Il figlio di Howard di kamy (/viewuser.php?uid=60751)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 Resto con te, bimbo mio ***
Capitolo 2: *** Cap.2 La fiera ***
Capitolo 3: *** Cap.3 Giornata al parco ***
Capitolo 4: *** Cap.4 Il caffé di Howard ***
Capitolo 5: *** Cap.5 Howard e Peggy decidono di chiedere aiuto ***
Capitolo 6: *** Cap.6 Attendendo l'ospite ***
Capitolo 7: *** Cap.7 Victor Creed is coming ***
Capitolo 8: *** Cap.8 Post-dinner ***
Capitolo 9: *** Cap.9 Un pesante passato ***
Capitolo 10: *** Cap.10 Creed la baby-sitter ***
Capitolo 11: *** Cap.11 Difficile proseguimento quotidiano ***
Capitolo 12: *** Cap.12 Cafuné ***
Capitolo 13: *** Cap.13 Reinventami ***
Capitolo 14: *** Cap.14 SCREAM! ***
Capitolo 15: *** Cap.15 Al tramonto di una vita ***
Capitolo 1 *** Cap. 1 Resto con te, bimbo mio ***
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all'AU
challenge:
Tabella
Pasticceria:
Prompt:
Grembiule
Cap.
1 Resto con te, bimbo mio
“Tony,
piccolo mio, scendi! È pronta la cena!”
gridò Steve. Il ciuffo biondo cenere gli oscillava davanti
al viso. Si passò le
mani sporche di crema pasticcera sopra il grembiule e si
leccò le labbra rosee.
Tony
saltò tre gradini,
corse in avanti tenendo le mani sollevate e ondeggiò il
pupazzetto di Captain
America.
“C'è
il dolce? C'è il dolce? C'è il dolce?”
chiese, saltellando sul posto. Steve si sfilò i guanti da
cucina. Li posò sopra
il tavolo e sorrise, annuendo. Socchiuse gli occhi e le iridi azzurre
gli
brillarono; abbassandosi, scompigliò i capelli castano scuro
del bambino.
“Solo
perché è il tuo compleanno, ma da domani
sei di nuovo in punizione” stabilì. Tony
gonfiò le guance, strinse il
pupazzetto e indietreggiò fino a raggiungere una sedia. Vi
si arrampicò, si
sedette e dondolò le gambe.
“Ma io
non ho fatto niente” si lamentò. Steve strinse le
labbra fino a farle sbiancare
e chinò il capo.
“Potevi
prendere tua madre. Potevi anche
colpirti solo. Se non ci fossi stato, sarebbe stato un
disastro” lo rimproverò.
Tony
sbuffò, ed incrociò
le braccia.
“L'idea
era proprio di prenderla, infatti, o non
ci avrei provato” sussurrò.
Steve
s'inginocchiò
davanti a lui.
“Tony,
speravo di averti insegnato il valore
della vita umana” lo richiamò, indurendo il tono.
Tony
incrociò le gambe
sulla sedia, vi poggiò in mezzo il giocattolo e
piegò il capo di lato,
gonfiando le guance.
“La
vita umana sarà tanto tanto tanto
importante, però la mamma se lo meritava!”. Steve
gli mise le mani sulle gambe e negò con il capo.
“I
tuoi genitori sono tanto malati e nessuno
merita la morte” ribatté secco.
Tony
si alzò in piedi
sulla sedia, afferrò il pupazzetto e saltò
giù.
“Non
sono malati, sono solo cattivi” sancì.
Steve
lo prese in braccio
e se lo strinse a sé, baciandogli la testa.
“Ne
parleremo poi, ora vatti a lavare le mani,
che si mangia” sussurrò addolcendo il tono. Lo
rimise giù e gli sorrise,
sospirando.
Tony
sfregò i denti tra
loro, gli fece la linguaccia e gli lanciò il giocattolo
colpendolo in fronte.
“Non
trattarmi da idiota!” si lamentò con tono
infantile. Si voltò e corse su per le scale, il maggiordomo
uscì dalla cucina e
prese i piatti che stavano sulla tavola.
“I
signori non mangeranno con voi, signor
Rogers” disse, atono.
Steve
si massaggiò la
fronte e sospirò.
“Capisco
Jarvis, grazie per avermi avvertito”
sussurrò. Raccolse il giocattolo e lo mise sulla sedia,
slacciando i lacci del
grembiule. Lo sfilò e lo appese.
Jarvis
passò le mani
sulla tovaglia, guardò il giocattolo in terra e lo raccolse.
“Vuole
che lo dica io al signorino, per evitare
ulteriori dispiaceri?” chiese.
Steve
raggiunse il
frigorifero e ne tirò fuori una bottiglia di coca-cola in
vetro mettendola sul
tavolo.
“No,
Jarvis, grazie. Tu occupati di
apparecchiare. Lo dico io a Tony”. Si propose, si
voltò e si diresse verso il
bagno.
Tony
uscì dal bagno, alzò
il capo e si sporse sulle punte incrociando le braccia al petto.
“Sei venuto a
chiedere scusa?” domandò.
Steven
negò con il capo e
gli si avvicinò, piegandosi verso di lui.
“Oggi
festeggeremo solo noi due, se ne hai
ancora voglia. I tuoi genitori non possono venire”
spiegò.
Tony
scrollò le spalle,
sospirò e abbassò il capo. Si attaccò
alla gamba del capitano e mugolò.
“Come
sempre” mormorò.
Steve
lo prese in braccio
e lo cullò.
“Io
ci sono e ci sarò sempre” sussurrò.
<
Ho anche lasciato il servizio attivo per te
> pensò.
Tony
si accoccolò al suo
petto, deglutì e strofinò il capo.
“Ma però
se i cattivi invadono la Terra, tu devi salvarla”
sussurrò. Si passò le dita
sotto gli occhi, deglutì.
Steve
gli baciò la fronte
ed annuì.
“Ed
un giorno lo faremo insieme” promise.
<
Come nel mondo da
cui vengo io. Ed ora so come mai, in questi continui paradossi, ti ho
svelato
io come fermare Thanos prima del tempo > pensò.
|
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Capitolo 2 *** Cap.2 La fiera ***
Partecipa
alla Au
Challenge.
Tabella:
PASTICCERIA
Prompt:
Pasticcio
Cap.2
La fiera
"Tuo
padre stasera dovrebbe tornare a
casa" spiegò Steve. Si leccò le labbra rosee ed
abbassò lo schermo del
portatile.
Tony
dondolò le gambe, e sbuffò.
“Steve,
tu credi ancora che il sole giri attorno
alla Terra!” si lamentò. Strinse
la
cartella, osservò la punta del foglio che sporgeva e
gettò l'oggetto alle sue
spalle.
Steve
si alzò in piedi e
raggiunse il piccolo, scompigliandogli i capelli.
"Porta
lo zaino nella tua cameretta, che
ora cucinò" gli disse gentilmente.
Tony
incrociò le gambe sulla sedia.
“C'è
dentro una comunicazione alla famiglia”
spiegò. Gonfiò le guance, abbassò il
capo. “Papà
non la leggerà mai” sussurrò.
Alzò la testa, dilatò gli occhi. “Ti
prego, la guardi tu?” implorò.
Steve
annuì, raggiunse lo zaino del bambino e lo
aprì. Ne tirò fuori una busta chiara, la
aprì e ne uscì una lettera. Andò
nell'altra stanza e la lesse mentalmente. Aprì il frigo e ne
tirò fuori una
confezione di lasagne, chiuse il frigo e la sconfezionò con
una mano sola. La mise
dentro il fornetto, controllando che quest’ultimo si fosse
chiuso.
Tornò
nella stanza
accanto, recuperò una penna dal portapenne accanto al
portatile, appoggiò il
foglio e la busta sulla scrivania, e lo firmò.
"Vai
alla grande a scuola, evita di farti
bocciare per la condotta. Lo so che saltare dalla prima alla quinta
è
difficile, ma avendo saltato una classe ti posso assicurare che alla
fine
significa intelligenza, non un marchio d'infamia" gli
spiegò. Sentì la
serratura scattare, sgranò gli occhi e si voltò
vedendo Howard entrare nella
stanza. Deglutì, richiuse il foglio e lo rimise dentro la
busta.
"Mi
servi alla fiera, oggi" spiegò
gelido lo Stark più grande.
Tony
s'irrigidì, saltò giù dalla sedia e
corse
via, nascondendosi dietro la porta.
Howard
guardò la busta,
la raggiunse.
“E
questa?” chiese. Alzò il capo. “Abbiamo
la fiera, spero per te che Anthony non abbia
fatto un altro pasticcio” ringhiò.
Steve
prese la mano di Howard e lo trasse a sé.
"Viene
anche il bambino?" domandò.
Howard
si guardò intorno, intravide il capo di
Tony nascondersi dietro la porta e sospirò, agitando il
foglio.
“Dimmi
che non è un altro pasticcio. Ha sparato
o fatto esplodere qualche insegnante?” domandò.
Sbuffò, gettò il foglio dietro
di sé e si raddrizzò le bretelle. “Deve
venire per forza, deve imparare il mestiere prima o poi”.
Steve
annuì, lasciò la mano dell'uomo e si
voltò. Raggiunse Tony e si inginocchiò accanto a
lui.
"Hai
sentito? Papà oggi ci fa andare con
lui" sussurrò gentilmente.
Tony
alzò il capo, lo scosse, e si nascose
maggiormente.
