After the disaster

di Tame_san_03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno ad Hogwarts e preoccupazioni ***
Capitolo 2: *** Una notte tormentata ***
Capitolo 3: *** È bello essere ritornati ***



Capitolo 1
*** Ritorno ad Hogwarts e preoccupazioni ***


 

“Ti prego Ron, smettila, vieni qua”

Hermione lo stava supplicando da una manciata di minuti, ma lui non si decideva a lasciar perdere il cibo che qualcuno aveva preparato nella Sala Comune di Grifondoro per l’inizio dell’anno nuovo.

Torte di tutti i tipi, alla frutta, alle nocciole, al cioccolato, poi caramelle, cioccorane a volontà, zuccotti di zucca, muffin, ciambelle, succo di zucca, burrobirra, sciroppo di ciliegia e anche mezza bottiglia di whisky incendiario che qualche ragazzo del settimo anno era riuscito ad ottenere da Hagrid dopo avergli promesso che l’avrebbero servita solo agli studenti maggiorenni.

Harry, Hermione, Ron e Ginny stavano seduti in un angolo della stanza, appartati, mentre guardavano il rosso che cercava in tutti i modi di rubare altro cibo dal tavolo. Ormai, dopo sette anni, i due amici si erano abituati alla sua fame incolmabile, ma era sempre un shock vedere come riusciva a far stare tanta roba nel suo stomaco senza vomitare.

Harry e Ginny, dopo qualche minuto, dissero che erano stanchi della giornata rumorosa e decisero di fare una passeggiata verso il campo di Quidditch. Lasciarono quindi da soli Ron e Hermione tra gli altri compagni.

Lei non riusciva a smettere di guardarlo, allibita, seccata, un po’ divertita, ma soprattutto follemente innamorata. Avevano passato anni ad insultarsi a vicenda per i loro comportamenti totalmente opposti, e in quelli arco di tempo non erano mai riusciti a capire quanto in fondo tenessero l’uno all’altra. Tutto ciò fino al fatidico giorno dello scontro con Voldemort, il Signore Oscuro sconfitto circa quattro mesi prima. Da allora tutto era cambiato, Hogwarts stessa era cambiata. Gli studenti avevano la consapevolezza di ciò che potevano fare insieme, come una grande squadra.

Harry, Ron ed Hermione avevano ottenuto il permesso di frequentare l’anno scolastico che avevano saltato durante la ricerca degli Horcrux, e insieme a Ginny, quella mattina, erano saliti sull’Hogwarts Express per raggiungere la famosa scuola di magia e stregoneria.

Ora erano felici, soddisfatti, e contenti di avere accanto la loro anima gemella. Harry e Ginny avevano finalmente trovato la loro stabilità, e Ron ed Hermione erano così diversi da essere perfetti insieme.

“Ron, sono stanca. Andiamo nel tuo dormitorio, avremo più calma, no?” chiese la ragazza attirando la sua attenzione.

Lui gli sorrise, annuì e le fece strada fino a quando raggiunsero la stanza di Ron, Harry, Neville, Seamus e anticamente anche di Dean. Il rosso, appena giunto di fianco al suo letto, vi si lasciò cadere pesantemente facendo sorridere la ragazza. Ron si sporse un po’ su un lato e distese un braccio verso la parte vuota, facendo capire a Hermione il suo desiderio di averla più vicino.

“Dai, vieni qui” le propose con voce calma e bassa, quasi in un sussurro.

Lei non se lo fece ripetere due volte, si avvicinò velocemente al fidanzato e vi si mise accanto, appoggiando la testa sul suo petto e facendosi sempre più piccola tra le sue braccia forti.

Le spalle larghe e il respiro calmo del ragazzo erano le poche cose che riuscivano a calmare sia il corpo sia la mente costantemente affollata di pensieri di Hermione Granger.

La ragazza si mosse un po’ in quella che era praticamente una morsa, destinata a proteggerla per sempre da tutto ciò che avesse potuto turbarla. Lei adorava Ron, semplicemente lo amava, perché sapeva essere dolce e protettivo nonostante la sua mancanza di tatto, i suoi modi spesso rozzi e la sua irrazionalità. In fondo però ammirava alcuni suoi aspetti: lei era sempre stata una persona precisa, una di quelle che si preoccupano troppo per le conseguenze delle loro azioni. Ron invece era istintivo, senza freni, faceva quello che si sentiva di fare, che lo credesse giusto o sbagliato: lui agiva così, d’impulso, e questo era una caratteristica che Hermione avrebbe voluto possedere di più.

Strofinò la guancia contro il torace del ragazzo, godendo di quella forza, e di quella resistenza che la sua stazza modificata negli anni sprigionava. Gli piaceva anche per questo: Hermione sapeva che Ron non avrebbe mai avuto un fisico perfetto e scolpito, ed era anche plausibile con la sua fame perenne e incolmabile, ma la sua figura comunque muscolosa le infondeva un senso di sicurezza e protezione oltre ogni limite: una caratteristica che aveva cercato per molto tempo, quando ancora non si era accorta quanta ce ne fosse proprio sotto i suoi occhi. O meglio, sopra i suoi occhi, dato che anche l’altezza era uno degli aspetti che distinguevano Ron.

In tutta quella tranquillità però c’era sempre quel qualcosa che turbava tutti i ragazzi del settimo anno.

“Ho paura, Ron” 

“Di cosa?” chiese lui, lasciando cadere la mano sinistra, quella libera, sul petto e lasciandola lì, sotto lo sguardo di Hermione.

“Per gli esami, sono ansiosa”

“Non devi esserlo, non tu almeno. Sei bravissima, sono io la frana qui” disse il ragazzo perdendo un po’ del suo sorriso. Anche se non lo dava molto a vedere, era in panico tanto quanto i compagni.

“Non è vero, anche tu sai fare delle belle cose”

“Si, in un altro mondo”

“Ron, guardami” gli ordinò lei, afferrandogli con le dita il mento leggermente ruvido a causa della sottile barba rossa, di un colore così chiaro da risultare quasi impercettibile alla vista “Non ti lascerò da solo, ok?”

“Perché?”

