Piano Forest ; Yoonmin

di Riikah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel Ragazzo ***
Capitolo 2: *** Quel Pianoforte ***
Capitolo 3: *** Quel Giorno ***
Capitolo 4: *** Quel Momento ***
Capitolo 5: *** Quel Tempo ***



Capitolo 1
*** Quel Ragazzo ***


Capitolo 1: Quel Ragazzo

Jimin è un ragazzo delle medie proveniente da una famiglia benestante di musicisti. Suona il pianoforte da quando era molto piccolo per tante ed interminabili ore al giorno, ma non più per divertimento. Si è presto reso conto che il suo obiettivo è quello di diventare un grande pianista come il padre o forse anche di più: Il più grande pianista della Corea del Sud. Questo è ciò che ogni giorno ripete a se stesso per poter superare ogni inconveniente che incontra sul suo cammino verso il proprio destino, come il trasferimento con sua madre da Seoul in un piccolo quartiere a Daegu, per accudire la nonna malata. E' quindi costretto a cambiare scuola ed amicizie.

Dopo qualche ora di viaggio si ritrova distrattamente ad osservare il ricco paesaggio naturale dal finestrino dell'auto, sprofondando sempre di più nel sedile. Avrebbe volentieri approfittato di farsi una piccola dormita, ma dopo un paio di tentativi ha capito che dormire in macchina non è il massimo della comodità. Poco dopo la sua attenzione viene catturata dall'improvvisa voce di sua madre.

«Tra qualche mese quando la nonna si sarà ripresa potremo tornare a casa.»

La mano di Jimin si stacca dalla sua guancia e pigramente costringe la sua testa, nonostante la stanchezza, a girarsi per poterla guardare negli occhi. Sua madre è davvero una giovane donna: Ha i capelli spesso raccolti in una coda, un paio di occhiali rotondi poggiati sulla punta del naso ed è sempre vestita elegantemente. Non capisce come sia possibile che non mostri neanche un sintomo di affaticamento. Una volta metabolizzato ciò che gli è stato detto, annuisce.

«L'unica cosa che mi dispiace è che in questo periodo tu sarai costretto a cambiare scuola.»

La voce di sua madre si abbassa di qualche tono e quando Jimin capisce che è davvero dispiaciuta, si affretta subito a non farla preoccupare troppo. Dal momento che suo padre è sempre in giro per il mondo ad esibirsi, al contrario sua madre è invece costantemente stata presente e Jimin ne è molto grato.

«Sta tranquilla, non è un gran problema per me.»

«Alla nonna farà molto piacere sapere che la cosa non ti preoccupa. Mi ha detto di dirti che il pianoforte in sala musica l'ha fatto accordare ieri. Puoi suonarlo già da oggi.»

Prima che Jimin possa festeggiare per la notizia appena saputa, la sua visione viene riempita con più verde del solito. Si gira di nuovo verso il finestrino per scoprire che sul lato del quartiere c'è una grande e maestosa foresta. La trova davvero magnifica, pensa che non ha mai visto così tanti e alti alberi dal momento che ha sempre vissuto in città. I suoi pensieri vengono interrotti da una leggera melodia. E' dolce e bassa ma riesce ad ascoltarla e crede che non sia solo la sua immaginazione. Onestamente non ne vuole una conferma, e non vuole neanche rimanerci male nel caso in cui finisse per sentirla solo lui, quindi decide di rimanere in silenzio e farsi cullare da suoni così delicati. Chiude gli occhi e finalmente riesce ad addormentarsi grazie a quel pianoforte.

🎵🎼🎶

La donna batte le mani un paio di volte per attirare l'attenzione di tutti.

«Ho il piacere di presentarvi un nuovo compagno, Park Jimin. Hai voglia di raccontarci chi sei?»

Tutti gli occhi dei suoi futuri compagni sono puntati su di lui e Jimin è sicuro di non essersi mai sentito così sotto pressione, neanche quando ha incontrato il suo primo insegnante di pianoforte. Cerca di smettere di torturarsi le dita perché sa che non porterà a nulla di buono, le mani sono davvero importanti per lui ed è consapevole che deve prendersene sempre cura. Prende una boccata d'aria, un po' di coraggio e parla.

«Mi chiamo Park Jimin e sono nato a Busan, mi sono trasferito da Seoul ieri e studio pianoforte da quando avevo quattro anni. Il mio sogno è quello di diventare un grande pianista.»

La voce esce piccola ma spera di essersi sentito poichè si ritiene soddisfatto della sua presentazione. O almeno così credeva quando ha smesso di parlare e non ha fatto altro che ascoltare alcuni commenti e risatine dei suoi nuovi compagni di classe.

«Vuole suonare anche se è un ragazzo?»

«Ma cosa sta dicendo?»

«Modesto il ragazzo eh?»

Attraversando alcuni banchi per dirigersi in uno vuoto, pensa che ineffetti la scelta delle sue parole l'abbia portato a fare la figura del presuntuoso. Quando finalmente si siede le voci spariscono, chiaro segno dell'inizio delle lezioni. Si prende cinque minuti per guardarsi un po' attorno volendo familiarizzare con l'ambiente il più presto possibile. Finisce per continuare a far finta di non accorgersi del ragazzo vicino a lui che l'ha fissato per tutto il tempo.

Concluse le lezioni nessuno lo lascia tornare a casa, perché a differenza della sua vecchia scuola qui gli studenti puliscono le proprie aule ogni fine giornata. Jimin è stato assegnato con metà della sua classe a pulire l'aula di musica: Sostanzialmente una piccola stanza con un pianoforte e qualche strumento.

«Park, allora che ne dici del piano nella foresta?»

Jimin ferma ogni suo movimento e alza lo sguardo alla sua menzione, ritrovandosi davanti un ragazzo alto e robusto.

«La foresta?» Domanda e aggrotta la fronte non capendo di cosa stia parlando.

«Come fai a non averla vista?»

«L'ho vista, ma di cosa parli?»

«In quella foresta c'è un pianoforte mezzo rovinato. Beh diciamo che è proprio rotto, se premi i tasti non si sente nulla. Eppure certe volte di notte si mette a suonare, senza che nessuno lo tocchi.» Le parole pronunciate dal ragazzo fecero salire un brivido per tutto il corpo di Jimin. Amava i pianoforti, ma non le storie dell'orrore. «Sembra che una volta sia stato trovato un cadavere lì vicino. E' sicuramente il suo spirito che torna nel luogo della morte e si mette a suonare il piano per avvicinare le vittime e vendicarsi.» Jimin ingoia a vuoto mentre il ragazzo continua il suo discorso e incrocia le braccia. «Ora ascolta, c'è una prova di coraggio che devi superare. Andare da solo nella foresta e suonare quel pianoforte.»

«Cosa? Non hai appena detto che il pianoforte è rotto? Come faccio? E' impossibile suonarlo!»

«Sono sicuro che tu ce la farai, dopotutto hai detto che è da quando hai quattro anni che suoni il pianoforte. Non puoi rifiutare, hai capito? Per far parte del nostro gruppo devi dimostrare di essere un uomo. Hai due possibilità: O vai nella foresta a suonare il piano oppure dovrai abbassarti i pantaloni e mostrarcelo. A te la scelta.»