“Papà
è arrabbiato per la scuola ed io non
voglio vedere i soldati, li odio” si lamentò.
Howard
guardò Steve, osservò il figlio, ed
abbassò il capo leggendo il foglio, corrucciando la fronte.
“Perché
hai firmato tu, Steven?”.
Tony
sobbalzò e si aggrappò alla gamba del
Capitano.
"Sono
nel comitato genitori della scuola e
tu solitamente non firmi" spiegò Steve. Prese il bambino tra
le braccia e
lo cullò.
Howard
sbuffò.
“Non
voglio firmare, voglio sapere cosa hai
firmato” specificò.
Guardò
verso i due, fece una smorfia e grugnì.
Tony
si strinse a Steve
chiudendo gli occhi.
Steve
indietreggiò.
"Faremo
tardi e non possiamo permettercelo
con l'opinione pubblica" rispose indurendo il tono. Si voltò
e si diresse
verso l'uscita.
Howard
guardò Steve avanzare verso l'uscita, lo
afferrò per un polso e lo trasse a sé.
“Un
caso di insubordinazione ha la precedenza
nazionale” sibilò.
Tony
tirò ripetutamente la manica di Steve.
<
Diglielo e basta, stupido! > pensò.
"Ha
dato dell'idiota alla maestra e non ha
tutti i torti" bisbigliò Steve, tenendo il capo chino.
Howard
guardò il figlio, dilatò le narici
ringhiando, ed alzò il capo.
“Non
dovresti giustificarlo. Ha torto lui”
sancì.
Tony
si morse il labbro.
“Però
visto che l'ho fatto mi passano in quinta”
sussurrò.
Howard
aggrottò la fronte e guardò Steve.
Steve
annuì e deglutì a vuoto, sentendo le
unghie dello Stark più grande conficcarsi nella pelle.
Howard
si scostò da Steve.
“Me
lo spiegherai in macchina, e cerca di essere
obbiettivo” ordinò.
Tony
sospirò di sollievo, strinse le braccia al
collo di Steve e strusciò il capo sulla sua pelle.
"Agli
ordini, Mr. Stark" ribatté atono
Steve. Irrigidì i muscoli, prese la mano di Tony nella sua e
seguì il padrone
di casa.
-
Finiamo sempre in un bel pasticcio -pensò.
|
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Capitolo 3 *** Cap.3 Giornata al parco ***
Tabella:
Pasticceria
Prompt: Torta al cioccolato
Cap.3
Giornata al parco
Steve
allacciò la cintura a Tony, gli passò una
mano tra i capelli castani scompigliandoli e sorrise.
"Vedrai
che adesso al tuo papà passa
l'arrabbiatura. Avrà avuto una giornata difficile"
sussurrò. Baciò la
guancia di Tony.
"…
E poi è venuto a casa come ti avevo
detto, ci porta addirittura fuori. Lo so che non ti piacciono i
soldati, ma in
una fiera ti divertirai" sussurrò. Chiuse lo sportello, si
sedette accanto
al posto del guidatore, e chiuse anche il proprio di sportello.
Tony
dondolò le gambe, e sbuffò sonoramente,
gonfiando le guance.
“Non
ho capito perché si è arrabbiato. Sono
stato il più bravo!” si lamentò.
Steve
si allacciò la cintura e si mordicchiò il
labbro.
"Perché
hai preso quella nota di condotta,
ma vedrai che ora lo convinco a compranti una bella torta al cioccolato
o alla
panna. In fondo è vero, a scuola vai bene e vai premiato,
visto che è un po'
che non tenti più di uccidere nessuno". Aggiunse.
<
In fondo è normale
che abbia agito così. Sua madre ha tentato nuovamente di
ucciderlo. L’hanno
dovuta ricoverare per quello in un istituto. Ai miei tempi, neanche si
parlava
di concetti come ‘depressione post-partum’. Eppure
fanno così tanti danni >
pensò.
Si
voltò e guardò Howard entrare in macchina,
mettendosi dietro il volante.
Howard
fece partire la macchina, Tony si nascose
dietro il sedile di Steve.
Howard
sospirò, e allentò
la presa sul volante.
“…
E così” disse “qualcuno è
troppo sveglio per
fare la prima elementare”.
Tony
arrossì, si strinse le gambe al petto.
Howard
guardò Steve,
grugnì.
“Fiera?
Non ho alcuna intenzione di portarvi
alla fiera. Non è un posto per donne e bambini”.
Steve
si massaggiò le tempie ed espirò
rumorosamente.
"Prima
di tutto mi hai detto tu che ti
servivo. Secondo non vedo donne. Terzo non puoi sempre dire qualcosa
per poi
rimangiartelo" ribatté. Allungò le gambe,
sbattendo con le ginocchia
contro il cruscotto.
Howard
sbuffò, s'infilò in un vicolo
accelerando.
“Penso
che mio figlio preferisca qualcosa di più
esaltate di un paio di scimmie ballerine”.
Tony
poggiò il capo sul sedile di Steve, e si
sporse.
“Vuol
dire che posso scegliere io?” domandò, con
tono basso.
Howard
si voltò, tenne il volante con una mano
spingendo il figlio seduto con l'altra.
“Solo
se la tua baby sitter la smette di
tormentarmi ogni volta che fai i capricci”.
<
Da quando Maria si è ammalata, mantenere
i contatti con la realtà è sempre più
difficile.
Se
Steven non fosse arrivato dal futuro,
probabilmente mi sarei già ammazzato guidando
l’aereo completamente ubriaco
> pensò.
Tony
arrossì, stringendo i pugni.
“Io
non faccio i capricci!”.
Steve
guardò fuori dal finestrino, vedendo la
casa allontanarsi.
"Tony
non ti lamentare e decidi"
ribatté.
Tony
si morse la lingua, e storse il labbro.
“Possiamo
andare al parco?” chiese, con tono
flebile.
Howard
sogghignò e tirò una gomitata a Steve,
ridacchiando.
“Possiamo
andare al parco?” ripeté, guardandolo
con gli occhi socchiusi.
"Solo
se gli compri anche una torta alla
panna" rispose Steve. Arrossì e guardò il
tettuccio della macchina.
Howard
fece lo slalom tra le macchine.
“Al
caffè” rilanciò.
Tony
si sporse, sorrise.
“Posso
averla davvero al caffè?”.
Steve
congiunse le mani, sporse il labbro
inferiore e annuì.
"Vada
per quella al caffé" capitolò.
Tony
saltellò sul sedile, Howard lo guardò dallo
specchietto e addolcì lo sguardo; rallentò, e
tossì ripetutamente.
“Sta
seduto, o ti portò alle Stark Industries,
nella sezione segreta degli esperimenti sui bambini”.
Steve
sospirò e negò con il capo.
-
Non ho a che fare con un uno, ma con due
bambini - pensò.
Tony
si sedette con le mani sulle ginocchia.
“Tanto
lo so che non esiste, questa sezione”
borbottò.
Howard
s'infilò in una strada principale,
accelerò e socchiuse gli occhi.
“Questo
lo dici tu”.
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Capitolo 4 *** Cap.4 Il caffé di Howard ***
Partecipa
all'AU challenge:
Tabella:
pasticceria
Prompt:
caffé
con panna
Cap.4
Il caffé di Howard
"Ti
sei mangiato metà della torta al caffè,
sicuro che vuoi ordinarlo?" chiese Steve. Guardò il chiosco
alla fine
della fila di teste ed incrociò le braccia. Si
voltò e vide Tony correre
intorno ad un'altalena.
<
Alle volte sembriamo quasi una
famiglia normale. Non per questi tempi, ma ormai sono rimasto
più futuristico
di quanto dovrei essere.
Peccato
che io non faccia realmente
parte di questa famiglia. Sto vivendo delle gioie che non mi
appartengono, quando
loro, in realtà, stanno soffrendo.
Solo
che ho voluto accettare il
consiglio del Tony adulto che ho lasciato nel futuro; iniziare a vivere
la mia
vita. Per una volta non voglio essere quello che si getta su una mina
per
evitare che gli altri esplodano > pensò.
Howard
gli ticchettò sulla spalla, osservò il
figlio saltare, aggrapparsi all'altalena e cadere in terra; sbuffando,
si voltò
a guardare il chiosco.
“O caffè con panna, o morte”
sancì.
Steve roteò gli occhi e guardò una donna
allontanarsi con in mano il bicchiere
di carta con scritto cappuccino.
Howard
avanzò nella fila.
“Un caffè con panna” ordinò.
Allungò una banconota da cinquanta dollari, e
ticchettò
in terra con il piede.
“Lasciamo Tony al parco e torniamo a casa. Possiamo
festeggiare” propose.
Il
barista lasciò il caffè nero che
stava preparando e si mise a fare un caffé con panna.
"Ancora arrabbiato perché il bambino ha problemi di
disciplina?"
chiese Steve, avvicinando il viso a quello di Howard.
Howard
sospirò, passando le dita
sotto le bretelle.
“No. Non solo. È troppo iperattivo, e tu non sai
più gestirlo da quando ha
imparato a camminare”. Il cameriere porse il
caffè a Howard, una donna
sospirò, un paio di ragazzi gridarono al cameriere e un uomo
digrignò i
denti.
Steve
si massaggiò la fronte e si
leccò le labbra. Sentì qualcuno tossire alle sue
spalle e sorrise.