“Come perché? Sei il mio ragazzo, non permetterei mai che tu venga bocciato”

“No, intendo... perché stai con me? Perché mi ami?” le chiese. Hermione rimase un po’ di stucco,  non sapendo bene cosa dire. In verità non aveva capito cosa avesse indotto Ron a porle una domanda del genere, infatti lui vide la sua espressione confusa e si affrettò a spiegare “Voglio dire, tu sei sempre stata la migliore del corso, in tutte le materie. Sei bellissima, intelligente, sveglia, sei... perfetta. Mentre io...”

“Se stai per dire che per me è imbarazzante stare con un tipo come te, Ron... non sai cosa ti faccio, conosco molti incantesimi e lo sai che sarei capace di provarli su di te e...”

“Ma perché non dovrei dirlo?” la interruppe lui alzando la voce per sovrastarla e posizionandosi seduto per guardala meglio.

“Io ti amo” sussurrò Hermione cercando di fissare i suoi occhi azzurri in un modo che lasciasse intendere tutti i suoi più sinceri e profondi sentimenti.”

Hermione gli massaggiò un po’ le spalle larghe e vedendo che non era convinto decise di spiegargli alcuni dei motivi che la spingevano a stare con lui.

“Mi hai sempre protetta, o almeno hai sempre avuto il coraggio di provarci. Non hai mai lasciato soli me ed Harry quando avevamo bisogno di te...”

“Si invece, quando me ne sono andato durante la ricerca degli Horcrux”

“Ma sei tornato, hai fatto il giro del mondo per trovarci di nuovo, non è stata una cosa da tutti, sai, e poi sai anche tu che in parte era colpa del medaglione che avevi al collo”

Ron la guardò per pochi secondi, per poi spostare gli occhi sulle goccioline d’acqua fredda che rigavano i vetri delle finestre della loro camera. Aveva cominciato a piovere da pochi minuti, come se il tempo meteorologico avesse percepito la tristezza piuttosto palpabile che sei era creata tra i due fidanzati. Il silenzio riempiva la stanza, rotto solo dal ticchettio dallo scrosciare dell’acqua e dalle urla degli altri Grifondoro, che, al piano di sotto, non davano segni di voler porre fine alla festa.

Agli occhi di Hermione, Ron, in quel momento, pareva combattere una lotta interiore: la sua testardaggine contro la consapevolezza di essere nel torto. Sembrava un cucciolo indifeso, che aveva bisogno di qualcuno che gli sussurrasse parole dolci per fargli ottenere nuovamente quella poca autostima che aveva di se stesso.

Gli accarezzò dolcemente le braccia con le dita, sperando che il contatto con lei potesse calmare quell’animo turbato. Lui si voltò, incontrando gli occhi castani di Hermione.

“Allora? Ti sei convinto?” chiese lei.

“Solo perché me lo stai chiedendo tu”

Hermione, senza riuscire a trattenere un sorriso, si posizionò ancora appoggiata al petto del ragazzo, che si alzava e abbassava visibilmente a ritmo regolare, per poi essere circondata dalle braccia pesanti di Ron.

Rimasero così, abbracciati, per vari minuti, godendo solo della presenza dell’altro. Quell’anno sarebbe stato sicuramente stressante e impegnativo, ma senza dubbio molto allegro, perché, nonostante le perdite che la Battaglia di Hogwarts aveva portato, nessuno aveva potuto permettere che quel posto venisse danneggiato in qualunque modo. La nuova preside, la professoressa McGonagall, aveva dichiarato di voler subito ristabilire l’insegnamento ai ragazzi e la sua decisione era stata coperta di consenso e ammirazione da parte dei genitori degli alunni, che non vedevano l’ora di imparare nuovi incantesimi e pozioni. L’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure non era ancora stato designato e gli studenti dell’ultimo anno erano consapevoli del fatto che si sarebbero dovuti arrangiare, ma per Hogwarts, si sa, si è disposti a tutto.

I ragazzi di sotto avevano appena spento la musica quando Hermione cominciò a mostrare i primi segni di stanchezza. Si lasciò cadere a peso morto sopra il cuscino e sbadigliò rumorosamente, ma sempre con la sua solita leggerezza e la garbatezza a cui oramai Ron si era abituato e anche innamorato.

“Mione?” chiese lui spezzando il silenzio nell’aria, sia per chiamarla sia per controllare che non fosse già caduta tra le braccia di Morfeo.

“Si?”

“Dici che potresti restare qui a dormire?” domandò ancora Ron, gli occhi puntati sulla fidanzata, un’espressione insolita, furba e poco casta disegnata sul volto coperto di lentiggini, e la fronte accarezzata dai ciuffi ribelli dei suoi capelli rosso acceso.

Lei si lasciò sfuggire una piccola risata stupita.

A volte il suo ragazzo aveva proprio delle strane idee.

“Ron! Siamo nel dormitorio maschile, forse potrai convincere Harry a dormire da Ginny, ma cosa...”

“Harry a dormire da Ginny!? Non ci penso nemmeno!”

“È Harry! Lo conosci da anni, è il tuo migliore amico, ti fiderai di lui, no?”

“Certo! È di mia sorella che non mi fido” ribatté il rosso convinto “Quella è una piccola peste”

“Come avrebbe dovuto essere? Cresciuta in una casa con sette fratelli pestiferi, tra allevatori di draghi, amanti dei propri capelli che non farebbero tagliare a nessuno, fastidiosi segretari che lavorano al Ministero della Magia, burloni colmi di fantasia e un mancato comico, le cui battute insensate spingono al suicidio e di cui non si è ancora scoperto un fondo allo stomaco!” disse tutto d’un fiato, pronunciando le ultime parole in modo più marcato. Diede un debole e scherzoso pugno a Ron sull’addome, all’altezza dello stomaco. Lui inizialmente sussultò, preso alla sprovvista da quel gesto, poi afferrò la mano di Hermione e se la mise attorno al collo, prendendo poi la fidanzata per i fianchi e portandosela molto più vicina, finché il piccolo intervallo di aria che intercorreva tra loro non finì per annullarsi. La ragazza stette molto attenta a non cedere alla tentazione di addormentarsi, raggomitolata a quella figura imponente ma che sapeva essere la più dolce del mondo. Per quanto si sforzasse, però, dopo circa un minuto le palpebre cominciarono a farsi pesanti e avide di riposo. Sbadigliò un’altra volta.

