Oltre al conosciuto

di cattero1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelte (prima parte) ***
Capitolo 3: *** Scelte (seconda parte) ***
Capitolo 4: *** storie antiche ***
Capitolo 5: *** Nel baule ***
Capitolo 6: *** Viaggi pericolosi ***
Capitolo 7: *** Il morse, un requisito fondamentale ***
Capitolo 8: *** Partenza ***
Capitolo 9: *** Relazioni ***
Capitolo 10: *** Confessioni ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Se la scuola fosse come vorrei le gite sarebbero solo divertenti, non anche educative. O almeno sarebbero educative a modo mio, di certo se fossi una prof. non organizzerei una gita basata sulla scoperta della formazione rocciosa del letto del Secchia. Il viaggio per arrivare al fiume, o comunque a quello che sarebbe dovuto essere un fiume visto che non aveva acqua da almeno un mese, è stato come qualunque altro viaggio: i due prof. accompagnatori che invocavano il silenzio e la cassa di noi ragazzi accesa. Poi tutto il resto fu incredibilmente noioso, finché a me e a Antonio non venne un’idea geniale. Prima di finire la passeggiata che dalla fermata dell’ autobus ci avrebbe portato al “fiume”, avevamo visto una grotta. Era poco lontana dalla classe e dal noioso oratore, quindi nel caso ci avessero beccati avremmo potuto dire che ci eravamo persi mentre cercavamo un oggetto che avevamo perso. Scusa pessima e completamente fasulla, ma accettabile. La parte più difficile fu sfuggire dalle pressanti attenzioni che i prof. ci riservavano, a Antonio in particolare. Quando ormai il nostro piano di fuga sembrava esser stato sventato da quelle menti diaboliche, “accidentalmente” la borsa della prof. Rimbaldi, che era stata appoggiata in modo precario sulla sponda del fiume, volò giù tra la polvere e i sassi. Il prof. Amartolo, che come obbiettivo principale della sua carriera non era insegnarci la grammatica ma fare colpo sulle sue colleghe, si precipitò ad aiutarla. Approfittamo di questo “fortuito” caso per svignarcela e finalmente iniziare l’avventura più bella della nostra vita.

Salve sono una nuova scrittrice, so che non sembra un testo di fantascienza, ma aspettate, spero che questo prologo vi abbia fatto venire voglia di leggere il resto. Pubblicherò un capitolo a settimana, però ci potrebbero essere dei possibili ritardi perchè tra poco ho l'esame di terza (non che a qualcuno importi). Quindi alla prossima settimana.

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Capitolo 2
*** Scelte (prima parte) ***


“Allora Toni, cosa ne pensi di questa grotta?”
“Penso che se potessi tornare indietro senza sembrare un codardo lo farei, Ali.”
“Lo sai vero che dicendomelo hai svelato che sei un codardo?” L’imprecazione a denti stretti del mio amico fu amplificata dalle pareti della grotta, credo che neanche un microfono sarebbe riuscito a fare di meglio.
“ Ti voglio far notare che dire certe cose non ti fanno sembrare fico, ma solo maleducato.”
“Ah sì e allora perché io sono fidanzato e tu no?”
“Perché io preferisco trovare una persona che mi piaccia davvero e che conosco da tempo, invece del primo ragazzo disperato che si crede così bello e alla moda che pensa che nessuno gli voglia stare vicino perché ciò comporterebbe un aumento del proprio complesso di inferiorità.”
“ Simpatica, e chi sarebbe a essere il maleducato qui? Lo sai anche tu che Amartolo dice sempre che sparlare degli altri è peggio che prenderlo in giro pubblicamente.” Mentre Antonio sproloquiava sulla mia maleducazione notai una luce che proveniva da una diramazione laterale di quella grotta. “Toni adesso è il momento di tacere.” Dissi e gli indicai la luce. Fortunatamente avevamo imparato entrambi a memoria il morse per copiare nelle verifiche, così riuscimmo a decidere di scoprire di cosa si trattasse semplicemente toccandoci le labbra con le dita a intermittenza. Tirammo entrambi fuori il coltello a serramanico che tenevamo in tasca per ogni evenienza, era un peccato che avessimo lasciato la mia accetta nella casa sull’albero che avevamo costruito a Guastalla, ma forse era meglio così, dopotutto sarebbe stato difficile spiegare a un prof. di italiano e una prof. di religione perché ci portassimo un accetta in gita. Piano piano ci avvicinammo alla fonte di luce, da dietro sembrava un normale essere umano che si stava scaldando con un normale fuoco ma quando si girò sobbalzammo.
  
Dalla nave spaziale dell'autrice
sì ammetto di scrivere capitoli cortini, però rispetto le scadenze ( Alice: "Per il momento." Cattero: "Sei molto fiduciosa noto." Toni: "Fa così da anni, insopportabile non trovi?") però a me questa storia diverte parecchio ( Alice: " Certo tu sai anche il continuo!" Cattero: "Basta! Certo che so il continuo la storia l'ho inventata io."), comunque prima che qualcun altro mi interrompa spero la storia vi sia piaciuta e che verrà aggiornata la prossima settimana.

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Capitolo 3
*** Scelte (seconda parte) ***


Quello che ci trovammo davanti non posso che definirlo un mostro, aveva sei occhi, la pelle di un rosa fluorescente e otto dita per mano. La vista di quel mostro fu così tanto orribile che dalle nostre bocche non uscì neanche un suono, ma restarono spalancate come i nostri occhi che venivano attirati come da una forza magnetica da quell’obbrobrio. Esso iniziò a parlare e la sua voce sorprendentemente risultò essere piacevolmente calda e accogliente: “Spiace molto avervi spaventato, ma vi prego non andate via, ho molta fame et ho bisogno di auxilium.” Antonio sembrò riprendere vita di colpo, ma invece di fare una domanda intelligente partì con una delle sue uscite: “ Quindi vuoi mangiarci?” Il mostro sembrò sorridere con quelle sue impressionanti labbra color sangue: “Ma certo che no, giovane umano, qui sulla terra ho sentito che i piccoli umani quando vanno via di casa si portano dietro dei pezzi di pane farciti.” Finalmente mi risvegliai anch’io da quella trance che il terrore mi aveva procurato. Molto lentamente e tenendo il coltello sempre puntato su quello che io avevo capito si trattasse di un alieno, tirai fuori dal mio zaino il mio panino alla mortadella e malamente, per non avvicinarmi troppo, glielo lanciai. Con sorprendente velocità lui lo prese al volo e incominciò a mangiarlo, però senza toglierci la plastica che avevo messo intorno! Impietosita riuscii a spiegargli come si toglieva e lui sembrò molto grato e preso da uno slancio di coraggio protese la mano come per stringermela e disse: “ Io sono Badek e vengo dal pianeta che noi chiamiamo Domus.” Io però non mi sentivo ancora del tutto rassicurata da quella figura, quindi mi ritrassi. Toni finalmente fece un intervento utile: “Alcune delle parole che hai detto sono latine, perché le hai dette e soprattutto, perché sai la nostra lingua?” Il Domusiano fece un profondo respiro, finì il panino e poi iniziò a parlare: “Quello che voi avete rappresentato nei film come federazione o impero esiste, si chiama Unione Pacifica dei Pianeti Indipendenti, e come lingua ufficiale ha il latino. Ma se volete che vi dica altro dovrete aiutarmi, se no ditemelo che mi trasferisco in un altro luogo in cui nessuno possa trovarmi.” Toni ammiccò e gli sorrisi, sapevamo entrambi che non ci saremmo mai fatti sfuggire l occasione di aiutare un alieno.
                
