palestra e lì la loro sfida aveva avuto inizio. Una battaglia combattuta a colpi di sguardi e ad esitazione.
- Allora, Nat. Che mi dici?- ovviamente fu Jason, ghignando come suo solito, a sferrare il primo attacco.
- Non ho nulla da dirti.- rispose quello, sempre il suo modo di fare acido.
- Sicuro? Ad esempio, dov'eri circa...- si fermò per un istante per guardarsi il polso, seppur privo di orologio, per fare una sceneggiata molto poco simpatica - un'oretta fa?- lo guardò sorridendo, cercando di metterlo a disagio.
- Ah, dimenticavo che adesso sei l'assistente della detective.- ironizzò il moro.
- Esatto. Adesso rispondi.- Jason lo incitò, muovendo la mano per fargli capire di sbrigarsi.
- Seduto vicino ad un albero. Ho un testimone.- spiegò, facendolo ridere ancora di più.
- Ti giustifichi da subito, eh? Questa cosa è molto sospetta.- allungò il suono della "o" nella speranza di farlo innervosire.
- Ero con Sophy.- ignorò la sua ultima provocazione e continuò a guardarlo fisso negli occhi. Jason lo stava mettendo in difficoltà più di quanto pensasse.
- Un omicidio di coppia, quindi.- il moro ghignò in sua direzione, portandolo a digrignare i denti per via del nervoso.
- E tu che mi dici?- cercò di rigirare la frittata, nella speranza di prenderlo controtempo.
- Assieme al mio capo, la signorina Claire. Abbiamo girato a vuoto per un bel po' di tempo, poi ci siamo separati per trovare degli indizi.- disse tutto nel minimo dettaglio, così da risultare il più convincente possibile.
- Separati hai detto? Quindi sei accusabile.- Nathaniel schioccò le dita, lasciandosi poi andare al primo sorriso della conversazione. Jason, vedendolo così felice, si limitò ad annuire con la testa in segno d'assenso.
- Esattamente. Però non hai prove. Anzi, nessuno ha prove per incolpare qualcuno. Non trovi che sia strano?- il moro tentò di cambiare argomento per cercare di capire quale fosse il suo pensiero sulla faccenda.
- Non siamo dei detective, è normale che non riusciamo a risolvere quest'omicidio.- dedusse Nathaniel, spostando il suo sguardo verso il cielo.
- Forse hai ragione.- in quel preciso istante i due si sentirono quasi collegati. Si guardarono negli occhi e, quasi senza dire nulla, capirono che, molto probabilmente, nessuno di loro due era l'assassino, o almeno questo era la conclusione a cui era arrivato Nathaniel.
- O forse no. - aggiunse poi Jason, prendendo il moro alla sprovvista - Stai attento Nat, nessuno è al sicuro.- detto ciò si allontanò, proseguendo in direzione della mensa.
Era inutile provare a decifrarlo, Jason riusciva sempre a tenere ben salda la sua maschera in faccia senza permettergli di avvicinarsi. Non che volesse diventare suo amico, ma il conoscerlo meglio lo avrebbe senza ombra di dubbio aiutato a guardarsi le spalle.
Se ne era accorto da quella breve discussione fatta sul bus, Jason non era un idiota, bensì un genio troppo occupato ad annoiarsi per poter fare qualcosa.
E Nathaniel, per quanto anche lui fosse più che sveglio, non poteva far altro che cercare di limitare la sua bravura nell'estorcere informazioni agli altri.
Mentre era perso in quei pensieri incontrò Sophy, anche lei diretta verso i dormitori. I due si guardarono negli occhi per qualche secondo e, per quanto lui volesse tirare dritto senza fermarsi, la ragazza gli andò incontro.
Inizialmente non disse nulla, si bloccò a qualche passo da lui e lo squadrò completamente. Non si lasciò scappare nemmeno un dettaglio. Nathaniel la lasciò fare, stranito da quell'atteggiamento ma allo stesso tempo intricato dalla stranezza della mora.
- Ce l'hai la ragazza?- domandò poi di punto in bianco, facendo diventare il suo volto completamente rosso.
- Eh? Cosa...- la guardò, sperando stesse scherzando, poi, dopo averla vista rimanere seria per tutto il tempo, cercò di ricomporsi - In una situazione del genere pensi a quel tipo di cose?- chiese, ancora non del tutto ripresosi da quella domanda imbarazzante.
- Le persone che incontrerò qui difficilmente riuscirò a incontrarle di nuovo, quindi tanto vale sfruttare questi giorni qua.- alzò le spalle, portando poi le braccia ad incrociarsi sul suo petto.
- Non condivido a pieno questo ragionamento...- Nathaniel si grattò la testa, scuotendola per l'incredulità. Quelle parole l'avevano portato a capovolgere completamente i suoi pensieri riguardo Sophy. Inizialmente la vedeva come un'esaurita che coglieva la prima occasione per attaccare briga, ma quel discorso gli stava facendo venire in mente l'idea che forse fosse solamente una ragazza bisognosa d'affetto.
- Allora? Ce l'hai o no?- iniziò a battere il piede per terra, segno che si stesse spazientendo.
- No. - tagliò corto lui, distogliendo lo sguardo. Quella si limitò a fare una faccia soddisfatta, per poi iniziare a ridere.
- Bene, molto bene.- detto ciò fece un passo avanti, portando Nathaniel ad indietreggiare per non andare a scontrarsi.
- Che vuoi?- ormai la situazione si stava facendo imbarazzante ed il moro, non abituato a questo genere di cose, aveva completamente perso il senno.
- Nulla. Da oggi in poi mi appartieni.- disse Sophy, schioccando le dita con fare soddisfatto. Dopo quella frase Nathaniel cadde definitivamente in uno stato quasi comatoso.
- Che?- domandò, alzando automaticamente la voce.
- Sei in prova. Giocati bene la tua opportunità.- la ragazza gli appoggiò un dito sul petto e, dopo avergli riso in faccia, si allontanò dirigendosi verso il suo alloggio.
Quella giornata non sarebbe potuta andare peggio di così: prima Jason lo aveva messo alla corde, poi si era ritrovato ingarbugliato in una "specie" di relazione senza nemmeno aver dato il proprio assenso e, cosa più importante, non conosceva nemmeno la ragazza in questione.
 
Quella sera tutti erano andati a dormire nelle rispettive stanze. La cosa era stata fortemente voluta da Frida che, seppur lo trovasse il modo peggiore per tenere d'occhio il probabile colpevole, era più che convinta che l'assassino non avrebbe colpito di nuovo. Ovviamente Zoey si era opposta, ma sotto insistenza della mora aveva dovuto cedere perché "se il killer decidesse di agire quando siamo tutti insieme sarebbe una strage". Inutile dire che Duncan, già con vari sospetti su Frida, vedeva il tutto come una certezza poiché se era lei a dire che non ci sarebbero stati morti era una cosa sicura.
Così ognuno era andato nel rispettivo dormitorio e, seppur con qualche difficoltà, si era messo a dormire. Lo stesso valse per Duncan che, seppur prospettasse una nottata in bianco, trovò rapidamente il sonno e ne cadde preda facilmente.
Poi, proprio quando stava per spegnere il cervello, sentì un rumore proveniente dalla porta. Stette in silenzio, trattenendo anche il respiro, per cercare di capire cosa si trattasse.
Stavano bussando.
Deglutì e, con un filo di voce, rispose.
- Entra.- disse, senza nemmeno sapere di chi si trattasse. Afferrò saldamente la sveglia al fianco del suo letto, pronto a lanciargliela se si fosse rivelato qualcuno di pericoloso, e fissò con aria inquieta la porta che lentamente si apriva. Tutti i suoi nervi si placarono quando vide Zoey, in vestaglia, entrare timidamente dentro la stanza.
- Ehm... ciao. - disse, arrossendo leggermente. Essendo le luci spente, i due riuscivano a malapena a vedersi.
- Zoey? Che ci fai qui? Ti serve qualcosa?- il punk si tirò su con la schiena appoggiando i gomiti sul, durissimo, materasso.
- Beh... veramente io...- esitò, imbarazzata dal dire quelle parole - Ho paura a dormire da sola. C'è tutto quel...- prese un'altra pausa ancora più lunga della precedente - sangue.- concluse poi.
In effetti nel pomeriggio Duncan aveva spostato il cadavere di Gwen assieme a quello di Robin dentro il magazzino, però non erano stati in grado di pulire le chiazze di sangue e, ovviamente, l'odore ferroso che emanavano.
- Puoi dormire qui, se vuoi.- le disse, appoggiando la mano sinistra sul letto alla sua destra. Zoey, colta alla sprovvista, iniziò a tremare e, con lentezza infinita, si avvicinò.
- Va bene...- sussurrò poi, mettendosi sotto le coperte. Duncan, che inizialmente non comprese l'imbarazzo della rossa, si rese conto solo in quel momento di essere in boxer. Non poté far altro che girarsi dall'altra parte e tentare di addormentarsi il prima possibile.
Non era di certo la prima volta che dormiva con una ragazza, soprattutto con Zoey dato che da piccoli gli capitava molto spesso, però in quelle condizioni sentiva un po' di disagio addosso. Trasse un grosso respiro e cercò di tornare in quel bellissimo mondo dei sogni che qualche minuto prima lo stava per accogliere, ma non ci fu verso. Le porte si erano chiuse.
Poi, proprio mentre stava prendendo in considerazione l'idea di sbattere la testa sul comodino fino a svenire, sentì un leggero contatto sulla sua schiena. Girò la testa e vide Zoey che, con il viso più rosso dei capelli, stava muovendo l'indice sulla sua schiena.
- Che cosa...- cercò di chiedere spiegazioni, ma la rossa appoggiò tutta la mano, stranamente fredda, sulla sua pelle facendolo rabbrividire. Senza che nemmeno se ne accorgesse, la rossa lo strinse in un abbraccio che lo mandò completamente in panne.
Non sapendo come reagire, stette immobile per qualche secondo, per poi voltarsi verso di lei. I suoi occhi blu mare entrarono a contatto con quelli nocciola di lei. Accadde tutto in un attimo, il punk si sporse in avanti ed azzerò la, già poca, distanza tra le loro labbra. Zoey, presa alla sprovvista, spalancò gli occhi per lo stupore e, dopo essersi effettivamente conto che era tutto reale, ricambiò il bacio scoppiando nel mentre a piangere.
- Ehi, tutto a posto?- domandò Duncan, leggermente nel panico. Si sollevò dal letto e si mise a sedere cercando di capire cosa le fosse accaduto, ma la vide scoppiare a ridere all'improvviso.
- Niente.- si fermò per un istante per asciugarsi le lacrime - Solo che... erano venti anni che aspettavo questo momento.- dopo quelle parole, dette con tono dolce, il punk non riuscì più a trattenersi. La appoggiò sul materasso con delicatezza e, senza nemmeno chiederle il consenso, anche se non ne aveva bisogno, iniziò a spogliarla e a morderla in ogni parte del corpo.
In breve tempo si ritrovarono entrambi nudi sul letto. Quello stesso letto che quella notte si impregnò del loro sudore, dei loro ansimi e del loro amore, rimasto sopito per venti anni e risvegliatosi grazie ad un semplice sguardo.
 
La mattina Claire fece fatica ad alzarsi. Sentiva un peso, proveniente dal suo subconscio, spingerla contro il materasso impedendole di sollevarsi. Che fossero i sensi di colpa? Non era abituata a quel tipo di emozioni, pertanto provò a darsi una spiegazione che più la aggradasse. Era stanca, tutto qui. Sorvolò così quel problema.
Guardando alla sua destra si rese conto che la sua sveglia non era ancora suonata. Aveva altri dieci minuti per dormire, eppure ogni volta che chiudeva gli occhi sentiva un forte mal di testa che la costringeva a mantenere lo sguardo verso il soffitto.
Alla fine riuscì a mettersi in piedi e a vestirsi, dirigendosi verso il bagno per pettinare la sua "assurda" acconciatura, un grosso ciuffo tenuto sopra la testa.
La sua preparazione venne seguita da numerosi sbadigli e stropicciamenti degli occhi, al punto che rischiò di slogarsi la mascella e di perdere la vista, per poi estrarre il suo quaderno ed iniziare a scrivere. Solo così riusciva a trovare la vera se stessa.
La penna macchiava il foglio con delicatezza, stampando le sue idee su quel tessuto così fragile che, se distrutto, avrebbe mandato in fumo tutti i suoi sogni. Desiderava essere una scrittrice. Non provava nemmeno a nasconderlo, dato che sulla sua collana c'era un piccolo ciondolo a forma di penna, però non ne parlava mai esplicitamente con gli altri.
Anche perché con gli altri lei non ci parlava proprio. Margaret era stato un caso particolare che, in nemmeno ventiquattro ore, le aveva fatto capire di aver "sbagliato".
Scrisse quattro o cinque pagine, poi mise a posto il quaderno e si sdraiò di peso sul letto. Perché si sentiva così? Perché, seppur non conoscesse quelle persone, sentiva il bisogno di chiedere scusa?
Scosse la testa con forza, per poi venire deconcentrata dal suono della sveglia. Spostò, con fare furtivo, lo sguardo su Margaret, che si stava lentamente alzando, e la osservò tirarsi su e guardarsi intorno confusa. Georgia era ancora giù, mentre Sophy, tra un'imprecazione, e l'altra, si stava lentamente iniziando a preparare.
- Che palle... ma perché dobbiamo svegliarci così presto? Tanto ormai il campo estivo è andato a puttane.- sbottò la mora con acidità.
- Perché non è saggio dormire molto se c'è un assassino in giro. - controbatté Margaret, ancora con la bocca impastata dal sonno - E poi lo ha deciso Frida.- alzò le spalle, facendo corrucciare la fronte dell'altra.
- Quella? Ad andare bene sarà lei l'assassina.- disse, senza opprimere il solito astio, iniziando a vestirsi.
- Io rimango della mia opinione: per me è stato Duncan.- Margaret si ributtò giù. Osservando il soffitto scrostato con un'espressione di disgusto.
- Quello? A me sembra tanto uno smidollato.- sputò Sophy, smanettando.
- Forse è meglio non parlare di queste cose... sai...- indicò Georgia, con ancora la testa sotto al lenzuolo. Per lei tutta quella faccenda doveva essere stata più che traumatica. Il giorno prima le era stato portato via Robin, unica persona con cui aveva iniziato a legare, e per di più si sentiva in colpa poiché nel luogo della sua morte ce l'aveva spedito lei.
- Ci penso io. - Sophy scese dal letto e, camminando ad ampie falcate, si avvicinò al letto della rossa - Su con la vita!- urlò, spostando poi il lenzuolo e trovando l'ultima cosa che mai avrebbe voluto vedere.
Il motivo per cui Georgia non si muoveva era alquanto stupido. Non era né traumatizzata, né triste, era semplicemente morta, con uno sgarro sulla gola che aveva macchiato completamente il materasso ed i vestiti indossati dalla ragazza.
E, ancora una volta, fu un urlo a richiamare tutti quella mattina.
 
ANGOLO AUTORE:
Ma ciao! Che belle le mattinate nei campi estivi, eh? Mi vien voglia di andarci.
Georgia ci lascia e la cosa mi dispiace perché nel mio primissimo progetto lei e Robin sarebbero dovuti essere la coppietta.
Vabbé, per quello c'è la nostra Sophy, che mette da parte il suo isterismo per cercare di abbindolare Nathaniel.
Si concretizza una ship! La mia bellissima Doey! Eheheheh in questa storia saranno loro la coppiola che deve resistere a tutto.
E di Frida cosa possiamo dire? Non molto, solo che si diverte a collezionare asciugamani sporchi di sangue.
Poi abbiamo Margaret e Claire in modalità "Viva la morale".
Mentre Jason... beh, è Jason!
Detto ciò vi saluto, ci vediamo domenica prossima!

