Our time has come

di clairemonchelepausini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Proposta ***
Capitolo 2: *** Osservati ***
Capitolo 3: *** Essere fragili insieme ***
Capitolo 4: *** Un cambiamento senza nome ***



Capitolo 1
*** Proposta ***


CAPITOLO 1:  Proposta


 





 

NOTE
La storia è stata scritta per  "Summer Event 8-15 Agosto"
 Organizzato da Simona Porto e Stefania Deku Holmes, indetto in ♦ WhoLindtLock Drabble ♦.
Prompt assegnato da Ale River-Sherly Rizza
Coppia Peeta/Katniss: proposta di matrimonio
 
 
 















 
 
Un’altra battaglia si era appena conclusa.
Era stata dura, difficile ma alla fine avevano vinto. Una vocina però affermava che negli Hunger Games non c’erano vincitori ma solamente vinti.
Erano tornati a casa ma ancora nei loro occhi si poteva vedere il dolore, quelle morti cui erano testimoni e la distruzione che li ha circondati.
Katniss provò a dormire, lo fece davvero ma sapere che a pochi passi c’era Peeta…  era impossibile.
Erano diventati ciò che non avrebbero mai immaginato, ciò che avevano detto non sarebbero mai stati.
Si alzò da letto, prese la lampada sul comodino e con passo lento raggiunse la sua camera. Peeta aveva gli occhi chiusi, ma nonostante tutto non riusciva a rilassarsi. La sua vita era cambiata, non era più lui, anche se non lo ricordava, ma poteva sentirlo nel modo in cui lei lo guardava, come osservava i suoi gesti, le sue parole e in ogni momento che condividevano insieme.
Lei appoggiò la lampada sul comodino, scostò le coperte e vi s’infilò sentendosi subito al sicuro. Era bastato così poco. Entrambi avevano bisogno di quel contatto.
Peeta allargò il braccio e Katniss si strinse a lui, il calore del suo corpo raggiunse il proprio calmando i loro battiti del cuore.
«Tu mi ami? Vero o falso?» domandò, mentre posò la mano sulla sua spalla e contemporaneamente Katniss spostò la sua su quella che lui teneva in grembo.
Una domanda semplice, o almeno l’era adesso, se glielo avesse chiesto tempo prima, non avrebbe saputo rispondere, ma ora… ora tutto era cambiato.
«Vero» sussurrò stringendosi a lui.
Così, poco dopo l’uno nelle braccia dell’altro in quel calore ormai familiare chiusero gli occhi e si abbandonarono al sonno.
 
La luce filtrava dalla finestra ma Katniss sembrava in pace: il viso rilassato, le sopracciglia lineari e un sorriso appena accennato sulle labbra; segni chiari che facevano capire che non aveva avuto incubi. Non quella notte, non lei.
Peeta era stato irrequieto, quella domanda e mille pensieri gli vorticavano nella mente; le immagini si susseguivano e momenti che non sapeva fossero reali o no, lo spezzavano perché si era ripromesso di stare bene. Lo voleva davvero.
Si alzò dal letto lentamente senza svegliare Katniss e si avviò in cucina per prepararsi una tazza di tè. Passò una mano sul suo viso come a voler scacciare gli incubi, le frustrazioni e quel senso di oppressione ma nulla di tutto ciò andava via.
Chiuse gli occhi e fece un lungo respiro sperando che qualcosa cambiasse, ma nulla.
Stava per alzarsi, quando fu colpito da un flashback diverso da quelli precedenti. Non sapeva come spiegarlo, era… qualcosa che sentiva. Poteva avere mille dubbi, ma una cosa l’aveva capito: lui amava Katniss.
Si riscosse e ritornò alla realtà, ma fu qualcosa che gli richiese qualche minuto, quel ricordo l’aveva sfiancato e una lacrima scappò dal suo controllo e scese dal suo viso lievemente arrossato.
Non poteva crederci, aveva finalmente il controllo di sé. Gli era stata manipolata la mente, i ricordi e la sua vita, ma in quel momento seppe che era reale. Peeta si guardò intorno consapevole che qualcosa doveva cambiare, che doveva essere lui a farlo. Katniss si era già messa in gioco, stava lottando anche per lui e ora… ora Peeta capì che non avrebbe più dovuto farlo da sola.
 