Dalla nave spaziale dell'autrice se ci sono errori di grammatica scusatemi, ho ricontrollato, ma non si sa mai. Sinceramente a questo punto non vi chiedo di recensire (Toni: "Perché sai che sarebbero recensioni tutte negative, suppongo." Ali: "Dai non fare così, in fondo si sta impegnando." Toni: "Ma non eri tu ad avercela con lei la volta scorsa?" Ali:" Le cose cambiano."), non ve lo chiedo perché la storia è così tanto ai suoi inizi che non ha senso, in più credo che non l'abbia ancora letta nessuno perché ha appena tre capitoli. Perciò alla prossima settimana e, per chi la sta leggendo nel futuro, al prossimo capitolo.

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Capitolo 4
*** storie antiche ***


“Tutto ebbe inizio da un gruppo di esploratori che venivano da un sistema ai confini che voi direste orientali della galassia, iniziò a colonizzare dei pianeti che avevano già una popolazione anatomicamente simile alla loro. Dopo qualche centinaio di anni essi tornarono per unire i pianeti che avevano raggiunto lo stadio di indipendenti. Questo vuole dire che non sfruttavano più l’energia del proprio pianeta per sostenersi, per questo la Terra non ne fa ancora parte. Per un lungo periodo gli unici screzi che ci furono tra i pianeti erano legati alle gare interplanetarie biennali, questo finché un asteroide molto magnetico non passò vicino al pianeta macroticus, riuscendo con la sua forza magnetica a attirare a sé l'idolo sacro della popolazione. Mentre ciò accadeva una nave Domusiana stava passando pacificamente di lì, ma i cromati non vollero sentire ragioni, e continuano a sostenere che noi gliel’abbiamo rubato. Sta per scatenarsi una guerra interplanetaria e io e mia sorella Samar siamo stati mandati per recuperare l'idolo che a quanto pare è atterrato sulla Terra, a Mosca. Ma al momento dell’atterraggio Samar si è ferita e io ho dovuto chiedere aiuto ai locali che a loro volta hanno chiamato le forze dell’ordine, io sono scappato ma mia sorella no. Sono riuscito a capire che hanno portato Samar a Pozzuolli. Potete aiutarmi ad arrivarci?” Mentre Badek raccontava mi vennero in mente alcune storie che si raccontavano in giro, dopo una breve riflessione parlai: “Credo che tu intenda Pozzuoli, il che avrebbe senso visto che lì si trova l’accademia aeronautica italiana. Possiamo arrivarci poi per entrarci non possiamo prometterti niente, intanto risolviamo il problema principale, il tuo aspetto.” Tirai una gomitata a Toni, se c’era qualcuno che se ne intendeva dell’aspetto esteriore era lui. Per fortuna capì al volo e prese in mano la situazione: “ Sì ha ragione lei amico, E.T. sembra più umano di te.” Badek non sembrò molto soddisfatto da questa informazione. Ma a quanto pare decise che avrebbe approfondito questo argomento in un altro momento, Toni ricominciò a parlare: “ I tre occhi sulla fronte potremmo coprirli con una frangia, mentre per coprire quello sul mento credo che dovremmo metterci un cerotto sopra dicendo ch ti sei ferito cadendo in bicicletta. Per il colore della pelle proverò a truccarti, speriamo solo tu non sia allergico.” Badek non sembrò persuaso da quella sicurezza che Toni sprizzava da tutti i pori e stavolta fece notare il suo disappunto: “E per le dita, vi siete scordati che gli esseri umani ne hanno 5 per mano?” Toccò a me parlare stavolta: “Mutazione genetica, se qualcuno ti chiederà qualcosa di che tua madre ha portato avanti la gravidanza vicino a Chernobyl , così magari si riuscirà a coprire il colore anormale della pelle.” “Mi stai dicendo che se una persona viene concepita a Chernobyl diventa come un Domusiano?” “Assolutamente no, ma a meno che non incontriamo un esperto non credo che qualcuno proverà a contraddirci.” “Alice?” “Sì?” “Stavo pensando che i nostri professori non ci lasceranno mai portare un alieno a casa.” Ci mettemmo tutti e tre a riflettere sul problema. Finalmente la lampadina che fino a quel momento era rimasta spenta si accese, guardai il fuoco che scoppiettava e che mi stava facendo sudare da quando eravamo andati lì: “ Nel tuo pianeta la temperatura è più alta di quella terrestre, giusto?” “Ehm, sì perché?” “Per te sarebbe un problema infilarti nel baule dell’ autobus?”
                                         
Dalla nave spaziale dell'autrice
oggi non ho nulla da dirvi, spero vi sia piaciuta e alla prossima settimana.

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Capitolo 5
*** Nel baule ***


Quasi da copione io e Toni riuscimmo a riunirci alla classe praticamente senza farci notare e Badek si infilò nel baule mentre nessuno guardava, ma durante tutto il viaggio di ritorno discutemmo su come farlo uscire nel modo più discreto possibile. Decidemmo che avremmo aperto di nascosto il portellone dalla parte della strada che solitamente si lasciava chiuso. Per fortuna sia io che Toni saremmo dovuti tornare a casa da soli quindi appena superata la parte del farlo uscire, il resto fu tutto in discesa. Durante questo periodo di tempo non si fecero molte chiacchiere, eravamo tutti troppo occupati a non farci scoprire. Io e Toni ci separammo quando arrivammo a casa sua, avevamo deciso che sarebbe stato lui a tenerlo in modo da vedere se il trucco poteva funzionare. Appena arrivata a casa salutai i miei genitori con una specie di oppressione al petto, avrei voluto raccontare tutto, ma sapevo che non mi avrebbero creduto, o peggio mi avrebbero creduto solo in parte scambiando Badek per un rapitore assetato di sangue e soldi. Dopo aver risposto brevemente alle loro domande mi feci la doccia e andai a dormire.
      