Questo mi sta bene per aver fatto il presuntuoso, pensò Jimin. Il resto dei loro compagni si erano ormai fermati ad ascoltare la discussione, incuriositi dalla risposta che avrebbe dato il nuovo arrivato. Jimin non tralasciò alcuni commenti che arrivarono alle sue orecchie.

«Sono sicuro che sceglierai la foresta, non puoi fartela sotto.»

«La seconda scelta è da fifoni.»

«L'importante è provare, se vuoi puoi anche cantare mentre suoni.»

Improvvisamente le note gravi del pianoforte presente nell'aula risuonarono nelle pareti, accompagnati da una sprezzante e ruvida voce.

«Un pianoforte non è mai muto, Jimin non ascoltarli. Quel pianoforte funziona benissimo.»

Jimin seguì la voce fino a voltarsi verso colui che aveva parlato vicino al piano. Il ragazzo era minuto e pallido, forse alto quanto lui e con una massa di capelli neri come il petrolio. I suoi occhi felini gli donavano uno sguardo freddo e misterioso. Lo riconobbe come il ragazzo che lo fissava durante le lezioni.

«Sciocchezze, quando ho provato io non è uscito nemmeno un suono.»

«Chi lo sa magari avevi talmente tanta paura da non vedere nemmeno dove fossero i tasti. Secondo me dovresti abbassarti i pantaloni, o ti vergogni perché ce l'hai troppo piccolo?» Risponde il ragazzo con nonchalance. Jimin cercò di reprimere una risatina mentre osservava la reazione dell'altro ragazzo, ormai arrossito fino alla faccia. Ha urlato un paio di minacce cercando di acciuffarlo, mentre continuava a venir preso in giro dal ragazzo che gli sfuggì scivolando via sotto il piano. Jimin ha iniziato a preoccuparsi quando il ragazzo pallido è stato afferrato per la maglietta e spinto per terra.

«Sei un bugiardo, non si può suonare!»

«Non è vero, lo so bene perché quel pianoforte è mio.» Ringhiò.

«Adesso salta fuori che è tuo? Dimmi come fa uno che viene da una famiglia povera come la tua dal distretto a luci rosse ad avere un piano tutto suo? Oh forse l'hai rubato? Con tutti i ladri che hai in casa avrai capito anche tu come si fa. Magari un cliente di tua madre ti ha fatto un regalo?»

Jimin voleva davvero aiutare il ragazzo, ma non è mai stato bravo a compiere certe azioni. Rimane lì fermo, paralizzato e tremolante. Ogni altra persona presente nell'aula non faceva altro che ridere di quelle cattiverie dette, e lui quasi si sentiva in colpa.

«Qualcuno l'ha buttato e io l'ho preso. Non l'ho comprato, l'ho trovato. Non tutto si può comprare sai? Ora smetti di parlare, hai il cervello così marcio che quando apri bocca riesco a sentire la puzza.»

Prima che l'altro ragazzo potesse reagire e fargli davvero molto male, un professore entra nell'aula e invita tutti a tornare a casa intimidendoli di prendere seri provvedimenti. Tutti gli alunni escono come se nulla fosse successo mandando diversi sguardi a Jimin, il quale sussurra balbettando un “arrivederci” all'insegnante. Ancora frastornato da tutte le informazioni ricevute e da quello che è successo, si prende un po' di tempo per riflettere mentre cammina per tornare alla sua abitazione. Non è molto distante, è sicuro di non perdersi. Si appunta mentalmente di ringraziare il misterioso ragazzo che l'ha aiutato.

Quella sera decide di andare direttamente a dormire dopo la cena e le troppe domande sulla nuova scuola da parte della madre e della nonna. Finisce così per sognare una foresta, un pianoforte e un ragazzo pallido.

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Capitolo 2
*** Quel Pianoforte ***



Capitolo 2: Quel Pianoforte

Jimin doveva ancora ringraziare il ragazzo pallido. Erano ormai passati due giorni da quella vicenda e non è stato in grado di rivederlo. A quanto sembrava era davvero un ragazzo misterioso: continuava ad assentarsi e nessuno sembrò mai particolarmente sorpreso o preoccupato. Non avendo ne il coraggio ne la confidenza di chiedere il motivo a qualcuno, semplicemente decise di aspettare. Aspettare si rivelò più difficile del previsto poiché Minho, il grosso ragazzo che lo sfidò, non era molto paziente. Inoltre era in grado di addossare a Jimin una grande quantità di ansia in ogni momento della giornata scolastica, ricordandogli che la prova che doveva superare era, purtroppo, ancora valida. 

Jimin continuò a rimandarla giorno dopo giorno con delle piccole scuse, consapevole che prima o poi si sarebbe dovuto intrufolare in quell'enorme foresta alla ricerca del pianoforte maledetto.

Come se non bastasse, Jimin non è stato in grado di farsi un solo amico. Tutti i suoi compagni ignoravano la sua esistenza, e sperava davvero che il motivo non fosse il suo aspetto o il suo carattere apparentemente presuntuoso che aveva fatto apparire, ma bensì perché non aveva ancora superato la dimostrazione di coraggio.

Nonostante la bella versione, in parte vera, che aveva raccontato a sua madre e a sua nonna della propria scuola "L'edificio non è enorme e nuovo come quello della mia scuola precedente, non ci sono moltissime attrezzature ma c'è il necessario, inoltre i professori sono bravi e i compagni sono simpatici. Un piccolo quartiere come questo non ha bisogno d'altro." Jimin è sempre stato un tipo estroverso e abbastanza socievole, motivo per cui sentiva davvero la mancanza di avere qualcuno con cui esprimersi. Il suo unico vero amico è sempre stato il pianoforte, ma questo non lo fa rifiutare le interazioni con ragazzi della sua età.

Una parte di lui sperava segretamente di fare amicizia con il ragazzo pallido, che ha imparato chiamarsi Yoongi. Oltre ad essere affascinante, il ragazzo gli provocava parecchie curiosità ed era stato l'unico, a modo suo, ad averlo aiutato. Si è quindi promesso di provare a parlarci anche a costo di aspettare una settimana.

🎵🎼🎶

Fortunatamente per Jimin, il ragazzo misterioso tornò a scuola il giorno dopo. Si fece prendere dal panico nel momento in cui una familiare massa di capelli scuri gli passò davanti. Non voleva davvero aspettare la ricreazione o la fine delle lezioni per poter avere una chiacchierata decente da giorni. In più, una conversazione all'aperto nel giardino della scuola era di gran lunga migliore di una conversazione dentro la piccola classe e sotto gli occhi di tutti. 

Sentendosi all'improvviso molto nervoso per i troppi pensieri che attraversavano la sua mente e il ragazzo che si stava ormai allontanando, d'istinto corse verso di lui e la sua mano prese il sopravvento andando ad afferrare con delicatezza il braccio dell'altro ragazzo.

«I-Io mi dispiace per il disturbo. Uhm.. sei Yoongi, vero?»