“Dormiamo?”

“Non possiamo dormire così Ron! E se Seamus o Neville tornassero?”

“Stai tranquilla, spiegheremo loro la situazione, sono nostri amici, vedrai che capiranno” la rassicurò il rosso stringendola ancora più forte a sé.

“‘Notte Mione”

“Buonanotte Ron”

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Capitolo 2
*** Una notte tormentata ***


Verso le tre di notte Hermione cominciò ad agitarsi nel sonno, apriva gli occhi di colpo e li richiudeva subito come se non fosse successo nulla di strano, tremava leggermente sotto le braccia del fidanzato e aveva la fronte sudata come se avesse corso una maratona. Fuori la pioggia si era trasformata in tempesta, con alcuni momenti di sfogo assoluto in cui i vetri non era più rigati dalla pioggia, ma picchiati dalla grossa grandine, che con il suo rumore si insinuava nel sonno già molto leggero di Hermione.

“Ron...” sussurrò lei svegliandosi, senza riuscire a scandire bene le parole per la voce impastata dal sonno.

Il rosso non rispose, continuando a emettere un leggero russare come aveva sempre fatto. Hermione però non si stupì: aveva sempre saputo che Ron aveva il sonno pesante, che appena toccava il morbido tessuto delle coperte si addormentava immediatamente e che da quel momento entrava in un letargo da cui era praticamente impossibile svegliarlo.

Tuttavia la ragazza aveva assolutamente bisogno di parlare con qualcuno.

“Ron?” ripetè tentando di muoverlo un po’ dalla posizione in cui era.

Non riusciva a vederlo negli occhi, lui le abbracciava i fianchi da dietro e lei si accorse di stare un po’ scomoda a causa dell’eccessivo peso di Ron scaricato in parte sulla sua schiena. Gli diede una gomitata in pancia, ma lui non parve esserne infastidito.

“Mmmh” lo sentì grugnire lei.

“Non riesco a dormire”

Si ricordò solo in quel momento che si trovava nel dormitorio maschile. Si alzò leggermente, si guardò intorno preoccupata, convinta di vedere delle figure avvolte nelle coperte degli altri letti, ma rimase stupita nel constatare che, oltre a loro, non c’era nessuno.

“Dove sono gli altri, Ron?” chiese voltandosi verso il fidanzato “Per favore svegliati”

Lui si stiracchiò con i suoi soliti modi pochi eleganti e aprì finalmente gli occhi.

“Mh?”

“Certo che non riesci proprio a non parlare a monosillabi” commentò Hermione con un sorriso.

Ron non diede ancora nessun segno di voler riprendere coscienza, infatti alla battuta della ragazza non mosse un dito.

Un fulmine fuori dalla finestra attraversò il cielo spaccandolo a metà. Il lampo di luce illuminò la camera del dormitorio maschile e le iridi castane di Hermione. Lei ebbe l’istinto di stringersi nelle coperte ma optò più per le braccia di Ron, che, anche nel sonno, non mancò di circondarle i fianchi.

“Tranquilla, dormi. È solo un temporale”

La ragazza si voltò e alzò lo sguardo per incontrare quello del rosso, che si era finalmente svegliato. Lui si passò una mano tra il ciuffo di capelli spettinati e sbadigliò.

“Ci ho provato” rispose Hermione.

Non ci fu bisogno di specificare il motivo della sua notte insonne.

L’immagine del brutto volto pallido, incavato e piatto del Signore Oscuro non smetteva di tormentare i ragazzi più grandi, quelli che avevano combattuto la battaglia e avevano visto i loro compagni cadere sotto tradimenti e maledizioni senza perdono. I sogni venivano popolati dai volti insanguinati, spenti e senza vita del professor Lupin, di Tonks (tra gli studenti rimbombava ancora nelle orecchie la sua voce che intimava di non chiamarla Nymphadora), di Malocchio e... di Fred. Lui era quello di cui si sentiva di più la mancanza nelle vite dei compagni. Nei corridoi molte volte si sentivano ancora i nomi dei due gemelli più divertenti di Hogwarts, ma al ricordo delle loro bravate tutti si fermavano, smettevano di parlare e, rendendosi conto che uno di loro non abitava in altri luoghi che non fossero i cuori delle persone che gli avevano voluto bene, abbassavano lo sguardo in segno di lutto, soprattutto se in quel momento passava accanto a loro Ron, o Ginny.

Hermione, al pensiero di quegli incubi, scoppiò a piangere silenziosamente, cercando di non farsi notare dal ragazzo accanto a lui: non voleva fargli ricordare il fratello, già causa di molte sue lacrime nascoste.

“Come fai?” chiese cedendo alla tentazione di parlare.

“A fare cosa?”

Ron si posizionò in modo tale da avere il proprio viso di fronte a quello di Hermione, ancora abbassato per non mostrare gli occhi lucidi e arrossati.

“Insomma, non ci pensi? O lo fai, ma dato che hai poco tatto, queste cose non ti smuovono per nulla...”

“Hermione, calmati” disse lui dolcemente, sollevandole il mento con le dite “Ti prego non piangere”

“Perché non posso?! Tutti quelli che ci hanno aiutato, sostenuto e affiancato sono morti! Cosa facciamo ora? Da chi andremo dopo la scuola, chi ci guiderà nel nostro futuro?! I miei sono ancora in Australia e non sanno nemmeno che hanno una figlia!”

Il suo respiro era affannato, agitato, come se qualcuno gli stesse dando continui pugni alla schiena per farle sollevare il petto. Aveva urlato, alle tre di notte, lo sapeva, ma non gli importava di essere stata così dura, nemmeno con Ron: erano settimane che questi pensieri le avvolgevano il cervello, la stritolavano e le provocavano un gran mal di testa, e non vedeva l’ora di gridare al mondo intero.

“Non urlare, sveglierai tutti, Hermione” rispose il rosso nel modo più pacato possibile.

Hermione lo guardò, non più con l’espressione con cui aveva lasciato andare quelle parole amare, ma con una tristezza che sembrava volerlo sgridare per non averla assecondata.