Per fortuna era domenica quindi io e Toni riuscimmo a incontrarci alla casa sull’albero, entrambi avevamo il motorino. Ci portammo dietro soldi, cibo e tutto quello che avevamo ritenuto utile per quella missione. Appena entrai nella piccola casetta  mi trovai davanti Toni con la faccia di uno che non ha chiuso occhio e una persona che sembrava quasi normale: “ è impressionante, ma come hai fatto.” Toni accennò un sorriso: “ Puro talento e se vogliamo compiere questa missione dovremo cambiare aspetto pure noi.” Notai che non si era fatto la barba e che portava i capelli sciolti: “Per questo il cambio di look? E io cosa dovrei fare?” Toni sembrò esitante: “ Ti dovrai tagliare i capelli e dovrai metterti questi occhiali, so che l’idea non ti piace ma neanche io sono contento di questi cambiamenti. Se ti può consolare ho deciso di tingermi i capelli di nero, questo rosso è troppo riconoscibile. Ma se vuoi mollare, posso comprenderti.”
“ Mollare? Stavo pensando a cosa scrivere nella lettera che lasceremo ai nostri genitori.”
“Sì ci ho pensato anch’io, credo che la cosa migliore per tutti sia scrivere che non ci sentiamo accettati a scuola per quello che siamo e stiamo cercando di riscoprire noi stessi, ma che non è assolutamente colpa dei nostri genitori e anzi apprezziamo molto quello che hanno fatto per noi, ma che è arrivato il momento di cavarcela da soli.”
“ Sì, mi sembra un ottima idea.” Dopo aver scritto la lettera cambiammo il nostro aspetto, poi contammo quanti soldi e provviste avevamo in tutto. Circa 500 euro che eravamo riusciti a racimolare in tutti quegli anni tra compleanni e natali, un pacchetto di biscotti, pane, due pacchetti di sottilette,tre borracce piene d’acqua, qualche vestito, i coltelli a serramanico, un telefono, due sacchi a pelo e l’occorrente per il trucco. Tutto questo era contenuto in due zaini da campeggio. Eravamo pronti a partire per un viaggio e per quanto fossimo sicuri nella nostra decisione, ci sentivamo come al primo giorno di scuola elementare. Appena ci sentimmo pronti prendemmo i motorini e con Badek aggrappato a me partimmo per la stazione.
           
             
Dalla nave spaziale dell'autrice
ed eccoci qui, pronti per partire. Cosa dite, ce la faranno a raggiungere Pozzuoli senza farsi beccare? (Badek:"Sarà meglio per te, io voglio scoprire cos'è successo a mia sorella." Cattero:"Vedo cosa posso fare." Ali:"Ti consiglio di fare come dice, ha una sguardo abbastanza assassino." Cattero:"Ok, ok, ma non posso promettervi niente.").  Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima settimana.

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Capitolo 6
*** Viaggi pericolosi ***



Non c’era un diretto per Pozzuoli, avremmo dovuto arrivare a Roma, cambiare e prenderne uno per Napoli e da lì uno per Pozzuoli. In effetti neanche troppo difficile se non fosse che ci dovessimo portare dietro un alieno senza documenti, in più eravamo certi che verso l’una sarebbero iniziate le ricerche per trovarci. E per tornare in tema documenti: avevamo dovuto attaccare una nuova foto nel caso qualcuno ce li avesse chiesti, per fortuna ciascuno di noi aveva un segno particolare segnato e quindi a dispetto della descrizione leggermente diversa dai nostri attuali aspetti saremmo riusciti a farci riconoscere ugualmente. In realtà non so se questo sia un bene o un male. Dopo 2 ore e venti minuti eravamo arrivati a Roma, erano circa le 11 del mattino. Alle due e mezza eravamo a Napoli, e ancora nessuno aveva mostrato un particolare interesse per il nostro amico, forse perché per tutto quel tempo aveva tenuto la faccia coperta da un giornale facendo finta di dormire. Durante i cambi per il treno di Napoli e quello di Pozzuoli un uomo abbastanza elegante ma non di particolare spicco in quell’enorme stazione ci si avvicinò. Io in realtà l’avevo notato da un po’ di tempo, ma per non far agitare gli altri non avevo detto nulla. Ma ormai era troppo vicino per ignorarlo: “Ragazzi, ora non voltatevi o fate mosse strane, ma c’è un tipo che ci sta seguendo da Roma. Non credo sia un caso. Cerchiamo di sviarlo, non possiamo prendere un altro treno, ma cerchiamo di seminarlo appena arriviamo a Pozzuoli.”
“Troppo tardi, Ali guarda, altri problemi a ore 2, 10 e 7.” Toni aveva ragione, ci avevano accerchiato.
“Toni, pensi che siano qui per noi o per Badek?”
“In questo momento non saprei, ma credo che stare fermi come allocchi per farci prendere non sia un’idea geniale. Il treno parte tra 3 minuti, forse riusciamo a non farci catturare.”
“Questo mi sembra altamente improbabile mio caro giovane umano.” Sospirai: “Grazie Badek tu sì che ci sai tirare su di morale, sbrighiamoci.” Il treno riuscimmo a prenderlo, ma come lo prendemmo noi lo presero pure loro. Però nessuno di noi sapeva risolvere quella situazione e intanto quegli uomini si stavano avvicinando: “Ragazzi penso che ci dovremmo arrendere.”
“Credo che tu abbia ragione mia giovane umana.” Toni sembrò abbastanza seccato da questo appellativo, che Badek utilizzava da quando ci eravamo conosciuti: “ Se ci chiami ancora una volta giovani umani ti giuro che ti lancio su quei tipi e me la svigno.”
“Toni invece di fare discorsi inutili, nascondi il coltello nel buco della scarpa.” Era dalla terza media che applicavamo un buco nelle scarpe che compravamo così da poter nascondere il coltello in caso di emergenza, il buco lo riempivamo della parte tolta, che poi ritoglievamo. Era molto scomoda come tecnica, ma non c’erano altre scelte. Riuscimmo a compiere quell’azione senza farci notare. Quando ci raggiunsero noi facemmo finta di niente, come se non fossimo noi i diretti interessati in quella vicenda, ma ovviamente lo eravamo: “Buongiorno io sono il generale Buttochi, vi dovrei chiedere gentilmente di seguirmi appena il treno arriverà a destinazione.” Toni fece finta di sembrare sorpreso da questa domanda: “Ma perché? È successo qualcosa?”
“ Per il momento niente di irrimediabile, ma tutto dipende da voi.”
Stavolta fui io a porre una domanda: “ Mi scusi, ma su quali basi ci dovremmo fidare di lei? Poi perché tutto questo? Stiamo solo andando dai nostri zii.”
“ Supponiamo sia vero, lui che ci fa con voi, mi sembra un po’ grandicello per essere vostro fratello. In più sembra molto malato, credo sia meglio per voi venire, così diamo una controllata al vostro amico e vi accompagniamo dai vostri zii.”
“No grazie, ce la caviamo da soli.” Dissi : “ Ragazzini forse non avete capito con chi avete a che fare, non mi importa cosa volete, voi verrete con noi, punto.” E così li seguimmo, ci fecero salire su un auto blindata. Io e Toni non riuscivamo proprio a capire come avessero fatto a rintracciarci. Dopo un po’ Toni sembrò notare qualcosa, cominciò a trasmettere in morse battendo il dito sulla coscia, così da non farsi notare dagli agenti. FRONTE GRATTARE TRASMETTITORE, dopo poco capii cosa intendeva, appena saremmo riusciti a scappare gli avrei tolto quel trasmettitore, gliel’avevano messo appena sotto pelle, un’ape avrebbe fatto più male. Probabilmente ci erano riusciti mentre scappava e non erano riusciti più a localizzarlo a causa della grotta. I finestrini erano oscurati e c'era un separatore tra noi e il guidatore, ma c'era un uomo seduto con noi, neanche fossimo stati dei pericolosissimi mafiosi. Dopo un tempo indefinito arrivammo. Eravamo dentro a un parcheggio coperto, probabilmente sotterraneo, prima di salire le scale riuscii a vedere una porta, probabilmente un'uscita, o almeno lo speravo. Appena saliti ci fecero passare al metal detector, che ovviamente suonò, con l’aria più dispiaciuta possibile dissi: “ Oh, scusate, mi ero  dimenticata di dirvi che abbiamo dentro alle scarpe delle strutture in metallo per alcuni per alcuni problemi alle ossa."
“Entrambi?” Il generale sembrava parecchio scettico al riguardo : “Sì è, um, un problema genetico.” Guardai in modo significativo Toni: “Ehm, certo! Perché noi siamo cugini di terzo grado.”
“Allora toglietevi le scarpe e ripassate.” Mentre passavamo Buttochi osservò attentamente l’interno delle nostre scarpe, ma non abbastanza a quanto pare: “ Rimettetevele e seguitemi, il vostro amichetto andrà con i miei colleghi.” Lo seguimmo per una serie di corridoi apparentemente uguali fino ad arrivare a una stanza con delle sedie e un tavolo: “ Prego, sedetevi. Suppongo sappiate perché siete qui.” Toni decise di applicare la modalità finto tonto: “ Ma certo, perché avete visto che il nostro amico stava male e avete deciso di aiutarlo.” Non saprei dire quale faccia tra quelle due fosse quella che avrei preferito vedere in una strada in piena notte, entrambe emanavano disprezzo puro, ma dissimulato in maniera diversa: “Va bene, però per aiutare il vostro amico abbiamo bisogno di più informazioni su di lui.” Stavolta fui io a prendere la parola: “ Si chiama Yuri, viene da Chernobyl ed è per questo che è così, non è affatto malato.”       “Sapete che mentire a un ufficiale è un reato, vero?” Gli sorrisi con innocenza: “ Certo, è per questo che stiamo dicendo la verità.”
                          