Katniss si svegliò, come ogni mattina allungò una mano convinta di trovare il corpo di Peeta e quando andò incontro al freddo, alle coperte scostate e alla parte vuota del letto si alzò di scatto e il terrore s’impossessò di lei. La tranquillità che possedeva dapprima svanì, di fretta indossò giacca e scarpe e iniziò a cercarlo in tutte le stanze di casa gridando il suo nome.
Era letteralmente spaventata.
Passò le mani tra i capelli, stava per buttarsi giù quando la porta di casa si aprì e lentamente entrò Peeta con le mani piene di sacchetti e un piccolo mazzo di primule.
«Peeta» esclamò quasi urlando, mentre i suoi occhi lo osservavano attentamente in cerca di qualche ferita.
«Ehi» affermò con dolcezza e sorrise, ma sparì quando i loro sguardi s’incontrarono.
«Dove diavolo eri finito?» chiese con voce strozzata gesticolando e avvicinandosi a lui lentamente per non spaventarlo.
«Ero uscito a comprare qualcosa e…» non riuscì nemmeno a terminare la frase che lei iniziò a rimproverarlo per poi abbracciarlo ancora tremante.
Si scostò controvoglia, prese la sua mano e la accompagnò in soggiorno facendola accomodare poco prima di darle le primule appena raccolte.
«Lo so, non è questo che vorresti Katniss. So che non avresti mai scelto me, ma alla fine lo hai fatto ed io ancora non capisco. Io… io ho avuto un flashback e so che era vero, lo sentivo» confessò guardandola negli occhi, mentre la sua espressione era stupita più di quella di lui.
«Ho ricordato i miei genitori, era un giorno in cui ero andato a trovarli e mi hanno chiesto se ti avessi sposato ed io ho risposto che non lo sapevo e… e allora era vero ma oggi… tutto è cambiato. Quel ricordo mi ha permesso di capire, le tue parole di ieri sera mi hanno confermato che tu… tu eri sincera, che non mi stavi mettendo» rivela rivolgendosi a lei e attendendo che dicesse qualcosa, ma Katniss non riusciva a parlare e il suo viso lo stava facendo per lei.
«Katniss, io ho capito che ti amo, che nonostante i miei ricordi so che posso fidarmi di te, non è importante ciò che mi hanno fatto a Capitol City perché so che tu… tu mi proteggerai proprio come io farò con te. Il primo momento che ti ho visto sapevo che la mia vita era cambiata, anche se non sapevo ancora come. E quando abbiamo litigato o quando sono stato arrabbiato con te, sapevo che tu eri colei nella quale volevo tornare senza riuscirlo a spiegare. Non riesco a immaginare la mia vita senza di te al mio fianco. Sono distrutto, mi hanno cambiato e… non posso più offrirti ciò che potevo prima, non sono più il tuo Peeta Mellark, ma posso assicurarti che sono ancora tuo come spero che tu sia ancora mia. Io sono questo, ti sto offrendo una vita non perfetta, che non meriti ma ti amo. Katniss Everdeen, mi vuoi sposare?» domandò tutto d’un fiato dopo un lungo discorso e mentre si trovava inginocchiato davanti a lei, la guardava e sperava.
Era l’unica cosa che gli restava: sperare.
«Sì» farfugliò tra le lacrime e un grosso sorriso.
Tutto intorno a loro scompariva, esistevano solo loro due e il loro amore.
Si ritrovarono per terra, unirono le loro labbra suggellando quella promessa e, forse inconsciamente diedero voce anche a sentimenti ancora più profondi che non erano stati detti.
Stavano finalmente vivendo.
La guerra li aveva distrutti, ma lo erano riusciti a trovare l’amore.
 
 
 
 
 





 

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Capitolo 2
*** Osservati ***











NOTE
Iniziativa: Questa storia partecipa all'evento 
Drabble Weekend CoviDE - 19 a cura di We are out for prompt
Prompt/Traccia :   
“Qualcuno osserva Peeta e Katniss da lontano” di SILVIA RUGGERI















 






Era da poco nata la piccola Primrose quando Peeta e Katniss iniziarono a sentirsi osservati. Il loro nervosismo si manifestò quando Katniss insieme alla piccola sentì uno strano fruscio provenire tra gli alberi vicino casa. Peeta corse subito a controllare, ma non c’era nessuno o così credevano. La loro tranquillità venne interrotta, iniziarono a fare sogni agitati alternati da momenti di paura e panico.
«Magari ci lasciamo condizionare un po’ troppo» affermò poco convinto Peeta, appoggiando la mano su quella di Katniss.
«Sento che c’è qualcosa che non va. Lo sento» replicò convinta.
Scoprirono solo dopo che era Haymitch, non aveva smesso un giorno di assicurarsi che fossero al sicuro.

