“Non ti importa nulla, vero? A te basta essere sopravvissuto”

“Cosa?”

“Ti basta essere tornato a casa da mamma sano e salvo” continuò con le lacrime agli occhi che cercavano di uscire e raggiungere quelle già scese e assorbite dalle guance della ragazza.

“Certo! Tanto non è morto nessuno! Siamo tutti e sette vivi e vegeti, vero?” sbottò Ron mentre le sue orecchie cominciava a essere sempre più in tinta con il colore dei suoi capelli. Gettò la testa in alto per evitare alle lacrime di fuoriuscire “Hermione cosa stai dicendo?” chiese dopo qualche secondo, che però gli bastò per ricomporsi.

“Non lo so!” urlò lei prima di buttarsi a capofitto su di lui e affondare il viso nella sua maglietta che ormai gli stava stretta di spalle “La colpa deve pur esser di qualcuno!”

“Lo sappiamo di chi è”

“Non lui, Voldemort è...”

“Non dir...” cominciò a interromperla il rosso, ma si accorse presto che quella era solo una sua abitudine che ora non aveva più alcun senso. Quel nome era sulla bocca di tutti ora, ed era una cosa stupida evitare di dirlo, non c’era più paura dato che era stato sconfitto, da loro stessi per giunta “Scusa, va avanti” sorrise.

Hermione fece altrettanto e proseguì con la sua frase: “Intendevo qualcuno punibile, che non è morto”

“Lucius”

“Si è pentito, era da un po’ che voleva passare dalla nostra parte”

“Ma non ne ha avuto il coraggio, se lui gli avesse detto che non lo sosteneva più, forse...”

“Voldemort avrebbe ordinato a Nagini di ucciderlo, glielo avrebbe dato come pasto e sarebbe stato ancora più vendicativo. Per non parlare del fatto che avrebbe ucciso anche il figlio”

“Poteva farci un favore allora...” commentò Ron inarcando le sopracciglia in un modo antipatico.

“Ron... davvero avresti voluto vedere Draco morire?” chiese lei gentilmente, guardandolo dal basso verso l’alto con un’espressione di rimprovero che al rosso ricordò tanto sua madre quando lo scopriva a fare qualcosa che non doveva.

“Sempre meglio lui che Fred, no?” rispose il fidanzato incupendosi, distogliendo lo sguardo da lei e posandolo sul soffitto di legno.

I due ragazzi erano ancora distesi sul letto di Ron, immobili, le braccia di lui le circondavano le spalle, le mani di Hermione incontrarono quelle del rosso e intrecciarono le dita con le sue.

“Certo...” fece lei dopo qualche secondo di silenzio “Ron, mi dispiace”

“Per cosa?”

“Per tutto, per averti urlato contro due minuti fa, per non essermi accorta prima che mi piacevi, per non aver accettato il fatto che eri così...così... te stesso, ti ho sempre criticato, per i tuoi modi rozzi e volgari e per quello che mangiavi a colazione, per non essermi fidata di te qualche volta...beh... molte volte, e perché quando te ne sei andato io... noi...” riuscì a dire tutto d’un fiato prima di cedere il posto alle lacrime che fremevano di uscire dagli occhi.

“Ti stai davvero scusando per cose di cui è colpa mia, solo mia? Herm, sono io lo stupido qui, sono io l’idiota”

“No! Ho sempre cercato e pensato di essere la migliore in quello che facevo, ma se avessi avuto più interesse per altre cose, oltre alla scuola, ai voti e allo studio, forse tutto questo non sarebbe successo”

“Allora io? Che mi sono sempre sentito un peso inutile che eravate costretti a trascinare ogni volta che ve ne uscivate con qualche scoperta, invenzione o anche solo un dubbio che volevate chiarire? Sono sempre stato io quello meno produttivo, quello più ingenuo e stupido”

“Non sei stupido, Ron. Tu ci sei servito, fidati, nei pochi giorni che abbiamo trascorso dopo te ne sei andato non abbiamo più fatto una risata come si deve, una vera, vivevamo tra ricerche, morti, tristezza e pericoli. Davvero Ron, credimi. Mi sei mancato un sacco, non c’era cosa che non mi faceva pensare a te. Poi, quando sei tornato, non sono riuscita a correrti incontro ma avrei voluto aggrapparmi al tuo collo e stare lì per sempre. Tu sei stato fondamentale” spiegò lei posandogli una mano sul petto e appoggiandoci poi anche la guancia.

“Anche tu, credi davvero che saremmo sopravvissuti anche solo un giorno senza di te? Non saremmo neanche riusciti a uscire di casa senza inciampare, l’ho detto a Harry, se vuoi chiediglielo è vero...”

“Lo so, me l’ha già detto” lo interruppe Hermione con un sorriso sulle labbra.

“Ah, quando?” chiese lui, rimasto interdetto. Aveva ancora la ragazza appoggiata al torace e sosteneva il peso di entrambi con le mani posate dietro di lui, sul materasso.

“Due giorni fa, quando siamo andati a Diagon Alley per prendere i libri di quest’anno. Ti aveva promesso di non dirmelo ma dato che siamo fidanzati non aveva più importanza. Comunque grazie, apprezzo davvero il complimento”

“Di nulla amore, è la verità” rispose “Riguardo ai tuoi genitori, troveremo un controincantesimo di Oblivion, tranquilla, non permetterò che tu rimanga sola”

“Non c’è problema per quello, so che ci sarai sempre almeno tu” concluse chiudendo gli occhi e cercando di riposare. Ron si distese e fece stare Hermione ancora sopra di lui, con le sue mani piccole che gli circondavano il collo e le spalle.

Erano ormai quasi le quattro quando entrambi riuscirono ad addormentarsi definitamente, abbracciati, uno accanto all’altro; entrambi con l’unica certezza che ci sarebbe sempre stato qualcuno, nel presente e nel futuro, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per non lasciarli soli.

L’ultimo pensiero di Ron, prima di abbandonarsi al sonno, fu cosa avrebbe detto Fred se lo avesse visto in quel momento: forse un “Finalmente fratellino!” o un “Era ora” ma anche solo la sua presenza sarebbe stata più che ben accetta.