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Duncan avrebbe desiderato che il risveglio, almeno per quella mattina, fosse stato più tranquillo. Aprire gli occhi e trovarsi abbracciato a Zoey, entrambi nudi, lo aveva portato a desiderare di non alzarsi mai più. Per tal motivo, seppur avesse ormai aperto gli occhi, sprofondò con la testa nel cuscino con fare soddisfatto.
Non aveva mai visto la rossa come una possibile amante, ma dopo il discorso di ieri l'opinione che aveva nei suoi confronti era completamente cambiata. Forse ad impedirgli di vederla come una donna, fino a quel momento, era stata la loro amicizia.
Si conosceva da sempre, essendo stati vicini di casa per tutta l'infanzia, e anche quando erano andati a vivere da soli avevano mantenuto i contatti, o per meglio dire era stata Zoey a farlo.
Duncan era troppo preso dal vivere sul suo, turbolento, mondo pieno di insicurezze e tentennamenti. Dava la massima importanza a Courtney, la sua ex, e cercava di trovare un lavoro decente per accontentarla. Sentiva lo stress e, seppur cercasse di convincersi che tutto ciò che faceva era per avere la bruna al suo fianco, finì in un punto di non ritorno. Senza Courtney e senza lavoro.
Poi la chiamata della rossa, il lavoro al campo e alla fine era arrivato là, tra le sue esili braccia.
La sveglia lo riportò sul pianeta Terra, interrompendo tutti i pensieri che lo stavano lentamente travolgendo. Zoey aprì gli occhi e, dopo essersi resa conto della situazione in cui versava, arrossì profondamente. Nascose la testa sotto le lenzuola, facendo ridere il punk.
- Buongiorno.- le disse prendendole il mento e baciandola e stampo. Quella non fece nemmeno in tempo a ricambiare, troppo sconvolta. Stava forse vivendo in un sogno? No, era reale. E la prova era che, seppur si stesse letteralmente riempiendo di pizzicotti, sentiva solo dolore.
Guardò Duncan mentre si vestiva come se fosse un Dio o una figura mitologica avvolta da un'aria divina attorno.
- Tutto apposto?- domandò lui, accennando ad un sorriso divertito. Quella spagliò, esitando a rispondere.
- Eh? Ah! Sì, credo...- gli rivolse un sorriso imbarazzato che lo portò a ridere ad alta voce.
- Su, vestiti, dobbiamo svegliare gli altri.- le passò la sua maglietta, che la rossa non riuscì a prendere e si ritrovò in faccia.
Si prepararono velocemente, senza dirsi nemmeno una parola. Duncan era troppo preso dai suoi pensieri, mentre Zoey ancora non credeva di essere sveglia. Non riusciva a credere che fosse stata veramente ricambiata. Ormai si era quasi rassegnata nel vedere il suo amore non corrisposto.
- Ti precedo, vado a vedere la situazione.- Duncan, notando la strana lentezza della ragazza nel vestirsi, decise di avviarsi verso i dormitori. Aprì la porta e, non appena se la chiuse alle spalle, un urlo gli arrivò alle orecchie.
Non ci mise molto a collegare le cose: era la solita situazione spiacevole.
Iniziò a correre verso il dormitorio femminile, fonte del rumore, ed entrò spalancando la porta. Passò lo sguardo verso tutte le ragazze in piedi. Claire, Sophy e Margaret... mancava Georgia. Non ci mise molto a trovarla, gli bastò fare un passo in avanti.
Il letto della ragazza, posto all'estremità della stanza, era completamente rosso, così come il pavimento sottostante.
Avvicinandosi vide il volto di Georgia, ancora con gli occhi chiusi, e il collo, completamente squarciato. Il sangue aveva tinto di rosso sia i suoi indumenti che la parte del materasso attorno al busto, che era ancora coperta dal lenzuolo.
Rimase immobile per qualche secondo, giusto il tempo di far entrare Zoey e Frida nella stanza e poi si diresse ad ampie falcate verso il dormitorio maschile.
Al suo interno c'erano Nathaniel, Jason e Isaac che si stavano vestendo. Ignorò i primi due e si diresse dal terzo al quale rifilò un pugnò senza nemmeno dire nulla.
- Ma che cazzo... ma ti si è fuso il cervello?!- urlò quello, toccandosi con una mano la parte colpita.
- Sei stato tu, vero?- lo prese per i capelli e lo sollevò. Vide un'espressione di puro dolore disegnare sul suo volto, mentre con entrambe le mani tentava di divincolarsi dalla sua presa.
- Ma di cosa stai parlando?- domandò con un filo di voce. Il punk lo spinse all'indietro e lo guardò con fare sprezzante.
- Georgia. L'hai ammazzata tu, vero?- si avvicinò minacciosamente al moro, costringendolo ad indietreggiare per non essere aggredito di nuovo.
- Eh? Ma che...- non fece in tempo a finire, perché Duncan lo colpì con un calcio in faccia senza attendere la risposta.
- Confessa!- ormai Isaac era al muro ed il punk non sembrava per nulla sul punto di smettere il pestaggio.
- Ma confessare cosa!- urlò quello, tentando poi di alzarsi in piedi venendo però prontamente ributtato giù dall'altro.
- L'hai ammazzata per ieri, vero? Perché ti ha scoperto!- negli occhi di Duncan si poteva leggere una lieve nota di pazzia. Sbuffava con forza, mantenendo i loro volti ad una distanza quasi irrisoria. Isaac sentiva il suo fiato sul collo, ma in quel momento era troppo occupato a capire di cosa stesse venendo accusato per provare a distanziarsi da lui.
- Tu sei matto! Ma che cazzate stai dicendo?!- come risposta ricevette un altro colpo, questa volta sullo stomaco, per poi venire preso di peso e sbattuto contro il muro.
- Ancora a mentire?- un ghigno maligno si dipinse sul suo volto, portando Isaac a dubitare della sua sopravvivenza.
- Io... non ho ucciso Georgia.- disse, respirando a malapena.
- Eppure ieri eri piuttosto schivo, quasi come se volessi nascondere qualcosa.- fece notare Jason che, assieme a Nathaniel, stava assistendo a quel pestaggio senza fare nulla.
- Perché io...- esitò, venendo prontamente invogliato a parlare da Duncan.
- Tu cosa?- lo scosse con violenza, per poi puntargli un pugno contro lo zigomo.
- Io ho solo...- prese un'altra pausa, che venne prontamente punita con un pugno sul volto - sgarrato le gomme delle auto. - tutti i presenti si guardarono, dandosi delle occhiate piuttosto stranite.
- Eh?- istintivamente Duncan, sorpreso da quella mossa, allentò la presa, permettendogli di liberarsi.
- La sera. Ho bucato le gomme con un pezzo di acciaio.- spiegò, mentre si toccava il collo per riprendere fiato - Non l'ho uccisa io. - finì poi, riallacciandosi al discorso principale.
- E perché mai l'avresti fatto?- Nathaniel, confuso, cercò di spingere il castano a confessare a pieno.
- Volevo bucare le ruote della macchina di Gwen, ma non sapevo quale fosse.- disse, appoggiando la schiena sul muro approfittando di quell'attimo di pace.
- Ma sei idiota? Lei è venuta sul pullman con noi. Inventatene un'altra.- disse Jason, ghignando con fare quasi soddisfatto. A quelle parole Isaac si limitò a ridere quasi ironicamente, conscio che nessuno gli avrebbe creduto.
- Anche io avrei una cosa da dire.- Sophy entrò nel dormitorio, rivolgendo lo sguardo uno ad uno ai presenti.
- Del tipo?- la incitò Jason, portandosi una mano sul mento con fare incuriosito.
- Il modem.- sussurrò, fermandosi subito dopo.
- Il modem cosa?- Duncan, spazientito da tutte quelle esitazioni, stava rischiando un attacco di rabbia, che già in parte aveva dovuto subire Isaac.
- L'ho rotto io. - gli occhi di tutti, dato che anche le ragazze si erano apprestate fuori l'entrata del dormitorio, si rivolsero verso di lei. Duncan dovette fare appello a tutto il suo, già poco, autocontrollo per evitare di picchiare anche lei.
Non sapeva perché, eppure credeva ciecamente a quelle parole.
- E perché mai?- domandò, senza trattenere una nota di astio nel tono.
- Non trovavo la password e quindi...- quelle parole furono troppo. Il punk colpì con violenza il comodino, appartenente a Jason, con un calcio e dette definitivamente di matto.
- Ma non ci posso credere! Mi prendete per il culo, vero? Come cazzo fate ad essere così idioti?- urlò, avvicinandosi minacciosamente alla mora. Il suo respiro era pesante, segno che ormai c'era da trattarlo in maniera calma e ragionevole per non rischiare una rissa.
- Volevo connettere il telefono e allora mi sono...- venne interrotta da un altro rumore sordo. Duncan, quasi a volerla zittire, dette un'altro calcio al comodino causando un trauma sulla superficie metallica.
- Non me ne fotte una sega delle tue motivazioni.- si portò ancora più vicino a Sophy, spaventandola. Senza nemmeno rendersene conto, delle lacrime iniziarono ad uscire dagli occhi della mora. Si era spaventata. A fermare l'ira furiosa del punk fu Zoey che, vedendo la situazione degenerare, si intromise.
- Duncan, calmati. Troveremo una soluzione.- la rossa si mise davanti ai due e, sorridendo con fare preoccupato, placò il punk. Lui non disse nulla, si limitò a divincolarsi dalla sua presa dirigendosi fuori.
- Scusatelo, è molto stressato ultimamente.- disse poi Zoey, avvicinandosi a Isaac per controllare le sue ferite. Il suo volto era completamente sanguinante ed il sangue aveva sporcato la camicia bianca segnandola con dei sottili righi rossi.
Gli applicò delle misure di primo soccorso, bloccando l'emorragia al naso, e poi lo fece stendere sul letto.
- Quindi? Che cosa gli facciamo?- chiese Jason, avvicinandosi al letto del ferito.
- Non abbiamo prove che sia stato lui.- Zoey scrollò le spalle, impietosita dalle condizioni in cui il ricciolo versava.
- Beh, è pur vero che se non facciamo nulla diventa tutto più rischioso.- asserì Nathaniel, appoggiandosi di peso contro la porta e spaventandosi nel sentirla scricchiolare.
- Tanto per iniziare mettiamo a posto.- Jason prese il comodino e, con un gesto secco, lo sollevò. Uno strano rumore, proveniente dall'interno dell'oggetto, attirò la loro attenzione. Perfino Isaac fu stranito dal sentirlo.
Jason, agendo di propria iniziativa, aprì il cassetto e controllò l'interno del primo scaffale. Vi erano un pigiama ed un MP3, con il vetro distrutto per colpa del calcio datogli da Duncan. Prese gli oggetti in mano e li spostò, senza però concludere nulla.
Fu aprendo la seconda anta che ebbe una sorpresa al quanto sgradita. Oltre a vari paia di mutande, vi era un piccolo pezzo di legno che impediva di raggiungere il fondo del cassetto. Lo tolse con cautela e, non appena la sua mano toccò la fine dello spazio, sentì uno strano liquido bagnargli le punte delle dita.
Riportò la mano fuori e vide del sangue, ancora fresco, sulle sue unghie. Gettò un'occhiata rapida verso gli altri e, senza parlare, riportò la mano dentro il cassetto. Prima di tirarla fuori digrignò in denti in un sorrisetto soddisfatto, che fu criptico per tutti gli altri.
- Adesso dovrai spiegarci una cosa. E temo che non sarà per nulla semplice.- estrasse un coltello, ancora macchiato di rosso, dal cassetto provocando un sussulto a tutti i presenti, Isaac incluso.
- Hai qualcosa da dire in tua discolpa?- Claire, che fino a quel momento si era limitata a stare immobile sull'entrata, si sporse in avanti.
- Non ho mai visto quel coltello prima d'ora.- sospirò, conscio che nessuno gli avrebbe creduto. Già numerosi sospetti ricadevano su di lui, quindi il ritrovamento dell'arma non era che la ciliegina sulla torta.
- Chiudiamolo da qualche parte. Mi sembra l'unica soluzione plausibile.- Margaret si sedette sul letto Jason, ottenendo un'occhiataccia da quest'ultimo, per poi passare la decisione in rassegna degli altri.
- Sì, credo dovremmo fare così. - accordò Frida, non del tutto sconvolta da quella scoperta anche se i suoi dubbi erano rivolti verso un'altra persona.
Decisero dunque di portare Isaac dentro il magazzino, quello in cui c'erano i resti del modem, e di tenerlo là dentro fino all'arrivo del pullman.
 
Claire era vittima di un pressante mal di testa da quando si era svegliata. Non riusciva a capire da cosa era dovuto, motivo per cui non poteva far altro che sopportare in silenzio.
Perfino scrivere le era diventato impossibile. Continuava a scarabocchiare sulle parole, e lei odiava scarabocchiare. Osservava quei righi neri con disprezzo aspettando senza pace che il dolore si attenuasse.
- Ah, sei qui...- Margaret entrò dentro la stanza e si mise a sedere sul suo letto.
- Come al solito.- rispose la castana, senza riuscire a bloccare quella vena acida che aveva in corso in quel momento. Vederla le provocava un certo nervoso.
- Sei ancora arrabbiata?- chiese l'altra, stendendosi sul materasso.
- Non sono affari che ti riguardano.- iniziò a sfogliare rapidamente le pagine senza un motivo preciso, con il solo intento di impedirle di parlare.
- Hai intenzione di tenermi il muso ancora per molto?- la mora chiuse gli occhi ed espirò, innervosita da quella situazione.
- Tenerti il muso? Non sono mica una bambina di quattro anni. - non si curò nemmeno di guardarla in faccia, troppo presa a tracciare linee a caso sul quaderno.
- Da come ti comporti non si direbbe.- Margaret, che in cuor suo voleva solamente sistemare le cose, non riuscì ad affogare quel pensiero.
- Sei venuta qui per provocarmi?- la castana le dedicò un'occhiata gelida, portando i loro occhi a scontrarsi con violenza.
- No, ma credo che tu non voglia altro.- afferrò con forza il lenzuolo, attendendo la risposta dell'altra.
- Non ti do così tanta importanza, scusami.- chiuse il quaderno e lo rimise nella valigia, per poi alzarsi dirigendosi verso l'uscita.
- Te ne vai così? Patetica.- forse stava esagerando, ma non fece in tempo a formulare quel pensiero che Claire si portò a pochi centimetri da lei come la sera prima.
- Non mi conosci. Non sai niente di me. Non giudicarmi.- la castana teneva i pugni stretti e la guardava, mostrandole solo astio e voglia di gridarle contro.
- Fidati, non sei difficile da capire.- ormai era fatta. Poteva dire addio alle speranza di fare pace con lei. Il suo ego stava lentamente uscendo fuori, infierendo su Claire come un leone con una gazzella.
Quella nemmeno rispose, si diresse verso l'uscita, come aveva fatto il giorno prima, e corse in direzione della mensa. E lì fece un'altra incontro parecchio sgradito. Seduto ad un tavolo con i gomiti appoggiati sulla superficie e un'espressione seria, che quando la vide mutò in un ghigno, c'era Jason. Rese visibili i denti, sorridendole in maniera da risultare quasi malata.
- Buongiorno detective. Come procedono le indagini?- la guardò di soppiatto mentre questa si sedeva nel posto più lontano dal suo. Claire decise di ignorarlo, riprovando a scrivere qualcosa.
- E dai, non essere asociale, ce ne sono già troppi qui.- il moro appoggiò una guancia sul tavolo e sospirò, annoiato a quella situazione. Sophy si era rubata Nathaniel e con gli altri non aveva legato per nulla, quindi era solo.
- Mi stai disturbando.- sentenziò quello, mordicchiando la penna.
- A questo ci ero arrivato.- alzò le spalle, riportandosi alla posizione precedente.
- E allora smettila.- disse quella, con fare acido. Jason, stranito da quel comportamento, stette in silenzio per qualche minuto, giusto per cercare di capire cosa affliggesse la ragazza.
- Hai litigato con Margaret?- la castana, sentendo quelle parole, sussultò facendogli capire che avesse azzeccato in pieno la causa di tutti i suoi turbamenti - Uh, ho indovinato?- la provocò, attendendo una risposta con curiosità.
- Non sono affari che ti riguardano.- chiuse il libro e si alzò, pronta ad andarsene.
- Ah, capisco. Hai avuto il tuo ennesimo atto di egoismo egocentrico e lei ha cercato di farti capire che stavi sbagliando, però tu, da buona permalosa quale sei, ti sei sentita subito offesa e sei corsa via. Dico bene?- ghignò, mostrandole i denti affilati, mentre la osservava. Seppur la castana fosse di spalle, sapeva che era arrabbiata. Lo capiva dal modo in cui aveva istintivamente chiuso i pugni e dai sussulti avuti ad ogni parola.
- Riesci a tenerti un'amicizia per più di due giorni?- concluse il suo discorso così, ottenendo una reazione inaspettata. Claire andò a grandi falcate verso di lei e, dopo averlo guardato con disprezzo con gli occhi lucidi, lo colpì ad una guancia con uno schiaffo.
Non disse nulla, rimase immobile davanti a lui per qualche secondo finché, preda del nervosismo, corse via con gli occhi pieni di lacrime.
E Jason, ancora sorpreso per il colpo ricevuto, non poté far altro che toccarsi la guancia, diventata rossa per via del contrasto con la sua carnagione chiara, seguendola con lo sguardo. Avrebbe dovuto seguirla e chiederle scusa? A quale scopo? Alla fin fine per lui gli altri erano solo delle pedine con cui divertirsi, non gli importava dei loro sentimenti.
 
- Vuoi spiegarmi perché diavolo mi hai portato qui?- Nathaniel stava iniziando a perdere la pazienza. Era da più di dieci minuti che stavano camminando a vuoto e la cosa iniziava ad innervosirlo. Inoltre Sophy ignorava ogni sua domanda, limitandosi a tenerlo per la mano trascinandolo verso una destinazione a lui ignota.
- Stai zitto! Inizi a stancarmi!- lo sgridò la mora, guardandolo con fare piuttosto seccato. La cosa aveva un che di ironico perché, a conti fatti, era lui a doversi arrabbiare.
Proseguirono fino ad un grosso albero, alto più di quindici metri, e lì la mora si fermò, invitandolo ad andarle vicino.
- Sì, bell'albero.- concluse lui, decisamente innervosito.
- Non lì, idiota. Guarda dove le radici.- indicò con l'indice un punto alla base dell'albero in cui c'era la terra leggermente smossa - Scava.- ordinò lei, osservandolo mentre assumeva un'espressione contrariata.
- Eh? Non sono mica la tua pala. - si lamentò Nathaniel, guardandola sbuffare.
- Muoviti!- Sophy alzò leggermente la voce, quasi spaventandolo. Il moro iniziò a scavare, accorgendosi immediatamente che c'era qualcosa di duro sotto la radice. Lo mosse più volte, riuscendo finalmente a tirarlo fuori. Era un piccolo forziere di acciaio con un grosso lucchetto che impediva di aprirlo. Ci bazzicò per qualche secondo, per poi provare a lanciarlo contro l'albero senza però ottenere alcun effetto.
- Ho visto la rossa che lo nascondeva qui.- spiegò Sophy, sedendosi accanto a lui.
- Zoey?- la mora fece cenno di sì con la testa -Tutto ciò e strano...- si prese qualche secondo per pensare a cosa potesse contenere quel baule. La prima cosa a cui arrivò, e che probabilmente era la stessa che aveva pensato Sophy, era che potesse essere collegata agli omicidi. Che fosse la rossa la colpevole? In effetti Isaac non aveva mai ammesso di essere l'assassino, pertanto non avevano alcuna prova concreta contro di lui.
- Dovremmo aprirlo per vedere cosa c'è all'interno.- concluse lui. Prese la scatola e la scosse, senza sentire alcun rumore. Difficilmente ci sarebbe potuto essere un'arma del delitto o qualche altro oggetto pesante.
- Ho delle pinze nella borsa.- disse lei, guardandolo con la testa leggermente inclinata.
- Eh? Vai in giro con delle pinze? Ma sei matta?- la guardò con fare diffidente, seppur anche lui avesse manie del genere.
- Ha parlato quello con la "lama celata".- a quelle parole rischiò di strozzarsi. Si tirò su e la guardò leggermente confuso.
- Di che stai parlando?- balbettò diverse volte, finché non si accorse del sorrisetto provocatorio che la mora aveva assunto.
- Ce l'hai nella borsa, no? Assieme a quel "manuale dell'assassino".- iniziò a ridacchiare, portandosi la mano sulla bocca per aumentarne l'enfasi. Nathaniel, invece, era rosso come un peperone.
- Perché cavolo mi hai guardato nella borsa?!- strillò, facendola divertire ancora di più.
- Curiosità.- tagliò corto lei, appoggiando poi la schiena contro il tronco.
- Questo non dovrebbe darti il permesso di frugare tra le mie cose!- ormai Nathaniel era caduto vittima dell'imbarazzo. Riusciva a malapena a rivolgerle qualche occhiata di soppiatto.
- Te l'ho già detto, tu adesso stai con me. Io posso farti ciò che voglio.- concluse Sophy lasciandolo piuttosto interdetto. Sembrava completamente diversa rispetto a quella con cui aveva avuto a che fare nei due giorni prima. Per quanto la trovasse ancora irritante, aveva quasi del tutto perso quella vena polemica, tramutatasi in voglia di prenderlo in giro.
- Stronzate.- obiettò lui, pulendosi i jeans sporchi di polvere.
- Se lo dici tu. - la mora si alzò di scatto e gli lasciò un bacio sulla guancia, costringendolo ad indietreggiare, poi si diresse verso il campo - Torniamo?- gli indicò il baule, facendogli intendere che avrebbe dovuto portarlo lui.
Nathaniel non poté obiettare, si limitò a sbuffare e a seguirla trasportando l'oggetto. Mancavano ancora quattro giorni al ritorno a casa e sapeva che se non l'avesse ucciso il killer sarebbe morto per colpa dello stress accumulato in quei giorni.
Prima Jason, poi Sophy. Per caso era diventato un attira sbeffeggiatori?
 