Dalla nave spaziale dell'autrice
nel caso non riuscissi più aggiornare è per colpa di Badek che ha deciso di uccidemi (Badek:"TI AVEVO CHIESTO UNA COSA! UNA!" Cattero:"Calmati, stai facendo spaventare tutti così." Badek:"Non provare a dirmi di calmarmi!"), no a parte gli scherzi, credete che riusciranno a non farsi arrestare oppure dovranno pensare a un piano di fuga da una prigione? Tutto è possibile, non ci resta che aspettare la prossima settimana.

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Capitolo 7
*** Il morse, un requisito fondamentale ***


La cella in cui ci avevano messo era abbastanza spaziosa e visto che ci avevano messi insieme, da me e da Toni non si aspettavano nessun tipo di fuga, la tecnica di Toni quindi era servita a qualcosa. Badek non era ancora tornato. “ Io non vedo nessuna via di uscita.”
“Ali, ti ringrazio per il tuo ottimismo, ma se non hai niente di utile da dire non dire niente.”
“ Credo che invece di organizzare una fuga alla Lupin io mi concentrerei a che balla inventare per uscire indenni da questa situazione.”
Tutto questo era stato detto in circa mezz’ora tramite il morse, che comunque prima era stato filtrato da un codice segreto di nostra invenzione.
"Non ho idee.”
“Neanche io.” Sospirai, non c’era niente che io potessi fare, sarebbe stato più facile se avessimo potuto comunicare normalmente, ma avevamo notato due telecamere. Qualche volta per sembrare ragazzi normali molto spaventati ci facevamo qualche domanda banale ad alte voce, a un certo punto fingemmo persino un litigio. Finalmente sentimmo dei passi avvicinarsi, due uomini stavano portando Badek mezzo tramortito in cella: “ Chi è il prossimo?” PENSA E SALVA trasmisi velocemente a Toni: “ Io.” I due uomini sembrarono sorpresi da tanto coraggio, ma il mio non era affatto coraggio era una risposta logica a una domanda che non lasciava molte alternative, a uno di noi due doveva toccare e a me non sarebbe venuta in mente nessuna buona idea, speravo soltanto che a Toni venisse un’illuminazione. Mi legarono a una sedia con delle corde in una stanzetta angusta. Idioti, pensai, avevano fatto tutto questo per farlo assomigliare a un classico film d'azione, avrei voluto sorridere, ma in quel momento dovevo sembrare la persona più spaventata al mondo. Capii che avrebbero cercato di prima di spaventarmi, solo alla fine usare la violenza. Notai che non c'erano telecamere, ma probabilmente una di quelle pareti era a specchio. Dopo poco arrivò il tenente Buttochi: “Non capisco signore, perché queste corde, noi non abbiamo fatto niente di male, non capisco.” Incominciai a singhiozzare: “Perché tutto questo? Siamo sempre stati studenti modello, mai un accusa, forse qualche nota, ma niente di grave.” Ringraziai mentalmente le lezioni di teatro che io e Toni avevamo fatto, era un peccato che ci avessero cacciato per le nostre continue polemiche: “Ragazzina non è per questo che siete qui, la prego si calmi, vogliamo sapere solo più informazioni sul vostro amico, perché dalle nostre informazioni ci risulta che sia un clandestino omicida proveniente dall’Asia centrale. Se adesso mi dice tutto quello che sa le prometto che lei e il suo amico verrete liberati all’istante e portati da vostra zia.”
“Va bene,” singhiozzo “ l’abbiamo incontrato mentre stavamo tornando dalla gita, ci ha detto che gli serviva qualcuno che lo accompagnasse qua a  Pozzuoli, poi saremmo stati liberi di andare.”
“Perché non ce l’avete detto subito?”
“Perché ha detto che aveva dei contatti e che avrebbe ucciso i nostri genitori lui stesso perché sapeva uscire da ogni prigione, ma voi li proteggerete, non è vero?”
“Ma certo! Adesso vi rimandiamo subito a casa, scusateci per i modi poco cortesi che vi abbiamo riservato.”  Sorprendentemente ci condussero veramente verso l’uscita. Toni aveva avuto la buona idea di non dire niente. Mentre percorrevamo tutti quei corridoi le guardie sembrarono  allentare la sicurezza, così io e Toni riuscimmo a parlare: “Cosa hai detto a quel pallone gonfiato?”
“Che Badek ci aveva costretti a collaborare.”
“Cosa?!”
Abbassai la voce.
“Ascolta era l’unico modo, ora dobbiamo stendere le guardie e salvare Badek e sua sorella. Qui nei corridoi non sono piazzate telecamere e ho notato una pianta dell’edificio nel corridoio di destra. Al mio via tu prendi quello di destra e io quello di sinistra.” Per fortuna le guardie erano davanti a noi e saremmo riusciti a colpirli anche facilmente, in più ci avevano ridato i nostri zaini da cui noi tirammo fuori le borracce piene d’acqua che erano fatte in metallo. Insieme ci lanciammo contro i due uomini:"Come sta il tuo?” chiesi: “Oltre al mal di testa incredibile che gli verrà al risveglio sta bene, al massimo farà fatica a parlare per qualche tempo, ma non credo di averlo colpito così forte.”