<
Ancora mi fa impressione pensare
che al mattino ero tornato al giorno della nascita di Tony con Tony
adulto e, a
distanza di giorni, sono andato nuovamente a quel giorno per restarci.
Ho visto
Tony nascere, quando lo avevo salutato con sua figlia in braccio solo
poche ore
prima > rifletté.
"Peggy!" salutò, riconoscendo la donna.
Peggy
gli sorrise, ed indicò Tony
sull'altalena.
“Qualcuno lo sta guardando? Aveva smontato tutto. Che razza
di genitori
siete?”.
Steve
incrociò le braccia al petto e
chinò il capo, guardandosi le scarpe.
"Ci stavamo andando. Howard aveva bisogno di un caffè"
spiegò.
Howard
leccò la panna, e sbuffò.
“Come dicevo. Ogni volta che si distoglie lo sguardo, smonta
qualcosa!”.
Peggy
rise.
“È molto creativo”.
Steve
sfilò un fazzoletto dalla tasca
e lo porse a Howard.
"Mi
sa che ho bisogno di aiuto"
ammise.
<
… Genitori. Alle volte vorrei
che Howard mi considerasse un po’ come l’altro
genitore di Tony e non come la
sua balia. Che io non fossi per lui soltanto un amante da utilizzare
per
rimanere con i piedi per terra, ma qualcosa di più, un
compagno magari.
Forse
se fossimo più uniti, Tony
soffrirebbe meno. Si sentirebbe parte di una vera famiglia >
pensò.
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Capitolo 5 *** Cap.5 Howard e Peggy decidono di chiedere aiuto ***
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Tabella:
pasticceria
Prompt:
farina
Cap.5
Howard e Peggy decidono di chiedere aiuto
Peggy
chiuse la chiamata abbassando il cellulare, e lo infilò
nella tasca
della giacca.
<
Le tecnologie in questa casa restano le più avanguardistiche
del globo
> pensò.
"Trovo
ridicolo che nessuno di voi due abbia pensato di
chiamarlo".
Howard
sbuffò, sorseggiò una granita alla menta
succhiando rumorosamente, e
scrollò le spalle.
"Tanto
varrebbe portare Tony allo zoo e chiuderlo nella gabbia dei
leoni. Avrebbe la stessa reazione e probabilmente gli stessi aiuti".
Steve
guardò Tony iniziare a rimontare i giochi del parco appena
smontati,
mentre gli altri bambini piangevano.
"Sono
d'accordo con il chiedere aiuto, ma pensavo lo avresti fatto tu,
Peggy".
Si
sfilò un fazzoletto dalla tasca e pulí il viso di
Howard sporco di
panna.
Peggy
alzò gli occhi al cielo, si mise tra i due uomini, ed
alzò il capo,
passando lo sguardo da uno all'altro.
"Ha
già una madre, ed anche troppo apprensiva... e mi sto
riferendo a
te, Steven. Non sono definitivamente portata per fare il padre, anche
se forse
chiunque sarebbe più portato di te Howard. Gli serve un vero
aiuto, qualcuno
che capisca cosa gli passa per la testa".
Howard
grugnì, accartocciò la cannuccia, e la
gettò nel cestino con un
lancio perfetto.
"Un
vero aiuto?
Che
ne dici di un neurologo con seconda laurea in psicologia e terza in
termodinamica? Almeno per essere sicuri parli la stessa lingua di Tony".
Peggy
incrociò le braccia, e sorrise.
"Qualcuno
che conosce gli Stark".
Steve
mise una mano sulla spalla di Howard, rimettendosi il fazzoletto in
tasca.
"Ho
capito, è meglio che ve la vediate tra voi. Resteremo soli
un'altra volta" sussurrò.
Raggiunse
Tony intento a montare un'altalena e gli s'inginocchiò
accanto,
sorridendogli.
"Che
ne dici, ti va di fare una passeggiata con me? Andiamo al
supermercato, se vuoi".
Tony
alzò lo sguardo arricciando le labbra, guardò
Peggy ed Howard, e si
voltò verso Steve mettendosi in piedi.
"Avevo
capito che aspettavamo qualcuno" disse.
Steve
negò con il capo, facendo ondeggiare il ciuffo biondo cenere.
"No.
Devono ancora invitarlo, chiunque sia lo troveremo a casa stasera.
Così
papà intanto si è calmato, che oggi era
arrabbiato".
Prese
la mano del bambino nella propria.
"Compriamo
anche qualcosa per gli ospiti. Non dimentichiamo che ho
finito la farina. Perché qualcuno l'altro giorno se
l'è fatta finire tutta
addosso e si è sporcato il nasino". Scherzò Steve.
Tony
allungò la mano e prese quella dell’adulto nella
propria, abbassò il
capo guardando in terra, stringendo le labbra.
"Mi
piaceva il parco" protestò.
Alzò
il capo verso Peggy ed Howard, vedendoli parlare tra loro,
arricciò il
naso e strinse con forza le dita di Steve. Mugolò,
gonfiò le guance sbuffando e
gli strinse la mano con entrambe le proprie tirandosi su.
"Ma se mi compri le barrette
al caffè, farò il bravo a cena!" promise.
Steve
ridacchiò e si alzò in piedi.
"Allora
siamo d'accordo. Barrette e farina".
<
Con tutta questa caffeina in corpo, non mi sorprende siano sempre
eccitati > rifletté.
|
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Capitolo 6 *** Cap.6 Attendendo l'ospite ***
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Tabella:
pasticceria
Prompt:
impasto
Cap.6
Attendendo l'ospite
Steve
osservò l'impasto per pizza adagiato sul tavolo e socchiuse
gli
occhi. La luce della lampada della cucina si rifletteva nelle sue iridi
azzurre.
"Sta
levitando bene. Per l'ora di cena e per l'ospite sarà
pronto" sussurrò. Ticchettò la punta dei piedi
tra loro e si voltò verso
Howard.
"Peggy
è sparita di nuovo o resterà da noi per un po'?"
domandò.
Osservò
il giornale dietro cui era nascosto il viso dell'altro uomo e si
massaggiò il collo.
"Le
hai spiegato dov’è Maria o le hai raccontato la
storia della
vacanza in Europa?
Chi
diamine hai invitato, alla fine?" domandò.
Howard
girò pagina, schioccò la lingua sul palato, e
sospirò.
"Ha
fatto tutto Peggy. Non voglio parlarne. Potrebbe comparire adesso
o domani o mai, mi sto preparando psicologicamente. Dov'è
Tony?".
Steve
coprì il contenitore con dentro l'impasto con una pezza e si
voltò
nuovamente verso Howard.
"È
in camera sua. Nemmeno oggi è riuscito a fare amicizia al
parco,
sono preoccupato".
Howard
piegò il giornale in due, lo gettò alle proprie
spalle, e sospirò,
alzando il capo.
"Credimi,
avrà poca importanza cosa riesce o non riesce a fare, se
Peggy è riuscito a convincerlo".
Steve
spostò una sedia, vi si accomodò e
accavallò le gambe.
"Forse
non avrei dovuto fargli mangiare tutte quelle barrette a Tony.
È
già iperattivo" sussurrò. Piegò di
lato il capo e si massaggiò una spalla.
<
Peggy ha detto chi voleva invitare, ma avrà sicuramente
cambiato idea.
Parlava di qualcuno che conosce gli Stark.
Da
quando quel pazzo furioso li conosce così bene? Il padre di
Howard non
era un semplice fruttivendolo? > si domandò.
"Non
è che avete invitato qualcuno che la pizza non la mangia,
vero?
O
l'impasto lo posso buttare".
Howard
roteò gli occhi, si alzò da tavola girandovi
intorno, guardò
l'impasto, lanciò un'occhiata oltre la porta della cucina, e
sbuffò camminando
avanti e indietro.
"Mangia
tutto quello che gli viene messo nel piatto, quando è
così
fortunato da averne uno".
Steve
gli afferrò un braccio e lo guardò in viso, il
suo sguardo si fece
intenso.
"Se
Peggy non è in casa, potremmo prenderci un momento da soli".
Howard
lo scostò, grugnì, e si allontanò.
"Cosa
non capisci della frase 'aspettiamo ospiti', Steve?"
chiese. Si sedette, afferrò un sigaro dalla tasca e
grugnì. "Controlla tuo
figlio, o la casa, o il perimetro, o tutti e tre magari".
Steve
si alzò in piedi.
"Agli
ordini, Mr. Stark".
<
Lo ha chiamato ‘mio figlio’. Fino a poco tempo fa
non lo avrebbe mai
fatto > pensò, sorridendo.
“Il
giorno in cui
‘scongeleranno’ il te stesso di questo tempo,
sarà complicato spiegargli come
mai ci sono due di voi” disse Howard, giocherellando con un
bicchiere colmo di
liquore.
“Sono
convinto che il
nostro piccolo Tony già sappia tutto” disse
Steven, cercando di sfilarglielo
dalle mani.
“Nostro?”
lo interrogò
Howard, inarcando un sopracciglio.
Alzò
le braccia sopra
di sé, allontanando il bicchiere del soldato.
“Al
massimo dovrai
spiegargli perché è vietato creare macchine del
tempo e fare viaggi temporali.
Per non parlare del fatto che dovrà comportarsi con
l’altro Steve come se non
mi avesse mai conosciuto quando se lo troverà di
fronte” ribatté Steve.
Howard
finì il
contenuto del bicchiere in un paio di sorsate.