Dopo aver pestato Isaac, Duncan si era rintanato dentro la mensa. Era rimasto lì per più di un'ora guardando un punto non definito del muro davanti a lui. Solo dopo l'ingresso di Zoey, che aveva saggiamente deciso di lasciarlo stare per permettergli di calmarsi, tolse lo sguardo da lì.
Guardò la rossa mentre, camminando a tentoni, si avvicinava verso di lui quasi intimorita. Che le avesse fatto paura? Che non volesse più parlargli? Che fosse venuta a dirgli proprio questo? Ma soprattutto, da quando Duncan Nelson, il più duro del quartiere, aveva incominciato a farsi tanti problemi per una ragazza? Aveva lasciato ed era stato lasciato tante volte, eppure dopo l'addio di Courtney il suo modo di vedere le relazioni era completamente cambiato. O forse era solo per l'età, chi poteva saperlo?
- Ti sei calmato?- domandò Zoey, sedendosi al suo fianco. Nella sua espressione captava facilmente una preoccupazione nemmeno troppo velata e ciò lo fece sorridere.
- Sì, credo di sì. - si coprì il volto con le mani cercando di riflettere a mente lucida su cosa avesse fatto. Si era scagliato con un sedicenne senza alcuna prova, dal momento che il ritrovamento del coltello non era ancora avvenuto, e lo aveva picchiato fino ad impedirgli di alzarsi da solo per un bel po'.
Una cosa che non si addiceva ad un adulto del suo calibro. Da giovane era sempre stato fumino, però con il passare degli anni, e con gli obblighi di Courtney, quella peculiarità si era lentamente estinta, portandolo a diventare molto più paziente.
- Lui sta bene. Lo abbiamo portato dentro la sala di controllo.- disse la rossa, nella speranza di spezzare quell'aria testa che i pensieri del punk stavano lentamente creando.
- Ne sono contento. Avete fatto bene a chiuderlo là. - asserì, sospirando violentemente.
- La chiave ce l'ha Frida.- aggiunse Zoey, guardandolo di sfuggita. Non amava vederlo in quelle condizioni. Si fece più vicina con la sedia e gli prese una mano guardandolo con espressione dolce.
- Non preoccuparti. Nessuno ce l'ha con te. Sei stato un po' avventato, ma lo hai fatto per il bene del gruppo.- parlò con tono gentile che portò il punk a voltarsi di lei con fare completamente spaesato. Era sempre stata così bella? Se ne stava accorgendo solo in quei due giorni. Senza nemmeno pensare si avvicinò a lei e le lasciò un bacio sulle labbra, osservandola con sguardo soddisfatto mentre arrossiva completamente.
- Ma... che fai!- fece lei, balbettando ogni sillaba. Si coprì il volto, andato letteralmente a fuoco, imbronciandosi quando sentì la risata di Duncan. Dopo qualche secondo si unì a lui gustandosi quegli attimi così spensierati che avevano potuto avere.
Era riuscita a tirarlo su di morale e questo gli bastava. Ormai un enorme sorriso si era dipinto sul suo volto e nulla avrebbe mai potuto toglierglielo.
- Adesso vado. Devo andare a tenere d'occhio i ragazzi. Tu resta qui finché non ti sarai ripreso del tutto.- gli accarezzò i capelli con una mano, per poi dirigersi verso l'uscita seguita con lo sguardo da Duncan.
Non appena si chiuse la porta alle spalle si gettò contro di essa di peso, rischiando di sfondarla. Sentiva il cuore batterle fortissimo nel petto al punto che ebbe paura di star avendo un infarto in corso. Sul suo volto era dipinta un'espressione estasiata, quasi al settimo cielo.
Dovette cercare di ricomporsi quando vide Margaret camminare verso di lei. Si fermò a pochi metri e, balbettando, iniziò un discorso.
- Ehm... Zoey, ho bisogno di parlarti.- deglutì forzatamente, quasi spaventata.
- Certo, dimmi pure di cosa hai bisogno.- le rivolse uno sguardo dolce, cercando di farla sentire più a suo agio.
- Possibilmente non qui.- disse la mora, indicando gli alloggi. La rossa fece un cenno positivo con il capo e poi la seguì all'interno dei dormitori.
- Ecco io...- si interruppe, esitando nell'andare avanti - ho litigato con Claire.- concluse poi, facendo spalancare la bocca per lo stupore. Rimase interdetta da quella parole perché, in una situazione come quella, non si aspettava che qualcuno potesse preoccuparsi di cose del genere. Ma alla fine avevano pur sempre sedici anni, era normale che provassero sentimenti simili anche nei momenti più disperati.
- Oh... mi dispiace.- assunse un'espressione intristita, guardandola con dispiacere.
- Che cosa dovrei fare?- la mora rialzò di scatto il volto e si portò a pochi centimetri da lei. Inizialmente la rossa si sentì un po' sotto pressione, poi ci ragionò a mente fredda e cercò di trovare una soluzione.
- Devi parlarle francamente dicendole ciò che pensi.- si portò l'indice sotto il mento, cercando di ricordare come di solito agiva lei in quei casi.
- Beh... quello l'ho fatto, ma lei si è arrabbiata ancora di più.- sospirò, sempre più preoccupata da quella situazione.
- Forse dovresti semplicemente cercare di essere un sostegno per lei. Probabilmente avrà qualche motivo se si comporta così. Prova a comprenderla.- Margaret ascoltò le parole della rossa a bocca aperta, memorizzando ogni singola parola dentro la testa.
- Sì, forse hai ragione!- urlò, alzandosi di scatto - Vado subito a cercarla. Ti ringrazio molto!- la abbracciò, prendendola alla sprovvista, dopodiché uscì dalla stanza. Alla ricerca della castana.
La trovò fuori dalla mensa, a pochi passi dall'entrata, mentre tentava di scrivere. Nel vederla irritata, perse coraggio e determinazione. Si avvicinò in maniera piuttosto cauta e, cercando di non dare troppo nell'occhio, si mise accanto a lei, venendo ignorata.
Dovette far appello a tutto il suo coraggio per poter provare a rompere quel pezzo di ghiaccio che era Claire.
- Stasera, verso mezzanotte, davanti alla palestra.- non disse altro, limitandosi ad aspettare una risposta.
- E perché mai dovrei venire?- domandò Claire, senza togliere lo sguardo dal libro.
- Per sistemare le cose. - dopo aver detto ciò, Margaret si allontanò lasciandola lì. La castana nemmeno la guardò. Sarebbe andata all'appuntamento? Probabilmente sì, ma il dubbio le rimase per tutta la sera.
 
Frida aveva deciso di rimanere a fare da guardia  fuori dai dormitori, così da confermare se Isaac fosse effettivamente il killer. Serviva la prova del nove, se quella notte non fosse morto nessuno, con buone probabilità la colpa sarebbe stata data al ricciolo. Eppure in quel modo, se qualcuno avesse incastrato il ragazzo, c'era il rischio di rimanere fregati comunque.
Frida era seduta sulle scalinate d'ingresso dell'alloggio dei ragazzi e stava osservando Claire che, con fare completamente distratto, scarabocchiava sul suo quaderno.
- C'è qualcosa che ti preoccupa?- domandò, avvicinandosi a lei. Erano le undici e da più di un'ora la castana era immobile in quel punto.
- Non proprio.- la castana ci girò in torno, ancora indecisa se aprirsi o no.
- Se vuoi puoi parlarmene.- si avvicinò a lei, guardandola quasi come una mamma guarda il proprio figlio.
- Non penso sia necessario.- tagliò corto Claire, voltando pagina con fare assente. La mora si limitò a sospirare, sedendosi poi accanto a lei.
- Sì, forse hai ragione.- si lasciò andare ad un lungo sospiro, mentre teneva le mani a contatto con la superficie legnosa e i suoi occhi erano rivolti verso il cielo, pieno di piccole luci - Però ricorda che parlare è sempre il miglior modo per risolvere le questione e scappare non ti aiuterà per nulla.- dopo aver detto ciò si alzò, allontanandosi di qualche metro da lei.
- Che cosa intendi dire?- la castana posò gli occhi su di lei, sorpresa da quelle parole.
- Oh, questo lo devi capire tu. Adesso va dentro che è tardi.- la guardò mentre, con sguardo confuso, rientrava nel dormitorio.
A quel punto, essendo rimasta da sola, estrasse un libro dalla tasca ed iniziò a leggerlo. Sperava di poter contare sull'aiuto di Agatha Christie, ma sentiva che lentamente le sue palpebre iniziarono a chiudersi e, dopo nemmeno dieci minuti, si appoggiò al muro della struttura e si mise a dormire.
Invece Claire era ancora dentro, con il libro tra le mani e tanti pensieri per la testa. Verso mezzanotte vide Margaret alzarsi per dirigersi verso il luogo dell'incontro e, seppur esitante, decise di andare.
Prima però pensò a cosa dovesse dirle. Le avrebbe dovuto chiedere scusa, quello senza ombra di dubbio, e poi magari le avrebbe parlato un po' di lei, così da farle capire il perché della sua personalità così contorta e complicata.
Però giocò un po' troppo con la fantasia. Senza nemmeno accorgersene chiuse gli occhi e si addormentò, perdendosi tra quei pensieri fin troppo allegri.
Quando aprì gli occhi erano le sei di mattine e dopo essersi accorta che il letto di Margaret era sempre vuoto, si fiondò verso il luogo stabilito dell'incontro. Essendo la sveglia alle sette e mezza, erano tutti ancora addormentati, pertanto poté dirigersi verso la palestra senza alcuna distrazione.
Trovò Frida, addormentata, fuori dalla loro porta, ma la ignorò e si diresse a grandi falcate verso la palestra. Possibile che l'avesse attesa per ben sei ore? Possibile, alla fin fine quella ragazza era completamente imprevedibile.
Arrivò nel luogo indicato e la vide seduta con la schiena appoggiata ad un albero. Probabilmente si era addormentata nell'attesa, o almeno questo era il ragionamento che fece Claire.
Però, alla fine, non ci mise molto ad accorgersi di quello che era successo, le bastò avvicinarsi per notare che la maglietta di Margaret, fino a quel momento verde acceso, aveva una chiazza rossa al centro e che il prato attorno a lei vantava delle stesse caratteristiche.
Si portò a pochi passi da lei poi, accorgendosi dell'inevitabile realtà, cadde in ginocchio davanti al cadavere dell'amica. Non gridò, non lei per lo meno. Si limitò a piangere abbracciando il corpo dell'altra noncurante del sangue che, inevitabilmente, macchiò anche il suo vestito.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Un capitolo decisamente frizzantino! Margaret ci lascia, Nat e Sophy trovano una scatola, Duncan picchia un sedicenne, Isaac ce le prende malamente, Jason fa il solito, Claire è al centro del suo turbine emotivo, Frida è la solita misteriosona e Zoey... fa la Zoey.
Bene, detto ciò non mi dilungo troppo. Grazie per aver letto, ci vediamo domenica prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Si era addormentata. Non poteva crederci. Stava tremando come una foglia mentre osservava Claire che, in lacrime, abbracciava il corpo di Margaret.
Non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto fallire in un compito così semplice che, tra l'altro, si era data lei stessa. Si era svegliata quando aveva sentito una porta alle sue spalle sbattere e, non appena aveva aperto gli occhi, aveva visto Claire correre verso la palestra con una certa furia.
Le era andata dietro, cercando di non farsi vedere, e quando si era accorta del cadavere di Margaret era quasi svenuta. La mora aveva una ferita nello stomaco causata da un vetro, che era ancora infilzato dentro la pancia. Era uscito un sacco di sangue, come intuibile dal prato attorno a lei completamente tinto di rosso e dai suoi vestiti tutti macchiati.
La prima cosa che fece fu andare nell'alloggio di Duncan. Bussò con violenza, attendendo che la andasse ad aprire. Quando la porta si aprì apparve il punk che, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando, la guardò con fare confuso.
- Che vuoi? Sono le sei e mezza, lasciami dormire.- solo dopo aver sbattuto bene gli occhi si rese conto che lo sguardo della mora non lasciava intendere nulla di buono.
- Margaret...- non fece in tempo a finire che il ragazzo, dopo essersi messo le scarpe, iniziò a correre verso il luogo da lei indicatogli.
Vide Claire, in lacrime, abbracciata a Margaret in una pozza di sangue e, senza nemmeno rifletterci troppo, corse verso la sala di controllo. Si accorse immediatamente che la porta non era chiusa a chiave e al suo interno, come aveva previsto, Isaac non c'era. Colpì con violenza la porta, per poi tornare davanti alla palestra.
- È colpa mia...- Duncan si voltò verso Frida che, tremante, si era messa in ginocchio a qualche metro da Claire, completamente scossa.
- Eh?- domandò il punk, stranito da quelle parole.
- Mi sono addormentata. Se fossi rimasta sveglia...- venne bruscamente interrotta da Duncan, stufo fino all'orlo di quei continui piagnistei.
- No, semmai è anche colpa tua. Isaac è sparito.- disse, gettandosi di peso con la schiena sulla porta.
- Eri andato a controllare?- chiese lei, riferendosi alla precedente corsa del ragazzo. Quello si limitò a dare un cenno di assenso con la testa, per poi dirigersi verso la stanza di Zoey.
- Ehi, svegliati! Abbiamo bisogno di te. - detto ciò fece irruzione nella stanza, senza dare il minimo segno di preavviso. La trovo seduta sul letto, con gli occhi socchiusi ed in reggiseno. Non appena lo vide si coprì con le coperte, dimenticandosi che il giorno prima l'aveva vista nuda.
- Duncan? Che- si interruppe per sbadigliare - succede?- domandò poi, cercando di sistemarsi i capelli, completamente scompigliati per colpa della dormita.
- È successo di nuovo.- il volto della rossa mutò, diventando spaventato. Si vestì rapidamente per poi correre verso il luogo del delitto. Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi. Le lasciò scorrere solo quando Duncan le arrivò dietro e la avvolse in un abbraccio. In quel momento smise di contenersi e rigettò fuori tutte le sue emozioni.
 
La mattina, come di consueto, si ritrovarono tutti alla mensa. Solitamente si svegliavano tutti con la speranza che non fosse accaduto nulla, o meglio erano già grati di aprire gli occhi, eppure quel giorno tutti sapevano già cosa era accaduto. Lo sentivano nell'aria.
Jason, Nathaniel e Sophy, i tre a non avere ancora saputo della morte di Margaret, si sentivano che gli sarebbe giunta una notizia del genere. La ragazza lo aveva capito quando, dopo essersi svegliata, aveva visto i letti delle due vuoti, gli altri due quando avevano visto Frida muoversi in maniera impacciata verso il luogo del ritrovo.
- Quindi? Dobbiamo scagionare Isaac?- chiese Nathaniel, ancora non perfettamente a conoscenza dell'accaduto.
- Boh, aspettiamo che i grandi vengano e ci dicano cosa fare.- disse Jason, senza nascondere un ghigno. Teneva la testa appoggiata sul legno freddo e guardava il moro fisso negli occhi.
- Oh, Cristo, che palle.- ovviamente Sophy non fu da meno ed iniziò subito a lamentarsi.
- Sei così sicuro che sia morto qualcuno?- domandò Jason, tirandosi su di peso. I suoi occhi lo squadrarono da cima a fondo, notando una certa insicurezza nel suo sguardo.
- Sospetti ancora di me? Che idiota...- di voltò dall'altra parte, sprezzante nel vederlo così sorridente.
- Io sospetto di tutti, ma non è mio obiettivo catturare il colpevole. Ovviamente finché non si avvicina a me, a quel punto- si passò l'indice sulla gola mimando uno sgozzamento - lo ammazzo.- concluse sorridendo in maniera alquanto malata.
- Tu non sei normale...- Sophy scosse la testa, sperando di non ricevere una risposta.
- Nah, non ti credere. Con una pugnalata morirei anch'io. - si lasciò andare ad un grosso sbadiglio, per poi riappoggiare la testa sul tavolo e chiudere gli occhi.
- Mi pare ovvio, mica sei Superman. - controbatté lei, sospirando annoiata.
- Ci devi comunque arrivare a farlo.- il moro si toccò il petto con la mano sinistra, mettendosi poi a ridere. Nel mentre Nathaniel si era zittito, ormai arresosi al carattere strano di Jason. Era in grado di prenderti in giro e di tornare serio nel giro di una frase, qualità a dir poco spiacevole in una situazione del genere.
Improvvisamente la porta si aprì e Duncan entrò dentro la stanza seguito da Frida, Claire e Zoey. La castana era in lacrime, mentre le altre due avevano delle espressioni abbattute in volto.
- Ah, quindi è morta l'altra.- ironizzò Jason, venendo prontamente zittito da un'occhiataccia di Duncan, che l'ultima cosa che voleva era un'altra lite interna e pertanto arginò il moro il prima possibile.
- Margaret è stata uccisa.- disse, prendendosi il giusto tempo per comporre bene la frase - E Isaac è scappato.- a quella frase Nathaniel e Sophy spalancarono gli occhi stupiti, mentre Jason si mise a ridere.
- Sei serio? E come avrebbe fatto?- domandò Nathaniel, ticchettando nervosamente sul tavolo con le dita.
- Non lo so. La porta era aperta e la finestra rotta. Con i pezzi di vetro ci ha ucciso Margaret.- spiegò, massaggiandosi la fronte per cercare di capirci qualcosa di più.
- E come fai a dirlo?- obiettò Sophy.
- Alcuni cocci sono rimasti incastrati nello stomaco di Margaret. Se vuoi puoi andarli a vedere, sono nel magazzino.- tentò di ironizzare, senza volerlo veramente fare di proposito.
- E ora? Cosa facciamo?- chiese Nathaniel, ancora a bocca aperta.
- Stiamo attenti. Tutto qui. Adesso è a piedi libero, quindi cercate di non andare in giro da soli, molto probabilmente sarà armato.- spiegò, per poi sbuffare violentemente. Lo stress si stava accumulando e lui non pensava di riuscire a reggerlo ancora per molto.
- Possiamo circolare con delle armi a portata di mano, vero?- Nathaniel guardò il punk di soppiatto, portando i loro occhi azzurri ad incontrarsi.
- Sarebbe preferibile.- lo assecondò lui, scuotendo la testa con assenso. Il moro sembrò sollevato dalla cosa, finalmente poteva portarsi dietro la sua lama.
- Allora vado a prenderla.- disse, alzandosi dalla sedia con uno scatto.
- Vengo io con te, almeno non sarai solo.- Sophi alzò le spalle e gli andò dietro.
- Usate i contraccettivi.- gli gridò dietro Jason, ridacchiando in maniera quasi subdola.
- Ovvio.- ribatté lei, guardandolo con sguardo di chi già sapeva cosa fare.
- Non assecondarlo!- strillò Nathaniel, dirigendosi a grandi falcate verso il dormitorio. La mora gli andò dietro, raggiungendolo dopo una breve corsetta.
Il ragazzo prese subito la sua borse e ne estrasse l'arma che si era portato da casa, una piccola lama che si poteva legare al polso, venendo prontamente deriso da Sophy.
- Hai seriamente intenzione di andare i giro con quella?- si mise a ridere, sdraiandosi sul suo letto come se nulla fosse.
- Ho solo questa.- alzò le spalle, cercando di ignorarla.
- Poi dopo dobbiamo andare nella mia stanza.- gli ricordò lei, vedendolo leggermente confuso - Per aprire la scatola.- dopo quelle parole il moro spalancò la bocca, facendole intuire di aver capito.
Nathaniel rimise tutto in ordine e, dopo essersi stirato la schiena, si alzò dal letto seguito da Sophy. Andarono nella stanza della ragazza e lì lei prese le pinze dal suo zaino.
- Ottimo, ora apriamo la scatola.- fece lui, aspettando che la tirasse fuori. La mora si abbassò e mise le mani sotto il letto alla ricerca dell'oggetto. Nathaniel notò che l'espressione sul suo volto si faceva sempre più stranita ogni secondo che passava.
- Che succede?- chiese, vedendola sempre più preda dello sconforto.
- Non c'è. - disse lei tutto d'un fiato.
- Cosa?- il moro spalancò gli occhi, incredulo - Aveva detto che l'avresti tenuta tu perché "io non perdo mai niente!".- utilizzò i due indici come se fossero virgolette, per poi rivolgerle un'occhiata infuriata.
- E io che ci posso fare? Me l'hanno rubata, mica l'ho persa.- si portò a pochi centimetri da lui ricambiando il suo sguardo arrabbiato.
- Non prendermi in giro!- i loro volti erano pressoché attaccati e si guardavano in maniere poco amichevole.
- Hai perso la risposta a tutte le nostre domande!- strillò quello, stringendo le mani in due pugni.
- Ma zitto!- Sophy cercò di spingerlo indietro, ma quello si sporse ancora più avanti e, senza accorgersene, caddero entrambi sul letto alla spalle della ragazza.
Si ritrovarono l'uno contro la fronte dell'altra, smettendo per un attimo di litigare. Gli occhi marroni di Sophy si persero dentro quelli azzurri di Nathaniel, costringendola a zittirsi. Solo dopo qualche secondo il ragazzo si rese conto della situazione, portando il suo volto a diventare tutto rosso.
- È il momento di andare.- disse, balbettando il primo verbo diverse volte. Distolse lo sguardo da quello di Sophy, per poi issarsi con le braccia e tirarsi su. Venne però prontamente fermato dalla ragazza, che afferrò la sua maglietta riportandolo giù.
- Che cosa...- la ragazza lo zittì portando le loro labbra ad incontrarsi. Chiuse gli occhi e le appoggiò dolcemente su quelle di Nathaniel, completamente preso alla sprovvista.
- La cassetta!- urlò poi Sophy, confondendolo ancora di più. Indicò il letto davanti al suo, sotto mal cui era visibile il piccolo baule di ferro che stavano cercando.
- Prendila.- disse il moro, approfittando della distrazione della ragazza per toccarsi le labbra. Il suo primo bacio. Stava quasi per mettersi a piangere.
Sophy la mise sul letto e, dopo aver bazzicato per qualche minuto con le pinze, riuscì ad aprirla. Al suo interno vi erano delle ricevute bancarie.
- Che cosa significa?- chiese la ragazza, scrollando i fogli senza minimamente capire il perché Zoey avrebbe dovuto nascondere una cosa del genere.
- Probabilmente è stato il capo a dirle di farlo.- ipotizzò Nathaniel, leggendo il totale dei conti. Il campo estivo era decisamente in rosso.
- E perché mai?- Sophy, che ovviamente non aveva alcuna esperienza in campo economico, non comprese subito le parole del moro.
- Per mascherare la cosa. Lo stato canadese potrebbe richiedere le ricevute per decidere se chiudere il campo estivo, pertanto facendo sparire le ricevute potrebbero prendere tempo nel caso arrivasse un controllo.- spiegò Nathaniel, continuando a controllarle.
- Vedo che sei molto informato.- notò lei, guardandolo di soppiatto - Vieni da una famiglia di evasori?- scherzò, sdraiandosi sul letto.
- Una cosa del genere.- sintetizzò, continuando a leggere le ricevute con interesse.
- Non vuoi parlarne, eh?- concluse Sophy, sbuffando. Attese che il ragazzo avesse finito di controllare i fogli per poi richiudere il baule e nasconderlo sotto al suo letto.
- I miei genitori sono due tossicodipendenti che gestiscono una farmacia. Per far quadrare i conti fanno spesso giochetti del genere.- spiegò, poi, facendola sorridere.
- Uh, finalmente ti sei aperto!- esultò lei, guardandolo con un leggero ghigno in volto.
- Di te che mi dici?- chiese Nathaniel, più per sviare l'attenzione.
- Mia madre fa la parrucchiera e mio padre l'architetto. Ho una famiglia normale.- alzò le spalle, per poi gettarsi sul letto di peso. Era felice di essere riuscita ad avere quella breve conversazione con lui, per lo meno era riuscita a rompere il suo guscio, almeno in superficie.
 