“Anch’io ho pensato alla stessa cosa, dai sbrighiamoci.” Presi la cartina che era nel corridoio sulla destra e insieme ci mettemmo insieme a studiarla, dopo un po’ riuscimmo a capire dove ci trovavamo e dove si trovasse Badek e forse anche sua sorella, ma non ne eravamo certi. Intanto andammo a prendere lui. Probabilmente quello era il giorno dei colpi di fortuna, perché non era ancora stato spostato da quella cella. Per aprirla provammo a usare quelli che noi ritenevamo fucili che avevamo preso ai due uomini, ma invece di sparare un proiettile partì un raggio di pura energia, o almeno quello che supponevo fosse un raggio di energia pura, perché se no non saprei proprio come definirlo: “Ragazzi avevano detto …”
“Sì lo sappiamo, ma adesso dobbiamo sbrigarci, abbiamo poco tempo. Tu e Toni andrete a trovare tua sorella nelle celle, mentre io vado a verificare in infermeria. Ci troviamo qui tra mezz’ora, state attenti, appena vedranno le riprese della telecamera cominceranno a cercarci, prima però tu togligli il trasmettitore, Toni.” Detto questo cominciai a correre verso la mia meta. I corridoi sembravano tutti uguali, di un bianco abbagliante, ma non ispirava un aria pulita e rassicurante, piuttosto sembrava un  luogo dove molte persone fossero state piegate, distrutte e poi abbandonate a un destino peggiore della morte. Perché non c’è niente di peggio di vivere sapendo che tutto quello che hai fatto è stato distrutto e sostituito in quell’unico momento di debolezza in cui non hai saputo resistere  e hai detto tutto ciò che avevi giurato di non dire. Quando arrivai in infermeria mi sembrò di essere piombata nella stanza delle torture, era pieno di macchinari dai nomi assurdi che davano spiegazioni sul loro utilizzo che facevano rabbrividire. In fondo alla stanza notai una figura sul letto, mi avvicinai, era legata, era molto simile a Badek, era sveglia : “ Ehi, sono Alice, un’amica di tuo fratello, adesso ti libero.”
“ Badek? È ancora vivo?”
 Sentii dei passi avvicinarsi: “Sssh, arriva qualcuno.”
Mi nascosi sotto il letto, sentii delle voci, ma dopo poco si allontanarono: “ Ok, ora ti libero e scappiamo, ce la fai o stai ancora male?”
“No, sto bene, forse non sarò veloce come Bolt, ma posso farcela.”
“Come fai a conoscere Bolt?”
“Le gare Terrestri sono molto apprezzate nel nostro mondo e sono certa che alla fine riuscirà a raggiungere degli ottimi risultati.”
“Se lo dici tu, io sinceramente non guardo molto le gare sportive, ce l’ho fatta, forza.”
Appena uscite da quella stanza iniziammo a correre, a dispetto di quello che aveva detto un attimo prima era molto veloce, ma sembrava molto affaticata. Non incontrammo quasi nessuno, supposi quindi che l’edificio doveva essere enorme. I ragazzi ci stavano aspettando davanti alla cella, sembravano entrambi molto tesi, ma appena Badek vide Samar il suo viso si rischiarò e corse ad abbracciarla. Mentre si salutavano io e Toni cercammo di trovare una via di uscita, sorprendentemente fu Samar a dirci cosa fare: “ Ho sentito dire che la nostra navicella è nella sala 13 e che sono quasi riusciti a capire il suo funzionamento, forse ce l’hanno aggiustata.”
“ Direi che dovremmo tentare di andarla  a prendere.”
                              
Dalla nave spaziale
non è andata così male, direi che ho accontentato tutti (Cattero:"Allora Badek, cosa ne dici?" Badek:"Ho deciso di risparmiarti, per il momento."), almeno io sono sopravvissuta, e a voi è venuta voglia di imparare il morse? Potrebbe sempre tornarvi utile, sempre che qualcun altro lo conosca.

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Capitolo 8
*** Partenza ***


“Tutti a terra, oppure vi faccio un buco nel petto”
 La sicurezza nella voce di Toni mi sorprese: “ Ali, credo che questo soffitto sia apribile, voi cercate di far partire la nave mentre io li convinco a spiegarmi come si apre.”
 “ Va bene, ma non gli fare troppo male.”
 Io e gli altri due salimmo, non che io potessi fare molto. Dopo circa 5 minuti sentimmo delle persone che cercavano di sfondare la porta d’entrata, che noi avevamo prontamente bloccato. Uscii per vedere come era messo Toni: “Ehi, hai capito come funziona?”
 “No, quest’imbecilli non vogliono parlare”
 Mi avvicinai a uno di loro e tirai fuori l’accetta: “ Forse morire per una buona causa non vi sembrerà così terribile, ma essere mutilati, derisi e licenziati invece come vi sembra?”
 Per far sembrare più veritiere le mie parole colpii un uomo alla gamba con il dietro dell’arma, rompendogliela. A quel punto si arresero e ci spiegarono come fare.
"Alla faccia di non fargli troppo male."
Toni mi guardava con una faccia tra lo stupore e la confusione. Eravamo appena riusciti a capire come funzionava il macchinario quando la porta fu sfondata. Aprimmo il tetto e ci mettemmo a correre con tutte le nostre forze verso la nave. Sentivamo i sibili dei colpi che di poco ci mancavano, le urla di Buttochi che impartiva degli ordini e il nostro cuore battere fortissimo contro il petto. Appena entrati il portellone si chiuse alle nostre spalle: “Riuscite a far volare quest’affare?” Chiesi “Stavamo aspettando solo voi.”
Mi rispose Samar.
“Allora partiamo, che prima ce ne andiamo da questo posto meglio è. Insomma dobbiamo ancora salvare la galassia.”
                        