“Sai,
quando sei
tornato, ho pensato avresti sposato Peggy” ammise.
Rogers
abbassò lo
sguardo e sussurrò: “Ci ho pensato”.
“Perché
non lo hai
fatto?” domandò Howard, posando il bicchiere sul
tavolo dove c’era il modellino
della città del futuro.
“Potrei
dirti che è
perché lei non mi amava, ma lo avrebbe fatto per quella
leggera infatuazione.
La verità è che io…”.
Iniziò a spiegare Steven.
“Steve,
Steve, Steve!”
strepitò Tony, entrando saltellando nella stanza.
“Oh,
eccoti qui,
piccolo” disse Rogers, correndogli incontro.
|
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Capitolo 7 *** Cap.7 Victor Creed is coming ***
Cap.7
Victor Creed is coming
Peggy
si mise seduta sul gradino della porta, strinse l'orlo della gonna
guardando il cancello, e premette i tacchi delle scarpe sul tappetino,
fissando
più intensamente possibile davanti a sé.
"Andiamo
Peg! La pizza si raffredda, non è detto che venga!"
urlò
Howard da dentro.
Peggy
poggiò le mani in grembo e strinse le labbra rosse.
"Dagli
tempo".
<
Lo so che verrà. Non ne ho dubbi, è come se lo sentissi
sulla pelle. Quando
Steve non c’era, non facevo che pensare a lui. Da quando
è tornato, è come se
mi fossi resa conto che lo stavo idealizzando solo per non accettare a
chi
pensavo davvero.
Howard
è Howard. Lui è stata la mia più
grande infatuazione, ma non posso
continuare ad illudermi come una ragazzina. Howard non mi
ricambierà mai, sono
solo stata una delle tante che è caduta nella sua rete
> pensò.
Ci
furono una serie di fruscii, la mole di un uomo atterrò a
gattoni
davanti a lei.
Creed
si alzò in piedi, facendo ondeggiare la fine della sua lunga
casacca
nera. Ghignò, mostrando i canini aguzzi, e ritirò
gli artigli da felino.
"Non
si rifiuta mai una pizza tra amici... soprattutto se c'è una
birra" disse ironico, con voce gutturale.
Peggy
si alzò con un sorriso, si morse il labbro e lo raggiunse.
"Sei
in ritardo".
"È
arrivato?" urlò Howard.
Creed
si passò la mano tra i corti capelli mori,
allargò l'altro braccio e
finse un inchino.
"È
un piacere per me vederti Carter. Vedo che tacchi e berretta sono
ancora tra noi".
Peggy
roteò gli occhi, arricciando le labbra.
"Devo
presentarti qualcuno".
Howard
raggiunse la porta, alzò il capo, ed assottigliò
le labbra,
grugnendo.
"…
Mio figlio Antony. Peg qui pensa sia una buona idea".
Creed
camminò intorno ad Howard e digrignò i denti,
dando vita a un verso
stridulo.
"Finalmente
avremo uno Stark" ruggì.
Ci
furono una serie di bassi tonfi ripetuti, Howard si voltò e
sogghignò,
vedendo il figlio saltare a piedi uniti ogni quattro passi.
Howard
si spostò, indicò la casa, ed accentuò
il ghigno.
"Ne
dubito".
Creed
si afferrò il bavero della casacca e se lo
aggiustò con un gesto
secco, scrollando le spalle.
"Vedremo"
disse. Avanzò con passo cadenzato e raggiunse Tony.
Piegò le ginocchia e chinò il capo, guardando il
bambino che aveva sceso le
scale.
"Tu
sei?" domandò.
Steve
si fermò a metà della scala e
s'irrigidì.
"Peg,
mi infastidisce dare ragione a Howard, ma la gabbia dei leoni
era un'ottima metafora" disse.
Peggy
si voltò, Tony si fermò davanti a Creed,
alzò il capo, e lo piegò
appena verso sinistra accennando un sorrisino furbetto.
"Tony
Stark" disse. Lanciò uno sguardo a Steve e sorrise
ampiamente.
"…
E adoro i leoni!".
Victor
si portò una mano alla tasca e con le unghie aguzze
tirò fuori una
medaglia al valore, la stella sopra di essa brillò alla luce
della lampada.
"…
E dimmi, ti piace leggere?" gli domandò.
Tony
scattò in avanti, allungò le mani sfiorando la
stella con le dita e
sorrise, gli occhi gli brillarono.
"Ho
letto tutti i libri di casa tre volte".
Howard
grugnì sbuffando, Peggy gli sfiorò il braccio.
"Idea
tua?" domando quest’ultima.
Howard
si scostò, borbottando.
Creed
ghignò, i canini aguzzi gli sfiorarono le labbra.
"Se
mi fai dei riassunti olografici di tre pagine su tutti i libri,
mentre loro apparecchiano… E riesci a crearlo tu il
proiettore olografico e i
dati, la stella è tua. Parola mia" gli promise.
Steve
schioccò la lingua sul palato scendendo un paio di gradini.
"Come
se il generale sapesse leggere" bofonchiò a bassa voce.
Tony
storse il labbro, aggrottando la fronte.
"Posso
crederti?" domandò, con tono serio.
Howard
deglutì e Peggy gli poggiò una mano sulla spalla.
"Diffidente,
eh?".
Howard
lanciò uno sguardo a Steve, sbuffò.
"Come
un vero uomo d'affari".
Creed
si rimise in piedi, facendo ondeggiare la medaglia.
"Nel
mondo degli affari c'è una grande dose di rischio. Non
è fiducia,
è valutazione dei rischi. Io sono un soldato, per di
più un ospite. In una
situazione perciò di svantaggio, ingannarti mi si
ritorcerebbe contro. Inoltre
hai degli adulti che ti tutelano, puoi controllare le loro reazioni nei
miei
confronti in ciò che potrebbe risultare simile alla fiducia.
Per
concludere non ne ricavo niente né a prendere i dati,
né a darti
l'oggetto. Fa parte di una transazione più ampia, se
così si può dire"
spiegò.
Si
rimise la stella in tasca e si sfregò le mani pelose tra
loro.
"Suppongo
che la femminuccia abbia cucinato. Quando si mangia?"
chiese a Peggy.
Steve
digrignò i denti, finendo di scendere le scale.
Peggy
storse il labbro chiudendo la bocca socchiusa, sorrise.
"Immagino
adesso".
Tony
guardò la tasca di Creed, osservò il padre, si
voltò verso Steve e
guardò Peggy.
<
Papà ha paura, Steve è arrabbiato e Peggy
sorpresa. Non è molto ok
> si disse.
Guardò
di nuovo la tasca di Creed, sorrise.
"Voglio
la stella. Vado a fare le cose, arrivo per cena!"
strillò. Superò Steve e corse su per le scale.
Steve
sospirò e scosse il capo.
"Lavati
le mani, prima di scendere!" gli gridò.
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Capitolo 8 *** Cap.8 Post-dinner ***
Cap.8
Post-dinner
Creed
si portò uno stuzzicadenti alla bocca e si pulì
un canino.
"Steve
resta il solito. Non avevo mai visto pizze con forme così
astruse" bisbigliò a Peggy.
"Tony
non giocare con quella medaglia a tavola" risuonò la voce
di Rogers in cucina.
Tony
gonfiò le guance stringendo la medaglia tra le dita, la
rigirò
osservandola brillare.
"Non
le fa mai rotonde, o non le mangio" spiegò.
Peggy
sospirò, prese la stella e l'appuntò al petto di
Tony.
"Non
dovresti fare i capricci".
Howard
grugnì stringendo il caffè in mano.
"Non
fa altro".
"Non
sarebbero cerchi perfetti" ribatté Creed.
Steve
sbuffò, prendendo i piatti dal tavolo.
"Non
posso certo usare il compasso" ribatté.
Tony
si sporse sul tavolo allungandosi verso Creed, sporse le labbra
socchiudendo gli occhi.
"Ma quindi è vero che sai
tutto?".
Howard
roteò gli occhi, sbatté la tazzina sul tavolo con
forza.
"Solo
di noi".
"Howard,
non sbattere le cose sul tavolo, per favore" chiese
Steve. Aprì l'acqua ed iniziò a lavare i piatti.
Creed
allungò le gambe sotto il tavolo e mi se le braccia dietro
la testa.
"Conosco
gli Stark da generazioni".
Tony
saltò giù dalla sedia e corse fino a Creed, si
sporse sulle punte e
gli poggiò le mani sulla gamba facendo leva.
"E cosa fai?" chiese.
Peggy
sospirò scuotendo il capo, diede uno scappellotto dietro il
collo di Howard.
Howard
sbuffò.
"Tony,
non infastidire l'ospite".
Creed
alzò la gamba, sollevando da terra il bambino che vi si era
aggrappato.
"Li
rendo Stark".
Peggy
strinse le labbra e Howard guardò verso Steve, Tony sorrise
ampiamente arrampicandosi sulla gamba di Creed, vi si sedette e lo
guardò.
"E che vuol dire?"
chiese.
Steve
si sfilò i guanti, raggiunse il bambino e lo
staccò dalla gamba.
"Stai
attento" lo rimproverò.
Peggy
sorrise, si alzò e prese il bambino in braccio, lo rimise
sulla gamba
di Creed e ticchettò sul braccio di Steve.
"Non
lo mangia, Steve" lo rimproverò.
Howard
assottigliò le labbra fino a farle sbiancare e
fissò la tazza di
caffè.