Il respiro di Jimin si spezzò nel momento in cui Yoongi si voltò. Di fronte a lui si trovava di sicuro il ragazzo che cercava. Aveva la tipica aria selvaggia emanata la prima volta, ma in più sul suo viso si potevano scorgere un paio di piccoli lividi. Lividi che, era sicuro, prima non ci fossero. Appena Jimin si accorse dell'espressione di dolore sulla faccia dell'altro, il suo sguardo cadde sulla propria mano, pericolosamente molto vicina ad un'altro livido presente sul braccio.

«Oh mio dio non volevo!» Si scusò subito scansandosi ed evitando di toccarlo ulteriormente. L'altro ragazzo non sembrò più così addolorato e canticchiò in segno di risposta, cercando di allungare la manica della maglietta oversize per coprire la macchia violacea che quasi risplendeva sulla sua pelle bianca. Ora che ci pensava, Yoongi sembrava l'unico a non indossare l'uniforme scolastica. «Ecco.. solo grazie per l'altro giorno. Ero davvero spaventato da Minho che quasi mi sarei abbassato i pantaloni davanti a tutti. Volevo solo ringraziarti per aver fatto evitare una scena del genere, quindi..» Il tono della voce di Jimin continuava a scendere ad ogni parola pronunciata, perchè per quanto ci avesse pensato negli ultimi giorni, non era del tutto questa la situazione che si era immaginato. Non riuscì a dire più nulla ne a guardarlo negli occhi, finendo per giocherellare con le mani e torturare metà labbro inferiore dall'imbarazzo.

«Tu hai paura di Minho?» Furono le prima parole che Yoongi pronunciò a Jimin. La sua voce non si presentò ruvida e sprezzante come la prima volta che l'aveva sentito parlare, ma fredda e forse dai toni un po' dolci. Jimin comprime le labbra. Oltre che imbarazzato, adesso si sente anche un codardo. Yoongi la prende come una conferma, si guarda un attimo intorno pensieroso e continua a parlare. 

«Vieni con me nella foresta, ti farò vedere che quel pianoforte funziona ancora.»

Alla fine Jimin finisce per saltare la scuola. E' abbastanza sorpreso da se stesso perchè è sempre stato uno studente diligente e responsabile. Ma come avrebbe potuto rifiutare un occasione del genere? Avrebbe potuto superare la prova e non sarebbe stato da solo. 

I due si addentrano in piena mattinata nella possente foresta. Il ragazzo pallido sembra conoscere la strada a memoria. Ci viene tutti i giorni, lui dice. Jimin si lascia quindi guidare. E' la sua prima volta circondato da così tanto verde. Infila i suoi guanti neri facendo finta di non aver visto l'espressione di Yoongi accigliarsi alla sua azione. Ammette che si sente un po' a disagio. Yoongi ha un passo veloce e non parla se non per dire "Sei lento", "Li hai i muscoli nelle gambe?", "Se ti perdi non ti verrò a cercare" mentre Jimin è ancora scioccato che lui sia in grado di trovare un pianoforte in mezzo a tutti questi grandi alberi. Per non parlare che a differenza dell'altro lui ha già il fiatone, non fa che inciampare tra le radici, finisce in mezzo ai cespugli per non calpestare i fiori, e una miriade di insetti si scontrano sulla sua faccia. E' abbastanza sicuro che Yoongi sia divertito dalla sua disattenzione. 

Nonostante questo, Jimin non la smette di parlare (per lo più a se stesso) e fare dei commenti positivi sull'ambiente. L'altro ragazzo per quanto sia poco socievole e silenzioso, per fortuna non sembra infastidito. Yoongi allenta il passo e Jimin ne approfitta per chiedergli una delle sue più grandi curiosità. 

«Perchè mi hai aiutato?» 

«Hai detto che suoni il pianoforte. Suono anche io, abbiamo una cosa in comune.»La risposta arriva immediata, Jimin ne può trarre la sincerità e la schiettezza. Ne rimane talmente colpito che non sa più che altro dire, quindi continua a camminare silenziosamente dietro di lui, fino a scontrarsi contro la sua schiena poco dopo. Bisbiglia l'ennesimo "scusa" della giornata (non è neanche sicuro che l'altro lo abbia effettivamente ascoltato questa volta) e cerca di spostarsi di fianco al ragazzo per una visuale migliore. 

Ciò che vede è forse una delle poche meraviglie nel mondo. I raggi del sole riflettono tra le foglie e i rami degli alberi su un nobile pianoforte marrone. Ascolta il suo cuore battere ardentemente nella sua cassa toracica insieme al cinguettio degli uccelli e al canto delle cicale, non sa perchè sia così tanto emozionato. Non è di certo la prima volta che vede un pianoforte. Anzi, ha visto pianoforti di gran lunga migliori. Ma è convinto che ci sia qualcosa che lo rende speciale. 

Si accorge che le sue labbra si sono allentate da sole ed è quasi sicuro di star boccheggiando a vuoto con gli occhi spalancati. Cerca di ricomporsi e guarda Yoongi, in richiesta muta di potersi avvicinare. «Di notte è ancora più bello.» Aggiunge lui con gli occhi che brillano. I due si avvicinano al pianoforte e Jimin può ora esaminarlo meglio. L'immagine è un po' trascurata, è polveroso e non nelle migliori condizioni. Ci sono anche delle radici che lo abbracciano e un po' di foglie sparse sopra di esso. 

«Adesso lo suono e tu sei testimone!» Afferma un Jimin agitato, andando a sedersi sullo sgabello bucato e togliendosi i guanti. Non poteva davvero permettere di graffiarsi e rovinarsi le mani. Prende un grande respiro e preme un tasto sulla tastiera. Non esce nulla. Nessun suono. Riprova con un accordo. Ancora niente. Non si sente nulla. Riprova con più forza. Non capisce. Minho aveva detto che il pianoforte era rotto, ma Yoongi aveva negato. Ha persino portato fin qua giù entrambi con convinzione. 

«E' davvero in pessimo stato se non suona.» Finisce per pensarlo ad alta voce, aggrottando la fronte. Sinceramente si sente un po' deluso. Percepisce la presenza del ragazzo pallido sedersi sullo stesso sgabello. «Impossibile. Lascia fare a me.» 

Yoongi si toglie le scarpe e poggia i piedi nudi sui pedali. Accarezza teneramente il pianoforte, ma non abbastanza forte da far uscire dei suoni. Forse sta ancora pensando a cosa vuole suonare. Jimin è confuso, perchè trova inutile pensare a cosa si vuole suonare se il pianoforte è ormai talmente vecchio e rotto da non poter produrre più nessun suono. Quando finalmente Yoongi sembra pronto per iniziare a suonare, preme i tasti uno dopo l'altro senza esitare.

E lo fa.

Lui suona.

Il pianoforte funziona.

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Capitolo 3
*** Quel Giorno ***


Capitolo 3: Quel Giorno

E' innamorato.

Park Jimin è innamorato.

Il ragazzo seduto vicino a lui continuava a suonare il pianoforte celestialmente, inconsapevole del turbinio di pensieri ed emozioni che si sono presentati nel corpo di Jimin. La voglia di esprimere i suoi sentimenti sotto forma di domande e complimenti stava venendo fortemente repressa dalla sua educazione. Aspetta che almeno finisca di suonare, continuava a ripetersi. Proseguire a contemplare lui e la sua musica divinamente non gli dispiaceva affatto. Per quanto Jimin avesse già visto centinaia di pianisti e avesse udito centinaia di canzoni in tutta la sua vita, questo non era su un livello maggiore, ma proprio diverso. Gli altri artisti lo annoiavano spesso, ma in questa foresta e davanti a questo piano, Jimin non riusciva a distogliere lo sguardo.