Jason stava provando un sensazione di fastidio fortissima. Teneva i denti digrignati e aveva voglia di colpire con violenza la ragazza davanti a lui. Essa era Claire che, con il volto affondato tra le braccia, continuava a piangere e a lagnare.
Per evitare di ascoltare i suoi piagnistei se ne sarebbe perfino andato in bocca ad Isaac, però Zoey gli aveva proibito di uscire, almeno finché Duncan, uscito per andare assieme a Frida nella casa di MacLean nella speranza di trovare qualcosa di utile, non fosse rientrato.
Così era stato costretto a rimanere assieme alla rossa e alla piagnona in quel luogo pieno di tensione e noia. E lui odiava annoiarsi. Non che fosse un tipo attivo, anzi, però si divertiva nell'osservare gli altri mettendoli a disagio con commenti e frecciatine, quindi quella situazione lo stava lentamente portando a considerare il suicidio come valida alternativa.
Finché alla fine, dopo aver ascoltato l'ennesima lamentela sottovoce di Claire, non riuscì più a resistere.
- È tutta colpa mia...- quelle erano le parole che lo avevano fatto uscire di senno. Non ne poteva più, era giunto al limite della sopportazione.
Si alzò di scatto e si avvicinò alla castana, fermandosi a pochi passi da lei. Questa non lo considerò minimamente, rimanendo con la testa tra le braccia con fare malinconico.
- Non ignorarmi.- disse, afferrandola per i capelli con violenza e costringendola a guardarlo negli occhi. Claire, presa alla sprovvista, cacciò un urlo, per poi cercare di liberarsi dalla presa del moro con entrambe le mani.
- Lasciami.- provò a dimenarsi, ma il moro aumentò la forza della stretta rendendole impossibile muoversi.
- Non sei molto educata, eh?- Jason ghignò, gettandole un'occhiata da sociopatico. In quel momento Claire iniziò seriamente ad avere paura, al punto che smise di dimenarsi.
- Potresti... lasciarmi? Per... favore.- balbettò, guardandolo mentre tramutava la sua espressione arrabbiata in una felice.
- Brava, vedo che finalmente hai capito.- detto ciò allentò la presa. La mollò definitivamente qualche secondo dopo, quando udì un rumore proveniente dalla cucina. Dentro la stanza si presentò Zoey che, con sguardo confuso, guardò i due.
- È successo qualcosa? Ho sentito un grido.- spiegò, alzando un sopracciglio.
- No, Claire ha visto un ragno e si è spaventata, vero?- appoggiò un piede sulla gamba della ragazza, approfittando del fatto che la rossa non potesse vederlo, per assicurarsi che la castana rispondesse in maniera corretta.
- Sì, è vero.- concluse lei, senza nemmeno guardarla. Sentì la scarpa del ragazzo accarezzarle i pantaloni, facendole intuire che questo era ciò che voleva sentirle dire.
- Va bene... allora io torno di là. - disse Zoey, per poi chiudersi la porta alle spalle.
- Adesso smetterai di piangere, vero?- chiese Jason, mostrandole i denti con fare molto poco amichevole.
- Sì. - tagliò corto lei, cercando di regolare il respiro per disturbarlo il meno possibile. A quella risposta il ragazzo portò una mano sulla sua guancia e gliela accarezzò con dolcezza, sorridendole in maniera del tutto naturale.
- Scusami per prima, ma mi stavi disturbando. Scuse accettate?- tenne la mano a contatto con la sua pelle, attendendo che parlasse.
- Certo.- una piccola goccia di sudore le stava scendendo dalla fronte per colpa della paura. Jason, soddisfatto, le tolse la mano dal volto e tornò al suo posto precedente mandandole un bacio.
Era finalmente riuscito a metterla in riga. Approfittando della situazione in cui versava Claire dopo la morte di Margaret aveva trovato il modo per renderla docile come un cane ammaestrato. Lei non poteva essere l'assassina, o almeno questo era quello che pensava in quel momento, seppur fosse perfettamente conscio del fatto che tutti possono piangere per finta.
In poche parole, per lui nessuno era escluso dalla conta, nemmeno lui stesso.
 
Duncan e Frida erano giunti davanti alla porta della casa di Chris che però era chiusa a chiave. Mentre la ragazza cercava un modo per accedere, il punk la colpì con violenza rompendone un pezzo, per poi infilarci la mano ed aprire la porta con la maniglia dall'interno.
- Come ti è venuto in mente?- domandò lei, guardandolo stupita.
- Sono pur sempre un ex delinquente. Certe cose non si dimenticano.- spiegò, richiudendosi quello che restava della porta alle spalle.
- Zoey l'hai conosciuta durante una delle tue bravate?- chiese con un certo interesse.
- No, non proprio.- tagliò corto lui, decisamente contrario alla piega che aveva preso il discorso. Non gli piaceva parlare della sua vita.
- Su, parla pure. Abbiamo tutto il tempo mentre cerchiamo.- indicò la stanza, facendogli notare come fosse piuttosto grande.
- Che palle.- sbuffò e roteò gli occhi, per poi incominciare a pensare a quella parte di infanzia che aveva dimenticato.
- Avrò avuto circa cinque anni. Avevo rubato dei biscotti ed ero inseguito dal proprietario del negozio. Stavo scappando quando andai a sbattere ad una bambina della mia età. Pensai che fosse la mia fine, ma quella mi spinse dietro di lei e, quando il commerciante le chiese dove fossi andato, mentì per difendermi.- sul suo volto si formò un leggero sorriso, uno di quelli dolci.
- E da lì è diventata tua complice?- chiese Frida, ridendo.
- No, al contrario. Mi diceva sempre che "rubare è sbagliato", però alla fine mi difendeva sempre.- il punk iniziò ad aprire vari cassetti, contenenti per lo più mutande e altra biancheria intima.
- Deve essere una ragazza straordinaria.- ipotizzò lei, divertita dal modo pacato e tranquillo con cui Duncan le stava parlando.
- Sì. E pensa che me ne sono accorto due giorni fa. - si morse un labbro, ricordando la sera che avevano trascorso insieme. Si era sentito al settimo cielo.
- Piuttosto, hai qualche idea su dove possa essere finito l'assassino?- domandò lei, leggermente imbarazzata dall'argomento.
- No. Potrebbe anche essersi inoltrato nella macchia.- alzò le spalle, continuando a frugare in altri cassetti.
- Sarebbe un suicidio.- disse l'altra, pensando a quanto tempo aveva impiegato per arrivare fino a quel luogo desolato.
- Sempre meglio che restare qui, no?- fece notare Duncan, ottenendo un cenno d'assenso da parte dell'altra. Se fosse rimasto al campeggio molto probabilmente sarebbe stato ucciso.
- Sai, inizialmente sospettavo della rossa.- Frida si voltò verso di lui, sorridendogli.
- Di Zoey? E perché mai?- Duncan venne colpito da quelle parole.
- Te l'ho detto, non sopporto le rosse.- la mora scrollò le spalle, per poi continuare a frugare nell'armadio, pieno di camicie e vestiti estivi.
- Beh, in effetti quando si arrabbia diventa violenta, però non l'ho mai vista colpire nessuno.- il punk sorrise, ricordandosi di quando la rossa, arrabbiata con un bullo che gli aveva bucato un palloncino, aveva assunto un'aria minacciosa al punto che il povero sfortunato era stato costretto a comprargliene un altro.
- Quello credo un po' tutti.- ipotizzò Frida, visto che anche lei aveva un lato violento che tirava fuori soltanto quando perdeva completamente la calma. Quello del punk lo aveva già visto il giorno prima e di certo non teneva nel vederlo ancora.
Duncan stava per ribattere, quando all'improvviso sentì una sensazione fredda alla mano. Gli angoli della sua bocca si piegarono all'insù quando capì cosa stava toccando: una pistola. La prese e se la rigirò tra le mani. Il caricatore era pieno e la sicura attivata.
- Con questa saremo al sicuro.- disse poi, ghignando. Durante la sua vita da criminale non aveva mai tenuto in mano una pistola, seppur fosse stato uno dei suoi sogni più inconsci.
- Sempre se non ce la fregano.- fece notare Frida, portandolo a guardare l'arma con diffidenza.
- La terrò io, fidati.- concluse, controllando che la sicura fosse ben inserita prima di mettersela in tasca.
- Va bene.- lei fece cenno di assenso con la testa, per poi continuare a frugare nel cassetti. Trovò una piccola valigetta che al suo interno aveva numerosi fogli.
- Che cosa sono questi?- chiese lei, passandone un paio al punk.
- Credo i fogli di ammissione.- le disse, indicandole i vari nomi dei ragazzi presenti al campeggio scritti sui fogli.
- Uh, hanno tutti sedici anni precisi.- notò la mora leggendo uno ad uno tutti i fascicoli.
- Zoey mi ha detto che gli altri anni erano sempre più di venti ragazzini. Quest'anno è stato un caso speciale e col senno di poi è andata meglio così. - non osava pensare a cosa sarebbe successo se quel genocidio fosse avvenuto con la presenza di due dozzine di ragazzi.
- Immagino che per lei debba essere traumatica questa situazione.- ipotizzò Frida, richiudendo l'ultimo cassetto.
- Sta cercando di fare buon viso a cattivo gioco. La conosco bene, in realtà è profondamente turbata.- spiegò, per poi fare cenno all'animatrice di seguirlo fuori dall'alloggio.
Continuarono a parlare fino al loro arrivo alla mensa, dove trovarono solo Jason, Claire e Zoey.
 
Arrivò l'ora di andare a dormire e Zoey, per paura che accadesse un evento come la sera prima, decise  di dormire con i ragazzi e chiudere le porte a chiave. Così lei, Frida e Duncan dovettero adattarsi agli scomodissimi, non che i loro fossero tanto meglio, letti dell'alloggio.
- Se sentite qualche rumore avvisate subito.- disse Duncan, guardando negli occhi la rossa. Zoey scosse la testa con dolcezza cercando di rassicurarlo.
- Questo vale anche per voi.- a parlare fu Sophy, che gettò lo sguardo verso un Nathaniel fin troppo imbarazzato dalla cosa.
- Non possiamo dormire tutti negli stessi alloggi?- chiese poi il moro, evitando di incrociare gli occhi con qualcuno.
- Hai paura che ti uccidano la ragazza?- subito Jason si intromise, ghignando alle sue spalle.
- Sì, cioè... no! Però potrebbe essere più sicuro.- ipotizzò, alzando le spalle.
- Non abbiamo i letti. La maggior parte sono marci e rischiano di cadere. Inoltre quello di Georgia... credo tu abbia capito.- spiegò Frida, per poi entrare dentro.
- Su, sta calmo, non mi succederà niente.- Sophy gli si avvicinò di soppiatto, per poi lasciargli un bacio sulla guancia. Mai come in quel momento si era sentito imbarazzato.
- Smettila!- disse, tirandosi indietro.
- Che carini! Vuoi dormire assieme a lei?- domandò Zoey, con tutta la tranquillità possibile.
- No!- tagliò corto lui, per poi entrare dentro sbattendosi la porta alle spalle.
Così tutti entrarono negli alloggi e, dopo aver chiuso le porte a chiave, si misero tutti a letto.
Però, tra tutti, Sophy non riusciva a dormire. Era preda dell'euforia di quella giornata: il suo primo bacio, i suoi primi flirt e perfino quella scenette avvenuta davanti a tutti. Mai avrebbe detto che in quel campo estivo sarebbe riuscita a trovare una ragazzo come Nathaniel.
Era il tipo perfetto per lei: oscuro, solitario, freddo, ma che allo stesso tempo era solamente a secco di relazioni sociali e si comportava così per colpa della sua incapacità di socializzare.
Anche lei era stata costretta a chiudersi in se stessa dopo essere stata espulsa dalla sua vecchia scuola superiore. Non ricordava nemmeno il perché, aveva fatto qualcosa ad un insegnante e questo aveva costretto gli altri ad espellerla.
Però non gliene fregava nulla, per lo meno in quel momento, perché anche il giorno prima di partire si era alzata maledicendo quel suo insegnante per essere nata.
In poche parole, una combinazione di eventi fortuiti l'avevano costretta a mettere da parte il suo rancore.
Poi, persa tra quei pensieri, prese sonno e si addormentò.
Venne svegliata qualche ora dopo da un rumore improvviso. Si tirò su e vide che la porta era aperta. Sentì un groppo in gola, mentre sentiva l'ansia salirle.
Si alzò e, dopo aver indossato le scarpe, uscì fuori per controllare di cosa si trattasse. Sentì l'aria fredda notturna sulla pelle, cosa che la portò a strofinarsi le braccia per sentire caldo, per poi fare un altro passo verso le scale.
Scese i tre gradini e si guardò intorno. Non c'era nessuno. Poi, all'improvviso, sentì un fruscio alle sue spalle e, prima che potesse muoversi, un dolore lanciante la colpì all'addome. Provò ad urlare ma la sua bocca venne prontamente tappata dall'assassino che poi affondò nuovamente la lama nella sua carne.
Sophy contrasse i muscoli nella speranza di riuscire a liberarsi e, dopo avergli assestato un calcio sullo stinco, fece giusto in tempo a vedere di chi si trattasse, poi la lama si conficcò nel suo collo, rendendole impossibile respirare.
- Mi avete costretto voi.- quelle furono le ultime parole che sentì, prima che il sangue iniziasse a grondarle dalla ferita portandola ad una morte inevitabile.
L'unico pensiero che le venne in mente fu rivolto a Nathaniel. Ce l'avrebbe fatta a vendicarla? Se lo augurava, ma non ne era così sicura.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Vi annuncio che la stesura di Moonlight Camp è giunta al termine! Adesso non mi resta che pubblicare i capitoli (in totale sono 10) e poi anche questa avventura sarà giunta al termine.
Allooora: Sophy dice ciao ciao, tra l'altro avevo notato una certa somiglianza tra lei e Sasha di "The Bus" e per questo l'aveva presa molto in simpatia, Nathaniel si innamora ma non fa nemmeno in tempo a capirlo che rimane di nuovo single, Claire piange, piange e piange, Jason fa il bullo, Duncan si arma, Frida si pente dei suoi peccati e Zoey cerca di controllare la situazione che, ormai, si è fatta insostenibile. Il caro Isaac invece in questo capitolo non compare, ma avrà uno spazietto nel capitolo 8 piuttosto importante.
Detto questo vi lascio e ci vediamo al prossimo capitolo, in uscita la prossima settimana!