Tony
li guardò, mugugnò, scrollò le spalle
e si aggrappò alla gamba di
Creed.
"Allora?".
Steve
sospirò e scosse la testa, tornando al lavandino.
"No,
ma Tony potrebbe cadere di testa" ribadì.
"Gli
Stark vogliono sfruttare al meglio la loro intelligenza nel mondo
delle armi e dell'industria.
…
E allo stesso tempo, sembrare normali.
Perciò
si fanno dare qualche dritta da me" spiegò Creed.
Conficcò lo
stuzzicadenti in un pezzo di pane che aveva lasciato sul tavolo.
Tony
oscillò sulla sua gamba, gonfiò le guance, e mise
il broncio.
"Papà
ti ha chiamato per colpa della maestra quindi" si lamentò.
Howard
alzò lo sguardo strabuzzando gli occhi, e aprì la
bocca, Peggy lo
raggiunse con una gomitata e Howard grugnì, abbassando lo
sguardo.
Creed
fece una risata gutturale.
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Capitolo 9 *** Cap.9 Un pesante passato ***
Cap.9
Un pesante passato
"Ti
ho già spiegato che non è vero che so tutto"
disse Creed.
Osservò Tony rincorrere la sua coda e la
divincolò più velocemente. Si girò e
tornò a guardare un tomo.
"Questa
robaccia è ancora troppo facile per uno Stark. Tuo padre si
limita davvero tanto quando ti compra i libri" brontolò.
Tony
ridacchiò, saltellò sul posto dimenando le mani
per afferrare la coda,
e rotolò cadendo in terra, si rimise in piedi e
saltellò sul posto.
"Li
compra Steve in realtà, papà dice che devo prima
finire tutti
quelli di famiglia, ma aspettando che arrivino Steve mi prende questi".
Creed
lo afferrò per la maglia con due dita e lo
sollevò, mettendoselo
davanti al viso.
"Fammi
indovinare. In realtà tu hai letti anche quelli nuovi tutti
tre
volte e tuo padre non l'ha ancora capito. Vero?" domandò. Lo
guardò
divincolarsi e ghignò.
Tony
gli afferrò i lati del volto, stringendo tra le manine i
peli della
barba dell'altro. Annuì più volte, sogghignando.
"C'erano
anche dei segni sui libri, sembrava un codice, ma poi Steve
ha detto che mi aiutava a capirlo e non abbiamo ancora finito di
codificarli".
Creed
lo appoggiò sul proprio ginocchio e sbuffò.
"I
simboli sono miei. Non so leggere e mi servono per ricordarli in
ordine. Non hanno un vero significato, complottisti" disse con voce
bassa
e ringhiante.
Gli
dimenò la coda davanti.
Tony
scattò in avanti afferrandola, la strinse contro il petto e
affondò il
viso nel ciuffo in cima, mugugnando soddisfatto. Sollevò lo
sguardo
socchiudendo gli occhi marroni.
"Steve
ha sempre almeno dieci teorie del complotto prima dei cartoni
del mattino!".
Creed
mise la coda a terra, trascinandosi il bambino sul pavimento.
"Se
ora corri e li riesci a finire tutti per l'ora di cena, ti
portò
in giro sulla spalla per almeno tutta la settimana" lo
invogliò.
Tony
storse il labbro, guardò la spalla di Creed ed uno dei tomi,
ondeggiò
ripetutamente sul posto.
"Ma li ho già letti tutti
tre volte! Non posso ri-rileggerli tre volte per cena!".
"Cerca
di decifrare l’ordine dei simboli senza l’aiuto del
capitano,
moccioso" borbottò Creed. Si grattò la punta
aguzza di un orecchio.
Tony
sorrise ampiamente, annuì più volte saltellando
sul posto, e gli
lasciò la coda. La indicò, e socchiuse gli occhi,
sporgendo le labbra.
"Tu
aspettami qui, coda" ordinò. Si voltò e corse
verso il fondo
della libreria.
Creed
schioccò la lingua sul palato e scosse il capo.
Reclinò la testa all'indietro
ed ascoltò i rumori della casa. Dalla palestra provenivano
dei tonfi irregolari
e degli ansiti.
<
Almeno la femminuccia continua ad allenarsi > pensò.
Udì dei passi
e la punta delle orecchie tremò.
"Contenta
di rivedere quel latin lover di Howard?" domandò
rivolto a Peggy.
Peggy
sospirò, lanciò un'occhiata verso la libreria e
si sporse intravedendo
Tony seduto sotto uno scaffale, scosse il capo, sorridendo.
"Sono
felice di vedere Steve ed il bambino, più che altro".
Creed
si passò la lingua sul canino aguzzo.
"Steve
mi sembra fin troppo teso. Gli mancheranno i campi di battaglia
quanto mancano a te?".
<
Non oso neanche chiedergli cosa ci fa qui quando lo sapevo sotto
ghiaccio > pensò.
Peggy
incrociò le braccia sotto i seni, sollevando lo sguardo con
le labbra
rosse arricciate.
"Steve
ha scelto di lasciare l’esercito per non farlo fare a me".
Creed
trasse un sigaro da una delle tasche del pastrano nero che indossava.
"Il
solito amante del sacrificio con un immenso complesso del buon
samaritano" ringhiò.
Peggy
si allontanò una ciocca castana da davanti al volto, tenendo
lo
sguardo rivolto al bambino.
"Lui
ha sempre voluto una famiglia ed un posto dove stare, io
preferisco l'azione e non ho mai voluto davvero sposarmi. Questo
è ciò che
abbiamo ottenuto".
Creed
si accese il sigaro e sbadigliò rumorosamente.
"Vincono
tutti" borbottò.
Peggy
inarcò un sopracciglio, spostando lo sguardo su di lui, e
arricciò il
labbro, ticchettando in terra con il tacco.
"Sei
contrariato. Mi preferivi a casa a crescere figli?".
Creed
espirò un paio di nuvolette di fumo e chiuse gli occhi.
"Sono
un soldato. Per contratto devo preferirvi tutti su un campo di
battaglia fino alla morte". Addentò il proprio sigaro.
<
… I ‘miei’ figli >
pensò.
"La
vita è impietosa con quelli come me. Si annoiano
così tanto in un
mondo senza peccato che hanno bisogno di allontanarsi dalle famigliole
felici
vedendoci un marcio visibile solo a loro" disse con tono per
metà ironico.
Peggy
roteò gli occhi arricciando il naso, si lisciò la
gonna blu e spostò
il peso da un piede all'altro, continuando a ticchettare con i tacchi
sul
pavimento.
"Cosa
ti dice esserci di marcio qui?".
Creed
si alzò in piedi e gettò il libro che teneva in
grembo sul divano.
"Siamo
a casa Stark. Qui il marcio lo hanno accumulato nelle
generazioni e rischierà di travolgere quel cosetto carino
che Steve il
santarello lo voglia oppure no".
Peggy
prese il libro, fece scorrere lo sguardo sugli scaffali, e lo
infilò
al posto giusto.
"Non
puoi dire come diventerà quel bambino".
Creed
la guardò, schioccò la lingua sul palato e
raggiunse una finestra. La
aprì e si affacciò, continuando a fumare.
"Ho
visto la storia ripetersi così tante volte, con adorabili
bambinetti geniali trasformati in uomini soli e ubriachi, accusati dei
mali del
mondo per le loro capacità superiori fino a farli davvero
divenire i cattivi
della storia, che sarei davvero felice di essere smentito per una
volta".
Peggy
scosse il capo, si allontanò un’altra ciocca
castana da davanti il
volto e sorrise, spostando lo sguardo verso il bambino.
"Te
ne stai occupando come fosse la prima volta. Prima o poi dovrai
pur essere ricompensato per questo".
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Capitolo 10 *** Cap.10 Creed la baby-sitter ***
Scritta
sulle note di:
https://www.youtube.com/watch?v=Mc_GzrFarmc&list=RD1W_0YXaDBcM&index=6
Nightcore
Shooting Stars
★Autore:
Kamy.
★Fandom:
The Avengers crossover X-men.
★
Iniziativa: Questa storia partecipa al
“Parents Checkmate” a cura di Writer’s
Wing e Fanwriter.it!
★
Numero Parole: 561.
★
Prompt: 8. Babysitter
Cap.10
Creed la baby-sitter
Tony
sfiorò la stellina dorata della medaglia di Creed
con la punta delle dita, la superficie dorata si rifletté
nei suoi occhi.
“Il
modo migliore per mangiare è non analizzare ciò
di
cui ti stai nutrendo, ma chiudere gli occhi e memorizzare quali
sensazioni
provoca negli altri. Ti conviene perciò mangiare cose che
molti riconoscono buone
e studiare i loro comportamenti” disse Creed.
Tony
si arrampicò sulla sua schiena, lì dove stava
iniziando a crescere una peluria bionda simile ad una pelliccia,
sentendo il
corpo bollente di Victor.
“Quando
si tratta di bere, invece, devi immaginare lo stimolo
della sete. Magari non bere per qualche ora, così il tuo
organismo ti darà lo
stimolo e utilizza quella sensazione ogni volta che berrai. Invece,
quando sono
bibite e hanno un loro sapore, bisogna comportarsi come con gli
alimenti”
spiegò Creed.
Tony
gli arrivò fino alla spalla e dimenò i piedini, i
capelli castani gli ricadevano davanti al viso, i suoi occhi nocciola
erano
sgranati.