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Capitolo 3
*** È bello essere ritornati ***


La mattina dopo il cielo era tornato sereno e i raggi del sole riflettevano e si facevano spazio nell’azzurro celeste, accecando chiunque provasse ad ammirarlo.

Ron ed Hermione vennero svegliati da alcuni rumori proveniente dal piano di sotto, molto probabilmente dalla Sala Grande, in cui i loro compagni erano appena scesi per la colazione.

“Buongiorno Ron” sussurrò lei.

“‘Giorno Herm” fece lui con una voce roca per il sonno.

“Pronto per la ricerca?” chiese la ragazza mettendosi seduta e scrollandosi di dosso il peso del rosso con una certa difficoltà.

“Che?”

“Dobbiamo trovare un incantesimo che restituisca la memoria ai miei genitori, ricordi?”

Lui si alzò dal letto e si diresse verso la testata del letto a prendere la divisa di Hogwarts per il primo giorno di scuola “Ah, sicuro, certo!”

Lei non si mosse dal materasso, in attesa che Ron si spogliasse.

“Che c’è?” chiese lui ridendo, con le braccia portate verso la maglietta che aveva usato come pigiama.

“No, nulla, vado a cambiarmi, ci vediamo giù in Sala Comune, così andiamo a fare colazione” disse in fretta Hermione, che in cuor suo aveva sperato che la sua presenza non gli desse fastidio. Dopo avergli sorriso uscì dalla porta del dormitorio e si voltò un’ultima volta, giusto in tempo per scorgere la schiena di Ron, modellata dagli anni e dagli allenamenti di Quidditch.

Andò nel dormitorio femminile e si mise velocemente la divisa di Grifondoro, poi scese di nuovo le scale e si fermò davanti al caminetto, sedendosi su un piccolo divano di fronte, guardandosi intorno.

Era davvero strano essere tornati ad Hogwarts, dopo tutti i luoghi perlustrati alla ricerca degli Horcrux, quella scuola era diventato come simbolo di soppressione da parte dei Mangiamorte, e avrebbero impiegato un po’ di tempo ad abituarsi alla nuova tranquillità. Detto così pareva che si fosse risolto tutto con un battito di mani, poteva sembrare che i combattenti avrebbero vissuto felici e contenti, ma sia gli studenti che gli insegnati non avrebbe mai dimenticato le pareti delle aule crollate e le ceneri e le polvere nell’aria e le urla e le scintille rosse e verdi e i corpi dei loro compagni colpiti dall’anatema che uccide.

Hermione si rannicchiò, con le ginocchia piegate verso il busto e la fronte appoggiataci sopra, immersa nei ricordi di circa due mesi prima.

“È strano vero?”

Si voltò, incontrando l’atletica e snella figura del suo migliore amico, Harry Potter, gli occhi verdi che la guardavano con un’espressione stanca, triste, ma felice allo stesso tempo.

Era cambiato molto in quei sette anni, dal quel bambino curioso e determinato, dal fisico filiforme, dagli occhiali rotondi e dalla famosa cicatrice sulla fronte, era nato un uomo, protettivo, deciso e consapevole che la vita non è tutta rosa e fiori. Anche se non aveva raggiunto ne la stazza ne il metro e ottanta di Ron, si era alzato di quasi trenta centimetri ed era più robusto.

“Più che strano, è difficile” rispose lei mentre Harry si avvicinava al camino “Non credo riuscirò mai a dimenticare ciò che Hogwarts ha passato... ciò che NOI abbiamo passato”

“Non devi farlo infatti, se ignoriamo tutto ciò che è accaduto, non riusciremo mai ad apprezzare le cose belle perché ci sembreranno scontate”

Harry si sedette accanto ad Hermione e le passò un braccio attorno alle spalle in segno di conforto. Lei gli sorrise affogando la mente nelle profondità dei suoi occhi chiari.

“Hai ragione, ma a volte vorrei non aver vissuto o anche solo visto la battaglia di Hogwarts. Mi capita spesso di avere gli incubi, Harry”

“Anche a me, ma so che passerà, siamo stati bravi e ci meritiamo questa tranquillità ora, giusto?”

Lei non distolse lo sguardo dal suo e gli sorrise grata “Giusto” e si appoggiò alla sua spalla.

Dopo qualche secondo sentirono dei passi pesanti scendere le scale e fermarsi appena dietro il divano su cui erano seduti.

Due mani coprirono gli occhi di Hermione e un viso lentigginoso le diede un bacio sulla fronte. Lei sorrise vedendo dei ciuffi rossi punteggiarle la fronte.

“Io vado, ho lezione di Trasfigurazione e devo ripassare, fortunati voi che la vostra prima ora è buca” disse Harry facendo forza con le mani sulle ginocchia per alzarsi “Ci vediamo dopo”

“Ciao, buona fortuna” lo congedò Hermione prima di vederlo sparire dalla porta.

“Scendiamo a fare colazione noi?” propose Ron cingendole da dietro le spalle con le braccia.

Lei alzò lo sguardo incontrando gli occhi azzurri del fidanzato. Fece un piccolo sorrisetto misto ad un’espressione di rimprovero.

“Possibile che tu pensi sempre al cibo? Non potremmo passare del tempo da soli, qui, in tutta tranquillità?”

“Certo” esclamò facendo sorridere per un momento la ragazza “Ma prima mangiamo, no?” aggiunse facendole cadere le braccia.

“Aspetta due minuti...”

Gli fece cenno di sedersi accanto a lei e Ron fece come aveva chiesto.

“C’è qualcosa che non va?”

“Oltre ai soliti ricordi? No, sto bene. Passerà tutto, vero? Si, no?” chiese con voce flebile, parlando più a se stessa che al ragazzo.

“È la prima volta che ti vedo così dubbiosa e preoccupata” commentò l’altro prima di prenderle il mento con le dita “Hermione... guardami”

Lei fissò i suoi occhi con amore e rispetto.