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


La mattina arrivò e, come di consueto, qualcuno non era nel suo letto. Zoey si tirò su e, dopo aver sbattuto gli occhi per qualche secondo, notò che Sophy non era nella stanza, inoltre la porta era socchiusa.
Era sveglia da troppo poco per accorgersi che c'era qualcosa di strano, quindi si limitò ad alzarsi e ad andare a chiuderla eppure, quando mise la testa fuori, ciò che vide la fece quasi svenire.
Il corpo di Sophy, ferito alla gola e allo stomaco, era davanti a lei avvolto nel sangue. Si portò subito una mano sulla bocca, per evitare di vomitare, poi andò subito a chiamare Frida che, stropicciandosi gli occhi, non riuscì bene a capire la situazione. Zoey era talmente in ansia che faceva fatica a parlare e tutto ciò non aiutava.
- Fuori...- riuscì a dire solo quello, perché poi la mora si precipitò fuori e vide il cadavere. La vide accasciarsi sulla porta presa completamente dallo sconforto.
Non poté far altro che usare le chiavi per aprire la porta dell'alloggio dei ragazzi e andare a chiamare Duncan con le lacrime agli occhi.
Quando anche il punk fu avvisato della cosa, non le restò che svegliare i ragazzi. In particolare Nathaniel. Come avrebbe fatto a dirgli una cosa del genere? Però in cuor suo decise che doveva essere lei a prendersi quella responsabilità, dunque chiese a Duncan di prendere con se Jason e di lasciarla sola con il moro.
Trasse un grosso respiro e poi lo svegliò scuotendolo leggermente per le spalle. Quello si lamentò, dimenandosi nel letto con fare molto poco contento di quello che Zoey  gli stava facendo. Poi si tirò su e, dopo essersi stropicciato gli occhi con tutta calma, incrociò i suoi occhi azzurri con quelli marroni dell'animatrice. Leggeva chiaramente dell'ansia nel suo sguardo, però non pensò minimamente che questa potesse interessargli, probabilmente perché ancora non aveva pieno controllo dei suoi pensieri.
- Che vuoi?- chiese, sbadigliando sonoramente mentre il punk cercava di trovare le parole giuste.
- Mi dispiace. Non ho potuto fare nulla.- disse sentendosi gli occhi umidi, notando la faccia stranita dell'altro.
- Eh? Non ci sto capendo niente, mi sono svegliato due minuti fa!- protestò quello, grattandosi la testa con fare innervosito, seppur si sentisse in imbarazzo vedendola piangere.
- Mi dispiace dovertelo dire...- Zoey abbassò leggermente lo sguardo, per poi riportarlo su con fare più convinto.
- Dirmi cosa?- Nathaniel si passò una mano sui capelli, completamente scompigliati, ed attese impaziente che l'animatrice si spiegasse.
- Sophy è morta.- disse quella frase cercando di essere il più apprensivo possibile. Come aveva previsto, il ragazzo non si mosse e non disse nemmeno una parole. Rimase fermo, con lo sguardo rivolto verso di lei come se non capisse - L'abbiamo trovata stamattina qua fuori. Probabilmente l'ha uccisa Isaac.- approfittò di quel silenzio per dirgli anche i dettagli, in modo che non dovesse più tornare sull'argomento.
Nathaniel non capì nemmeno cosa accadde, semplicemente dai suoi occhi iniziarono ad uscire delle lacrime che nemmeno aveva sentito. Si aggrappò con forza alla maglietta della rossa, mentre la sua mano tremava spaventata. Venne avvolto in un abbraccio da Zoey che, senza dire nulla, lo tirò a sé permettendogli di sfogarsi.
Stettero così per una decina di minuti, poi Nathaniel si staccò e, con gli occhi rossi dal pianto, finalmente parlò.
- Io lo ammazzo.- la rossa provò a dissuaderlo, seppur conscia che in un momento del genere non sarebbe servito a nulla. Doveva solo sperare che la razionalità prendesse il controllo sui suoi sentimenti.
- Nathaniel... non fare mosse avventate. È meglio portarlo alla polizia.- la rossa gli dedicò un'occhiata con fare gentile, che il ragazzo non si sentì degno di ricevere.
- Io... non ho intenzione di perdonarlo.- colpì con violenza il materasso, probabilmente rompendo delle molle seppur la metà fossero già rotte, e poi si alzò per vestirsi. Zoey, vedendo che si stava spogliando davanti a lei, diventò tutta rossa e, salutandolo con fare precipitoso, uscì dalla stanza rivolgendogli soltanto un'ultima occhiata dispiaciuta.
 
- Jason, vieni un attimo qui.- Frida chiamò il moro a se che, digrignando i denti, le si avvicinò con fare molto annoiato.
- Che cosa c'è?- domandò, fermandosi a pochi passi da lei. Teneva le mani in tasca e rivolgeva il suo sguardo ad un punto non definito dietro l'animatrice.
- Vorrei che tu provassi a parlare con Claire. In questa situazione averla così triste la rende inutile.- spiegò, senza nemmeno cercare di nascondere che si trattasse di una semplice scusa.
- Con la detective? E perché mai dovrei farlo proprio io?- si lamentò lui. Forse il giorno prima lo avrebbe anche fatto, ma in quel momento era nervoso, pertanto l'unica cosa che avrebbe potuto fare era restare in un angolino a guardare gli altri con sguardo tetro e cupo.
- Perché sì. Mi raccomando, conto su di te. - detto ciò si allontanò, lasciandolo seduto con quel suo solito ghigno.
Quindi Jason si trovò costretto, suo malgrado, ad interagire nuovamente con Claire. Il giorno prima l'aveva spaventata al punto che non lo guardava nemmeno in faccia e, per quanto la cosa non gli dispiacesse, in quel momento ciò complicava ulteriormente le cose.
Attese che l'animatrice fosse uscita dalla stanza, poi si recò la tavolo della castana sorridendole come suo solito. All'interno della stanza c'erano solo loro, visto che Duncan era andato a fare un giro di perlustrazione e Zoey stava parlando con Nathaniel, dunque per lui divenne tutto più facile.
- Claire! Tutto bene? Ti vedo più tranquilla rispetto a ieri, no?- chiese, intrecciando le dita tra di loro.
- Sì, credo.- tagliò corto lei, cercando di chiudere quella conversazione il prima possibile. Era spaventata. Sentiva la paura scorrerle nelle vene.
- Sei vomitevole.- Claire sollevò la testa e gli dette un'occhiata sottomessa - Ecco, vedi? Dov'è finita la ragazza intraprendente che eri fino a due giorni fa?- Jason iniziò a ticchettare con le dita sul tavolo, attendendo la risposta.
- Non è mai esistita.- sussurrò, rigettando gli occhi verso le sue scarpe.
- Ripeto: sei vomitevole. Invece di piangere per quella ragazzina, dovresti cercare il colpevole con ancora più rabbia di prima. Invece no, ti limiti a farti parare il culo dagli altri mentre tu piangi e basta.- sputò fuori quella parole senza preoccuparsi minimamente dell'effetto che avrebbero potuto avere su di lei. Per un istante Claire rimase immobile, poi sollevò gli occhi e li puntò verso di Jason. C'era una scintilla diversa da prima.
- Hai ragione.- detto ciò si alzò e, senza dire nulla, si diresse verso la porta - Jason...- lo chiamò, facendolo voltare verso di lei - Grazie.- concluse, per poi uscire e lasciarlo da solo dentro la mensa.
In quel momento Jason capì di aver, molto probabilmente, fatto l'errore più grande di tutta la sua vita: le aveva dato una speranza di vivere. Pertanto, nel caso fosse morta, si sarebbe sentito in parte responsabile.
Si passò una mano sul volto e sorrise, conscio che da quel momento in poi avrebbe dovuto tenerla d'occhio con maggiore attenzioni, poi maledisse Frida, perché gli aveva apertamente fatto capire che quel giorno non aveva voglia di fare nulla, eppure quella lo aveva costretto a dover scegliere quel corso degli eventi.
 
Ormai per Duncan ogni giorno stava diventando sempre più pesante. Sentiva un macigno sullo stomaco che lentamente lo faceva sprofondare emotivamente. Era sdraiato sul suo letto e, con calma quasi surreale, teneva la testa rivolta verso il soffitto. La situazione era molto più critica di quanto volesse credere e, nel profondo, lo sapeva bene.
Isaac, sospettato da tutti di essere l'assassino, era a piede libero e la morte di Sophy aveva portato alla conclusione che il ricciolo dovesse aggirarsi ancora da quelle parti.
Avrebbero dovuto cercarlo?  A quale scopo? Venire uccisi? Quelle erano le domande che si faceva nella sua testa e più ci rifletteva e maggiormente comprendeva il pericolo, ma allo stesso tempo la necessità, di agire.
Venne risvegliato dai suoi dubbi da alcuni colpi rivolti alla sua porta.
- Chi è?- chiese, sollevandosi lentamente.
- Zoey. Posso entrare?- sentì la voce della ragazza e sorrise, per poi schiarirsi la voce.
- Certo, fa pure.- attese che la rossa entrasse, per poi appoggiare le mani sul materasso cercando di sembrare il meno preoccupato possibile, perché sapeva che se lei ne fosse venuta a conoscenza si sarebbe uccisa pur di farlo stare bene.
- Devo preparare il pranzo e mi chiedevo se volessi aiutarmi.- sorrise, un po' imbarazzata da quelle parole. Nei cinque giorni prima era stata la rossa, senza alcun aiuto, a cucinare. Quindi era piuttosto strano che andasse a chiedere aiuto in giro, soprattutto a lui che non sapeva cucinare nemmeno un piatto di pasta.
- Va bene...- dall'espressione di Zoey capì che, più che supporto effettivo in cucina, voleva qualcuno con cui parlare e sfogarsi. Alla fin fine lei era la responsabile del campo e vedere tutto quel fiume di sangue l'aveva scossa molto.
- Grazie mille.- la rossa gli sorrise gioiosa, quasi accecandolo, per poi dirigersi assieme al punk verso la cucina.
Non appena entrarono in mensa videro Jason che usciva dalla cucina. Questo li salutò con un gesto della mano, per poi uscire a tutta velocità senza aggiungere altro.
I due si misero a lavoro e, mentre preparavano gli ingredienti, parlarono del più e del meno. Quel breve scambio di battute, durato a malapena cinque minuti, li aiutò a circondarsi di quella falsa calma che per loro era vitale.
- Ti ricordi quando siamo andati al parco acquatico di Toronto?- chiese il punk, ricordando uno dei tanti momenti che avevano condiviso durante la loro infanzia.
- Sì, è stato molto divertente.- confermò la rossa, sorridendo.
- E i pancake era molto buoni.- ribatté Duncan, scoppiando a ridere.
- Quali? Quelli che hai rubato a quei poveri bambini?- lo guardò con lo sguardo severo, facendolo ridere ancora di più.
- Su, era un piccolo furto innocente.- sminuì lui, continuando a tagliare le verdure.
- Quei due hanno pianto per più di mezz'ora e tua madre è stata costretta a comprargli dei dolci per scusarsi.- ricordò Zoey, facendolo smettere di ridere.
- Sì, ma comunque...- il punk provò a giustificarsi, ma la ragazza chiuse la conversazione prima che potesse farlo.
- Inoltre dopo quello ci hanno cacciato dal parco e siamo dovuti tornare a casa con due ore di anticipo.- mise le mani sui fianchi, quasi come a sgridarlo. Ogni volta che Duncan faceva qualche bravata la rossa assumeva quella posa.
- Comunque, dopo quello non ho più fatto grossi casini.- disse quello, affettando l'ennesima patata.
- Stai scherzando? È stato proprio in quell'anno che le hai combinate di cotte e di crude.- Duncan, fiutando il guaio in cui si stava cacciando, decise di cambiare argomento.
- A proposito di cose crude, vuoi che affetti io la carne?- domandò, guardando la bistecca dentro il frigo.
- Non ti preoccupare, ci penso io. Mio padre mi ha insegnato come tagliarle in modo che l'osso si sfili da solo.- rispose lei, andando a prendere l'ingrediente.
- Uh, vero. Tuo padre è un macellaio.- ricordò Duncan, ripensando alle continue arrostite che erano soliti fare da piccoli.
- Tu invece dal tuo hai preso poco, vero?- lo canzonò lei, facendolo indispettire.
- Non è che perché sono figlio di un poliziotto devo essere per forza come lui.- si lamentò, incrociando le braccia al petto. Zoey sapeva che odiava quando la gente gli diceva così, però trovava adorabile l'espressione con cui si fingeva offeso.
- Sì, hai ragione.- tagliò corto la rossa, per poi iniziare a fare bollire l'acqua nella pentola. Quell'oretta passata assieme giovò a tutti e due, permettendogli di distaccarsi dall'aria tetra e cupa al di fuori di quella stanza.
- Ho dovuto dire a Nathaniel di Sophy... ci è rimasto malissimo.- la rossa entrò nel vivo del discorso, gettandovisi di peso. Duncan sapeva che lo scambio di battute fatto fino a quel momento serviva solamente ad aprire le porte a quel discorso.
- Sei una persona straordinaria...- sussurrò il punk, accennando un sorriso. Zoey, colta alla sprovvista, gli fece cenno di ripetere e solo in quel momento il ragazzo prese coraggio ed alzò la voce - Sei incredibile. Riesci a gestire qualsiasi tipo di situazione. Ti ammiro molto.- disse, per poi mettere tutti gli ingredienti dentro la pentola in maniera quasi frettolosa.
- Grazie...- Zoey, con il volto più rosso dei capelli, si aggiustò una ciocca imbarazzata.
Finirono di preparare il pranzo una decina di minuti dopo che trascorsero parlando e scherzando tra di loro. Duncan non poteva chiedere di meglio, perché la rossa era decisamente perfetta per lui.
 
Dopo pranzo Nathaniel si era diretto verso la roccia su cui era solita sedersi Sophy e rimase fermo a guardarla per qualche secondo. Più i secondi passavano e più realizzava quanto quella ragazza fosse un bisogno.
Ma, come risaputo, delle cose ci si accorge solo dopo averle perse e questo il moro aveva dovuto impararlo a caro prezzo.
Si sedette sulla roccia, notando quanto fosse scomoda, per poi dirigere lo sguardo verso la piscina con fare distratto. Sentiva un vuoto nello stomaco che, probabilmente, non sarebbe mai riuscito a riempire. Si toccò il petto, maledicendosi perché il suo cuore batteva ancora.
Perché non era rimasto con lei? Perché non aveva insistito per dormire nella stessa stanza? Perché si vergognava. E ora se ne pentiva amaramente. Pensò per un istante di colpire la roccia con tutta la forza in possesso tra le sue braccia, però scartò l'idea all'ultimo poiché vide un movimento insolito davanti a sé.
Dovette assottigliare gli occhi per capire di chi si trattasse ma alla fine riuscì a capire a chi apparteneva quella figura. Iniziò a tremare, per poi passare a digrignare i denti con fare molto poco amichevole. Scese dal sasso e, con passo piuttosto rapido, si avviò verso la piscina. Zoey gli aveva detto di non vendicarsi, ma quelle parole per lui suonavano come una melodia incomprensibile.
- Dove pensi di andare?- quando era a pochi metri dalla porta, sentì una voce, a lui familiare, che lo richiamò.
- A sistemare i conti in sospeso.- Guardò Frida negli occhi, lasciandole leggere la voglia di vendetta nelle sue pupille.
- Uccidere Isaac non ti ridarà ciò che hai perso.- concluse quella, rimanendo ferma davanti a lui.
- Lo hai visto anche tu?- chiese, indicando l'entrata.
- No, ma non ci sono altri motivi per cui dovresti andare in un posto del genere.- spiegò, per poi fare un passo verso di lui.
- Non sei costretta a seguirmi.- detto ciò corse verso la porta e vi entrò rapidamente, impedendole di dissuaderlo. Frida guardò la mensa, dove c'erano ancora Zoey, Duncan, Claire e Jason, e concluse che fosse troppo lontana. Se fosse andata a chiamarli non avrebbe mai fatto in tempo, dunque seguì il moro e si avventurò dentro la piscina assieme a lui.
Non appena entrò vide Nathaniel che, con i pugni serrati, guardava negli occhi Isaac, seduto a bordo piscina con fare disinvolto.
- Nathaniel? Che c'è, ti hanno mandato a ributtarmi dentro quella stanza?- chiese il ricciolo, per alzarsi lentamente dalla sua postazione.
- Oh, no, sono qui per conto di un'altra persona.- disse, facendosi avanti di qualche passo.
- Di chi? Della rossa o dello scorbutico? Tanto là dentro non...- riuscì a dire solo quelle parole, perché poi il moro lo spinse dentro la piscina, cadendoci dentro a sua volta. Nathaniel passò subito all'attacco cercando prenderlo a pugni, ricevendo però le contromosse di Isaac che, sentitosi in pericolo, tentò di soffocarlo spingendolo verso il fondale.
Fu una battaglia incessante finché, dopo qualche minuto, il ricciolo non riuscì ad uscire dalla'acqua. Provò subito a correre verso l'uscita, ma Frida gli si mise davanti e lo spintonò indietro per bloccarlo.
- Fermati, sei ancora in tempo per salvarti. Devi solo tornare dentro quella stanza.- la mora cercò di convincerlo ad arrendersi, ma il castano non era della stessa opinione.
- E a quale pro? Venire sbattuto in galera?- vide Nathaniel avvicinarsi, con fare minaccioso, verso di loro e, senza pensarci due volte, colpì in volto Frida e la prese come ostaggio.
- Non fare un altro passo o la uccido!- disse, armandosi con un pezzo di ferro, appartenente alle tribuna in pessime condizioni, e appoggiandolo contro la testa della mora.
- Tanto ne hai già ammazzati tanti, no?- provò ad avvicinarsi, ma Isaac tirò con forza i capelli di Frida costringendolo ad indietreggiare.
- Che cazzo dici? Voi siete tutti matti.- scosse la testa, per poi riportare lo sguardo verso Nathaniel.
- Vendicherò Sophy e tutti gli altri.- disse il moro, rivolto più a se stesso, guardandolo con fare non molto amichevole.
- È morta anche lei?- domandò, con fare stupito. A quelle parole Nathaniel perse il senno e deciso di attaccarlo frontalmente, ma venne fermato da una mossa improvvisa di Frida.
La mora, fino a quel momento tenuta ferma con un braccio intorno al collo, morse con violenza Isaac costringendolo a lasciare la presa. Tentò di dargli un pugno, ma il ragazzo fu più veloce e, con violenza, la colpì alla testa con il pezzo di metallo.
Nemmeno Frida riuscì a capire cosa stava succedendo. Sentì un forte dolore al capo, ma non fece in tempo a toccarselo perché cadde a terra. Sulla sua testa era visibile il trauma inflittogli dal ragazzo: un grosso buco all'altezza  della fronte dal quale sgorgava un sacco di sangue.
- Io...- Isaac non riusciva a parlare, si sentiva paralizzato. Anche Nathaniel stava subendo lo stesso effetto. Il respiro del ricciolo si fece sempre più pesante, finché, ridendo come un matto, trovò finalmente le parole che stava cercando.
- Ecco, vedi! Alla fine l'ho fatto! Volevate un mio omicidio? Ora siete felici?- disse, gettando a terra l'oggetto metallico. In quel momento Nathaniel si sporse in avanti e, lasciando fuoriuscire la lama che teneva nascosta nella manica, gli tagliò la gola con forza.
Lo vide accasciarsi al suolo macchiando tutto il pavimento di sangue, che lentamente andò a finire anche dentro la piscina tingendola di un colore rossastro. Isaac provò a dire qualcosa poi, usando tutte le forze che gli erano rimaste, afferrò il moro per i capelli e lo portò a se.
- Ora... sei proprio come... me. - disse, mentre cercava di fermare la sua emorragia con l'altra mano, seppur fosse conscio che quel tentativo sarebbe stato vano. Dopo nemmeno cinque minuti lasciò la presa sui capelli di Nathaniel e cadde al suolo privo di vita.
Il moro rimase seduto davanti ai due corpi senza muoversi. Sentì delle lacrime uscirgli dagli occhi, ma le ricacciò dentro. Non doveva piangere, aveva vendicato Sophy quindi doveva essere fiero di se. Però, ripensandoci a sangue freddo, capì di aver commesso un errore banale e, dopo essersi posto la fatidica domanda, capì di essersi sbagliato.
 