“Mangiare
con le persone ti renderà simpatico. Non
bisogna né parlare troppo, né troppo poco.
Attento, è facile diventare sia
logorroici che taciturni. Concediti il lusso di parlare senza freni
solo con le
persone che conosci molto bene.
In
pubblico, poi, la cosa più importante è essere
affabile. Guai a te se impari le barzellette a memoria, devi
rielaborarle e
recitarle. Così come fai con le informazioni.
Ora
che hai finito i libri, dovrai spiegarli agli
altri in situazione nello stesso modo… E fai capire a Steve
che non ci sono
teorie del complotto in tutto!” gridò Creed.
Tony
strinse le labbra ed iniziò a gattonare sul braccio
di Creed.
“Più
tardi possiamo vedere i cartoni animati? Mi
permettono di scoprire qual è il linguaggio che le persone
si aspettano dai
bambini come me” disse.
<
Poi mi piacciono anche > pensò.
Creed
si grattò il mento.
“Studia
attentamente anche le pubblicità, sono la cosa
più lontana dalle reazioni ‘reali’. Ti
faranno scoprire tutto ciò che non devi
fare.
Invece
i film influenzano il modo di fare di molti e
quindi sono indistricabili legati sia alla realtà che alla
finzione. Potrebbero
confonderti” disse.
Tony
raggiunse il palmo della mano di Creed e si
sporse, piegando la schiena, mettendosi a testa in giù.
Riuscì ad afferrare la
medaglia e la sollevò.
“Yay!”
gridò.
Creed
guardò il suo tutore fargli ondeggiare una medaglia di
guerra davanti al viso.
Il ragazzino sgranò gli occhi e cercò di
afferrarla, il nobile inglese ritirò
la mano.
“Ti
darò questa come premio solo quando avrai imparato come
dovrai educare il mio
futuro figlio” disse l’uomo.
Creed
si grattò la guancia, sporca di terra.
“Io
sono solo un servo figlio di un giardiniere. Non sarò mai
pronto per essere un
buon insegnante per un nobile” gemette.
“Ricordati
che è grazie a me che tuo fratello può andare a
quella scuola cattolica in
Italia che lo sistemerà a vita nella buona
società” disse gelido l’uomo.
Creed
si mordicchiò il labbro.
“Farò
tutto quello che mi è possibile per avere quella
stellina” bisbigliò.
Creed
si rimise Tony sulla spalla.
“Quella
medaglia me la sono meritata in guerra e,
anche se ne ho altre, se la vorrai avere tu, dovrai
meritartela” disse.
“Quindi
resterai qui, coda?”
chiese Tony.
“Sì,
e ti farò da Baby-sitter. Ti renderò un vero
Stark” rispose Creed.
<
E questo
baby-sitter ti proteggerà da tutto, ti aiuterà ad
essere felice, piccolino >
pensò.
|
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Capitolo 11 *** Cap.11 Difficile proseguimento quotidiano ***
Cap.11
Difficile proseguimento quotidiano
Steven
tagliò una serie di fette di mozzarella e le mise sopra i
pezzettini
di carne, confezionando dei panini ripieni.
"Howard...
Come puoi fidarti a lasciare quell'animale da solo col
bambino?" domandò con tono duro.
Howard
sbuffò, oscillando un bicchiere di whisky.
"Cresce
Stark da un secolo, sa quello che fa" disse.
Steven
lo indicò con un pezzo di pane e ribatté: "Sa
portare guai da
più di un secolo".
Howard
bevve, e si mise seduto al tavolo.
"Ha
cresciuto me. Tony verrà su come un vero Stark, e
imparerà a
sembrare normale".
Rogers
sospirò pesantemente.
"Puoi
almeno starci attento?" domandò.
Howard
rise, roco.
"Per
quello ci sei tu, 'mammina' ".
Steve
arrossì e diede una manata al banco della cucina, sbuffando.
"Mi
sembrava volessi vedermi presto nuovamente in servizio
attivo" brontolò.
Howard
ridacchiò, e si versò altro whisky.
"Scegli
tu. Tony, o l'esercito?" provocò.
Steve
si passò una mano tra i capelli.
"Quando
sarà abbastanza grande non ci sarà più
bisogno di
scegliere" ribatté.
<
Perché devi sempre farmi sentire così male?
Così costretto?
Perché
passi dall'essere gentile, al trattarmi con i piedi, arrivando a
minacciarmi? > pensò, stringendo le labbra fino a
farle sbiancare.
Howard
sogghignò, alzò il bicchiere.
"A
quel momento" brindò.
Steve
gli diede le spalle e recuperò un piatto, socchiudendo gli
occhi.
"Vado
a portargli la cena" disse piatto.
Howard
bevve avidamente ed annuì, agitando la mano in aria.
"Vai,
vai. Non vorremo non mangiasse".
Rogers
si allontanò col piatto colmo di panini, con passo rapido.
***********
Creed
si pulì un canino con i denti e avvolse la coda intorno alla
gamba.
"Quindi,
ripetiamo un'altra volta.
Che
espressione si fa alla signorina qui presente?" chiese, indicando
Peggy con la testa.
<
Speriamo non se ne esca di nuovo dicendo che mi attira.
Il
santarello potrebbe essere ancora in zona per recuperare i piatti e
farmi qualche scenata.
Nemmeno
stessero ancora insieme! > pensò
Tony
mugugnò, portandosi il dito in bocca.
"La
si chiama mamma?" chiese.
Peggy
ridacchiò, e gli scompigliò i capelli arruffati.
"Sei
così tenero".
"Ora
non esagerare. Solo l'espressione bastava" lo riprese Creed.
Si
chiuse la casacca sul corpo massiccio.
"Ora
chiedile un'indicazione" lo incalzò.
<
Il dito non è un'idea cattiva, ma può migliorare
>.
Tony
prese a dondolare sulla punta dei piedi.
"Non
trovo il mio papà" pigolò.
Peggy
si mise in ginocchio, gli carezzò i capelli e
guardò Creed.
"Non
capisco. Gli vuoi insegnare ad essere adorabile?".
"Veramente
se volesse essere adorabile dovrebbe far scattare il tuo
lato protettivo. Ad esempio mettendosi le mani davanti o cercando
riparo dietro
di me.
In
questo modo è comunque un bambino molto indipendente"
rispose Creed
con tono sostenuto.
Tony
ridacchiò, negando con il capo.
"Ho
già una mamma chioccia".
"Con
lui puoi lasciarti andare ad una 'petulanza' spiccata" disse
Creed, grattandosi il mento con le unghie aguzze.
Tony
scrollò le spalle.
"Con
lui anche se mi comporto normalmente ottengo una mamma
iperprotettiva".
Peggy
sospirò.
"Non
è carino parlare così di Steve".
"Non
mi sorprende. Quello desidera fare la mammina quanto io il padre,
solo che fa saltare i nervi" soffiò Creed.
Tony
lo raggiunse e gli afferrò un polso, si tirò su.
"Tu
vuoi fare il papà?" chiese.
Creed
lo afferrò con due unghie per la maglietta e se lo
issò davanti al
viso.
"Vorrei
marmocchi normali, esserino" disse, guardandolo in viso.
Il suo sguardo era addolcito.
Tony
dimenò le gambine, ridendo.
"Io
sono normale! Solo che sono normale per uno Stark!".
Creed
fece una fragorosa risata e se lo mise in testa.
Tony
gli strinse i capelli, li tirò, e sorrise.
"Lo
sai che la tua mutazione sta andando a quel
paese?".
Creed
dimenò a coda e rispose: "La mia vita sta
andando a quel paese".
Peggy
mise le mani sui fianchi.
"Tony,
non usare quei termini. Creed, anche tu,
non davanti al bambino".
Tony
si sporse in avanti premendo la pancia sulla
testa di Creed.
"Uno
Stark potrebbe aggiustarti".
"Io
preferisco non chiedere niente" ribatté
Creed.
<
Uso anche termini peggiori e lei dovrebbe saperlo
> rifletté.
Tony
si sporse ancora più avanti, rischiando di cadere.
"Io
lo farei in cambio dell'addestramento, quindi non dovresti aver
paura ti chieda qualcosa" propose.
"Io
ho già qualcosa in cambio da tuo padre" sussurrò,
guardando
Peggy di sottecchi.
Peggy
prese a ticchettare la scarpa con il tacco in terra.
"Non
mi piace questa conversazione".
Tony
strinse i capelli di Creed.
"Mio
addestramento, mio pagamento!".
"Discutine
con tuo padre, soldo di cacio. Per ora discorso
chiuso" sancì Creed.
|
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Capitolo 12 *** Cap.12 Cafuné ***
“Questa storia partecipa
alla Parole Intraducibili Challenge
indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp”.
Prompt: 12) Cafuné. Dal
portoghese: passare le dita tra i
capelli di una persona a cui si vuole bene.
Cap.12 Cafuné
Howard chiuse il cellulare e lo
lasciò cadere sulla
scrivania, questo ricadde su un fianco e si aprì, facendo
aprire la plastica
nera con uno stridio.
Stark cadde in ginocchio, i suoi
occhi erano sporti e
arrossati, una lacrima gli aveva rigato il viso. Boccheggiò,
gemendo piano e si
tappò la bocca con entrambe le mani, soffocando un urlo.
Jarvis lo raggiunse, aiutandolo a
rialzarsi.
“Anna! Anna, presto, chiama
il signor Rogers! Mr. Stark sta
male!” gridò.