“Andrà tutto bene, te lo prometto. Morirei al posto di vederti soffrire un’altra volta, davvero, già non mi perdonerò mai tutte le volte che non ho potuto fare nulla per proteggerti”

“Non importa, non potevi fare tutto. Fa niente se non te lo sei perdonato, io l’ho fatto ed è questo l’importante” lo rassicurò Hermione prima di tirarlo per il colletto della camicia e baciarlo.

Erano ancora seduti sul divano e le posizioni mutarono un po’ quando iniziarono ad approfondire il bacio. Ron si protese più verso di lei, tenendole con una mano la vita sottile e con l’altra sostenendo il peso del proprio corpo.

Hermione intanto stava impazzendo: quel dannato Weasley era capace di farle dimenticare tutto quanto. Tutto, persino che si trovavano in Sala Comune e che se qualcuno fosse entrato in quel momento li avrebbe visti pomiciare.

Lo tirò più vicino afferrandogli i capelli rosso acceso, che rispecchiavano alla perfezione il suo carattere alquanto colorito, e cominciò a passare le mani sul suo torace, dal collo, alle spalle fino all’altezza del diaframma.

“Potrei stare qui una notte intera, Ron”

“Perché un giorno non lo facciamo veramente, Herm?” disse lui in tono loquace. Lei, senza levare le mani dal corpo di Ron, si morse il labbro inferiore, tipico segno di quando si immergeva in pensieri abbastanza profondi. Quando le dita di lei si posarono dolcemente sul suo torace, Ron  fece un bel respiro gonfiando il petto per sottolineare la sua presenza e riportarla alla vita terrena. Hermione distolse lo sguardo dal vuoto che stava studiando e riprese a muovere le dita sulle sue spalle, ma sembrava avere un’espressione preoccupata.

“Che c’è?”

“Dove credi che siano stati Harry e gli altri vostri compagni di stanza stanotte?” chiese lei cambiando discorso improvvisamente.

“Beh, credo in un’altra camera, o qua in Sala Comune, perché lo chiedi?”

“Non so, magari ad Harry dà fastidio che noi stiamo insieme, può darsi che sia geloso” spiegò la ragazza fermando le sue braccia sulle sue spalle, incrociando le dita dietro il suo collo.

“Cosa... cosa ti importa?” chiese facendo spalancare gli occhi alla fidanzata.

“Ron... è il nostro migliore amico” 

“Si, ma... fa niente, lascia stare” 

“Che c’è?” insisté lei avvicinando il proprio viso a quello del rosso.

“Fa niente... è una cosa che mi hai già spiegato e che ora sta a me risolverla”

“Sicuro? Me lo dirai più avanti?”

Hermione portò una mano di nuovo sulle sue spalle e l’altra salì a scompigliargli i capelli.

“Si, ma quando lo avrò risolto, non voglio che ti preoccupi per niente” 

“Ok, come preferisci”

“Cambiando argomento, chi è il Caposcuola di Grifondoro quest’anno?”

“Oh, nessuno ti ha detto niente?”

Ron rimase in silenzio, aveva un’adorabile espressione interdetta, confusa e curiosa allo stesso tempo.

“Ginny”

“Cosa? Miseriaccia, perché non me l’ha detto?”

“Sai che non sei la prima persona con cui si confida” rispose lei ridendo.

“È vero, ma sono sempre suo fratello...”

Hermione si sporse ancora in avanti sorridendo e fece incontrare nuovamente le loro labbra.

Dopo qualche minuto di intimità cominciarono a sentire dei rumori e delle voci.

“È già ora della nostra lezione?”

Ron si staccò da lei e le mise una ciocca di capelli castani dietro un orecchio.

“Non ancora, state tranquilli” disse una voce femminile alquanto familiare.

I due fidanzati si voltarono e videro Ginny spegnere la luce e uscire di nuovo dalla porta con un sorriso in volto.

Hermione rise leggermente e gli chiese la ragazzo se volesse scendere a mangiare qualcosa.

“Ti seguo con piacere” esclamò lui alzandosi dal divano. Lei lo seguì ed insieme scesero velocemente le scale fino ad arrivare alla Sala Grande.

Era abbastanza vuota dato che molti degli studenti avevano già cominciato le lezioni.

Si sedettero al tavolo di Grifondoro e si guardarono intorno alla ricerca di volti conosciuti.

Riconobbero velocemente i fratelli Creevey e alcuni studenti che come loro aveva deciso di ripetere l’anno, la migliore amica di Lavanda Brown (qui Ron ebbe un sussulto e cercò inutilmente di nascondere la sua figura dietro quella minuta di Hermione) le gemelle Patil, Cho Chang con alcune sue amiche e anche Justin di Tassofrasso.

“Ron! Hermione!” esclamò una voce femminile e delicata alle loro spalle “Ragazzi, da questa parte”

I due fidanzati si voltarono a quel richiamo e videro che, al tavolo di Corvonero, una ragazza piuttosto bassa, magra, con dei capelli biondi e leggermente ondulati lunghi fino alle spalle, con degli inconfondibili orecchini rossi a forma di ravanello, li stava salutando animatamente con un sorriso sulle labbra.

“Luna!” esclamarono i due Grifondoro all’unisono. Si alzarono dalla panca e si avvicinarono a lei, non prima che Ron ebbe afferrato un biscotto ed essersi beccato un buffetto sulla spalla dalla fidanzata, ovviamente.

“Come va, ragazzi?” chiese la Corvonero con la sua solita voce melodiosa e leggera.

“Bene, e tu?” fece Hermione.

“Anche io bene, ti ringrazio... ah, Ron” disse rivolgendo al ragazzo che aveva terminato di mangiare il suo biscotto e che, dall’alto verso il basso, guardava l’amica in attesa che lei parlasse “Mi dispiace moltissimo per Fred, fai le condoglianze a tutta la tua famiglia”

“Grazie Luna”

“Prego, e... tra voi due?” chiese poi dolcemente, alterando lo sguardo dai loro volti sorridenti alle loro mani, le cui dita si intrecciavano nascoste, più in basso.

“Diciamo che stiamo trovando stabilità” rispose Hermione con un sorriso e gli occhi puntati più in alto, verso il rosso.

“Sono molto contenta per voi, davvero”

“E tu invece, con Neville?”