Dalla nave spaziale dell'autrice
capisco che sia un po' cortino (Ali:" Scrittrice dei miei stivali, ci spieghi perché c'è una folla inferocita che ci lancia delle rape?" Cattero:"Prima che arrivino anche quelli coi forconi io proporrei una fuga." Samar:"Un'altra?" Toni:"Io mi metterei a correre."), però dai capitemi, ci tenevo a separare questa prima parte dalle prossime. Non per spoilerare o cose simili, però cercherò di approfondire di più i nostri protagonisti umani.

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Capitolo 9
*** Relazioni ***


Toni si stava facendo la doccia nel bagno di quell'enorme astronave, che a quanto pare poteva funzionare come un normale aereo terrestre, Samar si stava riposando non essendosi ancora del tutto ripresa dai trattamenti ricevuti da parte dei miei simili e Badek guidava. E io? Io guardavo il vuoto davanti a me pensando a cosa stavo facendo, i miei mi mancavano, ormai eravamo scappati da una settimana e mi riuscivo a immaginare come si sentissero. Poi non potevo fare a meno di riflettere sul fatto che forse ci avrebbero bocciato, perché ovviamente la storia che stavamo salvando l'universo non li avrebbe mai convinti. Scoppiai a ridere, una risata tra l'isteria completa e il sincero divertimento, me li riuscivo a immaginare i miei prof. che ci ascoltavano mentre gli raccontavamo la nostra storia. Mi sdraiai sul letto, e guardai il soffitto, ancora scossa da una risata silenziosa.
Poi guardai per terra e il letto sfatto sotto di me, Toni a quanto pare non era stato abituato a farlo ogni mattina.
"Ehi Ali, a cosa pensi?"
Lo guardai sorridendo:"Che forse dovresti metterti qualcosa addosso."
"E perché mai? Non voglio privarti della mia straordinaria bellezza."
Toni era seminudo, aveva solo un ridicolo asciugamano che gli lambiva i fianchi, nessun imbarazzo, eravamo cresciuti insieme, ora che ci penso probabilmente quando eravamo ancora  piccoli ci eravamo anche visti nudi. Ormai la barba gli era cresciuta, però era ancora troppo giovane per poter avere una vera barba, così non sembrava particolarmente maturo, poi faceva uno strano effetto con quei capelli tinti di nero. Mi mancavano i suoi capelli rossi, ma lui imperterrito continuava a tingerli, sosteneva che se no l'avrebbero riconosciuto. E gli avrei dato ragione se fossimo rimasti in Italia, ma erano ormai due giorni che eravamo nei confini russi e dubitavo seriamente che qualcuno avrebbe potuto riconoscerci.
"No Alice, ora sono serio, c'è qualcosa che non va?"
Mi piaceva quando si comportava così, non da idiota, ma come un ragazzo dotato di sentimenti e con una personalità propria, non come una copia identica a milioni di altre. Perché alla fine anche lui verso la fine delle medie aveva dovuto scontrarsi con la realtà e la realtà dove viviamo non è  tutta rose e fiori. Ogni adolescente deve scegliere a un certo punto, se unirsi alla massa, quindi diventare una variante degli stereotipi imposti dalla società o fare lo strano. Lì ci eravamo divisi, io avevo preferito l'individualità, mentre lui il gruppo.
"Stavo pensando che forse verremo bocciati."
"Abbiamo fatto una scelta accettandone tutte le conseguenze, io personalmente mi sento orgoglioso di noi."
"Anche io, ma i nostri genitori non la penseranno così, e neanche i professori."
Toni sospirò, anche se faceva finta di no, anche a lui importava della scuola.
"Vado a farmi una doccia, fammi un piacere: vestiti."
Mentre mi lavavo ripensai alla scelta che avevamo fatto e perché. Io lo sapevo benissimo perché avevo scelto la fragilità dell'io rispetto alla forza del gruppo, io non sarei mai potuta diventare come le altre ragazze, non che mi consideri migliore o superiore, ma con obiettivi e interessi diversi. Mentre Toni non aveva retto alla solitudine, perciò ogni giorno si metteva una maschera e andava scuola, usciva con gli amici e ci provava con le ragazze. Ma delle volte quando era con me tornava a far vedere la parte di lui più fragile, altre volte quella gentile e affettuosa e altre volte ancora quella triste e malinconica. Sono le sfumature a renderci speciali come ci crediamo, ma le altre persone ci giudicano e noi rinunciamo a ciò che ci rende unici. E se ai maschi era richiesto di essere più duri, forti e scatenati delle ragazze loro lo avrebbero fatto, e per le femmine era uguale, a noi si richiedeva di essere alla moda, di parlare dei ragazzi più carini, ed essere più gentili e calme dei maschi. E questi sono solo alcuni esempi, e se anche alcune di quelle cose non mi pesava farle, non volevo essere identificata così. Io sono Alice, non una del gruppo di queste o quelle altre, e questo a un po' di persone piace, è quello che mi rende interessante, ma le maggior parte delle persone invece mi evita. Ma lo trovo accettabile, rispetto a tutto quello che potevo perdere per fare finta di essere qualcun'altra, quello che ho adesso mi basta.
         
La nota positiva di avere i capelli corti era che con cinque minuti di phoon erano già pronti. Uscii dal bagno già vestita.
"Eddai, non potevi fare come me, uscire con solo un asciugamano?"
"Posso ricordarti che sei fidanzato?"
"E con questo?"
Scossi la testa, ma in fondo sorridevo, sapevo che questo era il suo modo per scherzare.
"Visto che l'argomento è questo, come va con la tua ragazza?"
"Va come un cammello va nel deserto."
"Stai finendo l'acqua, non è vero?"
"Si capisce tanto?"
Guardai il suo sguardo perso, mi dispiacque un po' per lui.
"Non ne parli mai e ogni volta che avevi un appuntamento con lei sembrava che ti avessero appena chiesto di sostenere il peso del cielo."
"E' solo che lei è bellissima, ok? E ogni ragazzo ci andrebbe volentieri a letto, ma è anche intelligente. Però se la tira un po' troppo, nel senso sa di essere bella e intelligente e quindi sa di potersi permettere di comportarsi così. Ma è finita con l'esagerare, insomma non è un'asina, ma neanche Turing."
"Quindi tu vorresti una ragazza modesta?"
"No, le persone modeste molto spesso lo fanno solo per prendere più complimenti, vorrei una ragazza che sa chi è e che capacità possiede, ma non per questo si sente la regina del mondo."
Sbadigliai, non perché il suo discorso mi annoiasse, ma ero veramente stanca, erano appena le dieci e mezza, ma era da quando ci eravamo imbarcati per quella missione che dormivo molto male.
Toni mi guardò intenerito:"Forse è meglio andare a letto, cosa ne dici?"
"No, è ancora presto."
"Tu stai per svenire dal sonno."
"Basta guardarmi come se fossi un piccolo tribolo, prima di scoprire quanto sono diabolici quei cosi."
"Solo se adesso dormiamo, e smettila di fare metafore, sembri McCoy."
"Un gran medico."
"Tu hai sempre preferito Spock."*
"E va bene, dormiamo."
Toni spense la luce e io pregai di non vederlo morire come ogni notte.
   