< Fortunatamente in questo
momento il signorino Tony si
trova al rientro della scuola e il signor Creed non è in
casa > pensò.
“Vado subito”
obbedì Anna, correndo verso il giardino.
< Mi era parso di averlo visto
a passeggiare con la
signorina Peggy, prima, mentre stavo stendendo la biancheria >.
I suoi passi
risuonarono sempre più lontani.
“N-non
c’è più… Maria non
c’è più… J, non
c’è più” pigolò
Howard con voce strozzata.
Jarvis lo prese in braccio,
impedendogli di crollare svenuto
per terra. Raggiunse il divano e ve lo fece stendere, prendendogli la
mano
gelata nella propria.
“I-io non la
amavo… Avevo iniziato ad odiarla,
però… Tutto
questo è colpa mia. Non è giusto, non
è giusto” piagnucolò.
< Suo padre era un
brav’uomo, un ottimo generale. Gli
dovevo molto, era tra i pochi ad avere la mia stima. Lei era
così dolce, così innamorata.
Lo voleva così tanto Tony, ma…
Lui era come me. Siamo troppo diversi
dagli altri, il nostro
esacerbato genio ci rende dei mostri. Il suo cuore fragile non poteva
sopportare due creature come noi.
Non avrei mai dovuto sposarla
> pensò Howard,
singhiozzando rumorosamente.
“STEVEN!”
gridò con voce strozzata.
J abbracciò Howard e lo
cullò al petto, si voltò e vide
Rogers entrare correndo.
“Cos’è
successo?” esalò Steven, raggiungendoli.
Howard si alzò seduto e
gli gettò le braccia intorno al
collo, gli nascose il viso contro il petto singhiozzando, stringendolo
a sé.
Jarvis si allontanò,
guardandoli di lato.
“Non mi lasciare, ti prego!
Non andartene anche tu!
Ti supplico, ti giuro che
cambierò! Non lasciarmi!” sbraitò
Howard.
Anna prese il marito per il braccio e
lo trascinò fuori
dalla stanza, socchiudendo la porta.
“Lasciamoli soli”
gli bisbigliò all’orecchio.
Howard gridò nuovamente,
lanciando dei versi striduli.
Rogers gli accarezzò le
guance, inumidendosi le dita di
lacrime, e lo guardò in viso, dicendo: “Non ti
lascerò mai, te lo giuro”.
“I-io… ti ho
costretto a rinunciare ai tuoi sogni” biascicò
Howard.
Steve lo fece stendere sul divano,
sdraiandosi accanto a
lui, continuando a stringerlo a sé.
“Non potevo desiderare una
vita migliore di questa, accanto
a te e Tony” mormorò, posandogli un bacio sulla
fronte. < In fondo volevo
ritirarmi dopo tutto quello che ho visto, sarei tornato in servizio
solo per te
>.
Howard scosse furiosamente la testa.
< Non voglio che lui e Tony
soffrano a causa mia, non
voglio perdere anche loro. Il giorno in cui nacque mio figlio conobbi
un uomo e
capii come avrei voluto che fosse mio figlio fattosi uomo. Non
deluderò ancora chi
sono in realtà, non mi nasconderò u giorno di
più > pensò.
“Ricordi quando ti scattavo
quelle foto?” esalò.
“Il nudo
d’arte?” domandò Steve, corrugando la
fronte.
Howard annuì.
“Vo-vorrei… che
tu mi dipingessi in quel modo. Vorrei essere
un’opera tua, per sempre” esalò.
“D’accordo, ma in
cambio mi permetterai di aiutarti” mormorò
Steve.
Howard gli passò le dita
tra i capelli biondi,
scompigliandogli il ciuffo biondo cenere.
“Non voglio mai
più smettere di accarezzarti i capelli, ti
voglio bene, profondamente. Sei la cosa più bella della mia
vita, come Tony è
la cosa più meravigliosa che io abbia mai fatto”
biascicò.
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Capitolo 13 *** Cap.13 Reinventami ***
“Questa
storia partecipa alla #SummerBingoChallenge
indetta sul gruppo facebook Hurt/Comfort Italia - Fanfiction &
Fanart”.
Prompt
di A.G.: Casella 76-Nudo: Steve deve ritrarre
(o autoritrarre) un nudo.
Cap.13
Reinventami
Sulla
parete era dipinta una cascata, acque azzurre
venate di bianco, puntellate da rocce marroncine, incoronate da un sole
dipinto. Di sottofondo risuonava una musica melanconica, riprodotta da
un
vecchio lettore dischi, posizionato in un angolo vicino alla porta.
Howard
era seduto accanto alla finestra oscurata, coperta
da spesse tende, con le gambe accavallate, accomodato su un cubo
morbido di un
tenue colore rosso. Teneva una mano sotto il mento, l’altra
sulla coscia, con
lo sguardo intenso perso nella stanza, gli occhiali da sole appoggiati
sui
capelli.
Aveva
ancora gli occhi arrossati, il pizzetto
risaltava sul suo viso.
<
Mantenere il controllo sul proprio corpo, potersi
mostrare ed essere al centro della scena è l’unico
modo che conosce per affrontare
il dolore. Nascondere il tutto dietro un sorriso sardonico è
l’unica arma che
possiede > pensò Steven.
Intinse
il pennello in uno dei colori della tavolozza
davanti a lui.
Howard
guardò un bicchiere vuoto da drink e si leccò
le labbra.
“Possiamo
fare un’altra pausa bevuta?” domandò.
Rogers
guardò il tracciato a matita che aveva lasciato
sulla tela, iniziando a dare vita al cielo azzurro.
“Se
vuoi interrompiamo. Da ubriaco non credo che
saresti un buon modello” sussurrò.
“Assolutamente
no” ribatté Howard. Il suo corpo
sottile ed ignudo tremò, mentre manteneva le gambe
accavallate. “Lo sai, questo
per me è importante. Voglio rimanere nel tuo cuore, scolpito
in eterno. Sarò la
tua musa, mio artista”. La sua voce era ancora rauca.
<
Se non avessi sposato Maria non sarebbe nato
Tony, ma… Non posso non pensare che avrei dovuto scegliere
te dall’inizio. Lei
non sarebbe morta e io non ti avrei ferito così a lungo
> si disse.
<
Solo a lui sarebbe potuto venire in mente tutto
questo per superare il lutto… No, in realtà
sarebbe potuto venire in mente
anche a suo figlio. Solo che lui si sarebbe presentato in armatura.
Chissà se
Tony sarà davvero com’era nel futuro, spero meno
alcolizzato e più felice, un
po’ meno fragile > pensò Rogers.
“Ti
prego, allora, non bere più” gemette.
“Ammettilo,
‘mammina’ angosciata. Non vuoi che nostro figlio
stia a lungo da solo. Tranquillo, c’è Creed con
lui” disse Howard. Si forzò a
non fare un sorrisetto. “Allora, com’è
il mio corpo?” lo interrogò.
“Perfetto.
Dannatamente perfetto” mormorò Steven. Le
sue iridi azzurre divennero liquide.
<
Stanco, triste e sfibrato, ma sempre bellissimo
> pensò.
“Non
ti sembro invecchiato? Le rughe, i capelli
ingrigiti e l’aria stanca” mormorò
Howard.
Rogers
iniziò a delineare i colori della raffigurazione
di Stark sulla tela.
“Quello
che conta è ancora dentro di te e non è mai
stato così nitido. Non devi darti la colpa di
niente”
Howrd
lo supplicò: “Non ti fermare. Qualsiasi cosa
accada, ti prego, continua”.
“Allora
resta immobile” disse Rogers, con sguardo
intenso, concentrandosi sul dipinto.
<
Ogni pennellata è una carezza sulla mia pelle. La
sua concentrazione mi rende vivo. L’alcool mi ottenebra,
Respiro
soltanto quando sento i suoi occhi studiarmi,
ritrarmi, ho desiderato così tanto che mettesse su carta
quello che pensava
nella sua mente geniale.
Ho
ignorato troppo a lungo il nostro comune amore. Non
solo per l’arte, ma anche tra noi > pensava Howard.
<
Vorrei abbracciarti, ma mi allontaneresti. Vuoi
mostrarti forte, coraggioso. Però averti mio qui,
nell’opera, ricrearti e darti
nuova vita, è l’unico modo per farti nascere senza
più dolore > rifletteva
Rogers, dando vita alla schiuma che incorniciava lo Stark raffigurato.
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Capitolo 14 *** Cap.14 SCREAM! ***
Scritta
sentendo: Nightcore – Scream;
https://www.youtube.com/watch?v=aYkdGLtl6Rk.
“Questa
storia partecipa alla #SummerBingoChallenge
indetta sul gruppo facebook Hurt/Comfort Italia - Fanfiction &
Fanart”.
Prompt
di M.P.: Casella 99-Agonia, fandom di tua
scelta.
Personaggio
A sta soffrendo di una qualche malattia o
condizione che gli fa provare momenti di dolore lancinante. Personaggio
B lo
aiuta.
Cap.14
SCREAM!
Creed
gemette, la luce dell’apparecchio sopra di lui
lo accecava, il bianco invadeva il suo campo visivo rendendo sfocato
tutto il
resto. Dimenò la coda e serrò gli occhi, le sue
urla sembrava un ruggito,
mentre i suoi canini si allungavano.
Il
dolore gli percorreva tutta la spina dorsale ed
esplodeva ad ondate nella sua testa.