“Siamo usciti insieme un paio di volte e mi sono trovata molto bene direi, spero che non ci metta troppo a dichiararsi ufficialmente” disse lei con un sorriso.

“Beh, auguri allora”

“Anche a voi, ci si vede a lezione, e state attenti ai Nargilli” li salutò la ragazza mentre i due si allontanavano facendole un cenno di saluto con la mano.

Ron e Hermione si risiedettero al tavolo di Grifondoro e consumarono la loro colazione in silenzio, perché Ron si sentiva troppo in soggezione a proferire parole mentre la più cara amica della sua ex lo guardava in cagnesco dal tavolo di Tassofrasso.

“Grande e grosso e ti fai spaventare da una ragazza del quinto anno? Ron, hai praticamente diciotto anni”

“Mi ricorda troppo lei, e se prima di morire Lavanda le avesse ordinato di uccidermi?”

“Ron, non fare l’idiota”

“Non si può mai sapere cosa può aver fatto quella paranoica, fidati” disse Ron a bassa voce sporgendosi verso di lei per non farsi sentire dai compagni. Lei cercò di ignorare la sua ennesima dimostrazione di mancanza di tatto, dato che, per quanto fastidiosa poteva essere, Lavanda era comunque morta.

I ragazzi presenti li guardavano con un certo interesse, soprattutto quelli più piccoli.

Era anche plausibile in fondo: erano i due amici del famoso Harry Potter e insieme a lui avevano sconfitto il nemico più temibile di tutto l’universo magico.

“Vai a chiederlo tu, forza” stava dicendo Colin al fratellino più piccolo che, ansioso di conoscere i due ragazzi, si stava avvicinando piano piano a loro con la macchina fotografica in mano.

Nessuno si era ancora accorto della loro presenza quando Hermione guardò l’orologio da polso della ragazza seduta accanto a lei e le venne un sussulto.

“Per l’amore del cielo, Ron” esclamò alzandosi velocemente dalla panchina e prendendo il polso del fidanzato, che aveva appena finito di sorseggiare un po’ di succo “Siamo quasi in ritardo, muoviti”.

Appena si voltò però si scontrò con i due fratelli Creevey.

“Posso farvi una foto, ragazzi?” chiese il più piccolo.

“Scusa, magari dopo, ora dobbiamo andare a lezione” disse Ron al posto della fidanzata, che era già partita alla volta dell’aula di Trasfigurazione.

“Hermione, aspetta” esclamò il ragazzo vedendola già all’uscita della Sala Grande.

Il rosso la raggiunse e insieme si avviarono correndo dalla professoressa McGonagall.

Appena furono davanti alla porta aspettarono un attimo, spaventati dalla possibile reazione dell’insegnante alla vista del loro ritardo, che ormai era di cinque minuti abbondanti.

Hermione stava per abbassare la maniglia della porta quando questa si aprì magicamente dall’interno.

“Forza, su, veloci” disse la voce seccata della donna.

I due maghi entrarono e alla vista degli studenti che frequentavano la lezione si stupirono un po’, non c’era nessuno della loro età, erano tutti del settimo anno: non avevano mai pensato come sarebbe stato fare lezione con i ragazzi più piccoli.

I compagni iniziarono a bisbigliare tra di loro con gli occhi punti su Ron ed Hermione, fino a quanto la McGonagall non impose loro il silenzio e rivolse finalmente l’attenzione sui due ragazzi in ritardo.

“Signor Weasley, è incredibile come passa il tempo, ricordo come fosse ieri la prima volta che tu e il signor Potter entraste in quest’aula... in ritardo...”

“Professoressa, è il primo giorno di scuola, non può chiudere un’occhio per oggi?” chiese Ron facendo un mezzo sorrisetto di speranza.

“Ron!” fece Hermione a fianco a lui, dandogli una gomitata nelle costole.

“Non toglierò punti ai Grifondoro solo se vi sedete immediatamente e mi fate eseguire la lezione.

A quel punto alcuni ragazzi nell’aula si spostarono facendo loro posto, persino alcuni serpeverde più piccoli di loro.

“Wow” esclamò il rosso mentre sistemavano le loro cose nei due posti liberi, al secondo banco “Gli altri ragazzi ora sono più piccoli, e sono spaventati da noi”

“Figurati se non ci avevi già pensato” sussurrò lei prima di tacere a causa di un’occhiata della professoressa. Prese un foglio sotto mano e con la bacchetta, senza farsi vedere, vi fece comparire la scritta “Da me non sono spaventati perché non si capisce che sono più grande...è di te che hanno paura”

“E perché dovrebbero?” scrisse lui con la penna.

“Perché sanno che sei il famoso Weasley che ha aiutato Potter a sconfiggere il più grande mago oscuro di tutti i tempi, sei uno dei migliori portieri della squadra di Grifondoro, e poi è ovvio... qualunque studente di questa scuola, perfino quelli più grandi, ci penserebbero due foglie prima di scatenare una rissa con te...” scrisse sorridendo.

Il rosso ridacchiò leggermente senza farsi sentire dall’insegnante e da quel momento seguirono la lezione in silenzio, o almeno Hermione lo fece, mentre Ron cercava di prendere appunti il meglio che poteva.

Alla fine della lezione la professoressa assegnò un compito agli alunni, ovvero quello di esercitarsi con l’argomento di quella lezione: trasformare un pezzo di carta in una rondine e viceversa. Ovviamente Hermione aveva già ottenuto buoni risultati, il suo foglio aveva preso le sembianze di un uccello nero, nonostante ancora non volasse e avesse un’ala di carta.

“Sono negato io” disse Ron prima di raccattare i suoi libri e di sistemarseli tra le braccia.

Il suo foglio era solo diventato nero e uno degli angoli aveva assunto la forma di una coda.

“Tranquillo, è solo la prima volta, ci riuscirai” lo continuava a tranquillizzare inutilmente la ragazza, mentre Ron continuava ad essere preoccupato.

“Abbiamo due giorni per provare, ok?” concluse esasperata dopo un po’. Gli diede un bacio e lui si zittì immediatamente “Ora però abbiamo un’altra cosa da fare, vieni con me, cerchiamo Harry”

I due si diressero verso l’aula di Pozioni e si misero ad aspettare che i ragazzi uscissero dall’aula.