      
  
*Star Trek, animaletti pericolosi, TOS
                                    
Dalla nave spaziale dell'autrice
Sono in ritardissimo, lo so mi spiace, da adesso in poi non riuscirò più ad aggiornare regolarmente, perdonatemi.
Piccolo momento tra i due protagonisti, la prima parte della missione l'hanno compiuta, adesso devono solo recuperare l'idolo e riportarlo su un altro pianeta. Cosa potrebbe andare storto? (Toni:"Di tutto, potremmo essere arrestati dai russi, uccisi nello spazio o rimanere bloccati su un altro pianeta." Ali:"Barbarossa ha ragione." Toni:"Smettila di chiamarmi così." Ali:"No." Cattero: "La potete smettere di litigare?" Ali-Toni:"No.")

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Capitolo 10
*** Confessioni ***


"Toni sveglia, siamo arrivati."
Toni si sfregò gli occhi e sbadigliò:"Sbaglio Ali o hai un aspetto peggio del mio?"
"Parla lo zombie."
Probabilmente aveva ragione lui, ma cosa potevo farci se ogni notte sognavo che venisse ucciso da uno di quei raggi sparati dalle armi di Buttochi? E ogni volta mi sporgevo per vederlo dormire tranquillo sotto di me, ancora vivo. In quel momento mi veniva la voglia di scendere dal mio letto e andarlo ad abbracciare, ma mi frenavo sempre e mi limitavo ad allungare un mano verso di lui, senza mai sfiorarlo. Non volevo perderlo, Toni era il mio miglior amico, il mio confidente, Toni era Toni. Mi mancava quando eravamo più piccoli e stavamo sempre insieme, molto spesso ci chiedevano se eravamo fratelli, ci sarebbe piaciuto tantissimo, ma no, la risposta era sempre no.
"Pianeta Terra chiama Alice, risponda, ripeto..."
"Basta con questa sceneggiata, ho capito, ho solo un po' sonno."
"Ancora gli incubi?"
Cercai di sembrare confusa, come se di incubi non ne avessi mai fatti in vita mia.
"Delle sere ti sento agitarti nel letto sopra, è tutto ok?"
"Ma certo, va tutto alla grande."
Non credevo di averlo convinto, ma non aveva il tempo per ribattere quindi sbuffò e andò in bagno per cambiarsi.
Quando ci raggiunse Samar iniziò a spiegarci il piano:"Ragazzi io e Badek ci sentiamo un po' in colpa  a chiedervelo, ma abbiamo bisogno di voi e probabilmente sarà pericoloso, quindi se deciderete di ripensarci noi non.."
"Ehi, ehi, ehi, non saremo i cacciatori della regina di ghiaccio*, ma non siamo dei coniglietti, certo che vi aiuteremo."
"Toni ha ragione, noi ci stiamo."
"Visto Samar? Sono testardi come dei muli, io te l'avevo detto."
"Va bene Dek. Quindi ne siete proprio certi?"
Alzai le sopracciglia.
"Capito, capito. Quindi sono riuscita a individuare l'idolo, si trova in un paesino al di là della montagna sulla quale siamo atterrati. Voi dovreste superarla, passare il paese e cercarla nella foresta lì intorno."
"E voi che farete?" Chiesi.
"Noi andremo a prendere l'altro pezzo."
"Scusate ma da quanto tempo ci sono due pezzi?"
"Non lo sappiamo Toni, però abbiamo captato la stessa  onda che ci serviva per identificare l'idolo in due posti. Perciò noi andremo a cercarla con la nave, mentre voi a piedi."
"Perché questa scelta?"
"Prima cosa noi soffriamo di più il freddo, come ben sapete, poi io non mi sono ancora ripresa del tutto e cosa più importante non saremmo riusciti ad atterrare, l'unico posto abbastanza grande per ospitare un'astronave di queste dimensioni è la piazza principale del paese. Come sono certa capirete, non è il caso."
"Perciò come faremo a incontrarci alla fine della missione?" Guardai Dek, era ovvio che nella coppia il capo era Samar, ma lui non sembrava per niente seccato dal fatto.
"Dovrete tornare qui, se entro una settimana non sarete tornati vi verremo a cercare."
"E se fosse il contrario?"
I due fratelli prima mi guardarono per un secondo per poi abbassare lo sguardo, visibilmente imbarazzati:"Be' ecco noi abbiamo dato il vostro indirizzo ai capi della nostra, com'è che la chiamate voi? Ah sì, agenzia segreta. Perciò dovrete portare il pezzo di idolo che avete con voi fino a casa, da lì ci penseranno i nostri colleghi a trovare l'altro pezzo."
"Samar dimmi se ho capito bene, dovremo attraversare un montagna senza conoscere i sentieri e senza nessuna preparazione, tornare sempre da soli e nel caso migliore trovarvi qui, se no dalla Russia dovremo arrivare in Italia e aspettare sorridenti l'arrivo dei vostri simili. Manca qualcosa?"
"Sì, direi proprio di sì Ali. Ci stiamo scordando del fatto che potremmo trovarci davanti a un oggetto potenzialmente letale, in quanto non sappiamo se sia radioattivo, se abbia dei meccanismi di difesa o qualunque altra cosa che potrebbe ucciderci."
"Sì ragazzi, è quello che vi chiediamo."
Badek sembrava estremamente a disagio. Scrollai le spalle e sospirai:"Ci servirà cibo, acqua, sacchi a pelo, non so se una tenda possa essere trasportabile e degli scarponi."
"Di tende possiamo darvi una delle nostre, sono estremamente leggere. Noi andiamo a fare i vostri zaini, voi preparatevi."
Appena furono usciti dalla stanza Toni si mise a borbottare:"Magnifico, davvero magnifico, siamo in un luogo scononosciuto, insieme a degli alieni, alla ricerca di qualcosa che potrebbe farci fuori."
"Ma se la prendi così sul ridere potrei pensare che non comprendi i rischi della missione." Lo ripresi io con ironia.
"Ho paura."
Toni mi guardò negli occhi aspettando una risposta, non lo feci attendere:"Anch'io."
"Ce la faremo."
"Assolutamente."
Stavamo rischiando la vita e ne eravamo consapevoli, ma almeno eravamo ancora insieme e entrambi noi stessi.
Mi vestii a strati, canottiera, maglia a maniche corte, felpa, la giacca la lasciai nello zaino, non c'era ancora così freddo. Ero rimasta molto stupita dalla tenda che ci avevano dato, era ripiegata in modo da non essere più grande di una borraccia. Toni era rimasto addirittura a bocca aperta, motivo per il quale non potei fare a meno di prenderlo in giro, va bene che stavamo probabilmente per lasciarci le penne, ma in un modo o nell'altro la tensione doveva essere sciolta. A ogni minuto che passava gli sguardi dei due alieni si facevano sempre più cupi e evitavano in ogni modo un nostro contatto visivo. Quando fu ora di andare ci guardammo indecisi sul da farsi, salutarsi con un semplice ciao o augurarsi buona fortuna mi sembrava troppo poco, ma dargli un abbraccio troppo. Optai per una stretta di mano e un caloroso sorriso, Toni mi seguì a ruota. Poi scesi dall'astonave e iniziai a incamminarmi per la meta. Per orientarci ci avevano consegnato una specie di mappa digitale.
Camminammo per tre ore interrompendoci solo per qualche pausa acqua, quella montagna non era definita collina non si capisce perché, non era per niente alta, settecento metri dal livello del mare, all'incirca, ma comunque rappresentava un pericolo non indifferente. Difatti i sentieri segnati erano pochissimi e non c'era nessun rifugio. Da questa descrizione si può capire da quanta gente frequentava quei luoghi.
"Non credi sia ora di pranzare?"
Mi girai verso Toni, ansimava leggermente per la salita ed era evidentemente affamato:"Sei sempre il solito, non pensi ad altro che al cibo."
"E' la mezza, camminiamo da tre ore in salita per dei sentieri impervi e lo zaino mi sta segando le spalle."
Mi osservò con gli occhi socchiusi:"Tu non stai bene, perché non lo vuoi ammettere?"
Dopo questa domanda mi si accese la lampadina:"Testa di cavolo che non sei altro, ma certo che sei stanco, lo zaino deve scaricare il peso sui fianchi, non sulle spalle!"
Toni sospirò e sussurrò:"Testa di cavolo."
"Come scusa?"
"Hai detto sul serio testa di cavolo?"
"Sì, perché?"
"Perché siamo più in quinta elementare Ali, alla nostra età capita di dire le parolacce."
"Io sono una persona educata."
"E con questo?  Conosco un sacco di persone educate, però non dicono testa di cavolo al posto di testa di cazzo o porta chiusa al posto di porca puttana."
"TONI!"
"E soprattutto nessuno si scandalizza come te a sentirle dire."
"Io non mi scandalizzo, solo che ora non me l'aspettavo."
"Stai evitando la domanda iniziale, cosa c'è che non va?"
"Che stai scaricando il peso sulle spalle, non va bene."
"Ho capito, non me lo vuoi dire, ma sappi che io ci sono sempre per te."
Lo guardai con un mezzo sorriso:"Pranziamo. Spero che più avanti ci sia uno spiazzo per montare la tenda, se no siamo fregati."
Lui mi guardò tristemente e tirò fuori i panini. Mangiammo in silenzio, io evitavo il suo sguardo. Sapevo che se avessi iniziato a dirgli anche solo una cosa sarebbe venuto fuori anche il resto e non era quello che desideravo. Dopo quaranta minuti riprendemmo a camminare, non prima di aver illustrato a Toni come si doveva mettere uno zaino.
Durante le successive quattro ore di cammino nessuno di noi due aprì la bocca, andavano a passo spedito e il sentiero che stavamo seguendo qualche volta ci faceva scorgere dei paesaggi incredibili. In certi punti sembrava quasi di volare e in altri punti eravamo sommersi dagli alberi e il cielo non era per niente visibile.
Per nostra fortuna verso le sette trovammo uno spiazzo. Anche se era molto presto appena un'ora dopo decidemmo di andare a dormire, il sacco a pelo ci teneva al caldo e anche se fuori si stava per scatenare una tempesta, la tenda era picchettata bene e ci dava un senso di protezione. Il vento ululava e la pioggia batteva, il rumore, per quanto assordante, non mi disturbava e evidentemente neanche a Toni visto che si addormentò prima di me. Dopo qualche minuto le palpebre iniziarono a farsi pesanti e anch'io sprofondai nelle braccia di Morfeo.
                                         