Ormai Jason si sentiva completamente perso. Non aveva nessuno da provocare, anche perché Nathaniel dopo pranzo era sparito, motivo per cui se ne andò in giro per il campo alla ricerca di un qualche svago. Per curiosità entrò dentro la stanza di Zoey e Gwen, quella in cui era avvenuto il primo omicidio.
Non appena entrò sentì subito odore di ferro, causato dai rimasugli del sangue che erano rimasti sul pavimento, misto all'odore del profumo che la rossa era solita mettersi. Lo faceva palesemente per farsi bella agli occhi di Duncan, anche se aveva dubbi sul fatto che il punk se ne fosse accorto, e questa cosa la trovava vomitevole.
L'amore era un sentimento inutile, almeno per lui, portava solo a distrazioni inutili e a compiere scelte di cui poi si finiva per pentirsi. L'esempio lampante era Nathaniel: dopo la morte di Sophy si era comportato in maniera schiva e triste e ciò, secondo la logica contorta di Jason, l'avrebbe potuto aiutare a compiere un maggior numero di errori.
Scosse la testa, cercando di eliminare questi pensieri dalla sua testa, alla fin fine anche lui era stato fregato allo stesso modo anche se non era innamorato. A metterlo in scacco matto era stata Claire. Il suo obiettivo, quando le aveva parlato quella mattina, era stato quello di affossarla ancora di più, ma la sua presunzione lo aveva portato a ridarle quella fiamma di cui la castana necessitava per sopravvivere in quel luogo.
Ed era per questo motivo che, seppur in piccola percentuale, in cuor suo sapeva di provare una sorta di attrazione per quella ragazza, soprattutto perché dotata di un'eleganza non indifferente, però non aveva avuto occasione, almeno in quel frangente, di approfondire il suo punto di vista su di lei.
Per lui, Claire rimaneva una ragazzina viziata in cerca di attenzioni che non avrebbe mai trovato, non da lui per lo meno.
Smise di cercare dentro quella stanza, anche perché l'odore era diventato sempre più insopportabile, e passò a quella accanto, appartenente a Duncan. Aprì la porta e, fischiettando una canzone dei Linkin Park, entrò dentro con fare da vero malintenzionato.
Iniziò a mettere in subbuglio la camera, aprendo un cassetto dopo l'altro, cercando una qualsiasi cosa che potesse aiutarlo a superare la noia di quella giornata.
Odiava dover essere arrivato ad atteggiarsi da stalker, ma alla fin fine poco ci poteva fare. Lo aveva fatto intendere più volte che quel giorno non aveva voglia di fare nulla, eppure nessuno era stato in grado di captare i suoi avvertimenti.
Inoltre il giorno dopo, verso le undici di mattina, sarebbe finalmente arrivato il pullman che li avrebbe riportati alla normalità, pertanto doveva godersi quell'aria "pseudo apocalittica" nel miglior modo possibile. Anche se, a conti fatti, si era già divertito abbastanza mandando tutti in confusione in più modi.
Aprì l'armadio dei vestiti, notando il pessimo gusto del punk nel vestirsi. Al suo interno vi trovò solamente magliette di band punk o rock e qualche paia di jeans ridotti piuttosto male.
Prese uno dei pantaloni e, tastandolo, sentì una presenza nella tasca di dietro.
- Eh? Questo qua tiene il portafogli in un posto simile?- detto ciò lo prese e lo aprì, deridendolo per la quantità misera di soldi al suo interno: a malapena venti dollari. Nel ridere l'oggetto gli casco di mano, facendo disperdere tutte le schede presenti.
Il moro le riordinò a casaccio, sorridendo nel vedere il volto del punk nelle varie tessere. Poi continuò a frugare senza trovare nulla. L'unico oggetto interessante fu un coltellino tascabile posto dentro uno dei giacchetti in pelle che si era portato dietro.
Jason ghignò, poi andò dentro la stanza di Frida e fece la stessa cosa. Dentro l'armadio non aveva nulla di che, eccezion fatta per qualche vestito messo a caso. Sbuffò, indispettito da tutto quel disordine. Poi passò a controllare il comodino con dentro la biancheria intima e lì notò un punto in cui l'intimo era leggermente più spostato.
Senza esitare, spostò le varie mutande e si ritrovò fra le mani un asciugamano insanguinato. Il sangue era secco e copriva circa i tre quarti del tessuto. Lo afferrò per un bordo e ghignò, convinto di aver trovato la soluzione a quel caso.
Per essere più sicuro tornò nella stanza del crimine e la perquisì da cima a fondo, trovando diverse macchie di sangue in punti lontani da dove Gwen era stata uccisa. Non aveva più dubbi, ormai ne era sicuro al cento per cento. Estrasse il coltello di Duncan e poi si diresse verso la piscina, dove poco prima aveva visto dirigersi Nathaniel e Frida, poi avrebbe fatto un'allegra conversazione con il punk che non gliela diceva per nulla giusta.
 
ANGOLO AUTORE:
La doppia morte. Odio quando devo scrivere della doppia morte. Mi fa sentire male, giuro. Anche perché Isaac e Frida erano due ottimi OC.
Ed ora siamo ai battenti finali. Finalmente saltano gli altarini e devo dire in tutta sincerità che adoro scrivere questa parti.
Non a caso ho scritto tre capitoli in due giorni, che poi ovviamente ho limato nel tempo per fargli assumere una forma più precisa.
Inoltre in questi giorni ho riscritto il finale. Quello precedente era talmente semplice che mi costringeva a leggerlo con una smorfia. Invece ora mi sembra decisamente meglio.
Bene, quindi il buon Nathaniel fa la sua prima kill, Claire e Jason approfondiscono la loro conoscenza, poi ho messo un bel momento Doey (che adooooro scrivere) ed infine Jason trova qualcosa di interessante.
Bene signori, ci vediamo al prossimo capitolo (il penultimo), mi auguro che questo vi sia piaciuto ;-)

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Ci aveva pensato per un quarto d'ora buono ed arrivato alla conclusione che Isaac non poteva essere l'assassino, o per lo meno non poteva aver ucciso Sophy.
Il motivo era talmente scontato che maledisse se stesso per non essere stato in grado di arrivarci. Eppure si reputava un ragazzo intelligente, come aveva fatto a non accorgersi di un dettaglio tanto importante?
La ferita di Sophy era palesemente causata da un coltello e Isaac ne era sprovvisto. Certo, c'era sempre la possibilità che dopo aver ucciso la mora si fosse sbarazzato dell'arma del delitto, ma la cosa non aveva molto senso. Perché sbarazzarsene se tutti già sospettano di te? Tanto valeva tenerlo per poterlo usare come difesa.
Inoltre Isaac aveva parlato di "primo omicidio" e questo aveva alimentato i suoi dubbi. E se l'assassino fosse davvero qualcuno di a lui ignoto? Una persona che, per sei giorni, si era limitata ad aggredirli e ad ucciderli. Sì, quella probabilità andava presa in considerazione, ma per vari motivi la riteneva sbagliata.
Innanzitutto l'assassino uccideva le vittime perché se fossero sopravvissute avrebbero potuto smascherare la sua copertura. Di questo ne era più che sicuro.
Si alzò e, muovendosi a fatica, cercò di dirigersi verso la porta, ma una voce a lui familiare lo fece voltare.
- Oh, vedo che avete fatto da soli. Bene, quindi mi basta uccidere te e tutto sarà come prima.- vide un sorrisetto diabolico sul suo volto e rimase come pietrificato.
- Tu?- chiese, quasi scosso. Ripensandoci, era una cosa ovvia. In un certo senso se lo sarebbe dovuto aspettare. Ebbero solo un breve dialogo, dopodiché sentì una lama infilarsi dentro le sue carni. Dallo stomaco gli iniziò ad uscire un sacco di sangue, che si aggiunse a quello di Isaac e Frida, poi cadde a terra e, strisciando, cercò di arrivare verso la porta. Doveva avvisare gli altri, ci doveva riuscire. Riuscì effettivamente a parlare con qualcuno, ma dopodiché vide il buio.

Claire aveva ripreso a scrivere sul suo quaderno. Riempiva le pagine con l'inchiostro ed era arrivata a riempire la metà del piccolo quaderno che si era portata.
Stava progettando una storia Horror con risvolti paranormali e, seppur quello non fosse il luogo e il momento più adatto per farlo, si era seduta sul suo letto per completare i dettagli. Per idearla trasse ispirazione da una storia che aveva letto qualche anno prima, la cui trama parlava di un gruppo di ragazzi bloccati dentro un bus da uno spirito maligno.
Il suo progetto era simile, però ambientato su un treno.
- Lo chiamerò "The Train"!- si alzò di scatto, convinta della sua scelta. Amava la sensazione che provava quando scriveva. Veniva avvolta da brividi che la accompagnavano nella progettazione di ogni singola scena.
Nella sua storia aveva aggiunto un personaggio che, in tutto e per tutto, le ricordava Jason. Pensava di farlo morire subito, quasi come se potesse vendicarsi di lui tramite un libro, ma più i giorni erano passati e più questo personaggio era arrivato avanti. Ormai, nella sua storia, erano in tre e lui era in tutto e per tutto il protagonista.
Il motivo di questa sua scelta era, in parte, condizionato dagli avvenimenti di quella mattina. Con le sue parole rudi e senza tatto, Jason era stato in grado di arrivare al nocciolo del discorso permettendole di tirarsi su di morale.
Non si era innamorata di lui, si era semplicemente presa una cotta che, in quella situazione, avrebbe soppresso il più presto possibile.
Sentì bussare alla porta e, dopo aver nascosto il libro, invitò la persona a farsi avanti. Zoey, timidamente come al solito, entrò e si sedette sul letto davanti al suo.
- Hai bisogno di qualcosa?- chiese la castana, reggendosi al materasso con le mani.
- Non proprio... semplicemente ti ho vista un po' triste e volevo parlarti.- spiegò la rossa, accennando uno dei suoi soliti sorrisi gentili.
- Sì, è vero, ma credo di aver risolto.- disse, con fermezza, per poi guardarla negli occhi con fare soddisfatto.
- Per caso c'entra Jason?- domandò Zoey, assumendo un tono provocante. Vide il volto della castana diventare completamente rosso.
- No!- gridò lei, colta alla sprovvista.
- Ricordati che essere sinceri con se stessi è importante.- quella frase gli veniva detta spesso anche da suo padre, a cui era molto legata, e le ricordava quando da piccola si faceva male e lui, vedendola mentre faceva finta di non essersi fatta nulla, la rimproverava.
- Sì, lo so. - concordò poi, sorridendo leggermente.
- Ecco, vedi?- anche la rossa rise, facendo sentire Claire leggermente meno in soggezione.
- Mi ha aiutato, seppur con delle brutte parole.- spiegò, omettendo il soggetto nella speranza di imbarazzarsi di meno.
- Ah, l'amore... è una cosa bellissima.- disse Zoey, intrecciando le dita tra di loro - Però a volte porta a fare cose che altrimenti non si farebbe mai. Ricordalo, cerca sempre di combattere per la persona che ami, ma senza esagerare.- mosse l'indice con fare da maestrina, facendola ridere. Anche lei si lasciò andare ad una risatina.
- Ovvio. Non bisogna mai farsi guidare dai sentimenti, altrimenti si diventa ciechi.- controbatté lei, facendo fare una faccia soddisfatta alla rossa.
- Come siamo saggi, eh?- la derise poi, portando entrambe a scoppiare a ridere in contemporanea. Finalmente Claire sentiva che quel peso che per tutta la settimana l'aveva angosciata stava svanendo. Quella conversazione la stava aiutando molto.
- Piuttosto, tra voi due le cose come vanno?- domandò, assumendo un'espressione da impicciona.
- Io e chi?- rispose la rossa, cercando di essere la più vaga possibile.
- Non tergiversare, parlo di te e Duncan.- a quelle parole fu Zoey a diventare tutta rossa. Per quanto avesse avuto modo di parlare con il diretto interessato della cosa, anche non aveva detto a nessuno della loro relazione. Non che stesse cercando di tenerla nascosta, solamente si vergognava troppo. Anche se poi, alla fin fine, le uniche persone con cui poteva parlare in quel momento erano Jason e Claire.
- Bene... credo.- concluse, balbettando la prima parola. La castana la guardò con fare interrogativo prima di ripartire con le domande scomode.
- Che cosa vuole dire?- chiese, incrociando le gambe sul letto.
- Va tutto bene, dobbiamo solo "ufficializzare" la cosa. - disse, mimando le virgolette con le mani.
- Mi stai dicendo che vi siete messi insieme qua?- domandò, con fare sorpreso.
- Sì. - tagliò corto Zoey, sorridendo imbarazzata.
- Cavoli, pensavo steste insieme da più tempo.- disse la castana, guardandola ridacchiare.
- Già, non è molto...- la rossa fece un sorriso amaro, quasi come se fosse triste di ciò.
- Non sembri molto felice.- le fece notare Claire, guardandola mentre lentamente cambiava espressione.
- No, sono felicissima, è solo che vorrei che durasse per sempre.- disse, per poi portare lo sguardo verso un punto indefinito della stanza.
- Oh, ma può.- a quelle parole la rossa si voltò verso di lei, con un'espressione più che sorpresa - Devi solo tenertelo stretto.- la castana scrollò le spalle, sorridendole.
- Hai ragione!- concluse l'altra, scattando in piedi piena di entusiasmo - Adesso vado, grazie per questa chiaccherata.- disse Zoey prima di alzarsi.
- Di nulla, anzi, grazie a te. - Claire la salutò con un gesto della mano, per poi attendere che l'animatrice uscisse dalla stanza.