“Cosa stiamo facendo?”

“Aspettiamo Harry, dopo andiamo da Flitwick”

“Perché?”

“Per cercare il controincantesimo di Oblivion” ripose lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Si ma coma fai a sapere che Harry è...”

“Shh, stanno arrivando”

Hermione fece qualche passo avanti fino a quando non intravide la figura del loro migliore amico.

“Hey, ragazzi, che ci fate qui?”

“Non chiederlo a me, mi ci ha trascinato qui” rispose Ron cercando di non dare a vedere troppo la sua seccaggine per non infastidire la fidanzata.

“Come sapevi che a questa ora ho pozioni?” chiese curioso Harry.

“Già, stavo per chiederlo anch’io” gli fece eco il rosso.

“Visto che seguiamo corsi diversi ho fatto delle copie di tutti i nostri orari, così possiamo capire dove incontrarci e quando” disse lei dando a ciascuno di loro due fogli con scritti gli orari degli altri.

“È possibile che dopo più di sette anni che ci conosciamo ancora riesci a sorprendermi?”

Hermione sorrise alla battuta di Ron prendendola come un complimento e dopodiché si avviarono, guidati ovviamente da lei, in aula incantesimi.

“Aspetta” esclamò ad un tratto Harry, proprio mentre passavano di fronte al bagno delle ragazze 

“Che c’è?”

“Non ti sembra troppo silenzioso?”

Hermione e Ron stettero zitti per qualche secondo prima di rendersi conto che il loro migliore amico aveva ragione “Mirtilla Malcontenta!” esclamarono in coro.

“Non la sento piangere” disse Ron “Come mai non la sento piangere?

“Harry!” esclamò Hermione cercando di richiamare indietro l’amico che era già all’entrata del bagno per vedere cosa fosse successo e perché Mirtilla non si stesse lamentando come al solito della sua “vita” triste e senza senso “Harry, torna qui, dobbiamo andare da Flitwick”

Ma il loro amico non dava segno di voler fermare il suo passo spedito e quindi gli altri due furono costretti a seguirlo.

“Maledetti i motivi per cui il cappello parlante lo ha messo in Grifondoro!” commentò seccata Hermione.

Entrarono nel bagno e videro Harry aprire tutte le porte dei gabinetti, fino a quando non sentirono uno strano rumore da sotto i loro piedi, poi un un urlo soffocato proveniente dalla loro destra.

Ron si avvicinò alle finestre e attraverso il vetro vide l’acqua del Lago Nero muoversi leggermente a onde.

“La camera dei segreti” sussurrò.

“Cosa hai detto Ron?”

“La camera dei segreti” ripetè il rosso avvicinandosi ai lavandini in mezzo alla stanza “Mirtilla è là dentro”

Gli amici lo seguirono e si radunarono intorno a quel passaggio segreto che oramai sei anni prima Harry e il rosso avevano attraversato insieme a Lockhart.

Stavano per decidere se entrare o no quando sentirono dei passi giungere dietro di loro e fermarsi a qualche metro di distanza.

“Ragazzi” disse la voce rimproverante della McGonagall “Certo che voi non volete proprio starvene tranquilli nemmeno ora che tutto è finito”

“Professoressa? È possibile che...”cominciò il rosso ma dato che la fidanzata lo stava osservando scuotendo la testa si bloccò a metà frase.

“Si, signor Weasley?” lo invitò l’insegnante.

“No, niente, non fa niente” rispose lui con un’espressione un po’ confusa ma cercando di essere comunque convincente per evitare di far sorgere dubbi alla donna.

“Beh, in ogni caso se aveste qualche strana intenzione di combinarne una delle vostre, preferisco essere avvertita prima così non perderei tempo a cercare il colpevole” disse poi guardando Harry, che annuì con il capo.

Una volta che la professoressa li lasciò di nuovo soli Ron chiese come mai Hermione non volesse far conoscere alla McGonagall la sua supposizione.

“Ci ho pensando solo mentre ci stava parlando, Mirtilla è un fantasma” disse fissando negli occhi i due amici per vedere la loro reazione ma loro non afferrarono il concetto all’istante “Può passare attraverso le pareti, non può essere veramente intrappolata”

Stettero in silenzio per un po’ a pensare prima di sentire ancora la sua voce al di là del pavimento.

“Mirtilla?” chiamò Harry.

Il fantasma però non rispose e i ragazzi furono costretti ad abbandonare il bagno delle ragazze per l’ora tarda visto che se si fossero trattenuti ancora per un po’ non avrebbero fatto in tempo a consultare il professor Flitwick.

Giunsero di fronte alla sua aula e, guardando attraverso la porta mezza aperta, lo trovarono intento a preparare la lezione successiva.

“Professore?” lo chiamò Hermione entrando nella stanza “Mi scusi se la interrompo”

“Ah, signorina Granger, è un immenso piacere rivederla, e vedo che non è mai sola” esclamò scendendo dalla pila di libri costruita per la sua bassissima statura. Si avvicinò a piccoli ma veloci passi e con un sorriso in volto.

“Anche per me è un piacere rivederla, potrei chiederle un favore?”

“Certo, mi dica tutto”

“Lei sa se esiste un controincantesimo di Oblivion?” chiese lei speranzosa.

“Oh, si ma è molto difficile impararlo” disse “Posso chiedere a cosa le serve?”

La ragazza guardò i suoi amici e, vedendo che Harry le faceva su e giù con la testa debolmente, le raccontò di come aveva sottratto la memoria ai suoi genitori per aiutare il loro amico nella ricerca degli Horcrux.

“Santo cielo, dunque è una cosa di estrema importanza” commentò il professore con occhi spalancati “Va bene, le insegnerò il controincantesimo di Oblivion, la aspetto qui questo martedì alle otto”

“Fantastico, grazie mille professor Flitwick” rispose la ragazza felice.

Era fatta. Avrebbe imparato quall’incantesimo mettendo tutta se stessa, come mai aveva fatto per qualsiasi altro sortilegio.

Avrebbe riportato a casa i suoi genitori. E finalmente tutto sarebbe stato come prima.

Andava tutto bene.

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