Spazio d'autrice:
Ed eccomi qui, più carica che mai,
stavolta vi lascio con l'ultima storia che ho scritto su di loro durante l'evento, almeno per il momento e che dire di questa piccola storia? Il prompt quando l'ho ricevuto mi gridava altro, in teoria doveva essere molto più ansgt, ma dato il limite delle parole ho deciso di essere clemente e di scrivere qualcosa meno pesante, strano a dirsi vero? Ebbene sì, pur se vivo di ansgt stavolta non volevo essere cattiva, anche perchè Peeta e Katniss ne hanno passate troppe. 
Questa è la seconda storia in assoluto su di loro, ma ammetto che mi piace scrivere diverse emozioni, ambientazioni e fatti e quindi... non sarà l'unica storia che troverete in questa raccolta.
Alla prossima,
Claire

 

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Capitolo 3
*** Essere fragili insieme ***






NOTE
 Iniziativa: Questa storia partecipa all'evento  Lock DEown a cura di We are out for prompt
★ Prompt/Traccia :  HG.Peeta/Katniss” l’arte di essere fragili” di Maura L. Cohen

 



 
Peeta e Katniss avrebbero dovuto iniziare la loro vita insieme, ma dopo quell’ultima battaglia che li aveva privati più di quanto, avrebbero ammesso si trovavano distanti come non mai.
«Io non so se tornerà più com’era un tempo» ammise lei a se stessa, mentre sistemava i fiori nel giardino cercando di scacciare i pensieri.
«Lo vorrei. Vorrei con tutta me stessa che lui ritornasse il Peeta che conosco ma…» e lasciò quella frase incompleta perché… che sono sarebbe cambiato?
Sistemò ancora altre primule, si pulì le mani sotto il getto dell’acqua fredda e lasciò che essa cancellasse i dolori del suo cuore, ma era impossibile farlo, nessuno poteva.
Alzò gli occhi al cielo, pensò alla sua sorellina, a tutte le persone che aveva perso e per un momento… solo per quell’instante mentre il suo sguardo era nel vuoto, sperò di essere là con loro.
Lo avrebbe voluto più di se stessa, ma si ricordò che non era più sola che doveva badare a un’altra persona.
«Katniss… Katniss» si sentì chiamare con voce terrorizzata quando lei non era sotto il suo sguardo, così accelerò i passi e lo raggiunse.
«Dov’eri finita? Ti ho cercato per tutta casa» la schernì Peeta con lo sguardo di chi l’aveva già persa una volta e non avrebbe voluto ripeterlo.
Lei sfiorò la sua guancia, gli fece sentire il suo tocco per dirgli che era reale, che non era un sogno e lasciò che si calmasse.
 
«Perché non sono morto?» una sera gli domandò senza emozioni, consapevole che forse non era il modo migliore per iniziare a fare conversazione.
«Non lo so Peeta, non lo so» affermò Katniss, stringendo tra le mani i piatti che stava sciacquando facendo svanire sempre di più quella forza che l’aveva da sempre caratterizzata.
Si erano appena messi a letto ognuno nel proprio lato, distanti e con le spalle rivolte verso l’altro. Né una parola di conforto, un segno di vita, quell’uomo che tutti conoscevano era sparito e, con esso anche una parte di Katniss.
Si era addormentata da poco, di solito era brava a capire gli indizi ma quella sera era troppo stanca di vivere per entrambi e non aveva prestato attenzione.
Dei singhiozzi dapprima lenti, arrivarono d’un tratto più forti, incessanti anche alla figura distesa sul letto e le bastò aprire gli occhi per capire.
Si legò i capelli in una coda scomposta, prese un asciugamano dall’armadio e corse veloce in bagno, dove sapeva che lo avrebbe trovato.
«Che cosa hai fatto?» chiese sbalordita e con gli occhi stranati quando vide il sangue scorrerle dai suoi polsi e formare una pozza per terra, sul pavimento chiaro.
Peeta la guardò, non era davvero se stesso e non riusciva nemmeno a formulare una parola o delle scuse, non serviva a niente o, almeno era quello che provava lui.
Katniss s’inginocchiò davanti a lui, delicatamente prese i suoi polsi, li asciugò lentamente e applicò delle bende, per fortuna erano solo tagli superficiali, e con molta dolcezza lo aiutò ad alzarsi.
«Dovevi lasciarmi andare» la accusò lui con rabbia, anche se il tono che uscì dalla sua bocca era  più come un sospiro debole.
«Non posso. Io… non posso farlo» ammise lei con le lacrime agli occhi, sperando che anche lui capisse, ma in quello sguardo perso ci si perse anche lei.
Lo adagiò a letto, controllò ancora una volta le ferite e poi si coricò anche lei, stavolta si avvicinò a lui, fece aderire il suo corpo alla schiena di Peeta e lasciò scorrere il suo bracco sulla vita intrecciando le loro mani.
«Non è questo che meriti» farfugliò in modo quasi impercettibile e, non l’avrebbe capito se non fossero così vicini.
«Io voglio che tu sia felice»
«Lo sono, qui e ora con te»
«No, voglio che lo sia senza di me» replicò Peeta, girandosi verso di lei e guardandola negli occhi, lasciando che loro parlassero per lui.
«Mi dispiace, questo non posso farlo» rivelò Katniss allungando una mano e sfiorando la sua guancia, abbassandosi e poggiando le sue labbra su quelle di lui.
Si sistemarono di nuovo come prima, abbracciati, stretti l’uno all’altra e con una consapevolezza maggiore.
«Tu mi tieni viva» sussurrò al suo orecchio provocandogli dei brividi lungo la schiena.
«E tu tiene vivo me» aggiunse lui, stringendo la sua mano e dicendole che non era da sola.
 