Yoongi teneva la testa alta e gli occhi chiusi, e nonostante i capelli gli ricadessero per quasi tutto il viso i raggi del sole illuminavano ogni delicato lineamento. Le labbra erano di poco dischiuse e il suo corpo si muoveva a ritmo della melodia che stava ricreando. Dalle mani si potevano intravedere le vene con facilità, mentre le dita passavano agilmente su ogni tasto bianco o nero dell'intera tastiera a sua disposizione.

La melodia era intensa, espressiva ed armonica. Era come una storia. Una storia che inizia con calma e che a poco a poco diventa tormentata, ma in grado di ritrovare un dolce lieto fine. Quando Yoongi finisce di premere le ultime note, Jimin rilascia un sospiro che non sapeva di aver trattenuto. Non era del tutto sicuro delle sue capacità lessicali dopo una performance che l'aveva lasciato senza fiato, ed era anche un po' amareggiato che fosse già finita.

«Yoongi questo è stato.. cioè wow. L'ho trovata un'interpretazione meravigliosa, sei davvero bravo! Ma perché tu riesci a suonarlo e io no? Forse è il tuo modo di suonare? Non sono riuscito a riconoscere questo pezzo, di chi è? Tuo? Come si chiama il tuo maestro?» Jimin è conscio che questo in verità stava andando ben oltre le sue capacità di lessico. Quando si accorge dell'espressione sconvolta di Yoongi, decide di mettere un freno alla sua bocca e di dar tempo al ragazzo di rispondere alle domande.

«E' il mio piano, forse apre il suo cuore solo a me.»

Fu l'unica risposta che Jimin ricevette. Dopo essersi bagnato le labbra ricominciò a parlare volendo davvero sapere qualcosa di più concreto su di lui. «Da quanto suoni? Come mai ti piace suonare? Hai un pianista preferito?»

«Jimin!» Al richiamo la voce di Jimin si bloccò nella gola e involontariamente si torturò l'interno guancia. Sapeva di aver esagerato e di essersi comportato in modo infantile. Inoltre trovava in qualche modo piacevole come Yoongi avesse appena pronunciato il suo nome per la prima volta. Arrossì a quel pensiero.

«E' la prima volta che suono davanti a qualcuno. Nessuno me l'ha insegnato, la mia famiglia è povera.» La voce di Yoongi si trasforma in un mormorio a sorpresa di Jimin, il quale si maledice mentalmente per essere stato così invadente. «Quindi non hai mai preso lezioni.» Risponde più come un'affermazione che come una domanda.

«Puoi venire a suonare il pianoforte da me quando ti va. In verità ne ho uno a coda in sala musica e uno verticale in camera. Mi piacerebbe ascoltarti di nuovo.» Yoongi non risponde a quello, forse ancora un po' in soggezione dal carattere allegro di Jimin, il quale scalcia le gambe avanti e indietro sullo sgabello come un bambino. E' sicuro di aver visto il labbro di Yoongi fare una smorfia, o quello che sarebbe dovuto essere un tentativo di sorridere, almeno secondo lui.

Lo trova carino.

🎵🎼🎶  

Prima che Jimin potesse entrare in classe quella mattina per la lezione, un gruppo di ragazzi che aveva riconosciuto non far parte della sua sezione si erano accostati e ammucchiati davanti la porta. Cerca di farsi strada tra di loro per capire cosa stia succedendo, e quando sente una voce familiare sovrastare le altre e provenire dall'interno dell'aula la sua preoccupazione comincia a farsi sentire. Soprattutto quando trova impossibile ignorare i commenti degli alunni intorno a lui.

«Povero Yoongi. Questa è la volta buona che verrà fatto a pezzi da Minho.»

«Minho mi fa paura ma l'altro ragazzo mi da i brividi.»

«Ho sentito dire che suo padre è morto.»

Quando finalmente Jimin riesce ad osservare qualcosa, si accorge subito di Yoongi e Minho in piedi al centro dell'aula. Fa scivolare il suo sguardo alla ricerca di un qualsiasi insegnante in mezzo a quel caos, ma per sfortuna nota che non è ancora arrivato. La maggior parte dei banchi sono stati spostati contro il muro, e alcune sedie sono capovolte per terra.

Il ragazzo pallido sembra faticare molto per rimanere in una posizione dritta e come se non bastasse, Jimin nota che potrebbe avere i lividi più viola del solito e un labbro spaccato, mentre Minho ha forse solo un naso rotto a giudicare dal sangue che cola.

«E sai cosa dicono? Che non sei venuto a scuola per adescare clienti con tua madre.» Il tono canzonatorio di Minho infastidisce di gran lunga l'umore di Yoongi, il quale ribatte aspramente con la sua pungente voce. «E sai quanto me ne frega di quello che dicono.» Pronto a depositare un pugno sulla faccia sorridente di Minho, la mano di Yoongi viene bloccata all'improvviso.

«Lasciami stare Jimin.» L'espressione di Yoongi appare a Jimin solo più infastidita. Nonostante questo, è pronto a fargli la predica perché crede che non dia un giusto valore a ciò che possiede. Finirà per pentirsene. «Le mani per te sono troppo importanti dovresti trattarle meglio.»

«Okay lasciami andare.» L'espressione di Yoongi si rilassa ma Jimin non è ancora del tutto convinto, riesce a scorgere i suoi muscoli e sono tutti tesi.

«Tu smettila.»

«Ho detto lasciami! Sei sordo?» Jimin è sorpreso dall'improvviso tono di voce e dallo strattone ricevuto. Si allontana da lui a malincuore e con un peso sul petto. «Non volevo. Mi stavo solo preoccupando per te.»

«Stai zitto. Continua a preoccuparti di curare solo le tue di mani, così saranno belle come quelle di una ragazzina.»

Le parole dure del ragazzo pallido colpiscono in pieno Jimin. Percepisce i lati dei suoi occhi bruciare. Trova vergognoso mettersi a piangere davanti a così tante persone in un momento simile, quindi decide di uscire fuori dalla classe per riprendersi mentre gli studenti gli aprono la strada.

«Tratti i tuoi amici allo stesso modo dei tuoi clienti?» Proprio quando Minho si stava preparando all'arrivo del pugno di Yoongi, lui lo sorpassò ed uscì dall'aula.

Non era stato difficile trovare Jimin. Il ragazzo si era accucciato in un angolo del corridoio con la testa sepolta tra le gambe. A quella visione Yoongi si avvicinò con cautela all'altro ragazzo, ma in tutta onestà non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi poiché era totalmente inesperto. Sapeva di essersi pentito per averlo trattato in quel modo e forse era sufficiente solo farglielo sapere. Si accovacciò alla sua stessa altezza dubbioso che l'altro ragazzo l'avesse sentito arrivare.

«Mi dispiace.»