Duncan era rimasto dentro la mensa. Si era messo seduto e, tra un pensiero e l'altro, si era completamente perso nella sua testa.
Il pullman sarebbe arrivato il giorno dopo e lui avrebbe gradito che tutti i rimasti in vita rimanessero tali, così da evitare altre morti inutili. Avevano già perso metà del gruppo e questo gli bastava ed avanzava.
Poi, quasi come un fulmine a ciel sereno, si ricordò della cosa più importante: il suo stipendio. Quei pochi dollari che, con il cento per cento delle probabilità, non avrebbe mai incassato. Doveva pagare l'affitto e per di più pagarsi il cibo per i successivi nove mesi. Inoltre per colpa di Isaac avrebbe dovuto sborsare anche altri soldi per pagare gli pneumatici nuovi.
Sentiva le sue tasche più vuote che mai. L'unico pensiero positivo che fece fu che, nel caso fosse diventato evasore, sarebbe potuto andare in carcere scroccando vitto e alloggio allo stato per un bel po'. 
I suoi pensieri pessimisti vennero interrotti da Zoey che entrò nella stanza quasi correndo. La guardò per qualche secondo, sorpreso dal suo arrivo.
- Duncan!- urlò poi, facendolo quasi spaventare.
- Zoey...- disse lui, con voce più calma.
- Io e te dobbiamo parlare!- la rossa trasse un respiro e poi si sedette davanti a lui, guardandolo fisso negli occhi. Nelle pupille della ragazza leggeva un ghigno pieno di convinzione che lo portò ad avere ancora più paura.
- Certo, dimmi pure.- ridacchiò nervosamente, grattandosi la testa con fare disinvolto.
- Voglio ufficializzare la cosa. - disse, battendo entrambe le mani sul tavolo con decisione. Il punk assunse un aria confusa.
- Eh?- chiese, alzando un sopracciglio.
- Noi.- l'audacia di Zoey, fino a quel momento più che presente, si spense di colpo davanti all'innocenza del ragazzo. Venne presa preda dall'imbarazzo, facendole diventare impossibile andare dritto al punto.
- Noi cosa?- domandò Duncan, facendola innervosire ancora di più. Possibile che non riuscisse a capire?
- Noi due!- alzò l'indice ed il medio della mano sinistra per cercare di farsi capire meglio.
- Abbiamo fatto qualcosa di male?- disse il punk, inclinando la testa. La pazienza della rossa era quasi al limite e, in preda ad un attacco d'ira, lo prese per la maglietta e lo baciò sulle labbra.
- Questo!- concluse poi, mantenendo la presa ferrea sull'indumento dell'altro.
- E non potevi dirlo subito?- controbatté l'altro, ancora impaurito dall'atteggiamento dell'altra. Sapeva che, quando si ingelosiva, diventava un Terminator versione femminile, ma non pensava che potesse esserlo anche in altri momenti.
- Ci ho provato ma tu... ah! Comunque sia, voglio renderla ufficiale.- disse Zoey, guardandolo con i suoi occhi nocciola dritto negli occhi. Notò nello sguardo del moro un senso di smarrimento e rischiò di dover diventare aggressiva di nuovo.
- Non lo era già?- a quelle parole la rossa placò tutti i suoi istinti violenti e lasciò la presa dalla maglietta del ragazzo. Senza che nemmeno se ne rendesse conto, Duncan la avvolse in un abbraccio dolce che le scaldò il cuore. Il suo voltò diventò tutto rosso, al punto che non riuscì nemmeno a ricambiare quel gesto d'affetto.
- Quindi noi siamo... fidanzati?- chiese, guardandolo con fare speranzoso. Il punk si mise a ridere e la guardò con un lieve sorriso sul suo volto.
- Certo, fiorellino.- disse, per poi sentire un battito fortissimo provenire dal petto della rossa. Il suo cuore stava andando a mille e per un istante ebbe paura che potesse esplodergli.
- Mi dispiace dover interrompere il vostro toccante momento, ma avrei bisogno di parlare con Duncan.- la voce di Jason richiamò la loro attenzione, facendoli spagliare. Il ragazzo, con il suo solito ghigno, teneva un coltello in mano con fare minaccioso e si stava lentamente avvicinando ai due.
- Che cosa hai intenzione di fare?- domandò Zoey, spaventata alla vista dell'arnese.
- Oh, nulla di che. Solo parlare.- si girò il coltello tra le mani e mosse un altro passo in avanti.
- Posa quel coltello.- lo intimò il moro. Si toccò la tasca alla ricerca della pistola, ma si ricordò di averla lasciata sul bancone e, in quelle condizioni, non avrebbe mai fatto in tempo a prenderla.
- Su, non avere paura. Alla fine è tuo.- iniziò a sventagliare il coltello a casaccio permettendo all'animatore di riconoscerlo. Quello era l'arnese che utilizzava per intagliare il legno da ragazzino.
- Perché ce l'hai tu?- domandò, mentre cercava di indietreggiare per avvicinarsi alla pistola.
- Non ti muovere! So dove stai cercando di andare.- avvicinò il coltello a Zoey, costringendolo a fermarsi - L'ho trovato dentro il tuo cassetto. Scoperta interessante, vero?- ormai era a pochi passi da loro.
All'improvviso la porta si aprì e Claire fece il suo ingresso nella stanza, stranendosi nel vedere quella scena. Jason fece il grave errore di voltarsi per vedere chi fosse entrato, quindi Duncan ne approfittò per saltargli addosso e disarmarlo.
- Zoey, prendi Claire e scappate!- gridò poi, guardando la rossa mentre prendeva di forza la castana, confusa dalla situazione, per poi correre fuori dalla mensa.
- Mai distrarsi!- gridò Jason, per poi colpire con un calcio il punk spingendolo indietro.
- Per primo lo hai fatto tu. - lo canzonò Duncan, ricevendo una risatina come risposta.
- Io posso permettermelo.- detto ciò Jason ripartì alla carica e gli salì addosso puntandogli il coltello sulla gola. L'animatore riuscì a sollevarlo e a lanciarlo contro il bancone con violenza, facendogli sbattere le spalle contro il legno. La differenza di età e di fisico tra i due era notevole, e questo aiutava notevolmente il punk.
Duncan tentò di afferrare la pistola, ma il ragazzino gli lanciò il coltello ferendolo alla mano, poi gli saltò addosso nuovamente facendolo cadere di peso. Stettero qualche minuto a scambiarsi pugni e calci, cercando a turno di afferrare l'arma, ma senza tuttavia riuscirci. Il coltello, invece, era finito sotto un armadio diventando quindi irreperibile.
La situazione sembrava in fase di stallo, finché Jason non lanciò un vasetto di sale contro Duncan e, approfittando della sua distrazione, prese la pistola e gliela punto contro.
- Perfetto, adesso possiamo parlare?- chiese, con fare da psicopatico - Oppure vuoi che prima ti spari alle gambe?- ghignò, alzando le spalle.
- Di cosa vuoi parlare?- chiese il punk, gettandosi di tanto in tanto qualche sguardo intorno per cercare di capire come poter uscire da quella situazione sgradevole.
- Eh, no, Duncan, così non va bene. Devi starmi ad ascoltare, non puoi distrarti guardando in giro. - il moro scosse la testa e, senza pensarci due volte, premette il grilletto. Il punk cacciò un grido di dolore non appena il proiettile gli colpì la spalla sinistra.
Si portò una mano sul punto colpito e, chiudendo un occhio per il dolore, la vide diventare tutta rossa.
- Figlio di puttana.- commentò poi, facendo fare una faccia sgarbata al ragazzo.
- Queste cose non si dicono.- appoggiò la canna dell'arma contro la fronte dell'altro, osservandolo mentre tremava impaurito. Attese che il punk chiuse gli occhi, per poi riprendere a parlare con calma.
- Bene, credo tu abbia capito com'è che ci si comporta.- concluse, con fare soddisfatto. Allontanò l'arma dalla fronte dell'animatore, osservandolo con gusto mentre questo sospirava sollevato.
- Di cosa vuoi parlarmi?- chiese poi, abbassando lo sguardo con fare sconfitto.
- Più che altro vorrei chiederti perché hai iniziato a uccidere dei ragazzini, perché un'idea ce l'ho, ma non ho la risposta definitiva.- disse, sorridendogli in faccia con fare tutt'altra che normale.
- E sarebbe?- domandò l'altro, mantenendo la mano sulla ferita al braccio per evitare che uscisse troppo sangue.
- Tu sei l'unico pulito. In questa faccenda tutti quanti abbiamo almeno un qualcosa che ci porta a sospettare l'uno dell'altro, ma tu, eccezion fatta per il tuo caratteraccio, non hai mai avuto un qualcosa che facesse sospettare di te. - si prese una pausa per guardarlo fisso negli occhi.
- E con questo cosa intendi dire?- commentò il punk, spaesato da tutto quello che il moro gli stava dicendo.
- Che sei tu l'assassino. Hai fatto in modo di sembrare talmente scorbutico da sembrare troppo banale per essere il killer ed hai ucciso il gruppo mettendo in mezzo dei poveri innocenti.- Jason stava ghignando come non mai, contento nel vederlo in netta difficoltà. 
- E io che pensavo tu stessi per dire qualcosa di sensato...- abbozzò il punk, scuotendo la testa come se fosse deluso. Il moro alzò un sopracciglio, stranito dalla cosa.
- Eh? Perché mai tu...- non fece in tempo a finire che si ritrovò per terra e con un dolore alla fronte. Duncan, approfittando di un suo momento di distrazione, gli aveva lanciato lo stesso tubetto di sale che in precedenza il ragazzo aveva usato per disarmarlo.
- Male, Jason. Non ci si distrae.- lo sfotté, per poi afferrare la pistola e puntargliela contro con uno sguardo soddisfatto in volto - E comunque, no. Non sono io l'assassino. Sono solo un fottuto dipendente bisognoso di soldi.- aggiunse, smanettando con l'arma.
- Oh sì, lo so benissimo.- rispose quello, ridendo - Posso almeno dirti la mia vera teoria? Quella che ti ho detto prima era solo per fare scena.- domandò, sperando che l'altro accettasse.
- Sentiamo, ma ti consiglio di fare presto.- detto ciò il moro cominciò a parlare. Lo ascoltò per cinque minuti poi, dopo che ebbe finito, premette il grilletto e gettò la pistola per terra senza nemmeno guardarlo.
Dopodiché uscì e si mise alla ricerca di Claire e Zoey. Le vide dalla finestra del dormitorio femminile e, non appena la rossa si accorse di lui, lo raggiunsero.
- Sei ferito, dobbiamo medicarti subito.- disse Zoey, guardandolo con fare preoccupato.
- No, non preoccuparti. Adesso pensiamo a ritrovare Nathaniel e Frida. Jason mi ha detto che ti ha visto mentre entravi nella piscina assieme a loro.- dopo quelle parole diede le spalle alle due, per poi avviarsi verso la sua piscina.
- Oh, questo non è possibile.- disse la rossa, ridacchiando.
- Eh? Che intendi dire?- chiese Duncan, guardandola con fare interrogativo.
- Sono morti tutti e due. Anzi, lo è anche Isaac.- spiegò, alzando le spalle. Il punk non fece in tempo a dire altro che la rossa estrasse un coltello e, con violenza, lo conficcò nello stomaco di Claire.
Duncan rimase immobile come paralizzato, mentre la castana si toccava il punto colpito. Il sangue stava uscendo in grande quantità dalla sua ferita, ma l'unica cosa di cui la ragazza si preoccupava era di guardare la sua assassina che, come se niente fosse, le stava sorridendo. 
Quella mattina pensava di aver creato una sorta di amicizia con lei e invece l'unica cosa che aveva fatto erano i supposti per la sua morte.
- Cosa hai...- disse Duncan, con una voce piatta. Era rimasto traumatizzato dal quel gesto inaspettato.
- L'ho fatto per te, Duncan. Ho dovuto ucciderli per te!- estrasse il coltello dal collo di Claire, che nel frattempo aveva perso un sacco di sangue, e si avvicinò al punk, ancora immobile per via dello shock - E adesso... devo uccidere anche te.- gli saltò addosso con il coltello tra le mani e, senza nemmeno guardarlo,affondò il coltello nelle sue carni.


ANGOLO AUTORE:
Colpo di scena. Eh, già. Zoey è l'assassino. Devo dire che è stato difficile lasciare piccoli segnali in giro senza permettervi di capire subito che fosse lei il killer.
Pensate che è nata prima la Zoey yandere che la stessa trama di Moongliht Camp. Ero già più che convinto che sarebbe stata perfetta in quel ruolo, del resto anche con Commando Zoey aveva già dato prova del suo essere selvaggia.
Detto ciò, siamo agli ultimi colpi. Domenica prossima uscirà l'ultimo capitolo di questa storia. È leggermente più corta, seppur di poco, rispetto ai miei standard, ma più che alla narrativa fluente voleva dare spazio al giallo in se.
Beh, non vi resta che ipotizzare sul perché la rossa abbia deciso di far fuori tutti ;-)

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


- Tu?- chiese Nathaniel, guardandola senza parole.
- Sì, io. - tagliò corto Zoey, avvicinandosi lentamente alla sua preda - Io vi avrei lasciato in vita, ma tu hai ostacolato i miei piani.- lo guardò con gli occhi assottigliati, quasi indispettita.
- Che cosa intendi dire?- il moro cercò di indietreggiare, ma non gli fu possibile per colpa della rossa che, con un rapido scatto, si portò a qualche centimetro da lui.
- Voleva accusare Isaac degli omicidi e passarla liscia, ma tu lo hai ucciso e ora la polizia indagherà attentamente. Se dovessero fare dei test genetici, o cazzate di quel tipo, rimarrei fregata.- spiegò, afferrandolo per i capelli.
- Sei stata tu ad uccidere Sophy?- vide il volto di Nathaniel corrucciarsi in un'espressione piena di odio e rabbia e, ridendo, gli rispose.
- E chi altro poteva farlo?- il moro cercò di aggredirla con la lama, ma Zoey agì prontamente e, senza esitare, gli slogo la spalla con una mossa secca.
- Dopo tutte quelle parole...- il ragazzo iniziò a piangere, ripensando al discorso confortevole che gli aveva fatto proprio la rossa quella mattina.
- Non è stato facile, mi sono sentita persino in colpa.- ormai sul suo volto era stampato un ghigno che non se ne sarebbe mai andato.
- Sei una puttana!- gridò quello, ricevendo immediatamente uno schiaffo in volto dall'animatrice.
- Puttana io? Sono venti anni che vado dietro allo stesso ragazzo e, quando ho finalmente l'opportunità di fare il primo passo, voi avete anche il coraggio di mettervi tra le palle!- tuonò, per poi colpirlo nuovamente - Credo che Sophy lo fosse molto di più. Chi si metterebbe con un ragazzo che nemmeno conosce dopo a malapena due giorni?- non appena sentì quelle parole Nathaniel provò a colpirla con un pugno, sfruttando l'unico braccia disposizione, ma la rossa riuscì a schivarlo.
- Direi che abbiamo parlato abbastanza, non credi?- detto ciò prese il coltello del ragazzo e, senza nemmeno avere la minima esitazione, infilò la lama nel suo stomaco e lo osservò mentre si contorceva per il dolore.
L'agonia di Nathaniel durò una decina di minuti, tempo in cui ebbe modo di vedere la rossa andarsene. Poi, all'improvviso, vide un altro individuo entrare. Si insultò da solo per essere stato felice di averlo visto. Jason gli andò vicino e, dopo aver afferrato la sua mano, che il moro gli aveva proteso, iniziò a guardare la sua ferita con fare allarmato.
- Zoey...- disse, sputando un po' di sangue.
- Cosa?- domandò Jason, troppo nel panico per poter fare anche il più semplice dei ragionamenti.
- Ha ucciso Sophy e... gli altri.- concluse, gettando dell'altro sangue dalla bocca.
- Vi vendicherò.- non riuscì nemmeno a dirgli che sarebbe andato tutto bene, perché sapeva che, di lì a poco, Nathaniel sarebbe morto, pertanto cercò di farlo andare in Paradiso con la convenzione che la sua morte non sarebbe stata vana.
- Me lo auguro, altrimenti... ti uccido.- controbatté il moro, ridendo.
- Non credo tu possa farmi nulla in quelle condizioni.- scherzò Jason, per poi guardarlo con fare preoccupato mentre perdeva coscienza. Se lo vide morire tra le braccia e l'unica cosa che poté fare fu dire una preghiera per lui, seppur in Dio nemmeno ci credesse più di tanto.
 
- L'ho fatto per te, Duncan! Ho dovuto ucciderli per te!- il volto di Zoey non era quello che era abituato a vedere, bensì un miscuglio di pazzia che lo stava lentamente portando a spaventarsi sempre di più.
- Perché...- chiese, con le lacrime agli occhi. Guardò il coltello che la ragazza teneva in mano, e che era puntato contro il suo cuore, aspettando che la rossa rispondesse.
- Io ti ho sempre amato, Duncan. Fin da quando ci siamo conosciuti. Ma tu non mi hai mai considerato!- urlò, mentre i suoi occhi diventavano sempre più lucidi.
- Non è vero, io...- provò a giustificarsi, ma la rossa infilzò il coltello nel suo braccio e lo fece zittire.
- Tu niente! Hai sempre preferito le altre! Poi Courtney ti ha distrutto il cuore e io non mi sono potuta avvicinare a te per due fottutissimi anni! Alla fine sono riuscita a portarti a lavorare qui, di modo che potessi provare ad esternare i miei sentimenti per te ma tu... hai subito iniziato a provarci con Gwen e a lei piacevi! Quindi ho dovuto!- gridò, guardandolo negli occhi sempre più distrutta.
- Non ce n'era bisogno!- provò ad obiettare lui, ricevendo un'altra coltellata sul braccio.
- Ah no? Sarebbe stato meglio lasciarti andare con lei, vero? Per soffrire qualche anno in più, tanto chi se ne frega della tua amica che non occhi che per te, giusto?- ormai stava esternando tutti i sentimenti che, fino a quel momento, aveva tenuto sigillati dentro di sé.
- Io...- un altra coltellata lo costrinse a zittirsi e ad ascoltare il suo lungo monologo.
-  A mente calda ho provato a far volgere la colpa su Frida, ma quel maledetto ragazzino mi ha vista e ho dovuto far fuori pure lui. Inoltre, per poter sviare i sospetti, ho ucciso Georgia facendo in modo che tutti voi pensaste fosse colpa di Isaac. Poi ho ucciso Margaret perché mi aveva vista mentre stavo aprendo la cella di Isaac, che volevo scappasse per alimentare ancora di più i vostri sospetti. Sophy ha avuto soltanto la sfortuna di uscire mentre stavo nascondendo i miei vestiti insanguinati. Nathaniel, beh... lui ha mandato tutto in fumo uccidendo Isaac! Era il piano perfetto, così tu non avresti sospettato nulla, ma...- si prese una breve pausa, nella quale infilzò nuovamente il coltello nel braccio di Duncan - è andato tutto a rotoli!- urlò, lasciando cadere le sue lacrime sul petto del ragazzo.
- E cosa pensi di ottenere uccidendomi?- domandò lui, stringendo i denti per sopportare il dolore al braccio, che in precedenza era stato colpito dal proiettile sparato da Jason.
- Nulla. Dopo averti ucciso mi suiciderò. Io ti amo Duncan, senza di te non posso vivere!- gli lasciò un rapido bacio a stampo sulle labbra, per poi concludere il discorso - La nostra prima volta... è stata bellissima. Rivivrei questa settimana in eterno, ma purtroppo non posso. Preferisco morire e portarti con me piuttosto che venire rinchiusa per sempre senza la possibilità di incontrarti di nuovo. E ora addio, mio amato Duncan.- afferrò il coltello con due mani e si apprestò a conficcarglielo nel petto ma, proprio quando la punta stava per colpire il petto del punk, un rumore li interruppe.
Jason, uscito dalla mensa in quel momento, aveva sparato alla rossa alla schiena e si stava zampettando verso i due.
- Io te l'avevo detto, fottuto idiota! Se mi avessi ascoltato Claire non sarebbe morta!- urlò il moro, mentre Duncan distoglieva lo sguardo dal suo.
 