Bastavano piccoli gesti, parole di conforto e sguardi per ricordare quello che affrontavano ogni giorno, ma solo di chi lo conosceva bene e sapeva chi fosse Peeta Mellark e non chi volevano farlo diventare.
«Sei qui!» esclamò con voce tremante lasciando cadere le braccia lungo i fianchi per poi cingerle la vita e abbracciarla.
«Non lasciarmi. Ti prego non lasciarmi» la supplicò con il tono spezzato e lei lo strinse ancora più forte.
Non doveva sentirsi solo, nessuno dovrebbe.
«Non lo farò. Te lo prometto. Mai» confessò lei, sincera, determinata e sicura perché al peggio non c’era mai fine.
Rimasero lì, stretti l’uno nelle braccia dell’altro con i ricordi che tornarono a tormentarli.
Due persone distrutte, dilaniate e ferite che il mondo aveva ridotto così, ma che allo stesso tempo gli aveva dato l’arma più forte per combatterla: l’amore.

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Capitolo 4
*** Un cambiamento senza nome ***





NOTE
 Iniziativa: Questa storia partecipa all'evento  Lock DEown a cura di We are out for prompt
★ Prompt/Traccia :  Hunger Games, Peeta x Katniss ”Il cambiamento nei suoi occhi, Peeta l’aveva visto. Solo che nessuno dei due era riuscito a dargli un nome” di Jey M.T. Acherman
 

 


 
 
L’aveva sempre guardato con rassegnazione come se sapesse che non aveva nulla da offrirle, eppure dietro quelle occhiate si nascondeva altro.
«So che io non sono più quello che ero, ma…» iniziò Peeta quasi con timore che lei potesse dargli una delle sue risposte o parlare di qualcosa che nemmeno ricordava.
«Io non ti mai chiesto nulla» si difese subito Katniss,  avanzando verso di lui cosa che gli mise quasi paura e, quando vide quell’espressione arretrò.
«Scusa, io…»
«E per questo… per momenti come questo che non capisco perché tu sei voluta rimanere» gli disse, gesticolando con le mani evidenziano la loro distanza, il loro modo di comportarsi.
«Non lo so» affermò lei alzando le spalle e afflosciandole un secondo dopo, come se questo bastasse a fermarlo.
E così, nel giro di poco iniziarono una delle conversazioni più lunghe e sicuramente stancanti di sempre.
Aveva affrontato quegli stressi argomenti più e più volte, eppure Peeta non se né capacitiva, continuava a ribattere sugli stessi punti, ma lui doveva capire.
«Perché?» urlò verso di lei investendola con quella rabbia che non pensava nemmeno di possedere.
«Non lo so… è così e basta» asserì Katniss passandosi le mani tra i capelli e spostando il peso da una gamba all’altra.
«Non te lo so dire perché sono rimasta, va bene?» a sua volta gridò e gli puntò il dito contro, come se quello avrebbe magicamente interrotto quella conversazione, ma non fece che peggiorarla.
Iniziarono a comportarsi come degli isterici, a rinfacciarsi torti, bugie e quant’altro e seppure la sua memoria avesse dei buchi, qualcosa la ricordava ancora e così rincarava la dose su quei ricordi.
Peeta e Katniss si sedettero ai due angoli opposti della veranda, chiusero gli occhi e lasciarono che il sole riscaldasse la loro pelle e che… li catapultasse in un’altra vita.
 