Jimin sobbalzò dall'inaspettata voce proveniente vicino a lui. Nonostante avesse riconosciuto a chi appartenesse, alzò il viso per poterlo guardare meglio. Yoongi era davvero vicino a lui e aveva appena borbottato delle scuse. I due continuarono a fissarsi. Yoongi stava pian piano perdendo fiducia dal momento in cui l'altro ragazzo non aveva ancora detto nulla. Si limitava a scrutarlo con gli occhi rossi e acquosi e un tenero broncio, come se stesse cercando una minima traccia di bugia. Proprio mentre stava pensando di alzarsi per andarsene, Jimin tirò su con il naso e parlò.

«Non voglio tornare in classe in questo stato. Ti va di accompagnarmi a casa? Posso aiutarti con le tue ferite.»

In verità Yoongi non aveva ne acconsentito ne rifiutato, ma si ritrovò lo stesso ad accompagnarlo. Il ragazzo si era alzato ed era uscito dall'edificio con lo zaino sulle spalle neanche aspettando la risposta, e in qualche modo si è sentito in dovere di seguirlo fregandosene del suo materiale rimasto incustodito in classe. Durante il tragitto nessuno dei due ragazzi parlò. Sebbene fosse stata una camminata tranquilla e silenziosa, e Yoongi ne fu grato, si aspettava comunque un paio di commenti da Jimin (ora insicuro dopo essersi mostrato così vulnerabile) che però non arrivarono mai.

Quando il ragazzo si fermò per esaminare il proprio zaino e far uscire fuori delle chiavi, Yoongi capì che la villetta che si ritrovò a fissare davanti a lui apparteneva a Jimin. Dall'esterno sembrava abbastanza spaziosa, color sabbia e circondata da un grazioso giardino curato. L'interno sembrava ancora più grande ed era arredato minuziosamente. Entrando dalla porta principale e sorpassando l'ingresso, si aprirono ben cinque stanze: la cucina che si affacciava su un balcone, la sala da pranzo, il salotto, un bagno e una stanza con la porta chiusa. A destra della stanza misteriosa emergevano delle scalinate per un probabile secondo piano dedicato alle camere da letto.

Jimin lasciò lo zaino all'ingresso e dopo aver informato Yoongi di avere la casa tutta per loro per tranquillizzarlo, si dirige ad aprire la porta della stanza non ancora ispezionata. Il primo oggetto che salta al suo occhio è di sicuro il solenne pianoforte nero, e all'istante capisce che questa è sala di musica di cui gli aveva parlato. Yoongi si avvicina subito al piano e inizia a premere i tasti. Il suono che esce però è alto e fastidioso, e non capisce perchè sia così diverso. Anche Jimin sembra non riuscire a sopportarlo, tanto che si copre le orecchie e prova a dargli qualche consiglio.

«Forse dovresti suonare più lentamente e premere più dolcemente i tasti.» In verità non sa quanto questo possa servire. Da quello che aveva mostrato Yoongi nella foresta, era abbastanza sicuro che il ragazzo fosse molto delicato e avesse un ottimo senso del ritmo.

«Ma così è noioso.» Yoongi si ferma e si volta verso Jimin che ridacchia e si avvicina con un kit di pronto soccorso. E' felice che l'altro ragazzo non sia più arrabbiato, ed è riconoscente che si stia ancora preoccupando per lui. Mentre Jimin finisce di spalmare con prudenza una crema sui lividi e disinfetta con un tocco leggero il taglio sul labbro, Yoongi ruba qualche momento per poterlo osservare meglio da vicino. Le sue mani sono piccole, cicciotte e tremano un po'. I capelli biondi dorati di tanto in tanto ricadono sopra i suoi occhi, e a Jimin non sembra dispiacere quando li tira indietro con le dita. Le guance sono paffute e rosate mentre le labbra sono davvero molto voluminose. Trova graziosa la sua lingua che sporge di poco quando è concentrato.

«Non deve essere sempre divertente.» Le parole di Jimin lo costringono ad interrompere i suoi pensieri. Può percepire il respiro dell'altro su di lui oltre all'improvvisa vampata di calore sulla sua faccia. «Diventare un grande pianista vuol dire esercitarsi molto anche se a volte può essere noioso. Sai a breve ci sarà un concorso nazionale, ho intenzione di partecipare. Mi esibirò con la suonata K310 di Mozart. Vuoi sentirla?»

Yoongi grugnisce in accordo. Jimin si siede vicino a lui e sfoglia sul leggio delle pagine piene di segni strani. Inizia a suonare ed entrambi chiudono gli occhi lasciandosi trasportare dalla tempestosa melodia. Il brano dura un po' e ai ragazzi non dispiace. Quando Jimin finisce però, non sembra soddisfatto a giudicare dai suoi sospiri. Al contrario a Yoongi è piaciuto molto e approfitta per complimentarlo.

«Non credevo fossi davvero così bravo.» Il sorriso che Jimin spara a Yoongi è del tutto accecante. I suoi occhi spariscono in due mezzelune e si potrebbero contare tutti i suoi denti. E' la prima volta che gli sorride in questo modo.

«Però se guardi lo spartito ci sono ancora molte imperfezioni.»

«Non so leggere uno spartito.»

«Oh. Potrei insegnarti!»

«Non sono fatto per le cose complicate. Credo di saperla fare, me la ricordo.» Il sorriso di Jimin non si spegne del tutto ma la sua espressione sembra smarrita. Nel momento in cui Yoongi preme di nuovo le dita sulla tastiera, Jimin si aspetta i suoni distorti di poco prima. Quello che non si aspetta è che Yoongi sta ricreando perfettamente la suonata K310 di Mozart con le stesse imperfezioni e senza neanche leggere lo spartito.

Jimin quel giorno capisce una cosa importante di Yoongi.

Ha l'orecchio assoluto.

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Capitolo 4
*** Quel Momento ***


Capitolo 4: Quel Momento

Secondo alcune statistiche solo lo 0.01% della popolazione mondiale ha l'abilità di identificare la frequenza di un suono. L'orecchio assoluto è una capacità innata di riconoscere una nota semplicemente ascoltandola. Chi ha questo dono può trascrivere la musica, nella tonalità corretta, usando solo l'udito. Come l'umano riconosce naturalmente i colori, è in grado di riconoscere anche i suoni.

Questo era ciò che Jimin ricordava in una delle tante lezioni con il suo maestro di pianoforte. Mentre per la maggior parte dei musicisti che volevano comprendere e cogliere la composizione della musica necessitavano di moltissimo tempo, ascolto ed esercizio (sviluppando un orecchio musicale migliore), c'era quest'altra piccola parte di musicisti che invece non ne aveva bisogno. Jimin era rimasto sconvolto dopo aver scoperto la particolare abilità di Yoongi. Era anche molto sicuro che il proprietario non ne fosse del tutto consapevole.

Il rapporto tra Yoongi e Jimin sembrava ormai stabile e nonostante gli alti e i bassi avuti, quest'ultimo sperava davvero che potessero considerarsi ormai amici. Durante le lezioni scolastiche si scambiavano spesso degli sguardi, Jimin sorrideva il più delle volte e lanciava fogliettini di disegni e messaggi al banco di Yoongi, che per fortuna si trovava di fianco al suo. Yoongi sembrava gradire le attenzioni dell'altro ragazzo, e in base al suo umore mattutino, ogni tanto avrebbe anche ricambiato. Sebbene avesse iniziato ad assentarsi di meno, non era mai stato il tipo da seguire le lezioni. La maggior parte delle volte dormiva o fissava la foresta attraverso la finestra dell'aula per tutte le intere ore. Una volta l'ha anche trovato con gli occhi chiusi mentre muoveva le dita, come se davanti a lui ci fosse un pianoforte vero.