-Inizialmente pensavo che l'assassino fossi tu per colpa dell'assenza di prove nei tuoi confronti, ma poi ho pensato ad una cosa. Tu sei troppo fumino per elaborare un piano come quello, per evitare di farsi scoprire serve calma e una capacità di mentire spudorata. Dopodiché il mio ragionamento ha raggiunto il culmine. Chi è così ossessionata da te da poter arrivare ad uccidere tutti? Ma soprattutto, chi non vorrebbe che le colpe ricadessero proprio su di te? Mi pare più che ovvio: Zoey. Poi l'ho vista dirigersi verso la piscina e l'ho seguita. Là l'ho vista mentre uccideva Nathaniel. Mi è morto tra le braccia. Duncan, non fare cazzate, so che per te è difficile da crede, ma è lei l'assassino.- Duncan guardò Jason, steso per terra e completamente indifeso, senza pietà, quasi come se quel discorso non lo avesse minimamente toccato.
- Non posso crederti, mi dispiace.- detto ciò mirò alla gamba del ragazzo e sparò, impedendogli di raggiungerlo. Dopodiché se ne andò gettando la pistola a terra.
Il ricordo di quell'evento, avvenuto pochi minuti prima, lo distrusse interiormente. Non voleva credere a ciò che aveva sentito anche se aveva preso precauzioni. Aveva chiesto a Zoey di Nathaniel e Frida per confermare i suoi dubbi, però la rossa lo aveva preso in controtempo ed aveva accoltellato Claire senza alcuna esitazione.
In quel momento era seduto, con Zoey completamente sanguinante in braccio e Jason che teneva ancora puntata la pistola contro di lei. Lui cercava vendetta e finché la rossa non fosse morta non sarebbe stato soddisfatto.
- Bene, e adesso è l'ora di dire addio a questo mondo.- disse il moro, con un ghigno famelico in volto. Però Duncan si mise davanti, impedendogli di finirla.
- Ancora la difendi? Dopo tutto quello che ha fatto?!- gridò Jason, spostando la pistola dalla rossa alla testa del punk.
- Sì. - non disse altro, si limitò ad alzare un braccio per farle da scudo, visto che l'altro era completamente andato, guardando il ragazzino con risolutezza. Non si sarebbe mosso nemmeno al costo di prendersi tutte le pallottole rimaste nel caricatore di quella pistola in faccia.
- Ma pensi che mi faccia problemi ad uccidere anche te?- borbottò il moro, roteando gli occhi preparandosi anche al peggio. Gli puntò l'arma contro ma, proprio quando stava per premere il grilletto, la rossa si alzò di scatto ed affondò il coltello nella sua gola approfittando di quell'attimo di esitazione che aveva avuto nello sparare al punk.
- Mi spiace, ma non ho intenzione di morire. Ho ancora delle cose da fare.- disse, per poi togliergli la pistola dalle mani. Sentiva un forte dolore alla schiena, ma continuò a rimanere in piedi puntandogli l'arnese contro. Non perse tempo e, non appena trovò le forze, premette il grilletto finché non finì il caricatore, dopodiché gettò l'arma lontano.
Il petto di Jason era crivellato di colpi, eppure il ragazzo respirava ancora. Ansimava mentre sentiva il sangue uscirgli dai numerosi buchi che aveva su tutto il corpo. Era finita, non poteva fare più nulla. Sputò un po' di sangue dalla bocca, poi appoggiò la testa sull'erba e si mise a guardare il cielo.
Aveva sempre chiesto di morire, ma in quel momento si stava pentendo di starlo per fare. "La vita è una cosa preziosa, vivila con cura!", tutte quelle frasi che fino a quel momento per lui non erano state che delle semplici citazioni insensate stavano assumendo senso.
E in tutto questo c'era Zoey in piedi che, zampettando, si stava dirigendo verso Duncan con il coltello in mano. Il punk era messo piuttosto male, con il braccio sinistro completamente pieno di coltellate, oltre che un proiettile, e con varie ferite subite durante lo scontro con Jason.
- Zoey... non fare cazzate.- provò a dirle, alzandosi con l'altro braccio.
- Ormai è fatta. Che altro mi resta da fare se non questo?- si avvicinò a lui e gli puntò il coltello alla gola con le lacrime agli occhi.
- Qualcosa c'è. - disse il punk, cercando di contenere la sua voce.
- E cosa?- domandò la rossa, mentre le lacrime cominciavano a scenderle su tutta la guancia.
- Scappiamo. Aspettiamo il pullman e poi ce ne andiamo da qui. Insieme.- propose, appoggiandole una mano sulla spalla. La guardò fissa negli occhi, speranzoso di una risposta positiva.
- Ma poi tu verrai preso per mio complice e...- iniziò lei, venendo prontamente fermata dal ragazzo.
- Non mi interessa. Io voglio solo stare con te. - anche dai suoi occhi iniziarono a scendere delle piccole lacrime argentate, il tutto mentre osserva la rossa, palesemente distrutta dentro.
- Sul serio?- chiese, insicura sul da farsi. Duncan le cinse una mano dietro la schiena e la trascinò verso di sé, appoggiando la fronte contro la sua.
- Sul serio.- concluse, espirando. La rossa lasciò il coltello e lo baciò, venendo prontamente ricambiata. Duncan non attendeva altro. Si sciolse dall'abbraccio e, mantenendo le loro labbra a contatto, prese il coltello da terra e glielo infilzò nel fianco con forza, poi spinse la lama in giù assicurandosi di inciderle una ferita mortale.
- Mi dispiace.- disse poi, accarezzandole il volto, mentre la ragazza ansimava tra le sue braccia. Estrasse il coltello e spinse la sua testa con gentilezza contro il suo petto, chiudendo gli occhi in attesa che morisse.
- Duncan...- con una mano gli tirò la maglietta, costringendolo a guardarla negli occhi - Ti amo. - dopo aver detto ciò scoppio a piangere ancora di più, ripetendo quelle due parole con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
- Anche io, fiorellino.- le accarezzò i capelli, sporcandoglieli senza volerlo con del sangue, poi lei smise di respirare. L'unica cosa che poté fare fu versare un fiume di lacrime mentre reggeva il suo cadavere tra le braccia. Si asciugò le lacrime qualche minuto dopo, macchiandosi una guancia con il sangue della rossa. Voltò lo sguardo verso di Jason, morente, e si avvicinò lentamente a lui.
- Ce l'hai fatta...- disse quello, sputando sangue.
- Sta zitto.- gli alzò la maglietta per cercare di capire se avesse potuto salvarlo, ma non appena vide il suo petto capì che per lui non c'era alcuna speranza.
- Io il mio l'ho...- si fermò per deglutire - fatto. Adesso cerca di non morire... anche tu. - con la mano afferrò la sua maglietta, poi lentamente i suoi occhi persero colore, finché il suo braccio cadde a terra di peso. Duncan passò una mano sui suoi occhi e glieli chiuse, per poi andare a vedere in che condizioni versasse Claire.
Rimase stupito nel vedere che, seppur avesse una ferita di circa dieci centimetri all'altezza di un polmone, respirava ancora. La trascinò di peso nella mensa e la poggiò sul tavolo, con difficoltà visto che aveva un solo braccio a disposizione, e poi cercò di tamponare la sua ferita.
Il suo vestito verdastro era diventato completamente rosso ed aveva perso coscienza da più di dieci minuti. Prese una delle valigette per il pronto soccorso presenti in cucina ed iniziò a ricucirle il taglio con dello spago. Dopo aver terminato l'operazione, disinfettò il tutto e vi versò dell'acqua sopra per ripulirla ed infine le fece la fasciatura. La castana si contorceva di dolore ad ogni tocco del punk sulla sua carne, ma tuttavia era comunque riuscito a svolgere "l'operazione" senza problemi.
Doveva ringraziare il suo passato da teppista che, in più occasioni, lo aveva portato a cucire le coltellate subite dai suoi amici.
Dopo aver curato Claire dovette pensare a sé stesso. Prese una bacinella e la riempì con dell'acqua, poi verso dentro tutto il sale trovato in cucina e girò il tutto con un mestolo.
Trasse un grosso respiro e immerse il braccio dentro la bacinella sopprimendo tutte le grida ed imprecazioni che gli stavano venendo in mente in quel momento. Lo tenne a mollo per una decina di minuti, durante i quali l'acqua divenne totalmente rossa, dopodiché lo tirò fuori e se lo disinfetto, cercando di bestemmiare il meno possibile. Applicò infine una fasciatura rapida e poi si mise a sedere su una sedia prendendo delle pinze. Il suo scopo era quello di levarsi la pallottola dal braccio e per riuscirci doveva infilarsi l'arnese nella carne.
Si mise uno straccio in bocca e lo morse con violenza, il tutto mentre le pinze entravano nella sua carne e afferravano, fallendo diverse volte ed aumentando l'agonia, il proiettile. Quando finalmente riuscì a rimuoverlo lo tirò via e, dopo essersi disinfettato, si mise a sedere sperando che Claire si risvegliasse.
Stette alzato per tutta la notte, cambiandole lo straccio bagnato sulla fronte e controllando se respirasse ancora.
La mattina cedette e chiuse gli occhi per una mezz'ora, nella quale la castana si svegliò. Claire si tirò su di scatto e si toccò la ferita sullo stomaco con fiatone. Aveva sudato un sacco quella notte e sentiva ancora di dolore.
Si accorse solo dopo qualche secondo di essere in reggiseno sopra uno dei tavoli della mensa e che c'era Duncan, con un braccio completamente bendato, al suo fianco. Provò ad alzarsi, ma un dolore lancinante le rese impossibile farlo.
Così si sdraiò sulla superficie legnosa ed iniziò a pensare. Cosa era successo dopo che era stata ferita da Zoey? Ricordava solo di aver visto la rossa accoltellare diverse volte Duncan, poi aveva perso coscienza pensando di star sicuramente per morire.
Oltretutto iniziò a sentire un fortissimo mal di testa. Rimase immobile su quel tavolo per una mezz'ora, finché non sentì il punk sbadigliare e tirarsi su dalla sedia. Il moro la guardò con gli occhi assottigliati e, quando si rese conto che era cosciente, tirò un sospiro di sollievo.
- Stai bene? Tra un po' dovrebbe passare il pullman.- le disse, alzandosi e dirigendosi verso la cucina per riempire la bacinella d'acqua. Ovviamente dovette fare tutto con una sola mano, senza disdegnare di dire delle bestemmie.
- Sì, più o meno.- rispose lei, balbettando - Vuoi una mano?- chiese poi, osservandolo mentre cercava di tirare su la bacinella con evidenti difficoltà.
- No, tu riposati.- disse, per poi finalmente appoggiare l'arnese sul tavolo. Fece la stessa operazione del giorno prima e versò dentro un pacco intero di sale per poi immergerci il braccio. Nemmeno provò a trattenere le imprecazioni, troppo occupato a cercare di sopportare il dolore.
- Che... che cosa è successo?- la castana sbatté gli occhi, ancora leggermente assonnata ed attese le parole del moro, che assunse un'espressione molto poco rassicurante.
- Morti. Tutti.- non aggiunse altro, si limitò a girare il braccio, su cui si vedevano dei grossi tagli, dentro l'acqua.
- Tutti...- ripeté lei, mentre delle lacrime iniziavano ad uscirle dagli occhi. Tutto ciò accadde in automatico, senza che nemmeno se ne rendesse conto.
- Siamo rimasti solo io e te. - sbuffò, per poi estrarre il braccio dalla bacinella e disinfettarlo. Provò anche a mettersi la fasciatura, ma con una sola mano gli fu impossibile.
- Ti aiuto io. - Claire riuscì a mettersi a sedere sul tavolo ed aiutò il punk nel medicarsi. Le tremavano le mani, però non ci faceva caso.
- Andiamo fuori, tra una ventina di minuti passa il pullman.- detto ciò si alzò e porse la mano alla castana per permetterle di stare in piedi.
I due si diressero verso il parcheggio ed attesero il bus, senza nemmeno preoccuparsi di andare a prendere le proprie cose. Duncan aveva deciso di passare dal retro per non fare vedere a Claire i corpi di Zoey e Jason, giustificandosi con un semplice "Passando di qua faremo prima" e senza permettere alla ragazza di obiettare.
Quando finalmente il pullman blu arrivò, gli sembrò quasi di essere in paradiso. Nemmeno perse tempo a spiegare la situazione all'autista, si limitò a salire sopra e a gettarsi sui posti in fondo per poi chiudere gli occhi e iniziare a dormire. Lasciò i discorsi a Claire che dovette raccontare, ad un incredulo conducente, quello che era successo durante quella settimana d'inferno.
 
Duncan era più che sicuro che al suo risveglio si sarebbe trovato senza un braccio. Era tipico di quei film che era solito guardare, dove l'eroe salvava qualcuno ma doveva rinunciare a qualche arto, giusto per fare scena. Eppure rimase piacevolmente sorpreso quando sentì quell'insopportabile dolore lungo tutto il braccio sinistro che gli fece capire di averlo ancora attaccato.
Sospirò, sollevato dalla cosa, poi portò lo sguardo in direzione del dottore seduto al suo fianco, che stava sfogliando la sua cartella clinica.
- Signor Nelson, finalmente si è svegliato!- disse quello, guardandolo in faccia. Era un ragazzo di qualche anno più grande di lui, con gli occhi verdi e i capelli neri. "Trent Lambert" lesse di sfuggita il suo nome, per poi guardarlo con le sopracciglia alzate.
- Quanto ho dormito?- chiese, toccandosi la testa. Gli faceva un male assurdo.
- Un giorno intero. Ti abbiamo dovuto addormentare con dei farmaci, se senti un po' di emicrania è normale.- spiegò, controllando i suoi valori nella macchina accanto al suo letto - Sei stato fortunato, il tuo braccio aveva già ricevuto le prime medicazioni e quindi non si è infettato. Devi ringraziare chi ti ha applicato il primo soccorso.- disse poi, ridacchiando.
- Oh, sarà che bello. Grazie, Duncan!- commentò ironicamente, abbozzando un sorriso.
- Sul serio? Hai fatto tutto tu?- domandò, inclinando la testa con fare sorpreso. Il punk fece cenno di assenso con la testa - Wow, allora hai salvato pure l'altra. Quindi mi vuoi dire che con una mano solo le hai ricucito quel taglio?- chiese, ancora più meravigliato.
- Sì. - tagliò corto lui, vedendo il volto dell'altro mentre si illuminava di gioia.
- Hai del talento! Per caso hai seguito qualche corso?- sul volto di Trent c'era un sorriso che Duncan sapeva perfettamente come spegnere.
- No, sono cresciuto nel basso borgo di Toronto. Ricucio tagli da coltello si da quando sono piccolo.- disse, notando come l'espressione del moro lentamente si spegneva. Quello lo portò a sorridere come ormai non faceva da tempo.
- Lei l'avete dimessa?- domandò, portando poi lo sguardo verso il soffitto.
- Sì, ieri è stata qui tutto il giorno per parlarti, ma non ti sei svegliato.- spiegò quello, cambiando uno dei tanti tubi che era attaccato al suo braccio.
- Che ore sono?- osservò Trent mentre gli fasciava il braccio.
- Le tre del pomeriggio.- rispose, facendolo sospirare.
- Sono vivo.- dichiarò poi, chiudendo gli occhi e ripensando a quello che aveva passato in quella settimana.
- Vivo e vegeto. Tra un mesetto potrai anche tornare ad utilizzare il braccio.- spiegò il dottore, sorridendogli.
Venne dimesso dopo quattro giorni nei quali Claire non si fece viva. Non che gliene fregasse, di certo non voleva sentirsi definire un "eroe", né tanto meno voleva la stampa alla spalle. Qualche giornalista ci aveva provato ad intervistarlo, ma lui li aveva sempre allontanati malamente. Voleva dimenticarsi di quella storia. L'unica cosa che desiderava era addormentarsi e svegliarsi qualche anno più tarsi, quando tutto quello scalpore sarebbe finito.
Poi un giorno, dopo circa due settimane dai fatti, ricevette un messaggio su Messenger. Inizialmente non vi badò molto, ma dopo averlo letto non poté far altro che sorridere.
- Duncan, sono Claire. Ti volevo ringraziare per avermi salvato la vita. Mi dispiace non essere potuta venirti a trovare, ma mi vergognavo troppo. Spero di rincontrarti un giorno.-
Non si sentì nemmeno di risponderle, le mise una reazione divertita al messaggio, per poi chiudere la conversazione e sdraiarsi sul letto. Basta, doveva chiudere con quella storia e lasciarsela alle spalle. Così come doveva lasciarsi Zoey alle spalle.
Alla fine il Moonlight Camp era stato chiuso per via dei vari debiti e Chris MacLean era finito in galera. E per di più era perfino riuscito anche ad ottenere il suo amato stipendio.
E fu proprio l'unione di tutte quelle cose a convincerlo a cambiare città. Si trasferì a Montreal e lì iniziò una nuova vita completamente diversa da quella che aveva vissuto fino a quel momento.
 
Epilogo: Anche per i criminali c'è un finale positivo.
A volte rimaneva fermo a pensare a come aveva fatto a trovare quel lavoro. Dopo essersi trasferito a Montreal, era andato al primo discount della zona ed aveva chiesto se servissero dei dipendenti. Il proprietario, un uomo di nome Don, gli aveva detto che cercava da più di un mese un nuovo commesso ed era stato più che felice di assumerlo.
Inizialmente aveva fatto un po' fatica ad ambientarsi in quella città, rea di essere molto più movimentata rispetto a Toronto, ma grazie all'aiuto di Geoff, suo collega, si era lentamente integrato ed aveva preso a lavorare anche piuttosto bene.
Trovò invece molto più difficile intraprendere una relazione sentimentale. Courtney aveva contribuito di molto, ma era stata Zoey a dare il colpo definitivo ai suoi rapporti con l'altro sesso.
Per tale motivo era rimasto quattro e passa mesi senza avere la ragazza. Non che per lui fosse un qualcosa di prima necessità, alla fin fine era stato anche più di due anni senza una fidanzata dopo essersi lasciato con Courtney, ma era più che convinto che l'averne una lo avrebbe portato a godersi meglio quella permanenza a Montreal.
Poi un giorno, durante l'ora di chiusura, ovvero intorno alle undici, una ragazzina entrò dentro attirando subito la sua attenzione. Inizialmente le gettò solo qualche occhiata, più che altro perché era capitato più volte che qualcuno cercasse di rubare dentro il negozio e lui stesso era del pensiero che, essendo uno sfigato di livello massimo, prima o poi qualcuno gli avrebbe puntato una pistola contro la testa facendosi consegnare tutti i soldi.
Quella ragazzina gli parve subito strana. Aveva i capelli biondo platino, gli occhi violacei e le labbra quasi bianche. Per di più, quando arrivò alla cassa per pagare, si fermò a guardarlo per qualche secondo come se avesse qualcosa di strano in faccia.
- Ehm... tutto a posto? Sono quattro dollari e ventitre.- la bionda aveva comprato due scatole di candele profumate ed una bottiglia di tè verde, decisamente una combinazione strana di acquisti.
- Ti ho già visto da qualche parte...- in quel momento Duncan ebbe un sussulto. Al telegiornale avevano fatto vedere la sua faccia e quindi era più che probabile che qualcuno lo riconoscesse - Tu sei uno dei due sopravvissuti a quella tragedia, vero?- aggiunse poi, facendolo deglutire amaramente.
- Beh... io...- seppur avesse mantenuto il suo carattere scontroso e strafottente, quando sentiva parlare degli eventi accaduti al Moonlight Camp perdeva completamente la sua aggressività - Le voci girano, eh?- decise di gettarla sullo scherzo, grattandosi la testa e ridacchiando nervosamente.
- No, l'ho letto nella tua aura, Duncan.- spiegò, sorridendogli piuttosto divertita. Il punk assunse un'espressione confusa.
- Sei riuscita a scoprire anche il mio nome?- sussultò lui, facendo un passo indietro.
- No, quello l'ho letto sul cartellino.- spiegò, scoppiando a ridere. In quel momento Duncan capì di aver fatto una figuraccia, ma fece finta di niente - Eccoti i soldi.- la bionda appoggiò le monete sulla banca e si diresse verso l'uscita. Duncan non seppe perché, ma istintivamente non voleva che se ne andasse.
- Ragazzina.- la chiamò, alzando la voce per essere sentito meglio. La bionda si voltò, guardandolo con fare interrogativo - Ti va se dopo...- ebbe un attimo di esitazione, ma la gettò via non appena la vide ridere - andiamo da qualche parte? Tra dieci minuti finisce il mio turno.- spiegò, grattandosi nervosamente il collo.
- Dawn. - disse, mostrandogli un sorrisetto. Il punk assunse uno sguardo interrogativo - Mi chiamo così. Ti aspetto qua fuori.- detto ciò uscì e si mise a sedere accanto alla porta, mentre il volto di Duncan si piegò in un sorriso euforico.
Rimase dieci minuti in quello stato, e fortunatamente non venne nessuno, poi andò a quell'"appuntamento improvvisato". E così riuscì a superare i suoi traumi. Courtney? Dimenticata. Zoey? Anche lei, seppur con maggiori difficoltà.
E in quel momento si apprestava a scrivere un nuovo capitolo della sua vita che, sperava, sarebbe stato migliore rispetto ai precedenti.
 
 
ANGOLO AUTORE:
E siamo giunti alla fine. Mettere la parola fine su questa storia non è affatto semplice. Possiamo definirlo il mio primo esperimento di un "giallo", seppur non sono proprio sicuro di poterlo chiamare così.
Questa è la prima storia del fandom ad incentrarsi sulla Doey e ciò mi ha causato un bel po' di ansia, cioè, so che nessuno a parte me la shippa, però se mai ci fosse un soldato della Doey mi farebbe piacere che sapesse che anche solo una storiella c'è.
Non è stato felice scrivere il finale. Nei miei piani iniziali si doveva salvare Jason e in modo talmente schematico che rileggendolo ho rischiato di vomitare.
Adesso invece il finale mi piace. Sento di aver dato un giusto lieto fine ad una storia che, di per se, di lieto non ha nulla.
Per l'epilogo ho avuto qualche leggero problemino. Immagino vi starete chiedendo quale. Beh, Courtney era la sua ex, Gwen è morta e Zoey idem. Non aveva il lieto fine per Duncan e, visto che in "The Bus" aveva messo un finale triste, ho deciso di salvare almeno questa fanfiction. Così ho optato per Dawn che, seppur ci incastri pochissimo con Duncan, mi sembra una abbastanza calma e con cui, forse, potrebbe vivere una vita tranquilla.
Quindi detto ciò ho finito le cose da dirvi. È possibile che dopo questa storia continui a pubblicare qualcosa, ma tutto sta alla mia voglia di fare.
Vi pongo un'ultima domanda: voi come l'avreste fatta finire?
Anche quest'anno la storia ad OC è finita ed io sono più che contento di come sia andata a finire. Mi auguro che parteciperete alla mia prossima (se mai ci sarà) che probabilmente uscirà la prossima estate.
Un abbraccio, Mr. Lavottino.

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