«Potrò non ricordarmi molto, ma credo che una delle cose comune nei miei ricordi siano queste» gli disse, poco prima di darle una vaschetta con delle piccole piantine di primule, pronte per essere piantate nel giardino.
Peeta la guardò, cercò di capire perché fossero tanto importanti per lei, ma non ricordava e le bastò lanciargli un’occhiata per sapere dove erano diretti i suoi pensieri.
«Sono importanti perché mia sorella si chiamava Primrose che io associo sempre ai fiori di primula» rivelò Katniss imbarazzata.
Lui fu felice di vedere quel sorriso sul suo volto, di aver fatto la cosa giusta e se ne compiacque promettendosi che avrebbe sempre cercato di farle venire quell’espressione sul viso.
 
«Che cosa hai fatto?» domandò esterrefatto e allibita Katniss quando una mattina rientrò in cucina dopo la caccia e si accorse che la tavola era bandita di tantissime prelibatezze.
«E’ assurdo scoprire quante cose ti possono riservare se sei un vincitore, ancora in vita, degli Hunger Games» affermò Peeta con un sorriso sghembo e grattandosi la testa impacciato.
Il signorino in questione aveva chiesto tutto il materiale per mettersi in cucina, non si era limitato agli ingredienti, ma anche a diversi macchinari. Poteva aver perso molti ricordi, ma… ricordava ancora come essere un panettiere e come cucinare.
«Tu sei… completamente pazzo» ammise Katniss, mettendosi una mano sulla bocca e sorridendo ancora incredula di ciò che aveva davanti agli occhi.
Quel sorriso, lo stesso che lui cercava di ritrovare sempre nei suoi occhi.
 
Katniss non riusciva a dormire, se ne stava distesa nel letto a riflettere, pensare e sperare di dimenticare.
Era difficile per lei essere lì, in vita e non capiva perché il fato avesse fatto quella scelta, perché non aveva preso lei al posto di sua sorella o, di Cinna o, di qualsiasi altra persona più degna di lei.
Si alzò dal letto cautamente e lasciò che Peeta riposasse, almeno uno dei due doveva farlo, ma non si era accorto che anche l’uomo accanto a sé era tormentato dagli stessi demoni.
La veranda era il suo posto di pace, quella distesa davanti a lei che la portava a casa e allo stesso tempo la allontanava. Le bastava chiudere gli occhi per trovarsi in un altro posto, dove lei era felice, nessuno era morto e poteva essere in pace con se stessa.
«Non riesci a dormire neanche tu?» domandò Peeta sedendosi al suo fianco e facendo penzolare le gambe oltre gli scalini.
«Sì, e tu perché sei sveglio?»
«La testa mi si affollava d’immagine, vecchie, nuove e… non ce la facevo più, dovevo alzarmi» confessò con voce debole, lasciando che lei gli poggiasse una mano sulla propria.
«Vuoi che ti aiuti a fare chiarezza?»
«No, non voglio che rivivi ancora quei ricordi e poi… ho iniziato pian piano a capire» e, senza aggiungere altro si alzò, la trascinò con lui e per un attimo fecero finta di essere solo due ragazzi normali.
Peeta aprì una stanza nella quale lei non era mai entrata, lui gli lasciò la mano e andò ad accendere la luce. Lo spettacolo che si parò davanti alla ragazza fu qualcosa di mai visto prima, i muri erano dipinti di momenti, di scene che i due avevano condiviso, di ricordi che facevano a pugni per uscire dalla sua mente.
«Peeta tu…» sussurrò balbettando Katniss rimanendo a bocca aperta e gli occhi sbarrati.
Quello che stesse vedendo era… uno spettacolo, un capolavoro.
«L’ho disegnato tutte le sere in cui non riuscivo a dormire, in cui la mia mente non smetteva di farmi impazzire. E so che potevo svegliarti, ma riesci a dormire per poche ore la notte e non volevo farlo e così… così ho aperto questa stanza, ho visto colori, tele,  pennelli e ho pensato che non potevo fare del male a nessuno» confessò imbarazzato, spostando il peso da una gamba all’altra e grattandosi la testa, permettendole per la prima volta di vedere quei disegni.
«Ma… ma ci sono io quasi in ogni disegno?» domandò sbalordita, ma non c’era bisogno di una risposta perché la conosceva già, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
 
Ritornarono entrambi presto alla realtà, quando piccole gocce di pioggia li raggiunsero iniziando a bagnarli e, furono costretti a spostarsi.
Si avviarono nella loro stanza, camminavano a testa basta, indifesi delle emozioni che stavano provando e che con ostinazione volevano nascondere.
Prima di addormentarsi si volse l’uno verso l’altro e fu lì, in quell’esatto instante che avvenne.
Il cambiamento nei suoi occhi, Peeta l’aveva visto. Solo che nessuno dei due era riuscito a dargli un nome. Non ancora almeno.
 
 
 
 
 
 

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