Durante l'intervallo ai due ragazzi piaceva stare in disparte per avere un po' di tranquillità da tutti e soprattutto da Minho. In sala mensa Jimin cercava spesso di sedersi vicino a Yoongi, e quando ha iniziato a notare che il suo amico mangiava sempre meno si è offerto, nonostante il rifiuto iniziale da parte dell'altro, di lasciargli ogni giorno una buona parte della sua merenda. Jimin non era sciocco. Ha fatto segretamente tesoro delle voci che giravano sul ragazzo pallido. Il fatto che fosse povero da non potersi permettere abbastanza cibo o vestiti decenti (quando le temperature hanno iniziato ad abbassarsi, Jimin gli porgeva sulle spalle e in silenzio il giacchetto della sua divisa per non farlo congelare). Oppure il fatto che sua madre fosse rimasta da sola e costretta a fare un lavoro poco dignitoso, onestamente non gli interessava.

Di certo la cosa gli dispiaceva, ma quando ha capito che Yoongi non aveva mai avuto amici a causa di tutti i pregiudizi, ha giurato a se stesso di rimanergli accanto. E' stata solo questione di tempo prima che tutti si accorsero di questa vicinanza e lo avessero puntato come altro obiettivo di prese in giro. Yoongi è sempre rimasto al suo fianco per proteggerlo, benchè dopo sarebbe finito per farsi curare i lividi da lui. Anche se alla fine parlavano davvero poco, piccoli gesti come questi li portarono ad avvicinarsi.

Quasi tutti i giorni dopo la scuola i due si addentravano nella foresta per suonare il piano (in verità Yoongi suonava e Jimin ascoltava), accompagnati dai piccoli abitanti del bosco; riuscirono anche ad accarezzare un coniglio selvatico.

Una volta finirono per fare molto tardi e rimasero a guardare le stelle. Yoongi aveva ragione, di notte quel posto era molto più bello. Quando Jimin tornò a casa, sua madre e sua nonna non credettero più alla scusa dei corsi pomeridiani extra. Avevano scoperto dagli insegnanti che passava praticamente tutto il suo tempo con Min Yoongi. La nonna Yeeun (spesso soggetta di astenia) aveva raccontato alla figlia Minseo, la madre di Jimin, che tipo di persone fossero il suo amico e sua madre. Anche se entrambe desideravano che il proprio figlio non avesse nessun tipo di coinvolgimento con famiglie come quelle, Jimin si è rifiutato di ascoltarle. Quella sera si chiuse in camera, sorridendo a se stesso quando una dolce melodia entrò dalla sua finestra. Fu la prima volta tra le tante volte che Yoongi lo fece addormentare suonando il pianoforte per lui.

🎵🎼🎶    

Un attimo prima Jimin stava dando da mangiare ad una piccola famiglia di scoiattoli, consapevole di uno Yoongi che lo guardava seduto sullo sgabello del piano. Un attimo dopo, si gira ritrovando lo sgabello vuoto. Essendo una persona piuttosto ansiosa, non ci vuole molto ad iniziare a farsi prendere dal panico. Si chiedeva come fosse possibile per il suo amico avere talmente un passo leggero da sparire senza fare rumore. Forse gli stava facendo uno scherzo. Jimin iniziò a guardarsi attorno chiamando il nome dell'altro. Ad un tratto una mano entra nel suo campo visivo e involontariamente si lascia scappare un urlo poco virile.

«Jimin smettila di urlare!» Alzando di poco lo sguardo si trovava il ragazzo pallido. Era arrampicato su un piccolo albero e stava tendendo la mano verso un Jimin sconvolto e agitato.

«Cosa stai facendo lì sopra? Scendi o ti farai male.»

«Ti sto portando a casa mia. Fidati, afferrami la mano.» Jimin non era ancora del tutto convinto delle sue capacità di arrampicamento, ne era sicuro di essere in grado di saltare e salire sull'albero, ma si fidava di Yoongi. Era appena stato invitato per la prima volta a casa sua. Afferrò la mano insicuro, dandosi un piccolo slancio per poter saltare, anche se il grande lavoro lo fece Yoongi tenendolo stretto e tirandolo verso di se. Tanto che Jimin gli si schiacciò contro e lo circondò in una specie di abbraccio per paura di cadere. Quando si accorse che ormai era fuori pericolo, lo lasciò andare imbarazzato.

In verità il pericolo doveva ancora arrivare. Yoongi iniziò ad arrampicarsi su una miriade di tronchi e rami, cercando di andare sopra gli alberi più alti. Di tanto in tanto dava delle istruzioni a Jimin, che provava a seguire e a ricopiare i suoi movimenti come meglio poteva. La sua resistenza fisica faceva effettivamente un po' pena. Mentre Yoongi non si lamentava delle schegge e degli sforzi, Jimin non faceva altro che gemere dal dolore e scivolare. Quando riuscì un po' ad abituarsi, Yoongi si girò credendo di averlo lasciato indietro.

«Ci siamo quasi, non cadere proprio ora. Sei stato bravo.»

Entrambi gattonarono su un ramo molto massiccio che li portò su un balcone, la cui finestra era stata lasciata semiaperta. Yoongi protese di nuovo la mano per aiutarlo, accorgendosi di quanto le mani di Jimin furono piene di tagli.

«Perchè non hai indossato i guanti?»

«Li ho dimenticati..»

«Ultimamente li dimentichi un po' troppo spesso. Non ti vedo mai indossarli quando entriamo nella foresta.»

Jimin non ebbe ne il coraggio di guardare l'amico negli occhi e ne di rispondergli. Quando Yoongi criticò le sue mani aveva provato un forte malessere. Anche se non lo intendeva davvero, una parte di Jimin era consapevole che avesse detto la verità. Era viziato e si comportava come una femmina. Il ragazzo pallido lo fece accomodare nell'angusta stanza fornita di un letto, un mobile e un paio di cuscini buttati sul pavimento in legno. Jimin ne prese uno e si sedette, aspettandolo. Yoongi tornò nella stanza con una bottiglia di disinfettante e un po' di cotone, sedendosi sull'altro cuscino davanti a Jimin e prendendogli le mani per poterle medicare.

«Preferisco le tue mani senza tutti questi tagli. Sarebbero più belle.»

«Anche io ti preferisco senza lividi, saresti più bello.»

L'affermazione di Jimin fa bloccare istantaneamente le azioni di Yoongi. La sua espressione era sbigottita e di pura incredulità. Jimin soffocò una risata, ma non riuscì davvero a contenersi finendo per sghignazzare rumorosamente. Quando rideva lo faceva con tutto il corpo e Yoongi non potè nascondere il suo batticuore, sotto forma di un sorriso gengivale che non passò inosservato. E' infatti la prima volta che Jimin lo vede sorridere così tanto.

Quando però la porta si spalanca, ogni risata si dissolve.