Mi risvegliai di colpo, non riuscivo a respirare bene, ero tutta sudata e avevo la vista appannata. Sentii Toni mi diceva qualcosa, ma non capii cosa, mi ci volle qualche minuto per riprendermi. Il mio amico mi fissava preoccupato:"Come ti senti?"
"Che domanda deludente."
"Perché non ne parliamo?"
Feci un sospiro profondo, il momento di dirgli tutto era arrivato alla fine:"Io ho paura, ho sempre avuto paura, di non essere abbastanza, di deludere i miei genitori, di non riuscire a fare quello che mi piaceva e di non essere all'altezza delle mie stesse aspettative. Io non piaccio a molte persone Toni, e questo lo sappiamo entrambi. E per quanto io faccia finta di fregarmene, non posso fare a meno di stare male per quello che gli altri pensano e dicono di me. Quello che stiamo facendo ora non fa altro che accrescere il mio disagio, non posso fare a meno di pensare a cosa diranno le persone quando torneremo. In più ho paura che ti accada qualcosa, che tu rimanga ferito o peggio, ucciso. Io non posso farcela senza nessuno, non sono perfetta. Tutti pensano che io debba essere brava in tutto, ma non posso esserlo e non mi interessa nemmeno così tanto. Però finchè c'eri tu ad aiutarmi era tutto più sostenibile, ma ora te, tralasciando questo viaggio, te ne sei andato anche tu, ti vedo sghignazzare, anche se con un certo imbarazzo e senso di colpa, alle battute che i tuoi amici fanno su di me. Non sono né cieca né stupida  e questo mi fa male, volevo staccarmi da te tempo fa, ma come fare? Sei sempre stato, nel bene e nel male, parte della mia vita. E ora ho paura che tu muoia o che se anche sopravivessimo entrambi io dovrò andarmene perché è evidente che tu non riesci più a mantenere questa amicizia. Cosa credi dovrei fare?"
Non lo avevo guardato negli occhi per tutto il tempo e non volevo farlo neanche in quel momento, per paura di vedere  rabbia o delusione. Inaspettatamente lo sentii avvicinarsi e abbracciarmi stretta:"Non lasciarmi, ho bisogno di te."
Lo sussurrò piano, sembrava una supplica e stava piangendo. Ero molto sorpresa, all'inizio non mi mossi, poi ricambiai l'abbraccio e gli accarezzai i capelli, ancora rigorosamente tinti, con la mano sinistra. Ci riaddormentammo così, avvinghiati uno all'altra, con il terrore che uno dei due potesse alzarsi e andarsene.
          
Dalla nave spaziale dell'autrice
lo so, sono di nuovo scomparsa, ma ero al campo nazionale scout 2018, perciò spero mi perdonerete. Non so quando avrò tempo per riaggiornare, però so di non aver intenzione di abbandonare questa storia, perciò aspettatemi e alla prossima.

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