“Stammi
lontano” disse Logan.
“Jimmy,
andiamo…” ribatté Creed, ghignando.
James
negò con il capo e si portò alle labbra un
sigaro, aspirò lentamente e lo
guardò in viso.
“Sei
diventato un animale crudele e feroce. A furia di stare con te sto
perdendo la
mia umanità. Non ho nessuna intenzione di rimanere qui
neanche per cinque
minuti in più. Io e mia moglie lasceremo anche il Canada.
Un
uomo, un certo Xavier, mi ha offerto una cattedra come insegnante di
storia in
una scuola per mutanti. Io ho accettato. Ho chiuso con la vita da
soldato”
spiegò.
Creed
impallidì.
“Non
puoi dire sul serio. Io ho bisogno di te al mio fianco, i fratelli si
guardano
le spalle a vicenda” biascicò con voce rauca.
“Non
considerarmi più tuo fratello, se vuoi”
ribatté Logan, dandogli le spalle.
Creed
ruggì così forte da far tremare il suo intero
corpo massiccio e facendo scricchiolare la sedia su cui era steso.
“Tienilo
fermo, o l’operazione non riuscirà. Aveva
ragione Tony, la sua mutazione è completamente fuori
controllo” disse Howard.
Steven
agganciò i polsi del soldato con delle manette
d’acciaio.
“Si
calmi, generale, si calmi” gemette.
Creed
arcuò la schiena, sangue scivolava dal suo naso
e dalla sua bocca, la sua pelle si copriva ad intermittenza di peli
giallastri.
“Rischiamo
di perderlo. Ho dovuto bloccare la
rigenerazione durante l’operazione, e se continua
così, il rigetto sarà tale da
ucciderlo” gemette Howard, con il viso madido di sudore.
Peggy
si mise sopra Creed e Steven urlò: “Che diamine
fai, è pericoloso?!”.
<
Una sola artigliata e la farà a fette! >
pensò, rabbrividendo. Assicurò anche la vita del
massiccio soldato,
controllando che non liberasse le mani.
“…
Dati… dati… Ignora tutto il resto…
pensa solo ai dati…”
si ripeteva Stark.
Peggy
prese il viso di Creed.
<
Sta agonizzando, non pensavo potesse essere così
umano… fragile… Lui è sempre stato il
mio eroe, la stella polare a cui volevo
assomigliare. Da quando mio fratello me l’ha presentato,
all’inizio pensavo
fosse inglese come me, poi ho scoperto che era un canadese immortale
> pensò.
“Guardami.
Victor, guardami” lo implorò.
Creed
sgranò gli occhi, completamente neri, il suo
viso si era deformato in quello di un gatto.
“Guardami”
ordinò Peggy, indurendo il tono.
Steve
s’irrigidì, chiuse gli occhi e cercò di
regolare
il respiro.
<
Dopo Thanos l’angoscia ha preso possesso del mio
cuore. Anni di battaglie nel futuro, di tradimenti anche dal paese che
amavo, hanno
logorato la mia volontà. Mi sono rammollito così
tanto…
Però
devo avere fiducia in lei. Se sta facendo così
vuol dire che sa quello che fa. Devo ignorarla e dare solo tutto il mio
supporto ad Howard. Solo così salveremo il generale >
pensò.
“T-ti
vedo…”. La voce di Creed era animalesca,
cavernosa, le parole sembravano slegate.
Peggy
gli posò la fronte sulla sua.
“Sei
così vicino al tuo lieto fine. Hai dimenticato
quello che volevi? Una casetta, magari un giardino con le rose, una
moglie e
dei figli” mormorò.
“Da…
da piccolo… volevo fare il
giardiniere…”. Scherzò
Creed. Il dolore lo scosse e si trovò nuovamente ad urlare e
ruggire
sofferente.
“Allora
lo farai… con me. Voglio essere io quella
moglie” sussurrò Peggy, accarezzandogli la guancia
spigolosa. I canini di lui si
erano allungati, divenendo lunghi, scivolando fuori dalla bocca.
<
Se mi era sempre parso un leone, oggi soltanto
capisco perché lo chiamano Sabretooth >
pensò Howard, mentre Steve gli
detergeva la fronte sudata con un fazzoletto.
Creed
si abbandonò sul lettino, mentre il suo corpo
tornava pian piano sempre più umano. Afferrò la
mano di Peggy nella sua, mentre
le lunghe unghie nere e aguzze si ritiravano.
“Non
sai da quanto aspettavo qualcosa del genere,
quanto a lungo l’ho sognata” biascicò,
perdendo i sensi.
Peggy
lo strinse a sé, nascondendogli il viso contro
il petto.
“Finalmente
sta reagendo bene, la cura sta funzionando”
festeggiò Howard.
Steve
notò Tony nascosto sotto un tavolinetto, il
bambino aveva in mano una siringa.
<
Il solito, è sempre lui a risolvere la situazione.
Meglio che suo padre non lo sappia, però… Se
Peggy non lo avesse aiutato dandogli
la forza, non sarebbe mai arrivato in tempo >
rifletté.
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Capitolo 15 *** Cap.15 Al tramonto di una vita ***
“Questa
storia partecipa alla Parole Intraducibili Challenge indetta sul
gruppo facebook Il Giardino di Efp”.
Prompt:
30)
Aware. Dal giapponese:
sensazione dolceamara che si prova quando si sta vivendo un momento
bellissimo.
Cap.15
Al tramonto di una vita
Falcon
si sedette accanto a Steve sulla panchina di
fronte al grande lago, posò lo scudo da Capitan America
sulle ginocchia e alzò
la testa, guardando l’anziano al suo fianco.
“Ti
vedo triste. Pentito di essere tornato nel
passato?” domandò.
Rogers
fece un sorriso melanconico.
“Aware”
rispose.
Falcon
corrugò la fronte.
“Hai
imparato il giapponese noto” disse.
Steve
guardava il gruppetto di persone oltre il lago,
il viso segnato da profonde rughe.
“Non
farci caso, sono solo un vecchio, sembriamo
sempre un po’ triste.
Ti
spiegavo soltanto l’emozione che provo: sensazione
dolceamara che si prova quando si sta vivendo un momento
bellissimo” spiegò con
voce stanca.
<
Il mio unico pentimento è che dovrò lasciare
tutto questo > rifletté.
Morgan
correva, ridacchiando, schivando Logan che
fingeva di volerla acchiappare.
“Papà
lasciala in pace” lo richiamò una ragazzina dai
lunghi capelli neri, seduta su una roccia.
“Papà,
vieni a giocare anche tu!” trillò Morgan,
raggiungendo Tony.
Stark
rise e prese la figlia tra le braccia, la
sollevò e la fece girare intorno.
“Mi
dispiace piccola, ma papà non ha certo paura di un
lupacchiotto” disse.
Creed
lo raggiunse e gli scompigliò i capelli,
ridacchiando. “Se mia moglie fosse ancora viva, avresti di
che avere paura” scherzò.
“Tranquillo,
anche Pep sa essere spaventosa quando
vuole. Ohy, papà, attento a non esplodere o andare a fuoco
con quella
anticaglia” ribatté Tony.
Howard
negò con il capo, aveva il viso segnato da
rughe profondissime e i capelli completamente bianchi.
“Con
chi credi di avere a che fare ragazzino? Le mie
invenzioni sono sempre state le più sicure” disse
con tono polemico.
Morgan
piegò di lato il capo dicendo: “Nonno, tu fai
sempre esplodere tutto”.
Creed
rise fragorosamente.
“La
bocca della verità” ricordò loro. Si
allontanò da
Tony. “Howard, fatti aiutare con quella dannata sedia a
rotelle volante. L’ultima
volta ci hai quasi investito mia nipote Sharon”. Aggiunse.
Sam
si alzò in piedi, continuando a guardare Rogers e
negò con la testa.
“Il
mondo aveva ancora bisogno di te” gli ricordò.
“Ora
ci sei tu a prendere il mio posto, la mia
famiglia avrà bisogno anche dei miei ultimi anni”
ribatté Steven con voce
stanca.
Falcon
si allontanò di un paio di passi.
“Io
non ti capisco, però. Quando sono felice non sono
malinconico, tutt’altro” borbottò.
Rogers
piegò di lato il capo.
“Perché
sei ancora un giovincello. Capirai quando
sarai vecchio come me” disse con voce stanca.
“Di
Bucky mi occuperò io, promesso” disse Sam,
mettendosi lo scudo sulle spalle impostate.
Steven
si alzò con movimenti lenti,
stanchi, indossava una camicia a righe e dei pantaloni di tela chiara.
“Ci
conto” disse, dirigendosi a passo strascicato
verso un ponticello di legno che percorreva il lago fino
all’altra sponda.
<
Qualcosa mi dice che è l’ultima
volta che vedo Capitan America. Quella è la tristezza di
quando subentra una
futura morte serena dopo una vita colma di successi e
felicità.
Era
l’ora fosse un po’ più egoista e si
prendesse il suo tempo. Solo… non mi aspettavo
così. Un momento prima era qui,
accanto a me, tornato solo per posare al loro posto le gemme e poi
semplicemente non è tornato. Mi sono guardando intorno e,
voltandomi, l’ho visto.
Invecchiato, stanco, con il peso di una vita vissuta addosso >
pensò Sam,
guardandolo allontanarsi e raggiungere gli altri. Si voltò a
sua volta e,
spiccato il volo, si allontanò.
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