«Yoongi sei già tornato!» Sulla soglia della porta si trovava in piedi una bellissima donna. Aveva dei lunghi capelli scuri, il viso pieno di trucco e indossava uno stretto vestito rosso fuoco. Jimin guardò Yoongi in richiesta d'aiuto, non sapeva chi lei fosse e come doveva comportarsi.

«Non preoccuparti Jimin, lei è Yoori. Mia madre.» Jimin sorride prima che le informazioni possano raggiungere il suo cervello. «L-lei è tua madre?» Yoongi gli rivolge un'alzata di spalle, mentre la donna decide di avvicinarsi. «Tu devi essere Jimin! Ho sentito molto parlare di te.» Jimin si sentiva davvero lusingato dalla notizia. Yoongi invece sbuffò, grattandosi il lobo dell'orecchio in segno di imbarazzo.

«Yoongi va a prendere qualcosa da mangiare per il nostro ospite.»

«Non sei tu quella che dovrebbe farlo?»

Yoori fa dileguare suo figlio con un "sbrigati e fallo tu", il quale sospira ed esce dalla stanza non chiudendo del tutto la porta. Jimin non si meraviglia del fatto che abbiano lo stesso carattere. Sua madre si dimostrò una donna molto gentile, continuando a fargli complimenti su quanto apparisse un nobile principe. Quando Jimin chiede per curiosità cosa già sapesse su di lui, la voce di Yoori si fece molto più amorevole.

«Sai, quando Yoongi aveva tre anni è caduto da questa finestra scivolando per alcuni alberi che avevano attutito il colpo. Nessuno riusciva a trovarlo se non quel pianoforte. Si sono trovati entrambi, e da quella volta sono stati inseparabili. Per Yoongi è sempre esistito solo il suo piano. Quando sono venuta a sapere che era finalmente riuscito a farsi un amico, sono rimasta ancora più felice di sapere che la vostra passione più grande vi avesse uniti.»

Non è che Jimin si aspettasse una risposta del genere. E' vero che l'amicizia con Yoongi è iniziata grazie ad un pianoforte, ma allora perché si sentiva quasi fuori luogo? «Io.. io ho imparato a suonare il piano perché mi hanno detto di farlo. All'inizio lo vedevo quasi come un nemico, una maledizione. Poi ho capito che mi avrebbe accompagnato verso il mio destino.»

«Però non sei stato obbligato, o sbaglio? Chiunque può scegliere, e tu hai scelto di continuare a suonarlo. Anche diventare amico di Yoongi è stata una scelta.»

Jimin si prende un momento per riflettere. Nessuno l'ha mai costretto a suonare, è vero. Ma se si fosse rifiutato, sarebbe riuscito a diventare lo stesso amico di Yoongi? E' consapevole di conoscere già la risposta, ma al solo pensarci il suo stomaco si contorce un po'. «Allora sono davvero felice di tutte le scelte che ho fatto.»

Yoori sorrise a Jimin nel modo più affettuoso possibile. Era a conoscenza del carattere difficile del figlio, non è facile parlarci o persino diventarci amico. E' sorpresa come ci sia riuscito il ragazzo davanti a lei, che si dimostra essere l'esatto opposto. Forse è proprio per questo motivo. Nessuno rifiuterebbe mai un dolce e generoso Park Jimin. Nemmeno il freddo Min Yoongi, che era rimasto tutto il tempo appoggiato dietro la porta cercando di calmare le veloci palpitazioni nel suo petto, poteva resistergli. 


 

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Capitolo 5
*** Quel Tempo ***


Capitolo 5: Quel Tempo

Il trucco di Yoori era ormai colato per tutto il suo viso macchiandolo di nero. Gli occhi continuavano ad arrossarsi e i capelli arruffati non smettevano di intrecciarsi da soli. I suoi muscoli erano ormai talmente stanchi da non riuscire più a seguire il proprio volere. Chi la conosceva un minimo o anche chi solo l'aveva guardata una volta, in quel momento non l'avrebbe sicuramente riconosciuta, scambiandola per un'altra persona che vagamente le poteva somigliare. Yoori è sempre stata una donna solare, allegra e gentile. Chiunque avrebbe potuto confonderla per una nobile dama grazie alla sua eleganza, alla squisitezza dei modi, dal portamento che possedeva e dalla sua loquacità particolare nel parlare ed esprimersi.

Ironica. Era quasi ironica la sua figura di donna perbene di giorno contrapposta a colei che si trasformava di notte. Nessuna giovane ragazza madre come lei avrebbe probabilmente avuto la possibilità di scegliere un lavoro diverso. Questa era la prima difficoltà che ha dovuto accettare dal momento in cui ha deciso di mantenere suo figlio, crescerlo, proteggerlo e provare a concedergli un futuro felice. La felicità, qualcosa che le è spesso mancata nonostante portasse sempre in volto uno dei suoi larghi sorrisi. La solitudine era invece, qualcosa che non le era mai mancata nonostante non se ne fosse mai lamentata. La mancanza più grande però, era stata quella del suo fidanzato che l'aveva abbandonata come aveva già fatto la famiglia. Sola, senza famiglia e con un figlio. Il suo destino era già scritto, nessun'altra donna in quelle condizioni avrebbe potuto avere un futuro migliore.

Ciò che era diventata faceva ormai parte di lei. Una donnaccia di malaffare, una cortigiana di strada che una sera, per puro caso, era stata in grado di trovare un locale, un posto in cui vivere, un luogo da chiamare casa e una nuova famiglia. In quel bordello ebbe l'opportunità di conoscere tante altre ragazze provenienti da situazioni sfortunate. Ragazze oneste che non andavano fiere del proprio lavoro, come lei, ma convinte che tutti alla fine si meritavano di vivere, anche se significava lasciare da parte l'orgoglio e la dignità. Per Yoori si trattava anche di doveri, doveri di una madre, come quello di concedere un'istruzione scolastica che lei non ha mai avuto.

Quel giorno le ragazze del posto stavano aiutando Yoori a cercare il suo unico figlio, Yoongi. Il bambino di tre anni era riuscito a scappare dalla sua stanza senza che nessuno se ne fosse accorto. Yoori ne rimase sconvolta, e disperata pianse per ore cercandolo ovunque. Aveva sempre avuto ogni situazione sotto controllo, mentre in quel momento non aveva la minima idea di come doversi comportare.

Alla fine si concesse una pausa per riflettere meglio dove il bambino si poteva essere cacciato. Yoongi è sempre stato curioso. Annoiato e curioso. Entrò nella stanza del piccolo e si sedette sul letto con i gomiti sulle ginocchia, asciugandosi le interminabili lacrime. I suoni di un pianoforte entrarono dalla finestra spalancata. Ciò che Yoori trovò più strano era proprio la finestra, poiché Yoongi era sempre stato parecchio freddoloso e si lamentava spesso se essa rimaneva aperta. Quando si affacciò sul balcone quasi le venne un colpo. Il solo pensiero che suo figlio fosse caduto da una simile altezza la fece panicare. Le uniche cose che riuscì a vedere furono solo l'edera che si arrampicava sulla parete dell'edificio, e gli immensi alberi che coprivano la maggior parte della vista. Yoori aveva setacciato tutto il quartiere tranne la foresta dietro il locale, l'ultimo luogo rimasto.

Nonostante le urla della proprietaria sul doversi andare a preparare per il lavoro, Yoori la ignorò ed uscì, addentrandosi subito nel pericoloso bosco guidata dal pianoforte. Poco dopo si accorse di avere i piedi completamente nudi e pieni di ferite, in più il suo vestito si era impigliato talmente tanto tra i rami che si era ormai strappato e rovinato. Nel momento in cui i suoni si fecero più alti, ignorando il suo stato fisico e continuando a cercare, finì per ritrovarsi davanti un pianoforte abbandonato e la schiena di un bambino, arrampicato su un basso sgabello e intento a premere ogni tasto disordinatamente. Yoori urlò il suo nome e corse subito ad abbracciare il figlio, che la guardava con il più grande sorriso sdentato che lei avesse mai visto fargli. Si sedette vicino a lui e lo guardò giocare con il piano, sospirando di sollievo per averlo ritrovato.

Da quell'occasione il pianoforte divenne il nuovo gioco di Yoongi. Ogni giorno prima del lavoro, Yoori avrebbe accompagnato il bambino dentro la foresta e lo avrebbe ascoltato suonare. Pochi anni dopo, quel ragazzino ormai cresciuto, sarebbe semplicemente passato dalla finestra ogni volta che avrebbe voluto giocare con il suo amico. Anche se ormai Yoori non lo accompagnava più per guardarlo, ogni persona del locale riusciva ad ascoltare quel pianoforte e ne conosceva il nuovo proprietario.

🎵🎼🎶  

La noia di Yoongi venne interrotta dall'atterraggio di una pallina di carta sul suo banco. Premette le labbra formando una linea sottile per nascondere un sorriso. Neanche il tempo di spostare la sua mano, che un'altra pallina finì accanto alla prima. Un'altra. E un'altra ancora. Se non fossero stati nel bel mezzo di una lezione, probabilmente Yoongi avrebbe appallottolato il suo unico quaderno solo per scaraventarlo sul banco di Jimin. Non gli dispiacevano le sue attenzioni, affatto. Ma avrebbe preferito avere almeno la possibilità di leggere e di rispondere ai biglietti uno alla volta e con calma, prima di ritrovarsi una cassetta delle lettere al posto del banco.

Quando apre con un po' di fatica la prima pallina, domandandosi come Jimin faccia ad accartocciarle sempre così tanto, la sciatta calligrafia dell'amico fa la sua comparsa "Anche oggi andremo nella foresta?", accompagnata da alcuni disegni di alberi e di un pianoforte abbastanza dettagliato. Prima di rispondere, apre con curiosità gli altri biglietti, non sorpreso quando mostrano nient'altro che disegni diversi come un gatto chiazzato d'inchiostro, palloncini, caramelle e l'abbozzo di due ragazzi che si tenevano per mano sotto le stelle. Yoongi si acciglia a quest'ultimo per poi arrossire furiosamente, prendendo i biglietti e nascondendoli furtivamente in tasca con il resto della collezione. Con molta rapidità prende il primo foglietto scarabocchiando un veloce "Sì" con un fiorellino sbilenco accanto, per poi lanciarlo sull'altro banco. Yoongi realizza di non aver mai avuto una particolare passione per il disegno.

«I signorini Park Jimin e Min Yoongi sono ora disposti a seguire la lezione dopo aver conversato abbastanza?»

Yoongi alzò le spalle e roteò gli occhi all'insegnante, ormai abbastanza abituato ai richiami. Al contrario di Jimin che dopo aver mormorato delle scuse, sembrava fissare con rimorso il proprio banco deciso a non voler alzare lo sguardo mentre tutti i compagni lo fissavano.

Al suono della campanella ogni studente esce con stanchezza dalle proprie aule, chi diretto in giardino e chi in mensa. Jimin trascina letteralmente Yoongi in giardino (entrambi approvano di più l'aria aperta), per potersi sedere sotto un albero e mangiare la merenda preparata dalla madre. Anche se Yoongi sembra sempre essere riluttante ogni volta che gli viene offerto da mangiare, alla fine accetta solo per via degli occhi da cucciolo dell'amico, soddisfatto di vederlo cedere.

«Sai che avresti potuto aspettare l'intervallo per potermi chiedere qualcosa, vero?» Continua Yoongi, dopo aver rilasciato un lungo sospiro. «Come se poi non andassimo già ogni giorno nella foresta.»

L'espressione di Jimin appare pensierosa. E' una scenata, Yoongi lo sa. Ha ormai capito che Park Jimin il più delle volte pensa prima di agire, anche se ha sempre creduto il contrario.

«Ero annoiato e volevo scriverti. Oh, ti sono piaciuti i disegni? Sai che posso vederti infilarli nella tua tasca, vero?» Jimin regala apertamente un sorriso malizioso a Yoongi, che gli da solo un suono gutturale in risposta, troppo occupato a girare la faccia nella direzione opposta e fissare il nulla in particolare per potersene accorgere. Anche se all'inizio era compito di Yoongi, Jimin si era ormai preso l'abitudine di stuzzicarlo e prenderlo in giro. «Spesso ti vedo fissare la finestra, ti piace così tanto guardare il bosco?» Chiede soffocando qualche parola per via del cibo accumulato nella sua guancia. «Se mi concentro posso sentire una melodia..» Prima che Jimin potesse reagire e rispondere al ragazzo pallido, più della metà del suo cibo ordinato nel contenitore venne violentemente scaraventato sul prato a causa di un calcio. Jimin emette un sussulto spaventato che fa voltare in allerta l'amico.

Yoongi contrae istintivamente la mandibola e stringe i pugni, avvicinandosi a Minho per poterlo spingere lontano da Jimin. Si domanda perché Minho adesso se la prenda insistentemente di più con il suo amico che con lui. Forse ha capito che lo fa solo più arrabbiare e vuole continuare a provocarlo.

«Smettila di prendertela con lui!» Avverte Yoongi, mentre Jimin si alza rapidamente ad afferrargli il braccio per poter evitare che perda il controllo. «Yoongi non fa niente, lascia perdere.» Gli sussurra all'orecchio per farlo calmare. Jimin è riconoscente delle preoccupazioni che riceve, ma ha capito che a volte è meglio ignorare. Minho continua a ridacchiare con altri due ragazzi alle sue spalle che appaiono disgustati. «Sei patetico, lo proteggi come se fosse la tua ragazzina!» Yoongi urla loro di andarsene, usando il suo tono di voce nel modo più minaccioso possibile. I tre finalmente lasciano dissolvere le loro risatine e se ne vanno, soddisfatti di avergli dato un po' di fastidio.

Yoongi raccoglie il recipiente con il poco cibo rimasto ancora mangiabile e lo porge in silenzio a Jimin, tornando a sedersi con la schiena poggiata al tronco dell'albero. Jimin lascia che il suo corpo scivoli giù vicino a lui, allungando qualcosa di commestibile con le bacchette alla bocca di Yoongi. Jimin non sa se il ragazzo sia ancora rosso in viso dalla rabbia o stia arrossendo. Ma una cosa la sa'.

«Grazie, Yoongi.»

E' felice di avere Yoongi.

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